Death Life

di TheDarkLightInsideMe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tre ragazze normali ***
Capitolo 2: *** Passato ***
Capitolo 3: *** Inizio ***
Capitolo 4: *** Strategia ***
Capitolo 5: *** Spiegazioni ***
Capitolo 6: *** Pausa ***
Capitolo 7: *** Ritorno ***
Capitolo 8: *** "L" ***
Capitolo 9: *** Alpha ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Fiducia ***
Capitolo 12: *** Telecamere ***
Capitolo 13: *** Riflessioni ***
Capitolo 14: *** Parole ***



Capitolo 1
*** Tre ragazze normali ***


Death Life.

 

Tre ragazze normali.


Come ogni mattina, anche quel giorno Federica si svegliò presto per andare a scuola. E come al solito, per non dimenticare le abitudini che aveva in Italia, fece prima colazione e poi si preparò per uscire: indossò la divisa scolastica e le scarpe marroni che era obbligata a mettere e si calò sul viso il cappuccio del giubbotto. Dopo prese la cartella nell’ingresso e recuperò l’ombrello dal fondo del portaombrelli.
Almeno stamattina piove pensò, ricordando a se stessa il suo amore per quelle lacrime dolci che cadevano dal cielo. D’altra parte, erano le uniche cose positive di quel lunedì tanto odioso, vista la faccia versione zombie che aveva appena sveglia, coi corti capelli castano scuro totalmente scompigliati che si ritrovava e gli occhi neri assonnati che rischiavano di chiudersi da un momento all’altro.
A differenza di molte altre sue coetanee, Federica detestava la scuola e tutti coloro che vi lavoravano, dal preside al più simpatico dei professori. E nulla, neppure l’essere capitata nella stessa classe delle sue due migliori amiche, le aveva fatto mai cambiare idea.
Non appena vide Egle e Helen che la attendevano all’ingresso nonostante la campanella fosse già suonata da un pezzo e nonostante la pioggia, però, un sorrisetto mezzo imbarazzato le fece capolino sul viso.
Egle era alta e snella, dai capelli lunghi fino a metà schiena –raccolti in una coda di cavallo– color castagna (non so se rendo l’idea) e gli occhi della stessa, identica sfumatura. Indossava la divisa, ovviamente, ma si notava da un miglio che avrebbe preferito una calda, lunga e confortante tuta invece di quella gonnellina azzurra a quadri e quelle calze marroni che la facevano sentire così a disagio.
Helen era un po’ più bassa della sorella ma ugualmente magra, e in realtà non le assomigliava per niente nei lineamenti: occhi leggermente a mandorla e molto grandi, anche se non sproporzionati al volto, un nasino piccolo che era diventato rosso dal freddo e delle labbra rosee da bambolina; gli occhi chiari, di un colore fra il grigio e l’azzurro ghiaccio, sembravano ancora più chiari sulla pelle mediterranea, mentre i lunghissimi capelli castani erano racchiusi in una crocchia alta che già si andava a disfare.
Si annuirono a vicenda, poi mossero i primi passi verso la propria aula, sperando che l’insegnante di matematica fosse, una volta tanto, in ritardo, o ancora meglio assente. Chiaramente, ciò non avvenne.
Dopo due noiosissime ore di algebra, una di letteratura e due di inglese, finalmente l’ultima campanella suonò, ricevendo decine benedizioni da parte degli studenti e, in particolare, da Federica.
Ma la giornata, chiaramente, non era ancora finita.
Come quasi ogni giorno, le tre furono fermate da un gruppo di teppistelli più piccoli che si credevano forti e intelligenti a dar fastidio alle ragazzine. E quell’anno, come se tutto il resto non bastasse, avevano preso di mira proprio le tre occidentali.
La prima cosa su cui le prendevano in giro erano i loro nomi, e allora Helen si salvava. Poi sui voti alti più della media che per degli idioti come loro simboleggiavano non avere una vita privata o essere dei figli di papà capricciosi e viziati. Ovviamente, i loro discorsi non avevano un minimo di senso logico.
Se però Helen la passava liscia sul fatto dei nomi, allora sotto quest’altro punto di vista era la più presa di mira, dato che era ben due anni avanti rispetto alle sue coetanee.
Di solito, Federica, Egle ed Helen si sforzarono di evitarli e di non dar peso alle loro parole.
<< Cos’è, Fede-chan? La tua ragazza ti ha lasciata? >>
Dopo quella frase e le risate che ne erano conseguite, però, quella non era più una giornata come al solito.
<< Avete rotto con questa storia! >> urlo lei, attirando l’attenzione di altri dieci studenti lì vicino.
<< Allora confermi che abbiamo ragione! Ti piacciono davvero le donne! >> continuò il secondo di quelli, tra una risata e l’altra. E per quanto Egle si sforzasse di dire all’amica che doveva ignorare quei bastardi, beh…
… il secondo ragazzino si ritrovò faccia al muro di cinta del cortile, con un braccio piegato dietro la schiena.
<< Azzardati a dire un’altra parola e “Fede-chan” ti spezza il braccino, l’hai capito? >> lo minacciò, facendogli il verso. Poi lo lasciò andare e fulminò gli altri con un’occhiataccia, avviandosi a passo svelto verso casa.
Helen la raggiunse subito, seguita immediatamente dopo dalla sorella.
<< Non dire che ho esagerato, Helen, perché non l’ho fatto. >>
<< Dico solo che devi smetterla di dare peso a quello che dicono! Ciò che sei e ciò che fai non sono affari loro, è vero, ma questo non deve causarti una sospensione come è probabile che farà adesso! >> affermò con sicurezza la più piccola. Era raro che si mettessero a discutere ma, come ho già detto, quella non era una giornata come un’altra.
Federica continuò a camminare rivolgendo sguardi solo al suo ombrello rosso, nonostante sapesse che le altre due la stessero seguendo; naturale, visto che dovevano andare a casa sua, quel giorno.
La verità era che Federica era sempre stata emarginata dalla società, da quando si era venuto a sapere della sua attrazione anche nei confronti delle donne. Certo, da lì a sfotterla ogni sacrosanto giorno…
Quando arrivarono all’abitazione –una casa singola con un ampio cortile costruita su due piani, con un modello che somigliava ma allo stesso di distaccava da quello tradizionale giapponese, a differenza del palazzo costruito sul modello occidentale in cui vivevano le due sorelle– la ragazza si precipitò dentro, togliendosi immediatamente le scarpe e i calzini fradici.
Dannata divisa scolastica! pensò, rinchiudendosi poi nel bagno per cambiarsi e lasciando le amiche con un palmo di naso.
<< Fede! >>
<< Un attimo, Egle! >>
<< No, “un attimo” un corno! Ci sono i panni stesi, fuori la finestra! >>
La ragazza si catapultò fuori ancora mezza nuda e con gli occhi sgranati, immaginandosi già la faccia che avrebbe fatto sua madre vedendo che lei aveva ignorato il bigliettino sul tavolo con su scritto –in stampatello maiuscolo, peraltro, come ad indicare un messaggio di massima importanza– “TIRA DENTRO I PANNI APPENA TI SVEGLI, CHE DOMANI PIOVE”
<< Mi sa che è meglio se li lasci fuori, a questo punto… >> commentò la più piccola, soffocando una risata alla vista della faccia sconvolta dell’amica. << E poi ti consiglio di andare a vestirti, se non vuoi prenderti la febbre. >>
<< Disse quella che gira per casa in canottiera! >> la riprese la sorella, facendole scherzosamente una linguaccia.
Federica le ignorò bellamente e tornò mogia nel bagno, infilandosi una maglia bianca a maniche lunghe e il pantalone di una tuta nera, la cui felpa era andata perduta tempo addietro. Poi si infilò i calzini –al diavolo la su avversità verso quell’indumento, quando fa freddo fa freddo!– e tornò in soggiorno, aspettandosi di trovare le due amiche ancora a farsi le smorfie a vicenda. Egle ed Eleonora, invece, erano già salite nella camera della ragazza munite di buste di patatine e merendine confezionate e una bottiglia d’acqua. Di certo i loro genitori sarebbero rabbrividiti al solo pensiero che quello sarebbe stato il loro pranzo.
Federica le raggiunse in fretta salendo le scale di legno silenziosa come sempre, tanto che quelle rischiarono di non sentirla arrivare.
<< Ah, comunque prima o poi dovrai darci una spiegazione a quello che è successo oggi, Fede-chan. >> Helen era ovviamente a conoscenza del fatto che Federica odiasse profondamente essere chiamata così, ma comunque non si tirò indietro quando fu raggiunta da un’occhiata di fuoco da parte dell’interessata.
<< Come se tu non lo sapessi, Helen. >> ribatté la ragazza, dando ad un pacchetto di patatine l’attenzione che avrebbe dato al cantante più famoso del mondo e poi aprendolo come se fosse l’ultimo rimasto sulla faccia della Terra.
<< Non devi prendere sul serio quei bulletti da strapazzo, te l’ho già detto. Prendono in giro anche me ed Egle, lo sai, ma noi non reagiamo come hai fatto tu… >>
Ecco che improvvisamente le patatine perdevano di interesse e Federica alzava il capo, mordendosi il labbro inferiore dal nervosismo.
<< Io sono diversa da voi e conosci bene il perché, Helen. Se quelli domani si azzardano di nuovo a prendermi in giro sul mio orientamento sessuale, ti giuro che mi arrabbio davvero! >>
Egle, che fino ad allora era rimasta zitta a sgranocchiare patatine, si alzò dal letto attirando l’attenzione delle altre due ragazzine su di sé:
<< Devi lasciarli perdere, lo capisci questo o no? Non puoi farti rovinare l’anno scolastico da dei teppistelli qualunque, soprattutto ora che siamo così vicine a quel momento! >>
Sentita quella frase, decine di brividi decisero di trasferirsi sulla schiena di Federica a tempo indeterminato. Già, mancavano sì e no cinque giorni al momento che tutte e tre stavano aspettando da anni.
<< Egle ha ragione, Federica. Se i nostri calcoli sono esatti, il tutto inizierà il 28 novembre. Tra cinque giorni esatti, ti rendi conto!? Tra cinque giorni esatti noi salveremo il mondo! >>
<< Non essere troppo affrettata, Helen. Potremmo benissimo sbagliarci, potremmo benissimo aver cambiato qualcosa arrivando qui… >>
La ragazza fece un cenno d’impazienza, un sorrisetto le increspava gli angoli delle labbra. << Smettila di essere così pessimista! Ricorda che, dopo tutto, la giustizia trionferà sempre! >>
Stavolta Helen fu fulminata da due paia di occhi e dovette zittirsi per forza, nonostante non ci trovasse nulla di sbagliato nel citare una persona che così tanto amavano.
Stava appunto per affermare questi suoi pensieri quando la sua attenzione fu catturata da qualcos’altro. E per “qualcos’altro” intendo un quadernino nero sospeso in aria vicino alla finestra.
Con la testa tremante indicò quel luogo a sua sorella e alla loro migliore amica, che dovette portarsi le mani alla bocca per non urlare.
No! No, no, no! Stava andando tutto così bene, maledizione!
Il quadernetto si sporse verso le tre, cadendo silenziosamente sul pavimento, e sia Helen che Federica ebbero il coraggio solamente di sfiorarlo.
Egle lo afferrò nello stesso istante, più o meno saldamente, con entrambe le mani e lo alzò verso le altre due ragazze, il tutto ad occhi chiusi. Quando li riaprì, vide con chiarezza chi –o forse è meglio dire cosa– avesse dato loro il quaderno.
La creatura doveva essere alta sui tre metri, se solo avesse avuto la schiena un po’ più diritta, e aveva un corpo pallido e proporzionato alla sua grandezza, ricoperto da una sorta di tunica/vestito nero con dei pendenti a forma di teschio sui fianchi. Le braccia erano pallide e scheletriche, ma ricoperte fino ai polsi dalle maniche della tunica, così come le gambe.  Il volto era pallido e sulla parte bassa di esso vi erano delle linee viola che partivano dalle labbra dello stesso colore. Sulle spalle aveva due ali nere sfilacciate, e al collo portava una sorta di catena argentata alla quale era collegata una penna nera ormata da minuscoli teschi d’argento.
Federica non lasciò neppure il tempo a quell’essere di parlare, che subito scattò in piedi:
<< Ora tu, razza di essere vestito in stile gotico, mi dici almeno una buona ragione per cui hai dato a noi questo tuo maledettissimo Quaderno dei Morti, okay?! >>
Per un attimo tutti nella camera rimasero interdetti, essere in nero compreso. Poi ruppe il silenzio:
<< Se vuoi solo una motivazione, ti direi che è perché amo le mele di questo mondo. Se ne vuoi due, allora è perché mi annoiavo. Se ne vuoi anche una terza, aggiungerei che è perché ho percepito in voi un sentimento che mi piace: la vendetta. E comunque è un piacere anche per me conoscerti, Federica. Il mio nome è Shuyo e, come avrai già capito, sono una Shinigami. >>





Angolino autrice.

Ed eccomi qui, sono approdata anche in questo fandom. :D
D'altra aprte, io c'ho provato a non scrivere nulla sul migliore fra tutti gli anime che conosco, ma L e Light mi stavano chiamando...
Ah, piccolo avvertimento, anche se sono certa che non servirà: sebbene i nomi delle tre protagoniste siano il mio e quello delle mie due migliori amiche, noi tre non assomigliamo per niente a questi personaggi, se non leggermente per l'aspetto.
Detto questo, spero davvero tanto che il primo capitolo (e l'introduzione!) vi siano piaciuti e vi abbiano incuriositi abbastanza. :)
A presto (se Kami vuole),

DarkLight.
P.S.: no, il mio nome non è legato in alcun modo a Light/Raito Yagami/I'm a gay (che i suoi fan mi perdonino, ma io lo detesto leggermente ^^' )
Okay, la finisco, prima di ritrovarmi mezzo fandom sotto casa. Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Passato ***


Passato





Ci mancò poco che Federica non prendesse a testate il muro. Tutti i suoi piani distrutti da un maledetto Shinigami! Certo, anche loro tre non erano state molto intelligenti nel toccare il quaderno e nel non ignorarlo, ma…
<< Mi spieghi dov’è questo grande problema? Possiamo semplicemente rinunciare al possesso del quaderno e… >>
<> urlò la ragazza, prendendo l’altra per il colletto della camicia. << Se dovessimo rinunciare, perderemmo tutti i ricordi associati al Death Note, dunque anche quelli che riguardano Light, L, Near, Mello e tutti gli altri, e non potremmo fare più nulla per cambiare la storia! >>
Bastò quella frase a far sbiancare la più grande e a provocare un tremito al corpo di Helen.
<< Dannazione, Fede, hai ragione. >>
<< Come sempre, purtroppo. >> sbottò la diretta interessata all’amica più piccola, lanciando poi un’occhiataccia alla Shinigami, che continuava a fissarle confusa.
<< Dato che dovrò rimanere con voi fin quando non morirete tutte e tre, non vi sembra il caso di rivelarmi la vostra storia? >> chiese, come una bambina di tre anni che supplica i genitori affinché le raccontino la favola della buona notte. E, di solito, i genitori acconsentono.
Helen stessa guardò con occhi imploranti Federica, al fine di farla cedere e di rivelare finalmente quel segreto che le tre si portavano dentro da un tempo interminabile. E, nonostante gli occhi dalla pupilla felina di Shuyo la inquietassero leggermente, perfino la razionale Egle prese a guardare l’amica con insistenza, mettendosi dalla parte della Shinigami.
E a questo punto, se succede qualcosa, non è colpa mia pensò Federica, lasciandosi cadere all’indietro sul suo amato e comodo letto e mormorando un “e sia” tirato fuori con le pinze.
Però c’era ancora quell’orribile presentimento, quella sensazione che di lì a poco sarebbe accaduto qualcosa di irrimediabile, e che sarebbe stata tutta colpa loro e della loro storia.
Oh, al diavolo questa specie di sesto senso, tanto ormai ci siamo dentro fino al collo!
<< Shuyo, diamo per scontato che tu sappia già dell’esistenza di numerosi universi alternativi; o no? >> domandò Egle a nome di tutti, iniziando un discorso che non sarebbe finito poi tanto in fretta. Come previsto, la Shinigami annuì. << Ebbene, noi proveniamo da uno di quegli universi. Nel quale, oltretutto, i Quaderni della Morte, il detective L, il killer di Los Angeles e tutto il resto sono storie narrate da un manga. >>
<< Da cui hanno tratto anche un anime, diversi film e pure qualche videogioco, per la gioia di Matt. >> ci tenne a precisare Federica, senza neppure alzarsi dal letto, concia del fatto che Shuyo non poteva neppure minimamente sapere CHI DIAVOLO FOSSE MATT.
Comunque sia, nella stanza scese un silenzio di tomba (no, non è una battuta legata al fatto che le tre stiano parlando con una Dea della Morte).
Dopo pochi minuti di imbarazzante e pesante quiete, Helen si decise a continuare la narrazione:
<< Tutte e tre siamo rimaste davvero sconcertate dal finale del suddetto manga, e dunque ci siamo messe a fantasticare su come sarebbero potute andare invece le cose. E la mattina dopo –BUM!– ci ritroviamo in Giappone, in una data molto precedente a quella in cui vivevamo, e per di più in un universo alternativo, per la precisione l’universo in cui, cinque anni dopo, avverrà ciò che avverrà tra pochi giorni: un umano della regione del Kanto giapponese troverà un Death Note e inizierà a giustiziare i criminali, dando vita ad una specie di regime del terrore. Cosa che noi siamo qui per evitare, supponiamo.
<< La persona –o più probabilmente, l’essere– che ci ha mandate qui ha anche fatto in modo che, secondo il resto del mondo, noi fossimo davvero esistite, che avessimo una storia, un passato da raccontare, e che non fossimo costrette a vivere nascondendoci, ma con delle vere e proprie famiglie. Certo, non sappiamo come stiano le persone del nostro universo, e neppure se riusciremo mai a tornarvi, però… >> e qui la ragazzina si voltò verso la sorella e la loro migliore amica << …però sono certa che tutto si risolverà per il meglio, e che stavolta la giustizia prevarrà. >> concluse.
Shuyo rimase per un attimo con la bocca aperta, mostrando un paio di canini sporgenti degni di un vampiro; poi si ricompose, scrutando le tre con sguardo indagatorio, molto probabilmente pensando di aver ceduto il proprio Death Note a tre pazze squilibrate.
<< Smettila di fissarci così, non siamo alieni! Se tu fossi umana potrei dire qualcosa tipo “siamo come te!”, ma dato che sei una dannatissima Shinigami che ha appena, involontariamente, distrutto i nostri piani, allora… >>
Bastò un solo sguardo dritto negli occhi della Dea per far morire le parole nella gola di Federica e per farle smettere di ingurgitare patatine come il detective più famoso al mondo –di cui solo le tre e il suo maggiordomo conoscevano volto, nome e ossessioni varie– avrebbe fatto con dei dolci.
Che finalmente si sia resa conto di trovarsi davanti ad una Dea della Morte e non ad un teppistello di scuola? si domandò Egle, osservando attentamente l’amica. Helen stava, chiaramente, pensando lo stesso.
Fu però la più grande a rendersi conto per prima di ciò che stava succedendo, una volta che Federica ebbe parlato.
<< G-gli Shinigami possono avere legami… legami di parentela? >> chiese –o meglio, balbettò– la ragazza, scrutando da capo a piedi l’essere che aveva di fronte, seguita a ruota da Egle.
<< Non capisco cosa c’entri la tua domanda con quella specie di ramanzina che mi stavi facendo prima, ma sì, alcuni Shinigami sono stati creati insieme, come quelli che voi chiamate gemelli. D’altra parte, anche io ho una gemella. >>
Stavolta fu Helen a raggiungere il colorito di L e a girarsi, tremante, verso Federica. L’esclamazione le uscì istintiva, così come negli anni passati, pur sapendo che da lì a qualche giorno non avrebbe più potuto pronunciare liberamente quel nome. << Oh, porco Kira… >>
Mentre le tre si guardavano a vicenda, finendo sempre per far tornare lo sguardo ad ogni particolare del corpo della Shinigami –cosa che la innervosì non poco– fuori alla finestra aveva ormai cessato di piovere e, anzi, si preannunciava uno splendido pomeriggio. Se solo non fosse stato per quell’essere di tre metri dall’apertura alare di cinque, magari, sarebbe stato un bel pomeriggio anche per le tre ragazzine che accorrevano ad aprire il balcone per vedere cosa diavolo era quella… cosa che volteggiava decisa verso la casa in cui si trovavano.
Al contrario, Shuyo sorrideva felice a quella vista.
Dei, no, vi prego, no! Farò tutto ciò che volete, diventerò io stessa Kira, se necessario, ma fate in modo che Lei non sia coinvolta in questa missione! pregarono le tre mentalmente, sentendosi minuscole di fronte alla catena di eventi.
La figura bianca planò delicata verso la finestra aperta, non degnando di uno sguardo Federica, Egle ed Helen, che stavano probabilmente per perdere i sensi. Si diresse, invece, verso l’essere bianco vestito di nero, parandolesi a pochi centimetri di distanza.
<< Mi spieghi perché sei scappata dal nostro mondo, sorella? >>
Shuyo sbuffò sonoramente, senza perdere il solito sorrisetto sornione. << Te l’ho detto: mi annoiavo. Questi umani sono davvero divertentissimi! >>
L’altro essere la squadrò con sufficienza, tramutando poi il volto in un’espressione preoccupata. << Per favore, dimmi che non l’hai fatto sul serio! >>
<< Cos’è, ora fai l’apprensiva? >>
<< Tu non hai idea dell’errore che hai commesso! >>
<< Ah, ecco, volevi solo sgridarmi. Ora quadra tutto. >>
<< Non hai mai neppure osservato dall’alto il mondo degli umani, e adesso addirittura cedi il tuo Death Note ad uno di loro?! Sai benissimo che è contro le regole cedere il proprio Death Note agli umani! >>
<< Non l’ho ceduto, l’ho perso. >> replicò Shuyo in tutta calma, mentre si godeva la paura delle tre ragazze da dietro alle spalle della gemella.
<< E dovrei crederti? Solo perché Ryuk si comporta da irresponsabile e ti sfida a fare lo stesso, allora tu fai queste stupidaggini?! >>
Il silenzio si fece improvvisamente pesante e colpevole, andandosi a poggiare anche sui cuori delle tre adolescenti che osservavano il litigio fra Shuyo e sua sorella.
Una sorella con delle ali candide. Una sorella dai capelli bianchi con le punte viola. Una sorella con le stesse labbra e le stesse linee purpuree al di sotto di esse. Una sorella che assomigliava più ad uno scheletro che ad altro, con una cicatrice sul collo stile “Frankenstein”. Una sorella che disprezzava gli umani e lo Shinigami Ryuk.
Una sorella che era inequivocabilmente Rem.
Shuyo indicò le ragazze con una mano all’altra Dea della Morte. << Se l’hanno toccato contemporaneamente l’ho ceduto a tutte e tre, vero? >>
<< Ovviamente sì, sorella… che devo fare per farti stare buona e tranquilla nel nostro mondo, eh? Costringerle a rinunciare al quaderno…? >> propose Rem con rassegnazione, tirando fuori dal nulla il suo Death Note.
Siamo nella merda più totale inveì Federica mentalmente, tentando di rimanere calma. Ma si sa, quando ti dicono che devi scegliere fra il morire e il lasciar morire, è un po’ complicato restare calmi.
Egle stava, con tutta probabilità, pregando silenziosamente in tutte le lingue che conosceva, sperando in un atto di pietà da parte degli dei; atto che sembrava non arrivare.
Helen, piuttosto, si chiedeva cosa fosse questo fantomatico Nulla di cui Ryuk aveva parlato (o è meglio dire “parlerà”?) a Light. E rifletteva su come poter influire sulla vita di quel bastardo da lì.
<< Calma, Rem. Questa è stata una mia decisione, e io ne affronterò le conseguenze. So che odi gli umani, ma stavolta loro non hanno nessuna colpa. Anzi, stanno addirittura cercando di salvare una persona! >>
Persona che la tua amata sorella ucciderà, Shuyo pensò la più piccola, ma si astenne dal dirlo. C’erano cose più importanti, al momento, quali salvarsi la pelle e trovare il modo di sfruttare il Death Note a scopo pacifico. Sì, l’oggetto dei suoi pensieri era diverso ogni minuto che passava.
Rem fece una faccia stranita, come se stentasse a credere che esistessero persone buone su questo pianeta. Per tutta risposta, Shuyo le spiegò la storia dei viaggi nei vari universi; storia a cui, ovviamente, la Shinigami non credette.
<< Ritieni davvero che tutto questo sia reale, sorella? Non credevo fossi così stupida! >> e, scuotendo la testa, estrasse dal nulla anche una penna con cui scrivere i nomi delle tre sul Death Note.
Shuyo era immobilizzata, stava tentando di autoconvincersi che le ragazzine non le avessero davvero mentito e che Rem se ne sarebbe accorta il prima possibile e avrebbe riparato all’imminente errore già prima di commetterlo.
<< Vuoi una dimostrazione, Shinigami Rem? >> la chiamò Egle, ostentando un coraggio che nessuno, se non forse Light o Beyond Birthday o Mello, avrebbe avuto in quella situazione. << Il Death Note dello Shinigami Ryuk cadrà nelle mani del diciassettenne Light Yagami, mentre un altro Dio della Morte –Jealous, se non erro –morirà fra breve, salvando una idol di nome Misa Amane da un suo fan pazzo che tenterà di farla fuori. So che questo potrà sembrarti impossibile, dato che voi Dei della Morte siete praticamente immortali, ma potrai verificare tu stessa tra poco tempo; quindi ti prego, non commettere l’errore di ucciderci. Te lo posso giurare anche sulla mia stessa vita: siamo dalla stessa parte. >>
Rem tacque, la penna e il quaderno ancora stretti in mano. Passarono svariati secondi prima che si decidesse ad aprire bocca: << Se ciò che stai dicendo è falso, tu e le tue amiche ci rimetterete la pelle. >> esclamò, per poi voltarsi verso la sorella. << Anche tu, Shuyo. Ricorda che ti osservo dall’alto. >> concluse, poi aprì le ali e spiccò il volo oltre la finestra.
<< Co-come facciamo noi a vedere tua sorella? Non abbiamo… non abbiamo neppure sfiorato il suo Quaderno della Morte! >> incespicò Helen, gli occhi umidi per l’imminente pianto di felicità causato dal non dover scoprire come fosse il Nulla (benché, dopotutto, fosse curiosa).
La Shinigami scosse la testa, osservando Rem sbattere stancamente le ali nel cielo. << Non lo so, credo che sia perché siamo sorelle. Credo sia scritto fra le regole degli Shinigami, ma vi sembra che io sia tipo da imparare tutte le regole? >>
Dopo aver scoperto che tu sei la sorella di Rem, magari sì rifletté Federica, stendendosi sul letto.
<< Dopo questa giornata, pretendo almeno cinque giorni di riposo! >>
<< Te ne concedo quattro, Fede-chan! >> la prese in giro Helen, beccandosi una merendina confezionata in pieno viso.
<< Sì, sì, si fa per dire! Tranquilla, che il tuo Yagami-kun non scappa! >>
<< Ahh?! Io con “I’m a gay”?! Ti sei mangiata il cervello insieme a quelle patatine? >>
<< Ma dai, dico sul serio! Tu e Light stareste così bene, insieme… >>
<< Che cosa?! Azzardati a ripeterlo e sei una donna morta! >>
<< Certo, ti credo sulla parola, guarda! >>
In men che non si dica, davanti agli occhi increduli di Egle e di Shuyo, le due ragazze cominciarono a prendersi a cuscinate e a lanciarsi addosso i pacchetti vari che erano sparsi sul letto.
<< Fa-fanno sempre così? Rischiano di morire e poi si mettono a ridere e a scherzare? >>
Egle fece spallucce. << È la prima volta che rischiamo di morire, ma deduco con il 47% di probabilità che sì, faranno così ogni volta. D’altra parte, ora siamo noi i personaggi di quel manga che tanto adoriamo, no? >> più parlava, più la ragazza si rendeva conto di star rivolgendosi solo a se stessa.
Vabbé, sempre meglio che tirarsi addosso merendine dopo essere quasi morte concluse, aprendo un pacchetto di patatine e godendosi le risate delle amiche. E ora prendo una patatina… e me la mangio!
Sì, alla fine Egle scoppiò a ridere completamente da sola. Sono strani davvero, questi umani…





Angolino autrice.
Alcune citazioni erano obbligatorie, scusatemi XD
Allora, iniziamo un po' a vedere che diavolo ho scritto in questo capitolo: la storia delle tre ragazze, principalmente, e poi l'arrivo del/della mio/a Shinigami preferito/a (Mi meraviglio se fra 40 secondi sarò ancora viva XD) Coomunque, dicevo: questo è il capitolo 2, con i suoi alti e bassi, il suo nonsense acuto e le sue volgarità (ehm, sì, sono così anche nella realtà).
Spero vi sia piaciuto e, sia se così fosse, sia in caso contrario, recensite, mi raccomando!
Alla prossima,

DarkLight.

P.S.: ah, e nel caso in cui non dovessi pubblicare più nulla fino a Natale e feste varie: augurissimi, fandom! :D

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Capitolo 3
*** Inizio ***


Inizio

 

I giorni successivi trascorsero come se nulla fosse accaduto alle tre ragazze, come se non avessero mai ricevuto un Death Note, come se non avessero una Shinigami drogata di mele che girava per le loro case in cerca di quello che per lei era “nettare divino”. (Suona davvero strano, detto da una Dea della Morte, eh?)
In breve, passarono ben quattro normalissimi giorni senza che accadesse nulla di significativo, e neppure la Shinigami Rem ritornò nel mondo degli umani. Insomma, sembrava che tutto fosse destinato ad andare per il meglio, quell’anno.
<< Ragazze, ci siamo. >> affermò decisa Egle, la sera del 27 novembre. Avevano stabilito che avrebbero dormito tutte a casa delle due sorelle, dato che i loro “genitori” erano in viaggio di lavoro.
<< Pare proprio che domani sia il gran giorno, eh? >> fece Federica a bassa voce, sedendosi con le ginocchia al petto. << Pronte ad attuare il piano? >> continuò, il tono ancora più profondo.
E sapete qual era la cosa più bella?
<< Fede, noi non abbiamo un piano… >>
L’interpellata lanciò un cuscino verso la più piccola << Era per fare atmosfera, cretina. >>
L’altra le rilanciò il guanciale. << Scusami se siamo in un tema più che serio, eh! >>
<< Senti chi parla! Non eri tu a prendere questa storia con leggerezza? >>
<< Beh, ora non lo sto facendo, come vedi! >>
Egle rimase –di nuovo– a fissare le due ragazze che discutevano, sotto lo sguardo attento di Shuyo.
<< Sbaglio o lo fanno un po’ troppo spesso, in questi giorni? >>
La più grande annuì distrattamente alla domanda della Shinigami. Già, da quando avevano deciso di portare a turno il quaderno a casa propria, sua sorella e la loro migliore amica non facevano altro che discutere. Per un attimo l’idea che una delle due (o entrambe) stessero perdendo la sanità mentale a causa del Death Note le affiorò nella mente, ma lei la ricacciò subito da dov’era venuta.
Sono solo tese; d’altra parte, domani potremmo essere coinvolte in una storia più grande di noi… si autoconvinse, scuotendo la testa. Domani, se tutto va bene, incontreremo Light Yagami e gli sottrarremo il suo Quaderno della Morte. Certo, sarebbe davvero stupendo collaborare con L per la risoluzione delle indagini su Kira, ma non è forse meglio salvaguardare delle vite umane, piuttosto che pensare solo ai propri desideri?
Con tutta la calma di cui era capace, Egle si alzò dalla poltrona che era nella camera e si interpose fra le due litiganti, parando un cuscino volante all’ultimo istante.
<< Dobbiamo andare a dormire presto, se vogliamo essere fresche e riposate domani. Forza, che è già mezzanotte! >> concluse, prendendo poi l’iniziativa di spegnere la luce e muovendosi a tentoni verso il suo letto.
Si sentì bofonchiare un “buonanotte!” da parte di Federica, poi anche Helen si convinse a coricarsi. In realtà nessuna delle tre riuscì a prendere sonno prima dell’una: Egle era bloccata tra i suoi ragionamenti complessi quasi quanto quelli di Kira e non riusciva più a trovarne né capo e né coda, Helen si crogiolava nel pensiero di poter –dopo aver fatto in modo che Kira non fosse mai esistito– tornare finalmente a casa, Federica si rigirava nel letto sperando di non dover mai vedere in faccia Light Yagami, o gli avrebbe sicuramente dato un pugno sul naso.
Insomma, tutti pensieri tipici di ragazzine della loro età, no?
 
Con la loro solita sfortuna, nessuna delle tre sentì la sveglia, la mattina dopo, e dunque arrivarono a scuola con un’ora di ritardo (pensate che sia facile gestire un bagno in tre?), suscitando le ire dell’insegnante di storia e facendo quasi partire un’imprecazione dalle labbra di Egle.
All’uscita, come avevano deciso due giorni prima, si divisero, non conoscendo l’ubicazione di casa Yagami o della scuola di Light: chi avesse scovato il ragazzo per prima avrebbe dovuto trovare un modo per recuperare il suo Death Note e porre fine agli omicidi prima ancora che essi iniziassero.
Tirarono rapidamente a sorte: a Federica toccò il quartiere a nord, ad Egle quello ad ovest e ad Helen quello a sud della loro scuola. Come prestabilito, si sarebbero incontrate direttamente a casa di Federica per le quattro del pomeriggio.
Ho tre ore per esaminare il quartiere qui a nord, vale a dire uno dei più popolati di Tokyo… perfetto! Esclamò mentalmente la ragazza, mentre si avviava verso la propria destinazione. C’è praticamente il 38% di probabilità che lo incontri io, se non di più! Ma perché, ogni volta che tiro a sorte, sono sempre quella che va peggio!?
<< Ehi, Fede-chan! >> iniziò ad esclamare Shuyo, una volta che furono tra la gente del quartiere che la ragazza doveva girare, alla ricerca del suo acerrimo nemico (e la cosa più divertente era che lui non l’aveva neppure mai vista!)
Se la Shinigami mi chiama di nuovo così, io…
<< Fede-chan? >>
Shuyo, smettila!
<< Fede-chan! >>
Lo sa che quando siamo in mezzo alla strada non posso parlarle! Che diavolo vuole?!
<< Fede-chan, il tuo obiettivo non si chiama “Light Yagami”, vero? Perché se è così… >>
Federica si fermò di botto. Se è così, ce l’ho davanti.
A pochi metri dalla ragazzina, un alto diciassettenne dai capelli e occhi castano chiaro stava comprando un hot-dog ad un carretto con un sorriso smagliante e… puro…
Ah, ma che vai a pensare?! È ovvio che ai tuoi occhi appaia così perfetto, ora, Federica! Aspetta di vederlo fra una settimana! Si disse, scuotendo con violenza il capo. Al diavolo il suo bel faccino angelico, adesso il problema era cosa inventarsi per sottrargli il quaderno.
Rimase imbambolata a guardare fisso davanti a sé, pensando a tutti i modi possibili ed immaginabili per adempire al suo dovere, fin quando una voce semplice e limpida non la riscosse:
<< Ehi, ma tu non sei Tsubomi Mitsuki, la sorella minore di Kousuke? >>
Davanti a lei si ergeva, in tutto il suo splendore e candore (e in tutti i suoi sovrastanti 179 centimetri) il suo obiettivo, il suo nemico, colui che sarebbe diventato il killer giapponese più famoso di tutti i tempi: Light Yagami. Era arrivato finalmente il momento di testare le sue abilità da oratrice.
Guarda ed impara, Helen: stavolta credo di avercelo, un piano!
 

Egle ed Helen si ritrovarono, come stabilito, davanti alla casa di Federica alle quattro. Già, solo che la padrona di casa ancora non era arrivata.
La più grande iniziò a prendere mentalmente in considerazione tutte le cose che potevano esserle accadute, a giustificazione del suo ritardo. D’altra parte, tranne quando si trattava della scuola, Federica era la persona più puntale di questo globo.
Helen si lisciò rapidamente la gonna, mostrandosi palesemente nervosa.
Dieci minuti, Eleonora, dalle solo dieci minuti… non è detto che le sia successo qualcosa, anzi, magari le è accaduto qualcosa di buono, magari ha trovato il biglietto dorato per la fabbrica di Willy Wonka mentre scartava una tavoletta di cioccolato fondente, magari ha trovato il villaggio dei puffi nel parco nazionale –perché qui a Tokyo c’è un parco nazionale, giusto?– oppure ancora ha trovato Ryuga Hideki per strada, lui si è innamorato e stanno preparando il matrimonio, o ancora…
Era talmente presa dai suoi ragionamenti fantastici che non si rese nemmeno conto di essersi chiamata col suo vero nome dopo cinque anni di “Helen” di qua, “Helen” di là. Quanto lo odiava il suo nuovo nome, le pareva di essere un’altra persona, da quando l’aveva usato per la prima volta.
Con calma, Eleonora, respira… probabilmente Federica sarà qui a momenti, non c’è bisogno di preoccuparsi…
<< Helen! >>
Trattieniti, Eleonora, non le è stato torto un capello, non è stata picchiata, non ha picchiato nessuno, non si ritroveranno cadaveri –a parte quelli degli uomini uccisi da Kira se non lo fermiamo in tempo– e…
<< Helen? >>
Oh, perfetto, sta anche nevicando più fitto di prima. E io sono costretta a restare fuori casa perché quella cretina della mia migliore amica non ha voluto fare un duplicato delle chiavi! Ma grandioso, porco Kira!
<< Helen, per l’amor degli dei, vuoi rispondere al cellulare?! >>
La frase che Egle le aveva praticamente urlato nell’orecchio la fece riscuotere quanto basta da permetterle di sentire che, effettivamente, il telefono che aveva nello zaino stava vibrando e suonando, facendo partire una canzone di un cantante pop a tutto volume.
Sbuffando per nascondere l’imbarazzo, la ragazza recuperò l’apparecchio dalla cartella.
Chi diavolo può essere a quest’or…!
<< Federica! >> con le mani tremanti per il freddo e per l’emozione, Helen premette il tasto verde per far partire la chiamata in viva voce. << Federica! Dove…? >>
<< Ehilà, Helen! Non crederai mai a quello che sto per dirti! >> chissà perché, invece, dal tuo tono di voce e dalla tua assenza qui lo intuisco benissimo… << Ti ricordi Light Yagami? Il ragazzo che sta al corso di preparazione per l’università con mio fratello? >>
<< L-lo studente migliore del Giappone? >> fece la più piccola, sforzandosi di reggere la recita dell’amica e di assumere un comportamento più che stupito.
<< Esatto! Beh, non ci crederai mai, ma ora sono a casa sua! Poiché nevicava ed io non avevo l’ombrello, lui voleva accompagnarmi a casa, ma dato che il tempo è destinato a peggiorare… >>
Egle fissava il cellulare della sorella come se fosse stato posseduto da uno spirito. Come diavolo aveva fatto la sua migliore amica a fare in modo che Light si fidasse di lei? Gli aveva già rubato il Death Note? Come aveva intensione di continuare la farsa, se aveva detto al ragazzo di avere un fratello mentre in realtà era figlia unica?
<< Senti, ora devo andare. Volevo dirti che mi dispiace molto, ma per oggi salta tutto. Ci organizziamo nei prossimi giorni, abbiamo tempo fino al cinque di dicembre, no? >>
Helen mugugnò un qualcosa in risposta all’amica, prima di chiudere la telefonata, un qualcosa che Egle non ascoltò neppure, troppo presa ad analizzare quella sorta di messaggio in codice che Federica aveva lasciato loro.
Ha detto “oggi salta tutto”, dunque non è riuscita a prendere il quaderno… poi il fatto che il tempo peggiorerà è la verità, ma potrebbe anche significare che, se ci intromettiamo con la storia originale, potrebbe succedere qualcosa di imprevedibile… e poi quella data, il cinque dicembre…
<< Il cinque dicembre! >> si ritrovò ad urlare, mentre i fiocchi di neve le roteavano attorno, rendendo ancora più gelida l’aria. << Il cinque dicembre, Eleonora! La data in cui… >>
<< … la data in cui inizierà la sfida tra Kira ed L, lo so. Quell’idiota ha in mente qualcosa, ma finché è da Light non può parlarne. >> la interruppe Helen, sorvolando sul fatto che la sorella avesse gridato ai quattro venti il suo vero nome. << Spero solo che Shuyo le impedisca di fare una qualche scemenza… >>
Come si suol dire: le ultime parole famose.
Egle sgranò gli occhi, osservando un puntino bianco e nero avvicinarsi sempre di più alla casa, spiccando per il colore tra le nuvole candide. Dopo pochi secondi era tra loro, le ali ripiegate nella schiena.
<< Allora, posseditrici del mio Death Note: stavate parlando di me? >> disse l’essere, la bocca spalancata in un sorriso macabro. E stavolta era Helen a voler dare testate al muro.
Grazie per la conferma, Shuyo. Ora siamo davvero molto più serene.







Angolino autrice.
Attenzione: probabilmente cambierò la descrizione della storia a causa di un cambiamento di trama; spero sia ben accettato. (per MyShadow: il mio essere idiota e non ricordarmi le decisioni prese me lo impone XD)
Comunque, ora che ho davvero un death Note a casa mi sento molto vicina a Federica... ma sorvoliamo.
spero che il capitolo vi sia piaciuto, e grazie per aver recensito o anche solamente letto!
A presto,

DarkLight

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Capitolo 4
*** Strategia ***


Strategia
 


Federica aspettò che Helen chiudesse la chiamata prima di voltarsi di nuovo verso il ragazzo che detestava di più al mondo: Light Yagami, nonché futuro Kira.
Come aveva intuito, lui la stava fissando, con quel suo sorriso tranquillo sempre sulle labbra.
Quando, per strada, le aveva chiesto se fosse la sorella di un suo compagno di classe, nella testa di Federica si era andata a sviluppare una sorta di mappa concettuale con le bugie da inventarsi e le risposte da dare in casi estremi. Certo, però, non si può dire che avesse idea di come rispettare il piano originale, quello di sottrargli il Death Note di Ryuk.
Vabbé, mi verrà in mente qualcosa al momento opportuno si era autoconvinta, lasciando parlare prevalentemente Light, in modo da non lasciarsi sfuggire nulla che avrebbe potuto compromettere la sua copertura.
Nonostante avessero solo un anno di differenza, Yagami continuava a trattarla come una bambina, per giunta chiamandola “Tsubomi-chan” ogni volta. Come avesse fatto Eleonora a vivere per cinque anni con un nome falso, per lei rimaneva un mistero.
Comunque, come aveva riferito anche ad Helen, Light si era offerto di ospitarla in casa fino a sera, vista la forte nevicata che era prevista per quel pomeriggio. Poco male, dato che il suo obiettivo segreto era quello di spiarlo e capire se davvero soffrisse di un disturbo di personalità multipla, se era pazzo già prima di ricevere il Death Note o cosa.
<< Tsubomi-chan, gradisci qualcosa da bere? Un succo di frutta, una coca-cola? >>
Federica alzò gli occhi al cielo, facendo ben attenzione a non farsi notare dal ragazzo, poi si rimise addosso quella maschera da amorevole sorellina che doveva interpretare. Pochi metri più in là, Shuyo se la rideva come non mai.
<< No, non preoccuparti, sto bene così, grazie. >>
In realtà, gradirei davvero tanto poterti dare un calcio in bocca, ma dovrò trattenermi pensò. D’altra parte, le aveva già comprato un panino per strada, non poteva approfittare troppo delle pecunie di quella famiglia.
<< Davvero, non fare cerimonie. Mi fa piacere non essere da solo in casa, una volta tanto, e non so come ringraziarti. >>
<< No, seriamente, non ce n’è bisogno! Stai già facendo troppo per me, sono io che non so come ringraziarti! >>
In sottofondo alle proprie parole, Federica sentiva chiaramente le risate sguaiate e infinite di Shuyo e, se non fosse stato per quel briciolo di buonsenso che le rimaneva in testa, probabilmente si sarebbe messa a urlarle contro di smetterla, facendosi credere pazza dal proprio obiettivo.
Non appena Light si girò di spalle, fece segno all’essere ultraterreno di volarsene via e anche di corsa, a giudicare dagli sguardi infuocati che le lanciava.
A volte mi chiedo se questa maledetta Shinigami non lo faccia apposta…
<< Comunque, sappi che puoi venire qui quando vuoi. >>
È normale arrossire vistosamente anche quando è il tuo nemico giurato a dire queste parole? Mio dio, ma che mi prende?
<< Dai, non c’è bisogno di essere timida! Anzi, sai che ti dico? Domani mi metto d’accordo con tuo fratello per decidere i giorni in cui puoi venire da me, se non vuoi restare sola a cas- >>
<< No! >> la faccia sconvolta di Light dopo l’urlo della ragazza era decisamente impagabile, per non parlare poi di quella di Federica, una volta resasi conto dell’errore madornale commesso! << Vo-volevo dire che non c’è bisogno che ti disturbi così tanto, posso parlarci io con mio fratello e con i miei! >>
<< Almeno lascia che ti accompagni a casa, stasera. Sta nevicando fitto e… >>
<< Davvero, non ti preoccupare! Posso cavarmela benissimo da sola, non sono una bambina come tu credi! >>
Da quando la gentilezza di una persona può costare la copertura ad un’altra?!
Light alza divertito le mani in segno di resa. << Va bene, va bene. Certo che sei davvero tutto pepe, per essere la sorella di Kousuke! Non ti ricordavo così! >>
Oh, è già tanto che non mi sono distaccata completamente dalla reale Tsubomi Mitsuki! Mi dispiace un po’ per quella poverina; chissà che faccia farà quando Light dirà a suo fratello che l’ha ospitata in casa il 28 di novembre!
<< Comunque, dato che devi restare qui tutta la giornata cause forze maggiori, che ne dici di fare qualcosa, invece di girarci i pollici? >>
Federica annuì distrattamente, mentre nella sua testa si susseguirono una dopo l’altra le varie pieghe che quella faccenda avrebbe potuto prendere se solo si fosse distratta di nuovo.
Già i suoi le avevano detto per telefono, quando li aveva chiamati per non far saltare la propria copertura, che le avrebbero requisito il computer per una settimana intera; quali altri sacrifici avrebbe dovuto per continuare con quella strategia?
Il ragazzo si allontanò per un attimo; poi tornò in cucina con in mano uno scatolo di cartone. Sopra, scritto in rosso e a caratteri cubitali, la scritta “CLUEDO” sovrastava il colore bordeaux e le figure urlanti sullo sfondo.
E ti pareva che Light Yagami non avesse in casa un gioco del genere…
<< Mi piacerebbe molto mettere alla prova le tue capacità deduttive, Tsubomi. Mi sembri una ragazzina molto sveglia, e voglio accertarmi che sia così. Se per te va bene, ovviamente. >>
La ragazza sbuffò sonoramente << Certo che mi va, basta che non me ne sto con le mani in mano! E poi, sarà divertente vedere anche le tue capacità di deduzione, Yagami-kun. Ho sentito che hai aiutato addirittura la polizia in un paio di casi. >>
Light si irrigidì per qualche momento, poi riprese a sistemare le pedine sul tabellone. << Quindi lo sai anche tu… bene, così potremo confrontarci ad armi pari. >>
<< Non avevi mica intensione di farmi vincere?! >>
<< Sei una donna e sei più piccola di me; sarebbe stato il mio dovere… >>
<< Oh, che galantuomo! >> esclamò lei ironica, soffocando una risata acida nel palmo della mano. << Ora però mi devi promettere che farai sul serio, o con te non ci gioco! >> ancora una volta, la ragazza dovette comportarsi da bambina piccola ed immatura, e fece una linguaccia al più grande che –incredibile ma vero!– ricambiò.
Ma cosa… Light Yagami, il grande Light Yagami, il futuro Dio di mezzo mondo, mi ha appena fatto la linguaccia! No, avrei dovuto fargli una foto, sembrava così tenero ed infantile!
Situazioni del genere si ripeterono durante tutta la giornata, tanto che la ragazza quasi si dimenticò di dover rubare il Death Note. Certo, sarebbe stato davvero difficile, visto che non sarebbe mai entrata nella camera di Light, però non poteva non tentare, ne valeva realmente della sua vita!
Dopo l’ennesima partita a scacchi (persa), verso le sei del pomeriggio, Federica non ci vide più. D’altra parte si trovava pur sempre davanti alla persona che più odiava al mondo (beh, quasi, data l’esistenza di Nate River). Quella frase le uscì spontanea dalle labbra, mentre abbatteva un pedone avversario con l’unica torre che le era rimasta:
<< Light-kun, tu credi agli Shinigami? >>
Il ragazzo non alzò neppure per un attimo gli occhi dalla scacchiera, troppo occupato ad immaginare ogni possibile mossa dell’altra. Si decise a parlare solo dopo svariati minuti di silenzio, quando Federica aveva ormai perso quasi del tutto la pazienza.
<< No, non credo che gli Shinigami esistano e, vista la grande quantità di criminali in questo mondo, inizio a credere che non esistano neppure altri dei. Però, immagino che ci crederei, se ne vedessi uno. >>
Eh eh, posso immaginarmi la tua faccia quando Ryuk ti si parerà davanti, Light!
Le ci volle tutto l’autocontrollo di cui era in possesso per non ridere, sia allora che per tutto il resto della giornata. Però, in fondo in fondo, forse Light Yagami e Kira si assomigliavano ben poco, come persone.
<< Ah, ma come diavolo fai?! Sei fenomenale! >> esclamò la ragazza dopo un po’, quando Light le fece per la settima volta scacco matto, nascondendo la propria rabbia. Sapeva di non essere per niente brava nel gioco degli scacchi, ma il suo avversario era pur sempre il suo peggior nemico, dannazione!
<< Non si tratta di bravura o di esperienza, immagino tu lo sappia. >> iniziò lui. << Gli scacchi sono un gioco di strategia e pressione mentale, in cui devi dimostrare costantemente di avere la scacchiera sotto controllo. Solo così potrai averla davvero. >>
Dopo un istante di smarrimento iniziale, Federica sbuffò. << Sì, sì, smettila con queste cose da filosofo e dimmi dove sta il trucco, Light-kun! >>
Il ragazzo le sorrise dolcemente. << Il trucco sta nel conoscere chi hai di fronte, in modo da sapere in anticipo le mosse che farà; d’altra parte, non noti che ti batto sempre più velocemente, di partita in partita? >>
Chiaramente su questo non c’era nulla da ribattere. Tranne forse…
<< Sì, ma così allora non è giusto! Tu conosci bene mio fratello, e di conseguenza me, mentre io di te non so nulla! >>
Light continuò a sorriderle, guardandola dritta negli occhi castani e sciogliendola con lo sguardo. << Già, immagino tu abbia ragione. >>
Rettifico: non è normale arrossire davanti al tuo peggior nemico…
<< Si è fatto tardi. Penso sia arrivato il momento di salutarci, Tsubomi-chan. >>
La ragazzina annuì passivamente, muovendosi rapida verso la porta, al diavolo le buone maniere.
Devo uscire da questa casa il prima possibile, o sento che impazzirò. Merda, ma che mi sta succedendo?
Salutò velocemente con una mano, poi si fiondò in strada ed usufruì del buio per sottrarsi alla vista del suo ospite.
Merda, merda, merda, merda, merda! Non è minimamente possibile che io mi stia… innamorando? No, no, no, no! Non devo neppure pensarci, tanto è impossibile! E poi…
I pensieri della ragazzina furono interrotti da un incessante sbattere d’ali alle sue spalle, che la costrinse a girarsi. Dietro di lei, una creatura bianca dagli occhi felini.
<< R-Rem! >>
Come se non bastasse, adesso viene anche la Shinigami a farmi il culo! Ma bene, ma che giornata! Ah, certo, se mi uccidesse magari sarebbe pure meglio, rispetto a vivere con la possibilità di essere innamorata di Light Yagami, però…
<< È come avevate detto voi: Jealous sta tutto il giorno a fissare una ragazza nel mondo degli umani. La data della sua morte è prevista fra pochi mesi. La tua amica ha detto che lui morirà per salvarla, se non vado errato. Dunque ciò significa che esiste un modo per uccidere uno Shinigami? >>
Federica trasse silenziosamente un sospiro di sollievo. << Così pare: basta far innamorare un Dio della Morte di un umano e fare in modo che gli salvi la vita, per tramutarlo in sabbia. >> voleva evidentemente aggiungere altro, ma la Shinigami continuò a parlare.
<< E anche Ryuk se ne sta davanti al pozzo che collega i nostri due mondi, in attesa di qualcosa, probabilmente. Egle Sasaki mi aveva detto che il suo quaderno è stato trovato da un umano. Tutto ciò andrebbe a favore della vostra ipotetica storia degli universi paralleli, ma non posso fare a meno di credere che la vostra sia tutta una falsa. >>
Rem sembrava ancora più curva e, se possibile, ancora più pallida sotto le luci dei lampioni stradali e in mezzo alla neve. E poi sembrava addirittura preoccupata, nonostante il suo eterno menefreghismo riguardo al destino dell’umanità. E allora perché si stava creando tutti questi problemi? Se non credeva alla loro storia, perché non le aveva ancora uccise?
<< Se non ci credi, allora perché non siamo già morte, Shinigami Rem? >> domandò Federica, esternando i suoi pensieri. Tuttavia, quando le pupille gelide della Dea le si piantarono addosso, sarebbe voluta scomparire in mezzo a quel ghiaccio che c’era in strada.
<< Proprio questo non me lo spiego, Federica. Ma azzardatevi a fare un passo falso con mia sorella, e allora la vostra fine sarà certa. >>
Dopo quell’avvertimento stava per spiegare le ali, quando la voce della ragazza attirò nuovamente la sua attenzione:
<< Rem, se tutto va come spero, tra un po’ avrò bisogno del tuo aiuto. E anche Egle ed Helen, ovviamente. Quindi ti sarei grata se, al momento giusto, tu accettassi di uccidere una persona per noi. >>
La Shinigami ci rifletté per qualche secondo, poi tornò a guardare l’umana negli occhi. << Dipende da molti fattori. Chi sarebbe, questa persona? >>
<< Il suo nome è Misa Amane. >>







Angolino autrice (che si fa piccola piccola per non essere trovata da mezzo fandom con forconi e fiaccole)
A-allora... ebbene sì, questo capitolo è uscito così: volevo farlo comico, ma il genere non fa affatto per me (coerenza al massimo: ho in cantiere una storia demenziale su Death Note. Sì, sono proprio la coerenza fatta persona...). Comunque, immagino che vorrete spiegazioni riguardo all'ultima frase: ci ho messo tre giorni e diversi euro di credito per decidere tutto, ma alla fine ce l'ho fatta. Lascio a voi tutte le ipotesi, vediamo se qualcuno ce la fa...
Vabbé, chiedo perdono al fandom per tutto, ma ho già nella testa la scaletta di questa storia (non è facile pensare come Light o L, dannazione T.T ) e non cambierò una sola virgola! (e poi sconvolse tutto... ndShuyo. Tu che ci fai qui? Pussa via, sottospecie di...*vede Rem alle sue spalle* bellissima e simpaticissima Shinigami... ndA)
Vabbé, scleri a parte, vi saluto!

P.S.: ah, e graze per aver letto e recensito!
P.P.S.: e buon anno a tutti!

DarkLight

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Capitolo 5
*** Spiegazioni ***


Spiegazioni

 


<< Federica! Ma quello che si dice in giro su di te è vero?! Sei davvero uscita con Light Yagami?! >>
Una volta tornata a scuola, il giorno dopo, Federica aveva trovato le sue due migliori amiche furiose come non mai e metà scuola che le veniva incontro per farle quella maledetta domanda.
<< Scusa, ti sarai confuso con un’altra. >>
E questo è come rispondeva ogni volta, abbassando il capo e fuggendo via non appena poteva, minacciando mentalmente in tutti i modi possibili quell’ochetta dell’altra sezione che l’aveva vista andare a casa di Light. Però, quando si fa troppa pressione su un palloncino, quello prima o poi scoppia; e Federica non era altro che un palloncino nero gonfiato al massimo, soprattutto quando a parlare era uno degli individui più inutili esistenti sul pianeta:
<< Eh no, ragazzina, tu adesso ci spieghi che ci facevi col miglior studente del Giappone intero, ieri sera! >> esclamò uno dei bulletti che odiava all’uscita della scuola, uno di quelli che la tartassavano sempre, in particolare il caso volle fosse proprio quello che aveva recentemente sparso la voce nella scuola che lei fosse bisex.
<< Bene, allora parliamone. >> la ragazza si voltò verso quel gruppetto di ragazzini alzando la testa con fierezza. << Per prima cosa, sono stanca di questa storia: c’era una fottutissima tempesta di neve, per le strade, e mi sembra normale che la vista possa giocare brutti scherzi. Ve lo ripeto per l’ultima volta, e vedete di credermi: la persona che avete visto con questo certo “Light Yagami” non ero io. E qui si chiude la faccenda. >> concluse, vedendo già la metà dei ragazzi aprire le bocche per controbattere, per poi richiuderle subito dopo.
Per una volta, forse un dio è dalla mia parte! esclamò la ragazza, vedendo arrivare Egle ed Helen calme e composte da lontano e la folla che le si era formata accanto scemare (anche se comunque era sicura che quelle voci su di lei non lo avrebbero fatto altrettanto velocemente).
In religioso silenzio, le due sorelle le si avvicinarono e la trascinarono fuori dalla portata delle puttanelle, degli idioti e di tutta la scuola, dritte a casa sua, per recuperare l’appuntamento della giornata precedente. Poi, una volta arrivate davanti al portone, Helen le diede un forte schiaffo, senza che lei avesse il tempo di rendersi neppure conto di quello che stava accadendo.
<< Sei un’idiota! >>
<< Lo so. >> gemette Federica, tentando di mantenere la calma davanti al disappunto presente negli occhi della più piccola.
<< Non hai neppure seguito il piano! >>
<< Lo so. >>
<< Avevi un solo, dannato obiettivo e te ne esci con la scusa di esserti lasciata prendere dalla copertura?! Questo non è un gioco! >>
Con le ultime cinque parole urlate nelle orecchie, Federica credette di star per perdere l’udito, e come al solito toccò ad Egle dividerle prima che si prendessero a botte sul serio.
In tutto questo, una volta entrate (e soprattutto dopo una lavata di testa da parte della più grande che non starò qui a scrivere o non la finisco più), trovarono Shuyo comodamente stesa sul letto della ragazza a divorare una mela dopo l’altra.
<< Oh, buongiorno, studentesse! Allora, oggi chi mi va a comprare le mele? >>
<< Oh, buongiorno, Shinigami! Allora, oggi a chi vuoi rompere il cazzo? >> Lascio a voi capire chi disse quella frase, facendo il verso alla Dea.
Lei ormai si era abituata alla scontrosità di Federica, ma quel giorno riconobbe che il suo sguardo era più… inquietante, ecco. Una volta tanto, decise di starsene ferma e muta in un angolo della stanza.
Egle osservò con attenzione l’amica sbuffare, prepararsi un panino e mangiarlo leggendo le pagine di inglese che c’erano da studiare per il giorno seguente.
All’apparenza sembrava calma, forse giusto un pizzico impaziente per la probabile interrogazione del giorno dopo. Invece entrambe le sorelle Sasaki sapevano benissimo che sotto quella maschera di semi-indifferenza, costruita con anni ed anni di recite e bugie, c’erano una rabbia ed una furia indescrivibili. Lo si vedeva tranquillamente dalle sue poesie e dai suoi testi, pieni di sangue e morte. Perché sì, quella ragazza era una specie di scrittrice.
In poche parole, si poteva dire che Federica Capuano amasse la vita ma odiasse coloro che vivevano. D’altra parte, quando tutte e tre erano ancora nel loro universo, Federica non aveva mai negato di essere quasi una sostenitrice di Kira, sebbene non approvasse alcune delle sue scelte, come ad esempio quelle riguardanti gli agenti dell’FBI e Naomi Misora. E come avrebbe potuto, lei, ordinare al suo Shinigami preferito di uccidere il suo idolo, di uccidere L? No, piuttosto si sarebbe fatta incarcerare a vita.
Forse, rifletté Egle forse è proprio per questo che non ha rubato il Death Note a Light Yagami…
Helen stava evidentemente pensando la stessa cosa, perché guardò l’amica con preoccupazione: l’Eleonora dell’altro universo adorava sia Light che L, ma riteneva sbagliate le motivazioni di Kira. Certo, ormai erano passati anni ed Helen ed Eleonora si assomigliavano sempre meno, però…
<< L’avrei fatto anch’io. >> affermò all’improvviso la più piccola. Federica fece finta di non capire, quindi Helen si ritrovò costretta a spiegarsi ulteriormente. << Probabilmente anche io avrei “dimenticato” di rubare il quaderno a Light. So bene quello che provi per Kira, e non ti biasimo. Però dovresti essere un po’ più… esplicita quando parli con noi, per evitare fraintendimenti. Certo, anche se non ti biasimo, ritengo che tu abbia fatto una grande cretinata, però… abbiamo ancora tempo, e tu hai il suo indirizzo e il suo numero di telefono. E dato che stiamo parlando di Light Yagami, credo sia già tanto. E… >>
Federica la bloccò con un gesto della mano, continuando a darle le spalle e a leggere con falsa attenzione il testo da tradurre. Era qualcosa di religioso, riguardante Dio e la giustizia divina, e…
Ah, ma qualcosa che non mi ricordi di Kira neanche per idea, eh!?
<< Federica… >> a chiamarla stavolta fu Egle, con un tono calmo e pacato che assomigliava un po’ troppo a quello di Near e che fece rabbrividire l’interpellata.
<< Egle, devo prepararmi per l’interrogazione, lo sai che… >>
<< Ti sei innamorata di Light Yagami? >>
Un silenzio gravido di sottintesi scese nella stanza: quella domanda –che poi era un’affermazione, più che altro– aveva interrotto persino il masticare di Shuyo.
Federica sospirò, si voltò verso l’amica grazie alla sedia girevole e la guardò seriamente negli occhi, dal basso verso l’alto.
Una persona normale come avrebbe reagito? Insomma, Light Yagami era lo studente migliore del Giappone, uno dei più intelligenti del mondo e anche con valide motivazioni per ogni sua azione, anche la più folle.
Probabilmente, una persona normale nelle condizioni di Federica avrebbe abbassato la testa e ammesso i propri sentimenti, se ne aveva nei confronti di Yagami, oppure sarebbe arrossita, o avrebbe risposto semplicemente con un secco “no” e poi avrebbe espresso le proprie ragioni. Ma Federica Capuano, ricordo a voi lettori, non era una persona normale.
<< Egle, vaffanculo. >> sussurrò, quasi incenerendola con lo sguardo. << ti pare che io mi possa innamorare di un futuro serial killer mondiale?! Ma scherziamo!? Fosse stato Beyond Birthday ci avrei pure fatto un pensierino, >> ironizzò, facendosi sfuggire un sorriso da sola. << ma stiamo parlando di “Luce Iosonogay”! E per la cronaca, le uniche due donne che si siano mai innamorate di lui sono morte per lui! E vogliamo parlare di Mikami? O del sentimento di amicizia di L? Tutti morti. E se pure lui fosse una persona con un briciolo di umanità, non avrei mai e poi mai intensione di morire per un uomo, chiaro?! >> strepitò infine, facendo scoppiare a ridere la Shinigami pochi metri più in là.
Egle ed Helen, invece, continuavano a fissarla.
<< Piuttosto, >> continuò la ragazza sogghignando. << anche voi dovreste studiare, lo sapete? Il sensei non se la beve, la scusa di dover salvare il mondo. >>
Helen sbuffò, poi scese in salotto per prima ed accese il televisore, approfittando dell’assenza dei genitori di Federica per spaparanzarsi sul divano con tutte le scarpe.
Egle si limitò a sedersi sulla poltrona poco più a sinistra, mentre Federica spintonava la più piccola per sedersi sul divano.
Al telegiornale, notizie di ulteriori decessi per arresto cardiaco. Ovviamente.
Erano passate solo poche ore dall’inizio dell’attività di Light, eppure le vittime ammontavano già ad otto. Era una cosa spaventosa ed inaccettabile, al di fuori di ogni logica e di ogni legge. Light Yagami, alias Kira, doveva essere fermato il prima possibile.
<< Federica… >> l’interpellata bloccò improvvisamente il proprio flusso di pensieri, fermando anche la cuscinata che le stava arrivando da parte di Helen. Egle continuò imperterrita il suo discorso. << Credo che non sarebbe saggio contattare Light Yagami adesso: ha da poco iniziato ad uccidere, e troverebbe il modo di far fuori anche te, se ti lasciassi sfuggire qualcosa sul Death Note. E c’è un’alta percentuale di probabilità che accada. >> aggiunse, nonostante l’espressione contrariata che si faceva largo sul viso dell’altra ragazza. << Tuttavia non ho assolutamente idea di come possiamo adesso recuperare l’occasione persa, dato che avrà di certo scoperto che non sei la sorella del suo amico. Voi avete qualche idea? >>
Helen scosse la testa, riprendendosi il cuscino lanciato addosso all’amica e mettendoselo dietro la schiena; il tutto senza staccare gli occhi dalla TV. C’era qualcosa che non andava in quella situazione, qualcosa che la faceva rabbrividire dalla paura e dall’eccitazione. Si trattava pur sempre di salvare il mondo, no? Doveva essere una cosa normale, quella sensazione... Eppure la più piccola, in cuor suo, sapeva benissimo che non lo era.
Alla fine del servizio su quello “strano caso scientifico” –come lo chiamava la presentatrice, che ricordava a tutte e tre un po’ troppo Kiyomi Takada –Egle spense il televisore. C’era bisogno di agire immediatamente.
<< Avete in mente qualcosa? >> ripeté, stringendo le dita attorno al bracciolo della poltrona. Shuyo, poco più indietro, se la rideva bellamente, domandandosi come avrebbero fatto tre ragazzine minorenni del genere a fermare un pluriomicida e salvare il loro amato detective “L”.
Che poi che razza di nome è “L”… si ritrovò a pensare la Shinigami, dando un morso all’ennesima mela. Era la quartultima; ma presto avrebbe mandato Egle a comprargliele.
Dopo l’ennesimo silenzio da parte dell’amica e della sorella, però, forse sarebbe stato meglio non chiedere nulla ad Egle per un po’.
<< Sto facendo tutto io, qui dentro! Il piano era il mio! Le intenzioni di salvare L sono le mie! >> urlò, facendo rabbrividire le altre due. Non si arrabbiava spesso, ma quando lo faceva, beh… e chi la fermava più?
<< Egle, noi… >>
<< No! “Noi” un corno! L’unica che rinnega con tutte le proprie forze Kira, qui, sono io! Sono io che voglio catturarlo! Voi siete… non lo so, le neutrali della storia! Per voi va bene tutto o va tutto male, vi interessa passivamente quello che accadrà in questo mondo, non vi interessa nulla di ciò che accadrà a Ryuzaki! Quello che Light gli farà accadere! E Rem! Cavolo, sarà anche una Shinigami a dir poco perfetta anche caratterialmente, ma sapete quello che farà a causa di Amane! E… >>
La voce ora roca di Shuyo interruppe il rimprovero di Egle, che ormai era diventato un monologo, zittendola. << No, no, aspetta. Cosa farà mia sorella? >>
La più grande si voltò verso le altre due ragazze in cerca di aiuto e sostegno, domandando con gli occhi se si sarebbe dovuta inventare qualcosa o se avesse dovuto dire la verità.
Sua sorella annuì lentamente, ad occhi chiusi. << È una Dea della Morte, Egle. Dille la verità. Tanto, se lavoriamo così uno schifo come credi, non potremo fare nulla per impedirlo. >>
La maggiore guardò la Shinigami con intensità, per poi chiudere gli occhi. Aveva già la bocca aperta per parlare, quando Federica la interruppe:
<< Non è del tutto vero, Helen. Ho già sistemato la faccenda, e qui la storia sarà diversa da come la conosciamo. O almeno spero. >> poi si rivolse a Shuyo, sostenendo a testa alta il suo sguardo. << Sono io stessa in contatti con tua sorella, e posso assicurarti che non farà niente di male e che non le accadrà nulla. Posso giurarlo sulla mia vita. >> aggiunse, senza abbassare il capo. Fu principalmente per quella sicurezza che vedeva in lei, che la Shinigami non chiese altre informazioni.
<< E come avresti fatto a sistemare la fac- NE HAI PARLATO CON REM?! >> Egle era a dir poco sconvolta, e di conseguenza sua sorella era sconvolta di vederla sconvolta. Wow, che cosa complicata.
Comunque sia, l’altra annuì. << Per il resto, saprete tutto a tempo debito, sempre se il mio piano funziona. >> concluse, salendo al piano di sopra ed intimando alle altre di seguirla, se davvero non volevano prendere un cattivo voto all’interrogazione d’inglese.
Anche la Shinigami le seguì, tenendo bene incisi nella mente i numeri che vedeva sui loro volti. Quasi si dispiacque quando si rese conto che, tramutati nel tempo umano, erano davvero bassi.








Angolino autrice.

Ebbene sì, a quanto pare ho pubblicato anche questo capitolo. Spero vi sia piaciuto, perché ci ho messo un mese intero per scriverlo, dato che per la prima volta pubblico qualcosa che non ho già scritto da tempo. Non pensavo fosse così difficile rispettare le consegne!
Comunque, come avrete notato, mi piacciono i finali a sorpresa e quelli aperti; quindi non aspettatevi altro da me! XD
Ora una piccola domanda per voi lettori (pochi ma buoni!): cosa credete che succederà adesso tra Federica e le sue amiche? Vi prego di rispondere anche perché non ho uno straccio di idea su come far progredire (o regredire) il loro rapporto.
Quindi vi incito a recensire, perché ho davvero bisogno di voi e dei vostri pareri, anche se solo per dirmi che questa storia fa schifo.
Aspetto e, come sempre, grazie di cuore a tutti;

DarkLight

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Capitolo 6
*** Pausa ***


Pausa

 

Ho bisogno di una pausa.
La scuola era iniziata da pochi mesi, ma la mente di Federica e delle sorelle Sasaki era già piena di pensieri del genere. Per fortuna il periodo natalizio si avvicinava rapidamente, e mancavano venti giorni alla Vigilia.
<< Non vedo l’ora che arrivino le vacanze di Natale! >> esclamò Helen voltandosi verso la migliore amica, mentre camminava a passo svelto verso il bivio che separava le loro strade. Ovviamente non perché avesse voglia di salutare al più preso Federica –o almeno credo –bensì perché quella nuvoletta bianca che gli fuoriusciva dalle labbra non appena pronunciava una lettera era la prova concreta di quanto facesse freddo; era pur sempre dicembre, in fondo, no?
Egle, invece, continuava a camminare lentamente, convinta che se avesse fatto altrimenti sarebbe accaduto qualcosa di insolito. E quella sua specie di sesto senso non sbagliava quasi mai.
<< Egle, se continui ad andare a passo di lumaca ti abbandono fuori la porta di casa! >> la avvertì la sorella, e lei fu costretta ad accelerare. In un qualche modo che non è dato sapere neppure a me che sono una Shinigami, la ragazza aveva ragione: se fosse rimasta indietro, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente.
Il tempo di salutare le proprie migliori amiche, infatti, che Federica ricevette una chiamata. E ormai aveva imparato quel numero a memoria, anche senza salvarlo nella rubrica del telefono.
E ora che faccio? Che faccio, che faccio, che faccio? Helen mi ucciderà appena verrà a sapere cosa sta succedendo, lo so. E non voglio pensare alla vendetta di Egle… o mio dio, devo rispondere? Devo presentarmi sotto casa sua? Mi ucciderà? Mi chiederà spiegazioni? Porca puttana, sono morta in tutti i casi! Che devo fare, che posso fare, io…
<< Pronto? >>
Si girò circospetta intorno cercando di essere il meno sospetta possibile e rendendosi conto di peggiorare solo la situazione agitandosi tanto. Doveva rimanere calma, ma non era facile. Pregò con tutta se stessa affinché a risponderle fosse un disco registrato di una compagnia telefonica che le proponeva una qualche offerta o anche che fosse vittima di uno scherzo telefonico ideato dai suoi compagni di classe idioti, ma purtroppo quella voce vellutata e soave che si ritrovò a sentire non poteva essere altro che la sua.
<< Tsubomi! Che piacere risentirti! Come stai? >>
Non sono ancora morta di arresto cardiaco, quindi bene. E tu, Kira? Quanta gente hai ucciso finora? Sei soddisfatto? Vuoi continuare?
Autocensurò il pensiero, bofonchiando un “Bene, grazie. E tu?” che poteva non apparire del tutto amichevole. Ma, d’altra parte, anche la voce del novello omicida non era esattamente “amichevole”.
<< Molto bene, grazie. Senti, volevo chiederti, dato che oggi i miei non ci sono, se volevi venire a casa mia. >> le disse la voce all’altro capo del telefono.
Il cuore della ragazza si fermò per un istante; a rassicurarla solo il pensiero che Light Yagami non conosceva il suo vero nome. Tra l’altro, una ragazza normale avrebbe preso quelle parole come un invito parecchio ambiguo e l’avrebbero declinato; ma, lo ripeto, Federica non era una ragazza normale.
<< Perché no? >> affermò poco dopo, la voce che le tremava un po’ per il freddo, un po’ per il timore di quel ragazzo con cui si ritrovava a parlare, un po’ forse per altro.
<< Puoi venire anche subito, se vuoi, ma dato che domani c’è scuola, ti consiglio di portare dei quaderni, così posso anche aiutarti con i compiti. O magari tu aiuterai me, chissà! >> concluse poi lui, scoppiando a ridere. Ora che non stava parlando più con Light Yagami ma con Kira, il messaggio era chiaro: porta il Death Note e parliamo di ciò che sai.
Come Light avesse poi saputo che lei è a conoscenza del quaderno omicida, poi, è ovvio: inconsciamente, non si era lasciata sfuggire di bocca quella domanda sugli Shinigami a caso, la settimana precedente.
<< D’accordo, vengo subito allora. Dammi solo il tempo di prendere un paio di cose a casa e ti raggiungo. A dopo. >>
Chiuse rapida la chiamata, meditando di tornare a casa e scrivere due paroline su quel quaderno nero che aveva nascosto sotto al materasso. O in alternativa di chiamare le sue amiche e spiegare la situazione e farsi consigliare da loro, ma probabilmente erano appena rientrate a casa e stavano per mettersi a tavola. Helen l’avrebbe scannata, se avesse interrotto il suo pranzo.
Prese allora la via per la propria abitazione, e se la trovò inaspettatamente poco dopo sulla sinistra; doveva essersi persa nei propri pensieri.
La macchina di sua madre era parcheggiata nel garage, segno che era in casa e che era pronta a fare duemila milioni di domande alla figlia su come fosse andata la giornata e cosa avesse fatto e chi avesse incontrato e roba del genere.
Perfetto, non solo devo andare a casa dell’ultima persona che vorrei vedere in questo momento, ma devo anche spiegarlo a mia madre. Benissimo, davvero.
Giulia Matsuda era una donna alta, mora e dagli occhi castano chiaro, giapponese anche se con lontane radici italiane (da qui il nome), molto intelligente e bella. Era un’impiegata in una banca, ed era raro che rincasasse per ora di pranzo. Quindi o si era licenziata, o quella mezza giornata libera che aveva al mese cadeva proprio quel 4 dicembre.
Tornando alla narrazione, Federica prese le chiavi dalla tasca del cappotto e aprì prima il cancello che portava nel minuscolo giardino, poi la porta d’ingresso. Si tolse le scarpe, salì rapida in camera ed infilò il Death Note nella cartella marrone che aveva comprato quattro mesi prima. Scese in cucina, dove incrociò a stento lo sguardo della donna che armeggiava ai fornelli e prese un pacchetto di patatine alla paprika dal mobile in alto a destra, mettendosi sulle punte.
<< Dove vai? >> domandò circospetta Giulia bloccandola sull’uscio della stanza, ma lei non era entrata in contatto con Kira per caso ed aveva già la risposta pronta. Risposta che le sarebbe costata l’orgoglio, probabilmente, ma che era l’unica cosa che le veniva in mente:
<< Mamma, io… >> provò a calmarsi, ma l’orologio nella sua testa continuava a ticchettare. << Io devo confessarti che… >> no, niente. Per quanto quella risposta fosse pronta per uscire sulla sua lingua, il suo briciolo di razionalità le impedì di pronunciarla.
Per fortuna, le donne hanno tutte un buon olfatto per certe cose, e così anche la madre di Federica. << Tranquilla, ho capito. >> dichiarò, facendole l’occhiolino. << Sapevo che c’era un motivo se in questi giorni eri così distratta dallo studio. Posso sapere come si chiama? >>
La ragazza avrebbe piacevolmente risposto “chi? Io non sono fidanzata e non lo sarò mai, mamma!” come faceva sempre, ma stavolta si costrinse ad abbassare la testa e a promettere alla donna che glielo avrebbe detto quando sarebbe tornata, ma che in quel momento aveva fretta e doveva davvero sbrigarsi. L’altra acconsentì e le fece le solite raccomandazioni quali “Non prendere freddo!” o “Ringrazia sempre quando ti offrono qualcosa!” e roba così.
Senza neppure degnarsi di risponderle, la figlia si catapultò fuori dalla casa quasi di corsa, assicurandosi che fosse fuori da tutta quella storia di quaderni e Dei della Morte. L’ultima cosa che voleva era che la propria famiglia (che poi in realtà non era neppure sua) venisse coinvolta in una pazzia del genere.
Anche se non sono la mia vera famiglia, non riuscirei mai a perdonarmelo, se dovesse succedere loro qualcosa a causa mia. E poi, mio “zio” è pur sempre Tota Matsuda, non voglio che patisca altri mali. È già bastato Kira e… ah, oggi c’è la riunione dell’Interpol! E ieri Light ha visto per la prima volta Ryuk… oggi entra in scena L… devo dirlo alle Sasaki, è probabile che non se lo ricordino… o forse sì… o mio dio, e se Light venisse a sapere di “Death Note”? Se mi costringesse a parlare? Se torturasse Egle ed Helen? No, non è il suo metodo; piuttosto L potrebbe fare una cosa del genere… E se il piano non funzionasse, se il detective morisse? Se Kira vincesse, stavolta? A causa nostra? Non me lo perdonerei mai! E poi, le Sasaki non lascerebbero mai che Light diventi il dio di un nuovo mondo, si opporranno con tutta la loro volontà… e se le uccidesse? O dio, se uccidesse me adesso? Se mi sfruttasse grazie al quaderno e poi mi facesse morire? Saremmo tutti fregati! No, non posso andare a casa sua, non posso…
Questa volta a risvegliarla dai pensieri catastrofici fu la voce di Shuyo, ancora una volta preceduta da una sua risata, quando ormai aveva già quasi raggiunto la propria meta e terminato il sacchetto di patatine.
<< Ma voi umani non vi prendete mai una pausa dall’angoscia? >>
La ragazza sospirò, respirando profondamente. In fondo, la Shinigami aveva ragione: si stava preoccupando per niente. Anche se Light avesse voluto scrivere il suo nome sul Death Note, avrebbe dovuto prima scoprirlo. Fino ad allora, non poteva torcerle un capello.
Forse.
 
Giunse infine davanti a casa Yagami verso le due del pomeriggio, bussando immediatamente per entrare e ripararsi dalla neve che aveva appena cominciato a fioccare.
Senza neppure nessuno a chiedere chi fosse a quell’ora così particolare del giorno, la porta si aprì lenta, come se fosse una forza invisibile ed impalpabile a spostarla.
Ma ad averla aperta non era Ryuk né tantomeno Light, bensì la celebre Sayu Yagami, che stava nascosta dietro il battente per non prendere freddo, sporgendo fuori da casa solo la testa.
<< E tu chi sei? >> chiese, con una voce così squillante che tanto andava in contrasto con quella bassa del fratello.
La ragazza non perse tempo, tanto era il freddo che le prendeva il corpo; non era vestita come Misa Amane, ma così le pareva, con quel vento gelido che le penetrava sotto il cappotto.
<< Sono Tsubomi, un’amica di Light. Lui è in casa? >> domandò, sperando che la bambina non le chiudesse la porta in faccia con un secco “non ti conosco e non ti faccio entrare”.
Proprio quando la bambina stava per risponderle, una voce maschile proveniente dall’interno dell’abitazione la chiamò, chiedendole di far entrare l’ospite prima che questo si congelasse.
Con un sorriso, Sayu si fece da parte, chiedendo scusa per non averla fatta entrare prima. Poi corse via su per le scale, chiudendosi in camera.
<< Su, Tsubomi, non stare sulla porta. Entra, non ti mangio mica. >>
Federica alzò lo sguardo sul ragazzo a pochi metri da lei, che le sorrideva obliquamente. Ovviamente era bastata una chiacchierata col suo compagno di corso per scoprire che la reale Tsubomi Mitsuki non aveva visto Light negli ultimi giorni, e dunque per far saltare la sua copertura. Ma era una cosa talmente scontata che la ragazza si meravigliò di se stessa, per quanto era stata stupida a non prendere il Death Note di Ryuk e non farsi più vedere.
Tuttavia, quando i suoi occhi incontrarono quelli color caramello di Light, le fu chiaro il perché di quell’azione scellerata.
Fece un paio di passi avanti, chiudendo poi la porta in faccia alla Shinigami che la seguiva. Sarebbe stato davvero strano, se avesse aspettato che una presenza invisibile entrasse, prima di imprigionarsi da sola in quell’abitazione.
Ma tanto Shuyo sa passare attraverso i muri…
Rispetto alla volta scorsa, quella casa le parve troppo calma e quasi torrida, nonostante fuori la tempesta di neve fosse ormai partita.
<< Devi avere freddo. Vuoi qualcosa di caldo? >> La ragazza annuì pacatamente, ringraziando il proprio ospite.
L’acqua per il tè già bolliva su un fornello, quando entrarono in cucina. Come al solito, Light aveva già previsto tutto.
Il silenzio in quella camera era innaturale, come se qualcuno avesse messo pausa ad un CD dopo mezz’ora di canzoni a tutto volume. Non prometteva bene, e di questo se n’era accorta anche Shuyo, che fissava incerta la porta.
Sarebbe potuta fuggire per andare dalle sorelle Sasaki, ma in questo modo loro avrebbero saputo (o almeno, intuito) quello che stava succedendo, e Federica se la sarebbe dovuta vedere con le sue due migliori amiche. E poi si sarebbe arrabbiata con lei. No, non conveniva.
Il ragazzo si sedette dopo un paio di minuti e mise al centro del tavolo un vassoio con la teiera e due tazzine di porcellana, incitando poi l’ospite a bere per prima.
Il tè poteva certamente essere avvelenato, ragionò la Shinigami, eppure per una qualche strana ragione Federica non se lo fece ripetere due volte. Forse perché Light Yagami non era il tipo da veleni.
Passarono altri minuti di completo silenzio, dopo aver finito la bevanda, in cui l’uno fissava l’altra: lui cercava una breccia nella sua mente, lei una via di fuga da quegli occhi castani.
<< Stai tremando… >> le fece notare il ragazzo, ma lei lo interruppe subito:
<< È il freddo. >> affermò secca, mentre Shuyo, nella sua mente, insisteva con l’ipotesi del veleno.
<< Hai ancora freddo? Vuoi una coperta? >> domandò Light, fingendo preoccupazione.
Light Yagami poteva anche essere un abilissimo oratore e attore, ma Federica Capuano lo conosceva a menadito. Sapeva a memoria tutti i suoi trucchetti, riusciva a decifrare, anche se solo in parte, quella scrittura sconosciuta che era il suo volto.
<< No, grazie. Mi abituerò presto a questa casa. >>
Solo in seguito, Federica si rese conto che quella frase era del tutto insensata. Ma né Shuyo ridacchiò, né il ragazzo davanti a lei glielo fece notare, troppo presi ad analizzare il suo linguaggio del corpo.
<< Non ti fidi di me? >> chiese Light, piegando leggermente di lato la testa. La ragazza non poté fare a meno di rabbrividire.
Indecisa su come rispondere, decise di provare il tutto per tutto, benedicendosi e maledicendosi allo stesso tempo:
<< Tu sai, Yagami. >>
Gli occhi del ragazzo si stinsero quasi impercettibilmente, spezzando in due la sua maschera di cordialità. Ma tanto non gli sarebbe più servita, se le sue ipotesi erano corrette.
Light non ebbe bisogno di fingersi sorpreso e far finta di non capire. Dunque quella ragazzina era davvero come lui.
<< Anche tu sai, a quanto pare. >>
<< So molto più di quanto immagini. >> ribatté lei, ostentandosi a tenere un tono neutro. Si trattava di vita o di morte, di notizie lasciate sfuggire per errore e altre affermate coscientemente. E lei non poteva permettersi di perdere. << Ad esempio, anche se non è molto, so il tuo nome. Tu invece non conosci il mio. >> continuò, e in quelle frasi c’era un’implicita minaccia che Light colse al volo.
<< Cosa vuoi da me? >> chiese, guardandola a testa alta. Alla ragazza venne quasi da piangere, alla vista di quello sguardo così glaciale.
<< Potrei chiederti lo stesso… >> piccola pausa ad effetto, che si era ripromessa di fare nel caso si fosse ritrovata in una situazione del genere. << …assassino. >>
Light non fu affatto sorpreso; ovviamente sapeva che lei sapeva. Ma aveva scavato a fondo nella mente della ragazza per sapere quali erano i suoi punti deboli. Il primo era la troppa sicurezza.
<< Assassino, dici? Cosa ti fa credere che io sia un assassino? Mi credi così brutale? >>
<< Brutale? >> replicò lei. << L’arresto cardiaco è una morte pulita, in pochi non sarebbero in grado di uccidere in questo modo. >>
<< Ma io non sono un assassino. Non potrei dire lo stesso di te, ovviamente. >> farla tentennare, indurla ad essere insicura di sé e a fidarsi di lui. Un piano banale, in fin dei conti, ma in cui Light Yagami potrebbe benissimo riuscire grazie alle sue abilità oratorie. Purtroppo aveva scelto la persona sbagliata per mettersi alla prova, dato che lei non si sarebbe mai fidata di lui.
<< Se c’è una cosa che posso dirti di me è proprio che non sono un’assassina. Tu invece… >>
<< Se non sei un’assassina, allora come fai a sapere come faccia questa persona che si crede un giustiziere ad uccidere? >> la interruppe lui, alzandosi e mettendo nel lavandino il vassoio con le tazze. Sembrava un vero uomo di casa, ma ovviamente non lo era.
Federica stava per rispondere, quando si rese conto che, in qualunque modo avesse risposto, sarebbe stata nel torto: se avesse ammesso di conoscere il modo in cui Kira uccideva, allora Light avrebbe potuto accusarla di essere l’assassino seriale e insistere perché lei provasse il contrario (e lei avrebbe dovuto tirare fuori il quaderno); nel caso contrario, Light avrebbe affermato che allora lei non poteva accusarlo di essere Kira, pertanto che non aveva prove.
E lei era proprio delle prove che aveva bisogno.
<< Non ho scritto alcun nome sul quaderno, se mi stai chiedendo questo. >> si meravigliò della propria schiettezza. << A differenza tua. >>
Light passò alla seconda cosa che aveva letto nell’anima della ragazza che aveva davanti, mentre tornava a sedersi al tavolo, sporgendosi verso di lei.
<< Mi stai dicendo non hai mai sentito il bisogno di farlo? >>
Una sola frase bastò a farla esitare.
<< No… >> sussurrò, ma era un sussurro quasi impercettibile, incerto, rotto.
Light, dentro di sé, sorrise trionfante.
<< Io lo so che tu la pensi come me. >> continuò il ragazzo, prendendole le mani nelle sue.
Shuyo esitò ancora prima di andarsene; voleva vedere come finiva la faccenda. Sembrava una scena parecchio… interessante, ecco. Eppure c’era qualcos’altro a spingerla a restare, un qualcosa in fondo al petto che non riusciva a classificare.
Federica scosse la testa rapidamente, chiudendo con forza gli occhi. Non doveva lasciarsi travolgere dai suoi sentimenti, o la missione era già fallita in partenza.
Doveva trovare un modo per salire nella camera del ragazzo, prendere il suo quaderno e poi bruciarlo. Le vennero in mente diverse possibilità di riuscita del piano, ma nessuna era attuabile. E le parole di Light erano così veritiere…
<< Non devi essere spaventata dal tuo potere, è una cosa positiva. Se quello Shinigami ha scelto te, un motivo ci deve pur essere, no? >>
Federica impallidì: certo, un modo per vincere quella guerra c’era, ma… sarebbe stato come collaborare con Kira…
<< In questo mondo c’è una sporcizia che neppure immagini, dei veri e propri rifiuti umani: assassini, ladri, stupratori e via dicendo. Tutto quello che questo “assassino” fa è ripulire il mondo da tutto ciò, anche a costo di dannarsi per sempre. >>
Lentamente, la ragazza aprì gli occhi e fissò il proprio sguardo in quello di Light, a pochi centimetri dal suo volto. Non si era accorta di quanto le fosse vicina, e sgranò gli occhi sorpresa.
<< Ti è stato dato questo potere per un motivo, e lo sai bene. Sai anche bene quanto me che sono nel giusto. >> le si avvicinò ancora di più al volto, ma lei non fu tentata di ritrarsi.
Dentro Shuyo, qualcosa si stava lentamente disfacendo, anche se agli occhi di Ryuk, appena entrato nella cucina, apparve sorridente come sempre.
Una delle mani di Light –di Kira– salì lenta lungo una delle braccia di Federica, attorcigliandosi poi tra le dita una sua ciocca di capelli.
Lei arrossì vistosamente. No, non andava bene, si stava lasciando trarre in errore dalle proprie emozioni. Eppure quei tratti così dolci, quasi femminei di colui che aveva davanti… quel ragazzo non poteva essere davvero Kira, era troppo innocente per esserlo.
Le labbra di Light le sfiorarono una guancia, facendola sussultare. Come al solito, con le donne era tutto estremamente facile, poteva quasi sentire il suo battito cardiaco accelerare per l’eccitazione. Gli venne alla mente una frase ad effetto che avrebbe fatto al caso suo.
<< Creerò un mondo giusto, retto, un mondo per gente come noi. Unisciti a me, sii la mia dea. Mia, e del nostro nuovo mondo. >>














Angolino autrice.

Tenendo conto del fatto che Light non è esattamente tra i miei personaggi preferiti, per scrivere questo capitolo ci ho messo un secolo. Però non potevo resistere alla tentazione di pubblicarlo il giorno del compleanno di Kira XD
Come al solito, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per aver letto fino a qui.
Al prossimo aggiornamento,

DarkLight.

 

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Capitolo 7
*** Ritorno ***


Ritorno

 




<< Ci sono. >>

Dopo la frase detta da Light, Shuyo se l’era data a gambe, probabilmente per paura di infastidire i due piccioncini.
Era andata invece a casa delle sorelle Sasaki, che stavano tranquillamente studiando storia. E la storia del Giappone è già abbastanza complicata di per sé, figuratevi con una Shinigami che pesta i piedi per terra per attirare, inutilmente, l’attenzione.
L’unica cosa che era stata in grado di far alzare le due teste castane dai libri era stata quella telefonata da parte di Federica, ore dopo. La chiamata era stata messa in viva voce, in modo che tutte e tre le person- gli esseri riuniti in quella camera avessero potuto ascoltarla.
<< Ci sono. >>
Quella era stata la prima frase detta dalla ragazza, neanche un “buona sera” o un “come state?”. Evidentemente la faccenda doveva essere parecchio seria.
<< Che vuol dire “ci sono”? >> chiese Helen, curiosa. In realtà era piuttosto preoccupata, perché il tono di voce roco utilizzato dalla ragazza dall’altra parte del telefono non le apparteneva affatto.
<< Ho fatto in modo che Light si fidi di me. >>
Quasi dieci secondi di silenzio, interrotti dal ticchettio delle lancette della sveglia.
Adesso quella con la voce roca era Egle.
<< Scherzi? >>
<< Affatto. >> fu la risposta secca dell’amica. << Chiedi anche a Shuyo, se vuoi; lei c’era. Ora è con voi, no? >>
Le due sorelle si voltarono simultaneamente verso la Shinigami.
<< Che volete ora? Io ho provato a dirvelo! >> si difese lei, e effettivamente non scherzava, stranamente.
L’attenzione venne rivolta di nuovo a quella scatoletta di metallo poggiata sulla scrivania da cui partiva ancora la voce di Federica.
<< Vi racconterò più nei dettagli appena avremo la possibilità di vederci, ma sappiate che sta andando tutto a meraviglia. >>
<< Se non ti conoscessi, >> dichiarò la più piccola con malizia. << potrei affermare che vi siete baciati, se non qualcosa in più. >>
Altri istanti di silenzio, ma stavolta qualcuno in meno rispetto alla volta precedente.
Egle aveva gli occhi sgranati, Helen si era come paralizzata. Shuyo non ne parliamo, che è meglio.
<< Helen… >> iniziò la voce, dopo un colpo di tosse. L’interpellata sbatté più volte le palpebre, come per risvegliarsi da un lungo sogno.
<< S-sì? >> balbettò.
Ora, colei che mi ha narrato questa storia mi ha fortemente ribadito che la risposta data da Federica doveva essere censurata, onde evitare traumi nel mondo degli umani, ma di affermare comunque che anche Helen ed Egle uscirono scosse da quella conversazione.
<< …OVVIAMENTE NO, IDIOTA! >> concluse la ragazza dall’altro capo del telefono, chiudendo poi la chiamata.
Non vista, la Shinigami tirò un sospiro di sollievo. Non sapeva neppure bene lei perché, ma in quel momento sarebbe voluta essere al posto di Federica. Non aveva senso. Ma, d’altra parte, cosa in quella vicenda aveva senso?
Le Sasaki erano rimaste imbambolate a fissare il telefono per buoni due minuti, ancora scosse, quando questo vibrò, segno che era arrivato un messaggio:
Oggi, se vi ricordate, si riunirà l’Interpol. Lascio la parte buona e dolce (letteralmente) di questo caso a voi, perché per un po’ non potremo vederci, causa Kira. Inventatevi qualcosa. Basta che muoviate il culo.”
Sorvolando sull’ultima frase, sia Helen che Egle annuirono vigorosamente.
Già, era ovvio che sapessero che quel giorno si era riunito l’Interpol, e che dunque il giorno successivo, il 5 dicembre, L avrebbe teso una trappola a Kira. E loro sarebbero dovute entrare in gioco il più presto possibile, con la possibilità di essere scovate ed uccise da Kira quasi pari a quelle di essere riconosciute da L. Erano fregate.
<< Sei pronta? >>
La voce della sorella arrivò alle orecchie di Helen come una doccia fredda. No che non era pronta, era ovvio. Eppure doveva farlo, doveva trovare il modo di salvare il salvabile.
<< Domani, quando avremo la certezza che si trova qui. >> affermò lapidaria, mentre Egle la osservava seria, in mano la busta marrone con dentro la videocassetta e i soldi.
Nessuna delle due era certa che il piano avrebbe funzionato, ma bisognava tentare. Ognuna delle tre amiche aveva la sua parte in quella faccenda, ma tutte e tre rischiavano grosso.
Federica era più a stretto contatto con Kira, ma aveva delle proprie, solide convinzioni, e non si sarebbe fatta abbindolare dalla bellezza eterea di Light Yagami. In realtà erano tutte e tre un po’ così, ma Federica era… diversa. Lei si trovava a suo agio nel lato oscuro della guerra, e in più aveva delle abilità oratorie e di improvvisazione uniche.
Helen era la più piccola, ed era quella su cui sviare i sospetti. Sarebbe andata lei ad imbucare la busta, la mattina successiva, direttamente nella cassetta del destinatario. In più –ma questa è solo una supposizione– Helen era così testarda che avrebbe potuto sopportare giornate intere di tortura. Non per questo, nel loro mondo, Federica si divertiva a chiamare Eleonora “Amane”.
Infine, Egle era una ragazza semplice, comune, a dispetto del suo nome. Aveva una memoria fotografica parecchio sviluppata e una capacità di calcolo (percentuali comprese) quasi pari a quelle del famoso Beyond Birthday (ma grazie a chi di dovere non era folle). Diciamo che poteva somigliare per il carattere vagamente a Matt... Ma si sperava che non sarebbe morta come lui.
Insomma, alla fin fine si completavano perfettamente, come i pezzi di un puzzle.
Ma la cosa non sarebbe andata avanti per molto.
 
 
Il giorno dopo, come già detto, Helen si incappucciò e si diresse verso l’emittente televisiva locale, la beneamata Sakura TV, imbucando la busta senza farsi notare. Ma, d’altra parte, chi avrebbe mai fatto caso ad una ragazzina per strada verso le sei del mattino con uno zaino in spalla? Quei pochi che l’avrebbero vista avrebbero pensato che stesse semplicemente andando a scuola un po’ prima del solito, non c’era da preoccuparsi.
Piuttosto, ad inquietare Egle era il silenzio radio di Federica. Non si faceva sentire dal pomeriggio precedente, e non era andata a scuola.
Certo, lei non era il tipo da dire il proprio nome di battesimo a Kira, pur di acquistare la sua fiducia, ma lui poteva averla trattenuta… inoltre, quel cinque di novembre, il Death Note sarebbe dovuto tornare di nuovo a casa Sasaki, dopo una settimana in cui l’aveva avuto con sé Federica. Sì, era principalmente il terrore che la sua amica avesse potuto cedere all’enorme potere che aveva fra le mani, che angosciava la più grande.
Invece, come poté constatare Shuyo qualche ora dopo, semplicemente la sveglia della ragazza non era suonata, e lei di certo non si svegliava alle sette senza l’odiato trillo dell’altrettanto odiato orologio!
Quando si alzò dal letto, si rese conto che erano le nove passate e dedusse che era inutile andare di fretta e tentare di entrare in classe alla terza ora, perché sarebbe stato davvero inutile. Tanto l’interrogazione di storia… no, nulla, l’interrogazione di storia poteva anche saltarla, dato che non aveva studiato un’acciderbolina il giorno prima per colpa di Light.
Andò tranquillamente in bagno, con un passo degno di un bradipo infreddolito.
Ancora mezza addormentata, si chinò sul lavandino e aprì il rubinetto, facendone uscire acqua calda. Si lavò la faccia, poi se l’asciugò con l’asciugamano blu che aveva accanto.
Insomma, si comportò come al solito, fin quando non alzò la testa per guardarsi allo specchio.
E si accorse di non essere sola.
Dovette premersi una mano sulla bocca per non urlare, nonostante fosse ormai abituata alla vista di quell’essere alato.
<< Shuyo! >> esclamò sottovoce per non svegliare sua madre, per poi ricordarsi che i suoi erano entrambi a lavoro, a quell’ora, e dunque iniziare a parlare urlando. << Che cosa ci fai qui?! >>
Gli occhi della Shinigami la fissavano vacui, le pupille nere feline la guardavano dall’alto in basso, ricordandole un po’ troppo la sorella.
La dea la squadrò ancora per qualche minuto, e Federica poté giurare di aver visto i suoi occhi lampeggiare di rosso sanguigno. Poi l’essere scosse la testa, forse per scacciare qualche pensiero.
<< Nulla, Egle è preoccupata perché non sei a scuola, e mi ha chiesto di venire a vedere come stavi. >>
Federica fece un cenno d’assenso, trasferendosi poi in cucina. Ma anche lì qualcosa la sconcertò. Non poteva vederlo, non poteva sentirlo, ma una mela non rimane sospesa in aria da sola.
Prima che la ragazza potesse dire o fare qualcosa, qualcuno bussò al campanello. Sconvolta, lei non si curò neppure del fatto di essere in pigiama (bianco, la narratrice mi ha detto di specificarlo anche se non so perché).
<< Come diavolo hai fatto?! >> quasi urlò, con la bocca spalancata, mentre davanti a lei si stagliava, in tutti i suoi sovrastanti 179 centimetri e in tutta la sua abbagliante bellezza, Light Yagami.
<< Non è difficile seguirti, da casa mia. Pensavo che avresti previsto anche questo, ma evidentemente mi sbagliavo… >> affermò lui, facendo spallucce e con tono dispiaciuto.
<< Chi ti ha dato il permesso di venire a casa mia e di seguirmi?! Posso benissimo ucciderti! >>
Light rise di gusto allo sfogo della ragazzina davanti a lui, ma lei non ne capì subito il motivo. << Ora anche io conosco il tuo nome, Federica Capuano, e dunque anche io posso ucciderti. Ritengo che non sarebbe una mossa saggia, ucciderci a vicenda ora che siamo alleati, non trovi? E, ad ogni modo, qualunque cosa succeda, tu verrai a fondo con me. >>
La sua voce era soave, dolce, delicata, nonostante la stesse minacciando. Se Federica gli avesse dovuto dare un ulteriore soprannome, avrebbe detto “Orfeo”. Ma si ripeté ancora una volta che non doveva lasciarsi trasportare dalle emozioni o sarebbe saltato tutto il lavoro fatto fino ad allora.
<< Già, sì, hai ragione. >> biascicò, facendosi di lato in modo da lasciar entrare in casa l’ospite. << Cambiando argomento: com’è che non sei a scuola? >>
<< Potrei rigirarti la domanda, Fede-chan. >>
Federica dovette chiudere un attimo gli occhi per non vedere rosso ed uccidere Kira. Già “Tsubomi-chan” era odioso, e non era neppure il suo vero nome; figuratevi questo!
<< La… la sveglia non è suonata. E gradirei che non mi chiamassi così, grazie. >> era un’affermazione che non ammetteva repliche, e Light si guardò bene dal chiamarla in quel modo, da allora in poi. Anche lui ci teneva alla propria vita, in fondo. Certo, come se poi lei avesse potuto ucciderlo… << Piuttosto, che diavolo ci fai qui, Light-kun? >>
La sua voleva essere una beffa, e invece pareva proprio che al bruno essere chiamato così piacesse, poiché sorrise apertamente.
<< Oggi dovevamo metterci d’accordo per i criminali da giustiziare, no? Un incontro a settimana. >> la ragazza ricordò: sì, ma tutti gli incontri erano a casa Yagami; com’è che Light era seduto sul suo divano, allora? Lui parve leggerle nella mente. << Sono venuto io da te, stavolta, perché mia sorella è rimasta a casa e mia madre con lei; quindi non sarebbe sicuro…>>
<< …farmi vedere da loro due, già. >> completò la frase Federica.
<< E poi, così staremo insieme tutta la giornata, non ti va? >>
Avrebbe voluto tirargli contro la prima cosa che le fosse capitata sotto mano, ma si trattenne. Avrebbe voluto tanto vedere se, una volta incatenato ad L, avrebbe ancora avuto voglia di stare in compagnia!
<< Mi dai almeno il tempo di andare in bagno e fare colazione? >>
Di nuovo come se le avesse letto nel pensiero, Light le porse una busta che aveva in mano.
<< Dolci tradizionali italiani. Tu sei italiana, quindi ho pensato che volessi qualcosa del genere; ho sbagliato? >> domandò il ragazzo, mentre lei apriva il sacchetto profumante di crema.
Lo ringraziò sorridendo: forse in fondo in fondo quel ragazzo non era tanto malvagio… come le sue motivazioni, magari anche Kira era normale, classico, semplice, giusto.
No, giusto no. I giusti non uccidono.
<< Ah, lo sai che mi hanno dato un soprannome? >>
La ragazza alzò la testa di scatto. << Davvero? >> chiese, fingendo interesse e sorpresa.
<< Così pare. Mi chiamano “Kira”. È la traslitterazione giapponese della parola inglese “killer”. Ma tu lo sapevi già. >> aggiunse, sospirando.
Per un po’ Federica dedicò attenzione solo ai dolcetti che aveva in mano e ai propri pensieri; poi andò a farsi una doccia e solo verso ora di pranzo si concentrò su Kira e sulla propria missione.
Il pomeriggio trascorse tra accordi e minacce, urla e mormorii, che per la maggior parte provenivano da Federica e che per la maggior parte erano parolacce italiane.
Alle sette del pomeriggio fecero il punto della situazione: i criminali dei notiziari sarebbero stati giustiziati da Light, mentre quelli nelle prigioni da Federica. La ragazza da lì a poco sarebbe andata a prendere il proprio Death Note e i due avrebbero toccato i rispettivi quaderni.
<< A proposito di notiziari: non sarebbe meglio vederne uno ora? >> propose Federica, prima di accendere la televisione senza neppure aspettare il consenso dell’altro.
In parte era stanca come non mai, e malediceva la sveglia per non essere suonata, quella mattina, e dunque non averle permesso di vivere una tranquilla giornata normale; in parte voleva ascoltare una voce che non fosse quella perfetta di Light, o presto l’avrebbero dovuta internare in un qualche manicomio; in parte, inconsciamente, aveva fatto la cosa giusta al momento giusto.
Federica si mosse verso la propria camera per prendere il Death Note, quando si rese conto di che giorno fosse, del perché Light non era andato al corso, quella mattina (il quadernino nero non si sarebbe nascosto da solo nel doppiofondo del cassetto della sua scrivania), e cosa avesse fatto lei in quel momento. Che stupida, l’aveva anche detto alle Sasaki, il giorno prima.
<< Interrompiamo i programmi per trasmettere in diretta mondiale un annuncio molto importante da parte dell’Interpol. >>
Light spalancò gli occhi, fissando lo sguardo stupito sullo schermo del piccolo televisore.
Federica lo raggiunse quasi di corsa, il Death Note tra le mani ma gli occhi bloccati sul televisore.
Cinque dicembre. Oggi è il cinque dicembre. E io sono fottuta.









Angolino autrice.


Ed eccomi qui, dopo tre giorni in ospedale, finalmente a pubblicare l'ennesimo (o "ellesimo"?) capitolo XD
So che non ve ne frega niente ma sì, anche nella realtà ho una memoria così pessima... ma nella realtà non mi piomba Light in casa, dannazione! T.T
Coomunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio per aver letto e, anche se in anticipo, per le recensioni che lascerete (e vi prego sul serio di lasciarne qualcuna, perché ho bisogno del vostro appoggio per i prossimi capitoli T.T)
Grazie ancora e alla prossima,

DarkLight
 

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Capitolo 8
*** "L" ***


“L”

 




 
<< L’Interpol? >> chiese a voce bassa il ragazzo dai capelli castani, sovrastando per un attimo la voce dell’annunciatore. Federica stava sudando freddo.
<< Mandiamo in onda l’annuncio. >> avvisò ancora l’uomo alla televisione, per dare poi la linea alla così importante notizia.
Sullo schermo comparve un uomo sulla trentina, con lunghi capelli neri e occhi chiari, dalle spalle larghe e abbastanza alto, nonostante fosse seduto.
Sulla scrivania davanti a lui c’era una targhetta bianca, su cui troneggiava larga la scritta “Lind. L. Tailor.”
Sotto lo sguardo stupito di Light e Shuyo, l’uomo incominciò il suo discorso:
<< Chi vi parla è l’unica persona in grado di mobilitare la polizia di tutto il mondo. Il mio nome è Lind. L. Tailor >> pausa ad effetto, che fece corrugare la fronte a Kira. << Conosciuto come L. >>
Se solo fosse stata più vicina, Federica avrebbe forse visto le pupille di Light restringersi. Non lo dimostrava, ma per un attimo la paura di era impossessata di lui, nonostante non avesse la benché minima idea di chi fosse L.
<< E questo chi diavolo è? >> mormorò infatti, senza staccare gli occhi dal suo volto, memorizzandone ogni singolo particolare. Poi passò a squadrare Federica, che tentava di essere il più sconvolta possibile. Non poteva lasciar intendere di sapere di L, se non lo conosceva neppure Light. Ma lui, per fortuna, non sembrò rendersi conto della farsa.
Dopo qualche istante di silenzio, Tailor riprese a parlare.
<< Ci troviamo di fronte ad una serie di omicidi di pregiudicati. Ciò rappresenta un crimine senza precedenti, che non sarà assolutamente tollerato. Pertanto, giuro che ne catturerò l’autore, colui che viene comunemente soprannominato “Kira”. >>
Light aveva occhi sgranati, sorpreso. Ma non più di tanto.
Poi si mise quasi a ridere, probabilmente dopo aver parlato con Ryuk. << Povero illuso. E come pensa di farlo? >> con un gesto che tradiva impazienza e forse anche un briciolo di follia, tirò fuori con un unico movimento dalla borsa marrone che aveva accanto il Death Note. << Finché non trova questo quaderno non avrà uno straccio di prova e quindi sarà assolutamente impossibile catturarmi! Non ce la farà mai! Avevo previsto una cosa del genere. >> esclamò, tentando di darsi un contegno, e quell’ultima frase, da sola, fece accapponare la pelle alla ragazza che gli stava accanto. << E avevo anche preventivato che l’intervento della polizia facesse parte del piano. >> In quel momento, Light Yagami sembrava un folle con disturbi di bipolarismo appena uscito da un manicomio. Faceva quasi ridere.
Ma bisogna avere più paura delle persone che ti fanno ridere, che delle altre.
Poi Tailor continuò a parlare, rivolgendosi all’assassino seriale:
<< Kira, a grandi linee posso immaginare cosa ti passi per la testa per agire in questo modo. Ma sappi che ciò che stai facendo… >> altra pausa ad effetto, e questa di enorme impatto. << …è malvagio. >>
Il cuore di Federica perse un battito. Per un attimo le parve di provare ciò che stava provando Light: rabbia, immensa e sconfinata, che gli strabordava dal cuore, e poi odio per quella persona che aveva osato chiamarlo “malvagio”, e ancora superbia, e voglia di ignorare ciò che stava succedendo e proseguire imperterrito con le esecuzioni.
Ma la rabbia ebbe il sopravvento.
Light Yagami rimase composto, cercando di contenersi. << Malvagio… >> mormorò, un leggero tremito alla mano sinistra. << Io sarei… malvagio? >>
<< Light…?! >>
Il ragazzo quasi non si rese conto di essere stato chiamato dalla persona che gli stava accanto. Scattò in piedi, lo sguardo arrabbiato come mai puntato sulla televisione. << Io sarò la giustizia! >> urlò, stringendo i pugni. << Io ho liberato i deboli dal terrore del male, sarò il signore del nuovo mondo che tutti sognano! E diabolico è chi si ribella a me! Sono loro i malvagi! >>
Federica rimase paralizzata al suo posto, mentre Light prendeva una penna dal tavolo e apriva il proprio Death Note ad una pagina bianca. Esitò un solo attimo, attimo sfruttato per sogghignare e non per pentirsi di ciò che avrebbe fatto da lì a poco.
<< Sei stato troppo ingenuo, L. >> affermò, alzando lentamente la testa verso la TV. << Un pizzico di furbizia in più, e forse sarebbe stato divertente affrontarti. >>
Dalle labbra gli sfuggì una risata, mentre scriveva quel nome, e Federica credette di star per vomitare. Non era umano uccidere delle persone così semplicemente, senza vergogna o sensi di colpa. Light Yagami non poteva essere umano.
<< E ora tutto il mondo vedrà che cosa succede a mettersi contro di me, mio caro L! >>
Quaranta secondi. Una lancetta ticchettava sull’orologio di Light, un’altra nella testa di Federica. Aveva imparato a contare i secondi con la precisione di un orologio, a furia di ascoltarne uno.
<< Ancora cinque secondi. Quattro. Tre… >>
Due… Uno… continuò Federica nella propria mente. Era impaziente di vedere la reazione di Light a ciò che sarebbe successo dopo; di conseguenza era impaziente che Tailor morisse. Ma non se ne sentì effettivamente in colpa.
Lind. L. Tailor stramazzò sulla scrivania dopo un arresto cardiaco e con il suo, anche il cuore della ragazza accanto a Light sembrò fermarsi.
Tuttavia quella non era una delle morti che potevano essere evitate.
Il ragazzo scoppiò a ridere di gusto, senza più preoccuparsi di trattenersi. Aveva appena ucciso un uomo e rideva. Doveva essere folle, non c’era un’altra possibilità.
<< Che ti succede? Non parli più, eh?! >> esclamò tra le risate, avvicinandosi al televisore. Improvvisamente, però, un suono proveniente dall’elettrodomestico lo zittì; con esso sullo schermo apparì una grossa “L” nera, in stile gotico.
Light si ritrasse, come un bambino che ne ha appena combinata una delle sue, gli occhi sgranati esterrefatti.
Federica quasi si commosse al sentire quella voce, anche se modificata.
<< Incredibile! Ho voluto provare proprio per sicurezza, ma… non avrei mai pensato ad una cosa simile. Kira, tu sei in grado di uccidere la gente a distanza. >> affermava, e stavolta la risata scappò dalle labbra di Federica. Ma Light era troppo preso da quella voce metallica per accorgersene. << Non ci avrei mai creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi. >>
Light era immobile davanti alla TV, non fiatava, a stento respirava. Federica, poco più dietro, quasi piangeva.
<< Ascoltami bene. Se sei stato veramente tu ad uccidere Lindon L. Tailor, l’uomo che è apparso in Tv, sappi che era un condannato a morte la cui esecuzione era prevista per oggi. E non ero io. >>
<< Cosa?! >>
Gli occhi del moro, se possibile, si fecero ancora più grandi dallo stupore. L’aveva gabbato. Fregato. Sconfitto. Umiliato. E non ne conosceva né volto, né nome.
<< La polizia aveva tenuto la Tv e i giornali completamente all’oscuro della sua cattura. Da ciò che vedo, pare che nemmeno tu sapessi della sua esistenza. >>
<< Ti ha fregato! >> mormorarono contemporaneamente Federica e Ryuk, con una perfetta ed inquietante sincronia.
Shuyo e Light, invece, continuarono a fissare il televisore.
<< Ma io esisto davvero. Forza, prova ad uccidermi! Forza! Prova ad uccidermi! >>
<< Ma che… bastardo…! >> sussurrarono i due ragazzi, l’uno con la voce mozzata in gola, sudore freddo che gli colava dalla fronte, l’altra con un sorriso stampato sul volto e una risata che le premeva contro le labbra per uscire. L’uno era la rappresentazione della paura, l’altra quella della gioia.
Era vivo. Poteva salvarlo.
<< Che aspetti? Avanti, prova ad ammazzarmi! Ti vuoi muovere? Uccidimi! Fatti sotto, Kira! Che c’è? Non ce la fai? >>
Federica cercava in tutti i modi di trattenere risate e sorrisini, ma per la maggior parte delle volte era inutile. Shuyo (ma probabilmente anche Ryuk) la squadrava dall’alto in basso pensando forse di essere davanti alla pazzia fatta persona. Certo, l’avrebbe dovuto dire anche poco prima, davanti alla risata folle di Light, ma per una qualche ragione sconosciuta persino a lei, la Shinigami riteneva che l’unica folle lì dentro fosse Federica.
<< Si direbbe proprio che tu non riesca ad uccidermi. >> commentò la voce modificata. << Quindi ci sono persone che non puoi uccidere. Grazie per il prezioso indizio. In cambio, però, lascia che ti spieghi un’altra cosa: questo annuncio è stato presentato come una diretta internazionale, ma in realtà è stato trasmesso solo nel Kanto, in Giappone. Avevo in programma di mandarlo in onda in altre regioni, ma ora non è più necessario. So che ti trovi nel Kanto. >>
Yagami non ebbe il coraggio di ribattere.
<< E anche se la polizia non se n’è accorta, perché era un piccolo criminale, io so che la tua prima vittima è stata il sequestratore di Shinjuku. Con tutti i grandi criminali morti per arresto cardiaco, quella morte è sembrata una fatalità. Inoltre, aveva fatto notizia soltanto in Giappone, ed è grazie a questo che mi è stato facile arrivarci. Ho capito che tu sei in Giappone, e che quell’uomo, la tua prima vittima, è stato soltanto la tua cavia. >>
Shuyo tentò di incenerire il televisore con lo sguardo in un modo piuttosto infantile, presa dalla rabbia e dallo sconforto. Ma non capiva neppure perché si sentisse così.
L continuò:
<< Ho trasmesso nel Kanto perché è una regione altamente popolata, e ho fatto centro. Francamente non mi aspettavo che le mie previsioni fossero esatte ma, visti i risultati, il giorno della tua condanna a morte non è poi così lontano. Kira, sono proprio curioso di sapere come fai a commettere quegli omicidi. E non sarà facile, perché per farlo, dovrò prima catturarti.>> Federica era certa che L, nascosto nella sua buia stanzetta chissà dove, stesse sorridendo. << Ci vediamo… Kira.>>
La televisione si spense all’improvviso. Federica aveva ritenuto che la mente di Light non fosse in grado di reggere altro e che sarebbe scoppiato da un momento all’altro. Ma ricordava –eccome se ricordava –cosa sarebbe accaduto in realtà, cosa Kira avrebbe detto.
<< Light, sarà solo un detective come gli altri; non devi preoccuparti di lui! >> il ragazzo non la degnò neppure di uno sguardo.
Vabbé, io c’ho provato.
Passarono un paio di minuti, prima che il salotto si riempisse di nuovo con il suono di una delle due voci umane. Ed era quella di Light, ovviamente.
<< Il giorno… della mia condanna a morte, hai detto… Interessante… perché no, accetto la sfida! >> esclamò, e Federica sussultò, non sapeva bene se per l’emozione di sentire la voce di quel ragazzo dire le esatte parole che pronunciava nell’anime che lei conosceva a memoria oppure per altro.
La frase successiva la fece convincere della prima ipotesi. Poteva quasi sentire la voce di L sovrapporsi a quella di Kira, come appunto nel cartone animato. Ma sentire tutto quello dal vivo… era diverso, era tutt’altra cosa…
<< L, stai pur certo che ti troverò e ti ucciderò! Io sono… >> la ragazza chiuse gli occhi, per godersi meglio quelle ultime parole. << …la Giustizia! >>
 



 
Light dovette sbattere le palpebre diverse volte, prima di calmarsi totalmente. L’avevano battuto, per la prima volta dopo giorni e giorni dacché il “caso Kira” era aperto. Questo “L” doveva essere un grande genio o avere una gran fortuna. O perché no, entrambi.
Federica picchettò con una mano sulla spalla del ragazzo, cercando di attirare la sua attenzione. Poi, per lo stesso fine, lo abbracciò.
Kira sussultò, frenando l’impulso di staccarsi violentemente da quel corpo che era fin troppo a stretto contatto col suo. Ma doveva aggrapparsi alla propria copertura, soprattutto perché di quella ragazza, a parte volto e nome, non sapeva assolutamente nulla. Una mossa falsa e lei avrebbe potuto ucciderlo. Era pur sempre una donna, e come tali strana e bipolare.
Strinse la presa sulla schiena della ragazza, e stavolta fu lei a sobbalzare. Che non se lo aspettasse? Probabile.
Comunque, dopo un po’ si dovettero lasciar andare a vicenda, ed entrambi tirarono segretamente un sospiro di sollievo.
Come deciso in precedenza, toccarono i rispettivi Death Note, e così Light vide Shuyo (e le sorrise quasi benevolmente) e Federica riuscì a capire come fosse nella realtà quel divora-mele. Ovvero identico alla sua versione manga. E sghignazzante. La sua risata, peraltro, le faceva accapponare la pelle. Quella di Shuyo era quasi umana, o comunque in qualche modo femminea; quella di Ryuk era terrificante. Egle invece avrebbe pagato migliaia di yen pur di vedere il suo dio della morte preferito ed ascoltarlo ridere. Vabbé, ognuno ha la sua opinione.
Dopo questo, i due si salutarono, e Federica si ritrovò in mano un foglio con una lista di persone da uccidere nei successivi sette giorni.
<< Solo ventuno persone >> aveva detto Light << ma solo per questa settimana. Quando ci avrai fatto l’abitudine, ne giustizierai molti di più. >>
Solo in un secondo momento le venne da chiedersi che avrebbe fatto quando lui le avrebbe detto “uccidi Beyond Birthday, il serial killer di Los Angeles”. Probabilmente si sarebbe inventata qualcosa… ma ci voleva ancora molto tempo. Ci avrebbe pensato poi. Non avrebbe mai ucciso quel ragazzo, lo stimava troppo, nonostante la sua salute mentale non fosse esattamente… beh, sana. Ma comunque, il problema principale rimanevano quei 21 criminali. Era stata così presa dal messaggio di L che non aveva mai neppure sfiorato l’idea di dover ammazzare della gente. Doveva essere o davvero distratta, o davvero un’idiota.
Per cercare di estraniarsi da quei pensieri, accese la televisione ed evitò ogni telegiornale che veniva trasmesso, in cerca magari di una soap opera o di un qualcosa di divertente. In più si sentiva incredibilmente sola, dato che Shuyo era taciturna. L’umana cominciò a credere che lei si fosse innamorata di Ryuk, cosa effettivamente non improbabile; andiamo: se ben due Shinigami si erano innamorati di una stupida come Misa Amane, allora poteva sul serio accadere di tutto! Per fortuna le cose con Amane stavano per cambiare. Grazie a lei.
Gongolò nel proprio autocompiacimento fino a che non arrivò al canale della Sakura Tv. Ebbe l’impressione di essersi dimenticata qualcosa, qualcosa di importante…
Ah già, la pizza nel forno a microonde.
Si sedette al tavolo e cominciò a mangiare, osservando senza interesse la pubblicità di una crema per il viso. Poi riiniziò, dopo una pausa di circa dieci minuti, una sorta di talk show tipico di quell’emittente televisiva. Solo che c’era qualcosa di diverso, una strana tensione nello studio. Il pubblico si guardava intorno spaesato, sul palco non c’era nessuno.
Fu Demegawa, da fuori campo, ad iniziare a parlare:
<< Siamo spiacenti di dover interrompere qui la trasmissione del programma, ma c’è un annuncio importante da fare: per cause maggiori, stasera andrà in onda a ripetizione un messaggio lasciatoci qui in studio. Siamo spiacenti, ma ci vediamo costretti a cedere alle minacce inviateci. Alle 20 precise ci sarà la prima trasmissione della registrazione. Buona visione dalla Sakura Tv, e ci scusiamo per eventuali disagi. >>
Federica fissò insistentemente il televisore, domandandosi se fosse tutta una farsa oppure se ci fosse, in quella faccenda, un briciolo di verità. Lo avrebbe saputo, se il suo orologio andava bene, dopo un paio di minuti. Sarebbe valsa la pena di aspettare? Una parte del suo cuore pregò di no.
















Angolino autrice.



E rieccomi, finalmente. Purtroppo ho avuto parecchio a cui pensare, ultimamente, a causa di un'operazione a cui mi sono dovuta sottoporre, e quindi devo riprendere i ritmi della scuola. Inoltre, quast'anno farò per la prima volta un cosplay e, dato che manca davvero poco tempo, sono mooolto occupata anche con quello. Ma ritornerò!

Quindi a presto, si spera, e grazie a tutti per aver letto. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! :D
Alla prossima,

DarkLight

P.S.: so che, tolte le citazioni, questo capitolo è molto corto, ma ho in programma di farmi perdonare pubblicando prima del previsto il prossimo :) Grazie ancora.

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Capitolo 9
*** Alpha ***


Alpha

 
 


<< Gentili signori e signore che stanno guardando Sakura Tv, incuriositi dal misterioso messaggio, è Alpha che vi parla. >> Federica sbiancò al solo udire quella frase essere pronunciata da una voce alterata simile a quella del secondo Kira, e peraltro in inglese. L’inizio somigliava al discorso di L all’Interpol, e Alpha –che peraltro era una parola comparsa scritta in Old English sullo schermo –era il nome in codice che utilizzava nelle fanfiction che scriveva. Non poteva essere un caso. << Di sicuro tutti –o quasi –avrete ascoltato la dichiarazione di L qualche ora fa. Ebbene, non ho nulla da togliere a quella dichiarazione, dato che è tutto vero. Piuttosto, avrei da aggiungere eventuali dettagli a ciò che è già stato scoperto da L. Voi non mi conoscete, ma anche io sto lavorando al caso Kira e sono giunto alle stesse conclusioni di L, se non anche oltre. E vorrei discuterne con te che sei il mio mito, L… >> pausa ad effetto; ancora una volta veniva utilizzato lo stile di L, o forse vagamente quello fanatico di Mikami... << ... se riuscirai a trovarmi. So molto più di quanto pensi sul caso Kira, ho delle prove e dei sospettati. Anzi, un sospettato. Non sto scherzando, spero che tu lo capisca. E sarei davvero felice se tu accettassi questa piccola sfida perché, vedi, ne vale la pena. >>
Chi poteva conoscere L e Kira così bene, se non Federica stessa e altre poche persone? La ragazza ammise di sapere già chi fosse Alpha, ma di non voler credere al proprio intuito e al proprio cervello. Una volta tanto voleva sbagliarsi. Eppure il registro di parole usato era quello che apparteneva a un liceale non inglese, e la voce era comunque mal camuffata (ovviamente apposta, perché l’autore voleva che L lo trovasse il prima possibile). C’era circa il 70% di possibilità che Alpha si trovasse in Giappone, ed L avrebbe seguito subito quella pista. Dopo qualche settimana sarebbe stato in grado di dire chi fosse esattamente Alpha e che aspetto avesse, cosa volesse da lui e forse anche come faceva a sapere tutte quelle cose sul “caso Kira”.
<< Conosco il tuo aspetto fisico, L, conosco il Los Angeles BB Murder Cases, le tue fissazioni, le tue paure, e conosco il tuo carattere e in parte il tuo passato. Oh, e ovviamente il tuo vero nome. Ho stuzzicato il tuo intelletto? Tenterai di trovarmi? Non vedo l’ora che ciò accada. A presto, si spera, Eru. >>
Il messaggio continuò a ripetizione ogni due minuti per un’ora, e Federica lo ascoltò altre due volte. Poi decise di fare una telefonata rapida ad un paio di persone, inconsciamente solo per non prendere in mano il quaderno omicida.
Shuyo ascoltava la conversazione con calma ed apatia, fissando un punto indistinto davanti a sé e riflettendo sulla propria vita da Shinigami, sulle regole del suo mondo, sul proprio cuore, sempre se ne aveva uno. Ma comunque sentiva ogni singola parola che le due persone si dicevano.
Federica non diede neppure all’altra il tempo di rispondere, che si mise ad urlare.
<< Non dovevi fare tutto così in fretta! Non era questo il piano! E poi così ti farai trovare subito! >> già, come se non sapesse che è esattamente quello che l’altra voleva.
<< Calmati, Fede, non è la fine del mond- >>
<< CERTO CHE LO È, IDIOTA! >> se i suoi genitori fossero rientrati a casa in quel momento, probabilmente l’avrebbero subito internata in un manicomio, anche se lei avrebbe probabilmente preferito un carcere della California, almeno fino a gennaio.
Egle sospirò, cacciandosi poi in bocca una gomma da masticare. E bisogna dire che lei le odiava a morte; probabilmente era così nervosa da sentire il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti anche dopo cena.
<< Non devi preoccuparti assolutamente di nulla, Federica. Abbiamo tutto sotto controllo. >> tentò di rassicurarla, la voce ferma e quasi del tutto neutra. << Non appena Kira –finalmente posso chiamarlo così –ucciderà gli agenti dell’FBI, L si metterà alla ricerca di Alpha, e in pochi giorni rintraccerà Helen. >> sì, il piano aveva in effetti una sua logica, ma…
Federica scosse la testa più volte, contrariata, nonostante ovviamente l’amica non potesse vederla. << E se L non dovesse reagire come vi aspettate? Se sospettasse che voi siate Kira e vi rapisse e torturasse e… >>
Egle la interruppe, un tono quasi scherzoso ma anche estremamente rassegnato. << Ci stai paragonando a Misa Amane, “secondo Kira”? >>
No. Sì. Forse. Basta che non vi facciate del male a causa della vostra devozione per quel detective da strapazzo, o giuro che, altro che “secondo Kira”, diventerò un’emulatrice di Beyond Birthday!
La più piccola evitò il discorso, salutando e chiudendo la chiamata immediatamente dopo. Sua madre sarebbe tornata di lì a poco, e lei aveva bisogno di pensare a cose più importanti delle probabili manie suicide delle sue migliori amiche.
Si chiuse a chiave nella propria camera, portando con sé un noto quadernino nero e pescando una penna dal caos della scrivania. Era pronta? Doveva rimandare? Doveva pensarci o semplicemente evitare il problema ed uccidere Light? No, proprio quello non avrebbe potuto farlo.
Tirò fuori da una tasca un foglio con un elenco di nomi, la scrittura chiaramente riconducibile a Light Yagami, semplice ed ordinata quanto e più di lui.
Il primo nome era quello di un noto assassino americano di un paio di anni prima, che fino ad allora si era salvato per miracolo alla furia omicida di Kira.
E no, non iniziava per “B”.
Controllò l’orologio, poi scrisse il nome, poi un’altra rapida occhiata alla sveglia, poi il cognome. Dieci secondi in tutto; altri quaranta e avrebbe saputo se la sua copertura avrebbe retto per almeno un altro mese o se si sarebbe suicidata prima, sotto il peso di troppe morti sulla coscienza. Se poi a quelle morti si fosse aggiunto anche il dolore per Helen ed Egle… decise di non pensarci.
Shuyo, in un angolo della stanza, cercava di capire perché gli occhi della ragazza fossero lucidi e cosa ci trovasse di tanto difficile nello scrivere un nome. Non aveva scelto lei di aiutare Light Yagami? Cosa pretendeva, allora?
Furono quaranta secondi d’inferno, e poi quaranta ancora, e quaranta, e quaranta, e altre 17 volte quaranta, fino a che non dovette premersi le mani sulla bocca per non urlare dall’orrore.
 
 
Egle era abituata alle stranezze e agli sbalzi d’umore dell’amica, ma quel 5 dicembre quasi non le sembrava in sé. La teoria sui possibili sentimenti per Light Yagami era ancora nitida e valida nella sua testa.
<< Che ha detto? >> bisbigliò sua sorella, una volta uscita dal bagno, buoni dieci minuti dopo. Shuyo era già entrata attraverso i vetri della finestra da un pezzo.
La maggiore si strinse nelle spalle, per poi rendersi conto che era una risposta priva di significato. << Nulla. Che è un po' contrariata dal nostro piano e che teme per noi. >>
<< Le hai detto che non siamo stupide quanto Misa-Misa, vero? >> domanda retorica; ovviamente aveva ascoltato buona parte della breve conversazione. Egle, comunque, sorrise e si infilò svelta sotto le coperte del proprio letto, con la scusa del freddo. << Sono timori infondati, i suoi, vero? >>
<< E chi può dirlo? L ha il suo stesso numero di sbalzi d’umore, può anche darsi che inizi a sparare in aria con una pistola, un giorno. >>
Helen rabbrividì all’idea, tuttavia felice data l’ipotesi della sopravvivenza del detective. << Parliamo di Mello o di L? >> commentò scherzosamente.
<< Ricorda che L racchiude i caratteri di Mello e Near, cara Helen. >> la canzonò l’altra, aggiustandosi meglio le coperte e dandole poi la buonanotte. Ma nessuna delle due sarebbe riuscita ad addormentarsi prima di mezzanotte comunque, l’una tenuta sveglia dalla speranza di poter cambiare il futuro, l’altra dall’idea che intromettersi in quella storia le avrebbe cambiate drasticamente. E sperò non in peggio.
 
 
 
 
 
 
 
 
<< Voi credete nei fantasmi? >>
<< Nell’accezione di mostro o di spirito? >>
<< Come ti pare; sai che sono atea. >>
<< E ti definiresti la copia di Mello? >>
<< NON AZZARDARTI A DIRE CHE SONO UNA COPIA! >>
La maggiore rise apertamente davanti alla reazione furibonda dell’amica. Sua sorella iniziò a ripetere quasi in una cantilena la parola “Backup”.
<< Ele, smettila! La mia era una domanda seria; come ci siamo arrivate a B?! >>
Fu la più piccola a ridere, questa volta. << E va bene, e va bene. La mia risposta è no; Egle? >>
<< In quest’universo no, in un altro magari sì; chi può saperlo? >> l’interpellata fece spallucce, riempendosi la bocca di pop-corn. << Tu? >>
Quello che era un “tu” era uscito come suono indefinito dalle labbra della maggiore, facendo ridere le altre. Federica, tuttavia, smise quasi subito.
<< Sapete che alcuni anime mi hanno terrorizzata, no? >> cominciò, e subito le altre due si aspettarono che iniziasse a parlare della sua fobia dei serpenti (dovuta effettivamente ad un anime) o dei suoi sogni strani. E, in parte, avevano fatto centro. << Ieri notte… ho sognato L e Light… stavano discutendo pacificamente, ed erano incatenati. In realtà erano uno in blu e uno in rosso, come le loro anime. Poi, ad un certo punto, si accorgevano di me e Light mi chiamava a sé. Diceva che, se gli fossi andata vicino, lui non sarebbe morto.
<< L lo tratteneva per la catena, forse preoccupato. Comunque, il detective non voleva che mi avvicinassi. Io mi sentivo sospinta verso Light, ma più passi facevo, più L sbiadiva. Come se la sua vita dipendesse da me. Alla fine ero rimasta nel mezzo, equidistante da entrambi, ma poco dopo li ho visti sparire sotto i miei occhi, spaventati a morte da… dalla morte stessa, credo. >>
Eleonora annuì ironicamente, masticando pop-corn. << Bel sogno positivo, Fe’. Grazie a Kira era solo un sogno! >>
Federica la guardò di sbieco, facendola rabbrividire, mentre Egle tentava di analizzare psicologicamente il sogno. << Era… non so, mi sembrava terribilmente reale! Non sto scherzando! È stato… è stato orribile! >>
Egle chiuse per un attimo gli occhi. << Quindi credi che siano i loro fantasmi venuti a farti visita? >> era un pensiero estremamente egoistico, forse, ma era la prima cosa che le era venuta in mente. E Federica, nonostante la vergogna, confermò.
 
Quella notte Egle si agitò tra le coperte, indecisa tra il potere quasi immenso degli Shinigami e la Giustizia.
 
Quella dopo ancora Eleonora si avvicinò piano ad uno dei due, per poi tornare sui propri passi e riconsiderare il tutto.
 
Due giorni dopo il sogno di Eleonora le tre si ritrovarono in un altro mondo, in un altro tempo, con la possibilità di cambiare il futuro in base alle decisioni prese durante le notti precedenti.
Erano a Tokyo il 28 gennaio 2001.











Angolino autrice (che si fa piccola piccola e si nasconde sotto il letto)
Eeee rieccomi. Scusate, avevo detto che avrei scritto un altro capitolo, ma tra le interrogazioni, i nuovi anime e il blocco che mi ha preso in questo periodo non so sul serio che fare. Ci sto lavorando da un mese e mezzo su questo capitolo T.T
Ad ogni modo, non illudetevi, le cose non inizieranno a farsi più chiare. Solo più interessanti, credo. Forse. Oh, e scusate anche per la brevità di questo capitolo, ma non poteva essere altrimenti, a causa di quello che succederà dopo...
Ad ogni modo, alla prossima (se sopravvivo alla furia di una certa yandere)!
 
DarkLight

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Capitolo 10
*** Rivelazioni ***


Rivelazioni

 
 




La situazione procedette sempre uguale a se stessa per un po’: Egle ed Helen che si comportavano come studentesse normali ed intanto facevano ricerche su ricerche per rintracciare L, e Federica che conviveva col suo orribile segreto, che comunque supponeva si sarebbe tenuta dentro ancora per un po’, e continuava a collaborare con Kira.
Ora che avevano le stesse possibilità di sopravvivere all’altro, sia lei che Light dovevano soppesare bene le proprie parole e i propri gesti: un solo errore e avrebbero avuto un alleato in meno.
Fu il 15 dicembre, durante uno degli incontri per passarsi il Death Note (a cui Federica aveva strappato già qualche pagina) che ad Egle venne un’illuminazione, una di quelle che sanno di tradimento e che non vorreste mai avere. Ma non ne parlò, ovviamente, per non far preoccupare sua sorella.
Più tardi (ovvero verso mezzanotte), quando Helen dormiva, sua sorella compose il numero del cellulare della migliore amica. Senza neppure volerlo, l’aveva salvata momentaneamente dalla follia, impedendole di scrivere il nome successivo su quel foglio a righe (già senza quasi più spazio sopra) che le stava davanti e che pareva pregarla di posare la penna.
<< Sì? Chi diav- oh, Egle! >> come se lei, dall’altro capo del telefono, potesse vederla, Federica portò la mano su quello stesso foglio, coprendo i nomi. E pensò che, almeno per quella sera, poteva finirla lì.
<< Devo parlarti. >> il tono freddo, anche se ridotto ad un sussurro per non svegliare Helen, rappresentava già di per sé un’accusa. La maggiore non aspettò neppure che l’altra le rispondesse, che continuò: << Quando abbiamo ricevuto il Death Note da Shuyo, tu ci hai convinte a tenerlo dicendo che, nel caso contrario, avremmo perso tutti i ricordi relativi ad esso. Ricordo bene? >>
Federica si maledisse mentalmente: Helen poteva essere un po’ distratta, in certi momenti, ma Egle era sempre stata la donna dei piani, quella che faceva caso a tutto, anche se aveva una memoria da far schifo. Quello però, evidentemente, lo ricordava.
<< Sì. E quindi? >> l’unico modo per non ammettere il proprio errore era far credere di essere ancora in errore, Federica lo sapeva. E allora perché non riusciva a mentire e a mostrare il proprio orgoglio?
<< Se non viene scritto alcun nome sul Death Note e si rinuncia ad esso non si perdono i ricordi, Federica. Fosti tu stessa a dirmelo, nell’altro universo. Quindi ora ti chiedo: lo dicesti apposta per complicare la situazione o credevi davvero a quello che dicevi? >>
Ecco il momento cruciale: se Egle era un genio, lei doveva assolutamente essere più geniale di lei. Se non gliel’aveva chiesto di persona voleva dire che era convinta della prima opzione, ma che non voleva far preoccupare Helen.
Proprio mentre stava per aprire bocca e mentire, il silenzio si impossessò della più piccola. Non pianse solo perché non poteva vedere lo sguardo di rimprovero dell’altra, o la sua camera sarebbe diventata un lago.
<< Io… no, Egle… cioè sì, credevo… >> balbettò, iniziando a capire che l’unico modo per riacquisire la fiducia dell’amica era dirle la verità, per quanto assurda. Fece un respiro profondo ed incominciò. << All’inizio non lo ricordavo… sai, avevo pur sempre tra le mani un vero Death Note, ed anche tu hai sempre detto che ti sarebbe piaciuto utilizzarlo, no? Poi ne ho capito il vero potere e mi sono ricordata di quello che hai detto tu adesso. Due giorni dopo averlo accettato. E mi… mi vergognavo di ammettere il mio errore… lo sai come sono fatta… >>
Egle si prese qualche istante per riflettere su quelle parole: il viaggio e le responsabilità della missione le avevano cambiate tutte e tre, quindi come poteva lei anche solo immaginare quanto l’amica fosse diventata orgogliosa? Ma in fondo non la biasimava. E non era tutto perduto, no? Potevano pur sempre rinunciare al Death Note… no, ora che Federica lavorava con Kira non potevano più. Però… tra tutte quelle regole, una scappatoia doveva esserci!
<< Possiamo trovare il modo di rinunciare al quaderno, ora; che ne dici? Almeno avremmo un peso in meno sulla coscienza e una tentazione in meno, e meno prove a tuo carico nel caso in cui L trovi prima te e poi Light… no? Sei brava a recitare, potresti ingannarlo con un quaderno falso. Puoi riuscirci, no? >>
Federica non rispose, paralizzata dalla paura. Avrebbe voluto davvero ridare il quaderno a Shuyo e rispedirla nel suo mondo a calci in culo, ma proprio non poteva liberarsi di quei fogli, non poteva rinunciare a quel potere rischiando di far saltare tutto… e poi, lei dei nomi li aveva scritti, eccome se ne aveva scritti. Novantuno. Novantuno persone morte di arresto cardiaco nelle prigioni di tutto il mondo. Che…schifo, ribrezzo, orrore, ripugnanza, raccapriccio, disgusto nei confronti di se stessa. Ma non poteva pensarci, non in quel momento; doveva trovare una scusa plausibile per non voler rinunciare al quaderno…
<< Sarebbe troppo pericoloso; Light è intelligente e se ne accorgerebbe, ed io perderei tutto il lavoro che ho fatto finora. >> si giustificò. Ma l’altra non pensava lo stesso.
<< Domani Light inizierà ad essere pedinato da Raye Pember, Fede. Se dovesse seguire anche te e… >>
<< Ho tutto sotto controllo, sai come deve andare la storia adesso; quella è una delle morti che non si può evitare. >> non che ad una delle due dispiacesse, però era pur sempre un essere umano… no, piuttosto dovevano salvare Naomi Misora. Quello sì che era importante.
Comunque, il tono brusco che l’amica aveva usato fece insospettire Egle: poteva anche essere una sciocchezza, ma le sembrava che le nascondesse qualcos’altro… era azzardato, però… collaborava con Kira… e lui non le aveva fatto uccidere ancora nessuno…
O forse sì?
<< C’è un’altra ragione per cui non vuoi rinunciare al Death Note? Riguarda… la tua copertura? >>
Federica rabbrividì. << Te l’ho detto, è… >>
<< I tuoi sentimenti per Light Yagami, magari? >>
Di nuovo silenzio da entrambe le parti, con un’Egle impaziente di sentire la risposta per confermare i suoi sospetti ed una Federica incapace di capire a cosa la maggiore volesse arrivare: le aveva ripetuto chissà quante volte che si sbagliava…
<< Ti ripeto che non è per Light. Per lui non provo assolutamente nulla, lo faccio solo per la copertura. >> mentire sulle questioni di cuore le riusciva parecchio facile, eh? No, non stava mentendo… più o meno.
Egle tacque ancora per un po’, rimuginando. Stavolta quella impaziente era l’altra.
<< Quindi, se non lo fai per Light… >>
L’idea che Egle potesse aver sospettato qualcosa, che potesse aver notato la mancanza di dieci fogli dal Death Note le attraversò il cervello come una saetta. No, non stava parlando di L o di Light o di Mikami o di uno dei bambini della Wammy’s House, e solo uno di loro si sarebbe potuto accorgere del minore spessore del quaderno…
<< …allora lo fai perché non puoi rinunciare, giusto? >> merda! << Quanti ne hai uccisi finora, Federica? Venti; trenta? >>
La ragazza esitò, incapace di rispondere alle proprie azioni e di mentire. Non su quell’argomento, almeno. Non in quel momento, non dopo aver riletto i nomi di ogni criminale morto per mano sua fino ad averli imparati a memoria, non dopo aver realizzato che non poteva più andare avanti così, senza parlarne con nessuno. Ma non poteva parlarne con nessuno, non poteva sfogarsi o distrarsi da quei pensieri. Sola con un assassino seriale e il suo segreto.
<< Novantuno. >>
La chiamata venne chiusa improvvisamente, lasciando che Federica scivolasse sul pavimento ed iniziasse a singhiozzare e che Egle stringesse i pugni fino a farsi male e trattenesse lacrime di rabbia.
Quella sera segnò la discesa del secondo Kira verso il baratro e l’inizio dei segreti per Alpha. Da qualche parte non ben identificata nel mondo, un noto detective leggeva che la famiglia Kitamura era innocente e che le indagini sarebbero proseguite con la famiglia del Sovrintendente Yagami. In una strada di Tokyo, Light Yagami decise che dopo due giorni sarebbe tornato a casa di Federica Capuano per controllarla meglio e avvicinarla di più a sé, sfruttando i suoi evidenti sentimenti.
 
 
 
Che missione disastrosa.
 
 
 
Tutto andava come Shuyo NON voleva che andasse. Proprio come un essere umano, uno Shinigami provava sentimenti e sensazioni, anche se poteva non sembrare così. E lei… non sapeva esattamente cosa provava, ma non voleva che le tre ragazze litigassero. Si era affezionata a loro? No. Probabilmente sarebbe stata una scocciatura dover seguire solo una di loro, e di certo sarebbe stato meno divertente. Ma le interessava davvero il divertimento? O lo fingeva di divertirsi per dimostrare a Ryuk che non se ne stava con le mani in mano, che in fondo si somigliavano e che lei non era una perdente, come poteva essere sua sorella?
Non che Rem fosse una perdente, ma era reputata una tipa solitaria, soprattutto da quando aveva iniziato a stare accanto a quel “Jealous” o giù di lì. E Shuyo non voleva essere come sua sorella, voleva essere popolare e vivere spensieratamente come Ryuk, che potremmo definire, alla giapponese, il suo “senpai”. Lei tentava di imitarlo in tutto, e forse era per quello che l’aveva seguito nel mondo degli umani e aveva fatto cadere lì il suo quaderno. Certo, non si sarebbe aspettata di dover seguire tre persone contemporaneamente, ma… era interessante, e forse anche divertente. Se solo non fosse stato per quel Light Yagami… ecco, a lui Shuyo si era proprio affezionata. Che guaio.









Angolino autrice


Eee rieccomi. Spero che questo capitolo sia come minimo decente, perché sono stata in vacanza e ho avuto pochissimo tempo per scrivere... d'altra parte, non ho proprio idee per i prossimi capitoli e non vorrei prolungare il tutto...penso farò qualche salto temporale, anche se non mi va affatto. Anyway, qui siamo alla spaccatura del gruppo. Non assicuro niente...

With love,

DarkLight

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Capitolo 11
*** Fiducia ***


Fiducia

 




 
Federica passò i giorni seguenti facendo attenzione a non incontrare mai Light Yagami, neppure casualmente. Gli disse che non avrebbero potuto vedersi o sentirsi per almeno quattro giorni, rivelandogli che era pedinato da un agente dell’FBI. Light ideò tutta la faccenda del dirottamento il venti dicembre per scoprire il suo nome e poi lo usò per uccidere gli altri agenti segreti una settimana dopo; il tutto continuando a fare esperimenti sui limiti del Death Note sui criminali in carcere.
In realtà avrebbe voluto collaborare di più con quella ragazza che condivideva la sua causa e il suo potere, ma con la faccenda del pedinamento non sarebbe stato furbo vedersi, anzi, avrebbe complicato ancora di più le cose. Tuttavia, continuava a chiedersi come avesse fatto lei ad accorgersi del pedinamento prima di lui, che era il pedinato. Assolutamente anormale e sospetto ma, se lei fosse stata una doppiogiochista, avvertirlo e fargli uccidere dodici persone non sarebbe stato fruttuoso, soprattutto dato che aveva tutte le prove che voleva della sua colpevolezza. Quindi a che pro fargli commettere altri omicidi? E poi, lei stessa aveva ucciso decine di persone con quel quaderno –che altro non era che un dono divino.
Il castano scosse la testa, ripetendosi che quella ragazza, Federica Capuano, non poteva essere una pedina di una qualche agenzia o di L.
Oh, ecco, L. Un altro problema. Nel giro di dieci giorni gli aveva lasciato una serie di “indizi”, o almeno così il detective doveva pensare: il simbolo dipinto col sangue, la frase sugli Shinigami eccetera. Ma comunque non doveva abbassare la guardia, soprattutto avendo una complice: se lei, una volta arrestata, avesse fatto il suo nome a lui non sarebbe più bastato scrivere un paio di frasi sul suo quadernino nero. Continuava ad avere la sensazione che quella ragazzina l’avrebbe tradito, un giorno o l’altro, impedendogli di diventare il dio del nuovo mondo che stava creando o vendendolo.
Ad ogni modo, doveva uscire, adesso. Ryuk, dietro di lui, se la rideva come non mai. Che avesse percepito le sue perplessità? O magari sapeva qualcosa di cui lui non era a conoscenza? In certi momenti proprio non lo sopportava.
E poi, c’era un’altra cosa strana riguardo quella ragazza: il Dio della Morte che avrebbe dovuto seguirla. Lei diceva che, condividendo il Death Note con un’altra persona (era possibile?) convinceva lo Shinigami a rimanere con quella, ma allora l’altra non si accorgeva dell’assenza del Quaderno? Se lo dividevano? E come faceva Federica a scriverci sopra senza che l’altra se ne accorgesse? Toglieva le pagine così abilmente da non far notare la differenza? Le sostituiva?
Magari quell’uscita improvvisa gli avrebbe fatto rinfrescare le idee. Doveva portare il ricambio a suo padre al posto di sua sorella, approfittando dell’occasione per dare uno sguardo alla situazione in questura. Prese una pagina del Quaderno della Morte per sicurezza (ascoltando e rispondendo alle domande di Ryuk sul perché lo facesse) ed uscì.
Contemporaneamente, quasi dall’altra parte della città, Egle Sasaki si richiuse alle spalle l’uscio, dopo aver lasciato la famiglia ai preparativi per l’uscita di qualche ora dopo. In fondo era il primo dell’anno, in quel paese si era soliti andare a pregare al tempio cittadino. Proprio lei che non aveva mai creduto ad alcuna divinità doveva essere catapultata in quella storia?
Comunque, doveva sbrigarsi. Sarebbe stato meglio arrivare alla questura prima di Light Yagami (o magari attendere il suo bersaglio lì), ma la velocità non era mai stata il suo punto forte. Ma doveva arrivare in tempo ad ogni costo, o i piani di Alpha sarebbero andati in fumo. In fondo, due ragazzine non potevano fare niente contro Kira, ma forse con un piccolo aiuto…
Quando entrò nell’edificio semi-abbandonato si sentì puntate tutte le telecamere addosso. Era la cosa giusta da fare? Cambiare la storia così? Per effetto farfalla avrebbe potuto combinare un guaio enorme, se riusciva in quello che stava per fare. Sempre se ci sarebbe riuscita…
Il suo bersaglio era seduta accanto a Light Yagami, evidentemente aspettando che arrivasse qualche poliziotto, quando Light le chiese di fare due passi.
Quando sarebbe dovuta intervenire? In quel momento? Prima che la donna consegnasse la sua patente all’assassino seriale? E sarebbe stata capace di pedinarli, nel caso?
Uscì poco prima dei due, esclamando qualcosa come “non c’è mai nessuno, quando ti serve aiuto!” e si riparò dietro l’angolo, per poi seguirli silenziosamente.
Ascoltò le presentazioni e osservò con curiosità il suo obiettivo. Naomi Misora o, come si era presentata a Light, Shoko Maki: lunghi capelli neri, vestita con un giubbino di pelle e un jeans nero, gli stivali alti. Parlando con Light così apertamente si stava per scavare la fossa con le proprie mani. L’ex agente dell’FBI che aveva battuto il Serial Killer di Los Angeles stava per essere uccisa dalla stessa persona che avrebbe ammazzato Beyond Birthday venti giorni dopo.
<< Può dirmi l’ora e il giorno in cui è avvenuto il dirottamento dell’autobus? >>
Il ragazzo aveva cacciato fuori dalla tasca una pagina di Death Note e stava facendo finta di prendere appunti su ciò che era accaduto a Raye Pember, scrivendo in realtà i dati sulla morte di Shoko Maki. Era quello il segnale a cui aveva pensato la ragazzina.
Fece un respiro profondo, si mosse a passo svelto dal vicolo in cui si era appostata e si avvicinò ai due.
<> esclamò, con un tono frivolo che quasi la fece ridere. Ovviamente Naomi avrebbe capito che si trattava di qualcuno che aveva origliato la conversazione, o così Egle sperava. Il successo dell’operazione si basava sulla sua credibilità. << Dai, lascia stare questo tipo –che per te è anche troppo giovane –e vieni a raccontarmi un po’ quello che hai fatto in questi anni, su! >> si rese conto troppo tardi che tirare in ballo l’argomento “fidanzati/questioni di cuore” non era la cosa più intelligente da fare, ma ormai era tardi per rimangiarselo. Prese Misora per un polso e provò a trascinarla via da Kira.
Sulle prime lei parve riluttante, ma poi si lasciò portare via. In fondo, se quella ragazza si fosse rivelata un problema avrebbe sempre potuto stenderla con un paio di mosse di capoeira.
Light vide le due sparire dietro un angolo nell’istante in cui si rese conto che i quaranta secondi erano belli e passati e che “Shoko Maki” era un nome falso. Era stato gabbato. Quella tipa non era per niente stupida come pensava, e l’altra… chi diavolo era quel turbine vestito di bianco e nero che era arrivato così all’improvviso e aveva salvato quella donna?
La neve incominciò a cadere tra le risate dello Shinigami Ryuk.
 
 


<< Chi sei? E perché mi hai portata qui? >> in effetti le domande di Naomi Misora erano fondate, dato che quello stretto vicoletto era un posto sì isolato, ma anche inquietante e non esattamente adatto ad una chiacchierata del genere. D’altra parte, ora veniva il difficile.
<< Mi chiamo Egle Sasaki, e ti assicuro che questo è il mio vero nome. Ti conosco, ti ho vista indagare sul BB Murder Cases di Los Angeles, Naomi Misora. >> disse tutto d’un fiato; d’altra parte aveva imparato quelle frasi a memoria e ripetute chissà quante volte per paura di dimenticarsele.
L’agente dell’FBI parve colpita: in fondo erano in pochi a sapere che il L.A.B.B. l’aveva risolto lei e non L. Tra cui L stesso… ma ovviamente quella ragazzina non poteva essere L. << Come fai a…? >>
<< Non è semplice da spiegare; posso dire che ti conosco meglio di quanto credi. E che ti devi fidare di me. Pensaci: se fossi stata Kira o qualcuno in combutta con lui gli avrei semplicemente rivelato il tuo nome. >> in effetti… ragionò Naomi. << Quello che voglio da te è solo un aiuto ad avvicinarmi ad L. Gli devi un favore, credo, no? >>
La donna alzò un sopracciglio. << Mettiamo caso che io ti creda… perché dovrei farlo? L non accetterebbe l’aiuto di una semplice ragazzina. >>
<< Io sono Alpha. >> la risposta fu cruda e diretta. << So la vera identità di L e quella di Kira. E ti ho appena salvato la vita, Naomi Misora. >> non le diede neppure il tempo di ribattere. << Light Yagami è per il 92% di possibilità Kira. E se tu gli avessi detto il tuo vero nome saresti morta. >>
L’altra ci pensò su un po’: se davvero stava dicendo la verità –ed era plausibile, in fondo –come avrebbe potuto metterla in contatto con L? Non lavorava più per l’FBI e Raye… << Come? >> domandò semplicemente.
<< Fidati di me, Naomi-san. Ti darò il mio numero di telefono; telefonami quando sarai sicura di voler collaborare con me e la mia partner. >> le spiegò, porgendole un fogliettino con dei numeri scritti in maniera abbastanza leggibile. Poi fece per andarsene e lasciare la più grande nella stradina. << Se ti sei fidata di Rue Ryuzaki puoi fidarti anche di me… anche se io non mi rivelerò una serial killer. Oh, e per quanto possa valere… condoglianze, Naomi Misora. >>
Si allontanò più rapidamente che poté, ritornando a casa. Se Naomi Misora l’avesse chiamata nella settimana seguente, allora voleva dire che aveva recitato bene e che si meritava sul serio la fiducia di sua sorella. Se non l’avesse fatto si sarebbe presentata da L da sola, contando su quello che sapeva grazie a quel benedetto manga.
Mentre entrava nell’ingresso si chiese se quelle ultime frasi, del tutto improvvisate, non fossero state la sua rovina.
Fortunatamente, pochi giorni dopo, il cellulare di Egle Sasaki squillò nel bel mezzo della notte, con la scritta “sconosciuto” sullo schermo.
 


 
La mattina successiva, Egle uscì presto di casa e si incontrò ad un incrocio con Naomi Misora. Poi, le due ragazze si incamminarono verso uno dei tanti hotel di Tokyo, più precisamente quello in cui avrebbe alloggiato L –con uno dei suoi tanti pseudonimi, ovviamente –quel giorno. Naomi era comunque ancora scettica, riguardo al piano dell’altra, ma non fece domande. Non che si fidasse di quella sconosciuta e dei suoi ragionamenti contorti, ma piuttosto del più intelligente detective al mondo. Anche se continuava a dubitare fortemente che Kira si sarebbe esposto così tanto da andare a trovare L di persona, qualcosa in quella Egle Sasaki ancora non la convinceva.
Se solo avesse potuto vedere Shuyo, alle loro spalle, allora avrebbe capito perché si sentiva così osservata. Ma in fondo –si disse Egle –quello che aveva escogitato era l’unico modo per ricevere l’attenzione di L. Quello scontro si sarebbe concluso in fretta e l’adorato detective con la faccia da panda non sarebbe morto. Fine della storia.
Il Death Note era al sicuro in quella borsa, ma l’idea che Federica avesse sostituito tutte le pagine, sapendo bene che né lei, né Helen l’avrebbero mai usato, si faceva sempre più persistente. In tal caso, avrebbe perso l’unica prova con cui poteva aiutare L. E quello sarebbe stato un bel problema.
Ma in quel momento c’era una sola cosa che la preoccupava, e non riguardava quel quaderno maledetto, né Naomi Misora, né il fatto che la sua migliore amica –non sapeva neppure se poteva ancora definirla tale –collaborasse con il pluri-omicida che quell’investigatore tentava di trovare e che dunque sarebbe entrata a far parte delle indagini come sospettata.
La cosa che la faceva disperare, in quel momento, era il modo in cui avrebbe reagito sua sorella una volta scoperto che era andata ad incontrare il loro idolo senza di lei.
E a quel punto, Kira sarebbe diventato un problema secondario e il Death Note un’arma di riserva.
Helen, infatti, già soppesava le padelle per vedere con quale avrebbe potuto infliggere il danno maggiore.













Angolino autrice


E rieccomi, come ogni mese. Personalmente ritengo questo capitolo un po' di passaggio e un po' assurdo, ma era l'unico modo per far procedere la narrazione, dato che ho un vuoto di altri cinque capitoli, se tutto va bene. Questa fanfiction si prospetta lunghetta XD

Grazie per essere arrivati fin qui senza aver ancora lanciato pomodori. * si inchina, perché Black Butler le sta facendo tanto male*


DarkLight

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Capitolo 12
*** Telecamere ***


Telecamere

 



Egle Sasaki arrivò all’hotel in cui avrebbe dovuto alloggiare L, insieme a Naomi Misora, poco dopo aver visto una limousine nera fermarsi davanti all’entrata dell’edificio.
Ecco, quello sarebbe stato un momento propizio per dire a Naomi Misora che tutto quello che avrebbe riferito durante il colloquio con il detective (sempre se la donna fosse riuscita a convincerlo a darle udienza), per quanto assurde, erano reali, e che non c’era motivo di diffidare da quello che diceva. Era però sicura che, se l’avesse fatto, avrebbe insospettito ancora di più l’agente dell’FBI.
Intanto, senza neppure accorgersene, stringeva la borsa al petto convulsamente.
Le due entrarono nella hall e chiesero al bancone di “Hideki Ryuga”, sperando che l’investigatore avesse utilizzato quello pseudonimo e non un altro di cui loro erano all’oscuro. Per pura fortuna, fu loro indicata la camera numero 313.
Il 13 ti perseguiterà per sempre, caro L… a proposito, Beyond Birthday dovrebbe essere ancora vivo. Chissà ancora per quanto, dato che il lavoro di Light è velocizzato, grazie alla presenza di Federica…
A guardia della camera c’è un poliziotto in borghese, che Egle riconobbe subito come Aizawa (come non riconoscere quei capelli afro?)
<< Ho bisogno di parlare con L. >> esordì Naomi, come stabilito. << È urgente. Sono l’agente dell’FBI Naomi Misora; lui mi riconoscerà sicuramente. >> ovviamente il detective aveva sistemato fuori dalla porta una telecamera (in quei giorni le telecamere sarebbero state di vitale importanza), e dunque sentì la presentazione della donna. E, ovviamente, non ebbe bisogno di molto tempo per riconoscerla.
<< E lei? >> domandò l’uomo, additando Egle in modo diffidente, distaccato e via dicendo. La ragazza si beò di quell’istante di considerazione prima di presentarsi, semplicemente, come Alpha.
Non ancora del tutto convinto, ma decisamente sorpreso, l’investigatore ordinò ad Aizawa di farle accomodare nel soggiornino. Difatti –come Egle poté constatare subito dopo –quella era più vicina ad una suite di lusso che ad una camera d’albergo.
Non appena le due si sedettero sul divano ad angolo che circondava un tavolino di vetro stracolmo di cartacce (di dolci, ma è inutile dirlo), una figura fece il suo ingresso nella sala.
Naomi era sicura di averlo già visto da qualche parte, ma non riuscì proprio a ricordare dove. In fondo, è meglio che non abbia collegato il più grande detective al mondo al ragazzo che le era praticamente saltato addosso alla fine del BB Murder Cases.
L’altra ragazza, invece, seguì ogni suo passo con un’attenzione tale da essere addirittura inquietante. Il suo idolo era lì, in carne ed ossa, e la stava degnando della sua attenzione. Si sarebbe potuta sciogliere in un qualunque momento.
<< Elle… Elle Lawliet! >> esclamò, incurante del fatto che i poliziotti presenti e la stessa Misora potessero sentirla.
Il corvino si passò una mano tra i capelli già parecchio arruffati, portando poi il pollice alle labbra. Lanciò uno sguardo prima a lei e poi all’agente segreto, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
Quella ragazzina era sul serio una delle persone che temeva di più? Come poteva conoscerlo? Neanche ai bambini prodigio della Wammy’s House era permesso conoscere il vero nome del proprio predecessore!
<< Io sono Egle Sasaki. Insieme a mia sorella Helen, posso essere considerata Alpha. Ed è un onore incontrarti! >> affermò, alzandosi e inchinandosi per tre volte. Perfino la donna seduta alle sue spalle era a bocca aperta.
L rimase a fissarla per un po’, indeciso su come comportarsi. Aveva avuto la sensazione che quell’ “Alpha” fosse una persona vicina a lui, dato che si era presentato lo stesso suo giorno, ma si era sbagliato. Quella “Egle Sasaki” non sono conosceva il suo aspetto fisico, i casi che aveva risolto (almeno in parte; e così si spiegherebbe la presenza di Naomi Misora) e il suo vero nome, ma era stata in grado di seguirlo e di presentarsi a lui come se nulla fosse.
Il fatto che conoscesse il suo nome, poi, riduceva almeno di un poco le possibilità che lei fosse Kira.
<< Chiamami Ryuzaki. >> iniziò poi, ponderando le parole come se stesse di fronte ad un pericoloso killer mentalmente instabile. << Egle Sasaki. >>
Ahhhh, ha pronunciato il mio nome! Posso svenire da un momento all’altro! …okay, basta fare la fangirl e concentrati su quello che devi dirgli e mostrargli, Egle!
La ragazza mise una mano nella borsa, facendo allarmare tuti i presenti, per poi tirare fuori un quaderno dalla copertina nera. Si domandò mentalmente come avrebbe reagito il detective allo scoprire che l’arma più mortifera esistente sul pianeta era un semplice e all’apparenza innocuo quadernino. L’avrebbe creduta pazza, almeno finché lei non gli avesse provato quello che affermava. E poi, chissà. Shuyo, in fondo, era dietro di lei. Sarebbe caduto dalla poltrona su cui si era appena seduto, forse. Sarebbe stato divertente. Decise di provare il tutto per tutto e iniziò a raccontare.
 
 
 
 
Quando Federica venne a scoprire da Light che Naomi Misora era viva e vegeta e notò che la condizione psicologica del ragazzo andava peggiorando a causa delle probabilità di essere catturato in aumento, comprese che unirsi a lui non era stata affatto la più geniale delle pensate, nonostante la sua quasi completa adesione ai suoi ideali.
Nel piano originale (ideato con le Sasaki poco dopo essersi rese conto del perché erano finite in quello che definivano, forse non propriamente, “universo alternativo”) avrebbero fatto in modo che l’agente dell’FBI si salvasse da Kira ed esprimesse i suoi sospetti alla polizia; in più le avrebbero consegnato il Death Note di Light (che si erano illuse di poter rubare), facendole avere così anche delle prove.
Un piano stupido ed ingenuo, probabilmente, ma che avrebbe avuto una modesta percentuale di successo se solo Rem non avesse avuto una sorella e se questa sorella non avesse deciso di giocare con Ryuk a “chi fa la stupidaggine più grande per noia”.
Pochi giorni prima, per non destare sospetti, era stata ufficialmente presentata alla famiglia di Light come sua fidanzata, sfruttando anche l’occasione per conoscere quei tre sciagurati che conviveva inconsapevolmente con un pluri-omicida.
Più o meno Light non sorrideva veramente da allora.
La volta successiva che l’aveva sentito, lui era arrabbiato nero per non essere riuscito ad uccidere quella donna e la ragazza che l’aveva portata via, dandosi dello stupido per non aver fatto lo scambio degli occhi con Ryuk. Si era calmato solo dopo più di mezz’ora, riprendendo possesso delle sue facoltà mentali e iniziando a ragionare sul modo in cui poteva far fronte a quella crisi, dato che ormai di ritrovare quella donna a Tokyo non se ne parlava minimamente. E Federica non era così stupida da dirgli che quella “tipa strana” che aveva portato via la donna vestita di nero non era altri che la sua migliore amica… beh, ex migliore amica. Successivamente si era chiesta come diavolo sarebbe uscita da quella situazione, e anche urgentemente, dato che la data di morte di Beyond Birthday era il 21 gennaio ed erano arrivati ormai all’ottavo giorno del mese.
Ovviamente, per quanto ci tenesse a quell’assassino seriale (Federica era una ragazza abbastanza complicata e con abbastanza odio verso il mondo, se ve lo eravate chiesto), quello non era il motivo principale della sua fretta.
Quella settimana la custodia del Death Note spettava alle Sasaki, che di certo lo avrebbero portato ad L come prova. Ora, di certo c’erano le sue impronte, lassù, ma non era un problema. La cosa che più la preoccupava era il non poter avere a disposizione più di quelle cinque pagine di Death Note che aveva già strappato in precedenza, dato che L lo avrebbe sicuramente (e giustamente) tenuto sotto chiave, una volta fra le sue mani. E non poteva certo dire a Light “ehi, mi presti qualche pagina? Ho finito le mie”, dato che… beh, non poteva e basta –capperi! –sarebbe stato parecchio imbarazzante e l’avrebbe fatta passare per una sprovveduta davanti agli occhi del suo “partner di lavoro”, come ormai chiamava il ragazzo. E lui avrebbe potuto benissimo ucciderla subito dopo essersi fatto dire i nomi delle persone che condividevano con lei il Quaderno della Morte, o addirittura quello di L.
L’unica fortuna era che Light non sapeva assolutamente nulla di Alpha. Ben poca cosa, rispetto ai lati negativi della faccenda, quali –per dirne uno a caso –la possibile condanna a morte. Per una volta le venne voglia di emigrare a New York o, ancora meglio, tornare alla su vita precedente, per quanto noiosa e monotona.
Sarebbe una bugia dire che non aveva affrontato mentalmente la verità parecchie volte, prima di allora, ma quella sera, dopo aver bruciato la seconda pagina di quaderno, vedeva la morte più vicina del solito.
Egle ed Helen avrebbero potuto mandare Naomi dal detective in qualsiasi giorno, ora, minuto. E lei era il secondo Kira. E L era disposto a tutto pur di catturare Kira. E lei aveva litigato con quelle che sarebbero diventate (o forse già erano?) le informatrici di L. Era finita.
Che poi aveva litigato con Egle, e c’era la minima –ma comunque esistente –possibilità che lei non ne avesse parlato con sua sorella… e magari poteva tenersi in contatto con Alpha in quel modo.
Digitò il numero di telefono della minore senza rimpianti e attese la sua risposta.
<< Fede! Da quanto tempo! >> la frase era ovviamente ironica, dato che le tre si vedevano ogni giorno a scuola. Egle faceva sempre finta di niente, quando c’era Helen, ma in caso contrario non le rivolgeva neppure la parola.
<< Helen, ciao. Senti, a che state con Alpha? >> andò dritta al sodo, diversamente dal solito, e già da questo la più piccola poté intuire che qualcosa non andava. E poi…
<< Come, Egle non te l’ha detto? Ci siamo, stiamo facendo grandi passi avanti col caso insieme ad L. Mi dispiace che tu non sia con noi, ma immagino che devi mantenere la copertura… >> anche in quella frase c’era un pizzico di ironia, concentrato soprattutto sull’ultima parola. Federica rimase per un quindici secondi buoni nel più completo silenzio. << Tra un paio di mesi dovremo riuscire a catturare Light, purtroppo… ma avevamo stabilito così e così faremo. Okay, forse più di un paio, ma tra un paio di mesi ci saranno i test per l’università di Yagami e… Fede, ci sei ancora? Pronto pronto? >>
<< Sì, scusami. Devo andare, tienimi aggior- >> il telefono le fu attaccato in faccia. Il primo pensiero della ragazza fu che era caduta la linea, e quindi richiamò, ma il telefono squillò a vuoto.
O casa Sasaki era stata presa di mira da rapinatori/terroristi e chi più ne ha più ne metta, o Egle si era improvvisamente introdotta nella conversazione. Non sapeva dire quale fosse l’opzione più probabile.
Comunque, si preparò per andare a letto e si mise sotto alle coperte, pronta per andare a dormire prima del solito a causa del sonno arretrato del capodanno.
Ma le cose non vanno mai come speri, quindi i piani di Federica andarono in fumo non appena lo schermo del suo cellulare si accese nuovamente.
Chiamata da parte di Light Yagami.
La ragazza sussultò (come probabilmente tutte le ragazze che ricevevano una sua chiamata alle nove della sera) e rispose il prima possibile (ovvero dopo essere caduta dal letto, inciampata nelle coperte tentando di alzarsi e poi in un qualche indumento che se ne stava tranquillamente steso sul pavimento e infine aver dato un calcio al comodino).
<< Mi hanno messo telecamere e microfoni in casa. Buonanotte. >> sussurrò la voce del diciassettenne, prima di chiudere la chiamata.
Bel modo di augurare la buonanotte ad una ragazza si ritrovò a pensare lei, infilandosi nuovamente sotto le coperte.
Quella notte fece, per miracolo, sogni tranquilli; il che è un grande paradosso, se si pensa che tempo non mesi, ma giorni, e il più grande detective del secolo sarebbe venuto a sapere della sua esistenza.
Che onore.











Angolino autrice


E rieccomi. Scusatemi per la bruttezza di questi capitoli, ma sto in un brutto periodo a causa di problemi in famiglia. Avvisatemi invece se trovate errori grammaticali o giù di lì, perfavore.
Grazie per aver letto fino a qui (sia il capitolo sia la storia intera) e per la vostra pazienza. Oh, e mi scuso anche per il probabile OOC dei personaggi. Dal prossimo capitolo, se tutto va bene, dovrebbe comparire L :D
Grazie ancora,

DarkLight

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Capitolo 13
*** Riflessioni ***


Riflessioni

 
 


Non era stato un incontro del tutto inutile, quello avuto con L. Egle ancora si stupiva del modo in cui lui l’avesse lasciata entrare e si fosse presentato in carne ed ossa, senza nascondere il proprio viso. Questo derivava da una certa fiducia in lei o nelle armi dei poliziotti che li circondavano? La ragazza si illudeva che la risposta fosse la prima.
Per ben tre giorni, il genio venticinquenne aveva fatto installare telecamere e microfoni a casa sua (per fortuna aveva incontrato Helen fuori casa ed era riuscita ad avvertirla prima che lei dicesse o facesse qualcosa di stupido), l’aveva fatta pedinare da un agente di polizia e una notte aveva addirittura fatto dormire lei e la sua famiglia in albergo per frugare in ogni angolo della casa (utilizzando come scusa una disinfestazione per gli scarafaggi, o qualcosa del genere).
No, era decisamente la seconda opzione.
Ad ogni modo, quando la situazione parve essersi calmata e lei e sua sorella riuscirono a fare una chiacchierata senza che nessuno li spiasse, Helen la tempestò di domande (e gomitate; alla fine aveva rinunciato alla padella) su come fosse il detective, cosa le avesse chiesto, se l’avesse sottoposta ad una macchina della verità (cosa che in effetti si aspettava anche lei), perché si fosse precipitata a chiudere la chiamata con quella che doveva essere la loro migliore amica. La maggiore, chiaramente, aveva dovuto spiegarle tutto, ricevendo pieno appoggio. Per fortuna, dato che non ci teneva ad avere un colpo in testa.
Dopo aver risposto a tutte le domande (e aver studiato, perché non voleva rischiare di essere colta impreparata dai probabili test a sorpresa che quei bastar gentilissimi e simpaticissimi sensei avrebbero organizzato per il primo giorno dopo le vacanze di Natale), decise di andarsi a fare un bel bagno rilassante e poi di mettersi finalmente sotto le coperte.
Tuttavia il ricordo degli occhi di L che la osservavano da capo a piedi, del suo sguardo talmente profondo che pareva scrutarle l’anima per soppesarne la purezza, la teneva inchiodata con lo sguardo sul soffitto, privandola del sonno.
Per provare che ciò che stava dicendo era vero, che Light Yagami era Kira e che lei non era pazza, quel pomeriggio aveva dovuto lasciare il Death Note nelle mani zuccherose del più intelligente essere vivente al mondo (o almeno, lei lo reputava così) e quasi quasi se ne pentiva… No, non era proprio “pentimento”, quello che provava, era più una vaga inquietudine, mista a quell’odiosa sensazione di aver dimenticato qualcosa ma di non sapere esattamente cosa.
Tuttavia non aveva di certo dimenticato né la totale neutralità che sua sorella aveva dimostrato quando le aveva chiesto se fosse sicura di voler far parte di Alpha, né del fatto che la sua migliore amica (non sapeva più la ragione per cui continuava a considerarla tale) collaborasse con quel moretto figlio-di-papà dai metodi discutibili.
Si rigirò furiosamente su un lato, a quel pensiero, e si coprì ancora meglio con le coperte. Non poteva certo biasimarla, per quella presa di posizione, ma proprio lei che aveva sempre affermato che lo “charme” di quel ragazzo non le faceva alcun effetto, adesso… Egle non capiva. Semplicemente non riusciva a capire. Ed erano tante, in verità, le cose che non riusciva a comprendere.
Per prima cosa, Federica. Ma andiamo avanti che è meglio. In secondo luogo, se L si fidasse di lei. E poi quello che passava per la mente di Naomi Misora, o ancora per quella di Helen. Ormai, aveva il terrore che anche lei potesse tradirla e passare dalla parte di Kira. In fondo, Eleonora era sempre stata parecchio vicina all’ideologia di quel dannato serial killer; cosa le impediva di lasciarla tutta sola o di fare il doppiogioco?
Fu allora che le venne in mente il sogno. E per sogno intendo, ovviamente, quello su L e Light, sulla scelta da compiere, sulla decisione finale da prendere. Su chi dovesse morire e chi dovesse vivere. L’idea malsana che tutto l’accaduto in quegli anni fosse stato causato da quel misero incubo o che, in qualche modo, fosse collegato ad esso, la incupì totalmente.
Era logicamente impossibile, ma la logica in questa storia è andata a farsi friggere da un bel po’. Dunque… poteva essere così?
Ma che dico? Già con la faccenda di Federica non mi trovo per niente, salvo che non ci abbia mentito.
D’altra parte, in effetti, Federica alla fine era tornata sui suoi passi ed era rimasta al centro esatto tra i due ragazzi.
Però…
La possibilità che cambiasse idea all’ultimo istante c’era sempre, ed era pari alla probabilità che le avesse mentito.
Se così fosse stato, allora anche il suo sogno si sarebbe dovuto avverare… in tal caso, quel ragazzo sarebbe morto… era davvero ciò che meritava? Succedeva anche nella storia originale, quindi non doveva preoccuparsi più di tanto… o forse sì?
Mi sto confondendo da sola.
<< Egle, sei sveglia? >> quella voce la distolse dai suoi pensieri. << Devo chiederti una cosa. >>
La ragazzina si trattenne dallo sbuffare e annuì nel buio. << Abbassa la voce, Helen sta già dormendo. >> sussurrò, tentando di guardare la creatura –no, la divinità –che stava ai piedi del suo letto.
Si era presentata come Shuyo, era la sorella di Rem, ma anche una delle ulteriori cose/persone che non capiva. Come avrebbe mai potuto farlo? Perfino L, il più grande genio del pianeta, aveva reagito in quel modo strampalato quando l’aveva visto… o vista. Cosa ha di femminile questa qui, poi?!
<< Ecco… io ho un problema. >> La mora non sapeva se ridacchiava per il ricordo della faccia stupita e terrificata del detective o per la frase assurda di quello Shinigami. Lei continuò imperterrita. << So che noi dei della morte non possiamo provare sentimenti, però… penso di essermi affezionata a qualcuno. >> Ah-ah-ah. Spiritosa. Scommetto che muore prima lei di Rem; così impara ad infatuarsi di creature come gli esseri umani…
<< E quindi? Che vuoi da me? >> chiese confusa.
<< Un consiglio. >> fu la risposta. << Questa persona non mi considera minimamente, ma a me dà fastidio che stia con altre persone. Che devo fare? >>
Da quando era diventata un’esperta sull’argomento “relazioni amorose”?!
<< Fa quello che ti pare. Se proprio ci tieni, fatti valere, ma gli uomini non meritano così tanta importanza. Buonanotte. >> concluse rapida, decisa a riprovare ad addormentarsi. Le parole di ringraziamento di Shuyo furono le ultime che sentì prima di iniziare a sognare.

 
 
Da quella sera, la dea non si fece più vedere o sentire da Egle ed Helen, dato che queste non avevano più neppure un frammento di una pagina del Death Note. Con Federica, invece, continuava ad essere in contatto, e la vedeva deteriorarsi giorno dopo giorno, mese dopo mese. Alla fine, era stato Light, senza esitazioni, ad uccidere Beyond Birthday, pochi giorni più tardi aver affidato il compito alla ragazza. Quella mocciosetta si stava rivelando sì un aiuto, ma anche una palla al piede: per fare quel tipo di giustizia c’era bisogno di calma, sangue freddo, apatia. La sua “fidanzata”, il “secondo Kira”, Federica Capuano, non aveva nulla di tutto ciò, era emotiva fino alla nausea, e non riusciva a trovare il lato positivo in ciò che faceva. E allora, perché continuava ad uccidere così, ad ogni suo ordine?
Quel giorno, alla cerimonia di ammissione dell’università, il ragazzo strano con cui condivideva il primo posto ex equo si era presentato a lui come Elle, mandandolo in confusione. Non poteva ucciderlo, ma non poteva neppure ignorarlo. Era messo con le spalle al muro, bloccato tra quel genio e un dirupo in cui non poteva buttarsi; non ancora, almeno. Era costretto a stare fermo, mentre quel tipo con le scarpe da tennis lo scrutava dall’alto in basso.
Lo odiava.
L si nascondeva dietro pseudonimi e maschere, ma adesso era possibile che ne conoscesse il volto. Con un po’ di intelligenza, avrebbe potuto forse sfruttare quella ragazzina e il suo potere, traendone vantaggio per la faccenda del detective e, allo stesso tempo, mettendo alla prova la sua fiducia e la sua dedizione alla causa. Non mancava molto, alla creazione del nuovo mondo ideale, e non importava la quantità di pedine sacrificate.
Il fine giustifica i mezzi, dopotutto.
 
 

Federica si era salvata dal dover chiedere a Light qualche pagina del suo Death Note per pura e semplice fortuna.
Aveva sfruttato il più possibile quei pochi fogli, scrivendo con una calligrafia così piccola che Mikami sarebbe sbiancato, occupando ogni singolo spazio possibile. Era riuscita persino ad ottenere un numero minore di persone da uccidere con la scusa dello studio (sì, sembra assurdo, ma il ragazzo glielo concesse).
Tuttavia, arrivò alla seconda settimana di marzo coi fogli scritti fronte e retro e sporchi d’inchiostro in ogni anfratto possibile. Non sarebbe entrato più nessun nome, lì sopra.
Il miracolo avvenne il 13 del mese e si manifestò come una figura bianca (non tanto angelica) con delle ali dello stesso colore che planò rapidamente sul balcone di casa Capuano. Per una qualche ragione assurda (ma non più di tanto, considerando il contesto) Federica fu l’unica a poter vedere quella creatura e a poterla accogliere in casa.
La Shinigami la scrutò dall’alto dei suoi tre metri con il suo unico, stupendo occhio sinistro. Era lì per ucciderla o per dirle che aveva avuto ragione, che Jealous era morto e che non l’aveva fermato? Che aveva ascoltato il suo suggerimento e aveva ucciso Misa Amane oppure che riteneva che tutte le cose che lei avesse detto erano semplici stupidaggini?
La risposta arrivò quando, senza dire nulla, la dea lasciò cadere per terra un quadernino nero con una scritta strana sopra.
<< Te lo affido. >> disse solamente; poi volò via.
E così la ragazza non solo prese due piccioni con una fava, ma risolse tutti i problemi che potevano costarle la vita semplicemente in due minuti.
Tutti i problemi che aveva, ho detto, almeno fino a che le sue orecchie non captarono le parole del moro che le stava davanti, pochi giorni dopo:
<< Voglio che tu uccida L per me e poi ti costituisca. >>
Light Yagami doveva essersi bevuto il cervello, se gliel’aveva davvero chiesto. Aveva poi subito aggiunto che avrebbe dovuto farlo con gli Occhi, buttando al vento metà della sua vita.
<< È assurdamente stupido da chiedere, non trovi? Eppure lo sto facendo. Voglio che tu ti sacrifichi per me. >> continuò, incurante dell’espressione sbalordita e confusa sul volto di Federica. << Tu sei l’unica possibilità che ho per eliminare L! Sempre che si tratti di L… Dovrai costituirti e sperare che quello fosse il vero L, poi ci penserò io ad evitarti la prigione; poi l’arresto cardiaco è una morte pulita e… >>
Un brivido scese lungo la schiena della ragazza non appena interruppe quella frase. << I tuoi sono deliri, Light-kun! Non puoi chiedermi sul serio… >>
<< Non lo faresti per la giustizia?! >> il suo sguardo la trapassò da parte a parte. La tua non è giustizia! Pensò, ma ebbe il buonsenso di non dirlo.
I due continuarono ad insistere, ognuno non disposto a cedere, fin quando il moro non la baciò improvvisamente per zittirla.
In quel momento, qualcosa in Shuyo si spezzò, che fosse il cuore che supponeva di avere o il filo della sua sanità mentale.
 










Angolino autrice

Heeeey, gente! Rieccomi con questo tredicesimo (sono allegra solo perché amo questo numero, alla fin fine XD) capitolo di questa storia!
Non ho molto da aggiungere: ho la trama ben strutturata in testa, ma non riesco ad esprimermi, anche perché in questo periodo mi sto dedicando molto a test, roleplay, recitazione di roleplay (?) e così via.
Spero che questa storia sia di vostro gradimento, e ringrazio chi ha recensito per il supporto *-*
Alla prossima,

DarkLight

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Capitolo 14
*** Parole ***


Parole

 

 

 

Federica non aveva mai ubbidito ciecamente ad un ordine, né tantomeno avrebbe voluto farlo in quel momento: aveva ormai (e finalmente) ammesso di avere una cotta per Light Yagami, ma non al punto di uccidere l’uomo più intelligente del mondo, di cui peraltro sapeva il nome anche senza l’utilizzo degli Occhi dello Shinigami. E poi, certo, lei era una convinta sostenitrice di Kira, ma era anche una persona parecchio egoista che non avrebbe sacrificato metà della propria vita solamente per compiacere quel ragazzino viziato, per quanto fosse bello e geniale e ingannevolmente perfetto.
Proprio per questo, una volta che si furono separati, la ragazza iniziò a scervellarsi sul modo per continuare ad aiutare Light senza dover necessariamente ammazzare quel povero venticinquenne che rappresentava la giustizia per lei e le sue amiche…
Già, a tal proposito: Egle ed Helen. Quello con loro due era proprio un bel problema, e ormai neanche la minore rispondeva alle sue chiamate e a i suoi messaggi. Aveva più volte considerato l’idea di andare a bussare direttamente alla loro porta, ma –onestamente? –non ne aveva mai avuto il coraggio; il che era un grande passo avanti, visto che stava a significare che aveva capito di non essere nel giusto. Ma comunque, anche nel caso in cui ci fosse riuscita, nel caso in cui si fosse presentata a casa loro un bel giorno, con un cestino pieno di regali e di scuse, che avrebbe potuto dire per farsi perdonare? Che discorso avrebbe potuto fare, che parole avrebbe dovuto dire per non farsi richiudere la porta in faccia?
Il problema rimaneva privo di soluzione, e tale rimarrà ancora per poco, in realtà. Ma dato che sono tanto tanto buona, eviterò di farvi anticipazioni più sostanziose.
Continuò per un po’ a giustiziare criminali come prima, sperando che Light si dimenticasse della richiesta fattale, o almeno tornasse sui suoi passi (o crepasse)…
Ma, ovviamente, “Raito” rimase lì dov’era, con le stesse idee di sempre e quella richiesta molto poco praticabile. Per cui, spostiamo la visuale della nostra storia su Helen e sua sorella per un po’.

Inutile dire che le due stavano continuando a collaborare con L e i suoi, che finalmente parevano fidarsi un po’ di più di quelle due svampite che erano arrivate all’improvviso nella loro vita, piombando nell’indagine e finendone al centro. Se non che, L teneva sotto controllo i registri telefonici di tutta la loro famiglia (alla faccia della fiducia!) e le frequenti telefonate di questa certa “Federica” (che aveva scoperto essere, risalendo al numero di telefono, proprio la Federica Capuano con cui Light Yagami si frequentava in quel periodo) non erano passate inosservate.
Aveva quindi, molto umanamente, iniziato a controllarla, ovviamente all’insaputa delle due sorelle –anche se dubito che loro avrebbero avuto qualcosa in contrario.
Dannazione, ogni volta che tento di parlare di questa parte dannatamente noiosa mi perdo nei miei ragionamenti sull’amicizia e l’amore e la stupidità umana e non riesco mai a continuare il discorso. Dicevo, Egle ed Helen.
Abbiamo ormai capito che non erano più in contatto con Federica, che si dedicavano anima e corpo alle indagini (e allo studio –maledetti insegnanti!) e ogni tanto, aggiungo, uscivano con qualche amica o ragazzo carino. Ogni tanto, eh, le indagini avevano la priorità. Almeno per Egle…
Comunque, Elle –non sono sicura di come scriverlo, nel caso in cui non si fosse notato –era una brava persona e decise, molto tranquillamente, serenamente, diligentemente e tutti gli avverbi di modo in –mente possibili, insomma decise di fare tutte le ricerche immaginabili su Federica Capuano, sul suo passato, presente e fut- no, il futuro no; su di lei e sui suoi affetti: il padre praticamente assente (e così si spiega il fatto che non venga quasi mai citato in questo manoscritto), una madre sempliciotta e –toh, coincidenza! –il ragazzo più intelligente del Giappone come fidanzato da poco dopo l’inizio dell’operato di Kira.
Mentre ragionava su queste cose, il detective ora divorava un pasticcino dopo l’altro, ora immergeva delle zollette di zucchero nella tazza di tea che aveva davanti, fino a far diventare il tea con zucchero zucchero con tea. E ci vogliono abilità da super-genio per fare cose del genere!
Ad ogni modo, dopo essere risalito anche alla taglia di pantaloni che quella povera vittima (eh, insomma…) portava, si staccò dalla scrivania con uno scatto della sedia munita di rotelle e percorse metà camera in tal modo, all’indietro, seduto nella sua solita posizione con le gambe al petto, senza cadere. Il fedele Watari lo guardava sconsolato girare così per la stanza, più volte, pensando che anche ai tre più grandi detective del mondo serviva la visita da uno psichiatra; ma ovviamente non lo disse. Quella, per il detective, fu l’ennesima notte insonne.
Ah beh, alla fine qui ho parlato di L. Non riesco proprio a capire perché non riesca a scrivere qualcosa sulle due Sasaki, come del nuovo fidanzato di Helen (un giapponesino niente male che somigliava, sebbene molto vagamente, a Light Yagami, ma che non era poi tanto intelligente) e della nuova migliore amica di Egle che (è assurdo; lo so che è assurdo ma credetemi) altri non era che una disperata Naomi Misora. Più che un’amica, per lei la ragazzina era “una che l’ascoltava”… ma, in cambio della sua sopportazione, bisogna dire che le insegnò a sparare al poligono di tiro di Tokyo. Bell’affare, insomma: vita sociale, svago e lavoro con la stessa persona, in modo da non essere più chiamata asociale e da avere un alibi per quando rimaneva dal detective fino a tardi (e anche un letto in cui dormire quando si faceva davvero tardi, come nella notte tra il 26 e il 27 maggio, una notte piuttosto importante dal punto di vista narrativo; uno degli snodi principali della vicenda).
Sono stanca di fare salti temporali così grandi, ma è davvero necessario, data la scarsa attività dei personaggi, in questo periodo: tutte indagini, omicidi, tentativi di ritardare la morte dell’investigatore e roba del genere. Così noioso, per un narratore! Un po’ di azione, miseriaccia! È davvero difficile descrivere una situazione così statica e ripetitiva!
L’unico avvenimento importante in questo periodo di tempo è l’incontro di Light Yagami e Ryuga Hideki all’Università, la presentazione di Elle come tale e, pochi giorni dopo, la partita a tennis dei due grandi geni. Ma questi sono eventi che tutti quelli che stanno leggendo questa storia dovrebbero già conoscere, e quindi non mi dilungherò ulteriormente nel dire quanto il detective fosse sicuro che quello che aveva davanti non fosse altri che la sua nemesi; mai era stato così convinto di una cosa del genere in vita sua, più per istinto, però, che basandosi su reali prove dato che, di fatto, non ce n’era nessuna.
Quel ragazzo era troppo perfetto per essere normale, e averlo vicino, come collaboratore per il caso, gli avrebbe di certo chiarito le idee. Per la prima volta stava rischiando davvero la vita, ma si sforzava di non dar a vedere la sua preoccupazione davanti ai collaboratori, a Watari e, soprattutto, a “Yagami-kun”, come aveva preso l’abitudine di chiamarlo.
Dunque, dicevo, la notte del 26. Non è una festività particolare, non un compleanno, non l’anniversario di Helen e Haruma. È un giorno come un altro.
E proprio in un giorno come un altro, L annunciò al suo ristretto gruppo di collaboratori di aver capito il tassello mancante del puzzle, o meglio, la variabile, mai tenuta in considerazione, del caso: la possibile presenza di un secondo Kira.
<< Dato che, come ha detto Misora-san, c’è un’alta percentuale di possibilità che Kira possa controllare le azioni precedenti la morte e addirittura il modo in cui la vittima debba morire, >> disse, e qui Misora era pronta a intervenire, affermando che non era “possibile”, ma “assolutamente vero” << noi non possiamo ricavare alcuna informazione su Kira. Sappiamo anche che è stato sull’autobus diretto a Space Land con Raye Pember, ma non ne abbiamo le prove concrete. Tuttavia, se teniamo ciò in considerazione, c’è l’87% di probabilità che Kira sia Light Yagami, la persona che Raye Pember stava pedinando. Ma, >> aggiunse, prima di essere interrotto da Soichiro Yagami, che aveva intenzione di proteggere suo figlio fino alla morte << con l’istallazione delle telecamere non abbiamo scoperto nulla di sospetto: Light Yagami non è che un ragazzo come un altro, più intelligente della media, ma pur sempre un ragazzo come un altro. Piuttosto, >> cacciò dalla tasca dei jeans un foglio spiegazzato, lo aprì e mostrò a tutti la foto che vi era stampata, estratta dal filmato di una videocamera di sicurezza di un qualche negozio relativamente vicino alla casa in cui abitava la famiglia Yagami. Alle sorelle Sasaki si gelò il sangue nelle vene nel vedere quella ragazza camminare tranquillamente per la via con un quadernino nero in mano. << a preoccuparmi è lei, Federica Capuano. >> e iniziò un discorso su di lei, sulla sua relazione col principale sospettato, sulla prova concreta che aveva tra le dita appiccicaticce di zucchero. Poi chiese ad Egle ed Helen di aggiungere qualcosa alla sua descrizione, dopo aver affermato che, senza ombra di dubbio, le tre si conoscevano e che ne aveva le prove.
<< Lei… >> iniziò Helen, senza sapere come continuare. << Lei è… una brava persona! >> divenne rossa dalla vergogna per la frase banale appena detta. Sua sorella la guardava tristemente, senza spiccicar parola. << Federica era una nostra amica e compagna di classe e… Egle, dì qualcosa anche tu! >> la incitò, ma non ricevette risposta.
<< Già, Egle Sasaki, dì qualcosa anche tu. >> ripeté L, con una sfumatura quasi canzonatoria nella voce.
Proprio quando nella testa della sorella minore iniziò a formularsi l’ipotesi che Egle avesse consegnato il Death Note al detective non per senso di giustizia, non per non essere tentata dal suo potere immenso, quanto più per dispetto o vendetta nei confronti dell’ormai confermato secondo Kira, la ragazza, contro ogni previsione, aprì bocca.
<< Non ero… non eravamo >> si corresse << al corrente del fatto che avesse un Death Note tutto suo, ma purtroppo lo temevo. Spiegare a tutti voi come stanno le cose sarebbe inutile: la nostra storia e quella di Federica sono più incredibili dell’esistenza degli Shinigami. >> Shuyo le lanciò un’occhiata tra il divertito e il confuso, sentendosi giustamente chiamare in causa. << In breve, quando abbiamo ricevuto questo Quaderno della Morte, a casa nostra c’era anche Federica e poiché Shuyo ci aveva spiegato che a Tokyo c’era un altro Quaderno, Federica si è offerta di cercarlo –giusto per curiosità! –arrivando a Light Yagami. La sua era una sorta di… copertura. >> spiegò, mentre la Dea della Morte tentava di ricordare quando e perché avesse detto quelle parole.
Elle parve crederci, ma domandò ugualmente cosa fosse accaduto dopo. Fu Helen, per aiutare la maggiore, a continuare. << Non lo sappiamo con certezza. A dir la verità, non sapevamo neppure che avesse un altro Death Note; potrebbe essere quello di Light Yagami, nel caso in cui lui sia Kira. >>
<< Propongo di ispezionare casa sua per confermare la possibilità che lei sia il secondo Kira. Ovviamente, Yagami-kun non dovrà venire a sapere di ciò. >> e così dicendo guardò a lungo il padre del sospettato numero uno, che si riscosse sotto lo sguardo di quegli occhi da panda e annuì. Di nuovo, le due sorelle percepirono brividi su e giù per la schiena, senza in realtà una ragione logica: le uniche cose che si erano trattenute dal dire al detective riguardavano il loro assurdo viaggio interdimensionale, di cui non c’era alcuna prova tangibile: l’unico modo per lui di venire a sapere di ciò era quindi dalle dirette interessate, che si rendevano abbastanza conto dell’assurdità della situazione da non aprirne bocca con nessuno.
Ovviamente, le due non potevano in alcun modo prevedere che, una volta arrivate davanti alla porta di casa, si sarebbero ritrovate davanti la sospettata numero due. Federica non poteva scegliere giorno migliore per trovare il coraggio per andare a chiarire la situazione con le sue ex migliori amiche. E quando dico “ritrovarsi davanti”, intendo proprio “davanti la porta”, bloccando loro il passaggio e costringendole ad ascoltarla.
Fu allora che Egle capì quanto sia inutile saper sparare, se non si possiede una pistola.





 

Angolo autrice.

E, finalmente, rieccomi. Sono davvero molto spiacente per l'inammissibile ritardo e ormai è inutile riscrivere quali siano i vari problemi che riscontro nella scrittura (che comunque non fanno altro che peggiorare).
Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere questa fanfiction e, nel caso, li ringrazio immensamente.
Al mese prossimo,

DarkLight

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