Via di fuga

di Menteconfusa
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Lista capitoli:
Capitolo 3: *** Prologo ***
Capitolo 4: *** Il mio male ***
Capitolo 5: *** pauraecoraggio ***



Capitolo 3
*** Prologo ***


Prologo
 
Procedevano silenziosamente per lo stretto sentiero che dal paese portava in cima alla collina. Era una giornata senza nubi, il sole, alto nel cielo limpido risplendeva e la sua luce filtrava tra le chiome degli alberi.
Un vento leggero, ma terribilmente freddo, giungeva dal nord.
“Imparerò a sopportare tutto questo?” si chiese Lily, alzando il passo per raggiungere l’uomo di fronte a lei “ne dubito, ma devo provarci. Ne va del mio matrimonio”
Erano due mesi ormai che si erano trasferiti in quel posto, dove Michael, suo marito, aveva trascorso la sua infanzia. Aveva insistito talmente tanto, che alla fine, Lily, bella e viziata, abituata a vivere tra il rumore e la frenesia delle grandi città, stufa del continuo lagnarsi del ragazzo, aveva acconsentito, pur sapendo che non sarebbe mai riuscita davvero a vivere in un posto dove per fare una telefonata bisognava camminare più di due chilometri.
Lei e Michael erano completamente diversi da questo punto di vista.
 Ovviamente il padre di lei si era ritenuto assolutamente contrario, non solo al fatto che i due giovani volessero lasciare la città, ma soprattutto al loro matrimonio.
Così, senza un soldo e senza benedizione, Michael aveva trascinato Lily in una piccola chiesetta di campagna, dove avevano celebrato il matrimonio in fretta e furia, poi, l’aveva portata a vivere lì, in quel paese dimenticato da Dio, che lei, pur sforzandosi di apprezzare, odiava con tutta l’anima.
-Manca ancora molto?- disse lei fermandosi improvvisamente per riposare i piedi che cominciavano a farle seriamente male.
-Non fermarti- disse Michael strattonandola per un braccio.
Era completamente cambiato, da quando si erano sposati. Da dolce e sensibile era diventato freddo e distante, per una qualche ragione che Lily non riusciva proprio a capire.
Lei, cercava in continuazione di renderlo felice, assecondandolo in ogni suo capriccio, accompagnandolo a quelle noiose riunioni di paese senza senso, imparando a cucinare pur non avendo mai masso piede in cucina, tenendo in ordine la piccola casa tentando di non fargli mai mancare nulla.
Eppure lui era come se non la vedesse minimamente, durante la settimana usciva la mattina presto per andare chissà dove e tornava la sera, quando fuori era già buio e il resto del paese dormiva della grossa. Poi, ogni tanto, era come se si ricordasse improvvisamente di avere una moglie, così sceglieva un giorno a caso da trascorrere con lei, senza mai abbandonare la sua freddezza e brutalità. Proprio come quel giorno.
Era come se dopo quelle ventiquattro ore in sua compagnia si sentisse a posto con se stesso per aver fatto il suo dovere di marito, perché alla fine, il giro ricominciava, sempre uguale, e quando Lily credeva che le cose stessero cambiando, ecco che lui le rigettava addosso tutta la noiosa e monotona vita che lei odiava così tanto.
Doveva ammetterlo, si era fatta abbindolare dal suo bell’aspetto e le sue dolci parole, si era convinta ad amarlo e ora stava male.
Dal giorno del suo matrimonio aveva desiderato scappare centinaia di volte, ma si era sempre tirata indietro, sperando che con il tempo le cose si sarebbero aggiustate, ma ogni momento di quella nuova vita era sempre più infernale.
 Ogni istante pregava che finisse e si sorprendeva a sperare che non fosse mai successo.
Una via di fuga, era tutto ciò che chiedeva, una piccola, insignificante via di fuga
 
 

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Capitolo 4
*** Il mio male ***


1
 
 
 
Saranno state le due o le tre del mattino quando sentì che Michael si stava alzando. Aprì lentamente gli occhi e scorse l’imponente figura di suo marito rovistare nei cassetti cercando vestiti puliti.
Era successo di nuovo. Per l’ennesima volta aveva ignorato le sue suppliche e l’aveva presa contro la sua volontà, entrando dentro di lei con la forza, ignorando le lacrime, fino a che lei aveva deciso di sottomettersi completamente ed era rimasta immobile pregando e sperando che quella tortura finisse il più presto possibile.
La prima volta che era successo era stato poco dopo il loro arrivo in paese. Michael era sempre stato brusco con lei, ma Lily non avrebbe mai potuto crederlo capace di una simile atrocità. Poi, una sera, era rientrato completamente ubriaco e guardandola con tutto il disprezzo di cui era a disposizione, aveva cominciato ad insultarla. Lily aveva cercato di calmarlo, in tutti i modi, fino a quando lui l’aveva afferrata per le spalle e spinta a terra. L’aveva inchiodata al pavimento togliendole l’aria dai polmoni con tutto il suo peso. Lily aveva gridato, cercato di liberarsi in tutti i modi, ma questo non aveva fatto che aumentare la violenza e l’impazienza di Michael.
All’inizio, dopo quell’episodio aveva cercato di convincersi che era stato solo un “incidente” dovuto all’alcool. Che Michael non le avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere se fosse stato in se, perché l’amava, a modo suo, ma l’amava. Purtroppo però la cosa si era ripetuta. Inizialmente Lily cercava di liberarsi gridando con quanto più fiato aveva in corpo, ma poi aveva rinunciato, e aveva deciso di lasciarlo fare senza muovere un muscolo, tenendo il dolore per se.
-Non fissarmi- le disse Michael all’improvviso riportandola con la mente al presente -e già che sei sveglia scendi a preparare la colazione-
Lily ringraziò mentalmente il buio che le diede la possibilità di fissarlo con disprezzo senza essere vista (non osava immaginare il male che le avrebbe fatto Michael se solo se ne fosse accorto). Scese dal letto e si infilò la vestaglia. Il freddo del mattino era pungente e lei rabbrividì entrando in cucina dove la finestra era stata lasciata aperta la sera precedente.
Mise una pentola sul fuoco e preparò uova e caffè.
Quando Michael fece il suo ingresso in cucina Lily gli portò la colazione, poi si sedette di fronte a lui.
Aveva aspettato tanto di potergli parlare di ciò che avrebbe voluto fare quel giorno e dal momento che suo marito era particolarmente irritabile appena sveglio, avrebbe dovuto aspettare che finisse di mangiare.
-Le uova fanno ancora schifo- disse lui senza alzare gli occhi dal piatto -ma il caffè è meglio di altre volte-.
Lily sospirò e a fatica sorrise -Abbi pazienza, lo sai che non mi hanno mai insegnato a cucinare, ma sto facendo pratica.- disse.
-Vedi di sbrigarti a imparare allora. Sono mesi che mi rifili queste uova immangiabili la mattina, e ringrazio Dio che al lavoro servano sia pranzo che cena-
Michael aveva trovato lavoro in una miniera poco distante dal paese, di proprietà di persone molto influenti e ricche, che Lily era certa di aver conosciuto un tempo, quando ancora viveva con suo padre ed era anche lei ricca e viziata. Per una volta Lily si ritrovò a concordare col marito riguardo quell’affermazione, e a benedire quella miniera, grazie alla quale il tempo che suo marito trascorreva in casa era sempre meno.
-Michael, posso parlarti di una cosa?- chiese lei a bassa voce.
Michael posò lentamente la forchetta alzando lo sguardo sulla moglie.
-Non ti darò soldi se è quello che vuoi. Te li puoi scordare. Con lo schifo che mi fai ingurgitare la mattina e tutte le pene che mi dai…-
-Le pene che ti do?- chiese lei alzando la voce –io? Non mi sembra di chiederti mai nulla, o di farti mai mancare niente! Il cibo che preparo sarà anche immangiabile, ma io ci sto provando a renderti felice!-
A quelle parole gli occhi di Michael si ridussero a due fessure che la fissarono imbestialiti dall’altro capo del tavolo, si alzò di scatto e la raggiunse in due falcate sovrastandola con  la sua mole grande e forte che le incuteva tanto spavento. L’afferrò per i lembi della vestaglia e la costrinse ad alzarsi. Ora i loro visi quasi si sfioravano e i loro respiri si mischiavano generando calore.
-Non osare mai più alzare la voce con me-sussurrò lui –sono io che prendo decisioni e sono io che porto soldi a casa, quindi tu fai quello che ti dico io come e quando lo dico. Chiaro?!-
Seguirono o brevi istanti di silenzio, durante i quali gli occhi di Michael, li stessi occhi che un tempo l’avevano guardata con amore e passione, la fecero rabbrividire fissandola con disprezzo e rabbia, forse anche odio.
Ad un tratto senza neanche se ne accorgesse, la testa di Lily ricevette un colpo che la fece girare di scatto. Quasi non si accorse delle lacrime quando Michael cominciò a colpirla più volte, fino a che non si stancò e la lasciò cadere.
-Esigo rispetto- disse –per questa volta lascerò correre, ma non osare mai più parlarmi in quel modo-
Frugò nella tasca del pantaloni e tirò fuori un paio di banconote stropicciate, le face cadere a terra vicino al viso di Lily, poi girò sui tacchi e uscì di casa, lasciandola sola a piangere sul pavimento della cucina.
 

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Capitolo 5
*** pauraecoraggio ***


Camminava con passo deciso, un po’ barcollante reduce da una nottata in bianco, passata a tentar di smaltire la sbronza. Sentiva un doloroso cerchio alla testa, le tempie le pulsavano insistentemente, senza darle un attimo di tregua. Non era nemmeno troppo sicura del perché fosse tornata in quel posto, lo stesso da cui era scappata anni prima. Eppure eccola lì, dopo anni e anni di vagabondaggio per terra e per mare, era di nuovo a casa. Una casa odiata e temuta.
Nulla sembrava essere cambiato in quel paesino dimenticato da Dio, ne le strade polverose, ne le case mezze distrutte, e nemmeno la piccola, insulsa,  sporca catapecchia in cui era cresciuta.
Anni terribili erano stati, alle prese con una madre alcolizzata e un brutale padre, violento assassino, sempre pronto ad attaccare, per ogni minima sciocchezza. Lo sapevano tutti in pese, di ciò che accadeva nella sua casa, della violenza delle percosse di suo padre, delle grida che a volte squarciavano la notte come lampi, dell’alcool, fiumi di alcool che sua madre scolava ogni giorno. Dell’abbandono più totale al quale Liv e i suoi fratelli erano  costretti.
Le persone vedono e sentono tutto e sono pronte a difendere chiunque a spada tratta, fino a che il tutto si limita a un bisbiglio nell’orecchio, una chiacchierata tra amici, un sussurro confidato, ma la gente è cieca e sorda quando le cose si complicano e le vittime vanno difese.
La paura è più potente del coraggio.
Liv se ne stava lì, al centro della piazza, gli occhi fissi su quella prigione di tanti anni prima. Non vedeva nulla se non un disordinato e crescente susseguirsi di ricordi. Il mal di testa si faceva sempre più forte, ad ogni immagine rievocata dal suo passato, a ogni nome, volto, scena, tornata alla memoria.
Fece un passo.
“Liv O’Connell, non vorrai veramente sapere cosa ne è stato degli altri? A nessuno importava di te e a te non deve importare di nessuno!” quella fastidiosa vocina nella sua testa, l’attaccava proprio nei momenti meno opportuni. Un'antipatica, acida, a volte melodrammatica vocina.
Ignorando del tutto la voce, Liv s’incamminò verso la casa.
Si fermò davanti alla porta e sospirando disse –Chi diavolo me lo fa fare? Sa Dio mille posti meglio di questo dove potevo trovarmi ora, magari con una bottiglia e buona compagnia..-
Decisa ad abbandonare l’impresa si girò di scatto, scivolò a terra e travolse una donna che, evidentemente, sarebbe dovuta entrare proprio in quella che era stata la sua casa. Liv si rese conto di averle fatto cadere le sacche della spesa. Il cibo che contenevano si sparse per la strada e la signora, rimasta dov’era, per terra, scoppiò improvvisamente a piangere.
Ancora stordita dalla velocità in cui erano avvenuti i fatti Liv si guardò in torno, sembrava che nessuno avesse notato il loro scontro.
Si alzò a fatica e tese una mano alla giovane disperata.
-Non mi sembra il caso di piangere in questo modo, è solo caduta della frutta, è recuperabile e ancora commestibile, se la si lava per bene … -
-Non è per la frutta!- disse la donna con voce strozzata e attutita dal guanto che le copriva l’esile mano, la quale era ora poggiata sulla sua bocca, quasi volesse impedire a se stessa di gridare.
-Le ho forse fatto del male?- disse Liv –se è così, sono mortificata…io…- balbettando iniziò a raccogliere il cibo sparso qua e là.
Vedendo come Liv si fosse messa a raccattare tutto ciò che era caduto, la dona sembrò rinsavire, si rialzò da terra e disse –Non importa, faccio io-
-Tutto a posto?-
-Si- disse la donna -adesso si-
-Lei non è di queste parti- disse Liv, spostando il suo sguardo sulla giovane.
-Neanche lei, non l’ho mai vista qui-
-Quanto vorrei avesse ragione- sospirò Liv, porgendole l’ultima mela.
Le due rimasero immobili a fissarsi, come se si conoscessero da sempre, ma improvvisamente si fossero dimenticate l’una dell’altra.
-Mi chiamo Liv- disse ad un tratto la più giovane delle due, rompendo il silenzio– Olivia in realtà, ma preferisco Liv-
-Lily-
-Vivi qui, in questa casa?- chiese Liv, accennando con un cenno del capo alla vecchia casa alle spalle della donna.
-No, conosco la proprietaria-
-E’ tua amica?-
-No, non direi. Mi paga in cambio di piccole faccende- disse Lily, poi strinse lo sguardo cercando di squadrare meglio la giovane straniera –Perché me lo chiedi? La conosci?-
Liv la guardò. Moriva dalla voglia di conoscere il nome della donna che abitava in quella casa, forse era una delle sue sorelle, o magari sua madre, sempre che l’alcool non le avesse già fatto marcire il fegato da tempo, ma forse non era il caso di rivelare la verità, non ancora. Era passato troppo tempo e doveva mettere chiarezza nella sua testa prima di poter affrontare il suo passato.
-No, assolutamente. Ora devo andare, è stato un piacere conoscerti Lily- disse mentre s’incamminava.
-Anche per me!- Le gridò la donna alle spalle.
Ripensando a mente fresca a ciò che era accaduto la mattina, Liv si rese conto della sua codardia. Ancora una volta stava fuggendo, ancora una volta aveva avuto paura.
Perché la paura supera il coraggio.
 

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