¿Recuerdas esa noche?

di SmileRed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I dubbi di Angie ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


21 dicembre 2012
Alvaro Vargas era seduto sulla comoda poltrona in pelle posta al fianco del caminetto in marmo. L'atmosfera era cupa, fredda. L'uomo sorseggiava in un bicchiere di cristallo, uno dei vini più pregiati. Dallo sguardo sembrava preoccupato ed impaziente. Le gracili dita ticchettavano sul braccio della poltrona. Per la prima volta, il signor Vargas sembrava esser teso, niente doveva andare storto, si era accordato con German Castillo, il tutto doveva essere eseguito con estrema sicurezza. Infondo lo stava facendo per Leòn, non poteva lasciare che qualcosa o meglio qualcuno segnasse la sua vita per sempre. Era stato un irresponsabile, e doveva pagare ma non in quel modo. Aveva sedici anni, era un bambino, e la sua "relazione" con la giovane Castillo era riuscita a portare solo guai al buon nome della famiglia Vargas, aveva dovuto fare l'impossibile per cancellare i messaggi, staccare chiamate, e bruciare lettere ma alla fine ci era riuscito, suo figlio era all'oscuro di tutto.
D'un tratto la porta in legno smaltato si aprì, un giovane uomo in giacca e cravatta fece il suo ingresso. In volto aveva un sorriso compiaciuto, nelle mani stringeva dei fogli di carta. 
“ Il tutto è andato per il meglio signor Vargas. Il bambino non sarà più un problema ” disse porgendogli i documenti. Alvaro lesse le scartoffie con estrema cautela, il tutto corrispondeva alle condizioni da lui imposte. La cifra versata era esatta, cinque cifre, esatta somma per un erede Vargas. Gli Aveiro erano una famiglia estremamente benestante che avrebbe fatto di tutto per avere un bambino, l'impresario Vargas appresa la notizia della gravidanza della primogenita Castillo, nonché l'unica, con l'aiuto del padre della ragazza, era riuscito a trovare un accordo con i coniugi Aveiro, che per non dare nell'occhio avevano finto una gravidanza della donna, così nessuno avrebbe sospettato niente. Vargas era un calcolatore, sapeva cosa faceva, avrebbe fatto di tutto per suo figlio. 
“ Perfetto, puoi andare ” rispose Vargas compiaciuto. L'uomo dal suo canto era soddisfatto del lavoro svolto, l'impresario sapeva pagare bene un lavoro svolto bene. Sorrise, e con uno sguardo soddisfatto si diresse verso la porta. “ Ah, Castiel, bocca cucita ” continuò. Quando fu finalmente solo, non potè far altro che sprigionare un sorriso. Quel bambino non era più un problema, per quanto riguardava la giovane madre, avrebbe dimenticato tutto nel tempo e sarebbe riuscita ad andare avanti. E chi poteva immaginare che quello squilibrato di suo figlio avrebbe scelto un così buon partito, aveva sempre avuto paure delle azioni del ragazzo, controllava tutto della sua vita, non c'era segreto che gli fosse nascosto. Una vita da teppistello, in sedici anni non era ancora riuscito a metterlo in riga, ma ci sarebbe riuscito.


21 dicembre 2014
Violetta era seduta sul suo letto, il ricordo di quella fredda notte la tormentava. Era solo un errore, frutto di una notte senza amore ma se ara così perché faceva così male. Non c'era minuto, ora, giorno che non pensasse a quella creaturina, erano passati due anni ma la ferita era ancora viva dentro se. Non lo voleva, in un primo momento l'adozione sembrava l'unica strada, con l'aiuto di Angie però era riuscita a cambiare idea. Avrebbe cresciuto suo figlio con l'aiuto della sua famiglia, lui non lo voleva. Gli aveva inviato messaggi, lettere, chiamate, ma senza mai ricever risposta, avrebbe dovuto capirlo dopotutto lui era Leòn Vargas e non sarebbe cambiato per lei. Non passava giorno in cui non rimpiangesse quella notte, ma era successo e ciò significava che il destino aveva riservato quello per loro. Quando apprese la notizia che il suo bambino era stato portato via, gli mancò l'aria. Come era potuto succedere, perché era successo. Allora aveva solo quindici anni, non poteva capire. Era caduta come in depressione, non mangiava, non parlava. Il suo viso era pallido come un foglio di carta. Non piangeva, ma faceva male. 
Dall'altro lato della porta German, rimpiangeva ancora una volta le sue gesta. Come aveva potuto accettare l'accordo con Vargas, ma come Alvaro aveva pensato al bene della figlia. Una ragazzina di quindici anni con un bambino da crescere, non poteva lasciare che sua figlia crescesse un bambino se ancora lei doveva crescere, solo al ricordo gli piangeva il cuore, non era un gesto fatto con cattiveria ma con consapevolezza, sua figlia avrebbe sprecato la sua adolescenza, avrebbe consumato la sua vita per crescere quel bambino, e lui non poteva permetterlo.
Sospirò e con cautela aprì la porta. Violetta era seduta sul suo letto ad osservare fuori la finestra, il celo era ricoperto di nuvole grigie, non era un bel spettacolo. Deglutì, si avvicinò al letto stringendo tra le mani due cioccolate calde fumanti, un toccasana per i momenti difficili.
“ Ehi ” sussurrò l'uomo facendo quasi spaventare la ragazza. Era così presa dai suoi pensieri che non si era nemmeno accorta della presenza del padre nella sua camera. Si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrise abbassando lo sguardo. “ Ehi ” rispose la giovane con tono basso ed insicuro. 
German sapeva del male che stava procurando alla sua bambina, ma ormai quello che era stato fatto era stato fatto, non si poteva tornare più indietro.
“ Ho portato la cioccolata ” sorrise German. Era come un rito di famiglia. “ Già. ” Era come una tortura per la ragazza sapere che suo figlio c'era ma non poteva vederlo, non sapeva di che colore erano i suoi occhi, i suoi capelli, se somigliasse di più a lei o al padre. Sentiva di star per scoppiare, non aveva versato lacrima per due anni, era arrivato di esplodere. “ Vilu, adesso basta. Devi dimenticare! ” esclamò il signor Castillo con un tono da rimprovero.
Violetta alzò lo sguardo, le lacrime stavano per cadere. “ Dimenticare? Come si fa a dimenticare, papà è mio figlio! Non si può dimenticare ” urlò la ragazza. “ Cosa avresti fatto tu al mio posto! Non ti saresti dato pace. Tu non puoi capire, sei un uomo. Ma hai idea di come sto? A soli quindici anni resto incinta di un ragazzo, uno di quelli sbagliati per l'eccellenza, menefreghista, sfacciato. Cerco di contattarlo in tutti i modi ma lui fa come se io non esistessi. Do alla luce mio figlio, nemmeno il tempo di volergli dire che lo amo che qualcuno me lo porta via. Tu non puoi capire. ” Le lacrime scendevano a cascate, German aveva lo sguardo perso nel vuoto. Sua figlia aveva ragione, come si fa a dimenticare di un figlio, lui non era riuscito dopo tredici anni a dimenticare Maria, la sua defunta moglie, come avrebbe potuto Violetta dimenticare il suo bambino portatole via in un modo così brusco.
Era rimasto colpito dalla reazione della figlia, per due anni non aveva osato cacciare lacrima, perché proprio adesso.
“ Ti prego, lasciami sola ” sussurrò la ragazza tirando su col naso. German non se lo fece ripetere due volte, prese le due cioccolate e tornò in soggiorno.
Violetta ancora scossa dalla discussione non potè tornare con la mente al ricordo di quella fatidica notte.

Era buio, in una calda notte di primavera. La sala era vuota, i due ragazzi erano lì, i due occhi lucenti di lui brillavano nel caldo buio. I respiri dei due ragazzi rimbombavano nelle alte mura. Erano stesi l'uno sopra l'altra, le mani si sfioravano, le gambe si intrecciavano e le labbra si muovevano freneticamente con foga e passione. Le mani del ragazzo erano situate sotto il maglioncino in cotone della giovane, mentre quelle della ragazza erano immerse nei morbidi capelli di lui. Erano appena tre giorni che si conoscevano eppure avevano già piena intimità. Lui era il solito belloccio tormentato, ricco e sfrontato. Lei ragazza di buona famiglia, dolce, ingenua e sentimentale; aveva quindici anni, credeva nell'amore come quello delle favole, il principe azzurro che porta a cavallo la bella principessa, ma non era così, Leòn Vargas non era un principe azzurro. Ma alla ragazza piaceva crederlo e a Leòn andava bene che lei lo credesse, ci sarebbe stato insieme per qualche notte e poi l'avrebbe scaricata come sempre. 
 “ Ti amo ” sussurrò il ragazzo, gli piaceva illuderle con qualche parola dolce, risultava più facile starci insieme, anche se Violetta non aveva opposto alcuna resistenza, era stata una preda semplice, una ragazzina, non che lui fosse uno maturo aveva solo un anno in più alla ragazza, ma gli piaceva definirsi un tipo grande, uno tosto. “ Anche io ” rispose la ragazza sbottonandogli i bottoni della camicia a quadri. Il corpo leggermente scolpito del ragazzo rabbrividì al tocco delicato della Castillo. “ Hai un tocco così... delicato ” continuò Leòn sfilandole la maglia. Rimase incantato alla vista del corpo di Violetta, gli era capitato molte volte di stare con ragazzina ancora non del tutto sviluppate ma Violetta era qualcosa di unico per i suoi occhi, aveva tutto al posto giusto, perfetta. Pian piano anche gli altri indumenti finirono in qualche parte indefinita della stanza. I due copri erano completamente nudi, l'una perfetta agli occhi dell'altro. Si completavano in un certo senso, ma ancora non lo sapevano. Lui entrò in lei con delicatezza, era la prima volta per lei, il suo corpo stava per diventare una cosa sola con un altro. Arrivarono entrambi all'apice, il corpo sudato di lui ricoprì quello docile di lei. Da quella notte la vita di entrambi fu segnata per sempre.


Angolo Autrice: Salve, anzi buonasera. Eccomi con una nuova storia, una un po' forte si tratta comunque della vendita di un bambino. Non so se la seguirete in tal caso la cancellerò, spero vi incuriosisca. Non mi posso trattenere troppo perché diciamocelo è tardi. Spero in vostri commenti, grazie a chi leggerà.
Ciao a tutti.

P.S Le ripetizioni sono state inserite apposta.

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Capitolo 2
*** I dubbi di Angie ***


                                     Capitolo1: I dubbi di Angie
Quel giorno Angie era riuscita a convincere Violetta ad uscire di casa per prendere una boccata d'aria. La ragazza continuava a vivere nella depressione, che giorno per giorno la stava consumando. Inutile dire che Angie, come molte altre persone, era preoccupata per la salute della nipote. Non sapeva cosa c'era dietro, ma sapeva che quel Vargas c'entrava qualcosa e l'idea che German sia stato suo complice incominciava a farsi spazio nella sua mente. La donna più volte aveva notato lo sguardo spaventato del capo famiglia Castillo quando si parlava dell'argomento, per non parlare della reazione che l'uomo ebbe alla notizia dela gravidanza della figlia, ma il fatto che le fece capire che Vargas e German c'entravano qualcosa fu una strana chiamata tra i due e il tono alterato che usava Castillo, con Pablo, suo marito, stavano indagando più in specifico, i due avrebbero fatto di tutto per sapere la verità, e per proteggere Violetta.
-Angie possiamo tornare a casa? Sono sfinita- la donna udendo le parole della ragazza si distolse dai suoi pensieri. Le due avevano raggiunto il parco centrale abbastanza distante dalla Villa dei Castillo. -Stanca? Su Vilu, coraggio proseguiamo- disse Angie trascinando per un braccio la nipote. Erano passati due anni, ma Violetta stava sempre peggio non aveva mai desiderato quel bambino ma era suo figlio, e le era stato portato via. Anche la Saramego non aveva reagito nel migliore dei modi alla notizia ma aveva inteso la situazione e decise di stare vicino alla nipote più di quanto abbia fatto nei scorsi anni, quando però apprese che il bambino era un erede Vargas le cadde il mondo addosso, i Vargas portavano problemi erano una delle famiglie più potenti in tutta la regione ma anche i più pericolosi, facevano affari sporchi, nei loro cantieri spesso avvenivano opere di contrabbando, conosceva Alvaro come le sue tasche era stato un grande amico di suo padre finché non lo rovinò con i suoi affari sporchi. 
D'un tratto la ragazza arrestò il suo cammino sbiancando di colpo. Angie osservò la nipote e aggrottò le fronte, Violetta aveva lo sguardo fisso sul lato opposto della strada, la bionda girò lo sguardo osservando attentamente la strada quando i suoi occhi non focalizzarono un ragazzo: Leòn Vargas. Il suo cuore perse d'un battito, se lei stava sudando freddo non poteva immaginare cosa stesse provando la nipote. La Castillo era rigida, il viso le si era colorato di un bianco cadaverico, dall'altro lato c'era Vargas che sembrava essersi accorto della presenza delle due. Salutò la ragazza con un cenno di mano per poi attraversare la strada, le stava raggiungendo, l'ansia incominciava a salire e Violetta stava per cedere. Passò qualche secondo prima che il ragazzo le raggiunse, aveva uno sguardo sereno, ma come poteva essere così sfacciato? Per mesi sua nipote ha cercato di contattarlo, chiamate, messaggi, addirittura lettere e lui non si era degnato di darle una risposta, aveva preferito la strada del silenzio, aveva preferito scomparire nel nulla.
-Ma guarda chi si ved...- nemmeno il tempo di finire la frase che la Castillo gli tirò un ceffone in pieno volto, tanto forte da fargli rimanere rosso sul viso. Le lacrime le stavano rigando il viso e con lo sguardo pregava la zia di portarla via di lì, non voleva vederlo, lo odiava con tutta se stessa. Il ragazzo con aria interrogativa si massaggiò la guancia dolorante, mentre Angie capita la situazione trascinò via la nipote. Le due si allontanarono a passo svelto, tanto che in pochi minuti si allontanarono dal parco fermandosi vicino ad un chiosco. La ragazza non aspettò più di un secondo per gettarsi tra le braccia della donna, piangeva così forte da singhiozzare, non si meritava tutto quello che stava passando, ma sapeva che Violetta era forte e che un giorno magari lontano sarebbe riuscita a dimenticare. -Shh... non piangere, io sono qui- la tranquillizzò -Torniamo a casa- continuò lasciandole un bacio sul capo.

German faceva avanti e indietro per il salone osservando il cellulare. Chiamare o non chiamare? l'uomo era sommerso dai dubbi, aveva bisogno di parlare con Vargas e anche se sovrastato dai rimorsi, doveva assicurasi che il bambino fosse lontano dall'Argentina. Decise di prendere il cellulare e digitare il numero, aspettò vari minuti prima che qualcuno rispondesse.
"German, che piacere sentirti" sorrise l'uomo. Castillo per un secondo rimase impietrito dalla voce oscura di Alvaro.
"C... ciao, Alvaro" rispose balbettando German.
"Come mai questa chiamata, è da parecchio tempo che non sento la tua voce"
"Il mese scorso avevi detto che la famiglia si sarebbe trasferita in Colombia" deglutì "Sono partiti?"
"Sapevo che mi avresti chiamato per questo, e si la famiglia è partita la settimana scorsa, senza alcuna complicazione"
German sospirò sollevato, quella notizia lo rassicurò. Vargas era sempre stato un tipo affidabile quanto malvagio, anche se l'idea di far allontanare la famiglia dalla Nazione era stata ideata da Castillo e con gran entusiasmo accettata da Alvaro.
"Mi hai rallegrato la giornata Alvaro, te ne sono grato"
"Ho fatto solo quello che andava fatto, hai avuto un ottima idea German, ma come sai le cifre ammontano e dovrai mettere anche il tuo contributo"
"C... certamente ti invierò la cifra tra qualche giorno"
"Bene, ciao German"
"Si, ciao".
L'uomo attaccò il telefono e si passò una mano per la fronte, per fortuna gli affari andavano bene e le cifre proposte da Alvaro non erano poi tanto alte, gli Aveiro erano benestanti ma pretendevano sempre qualcosa in cambio, ogni mese, di ogni anno il bambino portava spese e anche controvoglia i due uomini d'affari dovevano versare sempre soldi sul conto della famiglia. L'uomo si alzò di scatto quando vide entrare Angie e Violetta dalla porta principale. -Che succede?- chiese allarmato German avvicinandosi alla ragazza. Angie lanciò un'occhiata a German -Violetta sali in camera, ti raggiungo tra poco- disse con tono calmo e pacato tanto da riuscir a rassicurare un minimo la Castillo, che raggiunse le scale raggiungendo la camera. -Angie, mi potresti spiegare cosa succede!- esclamò incrociando le braccia il padrone di casa -Succede che abbiamo incontrato il ragazzo, Leòn- spiegò abbassando la voce. German spalancò gli occhi e rimase di pietra a quelle parole. -C... cosa? Leòn Vargas?-,-Era infondo alla strada e ci è venuto incontro come se non fosse successo nulla- L'uomo sapeva la verità, dopotutto Leòn non sapeva nulla, non aveva colpe. -Angie ordino che Violetta rimanga chiusa in camera sua-.




Angolo Autrice: Ciao a tutti, scusate l'enormissimissimo ritardo ma ho avuto alcuni problemi di salute e quindi non ho potuto aggiornare. Mi scuso una seconda volta perché non posso trattenermi, ho molti impegni e non so dove ho trovato il tempo per postare. Spero il capitolo vi sia piaciuto, lo commenterò più tardi con calma. 
Ciao a tutti!!!!

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