E' sempre stato mio SOSPESA

di sacca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sono pronta...? ***
Capitolo 2: *** Tempo. ***
Capitolo 3: *** Il mestiere del minatore. ***
Capitolo 4: *** L'Osso ***
Capitolo 5: *** Colpa mia. ***
Capitolo 6: *** Discorsi - parte 1. ***
Capitolo 7: *** Discorsi - parte 2 ***
Capitolo 8: *** L'Amore ***



Capitolo 1
*** Sono pronta...? ***


Da "Il canto della rivolta"

"Gale mi viene a cercare un pomeriggio tardi, dopo l’arrivo della squadra.
Sono seduta su un ceppo, al margine del mio attuale villaggio, e sto spennando un’anatra. Ne ho circa una dozzina, ammucchiate ai miei piedi. Da quando sono arrivata, grossi stormi di anatre continuano a migrare passando di qui, e prenderle è facile. Senza parlare, Gale si siede accanto a me e comincia a togliere le piume a uno degli uccelli. Ne abbiamo spennati quasi la metà, quando mi dice: — C’è qualche possibilità che ci capiti anche di mangiarle?
— Sì. Il grosso va alla cucina del campo, ma si aspettano che ne regali un paio alla persona con cui passerò la notte — dico. — Perché badi a me.
— Il privilegio di quell'incarico non è sufficiente? — chiede.
— Così sembra — replico. — D’altra parte, gira voce che le ghiandaie imitatrici facciano male alla salute.
Spenniamo in silenzio ancora per un po’. Poi lui dice: — Ho visto Peeta, ieri. Attraverso il vetro.
— Come la vedi? — chiedo.
— Da egoista — risponde Gale.
— Cioè non hai più bisogno di essere geloso di lui? — Le mie dita danno uno strattone e una nuvola di penne ricade fluttuando intorno a noi.
— No. Proprio il contrario. — Gale mi toglie una piuma dai capelli. — Pensavo che… non potrò mai competere con questa situazione, per quanto io possa soffrire. — Fa ruotare la piuma tra il pollice e l’indice. — Non ho alcuna possibilità, se lui non migliora, perché tu non sarai mai capace di lasciarlo. Avrai sempre la sensazione che stare con me sia sbagliato.
— Come ho sempre avuto la sensazione che fosse sbagliato baciare lui, per via di te — dico.
Gale sostiene il mio sguardo. — Se pensassi che è vero, riuscirei quasi a sopportare tutto il resto.
— È vero — confesso. — Ma lo è anche quello che hai detto di Peeta.
Gale emette un suono esasperato. Ciononostante, dopo aver consegnato gli uccelli ed esserci offerti volontari per tornare nei boschi a raccogliere legna minuta per il falò serale, mi ritrovo stretta tra le sue braccia. Le sue labbra sfiorano i lividi ormai sbiaditi che ho sul collo, aprendosi la strada verso la mia bocca. Malgrado ciò che provo per Peeta, è quello il momento in cui, nel profondo del mio essere, mi rassegno al fatto che non tornerà mai da me. O che io non tornerò mai da lui. Che rimarrò nel Distretto 2 fino alla sua resa, andrò a Capitol City a uccidere Snow, poi morirò per il disturbo che mi sono presa. Mentre Peeta morirà pazzo, odiandomi. Così, nella luce calante, chiudo gli occhi e bacio Gale per farmi perdonare di tutti i baci che gli ho negato, e perché non ha più importanza, e perché non sopporto la disperazione e la solitudine che mi sento dentro.
Il tocco e il sapore e il calore di Gale mi ricordano che il mio corpo, almeno, è ancora vivo, e in questo momento è una sensazione gradita. Svuoto la mente e lascio che le emozioni pervadano la mia carne, felice di dimenticare me stessa. Quando Gale si allontana leggermente, mi sposto in avanti per colmare il vuoto, ma sento le sue dita sotto il mento. — Katniss — dice.
Nell’attimo in cui apro gli occhi, il mondo mi appare incoerente. Questi non sono i nostri boschi o le nostre montagne o il nostro sentiero. Meccanicamente, la mia mano raggiunge la cicatrice sulla tempia sinistra, che di solito associo alla confusione. — Baciami ancora. — Sconcertata, impassibile, resto ferma, mentre lui si piega e per un istante preme le sue labbra sulle mie. Mi studia il viso con attenzione. — Cosa succede nella tua testa?"

Cosa succede nella mia testa? Non lo so, sono confusa, troppo. Peeta non c'è, non ci sarà più: Snow ha portato l'amore del ragazzo del pane via da me e io non ho il potere per riportarlo qui. O non voglio. Voglio che Peeta sia felice, lontano da tutto lo schifo che c'è qui e da tutto il dolore che ha subito a causa mia. Perchè mi amava troppo e io anche, forse. Perché sono riuscita a convincere Snow fin troppo bene, non convincendo neanche me stessa. Perché non ho potuto salvarlo e ora lui ha gli occhi da pazzo se ci sono io e forse lo è davvero, pazzo. Perché non sono mai stata sicura di niente, di me, di lui, di Gale... Gale. Gale è qui davanti a me che mi fissa negli occhi, cercando una risposta in essi. Dolce, forte, Gale. E io che sono sempre stata indecisa ora so: lo voglio, voglio i baci di Gale, le sue labbra su di me, voglio che mi abbracci per non farmi sentire mai più sola e anche perchè, forse, lo amo. E magari potrò stare con lui, qui al due, a combattere, a baciarci, a farmi stringere, a cacciare. Stare al due fino alla cattura di Snow, poi ucciderlo e lasciarmi morire. Perché se il ragazzo del pane non mi ama più, nulla ha più senso. Se Gale sapesse cosa sto pensando adesso mi odierebbe anche lui, come Peeta. Tutti mi odierebbero per essere la solita egoista e incostante Katniss. La Katniss che non sa stare sola e che non sa (o non vuole) scegliere fra il ragazzo del pane, dolce, buono e gentile con gli occhi pieni di amore e il cacciotore, migliore amico, forte con gli occhi pieni di passione e una strana tenerezza. Ma ora non devo più scegliere, qualcun'altro ha fatto la scelta per me e io voglio Gale adesso, lo voglio davvero. Così gli rispondo: - Succede che ci sei tu - e non smetto di guardarlo, gli occhi che, dubbiosi, si inondano di amore e desiderio, le mani che mi attirano a se, le labbra che cercano le mie.

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Capitolo 2
*** Tempo. ***


Intorno a me c'è solo Gale, non respiro niente che non sia lui. La sua bocca cerca la mia, avida, bisognosa, le sue labbra screpolate e dolci sanno di lui, di bosco, di me e scendono verso il mio collo, tornano a baciare i lividi che mi sono rimasti e io ora non posso pensare a chi me li ha fatti, riesco solo a pensare a Gale che mi morde l'orecchio, che mi sussurra di non andare via. Cerco di fargli capire che questa volta resterò, lo bacio voracemente, mi aggrappo alle sue forti spalle e lo tiro verso di me perché lo voglio più vicino, non posso sopportare il minimo spazio fra i nostri corpi. Le sue mani mi stringono i fianchi sotto la maglietta, toccano la carne nuda e, prima di farla salire, lui mi guarda come a chiedermi il permesso. La mia risposta è un gemito – Gale – e così lui la alza, si abbassa e ora le sue labbra sono sul mio ombelico e io sento un brivido. Fa freddo? No, era un altro tipo di freddo e infatti una sensazione di calore si diffonde nel mio basso ventre, nei fianchi dove mi toccata, nella pancia dove mi ha baciato e ovunque si appoggi una parte di lui. -Katniss- mi chiama e io impazzisco, il mio nome nelle sue labbra è dolce e sento che anche lui mi vuole. Intorno a noi l'odore di foglie, di alberi e in un qualche modo mi sembra giusto essere in un bosco con Gale, come se non fosse successo nulla, come se tutto questo sarebbe accaduto lo stesso. Inarco la schiena verso di lui perché voglio di più, le sue labbra salgono lasciando baci ovunque finché non trovano il mio reggiseno, le sue mani corrono alla mie schiena e lo sganciano mentre le sue labbra trovano il mio capezzolo. Vorrei morire. Di gioia, di tristezza, di desiderio, di imbarazzo, vorrei morire perché non mi basta e perché non è giusto sentirsi così bene con tutto l'orrore che ci circonda. Le labbra esperte di Gale mi fanno impazzire, la sua mano prendo il posto della bocca e le sue labbra gonfie trovano le mie, le nostre lingue iniziano una danza sensuale e mi stupisco a pensare a quanto sia bello Gale. Il mio Gale. Ho bisogno di lui. Perché io sono la ghiandaia imitatrice e brucio e tutto ciò che è intorno a me prende fuoco ma lui no, lui brucia del mio stesso calore, mi accetta e capisce come nessuno. È lui che mi fa bruciare ora. Le sue labbra, i suoi baci, i suoi occhi pieni di desiderio e passione, le sue forti mani che mi cercano, mi stingono. Gale. Gale Gale. E io non posso far altro che ricambiare quei baci perché so che morirei se lui dovessi lasciarmi. Le mie mani sentono le sue spalle forti e scendono lungo la schiena muscolosa, lo sento gemere e chiamare il mio nome piano ma è solo quando lui spinge la sue erezione verso la mia gamba che mi blocco. Non sono pronta anche se lo voglio. Non posso stare così con lui qui e ora. Lo stacco un attimo da me e vedo il suo sguardo triste e contrariato.

- Gale- lo chiamo e anche lui si blocca, fissandomi – Gale, non posso.

Il dolore che vedo nei suoi occhi è troppo grande da sopportare allora mi avvicino per baciarlo ma lui si scansa. So cosa sta pensando, è convinto che gli dirò che abbiamo sbagliato e che voglio ancora il ragazzo del pane ma non è così (almeno non la prima parte e di questo sono sicura)

- E' solo che non sono pronta... Io ti voglio, davvero, ma non voglio che sia così. Mi serve del tempo.

Sì, mi serve tempo per essere più sicura, più pronta, per pensare se fare questo passo con Gale, il mio Gale. E vorrei anche parlare con il ragazzo del pane un'ultima volta, assicurarmi che stia bene, che guarirà e troverà qualcuna. Perché non potrò mai essere felice con nessun'altro se lui è triste. Io lo devo proteggere. E devo proteggere anche Gale. Loro non devono soffrire. Mai più. Mi serve solo del tempo per pensare a cosa fare senza ferire nessuno. Ma ti voglio Gale, voglio che i nostri fuochi brucino insieme e alimentino questa passione.

 

 

Gale POV

 

Più tempo, vuole solo più tempo. Posso capire, certo, in fondo non mi sta abbandonando di nuovo, non mi sta dicendo addio, è qui e mi vuole: ha semplicemente bisogno di più tempo. Come se non fossero anni che la aspetto, come se non morissi dentro ogni secondo che lei non è con me, come se ci fosse tempo, con questa guerra e il nostro mondo che sta cambiando, finalmente. Oh Catnip, ti voglio, cos'altro ti serve sapere? Stai ancora pensando al panettiere? Non potrei sopportarlo. Un brivido gelido mi percorre la schiena se ripenso a quando guardavo i vostri baci sullo schermo, quando vi siete abbracciati nella caverna, quando siete tornati e siete diventati vicini di casa, all'annuncio del vostro matrimonio e a quello del bambino. Penso di morire ogni volta che ripenso a quella notte sulla spiaggia perché io non vedevo nessuna recitazione in quello schermo, nessuna finzione nella tua angoscia al 13, nessuna bugia nei tuoi occhi quando ti disperavi perché lui ti mancava. Ma ora sei qui, con me. Prendo un lungo respiro. - Tempo?- ti domando, come se non avessi capito e anche se non vorrei so già che ti darei tutto quello che vuoi. Se tu mi guardi come mi stai guardando ora puoi avere tutto da me. Posso anche mettere da parte l'immagine dei vostri baci, della disperazione, la mia sofferenza e tutto il resto. Basta che continui a guardarmi con gli occhi così pieni di... amore? O è solo desiderio? Parlami Catnip, dimmi cosa succede nella tua testa e nel tuo cuore. - Tempo. - rispondi tu decisa e io sorrido mentre ti abbraccio. Voglio abbracciarti per sempre.

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Capitolo 3
*** Il mestiere del minatore. ***


GALE

 

Ride Katniss, mentre torniamo alla base per la notte e io non posso fare a meno di pensare a quanto sia bella. 

- Gale - mi chiama e io noto il suo viso che ritorna rosso, proprio come prima mentre le baciavo i seni. Vorrei rifarlo, ma mi limito a guardarla per incoraggiarla a proseguire.

- Gale - ripete, fermandosi - quante ragazze hai baciato? 

Rido. Che razza di domanda è da fare a qualcuno subito dopo che le vostre labbra si sono cercate così? 

 - Tante - rispondo infine, sincero - Troppe per ricordarsele tutte. - Ma non scorderò mai oggi Katniss, fidati: il ricordo dei tuoi gemiti rimarrà impresso nella mia memoria a fuoco. Ovviamente questo non lo dico, ma continuo a ridere mentre vedo la sua espressione imbronciata. E’ buffa. - Sai, tu avevi solo dodici anni quando ci siamo conosciuti. Ed eri una vera rottura di scatole, per di più. Avevo una vita, io, al di fuori della caccia con te.  

Riprende a camminare, pensierosa, e la sua faccia concentrata diventa sempre più buffa. - E ti limitavi a baciarle? 

Ora sono io che mi fermo. No, ovvio. Ma che risposta si aspetta lei? Non pensava davvero che l’avrei aspettata, giusto? In fondo non era neanche a conoscenza dei miei sentimenti, non poteva certo pretendere nulla! E io? Io che sapevo già di amarla, avrei dovuto smettere di baciare chiunque? La mia vita al giacimento, oltre la caccia con lei e ai pochi amici, era così triste e vuota e il tempo sembrava non passare mai: quelle ragazze erano il mio divertimento. Non che le usassi! Loro sapevano benissimo che non le amavo e non ci sarebbe stato nulla più che un bacio, una toccata o un po’ di sesso vicino alla miniera. Lo volevano anche loro - No - rispondo e poi riprendo a camminare in silenzio, senza aggiungere altro. 

Lei mi guarda per un po’, scuote la testa come per scacciarsi qualcosa dalla mente e ricomincia a parlare - E quando ti sei accorto di voler baciare me? - domanda, maliziosa. 

Stai giocando con me, Catnip? - Subito dopo Capodanno, l’anno della tua prima arena. Eravamo al Forno, a mangiare una brodaglia di Sae la Zozza. E Darius ti tormentava perché barattassi un coniglio con un suo bacio. E io mi sono reso conto che…mi dava fastidio - le spiego. Quel giorno andammo a caccia ma l’abbondante nevicata ci riportò al forno a cercare qualcosa di caldo da mettere in pancia. Darius continuava a stuzzicare Katniss con la treccia, insistendo sul perché uno dei suoi baci meritasse un coniglio, indicando le ragazze che avrebbero potuto confermare la sua tesi. Dovetti concentrarmi parecchio per non dargli un pugno sul naso. 

 - Darius stava solo facendo lo stupido - dice. - Forse. Anche se tu saresti stata l’ultima a capirlo, in caso contrario - le rispondo - Prendi Peeta. Prendi me. O anche Finnick. Cominciavo a preoccuparmi che ti avesse messo gli occhi addosso, ma pare che adesso si sia rimesso in riga.

 - Non conosci Finnick se pensi che possa amare me - ribatte.

 Io scrollo le spalle. - So che era disperato. Ed è una cosa che induce la gente a fare ogni genere di pazzia.- Cara piccola dolce Catnip, potrò anche non conoscere Finnick ma tu sei davvero troppo ingenua. Darius non stava affatto facendo lo stupido. Lui ti voleva. Davvero non ti rendi conto di che effetto fai alla gente? L’esperienza con il panettiere non ti ha fatto capire nulla? Fai impazzire tutti, me compreso. Restiamo in silenzio mentre torniamo all'accampamento ma la notte dormiamo vicini, le nostre mani unite anche nel sonno.


 

La mattina seguente c’è un incontro per risolvere il problema dell’Osso e io, pensando a quella roccaforte come a una tana di cani selvatici, escogito un piano per metterli tutti fuori combattimento. Creare delle valanghe per intrappolarli all’interno, così da ucciderli. Gli altri non sembrano d’accordo: i lavoratori che sono lì meritano l’opportunità di salvarsi e in più abbiamo delle spie la dentro. Ma perché meriterebbero di arrendersi? I minatori del mio distretto l’hanno mai avuto quell’occasione? Ai bambini che ho visto bruciare nessuno ha concesso un’opportunità! E ora loro pagheranno per questo!! Non hanno voluto far parte della rivolta e moriranno tutti. Anche le spie, io stesso darei la mia vita senza pensarci due volte se servisse alla causa. Sento la mia rabbia ribollirmi il sangue e devo distendere le dita una a una, poi noto lo sguardo di Katniss e la mia mano si richiude a pugno: lei più di tutti dovrebbe capirmi. Sa cosa hanno fatto alla mia gente, la nostra gente! Ha visto le macerie del nostro distretto, le ossa sparse ovunque, crani che una volta appartenevano ai nostri amici. Perché non capisci? Loro devono morire tutti!

— Gale — dice lei, prendendomi per un braccio e sforzandosi evidentemente di parlare in tono pacato. — L’Osso è una vecchia miniera. Sarebbe come provocare un esplosione durante l’estrazione del carbone. — Queste parole mi bloccano un secondo. Al 12 conosciamo bene il significato di un'esplosione nelle miniere. Ed è proprio questo a convincermi di più. Qualcuno deve pagare per tutti i morti in quelle miniere.

— Ma questo sistema non sarebbe rapido come quello che ha ucciso i nostri padri, giusto? — replica allora io. — È questo il problema? Che i nostri nemici possano avere ancora qualche ora per riflettere sul fatto che moriranno invece di essere semplicemente ridotti in pezzi?

Papà. Mi manchi. Vorrei tanto averti qui. Era poco più di un bambino quando l'esplosione ti ha portato via da me e ora? Ora sono diventato un uomo pronto a togliere la vita a centinaia di persone. Saresti d'accordo con me? Oh, perché ci hai lasciato da soli? Io avevo bisogno di te, Rory, Vick e la piccola Posy avevano bisogno di te. E mamma... Mamma è stata forte, si è fatta coraggio cercandosi subito un lavoro, non lasciandosi mai abbattere. Sono sicuro l'abbia fatto per noi. E' stata la migliore delle madri ma, papà, nessuno riempirà mai il vuoto che ci hai lasciato tu.

Ricordo benissimo che anche il padre di Katniss morì in quella esplosione quindi non riesco proprio a capire perché lei non sia dalla mia parte. Io voglio vendetta. Vendetta che comunque non potrà mai farmi scordare quel giorno: le sirene suonarono a scuola e noi tutti sapevamo cosa volesse dire quel suono. Incidente in miniera. Morti. Qualcuno aveva appena perso un padre, un fratello, un amico. Sperai, pregai addirittura che non fosse mio padre. Continuavo a ripetermi no, lui no. Chiunque altro ma non lui. Per favore. Corsi verso l'entrata della miniere scansando la marea di gente che si trovava li davanti, sicuramente anche loro speravano che non fosse successo nulla alle persone che amavano. Ebbi appena il tempo di accorgermi del moto d'odio che provai verso tutti per loro prima di trovare mia madre e appena la guardai capii. Era successo. Lui non sarebbe più tornato. Aspettammo comunque tutta notte, sperando. E poi, all'alba, l'espressione sul viso del capo miniere confermò tutti i nostri dubbi. Ricordo il dolore immenso che mi attanagliò il cuore, la disperazione dell'io bambino, il rimpianto di non avergli detto abbastanza spesso quanto lo amassi e la consapevolezza di dover essere forte per i miei fratelli e per mia madre. Nulla fu mai più lo stesso per noi, da allora sentimmo sempre la sua assenza, una costante nella nostra vita già segnata dalla tristezza.

 

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Capitolo 4
*** L'Osso ***


GALE 

Katniss mi porta a cacciare, per farmi calmare credo. Non funzionerà e lo sappiamo entrambi. Non voglio neanche parlarne, sento ancora un peso enorme sul cuore, i ricordi di mio padre e di quei tristi anni mi hanno riportato in uno stato di disperazione che pensavo di aver abbandonato da sempre. Devo essere forte. 
Lei si ferma in mezzo a una frase che non stavo ascoltando, si volta verso di me e mi bacia. Questo bacio è diverso da quelli che ci siamo dati l'altro giorno: sento la sua urgenza, il bisogno che ha di farmi stare meglio ma mi da anche la sensazione di qualcosa di sbagliato, come se fosse l'unico modo che riesce a trovare per farmi passare questa arrabbiatura, questo dolore. Mi ricorda un po' i baci che le ho visto dare a Peeta: sono sicuro che molti dei loro baci siano stati veri (anche se lei ha negato) ma alcune strette di mano erano palesemente finte, alcuni dei loro baci erano forzati. Io lo so, conosco il suo corpo meglio del mio: lei non si lasciava trasportare dalla labbra di Peeta, il suo corpo era rigido, fermo, come se fosse fatto di pietra e lei era nervosa, troppo frettolosa, si vedeva che stava fingendo. Se uno guardava attentamente, e io l'ho fatto, l'ho osservata scrupolosamente, si poteva notare benissimo la finzione di quei gesti. Lo faceva solo per tenerli in vita, per salvare la vita di entrambi, per farlo stare meglio. Ovviamente ho dovuto riffletterci a mente fredda perché a quel tempo riuscivo solo a sentire disperazione e odio. Odio per lui e disperazione nel pensare che non sarebbe mai stata mia. E ora stava baciando in quel modo me. Ma io non volevo questo. Io non volevo nulla che non fosse amore vero, passione, sentimento. Così mi staccai e andandomene risposi al suo sguardo confuso: - Io non sono Peeta, Katniss.


KATNISS 

Cosa voleva dire? Certo che non era Peeta, era Gale. Non sarebbe potuto essere più diverso da Peeta. Qual'era il vero significato delle sue parole? Avevo visto il dolore nei suoi occhi mentre se ne andava e il mio primo istinto fu di rincorrerlo. Ma poi capii. Il mio bacio. Aveva sentito la differenza da quello del pomeriggio prima. Era ovvio: io stessa pensavo che ci fosse qualcosa di diverso, sbagliato quasi, in quel bacio e lui, che mi conosceva più di quanto mi conoscessi io stessa l'aveva capito subito. Ma io volevo solo farlo stare meglio, parlare non è il mio forte e quindi feci l'unica altra cosa che sapevo l'avrebbe consolato un po'. Ma mi sbagliavo, certo che mi sbagliavo. Gale non si sarebbe mai accontento di un bacio finto, dato per disperazione. Se non fosse stato così arrabbiato con me, così triste l'avrei voluto baciare lo stesso? No. Perchè anche io ero arrabbiata, lui voleva la morte di tutte quelle persone, alcune delle quali anche innocenti, e la voleva in quel modo! Come poteva lui, figlio di un minatore morto al lavoro, anche solo considerare l'idea di uccidere della gente, lasciarli morire dentro l'Osso con tutte le uscite bloccate? Non posso crederci. Divento furiosa e lo rinccoro ma appena arrivo alla base mi ritrovo bardata di tutto punto con la mia divisa da Ghiandaia Imitatrice, l’arco in spalla e un auricolare che mi collega a Haymitch nel 13, casomai si presentasse una buona occasione per registrare un pass-pro. Attendiamo sul tetto del Palazzo di Giustizia, con una chiara visuale del nostro obiettivo. 
All’inizio i nostri aerei vengono ignorati dai comandanti dell’Osso, perché in passato costituivano un fastidio poco più grande di quello di uno sciame di mosche che ronza intorno a un vasetto di miele. Ma dopo due tornate di bombardamenti nei punti più alti della montagna, i velivoli ottengono la loro attenzione. Quando la contraerea di Capitol City comincia a sparare, è già troppo tardi. 
Il piano di Gale supera le aspettative di tutti. Beetee aveva ragione a proposito dell’impossibilità di controllare le valanghe una volta che sono state messe in movimento. I fianchi della montagna sono per loro natura instabili ma, fiaccati dalle esplosioni, sembrano quasi liquidi. Intere sezioni dell’Osso crollano sotto i nostri occhi, cancellando ogni forma di presenza umana. Restiamo senza parole, minuscoli e insignificanti, mentre ondate di pietra si abbattono con un rombo lungo la montagna. Seppellendo i punti di accesso sotto tonnellate di roccia. Sollevando una nube di terra e detriti che oscura il cielo. Trasformando l’Osso in una tomba. 
Immagino il caos dentro la montagna. Le sirene che urlano. Le luci che tremolano per poi spegnersi del tutto. La polvere di roccia che riempie l’aria. Le grida di esseri intrappolati e in preda al panico che incespicano, cercando disperatamente una via di scampo, solo per trovare le entrate, la piattaforma di lancio e gli stessi condotti di ventilazione ostruiti da pietre e terriccio che tentano di penetrare all’interno. Cavi elettrici sotto tensione che si contorcono come serpenti, incendi che scoppiano, macerie che trasformano un percorso familiare in un labirinto. Persone che si urtano, si spintonano e si inerpicano come formiche, mentre la collina preme per entrare, minacciando di schiacciare i loro fragili involucri. 
- Katniss? — La voce di Haymitch è nel mio auricolare. Provo a rispondergli e scopro che ho le mani premute con forza sulla bocca. — Katniss!
Cosa abbiamo fatto?

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Capitolo 5
*** Colpa mia. ***


[Andiamo un po' avanti col tempo: Katniss, dopo la sparatoria al distretto 2, torna al 13 e aspetta il matrimonio di Finnick e Annie. Il suo rapporto con Gale sta crescendo anche se hanno molte cose da risolvere, dovute sopratutto all'idee dure del ragazzo nei confronti della guerra e a come si sia evoluta la situazione al distretto 2. Al matrimonio balla con Prim, Gale, Johanna e tutti gli invitati fino all'arrivo della torta. Dopo il discorso con Haymitch si ritrova davanti alla camera di Peeta. Le parti prese dal libro sono in corsivo]

Ho bisogno di parlare con Peeta adesso. So che non potrò mai andare avanti se prima non chiarisco con lui così, quando Haymitch mi ha detto che anche lui voleva vedermi, sono volata qui. Anche se ancora odio il mio vecchio mentore per non aver tirato fuori il mio ragazzo del pane dall'arena, non posso dargli la colpa di tutto: io non avrei dovuto accettare il piano di Beetee, non avrei dovuto lasciare che ci separassero, sarei dovuta restare con lui. Sempre. Tutto quello che gli è successo è colpa mia. Ora non mi restava altro che dirgli addio, parlargli quest'ultima volta esaudendo il suo e mio desiderio e poi salutarlo definitivamente. Entro nella stanza e lo vedo seduto sul letto, subito quegli occhi azzurri si fissano su di me. Peeta ha tre cinghie di contenimento per braccio e un tubicino che può somministrargli un sedativo nel caso perda il controllo. Non lotta per liberarsi, però, mi osserva soltanto con lo sguardo diffidente di uno che non ha ancora escluso la possibilità di trovarsi in presenza di un mutante. Mi avvicino finché non arrivo a circa un metro dal letto. Ha il viso stanco, gli occhi azzurri fissi nei miei ma distanti, le mani strette a pugno, come se cercasse di contenerle nonostante le cinghie e il corpo che rivela tutto il dolore subito. Cosa ti hanno fatto Peeta?! E' colpa mia, mia, mia. Mi sento uno schifo mentre mi guarda e mi viene da vomitare, vorrei solo scappare da questa visione e piangere tutte le lacrime del mondo, ma resisto. Resisto perché glielo devo, ce lo devo: ci meritiamo un'ultima chiacchierata sincera e un addio. Tutta la mia determinazione però sembra essersene andata. Avrei dovuto proteggerti, tutto questo è sbagliato, sarebbe dovuto succedere a me e non a te che sei... eri?... così buono. Colpa mia. Mi odio. Non ho niente da fare con le mani, perciò incrocio protettiva le braccia sulle costole prima di parlare.
— Ciao.

Ciao — risponde lui. Somiglia alla sua voce, è quasi la sua voce, tranne per il fatto che ha dentro qualcosa di nuovo. Una punta di sospetto e di rimprovero.Haymitch ha detto che volevi parlarmi — dico. 
Guardarti, per cominciare. — Sembra si aspetti che mi trasformi in un ibrido di lupo, schiumante di bava, proprio davanti ai suoi occhi. Mi fissa così a lungo che mi ritrovo a gettare occhiate furtive allo specchio e a sperare in qualche indicazione da parte di Haymitch, ma il mio auricolare rimane silenzioso. — Non sei molto alta, vero? O particolarmente carina. - So che ha toccato il fondo dell’inferno e ritorno, eppure, per qualche motivo, quell’osservazione mi prende per il verso sbagliato. — Be’, anche tu hai avuto un aspetto migliore.
Il consiglio di Haymitch di fare marcia indietro viene attutito dalla risata di Peeta. — E neanche lontanamente gentile, a dirmi una cosa del genere dopo quello che ho passato.
- Già. Tutti noi ne abbiamo passate di cotte e di crude. E sei tu quello che era famoso per essere gentile. Non io. — Sto sbagliando tutto. Non so perché mi sento tanto diffidente. È stato torturato! È stato depistato! Cos’ho che non va? Di colpo, penso che potrei mettermi a urlare contro di lui, non so nemmeno per cosa, perciò decido di andarmene di lì. Nessuna chiacchierata sincera vale il dolore che provo nel sentirlo così duro, nessun schifosissimo addio merita quello che stiamo passando adesso. Sarà colpa mia anche quando il suo ultimo ricordo di me sarà questo: io, sgarbata, dura, che gli urlo contro per colpe che lui non ha. Complimenti Katniss, sei la regina dell'orrido. Mi dispiace Peeta, mi dispiace veramente. Mi volto ma lui continua a parlare.
Katniss, mi ricordo del pane.
Il pane. L’unico momento che ci ha davvero uniti prima degli Hunger Games.
Ti hanno mostrato il nastro in cui ne parlo — dico.
No. C’è un nastro in cui ne parli? E perché Capitol City non l’ha usato contro di me? — chiede.
Mi hanno ripreso il giorno in cui sei stato liberato — rispondo. Il dolore che ho nel petto mi avvolge le costole come una morsa. Ballare è stato un errore. — Cosa ricordi, allora?
Te. Sotto la pioggia — dice in tono sommesso. — Che frughi nei nostri bidoni dell’immondizia. Io che brucio il pane. Mia madre che mi picchia. Io che porto fuori il pane per il maiale e invece lo do a te.
Esatto. È proprio quello che è successo — dico. — Il giorno seguente, dopo la scuola, volevo ringraziarti. Ma non sapevo come.
Eravamo fuori, a fine giornata. Ho cercato di attirare la tua attenzione, ma hai distolto lo sguardo. E poi… per qualche motivo, credo che tu abbia raccolto un dente di leone. — Annuisco. Se lo ricorda davvero. Io non ho mai parlato di quel momento. — Devo averti amata molto.
Devo averti amato molto. Devo averti amata molto. Devo averti amata molto. Fa male, malissimo sentirgli dire queste parole. Mi bruciano dentro partendo dall'estremità delle dita fino ad arrivare al cuore. Dolore che si aggiunge ad altro dolore. E so già che, qualsiasi cosa io faccia, quelle quattro parole non se ne andranno mai più dalla mia testa, resteranno li a tormentarmi fino alla mia morte. Mi consolo pensando che non dovrebbe mancare molto. Fino a quel momento, però, le lascio li a bruciare. Ti ucciderò Snow. E se riuscirò a farti provare un millesimo del dolore che sto provando io ora, sarò felice. Anche se so già che è colpa mia. Questo dolore che non mi fa respirare mi fa sentire un po più tranquilla. Me lo merito, è giusto che io stia male.
È vero. — La mia voce si spezza e fingo di tossire.
E tu mi amavi? — chiede.
Tengo gli occhi sulle piastrelle del pavimento. — Tutti dicono di sì. Tutti dicono che è per questo che Snow ti ha fatto torturare. Per spezzare me.
Questa non è una risposta — replica lui. — Non so cosa pensare quando mi fanno vedere certi nastri. Come quella prima volta nell’arena, sembrava che cercassi di uccidermi con quegli aghi inseguitori.
Stavo cercando di uccidere tutti voi — dico. — Mi avevate bloccata su un albero.
E dopo, c’è una gran quantità di baci. Non sembravano molto sinceri da parte tua. Ti piaceva baciarmi? — chiede.
A volte — confesso. — Lo sai che c’è gente che ci sta guardando, in questo momento?
Ti fanno vedere i nastri Peeta, tu non ricordi nulla? Ti stavo usando? Sì, per tenerci in vita. Ma non erano tutti finti quei baci. Te li ricordi? Io ricordo tutto, quelle notti, quei baci, quello nella grotta che ti diedi non per le telecamere ma perché lo volevo io, perché avevo fame di te. E più tardi gli abbracci, le notti sul treno, la terrazza. Mi scopro triste a pensare che non ricorderai mai la nostra terrazza, nessuno potrà mostrarti video di quei momenti. Dall'altra parte però sono contenta che quel momento resterà inalterato, perfetto e la tua mente depistata non potrà mai avvelenarlo. E' colpa mia se non lo ricordi. La sensazione di vomito torna, prepotente.
Lo so. E Gale? — continua.
La mia rabbia sta tornando. Non me ne frega niente della sua guarigione, questi non sono affari dei tizi che stanno dietro lo specchio. — Anche lui non bacia male — dico seccamente.
E andava bene a tutti e due? Che tu baciassi l’altro? — chiede.
No. Non andava bene a nessuno dei due. Ma io non vi chiedevo il permesso — rispondo.
Peeta ride di nuovo. Glaciale, sprezzante. — Be’, sei una bella stronza, non ti pare?
- Adesso però non ti interessa più chi bacio no? Non sono più problemi tuoi se bacio Gale, non è vero? - So che non dovrei e la voce arrabbiata di Haymitch nelle orecchie me lo conferma ma non posso fermarmi, sono incazzata nera. Il mio Peeta non avrebbe mai detto una cosa del genere, è colpa mia se ora ho solo questo da lui, odio e diffidenza. Quella risata mi ha gelato le ossa e mi ha fatto venire voglia di rispondergli ma la cosa che mi ha mandato più fuori di testa è che ha ragione. Schifo, faccio schifo. Davanti a me non vedo più il ragazzo del pane, né la stanza. Vedo solo rosso. Il fuoco che mi brucia dentro ora è anche fuori. Mi viene da ridere e i tuoi occhi vacillano. Pazza perché mi hanno usata, hanno ucciso mio padre, ci hanno lasciato a morire di fame e freddo, mia madre si è come spenta e ho dovuto occuparmi di mia sorellina da sola, pazza perché mi hanno sbattuto in mezzo a due arene, mi hanno spezzata, rotta, mi hanno vestita, pettinata, truccata come una bambola e sbattuta davanti alle telecamera, a Capitol City come qui, pazza perché mi hanno dato un dolce e innamorato ragazzo del pane, io non ho saputo difenderlo e così loro mi hanno restituito questa persona che mi fissa con due occhi azzurri, duri e tristi. Pazza perché, ovviamente, è colpa mia. Sono pazza e arrabbiata. Ma perché sono venuta qui? Con chi pensavo di parlare? Ci metto parecchio prima di capire perché sono tanto indispettita. E, quando ci arrivo, ammetterlo è quasi troppo umiliante. Tutti quei mesi in cui ho dato per scontato che Peeta mi considerasse meravigliosa sono finiti. Adesso mi vede per quello che sono realmente. Violenta. Sospettosa. Manipolatrice. Letale. Ma tanto tu non ci sei più Peeta e io non so chi sia questo che mi guarda coi tuoi occhi, questo che con la tua voce piena di dolore e rabbia mi chiede cosa intendo, questo che quando capisce le mie parole, cioè che ho scelto lui, piange e urla, grida che sono una troia con gli occhi neri e ridotti a due fessure. Questo che prima di svenire urla che si vendicherà, mi ucciderà. Se non lo farà prima qualcun'altro, Peeta, ti prometto che lascerò che le tue mani si stringano attorno al mio collo. Un'ultima promessa a quel ragazzo a cui ho imparato a voler bene, penso, prima di andarmene. Ed sento che il suo dolore, che si aggiunge a tutto quello che ho già provato, tutto quello che provo in questo momento e quello che so già proverò, è colpa mia. 

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Capitolo 6
*** Discorsi - parte 1. ***


La Coin mi ha dato 3 settimane. 3 settimane per addestrarmi e dimostrarle che posso andare anche io a Capitol City, a combattere, a vendicarmi su Snow, a stare con Gale. 
Non potevo sopportare assolutamente di stare qui, al sicuro, mentre lui sarebbe stato in guerra, costantemente in pericolo. Inoltre devo andare a Capitol, Snow ha fatto bombardare il mio distretto e devo vendicare ciò che ha fatto a Peeta. Poi, se sarò ancora viva, tornerò in modo che lui possa uccidermi. Ecco il mio nuovo meraviglioso piano: amare Gale il più possibile nel poco tempo che ci è rimasto e, con il mio ultimo respiro, fare felice il ragazzo depistato. Perfetto. 
Dopo aver parlato con Johanna vado da Gale. Mi manca. Quando lo vedo mi butto tra le sue braccia e lo bacio. Non mi chiede nulla di Peeta, non gli interessa sapere cosa ci siamo detti: sa che ho scelto lui e tanto gli basta. Ha un sorriso meraviglioso oggi. Lo aggiorno sul mio piano, almeno sulla parte che posso dirgli: addestrarmi per partire con lui. All'inizio è un po' contrariato perché non vorrebbe mi mettessi nei guai, ma mi capisce, sa che devo farlo e non si oppone, anzi si offre di aiutarmi nei nostri momenti liberi. La notte la passiamo insieme, a volte lui viene nella mia unità abitativa (me ne sono fatta assegnare una insieme a Johanna perché i medici non accettavano che andasse a vivere da sola) e dobbiamo sorbirci le battutine della ragazza, altre io vado da lui ma cerco di non dormire li da quando Posy mi ha chiesto se avrei sposato suo fratello. Piccola dolce Posy, come posso spiegarti che sto prendendo quel che posso prima di andare a morire? Nonostante tutto non mi sembra di comportarmi male nei confronti di Gale:non ci siamo mai promessi che sarebbe stato eterno e sospetto che lui abbia capito, almeno un po', i miei intenti. Mi conosce troppo bene per non sapere che sto architettando qualcosa! Io voglio vivere qui e ora, nel presente e fin quando potrò, non mi preoccupo del resto e sembra neanche lui. Magari pensa di potermi far cambiare idea, o anche lui sta ideando un piano per salvarmi. Non lo so e sinceramente non mi interessa. Sono più che decisa a onorare la promessa fatta al ragazzo del pane, o a quello che ne resta di lui. 

Il primo  mattino d'addestramento è terribile ma mai come il pomeriggio e la notte che mi aspetta: 24 punture d'ago nella cassa toracica mi infiammano la carne in una maniera che definirei oltre al doloroso. Gale non mi abbandona un attimo, tranne ovviamente quando è richiesto per altre mansioni e mi difende come può dagli insulti di Johanna. Ovviamente me li merito e quindi non dico nulla. Al mattino Johanna mi trascina all'addestramento e in qualche modo, spronata dalle sue sollecitazioni, ce la faccio. E' bello sapere di avere una nuova...alleata. Apprezzo molto che non parli mai a casa e non si perde in chiacchiere da “ragazze”: ogni cosa che dice ha un motivo, no parla mai a caso neanche quando mi insulta con le sue battutine. E' una ragazza molto intelligente così mi sorprendo quando, dopo aver visto le mie cose personali nel cassetto e avermi fatto un discorso sul fatto che siamo tutti cambiati, mi dice che dovrei essere più tollerante nei confronti di Peeta. Quella notte non riesco a dormire ripensando alle sue parole e il fatto che Gale non sia con me non mi aiuta. Cerco sempre di non pensare al vecchio ragazzo del pane ma nel buio, ogni volta che chiudo gli occhi, mi tornano in mente i suoi riccioli biondi che amavo accarezzare, la mascella dura, gli occhi azzurri che sembravano leggerti dentro e il sorriso sincero. Tutte queste visioni non fanno che accrescere il mio odio verso Snow. Mi calmo un poco solo quando, chiudendo le palpebre stanche, mi ritornano alla mente un altro paio di occhi, grigi, che sono sempre stati lo specchio dei miei. Penso al bacio che ci siamo dati al distretto 2, alle sue mani sui miei fianchi, alla sua bocca avida sulla mia pelle, alla mia che lo cercava, i suoi baci possessivi, lo sguardo carico di desiderio. Desiderio e amore. Ora sono sicura di quello che vidi in quegli occhi: non c'era più la rabbia dei primi baci, non aveva più motivo di esistere quella rabbia, io ero sua e lui era mia. La certezza di quelle parole mi colpì in pieno e con essa anche un'altra certezza, la risposta a una vecchia domanda: ero pronta e lo volevo. Sapevo già di essere nel suo cuore e nella sua mente ma ora volevo di più, avevo bisogno che fosse mio anche fisicamente. Questa nuova consapevolezza mi fece bruciare la pelle e, con questa nuova sicurezza, mi addormentai.

La mattina seguente sento davvero la necessità di trascorrere un po' di tempo col mio migliore amico. Lui, ovviamente, è più che contento di stare con me e iniziamo a parlare mentre ci dirigiamo verso la mensa. Li incontreremo Johanna, Finnick e Annie e Delly. Sono contenta di vedere che il mio amico, dopo il matrimonio, è completamente cambiato: ha una nuova luce negli occhi, un aspetto decisamente più forte e sano e non lascia mai la mano della sua amata. Deve essere bello amare una persona in quel modo, che lei ami te nella stessa maniera e essere così sicuri di quell'amore. Vederli insieme mi ricorda che una volta c'era un ragazzo che mi guardava con quegli occhi, forse. Un ragazzo che mi amava con tutto se stesso dall'età di 5 anni, un ragazzo che ora passa il suo tempo a insultarmi mentre la dolce Delly mi difende. Non mi piace ammetterlo ma mi sento debitrice nei suoi confronti.
 Durante il tragitto Gale prende la mia mano e inizia a parlare – Katniss – mi chiama – cosa ti succede? Eccolo, il momento che temevo. Lui sa o almeno sospetta i miei piani. Dovevo parlargli della mia vendetta personale? Dovevo spiegargli che lo volevo ma che la mia vita aveva una data di scadenza? Era arrivato il momento della verità? Sapevo con assoluta certezza che non potevo permettermi di perderlo, non ancora. Ero troppo egoista per allontanarlo da me. Cosi rispondo con una mezza verità: - Niente Gale, sono solo agitata. Sai, la faccenda di Peeta, Snow e l'addestramento mi hanno stressata molto.
Lui mi guarda per un tempo che sembra infinito e riesco quasi a leggere i suoi pensieri: sa che sto mentendo ma capisce che non posso o non sono ancora pronta a mostrargli le mie idee. Si blocca e scuote la testa, poi ride – Mi renderai mai partecipe di ciò che succede nel tuo cervello? Sei sempre stata una strana mocciosa. 
Questa sua frase spezza l'atmosfera tesa e riprendiamo a camminare per la mensa. 
Sto morendo di fame e lo stufato è talmente delizioso – manzo, patate, rape e cipolle immersi in un sugo denso – che devo costringermi a rallentare. Da una parte all’altra del refettorio si percepisce l’effetto ristoratore che può dare un buon pasto. Il modo in cui rende le persone più gentili, più allegre, più ottimiste, ricordando loro che continuare a vivere non è un errore. Un buon pasto è meglio di qualunque medicina. Così cerco di farmelo durare e di unirmi alla conversazione. Inzuppo il pane nel sugo e lo sbocconcello mentre ascolto Finnick raccontare la buffa storiella di una tartaruga di mare che aveva preso il largo con il suo cappello. Rido prima di accorgermi che lui è lì, proprio dall’altra parte del tavolo, dietro il posto vuoto accanto a Johanna. E mi osserva. Di punto in bianco, il pane con il sugo mi va di traverso e mi si ferma in gola. 
— Peeta! — esclama Delly. — È bello vederti… in giro. 
Due robusti sorveglianti sono in piedi alle sue spalle. Lui tiene il vassoio in modo goffo, in equilibrio sulla punta delle dita perché i suoi polsi sono ammanettati l’uno all’altro con una corta catena. 
— E quei braccialetti stravaganti? — chiede Johanna. 
— Non sono ancora del tutto affidabile — dice Peeta. — Non posso neppure sedermi qui senza il vostro permesso. — Indica i sorveglianti con la testa. 
— Ma certo che puoi sederti qui. Siamo vecchi amici — dice Johanna, dando un colpetto sullo spazio accanto a lei. I sorveglianti annuiscono e Peeta prende posto. — Le nostre celle erano una accanto all’altra, a Capitol City. Io conosco benissimo le sue urla e lui le mie. 
Lei conosce le sue urla. So già che anche queste parole non mi usciranno mai più dalla testa. E, anche se sembra impossibile, il mio odio per il presidente cresce. Mi ritrovo a pensare a Peeta che urla mentre lui lo tortura, Peeta che soffre, che mi chiama magari. E io non ci sono. Non c'era bisogno di nessun depistaggio forse, mi sarei odiata anche io.
Annie, che si trova dall’altro lato di Johanna, fa quella cosa di coprirsi le orecchie per distaccarsi dalla realtà. Finnick lancia a Johanna uno sguardo di rimprovero e mette il braccio intorno a Annie. 
— Che c’è? Il mio strizzacervelli dice che non dovrei censurare i miei pensieri. Fa parte della terapia — replica Johanna. 
L’animazione ha abbandonato la nostra piccola festa. Finnick mormora qualcosa a Annie finché lei non toglie pian piano le mani dalle orecchie. A quel punto, c’è un lungo silenzio, mentre tutti fanno finta di mangiare. 
— Annie — dice Delly con vivacità, — lo sapevi che è stato Peeta a decorare la vostra torta nuziale? Quando eravamo a casa, la sua famiglia gestiva la panetteria e lui faceva tutte le glassature. 
Annie guarda circospetta dall’altra parte di Johanna. — Grazie, Peeta. Era bellissima. 
— È stato un piacere, Annie — dice Peeta, e sento nella sua voce quell’antica nota di gentilezza che credevo scomparsa per sempre. Non che sia diretta a me. Però c’è ancora. 
— Se vogliamo trovare il tempo per quella passeggiata, sarà meglio che andiamo — dice Finnick, rivolto a Annie. Sistema entrambi i vassoi in modo da poterli portare con una mano mentre si tiene stretta la moglie con l’altra. — È stato bello vederti, Peeta. 
— Sii carino con lei, Finnick. O sarò tentato di portartela via. — Potrebbe essere una battuta, se il tono non fosse così gelido. Tutto ciò che esprime è sbagliato. L’aperta diffidenza nei confronti di Finnick, l’insinuazione che Peeta abbia messo gli occhi su Annie, che lei potrebbe abbandonare Finnick. Che io non esista neppure. 
— Ehi, Peeta — dice Finnick con leggerezza. — Non farmi rimpiangere di averti rimesso in moto il cuore. — Conduce via Annie dopo avermi lanciato un’occhiata preoccupata. 
Quando se ne sono andati, Delly gli dice, in tono di rimprovero: — Lui ti ha salvato la vita, Peeta. Più di una volta. 
— Per lei. — Accenna a me con un rapido movimento della testa. — Per l’insurrezione, non per me. Io non gli devo niente. 
Non dovrei abboccare, ma lo faccio. — Forse no. Però Mags è morta e tu sei ancora qui. Questo dovrebbe contare qualcosa. 
— Già, tante cose dovrebbero contare qualcosa, ma a quanto pare non contano affatto, Katniss. Ho alcuni ricordi che non riesco a capire, e non credo che Capitol City ci abbia messo mano. Molte notti sul treno, per esempio — dice. 
Ancora insinuazioni. Che sul treno ci sia stato qualcosa di più. Che quanto in realtà c’è stato (in quelle notti, se non sono impazzita, è solo perché lui mi teneva tra le braccia) non abbia più importanza. Tutta una menzogna, nient’altro che un modo per fargli del male. Vedo Gale irrigidirsi e so cosa sta pensando: io e Peeta di notte, da soli, nello stesso letto. Peeta che mi abbraccia e successivamente io che rifiuto Gale, che non voglio spingermi più in di qualche bacio con lui. Ma non c'era nulla di malizioso in quelle notti: certo, le sue braccia forti e muscolose erano intono a me notte dopo notte ma solo per proteggermi dai miei incubi. Ci stringevamo solo per permetterci qualche ora di sonno, per tenere lontano le grida, l'ansia, il terrore di ciò che la notte portava con se. E ora anche quei ricordi non ci sono più, sono contaminati, un'altra arma per ferirci. E fa male, eccome se fa male. Ed è ancora peggio mentre noto due occhi grigi che provano a scavarmi dentro, come a trovare ilo vero senso di quelle parole. Peeta si accorge della reazione di Gale e ci indica col cucchiaio, forse ricordandosi la nostra ultima conversazione — Allora voi due siete ufficialmente una coppia, adesso, o la tirano ancora in lungo con la storia degli innamorati sventurati? 
— La tirano ancora in lungo — dice Johanna. 
Una serie di spasmi fa sì che le mani di Peeta si chiudano a pugno per poi allargarsi in uno strano modo. Tutto qui quello che riesce a fare per tenerle lontane dal mio collo? Accanto a me, sento tendersi i muscoli di Gale, temo una lite. Ma Gale dice solo: — Non ci avrei creduto, se non l’avessi visto con i miei occhi. 
— Cosa? — chiede Peeta. 
— Te — risponde Gale. 
— Dovrai essere un tantino più preciso — dice Peeta. — Io cosa? 
— Intende dire che ti hanno sostituito con la versione malvagia di te stesso — spiega Johanna. Non avrei saputo spiegarlo meglio. Per mia fortuna Gale finisce il suo latte e viene in mio soccorso e usciamo. Io e Gale siamo quasi arrivati alla mia unità, quando lui torna a parlare. — Non me l’aspettavo. 
— Te l’avevo detto che mi odiava — dico. 
— È il modo in cui ti odia. Mi è tanto… familiare. Una volta mi sentivo così — confessa. — Quando ti guardavo in TV mentre lo baciavi. Solo che io sapevo di essere ingiusto. Lui non lo capisce. 
Raggiungiamo la mia porta. — Forse mi vede semplicemente per come sono in realtà. Devo dormire un po’. 
Gale mi prende per un braccio prima che io possa scomparire. — Allora è questo che pensi, adesso? — Scrollo le spalle. — Katniss, in qualità di tuo più vecchio amico, credimi quando dico che lui non ti vede per come sei in realtà. — Mi bacia, mi fissa e mi dice che dobbiamo parlare, seriamente.










Ragazze mi sono accorta che un sacco di voi hanno letto il capitolo 5 tralasciando il 4! L'altro giorno ho pubbliccato 2 capitoli, non uno! Detto questo, anche se non recensite, vedo che ci siete e mi fa piacere:) Se qualcosa non vi piace, però, non esitate a farmelo sapere! Comunque volevo informarvi che sto iniziando un'altra serie su una Katniss depistata e un Peeta in amore ahahha Anche se ho scritto di Gale qui in realtà io adoro il ragazzo del pane. A presto :D 

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Capitolo 7
*** Discorsi - parte 2 ***


Il mattino seguente, sotto lo sguardo accusatorio di Johanna, io e Gale andiamo nel bosco: sostituiamo l'orario di addestramento con la caccia, come ci aveva permesso la Coin, e, nonostante continuino ad arrivare scorte di carne dal 10, il 13 ha richiesto un po' di selvaggina fresca. Sono nervosa e tesa ripensando alle parole di ieri del mio amico “Dobbiamo parlare”. Certo, è arrivato il momento di un chiarimento, quello definitivo. Da un lato sono contenta perché io e Gale ci stiamo trascinando avanti questo discorso, ignorandolo, da davvero troppo tempo, ma dall'altro lato sono terrorizzata all'idea che lui poi potrebbe capire di meritare meglio di una “mentalmente instabile” come me e andarsene. Sicuramente non riuscirei a sopportarlo, sopratutto dopo aver capito che lo voglio davvero. Dopo aver abbandonato le cavigliere e posizionato le trappole ci addentriamo nel bosco, in silenzio, fino ad arrivare a una spiazzo tranquillo in mezzo agli alberi. Quando mi guarda, nei suoi occhi vedo la certezza che stasera tutto sarà diverso. Riuscirò a sopravvivere a questa giornata?

GALE POV
La guardo, fisso, e non riesco a non pensare, anche ora, che sia bellissima. Non c'è mai stata nessuno più bella di lei nei miei pensieri. Ho lo sguardo fiero ma allo stesso spaventato, mi incanto nel grigio dei suoi occhi e per un attimo tutto si spegne: non c'è più Peeta, strani discorsi su notti in un treno, la folle ( ma a questo punto forse non troppo) gelosia, la sensazione che lei stia progettando qualche idiozia, la guerra, i ribelli, Capitol City, per un attimo c'è solo lei e quegli occhi che ti fanno venire la voglia di tornare sempre da lei, a renderla felice, a baciarla, a stringerla, a parlarle, a guardarli. Ucciderei per avere quegli occhi sempre rivolti a me. Tiro un enorme sospiro per sgombrare la mente da quei pensieri, ho bisogno di essere lucido ora, ho bisogno di fare domande che non possono più attendere risposte. Con lo sguardo sempre incollato al suo le prendo un braccio, delicatamente, e la faccio sedere sul manto erboso, poi, dopo secondi, minuti, ore, inizio a parlare – Katniss, io ho bisogno di sapere... Non ce la faccio più così! Ho bisogno di risposte, di conferme, ho bisogno di chiarimenti e ho bisogno che tu sia assolutamente sincera con me. - continuo a guardarla per accertarmi che abbia capito e che mi stia ascoltando. Fa un piccolo cenno di assenso con la testa, quasi come se fosse timorosa delle parole che sto per pronunciare e io vado avanti - Dunque, partiamo dalla cosa più semplice. Cosa intendeva Peeta prima? Quando parlava delle notti sul treno e di ricordi che non riesce a spiegarsi.

KATNISS POV
Iniziamo dalla cosa più semplice, ha detto. E invece eccola li la bomba: vuole sapere di Peeta e il treno. Faccio un profondo respiro, imitando il suo di poco fa e mi preparo per rispondere. Non dovrei avere paura di questa domanda, non ho nulla da nascondere, non c'è stato niente di strano in quelle notti, niente di malizioso. Ma allora perché mi sento così? Come se stessi per rilevare un segreto...troppo intimo da condividere persino con Gale? Non ha senso. Devo parlare, subito o lo perderò per sempre. E sinceramente, dopo aver avuto la conferma, il giorno prima, che il mio ragazzo del pane è sparito per sempre, non posso permettermi di perdere anche il mio migliore amico. Che poi perché mi ostinavo a chiamarlo così? Non eravamo qualcosa di più, forse, ora? Non ne ero sicura, ero solo sicura che se non avessi parlato subito l'avrei perso e non sarebbe stato più nulla per me. Mi decido a rispondergli – Peeta vede cose che non ci sono Gale. - vado avanti a parlare, devo, perché posso chiaramente vedere il dubbio nel suo sguardo – Dopo gli Hunger Games nulla è stato più come prima, lo sai. Siamo tutti cambiati, lo hai visto anche tu. E mi hai sentito urlare per i miei incubi la notte, sai quanto ho sofferto prima che Peeta tornasse, come stavo male, il terrore che avevo sempre. Hey non per niente mi hanno messo un bel braccialettino con la scritta “mentalmente instabile”! - provo a scherzare ma lui non ride, è serio come al solito. Mi costringo a proseguire il mio discorso – Dal nostro ritorno dai giochi vedo sempre Rue la notte. Mi viene sempre a trovare nei miei incubi, mi accusa di non averla salvata come fanno gli altri: li vedo tutti Gale! Tutte le persone che ho ucciso o che sono morte per colpa mia! Ogni notte vengono a trovarmi e dall'inizio di questa ribellione se ne sono aggiunti altri...- ormai sono disperata, la voce rotto mentre grido - Peeta lo sapeva, anche lui aveva gli incubi, così la notte, durante il nostro Tour della Vittoria e dopo, quando ci hanno chiamati per l'edizione della memoria, lui passava le notti con me sul treno. - lo vedo irrigidirsi ma continuo, deve sapere tutto – mi tranquillizzava se mi svegliavo urlando e io ero li per lui. Solo questo Gale, davvero. Non c'è stato nient'altro: due persone che condividono lo stesso peso, che hanno le stesse paure e provano a farsi forza insieme. - e so che sono sincera mentre lo dico, anche se ho l'assurda sensazione di essere stata riduttiva. Gli ho detto la verità, non c'è bisogno che scenda nei dettagli, non devo per forza dirgli che quelle braccia mi hanno salvato la vita notte dopo notte. E' solo grazie a lui se non sono impazzita, ma a Gale non interessa questo e ormai non importa più, è stato tutto cancellato da Snow. E avevo scelto: volevo Gale e questa volta lo volevo davvero, mio, fino in fondo. Non gli volevo negare più nulla, poteva avere tutto da me, di me, il mio dolore, la mia sofferenza, la mia voglia, la mia forza, il mio amore. Tutto.

GALE POV
Solo questo? Solo questo?! Respira Gale, respira. Intendeva dire che non si sono spinti oltre qualche abbraccio, non hanno fatto quello che pensavi tu. Ma allora perché la sua risposta mi fa sentire peggio anziché meglio? Semplice, avrei voluto essere io a consolarla. Sarebbero dovute essere le mie braccia quelle che lei cercava nel cuore della notte, quando si svegliava terrorizzata, quando si sentiva persa e aveva bisogno di qualcuno. Invece era stato lui a tenerla al sicuro, di nuovo. Lo odiavo anche se sapevo di non aver nessun diritto, sopratutto dopo quello che gli aveva fatto Snow. Odiavo ancor di più la sensazione di non poter portargli rancore ma, in un certo senso, di dovergli essere riconoscente. Respira Gale. In fondo era me che odiavo: mi sarei dovuto offrire volontario ai 74° Hunger Games e proteggerla. Ovviamente so che non era una possibilità: la mia famiglia non sarebbe mai sopravvissuta senza la selvaggina e quello che ricavavo vendendola, dovevo pensare a loro e a Prim. Lo sapevo benissimo questo e sapevo anche che lei non avrebbe voluto, non me lo avrebbe perdonata. Queste erano tutte buone ragioni, razionalmente sapevo di aver agitato bene non offrendomi volontario ma non c'è razionalità nell'amore: mi sentivo in colpa, mi odiavo per non essere stato li a proteggerla. Era per quello che odiavo così tanto Peeta? Perché lui era riuscito a proteggerla mentre io non avevo potuto? Stupido, stupido Gale! Dovevo continuare a costringermi a respirare, dovevo stare calmo per lei. E volevo altre risposte. Era sicura di volere me? Non aveva qualche ripensamento riguardo a Mellark? E cosa stava architettando? Era palese che non volesse andare a Capitol solo per Snow! O forse sì, sicuramente voleva vendicarsi.. ma poi? Vedeva un futuro dopo la vendetta? Ne dubitavo. Stavo per farle altre domande quando la vidi. In quel momento aveva l'amore che le sgorgava dalle labbra, dagli occhi, da quelle sue guance rosse addirittura! E io non aspettavo altro, l'avevo aspettato per anni quello sguardo li, quegli occhi che sembravano volessero urlare l'amore, tutto l'amore del mondo in uno sguardo. Ma doveva stare attento con lei: aveva sofferto troppo quella ragazza, quella ragazzina...quella bambina. La vedeva ancora come la prima che si erano incontrati nei boschi. Rivedeva i suoi occhietti grigi, vispi, attenti a studiare il nodo della sua trappola. Le manine rosse, fredde, che cercavano di scoprirne il segreto. C'era stata un'altra volta, tempo prima, dove aveva visto quelle stesse mani nel Palazzo di Giustizia chiuse in un pugno, gli occhietti sofferenti dovuti a un dolore che ero lo specchio del suo, ma non si era fermato molto a osservarla. Ora quegli occhi lo fissavano senza dolore o paura, erano solo colmi di amore e tenerezza, di speranza e decisione e di voglia e di urgenza. Urgenza di lui. Un brivido lo percorse. Valeva la pena morire per uno sguardo così. Non avrebbe potuto essere più felice di così: lei era sicura, aveva scelto lui. Gli faceva male il cuore da tanto batteva, lo poteva sentire battere forte nel petto grazie anche al silenzio assoluto che si era creato. Lui sapeva cosa stava per succedere e, anche se era già successo con molte altre ragazze, non l'aveva mai sentito così giusto, perfetto, non l'aveva mai voluto così tanto. Era lei a rendere il momento perfetto. 






Ragazze vi lascio sul più bello, alla prossima hahhha:)

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Capitolo 8
*** L'Amore ***


KATNISS POV

Sapevo cosa stava per succedere e mi scoprii piacevolmente sorpresa nel desiderarlo così tanto. Sarei morta da li a poco, probabilmente, ma prima lo volevo. Sopratutto ora che ero consapevole di amarlo. Gale si avvicinò per baciarmi e mi strinsi a lui, bisognosa, le sue labbra indugiarono sulle mie, lievi, tracciandone il contorno e ci perdemmo in un bacio tanto dolce quanto passionale. Eravamo calmi, facevamo le cose con lentezza, senza fretta: il mondo poteva aspettarci per una volta, in fondo dopo tutto il male che ci aveva fatto, ce lo doveva. Mi fece sdraiare sull'erba spingendomi giù dolcemente, si appoggiò a me attento a non pesarmi e tornò a sfiorarmi le labbra: prima ne delimitò il contorno con le labbra e poi, quando il mio desiderio era troppo e non riuscii più ad aspettare, le nostre lingue si incontrarono in una danza erotica che fece vibrare entrambi. Ah, com'era bello! Se la mia mente non fosse stata così impegnata a godersi quelle sensazioni, probabilmente mi sarei pentita di essere stata così insicura da non capire che appartenevo a Gale. Ora però non c'era tempo di pensare a quello, non con lui che faceva scorrere le sue mani sul mio corpo, riempiendolo di brividi di eccitazione: si vedeva chiaramente che stava adorando ogni mio curva, ogni lembo delle mia pelle che sembrava bruciare, ogni punto che le sue mani accarezzavano. Io non riuscivo a trattenere i gemiti e sapevo che avrei dovuto vergognarmene ma in fondo non mi importava di nulla che non fosse la sua bocca su di me, le sue mani calde e grandi che mi toccavano. Lo volevo così tanto e sentivo come se tutto il calore del mio corpo si fosse concentrato da qualche parte in mezzo alle mie gambe. Provavo inoltre una strana sensazione di umido che aumentò notevolmente quando Gale mi tolse la maglietta e il reggiseno e si fermò a osservarmi per un eterno minuto. Io provai a coprirmi ma lui mi disse di non farlo, che così ero bellissima. Quelle furono le ultime parole che ci scambiammo. Le sue labbra tornarono sul mio collo e scesero tracciando un percorso immaginario fino al mio ombelico, poi risalirono sui seni tondi e sodi. Quando mi prese un capezzolo in bocca e cominciò a giocarci sentii un verso roco e profondo uscire dalla mia bocca e lo strinsi ancora di più a me. Continuammo a svestirci lenti e quando fummo entrambi nudi non provai più vergogna, ma solo desiderio: lo volevo. Era bello Gale, aveva il viso in adorazione, gli occhi che catturavano ogni l'immagine del mio corpo, la mascella con un accenno di barba era rilassata e i suoi occhi trasmettevano amore, le spalle erano larghe e forti, sembravano volerti promettere sicurezza, un rifugio in cui stare, i muscoli del petto erano ben sviluppati così come quelli delle gambe. Al centro di quel corpo perfetto si erigeva il suo membro che sembrava quasi chiamarmi a se, e io, spinta da non so che tipo di istinto primordiale, lo presi fra le mie mani e cominciai ad accarezzarlo. Lui sospirò, un sospiro di piacere e io continuai fino a quando non mi fece smettere. Misi il broncio e lui rise, divertito. La risata di Gale era qualcosa di meraviglioso, non mi sarei stancata mai di ascoltarla. Baciò tutto il mio corpo e i suoi baci lenti mi lasciarono una scia di fuoco sulla pelle, non faceva male, anzi, era piacevole: quei baci pieni di tenerezza e voglia e amore mi entrarono sotto la pelle arrivandomi fino alle ossa. Gale stava guarendo tutto il mio dolore con quei baci. Le sue mani si chiusero sui miei seni e dopo averli massaggiati per un po' scesero dove ero più calda. Mi sentivo bagnata e quando le sue dita entrarono in me sentii delle scosse di godimento percorrermi l'intero corpo.

GALE POV

Katniss fremeva sotto le mie carezze, la sentivo stretta e calda sotto alle mie dita e rischiavo seriamente di perdere il controllo. Avrei voluto farla mia subito ma dovevo avere pazienza e essere dolce con lei: era un po' nevosa, impacciata e timida nei movimenti ma allo stesso tempo faceva tutto con una forte passione e un'estrema dolcezza. La amavo ogni secondo di più. Mi chinai di nuovo su di lei per prendermi un bacio da quelle labbra meravigliose e la sentii respirare sempre più forte, stava per venire. Volevo farle provare tutto, volevo che stesse bene e si sentisse al sicuro, volevo che, ripensandoci fra 20, 40 anni, ricordasse soltanto l'amore che avevo per lei e il piacere che le avevo fatto provare. L'avrei condotta al piacere estremo e poi l'avrei fatta mia, non sarei riuscito ad aspettare un secondo di più.

KATNISS POV

Sentii una strana sensazione crescermi dentro, era piacevole, qualcosa che non avevo mai provato e poi ci fu come un'esplosione dentro di me: partì da dove si stavano muovendo le sue dita e si diffuse nello stomaco, nelle braccia, nelle gambe, sul viso, mi fece inarcare la schiena e tremare. Wow. Ero tutta sudata e delle strane scosse mi percorrevano ancora il corpo, avevo il respiro irregolare e mi fischiava la testa, non avevo mai provato sensazioni simili prima: mi era piaciuto tantissimo. Non c'erano parole per descrivere come mi sentivo. Era questo che mi stavo perdendo? Aprii gli occhi e vidi Gale che mi fissava, sorridendo. Era bello da togliere il fiato e io volevo di più così lo tirai a me, lui, dopo aver indossato un profilattico (sì, sapevo cos'era, non ero completamente rincoglionita), puntò la sua asta contro il mio centro caldo ed mi entrò dentro. All'inizio provai una forte sensazione di fastidio e un lieve dolore, lui rimase fermo per darmi il tempo di abituarmi alla sua presenza e poi iniziò a muoversi lentamente dentro di me.

GALE POV

L'amai lentamente stando attento a non farle male. Katniss era meravigliosa, si muoveva lentamente contro di me rispondendo ai miei movimenti, i suoi fianchi morbidi incontravano i miei donandoci un piacere enorme che aumentò quando allacciò le sue gambe dietro alla mia schiena. Lei venne ancora e io la seguii poco dopo. Mi accascia contro il suo petto caldo, non mi interessava che fosse sudata, mi piaceva di più: quelle goccioline testimoniavano l'amore che ci eravamo donati. Eravamo entrambi stanchi ma soddisfatti e io non potevo essere più felice: ero stato la sua prima volta ed ero intenzionato a rimanere l'ultima. Lei era mia e nessuno me l'avrebbe portata via, nessuno. Né il ragazzo del pane, né Capitol, né la guerra e nemmeno lei e lo stupido piano che stava architettando. La amavo e l'avrei protetta sempre da tutti, anche da sé stessa.

KATNISS POV

Lo amavo. Non c'era certezza più grande di questa ormai per me, io ero sua e lui era mio. Lo era sempre stato e per sempre lo sarebbe rimasto. Da una parte questa nuova consapevolezza rendeva più difficile affrontare il mio imminente futuro ma dall'altra mi faceva sentire più forte: aver condiviso quel tipo di esperienza con l'uomo che amava mi faceva sentire pronta a morire, quando sarebbe stato il mio momento non avrei avuto rimpianti. Per ora, però, mi godevo l'uomo meraviglioso che era sdraiato nudo al mio fianco.

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