The little brother who wasn't a child

di Evee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Summary ***
Capitolo 2: *** The masterplan ***
Capitolo 3: *** I can see a liar ***
Capitolo 4: *** She's electric ***
Capitolo 5: *** Don't go away ***
Capitolo 6: *** Wonderwall ***
Capitolo 7: *** Acquiesce ***
Capitolo 8: *** Stop crying your heart out ***
Capitolo 9: *** Cum on feel the noize ***
Capitolo 10: *** Little by little ***



Capitolo 1
*** Summary ***


Summary

 

The masterplan

~ prequel di “The White Lady who lost her soul”

 

I can see a liar

~ missing moments relativi ai capitoli II, IV e IX di “The White Lady who lost her soul”

 

She's electric

~ missing moments relativi ai capitoli I e II di “The Man who loved her light too much”

 

Don't go away

~ missing moments relativi ai capitoli III e IV di “The Man who loved her light too much”

 

Wonderwall

~ missing moments relativi ai capitoli VI, VIII e IX di “The Man who loved her light too much”

 

Acquiesce

~ missing moments relativi al capitolo IX di “The Man who loved her light too much” e I di “The Star-Crossed Lovers who lived two times”

 

Stop crying your heart out

~ missing moments relativi ai capitoli IV, V e VII di “The Star-Crossed Lovers who lived two times”

 

Cum on feel the noize

~ missing moments relativi ai capitoli VIII e X di “The Star-Crossed Lovers who lived two times”

 

Little by little

~ postquel di “The Star-Crossed Lovers who lived two times”

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Capitolo 2
*** The masterplan ***


Evee's corner

 

H^o^la!!!

Ordunque, come anticipato eccomi qui con la raccolta di missing moments che avevo promesso. Questa volta, però, assisteremo alla vicenda dal punto di vista del piccolo Mokuba, cui per ragioni di tempi narrativi non ho potuto dare molto spazio nella saga principale. Eppure, il suo è un ruolo che non si può trascurare: non solo perché è il personaggio che più è legato a Seto e meglio riesce a comprenderlo, ma perché è inevitabile che l'imminente comparsa di Kisara comporti l'instaurarsi di un rapporto per così dire “famigliare” tra tutti e tre. Se Seto non è per lui un semplice fratello ma quasi un padre, ne deriva che la donna al suo fianco finirà per diventare rispettivamente una specie di sorella/madre. Inoltre, il fatto che la mia storia sia ambientata più di un anno dopo la fine della serie mi permette di mostrare un Mokuba ancora giovane ma più maturo, ingiustamente incompreso benché, spesso, capisca molte più cose lui di tutte le persone che ha attorno. Dopotutto, è un ragazzino con già l'intelligenza acuta di un adulto ma ancora con gli occhi ingenui di un bambino...

Quanto alla storia, ho scelto come abitudine di accompagnarla con il ritornello di alcune canzoni, questa volta degli Oasis, che daranno il titolo ai vari capitoli. Questi, invece, a differenza della saga principale non avranno una lunghezza costante e li pubblicherò un po' arrandom, man mano che li scrivo e raggiungo i punti della narrazione da colmare.

Sul primo capitolo, vi anticipo che rappresenta in realtà una specie di prequel di “The White Lady who lost her soul”, e che oltre ad un Seto in stato confusionale post viaggio lungo la sua memory lane appariranno anche un paio di guest star a noi ben note... Ma non dico altro, e vi lascio alla lettura.

Grazie mille di essere venuti a curiosare anche qui, non sapete quanto vi voglio bene!

XOXO

- Evee

 

The little brother

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who wasn't a child

 

I - The masterplan

 

{And then dance if you wanna dance
Please brother, take a chance
You know they're gonna go
Which way they wanna go
All we know is that we don't know
How it's gonna be
Please brother, let it be
Life on the other hand won't let us understand
We're all part of the masterplan
}

 

Mokuba era seriamente preoccupato.

Da quando era ritornato dal suo cosiddetto “dannato viaggio infernale” in Egitto, suo fratello non era più lo stesso... e non in senso positivo. All'inizio aveva sperato che quell'esperienza fosse riuscita a far breccia nel muro che si era eretto attorno, ad avvicinarlo a Yugi e al suo gruppo da considerarli, se non degli amici, quantomeno delle persone degne di essere frequentate nel suo tempo libero... Ma non avrebbe potuto sbagliarsi di più. Al contrario, Seto aveva iniziato ad isolarsi da tutto e da tutti, completamente assorbito dal lavoro. Ormai non era più la sua attività principale, era diventata la sola ed unica cosa cui si dedicava durante la giornata, che si trovasse alla Kaiba Corporation o a casa. Anzi, spesso continuava a lavorare anche di notte, poiché non solo in svariate occasioni Mokuba era andato a dormire accorgendosi della luce ancora accesa e del ticchettio costante sulla tastiera provenienti dal suo studio, ma più di una volta la mattina l'aveva visto uscire con gli occhi affaticati da quella stanza anziché dalla sua camera. E per quanto cercasse di ricordare a Seto che aveva bisogno di riposare, ogni consiglio veniva ripetutamente ignorato nella sua ferma convinzione che tutto ciò di cui necessitasse era una tazza di caffè, perché non aveva proprio tempo di dormire con tutte le questioni di cui doveva occuparsi in quel periodo.

Ma, per quanto suo fratello lo stesse trattando come tale, lui non era affatto uno stupido.

Sapeva perfettamente che le sue non erano altro che delle patetiche scuse. Seto era sempre stato più che in grado di gestire la Kaiba Corporation con la massima efficienza ed organizzazione, in modo da mantenere tutto sotto controllo, poter fronteggiare qualunque imprevisto ed evitare di accumulare faccende in arretrato. Se era già capitato che comunque continuasse a lavorare anche a casa, era solo per sua libera scelta, perché in fondo gli piaceva starsene al computer per programmare e migliorare i propri software.

Tuttavia, sembrava che neanche quello fosse più in grado di stimolarlo. Anzi, era sempre nervoso quando la mattina presto si recava alla KC ed era ancora più stressato quando rientrava la sera. D'altronde Mokuba era ben consapevole che non si può trovare piacevole, e tantomeno amare, ciò che viene vissuta come una costrizione... Perché, chiaramente, era lui stesso ad imporsi quel regime massacrante. Quale ne fosse la ragione, non ci mise molto ad intuirla: se si concentrava tanto sul lavoro era per tenere la mente impegnata, per impedirle di soffermarsi su quei pensieri in cui si perdeva quando ascoltava distrattamente quello che gli raccontava a cena, o che rendevano il suo sguardo così tremendamente malinconico quando credeva di essere da solo. E, anche se non gliene parlava mai, Mokuba era più che convinto che la causa della sua inquietudine fosse ciò cui aveva assistito nel Mondo della Memoria del Faraone. Ma era normale, supponeva: chiunque sarebbe rimasto turbato da una simile esperienza... Per cui era comprensibile che Seto avesse bisogno di un po' di tempo per metabolizzare un passato che aveva sempre rinnegato con fermezza ma che, suo malgrado, era stato infine costretto ad accettare e riconoscere, con se stesso prima che con gli altri. Nei suoi panni, Mokuba si sarebbe quantomeno chiesto quanto della sua vita fosse stata effettivamente il frutto delle sue scelte e non già decisa dal destino. E, soprattutto, quanto della sua identità fosse appartenuta per davvero a lui anziché all'anima che aveva scelto di reincarnarsi nel suo corpo... Però se c'era qualcuno al mondo dotato di sufficiente carattere per poter superare senza troppi problemi simili insicurezze, quello era proprio suo fratello, per cui confidava che dovesse solo trovare il modo di razionalizzare quanto scoperto senza per questo metter anche in discussione i fondamenti della fisica quantistica.

Tuttavia, le sue speranze erano state mal riposte, perché più tempo passava e più la situazione pareva degenerare.

Dunque, si decise che doveva fare qualcosa al riguardo. D'altronde, Seto aveva sempre fatto di tutto per renderlo felice per cui, ora che era lui ad aver bisogno di sostegno, era giunto il momento che i ruoli si invertissero... Il problema era trovare il modo giusto per aiutarlo. Anche se negli ultimi anni il loro rapporto era nettamente migliorato, restava il fatto che suo fratello non era per niente il tipo di persona caratterialmente incline alle confidenze, specialmente quelle afferenti alla propria sfera emotiva. Perché, per quanto non controllasse più le loro vite, Gozaburo Kaiba aveva così influenzato quella di Seto che ancora reputava riconoscere i propri sentimenti al pari di un'ammissione di debolezza. Per cui, indurlo a parlarne sarebbe stato solo controproducente: l'avrebbe di certo irritato e probabilmente spinto a rinchiudersi ancora di più in se stesso. Ma anche se non poteva essergli di conforto, questo non gli impediva di provare a risollevargli il morale in altro modo... Però non era sufficiente che si mostrasse allegro e facesse qualche battuta, per riuscire a strappargli un sorriso. Non uno vero, almeno. Per quello, non bastava una distrazione qualsiasi, ma aveva bisogno di qualcosa capace di prenderlo per davvero, di appassionarlo anima e corpo...

Aveva bisogno di tornare a duellare.

 

*

 

-Ho avuto un'idea.-

Il suo annuncio fu abbastanza improvviso ed entusiasta da riuscire a catturare subito l'attenzione di suo fratello, seduto a cenare dall'altro lato del tavolo.

-A che proposito?- gli domandò, inarcando un sopracciglio con fare perplesso.

-Battle City.- gli rivelò, con un sorriso accattivante -Potresti indire il torneo anche per quest'anno.-

Lui però lo freddò subito con un'occhiataccia gelida.

-Non vedo perché dovrei farlo. L'unica ragione per cui l'avevo organizzato era per vincere le carte delle Divinità Egizie come ben sai, e al momento non ce ne sono altre che mi interessa avere.-

-Ma al di là di quello è stato divertente, no?- insistette Mokuba, tirando fuori il suo miglior fare incoraggiante -Insomma, hanno partecipato tutti i duellanti più forti al mondo! Sono sicuro che riusciresti a trovare qualche avversario al tuo livello... Quantomeno, potresti sfidare ancora Yugi. Senza contare poi tutta la pubblicità e i guadagni che offrirebbe alla Kaiba Corp...-

Concluso il discorso che si era preparato, tacque in attesa della reazione di suo fratello. Gli era sembrato di essere stato piuttosto persuasivo e, sapendo bene quanto spesso tendesse a farsi influenzare più dall'orgoglio che dal buon senso, aveva puntato soprattutto sulla sua vecchia rivalità con Yugi. Dopotutto anche senza il Faraone aveva dimostrato di essere un duellante degno di essere considerato il “Re dei Giochi” e, benché Seto avesse rinunciato a prendergli le carte delle Divinità Egizie, non poteva credere che non gli interessasse più riottenere quel titolo.

Lui lo scrutò per un po' pensoso, per poi tornare a dedicarsi al suo filetto di manzo.

-Ci penserò.- gli comunicò, ponendo fine alla discussione.

Non era molto, ma sempre meglio di un rifiuto secco. Anzi, il solo fatto che Seto avesse seriamente deciso di prendere in considerazione un consiglio altrui poteva già considerarsi una vittoria.

Sorrise soddisfatto.

 

*

 

La sua proposta venne infine approvata.

D'altronde, era ovvio che Seto desiderasse riprendere a duellare. Gli serviva soltanto l'occasione per farlo, dato che era troppo orgoglioso per accontentarsi di partite amichevoli e per iscriversi a tornei che non reputava alla sua altezza. Senza considerare che non avrebbe potuto nemmeno addurre la scusa di non potersi permettere distrazioni dai suoi impegni, perché anzi Battle City rappresentava il pretesto ideale per conciliare il Magic and Wizards con il suo lavoro. Ed infatti l'idea gli era così irresistibile che, ancor prima di aver dato l'annuncio ufficiale del torneo, aveva già iniziato a pensare a quali modifiche apportare al suo deck per poterle testare con ampio anticipo al simulatore virtuale. Appena lo venne a sapere, Mokuba ne fu oltremodo entusiasta ed insistette perché gli permettesse di assistere ai suoi allenamenti, nonostante le sue iniziali rimostranze. Ma aveva sempre fatto il tifo per lui, per cui non voleva assolutamente perdersi nessuno dei suoi duelli. Inoltre gli piaceva guardarlo giocare, tenergli compagnia, condividere con lui qualcosa. E soprattutto gli piaceva rivedere sul suo volto l'espressione felice e spensierata che, altrimenti, poteva scorgere solo nei suoi ricordi o nella loro foto di quand'erano ancora bambini.

Ma, proprio per questo, si accorse subito che c'era qualcosa che non andava.

Cioè, Seto duellava in maniera magnifica, con la medesima passione e le stesse strategie impeccabili di un tempo ma... solo finché non evocava il Blue-Eyes White Dragon. Non appena il suo mostro preferito compariva sul terreno, il sorriso sulle sue labbra si spegneva, impallidiva e per il turbamento faticava visibilmente a mantenere la concentrazione sul gioco. Ed anche una volta terminato il duello, il suo sguardo continuava ad essere inquieto, per ragioni che Mokuba davvero non riusciva a comprendere. Tutto ciò che sapeva era che per quello i suoi allenamenti iniziarono a farsi sempre meno frequenti, come se per lui duellare stesse lentamente diventando addirittura sgradevole.

Ed il suo sconcerto aumentò ancora di più quando, un giorno, lo vide perdere un duello pur di non evocare il Blue-Eyes White Dragon.

Al che, non riuscì più a trattenersi e lo raggiunse fin dentro all'arena, in cerca di spiegazioni.

-Seto!- lo chiamò, preoccupato -Che ti è preso? Avevi la vittoria in pugno... Perché non hai giocato il Blue-Eyes?!?-

Suo fratello gli rivolse un'occhiata distratta, distante. Non sembrava neanche essersi accorto di aver appena perso...

-Lo so.- mormorò -Ma non ho più intenzione di utilizzare quella carta.-

Il ragazzino sbarrò gli occhi, allibito.

-Non puoi dire sul serio.-

-Non scherzerei mai al riguardo, lo sai.- replicò duramente -Comunque ormai mi sono deciso, e non voglio discuterne oltre.-

Ok, ora Mokuba era ufficialmente spaventato. Non gli sembrava di riconoscerla nemmeno, la persona che aveva davanti... Perché suo fratello non si sarebbe mai, mai separato da quella carta. Quella che gli aveva disegnato quando era piccolo, che gli aveva fatto amare il Magic and Wizards, che era andato a cercare fin in capo al mondo, che l'aveva accompagnato fedelmente in così tante sfide. Quella carta che era tutto il suo orgoglio...

Che era diventata parte di lui.

-Ma Seto... Non puoi duellare senza il Blue-Eyes!- provò a protestare.

Lui però fuggì al suo sguardo, abbassò il capo e con lentezza sofferta si sfilò il Duel Disk dal braccio.

-Infatti non lo farò.- disse allora, la voce intrisa di amarezza -Ho chiuso per sempre con i duelli.-

 

*

 

Doveva chiedere aiuto a qualcuno.

E, dato che c'era una sola persona di cui Mokuba sapeva di potersi fidare ciecamente e a cui rivolgersi per quella questione, senza ulteriori indugi andò quel giorno stesso fino al “Turtle Game” per parlarne con Yugi Muto. Fu fortunato, perché come spinse la porta del negozio trovò subito il suo amico intento a chiacchierare al bancone con il nonno e Jonouchi. Al suo ingresso, i tre si voltarono nella sua direzione e, come lo riconobbero, lo accolsero con un'espressione allegra e lo salutarono calorosamente.

-Mokuba!- esclamò Yugi -Ciao! Che sorpresa!-

-Ehi, è un po' che non ci si becca in giro...- fece invece Jonouchi, con un ampio sorriso -Come te la passi?-

-Io bene, grazie.- rispose loro con cortesia, per poi andare dritto al punto -E' mio fratello a preoccuparmi.-

Yugi inarcò le sopracciglia con fare perplesso, mentre Jonouchi gli tirò una gomitata accompagnata da un'occhiataccia.

-Ha! Visto, Yugi? Te l'avevo detto, che Kaiba stava tramando qualcosa di losco con questa storia di Battle City...- gli rinfacciò con aria significativa.

Mokuba non riuscì a trattenere un sorriso divertito.

-Veramente, l'idea è stata mia.- gli rivelò, smorzando tutto il suo compiacimento -Speravo fosse la volta buona perché ritornasse a duellare ma... Mi sbagliavo. Non vuole più farlo.-

L'espressione di Yugi si fece ancora più allibita, ma di nuovo Jonouchi lo precedette con fare infervorato.

-Come?!?- sbottò, agitando un pugno per aria -Deve partecipare! Sono secoli che aspetto di prendermi la mia rivincita, col cavolo che questa volta mi sfugge!-

-No, Jono... Non hai capito.- gli disse rammaricato, scuotendo la testa -Non vuole duellare mai più.-

All'improvviso, nel negozio calò un silenzio funereo.

-Che... Stai scherzando?!?- balbettò Yugi, incredulo -Perché mai?-

-Cos'è, adesso si crede troppo superiore per abbassarsi a duellare con noi?- ringhiò invece Jonouchi, livido in volto.

Beh, quanto a tecnica suo fratello era oggettivamente insuperabile e comunque non aveva mai considerato il suo amico nemmeno un vero duellante ma... era meglio tenersi per sé queste considerazioni, se voleva che quella conversazione si mantenesse su un tono civile.

-Speravo poteste dirmela voi, la ragione.- disse loro, ben più accomodante -Tutto quello che sono riuscito a sapere da lui è che non vuole più giocare il Blue-Eyes White Dragon. So che sembra assurdo, ma le ultime volte che l'ha evocato... Dopo non era più in sé. Anzi, è da quando siete tornati dell'Egitto che è strano. Per cui ne deduco che le due cose siano collegate... Sbaglio?-

I due amici però non risposero, e si scambiarono un'occhiata inquieta.

-Dici che è per lei?- fece Yugi, titubante.

-Credo di sì.- rispose Jonouchi, grattandosi la nuca -Anche se rimango dell'idea che non sia del tutto umano, sembra proprio che persino Kaiba abbia un cuore...-

Mokuba sbatté ripetutamente le palpebre, non riuscendo a seguire il loro discorso.

-Scusate, ma... Non capisco. Di chi state parlando?-

Jonouchi fece una smorfia imbarazzata.

-Beh, dentro ai ricordi del Faraone c'era questa ragazza, per cui pare che in passato tuo fratello avesse un debole... E, in effetti, non era niente male...-

Questa volta fu Yugi, a tirargli una gomitata.

-Jono!- lo richiamò, con aria di rimprovero.

-Che c'è? Ho solo fatto un innocuo apprezzamento!- borbottò quello, risentito.

-Non credo che Mai sarebbe dello stesso avviso.- ribatté Yugi, guardandolo storto.

I due continuarono a bisticciare per un po', ma Mokuba aveva smesso di seguirli da un pezzo: tutti i suoi pensieri erano rimasti indietro a quella rivelazione shockante. Insomma, proprio non riusciva ad immaginare il suo algido e imperturbabile fratello capace di provare qualcosa per una donna, neanche in una vita precedente... Tantomeno dei sentimenti così forti da poterlo influenzare anche in quella presente.

-Insomma, volete farmi credere che Seto si è innamorato di lei...?- domandò loro con scetticismo.

Yugi si passò una mano tra i capelli, scompigliandoseli meditabondo.

-Di questo non ne ho idea, però... Avevano di certo un legame, perché quella ragazza aveva in sé il Ka del Blue-Eyes White Dragon. Non so di preciso cosa le sia successo, ma temo che quella che le è spettata non sia stata una sorte felice, visto che poi il Blue-Eyes è diventato lo spirito di tuo fratello. Per cui presumo che, dopo averne scoperte le origini, Seto ne sia rimasto un po' sconvolto... Conoscendolo, direi che si sente in debito con lei. Forse addirittura in colpa, ad utilizzare la sua anima...- rifletté, per poi rivolgersi al suo amico -Tu cosa ne pensi, Jono?-

-Penso che cercare di psicanalizzare Seto Kaiba sia una perdita di tempo.- replicò torvo.

Yugi alzò gli occhi al cielo, sospirando sconsolato.

-Mi spiace, Mokuba.- fece allora, mortificato -Non credo di esserti stato molto d'aiuto...-

Lui però abbozzò un sorriso riconoscente. Certo, aveva ancora parecchie perplessità riguardo quella storia e continuava a non comprendere quale fosse il senso del comportamento di suo fratello, ma almeno ora ne conosceva la causa, più o meno.

-Oh no, ti sbagli. Senza di te, non sarei mai venuto a sapere nulla di tutto questo...- lo rassicurò -Anzi, potrei chiederti un altro favore?-

Il suo amico annuì, disponibile come sempre.

-Sì, certo.-

Mokuba allora trasse un bel respiro, consapevole che la sua non era una richiesta facile da esaudire.

-Ecco... Proveresti a parlarne con Seto?-

Come prevedibile, il sorriso scomparve all'istante dal volto di Yugi, che impallidì spaventato.

-Non penso sia una buona idea...- ritrattò subito con ritrosia.

-Ti prego, Yugi... Tu sei l'unico a cui potrebbe dar retta.- lo implorò con il suo miglior tono supplichevole -Cerca di farlo ragionare, almeno. Anche se si è convinto che per lui è la cosa migliore, non voglio che rinunci così al Magic and Wizards... E so che non lo vuoi nemmeno tu.-

Allora lui abbassò il capo, mordendosi le labbra dall'incertezza. Poi, però, sospirò con rassegnazione, come aveva sperato mettendo da parte i suoi timori per fare la cosa giusta.

-E va bene, ci proverò.-

 

*

 

Il benvenuto non fu dei migliori.

-Che diavolo ci fate voi qui?!?- sbottò Seto non appena entrò nel salone, guardando torvo i loro ospiti.

Yugi deglutì, improvvisamente senza voce, mentre Jonouchi non fece una piega e rimase comodamente stravaccato sulla poltrona di suo fratello. Mokuba aveva cercato di fargli presente che non l'avrebbe presa bene, ma lui se n'era abbastanza infischiato. Anzi, iniziava a dubitare che la sua presenza potesse servire a qualcosa che non fosse per suo fratello anche motivo di irritazione...

Ed infatti Seto lo squadrò con tutta l'aria di volerlo trucidare a mani nude.

-Ci ha invitati Mokuba.- gli annunciò quindi Jonouchi in tono di sfida.

-Mi pare ovvio, dato che io di certo non l'ho fatto. Non voglio animali per casa, specialmente se si tratta di te.- ringhiò suo fratello.

Jonouchi strinse i denti, risentito.

-Yugi, ricordami per quale ragione siamo qui, prima che gli tiri un pugno in faccia.-

-Sì, Yugi, è proprio quello che vorrei sapere anch'io. E ti conviene dirlo in fretta, prima che perda la pazienza e decida di chiamare la sicurezza.- gli intimò Seto, già fremente di rabbia.

Il tono con cui gli si rivolse riuscì simultaneamente a far sbiancare ed avvampare il volto del suo amico. Mokuba lo scrutò con un'occhiata ansiosa, pregando che non si lasciasse prendere dal panico.

-Il fatto è che... Io... Cioè, noi, volevamo dirti che...- iniziò a balbettare in maniera convulsa -Non puoi smettere di duellare, ecco.-

Al che suo fratello serrò la mascella, gelandolo con uno sguardo che fece rabbrividire anche Mokuba.

-Puoi risparmiare il fiato, allora. Non cambierò idea, qualunque cosa possiate dire.-

-Oh, avanti Kaiba!- lo esortò Jonouchi, cercando di sdrammatizzare -Non ti pare un po' eccessivo?-

-Katsuya, non ti permettere di giudicare le scelte altrui, se non ne conosci neanche le ragioni.- sibilò lui tagliente.

Il suo amico però non si fece spaventare, ed anzi ne sostenne spavaldo lo sguardo.

-Spiegacele, allora.-

-Non devo spiegarvi proprio un bel niente, invece.- ribatté Seto -Per quel che mi riguarda, potete anche andarvene.-

E Jonouchi probabilmente non se lo sarebbe fatto ripetere, se infine Yugi non avesse trovato il coraggio di intervenire.

-E' per via di quella ragazza, non è vero?- gli domandò con serietà.

Suo fratello allora si voltò verso di lui, con un'espressione che di rado Mokuba gli aveva visto. Tanto che iniziò a temere seriamente di non aver avuto affatto una buona idea ad invitare i suoi amici. Cioè, sapeva già che a provocarlo su quell'argomento si sarebbe di certo innervosito ma... non si aspettava davvero che si potesse infuriare in quel modo.

-Fuori di qui.- ordinò ai loro due amici, livido in volto.

Yugi però non si mosse di un solo centimetro, colto da un'improvvisa, ferma e piuttosto incosciente determinazione.

-Kaiba...- iniziò a dirgli, il tono pacato -Ascolta, posso capire come ti senti...-

-Non farlo.- lo interruppe subito Seto, la voce pericolosamente alterata -Non osare compatirmi, perché non puoi neanche lontanamente immaginare come mi sento!-

-Sì, invece.- insistette Yugi -Posso, perché anch'io ho scoperto che la carta del mio Black Magician conserva l'anima di una persona cui ero legato in passato, e che si è sacrificata per me...-

La voce a quel punto gli si affievolì, densa di malinconia, al punto che anche Mokuba si intristì alle sue parole. Tuttavia, sul suo assai meno empatico fratello ebbero un effetto completamente opposto.

-Ah sì?- fece allora suo fratello in tono minaccioso, avvicinandosi a lui fino a sovrastarlo -E dimmi, Yugi: anche tu hai conosciuto questa persona? Anche tu ricordi quello che provavi per lei? Anche tu l'hai vista sacrificare la sua vita per salvare la tua? Anche tu la rivedi morire tra le tue braccia, quando evochi la sua carta in duello?-

Mokuba lo fissò attonito, inorridito da quella rivelazione e spaventato dal modo disperato con cui aveva gridato ogni singola parola in faccia a Yugi, il quale ne era stato così travolto da aver smesso di respirare. E quando Seto tacque, sfidandolo a replicare, tutto ciò che riuscì a fare fu abbassare il capo, avvilito.

-Come immaginavo.- commentò allora con disprezzo.

Detto questo, non si curò nemmeno di chieder loro per un'ultima volta di andarsene. Fu lui a farlo, abbandonandoli in quel salone assieme ai loro sensi di colpa. Mokuba, almeno, ne fu sommerso: sentì di essersi reso non un semplice complice, ma l'artefice di un torto imperdonabile, per aver costretto suo fratello a fare quelle ammissioni dolorose. Finalmente era venuto a conoscenza del vero motivo del malessere che l'affliggeva, ma a che pro, se sanarlo era fuori non solo dalla sua portata, ma dalla portata di chiunque? Tutto ciò che Seto poteva fare era conviverci... Anche se era una convivenza difficile, infelice. Quando invece Mokuba desiderava così tanto, per lui, che potesse aver fine.

Che, un giorno, gli venisse concesso di trovare la sua soluzione.

 

[e allora balla se vuoi ballare
per favore fratello, corri un rischio

lo sai che loro se ne andranno
ovunque vorranno andare
tutto ciò che sappiamo è che noi non sappiamo
come sarà
per favore fratello, lascia stare
d'altra parte la vita non ci consentirà di comprendere

che facciamo tutti parte del disegno]

 

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Capitolo 3
*** I can see a liar ***


II - I can see a liar

 

{I can see a liar, sitting by the fire
Trouble in his heart, laughing at the thought
Coming as he goes into overdose
I wonder what he thinks of me
}

 

Cattive notizie in arrivo.

Ormai Mokuba aveva imparato a riconoscerne per tempo tutti i presagi. Le prime avvisaglie si potevano scorgere già nel momento stesso in cui suo fratello rientrava a casa, se anche dalla sua stanza riusciva ad udirlo sbattere con nervosismo la porta d'ingresso e rispondere malamente all'accoglienza del loro personale. Tuttavia, questa sola circostanza poteva rappresentare un semplice falso allarme, perché accadeva sempre più spesso che Seto tornasse a casa visibilmente stressato e di cattivo umore.

Comunque, in via precauzionale Mokuba si metteva sempre all'erta, pronto a captare gli eventuali segnali successivi.

Uno di questi era il modo con cui Seto saliva al piano superiore, dopo essersi liberato nell'atrio del cappotto ed aver abbandonato nello studio la ventiquattrore. Se camminava lentamente e lo sentiva rivolgergli un saluto indolente mentre svoltava a destra per dirigersi verso la propria camera a cambiarsi e farsi una doccia, voleva dire che il pericolo era rientrato e poteva tirare un sospiro di sollievo. Se invece tutto ciò che avvertiva era il suo passo risalire rapido le scale e, anziché affievolirsi, avvicinarsi pericolosamente nella sua direzione, era meglio non farsi trovare impreparati a quell'arrivo imminente. Nel caso di specie, Mokuba si affrettò a nascondere sotto al cuscino il manga che stava leggendo e a sostituirlo con il primo libro di scuola su cui le sue mani riuscirono a posarsi. E lo fece appena in tempo perché, nell'istante stesso in cui aprì il manuale di storia contemporanea ad una pagina a caso, suo fratello piegò con decisione la maniglia della porta per entrare. Senza neanche chiedergli prima il permesso.

Brutto, bruttissimo segno.

Le volte che faceva così erano sempre per aggredirlo con una ramanzina, al punto che istintivamente si irrigidì e non poté fare a meno di chiedersi cosa di recente avesse combinato che potesse aver attirato su di sé la sua disapprovazione. E, anche se non gli venne in mente nulla di simile o, meglio, nulla che potesse avere ancora scoperto, l'espressione mortalmente seria che Seto aveva dipinta in volto riuscì comunque ad indurlo a deglutire con fare colpevole.

-Ciao!- lo salutò, con un sorriso fintamente ingenuo -Tutto bene?-

Lui lo ricambiò con sguardo ancora più cupo.

-Per niente.- ringhiò -Qualcuno ha deciso di tendermi un agguato davanti alla KC.-

Il libro che aveva tra le mani venne richiuso con un botto, privato all'istante anche di quel poco, simulato interesse che aveva finto per esso.

-Che cosa?!?- esclamò, attonito.

-Non ti agitare, come puoi vedere sono ancora vivo e vegeto.- sbuffò con sufficienza -Non è successo nulla di grave.-

Mokuba inarcò un sopracciglio, fortemente scettico al riguardo.

-Da come sono conciati i tuoi vestiti non si direbbe.- osservò neanche troppo acuto, notando che il suo completo bianco era visibilmente annerito su un lato e strappato all'altezza del ginocchio.

-Tutto merito della brillante idea di Isono di avvisarmi del pericolo gettandomi a terra.- commentò suo fratello scocciato -Comunque, grazie a lui e a Fuguta mi sono appena fatto un graffio.-

Ma, nonostante stesse cercando di minimizzare l'accaduto, Mokuba non poté fare a meno di incupirsi.

-E loro come stanno?-

-Bene... Più o meno. Hanno ricoverato Fuguta al Pronto Soccorso, ma non è stato ferito gravemente... Per cui lo dimetteranno presto, suppongo.-

Mokuba allora lo guardò indispettito. Al solito, Seto gli stava nascondendo com'erano andate per davvero le cose, nella sua convinzione che non fosse ancora abbastanza grande per poterne reggere il peso e sufficientemente intelligente per intuirlo lo stesso. E, al solito, lo costringeva a scucirgli la verità a forza di domande.

-In che senso ferito?- gli chiese pressante -Gli hanno sparato?-

L'espressione di Seto si indurì, esasperandolo con quel suo atteggiamento di chiusura.

-Sì, ma non è questo il punto.- rispose evasivo -Il punto è che qualcuno mi ha preso di mira, e dubito che la polizia riesca anche solo a scoprire di chi si tratta prima che si cimenti in un secondo tentativo.-

Sì, in effetti quello poteva essere un problema... Anzi, lo era di certo se era riuscito a preoccupare suo fratello. Anche se, a suo avviso, forse avrebbe fatto meglio a preoccuparsi di più prima, di non farsi troppi nemici. Seto non aveva paura di nessuno, ma può diventare difficile difendersi se non si sa nemmeno chi e perché ti sta attaccando.

-Ma neanche tu hai idea di chi si possa trattare?- provò a chiedergli.

Seto socchiuse gli occhi, e gli sfuggì un sospiro.

-Ho qualche sospetto, ma nulla di concreto.- ammise a malincuore -Non abbastanza per prevedere quando e come tornerà all'attacco, per cui per un po' dovrai prestare attenzione anche tu. Non dare confidenza agli sconosciuti, e cerca di evitare i posti affollati. E le strade deserte. Anzi, vedi di uscire di casa il meno possibile, per favore... In ogni caso non da solo, e assolutamente non senza avermi avvisato prima. Intesi?-

A quella paternale, Mokuba strinse le labbra, risentito. Odiava, odiava quando Seto lo trattava come un moccioso. Non era un'idiota, sapeva benissimo anche da solo come doveva comportarsi in simili situazioni... Che poi, non era nemmeno così diverso da com'era costretto a fare normalmente: Seto gli aveva già interdetto uscite durante la settimana che non fossero per motivi di studio, ed anche nel week-end gli imponeva dei coprifuoco semplicemente ridicoli. Per non dire imbarazzanti di fronte ai suoi amici. Ci mancava soltanto che iniziasse a pretendere che gli chiedesse pure il permesso per andare a scuola, e poteva dire ufficialmente addio a qualsivoglia tipo di vita sociale.

-Sì, giuro solennemente che non accetterò caramelle dagli sconosciuti.- commentò sarcastico.

Suo fratello però non apprezzò il suo senso dell'umorismo e lo gelò con un'occhiataccia.

-Mokuba, guarda che non sto affatto scherzando!- lo rimproverò -Stai attento, ok? Non voglio che se la prendano anche con te.-

Oh, certo, perché lui invece si divertiva così tanto a farsi rapire da tutti quelli che lo volevano ricattare! Che nervi... E poi, se quello a cui puntava la persona che l'aveva assalito era ucciderlo, tra i due era sicuramente lui ad essere più in pericolo. Benché, come al solito, lo sottovalutasse e si preoccupasse di tutto fuorché di se stesso.

-Stai attento tu, piuttosto.- gli ingiunse serio -Tendi ad essere un po' imprudente, quando ti puntano un'arma addosso.-

A quell'obiezione, Seto inarcò un sopracciglio indispettito.

-Non divento imprudente.- ci tenne a puntualizzare -Divento incazzato.-

 

*

 

La fine del mondo era vicina.

Quella mattina, quando era uscito dalla sua stanza per scendere a fare colazione prima di andare a scuola, aveva incrociato nel corridoio suo fratello. Ancora in vestaglia, quando a quell'ora di solito era già uscito di casa da un bel pezzo. E dato che Seto non arrivava mai, ma proprio mai in ritardo al lavoro, la sola spiegazione per cui non ci fosse ancora andato era che quel giorno non intendeva farlo.

Il che era ancora più impossibile.

-Che succede?- gli chiese, allarmato dall'aria sconvolta che aveva dipinta in viso.

Lui, però, evitò il suo sguardo con fare elusivo.

-Proprio nulla.- si affrettò a negare.

Il ragazzino allora si puntò le mani ai fianchi, squadrandolo con fare inquisitorio.

-Non dirmi balle.- lo rimbeccò risentito -Come mai sei ancora qui?-

-Non mi sento abbastanza bene oggi, per andare alla Kaiba Corp.- gli rivelò allora, stropicciandosi occhi in effetti parecchio stanchi.

Ma Mokuba si insospettì ancora di più. Suo fratello aveva una salute di ferro, e anche le rare volte che si ammalava prendeva un'aspirina e si recava comunque in ufficio, sia che avesse il raffreddore o 40 di febbre.

-Perché? Cos'hai?- gli domandò pressante.

Seto roteò gli occhi, sbuffando esasperato.

-Senti, ho già dovuto elencare tutti i miei sintomi a quell'idiota che abbiamo per dottore, e non ho proprio voglia di ripetermi.- sbottò.

A quelle parole, il ragazzino venne persuaso a ricredersi. Se aveva chiamato un medico, allora doveva star male per davvero, non stava facendo una pantomima... Ma, d'altronde, non l'aveva mai visto con un'aria così pallida e sofferta. Inoltre, dalle sue occhiaie deduceva che aveva trascorso un'altra notte in bianco. Forse aveva solo bisogno di dormire un po', prima che il troppo stress gli provocasse un esaurimento nervoso...

Sempre che non gliene fosse già venuto uno.

-Ok, però cerca di riposarti allora.- si raccomandò, preoccupato per lui -Non hai per niente una bella cera.-

-Sì, certo...- borbottò con sufficienza.

Tuttavia, anziché ritornare in camera sua, lo superò e andò a rinchiudersi nel suo studio. Mokuba ne fissò la porta, accigliato. O suo fratello era un vero imbecille a voler sempre fare di testa sua, o era convinto di poterlo trattare come tale prendendolo per i fondelli. Comunque, quella era l'ultima volta che gli teneva nascosto qualcosa.

Alla prima occasione, avrebbe provveduto a piazzare in giro qualche cimice.

 

*

 

“Che diavolo...?!?”

Mokuba fissò a bocca aperta quello che fino a quella mattina era l'atrio di casa sua, ma che in quel momento sembrava il luogo dov'era appena stato girato un episodio di CSI più truculento del normale. Quando il suo autista era andato a prenderlo a scuola aveva già provveduto a preavvisarlo dell'accaduto e tranquillizzarlo sollecito sulle sorti di suo fratello, e sin già dal fatto che al cancello era stato accolto da un paio di volanti della polizia anziché dai soliti sorveglianti aveva intuito che la questione non era stata ancora del tutto risolta ma... Nessuno l'aveva preparato a quel macello.

Al suo ingresso, i poliziotti ancora presenti gli rivolsero un'occhiata distratta, gli intimarono di tenersi alla larga e di non toccare nulla finché non avessero ultimato i rilievi, per poi ritornare alle loro precedenti occupazioni. Dato che per terra erano rimaste solo quattro sagome numerate, si aspettava che non si trattenessero lì ancora per molto. Stavano solo scattando delle fotografie in giro, catalogando le differenze che erano riusciti a trovare rispetto all'immagine di quel posto prima dell'accaduto.

A Mokuba, era bastato darsi un'occhiata attorno per individuarle tutte con prontezza.

Nonostante le chiazze di sangue rappreso e mescolato al candore un tempo immacolato del pavimento, la prima cosa che aveva notato era l'assenza del proprio riflesso al grande specchio abituato ad accoglierlo esattamente dal lato opposto dell'atrio, di cui rimanevano solo la cornice dorata ed innumerevoli frammenti ai suoi piedi. Altri proiettili si erano impegnati ad infrangere una collezione di vasi cinesi che tanto lui aveva sempre trovato orripilanti, mentre uno aveva rovinato irrimediabilmente un dipinto olandese del '600 cui invece era molto affezionato. Comunque, altri fori aperti in più punti sulle pareti suggerivano già dove si sarebbero potuti appendere dei nuovi quadri in sua sostituzione.

Ridacchiò tra sé immaginandosi l'espressione che nello scoprire quella scena dovevano aver assunto le cameriere superstiti, che sapeva essere già frementi di ripristinare l'originario ordine armate di aspirapolvere, detergente e della loro maniacale fissazione per la pulizia. Pertanto rimase ancora un po' a godersi gli ultimi atti di quello spettacolo più unico che raro, immortalandolo per bene nella propria memoria.

Anzi, fu quasi tentato di chiedere all'agente più vicino se poteva scattargli una foto ricordo.

Poi però la sua attenzione venne catturata dal familiare scroscio della ghiaia lungo il viale d'accesso, ad annunciare con ampio preavviso che suo fratello era finalmente di ritorno. Senza neanche rimettersi il giubbotto, corse ansioso all'esterno per andargli incontro, ogni preoccupazione per lui subito sostituita dalla curiosità di scoprire cosa gli fosse successo. Specialmente quando lo vide uscire dalla limousine esausto, stropicciato e imbrattato di sangue.

-Per fortuna che oggi dovevi startene a riposo.- gli rinfacciò con un sogghigno.

Al che Seto gli rivolse uno sguardo d'intesa.

-Infatti non ho lavorato un solo istante.- ribatté malizioso -Ho avuto ben altro a cui pensare, come avrai visto.-

Mokuba allora sospirò, scuotendo la testa.

-Sì... Ma cavolo, perché mi perdo sempre tutto il divertimento?!?-

 

*

 

Ancora la solita, vecchia storia.

Seto non gli aveva affatto detto la verità sull'accaduto. L'aveva intuito dal modo elusivo con cui rispondeva alle sue domande al riguardo, l'aveva sospettato per l'incoerenza delle spiegazioni fornite ma, soprattutto, l'aveva percepito dall'aria inquieta che aveva mantenuto nei giorni successivi. Come se avesse lasciato una qualche questione irrisolta di cui attendeva di doversi occupare da un momento all'altro, o come se quella vicenda gli avesse lasciato dei brutti ricordi di cui non riusciva a liberarsi...

E si convinse di quest'ultima supposizione quando, la sera successiva, lo beccò nel salone con in mano un bicchiere di quello che, dal colore, poteva anche passare come acqua... ma che, dall'odore, sapeva inequivocabilmente della stessa persistenza alcolica della Vodka conservata dentro al mobiletto in cui erano ancora stipati vari liquori, caduti in disuso dalla morte del loro padre adottivo. Circostanza che non poté fare a meno di sconcertarlo, visto che a suo fratello non era mai piaciuto bere, figuriamoci qualcosa con il sapore intollerabile che lui stesso aveva sperimentato tempo prima, quando l'aveva assaggiato di nascosto. Ma che, come ebbe modo di accorgersi nei giorni successivi monitorandone il livello nella bottiglia, lui si continuava a versare con preoccupante sistematicità. Dunque, dopo tre giorni, Mokuba decise per il suo bene che alla prima occasione ne avrebbe svuotato il contenuto residuo nel lavandino, prima che potesse finirlo e trasformarne il consumo in un'abitudine. O, peggio, in una dipendenza.

Ancora non poteva immaginare che ci avrebbe pensato Seto stesso a farlo, la mattina seguente.

 

[riesco a vedere un bugiardo, seduto accanto al fuoco
pena nel suo cuore, ridendo al pensiero
in arrivo mentre entra in overdose
mi chiedo che cosa pensa di me]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Oook, in questo capitolo veniamo ufficialmente ai missing moments veri e propri. Con questi quattro ho coperto tutto l'arco narrativo di “White Lady”, rispettivamente del secondo, quarto ed ultimo capitolo. Spero abbiate gradito questo piccolo tuffo nel passato! E finalmente la vicenda da narrare mi ha permesso di mantenere i toni leggeri... Beh, a parte alla fine dove era decisamente impossibile. Ma per il resto spero sia stato approvato lo scorcio che vi ho offerto sui fratelli Kaiba tra le loro mura domestiche. Ho sempre pensato Mokuba come un vero discolo e Seto come un gran rompipalle... LOL.

Comunque, come avrete capito la prossima volta arriveremo al tanto atteso (?) primo incontro tra il nostro fratellino e Kisara... Ma puntavo a pubblicarlo tra una settimana, per mettermi prima al pari con “The Man who loved etc”. So, stay tuned!

XOXO

- Evee

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Capitolo 4
*** She's electric ***


III - She's electric

 

{And I want you to know
I've got my mind made up now
But I need more time
And I want you to say
Do you know what I'm saying?
But I need more...
'Cause I'll be you and you'll be me
There's lots and lots for us to see
There's lots and lots for us to do
She is electric, can I be electric too?
}

 

Finalmente domenica.

Ovvero, il suo giorno della settimana preferito. E non solo perché non doveva andare a scuola, o poteva dormire più del solito. Anzi, si alzava comunque presto, per approfittare il più possibile dell'unica giornata in cui suo fratello rimaneva con lui a casa. Certo, Seto avrebbe comunque trascorso mattina e pomeriggio davanti al computer, però gli permetteva di rimanere in sua compagnia mentre lavorava. Ed anche se gli rompeva le scatole perché non prendesse in mano nessun manga o videogioco fino a quando non avesse finito di studiare, il ragazzino faceva persino i compiti volentieri, seduto alla sua scrivania. Chiaramente non poteva ascoltare la musica come faceva nella propria camera, ma gli sembrava ancora più rilassante il ticchettio delle mani di suo fratello sulla tastiera, e gli era estremamente facile concentrarsi senza distrazioni attorno, immerso nel silenzio denso di riflessione in cui veniva accolto. Inoltre, quando non gli veniva un esercizio, Seto trovava sempre il tempo per aiutarlo e spiegargli dove aveva sbagliato. E Mokuba doveva ammettere che, nonostante fosse decisamente bravo nelle materie scientifiche, non ci metteva mai troppo impegno quando sapeva di poter contare su di lui, tanto che a volte veniva rimproverato per il suo vizio di fargli domande a suo stesso avviso davvero idiote. Però suo fratello gli rispondeva comunque, perché sotto sotto lo rilassava farlo se in quel momento il suo pc non stava facendo come voleva lui, e comunque si divertiva a risolvere ad occhi chiusi i calcoli che gli sottoponeva, sfoggiando tutta la sua padronanza della materia. Se poi era particolarmente di buon umore, dopo lo coinvolgeva persino in quello che stava facendo, mostrandogli fiero i progressi fatti, iniziandolo al linguaggio che usava nella programmazione o chiedendogli un parere sui videogame che gli permetteva di testare per primo. Dunque, per Mokuba la domenica era un giorno persino più atteso del Natale.

Ma proprio non si era aspettato la sorpresa che quella mattina avrebbe trovato al suo risveglio.

Quando entrò nella sala da pranzo per fare colazione, ad attenderlo al tavolo non c'erano soltanto il suo latte caldo e i suoi cereali al cioccolato. A capotavola, suo fratello era ancora seduto con indolenza a leggere un giornale, benché fosse un'attività che normalmente non lo impegnava più dei cinque minuti necessari a bere il suo caffè e, comunque, ben prima che lui potesse anche solo alzarsi dal letto.

Ma quella stranezza passò subito in secondo piano, nello scoprire che non era da solo: al suo fianco, sedeva una persona che era certo di non aver mai visto prima.

E, fatto ancora più sconcertante, si trattava di una ragazza.

Una bellissima ragazza che stava facendo colazione a casa sua.

Assieme a Seto.

Si paralizzò sulla soglia, disorientato. Per un attimo quasi si sentì lui, l'estraneo ad aver turbato la quiete famigliare. Perché suo fratello appariva perfettamente a suo agio con quella sconosciuta, come se fosse ovvio che si trovasse lì, in quel momento. Ma, forse, non si era neanche accorto della sua presenza... Era una ragazza dalla pelle così chiara da sembrare impalpabile, addirittura evanescente, se non fosse stato per i suoi lunghi capelli argentati che catturavano immediatamente lo sguardo. Parevano quasi brillare di luce propria, anziché per il riflesso di quella circostante... Come se si trattasse di una creatura magica, appena apparsa nella sala. E, dopotutto, considerava più probabile aver scoperto di poter vedere gli spiriti, piuttosto che quella fosse una ragazza in carne ed ossa che suo fratello aveva invitato per... non voleva nemmeno immaginarlo, per fare cosa. Perché, se le aveva offerto la colazione, significava che avevano trascorso la notte insieme...

No, andiamo, questo era decisamente impossibile.

Anche nell'ipotesi che Seto la sera precedente avesse bevuto al punto da perdere il lume della ragione, recarsi in un locale e trovarsi una ragazza da portarsi a letto, non le avrebbe mai permesso di fermarsi a dormire... Forse. D'altronde, non poteva aspettarsi di giungere a conclusioni logiche, se tratte sulla base di premesse così assurde. Ma proprio perché assurde, magari era lui che stava lavorando troppo di fantasia. Quella ragazza poteva benissimo essere appena arrivata, e...

Un momento, era la sua vecchia felpa, quella che aveva addosso?!?

Ma come la riconobbe, anche l'usurpatrice si accorse di lui e si voltò a guardarlo, la bocca socchiusa a metà di un biscotto e gli occhi puntati dritti nei suoi.

Gli occhi più blu che avesse mai visto.

E allora gli balenò in mente un'idea folle, ma anche l'unica che potesse avere un senso.

Era lei.

La ragazza di cui Yugi e Jonouchi gli avevano raccontato. Quella con lo spirito del Blue-Eyes White Dragon, che suo fratello aveva conosciuto nell'Antico Egitto... Doveva essere lei, quegli occhi erano troppo blu per essere solo una coincidenza!

Quegli occhi che, si rese conto, lo stavano fissando da tempo ormai indefinito, nell'evidente attesa che lui dicesse qualcosa.

“Oh cavolo.”

-Sa... Salve.- si affrettò a balbettare, avvampando dall'imbarazzo.

-Ciao...?- rispose allora lei, con fare ancora più incerto del suo.

Al che Seto parve finalmente rendersi conto del suo arrivo, alzò lo sguardo dal giornale e si voltò verso di lui.

-Ah, Mokuba.- lo riconobbe, nella più assoluta tranquillità -Ti presento la signorina Aibara. Da domani presterà servizio alla KC...-

-Oh.- esclamò il ragazzino, sorpreso.

Ma prima ancora che potesse piegare il capo per salutarla in maniera più decorosa, suo fratello proseguì con indifferenza, noncurante dei preamboli.

-E dato che al momento non ha un posto dove stare, sarà nostra ospite per i prossimi giorni.-

Mokuba rimase letteralmente a bocca aperta. Aveva capito bene? Loro ospite?!? Erano passati anni dall'ultima volta che Seto aveva invitato a casa loro delle persone, ma solo perché le conosceva bene... e aveva intenzione di ucciderle. Ora, invece, voleva ospitare qualcuno al solo scopo di fargli un favore? Anche se fosse stato infettato da un'improvvisa generosità, non sarebbe stato più ragionevole offrirsi di pagarle una stanza in albergo? E il fatto che nel caso di specie fosse una sua dipendente non mutava i termini della questione. Non esisteva che Seto trattasse con simile confidenza un subordinato, lui che ci teneva così tanto a rimarcare continuamente con chiunque quale fosse il rispettivo posto... Ai suoi piedi o, per i più sfortunati, sotto. Neanche Isono, che lavorava per loro da così tanti anni da potersi considerare ormai uno di famiglia, faceva eccezione, per cui non si capacitava del perché fosse diverso con quella giovane appena conosciuta.

Ma, come si stava convincendo sempre di più, Seto non l'aveva appena conosciuta. Si conoscevano da tempo, non era forse così? Anzi, se la sua intuizione era esatta, era sempre stata insieme a loro, sin da quando erano piccoli...

Però lei non gli diede il tempo di elaborare appieno quella notizia, perché gli si rivolse ben intenzionata a metter subito in chiaro la questione.

-Sì, ma mi fermerò solo per poco.- fece con ritrosia, scuotendo la testa -Il tempo di trovare un appartamento dove trasferirmi. Non voglio arrecarvi fastidio...-

Al che suo fratello le scoccò un'occhiata di rimprovero.

-Ti ho già detto che non è un problema.-

Lei si morse un labbro, contrariata.

-Si, ma...-

-Ma non è un problema.- scandì perentorio suo fratello.

Il ragazzino assistette a quel battibecco con gli occhi sgranati, sempre più sbalordito. Cioè, non solo Seto le stava dando del tu, ma stava facendo suonare la sua offerta più come un'imposizione che un invito... Dunque, non le stava semplicemente permettendo di stare a casa loro. Voleva che rimanesse lì, assieme a lui.

Ok, era ufficiale: era proprio lei.

-Neanche per me.- la rassicurò a sua volta, con sincero entusiasmo -Anzi, si fermi pure quanto vuole, signorina Aibara!-

-Beh... Ti ringrazio.- mormorò lei, scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi -Chiamami pure Keira, comunque.-

-Ok, Keira!- assentì allegramente -Per qualunque cosa, conta pure su di me.-

Lei ricambiò con un lieve sorriso, a fronte del quale Mokuba non poté fare a meno di arrossire. E non certo per timidezza... Ma perché gli parve ancora più incredibilmente stupenda. Persino più di quanto si fosse mai immaginato, benché avesse sempre sospettato che non poteva essere una ragazza qualsiasi se era riuscita a far perdere la testa a suo fratello... sentimentalmente nel passato quanto letteralmente nel presente.

-Come vuoi... A proposito, credo che questa sia tua.- gli disse lei a disagio, indicando la sua felpa a righe.

-Sì, lo credo anch'io.- riconobbe divertito.

-Gliel'ho data io, Mokuba.- chiarì subito Seto -Spero non ti dispiaccia, ma non aveva niente con cui cambiarsi e con qualunque cosa di mio provasse appariva a dir poco imbarazzante.-

Come, non aveva altri vestiti con sé? Da dove si era appena trasferita, dall'Antico Egitto?!?

-No, affatto... Tanto non la mettevo più.- disse a Keira per tranquillizzarla, pur riflettendo che su di lei stava così bene che gli era quasi tornata la voglia di indossarla ancora, anche se era diventata decisamente fuori moda -Anzi, se hai bisogno ti posso prestare altri vestiti...-

-Cielo, no.- sbottò Seto, fulminandola prima ancora che lei potesse anche solo prendere in considerazione quell'offerta -Vatti a comprare qualcosa al più presto, non puoi andare in giro travestita da mio fratello!-

Keira sbatté le palpebre, interdetta.

-Sì, certo...- fece accondiscendente -Ci andrò oggi stesso, tranquillo.-

-Se vuoi posso accompagnarti io, dato che sei appena arrivata in città.- si propose Mokuba, cogliendo la palla al balzo.

-Oh, no.- declinò subito lei, scuotendo la testa -Non c'è bisogno che ti disturbi tanto.-

-Ma va, tanto non ho nulla da fare! E' un piacere!- insistette con un ampio sorriso -Anzi, poi ti porto anche a fare un giro turistico della casa, così non rischi di perderti...-

Lei gli sorrise di nuovo, e ancora Mokuba si sentì avvampare. Tuttavia, anche se continuava a farlo sentire un po' in soggezione, non aveva potuto farsi sfuggire quell'occasione. Anzi, era ben deciso a metter da parte ogni ritrosia ed approfittare del tempo che avrebbero trascorso insieme per scoprire qualcosa di più su quella ragazza. Ad esempio, quando, dove, come e perché avesse incontrato suo fratello, dato che aveva il forte sospetto fosse proprio lei, la causa delle sue recenti stranezze. Insomma, non poteva esser saltata fuori dal nulla! E comunque valeva la pena di conoscere meglio una persona che non solo si sarebbe fermata a casa sua per alcuni giorni, ma che confidava avrebbe continuato a frequentarla anche in futuro...

-Se poi trovassi anche un po' di tempo per studiare, non sarebbe male.- sentì allora borbottare la voce di suo fratello, da dietro le pagine del giornale.

Mokuba lo guardò torvo.

-Agli ordini.-

Lui però ignorò il suo sarcasmo con stoica fermezza, così al ragazzino non rimase che sedersi per iniziare la colazione, sospirando rassegnato. Anche Keira allora abbassò lo sguardo e ritornò ai suoi biscotti, in estremo silenzio. Tuttavia, una volta versato il latte e riempita la tazza fino a farla strabordare di corn flakes, non gli riuscì di trattenere la propria curiosità e volle parlarle di nuovo.

-Scusami, Keira... Ma non ho ancora capito di cosa ti occuperai alla KC. Sei la nuova segretaria di mio fratello?- provò ad indovinare, tra una cucchiaiata e l'altra.

Lei allora lo guardò con fare malizioso.

-A dire il vero, sarei la sua nuova guardia del corpo.-

Il suo latte coi cereali gli andò inevitabilmente di traverso.

 

*

 

Keira era fantastica.

Non solo era incredibilmente bella, ma sapeva anche utilizzare le armi alla perfezione ed era cintura nera di Jujistu! Cioè: wow. Non si sarebbe affatto stupito se, un giorno, gli avesse rivelato di avere pure dei superpoteri...

Tipo volare o poter attaccare con il Burst Stream, giusto per fare un paio di esempi a caso.

Anche se forse lei avrebbe preferito qualcosa di meno appariscente, come l'invisibilità. Benché non fosse affatto timida, era così schiva e riservata che persino Mokuba, il quale si era sempre reputato bravo a relazionarsi con le altre persone, faticava a farla parlare per più di qualche secondo. Soprattutto quando le faceva delle domande che la riguardavano direttamente. Il che, però, finiva soltanto per sollecitare ancor di più la sua curiosità per quella ragazza così strana e misteriosa.

Anche se il vero mistero era capire cosa ci fosse per davvero tra lei e suo fratello.

Anzi, si era messo a studiare il comportamento di Seto con Keira come se stesse girando su di lui un documentario per Discovery Channel. Perché se al lavoro la trattava con lo stesso rigore che utilizzava con qualunque altro dipendente, preferiva sempre la sua compagnia quando gli serviva qualcuno al seguito, fregandosene delle rimostranze di Fuguta. Ed anche se nemmeno quando tornavano a casa e lei si toglieva la divisa smetteva di impartirle degli ordini, era sempre per mascherare una gentilezza e costringerla a fare o accettare qualcosa che, altrimenti, non si sarebbe mai permessa di compiere o chiedere di sua spontanea iniziativa. Anche se era solo dopo strenue ed esilaranti battaglie di testardaggine, che suo fratello riusciva ad avere la meglio. In realtà, Mokuba aveva tutta l'impressione che Keira finisse per dargliela vinta solo per non contrariarlo troppo e fare un piacere più a lui, che a se stessa. In quello, però, sentiva di poterla comprendere alla perfezione. D'altronde bastava uno sguardo ai suoi occhi blu per capire che anche lei nutriva un profondo rispetto, se non una vera e propria venerazione, per suo fratello. Anzi, ci teneva così tanto a compiacerlo da tirar fuori con lui una pazienza davvero incredibile, e direttamente proporzionale all'intolleranza che invece Seto aveva nei suoi confronti, neanche la considerasse una specie di gatto randagio che aveva raccolto per strada ma che non riusciva ad addomesticare a dovere... A volte aveva dei modi così irritanti che era un vero mistero come facesse quella ragazza a trattenersi dal mandarlo al diavolo. Al punto che spesso Mokuba finiva per intromettersi nei loro discorsi per prenderne le difese, benché il suo intervento servisse per lo più solo a far innervosire ulteriormente suo fratello. Ma lo esasperava troppo che Keira fosse disposta a subire ogni sua vessazione pur di non uscire dalle sue grazie, quando invece lui sembrava far apposta a trattarla male pur di dissimulare l'interesse che aveva per lei.

A dispetto di tutto il suo quoziente intellettivo, in quello Seto era davvero uno stupido.

Forse non si rendeva bene conto di quanto fosse fortunato ad aver trovato quella ragazza. O forse ne era consapevole, ma si era così convinto che ormai gli appartenesse da darla per scontato. Ma benché Mokuba avesse capito chi era per davvero e sapesse che era in effetti destinata a lui, trovava sconcertante che non facesse assolutamente nulla per assicurarla a sé, che si accontentasse di quell'assurdo rapporto anziché di una relazione come si deve. Tanto che ormai gli era sorto il forte timore che Seto non solo non avesse il coraggio di mettersi in gioco, manifestare i propri sentimenti e legarsi emotivamente a qualcuno, ma che proprio non avesse la più pallida idea di come si dovesse fare. Ma forse era lui che chiedeva troppo, considerato che era già più che straordinario che riuscisse a provare qualcosa per una donna, lui che non aveva mai professato amore se non per il suo Blue-Eyes White Dragon...

Ok, in effetti non aveva fatto poi molti passi in avanti da allora.

Però, santo cielo, cosa stava aspettando ancora per fare quello giusto?!? Se Mokuba fosse stato nei suoi panni, le avrebbe già chiesto di sposarlo prima che chiunque altro potesse soffiargliela via. Di certo, se solo avesse avuto qualche anno in più ci avrebbe provato lui stesso.

Anzi, come la vide smontare dalla moto più figa che avesse mai visto, si sentì pronto a dichiararle il suo amore eterno.

-Non ci posso credere! E' una Ninja 300?!?- esclamò a bocca aperta, avvicinandosi a quello splendore con venerazione -Keira, come hai potuto tenermi nascosto che ne possiedi una?-

La ragazza si ravvivò con la mano i capelli spettinati dalla corsa, rivolgendogli un sorriso lieve, ma colmo di eccitazione.

-Non l'ho fatto.- gli rivelò -Tuo fratello mi ha consegnato le sue chiavi solo oggi.-

Mokuba sbarrò gli occhi, incredulo.

-Te l'ha regalata Seto?!?-

Allora forse non era un imbecille completamente irrecuperabile... Finalmente si era deciso a fare qualcosa di davvero carino per lei. Anche se non conosceva mezzi termini, e doveva fare sempre tutto esageratamente a modo suo.

-Oh, no!- si affrettò però lei a correggerlo, scuotendo la testa -Ma l'ha solo messa a disposizione perché potessi andare al lavoro per conto mio...-

-E piantala con queste idiozie!- lo fece sobbalzare all'improvviso la voce di Seto, troppo distratto per essersi accorto che nel frattempo era sopraggiunto alle sue spalle -Ti ho già detto che è tua.-

Keira si morse le labbra, contrariata ma incapace di replicare. Ci pensò Mokuba a parlare, desideroso di approfittare anche lui del suo improvviso attacco di generosità.

-Posso averne una anch'io?- gli chiese, sfoderando lo sguardo più dolce di cui i suoi occhi fossero capaci.

Ma, chiaramente, tanta generosità era troppo eccezionale perché quel fenomeno paranormale si potesse manifestare di nuovo.

-Ovviamente no.- venne stroncato subito -Non hai neanche la patente, e in ogni caso non sei abbastanza grande per moto di questa cilindrata!-

-Oh, almeno posso provarla?- lo implorò.

-No che non puoi.- gli vietò perentorio -Finiresti a terra prima ancora di accendere il motore.-

In realtà era già salito svariate volte sulle moto dei suoi amici ed era diventato piuttosto bravo a guidarle, ma era meglio che quella continuasse a rimanere una sua abilità segreta.

-Ma potrebbe sempre portarmi Keira!- propose con prontezza, per poi rivolgersi alla diretta interessata -Mi faresti fare un giro? Ti prego!-

Lei sbatté le palpebre, incerta.

-Ehm... Ok.-

Ma prima che Mokuba potesse cantare vittoria, Seto fulminò entrambi con un'occhiataccia.

-Neanche per sogno. Non ho mai visto nessuno guidare in maniera più incosciente!- sbottò, per poi iniziare a riprenderla -A proposito, ti informo che quella strana leva sul manubrio sinistro si chiama freno, non è lì per bellezza. Serve per rispettare i limiti di velocità e giungere vivi a destinazione.-

-Sì, ne avevo sentito parlare.- ribatté lei, alzando gli occhi al cielo.

Mokuba dovette mordersi la lingua per non scoppiare a ridere. Seto, invece, non trovò affatto divertente la sua ironia.

-Bene, allora usalo.- la rimbeccò -E ricordati anche che ti chiedo solo di arrivare in orario al lavoro, non di vincere un MotoGP...!-

Keira strinse le labbra risentita, ma non osò replicare. Mokuba le rivolse mentalmente tutta la sua solidarietà. Anche se mosso dalle migliori intenzioni, suo fratello tendeva a preoccuparsi davvero troppo per le persone cui teneva, quella cerchia di eletti così ristretta di cui, prima della sua aggiunta, lui era l'unico membro... E, purtroppo, per Seto preoccuparsi era sinonimo di rompere le scatole. Ma nonostante il manuale di sopravvivenza a Villa Kaiba consigliasse di dargli retta per quieto vivere, nulla gli aveva mai impedito di fare di testa propria non appena fosse uscito dal segnale radar. Ed anche se Keira, ligia al dovere, continuava a far ostruzionismo alle sue insistenze, sapeva che era ben più accondiscendente di Seto, per cui si trattava solo di far leva nei punti giusti perché alla fine cedesse.

Dunque, dopo qualche giorno si alzò deliberatamente più tardi del solito, attese che suo fratello sgombrasse il campo e placcò la ragazza prima che potesse montare sulla sua moto per seguirlo.

-Keira!- la chiamò affannato -Aspetta!-

Lei si fermò sul penultimo gradino dell'ingresso, abbassando il casco lucente che aveva fatto per indossare.

-Oh, Mokuba.- lo guardò, stupita -Che ci fai ancora qui?-

Lui si grattò la testa, abbozzando una smorfia imbarazzata.

-Non mi è suonata la sveglia...- mentì spudorato -Ti prego, potresti portarmi tu a scuola? In limousine non arriverei mai in tempo!-

E soprattutto, come aveva imparato appena iniziate le superiori, dopo una certa età farsi accompagnare ancora a scuola, per giunta da un autista, non era affatto il massimo della popolarità, checché ne credesse suo fratello. Arrivare su una Ninja 300 assieme ad una ragazza ben più grande e bella di qualunque altra nell'istituto, invece, avrebbe letteralmente fatto schiattare d'invidia tutti i suoi compagni di classe.

Keira però non era della stessa idea, e scosse la testa in segno di diniego.

-Lo sai che tuo fratello non vuole...-

-Ma non vuole neanche che arrivi in ritardo.- obiettò Mokuba con un sorriso furbesco -E se lo faccio lo scoprirà di certo, visto che poi sarebbe lui a dovermi firmare la giustificazione...-

In teoria. Nella pratica, il ragazzino era diventato così abile a falsificare la firma di Seto Kaiba che, al confronto, era la sua a sembrare un'imitazione.

-E va bene, hai vinto...- sospirò Keira -Basta che poi tu non ne faccia parola con tuo fratello.-

-Era sottinteso.- ammiccò -Se lo scoprisse, finirei in punizione a tempo indeterminato.-

-Ed io finirei licenziata.- borbottò lei, incupitasi.

Al che Mokuba non poté trattenersi dallo scoppiare in una risata.

-Credimi, non lo farebbe mai.- la rassicurò, senza resistere alla tentazione di rivolgerle uno sguardo malizioso.

Lei però ignorò i suoi sottintesi o, forse, non li colse affatto.

-Non ci giurerei.- gli fece porgendogli il casco, per poi rientrare in casa a prendere quello di riserva.

Mokuba dunque rimase in sua attesa sotto il porticato, il sorriso sulle labbra. Felice del suo successo ma, ancor di più, felice che il destino avesse esaudito il suo desiderio, facendo apparire quella ragazza nelle loro vite. Perché, anche se Keira non poteva certo immaginarlo, era solo grazie a lei se Seto era ritornato ad essere quello di un tempo, ritrovando tutto il suo entusiasmo e la voglia di vivere. Anzi, forse anche di più, avendogli fatto scoprire che il cuore non serve solo a far circolare il sangue nelle vene, ma a scaldare il corpo di sentimento. E non di amor proprio, né di amore fraterno, ma di quel tipo di amore privo di logica, capace però di dare un senso alla vita.

Quell'amore che gli faceva sorridere lo sguardo, ogni volta che incontrava i suoi occhi blu.

 

[e voglio che tu sappia che
ora mi sono deciso

ma ho bisogno di più tempo
e voglio che tu dica
capisci quello che sto dicendo?
ma ho bisogno di più...
perché io sarò te e tu sarai me
ci sono un sacco di cose per noi da vedere
ci sono un sacco di cose per noi da fare
lei è elettrizzante, posso essere elettrizzato anch'io?]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Ok, come avrete capito le due scene sono ambientate rispettivamente nel primo e nel secondo capitolo di “The Man who loved her light too much” e... niente, anche stavolta vi ho tediato con un papiro spropositato. Ma davvero non sapevo dove tagliare, e mi dispiaceva separare le due scene perché avrebbero perso di coesione emotiva, né potevo accorparne una al prossimo capitolo dove i toni saranno decisamente meno allegri. Dunque, spero di essere riuscita ad intrattenervi un po' e a farvi sorridere!

Aggiornerò ancora dopo aver pubblicato il quarto capitolo della storia principale, perciò a presto e grazie di esistere!

E, ovviamente, Buon Natale a tutti!

XOXO

- Evee

 

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Capitolo 5
*** Don't go away ***


IV - Don't go away

 

{So don't go away, say what you say
Say that you'll stay, forever and a day
In the time of my life
'Cause I need more time
Yes, I need more time just to make things right
}

 

Era una normale, noiosa mattinata di scuola, eppure non l'avrebbe mai dimenticata.

Ogni singolo particolare del momento in cui ricevette quell'orribile notizia si sarebbe fissato nella sua memoria con la stessa, ossessiva tenacia con cui lui avrebbe voluto scacciarlo: la professoressa stava tediando la classe con un'inutile e nauseante spiegazione dell'attacco di Pearl Harbour; lui era chino sul quaderno, fingendo di prendere appunti quando, in realtà, si stava scambiando dei messaggi con il suo compagno di banco, che aveva scelto proprio lui per confessargli la sua cotta per una loro compagna della classe accanto.

Il che lo aveva messo in estrema difficoltà, trattandosi di quella stessa ragazza che, solo pochi giorni prima, gli aveva regalato degli honmei choco per San Valentino.

Pur essendo piuttosto carina, in tutta onestà Mokuba doveva ammettere che non l'aveva mai notata prima. Ne era stato semplicemente lusingato come da tutte le altre che gli avevano fatto avere dei cioccolatini, ma per la prima volta provò del rammarico ad avere tanto successo tra le ragazze. Così, in quel momento la sua più grande preoccupazione era quella di decidere se fosse meglio alimentare ingiustamente le speranze del suo amico o demolirle con onestà, ma con la certezza di ferirlo e con il rischio che poi gli togliesse il saluto per il risentimento.

Aveva scritto e cancellato qualche parola, spazzato via i residui di gomma, sollevato il viso verso il tenue azzurro del cielo oltre alle finestre, finendo per concentrarsi su una nuvola solitaria in cerca d'ispirazione.

Poi, udì qualcuno fare il suo nome.

Sbatté le palpebre, e si girò di scatto verso il resto della classe. La professoressa aveva smesso di spiegare, e gli occhi di tutti i suoi compagni erano concentrati su di lui. Alla porta, era apparsa una segretaria che lo stava fissando con serietà. Doveva avergli appena detto qualcosa, che lui era troppo distratto per aver sentito.

-Co... come?- balbettò, avvampando per la vergogna di essere stato beccato con la testa tra le nuvole.

-C'è una persona che è venuta a prenderti, Kaiba.- gli annunciò stentorea.

-Eh?- fece, spalancando allarmato gli occhi -Perché...?-

La signora però scosse la testa con riluttanza.

-Non spetta a me dirtelo. Forza, raccogli le tue cose e seguimi.-

Mokuba allora si affrettò a sgombrare il banco, trasferendone il disordine dentro alla cartella, per uscire dall'aula il prima possibile. Per la fretta quasi si dimenticò il giubbotto, e si scordò del tutto di salutare la sua classe. E non per la frenesia di potersene già andare, ma per quell'ansia che l'aveva assalito all'improvviso, avvinghiandogli lo stomaco al pensiero, indeterminato e spaventoso, di quello che poteva essere successo.

E l'ansia si tramutò in paura, quando vide che ad aspettarlo non c'era il suo solito autista, ma Isono.

Si bloccò, rifiutandosi di proseguire. Non aveva il coraggio di farlo, di scoprire perché fosse lì, anziché insieme a suo fratello. Tuttavia lui gli si avvicinò ugualmente, lo sguardo nascosto dietro gli occhiali da sole ma con un'espressione troppo grave da potersi mascherare con altrettanta facilità.

-Venga, signorino... La riporto a casa.- lo sollecitò con premura, eccessiva premura.

Mokuba strinse le labbra, irremovibile.

-Non vado da nessuna parte, senza sapere prima il perché.-

-Dopo le dirò tutto, ma non qui.- rispose lui pacato.

-No.- sbottò -Dimmelo ora. Dimmi che mio fratello sta bene, e che mi sta aspettando...-

La voce che voleva fosse perentoria suonò disperata, il tono non fu abbastanza fermo per non incrinarsi, l'agitazione gli mise in bocca parole irragionevoli, infantili. Se ne vergognò, ma sortirono il loro effetto. Isono lo fissò per qualche secondo, abbassò il capo e si decise a parlare.

-Il signor Kaiba sta bene ma...- disse rassicurante, senza capire che aveva appena pronunciato la congiunzione più avversativa e preoccupante di tutte -Non so quando potrà tornare a casa. La polizia l'ha arrestato e l'ha portato in procura per interrogarlo.-

Il ragazzino sbarrò gli occhi. Quello, secondo lui, era sinonimo di star bene?!?

-Arrestato?!? E per cosa?- esclamò sconvolto.

L'assistente di suo fratello si affrettò a scuotere il capo.

-Nulla di cui preoccuparsi, sono certo che vogliono solo raccogliere la sua testimonianza...-

-Per cosa, Isono!-

Aveva gridato, se ne rese conto e se ne pentì all'istante. Non era da lui trattar male le persone, specialmente il povero Isono, che non aveva nessuna colpa se non quella di volerlo proteggere. Ma era proprio quello a farlo imbestialire. Non poteva più tollerare un simile atteggiamento nei suoi confronti, da parte di suo fratello come di chiunque altro. Non potevano rinchiuderlo in una campana di vetro, convinti che non potesse comunque vedere quello che accadeva al di fuori di essa. Non potevano nasconderlo dalla realtà, per quanto dura potesse essere. Ci era nato e cresciuto, in quel mondo schifoso. Aveva dovuto imparare a conviverci, suo malgrado. Sapeva perfettamente che non si arrestano i testimoni, ma solo gli indagati. Sapeva perfettamente che non si trattiene una persona, specialmente una importante come suo fratello, senza delle prove a suo carico. Delle prove serie. Per cui, sapeva perfettamente anche quanto grave fosse l'intera situazione. Lo sapeva sempre. Perché nessuno se ne rendeva mai conto?!?

Ed infatti Isono era rimasto impietrito dalla sua reazione, capendo finalmente che non aveva usato l'approccio giusto, ma senza sapere comunque quale dovesse utilizzare. Il ragazzino lo fissò minaccioso, sfidandolo a sbagliare ancora. Avanti, non era difficile...

Sincerità.

Voleva solo una vera, brutale sincerità.

-Omicidio.- ammise infine, con un filo di voce -Per l'omicidio di Riichi Kurosawa.-

Sì, proprio come aveva temuto.

 

*

 

Ebbene, si era sbagliato.

Non era affatto in grado di gestire quella situazione. Ma c'era forse qualcuno, in grado di farlo? Di certo non suo fratello perché, se avesse saputo cosa dire alla polizia per farsi rilasciare, sarebbe già tornato a casa da un pezzo. Né Isono era riuscito a fare per lui altro che assumere un avvocato tanto costoso quanto inutile. E Keira, che avrebbe dovuto proteggerlo, aveva permesso ai poliziotti che lo portassero via. Perché non aveva fatto qualcosa, qualsiasi cosa? Perché se n'era stata a guardare, come se non le importasse nulla di lui? Perché non diceva più una parola, non reagiva, non riusciva a realizzare quello che era appena successo?

Ma poi, era davvero nella posizione adatta per biasimare gli altri?

Tutto ciò di cui era stato capace era arrabbiarsi, gridare, scoppiare a piangere come un bambino. Cosa avrebbe pensato di lui Seto, se l'avesse visto in quello stato? L'avrebbe disprezzato, considerato un debole, ecco. Ma quello era, senza di lui. E comunque, quanto contava la sua opinione, se non era nemmeno lì per poterla esprimere? Nulla, come quella di tutte le altre persone che aveva attorno. Che non capivano che non voleva parlare con nessuno, perché nessuna parola sarebbe stata di conforto, ma solo ipocrita. Che non voleva mangiare, perché non aveva fame e soltanto il pensiero di comportarsi normalmente, cenare tranquillo in sala come se Seto fosse seduto lì a capotavola, gli faceva salire la nausea. Che voleva starsene da solo, chiuso nella sua stanza, isolato nella sua musica, finché non avesse esaurito tutte le lacrime. Anche se quelle non finivano mai, e non servivano a niente.

Ma, almeno, lui stava provando qualcosa.

Provava anche troppo, per poter sostenere tutti insieme sentimenti altrettanto intensi, e così numerosi da risultare indistinguibili. Però tra questi, indubbiamente, non c'era la disperazione. Perché, nonostante non sapesse quando, sapeva che Seto sarebbe tornato. Desiderava che tornasse con tutto se stesso, come doveva volerlo anche lui. Quindi l'avrebbe fatto, ne era certo.

Non poteva lasciarlo solo, gli aveva fatto una promessa.

 

*

 

Fece finta di niente.

In realtà, da quando Seto era ritornato a casa, ad ogni telefonata che riceveva l'ansia lo travolgeva impetuosa. Ma, proprio per quello, si sforzò di non badare a quella che gli era salita quando la suoneria del suo cellulare era rimbombata nella sala, costringendo il ragazzino ad interrompersi e il fratello maggiore ad alzarsi da tavola per rispondere. Ma non era poi un comportamento così strano da parte sua. Era solo una delle tante telefonate di lavoro che lo privavano di Seto affinché pensasse ad occuparsi di qualche questione più urgente di lui. Dunque, nulla di cui preoccuparsi. Ignorò la morsa allo stomaco, e continuò a parlare a Keira. Benché lei avesse smesso di ascoltarlo, più silenziosa e pallida del normale.

Nulla di cui preoccuparsi, si ripeté, quando Seto ricomparve alla porta, chiamando a sé la ragazza per parlarle in disparte. Anche se la sua espressione era troppo impassibile per essere naturale. Anche se, una volta solo, il ragazzino non riuscì a trovare nessuna spiegazione ragionevole per cui non aveva potuto comunicarle quanto doveva in sua presenza.

Il tempo passò, e lui iniziò a preoccuparsi.

Poi suo fratello fu di ritorno, con uno sguardo che non gli era più imperscrutabile, perché così inquieto da non riuscire nemmeno a reggere il suo. Tanto che l'avrebbe spinto ad ingiungergli di guardarlo in faccia, urlargli di non fare il codardo, se non l'avesse anche angosciato al punto che la voce gli morì in gola, impotente.

-Mokuba, mi dispiace...- gli mormorò piano, avvilito -Purtroppo devo tornare in carcere, ancora per un po' di tempo.-

Nell'udirlo parlare in quel modo, qualcosa dentro di lui si spezzò. Era la fiducia incrollabile che aveva nel fratello, cui si aggrappava per non cadere nella disperazione, ma che dipendeva tutta da quella che Seto nutriva in se stesso. Ma ora l'aveva persa, e aveva reciso dal suo lato quella connessione vitale. Dov'era finita la sua determinazione? Cos'era quel disfattismo? Perché non gli aveva annunciato che intendeva comunque lottare, ma voleva solo prepararlo alla sua sconfitta?

Abbassò il capo, fissando un punto indeterminato della tovaglia per non piangere. Gli occhi iniziarono a bruciargli. Sbatté le palpebre per scacciare il velo che gli aveva offuscato la vista.

Non poteva piangere, non davanti a lui.

Questa era l'unica cosa cui riuscì a pensare, mentre sentiva la voce sofferta del fratello spiegargli perché era costretto ad andarsene, tacere in attesa di una sua risposta, sollecitarlo a dirgli qualcosa che gli facesse capire che aveva compreso. Ma era proprio perché l'aveva fatto, che Mokuba non riusciva a rispondergli. Avrebbe saputo pronunciare solo suppliche infantili, con la voce tremante, che gli avrebbero reso impossibile trattenere le lacrime.

E davvero non poteva piangere, non davanti a lui.

Così non pianse, ma rimase anche in silenzio per tutto il tempo, finché suo fratello smise di parlargli. Non perché vi rinunciò, ma a causa dell'arrivo della polizia che udì distintamente invadere l'atrio al di là della soglia. Seto gli disse qualcosa per salutarlo, Mokuba di rifiutò di farlo. Non esisteva che permettesse a qualcuno di entrare in casa loro senza il suo permesso, eppure lui andò comunque ad accogliere quei dannati sbirri e li lasciò fare quello che volevano.

Cielo, non voleva vederlo. Ma doveva farlo, perché quelli erano gli ultimi attimi che gli erano concessi. Spinse via la sedia e corse all'ingresso, dove si impietrì nell'assistere ad una scena surreale, in cui un ispettore austero ricordava a Seto quali fossero i suoi diritti e un poliziotto gli ammanettava polsi che lui stesso gli aveva messo a disposizione.

Si infuriò.

Come osavano dire a suo fratello quello che poteva fare?!? Come osavano anche solo toccarlo? Cercò Keira con lo sguardo in cerca di sostegno, ma la scoprì paralizzata in cima alle scale, lo sguardo spento, una mano aggrappata alla ringhiera come se fosse la sola cosa in grado di sorreggerla. Poi, con la stessa rapidità con cui avevano fatto la loro comparsa, quegli intrusi scapparono impunemente, rubandogli suo fratello.

Con orrore, si rese conto solo allora che non l'aveva nemmeno salutato.

Ma come avrebbe dovuto farlo? Esisteva un saluto adatto, per una dipartita che non avrebbe mai dovuto verificarsi, per separarsi così ingiustamente da una parte di se stessi? Che non riusciva a lasciar andare, che era così legata alla sua anima da trascinarla lungo la sua scia, oltre il portone d'ingresso, sotto il porticato, lungo tutto il viale, finché non le riuscì di seminarlo. Si ritrovò sulla strada, ansimante per la corsa, ancora con il suono di un motore che echeggiava in lontananza.

"Perché?"

Proprio quando ormai si era convinto che fosse tutto tornato alla normalità, che tutto andasse bene. Ma andava così bene, troppo per essere vero. Avevano mai avuto prima un altro periodo, nella loro vita, in cui gli era stato permesso di essere davvero felici? E perché, ora che poteva piangere liberamente, i suoi occhi non ne erano più capaci, e il freddo aveva gelato le lacrime, impedendole di scorrere, di scivolare via insieme al suo dolore? Aveva bisogno di piangere.

Alle sue spalle, udì avvicinarsi un lieve scalpiccio e una flebile voce chiamarlo, verso cui si voltò quando fu ormai prossima, incontrando gli occhi blu di Keira. Non avrebbe saputo dire cosa gli parve più bianco, se i suoi candidi capelli, il volto mai così pallido, o il cappotto immacolato che avevano acquistato insieme, in cui si stringeva in cerca di calore. Tutto quello che sapeva era che avrebbe dato qualunque cosa perché le sue braccia avvolgessero lui, in quel momento.

-So che sei preoccupato, ma vedrai che si risolverà tutto.- gli disse dolce, rassicurante -Lo sai che tuo fratello non è un tipo che si arrende facilmente. Però, non devi aggiungere alle sue preoccupazioni anche le tue, capisci? Mostrati forte per lui, solo così puoi essergli davvero d'aiuto.-

Finalmente.

Finalmente aveva trovato il coraggio di parlare, di dirgli qualcosa. Poche parole, che però non furono compassionevoli, né di rimprovero. Furono preziose, essenziali, come se gli avessero appena acceso la luce. Perché era stato così cieco, da non vedere che Seto non era disperato per se stesso, ma solo per lui? Perché era stato così egoista, da credere di essere l'unico dei due a dipendere dal sostegno dell'altro?

-Sì, credo tu abbia ragione...- fu costretto ad ammettere, ma con convinzione.

Lei allora gli regalò un tenue sorriso.

-Vieni, rientriamo.-

Annuì, e la seguì lungo il sentiero acciottolato, tornando a sentire il terreno sotto ai propri passi, il freddo penetrare le fibre della sua maglietta troppo leggera.

-Non sono riuscito a salutarlo.- mormorò ad un tratto, sfuggendogli dalle labbra quel pensiero amareggiato.

-Tranquillo, domani possiamo andare a trovarlo, se te la senti.- propose allora lei.

Di nuovo, sentì tutta l'impellenza di abbracciare quella ragazza per ringraziarla di esistere.

-Certo che me la sento, assolutamente!- esclamò con ferma decisione -Grazie, Keira.-

-Di nulla. Anzi, ti accompagnerò tutte le volte che vorrai.- gli promise.

Al che, Mokuba riuscì a sorriderle.

-Anch'io.-

Tornarono a casa, ma non conclusero la cena. Si raccolsero in soggiorno, tenendo viva la loro ormai consacrata tradizione di guardare Naruto insieme. Mokuba andava matto per quell'anime, e aveva finito per trascinarla in quella sua dipendenza al punto che non doveva nemmeno più insistere perché gli tenesse compagnia. Quella compagnia che era la sola cosa che gli interessava davvero, quella sera. Tanto che, quando l'episodio finì, per la prima volta non si dispiacque perché avrebbe dovuto attendere una settimana per il seguito, ma perché era giunto il momento che andasse a dormire e si separasse da lei. Per questo, dopo un po' ritornò sui propri passi per raggiungere la sua stanza, per ringraziarla un'ultima volta. Ma, prima che potesse fare l'errore di bussare, la mano si fermò a mezz'aria, interrotta dal suono soffocato, ma inconfondibile, dei suoi singhiozzi. Così, ne ebbe la sofferta conferma.

Esisteva davvero qualcuno in grado di capire come si sentisse.

 

[non andare via allora, dì quello che intendi
dì che resterai, oggi e per sempre

per tutta la durata della mia vita
perché ho bisogno di più tempo
sì, ho solo bisogno di più tempo per sistemare le cose]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Ahem, so che i toni di questo capitolo non erano dei più allegri ma... Non c'era molto di allegro in quello che dovevo raccontare, e l'angst ha dilagato incontrollabile. Per la cronaca, le prime due scene si collocano nel terzo capitolo di “The Man who loved her light too much”, l'ultima invece nel quarto. Narrativamente non aggiungono molto, ma sentivo la necessità di dar voce a Mokie, per evitare che dagli occhi di Seto e Kisara il suo comportamento apparisse falsato e incoerente. Sul risultato però non riesco a dare una valutazione oggettiva, spero che il tutto sia filato anche ai vostri occhi, psicologicamente parlando...

Poi, solo una piccola precisazione: nel giorno di San Valentino, è uso che le ragazze regalino ai tutti i ragazzi che conoscono dei cioccolatini, che però in genere sono semplici 'giri choco', ossia acquistati in un negozio. Se, invece, si tratta di 'honmei choco', sono spesso fatti con le proprie mani e sono destinati alla sola persona di cui si è innamorati. Da qui, i sensi di colpa di Mokuba per il suo povero compagno di banco...

Dunque, grazie per la lettura e appuntamento a... tra un bel po'. Il prossimo aggiornamento arriverà solo una volta finita la seconda stagione della saga, sorry.

Anyway, lot of kisses!

- Evee

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Capitolo 6
*** Wonderwall ***


V - Wonderwall

 

{Because maybe
You're gonna be the one who saves me
And after all
You're my wonderwall
}

 

Fu devastante.

Trovare la forza di camminare a testa alta, di ignorare il disprezzo altrui, di ascoltare impassibile e impotente quella donna mostruosa infamare il nome di suo fratello. Non era la prima volta che gli era capitato di vivere esperienze simili, ma doverle affrontare tutte insieme, così feroci fu... troppo. Specialmente sapendo che Seto era sottoposto alla stessa prova, vedendolo opporre una così fiera, logorante resistenza. E Mokuba era letteralmente terrorizzato dal timore che potesse crollare a causa di quelle crepe, da un momento all'altro o nelle udienze che lo attendevano nei giorni a venire. Ma proprio per quello doveva ad ogni costo stringere i denti, ed essere lì per lui. Per comunicargli che avrebbe continuato ad esserci, a volergli bene qualunque cosa avrebbero detto sul suo conto...

Qualunque cosa avesse fatto.

Aveva sparato a quell'uomo, e allora? Se l'era andata a cercare, per aver provato ad uccidere suo fratello. Anzi, aveva avuto quello che si meritava: Seto aveva solo fatto un favore alla società, togliendolo di mezzo. Ed invece volevano far passare quel bastardo come un martire, e suo fratello come un pazzo criminale. Ringraziarlo privandolo della libertà, e forse della sua stessa vita.

E quella, avevano pure il coraggio di chiamarla giustizia?!?

Era così schifato da tutto e da tutti, che provò persino soddisfazione nel vedere Keira sbranare i giornalisti che, all'uscita del tribunale, lo cinsero d'assedio. Se non ci avesse pensato lei, probabilmente avrebbe preso a calci di persona tutti quelli che gli sbarravano la strada, impedendogli di andarsene da quel covo di vipere. Perciò, quando la ragazza gli propose di andare a fare un giro in moto anziché tornare subito alla solitudine di casa, come vi montarono sopra le si strinse ben più del necessario per reggersi in equilibrio, ringraziandola di aver esaudito il suo desiderio di fuggire via. Senza una meta precisa, fuggire e basta. Era tutto quello che voleva... Che volevano entrambi, in realtà: lo percepì dal rombo del motore, mai così impaziente, dall'accelerazione che aumentava nell'aria, dall'agilità con cui evitarono gli ostacoli che osavano frapporsi al loro cammino, senza rallentare, fermandosi solo quando erano loro a volerlo. Seppur per poco, fu bello provare la sensazione di dominare la realtà, anziché esserne sommersi, come la spiaggia travolta dalle onde che si misero infine ad osservare.

Si accorse allora che un bambino sprovveduto aveva scelto di costruire il suo magnifico castello troppo vicino alla riva, e l'acqua salmastra aveva iniziato ad eroderne le fondamenta. Presto, la torre più alta avrebbe ceduto, si sarebbe dispersa per sempre nella corrente, lasciando dietro di sé quelle che aveva protetto. Forse poi quelle sarebbero riuscite a rimanere intatte, ma da sole non avrebbero rappresentato che delle semplici macerie destinate alla rovina. Ed anche se avrebbe voluto accorrere, spingere altra sabbia per rinforzarne la base, l'innalzarsi della marea rendeva quella della parte più esposta una sorte ineluttabile.

-Dimmi la verità...- mormorò allora a Keira -Pensi anche tu che Seto verrà condannato, vero?-

La ragazza si voltò di scatto verso di lui, allarmata.

-Assolutamente no!- protestò a viva voce -Tuo fratello è innocente!-

Oh, no. Non anche lei... Basta.

-Keira, per favore...- gemette -Non trattarmi da stupido.-

La implorò con lo sguardo, e lei non riuscì a sottrarsi. Abbassò i suoi occhi blu, ma ebbe il coraggio di dirgli la verità.

-Mokuba, l'unica sua colpa è l'aver voluto proteggere me...- gli rivelò abbattuta, con un soffio di voce -Sono io che ho ucciso Kurosawa.-

Il ragazzino sbarrò gli occhi su di lei, sconcertato. La verità non era affatto quella che si era atteso.

-Che cosa?!?-

-L'ho ucciso io.- gli ripeté, con maggiore sicurezza -Devi sapere che prima ero costretta a lavorare per lui, sotto ricatto, come sicario. Mi aveva chiesto di occuparmi di tuo fratello, ed è così che ci siamo conosciuti... perché, ovviamente, non ci sono riuscita ma ho finito solo per farmi beccare da lui. E quando, poi, Kurosawa ha assoldato degli altri uomini per liberarmi, è riuscito ad inseguirmi per... credevo per vendicarsi di lui, ma alla fine ho capito che quello che voleva, in realtà, era aiutarmi. Liberarmi per davvero. Anche se ha rischiato la vita pur di farlo... ha rischiato addirittura che gli sparassi, quando Kurosawa me l'ha ordinato. E l'avrei fatto, se non mi avesse aperto gli occhi, se non mi avesse detto che non ero costretta a farlo, che potevo scegliere. Che potevo decidere della mia vita. E così ho deciso di riprendermela, uccidendo invece Kurosawa... Senza però pensare alle conseguenze, che ora dovrei essere io a pagare, non tuo fratello. Sono ricadute tutte su di lui... e per colpa mia. Ero così impegnata a fuggire dalle mie responsabilità da non accorgermi che se n'era già fatto carico lui, se non quando ormai era troppo tardi. Sono stata una vigliacca, non avrei mai dovuto permettergli di addossarsele...-

La voce le si incrinò, e le servì un attimo di silenzio per rinsaldarla. Ma quando riuscì a ritrovarla, suonò così fragile che ad ogni parola sembrava sul punto di spezzarsi.

-Mi dispiace, Mokuba. Non mi aspetto che tu possa perdonarmi, ma sappi che me ne pento più di qualunque altra cosa abbia mai fatto in tutta la mia vita. Credimi, mi dispiace... Io... non volevo. Non volevo fargli questo...-

Ammutolì, stringendo gli occhi con forza, mordendosi le labbra dal rammarico. Mortificata con se stessa, con suo fratello ed anche con lui. Eppure, Mokuba non provò per lei il minimo risentimento. Se l'aveva ascoltata rimanendo senza fiato, era solo perché il suo racconto all'improvviso gli aveva permesso di collocare al posto giusto tutti i pezzi del puzzle intricato che aveva cercato di ricomporre da solo. Uno sforzo fatto inutilmente, visti quanti erano quelli a lui mancanti. Ma che gli aveva permesso anche di conoscere per davvero quella ragazza così tormentata, troppo luminosa per non portarsi dietro ombre altrettanto oscure...

Che però non erano lei.

Lei, era quella giovane che gli aveva sorriso dolcemente una domenica mattina. Quella che a cena ascoltava con sincero interesse tutto ciò che le raccontava. Quella che lo assecondava con infinita pazienza nelle sue richieste più petulanti, ma non lo trattava mai come un bambino. Quella con cui si divertiva quando suo fratello non aveva tempo di giocare con lui, o voglia di guardare la tv assieme. Quella che gli teneva compagnia in sua assenza... soprattutto nell'ultimo periodo. Lei gli era stata sempre vicina, sempre pronta a difenderlo.

E tra loro c'era complicità, affiatamento ed affetto.

Questo era per lui quella ragazza, e questi erano i suoi sentimenti per lei. Dunque non avrebbe consentito a nessuna ombra di oscurare il loro preziosissimo legame, come suo fratello non aveva permesso alle tenebre di spegnere la sua splendida luce. Perché sì, il suo racconto gli aveva permesso di capire anche questo, il vero motivo per cui Seto aveva preso tanto a cuore le sue sorti, accogliendola sin da subito nella propria vita e prendendosi cura di lei senza riserve. Ma, soprattutto, gli aveva fatto ammirare suo fratello più che mai, per il suo enorme spirito di sacrificio. E non certo per sciocco altruismo, perché ci si sente bene con se stessi a fare la cosa giusta. Nemmeno quando si trattava di salvare il mondo a Seto gli era mai fregato un accidenti degli altri, e a ragione: non vale proprio la pena di aiutare una realtà che ha offerto ad entrambi solo sofferenza, in cui ha dovuto lottare fino allo stremo per sopravvivere. Però, al tempo stesso era sempre stato disposto a fare per lui qualunque rinuncia... a rischiare la sua stessa vita, pur di assicurare la felicità a chi considera davvero importante, per cui si sente responsabile e tenuto a contraccambiare per l'amore ricevuto; quel sentimento già raro, ma che per Seto era addirittura incredibile, e così prezioso da considerarlo perfino immeritato, nella sua gratuità. E il suo volersi immolare in silenzio, quasi di nascosto per impedire agli altri di fermarlo, era proprio ciò che aveva indotto Mokuba ad idealizzarlo tanto, sin da quando erano bambini: Seto era sempre stato il suo eroe...

Un vero, stupido eroe coraggioso.

A quel pensiero, venne sopraffatto dalla commozione e abbracciò Keira di slancio, scoppiando in lacrime.

-Non. E'. Colpa. Tua.- scandì a chiare lettere, benché a denti stretti per frenare i singhiozzi -Non è colpa tua, ok?-

La ragazza rimase per qualche secondo rigida, bloccata dallo stupore. Poi ricambiò la stretta con un fremito, appoggiando la testa alla sua, abbandonando i capelli che gli scivolarono attorno, profumati di vaniglia e altrettanto protettivi. Fu una sensazione strana, ma così bella, provare conforto nel rassicurare qualcun altro... E, dal calore che gli trasmise, sentì che fu la stessa anche per lei.

-Però lo diventerà, se ora non faccio niente per lui...- mormorò ad un tratto.

Mokuba sollevò il viso su di lei, senza nemmeno curarsi di nasconderle le lacrime che gli bagnavano il viso.

-Ma Keira... che cosa potresti fare per aiutarlo?-

Il suo sguardo allora si indurì, e le labbra le si strinsero in una fredda, irremovibile determinazione.

-Tutto.- gli rispose senza esitazione, con solida fermezza -Anche se non dovesse servire a nulla, qualunque prezzo debba pagare, ti giuro che farò di tutto pur di salvarlo.-

Il ragazzino la fissò ad occhi sgranati, spaventato ed insieme colpito dal riconoscere un simile carisma. Quello che contraddistingueva così tanto Seto ma che, lo intuì solo in quel momento, forse in parte aveva ereditato proprio da lei. Il Blue-Eyes l'aveva sempre guidato, sempre protetto dopotutto. Dunque, così come sapeva di potersi fidare di lui, decise di fidarsi completamente anche di Keira. Forse ci sarebbe voluto del tempo, ma era certo che l'avrebbe fatto, che ci sarebbe riuscita...

Avrebbe eretto un muro incrollabile, e salvato la loro torre più importante.

 

*

 

Avvertì gli occhi bruciargli commossi, incapaci di frenare la troppa felicità.

Non aveva dubitato un solo istante del piano di Keira, ma nonostante tutta la sua accortezza nel predisporlo rimaneva comunque l'incertezza sul responso della giuria popolare, di quelle sei persone che, ad ogni udienza, vedeva fissare suo fratello con sempre maggiore ostilità. Al punto che una parte di lui aveva iniziato a temere che, nonostante la storia da loro imbastita fosse oggettivamente persuasiva, non riuscissero a mantenersi imparziali o che, anche se convinti della sua innocenza, decidessero di condannare comunque Seto per punirlo di una o più delle innumerevoli malvagità che ogni giorno i media andavano ad aggiungere al suo curriculum criminale.

Così, scoprirne il verdetto fu come ricevere un regalo inaspettato, e attese che il presidente della corte finisse di leggere la motivazione della decisione con la stessa impazienza di un bambino cui viene consegnato tra le mani un pacchetto, ma non ha ancora il permesso di scartarlo.

Poi, dopo quella che gli parve un'infinità di tempo, il giudice dispose alla buon'ora la liberazione immediata di Seto.

Così, appena conclusa l'udienza, Mokuba se ne fregò di tutta la gente attorno e corse a riabbracciare suo fratello. Sarà anche stato un gesto sciocco e poco virile, ma la dignità passa in secondo piano quando c'è la vita stessa, ad essere in gioco. Ed infatti nemmeno Seto si fece troppe remore, e lo strinse tra le braccia con forza, nascondendo occhi che però lui aveva già scorto lucidi dalla commozione. Per una volta, seppe di non essere l'unico dei due combattuto dallo sforzo di non piangere per conservare l'orgoglio, così non si curò troppo di trattenersi e permise a qualche lacrima salata di scivolargli sulle labbra e asciugarsi sulla spalla su cui si era appoggiato. E anche se la divisa che suo fratello aveva indosso da vicino era persino più repellente di quanto sembrasse alla vista, quella fu la sensazione migliore del mondo.

-Dai, andiamocene da qui.- lo incitò poi Seto, dandogli una lieve pacca sul dorso -Mi avranno anche tolto le manette, ma non mi sentirò mai del tutto libero finché continuerò ad avere indosso questo schifo.-

Mokuba allora ridacchiò divertito, assentì caloroso e assieme raggiunsero Keira ed Isono, rimasti ad attenderli vicino all'uscita dell'aula. Lei e Seto si salutarono con un semplice sorriso, ma davvero non avrebbe saputo dire quale dei due ragazzi sembrasse più felice, di potersi anche solo scambiare quello sguardo.

-Pronto?- gli chiese allora Keira, accennando col capo al tumulto che li stava attendendo già oltre la soglia.

Al che Seto scosse la testa, sbuffando insofferente.

-Non fare domande idiote.- ribatté come tradizione, spingendo lui stesso le porte e varcandole con passo sicuro.

Tutto il suo impeto venne però bruscamente frenato dalla calca dei giornalisti, che gli si avventarono addosso come le api sul miele. Api particolarmente ostinate, che la loro preda troppo succosa non riuscì a scrollarsi di dosso con il solo ausilio della sua lingua tagliente. Un reporter ebbe persino l'ardire di afferrarlo per i vestiti, ma Keira lo fece pentire subito di quel gesto torcendogli il polso e strappandogli un grido di dolore. Al che le persone intorno si ritrassero con uno scatto, ammutolendo spaventate.

-Questo era un avvertimento.- annunciò loro con ferocia -Al prossimo che si allunga troppo il braccio glielo spezzo.-

A quelle parole, Seto le scoccò un'occhiata decisamente inquietata, e persino Mokuba, che ormai si era abituato al modo con cui teneva a debita distanza tutte le persone che provavano a molestarlo, si augurò che nessuno osasse sottovalutarle. Se un tempo non aveva mai dato particolare peso alle sue minacce, dopo aver scoperto del suo passato da assassina queste avevano iniziato a suonare alle sue orecchie con ben altri toni...

E, per fortuna, la gran parte dei giornalisti rinunciò a strappare un'intervista a suo fratello. Ma non perché Keira fosse riuscita a farli desistere, tutt'altro. Semplicemente, aveva finito per attirare la loro attenzione su una novità per loro ancora più interessante...

Ovvero lei stessa. Pur tenendosi a distanza di sicurezza, la accerchiarono, la presero di mira con obiettivi e microfoni, per poi iniziare a bersagliarla di domande. Per la gran parte, implicanti la sua vita sentimentale e la natura del rapporto privilegiato che vantava con il suo capo. Tanto dirette che Keira sulle prime ne rimase spiazzata, disorientata da quell'inaspettata e inusuale attenzione su di sé, travolta da una simile invadenza e imbarazzata dalle loro allusioni. E la misero così visibilmente a disagio che Seto, già più che innervosito, non tardò ad andare su tutte le furie.

Fu così che i loro ruoli si invertirono, e divenne davvero impossibile distinguere ancora chi dei due stesse effettivamente prendendo le difese dell'altro.

E la parte più divertente era che nessuno di loro sembrava rendersi conto che con quel comportamento stavano comunicando ai giornalisti non una smentita, ma una confessione ben più esplicita di quanto avrebbero mai potuto offrire a parole. Così, dato che la questione aveva tutta l'aria di andar per le lunghe, Mokuba approfittò della distrazione generale per allontanarsi dalla ressa e godersi la scena in tutta tranquillità, sghignazzando tra sé a più non posso.

Poi, però, un viso familiare attirò la sua attenzione, e decise di raggiungerlo.

-Ehi, Yugi!- lo chiamò.

Il suo amico sbatté le palpebre, si voltò nella sua direzione, sorrise entusiasta, fece un passo verso di lui, andò a sbattere contro un avvocato di passaggio, si scusò annichilito e rosso dalla vergogna, quindi riuscì finalmente a rispondergli.

-Ciao, Mokuba!-

-Ciao.- lo salutò allegramente -Grazie mille per essere venuto.-

Yugi fece una smorfia imbarazzata.

-Dovevo venire.- replicò, quasi con ovvietà -Anche se non potevo essere d'aiuto, ci tenevo a farvi avere almeno il mio sostegno.-

Mokuba gli sorrise con sincero riconoscimento. Yugi sarà stato anche un inguaribile sognatore, ma era solo grazie a quel suo difetto se sapeva anche compiere quell'atto di fede impossibile, del credere negli altri senza riserve, andando oltre ogni apparenza. Quella era una dote che davvero gli invidiava, tanto era genuina. Ormai lui aveva una visione del mondo troppo disincantata per riuscirci, eppure sapeva che era stato grazie al suo aiuto se anni prima aveva potuto ritrovare fiducia in suo fratello, quando sembrava aver perso per sempre la sua umanità. Gli aveva dimostrato che nessun animo è così avvelenato da non poter sperare in una redenzione, da non poter essere salvato se, grazie all'amore altrui, capisce di possedere comunque un proprio valore per cui lottare. Non era stata una lezione facile da imparare, ma si era rivelata anche la più utile che gli avessero mai impartito. E per quanto forse non ne fosse affatto consapevole, suo fratello poteva considerarsi altrettanto debitore nei suoi confronti...

-Sono certo che anche Seto ha apprezzato la tua presenza.- lo rassicurò con convinzione.

-Lo spero.- rispose Yugi, voltandosi a guardare il diretto interessato con un sorriso -Sono davvero contento per lui, sai?-

-Sì, anch'io. E' un sollievo sapere che alla fine tutto si è risolto nel migliore dei modi...-

-Sono d'accordo, specialmente dopo quello che ha dovuto passare... Ero così preoccupato per lui. Non so proprio dove abbia trovato la forza per resistere, io non riuscivo neppure ad ascoltare il telegiornale senza farmi assalire dall'angoscia. Dev'essere stato tremendo...-

Solo a ripensarci il ragazzino si sentì accapponare la pelle, per cui non replicò, e lasciò che fosse il suo silenzio a comunicare all'amico il suo stato d'animo. Però, al tempo stesso Yugi non avrebbe potuto dirgli nulla che gli facesse più piacere, perché lo conosceva abbastanza da sapere che intendeva per davvero ogni singola parola, se non anche di più. Che era stato sinceramente in pensiero per le sorti di Seto, e che era unicamente per conoscere quelle se era venuto ad assistere al suo processo. Che gli importava soltanto di lui, non di sapere se fosse o meno colpevole. Anzi, anche se avesse scoperto che lo era per davvero non l'avrebbe comunque condannato, ma solo compatito. Era fatto così, Yugi... non giudicava mai nessuno.

-Scusami, non volevo intristirti... In realtà, quando ho detto che ero contento per lui, mi stavo soprattutto riferendo a lei.- aggiunse dopo qualche attimo, accennando a Keira -Alla fine è riuscito a ritrovarla, allora.-

Mokuba annuì. Dopotutto, quella che gli aveva appena dato il suo amico era una conferma di cui non aveva bisogno, come lui non aveva bisogno della sua. E nessuno di loro due aveva bisogno di alcuna prova, di alcuna spiegazione per credere che si trattasse della stessa ragazza che Seto aveva amato nel suo passato. D'altronde non avrebbero mai saputo perché le vite, la storia, il tempo stesso si fossero ripetuti, ma potevano solo prendere atto che c'erano e ci sarebbero sempre stati dei misteri inafferrabili per chiunque, nella loro grandezza.

-Già. E' stato proprio fortunato...- meditò, quasi tra sé.

Yugi allora gli sorrise, facendogli l'occhiolino.

-Secondo me si è trattato di qualcosa di più della semplice fortuna, non credi?-

 

*

 

Nulla avrebbe più potuto privarlo del sorriso.

Non ricordava di aver mai vissuto un momento più semplice e felice di quello. Riavere a casa suo fratello sano e salvo, vederlo di nuovo seduto a capotavola, potergli parlare, sentire la sua voce. Tornare ad attendere con impazienza l'ora di cena, più che per mangiare per riunirsi tutti assieme. Poter scherzare spensierati, con il cuore sereno. E il suo, lo sentiva così leggero, libero da ogni preoccupazione, che aveva quasi il timore che potesse volare via, come il palloncino di un bambino che è troppo contento del divertimento tra le sue mani per badare a tenerselo stretto.

Così, sebbene per l'agitazione non avesse mangiato nulla durante tutta la giornata, adesso l'euforia gli fece dimenticare la fame, e la sua attenzione era tutta per suo fratello, anziché per quello che aveva nel piatto. Più per automatismo sbocconcellò appena qualche patatina fritta, benché di solito ne andasse così matto da fagocitarle senza ritegno finché non sopravanzava l'indigestione. D'altronde capitava spesso che il suo appetito a cena fosse altalenante, specialmente se aveva esagerato con la merenda e, a maggior ragione, se il menù prevedeva verdure o nuove pietanze in cui la loro cuoca decideva di cimentarsi perché, quando si trattava di cibo, Mokuba era piuttosto diffidente e schizzinoso. Keira, invece, era tutto l'opposto e consumava qualunque cosa le si mettesse nel piatto con appetito, tanto che spesso mangiava più lei dei due fratelli messi assieme. Quella sera però fece eccezione, perché Seto, sempre così morigerato nelle dosi e composto nei modi, aveva già divorato due porzioni del suo adorato filetto di manzo e si era gettato sulla terza come se il suo stomaco fosse ancora completamente vuoto. O temesse un'imminente estinzione della razza bovina.

-Mi sembra di capire che la mensa del carcere è un'altra delle cose di cui non sentirai la mancanza...- ridacchiò.

L'espressione di suo fratello invece rimase perfettamente seria, tutta rivolta al pezzo di carne che si stava tagliando con metodica, quasi rituale dedizione.

-Affatto.- replicò asciutto -Anzi, il tempo trascorso in prigione mi ha dato modo di riflettere, e stavo progettando di rilevarla per aprirne una catena in franchising.-

Mokuba allora scosse la testa con un ampio sorriso. Cielo, quanto gli era mancato suo fratello...

Keira, invece, approfittò di quel breve attimo di silenzio per alzarsi da tavola. Il che non era da lei. Anche quando terminava di mangiare per prima, rimaneva sempre ad attenderli per buona educazione ma soprattutto, ne era certo, perché le piaceva trattenersi in loro compagnia. Pertanto Seto la squadrò di sottecchi, inarcando un sopracciglio.

-Tutto bene?-

La ragazza si affrettò ad annuire, finendo per ritrovarsi con i capelli sugli occhi, che riportò indietro con un lieve rossore.

-Sì, sì... Sono solo un po' stanca, ma per riprendermi basterà una doccia e qualche ora in più di sonno.- mormorò, per poi accomiatarsi -Scusatemi davvero.-

Mokuba allora le rivolse un sorriso gentile. D'altronde, con tutto lo stress che doveva aver accumulato quel giorno un po' di riposo se l'era più che meritato.

-Non ti preoccupare, vai pure. Ci penso io a mangiare il tuo dolce!- scherzò.

Lei allora li salutò un'ultima volta prima di uscire dalla sala, Mokuba le augurò la buonanotte, Seto le mugugnò qualcosa di rimando, e fu così che i due fratelli finirono di cenare da soli. Ormai il ragazzino si era così abituato alla presenza di Keira che poi la tavola gli parve improvvisamente vuota, e la sala incredibilmente silenziosa. Però, al tempo stesso, fu piacevole condividere quel momento solo con Seto, potergli parlare in libertà come ai vecchi tempi. Tanto che vi si trattennero per più di un'ora anche quando le cameriere ebbero finito di sparecchiare, come se avessero appena trovato un'oasi serena in cui si fermarsi, dove starsene tranquilli in compagnia l'uno dell'altro, sfuggendo alle preoccupazioni e agli impegni incombenti. D'altronde Seto era perfettamente consapevole che l'indomani l'avrebbe atteso un brusco, duro ritorno alla KC a causa della miriade di lavoro che in sua assenza era rimasto in arretrato, per cui lui era il primo a non aver alcuna fretta di porre fine al loro interludio. Anzi, Mokuba non ricordava nemmeno, l'ultima volta che l'aveva visto altrettanto rilassato e propenso a godersi in santa pace un po' di quiete domestica.

-Allora, come ci si sente ad essere di nuovo a casa dopo tanto tempo?- si spinse a chiedergli, ammiccandogli con fare giocoso.

Seto però socchiuse gli occhi, e rifletté seriamente un paio di secondi prima di rispondere alla sua domanda.

-Stranamente... normale.- ammise piano, per poi provvedere a sdrammatizzare subito quell'ammissione troppo onesta -Sono davvero stupito che tu e Keira non l'abbiate fatta esplodere in mia assenza.-

Il ragazzino sogghignò con altrettanta malizia.

-Ci avevamo pensato, ma poi avresti di certo notato il cambiamento.-

-Molto confortante, grazie.- borbottò lui, incupitosi.

-Perché, scusa? Il fatto che queste mura siano ancora in piedi è la prova tangibile che eravamo entrambi più che fiduciosi nel tuo ritorno...!- lo prese in giro.

Lui però non fece un accenno di sorriso e lo guardò in modo ancora più torvo.

-Mi stai dicendo che eri a conoscenza del piano di quella pazzoide?-

Mokuba sfoggiò il suo miglior ghigno furbesco.

-Ovviamente.-

-E ci hai pure fatto affidamento?!?-

-Ma dai, era piuttosto prevedibile che non avrebbero potuto condannarti, dopo la testimonianza di Keira...- gli fece, ostentando tutta la sicurezza recuperata, ed anche di più -Anzi, con il senno di poi potevo approfittarne per piazzare qualche scommessa.-

Ma chiaramente Seto non lo trovò divertente, anzi si massaggiò le tempie con un sospiro estenuato.

-Dunque io ero l'unico a non saperne niente?-

-No, anche ad Endo non abbiamo detto nulla.- lo corresse, ridacchiando sotto i baffi -Sai, dovevamo creare un po' di suspance per il pubblico.-

E soprattutto entrambi dubitavano che Seto sarebbe stato incline a supportare il loro piano di buon grado, o comunque capace di fingere un contegno che apparisse alla giuria abbastanza naturale e convincente...

-Potevate impegnarvi anche un po' meno.- lo freddò -Ci è mancato poco che mi venisse un colpo, quando la Nishiguchi ha fatto il suo nome ed è entrata in aula. Anzi, a un certo punto ho temuto persino che intendesse confessare che era lei, la vera colpevole...-

Al che, Mokuba non poté fare a meno di rivedere l'espressione sempre più sconvolta che suo fratello aveva assunto nel corso della testimonianza di Keira, finendo sfrontato per scoppiargli a ridere in faccia come invece, al momento, non aveva potuto fare liberamente.

-Sì, in effetti Keira è stata proprio una brava attrice.-

Suo fratello roteò gli occhi, sbuffando.

-Anche troppo.- sospirò con fare estenuato -Quella benedetta ragazza è una continua fonte di sorprese... Ma mi auguro sinceramente che questa sia l'ultima, perché non so se i miei nervi riuscirebbero a reggerne un'altra simile.-

-Mi spiace dovertelo dire, ma temo che la tua sia una vana speranza.- ironizzò, per poi fare una breve pausa e cambiare tono del discorso -Dopotutto, lei è troppo... speciale. Lo sai che è speciale, vero?-

Seto allora sollevò gli occhi azzurri dalla tavola, fissandoli seri nei suoi.

-Sì, certo che lo so.- rispose con ovvietà.

-Dovresti farlo sapere anche a lei.-

Quel consiglio gli sfuggì incontrollato dalle labbra, prima ancora che potesse pensarlo, ma mai altro momento gli era sembrato più opportuno per darglielo. L'espressione di suo fratello allora si indurì, tanto che per un attimo temette gli avrebbe risposto che lui, invece, avrebbe dovuto farsi gli affari suoi. Ma poi, con suo enorme stupore, lo vide alzarsi da tavola rassegnato e, prima di voltarsi per andare da lei, se ne uscì con un'ammissione che sarebbe rimasta impressa per sempre nei suoi annali.

-Odio quando hai ragione.-

 

[perché forse
tu stai per essere quella che mi salverà

e dopotutto
tu sei il mio muro delle meraviglie]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Ok, anche stavolta sono scivolata nell'angst, ma dovrei avervi risollevato progressivamente il morale verso la fine, no? Anyway, al di là della narrazione, il filo conduttore delle tre scene è la focalizzazione sulle tre persone più importanti nella vita di Seto, quelle che più gli hanno insegnato il significato dell'amore in tutte le sue forme. Anzi, devo ammettere che la gran parte delle riflessioni che ho fatto le ho realizzate nel momento stesso in cui le ho scritte e, stranamente, non mi sembravano neanche troppo balzane... Chiaro che poi vox populi vox dei, e che spetta a voi il giudizio finale.

Grazie infinite della lettura, ci rivediamo su questi lidi tra una settimana esatta, con un capitolo che vi anticipo sarà di una lunghezza spropositata... Ma per forza: Battle City 3rd edition is coming!

Lot of kisses,

- Evee

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Capitolo 7
*** Acquiesce ***


VI - Acquiesce

 

{Because we need each other
We believe in one another
And I know we're going to uncover
What's sleepin' in our soul
}

 

Mokuba sbuffò, enormemente scocciato.

Era più di un'ora che stava cercando di contattare Seto, ma il telefono del suo ufficio continuava a squillare a vuoto, e lo stesso dicasi del suo cellulare. Gli aveva pure scritto un sms, casomai si trovasse in riunione, senza la benché minima risposta. E lui doveva assolutamente ottenere il suo permesso per andare al cinema, quella sera. A Seto non era mai andato che facesse uscite infrasettimanali che potessero trattenerlo fuori casa oltre le undici, ma un suo amico era riuscito a mettere le mani sui biglietti per l'anteprima del nuovo film di Batman, e lui pur di esserci era pronto anche ad inginocchiarsi e lucidare entrambe le scarpe a suo fratello.

Peccato solo che Seto decidesse sempre di non rendersi reperibile proprio quando aveva bisogno di lui.

Probabilmente, essendo appena rientrato alla KC, aveva preferito separarsi dal suo Blackberry per concentrarsi meglio sul lavoro ed evitare distrazioni o scocciatori di sorta. Così, all'ennesima telefonata senza esito, Mokuba lo maledisse e si risolse a chiamare la sua segretaria per lasciargli solo un messaggio, e tanti saluti.

-Kaiba Corporation. Come posso esserle d'aiuto?-

-Sono Mokuba. Stavo cercando mio fratello...-

Prima però che potesse aggiungere altro, la donna lo interruppe con una rivelazione inattesa.

-Oh, salve signorino. Guardi, al momento il signor Kaiba non è raggiungibile perché è impegnato al Dipartimento di Ricerca e Sviluppo con una prova al simulatore, e mi ha detto che non vuole essere disturbato per nessuna ragione... Ma appena torna provvederò ad avvisarlo che gli voleva parlare. Desidera lasciargli detto qualcosa, nel frattempo?-

Mokuba però non udì nemmeno quest'ultima domanda, perché alla scoperta dell'attività che stava occupando suo fratello aveva scostato il suo Samsung Galaxy dall'orecchio e l'aveva guardato con aria stralunata, domandandosi come facesse un cellulare nuovo di zecca a giocare simili scherzi. Ma forse era la segretaria, ad aver capito male. Da quando aveva smesso di duellare, suo fratello si era sempre rifiutato persino di verificare di persona la resa degli ologrammi delle nuove carte che ogni tanto l'Industrial Illusions metteva sul mercato, per cui doveva esserci stato un qualche fraintendimento.

-Mi scusi, mi può ripetere dov'è andato mio fratello?-

-Al Dipartimento di Ricerca e Sviluppo. Non vorrei sbagliarmi, ma credo abbia detto proprio per testare di persona le carte che ci ha mandato l'I2 il mese scorso...-

Il ragazzino tolse ancora il suo cellulare dal padiglione auricolare, ma questa volta per chiudere la telefonata e correre senza ulteriori indugi alla ricerca del proprio autista, perché lo portasse subito, no intendeva proprio subito e che cavolo non mi faccia perdere altro tempo, alla Kaiba Corporation.

Dopo avergli ingiunto sotto minaccia di superare qualunque limite di velocità e il suo miglior tempo di percorrenza del tragitto casa-ufficio, si scaraventò fuori dalla limousine, sfrecciò come un matto appena fuggito dal manicomio per i corridoi della KC, ed anche con tutto l'aspetto perché, se ne rese conto solo allora, non si era nemmeno cambiato la tuta, e frenò con uno stridio e un maldestro scivolamento su un pavimento troppo lucidato davanti all'ingresso al R&D Department. Riguadagnato l'equilibrio e la sensibilità dopo una botta al sedere davvero poco dignitosa, ma a cui per fortuna avevano assistito solo le telecamere di sicurezza, digitò il codice d'accesso che per poco aveva rischiato di dimenticare a seguito di un trauma cranico e varcò impaziente la porta a scorrimento che si aprì al suo comando.

Il suo ingresso fu impetuoso quanto la voce che subito l'accolse, assai poco benevolmente.

-Ehi, fuori di...- sbottò Keira, per poi ammutolire mortificata appena lo riconobbe -Oh, Mokuba. Scusami, credevo fosse di nuovo qualche rompiscatole.-

Ma l'attenzione del ragazzino era stata immediatamente calamitata da qualcosa che non credeva più di poter rivedere. Al di là del vetro della sala di controllo, dentro a un'arena da più di un anno in disuso, c'era suo fratello. Con il Duel Disk fieramente al braccio, con delle carte di Magic and Wizards tra le mani, con gli occhi che gli brillavano eccitati alla vista dei suoi ologrammi, con quel sorriso felice che gli distendeva sempre il volto quando veniva preso da un duello.

-Non è possibile...- sussurrò, sfiorando la vetrata con incredulità -Ha davvero deciso di tornare a duellare? Di utilizzare ancora il Blue-Eyes White Dragon?!?-

Keira gli si avvicinò, stringendosi in una smorfia imbarazzata.

-Sì e no. Sono riuscita a convincerlo a partecipare a Battle City, ma purtroppo gli è materialmente impossibile giocare ancora i suoi Blue-Eyes, perché per causa mia non li possiede più...-

-Eh?- la guardò confuso il ragazzino.

D'un tratto, si ritrovò in compagnia dell'ormai familiare sensazione di essersi perso qualche puntata.

-Sì, beh... E' una lunga storia. Piuttosto assurda e complicata, aggiungerei.- fece lei, evasiva.

Mokuba allora le scoccò un'occhiata maliziosa.

-E che inizia dall'Antico Egitto, magari?-

La ragazza allora spalancò contemporaneamente la bocca e i suoi grandi occhi blu.

-Come...?!?- esclamò attonita -Sai del nostro passato?-

-Non è l'argomento di conversazione preferito di Seto ma... sì.- si decise a rivelarle -Non puoi neanche immaginare quante volte siamo finiti nei guai per quella faccenda, e quante altre persone di nostra conoscenza sono delle reincarnazioni di anime vissute in quell'epoca.-

-Tuo fratello me ne ha dato un'idea.- gli ammiccò lei -A quanto pare, anch'io sarei una di queste.-

Mokuba le sorrise di rimando.

-Ci avrei giurato. Anzi, l'avevo capito subito chi eri... Assomigli davvero troppo al Blue-Eyes White Dragon, sai?-

Keira piegò la testa a lato, portandosi una ciocca di capelli dietro a un orecchio con evidente disagio.

-Veramente, secondo Seto si tratterebbe del mio spirito. E' del parere che nell'Antico Egitto sia stato separato dalla mia anima, intrappolato in una tavola di pietra e poi trasferito dentro alle sue carte dal tizio che le ha disegnate utilizzando una qualche strana magia...-

Il ragazzino socchiuse le labbra, traendo subito le dovute conclusioni da quella rivelazione.

-Ah. Ti riferisci a Pegasus e al suo Occhio del Millennio?- chiese conferma, cercando di non ripensare a quando la sua anima aveva ricevuto un trattamento analogo.

-Sì, ecco, lui.- annuì la ragazza con maggiore decisione -So che non ha alcun senso, però... come ho preso in mano quelle carte sono stata colta da una visione della mia vita passata, e quando mi sono risvegliata le immagini dei Blue-Eyes erano svanite, quasi che il loro spirito fosse ritornato dentro di me.-

-Ha molto più senso di quanto credi, fidati.- la rassicurò allora il ragazzino -Devi sapere che anche a Seto quelle carte provocavano delle visioni, quando le giocava in duello. Praticamente sempre, dopo aver visitato il Mondo dei Ricordi del Faraone... ma questa è un'altra lunga storia.-

Keira lo guardò in modo strano, non incredulo ma comunque perplesso.

-Sì, lo so bene quanto. Ci ha impiegato una notte per raccontarmela... Però non me l'aveva mai detto, questo.- mormorò piano, mordendosi un labbro.

-Me l'immaginavo.- sospirò il ragazzino, scuotendo la testa -Ma è proprio per quello che aveva smesso di duellare. Lui è sempre stato proiettato verso il futuro, non gli è mai piaciuto rievocare eventi passati... specialmente se spiacevoli. Per cui dopo aver scoperto quelli della sua vita precedente, trovarsi costretto a ricordarli, quasi a riviverli, è stato... troppo, per lui.-

Probabilmente se Seto avesse potuto sentirlo in quel momento l'avrebbe ucciso seduta stante, ma non riuscì a trattenersi. Era giusto che Keira lo sapesse, per evitare che, rimanendone all'oscuro, commettesse il suo stesso errore e finisse per fraintenderne il comportamento, per fargli pressioni sgradite. Non voleva che tra loro si creassero degli attriti, proprio quando sembravano aver trovato una loro armonia.

-Lo capisco.- sospirò allora Keira, socchiudendo gli occhi addolorata -Anch'io non desidero rivedere mai più quello che ci è successo. E' stato così straziante, che mi fa male solo al pensiero... Non mi stupisce che Seto sia stato disposto a una simile rinuncia, pur di dimenticarlo.-

Benché incuriosito, le sue parole lo intristirono così tanto che non se la sentì di chiederle più nei dettagli cosa fosse successo loro nell'Antico Egitto e, forse, era meglio che non ne venisse mai a conoscenza. Quel poco che aveva saputo da suo fratello gli era bastato per capire che si era trattato di un avvenimento davvero tragico per entrambi, e comunque troppo carico di implicazioni sentimentali per potersi permettere di impicciarsi. Tuttavia, proprio perché sapeva che il loro legame era tutt'altro che storia passata, si sentì in dovere di tranquillizzarla al riguardo, per quel poco che sapeva e che si sentiva di poterle confidare senza tradire eccessivamente il riserbo di suo fratello.

-Sì, ma credo che neppure così sia riuscito a scordarlo del tutto, e che anzi non avrebbe mai potuto esserne capace... Perché si ricordava di te ancor prima di esserne consapevole, già quand'eravamo bambini e abbiamo scoperto il Magic and Wizards. Il Blue-Eyes è stato sin dalla prima volta che l'ha visto il suo mostro preferito, la carta per lui più preziosa di tutte. L'ha sempre voluto nel suo deck, e anche quando si è deciso a non utilizzarlo più ha preferito smettere di duellare, piuttosto che sostituirlo con un altro.- le spiegò, per poi fare una pausa e osare un'ultima considerazione -Non ha mai voluto dimenticarti per davvero.-

Al che Keira abbassò il viso, su cui scivolarono alcune ciocche argentee a nascondere alla vista il rossore che le aveva tinto le guance. Mokuba allora tornò con lo sguardo su suo fratello, domandandosi se non avesse forse parlato anche troppo... Ma in fondo le aveva solo detto quello che era sotto gli occhi di tutti, e di cui altrimenti lei non si sarebbe mai resa conto da sola. Per quanto Keira fosse abbastanza perspicace e simile a Seto per comprendere come ragionava, per riuscire ad intuirne sentimenti che a stento riconosceva lui stesso servivano duri e lunghi anni di esperienza conquistata sul campo. Anche se, nonostante l'imperscrutabilità di suo fratello, quella ragazza sembrava essere comunque capace di prenderlo per il verso giusto.

-Come hai fatto?-

Keira rialzò lo sguardo, sbattendo le palpebre.

-Che intendi?-

-Come l'hai convinto a duellare ancora?- ripeté, puntualizzando la sua domanda.

Lei abbozzò un'alzata di spalle.

-Beh... Mi sentivo troppo in colpa per averlo privato delle sue carte, così ho provato a cercarne un'altra che fosse abbastanza adatta per sostituirle.- gli spiegò con semplicità.

-Davvero?- gli sfuggì, tanto ne fu sbalordito -Sai giocare a Magic and Wizards?-

A quella scoperta aveva assunto un'espressione così ridicola da strapparle addirittura un più che raro moto d'ilarità.

-Non ci capisco un accidenti, a dire il vero.- ridacchiò, spazzando via con una mano quell'idea -Anzi, probabilmente avrei finito per rinunciare se, quasi per caso, non ne avessi trovata una e... non so, appena l'ho vista ho capito subito che era quella giusta per lui.-

Mokuba aggrottò le sopracciglia, ancora più sbigottito. Seto non aveva mai voluto saperne nulla di utilizzare altri mostri al posto del Blue-Eyes, ed ora si lasciava convincere con tanta leggerezza? Per quanto avesse un debole per Keira, non lo credeva proprio capace di accettare un suo consiglio in quell'ambito a lui così strettamente riservato e personale. A meno che non si fosse trattato di una proposta talmente buona che avrebbe potuto convincerlo anche da solo, se ne avesse avuto l'idea per primo.

-Quale carta?- volle interrogarla allora su quel punto così decisivo.

Keira si limitò ad un sorriso malizioso, e tornò a rivolgere l'attenzione al gioco di suo fratello.

-Quella.- gli disse poi, indicando senza incertezze la carta che aveva appena pescato.

E che Seto non tardò a giocare, sacrificando con prontezza e impazienza i due mostri che aveva sotto il suo controllo. Per la precisione, li stava synchronizzando, preparandosi ad un tipo di evocazione speciale che richiedeva si offrissero come tributi un mostro di tipo Tuner e almeno un altro il cui livello, sommato al primo, fosse pari a quello del mostro Synchro che si intendeva giocare dall'Extra Deck. Una specie di Fusione, insomma, ma che Mokuba sapeva non era mai stata molto gradita a suo fratello, così affezionato alle tecniche più tradizionali. Tuttavia ogni sua perplessità svanì all'istante non appena lo sentì pronunciare il nome del drago che intendeva evocare, e venne convinto appieno quando ne vide apparire l'ologramma in tutto il suo fulgido splendore assieme ad un sorriso entusiasta sulle labbra di Seto. Anzi, in quell'istante ebbe la certezza che non si sarebbe mai pentito di quella scelta, che non avrebbe mai più smesso di duellare e che non se ne sarebbe mai separato, proprio come se si fosse trattato del suo buon vecchio Blue-Eyes. Perché se quello rappresentava il suo passato, questo incarnava tutto il suo futuro.

Sorrise, infinitamente commosso e immensamente rincuorato.

-Non è vero.- gli sfuggì dalle labbra.

Keira si voltò all'improvviso verso di lui, abbastanza vicina per averlo sentito ma non abbastanza a parte dei suoi pensieri per aver colto quello che intendeva.

-Che?-

Mokuba allora le ammiccò con aria significativa.

-Non l'hai trovata per caso.-

 

*

 

La terza fu un'edizione di Battle City così grandiosa che sarebbe passata alla storia.

Non solo suo fratello, ma tutti i loro vecchi amici decisero di partecipare. Anzi, furono così tante le richieste di iscrizione che alla fine Seto volle permettere a tutti l'accesso alla prima fase, senza effettuare alcuna preselezione. Così, quella che infuriò per tre giorni consecutivi per le strade di Domino fu una vera e propria guerriglia urbana, invase da duellanti provenienti dai quattro angoli del pianeta e pronti a tutto pur di accaparrarsi le nove vittorie necessarie ad accedere alla competizione vera e propria; quasi una corsa contro il tempo, trattandosi di un privilegio concesso solo ai primi 30 che avessero conquistato i necessari badge di riconoscimento degli avversari sconfitti. E quella era la sola posta in gioco, perché per la prima volta suo fratello decise di espungere dal regolamento l'anti rule, che obbligava in caso di sconfitta a cedere all'avversario la propria carta più rara. La sua motivazione ufficiale fu che non ce n'era nessuna che gli interessasse vincere, dato che Yugi aveva deciso di non utilizzare le Divinità Egizie per una propria esigenza di fair play, ma Mokuba sospettava che la verità fosse che non voleva correre il minimo rischio di perdere il suo Azure-Eyes Silver Dragon. Anzi, forse non gli andava nemmeno di metterlo in palio, avendo finalmente capito quanto le carte non fossero dei semplici strumenti ma avessero davvero un loro cuore, uno proprio ma anche e soprattutto quello del duellante che sceglie di riporre in esse tutta la sua fiducia ed affetto.

Chiaramente, per Seto quella fase fu poco più di una semplice passeggiata, eppure per Mokuba era sempre stata la prediletta, essendogli affidata la responsabilità di vigilare sul rispetto delle regole e soprattutto il potere di squalificare chi era così idiota da credere di poter barare facendola pure franca. E in quello si rivelò più agguerrito ed inflessibile che mai: non esisteva proprio che qualcuno osasse rovinare ancora il torneo nella cui organizzazione suo fratello si era così tanto speso prima, durante e dopo i mesi che aveva trascorso in carcere...

Questa volta, non ci sarebbero stati giochi delle ombre, ladri di carte, sadici assassini o pazzi mitomani: ci sarebbero stati solo i duellanti con i loro deck, e che potesse vincere davvero il migliore.

Dunque, il ragazzino rinunciò ad assistere ai primi duelli di Seto per farsi massimo garante dell'ordine, confidando ciecamente nella sua più che scontata qualificazione e sulla vigile protezione di Keira, la sua ombra luminosa, che lo seguiva paziente ovunque le sue infaticabili gambe decidessero di spingersi. E, infatti, lui fu uno dei primi a raggiungere la baia dove attendeva ormeggiata la nave da crociera su cui, per i tre giorni seguenti, si sarebbe svolto il secondo e ancora più combattuto girone di eliminatorie. Come tradizione i partecipanti ai vari scontri vennero estratti a sorte, e come prevedibile ad arrivare imbattuti alle semifinali furono Seto, Yugi, Jonouchi e... una ragazzina così imbranata e fuori di testa che davvero Mokuba non riuscì a capacitarsi di come avesse fatto a vincere anche solo un duello.

Ma, considerando la sua ossessione per la Black Magician Girl e soprattutto la sua assurda somiglianza con quella carta, non si trattò di una circostanza poi così stupefacente, anzi...

Comunque, il settimo ed ultimo giorno la nave li portò a destinazione, premurandosi subito dopo di rispedire a Domino tutti gli altri miseri perdenti affinché si levassero di torno, e i penultimi, attesissimi duelli ebbero finalmente inizio. L'ambientazione prescelta era davvero suggestiva, perché suo fratello aveva insistito per una struttura così essenziale da risultare addirittura spiazzante, considerato il suo gusto per la megalomania: si trattava di una semplice piattaforma sopraelevata, ma con la peculiarità di essere realizzata interamente in cristallo. Perché, pur avendogli fatto presente il rischio non irrisorio che potesse mettersi a piovere, Seto fu irremovibile nel suo voler permettere all'azzurro nitido del cielo di incontrarsi e confondersi con il blu profondo dell'oceano sottostante. E per fortuna il meteo decise di regalar loro una giornata di sole, così tutti, superata l'iniziale sensazione di vertigine trasmessa dall'essere sospesi a vari metri d'altezza dal pelo dell'acqua, furono entusiasti della sua idea... tutti, eccetto Jonouchi, che continuava a gettare occhiate diffidenti ai loro piedi, nel suo fermo convincimento che lì sotto ci fosse un'orda di pescecani in trepidante attesa di fare degli sconfitti il proprio spuntino pomeridiano. Ma, come ebbe modo di appurare una volta ottenuta la tanto agognata chance di rivalsa contro Seto, da cui uscì letteralmente schiacciato senza che avesse neppure bisogno di evocare l'Azure-Eyes, non finì per precipitare dentro a nessuna botola invisibile, ed il solo spargimento di sangue che venne sventato fu quello tra Keira e Mai, che trascorsero tutto il loro duello prima squadrandosi in cagnesco e poi, dopo i primi commenti sgraditi, rischiando seriamente di venire alle mani, insultandosi con un'animosità da far impallidire persino i rispettivi ragazzi. Mokuba, comunque, fu abbastanza avveduto da seguire Shizuka nelle retrovie a tifare ben più civilmente per i loro fratelli, abbandonando le curve in mano a quelle due specie ultras in gonnella...

Le donne quando vogliono sanno essere veramente tremende.

Su toni ben più sereni si svolse invece lo scontro tra Yugi e quella Mana sbucata dal nulla, con cui però il primo scherzava sorridente come se avesse appena ritrovato una vecchia amica d'infanzia. Ma, anche se si trattava di una signora, il “Re dei Giochi” non si fece troppi scrupoli a fare piazza pulita del suo Spellcaster deck per aggiudicarsi il proprio meritato posto in finale. Un posto che gli spettava quasi di diritto, come a suo fratello spettava il privilegio di occupare l'altro perché si potessero infine sfidare di nuovo, proprio come ai vecchi tempi. Anzi, come fu chiaro a tutti quando, al tramonto, venne a prelevarli il jet della KC per condurli sul luogo destinato ad ospitare lo scontro finale, Seto era sempre stato convinto che sarebbero stati loro due a fronteggiarsi, perché atterrarono nientemeno che dentro all'arena dove si erano sfidati per la prima volta utilizzando i suoi ologrammi, il giorno dell'apertura di Kaiba Land. Lì dove tutto aveva avuto inizio, e dove ora avrebbero inaugurato la loro nuova era come duellanti.

Seppur senza rendersene conto e in un modo tutto suo, Seto era davvero un inguaribile romantico.

 

*

 

Il duello finale non fu un semplice spettacolo, fu un vero e proprio incanto.

Uno dei tanti fattori che contribuirono a creare l'atmosfera in cui si ritrovarono immersi fu sicuramente quella di dar inizio allo scontro solo una volta che il Sole fosse completamente tramontato, in modo da realizzare dei fantastici effetti di luci ed ombre all'interno dello stadio. La platea semicircolare venne illuminata dall'alto, mente lo spazio dell'arena solo da alcuni faretti inseriti nella pavimentazione e disposti in modo da perimetrare il terreno di gioco. Il resto l'avrebbero fatto i Duel Disk e, soprattutto, le creature che sarebbero state evocate, affinché non apparissero dei semplici ologrammi ma quasi come una vera e propria magia.

Ma, chiaramente, se fu l'ambientazione a rendere speciale l'evento, ciò che lo rese davvero unico fu il fattore umano: non erano mai esistiti altri duellanti altrettanto abili, famosi e carismatici come quelli che si sarebbero sfidati di lì a momenti, tanto che il pubblico era materialmente diviso in due fazioni, a tifare per i rispettivi idoli brandendo striscioni e facendo partire cori da stadio non senza una certa inventiva. Se a ciò si aggiungeva l'importanza del titolo in palio e la storica, animosa rivalità tra i due contendenti, era eufemistico dire che sia l'attesa che la tensione erano alle stelle. Anzi, facendo leva proprio su queste, Seto aveva voluto non mettere a disposizione per la prevendita i posti migliori, ma piazzarli all'asta una volta resi noti i nomi dei finalisti, assicurandosi così uno stadio tutto esaurito e dei guadagni davvero pazzeschi. Senza contare che, oltre ai ricavi derivanti dai biglietti, nelle casse della KC entrarono yen a fiumi anche grazie alla cessione alle emittenti di tutto il mondo dei diritti per trasmettere in diretta l'evento.

Con tutti quegli occhi puntati su di sé, quando fece la sua comparsa nell'arena accompagnato da un boato e da uno scroscio di applausi, suo fratello era oltremodo raggiante. E non si sforzò nemmeno di nascondere tutto il compiacimento che gli si dipinse in volto nel ricevere una simile adorazione... Ma, dopotutto, se era sempre stato affetto da manie esibizionistiche e aveva sempre desiderato non trovarsi semplicemente al centro dell'attenzione, ma esserne lui il perenne fulcro catalizzatore, la ritrovata possibilità di camminare fiero a testa alta non per contrastare il disprezzo da cui era stato attorniato negli ultimi mesi, ma per godersi tutto il meritato rispetto che si era così faticosamente conquistato, era per lui una sensazione davvero inestimabile.

Yugi, invece, probabilmente avrebbe pagato qualsiasi cifra contenesse il suo salvadanaio pur di poter sfuggire a una simile pressione psicologica. Era il Faraone che in situazioni simili pensava a fare le sue veci, mentre lui se ne rimaneva nascosto, partecipando nell'ombra, per cui il suo turbamento fu più che palese: per poco non inciampò nei suoi stessi piedi nel raggiungere la propria postazione, e divenne letteralmente paonazzo nel sentirsi osannare dai suoi fan, cui abbozzò un sorriso tremolante e un timido saluto con la mano. Non molto espansivo, ma comunque ben più caloroso di suo fratello, che aveva bellamente ignorato i propri con algida superiorità. Comunque, Mokuba era abbastanza sicuro che tutto l'imbarazzo del suo amico si sarebbe dissolto non appena avuto modo di attivare il Duel Disk, perché da allora sarebbero esistiti solo lui, Seto e le loro carte.

E già il vederli fronteggiarsi con lo sguardo carico di determinazione che si scambiarono vicendevolmente lasciava presagire uno scontro davvero epico. Mai come in quell'occasione Mokuba ritenne appropriata la nuova divisa da battaglia di suo fratello, così nobile ed immacolata che sembrava essere lui, la fonte della luce che lo rendeva visibile. Yugi, invece, indossava i suoi caratteristici pantaloni in pelle, accessori borchiati e maglietta nera, risultando nel complesso così scuro che, se non fosse stato per i suoi occhi vermigli, si sarebbe di certo confuso nella penombra. Per questo gli apparvero quasi come quelli di una fiera iniettata di sangue, ben nascosta e in attesa dell'istante giusto per gettarsi sulla propria preda, cogliendola impreparata per sopraffarla.

Deglutì, giusto un filino inquietato.

Non ci saranno state in gioco le sorti del mondo, ma il ragazzino non poté fare a meno di compiere un'associazione di colori: bianco e nero, luce ed oscurità. Come gli elementi delle loro vecchie carte preferite. Paradossale, considerando quanto invece fossero rispettivamente d'animo cupo e tormentato l'uno, candido ed innocente l'altro... Ma si sa, gli opposti si attraggono: come Seto aveva sempre, costantemente agognato alla perfetta purezza incarnata dal Blue-Eyes White Dragon, così Yugi era sempre stato attirato non solo dalla sua metà più oscura, ma dal Male in generale, per poterlo combattere nella speranza però di non doverlo anche distruggere, bensì di riuscire a riportarlo sulla strada del Bene.

Comunque, al dì là delle riflessioni quasi filosofiche in cui si perse nell'attesa e volendo essere ben più terra terra, suo fratello era il più figo di tutti, e avrebbe sfidato chiunque a dire il contrario. Anzi, in quel momento apparve ai suoi occhi così stratosferico che decise che l'anno seguente avrebbe indossato anche lui il suo stesso completo, per beneficiare, sia pur solo di riflesso, di tutta la sua regalità. Per quanto consapevole che la sua sarebbe stata solo apparenza, mentre in fondo Seto lo era realmente, un vero sovrano: Yugi sarà anche stato il “Re dei Giochi”, ma apparteneva a lui ed aveva costruito lui l'impero di tutto ciò che serve per duellare. E poi, anche se si era sempre chiamato lo spirito nel Puzzle del Millennio “Faraone”, chi è che ha regnato sull'Antico Egitto per davvero, eh? Lui per quanto se n'era stato seduto sul trono, cinque secondi? Andiamo, Atem avrà anche salvato l'umanità, ma tutta la fatica di mandarla avanti l'aveva fatta suo fratello!

E che cavolo, perché nessuno se ne ricordava mai?!?

 

*

 

Il piacere dell'attesa non fu neanche paragonabile al gusto del piacere vero e proprio.

Ovviamente, a lui e ai suoi amici erano riservati i posti in tribuna d'onore affinché se lo potessero godere appieno. Mokuba si era così ritrovato seduto tra Jonouchi e quella esagitata di Mana, che ad ogni mossa di Yugi attaccava a gridare come una sirena spiegata, tanto da iniziare a temere che, se il duello non si fosse concluso entro breve, avrebbe finito per diventare sordo all'orecchio sinistro. Indubbiamente avrebbe preferito avere al proprio fianco Keira, ma tutti avevano ritenuto più opportuno mettere la maggiore distanza possibile tra lei e Mai prima che scoppiasse una rissa... In realtà la ragazza avrebbe voluto rimanere nell'arena per continuare a vigilare su Seto, ma il diretto interessato aveva deciso di dispensarla dai suoi doveri perché andasse ad assistere assieme a loro allo spettacolo, accompagnando l'ordine con la minaccia che, se non ci fosse andata con le buone, l'avrebbe trascinata a forza fin sugli spalti. Impresa che non sarebbe di certo riuscito a conseguire se lei gli avesse opposto seriamente resistenza, anziché esser sempre così arrendevole ai suoi ordini... Ma, nonostante tutta la sua ubbidienza, questo non le impedì di continuare comunque a tenere gli occhi fissi più su di lui che sul duello, e fu solo grazie ai ripetuti commenti in cui veniva coinvolta da Mana se, superata l'iniziale ritrosia, riuscì infine a rilassarsi. Anzi, Mokuba le fu infinitamente grato che così distogliesse almeno un po' da lui l'attenzione della ragazzina, che altrimenti avrebbe finito per distrarlo proprio nella fase più cruciale del torneo e dello scontro in atto.

Dopo una lotta senza esclusioni di colpi, la situazione era ancora di pieno pareggio, 1000 Life Points a testa. I mostri drago con cui Seto aveva voluto rigorosamente costruire il suo deck erano mediamente più forti di quelli di Yugi, però numerosi di questi ultimi avevano la peculiarità di poter aumentare di livello e, conseguentemente, anche la loro forza d'attacco, così il duello si era svolto in maniera davvero molto equilibrata. Forse non c'era la stessa tensione e rivalità che avevano sempre contraddistinto le sfide con il Faraone, ma nessuno dei due volle risparmiarsi minimamente, puntando a dare il massimo dell'entusiasmo e della determinazione per vincere. Anzi, forse era proprio il loro ormai consolidato rispetto reciproco che rendeva quella sfida così bella, al di là delle loro tecniche più che eccezionali. Anche se, pur cercando di fare uno sforzo d'impersonalità, quelle di suo fratello continuavano a sembrargli le migliori. Ed infatti al momento era in vantaggio lui, potendo vantare sul terreno di gioco l'Alexandrite Dragon e una carta coperta, mentre Yugi non aveva più in campo un bel niente... Tuttavia, come l'esperienza insegna, nel Magic and Wizards non c'è partita messa così male da non potersi salvare pescando la carta giusta, e in quello il loro amico era sempre stato un vero maestro.

Ed infatti, non appena fu il suo turno ed aggiunse alla mano quella appena pescata, il suo sguardo brillò d'eccitazione.

-Dunque, per prima cosa attivo la carta magia Monster Reborn, con cui scelgo di resuscitare Horus the Black Flame Dragon LV 6!- esclamò.

Alla sua evocazione, apparve in un turbinio infuocato una già vista, gigantesca aquila dorata, fronteggiando con fierezza il drago luccicante di Seto che, purtroppo, aveva 300 punti d'attacco in meno rispetto a quello di Yugi. Per cui già alla sua apparizione suo fratello strinse le labbra contrariato, preparandosi all'imminente distruzione dell'Alexandrite Dragon che, puntualmente, venne travolto dalla fiammata nera di Horus, facendo scendere i suoi Life Points a 700.

-Inoltre, avendo mandato al Cimitero un mostro avversario si è attivato il suo effetto speciale, che mi permette di farlo salire al livello 8!- annunciò Yugi con un sorriso soddisfatto.

Ed appunto, con una vampata improvvisa l'apertura alare dell'aquila reale si ampliò e, soprattutto, la sua stazza diventò decisamente spaventosa, fino ad incombere minacciosa su suo fratello, ormai privo di difese. Dal pubblico si sollevò un'esclamazione di stupore, tuttavia Seto non si scompose minimamente e nemmeno Mokuba, confidando che avesse già un piano per riprendere il controllo della situazione.

Cosa che appunto provvide a fare una volta che Yugi gli passò la mano.

-Non cantare vittoria, perché ora evoco Powered Tuner...- annunciò Seto, facendo apparire un enorme serpente marino dall'aria alquanto feroce -Quindi gioco la carta magia Bellow of the Silver Dragon, con cui posso far tornare sul terreno un mostro normale di tipo drago dal mio cimitero... E io scelgo Darkstorm Dragon!-

-Ma... non è un mostro ad effetto?- domandò allora Yugi, piegando il capo perplesso.

Seto abbozzò un sorriso sarcastico.

-Certo, ma uno dei suoi effetti è proprio quello di poter essere considerato come una carta mostro normale...-

Così, in un turbinio furioso ricomparve in campo il drago color nero pece dall'aria sanguigna che Yugi era riuscito a distruggergli all'inizio della partita. E, probabilmente, l'avrebbe fatto di nuovo, visto che aveva solo 2700 punti d'attacco, mentre Horus ben 3000... Tuttavia, suo fratello era troppo lungimirante per non averlo già tenuto in debita considerazione, e soprattutto Mokuba l'aveva già visto utilizzare abbastanza volte quella che era diventata la sua nuova combo prediletta per sapere che, se giocava quella carta magia, non era per evocare il Darkstorm Dragon...

-Immagino che non sia tutto qui, vero?- gli domandò il suo avversario, con altrettanta perspicacia.

-Immagini bene...- rispose Seto con malizia -Perché ora intendo synchronizzare questi due mostri per evocare specialmente il mio Azure-Eyes Silver Dragon!-

Il ragazzino sorrise compiaciuto. Finalmente, le cose si facevano serie.

-Che mossa inutile, quel mostro è ancora più debole del drago che ha già in campo...- sentì commentare Mai, rivolta a Jonouchi.

Purtroppo, però, la sentì anche Keira, che si piegò subito in avanti scoccandole un'occhiata truce.

-Avrà solo 2500 punti d'attacco, ma è comunque la carta più forte del suo deck!- sbottò irritata -Quando viene giocato protegge tutti i mostri drago dagli effetti avversari, e all'inizio di ogni turno gli permette di rievocare un mostro dal suo Cimitero...!-

Avendo solo da poco scoperto le regole del gioco la sua non fu una spiegazione molto tecnica, ma fu indubbiamente la più fiera presentazione che si potesse fare dell'Azure-Eyes. Anche se l'altra ragazza non ne fu minimamente colpita, ed anzi le rispose con una smorfia sprezzante.

-Sai che roba... Continua a sembrarmi ridicolo, rispetto al drago di Yugi.-

Questa volta Mai parlò con il chiaro intento di provocare Keira, e per un secondo Mokuba temette davvero che quest'ultima le saltasse addosso per sgozzarla... Tuttavia aveva sottovalutato la sua pazienza e, soprattutto, quanto sapesse essere spietata quella ragazza all'apparenza così deliziosa. Cioè, per Mokuba lo era davvero, ma guai a toccarle Seto...

-Beh, sei tu la duellante...- si limitò a replicare, socchiudendo i suoi occhi blu con compostezza -Ma sai, fatico sempre a ricordarmelo perché, da come ti vesti, sembra proprio che l'attività cui ti dedichi maggiormente sia un'altra.-

Oh, cavolo.

Questa volta c'era andata giù davvero pesante.

Mokuba trattenne il fiato inorridito, scorgendo con la coda dell'occhio Mana sgranare gli occhi allibita, Jonouchi voltarsi di scatto con aria furibonda, e dietro di lui Mai balzare in piedi fremente d'indignazione, pronta a rispondere a Keira con tono ancora più offensivo e molto meno signorile.

-Brutta...- iniziò a gridarle addosso.

Ma per quanto fiato avesse in gola, ogni suo insulto venne coperto all'istante da un ruggito così potente ed inferocito da far tremare l'intero stadio. Ormai Mokuba l'aveva sentito così tante volte da riconoscerlo all'istante, eppure udirlo rimbombare in quel modo, amplificato al massimo dagli altoparlanti, gli ghiacciò il sangue nelle vene.

-Santo cielo!- sentì sussurrare da Mana, mai così senza parole.

E, per una volta, il ragazzino fu d'accordo con lei. Non sarà stato potente e luminoso come il suo vecchio compagno d'avventure, ma il drago argentato che Seto aveva appena evocato era indubbiamente ben più imponente, e le sue zanne brutali erano terrificanti tanto quanto le sue squame brillavano come bellissimi diamanti acuminati. Mokuba aveva sempre considerato sin da piccolo il Blue-Eyes un mostro meraviglioso in modo impareggiabile, ma quello che aveva davanti era indubbiamente il più maestoso di tutti. E, giustamente, tra il pubblico serpeggiarono svariate esclamazioni ammirate e pure qualche applauso.

-Tzk. Tutta scena, come il suo proprietario.-

Questa volta, Keira non fu l'unica a voltarsi verso Mai con uno sguardo assassino.

-Ripetilo, se ne hai il coraggio...!- le sibilò a denti stretti, infuriato per un simile oltraggio.

-Mokuba, stanne fuori.- proruppe però subito la ragazza, levandosi in piedi per fronteggiare la bionda.

-Ahem... Ragazze...- sentì interromperle con voce tremolante Anzu, sporgendo la testa sopra la sua -Che ne dite se ci diamo tutti quanti una calmata, e ci rimettiamo a seguire il duello tranquilli?-

-Sì, per favore.- borbottò Honda al suo fianco -Non sono riuscito più a sentire una parola, da quando avete attaccato a litigare...-

-Io sì!- fece sapere da un angolo Bakura, senza che nessuno gli prestasse la benché minima attenzione.

-Io preferisco questo, di spettacolo...-

-Otogi, così non sei d'aiuto!- lo fulminò Anzu.

E Mai per l'appunto non desistette, ed anzi avanzò fino a pararsi davanti all'altra ragazza, esattamente di fronte a lui. Mokuba deglutì, sentendosi all'improvviso come un passante bloccato in mezzo alla carreggiata e destinato ad essere schiacciato a momenti dallo scontro frontale tra un'auto sportiva sparata a 200 all'ora e... boh, probabilmente per Keira il paragone con una mietitrice era più azzeccato.

-Tranquilla, Anzu... Sarò perfettamente calma, dopo averle strappato quella dannata parrucca che ha in testa e mostrato a tutti che razza di strega c'è nascosta sotto!-

All'incauto passante, sorse l'improvviso stimolo di tirarle un calcio anche solo per ammaccarle un po' la carrozzeria.

Keira, invece, ridacchiò tra sé sprezzante.

-Muoio dalla voglia di vedere come pensi di fare... Non hai paura di scheggiarti un'unghia?-

Mai allora tremò di rabbia, ma saggiamente scelse di non compiere gesti di cui si sarebbe pentita all'istante. E molto dolorosamente.

-Non ne varresti neanche la pena.- le sputò addosso, tornando a sedersi tra uno spaventato Jonouchi e una Shizuka sull'orlo di un mancamento con quanto più orgoglio le riuscisse di conservare -Vi meritate davvero, tu e quel dannato di Kaiba!-

Keira non disse nulla, ma si rimise al proprio posto con un lampante sorriso soddisfatto sulle labbra. E non per aver avuto la meglio sulla bionda, ma perché, senza neanche rendersene conto, le aveva appena fatto il miglior complimento che potesse mai desiderare di ricevere. D'altronde, benché avesse appena sentito maledire Seto, lei non aveva mai disconosciuto i suoi innumerevoli difetti e il suo lato più oscuro, ma lo amava comunque. Anzi, forse lo amava anche e soprattutto per quelli, senza giudicarlo o desiderarlo migliore. E lei era la sola che potesse farlo per davvero, perché era l'unica in grado di capirlo, e quindi di accettarlo così com'era... e così com'era anche lei, in fondo.

Sorrise a sua volta, e tornò con gli occhi sul duello assieme a tutti gli altri.

-Ehi, Mokie!- lo chiamò Mana, tirandogli una gomitata maldestra e dolorosissima nello sterno -Mi dici a cosa serve la carta che ha appena attivato tuo fratello, che me lo sono persa...?-

Il ragazzino le rivolse un'occhiata di sbieco perché primo, nemmeno suo fratello lo chiamava più in quel modo ridicolo da secoli, e secondo, in quanto fortemente combattuto tra il desiderio di soddisfare il suo lusinghiero interesse per il gioco di Seto e quello di ricambiarle il favore. Optò per una risposta verbale, ma solo perché sapeva che le donne non si sfiorano nemmeno con un fiore.

-E' una carta trappola continua, Castle of Dragon Souls...- borbottò accigliato -Bandendo un mostro drago dal cimitero, permette di aumentare fino alla fine del turno l'attacco di un mostro in campo di 700 punti. In questo caso, Seto ha scelto di escludere dal gioco il Light and Darkness Dragon, che pur essendo molto forte non potrebbe più evocare specialmente una volta distrutto... Ma potrebbe farlo se Yugi disattivasse la sua trappola, perché l'altro effetto della carta è proprio quello di permettere di evocare in tal caso uno dei mostri banditi con il primo.-

Mana allora tornò a voltarsi verso il centro dell'arena, la bocca mezza spalancata.

-Wow, forte...!- esclamò ammirata, per poi strabuzzare di colpo gli occhi -Cioè, no! L'Horus di Yugi...-

Mokuba sogghignò. Sì, era spacciato.

-Azure-Eyes Silver Dragon, vai! Schiaccia il mostro avversario con il tuo Blast Beam of Destruction!- gridò Seto, il braccio teso in avanti nel suo usuale, fantastico fare plateale.

Il drago argentato non se lo fece ripetere due volte, reclinò all'indietro la testa per caricare il colpo, e poi con uno scatto improvviso lo liberò dalle fauci, travolgendo Horus con un'esplosione che accecò l'intero stadio. Per qualche secondo parve quasi illuminato a giorno, e quando il cielo ritornò buio e i proiettori a distendere le varie ombre nell'arena, della gigantesca aquila dorata non restava che del fumo nero e di Yugi solo 800 Life Points.

-Bel colpo.- sentì commentare dal suo amico, con uno stupefacente spirito sportivo.

Seto lo scrutò con aria soddisfatta, portandosi le mani ai fianchi.

-Ti sfido a fare di meglio.-

Le labbra di Yugi si aprirono in un ampio sorriso.

-Andata!-

-Vai Yugiii!!! Siamo tutti con teee!!!- strepitò allora Mana, aggrappandosi alla ringhiera e sfiorando la soglia degli ultrasuoni.

-Mana!- le sbottò contro Mokuba, tappandosi le orecchie infastidito -E che cavolo!-

La ragazzina allora si voltò verso di lui, sbattendo ingenua i suoi dolciss... dannatissimi occhioni verdi.

-Ops...- ammutolì finalmente, portandosi una mano davanti alle labbra -Vuoi dirmi che ho gridato troppo?-

-No, volevo solo complimentarmi con le tue corde vocali. Perché non presenti tu Battle City l'anno prossimo, così risparmiamo sullo stipendio di Isono e sugli impianti audio?-

Lei però gli sorrise a trentadue denti e forse di più, affatto risentita.

-Dici davvero? Sarebbe grandioso!- esclamò estasiata -Potrei anche indossare un costume, ed intrattenere il pubblico con i miei trucchi di magia, che ne dici?-

Al che Mokuba non poté fare altro che coprirsi il volto con le mani, esasperato dall'idiozia di quella cosplayer che mentalmente non dimostrava nemmeno... non lo sapeva, perché anche a darle 5 anni sarebbe stato offensivo per qualunque bambino. Ma fu grazie a lei se in quel momento acquisì ufficialmente consapevolezza che poteva considerarsi fortunato, a non essere la reincarnazione di un'anima egizia, perché gli aveva offerto empiricamente la prova scientifica che quella caratteristica, sia pur così speciale ed affascinante nel suo mistero inafferrabile, recava come controindicazione dei gravi e preoccupanti disturbi della personalità che non si sentiva proprio di invidiare.

-Ehi, cosa fai! Ti perdi la vittoria di Yugi!- la sentì protestare, dandogli uno scossone.

Lui allora riaprì gli occhi, fulminandola all'istante.

-Sì, credici.-

Lei per tutta risposta puntò il viso verso il loro amico con sguardo adorante.

-Non è che lo creda... Lo so e basta.- ribatté convinta.

Mokuba continuò a guardarla torvo, indispettito dalla consapevolezza che quella stupida ragazzina aveva maledettamente ragione. Perché come Yugi pescò la sua carta, il modo con cui presero a brillare i suoi grandi occhi viola fu troppo inequivocabile.

-Preparati Kaiba, perché ora intendo evocare il mio Silent Magician LV 4 in posizione d'attacco!- annunciò con fare determinato.

Come ne posizionò la carta sul Duel Disk, un piccolo ed assurdamente tenero maghetto avvolto da una tunica scura, dal bordo cremisi e troppo grande per lui fece la sua timida comparsa nell'arena, deglutendo alla vista del drago che, al suo confronto, appariva ancora più massiccio.

-Oh, ma quant'è carino?!?- sentì sospirare Mana.

-Quel coso non è affatto carino.- mormorò cupo, memore del Duello Cerimoniale in cui l'aveva già visto all'opera -E' dannatamente pericoloso, invece...-

E per l'appunto anche Seto si stava già attendendo la mossa successiva del suo avversario.

-E...?- lo incalzò impaziente.

Yugi gli ammiccò in una maniera decisamente ereditata dal Faraone.

-E poi attivo la carta magia Level Up!, che mi permette di farlo evolvere subito nel mio Silent Magician LV 8!-

Un fascio di luce avvolse quel nanerottolo e, quando riapparve, al suo posto si ergeva un mago dai lunghi capelli e lo sguardo fiero, quello più fiero che un mostro di Magic and Wizards potesse mai avere. Anzi, anche dopo la sua trasformazione continuava ad essere circondato da una tale aura di misticismo che perfino l'Azure-Eyes parve piegare il capo al suo cospetto. Ma dopotutto, il drago di Seto aveva solo 2500 punti d'attacco, mentre il Silent Magician ben 3500...

-Eccolo!- esultò Jonouchi, alzando per aria un braccio vittorioso -Finalmente si è deciso a giocare il suo mostro più forte!-

-Io continuo a preferire il Black Magician.- mugugnò Mana -Sarà anche più debole, ma le combo con lui restano le più belle...-

Mokuba si limitò a socchiudere gli occhi con un sorriso, divertito dalle manie della ragazzina e per nulla d'accordo con lei. Anche se l'avevano utilizzato insieme per anni, il suo buon vecchio mago nero era sempre stato il fedele servitore del Faraone. Il Silent Magician, invece, Yugi se l'era conquistato da solo, assieme alla sua indipendenza e grazie alla forza che la sua altra metà aveva saputo infondergli fino a farlo crescere, fino a completarlo. Come Seto, era riuscito insomma a trovare un mostro davvero in grado di rappresentarlo, e non per la persona che avrebbe voluto essere, ma per come era diventato davvero grazie al suo esempio... Ed il fatto che questo l'avessero capito tutti e due, li rendeva ai suoi occhi entrambi vincitori, entrambi degni di incarnare lo spirito del vero duellante, come due facce di una stessa medaglia.

-Non affrettarti ad esultare, ti ricordo che ho ancora in gioco il mio Castle of Dragon Souls... Posso aumentare la mia potenza d'attacco abbastanza per sopravvivere al tuo attacco.- rinfacciò quella più arrogante.

-Sì, hai ragione...- ammise quella più gentile -Ma posso farlo anch'io, equipaggiando il mio mago con la carta magia United We Stand! Così, ora possiede ben 4200 punti d'attacco!-

Mokuba sospirò sconsolato, mentre al suo fianco Mana si era già messa ad inneggiare Yugi per il suo successo. Ma, per quanto fosse un'ammissione sofferta, aveva effettivamente appena vinto. Seto non aveva nulla sul terreno che lo potesse proteggere, e quell'attacco gli avrebbe inflitto più danni di quanti ne potesse sopportare... E la matematica non è un'opinione, purtroppo.

-Dunque, ora posso passare all'attacco?- chiese Yugi, non senza una punta di malizia.

Suo fratello corrucciò le sopracciglia nel modo più contrariato possibile.

-Vedi di darti una mossa.- gli ingiunse a denti stretti.

Yugi abbozzò un sorriso, dunque si rivolse al suo mostro.

-Silent Magician, è il tuo momento!- lo richiamò con entusiasmo -Attacco Silent Magic!-

Il mago parve quasi rispondergli con un cenno d'assenso, dunque puntò il suo bastone magico verso l'Azure-Eyes Silver Dragon. Notò con la coda dell'occhio che a quell'annuncio Keira aveva abbassato il capo, ed anche Seto socchiuse gli occhi per non dover assistere alla distruzione del suo drago. Tuttavia, con stupore generale, l'Azure-Eyes non venne affatto mandato in mille pezzi da un raggio del mostro di Yugi, ma semplicemente si dissolse nell'aria in un'infinità di puntini luminescenti, obbedendo alle parole di un incantesimo tanto silenzioso quanto potente. Non parve nemmeno che fosse uscito per davvero sconfitto da quello scontro, al punto che, quando anche l'ultimo barlume scomparve ed i Life Points di Seto scesero a zero, il pubblico aspettò ad esultare in segno di rispetto. Dunque, come pure il Silent Magician venne richiamato nel rispettivo deck, tutte le luci si abbassarono all'improvviso, lasciando lo stadio nel buio più completo. Si levò un brusio d'attesa, che venne prontamente sedato dalla ferma voce di Isono, resa ancora più altisonante dall'acustica degli altoparlanti.

-Signori e signore, duellanti e gentili spettatori...- attaccò energico -Dichiaro ufficialmente conclusa la terza edizione di Battle City! A nome della Kaiba Corporation, ringrazio tutti voi partecipanti che con entusiasmo e abilità avete contribuito a rendere grande questo torneo, nella speranza di poter confidare sulla vostra presenza anche l'anno prossimo. Nel frattempo, approfittatene per allenarvi e affinare le vostre tecniche, perché solo così avrete la possibilità di confrontarvi degnamente con l'attuale “Re dei Giochi”... A cui spetta il titolo, la vittoria, e soprattutto un più che meritato applauso. Yugi Muto, complimenti vivissimi: sei tu il nostro campione!-

E come concluse il suo discorso, una luce sfolgorante si accese sul loro amico, che venne inondato di applausi, ovazioni, coriandoli e soprattutto tantissimo imbarazzo. Paonazzo in volto abbozzò un inchino, dunque iniziò a salutare il pubblico timidamente, ma con un sorriso sulle labbra e gli occhi viola velati dalla commozione per il traguardo raggiunto. Nel frattempo l'illuminazione all'interno dello stadio riprese gradualmente intensità, e non appena ci fu sufficiente visibilità i suoi amici provvidero a sgombrare la tribuna d'onore per lanciarsi in un'invasione di campo, correndogli incontro.

Lui e Keira invece si fermarono poco sotto gli spalti, dove Seto si affrettò a raggiungerli per uscire di scena. Se fosse stato una locomotiva, le sue orecchie avrebbero fumato dalla frustrazione.

-Ah, è proprio vero che le cose belle finiscono sempre troppo presto...- sdrammatizzò allora il ragazzino, scuotendo la testa sinceramente dispiaciuto -Dovremmo organizzare tornei un po' più spesso... o perlomeno allungare ancora la durata del prossimo.-

-Magari dovremmo trovare pure il tempo di lavorare, e di andare a scuola...- rinfacciò con puntualità suo fratello.

Mokuba alzò gli occhi al cielo, sbuffando esasperato.

-Ma su, dai! Ammettilo che ti sei divertito anche tu!- lo incalzò.

Seto arricciò le labbra, riprendendo tutta la sua aria torva.

-Mi sarei divertito di più a vincere.- grugnì.

Keira abbozzò un'alzata di spalle.

-Per quello che vale, Muto sarà anche il migliore ma secondo me sei tu il più bravo a duellare...- commentò quasi tra sé.

L'espressione di Seto allora si distese, e i suoi occhi azzurri si aprirono in un sorriso.

-Vale per me.- le mormorò, dandole un lieve, e davvero troppo tenero bacio sulla fronte.

“Diavolo, Seto! Non essere così imbarazzante!”

Rosso di vergogna, il ragazzino distolse all'istante uno sguardo che sentiva di troppo e preferì voltarsi in direzione dei loro amici che, al centro della scena, erano ancora tutti intenti a festeggiare. Anche se lo spettacolo che gli stavano offrendo non era molto più dignitoso, perché Mana si era cimentata nello sforzo di sollevare Yugi per portarlo in trionfo sulle spalle, sotto lo sguardo infastidito di Anzu e con esiti davvero tragicomici.

Dopo che il “Re dei Giochi” riuscì a sbrogliarsi da quell'intrigo di arti con cui era diventato un tutt'uno, si rialzò barcollante, si riabbassò la maglietta per infilarla dentro ai pantaloni, si diede un'inutile sistemata ai capelli e, raccapezzatosi, si allontanò dal proprio gruppo per raggiungere il loro. Seto lo scorse avvicinarsi con la coda dell'occhio, e si voltò appena quel tanto che bastava per comunicargli che aveva la sua attenzione.

-Complimenti, è stato un duello grandioso!- disse allora Yugi sorridente, tendendogli la mano.

Il suo rivale però scoccò un'occhiata diffidente al suo gesto, decise in un battito di ciglia che non intendeva ricambiarlo ed incrociò le braccia in segno di chiusura.

-Goditi la sensazione del sorriso sulle labbra, perché l'anno prossimo le cose andranno molto diversamente.- ribatté con acidità.

Mokuba non poté fare a meno di sogghignare. Suo fratello avrebbe sempre avuto avversione per le sconfitte, ma se Yugi non avesse rappresentato per lui una costante sfida e un obiettivo da raggiungere forse si sarebbe stufato del Magic and Wizards già da tempo, andandosi a cercare altri giochi in cui primeggiare e in cui perdere con altrettanta rapidità il proprio interesse. Ed anche il suo amico questo lo sapeva benissimo, tanto che alle sue parole abbassò la mano, ma non abbandonò l'espressione cordiale.

-Lo sai che non dobbiamo per forza aspettare così tanto per duellare ancora, vero?- gli ammiccò.

Le labbra di suo fratello si strinsero a soffocare un sorriso che era ormai loro sfuggito.

-Potrei fare lo sforzo di rendermi disponibile, qualora dovessi stancarti della banda di perdenti che ti trascini dietro e mi implorassi di concederti un duello degno di questo nome.-

Yugi allora lo guardò di sottecchi.

-Certo, come no... Peccato solo che non abbia il tuo numero per poterti chiamare, eh?- commentò con ironia, convinto che Seto lo stesse solo prendendo in giro.

Lui, però, lo stupì con un sorriso e uno sguardo d'intesa.

-Non ne hai mai avuto bisogno, per trovarmi.-

 

*

 

Le cose belle finiscono sempre davvero troppo presto.

E questa volta non si stava riferendo a Battle City, bensì a quel normale, ma così piacevole e confortante clima famigliare che si era instaurato a casa loro da quando Keira vi aveva messo piede, e che era andato rafforzandosi assieme al suo legame con Seto.

Eppure, Mokuba l'aveva percepito che tra loro non era tutto rose e fiori... Perché se ormai la ragazza non si sentiva più a disagio nel condividere insieme la quotidianità, aveva progressivamente dismesso anche la sua ritrosia, finendo per spianare remissiva la strada agli svariati, tirannici voleri di Seto. Ed anche se lei si piegava sempre al suo cospetto con accondiscendenza, il ragazzino ormai la conosceva abbastanza per sapere quanto registrasse qualunque imposizione, comprese quelle conformi ai suoi desideri, con estrema irrequietudine. In questo erano davvero uguali, ma mentre Mokuba preferiva reagire come un ribelle, profittando dell'immunità che vantava nei confronti di suo fratello, lei permetteva che il suo spirito libero venisse incatenato a quello di Seto, piuttosto di correre il rischio che, altrimenti, lui potesse proseguire per la propria strada, abbandonandola dietro di sé. Ed anche se non si sentiva un gran esperto di relazioni sentimentali, non riusciva a considerarlo un modo particolarmente sano di vivere un rapporto di coppia, come non poteva non biasimarli entrambi per il loro atteggiamento: Seto era troppo incentrato su di sé per intuire da solo i bisogni di Keira, e lei troppo su di lui per considerare importante esprimerli. E Mokuba temeva che, pur essendo finora riusciti a camminare fianco a fianco, prima o poi Seto ne avrebbe approfittato per tirare troppo la catena, oppure che i polsi di Keira ne diventassero così segnati da non consentirle più di ignorare il dolore che le stava provocando.

In entrambi i casi, c'era il serio pericolo che un anello si spezzasse, e lui poteva vederlo logorarsi sempre di più, giorno dopo giorno.

-Seto...- prese inusualmente la parola Keira, una volta che le cameriere ebbero sparecchiato la tavola dai loro piatti -Volevo chiederti il permesso di uscire un'ora prima domani pomeriggio, se non è un problema... Comunque intendo recuperarla subito il giorno dopo, e mi sono già accordata con Fuguta per non lasciare scoperto il mio turno.-

Una richiesta più che ragionevole, tuttavia Mokuba la guardò comunque con forte perplessità, proprio perché si trattava di una richiesta. Non ricordava nemmeno quand'era stata l'ultima volta che aveva osato farne, tanto che gli sorse il dubbio che, appunto, non ne avesse mai formulata nemmeno una. Di certo, non una cui teneva al punto da accompagnarla con altrettante argomentazioni a sostegno...

Ed anche Seto doveva aver fatto la medesima considerazione, perché anziché risponderle con la sua solita ingiunzione a non fargli domande idiote la scrutò sospettoso, aggrottando le sopracciglia.

-Per quale ragione?-

Per quanto Mokuba sapesse bene quanto suo fratello non fosse avvezzo a concedere nulla ai propri dipendenti senza una più che adeguata giustificazione, e fosse ben attento a non privilegiarla nel suo trattamento in quanto tale, il tono inquisitorio che accompagnò la sua domanda la fece suonare non come quella autorevole di un datore di lavoro, ma come quella invadente di un fidanzato troppo possessivo. Non che Keira gli avesse mai dato ragioni per essere geloso, ma comunque non sembrava apprezzare che lei potesse fare qualcosa alle sue spalle, anche se si poteva trattare di una semplice visita dal dentista. Anzi, lo infastidiva proprio che lei lo potesse tenere all'oscuro di qualcosa, perché se si fosse trattato di una faccenda altrettanto normale gliel'avrebbe di certo rivelata subito, anziché spendere tante parole per assicurarsi di convincerlo senza fargli sapere di che si trattasse. Ma proprio qui stava il suo errore, perché ne aveva impiegate anche troppe. E se Mokuba lo riconobbe subito per la sua navigata abilità nel circuire le persone, altrettanto fece suo fratello, perché se l'aveva acquisita era proprio per riuscire a fronteggiare l'imbattibilità di Seto nel capire quando qualcuno gli sta nascondendo qualcosa.

Tuttavia Keira non era ancora del tutto spacciata, e si augurò che almeno si fosse premunita di una scusa convincente, qualunque fosse la questione che voleva sbrigare a sua insaputa...

-Vorrei approfittarne per andare a visitare qualche appartamento.-

Mokuba spalancò gli occhi su di lei, sconvolto che avesse deciso di vuotare il sacco tanto rapidamente e, in special modo, da quello che c'era dentro.

-Che cosa?!?- proruppe, senza trattenersi minimamente.

La ragazza abbassò lo sguardo sulla tavola, nascondendolo con vigliaccheria dietro alla frangia troppo lunga.

-Vorrei iniziare a cercarmi un appartamento da prendere in affitto.- ripeté, ancora più univoca -Anzi, mi scuso se non mi sono decisa a farlo prima...-

Dato che Seto si limitò a fissarla con risentimento a bocca più che serrata, Mokuba decise che spettava a lui farsi carico dell'onere di parlarle e soprattutto di farla ragionare.

-Keira, ma come ti vengono certe idee?!?- protestò energico -Sai benissimo che qui non sei di minimo disturbo, anzi! Per noi è solo un piacere avere la tua compagnia!-

Lei però strinse le labbra con disappunto.

-Lo so, ma non erano questi gli accordi.- replicò caparbia.

-Ma chissenefrega degli accordi!- lo fece sbottare -Andiamo, sono cambiate così tante cose da allora, che non contano più nulla...-

La voce gli suonò decisamente implorante, ma fu inevitabile. La sua era diventata una presenza così costante, così preziosa, che Mokuba ne sentiva il bisogno tanto quanto Seto, per poter vivere felicemente in quella casa. Lei era quell'aggiunta che gli serviva per non sentirla troppo grande, quando non c'era suo fratello, e per considerare la vita al suo interno tranquilla, quando invece era presente e lo rasserenava con il suo amore. Keira era il loro essenziale, insostituibile punto d'equilibrio. Per cui, egoisticamente, non poteva permetterle che lo privasse loro.

-Contano per me.- ribatté però lei, nella sua onorevole volontà di mantenere sempre la parola data -Non è giusto che mi approfitti ancora di voi, ora che posso permettermi di vivere in un altro posto per conto mio.-

-Dunque preferisci vivere da sola, piuttosto che con noi?- le chiese senza mezzi termini.

-No, certo che no...-

-E allora resta qui.- la supplicò, ma con tutta la fermezza di cui era capace -Finché lo vorrai, puoi restare qui!-

Lei abbassò nuovamente la testa, mordendosi le labbra.

-No, invece non posso...- mormorò abbattuta.

Questo davvero non lo riusciva a capire. Perché non poteva fare qualcosa che non solo poteva, ma che voleva fare? Qualcosa che volevano tutti e tre?!?

-Seto, dille qualcosa!- si appellò frustrato al fratello, rimasto muto come un pesce.

Lui allora sbatté le palpebre, rivolgendogli un'occhiata fugace, dunque tornò su Keira con l'espressione più impassibile e gelida della storia.

-Fa come ti pare.- disse, senza la benché minima inflessione.

E dopo averle dato il suo permesso, si alzò da tavola e se ne uscì dalla sala offeso, togliendoglielo subito.

-Seto...!- lo chiamò Keira, divenuta mortalmente pallida.

Lui fece finta di non averla sentita, e chiuse la porta dietro di sé con un botto secco e carico di risentimento, dicendole così che aveva già sentito abbastanza e non gli interessava sentire altro.

Non c'erano state grida, pianti od insulti ma, all'improvviso, Mokuba si sentì come un bambino costretto ad assistere alla lite furiosa tra i propri genitori, una che non avrebbe mai voluto vedere e in cui avrebbe voluto ancor meno esser preso in mezzo. Abbassò lo sguardo a disagio, mentre davanti a lui sentì Keira imprecare sottovoce e la sua sedia stridere sul pavimento per permetterle di raggiungerlo e provare a farsi perdonare.

Che poi, perdonare di cosa? Aveva solo manifestato un suo desiderio d'indipendenza, non c'era bisogno che Seto la prendesse così tanto sul personale... o forse sì. Forse era proprio per causa sua, se Keira non voleva continuare a vivere insieme a loro. Non finché avesse continuato a farla sentire non più come un'ospite, ma come una sua prigioniera. Per quanto lui facesse l'impossibile perché non se ne accorgesse, per renderle la sua gabbia la più accogliente e confortevole di tutte, e per quanto lei vi si trovasse bene, nulla poteva impedirle di vederne le sbarre. Eppure, sarebbe bastato così poco per scacciare la sua inquietudine... Sarebbe bastato darle le chiavi, perché Keira potesse scegliere di restare come il suo cuore desiderava, anziché sentirsi costretta a fare quello che Seto pensava fosse meglio per lei.

E quello che, in realtà, considerava meglio per lui.

Gliela leggeva negli occhi, la sua paura che da un momento all'altro lei potesse spiccare il volo, lasciandolo solo... Che sciocca insicurezza, Keira non l'avrebbe mai potuto lasciare. Era evidente quanto lo amasse, quanto lo considerasse l'uomo migliore che avrebbe mai potuto desiderare. Forse l'aveva idealizzato anche troppo, ma questo non significava che lui non meritasse il suo amore. Ok, Seto non sarà stato perfetto, ma è umano avere dei difetti. E' umano, poterli accettare. Mokuba lo faceva, e gli voleva bene lo stesso, no? Perché mai temeva che lei non ne fosse capace?

Che avrebbe potuto fuggire da lui, dopo averli scoperti?

 

[perché noi abbiamo bisogno l'uno dell'altro
crediamo l'uno nell'altro

ed io so che stiamo per scoprire
ciò che dorme nei nostri animi]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Allora, il tema del capitolo è, come intuibile dal titolo, l'accettazione. In particolare quella da parte del nostro Seto: nel primo caso, quella entusiasta della sua nuova carta, nel secondo sia quella più sofferta della sconfitta che quella dell'amicizia di Yugi, nel terzo quella rifiutata alla richiesta d'indipendenza di Kisara.

Ovviamente non ho voluto annoiarvi più di tanto nella descrizione di Battle City, ma spero di essere riuscita a farvi entrare comunque nello spirito del torneo. Anzi, ci sono finita così dentro anch'io che non riuscivo più a smettere di scrivere, tanto che più che un capitolo sembra quasi uno spin-off. Per questo ho finito per buttarci dentro un po' tutti, e spero abbiate gradito anche la comparsata della cara vecchia Mana, che mi sembrava giusto si reincarnasse quantomeno per parcondicio...! All'inizio volevo limitarmi a citarla nella seconda scena, ma poi la sua presenza si è fatta così invadente ed esilarante che non sono più riuscita a liberarmene, con buona pace di Mokuba che si è ritrovato suo malgrado (?) a doverla sopportare.

Comunque, finalmente, la terza volta è stata quella buona: Seto e Yugi (e solo lui, il piccolo Muto che ha sempre desiderato una sfida leale con Kaiba, senza essere indebitamente avvantaggiato dalla presenza del Faraone o delle Divinità Egizie) hanno avuto il loro meritato duello. Ma in realtà le tre edizioni che mi sono immaginata sono un po' una metafora delle tre storie che compongono la mia saga, dove la prima vede una comparsa inaspettata e fonte di guai, la seconda la mancata partecipazione dell'organizzatore e la terza la sua presenza attiva con Kisara al proprio fianco. E, dopotutto, come la scelta del luogo della finale è tutta un omaggio di Seto al suo rapporto con Yugi, quello della semifinale è chiaramente allusivo del suo primo vero incontro con Kisara, alla fine di “White Lady”... Ma anche del suo desiderio di riunirsi a lei, nonostante la separazione (il vetro divisorio oltre il quale non sono mai riusciti a vedersi) e le avversità (il rischio di una pioggia/condanna che però non doveva e quindi non poteva colpirlo) che ha sofferto quando era in carcere.

Che poi, in realtà, ho finito per trasformare tutta la parte del torneo in una celebrazione, perché non si può parlare di Yugi senza parlare anche di Atem, del Magic and Wizards e di tutto ciò che ygo rappresenta. Per questo, ho preferito descrivere solo parte di un duello, ma di quello più importante e nella sua fase più intensa, soffermandomi più che sulle strategie su ciò che a mio parere fa grande questo manga, ovvero la meraviglia di quelli che non sono semplici partite a carte, ma dei veri e propri duelli tra le anime degli sfidanti. Perciò, le carte che ho messo in mano a Seto e Yugi le ho scelte attentamente, perché come i loro due mostri più forti rappresentano loro, così le carte che hanno usato per rafforzarli rappresentano per il “drago” il nido famigliare che si è costruito e per l' “incantatore” il suo circolo magico di amici. Ci sarebbero altre metafore ma non vi tedio oltre... Comunque, i nomi delle mosse dell'Azure-Eyes e del Silent Magician (di cui ho scelto non l'immagine originale della carta ma quella più dark che ci viene mostrata nell'anime, per contrapporlo al candore del drago di Seto) confesso che me li sono inventati, sulla base di quelli del Blue-Eyes e del Black Magician, ma per tutto il resto sono stata ligia alle regole del gioco. Anche se, per certi versi, sposo la tesi di Otogi che quello che accade tra il pubblico è persino un intrattenimento migliore... Non potevo non far relazionare Kisara con gli altri personaggi, e l'idea di una catfight con Mai è stata irresistibile. E poi niente, ho buttato qua e là Kaibapologie e scorci di shipping senza il minimo ritegno, tanto che a un certo punto mi sono chiesta se non fosse il caso che Kisara si ingelosisse almeno un po' di Yugi... *lol*

Urg, vi ho già tediato con così tante spiegazioni, eppure mi sembra di non essere riuscita a dire praticamente nulla. Vabbeh, spero che il mio testo parli da sé e, per qualunque dubbio, mi trovate sempre qui più che pronta e felice di dissiparlo. Grazie 1000 della pazienza e alla prossima!

XOXO

- Evee

 

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Capitolo 8
*** Stop crying your heart out ***


VII - Stop crying your heart out

 

{'Cause all of the stars
Are fading away
Just try not to worry
You'll see them some day
Take what you need
And be on your way
And stop crying your heart out
}

 

-Quando torna?-

Gliel'aveva chiesto ingenuamente, con leggerezza. Neanche in maniera del tutto disinteressata, perché con la speranza di poter fare un giro in moto al suo arrivo. Ma, come gli giunse in risposta nient'altro che un prolungato silenzio, dei passi compiuti continuando a mostrargli le spalle anziché il viso e il chiudersi di una porta in isolata sofferenza, fu costretto a realizzare che Keira non sarebbe affatto tornata a momenti.

All'inizio si rifiutò di elaborare la notizia, spalancando i battenti all'ingresso per affacciarsi sul viale. Ma quello era completamente vuoto, e tale rimase anche negli interminabili istanti in cui si fermò a fissarlo, con la voce di suo fratello che gli risuonava martellante, inequivoca.

-Se n'è andata.-

E lui, si ritrovò a farsi le stesse domande del giorno in cui era arrivata.

Quando?

Dove?

Come?

E, soprattutto, la più angosciante di tutte: perché?!?

Cos'era successo di così terribile tra loro, perché Seto considerasse la loro separazione irrimediabile? Perché spingesse Keira a lasciarlo su due piedi, senza nemmeno tornare prima a casa, abbandonandovi tutto? Abbandonando anche lui, senza una spiegazione, senza neppure un saluto?

Non riusciva ad immaginarselo, e non voleva neanche saperlo. Aveva già fatto l'errore di costringere suo fratello ad ammissioni dolorose, e non intendeva ripetere quell'esperienza. Inoltre, intimamente, confidava che prima o poi non avrebbe nemmeno più avuto ragioni per doverlo fare.

Non se n'era andata per davvero, giusto?

 

*

 

Nel suo cuore aveva lasciato un vuoto immenso, ma con quello di Seto aveva fatto molto peggio.

Non gliel'aveva semplicemente mandato in pezzi, perché quelli si possono ricomporre, seppur con il tempo, a fatica, anche solo in parte... Gliel'aveva bruciato del tutto, lasciando dietro di sé solo ceneri su cui poter piangere.

Cielo, non riusciva neanche a guardarlo.

Gli era insostenibile incontrare il suo sguardo spento, rovinato, e cercare di impedire al proprio di farsi pietoso. Gli era impossibile non notare i segni irregolari che gli graffiavano il collo, che quello della camicia non riusciva a nascondere completamente, e non domandarsi con orrore come se li fosse procurati. Ma, più di tutto, gli faceva troppo male vederlo trascinarsi così, come se nulla nella sua vita fosse cambiato, aggrappandosi alla propria quotidianità al pari di un naufrago alla deriva, che non vuole voltarsi a guardare il proprio relitto affondare. Gli provocava troppa ansia, chiedersi fino a quando sarebbe riuscito a farlo, prima che la sua forza di volontà si esaurisse, sfibrata dai sensi di colpa per aver mandato in rovina una nave costruita con così amorevole dedizione, e finisse per abbandonarsi del tutto alle onde.

Di cosa si sentisse in colpa, di quale gesto si considerasse l'autore imperdonabile al punto da non provare nemmeno a cercarla, tentare di redimersi, era del tutto all'oscuro. Però lo avvertiva, che non si era trattato di un semplice litigio, che non era per stupido orgoglio se non voleva fare il primo passo verso un loro ricongiungimento. Perché Seto non era arrabbiato, era solo... disperato. Per questo, Mokuba non riusciva a biasimarlo, qualunque cosa le avesse fatto. Si stava già condannando da solo, e ben più di quanto la sua coscienza potesse reggere. Per questo, costantemente, pregava con tutto se stesso che lei lo potesse sentire, ed esaudisse ancora una volta un suo desiderio.

“Torna. Ti prego... torna.”

 

*

 

“Possibile...?”

Zittì con uno scatto il volume della musica, sollevando il viso dal portatile, le orecchie ben tese, il cuore in gola. Passarono una manciata di secondi, accompagnati da crescente delusione, finché questa fu tale da fargli scuotere la testa in un sospiro, ed allungare la mano per riprendere l'ascolto della canzone con cui si stava deprimendo giusto un attimo prima. Fu allora che una voce lo trattenne. Non sentì cosa disse, ma capì che stava parlando con qualcuno.

E seppe di non essersi affatto sbagliato quando lei gli rispose, con quel suo inconfondibile timbro cristallino.

L'impeto con cui li raggiunse di corsa nell'atrio non gli diede neanche la percezione di essersi alzato dal letto, né di aver aperto la porta della propria camera, attraversato il corridoio e sceso le scale. Tutto ciò di cui si rese conto e che si sarebbe ricordato in seguito, fu il sorriso sulle labbra di suo fratello, e gli occhi blu di quella ragazza che, ormai, era come diventata sua sorella.

-Ciao.- gli disse, lieve e luminosa quale solo lei sapeva essere.

Lui allora corse e si gettò ad abbracciarla, ad accertarsi che quella che aveva davanti fosse proprio Keira, e soltanto quando venne avvolto teneramente dalle sue braccia e dal suo profumo di vaniglia sorrise anche lui per la gioia, e poté risponderle.

-Bentornata.-

 

*

 

Gli era mancata così tanto.

Eppure, quanti giorni era stato in sua assenza? Tre? Solo tre? Così pochi?!?

Non voleva più che il tempo scorresse altrettanto lentamente, in quella casa. Anzi, voleva che d'ora in poi volasse via, come quando ci si diverte così tanto da non accorgersene nemmeno, come in un gioco che non finisce mai, in grado di durare per sempre.

Così, non appena ebbe modo di trovarsi da solo con lei, volle assicurarselo.

-Keira... ho bisogno di chiederti una cosa.- mormorò.

La ragazza sbatté le palpebre, irrigidendosi a disagio.

-Se è per quello che è successo tra me e tuo fratello...- iniziò a dire.

Lui però si affrettò ad interromperla, scuotendo la testa prima che potesse aggiungere altro.

-No, non è per quello. Non mi riguarda, e non voglio saperne nulla.-

L'espressione sul viso le si rasserenò un poco.

-Va bene.- annuì comprensiva -Però sappi che, alla fine, si è trattato solo di un fraintendimento. Non ci siamo capiti, la situazione ci è sfuggita di mano, e così abbiamo permesso ad altre persone di dividerci... Ma ti prometto che non succederà mai più.-

-No.- le disse con fermezza, ben intenzionato ad ottenere la risposta alla richiesta che davvero aveva bisogno di farle -Promettimi che non lo lascerai di nuovo. Giurami che non ci abbandonerai mai più!-

Keira allora gli sorrise, con quel suo bellissimo sorriso dolce.

-Non ho mai voluto farlo per davvero.-

 

[perché tutte le stelle
si stanno affievolendo

cerca soltanto di non preoccuparti
un giorno le vedrai
prenditi ciò di cui hai bisogno
e rimani sulla tua strada
e smettila di piangere a dirotto]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Eh, lo so. Capitolo formato mini, ma non avevo altro da aggiungere alla saga principale... E poi insomma, non vi è bastato lo sproloquio della scorsa volta?!?

In compenso per vostra gioia non ho molto da dire in commento, eccetto che i prossimi aggiornamenti saranno proprio come vuole Mokuba, solo un divertimento. Con questo metto ufficialmente la parola fine ai toni deprimenti e inauguro una stagione di sola commedia, alla buon'ora. Dunque alla prossima, e grazie come sempre della lettura!

Lot of kisses,

- Evee

 

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Capitolo 9
*** Cum on feel the noize ***


VIII - Cum on feel the noize

 

{So cum on, feel the noize
Girls, rock your boys

We'll get wild, wild, wild
We'll get wild, wild, wild
Cum on, feel the noize
Girls, rock your boys
We'll get wild, wild, wild
Til dawn}

 

Era spacciato.

Ormai era allo stremo delle forze, e si era pure infilato in un vicolo cieco. Non poteva sperare di riuscire a sfuggire al suo inseguitore. Dunque, tanto valeva smettere di correre e giocarsi il tutto per tutto in uno scontro frontale. Si voltò, puntò la sua arma e...

E niente, la schermata si tinse di rosso sangue, ad annunciargli che aveva fallito la sua missione per l'ennesima volta.

Frustrato, lanciò il controller contro allo schienale del divano, su cui era riuscito a rimanere appena una manciata di secondi. Ma si lasciava sempre coinvolgere troppo quando giocava con la Play Station, tanto da finire con il naso quasi incollato allo schermo del televisore... specialmente quando si trattava di “Call of Duty”, e non riusciva ad avere la meglio sulla CPU come in quel momento.

Decise quindi di tornare a sedersi e affogare i suoi dispiaceri nel parfait al cioccolato che gli stava tenendo compagnia sul tavolino, mentre controllava se per caso qualcuno dei suoi amici fosse on-line... Macché, di loro nemmeno l'ombra. Non gli restava che continuare a giocare da solo, e cimentarsi ancora con quel maledetto scenario su cui si era bloccato da giorni. Avrebbe potuto sceglierne un altro e risparmiarsi il nervoso, è vero, ma ormai era diventata una questione di principio.

-Ti prego, dimmi che quello che stai utilizzando non è un Thompson...!-

La voce di Keira lo colse così di sorpresa che lo fece sussultare e, involontariamente, si voltò verso di lei. Stava tenendo il volume così alto che non l'aveva nemmeno sentita avvicinarsi, probabilmente attirata dal rumore degli spari. Esattamente come quelli che udì subito dopo, seguiti dal grido di dolore del suo giocatore.

Perfetto, era morto di nuovo.

-Oh, scusami.- esclamò mortificata la ragazza, portandosi una mano alle labbra -Non volevo distrarti...-

Mokuba allora scosse la testa per tranquillizzarla.

-Non preoccuparti, tanto era solo questione di tempo prima che mi facessero fuori...- sospirò esasperato.

Lei piegò il capo in segno di disapprovazione.

-Finché continui ad usare quella mitragliatrice, è poco ma sicuro.- obiettò -Non hai nulla di meglio a disposizione?-

Una parte di lui si risentì nel sentirsi muovere una critica alla sua arma preferita ma, dopotutto, era lei l'esperta in materia. Dunque accettò i suoi consigli e imbracciò una M3 Grease Gun, a detta sua molto più adatta alla situazione. All'apparenza non l'avrebbe neanche considerata un'opzione seria, ed invece si rivelò molto più maneggevole e precisa della precedente. Neanche quella volta completò la missione, ma comunque arrivò ben più avanti di dove fosse mai arrivato.

-Wow, Keira, avevi ragione!- dovette riconoscerle -Non è che conosci qualche altro trucco, eh?-

-A dire il vero, ho solo pensato a quello che avrei fatto io nei tuoi panni. Mi era sembrato un gioco abbastanza realistico... zombie a parte.-

-Ma è proprio per gli zombie che è così fantastico! Dai, perché non lo provi?- le propose, non essendogli sfuggito lo sguardo fremente di eccitazione con cui l'aveva osservato giocare.

-Che?- fece la ragazza, colta alla sprovvista -No, no... Non ho la minima idea di come funzioni quel coso che hai in mano.-

-Non c'è problema, ti insegno io! Ti assicuro che non è difficile come sembra...- le sorrise incoraggiante, mostrandole il controller -Con la leva destra prendi la mira, mentre con questa poi fai fuoco...-

Lei ascoltò attenta la spiegazione, chiese un paio di chiarimenti ed infine prese tra le mani il secondo joystick, un po' diffidente della sua funzionalità ma comunque troppo incuriosita per non volerla sperimentare in prima persona. E una volta che si sentì abbastanza sicura per provare, Mokuba fece partire di nuovo lo scenario su cui si era impantanato. Avanzò con l'usuale temerarietà e, come d'abitudine, non gli riuscì di proseguire ancora per molto. Keira, invece, rimase indietro per prendere confidenza con i comandi di base, per poi muoversi con cautela in un giro di ricognizione. Scovò presto un passaggio che gli era sempre sfuggito, raccolse abbondanza di munizioni ed infine si lanciò con incredibile destrezza in una carneficina di zombie nazisti. E se il ragazzino faceva il tifo per lei sin dall'inizio, quando vide lampeggiare sulla schermata l'agognato annuncio di “mission accomplished” andò letteralmente in visibilio e prese a saltellarle attorno, inneggiandola a squarciagola. Lei esultò in maniera molto più composta e si limitò a digitare il suo nickname con un sorriso compiaciuto, salvando il proprio risultato. Che, come scoprirono entrambi quando apparve la classifica generale, svettò al primo posto, declassando senza pietà il record precedente.

Dunque, divenne ufficiale che una certa “White Lady” alla prime armi era riuscita nell'impresa di battere l'ormai veterano “SK”.

Le scoccò un'occhiata significativa, già ridendosela sotto i baffi come un matto.

-Ok, ti avverto che questa Seto non la prenderà affatto bene.-

 

*

 

-Se mi lascio trasformare come vuole, se faccio quello che dice, riuscirà ad amarmi?-

La voce di Keira era così disperata, e il suo sguardo così afflitto, che gli si strinse dolorosamente il cuore.

-Sì... sì.- la tranquillizzo' lui, anche se con profondo rammarico.

La ragazza abbassò i suoi occhi blu, mai così tristi, socchiudendoli con un sospiro.

-D'accordo, allora lo farò.- mormorò rassegnata -Non m'importa più niente di me...-

-Cielo, ma ti pagano pure per recitare questo strazio?!?-

Keira ammutolì all'improvviso, volgendo uno sguardo a metà tra l'avvilito e l'imbarazzato a Seto, appena apparso alla porta del salone. Mokuba, invece, gli sorrise raggiante.

-Finalmente sei arrivato! Ci serviva giusto un terzo che facesse la parte del protagonista...!-

L'espressione di suo fratello si fece ancora più torva.

-Buona fortuna con le ricerche, allora.-

-Oh, avanti! E' divertente!- lo incalzò -E poi Keira ha bisogno di qualcuno con cui provare...!-

-Pensaci tu, se ti diverti così tanto a dire simili idiozie.-

Al che, Mokuba gli scoccò un'occhiata maliziosa ed estrasse il suo asso nella manica.

-Dunque devo pensarci sempre io anche a baciarla?-

Come da programma, suo fratello lo trucidò con lo sguardo per aver osato dire una cosa simile anche solo per scherzo.

-E va bene.- ringhiò -Dammi quel cavolo di copione, piccolo sporco ricattatore che non sei altro!-

Il ragazzino gli tese le pagine con un ghigno sardonico.

-Ho imparato dal migliore.- replicò, abbozzando una riverenza.

Seto gli rispose con un grugnito astioso e si voltò in direzione della ragazza, che era rimasta tanto sorpresa dalla sua iniziativa quanto attonita dal ricevere quell'aiuto così insperato che non aveva nemmeno osato richiederlo. Ma era giunto il momento che suo fratello le dimostrasse non solo di sopportare, ma anche di supportare per davvero le sue scelte, dopotutto.

-Allora?- sbottò nervoso -Dai, prima che si faccia notte... Dimmi la parte che ti devo leggere!-

Keira sbatté le palpebre, ridestandosi dallo stupore.

-Pa... Inizia a pagina 9.- balbettò, arrossendo fino alle punte dei capelli.

Seto sfogliò il copione, scorse le prime righe ed assunse una smorfia di vivo disgusto.

-Non possiamo saltare direttamente alla parte in cui si baciano?- brontolò.

Lei allora gli sorrise, si alzò in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulle labbra.

-Grazie.- gli disse, così dolcemente che il ragazzino percepì il suo cuore sciogliersi come neve al sole.

Quell'iceberg di suo fratello, invece, si limitò ad alzare gli occhi al cielo, sbuffò esasperato e solo dopo aver dato sfogo a tutta la sua frustrazione si rassegnò a leggere le sue battute. Mokuba allora andò a sedersi soddisfatto sul divano, pronto a godersi lo spettacolo. Forse Seto si sarebbe sentito meno a disagio senza altri spettatori che non fossero la sua ragazza, ma era impossibile rinunciare alla possibilità più unica che rara di apprezzare appieno le sue terribili, esilaranti doti recitative. Anche se non fosse stato messo in un impietoso confronto con quelle di Keira, era lampante quanto la sua gamma espressiva fosse limitata ad uno sguardo imbronciato e ad un tono di voce indolente, se non in via del tutto eccezionale schifato quando gli toccavano delle frasi a suo avviso insopportabilmente melense. Anche se, ad un certo punto, divennero troppo dirette e coinvolgenti perché gli riuscisse di pronunciarle a lei rimanendo impassibile.

-Madeline, tenta, fallo per me.- le disse, avvicinandosi piano.

Keira mantenne lo sguardo fisso, smarrito davanti a sé. Così Seto la prese per le spalle, costringendola a voltarsi verso di lui, rubandole un bacio.

-Io ti amo, Madeline.-

-Ti amo anch'io...- la sentì mormorare, ma continuando a guardare in lontananza, verso una meta solo a lei visibile -Ma è troppo tardi...-

-No, no...- fece Seto -Stiamo insieme ora.-

-E' troppo tardi. Devo fare una cosa...-

-No.- la interruppe -Tu non devi fare proprio niente... Non c'è niente che tu debba fare! Nessuno si è impadronito di te... Sei al sicuro, con me.-

Provò a darle un altro bacio, ma lei piegò il capo mortificata.

-No, è troppo tardi.-

Si liberò con uno scatto, e fece per fuggire via da lui. Attraversò il salone, ma Seto le corse dietro, finché non riuscì ad afferrarla per un braccio. La ragazza allora fu costretta a fermarsi, voltandosi verso di lui con fare disperato.

-No, Scottie, lasciami. E' troppo tardi, credimi... Non era previsto che andasse in questo modo.- lo supplicò con voce tremante, sull'orlo del pianto.

-Ma ormai è andata, ci vogliamo bene, è solo questo che conta!- insistette lui, continuando a trattenerla.

Lei però si dimenò caparbia dalla sua stretta.

-Lasciami andare!- esclamò con forza.

-No, senti...-

-Ti prego! Lasciami...-

-Aspetta un momento!- proruppe Seto.

Alla sua implorazione, lei abbandonò ogni resistenza, appoggiando il capo sulla sua spalla. Rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Keira si separò piano da lui, un passo indietro, uno sguardo sofferto.

-Sei convinto che io ti ami?-

-Sì.- rispose subito Seto, senza esitazioni.

-Se mi perderai, ricorda che ti ho amato e che desideravo continuare ad amarti...-

-Io non voglio perderti...!- protestò lui.

Keira allora gli sorrise, dolcemente malinconica.

-Lasciami entrare in chiesa, solo là...-

Seto allora smise di guardare le pagine che reggeva in mano, divenne improvvisamente serio e la fissò dritto negli occhi per un lungo istante.

-Come vuoi, ma solo se ci entreremo insieme.- le concesse, eppur perentorio -Non ti lascerò mai più andare via, non senza di me.-

Keira allora rimase interdetta, abbassando e sbattendo i suoi occhi blu sul copione. Dunque tornò a quelli azzurri di Seto, con un lieve sorriso ironico sulle labbra.

-Questo non sta scritto da nessuna parte.- obiettò.

Lui allora incrociò le braccia, sostenendo il suo sguardo con aria di sfida.

-Non me ne frega niente.-

 

[avanti dunque, avvertite il frastuono
ragazze, scuotete i vostri ragazzi

diventeremo selvaggi, selvaggi, selvaggi
diventeremo selvaggi, selvaggi, selvaggi
avanti, avvertite il frastuono
ragazze, scuotete i vostri ragazzi
diventeremo selvaggi, selvaggi, selvaggi
fino al tramonto]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Allora, questo capitolo l'ho voluto incentrare sul tema del gioco, virtuale e recitativo quali sono, rispettivamente, le vite di Seto e di Kisara. Ed in cui finiscono per essere coinvolti, loro malgrado, dal nostro Mokie. La prima parte è ovviamente riferita al penultimo capitolo di “The Star-Crossed Lovers”, prima che SK sbroccasse contro la povera White Lady... Chiarisco subito che non ho mai giocato a Call of Duty, per cui non aspettatevi una fedeltà assoluta al gioco e, se ne sapete più di me, sappiate che ogni obiezione è ben accetta!

Sulla seconda parte, invece, all'inizio vi ho volutamente tratto in inganno ma è collocata dopo il finale della storia. Immagino abbiate intuito poi che i dialoghi recitati non sono miei, ma vere e proprie citazioni di un film, ovvero “La donna che visse due volte”. La scelta è caduta su quello non solo per quanto la trama fosse adatta allo scopo (anzi, le frasi che potevo utilizzare erano così tante che la loro selezione è stata davvero ardua) e perché il suo titolo mi ha ispirato per quello di “The Star-Crossed Lovers who lived two times”, ma soprattutto per omaggiare il Maestro, che più o meno inconsciamente mi ha influenzato nella stesura della saga. Devo confessare che la mia mente era tutta a Psycho, quando ho scritto la primissima scena in cui compare Kisara, quella nel motel, in cui l'acqua della doccia si mischia al sangue e alla sua tinta nera (ma va, direte voi...). Che poi, proprio Madeline nel film appare prima con i capelli chiari, e poi scuri quando nella seconda metà del film riappare nella vita di Scottie. E alla fine si scopre pure che è un'attrice.

Vabbeh, chiaro poi che le frasi che ho scelto sono tutte una metafora metateatrale della loro storia. Per questo, parafransando, quando Kisara protesta dicendo che non è “meant to be” che stiano insieme la riposta di Seto è tutta un condensato di Kaiba-pensiero, che in inglese suonerebbe come “I don't care: I write my own story!”, ma che tradotta non rendeva affatto e dunque ho optato per una frase altrettanto incisiva e più comica. Inoltre nemmeno il punto in cui decide di ribellarsi alla trama del film/destino è casuale: nella trama originale Scottie non comprende il desiderio di Madeline e si limita a chiederle il perché, lasciandola scappare fin dentro alla chiesa dalla cui torre poi finirà per gettarsi.

Da ultimo, preciso solo che il ritornello del capitolo è una cover degli Oasis di una vecchia canzone dei Quiet Riot.

Bene, allora appuntamento tra una settimana per il nono, ultimo ultimissimo capitolo!

Lot of kisses,

- Evee

 

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Capitolo 10
*** Little by little ***


IX - Little by little

 

{'Cause little by little
We gave you everything you ever dreamed of
Little by little
The wills of your life have slowly fallen off
Little by little
You have to give it all in all your life
And all the time I just ask myself why
You're really here
}

 

Non stava più nella pelle.

Erano settimane che attendeva impaziente che arrivasse quella sera, tanto che, nonostante ormai mancassero appena una manciata d'ore, l'eccitazione aveva finito per tramutarsi in un'agitazione frenetica, ansiosa per il timore di non essere affatto pronto ad affrontarla a dovere.

E, in effetti, al momento la sua preparazione era ancora in alto mare.

Osservò sconsolato la miriade di vestiti che aveva rovesciato sul letto, nel tentativo di decidere degli abbinamenti così numerosi da risultare ormai irriconoscibili. Aveva un'infinità di completi, eppure nessuno gli sembrava adatto per una festa d'istituto. Molti aveva scoperto che non gli andavano neanche più bene, per cui li aveva scartati gettandoli a terra appallottolati. Altri, invece, gli sembravano fin troppo formali per l'occasione. Insomma, doveva apparire elegante, non appena uscito dall'ufficio...!

Anzi, in realtà voleva essere proprio figo.

D'altronde, quella che aveva tra le mani era un'occasione più unica che rara. Non solo perché era riuscito a strappare a Seto l'irripetibile permesso di tornare a casa quando voleva, ma perché era noto che la sola funzione di quella festa fosse poter bere fino a star male e provarci con le ragazze. E lui voleva assolutamente trovare il modo di baciare quella della classe accanto. Si sentiva parecchio in colpa per voler pugnalare alle spalle il proprio compagno di banco in quel modo, ma d'altronde non riusciva più a levarsela dalla testa. Che poi, come aveva fatto ad entrarci? Prima che lui gliene parlasse sapeva a malapena della sua esistenza... Doveva aver sviluppato una vera e propria inclinazione per tutto ciò che è proibito. Ma, dopotutto, era un Kaiba: per lui non esistevano divieti o cose impossibili...

Cielo, realizzò, suo fratello gli aveva proprio fatto il lavaggio del cervello. Ci mancava solo che iniziasse pure a pensare come lui, proprio nel momento in cui non andava preso ad esempio. Tanto per cominciare, lui non aveva mai partecipato a nessuna festa d'istituto, né si sarebbe mai sognato di farlo al solo scopo di invitare a ballare una ragazza... Ma, ripensandoci, forse era meglio evitare il rischio di farsi cogliere in flagrante dal suo amico e provarci con lei in disparte. Sempre che riuscisse a trovarla da sola, e fosse ancora interessata a lui. Ma anche se fosse stata assieme ad un altro, perché non avrebbe dovuto più esserla? Lui era Mokuba Kaiba, insomma!

“Diavolo, Seto! Esci dalla mia testa!”

Tirò un calcio frustrato ad una delle svariate paia di scarpe che lo stavano cingendo d'assedio sul pavimento, e raggiunse il suo specchio per rivalutare il primo completo che aveva tirato fuori, studiandosi con aria critica. Era indubbiamente quello che gli stava meglio, ma era troppo... nero. Che cavolo, sembrava un becchino! Forse poteva provare con uno spezzato... Ma anche no, non era davvero il caso di complicarsi ulteriormente la vita cercando di abbinare pure i colori.

Si legò i capelli, li sciolse per lo straniamento, li raccolse di nuovo, convintosi che così aveva un'aria molto più ordinata e soprattutto slanciata. Sì, stava proprio bene ma... continuava a mancargli qualcosa.

Una cravatta.

Gli serviva una dannata cravatta.

Perché aveva solo degli stupidi, imbarazzanti farfallini?!? Ma no, era certo che Seto gliene avesse regalata una, lo scorso Natale... Frugò tra i cassetti alla sua disperata ricerca, finché non ebbe tra le mani lo snobbato ma mai così agognato brandello di stoffa, la cui vista però spense all'istante tutto l'entusiasmo di essere riuscito a ritrovarlo.

Era blu.

Dannazione a suo fratello e alle sue dannate manie ossessivo-compulsive, che cavolo se ne faceva di una cravatta blu?!? Non poteva metterla con un completo nero, sarebbe stato un pugno nell'occhio. Qualunque altro colore, ma non quello! Sarebbe andato bene anche l'azzurro, piuttosto. Anzi, sarebbe stato perfetto. Perché non gliene aveva regalata una come quella che gli aveva visto indosso, appena qualche giorno prima?

Ok, voleva ufficialmente quella cravatta. Doveva averla e basta.

Si scaraventò fuori dalla propria camera, corse a perdifiato fino al piano terra e aprì di botto la porta del suo studio.

-Seto!- esclamò -Puoi prestarmi una delle tue cravatte?-

Suo fratello inarcò un sopracciglio in segno di disapprovazione, ma unicamente per la sua inappropriata, esagitata apparizione.

-Non fare domande idiote.- sbottò scocciato -Prendila e basta.-

Mokuba non se lo fece ripetere due volte, e si precipitò nella camera di suo fratello alla ricerca dell'oggetto delle sue brame. Nell'entrare, l'occhio gli cadde sul display della sveglia sul comodino, e gli prese il panico. Come faceva ad essere già quell'ora? Doveva ancora farsi la doccia, senza contare tutto il tempo che avrebbe perso nell'asciugarsi i capelli. Cavolo, ora anche quelli iniziavano a dargli dei problemi. Doveva decisamente decidersi a darci un taglio... Ma avrebbe dovuto pensarci prima, a quello. Tutto ciò di cui si doveva preoccupare in quel momento era di trovare quell'accidenti di cravatta.

Ma come aprì le enormi ante dell'armadio di suo fratello, capì che avrebbe fatto molto meglio a chiedere al diretto interessato dove fosse la relativa collocazione. A differenza del suo, tutto lì dentro era ordinato con maniacale perfezione, persino per gradazione di colore, ma era stipato con così tanti vestiti che era pronto a scommettere che la gran parte non fosse stata indossata per più di una volta, o avesse ancora il cartellino attaccato. Lui sarà anche stato un po' troppo vanitoso, però suo fratello era un vero e proprio narcisista...

Vagò con lo sguardo in cerca del reparto cravatte, che scovò dietro alle giacche e scoprì essere non solo più assortito del suo, ma di un intero negozio. Sbuffò. Trovare quello che cercava stava assumendo ormai le sembianze di una spedizione...

Si tuffò con la testa fin dentro all'armadio, spingendo via gli appendini che gli ostruivano la visuale, finché non scorse l'ambito accessorio in fondo ad un angolo. Allungò una mano per impossessarsene, ma la fretta gli diede la brutta idea di scostare le cravatte al suo fianco un po' troppo energicamente. Come al rallentatore, Mokuba inorridì nel vederle scivolare via dal loro appendino una dopo l'altra, cercò di fermare le rimanenti prima che facessero altrettanto, perse l'equilibrio, tentò di frenare la caduta aggrappandosi alla prima cosa sotto mano, che si rivelò essere una giacca, che si staccò dalla gruccia, che gli cadde in testa mentre rovinava dentro all'armadio, ormai irrimediabilmente devastato.

Si fece anche male, ma non era nulla rispetto a quello che gli avrebbe fatto Seto se avesse scoperto il suo disastro.

Imprecò ad alta voce. Ci mancava pure quella. Avrebbe perso dell'altro tempo di cui non disponeva a rimettere tutto a posto, e ancor di più a cercare di capire quale fosse esattamente, essendo molto più portato per il disordine che altro. Ma, proprio per quello, non poteva perderne dell'altro ad autocommiserarsi. Si rialzò dolorante, e la giacca immacolata che lo stava soffocando gli scivolò a terra. Imprecò di nuovo. Si affrettò a raccoglierla e a scuoterla da eventuali residui di polvere, quando qualcosa saltò fuori da una tasca e rotolò fin sotto al letto di Seto.

-Cazzo, no!-

Qualcuno, lassù, si stava divertendo a tormentarlo, ecco la verità. Maledicendolo, si chinò a carponi ed allungò la mano nella speranza di non dover per forza strisciare sotto al materasso con un completo che gli serviva stirato e pulito ancora per un bel po'. Ed il suo aguzzino doveva aver avuto pietà di lui, perché le sue dita si strinsero subito attorno a quello che cercava, un piccolo oggetto squadrato che si affrettò dunque a recuperare.

“Un momento...!”

Mokuba guardò stralunato l'incredibile scatola che si ritrovò tra le mani, troppo inequivocabile per poter dare adito al minimo dubbio. E troppo importante perché la curiosità non lo spingesse ad aprirla, benché non gli servisse scoprire al suo interno nessuno zaffiro blu, nessun anello d'oro bianco, per sapere cosa contenesse e per chi fosse destinato. E anche se sarebbero trascorsi svariati mesi prima che suo fratello si decidesse a darglielo, da allora Mokuba riuscì a vederlo luccicare al dito di Keira prima ancora che avesse la possibilità d'indossarlo. Anzi, in realtà aveva sempre saputo che le spettava, che le era sempre appartenuto. Forse, sin già dalla prima volta che l'aveva vista... No, la vera scoperta che fece quella sera era stata un'altra. Era la conferma che, finalmente, anche suo fratello l'aveva capito.

Ah, per la cronaca, quella fu anche la sera del suo primo bacio.

Il secondo, però, sarebbe stato per quella giovane ragazza che, l'anno successivo, avrebbe presentato il torneo da lui organizzato e che gli avrebbe incantato per davvero il cuore.

 

*

 

Spinse la porta di casa, facendosi avvolgere dal suo amato, familiare tepore.

Anche nelle giornate peggiori, gli bastava quella sensazione a scacciare tutta la stanchezza accumulata in ufficio. Per sorridere allegramente, invece, gli era sufficiente udire il suono cristallino di quella voce, che sempre accorreva ad accoglierlo con ancora più calore.

-Zio! Eccoti finalmente!- gridò eccitata la bambina appena comparsa in cima alle scale -Non ti muovere, guarda cosa riesco a fare!-

Detto questo, anziché correre giù a perdifiato per i gradini come faceva di solito, si issò sulla balaustra, spiccò agile un salto, fece una capriola per aria ed infine atterrò al centro dell'atrio a testa in giù, esibendosi in una perfetta verticale.

-Ta-dannn!- ansimò, sommersa dal turbinio argentato dei capelli che le erano ricaduti sul viso, paonazza per l'impresa appena compiuta.

Mokuba allora si lasciò andare ad un applauso, battendo le mani con lo stesso entusiasmo che dedicava sempre a Mana quando faceva tappa a Kaiba Land con uno dei suoi spettacoli di magia.

-Wow, forte!-

L'uomo appena sopraggiunto alle sue spalle, però, non era affatto dello stesso avviso. Anzi, tutto ciò cui Seto aveva assistito scandalizzato era la sua preziosissima e finora unica figlia lanciarsi nel vuoto, gesto al quale era visibilmente impallidito, inorridendo dalla convinzione che stesse per rompersi l'osso del collo... per poi dare di matto non appena la vide ritornare a camminare sulle proprie gambe, ancora viva e vegeta.

Ma ancora per poco.

-Hikari, quante volte ti devo ripetere che questa casa non è un circo?!?- sbroccò, livido in volto.

Il ragazzo faticò seriamente per non scoppiare a ridere. Da quando non era più lui il piccolo della famiglia, l'entropia in quella casa era aumentata a livelli ingestibili persino per quel maniaco del controllo che era suo fratello. Ma era un prezzo quasi stracciato, per tutta la felicità che quella bambina aveva portato con sé: Hikari era piena di voglia di vivere quanto i suoi genitori erano colmi d'amore per lei. Ed anche Mokuba non poteva fare a meno di volerle bene come se fosse figlia sua, lei che era così fortunata da potersi godere spensierata quell'infanzia che nessuno di loro aveva mai conosciuto veramente. Ma che, attraverso i suoi occhi azzurri, riuscivano a vedere e ad assaporare comunque.

Forse era proprio per quello se, più o meno involontariamente, avevano finito tutti e tre per influenzarla tanto.

-Ma ho visto mamma farlo... Perché io non posso, uffa?- fece la bambina, incrociando le braccia e mettendo il broncio.

Al che Seto si voltò in direzione del salone, da dove aveva appena fatto capolino sua moglie con aria innocente ma anche con un pessimo tempismo.

-Per tutti i kami, Kisara!- inveì -Smettila di crescere nostra figlia come una scimmia ammaestrata!-

-Infatti io non le ho insegnato nulla.- ribatté lei nella più assoluta tranquillità, ma intimamente compiaciuta -Ha imparato tutto da sola.-

-Sì, è vero! Non sono stata brava, papà?- esclamò Hikari, sbattendo i suoi adorabili occhioni azzurri.

Quelli di suo fratello, però, per quanto fossero identici nel colore la ricambiarono con molta meno dolcezza. Anzi, lui la stava squadrando come se stesse cercando conferma che la bimba al suo cospetto fosse effettivamente sangue del suo sangue, anziché la figlia del postino.

-Dimmi qualcosa per cui possa essere davvero fiero di te.- la rimbeccò, sfilandosi il cappotto -Com'è andata oggi a scuola?-

-Beh, ho battuto Katsuya a Magic and Wizards!- esclamò la piccola orgogliosa, facendo il segno della vittoria con una delle sue candide manine.

-Quello non conta.- ribatté Seto stentoreo.

Stentoreo, ma con un lampante sorriso di soddisfazione per aver saputo che sua figlia aveva tenuto alto l'onore dei Kaiba contro il figlio di Jonouchi. Però, sotto sotto, Mokuba si augurava che in un futuro neanche troppo lontano il suo amico potesse diventare anche suo cognato... Benché la notizia avrebbe di certo causato a Seto un collasso, e reso piuttosto plausibile come scenario che Kisara finisse per sbranare la consuocera alla prima cena di famiglia. Oh, quello sì che sarebbe stato uno spettacolo da non perdersi per nulla al mondo!

-Già, in effetti non c'è stato gusto... Duellare con te è molto più divertente.- ammise allora la piccola ruffiana -Possiamo fare una partita come si deve, dopo cena?-

-Stasera no, Hikari... Ho da fare.-

Ma la bambina non desistette, anzi si avvinghiò alle gambe del padre con fare supplichevole.

-Per favooore...-

Suo fratello però abbassò il viso su di lei, stringendo le labbra irritato.

-Ho detto di no.- ripeté perentorio.

-Ti prego, voglio farti vedere il mio nuovo deck!- insistette Hikari, stringendolo con una tenerezza davvero irresistibile.

Ed infatti fu così che, con quella mossa infallibile, una bambina di appena cinque anni riuscì a far capitolare il grande Seto Kaiba.

-E va bene.- sospirò estenuato, alzando gli occhi al cielo -Una sola, però.-

Hikari allora si illuminò con un ampio sorriso, ed anche Mokuba non poté trattenersi dal fare altrettanto. Perché entrambi sapevano perfettamente che, anche se si guardava bene dal viziarla, una volta incominciato suo padre sarebbe stato il primo a voler continuare a giocare con lei.

Dopotutto, certe cose non cambiano mai.

 

*

 

OMAKE -No, Mana: è inutile che insisti... Non chiameremo mai nostro figlio Mahado, sappilo. Mai.-

 

[perché poco per volta
ti abbiamo dato tutto quello

che hai sempre sognato
poco per volta
i desideri della tua vita sono lentamente diminuiti
poco per volta
in tutta la tua vita devi dare tutto
e di continuo mi chiedo soltanto per quale ragione
sei realmente qui]

 

Evee's corner

 

H^o^la!!!

Ok, con quest'ultimo capitolo ho voluto dedicarmi un po' di più a Mokuba, tormentandolo (sì, a un certo punto mi sono pure fatta auto-maledire) e incentrando su di lui praticamente tutta la prima scena... più o meno, visto che quella di suo fratello è e rimane una presenza ingombrante, anche se ormai è bello che cresciuto. A proposito, alla fine mi sono risolta a combinarlo con la cara Mana perché insieme mi divertivano troppo, però mi sono resa conto che non esiste nessun nome per il loro pairing! Bisogna rimediare, gente... Io propongo “Showshipping”, siete con me?

Poi, quanto al momento in cui Seto decide di proporsi a Kisara l'ho lasciato imprecisato, ma nella mia mente è collocato subito dopo quello dello scorso capitolo, in cui le chiede di entrare in via “non ufficiale” in chiesa assieme.

Infine, passando alla seconda parte... Ok, lo ammetto, è roba che più che la commedia sfiora il fluff ma è stato più forte di me. Già dai tempi di “White Lady” scarlettheart mi aveva messo la pulce nell'orecchio con l'idea di una figlia nerd in grado di fare i salti mortali in avanti, e dunque ecco qui la piccola Hikari Kaiba. Chiaramente, il nome l'ho scelto perché in giapponese significa “luce”.

Bon, che dite? Ce la farò a mettere ufficialmente la parola fine a questa saga? Urg, mi piange il cuore a separarmi dalla famiglia Kaiba. Ma l'obiettivo che mi ero preposta quando ho iniziato a scrivere su di loro l'ho raggiunto, quindi è ora di tirare i remi in barca e di ringraziare voi tutti per aver viaggiato con me, attraversando le varie tempeste fino alla tanto agognata, sudatissima ma proprio per questo così felice destinazione. In particolare, un pensiero speciale a chi ha seguito, recensito e preferito anche questa raccolta:

selenepitta; Apolline; Mavis; daiya.

Ma grazie davvero anche a voi silent readers!!! Spero in un vostro commentino, e che continuiate a seguire quest'umile scribacchina nelle sue prossime ventate d'ispirazione...

XOXO

- Evee

 

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