Testa bionda

di Altariah
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Testa bionda ***
Capitolo 2: *** Procurale una casacca nuova ***



Capitolo 1
*** Testa bionda ***


Testa Bionda


Vitani alzò gli occhi. Bellissimo.
Cielo, vento e sabbia. Tutto qui, e lo amava. L’Oasi Proibita era sicuramente uno dei luoghi più belli che avesse mai visitato nella sua vita. Era come se le ricordasse l’afa della terra qunari, in cui lei, però, non era mai stata. Poteva sentire nelle ossa di appartenere al deserto. Ogni volta che in sala di guerra qualcuno nominava delle spedizioni all’Accesso Occidentale, l’inquisitore ne approfittava subito.
Mezzogiorno.
“Fermiamoci. Non voglio gente che sviene e ruzzola giù per un paio di dune. Riprenderemo la spedizione quando il sole sarà un po’ più misericordioso.”
L’inquisitore appoggiò le armi e si sfilò l’armatura, lanciando un’occhiata a Cassandra e a Solas, che si erano seduti all’ombra di un albero. Solas sembrava sempre così assente. Non aveva sfilato le parti scomode degli abiti, stava semplicemente per i fatti suoi, a evocare lampi di energia sui palmi delle mani. A pensarci, Vitani non l’aveva mai neppure visto mangiare. Trovava quasi più umano Cole.
Cassandra invece estrasse un panno da una sacca e ripulì alla bene e meglio la sporcizia dalla spada e dallo scudo, poi iniziò a mangiare un pezzo di pane e qualche striscia di carne secca.
La qunari si limitò a mangiare un frutto dal sapore sgradevole e troppo maturo giusto per placare la fame, e annoiata, decise di sistemare il Vitaar sul proprio viso, che ormai andava sbiadendo.
“Cos’è quella roba?”
Vitani alzò gli occhi e trovò Sera ad indicarla.
“Cos’è quella merda che ti stai mettendo sulla faccia?” Ripeté l’elfa, giusto per farle capire che sì, fosse rivolta proprio a lei.
L’inquisitore si osservò la mano sporca di pittura e poi tornò a guardarla. “Si chiama Vitaar. È composto da sostanze nocive per gli esseri viventi, il più delle volte, ma a cui i qunari sono immuni.”
“A-ha” annuì, poco convinta. “A cosa ti serve? Me lo chiedo dalla prima volta che ti ho vista. Serve… a spaventare gli stronzi?”
“Beh, direi che con te non fa effetto.” Le sorrise l’inquisitore.
Sera si sistemò accanto alla qunari, probabilmente con l’intenzione di importunarla, di cercare un qualche argomento scomodo su cui discutere tanto per sentire innervosire “Lady Adaar”, ma si accorse di essere a corto di idee. Per qualche strano motivo Vitani non rispondeva alle sue provocazioni, anzi, le ignorava… o spesso le assecondava addirittura.  Ad esempio, ora, nonostante le avesse indirettamente affibbiato un nominativo poco nobile, era stata così dolce nella sua risposta che le venne istintivamente da sorridere.
Senza più spunti, l’elfa quindi iniziò a tracciare sulla sabbia qualche linea, borbottando.
Guardandola, Vitani sentì una strana voglia di parlarle. Non era mai stata di molte parole, ma provava una certa curiosità nei confronti della bionda. Divertente e folle erano i primi due aggettivi che le erano venuti in mente.
“Comunque no, se proprio vuoi saperlo. Non soltanto”
Sera lanciò un’occhiata furba all’Araldo, accompagnata da un mezzo sorriso che scomparve subito. Ma non parlò, fu felice di sapere che Vitani non l’avesse liquidata. Ha voglia di parlare.
“Ci sono diversi disegni, diversi… ingredienti, per un Vitaar. Dipende tutto da che effetto desideri causare.”
“Certe volte sono ridicoli. Ridicoli forte, Lady Araldo.”
 La mora ridacchiò, pensando all’aspetto imbarazzante che alcune pitture riuscivano a creare… specialmente sul viso del Toro. Stava per replicare, ma si fermò non appena si accorse che l’elfa aveva appena sfilato dalla tracolla un diario. Era di ottima fattura, rivestito in pelle e decorato a linee sottili. Con tutta probabilità lo aveva rubato in qualche casa di nobili di Redcliffe.
Scorse le pagine veloce, finché non ne trovò una del tutto vuota. Appuntò qualche parola, di fretta, scarabocchiandovi accanto qualche cosa che aveva vagamente la forma di un viso.
“Hai un diario?”
Sera ci mise un attimo per alzare di nuovo gli occhi. Annuì, senza commentare.
Strano. A Vitani non sarebbe mai sembrata una ragazza pronta ad annotare tutti i pettegolezzi su qualche foglio di carta. Quello, pensò, lo fanno le giovani altolocate e viziate, raccontando i propri interessi, i propri gusti. Non una ladra con passioni sfrenate per tutto ciò che è sciocco, rumoroso ed infantile. Non Sera.
In assenza di una domanda sensata da porle, l’inquisitore sorrise. “È molto bello.”
“Sì… piace tanto anche a me.” L’elfa si mordicchiò il pollice. “L’ultimo l’ho lasciato in una taverna di Orlais. Avevo bevuto qualche sorso di vino e me lo sono scordato là. Quanto mi incazzai il giorno seguente! Non ti immagini.” Agitò un braccio, lasciando poi cadere il pugno sulla sabbia. “Beh, posso immaginare però la fine che abbia fatto quel diario. O il locandiere intrattiene i più ubriachi con i miei appunti e disegni sconci, o è finito in mano ad un’ecclesiastica che, dopo aver borbottato scandalizzata, l’ha usato per accendere il camino.” Scoppiò a ridere.
“Non prima di aver riguardato un paio di volte ogni pagina!” L’assecondò la mora.
“Pff” Soffocò un’altra risata, una delle sue, troppo rumorose. “Salvia!”Gridò subito dopo, e si alzò in piedi, correndo ad una ventina di metri di distanza. Ormai Vitani la conosceva troppo bene per stupirsi, così si riappoggiò al tronco alle sue spalle, rilassando il collo. Nessuna nuvola aveva avuto intenzione di aiutarli a rimettersi in cammino, e il sole era ancora al centro del cielo. Ci sarebbe voluto tempo. Tanto valeva riposarsi un po’.
Pensò un po’ al diario. Rifletté a quali possibili contenuti avrebbe potuto avere, ma poi capì… e allora l’idea di un libricino da riempire con semplici scarabocchi non le sembrò più un’idea tanto assurda. Capì che Sera aveva davvero bisogno di qualcosa in cui buttare se stessa, i suoi trascorsi. Appuntarli. Riversare l’odio verso i demoni e la paura che le provocavano. E appuntare anche le intenzioni, qualcosa che avrebbe voluto fare. Non c’entrava nulla il diario scritto ogni sera per descrivere la giornata, i vestiti, i ragazzi. Quello che l’elfa portava con sé altro non era che il suo ordine. Un ordine mentale. Le ricordava le cose da fare, la aiutava a dare forma a delle idee troppo grandi che nella sua testa avevano una forma distorta.
Era il caos? Quello che insidiava la mente della testa bionda era caos puro? Dalle sue parole traspariva proprio quello.  
Vitani sperò di poterlo sfogliare, prima o poi. Forse avrebbe trovato il lato di Sera che nessuno aveva mai conosciuto.
 
Dopo alcuni minuti risentì dei passi avvicinarsi, talmente leggeri che quasi non sprofondavano nella sabbia.
“Caldo. Secco. Caldo. Secco.” Parlava tra sé e sé riavvicinandosi, per poi sedersi nello stesso punto di prima.
L’inquisitore non riaprì gli occhi, sentendo che si trattava di Sera.
“Caldo. Ma secco. Mi piace. Però… troppo caldo. E forse anche troppo secco.” Le parole erano accompagnate dal suono della grafite su un foglio del diario. Non stava scrivendo, stavolta.
“Salvia. Per l’alito cattivo. Fa bene ai denti”
Sera stava sussurrando, come se parlasse a se stessa e Vitani dovette acuire l’udito sempre maggiormente.
“Sorridi come una stupida” aggunse la bionda dopo un attimo di silenzio.
La qunari aprì gli occhi, facendo finta di niente. “Salvia, eh?”
“Già. Non credevo di trovarla qui. E invece questa pianta cresce dappertutto, a quanto ho visto.” Si passò sui denti una foglia “Beh, mai come la radice elfica. Quella, se non fai attenzione, riesce a crescerti anche nel culo.” Rise da sola, come al solito.
Vitani la guardò bene. Le osservò le orecchie a punta, i capelli tagliati in quel modo orribilmente irregolare, talmente brutti che quasi li avrebbe definiti belli, le ciglia, troppo nere, e la bocca grande, sorridente e socchiusa, dalla quale pendeva una foglia intera di salvia.
Stava disegnando. Era addirittura tranquilla, immersa nell’idea che doveva trascrivere e concentrata sulla carta come non mai.
A Vitani piacque vederla così. Quando Sera alzò gli occhi velocemente dal disegno e la guardò, la qunari capì che quella testa bionda le stesse iniziando a piacere decisamente molto più di quanto si sarebbe mai aspettata.
Senza che Vitani se ne accorgesse, Sera ridacchiò tra sé e sé, senza riuscire a fare a meno di arrossire.
 
 
 
 
 
 
Altariah scrive cose. Avevo voglia di scrivere della mia Lady Adaar e Sera fin dalla prima volta in cui ho aperto DA:I, praticamente. Ma scrivevo, cancellavo, scrivevo, aggiungevo, cancellavo… e cose del genere.
Prepara i biscotti per lei!
Ora che ho finito la prima partita le idee mi si sono schiarite molto. Sono riuscita in qualche modo a dare forma ai miei vaneggi, magari non con dei risultati ottimali, ma almeno l’ho fatto… e questa OTP ha smesso in parte di tormentarmi.
Grazie per aver letto! Ah, e ho notato che dal cellulare le parole in corsivo non sono in corsivo. Olè!
Usa la seta!
Sono innamoratissima di Sera, tanto quanto la mia Adaar, immagino. AH. Queste fan fiction pubblicate all’una di notte.
Quanto mi mancavano.
TORTA!
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Capitolo 2
*** Procurale una casacca nuova ***


Procurale una casacca nuova


“Ti ho visto morta.” Spiegò Sera, furente. “Morta…” Ripeté un istante dopo, più piano, voltando il viso di profilo rispetto a Vitani per non guardarla.
“Sera, io… non capisco.” Bisbigliò l’inquisitore, cercando di mantenere la calma. A volte sovrapporre urla alle urla poteva servire, la gente aveva iniziato a zittirsi e prenderla in considerazione grazie al nuovo titolo acquisito. Non con Sera, ovviamente.
Con l’elfa nulla sembrava funzionare, l’unica scelta che la mora aveva per avvicinarla, in quei momenti, era la dolcezza e la comprensione, anche se non vi era nulla da comprendere. A volte, alla qunari sembrava di dover tranquillizzare la compagna come se fosse un animale ferito e spaventato. Doveva solamente, e ora di nuovo, fingere di non sentire gli insulti e le parole troppo taglienti che sgorgavano a fiumi dalle labbra dell’elfa.
Semplicemente, la bionda non ascoltava. Nulla. Non serviva interromperla e parlare al suo posto, perché cancellava le parole ascoltate all’istante. Non voleva assolutamente capire.
“Che altro vuoi che ti spieghi?” Gridò Sera, uscendo dalla sua camera e dirigendosi verso i tavoli della taverna. “Il santissimo Araldo se n’è tornato da Andraste. L’ho visto ieri notte, era vivido e tremendo. Ti ho vista perfettamente morire, anche a occhi chiusi.” Digrignò i denti, senza riuscire a trattenere la rabbia.
Gli avventori del Riposo dell’Araldo non si scomposero più di tanto vedendo la discussione tra le due. Era consuetudine assistere ad avvenimenti del genere ogni giorno, litigi tra spie, maghi, templari, guardie… Nulla di nuovo. Tutti erano anche troppo agitati e tesi per l’imminente battaglia a cui si stavano preparando per fare caso a delle zuffe. Anzi, sarebbe stato strano se non ne fosse nata nessuna. Quando l’inquisitore c’era di mezzo si rizzavano di più le orecchie, per catturare qualche pettegolezzo da raccontare, ma ormai era uscito già tutto dalle mura di Skyhold. Probabilmente tutti sapevano di Vitani più di quanto lei stessa si conoscesse. Non era mai stata brava a nascondere qualcosa; andava a finire che dopo una bevuta insieme al Toro, qualsiasi cosa si fosse precedentemente ripromessa di non dire finiva per essere sulla bocca di tutti.
“Sera…” La richiamò l’inquisitore, con fermezza. “Dovrei scusarmi con te per un sogno che hai fatto? Merda, domani cosa mi chiederai, di scusarmi con te perché la Palude Desolata puzza?” Domandò, e sospirò un’imprecazione, stringendo i pugni e cercando lo sguardo dell’altra.
“Non voglio mai più vedere una cosa simile!” Rispose l’altra, passandosi lentamente una mano sugli occhi. “Non posso stare con te e rischiare di vederlo di nuovo…”
Il suo tono di voce...
Vitani questo non se lo aspettava, per nulla. Il cuore le martellò nel petto, sentendo distintamente qualcosa di davvero diverso nella voce dell’altra... qualcosa che sembrava determinazione. Temette davvero di poterla perdere, e l’idea di cancellare tutto per un motivo del genere le provocava una sensazione di vuoto sotto ai piedi. La sentì quasi come se le stesse scivolando dalle dita, pronta a fuggire per un motivo che ora le appariva definibile solo come “stupido”.
Ogni cosa stava dietro alle labbra dell’elfa, tutto dipendeva da esse; sporte all’infuori che cercavano di trattenere tutte le emozioni confinate in gola.
Vitani non riuscì subito a trovare una risposta. Sentiva rabbia e rassegnazione, avrebbe voluto prendere Sera per le spalle e scuoterla, come per svegliarla da quell’incubo che era stata la causa di tutto.
Si schiarì la gola, poi tornò composta come sempre, ma le sue parole non suonavano decise come quelle pronunciate poco prima. “Be’? Cosa vuoi sentirti rispondere?” Chiese, e scrollò le spalle. “Qualsiasi cosa io ti dica so che tu non l’ascolterai!”
La bionda fece per andare via e tornare nel suo piccolo mondo: una dimensione della misura di una stanza che la sua compagna conosceva troppo bene, fatta di tende viola e cuscini ricamati. Venne trattenuta per un braccio però, appena percorsi due passi, e voltandosi scorse uno sguardo esasperato che tentava di sembrare paziente e comprensivo. Vitani passò lentamente una mano sulla testa dell’elfa, facendo per scompigliarle i capelli in un gesto ormai consueto e istintivo, come faceva sempre quando una ascoltava l’altra raccontare vecchie storie vissute mentre riposavano in un accampamento o quando si ritrovavano abbracciate sotto le lenzuola dopo aver fatto l’amore.
Lady Adaar venne respinta, ma dopo qualche secondo.
“Il fatto è che…” La bionda alzò le braccia, poi si passò le dita sulle palpebre come se dovesse attenuare un mal di testa. Che non ha, si appuntò Vitani mentalmente. Se ce l'avesse non griderebbe così tanto. 
La testa bionda, dopo aver farfugliato qualcosa di incomprensibile riprese il filo del discorso. “Tu. Il fatto è… è che tu non ti comporti come quegli stronzi dei nobili. E lo amo. Tu non ti nascondi, e lo amo. I miei biscotti all’uvetta ti fanno schifo, beh, per il culo Andraste, anche meglio! Amo anche questo!” Scandì, evitando di nuovo lo sguardo dell’altra. “E… e io non voglio pensare a tutta la merda che c’è là fuori quando posso stare bene, più che bene, ma sembra impossibile. I sogni come quello che ho fatto mostrano della roba. Falsa, sì, ma ieri notte per me è stata reale, anche se per poco. Vorrei, ma è difficile ormai cercare di non pensarci, perché io voglio pensare a te. Tantissimo.”
Ora la qunari sperò che Sera la guardasse. Volle vedere quegli occhi che stava nascondendo, forse perché non sapeva più che espressione esibire… aspettò. Ma dopo qualche istante di attesa ancora niente, non si voltava. Allungò quindi un braccio, poi l’altro, verso il piccolo viso di Sera e lo sollevò, potendolo finalmente guardare.
Era rossa sulle guance per via di quella confessione, probabilmente credeva di essersi esposta troppo con quelle frasi. “Lasciami…” Riuscì solo a dire.
Vitani si sarebbe aspettata un gesto brusco ad accompagnare quella parola, invece Sera rimase immobile tra le sue mani.
“Ti conosco troppo bene per fingere di non sapere che le parole per te non valgono nulla. Ma tutto quello che ho visto e sentito poco fa era tanto amore, tutto quello che ti sei lasciata sfuggire. Non vale nulla neppure questo?”
Come risposta, la qunari ricevette inizialmente uno sbuffo. “Ah, beh, sì! Razza di cornuta maledetta.” Sera fece un passo indietro, e la qunari ritrasse le mani. Poi l’elfa proseguì: “Sì. Sei speciale. Poi, amore. Anche quello, sì! Soprattutto quello. Moltissimo, tantissimo, troppo. E ora? Cosa cambia, a chi importa?”
“Nulla cambia! È proprio perché ti amo che non dovrebbe importarti del resto. Siamo noi due, insieme, che combattiamo contro ciò che peggiora il mondo. A meno che tu questo non lo voglia più.”


Sera fissò la mora, che si stava nervosamente passando una mano sulla crocchia sul retro della testa in attesa di una sua reazione. La sua inquisitrice aveva fatto un passo più lungo del suo, le aveva direttamente detto tutto ciò che voleva sentire e che ebbe la capacità di tranquillizzarla, proprio come immaginava. Ma da una parte della sua mente si riaffacciò la rabbia cieca che l’aveva portata ad urlarle contro, e si sentì persa. Non trovò parole, sentiva solo un meraviglioso tepore tra il cuore e la gola mischiata alla furia che le infuocava le guance e mani. Così, combattuta, la prima cosa che le riuscì di fare fu stringere i pugni e dirigerli verso la compagna. La atterrò, cadendo con lei, colpendola poi con una gomitata tra le coste.
La qunari ruggì dal dolore e dallo sgomento, sì, era prevedibile una reazione del genere da parte di Sera ma in quel momento si sentiva privata di tutto, anche dei riflessi pronti che le avrebbero permesso di non cadere sotto il debole peso dell’elfa. Una cosa che era certa di aver sentito appena dopo la caduta era stata la risata di un ubriaco, insieme ad un applauso divertito di un paio di altri avventori. Si sarebbero addirittura messi a fare il tifo, pensò la mora. Chiaramente non lo fecero per rispetto della sua figura da inquisitore.
­­Dopo altri colpi che le costarono diversi lividi e graffi, Vitani credette che fosse il momento di reagire, mentre un sorriso nasceva incontenibile tra le sue labbra. Le assestò un pugno nella pancia, moderando parecchio la forza. La bionda si chiuse su se stessa per metabolizzare il colpo, soffiando un insulto, mentre ancora sovrastava completamente l'altra. Lady Adaar insistette con una ginocchiata contro una coscia, dosando anche questa volta il vigore del colpo. Conosceva la propria potenza e se l’avesse urtata nel modo più potente di cui era capace, avrebbe sicuramente spezzato qualche osso a Sera, grazie anche al sangue di drago che la rendeva di giorno in giorno più tenace. Così, invece, le avrebbe provocato non più di qualche ammaccatura che di per sé era sufficiente.
Sera si riprese quel poco che bastava per afferrare all’altra un polso e sbatterle le nocche contro il pavimento, che si escoriarono subito allo sfregamento contro il legno grezzo. Vitani tirò a sé la propria mano, che con sorpresa dell’elfa, fu un gesto che non richiese alla qunari neppure un minimo di fatica. A corto di idee, a quel punto, la testa bionda si avventò contro una spalla della compagna e le diede un morso. La qunari non riuscì a soffocare un lamento e subito dopo una mezza risata, che fecero soltanto l’effetto di far stringere maggiormente i denti sulla sua carne.
“Mi riempi di bava la casacca! Finiscila!” Protestò, agitandosi per farla desistere. Quella lotta stava prendendo veramente una piega tremenda.
“Nouh” Fu quello che uscì dalle labbra dell’altra, attutito contro la stoffa, la quale non aveva alcuna intenzione di mollare la presa.
La situazione divenne, per alcuni istanti, di stallo: Vitani si era lasciata andare ad una risata silenziosa che le scuoteva completamente il corpo, e Sera si concedeva brevi momenti in cui lasciava la spalla per tornare a morderla più saldamente, ringhiando.
L’inquisitrice stava per prendere di nuovo in mano la situazione colpendola di lato con uno schiaffo per farla allontanare - anche perché iniziava a fare veramente male e probabilmente aveva iniziato a sanguinare -, ma si fermò quando sentì che l’elfa aveva iniziato ad allentare la pressione gradualmente, e contemporaneamente portò prima una, poi l’altra mano dietro il collo di Lady Adaar.
L’altra, ovviamente rimase sulla difensiva, pur continuando a ridere appena. Sentiva le mani dell’elfa dietro e ai lati del collo, che la stavano accarezzando in un modo che le parve innaturale dopo aver ricevuto tanta violenza. Di scatto la sua testa venne tirata all’indietro, mento verso l’alto. Sera le stava tirando i capelli, facendole reclinare la testa.
“Dimmi, facciamo una scommessa: quanti miei capelli ti resteranno in mano?” Inveì, mostrandosi più infastidita e arrabbiata di quanto non fosse in realtà.
Come risposta, Vitani sentì le dita dell’elfa intrecciarsi maggiormente tra i suoi capelli e scioglierle la crocchia, pur senza smettere di tirare. Insieme a questo arrivò uno sguardo, dritto e nudo, che finì per provocare un sorriso anche nel viso che prima sapeva solo mostrarsi furioso, un po’ macchiato di rosso.
Arrivò un bacio anche, alla fine, che aveva un gusto un po’ metallico. Ne arrivarono altri a seguirlo, più brevi e veloci, finché entrambe non si ritrovarono sedute su quel soppalco della taverna a ridere, con i frequentatori che erano a metà strada tra imbarazzo e ilarità. Ovviamente c’era anche gente che fingeva di osservare fuori dalla finestra per evitare qualsiasi contatto visivo con l’inquisitore.
“Sera… nonostante ora mi serva una maledetta casacca nuova, credo che tu sia una delle cose più incomprensibili che mi siano mai capitate. E sei anche la migliore tra tutte.”
L’elfa sorrise, arrossendo come la prima volta che si erano trovate complici senza esserne del tutto coscienti, in qualche modo, mentre lei tracciava sul suo diario, segretamente, un ritratto della qunari all’Accesso Occidentale.
“Sei una lingua di miele.” Le disse, osservando Vitani ravviarsi i capelli con una mano. “Lingua di Miele.”

 
 
 




 
Posso solo esprimere la mia perplessità nel trasformare questa fan fiction in una raccolta. Raccolta che forse si fermerà qui, non saprei. Avrei ancora qualche tematica e qualche situazione tra le due che mi piacerebbe approfondire, ma non ho idea della riuscita di queste mie idee. Quindi, ecco qui. Buttata giù di fretta, ma mi premeva moltissimo scriverla. Sono la mia morte queste due. È una mia impressione o in questa roba che ho scritto c'è una confusione pazzesca? L'ho riletto e non ho capito assolutamente nulla hohoh (e giustamente pubblico lo stesso, brava me)
Commissiona una casacca da qualche raffinatone di Orlais 
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