Don't go

di virgily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scream ***
Capitolo 2: *** Five ***
Capitolo 3: *** Four X ***
Capitolo 4: *** Adrenalize me ***



Capitolo 1
*** Scream ***


Scream
 

Erano le tre di notte quando alle porte dell’ospedale, un’infermiera nella sala d’ingresso vide una giovane ragazza: il trucco colato dagli occhi lucidi e sfranti, i capelli sconvolti e le labbra tremanti, batteva le mani sporche di sangue sullo spesso vetro dell’entrata, macchiandolo inevitabilmente, chiedendo convulsamente aiuto. Soltanto quando l’andarono a soccorrere, le infermiere si accorsero della seconda giovane priva di sensi, in una maschera di sangue, che sostava a peso morto sulla schiena dell’altra. Immediatamente sopraggiunsero con una barella, spostando il corpo della seconda giovane donna su di essa: l’abitino scuro era strappato in più parti, e con disgusto perfino le più abili e anziane dello staff infermieristico erano rimaste inorridite dai molteplici segni che brutalmente erano stati lasciati su quell’esile corpo.
-V-Vi prego, salvatela. Vi scongiuro…- piangeva l’altra, quella che per un lungo tragitto l’aveva trasportata sulle sue spalle, con la costante paura che non riuscisse ad arrivare in tempo. E allungando le mani ancora macchiate di liquido cremisi, tentò di avvicinarsi il più possibile alla sua amica, che nel frattempo stavano già portando via. Ma una signora, forse una volontaria, l’aveva afferrata per i fianchi stretti e asciutti, bloccandola.
-Deve restare qui signorina…- ma la giovane cominciò a mostrare i primi segni di resistenza.
-No, no!-
In quell’esatto istante, tramite un corridoio adiacente, un giovane uomo sbucò all’improvviso, bloccato dall’imminente passaggio di quella candida barella che lentamente cominciava a tinteggiarsi di quel colore così familiare, e purtroppo così caro a quell’uomo. Era distratto, scocciato dal fatto che gli fosse toccato il turno di notte, quando tutti sapevano che di notte non c’era poi tutto questo gran da fare, soprattutto per un inserviente. Ma appena riconobbe quel rosso vivo, languido e denso che macchiava le bianche fodere della barella, tornò in meno di un istante con i piedi per terra, patendo un veemente brivido che lo percosse tutto. Non riuscì a dire nulla, poiché non appena i suoi colleghi gli passarono accanto trasportando la povera malcapitata, il ragazzo dagli occhi scuri ed enigmatici osservò, con rapida e minuziosa cura, i segni che la vittima presentava sul corpo. Non dovette neanche pensarci, quelli erano morsi… e dubitava seriamente che la poveretta sarebbe sopravvissuta.
-P-Per favore fatemi stare con lei… Veronica!- una seconda voce, anch’essa femminile, gridava straziata e agonizzante, attirando così l’attenzione dell’inserviente. Il corvino posò allora gli occhi sulla seconda ragazza che a stento l’infermiera riusciva a trattenere: scuoteva i folti capelli mogano facendoli vorticare sempre più, a ritmo con il suo stesso corpo che come un animale in trappola si dimenava. Riuscì infatti a liberarsi, cominciando a sfrecciare velocissima, ma il giovane uomo fu altrettanto abile nell’acchiapparla, bloccandola saldamente al petto non appena l’infermiera lo chiamò in suo aiuto. Quel ragazzo era molto forte, troppo. La bruna si sentì tutta un fremito
-Mitchell, scusami puoi pensarci tu?- domandò la sua collega con aria frettolosa e impaziente di raggiungere gli altri in sala di rianimazione.
-Tranquilla- affermò lui, congedandola prima di rivolgere lo sguardo verso l’esile figura, agitata e tremante, che teneva fra le sue braccia:
-Faranno tutto il possibile. Ora calmati, signorinella…- Per un certo senso, Mitchell rimase quasi affascinato dalla grinta, dalla forza d’animo che la spingeva a non arrendersi; tuttavia, vedendo quelle grandi iridi chiare contornate da pesanti lacrime, la bocca spaccata dal freddo e le dita ancora grondanti del sangue della sua amica, per lui fu veramente difficile non sentirsi in colpa. Erano stati quelli come lui, dopotutto, ad aver ridotto in quello stato la sua compagna. E pur essendo una sconosciuta, aveva intuito il suo profondo sconforto, e l’aveva accolta al suo petto: ampio, statuario… freddo. La sua voce era calda, per un certo senso gentile. Ma c’era qualcosa in lui. Lei lo sentiva, non poteva far a meno percepire qualcosa di anomalo. La mano grande del ragazzo le carezzò appena il capo, rassicurante. E quando i suoi giovani occhi, di una tenue tinta verde, incontrarono quelli di lui, così profondi, scuri ed eloquenti, per lei fu come sprofondare. 
-Come ti chiami?- le domandò, sollevando lentamente l’angolo destro delle labbra. Silenzio, e per qualche istante il corvino non comprese il motivo per cui la ragazza esitava a rispondergli.
-T-Tu…- quest’ultima bofonchiò appena, lasciando che le parole morissero nel profondo della sua gola. Di rimando, Mitchell la osservò incuriosito. Forse era ancora turbata, ma allora perché vedeva i suoi occhi sgranarsi sempre più? Perché il suo respiro, piuttosto che tornare regolare, accresceva con passare del tempo e con il prolungarsi dei loro sguardi?
-Ehi? Tutto bene?- John fu obbligato a rafforzare un pelino la presa, perché non appena aprì bocca, la bruna tornò a dimenarsi. Tuttavia, questa volta lui vedeva della paura nell’occhiata di lei. Terrore, ma al contempo coraggio, lo stesso che vedeva negli occhi dei suoi commilitoni quando era ancora un soldato. Quando era vivo.
-Toglimi le mani di dosso!- sussurrò in preda al panico, mentre le mani di Mitchell la tenevano stretta per i fianchi:
-Sei uno di loro! Bastardo!- allora con un scatto repentino, il corvino bloccò per i polsi le mani della ragazza, immobilizzandola con il corpo compresso tra il suo petto e il muro del silenzioso corridoio. I suoi occhi si erano infervorati:
-Ti consiglio vivamente di togliermi le tue luride mani di dosso, vampiro del cazzo…- sibilò la bruna a denti stretti, accentuando ancora di più l’ardore e la curiosità nel petto e nella mente del corvino che quasi ringhiandole contro disse:
-Come lo hai capito?- il vampiro accorciò le loro distanze fin tanto che sentì il lieve profumo della donna farsi più intenso, quasi percettibile sulle sue papille gustative. Era un odore particolare, diverso. Sentendosi quasi il fiato mozzarsi in gola, Mitchell accorciò ulteriormente lo spazio fra i loro volti, annusandola a pieni polmoni, per poi fissarla intensamente nei suoi grandi occhi verdi, che in un istante parevano ardere come fiamme roventi per la rabbia. Il suo era un aroma talmente incisivo, sebbene tenue e dolce, totalmente diverso dall’acre odore di un semplice lupo mannaro. E questo stuzzicò la sua più infima e oscura natura, facendo una breccia nel ferreo autocontrollo di John, portandolo a mostrare i denti,
-Che c-cosa sei tu?- bofonchiò mentre le fauci aguzze si facevano largo tra le labbra carnose dell’uomo.
-Ritira i canini, bestia-  sussurrò sulla bocca dischiusa del vampiro –Non ho la minima intenzione di essere la tua cena!- quasi con un attimo di distrazione, gli occhi scuri di Mitchell osservarono la mano della fanciulla, che lui teneva ben pressata per il polso lungo la rigida parete alla quale si erano addossati: l’indice e il medio della sua manina piccola e sottile si mossero con uno scatto breve e rapido in un’altra direzione, e con esse una forza inspiegabile lo colse come una pugnalata in pieno petto, e senza neanche rendersene conto era stato scaraventato contro l’altro versante del corridoio, battendo la schiena e la testa, per poi accasciarsi pesantemente a terra. Incredulo, sollevò il capo, lasciando che i boccoli corvini gli incorniciassero il ghigno malevolo e gli occhi che oramai si erano tinti del colore dell’oblio, osservando la ragazza avanzare velocemente verso l’uscita, scappando.
 
Coperta solamente da quel misero abito che le raggiungeva a malapena le ginocchia e le scopriva le spalle, la giovane correva per i vicoli bui adiacenti al grande ospedale, con il respiro pesante e il suo fiato che si condensava nell’aria. Il suo cuore batteva all’impazzata. Come se non ne avesse avuto abbastanza di vampiri nella sua vita, ecco che proprio nel momento peggiore ne sbucava un altro… ed era spaventosamente forte. Sapeva che non sarebbe mai riuscita a seminarlo, ma sperò con tutte le sue forze che affidandosi alle sue capacità sarebbe riuscita ad eliminarlo. I suoi passi ridondanti e affannosi risuonavano per strada, e svoltando l’angolo con un ennesimo muro di mattoni scuri e calcinaccio, la ragazza si ritrovò davanti a un vicolo cieco.
-Merda…- imprecò a bassa voce voltandosi di scatto, pronta a ripartire per la sua folle corsa. Ma non appena voltò le spalle, una furia si avventò su di lei trascinandola per i fianchi e sbattendola contro il solido muro che chiudeva quella strada solitaria e buia. Per il forte impatto che ebbe il suo corpo contro la parete, la ragazza inarcò involontariamente la schiena contro di lui, accorciando le distanze con il suo assalitore. Mitchell, a canini pienamente scoperti, ma non ancora del tutto in balia dei suoi istinti primordiali, guardò intensamente la giovane donna che aveva in pugno, esponendo un risolino beffardo e canzonatorio…
-Allora…- sogghignò assaporando nuovamente quel delicato profumo che stava letteralmente allettando la sua sete di sangue.
-Cosa ci fa una strega così giovane da queste parti? Pare che sia quasi un secolo che quelle come te non si fanno vedere più in giro-
-Abbiamo imparato a nasconderci meglio da quelli come voi…-
-Da quel che vedo, non vi sta riuscendo molto bene…- soffiò divertito sulle sue labbra, facendola fremere tra le sue braccia. Questa volta, Mitchell teneva le mani legate saldamente a quelle dalla giovane strega, perché sapeva che quello era uno dei punti di forza dai quali potevano esternare il loro potere. Aveva sentito parlare delle streghe dai racconti di vampiri più vecchi di lui, Herrick in particolare : donne dotate sin dalla nascita di grandi capacità magiche, e grande sapienza. Esisteva un tempo, in cui streghe e vampiri sembravano essere stati creati l’uno per l’altra. Proprio grazie alla loro natura, diversa da quelle delle comuni donne umane, e alla loro innata predisposizione per le tenebre, le streghe sapevano come affascinare i vampiri; sapevano come fargli raggiungere il grado più alto del piacere anche solo sussurrandogli. Tuttavia, sebbene queste fanciulle donassero spontaneamente il proprio corpo e il proprio sangue ai loro compagni non morti, poiché l’essenza che scorreva nelle loro vene poteva dissetare l’appetito insaziabile di un vampiro anche per settimane; uno sfortunato evento ruppe quel fatale legame che sembrava essersi consolidato nel peccato: molti secoli addietro, una strega morì per mano del suo compagno il quale, non riuscendo a placare la sua pulsione omicida, la prosciugò.  E da quel momento, i vampiri cominciarono a provare non più sete di quelle che erano sempre state le loro prede d’eccellenza, gli umani, ma misero gli occhi su di loro. Così le streghe erano sparite, si erano nascoste. Mai più si sarebbero mostrare al mondo dei non morti, mai più si sarebbero fidate di loro. E Mitchell poteva solo immaginare come fosse bere un sangue così ricercato. Ma adesso, proprio ad un passo da lui, che fremeva come una gracile foglia tra le sue dita possenti, che la lavoravano come creta, il vampiro aveva la sua occasione. Oltretutto, era passato molto tempo dall’ultima volta che si era cibato di sangue. Nel suo petto, al solo pensiero di poterla assaggiare, era arso un fuoco talmente devastante da logorargli le membra. Senza pensarci ulteriormente, allora, si avventò come un ossesso sul pallido e diafano collo della ragazza, che immediatamente urlò per lo spavento. La giovane serrò gli occhi, attendendo che il dolore sopraggiungesse su di lei, togliendole la vita. Una lacrima sgusciò silenziosa dalle sue palpebre, rigandole il viso. Sentiva le labbra ruvide del vampiro sulla sua pelle, il pizzicore della barba sottile. Ma non provò alcun dolore. Non provò nulla, se non un brivido caldo che le percosse tutta la spina dorsale quando sentì il suo fiato caldo carezzarle l’incavo del collo. Socchiuse piano gli occhi, quasi con timore, per poi aprirli del tutto, incredula. Il vampiro la teneva stretta a sé, e sentiva il suo stesso cuore agitato rimbombargli contro il petto ampio. John aveva le sue mani avvinghiate a quelle di lei, e il suo viso ancora chino, nascosto fra i suoi capelli. Respirava profondamente, cercando di calmarsi sebbene fosse proprio quel tenero tepore, e quel soffice odore a tentarlo. Ma proprio in quel momento cruciale, la vera anima di John Mitchell era riemersa dalle tenebre, e lo aveva fermato prima che potesse commettere una pazzia. Chi era lui per ucciderla? Era così giovane, così spaventata. Stava già perdendo una persona molto cara, non poteva… non voleva togliergli la vita.
-P-Potresti uccidermi… riesco a percepire che non ti nutri da molto- sussurrò piano la ragazza, sentendo la presa salda e veemente del vampiro farsi più gentile, restandone pietrificata. Aveva paura, sapeva che avrebbe potuto farla a pezzi se solo lo avesse desiderato. Ma non lo stava facendo, tutt’altro la stava stringendo al suo corpo, ma non con ostilità. Quel vampiro stava lottando contro la sua stessa indole, e questo lasciò la giovane letteralmente disarmata.
-È vero. Ma non lo farò…- rispose con un soffice sibilo al suo orecchio, scostandosi quel tanto che gli bastava per poterla guardare in viso: gli occhi lucidi, incuriositi, le labbra rosee e sottili leggermente dischiuse per la sorpresa. Sentì nuovamente quella fiamma nel petto, ma fu più delicata, quasi una carezza che al contempo lo seduceva e lo affascinava. Per la prima volta, Mitchell provò un brivido, e si chiese se non fosse un qualche strano effetto che quella giovane strega, che teneva fra le braccia, aveva su di lui:
-Perché?- gli domandò lei, guardandolo negli occhi. Era confusa. Sapeva che i vampiri erano creature pericolose, spietate. Ma allora, perché lui la stava risparmiando?
-Perché posso essere migliore di così…- dal canto suo, Mitchell finalmente le lasciò le mani, rendendole la libertà. Le diede le spalle, riprendendo la via verso l’ospedale, ma ben presto, il vampiro sentì dei passi leggeri seguirlo. Non ci volle molto per riconoscerla, in quel breve attimo in cui l’aveva desiderata così ardentemente, il vampiro aveva memorizzato quasi tutto di lei; della sua fisicità succulenta, della sua gestualità elegante.
-Qual è il tuo nome?- sentì la suo voce, questa volta più calma, provenire dalle sue spalle.
-Mitchell. John Mitchell…- disse fermandosi e voltandosi di tre quarti, osservandola che lentamente lo raggiungeva. Notava con piacere che adesso pareva più serena, ma in una piccola scintilla nel suo sguardo verdastro, vide una seria intenzione a non abbassare mai la guardia, e di certo neanche lui lo avrebbe fatto con lei. Sebbene non avesse sfoderato il meglio di sé, da quel poco che aveva potuto provare sulla sua pelle, quella ragazza sembrava potente.
-Tu?-
-Serena…-
-Beh, allora piacere mio…- rispose con un sorrisetto sghembo, grattandosi impacciatamente la testa, aggiustandosi poi la zazzera folta e incolta di boccoli corvini. La ragazza al suo fianco inizialmente rispose con un timido sorriso, continuando a passeggiare al suo fianco. Era strano, fino a qualche minuto prima, quella creatura avrebbe potuto mettere fine ai suoi giorni. Ma non lo aveva fatto. Anzi, ripensandoci era sempre stato gentile con lei. Anche quando stavano portando via Veronica, lui l’aveva abbracciata, voleva calmarla stringendola al suo petto, così freddo e silenzioso.
-Mitchell…?- lo chiamò cogliendolo alla sprovvista poco prima di rientrare nell’ospedale, annullando quel sottile silenzio che si era venuto a creare tra i due:
-Sì?- si voltò verso di lei, osservandola con un sorriso genuino che ma avrebbe pensato di ricevere da lei quella sera,
-Grazie per avermi risparmiata. E anche per quello che stai facendo con la tua… “dieta”. È molto nobile- inizialmente ne rimase colpito. Era molto dolce, e sincera, e ciò lo spiazzò alquanto. Tuttavia, un mezzo sorriso amaro e cinico storpiò quell’espressione rassicurata.
-Chissà, vedremo se questo “gesto nobile” non mi porterà al suicidio, o a una strage…- cercò di buttarla sul ridere, e sorprendentemente, anche la strega aveva colto la sua vena ironica. Lei rise, piano e sottovoce, mascherandosi le labbra con la mano.
-In tal caso, potrei provvedere a farti saltare la testa…- rispose lei, e in quel momento calò un sottile silenzio di tomba. Mitchell non riusciva a capire se stesse dicendo sul serio, o se in realtà stesse scherzando, e questo per un certo frangente lo mise piuttosto a disagio. Il suo viso pareva aver indossato una maschera totalmente inespressiva, ed era piuttosto inquietante veder quel bel viso così privo di emozioni. Oltretutto, non dubitava che con l’incantesimo giusto ci sarebbe riuscita. Poi, un risolino sottile fece increspare quella bocca sinuosa, e all’unisono, entrambi scoppiarono a ridere, varcando assieme le porte dell’ospedale. Serena sapeva tuttavia che non doveva fidarsi di lui, che se avesse perso nuovamente il controllo avrebbe dovuto essere pronta a tutto pur di salvarsi la vita, perfino ad eliminarlo se non ci fosse stata altra scelta. Eppure, una parte di lei, quella più docile, ingenua e confusa del suo essere, sperava tanto che il Mitchell; quel John Mitchell dall’aria buffa, trasandata e premurosa, non la lasciasse proprio adesso.

*Angolino di Virgy*
Tenevo questa fan fiction segregata nel mio pc da parecchio tempo. E oggi, dopo una lunga riflessione, ho pensato di sottoporvi il primo capitolo. Spero che lo svolgersi della vicenda non appaia troppo affrettato, sebbene abbia cercato di ricreare una sequenzialità degli avvenimenti il più fedele possibile a quella della serie tv. Non sono certa di essere riuscita nel mio intento, e non sono neanche sicura di essere riuscita a rendere bene i caratteri dei personaggi. Spero vivamente che vi piaccia. Mi farebbe molto piacere leggere delle recensioni, sapere se è di vostro gradimento o se devo migliorare alcune caratteristiche della storia. Ogni consiglio e ben accetto.
Grazie per la lettura.
Un bacio.
-V- 

 

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Capitolo 2
*** Five ***


Five


Il ticchettio costante e ripetitivo dell’orologio appeso alla parete del corridoio rimbombava pesantemente nella testa di Serena, ritmando la cadenza dei suoi pensieri confusi ed incerti. Sedeva su di una vecchia seggiola bluastra dalla seduta appena imbottita; le ginocchia al petto, le braccia strette attorno alle gambe e lo sguardo sperso nel vuoto. Attendeva, sperava che qualcuno uscisse da quella maledetta porta di acciaio pesante che la separava dalla sua migliore amica, dicendole che tutto sarebbe andato bene. Che Veronica si sarebbe salvata. Ma più i secondi passavano, più sentiva  i sensi di colpa aggrapparsi con i suoi spietati artigli sulla sua carne, squarciandole il petto e la schiena. Una mano grande e mascolina irruppe bruscamente nella sua visuale, sorreggendo un bicchiere ancora fumante. La giovane sollevò appena il capo, imbattendosi in quegli occhi così grandi, malinconici. Quegli occhi avevano visto tante cose, e così tanti orrori che lei neanche poteva immaginare. Ed era proprio da essi che Serena poteva scorgere un misero brandello del suo animo tormentato, e non sapeva se ciò la spaventasse o l’affascinasse ancora di più. Teneva l’angolo destro delle labbra sollevato in un mezzo sorriso, increspando la curvatura della guancia, velata dal leggero accenno di barba scura. Dopo il loro incontro, tutt’altro che pacifico e “normale”, lui non l’aveva lasciata. Forse, per entrambi sarebbe stato meglio scomparire. Sì, Serena sapeva che probabilmente tornare a nascondersi sarebbe stata l’idea più saggia. Eppure, il privilegio del dubbio che quel vampiro aveva instillato in lei l’aveva convinta a correre il rischio. Tornò allora a sedersi composta, e disegnando un timido sorriso accettò tra le sue mani la calda tazza di cartone che il corvino le aveva portato, prendendo posto sulla seggiola proprio al suo fianco. Tenendo le mani giunte, e comodamente posate sulle sue stesse gambe, Mitchell senza fiatare si concesse un po’ di tempo per poterla osservare di sottecchi: la sua chioma bruna, dalle sfumature aranciate, come una perfetta cornice risaltava la sua carnagione e i suoi occhi chiari, che languidi e afflitti fissavano un punto indefinito della parete monocromatica dell’ampio androne. Sorseggiava pianissimo il tè caldo, stringendolo tra le mani come se non aspettasse altro che gli donasse un po’ del suo calore. Era di una bellezza particolare. Apparentemente docile, infantile. Ma ricordava bene con quale ardore i suoi grandi fari verdi lo avevano guardato, e da un punto di vista prettamente vampiresco e maschile, quella era stata la visione che più aveva stimolato la sua libido e la sua sete dopo molto, moltissimo tempo. A tal punto da riuscir quasi a fargli perdere il controllo.
-Mitchell…- la sua voce così flebile quasi in un istante riuscì a spazzar via tutto quello che fino a qualche istante prima, seguendo una linea di pensiero più avvezza alla trasgressione, stava popolando la sua mente, anch’essa ancora piuttosto confusa dal loro incontro.
-Veronica non ce la farà. Vero?- sibilò piano, lasciando che i fumi del tè le carezzassero le guance arrossate, mascherando gli occhi gonfi di lacrime e i singhiozzi soffocati nel profondo della sua gola.
-Beh…- sospirò l’altro in un primo momento –Anche uno solo di noi è capace di commettere delle carneficine. Ma nel vostro caso, a giudicare dai segni che ho intravisto sul corpo della tua amica, deve essere stato un lavoro di gruppo…-
-Cinque- affermò la ragazza, voltando appena il capo nella sua direzione. I suoi occhi erano lucidi, stremati.
-Erano in cinque- sussurrò infine, lasciando che una lacrima le rigasse il volto.
-Serena… io- John fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola. Certamente non poteva giustificare l’accaduto, eppure provava un irrefrenabile istinto così maledettamente umano nei suoi confronti. Compassione, rabbia… tanta tristezza.
-Avrei soltanto voluto essere più forte. Avrei voluto…-le si mozzò il fiato, nel vano tentativo di frenare i singhiozzi. Abbassò violentemente lo sguardo, timidamente. Sentiva gli occhi del vampiro ancora fissati su di sé, e non voleva certamente mostrarsi in quello stato. Cominciò a maledirsi da sola. Era troppo emotiva, sensibile. Stava perdendo la sua consorella più cara, ma non riusciva a trovare la forza di reagire, di combattere il dolore. Come se non bastasse, quel vampiro e il suo pietoso gesto di misericordia era come un veleno per lei. Era così infima e inutile che perfino un mostro si era rifiutato di ucciderla.
-Hey…- sentì la mano fredda e tozza del corvino afferrarle il viso per il mento. Tenendola con l’indice e il pollice, il vampiro aveva sollevato il volto della giovane con delicatezza, portandolo al suo. E i loro occhi si scontrarono ancora una volta, quelli profondi e scuri di Mitchell che si perdevano al di là dello spessore, quasi  vitreo, delle iridi chiare della giovane strega. Sentiva qualcosa di strano quando si guardavano negli occhi. Una sorta di subdola empatia che ancora giaceva nascosta in qualche meandro sommerso della loro mente. O forse era quella tanto enfatizzata e primordiale complicità, che per secoli aveva legato le streghe ai vampiri, a farlo sentire così destabilizzato e inerme?
Sentirono i passi del primario che si chiudeva la porta alle spalle, giungendo ad ampie e pesanti falcate contro di loro. Il loro contatto visivo allora si ruppe meccanicamente, sebbene entrambi potevano percepire un curioso brivido pervaderli nel corpo e nell’animo.
Poche parole, voce fredda, distaccata: “Non c’è più nulla da fare. Mi dispiace”
Per qualche istante, nella testa di Serena ci fu soltanto il vuoto. C’erano così tante cose che lei e Veronica avevano condiviso, così tante avventure. Stare insieme era l’unico modo che avevano per farsi forza, per proteggersi e imparare a gestire la propria natura dall’esperienza l’una dell’altra. Era l’unico modo per non patire la solitudine, nel continuo scappare e celarsi nell’ombra della sua specie. Ma adesso la sua amata consorella, la sua migliore amica, non c’era più. Era rimasta sola. Avrebbe voluto scoppiare in lacrime, gridare e mostrare a tutti che il dolore che stava provando era più straziante di una lama nel petto. Ma non le era concesso. Serena sapeva che perdere il controllo delle proprie emozioni significava dare libero sfogo ai suoi poteri, e questo andava ben oltre i suoi principi di cautela.
-Devo vederla…- rispose dopo aver respirato profondamente svariate volte, asciugandosi alla buona gli occhi con le mani chiuse in due piccoli pugni. Si sollevò, con lo sguardo basso, quasi come se ancora non avesse pienamente realizzato che la sua compagna se ne fosse andata davvero. Si aspettò così di illudersi, mentre sola varcava la soglia di quella misera camera quadrata. Così spoglia, e priva di vita. E invece, facendole patire la carezza languida e spietata di un gelido fremito, Mitchell la fiancheggiò, accompagnandola personalmente. Per quale motivo lo stava facendo? Perché era così interessato al suo dolore? In realtà, sotto un profilo puramente cinico, Serena pensò più e più volte che la sua apparente gentilezza fosse data dal fatto che John Mitchell fosse un vampiro, e di conseguenza provava solamente un puro interesse per la sua natura di strega. Ma non c’era alcuna malizia nel suo sguardo, e i suoi sensi non avvertivano neanche il minimo sentore di pericolo. Era come se stesse, per un certo verso, “vegliando” su di lei… O qualcosa del genere. Spalancò la porta, lasciando che il giovane vampiro dietro di lei se la chiudesse alle spalle. Silenzio, ma un sorriso genuino si dipinse tremante sulle labbra della ragazza: vi era un letto, mal ridotto e sporco, sormontato dalla salma ancora sanguinante della giovane strega che l’aveva abbandonata. E accanto a quel macabro sipario; Veronica, bellissima nel suo abito nero, con la pelle pallida e compatta e gli occhi dolci e limpidi puntati su di lei, la guardava esponendo un sorriso malinconico ma al contempo rassicurante.
-Oh dio…- bofonchiò gettandosi nel gelido abbraccio della sua amica, ormai separatasi della sua spoglia mortale. Era bello poterla stringere a sé. Era come se fosse ancora viva, come se mai l’avrebbe lasciata. Ma dalla temperatura del suo corpo, dal silenzio del suo torace, Serena sapeva che oramai di Veronica, a parte un corpo morto e martoriato dai morsi di vampiro, era rimasto soltanto il suo fantasma.
-M-Mi dispiace. È colpa mia…- sussurrava sulla sua pelle, mentre l’altra la stringeva al suo morbido petto, carezzandole la testa e i capelli, rassicurandola.
-Hai fatto tutto il possibile. Mi hai difesa con tutte le tue forze e non potrò mai esserti grata abbastanza per questo-
-Ti voglio bene…-
-Ti voglio bene anche io…-
Mitchell, dal canto suo, osservava quella scena dall’angolo della stanza. Pareva sornione, distaccato. Teneva le braccia conserte, restava poggiato contro la parete. La mascella contrita, le labbra serrate. In realtà, non voleva interferire con l’ultimo saluto delle due streghe, e al contempo non voleva lasciare Serena sola in un momento così delicato. Neanche lui in realtà sapeva per quale assurda ragione il suo interesse in quella ragazzina lo stesse coinvolgendo sempre più con lo scorrere del tempo. Era inquietante. Da un arcaico istinto omicida a un ancor più fatale necessità di protezione nei suoi confronti. Sembrava quasi come se il suo io interiore e predatore, che tanto stava combattendo negli anni, gli stesse sussurrando qualcosa nell’orecchio, disturbandogli i pensieri, torturandogli la mente già piuttosto confusa: “Mia…Mia” non faceva altro che ripetere da quando aveva assaporato il suo odore. E più andava avanti più John sentiva di impazzire.
-E lui cosa ci fa qui?- la voce di Veronica aveva improvvisamente cambiato tono, più seria, inquieta. E per Mitchell non fu affatto difficile capire che si stesse riferendo a lui.
-Serena, perché sei con un fottuto vampiro?!-  domandò alterata, scostando la sua amica guardandola con aria timorosa e contemporaneamente rabbiosa.
-Veronica, calmati…- rispose la bruna sollevando istintivamente le mani, invitandola a tranquillizzarsi, anche se sapeva bene che non ci sarebbe riuscita. Intuito il suo sconforto, il corvino spontaneamente si staccò dalla parete bluastra avanzando solo di qualche passo in direzione della strega.
-Calmarmi? Serena, sono appena stata uccisa da quei succhia sangue maledetti, E TU MI STAI DICENDO DI CALMARMI?!- con un gesto naturale e involontario della mano, Veronica scaraventò la sua migliore amica contro la parete che sostava alle sue spalle. Con una spinta che non sarebbe mai stata in grado di sostenere, la giovane strega, infatti, si sentì sollevare da terra, e poco dopo si ritrovò contro lo spesso muro della camera, il quale vibrò dopo il grande boato che causò il violento impatto del suo corpo.
-Serena!!- inconsciamente, il vampiro era già su di lei: in ginocchio, al suo fianco che le sollevava il capo e le spalle dal pavimento stringendola a sé, accertandosi che stesse bene. Sbatteva ripetitivamente le palpebre, frastornata. Mugugnava piano, ma stava bene.
-Cazzo, ma tu sei fuori di testa!- inveì il moro contro quel fantasma che con le mani sulle labbra osservava quella scena basita. Si sentiva tremendamente in colpa, non era sua intenzione farle del male, e certo non poteva aspettarsi una reazione del genere da un vampiro, da un animale senz’anima come lui.
-M-Mitchell…-
-Ti sei fatta male?- appena udito il suo nome, i suoi occhi scuri immediatamente si puntarono su di lei, che sorridendo appena annuì. In quell’esatto istante Veronica ebbe paura. Non per sé stessa, ma per la sua amica. Non era naturale quel sottile languore nei loro sguardi, non era normale che un vampiro si preoccupasse per una strega, se non per cibarsene. O almeno, era così da quando… Beh, da quando i succhia sangue avevano cominciato a dare la caccia a tutte loro.
-S-Serena io…-
-Tranquilla. Almeno adesso sai che non mi farà del male- rispose l’altra afferrando la mano forte e vigorosa del vampiro che prontamente l’aiutò a rimettersi in piedi.
-Per ora…- rispose cinicamente il fantasma, facendo inarcare un sopracciglio folto del moro verso l’alto.
Un brevissimo silenzio calò su di loro, lasciando quasi una sottile aria di incertezza e inquietudine. Poi, un rumore decisamente estraneo li fece agitare per un istante: alle spalle del giovane fantasma, comparve una porta con inscritto il suo nome. Quello era segno che Veronica era ormai pronta per trapassare il mondo terreno, e in un istante Serena tremò.
-No…- affermò improvvisamente la ragazza fantasma, scuotendo la testa e fissando intensamente la sua amica, che dal canto suo era rimasta sconcertata…
-Serena, prima che vada, prenditi i miei poteri- ordinò fredda, ma con gli occhi gonfi, lucidati da lacrime amare. In realtà le tremava la voce. Aveva paura di quello che le sarebbe successo, ma almeno questo, prima di lasciarla definitivamente, doveva farlo.
-Veronica…-
-Serena non c’è più tempo-
-Non posso farlo!- rispose la bruna tornando nuovamente tra le braccia della sua amica, stringendola a se in un’ultima ed estrema dimostrazione di affetto. Entrambe avevano il respiro irregolare, galoppante e in preda ai molteplici singhiozzi provocati dai loro pianti che tentavano in vano di frenare.
-Non capisci? Così facendo ci sarà sempre una parte di me dentro di te. E sarà ciò che ti renderà più forte- Veronica sorrideva, scostando delle ciocche ribelli dal volto della sua migliore amica. Cercò il suo sguardo, e quando le due si ritrovarono a fissarsi, innanzi a quella porta che in pochi attimi le avrebbe separate per sempre, Serena, a malincuore, annuì. Il giovane John Mitchell non poteva credere ai suoi occhi,: stava per assistere a un incantesimo, e da una parte era molto curioso. Dall’altra, al contrario, non faceva altro che chiedersi se mai il mondo avrebbe smesso di stupirlo. Di punto in bianco, il destino gli aveva fatto incontrare una strega. Una strega prelibata che aveva risparmiato da una morte certa, ma alla quale non avrebbe rinunciato tanto facilmente.
 Con un respiro profondo, nel frattempo, la brunetta si accostò alla salma di Veronica, infilando un dito in una delle sue piaghe. Era fredda, e la sua carne molle e senza vita aveva appena cominciato ad entrare in rigor mortis. Il vampiro, dal canto suo, la osservò bagnarsi per bene le dita del sangue della sua compagna, cercando di capire a cosa le servisse. Accertatasi che avesse inumidito sufficientemente la sua mano, Serena si disegnò un piccolo pentacolo sul petto, poco al disotto della base del collo.
-In nome delle tenebre che ci ha dato alla luce, io reclamo il dono della mia compagna che si è spenta per mezzo del suo sangue…- viscoso e dal colore intenso, il sangue colava lentamente sulla sua pelle chiara, creando delle sottilissime scie cremisi che andarono ad infilarsi dispettosamente nella piccola scollatura a cuore dell’abito della strega. Mitchell, a quella vista, ebbe un fremito. Veronica, prendendo allora le mani sporche e umide della sua amica nelle sue, respirò profondamente, concentrandosi. Teneva gli occhi socchiusi, le dita legate a quelle sottili e macchiate di Serena. Questa pratica in realtà era molto diffusa tra le streghe: quando il legame tra due consorelle era molto forte, era tradizione al momento della morte di una di queste, che l’altra prendesse dal suo spirito tutti i suoi poteri. Solo così sarebbero rimaste insieme per sempre, ingannando la morte stessa.
-In nome delle tenebre che mi hanno reclamata, cedo il mio dono alla mia compagna per mezzo del mio sangue- un folata di vento caotica e intensa irruppe nella camera generandosi dal nulla. I capelli delle due streghe cominciarono a vorticare, danzando quasi a tempo con l’andare di quel vento carico di magia, di ignoto.
-Sorelle nella notte. Sorelle nel sangue. Sorelle per l’eternità- avevano pronunciato le due all’unisono, facendo scomparire quel vento nello stesso modo misterioso con il quale si era manifestato. Gli occhi scuri del vampiro erano sgranati, e osservavano il tutto senza perdersi neanche un minimo dettaglio. Le labbra di Mitchell si dischiusero appena; quella misteriosa folata fu in realtà di breve durata, e non mise troppo a soqquadro l’ambiente circostante. Le palpebre di Serena si spalancarono di getto, e dalla sua bocca fuoriuscì un sospiro estenuante e prolungato, tipico di quando si ha un brutto sogno, e quando separò le sue mani da quelle del fantasma, barcollò all’indietro, pronta a cadere. Sentiva le gambe tremanti, la testa girare. Era strano, si sentiva svuotata, ma al contempo piena di informazioni, di energie. Non se ne rese subito conto, ma la sua schiena si era ritrovata contro l’ampio petto di John. Solanto quando si voltò quel tanto che le bastava per poter vedere il suo viso a pochi centimetri di distanza, con il fiato che le carezzava le guance, che la strega capì che Mitchell si era fatto avanti per sorreggerla. E per la prima volta, il suo cuore perse un battito, e si sentì le guance ardere.
La porta alle spalle di Veronica si aprì, e da essa s’intravide una grande luce: bianca, maestosa… trasmetteva tanta pace e serenità, quella che le due giovani non avevano mai provato. Fu così allora, che con uno sguardo, e un sorriso tremante, la sua amica scomparve definitivamente dalla sua vita. Serena poteva sentire un immenso vuoto dentro mangiarle le pareti dello stomaco.
-Serena, stai bene?- le domandò il moro, osservando l’ultima lacrima che la strega avrebbe versato quella sera. La voltò con gentilezza, così che potesse guardarla in viso: gli occhi gonfi, le guance arrossate, la pelle ancora madida. Poteva rappresentare il ritratto della fragilità in quel momento. Eppure, quando Mitchell le sfiorò le mani, percepì immediatamente una vibrazione diversa, e con essa che la sua forza che era aumentata. Ben presto però, smise di badare troppo ai proprio pensieri. Il vampiro allora fece scivolare le sue grandi mani sui fianchi stretti della giovane, e avvicinandola appena serrò il suo corpicino in un abbraccio. Lo stava facendo perché sentiva che lei ne aveva bisogno. Ignorava il come… Ma lo sentiva. Le mani della giovane erano salite sul suo petto, macchiando di sfumature cremisi la divisa bluastra del moro, aggrappandosi alla stoffa per saldarsi ulteriormente a quel corpo che inspiegabilmente le stava facendo patire dei brividi che mai aveva provato prima.
-I-Io so che dovrei andarmene in questo momento- disse lei, sollevando appena il capo nella sua direzione.
-So che non posso fidarmi di te. Che dovrei nascondermi, forse temerti.- ansiosamente, la ragazza si morse il labbro inferiore. Quello che stava per dire poteva essere molto pericoloso, ma si conosceva, e sapeva che non sarebbe stata in grado di tenere a freno la lingua. Non con lui, che la guardava negli occhi quasi penetrandola da parte a parte.
-Però ti prego, non abbandonarmi adesso-Serena immerse il capo nello scollo a “V” del camice di John, socchiudendo gli occhi. Era tra le braccia dello stesso vampiro che le stava letteralmente mandando in pappa il cervello con quella piccola dose di senno che esso conteneva. Stava rischiando molto, ne era cosciente. Ma era più forte di lei. Non riusciva a spiegarselo, e forse neanche voleva. Sentì il viso del vampiro penetrare la folta maschera dei suoi capelli, e il suo fiato caldo carezzarle il collo e il lobo dell’orecchio sinistro. Era affannato, si era irrigidito di colpo, impetrando mentre la teneva a sé. Mitchell stava ancora lottando, ed era il suo profumo, diventato ancora più evidente, a stuzzicare i tizzoni ardenti del suo essere. Sapeva che quel dissidio interiore prima o poi lo avrebbe fatto impazzire, ma Serena sembrava proprio la sua rovina. 

*Angolino di Virgy*
Chiedo perdono per l'increscioso ritardo. Spero solo che il capitolo vi sia piaciuto, e soprattutto che la storia vi stia  incuriosendo almeno un pochino. Sto revisionando il terzo capitolo che ho intenzione di pubblicare a breve. Ogni recensione è ben accetta, sopratutto per consigli, suggerimenti e pareri sulla storia. Tengo molto a cuore il vostro parere. A presto
Un bacio
-V-        

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Capitolo 3
*** Four X ***


Four X


L’alba sarebbe sorta tra qualche ora, e le vie di Bristol in quel momento erano completamente deserte, ammantate da una pungente umidità che sembrava penetrare nella carne della giovane donna, intaccandole le ossa. Mitchell le aveva prestato il suo giubbino, con il quale la strega si era avvolta stringendola poi al petto come un mantello prezioso. Serena lo stava seguendo nel suo appartamento, e nella sua mente non esistevano altri pensieri se non : “sei una stupida!” oppure “ti farai ammazzare”.
-Sei ancora convinta che non sia una buona idea, vero?- intuendolo dal suo sguardo basso e pensieroso, il vampiro in realtà era pienamente riuscito a leggerle nella mente.
-Decisamente. Sono come cappuccetto rosso che si va a nascondere nella tana del lupo- gli rispose strappandogli un sorriso sghembo.
-A questo punto hai altra scelta?- un risolino spuntò sulla bocca di John, che immediatamente pensò a George. Ancora non sapeva come l’avrebbe informata del fatto che conviveva con un lupo mannaro e un fantasma. Ma forse, per quel giorno, sarebbe stato meglio lasciarla riposare. Intanto, Serena ripensò a casa sua. A ciò che restava dei vampiri che aveva eliminato, a quelli che invece erano riusciti a scappare reclamando vendetta. Un sospiro, amaro e sconsolato, fuoriuscì dalle sue labbra pallide.
-No, non ce l’ho…- rispose seria, cercando di eludere il suo sguardo, senza successo.
-Appunto- affermò lui infine, afferrandole una mano per trascinarla all’interno di una di quelle piccole casette a schiera che incorniciavano i lunghi viali della cittadina. Al suo interno, la casa era piccolina, ordinaria. Piuttosto trasandata, eppure vissuta. Più che la casa di un vampiro, pareva l’appartamento di un gruppo di universitari perdigiorno. Ma percepiva una grande vitalità, e dei flussi di energia sempre diversi.
-Vieni- Mitchell spezzò il sottile silenzio che si era venuto a creare –La mia camera è di sopra- proseguì sempre tenendola per mano, scortandola per i primi grandini della scalinata che li separavano dal piano superiore. Tuttavia, opponendo resistenza, Serena si bloccò proprio sul fondo delle scale, scostandosi bruscamente dalla sua presa.
-No- disse, in un’espressione inorridita, intimidita ed imbarazzata al tempo stesso –Non ho intenzione di dividere il letto con un vampiro-concluse ponendosi immediatamente sulla difesa. Non riuscendo a trattenersi, immediatamente Mitchell la fulminò con un’occhiata rovente, carica di malizia.
-E chi ti ha detto che avremmo dormito nello stesso letto, signorinella?- la sua voce si era abbassata di qualche tono. Roca, suadente. Inoltre, ad ampie falcate il vampiro si faceva sempre più vicino, e inevitabilmente Serena indietreggiò ad ogni suo passo, ritrovandosi con le spalle contro la porta d’ingresso. Mitchell aveva posato le mani su quella parete lignea e laccata, tenendole bel saldate ai lati della sua testa. La strega era notevolmente più bassa e minuta rispetto a lui. E più si chinava verso di lei, più Serena si sentiva piccola, inerme. Il suo fiato caldo le carezzava le guance, facendole tingere di un rossore vistoso.
-L’ho solo dedotto…- rispose lei abbassando lo sguardo, respirando piano. Sentiva dei brividi farle increspare la pelle. Ma non era fastidioso. Era una bella sensazione, come il solletico. E questo le fece paura.
-Beh, magari… Se tu lo vuoi…- le sue labbra lentamente le fiancheggiarono il viso, sussurrandole piano nell’orecchio
-Potremmo andare di sopra, farci… compagnia…- con la punta del naso, il vampiro carezzava l’intera lunghezza della curvatura della gote arrossata della giovane, che tremò all’istante. Per lui era molto interessante notare la sua pudica reazione ai suoi stimoli. Una visone che deliziava e divertiva quel suo istinto primitivo e selvaggio. Lo stesso che stava ancora sussurrando nella sua psiche: “Mia. Mia…”
-T-Ti prego…- sibilò appena la bruna, facendo scivolare una mano sull’apio detto del ragazzo, rivestito soltanto da una maglietta sottile e da una camicia a quadri scura. Le sue dita, come una morbida carezza si arrampicavano su di lui, fermandosi nel centro pieno del suo torso. In quel momento, la strega aveva sollevato lo sguardo. I suoi occhi chiari quasi brillavano. Erano decisi, sfrontati… Audaci quel tanto che bastavano per stuzzicare l’animo dannato del vampiro, che fissandola intensamente ghignò:
-Cosa?-
-Non costringermi a farlo di nuovo…- rispose lei. Arguta e affilata come una lama. C’era un sorrisetto impertinente che si era incurvato sulle sua bocca piccola e sottile, e solo in quel momento, Mitchell si rese conto che con quella mano tesa sopra di lui, Serena sarebbe stata capace di scaraventarlo contro le scale, e chissà forse anche ben altre cose. Tuttavia, ne rimase compiaciuto. Era stata al gioco, aveva assunto la parte che più le calzava a pennello, e l’aveva sfruttata per portarsi in vantaggio. Quella strega era astuta, e molto.
-Bene- sorrise divertito scostandosi da lei, rendendole la libertà da quel gioco piuttosto pericoloso.
-E ora, cosa proponi di fare allora?- le chiese subito dopo,
-Io dormirò su quel bel divano che ho intravisto nel salotto. Tu, nella tua camera. Lontano da me-
-Ma il mio letto è più comodo…-
-Saprò cavarmela, Mitchell…- rispose lei avviandosi su quel morbido poggio che aveva puntato non appena entrata in casa. Muovendosi silenziosa sotto gli occhi del vampiro che mai la lasciavano andare.
-Ne sei sicura?-
-Più che sicura…- rispose lei sbadigliando appena, coprendosi le labbra con le la mano piccola e pallida. Si rannicchiò sul morbido divano tastando più volte il divano prima di crollarvici sopra. Era stata una nottata intensa, estenuante. Dormire era tutto ciò che le rimaneva per cercare un po’ di pace. John si morse un labbro. Era molto carina, aggomitolata in posizione fetale, con la sua giacca che le faceva da coperta. Così docile, preziosa.
-Buona notte, allora.- rispose lui, attendendo una sua risposta, anche se già sapeva, che la sua piccola strega era già crollata tra le braccia di Morfeo.
 ***
Era già mattino inoltrato, quando sbucando dal nulla come era suo solito fare, Annie ritornò a casa sua con un dolce sorriso sulle labbra, pronta per iniziare una nuova giornata con i suoi due imprevedibili coinquilini. Non si sentiva neanche un misero suono per l’intero ambiente domestico, e questo perché era certa che sia George che Mitchell erano ancora belli che avvolti tra le loro coperte, a ronfare aspettando che li venisse a svegliare con una fumante tazza di tè. Così si diresse con passi delicati e silenziosi verso la cucina, mettendo un pentolino di acqua sul fuoco, preparando nel frattempo due tazze vuote con un filtro di tè al loro interno. Sospirò aspettando, con la testa fra le nuvole, che l’acqua bollisse, fantasticando sul come si sarebbe svolta la giornata. Magari, Nina sarebbe venuta a farle compagnia. Certo, sarebbe venuta a trovare George, però sapeva e sentiva il bisogno di passare un po’ di tempo con un’altra presenza femminile. Non che i suoi due coinquilini non fossero divertenti, anzi, quando ci si mettevano di impegno riuscivano a trasformare anche un battibecco futile come la mancanza di carta igienica, o del loro programma preferito in tv, in una fantastica scenetta comica e tipicamente teatrale. Tuttavia, Annie era pur sempre una donna. E una donna dopotutto ha bisogno di una presenza amica e del medesimo sesso che comprendesse i suoi pensieri, le sue emozioni. Ma da quando era morta e la gente aveva smesso di vederla, Nina era l’unica amica che aveva. Scuotendo appena il capo, come in un tentativo di scacciare via i suoi brutti pensieri, la mora riversò l’acqua bollente nelle due tazze, lasciando che restasse per qualche minuto in infusione. Poi, un sospiro sommesso e lontano colse improvvisamente la sua attenzione. Pareva un mugugno sottile, e proveniva dl soggiorno. Chiedendosi se fosse che uno dei due ragazzi si fosse miracolosamente svegliato prima del previsto, Annie, scostò la tendina dell’uscio e si avviò nel salottino con un sorriso euforico e sorpreso. Si chiese se non fosse Mitchell… ma ne dubitò alquanto. Oltrepassò la scalinata e l’arcata che immetteva nel piccolo ambiente, e fermandosi di scatto, quasi impetrando sul posto, il giovane fantasma s’arrestò con gli occhi sgranati, fissi su quell’esile figura femminile rannicchiata sul suo divano. Le gambe slanciate e nude rannicchiate al petto, i capelli bruni, di un caldo riflesso ambrato, erano riversati sulle sue spalle, anch’esse scoperte sulle clavicole. Il giubbotto di Mitchell le fasciava il corpo come una morbida coperta, e lei dormiva beata, con le labbra appena dischiuse e il volto rilassato e pallido. Chi era? In un primo istante, Annie pensò che fosse una delle “amiche” che John si prendeva la briga di portare a casa. Tuttavia, se la ragazza che aveva innanzi fosse davvero stata una di “quelle”, avrebbe dovuto trovarsi nuda nella camera del vampiro, e non tutta sola e infreddolita sul  loro divano. Si decise, in fine, che era tutto piuttosto strano, come la maggior parte delle situazioni in cui si andava a cacciare da quando aveva iniziato la sua nuova vita dopo la morte, ma con tenerezza afferrò il plaid ripiegato su sé stesso sulla poltroncina adiacente al divano stesso, e  con delicatezza la riversò sulla giovane. Non voleva svegliarla, anche se sapeva che molto probabilmente, proprio come tutti gli altri umani, al suo risveglio non l’avrebbe vista. Tuttavia, Annie rimase al fianco di quella sconosciuta dall’aria tanto gentile, fragile. Era molto giovane, eppure percepiva come una sorta di aura tetra e tormentata che l’avvolgeva.  Nuovamente sentì quel suo piccolo verso, ma stavolta era soffocato, trattenuto. Il suo viso si stava lentamente storpiando in un’espressione straziata, quasi dolorante. Soltanto quando vide una lacrima incolore rigarle le guance, e un singhiozzo scoppiarle tra le labbra sottili e rosee, Annie capì che quella poveretta stava facendo un incubo. Comprensivamente, sollevò piano un angolo della bocca carnosa in un mezzo sorriso. Sapeva che non poteva fare molto per lei, ma nel suo cuore sentiva che c’era pur qualcosa che potesse fare per rassicurarla.
-È tutto a posto…- le sussurrò piano, prendendole la mano. –È solo un brutto sogno- le disse cercando di tranquillizzarla, sorridendo quando sentì il suo fiato corto rallentare e farsi nuovamente regolare. socchiudeva piano le palpebre contornate di piccole gemme liquide, e intuendo che stava per svegliarsi, Annie indietreggiò lasciandole la mano. Sfiorandosi nervosamente le dita  delle mani, la mora abbassò lo sguardo, pronta a tornare “la donna invisibile” della casa, quel fantasma tanto dolce che aveva infestato quella casa già da molti anni ormai.
Una voce gentile, proprio nel momento del bisogno, era giunta come la luce che fende la notte scura nei pensieri di Serena, che poco dopo spalancò lentamente gli occhi lucidi e arrossati dal pianto. Non ricordava molto del sogno che aveva fatto, sapeva solo che qualcuno aveva tentato di svegliarla, e così facendo era riuscito a non farla sprofondare in quelle oscure visioni che l’assillavano. Era ancora distesa sul divano di pelle nel soggiorno del vampiro, ma sentiva un dolce tepore scaldarle la pelle. La prima cosa che notò, dunque, era che qualcuno le aveva messo una morbida copertina dai colori vivaci addosso, affinché non sentisse troppo freddo. Poi, voltandosi appena, vide una giovane donna che si torturava le mani e timidamente si guardava le punte dei piedi, senza accorgersi che la giovane strega le stesse osservando silenziosamente: forse aveva qualche anno in più di lei, aveva una bella pelle ambrata, e un volto delicato e afflitto al tempo stesso, incorniciato da sinuosi boccoli corvini. Vestiva interamente di grigio, e sostava ancora innanzi a lei senza dire neanche una parola.
-B-Buon giorno…- affermò timidamente la giovane, sollevandosi appena dal suo poggio, lasciando riversare sia la coperta, che la giacca di Mitchell sul suo grembo. Immediatamente, la mora sollevò di scatto lo sguardo, restando in balia dello sguardo tranquillo e ancora assonnato della ragazza che la fissò intensamente. In quell’esatto momento, Annie ebbe un fremito:
-T-Tu…- disse, avvicinandosi piano, constatando che ad ogni suo passo la ragazza la seguiva con lo sguardo
-Tu mi vedi?-  domandò poi, fermandosi a pochi passi da lei, guardandola incuriosita. Per quale motivo riusciva a vederla?
-Sì. Ti vedo…- rispose l’altra con tranquillità, chiedendosi cosa ci fosse di strano. Annie tuttavia non le permise di aprire bocca che cominciò a urlare e a sghignazzare per la gioia:
-Non ci posso credere, mi vedi!- esultò lanciandosi al suo fianco, mentre la ragazza dall’altro lato del sofà la guardava basita. Poi, nell’innocuo gesto del volersi presentare, la moretta le afferrò ambo le mani, scuotendole appena, esponendole un sorriso ampio e vistoso; puramente genuino. E quando le loro mani si toccarono, Serena riconobbe la consistenza di quella pelle morbida e fredda, e in pochi istanti capì il motivo della sua stravagante felicità.
-Sei un fantasma…-affermò la più giovane, osservando l’altra che le annuiva piano. Non doveva essere facile vivere in una condizione come la sua, e Serena lo intuì dal mezzo sorriso sulla bocca della donna, che improvvisamente si era rabbuiata.
-Mi chiamo Annie. Ero la proprietaria di questa casa…- le disse –Tu invece? Sei una amica vampira di Mitchell?- ridacchiò gongolando, ignorando totalmente il fatto che, in altre circostanze, la giovane strega avrebbe potuto cogliere quella sua affermazione come un vero e proprio insulto nei suoi riguardi.
-Hmm, no… Non direi proprio- le rispose appena, abbassando lo sguardo. Certo, Mitchell era stato gentile, ma lei non poteva fidarsi di lui, tantomeno essergli amica. Perché tra vampiri e streghe la guerra era ancora aperta, e forse non si sarebbe mai più tornati all’armonia di un tempo. Inoltre, le loro specie non erano fatte per essere amichevoli. O si amavano, o si odiavano. Non esistevano altre sfumature tra questi due estremi, se non quelle del sangue versato. D’un tratto, cogliendo la loro più totale attenzione, le due ragazze sentirono dei passi pesanti provenire dal piano superiore. Sfrecciavano rumorosamente, scendendo frettolosamente le scale.
-Annie!- Mitchell fece il suo ingresso nel salotto con i capelli sconvolti, i pantaloni stropicciati e una canotta messa alla buona che gli mostrava le spalle ampie e le forti braccia. I suoi occhi scuri in un primo momento osservarono ansiosi l’intero ambiente, poi si rivolsero alle due giovani donne che sedevano l’una accanto all’altra sul divano. Aveva sentito Annie urlare, e come un fulmine si era precipitato a vedere che cosa le era successo. Forse qualcuno era entrato in casa, e la sua Annie si era ritrovata indifesa mentre Serena ancora dormiva. Sì, era in pensiero anche per la giovane strega, ma quando sentì i suoi grandi occhi chiari ricambiare il suo sguardo, il vampiro si rassicurò; ma questo non lo avrebbe mai confidato ad anima viva.
-Mitchell, ma insomma che ti prende?- gli domandò il fantasma scoppiando a ridere all’espressione buffa che si era dipinta sulla sua faccia.
-No, no nulla…- rispose lasciandosi nuovamente penetrare dallo sguardo serio, ma al contempo velato da una misera scia di imbarazzo, della ragazza che sedeva accanto alla sua amica.
-Lasciamo perdere! Comunque, stavo facendo la conoscenza della tua amica… ehm, scusami non ti ho chiesto il nome- ridacchiò appena Annie. Sorridendole appena, la giovane strega fece per aprir bocca ma la voce del vampiro fu più rapida:
-Serena- disse lui, cogliendola di sorpresa. I due si osservarono ancora una volta, questa volta di sottecchi prima che lei potesse rivolgersi alla ragazza spettro:
-Piacere mio Annie, e grazie per la coperta…- rispose lei con cortesia, stringendole la mano.
-E comunque, sono una strega, ecco perché riesco a vederti- specificò lei, giusto per non farla cadere nuovamente nel grave errore di pensare che lei fosse come quegli animali succhia sangue. Tuttavia, Serena non poteva che sentirsi un po’ in colpa per pensarla così su di loro. Mitchell certo sapeva essere pericoloso, magari anche brutale se si lasciava coinvolgere dai suoi istinti. Ma non le sembrò crudele come i vampiri di cui le avevano parlato. E il solo fatto che quella mattina lei era ancora viva per poterlo guardare mentre vagava per quella casa, silenzioso e pensieroso, era la prova che non tutti i vampiri allora dovevano essere spietati e malvagi.
-Una strega?- domandò Annie incredula alle sue parole, mentre George ancora assonnato e con la voce impastata, avanzava in salotto fiancheggiando il suo amico vampiro, osservando la scena che aveva davanti a sé con curiosità:
-Ma si può sapere che sta succedendo? Dio sono solo le dieci!- borbottò prima di soffermare lo sguardo sulla sconosciuta che Annie fissava con enorme cura.
-Oh, abbiamo ospiti?-
-George, lei è Serena. È una strega- fu tutto quello che la ragazza fantasma riuscì a dire senza trattenersi dal sorridere ad ogni sua parola. Osservandola, la ragazza si sentì confortata dall’entusiasmo genuino con il quale lo spettro caricava le sue parole. Per la prima volta, qualcuno pareva essere rallegrato del fatto che fosse una strega, e per Serena fu come un colpo al cuore. Poi, voltandosi appena, il suo sguardo si scontrò con quello del terzo coinquilino, il quale la osservava nel profondo dei suoi occhi cristallini, al cui interno, in quelle grandi iridi, nascoste nel profondo di quei languidi pigmenti blu, vi intravide una sfumatura dorata, rovente, pericolosa. Serena allora respirò a pieni polmoni, e tra i vari odori della casa e dei presenti, distinse perfettamente un odore più acre e forte rispetto a tutti gli altri. Il profumo di boschi, di terra e di sangue mescolati assieme.
-Serena, lui invece è George…-
-No, aspetta lei è una cosa?- domandò il ragazzo credendo di non aver capito. Certo era stato appena svegliato e quindi volle credere che fosse ancora la stanchezza a giocargli cattivi scherzi.
-Una strega- ripeté la diretta interessata, sorridendo divertita all’espressione sghemba dipinta sul suo volto
-Ah. Quindi sei una strega… strega?-
-Hai visto altre streghe prima d’ora?- gli domandò Annie osservandolo con un sopracciglio sollevato verso l’alto.
-No, è che magar… OH PORCA TROIA!- George era sbiancato come un lenzuolo, facendo per guardarsi nervosamente i piedi, si rese di essersi sollevato di almeno un metro dal pavimento. Le labbra del fantasma si spalancarono in una grande “O” mentre sul volto della strega si dipinse un sorrisetto compiaciuto mentre oscillava piano le dita, facendo fremere il povero ragazzo con i suoi continui e repentini su e giù. Posato con le spalle al muro, e le braccia conserte al petto, Mitchell nel frattempo osservava la scena con gli occhi svuotati, rivolti in realtà verso i suoi stessi pensieri. Si chiese se quello che stava facendo fosse la cosa più giusta per la sua buona condotta, ma soprattutto per l’incolumità di Serena.
Quando finalmente la strega lo fece scendere,  George si rese definitivamente conto della legittimità dei poteri della ragazza, e le porse le sue scuse. Successivamente, quasi lanciandosi uno sguardo complice e fugace con il suo amico vampiro, Annie si sollevò dal divano, e immediatamente afferrò per un braccio il giovane lupo.
-Vado a preparare la colazione. Mi aiuti?- gli domandò lanciando un’ultima occhiata al vampiro, che staccandosi dalla parete, avanzò lentamente contro la brunetta che, intanto, stava ripiegando con cura il plaid con cui era stata coperta.
-Serena- giunse alle sue spalle, chiamandola piano. Tuttavia, la giovane non smise di continuare a fare quello che stava facendo, rassettando le sue cose e mettendo tutto al proprio ordine originario. Non voleva guardarlo, sapeva che cosa voleva proporle, lo intuiva da quello sguardo che, pur non potendo vederlo direttamente, sentiva su di sé come una carezza protettiva. Un tocco caldo, vellutato e al contempo seducente. Tutto questo era male per lei. Male puro. E non poteva permettersi di commettere altri errori.
-Serena, ascolta…-
-Non posso restare qui, Mitchell- tagliò corto lei, sempre evitando il suo sguardo.
-E dove pensi di andare tutta sola? E se i vampiri che hanno ucciso Veronica tornassero a cercarti?- le domandò alterando appena il tono di voce, seguendola ovunque andasse, con i piedi nudi in lungo e in largo per il suo salotto. Guardando ovunque, volteggiando leggera nella convinzione che così facendo sarebbe riuscita ad evitare il suo sguardo ancora a lungo.
-A tre di loro ho già dato quello che si meritavano. Degli altri due non mi importa. E onestamente di quello che farò non ti riguarda- rispose fredda e seriosa quando, afferrandola prontamente per un polso, il vampiro la fece voltare bruscamente, facendola sbattere contro il suo ampio petto. Con le mani premute sul suo torso, rivestito soltanto dalla stoffa sottile della canottiera scura, Serena osservò il moro trapassarla con lo sguardo autoritario e severo:
-Mi riguarda e come… - rispose lui a denti stretti. I due si fissarono ancora, intensamente, lasciando che fossero proprio i loro occhi a parlare per loro. Un silenzio quasi tombale li avvolse completamente. Per quanto non volesse ammetterlo, le intenzioni di Mitchell erano più che sincere, ma sentiva qualcosa che la frenava, che la bloccava. Così, pressando le mani sul suo petto, la giovane si discostò da lui, fissandolo in cagnesco.
-Non credere di avere una chissà quale assurda pretesa da vampiro su di me soltanto perché mi hai risparmiata- le mani di Serena tremavano, aveva gli occhi lucidi. La sua emotività poteva trascinarla in un baratro dal quale non sarebbe più riemersa. E non poteva permettersi di essere debole, soprattutto innanzi a lui. Mitchell, dal canto suo, non le rispose subito. Avanzò verso di lei, lentamente, ammirandola mentre ancora una volta si riprendeva quel loro invitante gioco della guardia e ladri dove lui, il predatore, più si avvicinava e più faceva arretrare la sua povera vittima. A lungo andare però, la giovane strega si ritrovò la via bloccata dal divano sul qualche dormiva poco prima, e constatando che il vampiro non mostrava alcun segno d’arresto, alla poveretta non restò altro che sedersi, continuando a mantenere vivo e vitale il contatto visivo con lui.
-Come puoi garantirmi che con me dentro casa non perderai nuovamente il controllo come stanotte?- domandò cinica mentre il vampiro si cucciava ai suoi piedi, così che potesse più comodamente guardarla negli occhi. Mitchell si morse il labbro inferiore, accorciando appena le distanze fra i loro corpi. Anche se era letteralmente in ginocchio, il vampiro era sempre più grande rispetto alla giovane strega, che in un istante si sentì braccata e disarmata.
-Non posso- rispose lui. Secco, serissimo. Serena odiava quel suo sguardo, puntato come un’arma letale contro di lei. Odiava quei suoi occhi così profondi ed enigmatici. Poteva tuffarsi al suo interno senza sapere dove sarebbe finita, annegando in una distesa di tenebre. Eppure non poteva farne a meno; proprio ciò che doveva disgustarla di più al mondo, l’attirava, l’incuriosiva.
-Ma stai pur certa, che restando qui non dovrai temere nessuno…- con un tocco leggero e improvviso, le dita del vampiro si erano allungate sulla gamba, nuda e liscia della strega. Cominciò afferrandole con delicatezza la caviglia nella sua mano grande e vigorosa, salendo poi lungo la gamba, solleticandole appena il polpaccio. Serena patì un lunghissimo ed estenuante brivido spietato percuoterla tutta, fermandosi nel suo ventre caldo. Le sue dita sottili si aggrapparono alla stoffa del divano, stringendola sempre più forte tra le sue mani, quasi sentendo dolore.
-A parte me…- ghignò il vampiro, abbassando di qualche tono la voce. Le sue parole erano come un sibilo roco che trasudava desiderio da ogni sua singola sillaba, proprio come le sue dita, che strisciando sul ginocchio della ragazza, avanzarono audacemente sulla pelle succosa della sua coscia, massaggiandola, pizzicandola dispettosamente mentre osservava compiaciuto le gote arrossate e il respiro affannato della strega, che pur essendosi irrigidita lo lasciava fare. Serena per la prima volta sentì un fuoco ardere nel suo giovane petto. Era talmente rovente da farle male, ma era piacevole. Un calore così sconosciuto che la travolgeva in una spirale di sospiri molto pericolosi. Poi però, l’ultimo briciolo di razionalità che era sopravvissuto al rogo nei suoi pensieri provocato dal vampiro, con uno scatto repentino della mano, la ragazza riuscì a fermarlo non appena lo sentì addentrarsi al di sotto della gonna del vestitino scuro. Ma non lo scansò via. Lo bloccò e basta, chinandosi a sua volta contro il viso di Mitchell, lasciando che fossero pochi centimetri a separarli da una vicinanza fatale:
-E questa non sarebbe una pretesa del cazzo da vampiro?- ghignò lei soffiandogli sulle labbra. il suo fiato caldo quasi gli entrò in bocca, il suo profumo intenso invase le sue narici. Ancora una volta, fu tentato dal suo naturale istinto animalesco, tanto da avvinghiare la sua mano sulla carne morbida della strega, facendola fremere.  Mitchell, prese un respiro profondo, travagliato, sfiorando appena il naso della ragazza con il suo, lasciando poi combaciare la superficie della sua fronte con quella della bruna, sorridendo malevolo. Quella strega sapeva bene come provocarlo, ma lui sapeva anche che resisterle e contrattaccare l’avrebbe mandata fuori di testa.
-No…- sussurrò piano sulle sue labbra –È una promessa- rispose infine cercando i suoi grandi occhi verdi, che brillavano come se fossero impregnati di una luce torbida ed invitante. 
-Bene- affermò in fine lei. Sorridendogli maligna. E sapeva che quella sua espressione eccitante e odiosa al tempo stesso non preannunciava nulla di buono. Infatti, con un agile scatto della mano, Mitchell si sentì trascinare da una forza più grande di lui. Una spinta che lo sollevò da terra, facendolo cadere a peso morto contro il secondi divano di pelle che sostava alle sue spalle, per poi farlo rotolare pesantemente al terreno, facendo vibrare il tavolino basso che divideva i sue grandi sofà del salotto. Ridacchiando appena, divertito infastidito dalla sua presa di posizione, osservò la giovane donna sostare in piedi innanzi a lui, con le braccia conserte e lo sguardo fisso contro di lui.
-Tu lo sai che non finisce qui, vero?- domandò lui, osservandola con un languido e seducente sguardo di sfida,
-Lo so. E non mi tiro indietro, succhia sangue…- rispose lei voltandogli poi le spalle, uscendo dal salotto. Le fiamme dentro di lei sembravano essersi assopite. Ma non si erano spente affatto. In quel esatto momento allora, Serena ebbe paura. Non di rischiare la vita continuamente, non di non essere in grado di gestire i suoi poteri; ma che tutto questo cominciasse aa appagarla. E sotto sotto le piaceva. Le piaceva e come.

*Angolino di Virgy*
Come al solito in ritardo, ecco a voi il nuovo capitolo. Spero vivamente che la storia sia di vostro gradimento. Ogni commento o suggerimento sono ben accetti. Da parte mia cercherò di aggiornare il prima possibile, anche se l'università mi sta letteralmente con il fiato sul collo. T_T 
Non mi resta che augurarvi una buona lettura. 
Un bacio
-V-

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Capitolo 4
*** Adrenalize me ***


Adrenalize me

Mitchell sedeva in cucina, le braccia posate comodamente sul tavolo mentre stringeva le mani attorno alla tazza ancora calda di tè fumante che Annie gli aveva preparato poco prima. Dall’altro lato del tavolo, George mangiava silenziosamente mentre il giovane spettro restava in disparte, con la schiena posata alla parete. La mora osservava l’espressione assorta del vampiro, cercando di decifrare quel suo sguardo assente, rivolto chissà dove, anche se forse aveva una mezza idea di cosa si trattasse. Una strega era improvvisamente piombata nelle loro vite, e da quel poco che aveva potuto notare c’era uno spesso velo di mistero che legava la nuova arrivata in casa al suo amico. Ma dopo tutto, Annie poteva soltanto ignorare quanto in realtà fosse difficile ciò che Mitchell stava mettendo in atto. No, Serena non sarebbe stata soltanto una nuova presenza nella “casa degli orrori di Bristol” . Quella era la sfida più grande che avrebbe dovuto affrontare.
-Per quanto la tua amica resterà da noi?- domandò improvvisamente George, sollevando la testa dal suo piatto vuoto, sporcato dai rimasugli e dalle briciole dei pancakes.
-Per tutto il tempo che le occorre…- rispose il vampiro, passandosi una mano tra i capelli, sospirando appena.
-E pensi che sia… Saggio?- incalzò nuovamente il giovane mannaro –Insomma, prima mi è sembrato che tu la stessi guardando… non so, come se…- George fece svariate pause. Prima di sperimentare sulla sua pelle solo un misero assaggio di quello che la ragazza poteva fare con i suoi poteri, aveva osservato di sottecchi  il suo vecchio amico, e per un istante giurò di averlo visto che la fissava con la stessa foga che aveva in quei brutti momenti in cui l’astinenza era ancora alle fasi iniziali. Con lo stesso vigore di quando  Mitchell si mostrava affamato.
-Sì…- sussurrò George fra sé e sé-Come se volessi mangiarla…- alla sua affermazione, il moro sollevò di scatto lo sguardo, scontrandosi con quello incuriosito e serio dell’altro. Senza volerlo George aveva colpito nel segno.
-Beh…- il vampiro fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola. E cosa mai avrebbe potuto rispondergli? Lo aveva colto sul fatto, e certamente non avrebbe potuto nascondere ai suoi due migliori amici che quello che stava facendo era pericoloso, per lui tanto quanto che per Serena.
-È complicato…- fu tutto quello che riuscì a dire.
-Mitchell…- Annie lo chiamò piano, preoccupata dell’espressione combattuta che si era scolpita con lineamenti affilati e spigolosi sul viso del suo amico. Questo tuttavia, continuò a guardare dritto, in quel punto indefinito che in realtà lo immetteva altrove, tra i suoi pensieri… le sue preoccupazioni. Forse era soltanto un egoista, piuttosto che al bene dei suoi amici stava dando libero sfogo a ciò che il suo istinto gli stava suggerendo di fare. Eppure, lui era certo che quello per cui stava mettendo tutto a repentaglio fosse un genuino senso di protezione nei confronti di Serena.
-Senti…- sbuffò improvvisamente George, cogliendo la sua attenzione-Io non so nulla sulle streghe e onestamente non voglio entrare nei particolari dei loro rapporti con voi vampiri. Ma se Serena ha davvero bisogno di stare in un luogo sicuro e tu non riesci a controllare la tua sete… beh, allora penso che non abbia senso farla…-
-Posso gestirlo!- lo zittì immediatamente, alterandosi appena. George era appena sobbalzato dalla seggiola su cui sedeva, mentre Annie dal canto suo era indietreggiata ulteriormente. Il vampiro teneva i denti stretti, la mascella rigida e serrata. Poi, quasi rendendosi conto dell’effetto che aveva fatto sui suoi coinquilini, rilassò d’un tratto i muscoli, deglutendo silenziosamente. Si osservò intorno, spaesato, agitato. In realtà, era stata l’idea di far andare via la giovane strega che lo aveva sbilanciato.
-Okay Mitchell. Faremo come vuoi tu…- riprese allora il giovane lupo. Serioso, sotto un certo punto di vista anche spietato. Ma non poteva non essere schietto, soprattutto in una situazione del genere:
-Spero solo che tu non ti penta della scelta che hai fatto. Perché lei non se lo merita…-
***    
In primo pomeriggio, una brezzolina leggera soffiava delicata, accompagnando due giovani per le viuzze strette e poco affollate della periferia della città. Mitchell, con le mani nelle tasche e lo sguardo basso, seguiva silenziosamente i passi lenti e regolari della ragazza al suo fianco. Annie le aveva offerto dei suoi vestiti puliti e più caldi quando erano ancora in casa; e adesso, scortata dallo stesso vampiro che l’aveva trascinata in quel luogo del tutto fuori dal comune, Serena tornava a prendere le sue cose. Non che dovesse prelevare chissà cosa… Ma c’erano tanti ricordi dentro quella piccola abitazione, e non li avrebbe lasciati chiusi là dentro. Li avrebbe portati via con lei, in quella nuova avventura che aspettava soltanto di essere vissuta. Più avanzava per quel silenzioso quartiere che per molto tempo aveva accolto lei e la sua amica, più sentiva un languido senso di malinconia attanagliarle lo stomaco.
-Tutto bene?- le domandò improvvisamente il corvino al suo fianco, mentre rallentava mano a mano il suo passo. Giunsero alla soglia di quella casa in cui Serena, dopo quello che era successo, non aveva più messo piede. Già da fuori, percepiva qualcosa di diverso… di così cupo. Quello era il suo rifugio, il suo nido caldo e accogliente dove assieme alla sua migliore amica potevano rilassarsi e godersi la vita vantando di potersi considerare come due “ragazze normali”. Ma adesso non era più così. Era soltanto il luogo dove era stato commesso un crimine ingiusto. Una vera e propria esecuzione.
-S-Sì…- rispose appena lei, girando la chiave nella serratura della porta, che scricchiolando inquietantemente si aprì piano. C’era una sottile penombra calata nell’intero ambiente, e un’aria rarefatta e pesante, condita da un odore decisamente sgradevole. La mobilia era tutta un soqquadro, e certamente per Mitchell non fu difficile riconoscere si segni della colluttazione che c’era stata la notte precedente in quella casa. Vetri a terra, i divani rovesciati. Il tavolo era ancora ricoperto da uno spesso strato di sangue ormai secco, quasi messo in risalto dal colore scuro e cristallizzato che aveva macchiato il legno chiaro. Un brivido percosse la colonna vertebrale della giovane strega, che silenziosamente trasalì: ebbe come un lampo che le attraversò la mente, facendole rivivere il ricordo spietato del corpo della sua migliore amica, servito come un piatto succulento su quel tavolo, che come un altare sacrificale accoglieva quelle cinque belve che senza alcuna remora si cibarono di lei. Si portò una mano al volto, coprendosi le labbra, trattenendo a stento un singhiozzo che con tutte le sue forze soffocò nel profondo della sua gola. Girandosi intorno, invece, Mitchell fu attirato dalla vista di tre corpi, o meglio, da ciò che ne restava: erano accasciati a terra, due completamente carbonizzati che giacevano agli angoli del tavolo, e l’ultimo semplicemente  un ammasso informe di vecchi abiti, sormontati da un acuminato paletto di legno, che marcivano sul fondo delle scale che portavano al piano superiore:
-Ci sei andata giù pensante, eh signorina?- affermò beffardo il vampiro cercando il suo sguardo, che in un istante lo fulminò.
-Tu che dici?- rispose lei fredda e irritata, sorpassandolo non curante mentre si dirigeva ad ampie falcate verso la scalinata. Certo, magari Mitchell se l’era cercata, ma il fatto che fosse stata a lei a ridurre in quello stato quei tre vampiri quasi lo rassicurò. L’idea che Serena fosse in grado di difendersi quasi lo sollevò dall’inquietante possibilità che avrebbe potuto perdere il controllo e attaccarla. Magari sarebbe riuscita a fermarlo in tempo, o forse l’avrebbe ucciso. Serena, intanto, aveva raggiunto il piano superiore, avanzando in quel triste silenzio per il corridoio che la separava dalla sua camera: era ancora in disordine, proprio come l’aveva lasciata. Il letto appena disfatto, quello che doveva accoglierla e lasciarla risposare, ma sul quale non si era mai posata quella notte. Alcuni dei suoi vestiti erano a terra, l’armadio socchiuso. Lo specchio della sua toletta era crepato in più punti, e tutte le sue cose erano state riversate sul pavimento: i trucchi, i fermagli, il porta gioie. Pensò che evidentemente qualcuno avesse cominciato a curiosare nella sua stanza mentre era riuscita a fuggire. Osservò tutte le sue cose a terra, e un luccicore familiare colse improvvisamente la sua attenzione: inginocchiandosi, Serena cominciò a spulciare tra le mille cianfrusaglie contenute nel suo portagioie, estraendone una piccola croce d’argento dalla manifattura antica legata a una catenella sottile. Quello era tutto ciò che le restava di sua madre. Non ricordava molto di lei, se non un sorriso gentile e quel suo ciondolo sempre legato al collo; anche lei era una strega, la guida della congrega del suo piccolo villaggio nel lontano distretto dei laghi. Morì quando lei era soltanto una bambina, e a quanto riportato dalle sue consorelle, fu per mano di un vampiro. Era angosciante ripensare al tempo perso per scappare da quelle creature, e soprattutto a quante persone care queste le avessero portato via. Una lacrima amara le rigò il viso, e un cigolio sottile squarciò il silenzio della sua solitudine. Pensò fosse Mitchell, che senza perderla di vista neanche un attimo l’aveva seguita. Così sollevò appena lo sguardo, ma da uno degli spicchi ancora interi dello specchio non intravide la giovane figura di quel vampiro. Non che si aspettasse di vedere la sua immagine riflessa, ma pensava che almeno la porta si fosse aperta al suo arrivo. Tuttavia, al contrario delle sue aspettative, Serena vide le ante del piccolo armadio alle sue spalle spalancarsi lentamente. Trattenendo allora il fiato, la giovane ancora a terra si voltò di scatto, osservando con gli occhi sgranati e un pallore mortale un uomo dalle sembianze familiari: la corporatura robusta, gli occhi completamente neri e le fauci spalancate. Era uno di loro, di quei vampiri maledetti che erano riusciti a scappare. Ma non erano affatto fuggiti, si erano solo nascosti, e adesso ne aveva uno proprio innanzi che l’aveva colta nell’unico istante in cui si era azzardata ad abbassare la guardia.
-Ma guarda guarda chi è tornata a casa…- ghignò avanzando contro di lei, accogliendola con una voce roca e viscida. Serena prontamente sollevò la croce di sua madre nella sua direzione, bloccando i suoi movimenti e inibendo i suoi sensi per poi scaraventarlo, con un solo gesto della mano libera, contro lo stesso armadio dal quale era sbucato. Questo, si frantumò non appena dovette attutire il grave colpo provocato dal corpo del vampiro che poco dopo si accasciò a terra, sormontato da una miriade di frammenti di legno laccato. Frettolosamente, la giovane fece per sollevarsi da terra quando sentì una mano scendere dall’alto, inoltrarsi tra i suoi capelli e stringerli, tirandoli con forza.
-Whoa! Come siamo impetuose!-Colta nuovamente di sorpresa, questa volta Serena non riuscì a trattenere un urlo sgraziato mentre sentiva che con violenza veniva sollevata di peso per i suoi stessi capelli, e successivamente stretta contro il corpo asciutto e forte del secondo vampiro che si era appostato in agguato nella sua stanza. Scalciando furiosamente, la giovane cominciò a dimenarsi a più non posso mentre con una forte pressione della mano gelida del vampiro fu forzata a lasciar cadere la croce a terra.
-Stai ferma!- le ringhiò strattonandola ancora una volta per la folta chioma bruna, costringendola a inarcare il collo contro di lui, mettendolo in bella mostra, mentre canini aguzzi si facevano largo nella bocca vampiro.
-Non è stato molto saggio tornare qui…- le sussurrò piano, sfiorandole con labbra screpolate il lobo dell’orecchio, facendola rabbrividire. La strega cominciò freneticamente a pensare a un’alternativa, ad una qualche via di fuga. Ma più tempo perdeva a riflettere più sentiva il fiato pesante della belva alle sue spalle accrescere sempre più, bramoso di assaggiarla.
-Serena!-Irrompendo nella sua camera, quasi buttando giù la porticina laccata color crema, Mitchell caricò il suo assalitore senza neanche pensarci. Questo, interrotto proprio sul più bello, spinse noncurante la ragazza a terra, cercando di bloccare l’attacco avventato del giovane vampiro. Il suo tentativo, tuttavia, fu totalmente inutile, perché come una furia Mitchell lo aveva afferrato per la gola, sbattendogli la testa contro la parete. Lo sollevò poi a qualche centimetro da terra, quasi nell’intento di soffocarlo; il colore della pece ribolliva nei suoi grandi occhi, mentre un ruggito animalesco si fece largo nelle sue fauci affilate. Era furioso, stava perdendo il controllo, e a quella visione Serena trattenne il fiato. La stava proteggendo, e per farlo stava andando contro quelli della sua stessa specie. Tuttavia, la giovane non poté perdere altro tempo che il primo vampiro che l’aveva attaccata si era risollevato da terra, e con passi ampi e pesanti si dirigeva proprio alle spalle di Mitchell, che era ancora alle prese con il secondo. Se non avesse fatto qualcosa alla svelta, sicuramente il vampiro avrebbe colpito Mitchell con un pezzo di legno acuminato che aveva preso tra le macerie del suo armadio. Con uno scatto repentino allora, Serena raccolse il ciondolo a forma di croce, e come uno scudo si piantò, schiena contro schiena, alle spalle del vampiro dai boccoli corvini; la giovane strega sentiva l’adrenalina scorrerle nelle vene, e quei tizzoni ardenti divampare nuovamente nel suo petto, lacerandole le membra con un formicolio dispettoso e provocante. Con quello stratagemma, la strega riuscì a fermare l’avanzata del primo vampiro, che portandosi le mani alla testa lasciò andare quel rudimentale paletto. Colse al volo quell’avvincente occasione, così allungò una mano su quell’oggetto appuntito, che librandosi in aria finì dritto tra le sue mani. Si avvicinò allora al corpo ancora barcollante del suo assalitore, e mentre sentiva la testa svuotarsi di tutti quei mille pensieri, Serena si avventò su di lui, conficcandogli in profondità quel paletto nel cuore. E mentre affondava il paletto sempre più nella sua carne, per qualche decimo di secondo la strega poté ammirare gli occhi del mostro tornare del loro colorito naturale: un verdognolo smorto e cupo, come l’acqua putrida e stagnante di una palude.
-Muori, pezzo di merda- ebbe come l’impressione di riuscire a guardargli dentro, di penetrarlo da parte a parte e vedere nel profondo di quelle iridi il barlume della paura che sopraggiunse assieme alla sua morte. E quando il vampiro si accasciò privo di vita ai suoi piedi, lasciando nient’altro che i vestiti sudici e il paletto insanguinato, la ragazza ebbe un brivido di piacere che le fece venir la pelle d’oca. Stentava a crederci, ma lei aveva appena protetto Mitchell, oltre che se stessa.
-Cillian! Puttana!- ringhiò l’ultimo sopravvissuto mentre ancora si ribellava dalla stretta possente del vampiro dai capelli corvini, che sbattendogli rabbiosamente la testa contro la parete più e più volte, cominciò a fargli uscire il sangue a fiotti dal naso, riducendolo in pochi secondi in una maschera di sangue.
-Aspetta! A-Aspetta- bofonchiò il vampiro sputando un ennesimo conato di liquido cremisi che gli macchiò in un istante la camicia quadrettata. Quasi per compassione, il moro lo lasciò parlare:
-S-Smettila di proteggerla- disse-Noi siamo comunque in due e lei è sola… Dividiamocela- gli propose, tentando di ammiccargli sebbene non riuscisse neanche a muovere un muscolo del suo volto livido. Mitchell non rispose.
-Oh andiamo. So che anche tu lo vuoi…- aggiunse infine, passandosi viscidamente la punta della lingua sulle labbra spaccate e traboccanti del suo stesso sangue, mostrando nuovamente i denti. Quella fu decisamente l’ultima goccia. Mitchell strinse ulteriormente la presa al collo del vampiro, e con uno scatto portò il suo viso più vicino, inchiodandolo con lo sguardo. Sentiva come un veleno che lo mandava a fuoco, non riusciva più a pensare, a vedere con lucidità. Solo un istinto talmente basso e primordiale da corrodergli le membra già morte:
-Lascia che ti spieghi soltanto una cosa…- ringhiò il corvino, estraendo dalla tasca posteriore dei jeans scuri un piccolo paletto di legno che aveva portato con sé per ogni evenienza; e onestamente non vedeva l’ora di usarlo contro quella feccia che aveva tra le mani.
-LEI È MIA!- scandì ad alta voce quella frase, trivellando senza pietà il petto del malcapitato, schizzando la candida parete di striature porpora. Privato della sua razionalità, il vampiro era ormai in balia di quel flusso violento e inarrestabile che non faceva altro che aumentare di brutalità. Perse perfino il conto di quante volte colpì quel corpo ormai esanime, ma fu soltanto quando sentì le braccia esili della giovane strega stringersi attorno alla sua vita, e il suo petto combaciare con la sua schiena, che trovò la forza di fermarsi.
-Mitchel… Basta. Ti prego- aveva sibilato piano. Era spaventata, non poteva negarlo. E temeva per lui, aveva paura che non riuscisse più a riemergere dall’oblio. Il vampiro sollevava pesantemente la cassa toracica, facendo dei respiri profondi. Aveva ancora i denti in vista, ma gentilmente sciolse quel tenero abbraccio, e si voltò appena per osservare gli occhi lucidi della giovane puntati proprio su di  lui. Si fissarono dritti negli occhi, quasi penetrandosi a vicenda: quelli chiari e gonfi di lei si confusero con quelli ancora nerissimi e inquietanti di lui. Mitchell si aspettò allora che lei lo scacciasse, che fuggisse dopo quella macabra scena alla quale l’aveva fatta assistere. Tutto, ma mai si sarebbe mai aspettato che, invece, Serena accorciasse ulteriormente le distanze tra i loro corpi, nascondendo il viso nel suo petto, avvolgendo le braccia attorno al suo torso ampio. Piangeva, e sentiva il suo cuore galoppare nel suo piccolo petto. Il suo odore, in quel momento, fu l’eccitante prova che era riuscito a proteggerla a costo della vita di due suoi simili.
-S-Serena va via…- sussurrò poi, respirando a pieni polmoni quell’aroma inebriante che stuzzicò ulteriormente il suo autocontrollo già provato.
-No- rispose secca, sollevando appena lo sguardo. –Mitchell…- sussurrò il suo nome, sfiorandogli il viso con la punta delle dita. Sapeva cosa stava rischiando, ma il suo corpo oramai sembrava muoversi da solo, senza badare a cosa la sua ragione avesse da dire. Quello che provava andava ben oltre la razionalità… ed era più forte della magia stessa. Quella era un’attrazione fatale che disprezzava perfino la paura della morte.
-S-Serena per favore…- ringhiò a denti stretti irrigidendosi tra le sue braccia, cercando quasi di scostarla ma senza successo.
-Non combatterlo, Mitchell- la strega sì allungò sulle punte dei piedi, immergendo le mani tra i folti riccioli corvini del vampiro, soffiandogli sulle labbra appena macchiate del sangue purpureo della sua vittima.
-Dominalo-Il suo fiato era caldo, dolce. Fu una provocazione che non riuscì a ignorare.
Un tonfo, vigoroso e potente, si udì per l’intera abitazione. Serena aveva sussultato appena, ritrovandosi con le spalle pressate contro il muro macchiato dal sangue ancora fresco. Le sue mani erano ancora avvolte attorno al collo di Mitchell, il quale la fissava respirando affannosamente, facendo combaciare la sua fronte con quella della ragazza. Teneva gli occhi chiusi, sperando che se non fosse riuscito a vederla si sarebbe calmato, e avrebbe ritrovato la pace da quel dolore straziante che gli intorpidiva la gola e gli faceva ribollire il sangue nelle vene. Ma non ci riuscì, era il suo calore a provocarlo, l’odore della sua pelle. Serrò fortissimo i denti, digrignandoli con un sibilo disperato che fece fremere la giovane donna stretta a lui.
-M-Mitchell…- pronunciò il suo nome piano, quasi sussurrandolo-Guardami- il vampiro esitò un momento. Non era del tutto sicuro che sarebbe riuscito a eseguire il suo ordine, non voleva incombere nel rischio di perdere veramente il controllo. Poi però, le dita sottili della giovane scivolarono sulle sue guance ruvide. Lo carezzava con dolcezza, delicata e premurosa come una donna che non stava provando affatto timore, anzi. Spalancò immediatamente le palpebre, e con i suoi occhi ancora indemoniati vide la distanza fra loro accorciarsi pericolosamente. Istintivamente il corvino fece quasi per allontanarsi, ma poi sentì le labbra sottili e morbide della giovane sfiorargli la bocca, delicate come il tocco leggero del petalo di un fiore. Quel breve contatto, apparentemente innocuo, in realtà aveva provocato una scossa elettrica che pervase l’intera spina dorsale del vampiro. Non riuscì a spiegarselo, ma fu come se quel brevissimo contatto avesse “magicamente” anestetizzato la sua sete e il suo tormento. Forse era davvero frutto della magia che scorreva nelle vene della piccola strega. O magari, non era necessariamente il desiderio del suo sangue a tormentargli le membra. Quando i suoi occhi tornarono a fissare quelli di Serena, notò con stupore che lei gli stava sorridendo, sollevata. Mitchell ritirò i canini, sbattendo più e più volte le palpebre mentre i suoi occhi tornavano del loro colore originario. Non riuscirono a parlarsi, ma dall’occhiata rovente che trapelò dallo sguardo del vampiro, Serena immediatamente tremò. Le mani grandi e forti dell’uomo scivolarono repentine sui suoi fianchi stretti, avvicinandola con uno scatto deciso, finalmente annullando quel fastidioso spazio che li divideva. S’impossessò delle sue labbra vigorosamente. Le aveva bramate dal momento in cui tutto quell’assurdo gioco provocante aveva avuto inizio, e adesso era sua. Sapeva di buono, e la sua bocca carnosa emanava un forte calore. Serena sussultò quando la lingua di Mitchell la penetrò per ingaggiare una sinuosa e confusa danza con la sua. Le girava la testa, non capiva più se quello che stava provando fosse giusto o sbagliato. Tutto quello che riusciva a percepire era un maledetto brivido di piacere che le fece venire la pelle d’oca. Si sentì la terra mancarle sotto i piedi, ritrovandosi poi tra le braccia del vampiro con le gambe intrecciate ai suoi fianchi, le mani aggrappate ai suoi capelli corvini e le labbra fuse con quelle di Mitchell. Le loro casse toraciche si sollevavano ritmicamente, e i loro fiati affannati erano l’unico sottofondo che li accompagnava nella loro discesa su quel lettino a una piazza, freddo e disfatto.
-B-Basta…- mugugnò la strega tra un bacio e l’altro, sentendo la bocca rovente del vampiro lasciarle una scia di baci invisibili sulle guance e sulla curvatura del collo.
-No- ringhiò succhiandole avidamente la morbida pelle, stuzzicandola con la punta della lingua, compiacendosi al dolce suono dei suoi sospiri. La bruna allora si dimenò appena, cercando di liberarsi da quella seducente tortura, sebbene qualcosa dentro di lei, un istinto più oscuro e sconosciuto la implorava di lasciarsi andare, di abbandonarsi a lui. Ma non lo avrebbe mai fatto, era il suo orgoglio a impedirglielo. Afferrò allora i suoi boccoli corvini, tirandoli con forza. Lo obbligò a sollevare il viso, lasciando che la fulminasse con gli occhi che traboccavano di desiderio, e un ghignetto malevolo e beffardo che quasi la infastidì.
-Non sono tua. Succhia sangue- sussurrò respirando faticosamente, trattenendo a stento un gemito quando sentì le labbra ruvide del vampiro tornare a tormentarla, risalendo su quel percorso di umidi baci che terminarono proprio all’angolo delle labbra della strega.
-Non ancora…- ridacchiò lui infine, rubandole un ultimo bacio sulle labbra, mordendogliele piano per farla vibrare sotto il suo corpo accaldato.
-Non ancora…- sussurrò un’ultima volta, prima di accasciarsi al suo fianco su quella piccola branda, adagiando il capo sul morbido seno della giovane strega. 

*Angolino di Virgy*
Chiedo umilmente perdono per l'increscioso ritardo. Purtroppo tra impegni universitari e problemi tecnici non sono riuscita ad aggiornare questa Fic. Spero vivamente che questo nuovo capitolo vi piaccia! Non posso assicurarvi di aggiornare presto perché purtroppo sto entrando nel periodo "esami" (traduzione= "uccidetemiprimachelorouccidanome") T.T Spero comunque che continuerete a seguire la mia storia. Fatemi sapere se vi piace, altrimenti sono sempre disponibile a qualsiasi consiglio! 
Al prossimo aggiornamento! Un bacio
-V-

 

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