STYLES.

di __HoranSmile__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eyes. ***
Capitolo 2: *** Tumbrl. ***
Capitolo 3: *** Cut. ***
Capitolo 4: *** Infinity. ***
Capitolo 5: *** Happy. ***
Capitolo 6: *** Fear. ***
Capitolo 7: *** Violence. ***
Capitolo 8: *** Sexual impulses. ***
Capitolo 9: *** Dad. ***
Capitolo 10: *** Found. ***
Capitolo 11: *** In love. ***
Capitolo 12: *** Fight. ***
Capitolo 13: *** Pain. ***
Capitolo 14: *** The End. ***



Capitolo 1
*** Eyes. ***


La scuola mi stava già uccidendo, non ne potevo più. Tra libri, studio, compiti, svegliarmi presto al mattino e incontrare gente ogni giorno stavo diventando matta.
Quella mattina mi ero alzata un po’ in ritardo, ma, non mi importava poi così tanto. Ormai non mi importava più di niente. Andai alla fermata dell’autobus e mi misi ad aspettare con la musica che mi pompava nelle orecchie. Faceva un freddo cane.
Arrivai a scuola e nei corridoi già non c’era nessuno. Era decisamente tardi. Entrai in classe, mi scusai con il prof per il ritardo e mi cercai un posto abbastanza lontano dalla vista di tutti.  Purtroppo l’unico posto libero era vicino a un’altra ragazza.
Quando mi sedetti pregai Dio che non avesse voglia parlare o roba varia. Non mi andava proprio.
Sembrava non essere intenzionata a rivolgermi la parola, così mi misi a osservarla.
Era dannatamente perfetta. Occhi di un verde chiaro, capelli ricci e neri, viso timido e magro, carnagione sull’abbronzato.  Non che mi importasse così tanto ma un po’ la invidiavo, avrei voluto assomigliare almeno un po’ a lei.
Io avevo i capelli lisci di un banale castano, occhi castani e il mio viso non aveva la carnagione giusta, non ero pallida ma nemmeno colorita. Facevo dannatamente schifo.
Improvvisamente la ragazza si girò verso di me.
“Come ti chiami?”
Anche la sua voce pareva perfetta. E, molto probabilmente mi aveva fatto quella domanda perché si era accorta che la stavo osservando da troppo tempo.
“Hope. Tu?”
Mi sorrise.
“Lisa.”
Le sorrisi a mia volta e cercai di fingere di stare ascoltando ciò che il professore stava dicendo.
Pochi secondi dopo iniziammo a parlare, ancora. Per quanto non mi andasse, mi sforzai di sembrare interessata a quello che diceva. Mi raccontò praticamente tutto della sua vita, si era trasferita per il lavoro di sua madre, suo padre non lo aveva mai conosciuto, aveva un fratello più grande che aveva conosciuto il padre ma si rifiutava di parlarne con lei.
Finalmente suonò la campanella e infilai la mia roba in cartella il più veloce possibile. Anche lei sembrava di fretta. Forse, come me, voleva trovare un posto in fondo all’aula per non essere disturbata dal professore o dai compagni.
“Che lezione hai ora?”
Ci pensai un po’ su.
“Letteratura.”
Sorrise.
“Peccato, io ho biologia. Comunque, che ne dici se dopo pranziamo insieme? Io sono qua da una settimana e non conosco nessuno. Sarebbe bello avere qualcuno con cui scambiare due chiacchere in mensa.”
Per quanto mi nauseasse l’idea di andare in mensa e chiacchierare con qualcuno accettai l’offerta. Magari la mia mela avrebbe avuto un sapore più buono.  L’ora di letteratura sembrò durare un’infinità. Ma finalmente, dopo l’ennesimo verso di Romeo e Giulietta la campanella trillò. Mi diressi verso la mensa e quando vidi Lisa  le andai incontro.
Mi sorrise quando mi sedetti vicino a lei, lo fece in un modo così naturale da credere che tra noi potesse nascere un’amicizia. Le sorrisi anche io ma in modo più forzato.
“Non ti sforzare di sorridermi se non ti va. È okay.”
La guardai, e aprii la bocca per dire qualcosa ma la richiusi subito. Dietro di lei qualcuno stava arrivando con passo deciso. Incuteva timore da quanto era deciso. Mi vide preoccupata e si girò dietro di lei.
“Mio fratello. Un attimo.”
Si alzò e andò verso di lui. Continuava a osservarmi e provai un leggero fastidio. Parlarono qualche secondo e poi tornò a sedersi da me.
“Era preoccupato per me.”
Feci una sottospecie di risatina, soffocata.
“Come mai?”
“Non gli ho mai parlato di te. E, non ti ha mai visto con me. È molto protettivo nei miei confronti, non so perché, ma ha questo terrore che qualcuno mi faccia del male.”
Sorrisi, in modo più tenero e spontaneo ora.
“Ma, quanti anni ha?”
“Quasi 21, è stato bocciato 3 volte. Ma non giudicarlo, ha i massimi voti in tutte le materie, solo che, ha un comportamento un po’ sbagliato.”
Non volevo sapere altro, quel ragazzo mi faceva già abbastanza paura a vederlo camminare. Sapere che combinava non avrebbe fatto altro che spaventarmi ancora di più.
Mangiai la mia mela in silenzio mentre lei parlava di ragazzi che io, in 3 anni non avevo mai notato e lei in una sola settimana li aveva già squadrati e conosciuti tutti.
Finii la mela e le porsi un sorrisetto.
“Devo andare. Mi dispiace. Ma ho da fare delle cose in biblioteca.”
“Non ti preoccupare, ci vediamo all’uscita?”
“Suppongo di sì.”
Mi alzai ma mi risedetti di scatto.
“Arriva mio fratello?”
Annuii con gli occhi sbarrati.
“Piacere, Styles.”
Aveva una voce roca e profonda. Quel genere di voce che fa venire i brividi sulla schiena. Era una voce SEXI.
“Digli il tuo nome cafone, non il cognome!”
“Harry.”
Uccise la sorella con gli occhi. Ma poi mi sorrise.
“Hope.”
Lo guardai bene. Dio mio. Era dannatamente perfetto. Una cascata di ricci castani scuro gli scendeva giù, quasi sulle spalle, gli occhi erano di un verde smeraldo in cui ebbi la sensazione di annegare, le sue labbra erano carnose e perfettamente rosee, aveva le spalle larghe, una camicia a righe verticali aperta fino sotto lo sterno da dove trasparivano una moltitudine di tatuaggi, le sue braccia erano muscolose e il braccio destro aveva molti tatuaggi, alle dita portava degli anelli che rendevano il tutto ancora più sexi, le sue gambe erano lunghe e magre, coperte da un paio di jeans attillati neri e ai piedi portava un paio di stivaletti del medesimo colore. Per non parlare del profumo che aveva, riuscivo a sentirlo anche se era abbastanza lontano da me, era un miscuglio di menta e nicotina. Non avevo mai visto niente di più perfetto.
Mi accorsi che lo stavo guardando da decisamente troppo tempo e avvampai.
“Quando hai smesso di fissarmi puoi stringermi la mano.”
Diventai ancora più rossa e allungai la mano a stringere la sua. Aveva una presa salda e forte.
Era così perfetto che sentivo le gambe cedermi. Mi risedetti e presi un po’ di respiro. Lui si sedette davanti a me.
“Hai mangiato solo una mela?”
Si stava riferendo a me. Cosa dovevo fare? Alzare la testa? Guardarlo negli occhi e rischiare di farfugliare qualcosa di insensato? Presi coraggio e lo guardai.
“Sì, oggi non ho fame, va beh Lisa, ci vediamo all’uscita.”
La guardai e cercai di far scendere il mio colorito rosso.
“Okay, a dopo.”
Scappai via dalla mensa e appena fuori presi una bella boccata d’aria.
“Hope!”
Mio Dio, perché mi aveva seguito? Mi voltai di scatto e lo vidi avvinarsi a me con passo sicuro.
“Hai lasciato le cuffie sul tavolo.”
“Oh Dio, grazie!”
Senza le mie cuffie non sarei mai sopravissuta a una giornata in biblioteca. Gliele presi di mano e lo ringraziai ancora. Poi scomparse.
Se la mia amicizia con Lisa doveva nascere dovevo mettere dei paletti. Come, per esempio, fare in modo di non vedere suo fratello quando ero con lei. Mi sarebbe venuto un colpo al cuore per quel ragazzo. Negli occhi, negli occhi aveva qualcosa che mi terrorizzava. Li avevo guardati per qualche secondo ma avevo già scorto quel particolare. Non era un ragazzo normale lui. No.
Dovevo stargli lontana.
 
 

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Angolo mio.
Okay, è la prima ff che scrivo dopo taanto tempo, sono un po' arruginita ma spero vi piacci!! Recensite, dai. <3 VE SE AMA TANTO <3

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Capitolo 2
*** Tumbrl. ***


Appena arrivai in biblioteca mi sentii meglio, sapevo di essere lontana da tutta quella bellezza e rabbia.
Mi sedetti a un tavolo, ma per quanto potevo cercare di concentrarmi a studiare proprio non ci riuscivo. Il suo viso, le sue mani, il suo fisico, i suoi tatuaggi, i suoi occhi erano incastrati nel mio cervello. Avrei voluto conoscerlo meglio, ma non potevo. Non lui.
Dopo un’ora decisi di mettermi a leggere il mio libro preferito. Uno splendido disastro. Lo amavo davvero troppo. Avevo la faccia completamente dentro il libro. Non mi accorsi nemmeno che qualcuno si era seduto davanti a me, anche perché avevo la musica a tutto volume nelle orecchie. Improvvisamente la musica cessò. Guardai sul tavolo, qualcuno aveva staccato le cuffie dal cellulare. Alzai lo sguardo e mi venne un tuffo al cuore.
“Non sei tipa da McGuire.”
Lo guardai nel modo più cattivo possibile.
“Invece sì, è il mio libro preferito.”
Fece una risatina. Poi mi guardò dritto negli occhi.
“E, scommetto che stai cercando il tuo Trevis.”
Aveva letto il libro? Lo guardai negli occhi e ci affogai ancora una volta. Creammo un contatto visivo per un po’. E mi sorrise.
“Sono gli occhi verdi lo so.”
Ritornai in me.
“A fare che?”
Rise ancora. Mi stava infastidendo e anche tutta la biblioteca cominciava a osservarci.
“A farti avere quell’espressione da chi è in adorazione.”
Aveva proprio una bella faccia tosta. Era consapevole del suo fascino e non lo nascondeva. Mi stava dando seriamente sui nervi questo suo comportamento. Non lo degnai più di uno sguardo e mi ributtai nel mio libro. Le cuffiette se le era prese così ero costretta a leggere sentendo quello stupido brusio che c’era dentro la mia testa.
Cominciavo ad impazzire. Non potevo ascoltarmi. No. Stavo cercando di salvarmi a modo mio e avevo trovato la musica. Finchè c’era quella stavo lontana dai miei demoni.
Abbassai il libro. E lo guardai.
“Devi ridarmi le cuffiette.”
Mi osservò. Non aveva il sorrisetto che aveva poco prima. Sembrava studiarmi.
“No. Leggi.”
“Dammi quelle maledettissime cuffiette, Harry!”
Continuava a guardarmi. Dai suoi occhi non traspariva nulla, se non quella rabbia che gli avevo letto prima. Il suo sguardo vitreo mi fece intimorire un po’. Ma avevo seriamente bisogno delle cuffiette.
“Perché dovrei dartele?”
Strinsi i pugni. Stavo per piangere ma non lo avrei mai fatto davanti a lui, non lo avrei mai fatto davanti a nessuno. Non potevo permettermi il lusso di piangere. Piangere significava perdere e cedere e non potevo.
Si allungò un po’ ma poi tornò indietro.
“Le avrai quando suona la campanella.”
Cominciai a tremare, tanto. O riavevo le mie cuffie o sarei dovuta scappare in bagno a riaprire le cicatrici.
“Perché tremi?”
“Devi ridarmi le cuffie, Harry, ti prego.”
Scoppiai a piangere e ebbi la consapevolezza di aver perso. Ora le cuffie non servivano più. Con uno scatto scappai in bagno con la mia borsa. Cercai il portafoglio. Non appena lo trovai lo aprii e presi in mano quella lametta che avevo strappato dal temperino quasi sei mesi prima.
“Esci di lì!”
Non mi interessava cosa stava dicendo. Non sarei uscita prima di averlo rifatto. Tirò un pugno alla porta che la fece tremare.
“Ti ridò le cuffie se esci.”
“Vattene!”
“Spacco la porta se non apri! Esci.”
“Non mi conosci nemmeno. Vattene!”
Stavamo urlando entrambi. Sentii un altro colpo alla porta, poi un altro, stava cercando seriamente di spaccare la porta. Lasciai cadere la lametta a terra e aprii la porta.
Lui era li dietro, pronto a caricare un altro pugno e con le cuffie in mano.
“Tieni.”
Me le porse e se ne andò. Uscii dal bagno. Pronta a urlargliene quattro, ma non mi diede il tempo di fermarlo che lui era già tornato in bagno. Quando ci ritornai anche io era accucciato a terra. Stava prendendo la lametta.
“Che cos’è questa merda?”
“Fatti gli affari tuoi!”
Mi guardò con un’aria truce e venne verso di me.
“Ti conosco più di quanto pensi. Fidati. Questa la tengo io. Ci vediamo domani.”
E se andò.
Decisi di dare buca a Lisa e andai a casa. La mia mente mi faceva domande anche se il volume della musica era decisamente alto dentro le mie orecchie. Mi chiedevo a che cosa si riferisse quando aveva detto di conoscermi. Lui non mi conosceva! Per niente. Mi chiedevo come diavolo sapeva che cosa stavo per fare dentro quel  bagno, come mai mi aveva tolto le cuffie, come mai nei suoi occhi c’era tanto odio. Mi stavo facendo decisamente troppe domande.
Mi misi a scrivere un po’ sul mio blog di Tumbrl, parlai di lui, dei suoi occhi e di quanto in quel momento avevo bisogno di rifarlo. Poi decisi di mettermi a dormire un po’. Almeno non mi sarei fatta altre domande. Ma, il tempo di tirarmi le coperte addosso che suonò il campanello. Scesi di malavoglia e aprii la porta.
“Perché sei qua?”
Sorrise un po’ forzato.
“Non so, mi sembravi abbastanza sconvolta prima, scusami, solo che.. sono solo uno stronzo.”
“Adesso è okay. Stai tranquillo.”
Feci per richiudere la porta ma la bloccò con la mano.
“Non è okay un bel niente. Io lo so.”
“Come fai a saperlo? E, comunque, non voglio parlare con te. Non ora. A domani Styles.”
Si dondolò un po’ sui piedi e aprì la bocca.
“Te lo si legge.. in faccia.”
Chiusi la porta e andai in camera mia. Sentii una macchina andare via a tutta velocità. Era sicuramente lui. Non mi piaceva. Cioè, era dannatamente bello e affascinante ma era assolutamente uno stronzo di prima qualità. ‘Solo uno stronzo! Ecco che cos’è!’, lo scrissi su tumbrl e mi rimisi a letto. Nessuno sapeva del mio blog, nessuno sapeva di cosa avevo passato e cosa stavo passando. Nessuno se non i miei lettori che non mi avevano mai visto in faccia, se non una volta che avevo postato una mia foto. Ma, loro non erano della mia città, del mio stato, della mia scuola o di qualunque altra cosa.
 
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Angolo mio. Okay è il secondo capitolo. Non so ma non mi convince troppo, però vabbeh. <3 recensite dajeee <3

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Capitolo 3
*** Cut. ***


Mi risvegliai verso le 21.00.
“Dio, ma quanto ho domito?”
Mi tirai su dal letto e stiracchiai le braccia. Ero ancora nervosa per quello che era successo con Harry ma cercai di passarci su, odiavo tenere il muso a qualcuno, qualunque cattiveria mi avesse fatto. Scesi al piano di sotto e trovai mia madre a trafficare in cucina.
“Ehy ma’!”
Si voltò di scatto verso di me e sorrise. Era una donna che semplicemente amava la vita. Sorrideva sempre e era sempre felice, l’esatto contrario di me. Era una donna bassina, magra e sempre truccata bene, ci teneva molto ad apparire in un certo modo.
“Amore, dormivi quando sono arrivata! Mi dispiaceva svegliarti!”
Sorrisi a quella donna che sembrava avere gli occhi ancora traboccanti di sogni.
“Grazie. Papà e quel mostro che chiamo fratello?”
“Arrivano, non chiamare mostro Louis.”
Risi un po’ e poi me ne ritornai in camera.
Mio fratello non era un mostro, aveva ragione mia madre. Era bello. Almeno, tutti lo dicevano. Aveva gli occhi di un azzurro ghiaccio, i capelli castani e lisci come i miei, un sorriso perfetto, un fisico da giocatore di calcio, era simpatico e stravedeva per me.
Mentre mi perdevo nei miei pensieri sentii i suoi passi salire verso camera mia.
“Principessa!”
Mi girai verso di lui e sfoderai il mio sorriso più sincero. Mio fratello sapeva tutto di me, cioè, quasi. Sapeva che mi ero auto lesionata qualche volta ma, nulla di più, mi aveva aiutata tanto.
“Lou!”
Gli andai incontro e lo abbracciai era da un paio di giorni che non ci vedevamo e mi mancava. Lui aveva 23 anni e io 17 per avere un rapporto così bello ci passavamo troppi anni, ma a mio fratello non importava. Aveva giurato che mi avrebbe sempre protetta e sostenuta nonostante tutto e tutti il giorno in cui ero nata e stava mantenendo la sua promessa.
“Ho conosciuto un ragazzo sai?”
Spalancò gli occhi e sorrise.
“Ecco, ora devo anche fare la parte del fratello geloso.”
Sorrisi e mi sedetti sul letto. Lui fece lo stesso e mi guardò un po’ storto.
“Com’è?”
“Beh, è semplicemente perfetto. Ha gli occhi verdi, i ricci castani, labbra carnose e è muscoloso. Solo che è uno stronzo allucinante.”
Mi prese le mani e fece un lungo sospiro. Sapevo che in quel momento avrebbe voluto farmi il terzo grado ma si stava trattenendo.
“Non ci soffrire, okay?”
“Stai tranquillo fratellone, non è il mio tipo.”
Fece un sorrisetto sghembo.
“Ti ricordo che il tuo libro preferito è Uno Splendido Disastro, la storia inizia nello stesso modo. Ci cascherai anche tu.”
Parlammo per un po’ di cose a caso, i nostri discorsi non avevano uno scopo, parlavamo e basta, ci confrontavamo su tutto ciò che ci circondava, sull’infinito, sull’amore, sulle stelle, sulla luna, su noi, sulla psiche umana, sulle persone, su Harry, sui cantanti, su tutto per farla breve. Improvvisamente sobbalzammo entrambi quando mia madre ci chiamò per la cena. Bene. Ora dovevo trovare una scusa per non mangiare. Non avevo fame e non volevo mangiare.
“Mamy, non ti offendere ma, ho il ciclo, non riesco a mangiare.”
“Non ti preoccupare, quando ti viene fame trovi tutto un frigo.”
Anche se non mangiavo rimasi comunque a tavola con la mia famiglia. Non mangiavamo mai tutti insieme, accadeva poche volte l’anno, volevo godermela.
Improvvisamente però, suonò il campanello. Andai ad aprire e mi ritrovai davanti l’unica persona che non avrei voluto vedere.
“Che ci fai qua?”
Ci pensò un po’ su.
“Mia sorella mi ha chiesto se ti venivo a prendere e ti portavo la al bar dove ci sono tutti, sai, stiamo facendo conoscenze. Cioè, lei le sta facendo, per me sono tutti piccoli. Ha detto che sarebbe bello se ci fossi anche tu.”
Lo guardai e non potei fare a meno di soffocare una risata. Sembrava più tranquillo del pomeriggio e la cosa mi rilassava un po’.
“Va bene, entra, ci sono i miei e mio fratello, limitati a salutare e a seguirmi in camera mia. Okay?”
Annuì poco convinto. Passò davanti alla sala e salutò come gli avevo detto, poi salì fino in camera, dove io mi ero già cambiata la maglietta.
“Sei in fissa col nero.”
“E allora?”
Il suo tono stava riassumendo un tono deciso e pieno di rabbia.
“Niente. Anche a me piace. Hai finito?”
“Vado in bagno e andiamo.”
Mi guardò e con gli occhi sembrava incitarmi a muovermi. Mi persi ancora nei suoi occhi. Dovevo fare in modo da non creare un contatto visivo con lui. Almeno finchè mi facevano quell’effetto.
Non appena entrai in bagno scrissi ancora su tumbrl.
‘Perché i suoi occhi mi ipnotizzano? E, poi, quelle dannate camicie aperte fin sotto lo sterno, o se la slaccia del tutto o la abbottona. Nel primo caso mi verrebbe un infarto, nel secondo probabilmente riuscirei a fare una frase di senso compiuto davanti a lui.’
Feci la pipì e mi diedi una truccata veloce. Poi sgusciai fuori e gli feci cenno con la testa di andare.
Il fatto di andare dove c’erano tante persone non mi esaltava, ma, sapere di essere con lui mi faceva stranamente piacere.
Quando passammo davanti alla sala da pranzo mia madre parlò.
“Perché non ci presenti il tuo amico? E, dove andate?”
Entrai in sala e sorrisi a mia madre insieme a Harry.
“Mamma, lui è Harry, Harry lei è Johanna.”
“Piacere signora. Ah, e anche a lei signore.”
“Piacere, io sono Louis, il fratello maggiore e molto protettivo di Hope.”
Il modo in cui Louis sottolineò la parola ‘molto’ mi fece sorridere. Avrei voluto dire qualcosa ma l’imbarazzo mi bloccava. Optai per un ‘siamo in ritardo’ e trascinare via Harry da li.
Partì a tutta velocità con la sua macchina di una marca a me sconosciuta ma doveva costare un sacco di soldi.
I suoi occhi verdi smeraldo avevano un’espressione severa.
La serata andò bene. Per una volta nella mia vita stavo bene in mezzo alla gente. Ma, cominciavo a sentire il bisogno della musica. Iniziai a grattarmi le mani.
“Bevi un po’ di alcool o, vai un paio di minuti nella mia macchina e accenditi la radio.”
Aveva capito che stavo per impazzire. Me lo sussurrò all’orecchio e il suo alito mi fece venire i brividi.
Guardai l’ora sul cellulare e scoprii che era l’una.
“Meglio se mi porti a casa.”
Annuì deciso e andò salutò sua sorella con la mano, io feci lo stesso di Harry e mi incamminai verso la sua auto. Avevo freddo, sonno e i miei demoni si stavano cominciando a divertire.
Partì veloce quando vide che cominciavo a tenermi la testa nel vano tentativo di farli smettere.
Davanti casa lo salutai e lo ringraziai scappai in casa e non trovai le cuffiette.
Scoppiai immediatamente a piangere.
Dovevo farlo.
Niente musica uguale a un taglio.
Mi chiusi in bagno e li misi a tacere. Ora stavo un po’ meglio. Ma, la consapevolezza di essermi tagliata mi distrusse. Mi misi a letto e piansi tanto. Forse troppo per un solo taglio ma, mi sentivo così una fallita. Avevo perso ancora una volta. Il mio unico rifugio in quel momento era tumbrl e mi ci sfogai tutta la notte. Scrivere mi aiutava, non avevo molti lettori, ma non mi importava, io volevo solo scrivere ciò che mi passava per la mente.
Per un nano secondo mi venne in mente lo stupido pensiero di quanto sarebbe stato confortevole avere Harry nel mio letto, a coccolarmi magari e a evitare che mi facessi ancora del male.
Il risveglio fu tragico. Ero troppo stanca per connettere del tutto ma, avevo solo bisogno di tagliare ancora. Andai in bagno e, tagliai, tagliai e tagliai. Per almeno due giorni potevo mandare le cuffie in ferie. Chiusi le ferite come meglio potevo e uscii dal bagno. Era già tardi. Corsi verso la fermata dell’autobus, fortunatamente arrivai a scuola prima del suono della campanella, così riuscii a prendere respiro prima di entrare in classe.
La giornata andò al solito. Finchè in biblioteca non mi raggiunse Harry.
“Ciao.”
“Styles.”
Staccai per qualche secondo gli occhi dal libro, e, visto che non voleva parlarmi ancora mi rimisi a leggere. Dopo qualche minuti però partì alla carica.
“Dove sono le tue cuffie?”
“Non mi andava di portarle oggi.”
“Ma tu vai in crisi senza cuffie.”
Lo fissai torva.
“Harry, credi di sapere tante cose su di me ma non sai praticamente niente, anzi, non sai niente, mi conosci da ieri. Smettila! Sto bene anche senza cuffie.”
Dovevo provare a sembrare convincente. Ma non ci riuscii del tutto, tuttavia Harry fece finta di niente e si concentrò sulla punta di una matita che era sul tavolo.
Lo guardai ancora una volta in modo più accurato. La sua camicia era abbottonata fino in cima. Sorrisi ingenuamente e ritornai al mio libro. Non sembrava intenzionato a parlarmi ancora e non lo fece fin che non suonò anche l’ultima campanella del giorno. Se ne stava li, a pensare a chissà cosa e a guardare chissà cosa sul cellulare. Poi quando feci per mettere via il mio libro sorrise in un modo un po’ forzato e disse.
“Se ti accompagno io a casa?”
Il suo tono era duro e dolce allo stesso tempo. Accettai l’offerta. Andare in macchina con lui era sicuramente dieci volte meglio che prendere un autobus strapieno.
In macchina avanzai delle domande.
“Che macchina è?”
“Una BMV serie 5 station wagon.”
Annuii.
“Che lavoro vuoi fare dopo la scuola?”
“Lavoro già in una panetteria da quasi 4 anni.”
Era secco e freddo, decisi che era meglio smettere di fare domande. Non volevo farlo arrabbiare.
Per una settimana intera mi riaccompagnò lui a casa, e, per una settimana intera continuai con i tagli. Io e lui legammo un po’. Aveva sempre il suo tono duro e freddo ma sapevo che stava cominciando a volermi bene, mentre io, ero già stracotta di lui.

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Capitolo 4
*** Infinity. ***


Non so cosa mi attraesse di lui, forse il suo comportamento, i suoi occhi, le sue mani, il suo corpo, il suo carattere, la sua dolcezza che veniva fuori massimo cinque secondi al giorno, il suo modo di proteggermi da me stessa.
Trovavo rifugio in Tumbrl e in lui, solo che lui non sapeva tutto, sapeva che ero un po’ depressa, niente di più.
“Hope, mi devi dire qualcosa?”
Sorrisi ingenuamente verso di lui.
“No, perché?”
“Così.”
Quel ragazzo mi leggeva nel pensiero. Ogni qualvolta che ero sul punto di esplodere e dirgli dei tagli mi chiedeva se c’era qualcosa che volevo dirgli, e, ogni santa volta mi tiravo indietro. Non avevo il coraggio di dirglielo, avevo paura di essere giudicata da lui per questo, ma, qualcosa mi diceva che lui già sapeva tutto. Aveva la strana fissazione di fissarmi le braccia.
“Andiamo al mare?”
Lo guardai con una faccia strana.
“Harry, è gennaio e la prima spiaggia è a 2 ore di macchina da qua.”
Mi guardò e fece gli occhi dolci. Non potevo rifiutare. E, poi era sabato e i miei erano al loro weekend di relax. Potevo fare ciò che mi pareva.
“Okay, andiamo.”
Prese le chiavi della macchina e guardò l’ora.
“Sono le 10.00 per mezzogiorno dovremmo essere la.”
Andai in camera mia e presi due coperte abbastanza grosse. Una per sederci e una per scaldarci.
Appena scesi uscimmo. In macchina il viaggio fu silenzioso, nessuno dei due aveva voglia di parlare. Ce ne rimanevamo lì, con i nostri pensieri a fissare il vuoto. Non sapevo cosa dire, anzi, lo sapevo ma non era il momento giusto.
Appena arrivammo nel parcheggio della spiaggia scendemmo dall’auto. Ancora in silenzio. Presi le coperte e mi diressi verso la sabbia. Dio. Era tutto così fottutamente perfetto.
Harry stese la prima coperta e una volta seduti di mettemmo addosso la seconda. Faceva freddo ma con lui si stava decisamente bene.
Chiacchierammo un po’. Spaziando sui discorsi. Come sempre. Aveva sempre un tono duro, ma, lo sentivo più vicino.
“Sai, credo che tutti noi siamo un po’ di infinito.”
Mi guardò stranito, forse non capiva il mio discorso. Portò alla bocca la sigaretta e fece un tiro. Dopo aver sputato il fumo e averci pensato un po’ su mi guardò.
“Niente è infinito. Nemmeno i numeri. Prima o poi finiscono anche quelli, noi non siamo un po’ di infinito, noi siamo semplicemente un po’ di tutto quello che finirà. Io finirò, tu finirai. Questo mare finisce, il cielo sopra di noi finisce, le stelle finiscono, tutto finisce, Hope. Non ci possiamo fare nulla.”
Lo guardai corrucciata sapendo che un po’ aveva ragione. Cominciai a fissare l’orizzonte pensando alle sue parole, quando, improvvisamente sentii le sue lunghe dita intrecciarsi con le mie.
“Forse solo una cosa è infinita.”
Lo affermò con durezza ma sentivo che era una durezza forzata.
“Cosa?”
“L’amore. Non che sia una cosa che mi piaccia poi tanto, ma, io vedo nello sguardo di chi è innamorato l’infinito.”
Questo suo parlare d’amore mi fece pizzicare gli occhi. Ma perché stavo piangendo solo per una frase?
“Hope, non piangere per quello che dico.”
Slacciai le nostre mani e mi buttai sul suo petto. Non stavo piangendo solo per quello che aveva detto, ma, anche per altre milioni di cose che, senza dirgliele stavo impazzendo. Avevo bisogno che lui sapesse. Inizialmente non mi strinse, ma quando sentì che stavo piangendo mi strinse a se.
“Ti fa bene piangere, piangi su di me che assaporerò ogni tua lacrima come fosse la prima.”
Era estremamente dolce in quel momento.
Iniziarono i singhiozzi. Il pianto si fece più forte, lo sentivo in difficoltà ma, mai si mosse fino alla fine del pianto.
Quando mi spostai dal suo petto ne sentivo già la mancanza.
“Scusami, so che non ami queste cose, a dire la verità mi ero ripromessa mille volte di non piangere mai davanti a te.”
“Lo so.”
Ci guardammo negli occhi e mi persi completamente. Erano così ipnotici. La rabbia che gli avevo visto il primo giorno era diminuita. Ne ero sicura.
“Harry, posso chiederti una cosa, fa niente se non vuoi rispondere.”
Annuì leggermente, poi fece un sorrisino che mi mandò nel pallone li per li, ma ripresi in mano la situazione quasi subito.
“Perché nei tuoi occhi c’è rabbia?”
Guardò davanti a se e prese un bel respiro. Non sembrava convinto se rispondere o no, ma lottò con se stesso e provò a essere il più calmo possibile.
“Avevo 7 anni quando mio padre ci ha abbandonato, voleva libertà e se la accaparrò senza dire una parola. Semplicemente non tornò a casa dal lavoro. L’ho aspettato alla finestra per mesi interi. Ma non tornava mai. Poi, quando avevo 12 anni e avevo staccato il naso dalla finestra si ripresentò improvvisamente a casa, scusandosi con mia madre per essere scappato. Disse che aveva capito in quegli anni che non poteva vivere senza di noi. Le cose andarono bene per poco. Nella vita che ha fatto per cinque anni prima di tornare c’era l’alcool, la droga, il gioco d’azzardo e la violenza. Certe abitudini è difficile perderle. Cominciò a picchiare mia madre, avevo solo 12 anni, non sapevo come difenderla. Un anno dopo, cominciò con me e mia sorella, lei meno non ne so il motivo, prendeva solo qualche schiaffo mentre io mi prendevo calci, pugni, cinghiate per nulla. A 13 anni non sai che ti sta succedendo, cioè inizi a capirlo ma pensi che te lo meriti. Quando picchiava mia madre facevo qualcosa per farmi picchiare a me, era il mio unico modo per difenderla. Non avevo altre armi. A 15 anni, decisi che quella situazione doveva finire. Iniziai con la palestra. Ma, non bastava, era comunque più forte di me. Così, disperato lasciai casa mia. Mi infilai in molti guai, fin che non mi misero in un istituto. Lì conobbi la droga. Per due anni mi drogai. Poi smisi, non volevo diventare come lui. Staccai da tutto e da tutti. Dopo mesi di richieste al giudice mi concessero il ritorno a casa. Trovai ciò che non avrei mai voluto trovare. La casa era in uno stato pessimo. Non riconobbi mia madre quando la vidi. Aveva il viso troppo gonfio dalle sue botte. Decisi che quella storia doveva finire. Avevo 17 anni e per la prima volta usai la violenza contro mio padre. Lo portai in camera mia e iniziai a suonarlo, con tutta la forza e la rabbia che avevo in corpo. E, ne avevo accumulata tanta in due anni di istituto. Lo massacrai e poi presi mia madre e mia sorella per portarle via. Ce ne andammo per sempre. Da quel giorno non l’ho più visto. Mia madre ora sta bene e mia sorella pure, quasi non ci pensano nemmeno più, ma, io, io ci penso ogni santo giorno. È una tortura. La rabbia cresce sempre di più dentro di me. E, per questo motivo sono stato bocciato due volte. Se qualcuno mi fa arrabbiare, anche per una sciocchezza ci parto di testa. Nei miei occhi c’è tanta rabbia perché non l’ho ammazzato. Se lo ammazzassi, nei miei occhi troveresti la serenità.”
Quelle parole mi lasciarono atterrita. Volevo piangere ma non mi sembrava il caso. Lo guardai in faccia e lo vidi tutto rosso. Stava lottando contro le lacrime. Parlarne doveva ucciderlo. Mi buttai tra le sue braccia e lo strinsi forte. Quanto più potevo. Ci mise un nano secondo ad attaccarsi alle mie labbra. Niente al mondo avrebbe potuto dividerci in quel momento se non noi stessi. Ma, nessuno dei due ci stava facendo il minimo pensiero. Eravamo una piccola parte d’infinito.
_________________________- 
Angolo mio.
Okay, 4 capitolo. Posso dire una cosa? Mi sta abbastanza soddisfacendo questa storia, è da un po’ che l’ho in mente, ma, non avevo mai avuto il coraggio di prendere un pc e metterla per iscritto. Non sapevo cosa ne sarebbe venuto fuori. E invece eccomi qua. Spero che vi piaccia. <3
 

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Capitolo 5
*** Happy. ***


Quando il bacio finì ci guardammo negli occhi. Sembrava essere in pace con se stesso. Ma quella pace svanì in pochi secondi. Improvvisamente il suo sguardo divenne duro e arrabbiato.
“Andiamo. Prendi la roba e alzati. Ti porto a casa.”
Il suo tono severo mi disorientò. Tuttavia feci come aveva detto.
In macchina ci fu un lungo silenzio per quasi metà viaggio. La tensione si tagliava col coltello e il suo sguardo non lo avevo mai visto così truce. Era proprio incazzato nero.
“Ho fatto una cazzata prima. Non ci stavo pensando.”
Gelai.
“A cosa?”
Chiuse gli occhi un paio di secondi. Come per dire ‘questo non dovevo dirlo’.
“Harry, parlami.”
“So chi sei da mesi. Leggo ogni giorno il tuo blog di Tumbrl, non scherzo. Inizialmente lo cominciai a leggere perché scrivi bene, poi divenne una droga. Mi ci trovavo un po’. Poi hai iniziato con la storia dell’autolesionismo e andare sul tuo blog era la sicurezza che c’eri ancora. Poi, quando ti ho visto con Lisa mi si è gelato il sangue nelle vene. Mi ricordavo della foto che avevi postato e quando ti ho visto ho capito che eri tu. In biblioteca, la prima volta stavo solo cercando di provarlo concretamente, se avessi dato di matto eri tu. Così è stato, e, ora so tutto. So che sei innamorata di me, per questo non dovevo baciarti. Io non provo lo stesso. Non voglio farti soffrire più di quanto soffri.”
Rimasi sbigottita. Ora riconciliai tutte le coincidenze. Non ci volevo credere. Lui sapeva tutto. Ora non ero più nemmeno al sicuro sul mio blog.
“Come hai potuto non dirmelo subito?”
Ero un po’ arrabbiata e un po’ preoccupata per quello che mi aveva appena detto. Io non volevo leggesse il mio blog.
“Hope, non lo so, scrivevi che su tumbrl nessuno ti giudicava e ti conosceva, volevo farti vivere ancora quello che volevi, se te lo avessi detto due settimane fa, avresti smesso di scrivere e non voglio.”
“Hai letto tutto tutto?”
Mi guardò e sospirò.
“Ogni singola cosa.”
Sentii una lacrima rigarmi la guancia. Non ci volevo credere.
“Non volevo tu lo sapessi. Mi vergogno così tanto.”
Mi guardò di sfuggita.
“Ti vergogni di soffrire? Io porto ancora le mie cicatrici sulle braccia. Non te ne fare una colpa. Tutti soffrono, alcuni lo affrontano male. Come me e te, anche io ero autolesionista,  beh, la storia la sai. Ti vorrei salvare ma non ne sono in grado, Hope, io mi sono affezionato a te mesi e mesi fa. Tramite uno stupido cellulare. Ora che sei qua mi affeziono di te ogni secondo di più. Ho solo la stramaledetta paura di qualche tua cagata. Pensieri suicidi ne fai, li scrivi e li leggo. Io credo che un’anima come te meriti di stare bene, ma se così non è, beh, bisogna fare qualcosa per aiutarla. Non so come ma ci proverò a salvarti, lo giuro. Non posso permettere che tu muoia per mano tua. Magari non sempre ti sarò d’aiuto dal momento che sei innamorata di me e io non di te ma ti starò vicino anche quando mi manderai via.”
Ero un fiume in piena. Lui non era un mostro senza cuore. Anche lui aveva provato ciò che provavo io ora. Non mi sentivo più sola. Sapevo che lui era con me. E, ero decisa a farlo innamorare di me piano piano.
“Non voglio che la tua scrittura ne risenta. Scrivi ancora anche se sai che lo leggerò, perché in ogni caso leggerei in te ciò che ti succede.”
“Non sei così cattivo come pensavo. Sei un angelo, davvero. Non smetterò di scrivere. No mai. Ne ho bisogno. Voglio essere salvata, hai ragione. Ma da e solo da te, perché, beh, ormai posso dirlo ma penso di essere innamorata di te.”
Mi guardò e mise la sua mano sopra la mia che era poggiata al sedile. Mi sorrise e fece sorridere anche me. Mi addormentai stringendo la sua mano.
Quando mi svegliai ero nel mio letto, aggrovigliata nelle lenzuola e con il pigiama. Oddio. Mi aveva cambiata. Diventai paonazza per l’imbarazzo.
Trasalii quando lo vidi entrare in camera mia solo in boxer e con i capelli bagnati.
“Avevo tutto il salino addosso, mi dava fastidio, mi sono preso la libertà di farmi una doccia. Scusami se ti da fastidio questa cosa.”
Provai a fare ordine nella mia mente.
“Sì.. cioè, no, mi da fastidio, cioè non mi da fastidio.”
Mi stavo impappinando troppo.
“Harry, dobbiamo mettere dei fottuti paletti quando se in questa casa!”
Lo dissi alla velocità della luce e senza guardarlo per evitare di incastrarmi nelle parole.
“Ehm, non capisco.”
“Il tuo fisico non passa inosservato ai miei occhi. Rischio di rimanerci secca.”
Improvvisamente la sua risata riecheggiò in tutta la casa. Non smetteva più di ridere.
“Visto che la sera è il momento in cui crolli, ho pensato che visto che non ci sono i tuoi genitori potrei fermarmi a dormire qua, così le tue paure le sfoghi su di me non sul tuo corpo.”
Annuii e gli indicai una maglietta. Non mi fece dire la cosa ad alta voce. Camminò fino alla poltrona e se la infilò. Poi mise un paio di pantaloncini blu. Lo fissai per qualche secondo poi decisi di alzarmi dal letto stiracchiandomi la schiena. Mi chiedevo che ora era ma, data la poca luce che filtrava dalla finestra dedussi che era sera. Entrai in bagno e mi sedetti sulla vasca. Ero stanca e mi sentivo debole. Avevo bisogno di rifarlo. Quando aprii il cassetto Harry irruppe in bagno.
“Cosa stai cercando?”
Chiusi velocemente il cassetto e provai  a sorridere. Non ero brava a mentire ma ci provai.
“Niente.”
“Sappi che le ho buttate.”
Uscì dal bagno e socchiuse la porta. Come aveva potuto buttarmi le lamette? Perché lo aveva fatto? Cioè, sapevo perché lo aveva fatto, ma doveva essere una cosa graduale. Invece lui, aveva deciso che da un momento all’altro avrei smesso. Non funzionava così, almeno non per me.
Mi lavai la faccia trattenendo le lacrime e uscii dal bagno. Avevo uno strano groppo in gola, m bloccava quasi la respirazione non ci diedi peso e andai a sedermi sul letto.
“Fammi vedere le braccia.”
Era severo. Sembrava quasi un maestro con i suoi alunni mentre li sgrida. La cosa era snervante.
“Non l’ho fatto Harry.”
La mia voce era decisamente strozzata. Non me ne capacitavo.
“Sì, lo sento dalla voce, ma prima quando ti ho messo il pigiama non ho avuto il coraggio di guardare. Ora però voglio vedere. Tira su le maniche.”
Incrociai le braccia al petto. Il suo tono era decisamente cattivo. Doveva smetterla di comportarsi così con me. Non faceva aumentare il groppo in gola che avevo e non mi piaceva.
“Ma la smetti di comportarti così? Smettila! Mi da fastidio.”
Il groppo in gola stava diminuendo e le mie lacrime aumentando mentre mi rigavano le guancie.
Si alzò e venne verso di me. Il suo viso era passato da serio a preoccupato e premuroso.
“Quando ti senti il nodo alla gola è perché stai trattenendo da troppo le lacrime. Io ce l’avevo prima in macchina. Quando ti sei addormentata, è fastidioso.”
Stava cercando di cambiare discorso.
“Va bene. Ho capito. Ma hai sentito cosa ho detto? Smettila di parlarmi in certi modi. Sii gentile cazzo!”
Fece un sorrisetto quasi impercettibile e aprì la bocca per parlare.
“Okay, ci proverò, scusa. Ora posso vedere?”
Chiusi gli occhi. Non ne ero convintissima. Cioè, non volevo e basta. Sembrò leggermi nel pensiero e aggiunse.
“Lo so che non sei pronta e che è difficile ma devo vedere quanto è grave la situazione.”
Aprii gli occhi e lui mi guardò dritta dritta nelle pupille. Lo voleva davvero.
Con molta calma afferrai la manica del braccio sinistro e alzai piano. Tremavo.
“Con calma, io non ho fretta.”
Ci misi un paio di minuti a tirare su tutta la manica. Poi voltai il braccio all’insù per lasciarlo guardare.
Poggiò lo sguardo sui tagli, poi prese con delicatezza il mio braccio e si piegò. Delicatamente baciò ogni singola ferita.
“Harry..”
Volevo la smettesse. Quella sensazione di tristezza che mi stava trasmettendo mi stava uccidendo. Alzò lo sguardo sul mio viso. Sono sicura di avergli visto delle lacrime agli angoli degli occhi ma non le lasciò cadere. Tutto il contrario di me.
Passammo una serata tranquilla. Mangiammo una pizza e bevemmo una birra, guardammo un film e ci infilammo a letto.
“Ma non ti fa star male?”
Mi voltai verso di lui. Anche nell’oscurità i suoi occhi erano luce.
“Cosa?”
Mi guardò negli occhi.
“Il fatto che io sono nel letto con te.”
Sorrisi ingenuamente.
“Dovrebbe?”
“Voglio dire, tu sei innamorata di me e io non di te. Cioè, ti voglio bene ma non così tanto da chiamarlo amore. Non ti fa soffrire il fatto che io sono qua per un motivo e tu per un altro?”
Spensi il mio sorriso e ci pensai un po’ su. La cosa era strana. Non ci avevo ancora pensato. Forse perché non mi importava davvero dei suoi sentimenti, forse perché non ci volevo pensare.
“Il fatto che è che tu mi fai stare semplicemente bene. Anche quando mi fai arrabbiare. Averti qua mi rende felice ed è così che voglio essere. Felice. Voglio averti qua indipendentemente dai tuoi sentimenti.”
Sorrise e mi abbracciò. Ero nel posto giusto, al momento giusto con la persona giusta.

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Capitolo 6
*** Fear. ***


Il mattino dopo ci svegliammo abbracciati. Sorrisi. Passare la serata con lui mi aveva aiutata più del previsto.
Passarono due settimane e il nostro rapporto diventava sempre più bello. Cercava sempre di mantenere un tono dolce con me, non sempre gli riusciva ma ci provava, più tempo passava con me più lo vedevo sereno. La sua rabbia andava via via diminuendo, lui stesso mi diceva che era grazie a me e mi faceva solo che piacere. Dormiva tutti i weekend con me, mi dava il bacio della buonanotte e mi preparava la colazione. Lisa stessa mi disse che anche a casa le cose erano migliorate. Diceva che lo vedeva più felice e tranquillo.
Poi le cose cambiarono improvvisamente.
Conobbe un ragazzo. Si chiamava Niall. Non mi piaceva per niente. Troppi piercing e tatuaggi. Troppe sigarette e troppi segreti alla quale io ero tagliata fuori.
“Dove vai?”                                                                              
Mi guardò come se la cosa fosse ovvia ma non era ovvia per niente. Io non volevo che Harry uscisse con Niall.
“Esco con Niall, non puoi venire.”
Mi accigliai e lo guardai negli occhi. In modo intenso, per fargli capire che ero arrabbiata.
“Prima o poi me lo farai conoscere questo Niall? O no? Non sono alla sua altezza? O avete i vostri segreti, alla quale io ovviamente sono tagliata fuori perché sono troppo stupida?”
Strinse i pugni. Si stava arrabbiando. Non mi importava, rincarai la dose.
“Sei diverso quando torni dopo essere uscito con lui. Sempre. Sei sempre più nervoso e irascibile. Non mi piace questa cosa. Non mi piace Niall. Cioè, cosa fate tutto il tempo che siete fuori? Io ho bisogno di te. Lo sai. Tanto.”
Fece un passo verso di me e alzò una mano. Sembrava sul punto di tirarmi uno schiaffo. Mi si gelò il sangue nelle vene per un momento. Ma quando la rimise giù mi calmai un po’.
“Ci sto mettendo l’anima a salvarti, se ho altri amici mica muori eh. E anche fosse ci hai provato per tanto tempo, so che lo vuoi ancora, quindi il mio lavoro alla fine non serve a nulla. La mia lontananza non può farti così male.”
Quelle parole mi ferirono in un modo che non si può spiegare a parole. Mi sentii uno schifo. Volevo sparisse dalla mia vita.
“Sparisci.”
Probabilmente si accorse di ciò che aveva appena detto e del fatto che mi aveva ferita veramente.
“Hope.. non..”
“Sparisci da qui!”
Uscì con aria afflitta. Sentii la sue macchina rimbombare nella strada mentre andava via. Corsi in camera e mi buttai sul letto a piangere. Perché aveva voluto ferirmi così? Perché proprio su quello? Avevo voglia di rifarlo, di buttare nel cesso due settimane di lavoro, di ansie, di pianti, di discorsi e di paure. Non lo feci e mi addormentai piangendo.
Improvvisamente mi svegliai nella sua macchina. Il sangue era ovunque e lui non c’era. Mi controllai i polsi. Erano a posto. Non era sangue mio. Scesi dalla macchina. Ero in un piccolo vicolo buio. Un ragazzo moro venne verso di me. Mio fratello.
“Louis ma che diavolo succede?”
“Dobbiamo andare via. Scappa. Entra in macchina.”
Il suo tono era agitato e preoccupato allo stesso tempo. Tremava e continuava a torturasi le mani.
“Dov’è Harry?”
“Ho fatto una cassata, Hope. Andiamo via.”
Due lacrime gli scesero giù per la guancia. Era troppo nervoso. E non capivo che cavolo aveva fatto.
“Dove cazzo è Harry? Questa è la sua auto. Dove cazzo è lui?”
Stavo urlando. Ero terrorizzata. Avevo un brutto presentimento.
“Sono tornato a casa, c’era anche lui, era arrabbiato con te. Continuavate a urlarvi di tutto, diceva che facevi schifo e che meritavi quello che stai passando. Poi ti ha dato un pugno e sei svenuta. Non ci ho più visto. Ho avuto un colpo di testa.”
“Che cazzo dici Louis? Non mi ricordo niente io. Che cosa gli hai fatto?”
Sentivo le lacrime scendermi giù per le guancie senza freno. Non potevo fermarle.
“L’ho ammazzato, Hope. L’ho accoltellato. Ti ho caricata in macchina con noi perché non volevo lasciarti a casa sola. È morto. Giuro. Io non volevo ucciderlo, ma quando ti ha dato il pugno non sono potuto stare fermo a fissarlo.”
Mi prese il panico totale. Non poteva essere vero.
“Dove l’hai buttato? Dimmi dove cazzo l’hai buttato!”
Continuavo a piangere e a urlare contro mio fratello.
“Qua in fondo al vicolo. Ora andiamo via.”
Iniziai a correre con tutta la forza che avevo. Dovevo trovarlo. Man mano che andavo avanti l’aria si faceva sempre più scura. Il buio mi impediva di vedere. Inciampai e caddi a terra.
“Harry!”
Mi svegliai di soprassalto. In pieno panico, urlando il suo nome. Sentii dei passi salire svelti sulle scale. Un viso spaventato apparve dalla mia camera. Era lui. Il mio perfetto, stronzo e amorevole Harry.
“Che cosa succede?”
Saltai giù dal letto e andai ad abbracciarlo in lacrime. lo strinsi con tutte le forze che avevo per capire che ormai non stavo più sognando.
“Era solo un sogno, tranquilla.”
Mentre con le parole cercava di farmi ritornare calma mi prese in braccio. Aggrovigliai le gambe intorno al suo bacino mentre continuavo ad abbracciarlo e a piangere sulla sua spalla.
“Non posso vivere senza di te! Non posso. Non ce la farei.”
Si sedette sulla poltrona davanti al letto con ancora me aggrovigliata a lui. Mi accarezzava la schiena e cercava di capire. Spostai la testa e mi incollai alla sua bocca. Non mi importava se ancora lui non mi amava, ne avevo bisogno.
Inizialmente provò a liberarsi di me, ma quando vide che non c’era storia prese la mia testa fra le mani e mi baciò come se fossi la ragazza della sua vita. Improvvisamente mi buttò sul letto con lui sopra. Le nostre mani andavano ovunque. Mi tolse la maglietta ma poi si fermò.
“No. Non così.”
Provai a riprendermi. Stavamo per fare una stupidata che avrebbe cambiato tutto di noi.
“Sì, hai ragione colpa mia. Non succederà più.”
Mi sentivo in colpa e ancora agitata per il sogno che avevo appena fatto. Lo guardai negli occhi e sorrise.
“Perché prima piangevi così disperata?”
“Ho fatto un brutto sogno. Non ti preoccupare. Ho reagito troppo male. Perdonami.”
“Ma magari tutte reagissero come te!”
Risi tentando di nascondere l’imbarazzo, ma, le mie guancie erano bollenti.
“Comunque, non ti vergognare di quello che non è quasi successo, Dio mio, non sai quanto ti vorrei. Ma non posso, non quando da parte tua ci sono certi sentimenti.”
Si alzò e mi porse la maglietta che era finita per terra. Me la misi e lo tirai da un braccio affinchè si rimise nel letto.
“Tu mi faresti mai del male? Fisico intendo.”
Mi guardò sgranando gli occhi.
“Come cavolo puoi solo che pensare che io farei mai una cosa del genere? Se è per quello che ti ho detto oggi pomeriggio, levatelo dalla testa, sono stato uno stupido. Ero solo arrabbiato.”
“Lo so, lo so. Ma, ricordati che io avrò sempre e comunque bisogno di te, a prescindere da quello che mi dici o che io ti dico. Ti voglio nella mia vita per sempre. Sappilo.”
Sorrise e mi strinse nelle sue braccia forti. Sì, era vero. Io lui nella mia vita lo avrei voluto per sempre.

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Angolo autrice.
Capitolo scritto un po' ammerda ma, spero almeno un po' di avervi fatto prendere un po' di paura hahah <3 recensite dajee <3 hahah <3
 

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Capitolo 7
*** Violence. ***


Ci coccolammo un po’ e poi lui tornò a casa. L’idea di stare a casa da sola non mi piaceva dopo il sogno che avevo fatto. Decisi di andare a farmi un giro, mi alzai dal letto e presi dei vestiti a caso nell’armadio, andai in bagno e mi feci una doccia veloce, fresca e piacevole. Dopo essermi vestita e truccata presi le chiavi e uscii. Il freddo mi si attaccò alla pelle ma non ci diedi peso, essere fuori in quel momento mi faceva solo che piacere. Presi il primo autobus che andava in centro. Con le mie cuffie nelle orecchie mi sentivo lontana da tutto il male del mondo. Camminavo senza una meta avevo tolto le cuffie perché il leggero brusio della città mi piaceva, ero tranquilla. Fin che non sentii dei colpi sordi e delle urla provenire da un piccolo vicolo poco più avanti di me. Contro ogni mio istinto di sopravvivenza andai a vedere. Quel vicolo lo avevo già visto. Più andavo avanti più me ne convincevo. Ma dove? Provai a non tormentarmi con quella domanda e mi spinsi più avanti. Davanti ai miei occhi trovai un ragazzo biondo con gli occhi blu ridere. Spinsi gli occhi dietro la sua figura e vidi che per terra c’erano due ragazzi, il primo che vidi era un riccio messo a cavalcioni su un altro ragazzo lo stava riempiendo di pugni in pieno viso. Soffermai lo sguardo sulle scarpe del ragazzo a cavalcioni e il sangue mi si gelò letteralmente nelle vene.
“Harry! Ma che cosa stai facendo?”
La figura si voltò con gli occhi terrorizzati. Era lui. Non ci volevo credere ma quella era la realtà. Il biondo che poco prima era davanti a me se ne era già andato. Si alzò da terra e venne verso di me.
“Che cazzo ci fai qua?”
Non mi importava cosa stava dicendo, corsi verso il ragazzo a terra. Il suo volto era una maschera di sangue e lacrime che si mischiavano. Presi la bottiglietta d’acqua che avevo in borsa e gli lavai la faccia come meglio potevo. Mentre il sangue andava via notavo che era bello, bello da morire. Le ferite non era profondissime, non c’era bisogno dell’ospedale. Con tutte le mie forze le feci mettere seduto. Dalla bocca gli uscivano dei gemiti di dolore ogni volta che passavo un fazzoletto bagnato sulle ferite. Non mi importava  cosa aveva fatto per ricevere quelle botte, Harry aveva sbagliato, di grosso anche.
Quando il ragazzo di cui il nome mi era sconosciuto si alzò mi tranquillizzai un po’. L’uso delle gambe lo aveva ancora, non sbandava e sembrava riuscire a parlare tranquillamente.
“Grazie.”
Mi disse solo quello e andò via. Non avevo il coraggio di voltarmi verso Harry, quel suo lato violento io lo conoscevo solo dietro i suoi racconti, non mi sarei mai aspettato di vederlo davanti ai miei occhi fare una cosa del genere. Mi intimorivano i suoi occhi ora, non volevo incontrarli.
“Hope, posso spiegare.”
Mi voltai lentamente. Molto lentamente, quando ci fui davanti stetti bene attenta a non incrociare i suoi occhi.
“Non c’è nulla da spigare, se non fossi arrivata io l’avresti ucciso!”
Gli guardai le mani. Stava stringendo i pugni con tutta la sua forza. Le nocche erano bianche e le braccia gli tremavano.
“Non l’avrei ucciso, c’è una ragione se gli ho fatto quello che ho fatto.”
“Sentiamo.”
Presi coraggio e lo guardai dritto negli occhi. Non celavano niente. Nemmeno rabbia. Ma lo potevo vedere benissimo che era incazzato nero.
“Ha rotto le scatole alla sorella di Niall. Cioè, ha provato a baciarla contro la sua volontà.”
“E proprio tu dovevi pensarci? Non Niall? È sua sorella non tua.”
Spostò il peso da un piede all’altro. Non riusciva a stare fermo dal nervoso.
“No. Niall non ha la mia forza, io sono molto più forte di lui, gli hanno detto il mio nome per picchiare quello, mi ha chiamato e siamo diventati amici, mi sono allenato per un po’ visto che ero fuori allenamento e oggi era il giorno che dovevamo vederci per picchiarlo.”
Non capivo la sua logica. Non volevo capirla, il che era diverso.
“Harry, hai fatto una cazzata enorme. Mi hai delusa.”
Il suo viso prese un espressione triste. Quasi sconsolata. Sapeva benissimo quello che mi stava passando per la testa in quel momento.
Alzò una mano verso di me e, io, istintivamente mi scansai. Quel gesto improvviso mi aveva spaventata, soprattutto dopo quello che avevo appena visto. Si bloccò improvvisamente e tese ogni muscolo del suo corpo.
“Hai paura di me.”
Lo disse con una tale decisione che capii che non gli avrei smosso quell’idea dal cervello nemmeno a pagarlo. In effetti, in quel momento non mi sentivo troppo al sicuro con lui. Era troppo nervoso, troppo pieno di adrenalina.
“Non ci posso credere! Davvero pensi che io mai alzerei le mani contro di te? Contro qualunque ragazza?”
“Harry, sei violento. Lo sai anche tu.”
“Questo non vuol dire che picchierei una ragazza.”
Mi sentivo in colpa in parte, sapevo che in quel momento si stava sentendo morire. Non mi piaceva l’idea di farlo sentire così.
“Non ho paura di te, ma ho paura della tua rabbia. Lo so che non mi faresti mai del male, ma, se un giorno ti facessi arrabbiare troppo? Me l’hai detto anche tu che quando ti arrabbi non rispondi dei tuoi gesti. E se per caso mi tirassi uno schiaffo? Sarebbe un dolore che non riuscirei a sopportare.”
Due goccioline salate gli scesero giù per le guancie. I suoi occhi trasmettevano disperazione, quella che non gli avevo mai visto. Non l’avevo mai visto piangere, ma in quel momento le mie parole gli erano arrivate dritte al cuore. Devastandolo.
“Non ti farò mai del male, mai. È una cosa che giuro su me stesso. Su mia sorella. Su chi cazzo ti pare. Lo giuro. Non alzerò mai e poi mai le mani su di te. Magari potrei urlare, sbraitare, spaccare tutto, ma mai alzare le mani su di te. Mi ucciderei da solo se mai succedesse.”
Nonostante fossi arrabbiata con lui lo andai ad abbracciare. Sapevo che ne aveva bisogno. Lo strinsi forte. Quanto più potevo.
Pianse in modo isterico. I suoi singhiozzi si sarebbero potuti sentire anche la lontano. Continuava a ripetere che mi voleva bene e che gli dispiaceva. Fu in quel momento che me ne resi conto davvero. Mi resi conto di quanto lui fosse indispensabile alla mia vita. Di quanto io lo amassi, di quanto lui fosse diventato il mio punto fisso. Ero disperatamente innamorata di lui e questo sentimento non poteva che crescere.
“Harry, devo dirti una cosa.”
Alzò il viso dalla mia spalla e mi guardò negli occhi. I suoi erano di un verde ancora più bello del solito, come se le lacrime glieli avessero fatti illuminare ancora di più. Non sapevo che la cosa era possibile, i suoi occhi avrebbero illuminato una stanza completamente buia.
“Ti amo.”
“Lo so piccola, lo so.”
Non mi ferii il fatto che non mi disse che anche lui mi amava, anzi, lo apprezzai. Almeno, era sincero.
Tornammo a casa mia. Non aveva nemmeno la forza di parlare. Piangere e aver picchiato quel ragazzo dovevano averlo reso debole. Era stanco. Lo lasciai addormentarsi nel mio letto. Aveva un aria rilassata, tranquilla. Dormì quasi quattro ore. Mi chiedevo se stesse bene, non ero mai andata a guardarlo da quando si era addormentato. Salii al piano di sopra e lo guardai. Grondava di sudore ma tremava. Gli toccai la fronte per sentire se aveva la febbre e sobbalzò svegliandosi.
“Sto malissimo.”
La sua voce era ancora più roca del solito, i capelli appiccicati alla fronte a causa del sudore e aveva tutto il viso traslucido. Gli toccai la fronte ancora spostando i capelli. Sperando che non si agitasse. Era bollente.
“Harry, ci credo. Hai la febbre altissima.”
“Merda.”
Andai a prendere il termometro in bagno e glielo porsi. Quando me lo ridiede la linea di mercurio diceva che l’aveva a 39. Decisi che doveva stare al fresco. Non sapevo che medicine dargli. Appena sarebbe arrivata mia madre ci avrebbe pensato lei. Nel frattempo però dovevo cercare di fargli scendere la febbre.  Gli tolsi la coperta da sopra e si irrigidì.
“Ho freddissimo. Coprimi. Coprimi.”
“Lo so, ma dobbiamo far scendere la febbre almeno un po’. Resisti.”
Con un gesto lento gli tolsi la camicia che era bagnata da quanto sudore aveva assorbito. Gli tolsi anche i pantaloni, fradici anche quelli. Gli toccai il bordo dei boxer per capire se anche quelli erano bagnati di sudore, e, così fu. Dovevo cambiarli anche quelli. Bagnato e in quelle condizioni non poteva starci.
“Devi cambiarti i boxer.”
“Non ho la forza adesso Hope.”
“Io non lo faccio e tu devi cambiarti. Sei fradicio di sudore. Devi cambiarti da solo.”
Grugnì. Non mi importava, doveva trovare la forza di andare in bagno, farsi la doccia e mettersi un paio di boxer asciutti.
Presi un paio di mutande di Louis e gliele misi in mano. Piano piano di alzò dal letto e andò in bagno.
Abbassai la temperatura dell’acqua in modo da fargli prendere un po’ di acqua fresca sulla pelle.
Quando uscì dal bagno mi fece tenerezza. Sembrava esausto. Non potevo farlo dormire ancora. Gli si sarebbe alzata la febbre ancora di più. Gli feci mettere dei pantaloncini e lo tenni sottobraccio per andare al piano di sotto. A tutti i costi volle mettersi coricato sul divano. Lo lasciai fare ma gli misi del ghiaccio in testa.
Tremava ancora dal freddo  ma non smise un secondo di sorridere e ringraziarmi.
Arrivò mia madre, non la salutai nemmeno che la aggredii.
“Harry ha la febbre a 39. Non so cosa dargli, gli ho fatto fare una doccia e ora probabilmente mi odia perché gli ho confiscato qualunque cosa potesse tenerlo al caldo per fargli abbassare la febbre. È sul divano, aiutami.”
Con calma si tolse la giacca di dosso e poggiò la borsa. Poi andò da Harry. Lo tastò e gli mise il termometro.
Venne da me sghignazzando.
“Non ho mai visto nessuno pieno di tatuaggi come lui. Però gli stanno bene.”
Feci una risatina e andai da lui.
Era così dolce quando stava male!


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Angolo mio. Okay. Questo capitolo mi ha preso troppo. Non riuscivo a smettere di scrivere! hahaha <3 se ve gusta secensite, anche se non vi piace fatelo, ogni critica positiva e non mi aiuta a migliorarmi <3 ve se ana <3

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Capitolo 8
*** Sexual impulses. ***


Inviai un messaggio a sua sorella dicendole che Harry avrebbe dormito a casa mia. Non le dissi il perché, si sarebbe solo preoccupata. Guardai ancora una volta Harry che piano piano si stava appisolando, mia madre aveva detto che se voleva dormire era libero di farlo ma non doveva coprirsi per non fargli alzare la febbre. Gli aveva dato una medicina e mi aveva detto di lasciarlo riposare un po’.
Mi alzai dal divano e andai da mia madre, Harry non era molto di compagnia.
“Secondo te perché gli è venuta la febbre così all’improvviso?”
Mia madre faceva l’infermiera in un ospedale per bambini, amava il suo lavoro e in questi campi aveva sempre una risposta per ogni domanda. La vidi pensarci un po’ su.
“Ha provato emozioni forti oggi prima di addormentarsi?”
“Ha pianto.”
Mia madre fece una faccia abbastanza sorpresa. Beh, chiunque non conoscesse Harry bene quanto me l’avrebbe fatta. Era un ragazzo che ti trasmetteva sicurezza e coraggio. Non avresti mai immaginato di vederlo piangere. Invece così era. Anche i più forti piangono. Tuttavia mia madre non si scompose, vedeva tutti i giorni uomini forti piangere in ospedale. Ma li comunque era un altro contesto, li gli uomini forti piangevano perché non sapevano che ne sarebbe stato del loro bambino o bambina.
“Probabilmente è per quello, Hope. Si è agitato così tanto che gli è salita la temperatura.”
Parlammo per una decina di minuti fin che non suonò il campanello. Andai io ad aprire mentre mia madre andava a vedere se a Harry era scesa la febbre.
“Ma non hai le chiavi, Louis?”
Rise e entrò in casa.
“Penso di averle perse.”
Il suo tono di voce in quel momento era fastidiosamente alto.
“Lou, puoi parlare più a bassa voce?”
Mi guardò e sorrise.
“Cos’hai il ciclo?”
Gli diedi scherzosamente un pugno sulla spalla e lui finse di provare dolore.
“No, comunque c’è Harry di la con la febbre alta, sta riposando, quindi evita di fare casino.”
Il suo viso prese un’espressione seria. A lui, Harry, non piaceva tanto. Diceva che mi avrebbe solo fatta soffrire. Ma, non sapeva che mi stava salvando la vita.
“Perché non è a casa sua allora?”
“Perché gli è venuta quando era qua. Lascialo in pace, Louis. Abbiamo passato una giornataccia.”
Non disse una parola e se ne andò in camera sua. Pensai che la pace sarebbe durata, ma non era così.
“Hope!!”
Lo sentii chiamarmi dal piano di sopra e tra me pensai di ucciderlo. Tuttavia cercai di mantenere la calma e andai da lui.
“Dove sono i miei pantaloncini da calcio?”
“Quelli blu? Li ho dati a Harry.”
Strinse le mascelle. Aveva voglia di litigare. Glielo leggevo in faccia.
“Mi servono.”
“Ne hai due paia, Louis. Devi rompermi le palle? Dorme qua, quindi vedi di metterti l’anima in pace.”
Si innervosii.
“Dorme sul divano spero.”
Sorrisi sarcastica.
“Ma ti pare che lo faccio dormire sul divano? Dorme con me!”
Volevo farlo arrabbiare in modo che se ne andasse dalla sua bella fidanzata senza avere altre rotture di cazzo per casa.
“Lui non dorme proprio da nessuna parte, hai capito?”
Stava alzando la voce. Troppo forse, ma, non mi sarei mai fatta intimorire da mio fratello.
“Io lo amo. Ficcatelo in quella cazzo di testolina che hai. Dormirà con me, che ti piaccia o no.”
Anche il mio tono di voce si stava alzando. Non mi piaceva litigare con mio fratello.
“Non sai cos’è l’amore!”
A quel punto mi infuriai.
“Se è per questo nemmeno tu! El non la ami. Io Harry lo amo, e sai perché? Perché se avessi il cuore di Harry non ci giocherei come fai tu con quello di El.”
L’avevo appena sparata bella grossa. Sapevo che lui si era pentito di aver tradito l’unica ragazza che mai gli avesse affidato il suo cuore. Quell’argomento era intoccabile e io lo sapevo benissimo.
“Hope, come cazzo ti permetti? Come? Abbassa la cresta che sennò te l’ha abbasso io! Non dire mai più una cosa del genere! Hai capito? Sennò..”
Sentii due mani potenti appoggiarsi sulle mie spalle. Lo riconobbi subito.
“Sennò, Louis?”
Dio, lo avevamo svegliato. Si sarebbero presi a botte se non avessi fatto qualcosa.
“Ma non avevi la febbre te coglione?”
Mi voltai verso Harry e cercai di spingerlo fuori dalla camera. Non ce la facevo, era troppo forte.
“Non parlare più così a Hope, non me ne frega un cazzo se è tua sorella. Non parlarle così e basta. Potresti anche essere il Padre Eterno che me ne sbatterei altamente i coglioni.”
Il suo tono di voce era basso ma deciso. Improvvisamente mi sentii spingere verso il letto di Louis. Diedi un colpo per terra e prima di potermene accorgere volavano pugni ovunque. Harry non era in forma e si vedeva. Era lento e i suoi pugni non avevano quasi forza.
Mia madre irruppe in camera e li divise.
“Ma quanti anni avete? Sei? Basta. Tu, vai a letto che hai ancora la febbre alta e tu, Louis, vai da Eleanor. Vai. Non stare qua.”
Harry rimase a guardalo in modo truce, mente si massaggiava un polso. Louis borbottò qualcosa tipo ‘guarda se devo essere cacciato da casa mia per colpa di un coglione per cui mia sorella si è presa una cotta’ e se ne andò. In casa se ne andò un po’ di tensione ma Harry era una corda di violino.
“Andiamoci a coricare.”
Non fiatò e mi seguì in camera mia.
Nel letto mi accoccolai tra le sue braccia ero stretta a lui e niente al mondo mi avrebbe spostata da lì.
“Stai un po’ meglio?”
“No per niente, ma quando ti ho sentita trattare così sono stato una molla. Non ce l’ha fatta a starmene sul divano come un pirla.”
Misi una mano sul bordo dei pantaloncini che si trovava proprio sopra l’anca. Lì per lì sobbalzò ma poi si rilassò quando vide che in realtà stavo solo seguendo il contorno di un tatuaggio.
“Mi proteggerai per sempre?”
“Fin che vorrai io sono qua per difenderti. Anche da te stessa.”
Lo strinsi a me e poi lo guardai negli occhi. Avevo una domanda seria per lui, doveva rispondere in modo sincero.
“Pensi che mai ti innamorerai di me?”
Prese un bel respiro profondo e provò a rispondere.
“Sì, prima o poi succederà. Ne sono sicuro. Spero solo che succeda più in la col tempo. Quando mi innamorerò di te farò qualche cazzata enorme, me lo sento e non voglio che accada”
Gli baciai la guancia e lo ringraziai di avermelo detto, di essere stato sincero. Ci fu qualche secondo di silenzio quando Harry parlò.
“Sto malissimo, Hope. Mi sento mancare.”
Ci misi qualche secondo a capire.
“Cosa? Come? Che succede?”
Lo sentii respirare a fatica.
“Mi sa che è l’asma. Vammi a prendere in macchina l’inalatore. Ti prego.”
Non me lo feci ripetere due volte e scattai in piedi. Lo guardai un secondo. Cercava di fare respiri profondi per quanto gli era possibile.
Corsi al piano di sotto e mia madre mi bloccò.
“Dove vai così di corsa?”
“Harry. Asma. Inalatore.”
Corsi fuori e aprii la sua macchina. Era tutto fottutamente buio e ci misi alcuni minuti a trovarlo.  Una volta trovato  non mi preoccupai nemmeno di chiudere a chiave la macchina. Corsi direttamente in camera. Non ero mai stata così veloce in vita mia. Quando entrai in camera mia madre stava provando a farlo stare calmo inutilmente. Le lacrime gli bagnavano le guancie ed era in preda al panico. Gli diedi il suo inalatore e lo usò. Sembrava già stare meglio.
“Grazie Hope. E, scusi signora per averle quasi dato uno schiaffo, solo che quando ho gli attacchi mi muovo a scatti senza farlo apposta ma cerco ossigeno.”
Mia madre sorrise a quel corpo esausto.
“Faccio l’infermiera, mi è capitato di peggio. Non preoccupare. Ora riposa che tra un po’ ceniamo.”
Quando mia madre se ne andò mi sedetti vicino a lui e gli presi la mano.
“Non sapevo soffrissi d’asma.”
Mi guardò. Era tutto sudato, ancora una volta.
“Non mi succede quasi mai, ma quando succede è bruttissimo. Ho pianto come un deficiente davanti a tua mamma.”
Feci una risatina e mi abbassai a baciargli la fronte.
“Per me la febbre ti è scesa e anche parecchio.”
“Lo voglio fare da quando nel vicolo hai detto di amarmi, non prenderlo come una dichiarazione. Solo che ho bisogno di sentire le tue labbra sulle mie.”
Prese il mio volto tra le mani e mi baciò. Le sue labbra erano dannatamente morbide, dannatamente gustose. Era come una droga, una volta che iniziavi era difficile finire. Quando le nostre lingue si incontrarono sentii le farfalle nelle stomaco che svolazzavano più del solito. Mi misi a cavalcioni su di lui e diedi intensità al bacio muovendo il bacino in modo regolare.
“Hope. Lo sai come la penso.”
Mi fermai e sentii le guancie avvampare. Ma lui mi mise subito a mio agio lasciandomi un ultimo bacio a stampo sulle labbra.
“Ti voglio, Hope. Ti voglio come non ho mai voluto nessuna. Ma non così. Non senza amore.”


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Angolo mio. se ve gusta recensite, dajee <3 hahah <3 ve se ana <3

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Capitolo 9
*** Dad. ***


Dopo diedi minuti di un contatto visivo da togliere il fiato mia madre ci annunciò che la cena era pronta. Harry si alzò immediatamente, mise il suo inalatore tra l’elastico dei pantaloncini e la sua pelle e scese, dicendo che aveva una fame da lupi, ma lo vedevo benissimo che faticava ancora a respirare.
Io rimasi ancora un po’ lì, nella luce fioca della mia stanza a pensare ancora alle sfumature degli occhi di Harry. Non erano del tutto verdi, se ti mettevi a guardarli a lungo potevi scorgere alcune pagliuzze marroni, e, il contorno dei suoi occhi era di un verde leggermente più scuro. Qualcuno aveva messo al posto dei suoi occhi due stelle, quelle più luminose del cielo notturno, le avevano messe li per me e per chiunque aveva bisogno di evadere dalla realtà. Nei suoi occhi, oltre a quel leggero velo di rabbia,riuscivo a vedere una foresta sconfinata che mi dava un senso di libertà pazzesco, mi sentivo al sicuro se sapevo di essere vicino ai suoi occhi, qualunque cosa fosse successa avrei potuto guardarlo negli occhi e sentirmi libera, come mai mi ero sentita e come mai sarò realmente.
*Harry pov*
Ero seduto a tavola mentre pensavo a quanto belli erano i suoi occhi marroni. Erano semplici occhi marroni, ma, per me erano una delle cose più belle che avessi mai visto. Lei diceva di leggere rabbia nei miei occhi, avesse mai saputo cosa leggevo io nei suoi! C’era tristezza, disperazione, morte e amore. Sapevo quanto ancora lei desiderasse di morire e sapevo benissimo che il suo unico motivo di non farlo ero io. La cosa mi terrorizzava a morte. Non ero mai stato così importante per nessuno e ritrovarmi a esserlo così improvvisamente mi spaventava. Ci stavo mettendo l’anima a salvarla, ma non ero sicuro riuscirci davvero.
Presi il telefono in mano e aprii tumbrl. Nella dashboard per primo c’era un suo post. ‘Mi sento viva nei suoi occhi. Mi sento libera quando mi ci immergo.’. Sorrisi tra me e me. Era così disperatamente innamorata di me.
La sentii scendere, misi via il telefono e le sorrisi quando arrivò.
“Da mangiare c’è della pasta e della carne ai ferri. So che non è molto, ma dopo tutto quello che è successo oggi non ho avuto tempo di preparare bene da mangiare.”
Iniziammo a mangiare e sua madre accese il televisore. Era da un po’ che non guardavo la tv. Al telegiornale passavano mille informazioni che non mi interessavano davvero tuttavia lo guardavo. Poi, un viso prese tutta l’inquadratura. Era un viso famigliare anche troppo. La legenda sotto diceva che quell’uomo aveva appena confessato che anni prima aveva cercato di uccidere sua moglie e i suoi figli e che ora, prima di finire in carcere aveva intenzione di trovarli per chiedere il loro perdono. Sentii immediatamente il sangue ribollirmi nelle vene. Eccola li, la rabbia. Cominciai a stringere la forchetta tra le mani, tentando invano di restare tranquillo. Hope se ne accorse e spense la televisione.
“Harry, stai calmo, non vitroverà.”
La fulminai con lo sguardo.
Sua madre ci guardava con aria interrogativa. Non mi piaceva quello sguardo così, con un tono decisamente arrabbiato dissi.
“Era mio padre quello. Ora scusatemi, ma ho bisogno di stare da solo.”
Mi alzai e Hope si alzò a sua volta. La guardai male e aggiunsi.
“Solo Hope, voglio stare da solo.”
Si risedette senza dire una parola. Mi dispiaceva trattarla così, ma, era il mio unico modo di tenerla lontana da me in quei momenti.
Andai in camera sua e presi i miei jeans e la felpa. Sarei esploso da un momento all’altro. Dovevo uscire da quella casa. Presi le chiavi della macchina e riscesi.
“Poi torno.”
Non so se lo dissi più per dirlo a me stesso o a Hope che mi guardava terrorizzata.
Sfrecciai verso la campagna. In un bosco avrei potuto urlare e prendere a pugni qualunque cosa volevo lontano da occhi indiscreti.
Quando scesi dall’auto mi accesi una sigaretta. I miei polmoni borbottavano a causa dell’attacco d’asma che avevo avuto prima ma non mi importava. Mentre cercavo di non tossire camminavo verso il centro di un bosco.
Urlai. E presi a pugni un albero. Tanto da farmi sanguinare le nocche. Il dolore era quasi insopportabile. Dentro i tagli avevo della polvere, dei residui della corteccia e forse anche qualche vetro ma non mi importava. A dire la verità non mi importava di nulla. Ne dei polmoni che facevano fatica a riempirsi ne del dolore alla mano.
Improvvisamente la tristezza prese il posto della rabbia. Mi accasciai a terra e iniziai a piangere con la testa fra le ginocchia. Sentivo le lacrime bagnarmi le guancie, bruciavano come il fuoco. Non dovevo piangere per quello stronzo. Me lo ero promesso il giorno che lo avevo quasi ucciso.
Quando mi ripresi tornai alla macchina. Il buio quasi non me la fece trovare ma vinsi io contro il buio.
A casa mi stava aspettando Hope. Sul divano addormentata sembrava preoccupata.
“Hope.. sono io.”
Si svegliò di scatto e si aggrappò al mio collo in cerca di un abbraccio. Glielo diedi e sembrò calmarsi.
“Perché ci hai messo tanto?”
Sembrava incazzata, ma speravo mi capisse. Ci speravo tanto. In fondo anche io ero un po’ innamorato di lei e avere il suo sostegno su questa cosa mi avrebbe fatto sentire meglio.
“Tanta rabbia da buttare giù. Dove avete l’acqua ossigenata?”
Bisbigliavamo, probabilmente perché sua madre dormiva già o forse perché eravamo semplicemente due idioti.
“Che hai combinato?”
Il suo viso tornò preoccupato ma cercai subito di calmarla stampandole un bacio in fronte e sorridendole.
“Vieni con me, ce l’ho in bagno.”
Alla luce vidi bene che cosa era accaduto alla mia mano. Era piena di sangue e le ferite erano piene di pezzetti di legno. Facevano dannatamente male.
“Ma cosa ti ha fatto un albero?”
Sorrisi e poi gemetti di dolore. Stava cercando di togliere i pezzettini di legno con molta calma e pazienza. Io provavo a tirare la mano indietro ogni volta che la toccava a causa del dolore. Dopo un’ora finalmente quella tortura finii. Mi lavò delicatamente la mano e me la fasciò.
“Sei un cretino. Non devi ridurti così per quello. Non merita la tua rabbia. Non merita niente da te.”
Non parlai e la trascinai in camera. Avevo bisogno di coricarmi. Insieme a lei. Tenerla stretta tra le mie braccia sentirla stare bene insieme a me.
Mi spogliai e la raggiunsi a letto. Immediatamente di accoccolò tra le mie braccia, in quel momento lasciai tutta la rabbia e tutta la disperazione che mi aveva portato vedere quell’uomo in tv fuori da quelle coperte.
“Harry..”
Il suo tono di voce era assonnato e rilassato allo stesso tempo.
“Dimmi piccola.”
Anche nel buio la vidi sorridere.  Probabilmente il fatto di averla chiamata piccola aveva scatenato un uragano di emozioni dentro di lei.
“Non c’è posto più bello che tra le tue braccia.”
La strinsi a me con forza, ma non troppa, non volevo farle male.
Si addormentò qualche minuto più tardi. Mentre io, passai l’intera notte a guardarla. Era così dannatamente bella mente dormiva, sembrava in pace col mondo e con se stessa. Mi domandavo se mi stava sognando o se sperava di farlo. Mi domandavo quanto il suo amore nei miei confronti fosse forte. Mi domandavo se quello che stavo cominciando a provare per lei fosse amore o solo bisogno di non sentirmi completamente perso nella mia vita.
Non avevo mai avuto la vita che mi aspettavo. Avevo sempre sognato di fare il cantante. Sempre. Sin da piccolo, andavo in camera mia, prendevo un microfono giocattolo e iniziavo a cantare. Inventavo anche le parole, ma non me ne fregava niente, l’importante per me era partire con la fantasia e pensare di cantare davanti a un pubblico di migliaia di fan che impazziscono per me. Da più grande ero vicino così a realizzare questo sogno. In comunità avevamo creato una band, ci esibivamo ai matrimoni e mi divertivo come un pazzo. Poi a causa della droga mi avevano cacciato via. Dimenticavo le parole, farfugliavo e una volta ero salito sul palco che nemmeno mi reggevo in piedi da quanta ne avevo in circolo.
Decisi di smettere di pensare e guardai l’ora. Erano le 5.00. Chiusi gli occhi e provai a dormire almeno un po’. Giusto per non essere un fantasma il giorno dopo a scuola.
Quando mi svegliai lei non era vicino a me. Mi stiracchiai e guardai l’ora. Le 13.30.
Okay. Avevo perso scuola, ma, lei dov’era?
Sul suo cuscino c’era un biglietto.
“Arrivo alle 14! Ti amo e buongiorno!”
Sorrisi e andai a farmi la doccia. Ormai mi sentivo più a casa mia in casa sua che a casa mia.
 
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FINALMENTE UN HARRY POINT OF VIEW. AMMETTO CHE PREFERISCO IL SUO PUNTO DI VISTA CHE QUELLO DI HOPE. NON SO IL PERCHE'. HAHAH <3 VABBEH, COME SEMPRE, SE VI PIACE LASCIATEMI UNA RECENSIONCINA <3

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Capitolo 10
*** Found. ***


Non appena misi piede fuori dalla doccia sentii la porta di casa aprirsi. Ma quanto tempo ero stato sotto la doccia?
Iniziai a vestirmi con calma. Pensai di uscire dal bagno a torso nudo ma lei mi aveva esplicitamente chiesto di non farlo. Così misi la maglietta e uscii.
“Harry, pensavo fossi andato via..”
Nei suoi occhi leggevo una sottospecie di felicità nel vedermi lì. Mi avvicinai a lei e le baciai la guancia. Nel modo più dolce possibile.
“Non vado da nessuna parte.”
Ricambiò il bacio e divenne rossa. Amavo le reazioni che aveva quando la toccavo o quando la baciavo.
“Stanotte non hai dormito per niente, ti sentivo muovere in continuo così stamattina mi dispiaceva farti alzare. Poi ieri eri così nervoso che ho pensato che era meglio lasciarti a casa.”
Le sorrisi in modo tenero. Mi stavo innamorando. Cazzo. Non poteva succedere. No. L’avrei fatta solo soffrire. Già lo sapevo.
“Hai fatto benissimo. Comunque, che si fa oggi?”
Si sedette sul suo letto e mi guardò. Aveva uno sguardo timido, mi doveva sicuramente chiedere qualcosa ma si vergognava.
“Hope, devi chiedermi qualcosa?”
Si torturò un po’ le mani, nervosamente. Mi sedetti vicino a lei e poggiai la mano sulla sua coscia, cercando di farla calmare un po’.
“Dai, cosa può essere così imbarazzante?”
“Promettimi di non ridere.”
Le sorrisi in modo rassicurante.
“Allora, la scuola organizza un ballo per sabato. Vorrei andarci ma non so con chi. Avevo pensato a te..”
Sentii il cuore martellarmi nel petto. Davvero mi stava chiedendo di andare con lei al ballo?
“Ah.”
Fu l’unica cosa che riuscii a rispondere in quel momento. Perché quella richiesta mi aveva agitato in quel modo? Non avrei dovuto agitarmi. Alla fine sarebbe stato come se mi avesse chiesto di accompagnarla al centro commerciale, o al bar. Le cose non facevano differenza. O forse sì.
“Allora? Ti va?”
“Sì, certo. Ma inviti me perché nessuno ti ha invitata o perché mi vuoi con te?”
Sorrise. Volevo una risposta sincera da lei che non tardò ad arrivare.
“Me l’hanno chiesto in cinque di andare, ma ho sempre declinato. Voglio andarci con te.”
Mi fiondai sulle sue labbra. Solo dopo pochi secondi mi resi conto di quello che stavo facendo e mi staccai subito. La sentii cercare le mie labbra ma io mi alzai. Non volevo mi ribaciasse. A ogni bacio mi convincevo un po’ di più di amarla. E non volevo.
“Non possiamo più baciarci, almeno, fino al ballo. Mancano tre giorni. Ce la possiamo fare.”
Mi guardò un po’ stranita ma annuì e se ne fece una ragione.
Una mezzoretta dopo ero diretto al bar. Dove mi aspettava Niall. A quanto pare doveva parlarmi ed era urgente.
“Amico!”
Ci salutammo con un abbraccio veloce, freddo e distaccato, insomma, come quelli che ci diamo tra ragazzi.
“Dovevi parlarmi Niall?”
“Beh, sì, ma ora prendiamoci una birra con calma.”
Acconsentii. Lo guardai un po’ mentre aspettava che il barista lo calcolasse. Era biondo, tinto sicuramente, occhioni blu e un viso dolce. A guardarlo non avresti mai detto che controllava lo spaccio, le risse e le vendette di tutta Doncaster. Aveva un solo anno più di me, ma, era nel giro già da parecchio tempo. Mentre io, piano piano ci stavo entrando all’età di vent’anni. Non piaceva cosa facevo, ma, almeno mi teneva occupato e mi scaricava la rabbia che avevo addosso.
Ci sedemmo a un tavolino li fuori. Portai la birra alla bocca e buttai giù il primo sorso.
“Allora, Horan. Di cosa volevi parlarmi?”
Bevve ancora un po’ di birra e poi parlò.
“Beh, ecco, ho deciso che potresti entrare nel giro degli incontri.”
Quell’affermazione mi confuse. Cosa voleva dire?
“Incontri?”
Rise di fronte alla mia ignoranza.
“Allora, ogni sabato si tengono degli incontri, c’è sempre un mucchio di gente. E, dopo aver visto come hai picchiato Liam, ho pensato che potresti iniziare a farli anche tu. Praticamente devi semplicemente picchiare il tuo avversario. Se vinci l’incontro, vinci la posta.”
La cosa mi lasciò spiazzato li per li. Il mio cervello mi diceva di pensarci bene, ma la cosa andò in modo diverso.
“Quanto è la posta di solito?”
Sul suo viso comparve un ghigno soddisfatto. Come se sapesse che con quella domanda avrei sicuramente accettato.
“Dalle 500 alle 1000 sterline a incontro.”
Non ci pensai su troppo. Una cosa del genere capita una sola volta nella vita e per quanto mi preoccupasse non potei rifiutare.
“Accetto.”
MA CHE DIAVOLO STAVO FACENDO?
“Bene, ci vediamo sabato, al vicolo, a mezzanotte e mezza, poi ti darò tutte le informazioni sul tuo avversario.”
Annuii deciso, finii la mia birra d’un fiato e me ne andai senza nemmeno salutare Niall.
Tornai a casa mia e mi chiusi in camera. La mente continuava a viaggiare sull’incontro. Sapevo di poter vincere facilmente, a prescindere dal mio avversario. Sapevo picchiare bene, ne ero consapevole e quindi da quel lato non ero preoccupato. Il mio unico problema era Hope. Avrei dovuto dirglielo o no? E, sabato, avrei dovuto lasciarla alla festa da sola oppure portarla con me? No, portarla con me era fuori discussione. Ma anche lasciarla sola lo era. La cosa mi stava stressando più del necessario.
Erano tre ore che pensavo a questa cosa quando mia sorella apparve da dietro la porta.
“Ceni a casa?”
Guardai velocemente l’ora sul mio cellulare. Tra circa un ora e mezza avrebbe cenato Hope.
“No, vado da Hope.”
Mi sorrise e venne verso di me. Immaginai che volesse parlare di lei, dirmi se mi ero innamorato o che non passavo abbastanza tempo a casa.
“Hai visto il tg ieri?”
Sentii subito la rabbia montarmi dentro.
“Sì. E, se torna giuro che lo ammazzo con le mie mani.”
La vidi abbassare lo sguardo. Così mi tirai su a sedere. Preoccupato e pieno di rabbia.
“Lisa?”
Scoppiò a piangere, la strinsi a me per qualche secondo e poi la guardai negli occhi.
“Non ci troverà, te lo prometto.”
Pianse ancora più forte. Così le misi una mano sulla spalla provando a rassicurarla. Ma la cosa non sembrava funzionare.
“C-ci ha già trovati.”
Spalancai gli occhi e strinsi i pugni. No. Non era possibile. Non poteva essere vero. Come diavolo aveva fatto?
“Come? Che cazzo stai dicendo Lisa?”
Si aggrappò alla mia maglietta e continuò a piangere. La lasciai fare anche se morivo dalla voglia di sapere.
“Beh, oggi pomeriggio è suonato il telefono di casa. Ho risposto io. Avrei riconosciuto quella schifosa voce anche da mille chilometri. Ha solo detto ‘sto arrivando’ e poi ha attaccato. Il suo tono era cattivo. Vuole vendicarsi Harry. Me lo sento. Devi scappare.”
Urlai e diedi un pungo al muro che era vicino a me. Sentii subito il sangue colarmi dalla mano che ieri Hope mi aveva fasciato, guardai il muro e ci avevo fatto un buco. Merda.
“Non gli lascerò farvi del male. Lo ammazzo prima.”
Lisa si rimise a piangere e così me ne andai a tutta velocità verso casa di Hope. Dovevo sfogarmi con qualcuno. Con lei. Sapevo che mi avrebbe capito, almeno, lo speravo. In ogni caso avevo bisogno delle sue parole che mi rassicuravano sempre, pronunciate con quel lieve accento italiano che non capivo da dove provenisse ma che comunque era d’aiuto.
Una volta a casa sua ci misi solo pochi secondi prima di attaccarmi al campanello. Aprì suo fratello, decisamente scocciato per quel suono fastidioso che stava producendo il campanello. Ma quando mi vide la sua espressione cambiò da seccata a arrabbiata.
“Hope non è in casa.”
Lo guardai male, cercando di capire se mentiva o meno ma non lessi niente dentro i suoi occhi. Mi girai dall’altra parte e sentii la porta chiudersi di colpo. La rabbia che avevo dentro andava calmata prima che commettessi qualche sciocchezza. Dov’era Hope?
Le mandai un messaggio, chiedendole dov’era e la risposta non tardò ad arrivare, disse che era al centro commerciale con sua madre, che sarebbe arrivata in dieci minuti.
Mi sedetti sui gradini davanti casa sua. Pensando che cosa potesse fare al centro commerciale con sua madre a quell’ora. Un’idea mi balenò in mente e mi feci prendere dall’agitazione. Stava cercando un vestito per sabato! Avrei dovuto farlo anche io? Sì, avrei decisamente dovuto farlo anche io. Smisi di pensare a lei e mi riconcentrai sulla mia rabbia. Sembrava non voler scendere e i dieci minuti di Hope erano già passati da un pezzo. Se non fossi stato in quelle condizioni probabilmente mi sarei preoccupato. Ma in quel momento mi preoccupava di più il fatto di cominciare a faticare nella respirazione. Maledetta asma! Cominciai ad andare nel panico e la cosa non aiutò per niente i miei polmoni, anzi, peggiorò solo le cose. Il mix di rabbia e panico erano qualificati per un attacco d’asma con i fiocchi. Mi trascinai fino alla mia auto e presi l’inalatore. Nemmeno quello sembrava funzionare. Andai ancora più nel panico e il dolore al petto andava ad acuirsi. Mi trascinai ancora una volta verso la porta d’ingresso dei Tomlinson e suonai. Suo fratello aprì ancora una volta scocciato.
“Ti ho detto che non c’è, coglione!”
Mi guardò in faccia e la sua espressione cambiò repentinamente. Sembrava quasi.. preoccupato.
“Soffro anche io d’asma. Entra.”
Con delicatezza e velocità mi portò quasi di peso in casa e mi fece coricare sul letto. Provai a parlare ma le parole mi morivano in gola insieme al respiro.
“L’inalatore, ce l’hai?”
Mimai un sì deciso con la testa mentre entravo sempre di più nel panico. Capì subito che non aveva funzionato. Così corse al piano di sopra lasciandomi solo. Sentii delle gocce salate scendermi giù dagli occhi, stavo piangendo, ancora una volta, erano dovute al panico e al dolore al petto, o forse alla rabbia. Louis riscese con un altro inalatore e lo usai subito. Feci un bel po’ di inalate e mi sentii subito abbastanza meglio. Lo ringraziai e rilassai tutti i muscoli abbandonandomi sul divano. Pochi istanti più tardi sentii Hope entrare.
*Hope POV*
Entrai in casa raggiante, avevo appena comprato un vestito bellissimo per il ballo di sabato. Ma, non appena vidi Harry disteso sul divano esausto e con il respiro irregolare mi preoccupai. Louis venne verso di me.
“Ha avuto un brutto attacco d’asma, Hope.”
Sentii le gambe cedermi e l’angoscia salire.
“Ancora?”
Louis mi guardò stupito, probabilmente non si aspettava quella risposta. Comunque non mi soffermai troppo a osservarlo e andai da Harry. Gli toccai un braccio e lui mi sorrise esausto.
“Devo parlarti. È urgente.”
Gli sorrisi teneramente.
“Va bene, dimmi.”
Mi sedetti tra le sue gambe e il divano e lo guardai. La rabbia nei suoi occhi era al massimo storico e non potei fare a meno che a pensare a suo padre.
“Ci ha trovati.”
Tre semplici parole riuscirono a buttarmi nel panico. Non ci potevo credere. Non ci volevo credere. Probabilmente avevo più paura di ciò che avrebbe potuto fare Harry, piuttosto che suo padre.
La cosa non mi piaceva per niente.


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Angolo autrice.
Okay è lunghissimo ma mi sono incollata alla tastiera in macchina e non l'ho più mollata. Anyway. BUON 2015 A TUTTI. <3

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Capitolo 11
*** In love. ***


“E allora?”
Osai fare quella semplice domanda e lui serrò le mascelle di scatto. Incazzato nero.
“Lo ammazzo appena torna.”
Sentii la paura crescere dentro di me. Avrebbe fatto qualche cretinata e io avrei potuto fermarlo. Era deciso e non si smuoveva dalla sua posizione. Dovevo dire qualcosa per distrarlo e calmarlo un po’. I suoi polmoni stavano ancora funzionando male e farlo agitare di più era fuori discussione.
“Fino a quel giorno però non pensarci e stai sereno, ti prego.”
Lo volevo vedere più tranquillo. Almeno, fino al giorno in cui quell’uomo non fosse tornato. Ne avevo bisogno.
“Non penso di riuscirci. E se va a casa e trova prima Lisa e la mamma? Io non sono mai a casa, gli farebbe di sicuro del male.”
Mi venne in mente che non ero mai stata a casa di Harry prima. La cosa era strana.
“Allora se vuoi, stiamo a casa tua.”
Si irrigidì e mi fissò.
“No.”
Era freddo ma probabilmente era per quanta rabbia aveva dentro. Sembrava stanco e provato così andai via, in parte offesa per la risposta che mi aveva dato poco prima lasciandolo addormentare.
 
*Harry pov*
Non avrei voluto risponderle in quel tono ma in casa mia non poteva entrarci. Per quanto ci amassimo in quella famiglia spesso si urlava per dei litigi, soprattutto tra mia madre e mia sorella. I litigi tra loro probabilmente erano dovuti al fatto che mia sorella fosse la copia sputata di mio padre. Per un po’ non ero nemmeno io riuscito a guardarla in faccia, sapevo che lei ci aveva sofferto, così piano piano ero riuscito a scordarmi il viso di mio padre e tenermi in testa che era solo Lisa.
Quando Hope se ne andò sprofondai tra le braccia di Morfeo e sognai. Un sogno orribile che mi fece svegliare di colpo. Mio padre era davanti ai miei occhi con un coltello in mano. Pronto ad accoltellare la sua vittima terrorizzata davanti a lui. Non capii subito chi era. Me ne accorsi troppo tardi. La vittima in questione era Hope. La mia dolce e splendida Hope.
Quando aprii gli occhi avevo Hope davanti con un piatto pieno di cibo che stava posando sul tavolino davanti a me. Si girò e mi vide preoccupato, assente.
“Che hai sognato, Haz?”
Nessuno mi aveva mai chiamato Haz, mi piaceva. Non volevo farla agitare, già era agitata per il fatto che quel bastardo stava tornando.
“Niente di che.”
Dovevo deviare il discorso da qualche altra parte. Mi sedetti e presi il piatto che aveva portato poco prima e iniziai a mangiare pensando a qualcosa di cui parlare.
“Che vestito hai comprato?”
Rise.
“Come diavolo fai a sapere che ho preso un vestito? Comunque, no aspetti sabato.”
La curiosità si spinse ai massimi livelli ma non lo lasciai trapelare.
“Immagino che devo prendermi un vestito anche io.”
Si illuminò.
“Davvero lo faresti? Cioè ti vestiresti elegante per me?”
Annuii ridendo. Ma me ne pentii all’istante. Harry Styles non si veste elegante!
“Non metterò la giacca ma i pantaloni sì, e non metterò quelle stupide scarpe lucide. Sono per i froci. Quindi camicia bianca, pantaloni eleganti e converse nere.”
Mi abbracciò di impulso presa dalla felicità. Era bello vederla così.
I due giorni passarono in fretta e quasi non pensai a mio padre grazie a Hope. Quel sabato non ci saremmo visti fin che non sarei andato a prenderla per portarla al ballo. Mi sembrava eccessivo ma pensandoci bene, alle ragazze piace mettersi in tiro e non avrei mai voluto assistere a una cosa del genere. Chiesi a Niall di venirmi ad aiutare, dal momento che anche lui sarebbe andato al ballo, con una ragazza con la quale usciva da qualche mese, anche lei, nel giro “Mafioso” di Doncaster. Frequentava la scuola e quando me lo aveva detto quasi non credetti. Sembrava la classica brava ragazza che va bene a scuola. Indubbiamente mi ero sbagliato di grosso. Io Niall passavamo un bel po’ di tempo insieme e, era il mio unico amico a Doncaster. Mi ci trovavo bene e alla fine oltre ai suoi giri strani era un bravo ragazzo.
Passammo la giornata a pulire le nostre macchine e renderci presentabili per loro. Poi, prima di andare mi ricordò dell’incontro. Annuii e mi preoccupai un po’ a come avrei fatto a scaricare Hope per almeno 30 minuti alla festa senza farmi scoprire. Avrei trovato qualche scusa. Non me ne preoccupai più del dovuto e andai a vestirmi.  Come avevo promesso a Hope mi misi la camicia e i pantaloni eleganti, ma, alla camicia ci arrotolai le maniche fino al gomito, giusto per far vedere i tattoo. Guardandoli mi venne un’idea folle in testa ma la evitai. Semmai più avanti.
Le otto arrivarono in meno tempo del previsto e così partii per andare da lei.
Quando suo fratello venne ad aprirmi alla porta ridemmo. Eravamo praticamente vestiti uguali, tranne che lui aveva le superga e non le all star.
“Sta finendo di prepararsi, arriva.”
Mi sedetti in cucina e iniziai a mangiare una banana appena offerta da Louis.
Ero lì già da dieci minuti, perché diavolo ci stava mettendo tanto?
Nemmeno il tempo di dirlo che sentii dei tacchi venire verso di me.
Alzai lo sguardo e per poco non soffocai con la mia stessa saliva.
Era dannatamente bella.
Un piccolo vestitino nero con lo scollo a cuore le ricadeva leggero sui fianchi, mettendole in risalto le gambe. Ai piedi portava un paio di scarpe col tacco forse un po’ troppo alte ma che le davano un aria estremamente sexy. Mi accorsi di non averla ancora guardata in volto. Alzai lo sguardo e mi si bloccò il respiro.
Dio mio.
I capelli le ricadevano su entrambe le spalle in modo dolce. Quei boccoli erano perfetti e sul suo viso non c’era troppo trucco. Il giusto a renderla perfetta.
“Uau”
Fu l’unica cosa che mi uscii dalla bocca in quel momento anche perché nella mia mente non c’era nient’altro che l’immagine di me incollato alle sue labbra.
“Uau? Tutto qua? Amico dai!”
Louis dietro di me si intromise. E non potei fare a meno di ridere. Aveva ragione ma non sapevo che dire.
Non l’avevo mai vista più bella di quanto non fosse ora. E, in quel momento mi resi che avrei voluto vederla per il resto della mia vita bella così.
Finalmente ammisi a me stesso che, beh, ero innamorato.

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Capitolo 12
*** Fight. ***


Ci incamminammo verso la macchina in silenzio. Tremavo come una foglia e non ero in grado di pensare lucidamente.
“Harry.. stai male?”
La guardai in faccia e ringraziai il cielo di essere già seduto sul sedile della macchina. Probabilmente se fossi stato in piedi non mi avrebbero retto le gambe.
“Sì.. cioè, credo.”
Misi in moto e cercai di non pensare che la donna più bella della terra era di fianco a me. Viaggiammo in silenzio, nessuno dei due sapeva di cosa parlare e io non potevo permettermi di dire qualche stupidaggine.
Quando arrivai al parcheggio della scuola feci un respiro profondo e andai ad aprire la sua portiera, sfoggiando uno dei miei sorrisi più belli, ovviamente tutto per lei. Si aggrappò al mio braccio e facemmo la nostra entrata in palestra. La guardai ma di sfuggita, i miei occhi erano troppo alla ricerca di lei. Comunque, riuscii a notare gli addobbi argento, l’alcool sui tavolini e la quantità di ragazzi e ragazze presenti in quel piccolo spazio. Scorsi Niall da lontano e mi trascinai Hope dietro fino a lui.
“Hope, lui è il famoso Niall.”
Gli sorrise dolce e gli porse la mano, lui fece lo stesso gesto. Mentre le nostre ragazze erano occupate a chiacchierare io e Niall andammo a prendere dei drink.
“Non bere tanto, tra un po’ hai il tuo primo incontro. Non ti ci vorrei portare sbronzo.”
Sorrisi e presi i due bicchieri davanti a me. Una volta da Hope glielo porsi e lei lo bevve quasi alla goccia. Feci lo stesso e poi la portai in pista. Misi le mani sui suoi fianchi e iniziammo a muoverci lentamente, come tutte le coppie li presenti alla fine, ma, mi sentii come se fossimo gli unici presenti li. Eravamo solo noi.
“Sei dannatamente bella.”
Poggiò la testa sul mio petto e la vidi sorridere. Mi piaceva farla sorridere.
“Anche tu.”
Stemmo stretti per un po’ di tempo, poi, con una scusa la portai fuori dalla palestra.
“Devo dirti una cosa.. ma, ho paura che rovini tutto. Ho paura di rovinare tutto io.”
Mi prese una mano e la strinse.
“Non ti devi preoccupare.”
Cercai di sorridere ma l’ansia mi stava divorando. Avrei fatto qualche stupidata e lei sarebbe scappata. Me lo sentivo. Mi conoscevo abbastanza per poterlo dire. Non ci pensai troppo e la travolsi con le mie labbra. Doveva capire. Non poteva non farlo.
“Non capisco. Parla.”
Leggevo nel suo sguardo che aveva capito. Aveva capito benissimo ma aveva bisogno di sentirselo dire.
“Credo.. beh.. di..”
“Oh! Styles muoviti!”
“Ti amo.”
Mi sentii immediatamente più leggero e più preoccupato. Che cosa sarebbe successo ora?
Si aggrappò al mio collo e fece avvicinare le nostre bocche fino a pochi centimetri e poi sopirò.
“Anche io, non sai quanto.”
Rimanemmo li fuori una mezz’oretta a farci le coccole. Poi, improvvisamente spuntò Niall che mi fece cenno che era ora.
“Se sparisco per mezz’ora quando torno quanto sei incazzata?”
Fece una smorfia.
“Dipende cosa vai a fare.”
Per la mente mi passarono mille scuse possibili ma solo una mi uscii dalla bocca.
“Vado a vedere se mia madre sta bene.”
Sorrise e lasciò la mia mano. Pronta a salutarmi.
“Torno presto.”
La lasciai un bacio sulle labbra e corsi via. Mi vergognavo come non mi ero mai vergognato in vita mia. Avevo appena ammesso di amarla e già le avevo detto una bugia. Davanti alla macchina di Niall guardai l’ora. 23.30. anticipo.
“Niall, ma è presto.”
“Abbiamo anticipato per non insospettire le ragazze alla festa. Dai Sali.”
Obbedii e mi sistemai sul sedile. Niall partì con un ghigno in volto.
“Lo spacchi il tipo stasera.”
“Chi è?”
“Zayn Malik.”
Rabbrividii. Zayn? No, Zayn no. Era famoso anche a Holmes Chapel ma non per gli incontri. Era famoso per le sue scappate di testa. Quando aveva conosciuto mia sorella però, qualcosa in lui era cambiato. Si era messo abbastanza a posto con la testa e era.. innamorato di lei. Poi ce ne eravamo andati e mi era arrivata voce che era impazzito a causa della mancanza di mia sorella. Io alla fine gli volevo bene e anche a me a volte mancava. Eravamo stati nello stesso istituto per un po’ e ci eravamo conosciuti abbastanza bene. Sapevo quanto amasse mia sorella e vederlo con il cuore spezzato davanti a me mentre caricavo in macchina mia madre e mia sorella la sera che le avevo portate via mi aveva distrutto l’anima.
“Zayn Malik di Holmes Chapel?”
“Sì. Perché? Lo conosci?”
“Sì. Storia vecchia.”
“Okay, ma, ora non ti deve importare. Stai concentrato. Non ti deve importare di chi hai davanti.”
Decisi di non pensare al fatto che era Zayn e mi concentrai mano a mano che ci avvicinavamo al vicolo. Non ero sicuro di potercela fare.
Niall mi fece largo tra la folla di ragazzi e ragazze e mi portò al centro di quello che era un specie di cerchio improvvisato. Mi sentivo gli sguardi penetrarmi la nuca e l’ansia saliva.
“Arriva il tuo avversario. Dai il peggio di te.”
Quando Niall mi sussurrò quelle parole mi venne la pelle d’oca.
Pochi secondi dopo mi si parò davanti un ragazzo dalla pelle ambrata e gli occhi nocciola tendenti al verde. Qualcuno diede il via e io partii contro di lui con tutta la cattiveria che avevo addosso. Ora non mi importava chi avevo davanti. Dovevo vincere e tornare in fretta da Hope.
Prima che potesse capire che diavolo stava succedendo io gli avevo già assestato un pugno in pieno viso. Provò a reagire ma invano. Io sferrai un altro pugno. Lo presi in pieno. Questa volta la sua reazione la sentii forte e chiara. Per fortuna mi ero tolto la camicia perché sentivo il sangue colarmi giù dal naso.
Pochi minuti dopo l’incontro era finito e ero sulla spalla di qualcuno.
Avevo vinto.
“Complimenti Styles.”
Il ragazzo a terra urlò quasi per sovrastare il baccano prodotto da troppi ragazzi su di giri. Lo guardai e mi feci mettere giù.
“Scusami.”
Mentre mi accucciavo su di lui mi arrivò un pugno in viso.
“Vaffanculo. Me l’hai portata via.”
“Lo so.”
Mi tamponai il naso con il dorso della mano. Usciva sangue ma non provavo dolore. Mi rialzai e feci per andarmene.
“Dille che la saluto e che non l’ho dimenticata.”
Non mi voltai nemmeno e sparii insieme a Niall.
In macchina mi rimisi la camicia e mi pulii il naso.
“Hai il naso gonfio.”
“Lo so, coglione. Fa anche male, dici che Hope se ne accorgerà?”
“No, è buio e il naso grande ce l’hai già di tuo.”
Risi e gli diedi scherzosamente un pugno su un braccio. Quando spense il motore si cacciò una mano in tasca e ne estrasse molte banconote.
“Sei stato bravo. Questa è la tua ricompensa. Sono 1000. Fatteli bastare per almeno due sabati.”
Li presi in mano e quasi non ci credetti. Per essermi divertito 10 minuti avevo fatto 1000£. Per quanto fosse sbagliata la cosa non riuscii a nascondere l’euforia.
Rientrammo in palestra e vidi subito Hope seduta a un tavolino mentre parlava con Margaret, la ragazza di Niall. Andai da lei e me la tirai in pista.
“Come sta tua madre?”
La sua voce era strana, impastata. La guardai bene in volto e mi accorsi di quanto alcool avesse in circolo. Merda.
“Quanto hai bevuto?”
“Un po’. Non arrivavi più così ci siamo messe a bere.”
Appoggiò la testa sul mio petto e per quanto mi desse fastidio vederla in quello stato non potei fare a meno di pensare che era stupenda anche così. E, poi, quello che avevo fatto io era molto peggio. Mi conveniva stare zitto, anche se lei non sapeva nulla.

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Capitolo 13
*** Pain. ***


Una volta a casa mi resi conto di quanto tardi era e quanto ubriaca fosse Hope.
Cercai di fare il meno rumore possibile mentre la portavo in braccio in camera sua, ma lei non era di grande aiuto,  parlava in continuazione e, a tono alto. Fortunatamente non svegliammo nessuno e la buttai sul letto dopo averle tolto il vestito. Si addormentò quasi subito lamentandosi della nausea. Non le parlavo, aveva la vena della litigata ed era l’ultima cosa che volevo, quindi mi limitavo ad annuire quando mi poneva qualche domanda alla quale nemmeno lei voleva una risposta.
Ero ubriaco anche io così scesi al piano di sotto per farmi un caffè. Quando accesi la macchinetta sentii la porta aprirsi. Anche Louis era tornato.
“Quanto è ubriaca Hope?”
Lo guardai in faccia, i suoi occhi erano rossi o gonfi, non sapevo se pensare alla marijuana o alle lacrime.
“Tanto, hai pianto o fumato?”
“Merda.”
“Perché?”
“Entrambe le cose.”
La conversazione era sconnessa ma a modo nostro ci capivamo.
“Devo parlarle.”
Finii di fare il caffè e gliene porsi uno anche a lui.
“Meglio domani, si è appena addormentata.”
Sorrisi pensando a quanto era bella anche mentre dormiva.
“Posso parlare con te? Ti prego, o ne parlo o esplodo.”
“Pensavo mi odiassi.”
“Non dire cretinate! Io non odio te, odio il modo in cui mi sorella ti ama.”
Mi sedetti su una sedia e gli feci cenno di parlare.
“Ho mollato Eleanor.”
Non ci rimasi così sorpreso. Non ne sembrava innamorato. Quando parlava di lei gli occhi non gli si illuminavano, quando tornava da casa sua non aveva in viso il sorriso da ebete come di solito hanno gli innamorati. Semplicemente sembrava che non gli importasse.
“Perché?”
Sapevo che voleva sentirsi dire questa domanda così lo accontentai.
“Non la amo, non l’ho amata e mai l’amerò. Io.. io credo che..”
Delle lacrime presero a scendergli giù per le guance, gli diedi il tempo di respirare e poi parlai io.
“Non ti agitare, qualunque cosa io non sono qua per giudicarti, non ti spaventare.”
Fece un lungo respiro e poi si asciugò le lacrime con la camicia.
“Penso di essere gay.”
Smisi per un secondo di respirare, mi sarei immaginato tutto, ma non gay. Aveva tutta la popolazione femminile di Doncaster ai suoi piedi e lui era gay. Non la percepivo questa cosa ma, se lui era così non ci dovevano essere problemi. La vita era la sua.
“E allora? Stai piangendo per il tuo orientamento sessuale? Non c’è niente di male nell’essere gay. Proprio niente. Ognuno può essere ciò che vuole senza avere paura. Tu sei tu, sempre e solo tu a prescindere da quale tipo di essere umano ti piace. Ti conosco poco Louis, ma, da come tua sorella mi parla di te, devi essere fantastico. E questo non cambierà perché sei gay. Siamo nel 2015 per Dio! non devi avere paura.”
Lo guardai in faccia. Le lacrime continuavano a scendere dai suoi occhi ma sorrideva.
“Grazie Harry. Sei un bravo ragazzo alla fine. Sono felice che mia sorella abbia scelto te.”
Gli sorrisi ma sentii allo stesso tempo una fitta allo stomaco.
“No, sono orribile. Le ho detto di amarla e mezz’ora dopo le ho detto una bugia.”
“Prima o poi lo saprà degli incontri, lo sai?”
Come diavolo faceva a sapere dell’incontro? Lo guardai terrorizzato.
“C’ero anche io.”
“Oh, capisco. Solo una cosa Louis, puoi non dirlo a tua sorella? Voglio dirglielo io.”
“Certo.”
Lo salutai e andai a dormire. A letto pensai a quanto spaventato fossi Louis, per quanto l’avevo rassicurato con le mie parole doveva ancora affrontare.. beh, tutta la città.
Mi voltai a guardare Hope. Dormiva ma sembrava sorridere, era la creatura più bella che avessi mai visto. Mentre mi perdevo nei miei pensieri mi addormentai dolcemente.
Il risveglio fu brusco. Il telefono continuava a squillare, cercai di semplicemente di ignorarlo ma dopo la ventesima volta che suonava lo presi in mano. Mia sorella mia aveva chiamato dieci volte e mia madre sei.  La richiamai subito, non troppo preoccupato.
“Harry?”
“Dimmi mamma, succede qualcosa?”
Il tono con cui aveva pronunciato il mio nome mi fece preoccupare.
“No. Vieni a casa subito. Abbiamo.. un problema.”
Scattai in piedi e mi vestii. Hope dormiva ancora, non mi sembrava il caso di svegliarla così le lasciai un bacino sulla fronte e corsi via. Nel tragitto verso casa cercai di auto convincermi che mio padre non c’entrava niente, ma in fondo lo sapevo benissimo che me lo sarei ritrovato in salotto o in cucina. Feci un paio di respiri profondi prima di aprire la porta. Dovevo controllare la rabbia che cresceva dentro me, a tutti i costi. Appena misi piede in casa arrivò mia sorella con lo sguardo pieno di terrore.
“Non fare cazzate, promettimelo.”
Annuii mentre mi levavo la giacca e andai in cucina seguito da Lisa.
“Che cazzo ci fai qua?”
L’uomo davanti a me fece una smorfia davanti alle mie parole dure. Ma non mi importava.
“Vattene via.”
“Lasciami spiegare, Hazz.”
“Non mi chiamare così.”
Sentivo la rabbia crescere sempre di più.
“Perdonatemi e me ne vado.”
“No! Devi andare via. Via da qui. Non ti vogliamo. Lo capisci? Sei stato la nostra rovina. Ci hai rovinato la vita a tutti! A me soprattutto. La notte sogno ancora le tua mani che mi picchiano, sento ancora l’odore del sangue, sento ancora il gusto dei tuoi insulti. Vattene via e non tornare più o ti ammazzo con le mie mani. Hai capito?”
Urlai. Urlai tutto quello che avevo dentro da troppo tempo. Buttai fuori tutto. Tutto quello che sentivo e a ogni parola mi avvicinavo sempre di più a lui. Doveva avere paura come l’avevo avuta io. Ma non fu una bella idea. Se prima pensavo che Lisa assomigliasse a quello schifo mi sbagliavo. Ero identico a lui. Stessi occhi, stesso naso, stesse labbra. Tutto.
Si alzò.
“Harry. Sei mio figlio. Ho dei diritti e dei doveri su di te. Lasciami parlare.”
“Quali diritti? Quali doveri? Quelli che non hai mai fatto per 20 anni? Quelli di cui hai sempre preferito una birra di troppo al bar piuttosto che farli? Quali?”
“Quelli che voglio rimediare.”
“Tu non ci sei mai stato e mai ci sarai. Sai, dopo varie cazzate, vari rimorsi, varie paure ho imparato a vivere senza un padre, semplicemente perché non l’ho mai avuto. Certe cazzate avrebbero potuto anche costarmi care, molto care, ma ho smesso, per la mamma e per Lisa, non di certo per te! Mi fai solo schifo.”
Guardai la mamma che si stava affogando nelle sue lacrime. Avrei voluto abbracciarla ma in quel momento ero troppo occupato a sfogarmi.
“Le vuoi vedere le cazzate eh, papà?”
Il modo in cui pronunciai la parola papà mi fece venire la pelle d’oca anche a me, era più un insulto.
Velocemente alzai la manica della felpa e girai gli avambracci verso l’alto, in un gesto teatrale.
“Ah, e queste sono solo alcune, le ho in tutto il corpo. Per non parlare poi di quando stavo diventando un tossico, un criminale, un anoressico ah, e alcolista.”
Mi venne da piangere per un istante ma lo controllai. Guardai in viso mio padre e vidi il dolore. Gli stava bene. Qualche rimorso forse gli stava venendo.
“Harry.. io..”
“Sparisci.”
Detto questo. Se ne andò. E io anche. Non potevo rimanere lì. Non dopo quella scenata.
Uscii e piansi. Erano anni che avevo tutto dentro. E ora che era uscito stavo maledettamente male. Mi avevano sempre detto che una volta che fai uscire le cose poi stai meglio, per me era il contrario.
Odiavo sentirmi così. Odiavo sentirmi così per colpa di mio padre.
Volevo morire.

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Capitolo 14
*** The End. ***


Mi diressi verso il bosco ma non mi fermai quando ci passai davanti. Non volevo urlare o dare pugni a qualcosa, volevo solo piangere da solo, senza sentirmi pressione per gli occhi di qualcuno addosso. Nessuno poteva lenire quel dolore che avevo dentro, nessuno in quel momento era in grado di dire o fare qualcosa che mi potesse aiutare.
Guidai per un paio d’ore e da un’ora il telefono non smetteva di squillare, Hope mi stava cercando ma non mi sarei fatto trovare.
Posteggiai in un grosso parcheggio vicino a un parco e scesi dall’auto. Le lacrime avevano smesso di rigarmi il viso e ero più sereno.
Andai a sedermi su una panchina vicino a un’altalena e mi misi a guardare i bambini giocare. Era una cosa piuttosto rilassante. Improvvisamente uno di loro mi si avvicinò.
“Ehi, scusami puoi spingermi sull’altalena?”
Gli sorrisi e mi alzai buttando la sigaretta per terra.
“Perché sei triste?”
I bambini vedono ciò gli adulti non guardano.
“Ho dei problemi con il mio papà, il tuo papà è bravo?”
Prima di rispondermi si sistemò sul seggiolino dell’altalena e iniziai a spingerlo con la forza al minimo.
“La mia mamma dice che il mio papà è con gli angeli, però io sono arrabbiato con gli angeli, voglio il mio papà che mi spinge sull’altalena come fanno tutti i papà.”
Sentii una fitta al cuore lacerante e gli occhi inumidirsi. La naturalezza con cui me lo aveva detto era quasi inquietante ma dopotutto era un bambino, lui certi problemi non se li sarebbe ancora fatti per un po’.
“Magari gli angeli avevano bisogno del tuo papà.”
Non sapevo che dire e quella mi era sembrata la cosa migliore.
“Io ne ho più di loro. Voglio il mio papà.”
Quando una lacrima mi rigò il viso si avvicinò una ragazza, non doveva avere tanti anni in più di me, sui 23 o 24.
“Mamma! Mamma! Ho un nuovo amico.”
Lo vidi correre alla velocità della luce verso di lei e gridarglielo. Quando lei mi guardò mi limitai a sorridere.
“Ma, non è un po’ troppo grande per essere tuo amico, non avrà niente di meglio da fare?”
Il bambino di rimise sull’altalena e con un gesto meccanico ripresi a spingerlo.
“No, è triste perché ha litigato con il suo papà.”
Detto questo il bambino scappò via, a giocare a chissà cosa e io rimasi lì, con sua madre un po’ in imbarazzo.
“Sembri giovane.”
Non so perché esordii così. Ma che cazzo avevo nella testa?
“Ho avuto Luke a 18 anni. Ora lui ne ha 4 quindi ne ho 22.”
Mi guardai le punte dei piedi cercando di non piangere. Mia madre a 22 anni aveva già me da 5 anni. Più o meno uguali.
“Che è successo con tuo padre?”
Una lacrima lasciò definitivamente il mio occhio destro, la osservai cadere a terra e tirai su la testa.
“Semplicemente è tornato.”
Si andò a sedere e io la seguii sedendomi vicino a lei.
“Non capisco.”
Le raccontai tutta la storia trattenendo a stento le lacrime. Mi faceva bene parlarne ma quasi mi sentii in colpa. Quando smisi di guardarla negli occhi, spostai gli occhi sulle sue mani e notai che stringevano sicure le mie.
Con un gesto improvviso la baciai. Cazzo.
Nella mia testa mi stavo insultando come mai avevo fatto ma quelle labbra erano troppe morbide per staccarmi.
“Allora tu sei il mio nuovo papà?”
Ci staccammo subito e dopo aver dato una rapida occhiata a entrambi scappai via.
Accesi la macchina e a tutta velocità sfrecciai verso la città.
Era quasi sera quando varcai la porta di casa di Hope.
“Dove diavolo eri? Sono ore che io e tua sorella proviamo a rintracciarti.”
Era parecchio incazzata.
“Ero a cercare di non pensare. Voi non mi sareste state molto d’aiuto.”
“Potevi almeno avvisarci. Sei una testa di cazzo.”
Mi arrabbiai all’istante. Come diavolo si era permessa? Avevo 21 anni non 10 che devo avvisare su ogni cosa che faccio.
“Ma sei tu una testa di cazzo. Non dovevo venire qui.”
La guardai negli occhi per sfidarla. Si era già pentita delle sue parole. Ma non mi importava. Mi diressi verso la porta d’ingresso e lei si appese al mio braccio.7
“No, Harry, scusami. Sono stata una stupida, perdonami.”
Mi voltai verso di lei e probabilmente la prese come se mi fosse già passata la rabbia, infatti provò a baciarmi. La scansai con uno spintone e cadde a terra.
“Ho baciato un’altra, Hope. È finita. Ci si rivede.”
Non le diedi tempo di rispondere e uscii di casa. La rabbia era al massimo e non avvertii nemmeno un senso di tristezza per averla lasciata.
Andai dritto verso il bar, concentrato sull’obbiettivo di ubriacarmi.
E lo feci, Dio se lo feci. Bevvi tutto l’alcool che potevo e mi divertii con le ragazze.
Quando uscii dal bagno con una moretta davanti a me c’erano due occhi blu che mi fissavano arrabbiati.
“Che cazzo stai facendo, coglione?”
“Ehi, Louis calma, calma, ho lasciato tua sorella. Sono qua libero.”
Mi appoggiai a lui per non cadere, immaginai che si sarebbe scansato ma non lo fece, adagiò delicatamente la mano sulla mia schiena e mi sorresse.
“Lo so, tesoro.”
Quando mi sussurrò quelle parole all’orecchio mi vennero dei brividi alla schiena. La lussuria che era presente in quel pub, si racchiuse tutta nella sua bocca.
“Non provarci con me, baby, potrebbe finire male per entrambi.”
Mi sembrò di aver eliminato tutto l’alcool che avevo in circolo in quel preciso istante.
“Ma Harry, lo sappiamo tutti e due di essere i due ragazzi più sexy qua dentro, nessuno ci merita.”
“Sei proprio uno stronzo. A tua sorella non ci pensi?”
Si morse il labbro e a quel punto non ci vidi più. Lo presi per una mano e lo portai fuori. Incollarmi alle sue labbra fu più facile del dovuto e sentii subito le mani insinuarsi nei miei boxer.
“Non qua puttanella, andiamo a casa.”
Ci mettemmo un secondo a decidere in che casa andare e visto che a casa sua c’era Hope, optammo per casa mia.
Non ricordo molto di quella notte, ricordo solo che la foga e la voglia erano ai massimi storici.
La mattina ci svegliammo nudi, abbracciati e ancora sudati.
“Louis, cazzo.”
Mi staccai da lui e mi alzai, lanciandogli i vestiti addosso.
“Oh, ma che ore sono?”
“Sono le 10.00, alzati che è tardi.”
Si alzò e si vestì svogliatamente.
“E ora chi lo dice a mia sorella?”
“Nessuno dei due, tua sorella non lo deve sapere.”
“Oh, lo saprà.”
“Non è stato niente di troppo importante. Non serve dirglielo. Non mi pare il caso e comunque, mi vergognerei.”
Si accigliò un po’.
“Ti vergogneresti di me?”
“No, solo che, ci siamo lasciati ieri e la sera ero già in un altro letto. Non mi sembra giusto.”
“Senti un po’, ma, ieri sera è successo tutto solo perché eri ubriaco o perché io un po’ ti piaccio?”
Ci pensai un po’ su, come diavolo potevo dire che era successo tutto per entrambe le cose?
“Non lo so, credo entrambe.”
“Non capisco.”
“Nemmeno io, ora come ora posso solo dirti che sì, mi piaci ma non ti fare strane idee. Mi piaci nel senso che verrei a letto con te ogni volta che vuoi.”
Sorrise e venne verso di me.
“Perfetto, allora ci vediamo stasera. Passo per le 10.00.”
Mi schioccò un bacio sulle labbra e si allontanò, andando via.
Quello che mi aspettava era di gran lunga più importante di quello che avevo passato con Hope, ero assolutamente convinto di amarla ma non era così, ero solo attratto da lei. Nel giro di ventiquattro ore avevo detto di amarla, l’avevo anche lasciata e ero andato a letto con suo fratello.
Ma questa, è un’altra storia.
H. xx.
 
_____________________
Angolo mio.
RAGASSUOLI la storia è finita!! Nuuuuuuu hahah no okay dai. Ringrazio tutti i lettori e quelli che hanno rensito, un immenso, giganormico, extrasupermegaipergrande va alla mia roccia. GRAZIE SABRI, PER TUTTO. <3

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