In Treatment

di HelenHM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Incominciamo ***
Capitolo 3: *** Una ferita all'altezza del cuore ***
Capitolo 4: *** Tutto e Niente ***
Capitolo 5: *** Labbra ***
Capitolo 6: *** Innocenza Deflorata ***
Capitolo 7: *** Autocommiserazione ***
Capitolo 8: *** "Tu sei ... Harry Potter!" ***
Capitolo 9: *** Una metafora perfetta ***
Capitolo 10: *** Un nuovo amico ***
Capitolo 11: *** Tu mi hai salvato ***
Capitolo 12: *** Sfortunate Circostanze ***
Capitolo 13: *** Non ha ucciso nessuno ***
Capitolo 14: *** Sarò in grado di proteggerlo da me stessa ***
Capitolo 15: *** Cuori che battono all'unisono ***
Capitolo 16: *** Mettere a fuoco ***
Capitolo 17: *** Titubanti ed infinitamente felici ***
Capitolo 18: *** Ritornare a respirare ***
Capitolo 19: *** Dolore, rimpianti e desideri mal sopiti ***
Capitolo 20: *** Casa ***
Capitolo 21: *** Un passo falso ***
Capitolo 22: *** Sensi di colpa e recriminazioni silenziose ***
Capitolo 23: *** Restare a galla ***
Capitolo 24: *** Terribile Sensazione ***
Capitolo 25: *** Non ho che te ***
Capitolo 26: *** Nota stonata ***
Capitolo 27: *** Rivalsa ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


Un urlo lacerò il velo della notte, propagandosi tra i corridoi avvolti nella penombra del maniero.
Narcissa sobbalzò, sedendosi di scatto sul letto e sospirando sommessamente. 
Per l'ennesima notte, Draco era in preda ad incubi terrificanti e lei non avrebbe potuto far nulla per aiutarlo.
Fece per alzarsi, avvolgendo il proprio esile corpo in una lussuosa vestaglia da camera. La mano del marito la fermò bruscamente.
"No" disse con voce ferma, che non ammetteva replica.
"Lucius... ti prego... fammi solo andare a vedere come sta.." Singhiozzò la donna rabbrividendo.
Gli occhi di Lucius, sebbene incastonati sopra un volto di pietra, scintillarono per un attimo, addolcendosi.
"No, mia cara. Sai meglio di me quanto Draco detesti farsi vedere in quello stato. Prova a dormire: presto andrà meglio. Per tutti"
Lucius, dopo aver pronunciato quelle parole, si girò dall'altra parte come a voler troncare la conversazione.
Anche Narcissa si ridistese sotto le lenzuola, ascoltando il respiro rilassato dell'uomo accanto a lei.
Avrebbe tanto voluto credere a Lucius: era solo una crisi momentanea, Draco sarebbe tornato quello di prima e tutto si sarebbe risolto senza lasciare alcuno strascico dietro di sè.
Il suo cuore di madre, però, le suggeriva che Draco non sarebbe mai riuscito a superare quella situazione da solo. 
Per questo, prendendo il coraggio a due mani, fece una proposta a suo marito. Il quale, straordinariamente, sembrò essere d'accordo con lei. 
Forse le condizioni di loro figlio erano davvero più gravi del previsto.

Quella mattina, l'atmosfera in casa Malfoy era particolarmente tesa.
Narcissa beveva a labbra strette una tazza di tè, occhieggiando nervosamente verso Lucius, il quale fingeva di essere assorto nella lettura della Gazzetta del Profeta.
Draco, invece, sembrava essere perfettamente a suo agio. Seduto mollemente sulla sedia, sbocconcellava un biscotto, guardando fisso davanti a sè.
Sua madre decise di rompere quel glaciale silenzio. Non aveva senso girare ancora intorno al problema. Doveva essere risolto e basta. 
Suo figlio avrebbe potuto strepitare, piangere, indignarsi, scandalizzarsi ma niente l'avrebbe fatta desistere.
"Draco" lo chiamò sorridendogli.
"Sì, Madre" rispose automaticamente lui, rivolgendole uno sguardo interrogativo.
"Penso che sia arrivato il momento di parlare del tuo piccolo ... disturbo notturno"
Il diciottenne si irrigidì immediatamente, mentre una sgradevole sensazione di calore incominciava a pizzicargli le guance, solitamente esangui.
"Non so proprio a che cosa tu ti riferisca"
Narcissa ignorò quest'ultima esternazione "Io e tuo padre pensiamo che dovresti farti aiutare da un ... Guaritore"  ... 
"Esperto in Disturbi Mentali, ovviamente"
Aggiunse quest'ultima informazione tutta d'un fiato, mentre sul volto di Draco si dipingeva un espressione di indignazione totale.
Lui, un Malfoy, da uno ... strizzacervelli? Sarebbero dovuti passare sul suo cadavere.
"Non c'è n'è bisogno, madre. Io sto benissimo" disse in tono rassicurante, ostentando la solita espressione altera.
Madre e figlio sobbalzarono entrambi quando Lucius, perdendo le staffe, sbattè violentemente il pugno sul tavolo. 
Sebbene avesse, con quel gesto, rovesciato il contenuto di una caraffa sulla candida tovaglia, nessuno degli elfi domestici ebbe il coraggio di farsi avanti per pulire.
"Questa è una bugia!"
Narcissa lo richiamò, intimandogli silenziosamente di smetterla. Ma lui parve di non averla neppure sentita. La rabbia gli sfigurava i lineamenti, rendendolo estremamente inquietante.
Si avvicinò al volto del figlio, prendendolo tra le mani. "Guardami!" sibilò.
Draco non potè far altro che scontrare i suoi occhi con quelli del padre.
Ciò che vi vide riflesso dentro lo destabilizzò: paura, rabbia, delusione ma anche ... affetto? Forse perfino un briciolo di preoccupazione?
"Questi non sono solo semplici incubi e credo che tu lo sappia meglio di me" esordì Lucius
"Qualcosa dentro la tua testa si sta ribellando, facendoti soffrire terribilmente. Devi distruggerlo, prima che questo distrugga te"
Draco si morsicò nervosamente il labbro, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
Si sentiva così stupido, così infantile, così ... debole. Quanti avevano combattuto durante la guerra? 
Quanti avevano visto morire i propri cari ed erano rimasti feriti, nel corpo e nell'animo? Centinaia, forse migliaia di persone. 
E allora perchè proprio lui, fra tanti, non era ancora stato in grado di superare quel trauma?
Gli incubi erano incominciati circa sei mesi dopo la morte di Voldemort, proprio nel momento in cui il Mondo Magico si risvegliava dal torpore depresso in cui era sprofondato.
Finalmente, ci si rendeva conto di ciò che era accaduto: Harry Potter aveva sconfitto l'Oscuro Signore. 
La Seconda Guerra era finalmente conclusa.
I superstiti avevano ripreso faticosamente la propria esistenza dal punto in cui gli eventi l'avevano improvvisamente interrotta cercando, giorno dopo giorno, di elaborare un lutto che non sarebbe mai scemato del tutto. 
Ma lui non ne era stato in grado, dilaniato da sensi di colpa che nessuno avrebbe mai potuto comprendere. 
Men che meno uno stupido strizzacervelli. 
Non aveva bisogno di nessuno, lui. 
Era perfettamente in grado di gestire la situazione... d'altronde si trattava solo di un paio di incubi, niente che non fosse in grado di lenire con l'aiuto del Distillato della Pace ... 
Certo, in quel periodo ne aveva consumato un bel pò, senza grandi risultati ... 
Ma insomma, in ogni caso non era così malandato. Non al punto di visitare un medico per i pazzi, comunque. 
"Non sono pazzo" disse Draco con un filo di voce. 
"Nessuno ha detto questo Draco, nessuno ..."  sussurrò la madre, prendendogli una mano. 
"Per questo, non ho ancora intenzione di vedere questo ... Guaritore"  calcando sulla parola Guaritore come se fosse un insulto. 
"E' la mia ultima parola" 
E con una espressione imperturbabile si districò dalla stretta della madre e si alzò, lasciando la stanza in modo plateale.

Una settimana dopo, un decisamente infelice e torvo Draco Malfoy si trovava nella sala d'aspetto del medico. 

Angolo dell'Autrice:
Buonasera a tutti! Questa è la mia primissima Draco/Harry quindi abbiate pietà di me.
Ho deciso di complicarmi la vita pubblicando questa storia, visto che sto contemporaneamente scrivendo "Nessuno avrebbe mai saputo".
Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo primo capitolo ... mi raccomando recensite, recensite, recensite! A prestissimo.
 

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Capitolo 2
*** Incominciamo ***


Una settimana dopo, un decisamente infelice e torvo Draco Malfoy si trovava nella sala d'aspetto del medico. 
In quel momento era pervaso da un istinto omicida, che avrebbe volentieri concretizzato nei confronti dei suoi genitori.  
Lo avevano ricattato. Se lui non si fosse fatto curare, loro gli avrebbero tagliato i fondi. Insomma, non aveva avuto alcuna scelta. 
Si sentiva bruciare di vergogna, il suo orgoglio era stato calpestato senza alcun ritegno dalle persone che avrebbero dovuto proteggerlo. 
Sperava con tutto il cuore che la sua "terapia" (storse la bocca al pensiero) non divenisse di dominio pubblico. 
Ci mancava solo che le riviste scandalistiche si avventassero come avvoltoi sui suoi problemi, investigando sulla sua effettiva salute mentale. 
Già immaginava i titoli "SEGRETI E RIVELAZIONI SULL'EREDE DI CASA MALFOY", "DRACO MALFOY ED I SUOI INCUBI PIU'OSCURI" ed altre amenità del genere. 
Guardandosi intorno, però, dovette constatare che i suoi genitori avevano scelto il meglio per lui. 
"Come minimo" pensò sprezzante. Il locale era decisamente molto accogliente e ... femminile.
 
L'intuizione che aveva appena fatto capolino nella sua testa fu immediatamente confermata dall'arrivo del fantomatico guaritore. 
O forse sarebbe stato meglio dire guaritrice. Un'affascinante strega gli si parò davanti con un'espressione estatica stampata sul volto, come se la sua presenza fosse dovuta ad una bellissima ed inaspettata sorpresa. 
Non indossava nessuna divisa da lavoro, constatò meravigliato Draco, ma portava con estrema naturalezza un lezioso vestitino colorato. 
Gli strinse forte la mano, inondando le narici del ragazzo con il suo delicato ma penetrante profumo.  
"Ciao! Io sono Columbine Willowitch" esordì con voce stridula.
"Tu devi essere Draco!" trillò  "E' un vero piacere conoscerti. Ho sentito tanto parlare di te ..." 
Draco la guardò esterefatto, dimenticandosi persino di assumere quel cipiglio furente che aveva deciso di adottare di fronte al medico. 
Si lasciò condurre come un automa nel suo studio, che gli ricordò immediatamente una versione migliore della torre della professoressa Cooman. 
Le luci soffuse, le candele profumate, il fuoco che scoppiettava nel camino fecero sentire Draco immediatamente e straordinariamente a suo agio. 
Prese posto nella poltrona di chintz colorato che la dottoressa gli indicò, guardando esterefatto l'enorme pensatoio che troneggiava in mezzo alla stanza. 
Ne aveva visto solo uno, molto tempo prima, nello studio di Silente ... Non doveva pensarci. Non poteva pensarci. 

Nel frattempo, la giovane donna -seduta di fronte a lui- lo stava osservando. 
Draco se ne accorse e si rese conto di dover essere sembrato un perfetto imbecille, visto che non aveva ancora spiaccicato mezza parola e si guardava intorno con un'espressione stupefatta. 
Decise di recuperare un pò di dignità, assumendo una migliore postura ed indossando la sua solita espressione da figlio di papà annoiato. 
Poi, guardandola dritta negli occhi, pensò: "A noi due, dottoressa". 
Forse non sarebbe stato poi così male. 

"Allora Draco" esordì Columbine, un incoraggiante sorriso stampato sul volto. "Che cosa posso fare per te?"
Il ragazzo si schiarì la voce, prima di rispondere provocatoriamente
"Potrebbe dire ai miei genitori che questa storia della cura è un'enorme cazzata e lasciarmi andare, per esempio" 
Sperava di averla sconvolta con quell'atteggiamento, per questo rimase deluso quando vide che la donna non sembrava essere stata particolarmente toccata dalle sue parole. 
La dottoressa lo stava fissando con un sorriso amabile stampato in volto. 
Si era persino appoggiata al bordo della poltrona per potersi avvicinare meglio al ragazzo, come se avesse intenzione di stabilire una maggiore intimità o di confidargli un segreto.  
Draco decise di detestare quella donna. 
L'interesse nei suoi confronti, lo sguardo di compassione, l'atteggiamento accomodante erano stati costruiti ad arte. A lei non importava niente dei suoi problemi. Il mostrarsi comprensiva faceva parte del suo lavoro. 
Per questo, si irrigidì quando la terapeuta gli sussurrò quella frase: 
"Draco, questo non è un gioco. Quindi, se hai intenzione di farmi perdere tempo, ti chiedo di andartene. Ma se decidi di rimanere, collaborerai con me. Non sono tua nemica. Devi credermi"

Malfoy si trovava di fronte ad un bivio: avrebbe potuto percorrere il sentiero più semplice, scappando dalla terapia e dai suoi demoni interiori, mentendo a se stesso e deludendo – per l'ennesima volta – le aspettative dei suoi genitori. 
Imboccando la strada più ripida e tortuosa, invece, avrebbe dimostrato  di non essere un vigliacco, dopotutto. 
Senza tuttavia nascondere un'espressione di sufficienza, non mosse un centimetro del proprio corpo dalla poltrona. 
La Willowitch lo guardò, nascondendo un sorrisetto compiaciuto.

Con tono svogliato, il ragazzo le chiese in che cosa sarebbe consistita questa "terapia"
"Il trattatamento dei disturbi psicologici, nel Mondo Magico, avviene essenzialmente in due modi. Da un lato si somministrano delle pozioni create su misura del paziente, principalmente per tenere sotto controllo i sintomi più debilitanti. Nel tuo caso, per esempio, potremmo ridurre considerevolmente il problema degli incubi"
La strega ignorò l'espressione incredula e sprezzante del suo paziente 
"Dall'altro lato, però, è necessaria una elaborazione dei ricordi. Ciò significa che, attraverso il Pensatoio, scandaglieremo insieme la tua mente, provando a riflettere insieme sugli eventi che maggiormente ti hanno colpito od hanno influenzato la tua esistenza"
Draco era seccatissimo.  
Pensava che si sarebbero limitati a qualche stupida chiacchierata sul suo passato o su come si sentisse al riguardo. 
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stata così invasiva, così penetrante e così imbarazzante. 
Ma ormai aveva accettato di collaborare e non si sarebbe tirato indietro per niente al mondo, anche se le sue viscere tremarono al pensiero di ciò che avrebbe potuto scoprire su se stesso.
"Ovviamente" la voce della strega lo ridestò dalle sue elucubrazioni 
"Sarai tu a mostrarmi i ricordi che ritieni essere particolarmente rilevanti per te. In qualsiasi momento, potrai interrompere la nostra "passeggiata" tra i tuoi pensieri. Inoltre, anche se lo ritengo ovvio, è bene che tu sappia che la privacy del paziente è una prerogativa. 
Tutto ciò di cui verrò a conoscenza rimarrà sigillato in questa stanza" 
"Quindi ... non dirà nulla ai miei genitori? Qualsiasi cosa dovesse accadere? Qualsiasi cosa dovesse conoscere su di me?"
chiese Draco titubante, sebbene odiasse mostrarsi così vulnerabile, soprattutto agli occhi di una sconosciuta. 
"Ma certo che no!" La donna strabuzzò gli occhi e socchiuse le labbra con fare indignato. 
"Il nostro rapporto, per poter funzionare a dovere, deve basarsi sulla fiducia reciproca. Tu devi fidarti di me, Draco" disse in modo infervorato. 
"E' essenziale"
"Ok" sussurrò con un filo di voce Draco. 
"Incominciamo?"
"Incominciamo"

Angolo dell'autrice:
Grazie mille a tutti coloro che hanno incominciato a seguire questa storia. Vi prego, recensite.
E' davvero importante per me conoscere il vostro punto di vista, quindi ogni opinione/critica sarà ben accetta!
​A prestissimo.
 

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Capitolo 3
*** Una ferita all'altezza del cuore ***


"Partiamo da un ricordo a tua scelta, Draco"
"Uno... qualsiasi?" domandò il ragazzo
Columbina assentì con il capo, mentre un gesto invitante della mano gli facevo segno di proseguire.
La scelta avvenne quasi di sè. Estrasse con una certa urgenza il ricordo dalla sua mente, ma poi si bloccò di fronte al pensatoio. Stupidamente, si trovò a riflettere sugli strani simboli e rune incise su di esso, chiedendosi pigramente che cosa volessero comunicare. Accarezzò pensosamente l'oggetto, tastandone la consistenza dura e gelida: era effettivamente affascinante quello strumento. Poi ritornò in sè, rendendosi conto dell'enormità del gesto che stava per compiere: era in procinto di rivivere il momento che aveva irrimediabilmente cambiato la sua esistenza. Sarebbe stato straziante ed umiliante, ma coraggiosamente decise di potercela fare. Versò la sostanza argentata che fino a quel momento aveva tenuto sospesa sulla punta della bacchetta, chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro si immerse nella voragine che si era appena creata.

Vedere la miniatura di se stesso fu allo stesso tempo malinconico e buffo. Avvertiva il respiro della Guaritrice dietro di sè, ma non si voltò.
La versione undicenne di Draco Malfoy era appollaiata elegantemente su uno sgabello di Madama McClan; indossava una tunica nera intorno alla quale si stava affaccendando una sarta con metro e spilli. Draco ricordava il suo stato d'animo in quel momento: con suo grande disappunto, i suoi genitori lo avevano lasciato lì da solo per occuparsi di altre faccende. L'irritazione lo inondava ad intervalli, facendogli contrarre impercettibilmente la mascella. Sperava almeno che, una volta terminata quella tortura (le braccia gli si erano indolenzite a furia di stare nella stessa posizione), suo padre gli avrebbe concesso un regalo per farsi perdonare. Una scopa da corsa sarebbe stata l'ideale.
L'arrivo di qualcuno lo distolse da quei pensieri capricciosi, attirando la sua attenzione. E fu così che il celeberrimo Harry Potter fece ingresso nella sua vita.
La titolare del negozio lo invitò a salire sulla sedia accanto alla sua, così ebbe la possibilità di osservarlo. Era un ragazzino smilzo e malvestito; i capelli scompigliati gli ricadevano disordinatamente sulla fronte ed i vivaci occhi verdi erano coperti dalle lenti di un paio di occhiali piuttosto malridotti.
Non sembrava essere una persona particolarmente interessante: eppure Draco ne fu immediatamente affascinato. Il suo coetaneo sembrava stupefatto e meravigliato, continuava a guardarsi intorno con espressione trasognata e fare nervoso, come se fosse di fronte a qualcosa di completamente nuovo per lui. Ma era assurdo, si disse Draco: chi non era mai stato a Diagon Alley prima di allora? Decise di rivolgergli la parola, con il suo solito fare strascicato, cercando di ostentare la sua solita indifferenza e soffocando l'inspiegabile senso di tensione che avvertiva alla bocca dello stomaco.


La scena cambiò improvvisamente: al posto del negozio di sartoria, Draco e Columbine si ritrovarono sull'Espresso di Hogwarts. Draco guardò di sottecchi la guaritrice, chiedendosi che conclusioni potesse aver tratto da quel breve episodio. In realtà, la Willowitch sembrava essere deliziata di ritrovarsi sul treno, dopo tutto quel tempo. Incrociando il suo sguardo, gli fece incoraggiante l'occhiolino.
Il viaggio si era fatto particolarmente interessante nel momento stesso in cui aveva messo piedi sull'Espresso. Si vociferava che in qualche scompartimento fosse seduto il grande Harry Potter, il bambino sopravvissuto, l'unico ad essere sfuggito alla maledizione senza perdono ... Dravo voleva assolutamente conoscerlo, diventare suo amico. Lucius sarebbe stato immensamente fiero di suo figlio se fosse diventato intimo di una delle massime celebrità del mondo magico. Alcuni nostalgici sostenitori di Voldemort ritenevano che Harry potesse essere un oscuro e potente mago, dotato di poteri talmente straordinari da essere stato in grado -ancora in fasce- di sconfiggere il più temibile essere della Terra.
Accompagnato dai suoi immancabili ed inutili scagnozzi, Draco fece un giro di perlustrazione dei corridoi, fremente di aspettativa. Spalancando la porta dello scompartimento, per poco non si strozzò dalla sorpresa: il ragazzo che aveva incontrato a Diagon Alley, con il quale aveva chiacchierato, era ... Harry Potter? E quello di fianco a lui, con quegli orribili capelli rossi doveva essere uno dei Weasley. Rivoltante. Forse il povero Potter non aveva ben compreso chi fosse il suo compagno di viaggio ... aveva bisogno di aiuto.

Draco chiuse gli occhi, quasi tremando. Non voleva vedere. Sperò con tutto il cuore che non accadesse ciò che invece sapeva sarebbe successo di lì a poco. Mentalmente, pregò se stesso di non compiere quello stupido ed umiliante gesto. Ma poi, com'era prevedibile, vide la sua versione undicenne allungare la mano verso Potter, offrendogli la propria amicizia e la propria ... lealtà. Ma Potter aveva calpestato il suo ego senza ritegno, rifiutando di stipulare quel patto, così vantaggioso per entrambi. Lo aveva preferito a ... Ronald Weasley. Per la prima volta, il viziatissimo ed osannato discendente di una delle Casate più nobili del Mondo Magico era stato volutamente ignorato. Disprezzato.
Ovviamente, all'epoca il ragazzino aveva incassato il colpo con grande stile, mentre dentro di sè avvertiva infrangersi il suo orgoglio. Harry gli aveva inferto una ferita che non era mai guarita del tutto: era stata malamente ricucita, ma talvolta sgorgava ancora sangue da essa. Draco non l'avrebbe mai confessato neppure a se stesso, ma il taglio si trovava proprio all'altezza del cuore.

"Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono molto migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate...? In questo posso aiutarti io"
Allungò la mano per stringere quella di Harry, ma il ragazzo non la prese.
"Credo di essere capace di capire da solo le persone sbagliate,grazie" gli rispose gelido.
Draco Malfoy non arrossì, anzi le guance pallide gli si tinsero di un vago colorito roseo.
(Harry Potter e la Pietra Filosofale, J.K. Rowling)

Quello scambio di parole, le voci infantili di Draco ed Harry, incominciarono a rimbombare, mentre le immagini si facevano sempre più distanti e confuse e tutto sembrava turbinare intorno a loro.
Un istante dopo, Draco e la guaritrice vennero scagliati bruscamente fuori dal Pensatoio.

Angolo dell'autrice:
Ecco il terzo capitolo. Onestamente ho fatto un pò fatica a scriverlo, soprattutto perchè volevo fornire una mia interpretazione di questo episodio.  
Fatemi sapere che cosa ne pensate, ogni parere o critica è assolutamente ben accetto!
Grazie a tutti coloro che leggono/seguono questa storia. A presto

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Capitolo 4
*** Tutto e Niente ***


Ansante, il ragazzo riordinò i capelli facendevi scorrere sopra una mano. Si sentiva scombussolato ed imbarazzato, per questo evitò di incrociare lo sguardo di Columbine, la quale era impegnata a lisciarsi il vestito, tutto spiegazzato.
Una volta seduti, entrambi rimasero in silenzio, come soppessando ciò che avevano appena visto e rivissuto. Il primo ad infrangerlo fu lo stesso Draco, il volto acceso: "Spero che non abbia interpretato questo ricordo in modo sbagliato"
Columbine sorrise sorniona, socchiudendo gli occhi. Draco ebbe la spiacevole sensazione che gli stesse leggendo nel pensiero. Poi, enigmatica, cinguettò "E quale sarebbe l'interpretazione corretta?"
Sembrava divertita, notò con disappunto il ragazzo. Dovette reprimere il desiderio di alzarsi ed andarsene via, per non tornare mai più. Quella donna si stava letteralmente prendendo gioco di lui e dei suoi sentimenti. La odiava. E detestava se stesso per averle mostrato quella parte così intima e privata di se stesso, un frammento della propria anima che avrebbe tanto voluto seppellire per sempre.

E' vero, la guaritrice stava sorridendo: ma non per i motivi paventati dal giovane Malfoy. In realtà, era semplicemente molto soddisfatta. Non c'era stato bisogno di scandagliare troppo approfonditamente gli abissi della mente del ragazzo per scoprire la fonte del malessere che da troppo tempo lo attanagliava. Solitamente, durante le prime sedute, i pazienti si limitavano a rivivere momenti felici della propria esistenza, troppo impauriti per inoltrarsi verso la sorgente delle proprie paure e dei propri timori. Si trinceravano dietro una fortezza, per paura di doversi confrontare con i propri limiti. Era compito di Columbine trovare un varco in quelle muraglie apparentemente inespugnabili. Ma con Draco era stato diverso: nonostante quella strafottente aria da aristocratico, le aveva appena consegnato – su un piatto d'argento – la causa del suo dolore, regalandole le chiavi della sua anima. Ora sarebbe toccato a lei farne buon uso.
"Harry Potter" disse Columbine , scandendo lentamente le sillabe. Draco trasalì: quel nome racchiudeva tutto e niente; tutto quello che desiderava ardentemente, niente di ciò che avrebbe avuto. "Che cosa significa per te?"
Una goccia di sudore imperlò la candida fronte del ragazzo. Poi, con voce stentorea, rispose sibilante: "E' il Salvatore del Mondo Magico, no? San Potter, il Bambino Sopravvissuto e tutte quelle stronzate..."
"Draco" lo richiamò severamente la Guaritrice. "Non ti ho chiesto il ruolo che viene riconosciuto a Potter nella nostra società. Ti ho domandato quale valore tu, personalmente, attribuisci alla sua persona"
Il giovane rampollo la guardò, serrando emblematicamente le labbra. Non aveva intenzione di trascorrere il resto della seduta analizzando i suoi sentimenti per lo Sfregiato. Insomma, pensava che il ricordo fosse già abbastanza eloquente senza bisogno di indagare ulteriormente.
Non nascondendo una certa impazienza nel tono di voce, la Willowitch allora formulò una domanda più diretta: "Insomma. Perchè hai scelto questo ricordo? Avresti potuto optare per qualcos'altro. Eppure, hai automaticamente fatto riferimento a Potter. Credo che sia molto significativo"
Draco, alzando studiatamente il sopracciglio, la sfidò , facendole il verso:
"Mi dica. Lei che cosa ne pensa al riguardo?"
Columbine sembrò accettare la sfida.
"Penso che tu abbia solo molta paura di fronteggiare la realtà. Ti sei avviluppato in una confortante rete di bugie e mezze verità: per un pò ha funzionato, ma poi ti sei sentito in gabbia. Vorresti poter vivere liberamente le proprie emozioni, ma ti hanno inculcato l'importanza di celarle. Ritieni che provare dei sentimenti verso qualcuno, chiunque, sia un segno di debolezza e vergogna, da nascondere e sotterrare"
Il lampo di rabbia che incendiò per un istante gli occhi solitamente gelidi di Malfoy fecero comprendere a Columbine di aver colpito nel segno.
"E' finito il tempo di mentire a se stessi, Malfoy. Il tuo corpo e la tua mente si stanno ribellando, le emozioni autentiche vogliono finalmente emergere. Draco, vuoi semplicemente essere te stesso"
Draco rimase zitto e fermo, mentre la mente lavorava frenetica. Quella guaritrice era riuscita in poche parole a descrivere esattamente il suo stato d'animo degli ultimi mesi. Sapeva il fatto suo, doveva riconoscerlo.
"Per quanto riguarda ciò che abbiamo visto nel Pensatoio" la tensione nella stanza si fece immediatamente palpabile, mentre Draco si accigliava.
"Hai scelto quel ricordo perchè Potter è l'esemplificazione di tutto ciò che vorresti essere ed avere. A che cosa servono un patrimonio ingente, abiti raffinati, un bel faccino se non a raggiungere il potere? Tu eri destinato a diventare il divo di Hogwarts, avevi tutte le carte in regola per esserlo. Idolatrato, rispettato, temuto, come sarebbe convenuto ad un vero Malfoy. Ma poi, lo scettro di "Ragazzo d'oro" ti è stato sottratto ancora prima di impugnarlo. Tutta colpa di quel Potter: era insignificante, eppure così famoso. Per la prima volta, su quel treno, hai sentito le spire dell'invidia avvolgersi intorno al tuo cuore. E poi ... vogliamo parlare del Grande Rifiuto? Tu, da sempre cresciuto nella bambagia, viziato come un principino, sei stato brutalmente rifiutato dall'unica persona verso la quale avessi mai provato genuino interesse. Potter ti ha affascinato fin dal primo momento, fin dalla prima occhiata, è evidente. Non potendolo rispettare, hai trasformato questo interesse in acredine ed odio. Come si fa ad amare coloro che non ci desiderano? E' frustrante. Per questo, spesso, si ricorre alla negazione. Si trasforma ciò che era amore in odio. Si ribaltano i propri sentimenti per paura di viverli appieno"
Draco la fissava a bocca aperta. Poi balbettò, imbarazzato  "Lei è molto... molto brava, signorina Willowitch"
"Grazie caro" gli rivolse un sorriso smagliante.
"Ma ... da come ne parla lei, sembrerebbe che io sia (Draco abbassò sensibilmente la voce) attratto da Potter" una pausa imbarazzata. "In quel senso"
"L'hai detto tu, Draco. Io non ho pronunciato niente del genere"

Il pendolo color cipria dello studio segnò implacabilmente la fine del tempo disponibile. La prima seduta era terminata, lasciando il paziente dilaniato da dubbi atroci.

Angolo dell'autrice:
Stasera ero particolarmente ispirata e mi sono cimentata nella stesura di questo capitolo. Spero che il risultato non sia deludente.
Grazie mille a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra le preferite/seguite/ricordate. Un ringraziamento speciale anche a chi ha lasciato/lascerà una recensione.
Alla prossima seduta ;)

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Capitolo 5
*** Labbra ***


Uscì dallo studio medico pervaso da un'insopportabile sensazione di incompletezza. La Willowitch aveva fatto delle illazioni pressochè inaccettabili, alle quali lui non aveva avuto la prontezza di rispondere a tono.
Lui ... affascinato da San Potter? Quel deficente patentato, la cui unica fortuna nella vita era stata avere una inutile e volgare cicatrice sulla fronte? Sputò per terra, al solo pensiero. Era Potter, se mai, a dover essere irrimediabilmente influenzato dal suo invidiabile fascino. E poi, che cosa aveva insinuato quell'imbecille di guaritrice? Forse che lui fosse ... attratto dai ragazzi? Era inaccettabile, assolutamente inaccettabile pensò, mentre si smaterializzava. Chissà se c'erano gli estremi per porgere una denuncia al Ministero contro di lei.

Una volta giunto al Maniero, vide Narcissa quasi corrergli incontro. Trafelata, lo strinse amorevolmente a sè, chiedendogli come fosse andata. Crudelmente, Draco si sottrasse alla sua stretta e, senza rispondere a nessuna delle sue domande, si diresse verso camera sua. Il rumore della porta sbattuta, che rimbombò per tutto il corridoio, fu una risposta più che eloquente.
Narcissa guardò con occhi acquosi il marito; dal canto suo, Lucius sembrava essere perfettamente a suo agio, seduto alla scrivania del suo studio. Distolse per un attimo lo sguardo dalle carte che stava controllando meticolosamente, alzando il sopracciglio come per dire: "Beh, che cosa ti aspettavi?"
"Oh, Lucius. Forse abbiamo sbagliato ad obbligarlo. Mi sento così in colpa ... "
"In colpa per cosa? Per volere che tuo figlio stia meglio? Draco sta attraversando un brutto momento, il che è più che comprensibile considerati gli eventi dell'ultimo periodo..." il suo sguardo si adombrò per un attimo, al pensiero di essere in parte responsabile. "Ma ne uscirà, ne sono certo cara. Per farlo, però, dovrà sconfiggere le proprie paure e i propri demoni interiori. E la terapia è l'unica strada percorribile in questo momento"
Narcissa singhiozzò appena, scuotendo leggermente il capo. Lucius aveva ragione, come sempre. Draco aveva bisogno di aiuto e Columbine Willowitch era la migliore. Alla fine Draco li avrebbe perdonati per quella brusca intromissione nella sua vita privata e li avrebbe persino ringraziati.

Camminava velocemente tra i corridoi di Hogwarts, guardandosi indietro, come per paura di essere seguito. Voldemort gli aveva appena consegnato un compito e lui si sentiva oppresso da quella responsabilità mortifera e fatale. "Un passo falso e sei morto" continuava a ripetersi ossessivamente, quasi come fosse una specie di mantra. Una volta giunto di fronte alla Stanza delle Necessità, scoprì con orrore di non essere solo. Potter era lì, appoggiato al muro. Sembrava stesse aspettando qualcuno ... forse lui? Spinto da una forza incontrollabile, si avvicinò pronto a colpirlo e ... le loro labbra si scontrarono.

Narcissa e Lucius vennero svegliati dalle ennesime urla strazianti. Draco stava facendo un brutto sogno, era evidente. Non accesero la luce, aspettando in silenzio la fine di quei gemiti e di quei lamenti, che strappavano loro il cuore.
Destandosi di soprassalto, in un mare di sudore, Draco si rese conto con orrore di ricordare – per la prima volta – l'incubo. Fece appena in tempo a raggiungere il bagno, prima di vomitare copiosamente.

Angolo dell'autrice
Questo capitolo è stato scritto all'ultimo momento, infatti adesso sono in super ritardo per stasera!
Un regalino per augurarvi un felice anno nuovo.
A presto

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Capitolo 6
*** Innocenza Deflorata ***


"Draco, come mai mi sembri così turbato? C'è qualcosa di cui mi vuoi forse parlare?"
Columbine Willowitch, avvolta in un leziosissimo abito turchese, che la faceva sembrare vagamente una bambola di porcellana, gli pose la domanda non appena mise piede nel suo studio.
Era passata una settimana dalla prima seduta, sette giorni durante i quali Draco non aveva fatto altro che cercare di dimenticare ciò che aveva vissuto a livello onirico. Aveva dovuto reprimere più volte pensieri sconvenienti, per esempio su quanto bello e piacevole fosse stato congiungere le proprie labbra a quelle di Potter, anche solo per un istante. Aveva persino invitato una emozionatissima Pansy Parkinson a fare una passeggiata insieme a lui, attraverso i suoi sterminati possedimenti, nella vana speranza di dimostrare a se stesso che lui era attratto dalle donne. Il tentativo si era dimostrato un fallimento, finendo esattamente come tutte le altre volte: la ragazza che cercava di sedurlo insistentemente e lui che si ritraeva, terrorizzato, di fronte a quelle avances. Per l'ennesima volta, non era stato in grado di lasciarsi andare con una persona di sesso femminile. Semplicemente, per quanto doloroso fosse ammetterlo, non era interessato al corpo sinuoso di Pansy, non avvertiva alcun desiderio, alcuna scintilla stando accanto a lei.

Per questo era ancora vergine.

Ovviamente, era il suo più grande segreto. Se ne vergognava moltissimo, vista e considerata la sua veneranda età. Tutti i suoi coetanei avevano avuto un grande numero di esperienze, vere o presunte, di cui si erano profusamente vantati durante i tempi di Hogwarts. Draco ricordava con un certo nervosismo ed irritazione le discussioni maschili negli spogliatoi dopo gli allenamenti di Quidditch o nei dormitori maschili della sua Casa. Tra cameratismo, rozzi commenti e consigli sussurrati a mezza voce, Malfoy si era sempre sentito così inadeguato. E sbagliato.
Gli sarebbe bastato schioccare le dita per riempire il suo letto, e lo sapeva bene. Non era forse il ragazzo più bello che si fosse mai visto a scuola, ma a detta delle ragazze era estremamente affascinante. La piega crudele delle labbra sottili, lo sguardo magnetico, il fisico longilineo messo in evidenza da abiti di ottima fattura, la raffinatezza connaturata nei suoi gesti erano causa di numerosi sospiri femminili. Il classico fascino del "bello e dannato", del "tenebroso" o più semplicemente dello "stronzo incallito" avevano mietuto un grande numero di vittime, durante la sua adolescenza.
Il fatto che non avesse dimostrato mai particolare interesse per nessuna delle giovani studentesse, eccezion fatta per Pansy (con la quale aveva sperimentato qualche bacio trascurabile e facilmente dimenticabile), aveva fatto sì che si creasse una sorta di alone mistico intorno a lui. Draco Malfoy, ai loro occhi, era quindi diventato un'intoccabile divinità. Un mito. Un esempio estremo di virilità. Se solo avessero saputo...

Draco si riscosse da questi e mille altri pensieri, non appena la Guaritrice gli rivolse amichevolmente la parola. Nonostante il tono pacato, la preoccupazione nei suoi confronti sembrava essere genuina. Il ragazzo, nonostante un dilaniante bisogno di sfogarsi, scrollò le spalle con fare indifferente. "No, sto bene"
La Willowitch lo osservò ancora per qualche istante, soffermandosi sulla pelle sudata della fronte di Draco e sul movimento frenetico ed involontario della sua gamba. Anche Malfoy si rese conto di non aver ingannato la dottoressa neppure per un secondo, eppure fortunatamente non fece domande.
Si schiarì la voce: "La scorsa volta mi hai fatto vedere un ricordo a tua scelta. Durante questa seduta, invece, ti chiedo di mostrarmi il momento in cui sei diventato un seguace di ..." prese un respiro profondo, prima di pronunciare "Voldemort".
Draco inghiottì più volte, quasi strozzandosi con la propria saliva. Si torse le mani, orribilmente pervaso da un terrore cieco. Quasi si accartocciò su se stesso, portandosi istintivamente le gambe al petto, in una sorta di riflesso infantile. Avvertì bruciare in corrispondenza del Marchio Nero, esattamente come tutte le volte che qualcuno faceva riferimento a ... Lui. Incominciò a scuotere la testa, come un bambino in preda ai capricci. Le lacrime gli scorrevano copiose sulle guance esangui, per poi rotolare sul colletto della camicia. Draco era diventato il ritratto della paura e del terrore.
"Un attacco di panico in piena regola, Draco" . La Willowitch si alzò dalla sua sedia e gli porse un flacone di pillole verdi ed un bicchiere d'acqua che aveva appena appellato. Rovesciando gran parte del contenuto, a causa del tremore, il ragazzo prese la pastiglia. Ben presto, il tremore ed il pianto lasciarono spazio alla lucidità.
"Comprendi perchè ho bisogno di quel ricordo, Draco? Non puoi farti condizionare la tua esistenza da qualcuno che non esiste più. Hai permesso a ... Tu Sai Chi di manipolarti e soggiogarti in vita, non permettergli di farlo anche da morto. Se n'è andato, capisci? Dissolto, volatilizzato, distrutto. Non può più farti del male. E' finita. Lascia che ti aiuti a superare questo dolore... "
Draco, ancora madido di sudore e non ancora pienamente in sè, decise di fidarsi. Le consegnò quel terribile frammento e si lasciò condurre verso il Pensatoio.



Quella mattina di giugno era sferzata da un'aria insolitamente gelida. 

Draco vide se stesso rabbrividire, stringendosi nel mantello di stoffa pregiata.
Provò ad inalare più ossigeno possibile, pensando - con rassegnazione - che molto probabilmente sarebbe stata l'ultima passeggiata nel giardino del Manor.
Si guardò intorno con bramosia, quasi come a voler scattare delle foto con gli occhi, leggermente lucidi.
Per una frazione di secondo, gli sembrò persino di rivedere correre tra quei giardini il bambino che era stato.
Chiuse gli occhi, cercando di tenere a bada il terrore crescente. Presto sarebbe finita. Chissà se morire sarebbe stato doloroso?
Quasi trasalì quando sentì Narcissa posargli una mano sulla spalla. Sebbene cercasse di infondergli fiducia con un incerto sorriso, era evidente il suo nervosismo. Le labbra esangui le tremavano, il volto era ancora più pallido del solito.
Abbracciò il figlio, sussurrandogli parole di incoraggiamento : "Andrà tutto bene Draco... Il Signore Oscuro è magnanimo ... Devi avere fiducia..."
Draco cercò di lasciarsi cullare da quelle frasi, facendo persino finta di credervi.
Dopo un'ultima, straziante stretta - assomigliante ad un'inquietante addio - Narcissa prese la mano del figlio, accompagnandolo verso il salone principale della dimora.
Il futuro carnefice di Draco era seduto su di una sedia riccamente intarsiata. Sul cuscino ai suoi piedi era acciambellato un enorme serpente, terrificante rivisitazione del concetto di "animale domestico". 
La voce sinuosa di Voldemort lo colpì con violenza: "Mio caro ragazzo ... Mio caro ragazzo, prego. Siediti accanto a me" 
Draco, ormai visibilmente tremante, lanciò uno sguardo confuso a sua madre, che sembrava atterrita tanto quanto lui. Gli altri Mangiamorte guardavano la scena con pigra indolenza, segretamente grati di non essere loro l'oggetto dell'attenzione del loro Signore.
Il sedicenne, titubante, fece come gli aveva ordinato Voldemort, sedendosi accanto a lui. 

E poi accadde. La sua testa venne improvvisamente invasa dal mostro alla sua destra. Poteva quasi fisicamente sentirlo mentre strisciava e sgusciava tra i suoi pensieri ed i suoi ricordi più intimi e privati. Provò automaticamente ad opporsi, ma il suo Padrone non sembrò neppure accorgersene, continuando a destreggiarsi con abilità tra i meandri della sua mente. 
Era un'esperienza estremamente mortificante vedere i propri desideri e le proprie sensazioni quasi stuprate.
Voldemort aveva ridacchiato senza allegria quando, tra i vari ricordi, ne aveva ripescato uno particolarmente imbarazzante: lui e Pansy Parkinson in procinto di... Draco sarebbe voluto sprofondare.
Ma si era fatto mortalmente serio quando si era reso conto che Harry Potter era pressoché onnipresente nella testa di Draco. Il primissimo incontro nel negozio di abbigliamento... La stretta di mano rifiutata ... Un turbinio di sensazioni: acredine, fastidio, ammirazione, odio in tutte le sue sfumature ... Potter al Torneo TreMaghi ... Il Prescelto trionfante dopo aver vinto una boccetta di Felix Felicis... Potter a lezione, Potter in compagnia dei suoi rivoltanti amichetti, Potter su un manico di scopa ...
Voldemort fu piacevolmente stupito nel constatare che il giovane Malfoy provasse qualcosa di molto simile all'attrazione nei confronti di Potter. Forse lui non era ancora consapevole, ma era evidente che alla fine tutta la tensione accumulata negli anni precedenti, sarebbe sfociata in un sentimento più complesso.
Quello stupido ed inconcludente ragazzino avrebbe potuto essergli utile ... Avrebbe concesso una seconda possibilità a quella famiglia, nonostante il disgustoso fallimento di Lucius.
Harry Potter doveva morire. E Draco Malfoy lo avrebbe condotto da lui, gli avrebbe permesso di conoscere i segreti più intimi del suo acerrimo nemico, le debolezze, i segreti... 
Smise di frugare fra gli sciocchi pensieri del ragazzino, il cui volto era contratto in una smorfia di sofferenza. 
Non appena Voldemort terminò annoiato il suo giro di perlustrazione, Malfoy sospirò sollevato. Era stato terribile, semplicemente orribile.
Non sapeva che di lì a poco non solo il Signore Oscuro avrebbe avuto una via di accesso privilegiata non solo alla sua mente, ma anche alla sua stessa esistenza.
I suoi più nefasti presentimenti stavano per avverarsi: Draco se ne rese conto nel momento in cui Voldemort gli prese con forza inaspettata il braccio sinistro e senza tante cerimonie lo marchiò, servendosi della bacchetta. In quei momenti, Draco aveva davvero pensato di morire. Era come se le viscere stessero andando a fuoco, eppure aveva deciso di non mostrare patimento. Non un singhiozzò uscì dalla sua bocca, neppure quando l'aria incominciò ad essere impregnata di un rivoltante odore di carne bruciata.
Non sorrise quando Narcissa gli si avvicinò, il volto rischiarato dal sollievo. Non ricambiò gli sguardi di compatimento e scherno degli altri sostenitori del Signore Oscuro.
Si richiuse in se stesso, in preda alla disperazione più nera. 
Era fatta.
Era diventato un Mangiamorte.
Il più giovane seguace di Voldemort di tutti i tempi. La sua innocenza era stata brutalmente deflorata.


Angolo dell'autrice:
Vorrei ringraziare tutti coloro che leggono/seguono/ricordano/preferiscono e soprattutto RECENSISCONO questa storia!
Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo nuovo capitolo.
A presto, un bacio



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Capitolo 7
*** Autocommiserazione ***



C'è un motivo preciso se ci preoccupiamo della famiglia e dei nostri amici, e c'è un motivo preciso se non ce ne frega niente di tutti gli altri: amare tutti indiscriminatamente è troppo faticoso.
(Dr. House)

Per la prima volta in tutta la sua carriera, Columbine Willowitch non aveva saputo cosa dire. Quando lei e Draco erano stati violentemente scagliati fuori dal Pensatoio, aveva dovuto farsi coraggio prima di guardarlo negli occhi.
Fortunatamente, le pastiglie calmanti che gli aveva somministrato prima dell' "esposizione" (com'era chiamata nel gergo medico) avevano un pò attutito le emozioni di Draco, che altrimenti sarebbero state amplificate e lo avrebbero travolto, forse annichilendolo.
Si era pentita di avergli fatto quella richiesta non appena si erano immersi tra le cortine di fumo del ricordo. Aveva stupidamente pensato che fosse pronto ad affrontare quel dolore, ma evidentemente non lo era. Perlomeno non ancora. Idiota, idiota, idiota continuava a ripetersi, cercando di trovare le parole giuste per mitigare la sofferenza del suo paziente, incapace tuttavia di trovarne di adeguate. Che cosa si può dire ad un diciottenne che , volente o nolente, aveva combattuto al fianco di Voldemort?

"Sono un mostro, non è vero? Sono un mostro" mormorò Draco, la voce leggermente impastata per i medicinali, i movimenti intorpiditi, come se si fosse appena svegliato. Ed in un certo senso, era vero. Si era appena destato dal mondo dei ricordi, per rientrare dolorante e sconfitto nel presente. Non si era seduto, e Columbine non gli aveva chiesto di farlo. Il ragazzo si aggirava per la stanza, barcollando leggermente. La guaritrice conosceva bene gli effetti di quelle pillole: anestetizzavano i tumulti interiori, dando alla persona il tempo di riprendere fiato dai propri incubi e dai propri timori. Ma non li cancellavano mai del tutto: sebbene la coscienza ed i sensi potessero essere annebbiati, rimaneva sempre e comunque un minimo di lucidità. Ed era proprio quella a far parlare Malfoy in quel preciso istante.
Columbine provò compassione pura nei suoi confronti. Dopotutto, sebbene avesse combattuto per l'esercito sbagliato, era pur sempre un ragazzino. Reduce dalla guerra, dilaniato da sensi di colpa, in conflitto con se stesso e la propria famiglia, incapace di accettare la propria sessualità. Ed innamorato, perdutamente innamorato, della sua nemesi. Ovvero, il suo nemico più acerrimo durante il conflitto bellico.
Un bel quadretto, insomma. Anzi, c'era quasi da stupirsi che Draco non avesse sviluppato altri disturbi, oltre agli incubi ricorrenti.

"Non sei un mostro Draco. Secondo me sei stato molto coraggioso"
Una risata senza allegria distorse il viso affilato del giovane, che la fissò come se fosse pazza.
"Io non so neanche che cosa sia ... il coraggio. So come serpeggiarmi tra i problemi e le responsabilità, come manovrare le persone a mio piacimento, come raggiungere il mio rendiconto personale. Io non sono coraggioso, Willowitch" Una pausa, vibrante di aspettativa, si espanse per la stanza surriscaldata "Io sono solo un povero vigliacco"
"Ok. Il momento di autocommiserazione è finito ... Io continuo a pensare che tu sia stato coraggioso. E sai perchè? Perchè non ti sei arreso di fronte ad una battiglia persa in partenza. E lo hai fatto perchè sapevi che da questo sarebbe dipeso non solo la tua stessa vita, ma anche quella della tua famiglia. Pochi combatterebbero contro i propri cari in nome degli ideali, non credi? Anzi, praticamente nessuno.  Come puoi biasimare te stesso per aver avuto ... paura? Ma siamo tutti spinti dal terrore, Draco. E' un istinto di sopravvivenza, è insito nella specie umana. Agiamo per proteggere e preservare noi stessi e le persone più importanti. Anche a costo di calpestare tutti gli altri"
"Potter non l'avrebbe mai fatto. Combattere per il Signore Oscuro... intendo. Si sarebbe sacrificato in nome della fottuta comunità. Quel ragazzo dimentica sempre se stesso, è come se il pericolo non gli importasse. Lui si che è coraggioso" Ringhiò Draco, con amarezza e sdegno.
"Ed ecco il prode Harry Potter entrare in scena. Incominciavo a preoccuparmi ... Draco, capisco che oggi tu sia in vena di schifarti, però vorrei farti notare una cosa. Harry Potter non ha avuto scelta" Sillabò, accentuando parola per parola, come se – così facendo – il messaggio potesse imprimersi meglio nel cervello del ragazzo. "Esattamente come te"
Si godette l'espressione interdetta che si era dipinta sul volto di Malfoy. Aveva colpito nel segno.
"E' ora di andare, Draco. Ne parleremo presto"
Prima di congedarlo, però, gli mise una mano sulla spalla e gli sussurrò "E poi, detto tra noi ... Io preferisco te a Potter. Lui è così ... eroico e perfetto, sempre pronto a fare la cosa giusta. Però anche banalmente scontato. Tu, invece, sei ... umano. Racchiudi in te luci ed ombre ed una personalità niente male, sfaccettata, imponderabile. Non sai mai quale sorpresa potresti riservare. Incomincia ad apprezzare te stesso, Draco. Non metterti in competizione con Potter o con chiunque altro. Non ti serve e non ne vale la pena"  
Per una frazione di secondo Draco ebbe proprio l'impressione che la Willowitch gli avesse fatto un occhiolino, prima di chiudere la porta.

Per quanto malvolentieri, Malfoy dovette constatare - per l'ennesima volta- le grandi qualità della guaritrice. Riusciva a leggergli dentro con  abilità e competenza, portando a galla emozioni ed episodi che erano rimasti sotterrate troppo a lungo nella sua psiche.
C'erano ancora tante questioni in sospeso nella sua vita. Columbine ed i suoi genitori avevano ragione: doveva superare tutto ciò che di irrisolto aleggiava come un fantasma nella sua mente e nei suoi sogni, per poter ricominciare ad essere se stesso.
Quella notte, per la prima volta, Draco dormì placidamente. Narcissa, quasi preoccupata per quell'inusuale silenzio, si era precipitata in camera sua a controllare. Si trovò di fronte ad un bellissimo ragazzo addormentato, i lineamenti illuminati di sbieco da un raggio di luna.
La madre gli accarezzò teneramente la pelle glabra della guancia, poi in punta di piedi lasciò suo figlio tra le braccia di Morfeo.
Se solo fosse rimasta un attimo in più, avrebbe visto quel viso affilato distendersi in un sorriso.

Potter gli stava porgendo la mano.


Angolo dell'autrice:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio tutti i miei lettori ... fatemi sapere che cosa ne pensate! =)
A presto.

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Capitolo 8
*** "Tu sei ... Harry Potter!" ***


Il nuovo venuto si guardò intorno, sfregando nervosamente le mani sudate sui jeans sdruciti. Lì, in quello studio medico, non era per niente a suo agio. Eppure, sentiva che quelle sedute gli sarebbero state utili.
Finalmente, posò i luminosi occhi verdi sulla Guaritrice, che gli sorrise. Ricambiò incerto, ma il risultato fu una smorfia.

"Lei... signora Willowitch... capisce perfettamente la delicatezza della situazione. Una fuga di notizie su questa situazione e sono, beh, rovinato" La guardò di sottecchi, quasi timoroso di aver ferito i sentimenti della donna. "Non che penso che ci sia qualcosa di cui vergognarsi ... insomma ... però meglio non rischiare... ehm, neppure la mia ragazza sa che sono venuto qui, da lei"

"Stai tranquillo... non ti dispiace se ti do del tu vero...? Sei così giovane... " Il ragazzo annuì in segno di assenso e la Willowitch proseguì "Non devi aver alcun dubbio sulla mia riservatezza. E' una condicio sine qua non della mia professione. Niente di niente di ciò che verrà detto durante le nostre sedute verrà divulgato. Neanche se ci fosse di mezzo la sicurezza internazione, capisci?
Gli fece un sorriso, a cui il giovane rispose – evidentemente più rilassato.
Columbine alzò un sopracciglio: "In ogni caso, se lo desideri, sono pronta a compilare e firmare una dichiarazione di Riservatezza, una sorta di garanzia. Qualsiasi cosa, pur di farti sentire maggiormente a tuo agio, mio caro"

"Ehm, no grazie. Mi fido di lei abbastanza da credere che non venderà storie sulla mia mente disturbata a Rita Skeeter... "

"Oh, su questo puoi stare tranquillo. Io e Rita ci detestiamo cordialmente dai tempi della scuola. E' più interessata a pubblicare settimanalmente commenti al vetriolo sulla mia nuova acconciatura o sul paio di scarpe che indosso" Columbine alzò gli occhi al cielo, prima di ridacchiare complice con il giovane di fronte a lui. Ora, perlomeno, aveva rilassato i muscoli del viso e della schiena.
"Sai come funziona questo tipo di terapia?"

"Oh, sì, immagino di sì. La mia migliore amica, cioè colei che ha insistito tanto affinchè venissi qui, si è molto documentata al riguardo durante l'estate e... mi ha spiegato più o meno tutto ciò che è necessario sapere"

"Bene, quindi ti è chiara anche la questione del Pensatoio?"
Il ragazzo si strinse nelle spalle, prima di sussurrare fissando lo strumento che si ergeva a metà strada fra di loro: "Ho una certa dimestichezza con questi oggetti, purtroppo ... "
Columbine pensò che sarebbe stato interessante sapere come e quando ne avesse fatto uso, ma decise che per quella volta avrebbe dovuto soffocare la sua curiosità.
"E dimmi... perchè la tua amica ha pensato che io ti potessi essere d'aiuto?"

"Prima di tutto, si è assicurata che lei fosse effettivamente la guaritrice più in voga del momento. Quindi, ha letto tutte le sue ricerche ed interviste, per provare a capire che tipo di persona fosse... " L'espressione sul viso del ragazzo era esilarante: raccontava quegli eventi con semplicità ed un briciolo di imbarazzo. "...Le assicuro che è una persona normale. E' solo molto, molto precisa. Ed estremamente intelligente..." provò a scusare timidamente il comportamento dell'amica, per paura che potesse interpretarlo in modo sbagliato.
Columbine gli fece un cenno indulgente, invitandolo a continuare. Sapeva perfettamente chi fosse la ragazza a cui stava facendo riferimento. Una certa Hermione Granger l'aveva bersagliata di lettere e gufi durante il periodo estivo, praticamente implorandola di accettare il caso del suo migliore amico.
"Insomma. Pensa che io abbia bisogno di aiuto perchè ... oddio, mi sembra una cosa così stupida da dire... " Si nascose il viso paonazzo tra le mani. Da dietro le dita, sussurrò "Non so più chi sono"

"In che senso?"

"Sono sempre stato riconosciuto come il Il Bambino Sopravvissuto, il Prescelto, l'unica speranza per il Mondo Magico di salvezza. Dopo la morte di Voldemort (Columbine rimase colpito dalla grande naturalezza con cui il ragazzo pronunciava il nome della sua nemesi), sono stato esaltato come eroe. Ma ora... chi sono? Sì, sono il migliore amico di Hermione e Ron, il fidanzato di Ginny, un futuro auror... ma oltre a questo? Dottoressa, è come se ... avvertissi un vuoto. Sento che la mia vita, per la prima volta, è priva di scopo e questo mi spaventa terribilmente. Ho sempre avuto un obiettivo da portare a termine, un'avventura da affrontare, un nemico da sconfiggere. Ed adesso, mi sento inutile"

"Sei Harry Potter. Potrebbe sembrare una banalità, ma se ci pensi non lo è affatto. Parti da questo. Ti chiami Harry Potter, sei un ragazzo di 18 anni che si trova catapultato nel mondo degli adulti ed incomincia a chiedersi – ragionevolmente- chi vuole diventare. Questo accade a tutti. Il problema è il nostro Harry ha vissuto esperienze che la stragrande maggioranza dei suoi coetanei non vivrà mai neppure in cento vite. Inoltre, incomincia a sentirsi stretto nel ruolo di Eroe, amico, fidanzato.
Vorrebbe evadere da questa quotidianità che già lo soffoca, per provare ancora quella scintilla di adrenalina che ha guidato la tua vita negli ultimi anni.
Io credo che questa angoscia, Harry, sia dettata dal fatto che non permetti al tuo vero "io" di emergere. Sei troppo legato al tuo passato, ancora influenzato da ciò che tutti pensano e potrebbero pensare di te.
Hai avuto tutta questa responsabilità addosso, negli ultimi sette anni. Finalmente, puoi scrollartela di dosso, anche con una certa soddisfazione. Ma ormai era parte integrante di te, il ruolo di Salvatore della Patria, esattamente come quella cicatrice che porti sulla fronte"

Harry la stava guardando con la bocca leggermente aperta, completamente affascinato dalla sua parlantina. Columbine si congratulò con se stessa, per essere riuscita ancora una volta a colpire nel segno. Il ragazzo le pendeva, letteralmente, dalle sue labbra.

"Lei, signora Willowitch, ha capito perfettamente il problema. Non ero mai stato in grado di esprimerlo, prima di oggi. Insomma, non in modo così chiaro e conciso, comunque. Grazie"
La Willowitch fece un gesto della mano, come a voler allontanare da sè tutti quei complimenti.

"Prego" rispose in modo asciutto. "Ma... mi sfugge ancora un particolare. Che tipo di disturbi ti provoca questa "crisi di identità"? Incubi... allucinazioni... vertigini... ansia...?"

"Hmm.. direi... una sorta di depressione. Sono sempre stanco, svogliato... mi sento... come se non potessi mai più essere felice!"

"Addirittura? E' una sensazione come quella che si potrebbe provare di fronte ai Dissenatori?"
Columbine vide Harry rabbrividere: il timore di quegli esseri era ancora in agguato.

"Precisamente. Solo che, in questo caso, le tavolette di cioccolato non fanno effetto" disse, aggrottando la fronte, in una sorta di disappunto infantile.

"Ok. Penso di poterti aiutare... a ritrovare te stesso"
Harry le sorrise radioso, come se il suo futuro dipendesse esclusivamente dal suo operato.
Dal canto suo, Columbine non pensava che si sarebbe trattato di un caso troppo complesso. A dispetto di quanto si sarebbe potuto pensare, Harry non aveva riportato traumi invalidanti, in grado di compromettere qualitativamente la sua esistenza.
Aveva conosciuto il dolore, la morte, la perdita e l'assenza prima ancora di essere in grado di parlare e durante tutti gli anni della sua infanzia. Tutti, nel mondo magico, conoscevano il suo passato: le biografie sul Bambino Sopravvissuto si sprecavano. Paradossalmente, sembravano tutti conoscere Harry. Tutti, tranne il ragazzo che le stava di fronte.

Angolo dell'autrice:
Tadaan. Sorpresa! Il nostro Harry è entrato in scena... ma vi sareste mai aspettati in questi termini?
Vedremo cosa succederà nel corso delle prossime sedute...
A prestissimo

PS: Grazie a chi legge/segue/preferisce/ricorda/recensisce la mia storia!!!

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Capitolo 9
*** Una metafora perfetta ***


Maybe you think you that can hide
I can smell your scent for miles
Just like animals, animals, like animals
(Maroon 5 - Animals)

Draco entrò nello studio ed immediatamente percepì qualcosa di diverso dal solito. Chiuse per un attimo le palpebre, annusando l'aria profondamente. Le narici si dilatarono, cercando di cogliere quell'essenza così inspiegabilmente famigliare, ma invano.
Qualcuno era stato lì. 
Decise di lasciar perdere, seppur pervaso da un senso di frustrazione inenarrabile.

Quel giorno, Columbine sfoggiava un paio di enormi orecchini turchesi – en pendant con i suoi occhi, constatò caustico Draco -, che tintinnavano ad ogni suo movimento del capo.
"Come va?" gli chiese premurosamente.
"Ho litigato con mio padre, questa mattina" disse Draco, con voce monocolore. Anticipò le domande di Columbine: "Non volevo venire oggi"
"Mi vuoi dire perchè?" Draco trovava irritante quel tono affettuoso e materno della donna: non si meritava tutta quella comprensione, quell'attenzione da parte sua.
"Perchè..." il ragazzo si bloccò per un attimo, indeciso per un attimo se continuare o meno. Si sarebbe offesa? Si sarebbe arrabbiata? Lo avrebbe cacciato di lì? Decise di rischiare. Da quando si faceva degli scrupoli per rispetto degli altri?
"Perchè fa schifo venire qui, ecco perchè! Perchè odio questo posto, odio chiacchierare con lei. Lei, che se ne sta lì seduta sul suo trono come se fosse un dio sceso in terra, a giudicare tutto ciò che faccio e ciò che dico! Sono stufo!"

Si alzò violentemente dalla poltrona in cui si era agitato fino a quel momento, incominciando a camminare come un animale in gabbia per lo studio. Columbine Willowitch, da dietro le lenti dei suoi leziosi occhiali, lo guardava terribilmente interessata, quasi come se si trovasse di fronte ad uno spettacolo particolarmente coinvolgente.
"...Stufo di lei! Dei miei genitori! Della mia stupida esistenza!" Il ragazzo stava progressivamente alzando il tono di voce. "Ma soprattutto ... stanco di dover rivangare nel mio passato. Basta! Non ne posso più! Voglio solo dimenticare, non continuare a ricordare i miei errori. Guardi, guardi che cosa mi ha portato a fare l'ultima seduta!"
Alzò la manica della camicia con una certa urgenza. L'avanbraccio, sede del marchio, era percorso da una serie di graffi.
Columbine, per la prima volta, parve reagire – con una certa soddisfazione di Draco. "Oh caro, perchè?"
"Perchè? Perchè? Perchè lo voglio cancellare, voglio che sparisca dalla mia pelle ma non ci riesco, non ci riesco a mandarlo via... Ho già provato qualsiasi incantesimo, pozione o cura. Semplicemente, non si può far niente per cancellarlo. Me ne stavo incominciando a fare una ragione, ma poi è arrivata lei con le sue stronzate sulla necessità di elaborare il passato. Ed è tornato tutto a galla. E' solo colpa sua, signorina Willowitch. Spero che ne sia soddisfatta."

La Willowitch provò a farlo calmare, ragionare, riflettere ma invano. Draco era fuori di sè. Talmente sconvolto da urlare "Io lo ODIO questo stupido coso!" , riferendosi al Pensatoio, prima di darvi una violenta manata facendolo cadere a terra.

Il sordo rumore dello strumento che si infrangeva in mille pezzi sul pavimento sembrò far ritornare in sè il ragazzo. Ansante e congestionato in volto, Draco si rese finalmente conto di ciò che era accaduto. Si mise immediatamente in ginocchio, provando a ricomporre con le mani l'oggetto, ormai irrimediabilmente perduto.

"Non importa Draco, stai tranquillo. Era tempo che lo cambiassi, comunque... L'importante è che questo sfogo ti sia servito a farti sentire meglio. E' giusto buttare fuori ciò che di negativo ristagna in noi, non permettendoci di vivere serenamente.  So che non ti piace venire qui Draco. Praticamente nessuno dei miei pazienti ne è entusiasta. A chi piacerebbe confrontarsi con il proprio passato ed i propri rimpianti in continuazione? Però serve, te lo posso assicurare. Sbaglio, o in una delle ultime sedute mi avevi detto di fare molti meno incubi?"

Draco, quasi stordito, le fece un lieve cenno con la testa. Si trovava ancora per terra, circondato da minuscoli frammenti di vetro. Una metafora perfetta della sua vita, insomma.

"Comunque ... pensi che potrebbe farti bene smettere per un pò con il Pensatoio? Possiamo... semplicemente chiacchierare se ti va"
"E di cosa?" domandò scontrosamente Draco, tenendo lo sguardo basso per la vergogna ed il rimorso.
"Facciamo un gioco. Io ti faccio delle domande alle quali tu puoi rispondere come preferisci, e poi – se desideri – puoi fare qualche domanda su di me. Insomma, ci conosciamo un pò meglio. Così magari incomincerai a vedermi come un essere umano e non come un ... cito testuali parole *dio sceso in terra*"
"E' una cosa stupida ed infantile" mugugnò Draco, fissando ancora con ostinazione il pavimento reso sbrilluccicante dai cristalli.

Columbine fece finta di non aver sentito.

"Allora Draco... vediamo... quando sei nato?"
Malfoy spostò finalmente gli occhi su di lei.
Poi, con aria di sufficienza, quasi fosse una sorta di ritardata rispose: "5 giugno"

La Willowitch aveva incominciato a prendere appunti su un elegante quaderno di pergamena.
"Caratteristiche della tua bacchetta?"
"Biancospino e crine di unicorno, dieci pollici, elastica"
rispose quasi automaticamente.

Continuava a rimanere nel suo cantuccio, seduto per terra, abbracciandosi le gambe ossute con le braccia. Sembrava si fosse calmato, nonostante il suo fosse un carattere imprevedibile e fumantino.
Benchè stesse guardando la Guaritrice come se avesse perso il senno, stava comunque partecipando ad un gioco di cui non capiva il senso. A prescindere da quell'atteggiamento prevenuto e strafottente, Draco stava collaborando. Era un'ottima notizia, visto e considerato che fino a qualche minuto prima era in procinto di distruggerle lo studio.

"Colore preferito?"
Malfoy le lanciò un'occhiataccia incredula, ma poi rispose "Verde, ovviamente"

"Casa di Hogwarts?"
"Serpeverde"
replicò irritato Malfoy. Era ovvio. A che gioco stava giocando la Willowitch? Era uno scherzo?

"Sport preferito?"
"Quidditch"

"Materia preferita?"
"Pozioni... ero piuttosto bravo, all'epoca"
Draco non represse un sorrisino compiaciuto al pensiero di quelle lezioni e di come Piton avesse torturato Potter nel corso degli anni. L'unico professore a non avere mai idolatrato il grande-Harry-Potter si disse tra sè e sè.

Draco incominciava a prenderci gusto, sebbene fosse una sorta di interrogatorio.

"Animale preferito?"
"Il serpente. Ho sempre desiderato averne uno"

La Willowitch smise di scrivere freneticamente, per guardarlo da dietro le lenti dei suoi occhiali.
"Draco, questa è proprio un'ottima idea! Prenderti cura di un essere vivente, un animale, potrebbe essere positivo per te... Sai, così dovresti concentrarti su qualcos'altro. Un animale ti fa sentire speciale e dipende da te, in tutto e per tutto. Credo che dovresti prenderne uno. A parer mio, un gatto o un gufo sarebbero più indicati rispetto ad un rettile ma... insomma, pensaci"

Anche a Draco parve un'idea decente. La prima che avesse mai partorito la Willowitch, si disse sprezzante. Nell'ultimo periodo si sentiva particolarmente inutile, abbattutto, solo. Ma se si fosse preso cura di qualcun altro, forse avrebbe potuto riacquistare un pò di autostima perduta. Aveva sempre voluto un animale, ma i suoi genitori non glielo avevano mai permesso, adducendo scuse una meno credibile dell'altra. Per fortuna, le cose erano cambiate. I suoi genitori si sentivano perennemente in colpa nei suoi confronti, ed avrebbero soddisfatto qualsiasi suo desiderio o capriccio. Sapeva già quale animale avrebbe scelto, e non si sarebbe trattato di un serpentello strisciante.

Il botta e risposta si dipanò ancora per il resto della seduta. Draco pareva essersi tranquillizzato e rispondeva serenamente alle domande, anche a quelle veramente banali e stupide che gli venivano poste. L'obiettivo era quello di fargli abbassare la guardia abbastanza a lungo per provare a penetrare le sue difese mentali.
Dopo aver parlato di tutto e niente, Draco disse in tono di sfida: "Adesso tocca a lei rispondere"
La Willowitch gli sorrise indulgente, prima di rispondere: "Ti concedo tre domande, Draco. Poi è ora che tu vada"
Draco avrebbe potuto metterla in imbarazzo, se solo avesse voluto. Sarebbe stato così piacevole, quasi catartico, vedere la Willowitch dibattersi come un pesce sul suolo, alla disperata ricerca di ossigeno. Ma poi, incontrando i suoi incoraggianti occhi chiari, si rese conto che sarebbe stata una pura cattiveria farle domande sconsiderate sulla sua vita privata. Per questo decise di non rischiare, optando per quesiti semplici e non compromettenti.

"Casa di Hogwarts?"
"Corvonero... "
disse malcelando un certo orgoglio la Willowitch, mentre Draco nascondeva una smorfia. I Corvonero, per non parlare poi dei Tassorosso, erano così insignificanti.

"Caratteristiche della sua bacchetta?"
"14 pollici e mezzo, legno di noce, nucleo di unicorno, dura"

La Willowitch sembrava essere divertita e completamente a suo agio. Draco fu pervaso nuovamente dall'insana tentazione di metterla in difficoltà, la medesima che era riuscita a dominare fino a qualche minuto prima.
"L'ultima domanda... Lei è ... innamorata?"
Il sorriso scomparve dal volto della guaritrice, lasciando il posto ad un'espressione di pura malinconia. Poi, rispose flebilmente: "Sì, moltissimo Draco. Ma solo del mio lavoro"

Poi, come se quella domanda l'avesse svuotata, lo congedò gentilmente.
A Draco dispiacque terribilmente per lei, sconvolgendosi al pensiero di non essere l'unico al mondo a soffrire.



Angolo dell'autrice:
Ciao miei adorati lettori! Voglio ringraziarvi perchè siete davvero tanti !!!
Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che cosa ne pensate =)
Alla prossima seduta 










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Capitolo 10
*** Un nuovo amico ***




Columbine Willowitch non aveva dubbi: Draco Malfoy sapeva essere veramente crudele. E stronzo, aggiunse mentalmente, prima di autocensurarsi: non era bene pensare cose del genere di un paziente. Neppure se corrispondeva palesemente alla verità.
Quella domanda che gli aveva posto, apparentemente in modo innocente, in realtà celava un desiderio sconfinato di metterla all'angolo, di farla sentire a disagio. Era una sorta di vendetta per ciò che gli aveva fatto subire nel corso delle ultimi sconvolgenti sedute.
Ma quella domanda, posta in quel preciso momento della sua esistenza, l'aveva ferita.
"Lei è ... innamorata?" Era riuscita a non cadere nella trappola del ragazzo, imbastendo una frase ad effetto poco credibile. Sì, sono innamorata Draco. Perdutamente. Ogni fibra del mio corpo è pervasa dal desiderio di lui. E non lo avrò mai. Questa sarebbe stata la risposta corretta. Si asciugò una lacrima furtiva, soffocando un singhiozzo. Poi, prese dalla tasca un flaconcino di plastica rosa, colmo di pillole. Se ne ficcò due in bocca, quasi fossero caramelle, inghiottendole senza acqua. Si sentì immediatamente meglio: per un pò l'avrebbero anestetizzata, assopendo il tumulto interiore che si stava consumando dentro di lei.


Draco Malfoy era entusiasta. Non appena era entrato nel Serraglio Stregato, aveva passato in rassegna con occhio critico tutte le gabbie, alla ricerca dell'animale perfetto per lui. C'erano instancabili topi ballerini, gufi dall'elegante piumaggio, serpenti dei più disparati colori. Si era lasciato tentare da un'iguana di due metri e mezzo, affascinato dalla sua espressione di totale incuranza nei confronti del caotico mondo che la circondava.
Ma poi, quando ormai si stava rassegnando, la sua attenzione era stata catturata da un esserino dallo sguardo intelligente, che sembrava fissarlo da dietro le sbarre del suo recinto.
Era stato amore a prima vista.

"E quello che cosa sarebbe?" la voce di Lucius Malfoy lasciava trapelare una nota di indignazione stupefatta.
"Un furetto, padre. Non è meraviglioso?" L'animale si era appoggiato maestosamente sulla spalla di Malfoy e da quella posizione sembrava voler dominare l'ambiente circostante.
"Esigo una spiegazione sul perchè questo ... coso si trovi qui, in casa nostra!"
"Innanzitutto non è un coso. Ha un nome, si chiama Malferret e... "
Lucius lo guardò oltraggiato, portandosi una mano alla bocca, prima di esclamare con voce strozzata: "Non solo hai dato un nome a quell'essere, ma sei riuscito anche a sceglierne uno che ridicolizza il nostro casato! E' inaccettabile, Draco!" Poi, rivolgendo uno sguardo esasperato alla moglie le chiese: "Narcissa! Tu non hai niente da dire?"

Narcissa dovette nascondere un sorrisetto, la scena era particolarmente esilarante. Pensò che a Lucius sarebbe venuto un collasso da un momento all'altro, visto che aveva incominciato a boccheggiare come un pesce.
Ammiccando leggermente al figlio, esordì con voce pacata: "Sono sicura che abbia una valida motivazione se ha portato questa creaturina qui. Non è vero, Draco?"
"E' stata un'idea di Columbine Willowitch. Ritiene che io abbia bisogno di responsabilizzarmi e di possedere qualcosa che dipenda totalmente ed esclusivamente da me" si giustificò il ragazzo, stringendosi nelle spalle ossute con fare innocente.
Pronunciare quel nome, nella sua famiglia, equivaleva ad un sicuro lasciapassare. Immediatamente, Lucius allargò le braccia, bofonchiando sconfitto: "Beh... se lo dice la guaritrice... se ti fa piacere..."
"Grazie!" Draco sorrise raggiante all'indirizzo dei suoi genitori, che – per la prima volta, dopo moltissimo tempo, videro i lineamenti affilati dell'adorato figlio illuminarsi per la gioia.

Columbine Willowitch non volle credere ai suoi occhi: Draco Malfoy, quel giorno, si era presentato in compagnia di un animaletto. Un furetto, per la precisione.

"Spero che non le dispiaccia se ho portato lui ma ... ormai viviamo praticamente in simbiosi"
"Non c'è problema, Draco. Sono rimasta solo un pò interdetta ... un furetto è un animale insolito, non credi?"
"Oh, credo di fornirle una spiegazione a questa mia scelta, se è questo che desidera. Sono pronto a farle vedere un altro ricordo, se me lo permette"
Lanciò uno sguardo colpevole verso il punto in cui troneggiava il vecchio pensatoio, ora sostituito da uno più moderno. "Mi spiace... per quello che è successo la scorsa volta" lo disse in un sussurro, però sembrava sinceramente dispiaciuto. Non erano scuse di circostanza, e questo venne apprezzato dalla Guaritrice.
"Ma certo! Posa pure sulla poltrona il tuo nuovo amico e poi, quando sei pronto, possiamo iniziare"

Columbine Willowitch si trovò catapultata nel cortile di Hogwarts. Per un attimo si guardò intorno, pervasa da un senso di nostalgia indefinita, ma poi la sua attenzione fu catturata da alcune voci provenienti dall'ingresso del castello.

Un gongolante Draco Malfoy stava brandendo una copia della Gazzetta in direzione dell'amico di Potter, Weasley. Lesse l'articolo quasi urlando, eppure la Willowitch non riuscì a coglierne il senso. Si avvicinò un pò di più, nella speranza di poter capire almeno qualche parola della conversazione. Dietro di lei camminava il vero Draco, impassibile seppure visibilmente pallido.


    
    «E c’è anche la foto, Weasley!» disse Malfoy, raddrizzando il giornale e reggendolo in alto. «Una foto dei tuoi genitori a casa loro, sempre che si possa chiamarla casa! Tua madre potrebbe anche perdere qualche chilo, no?» 
    Ron tremava di rabbia. Gli occhi di tutti erano puntati su di lui. 
    «Vai al diavolo, Malfoy» disse Harry. «Andiamo, Ron…» 
    «Oh, certo, sei stato da loro quest’estate, vero, Potter?» sogghignò Malfoy. «Allora dimmi, sua madre è davvero così cicciona, o è solo la foto?» 
    «Hai presente tua madre, Malfoy?» disse Harry che con Hermione tratteneva Ron per i vestiti, per impedirgli di scagliarsi su Malfoy. «Quella faccia che fa, come se avesse la cacca sotto il naso? Ce l’ha sempre avuta o è solo perché era con te?» 
    Il volto pallido di Malfoy arrossì appena. «Non osare insultare mia madre, Potter». 
    «Tieni la tua boccaccia chiusa, allora» disse Harry, voltandosi. 
    BANG! 
    Parecchi ragazzi urlarono. Harry sentì qualcosa di incandescente graffiargli il lato del viso. Affondò la mano in tasca per prendere la bacchetta, ma prima ancora di riuscire a toccarla, udì un secondo forte BANG, e un ruggito che echeggiò per tutta la Sala d’Ingresso. 
    «OH NO CHE NON LO FAI, RAGAZZO!» 
    Harry si voltò di scatto. Il professor Moody scendeva zoppicando la scalinata di marmo. Aveva estratto la bacchetta e la puntava su un furetto di un bianco immacolato, che tremava sul pavimento di pietra, esattamente nel punto in cui prima c’era Malfoy. 
    Nell’Ingresso calò un silenzio terrorizzato. Nessuno mosse un muscolo tranne Moody, che si voltò per guardare Harry — o meglio, il suo occhio normale guardava Harry; l’altro era rivolto verso l’interno della testa. 
    «Ti ha preso?» ringhiò Moody. La sua voce era bassa e rauca. 
    «No» rispose Harry, «mancato». 
    «LASCIALO!» gridò Moody. 
    «Lasciare… che cosa?» chiese Harry, esterrefatto. 
    «Non tu, lui!» ringhiò Moody, puntando il pollice sopra la spalla per indicare Tiger, che si era appena immobilizzato sul punto di prendere in braccio il furetto bianco. A quanto pareva, l’occhio di Moody era magico e poteva vedere dall’altra parte della testa. 
    Moody prese a zoppicare verso Tiger, Goyle e il furetto, che emise uno squittio spaventato e scattò via, filandosela verso i sotterranei. 
    «Non credo proprio!» ruggì Moody puntando la bacchetta di nuovo verso il furetto, che volò in aria a tre metri di altezza, cadde con un tonfo al suolo e poi rimbalzò di nuovo in alto. 
    «Non mi piace chi attacca quando l’avversario gli volta le spalle» ruggì Moody, mentre il furetto rimbalzava sempre più in alto e squittiva di dolore. «È una cosa sporca, vile e infima…» 
    Il furetto volò per aria, le zampe e la coda che si agitavano invano. 
    «Non — farlo — mai — più» disse Moody, pronunciando ogni parola man mano che il furetto colpiva il pavimento di pietra e rimbalzava di nuovo. 
    «Professor Moody!» disse una voce stupefatta. 
    La professoressa McGranitt scendeva la scalinata di marmo con le braccia cariche di libri. 
    «Salute, professoressa McGranitt» disse Moody tranquillamente, spedendo il furetto ancora più su. 
    «Che cosa… che cosa sta facendo?» chiese la professoressa McGranitt, gli occhi che seguivano l’ascesa del furetto. 
    «Insegno» rispose Moody. 
    «Insegna… Moody, quello è uno studente?» strillò la professoressa McGranitt mentre i libri le cadevano a terra. 
    «Già» rispose Moody. 
    «No!» urlò la professoressa McGranitt, scendendo la scala di corsa ed estraendo la bacchetta; un attimo dopo, con un forte schiocco, ricomparve Draco Malfoy, accasciato a terra, i lisci capelli biondi che coprivano la faccia rossa come un papavero. Malfoy si rialzò tremante.

(HARRY POTTER E IL CALICE DI FUOCO, CAP. 13 – J.K.ROWLING)


La Willowitch aveva guardato esterafatta la scena, indecisa se indignarsi verso quell'ignobile trattamento nei confronti del suo assistito, oppure scoppiare a ridere sommessamente. Riuscì a mantenere una parvenza di serietà, eppure il suo divertimento fu immediatamente colto da Draco, non appena furono spediti gentilmente fuori dal Pensatoio.
Straordinariamente, anche Malfoy stava sorridendo.
"Divertente, non è vero?" disse vivacemente, prima di sussurrare in modo tagliente "Uno dei momenti più imbarazzanti della mia esistenza"
Columbine si schiarì la voce, soffocando una risata: "Beh Draco, non si può dire che tu non l'abbia meritato. Sei stato odioso nei confronti del povero Weasley..."
Draco mosse la mano, come a voler respingere quelle illazioni.
"Allora, ha capito?"
"Che cosa?" domandò la Willowitch, sgranando i magnifici occhi azzurri.
Draco sbuffò visibilmente, ostentando insoddisfazione: "E meno male che lei sarebbe la più grande guaritrice del Mondo Magico! Le sto chiedendo ... " rallentò la parlata, come se si stesse rivolgendo ad una bambina "...ha capito il motivo della mia scelta? Il furetto...?"
"Ho una teoria, però vorrei sapere prima che cosa ne pensi tu... perchè hai scelto questo esemplare, Draco? Dal manto bianco, per di più?"
"Voglio saperlo da lei, signorina Willowitch" Draco la stava sfidando, per l'ennesima volta.
"I casi sono due: o hai deciso di adottare un furetto per puro spirito masochista ... oppure, come al solito, tutto questo è riconducibile a Potter. Questo è un maldestro tentativo di prenderti una rivincita morale su di lui e sulla vergogna che hai provato in quel contesto. E' un modo per dire: ""Guardami Potter, sono talmente furbo da essere riuscito a trasformare uno dei ricordi peggiori della mia esistenza in uno dei migliori!"" Inoltre, quand'eri sotto le spoglie di furetto hai attirato la sua attenzione... e solo Merlino sa quanto tu abbia voglia di essere messo al centro dei pensieri di Potter..."
Sorrise soddisfatta all'indirizzo di Draco, finalmente zittito.
".. come hai detto che si chiama?"
Draco mugugnò qualcosa di incomprensibile, avvampando. Invitato a ripetere, aveva sussurrato Malferret come se fosse un'indicibile bestemmia.
"E... immagino che questo fosse il soprannome che Harry aveva scelto per te"
Malfoy annuì svogliatamente, distogliendo lo sguardo, improvvisamente scoperto. Spogliato della sua maschera di strafottenza.
"Adorabile"
Draco raccattò il furetto e fece per alzarsi, ma la voce della Guaritrice lo fermò:
"Prima che tu vada... Per la prossima volta voglio che tu scriva una lettera a Potter. Scrivi quello che ti passa per la testa, l'importante è che tu la metta per iscritto e la porti qui. La leggeremo insieme..."
Malfoy alzò il sopracciglio, rimbeccandola: "Non sapevo di essere a scuola"
Columbine lo ignorò, indicandogli con lo sguardo l'uscita.
"Alla prossima settimana ... Malferret" disse, sentendosi trapassata da grigi occhi carichi di odio.


Angolo dell'autrice:
Eccoci qui, una seduta particolarmente intensa quella di oggi.
Ho deciso di riportare uno stralcio del capitolo originale, perchè credo che quella scena sia assolutamente impossibile da riscrivere!
Spero che vi sia piaciuto. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio e... grazie!

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Capitolo 11
*** Tu mi hai salvato ***


Malfoy era seduto compuntamente alla scrivania della biblioteca del Manor, intento a fissare il foglio di pergamena perfettamente intonso di fronte a lui.
Maledisse la Willowitch, lei e quelle sue idee strampalate da guaritrice da strapazzo...
Non avrebbe scritto una lettera a Potter. Per dirgli cosa, poi? Allontanò la carta da lettere, come a voler prendere le distanze da quel compito ingrato. Fece per alzarsi, ma il senso del dovere prevalse. Sospirò, allungando le gambe magre sotto al tavolo. Beh, provarci non gli sarebbe costato molto. Sempre meglio di recarsi alla prossima seduta a mani vuote, subendosi le recriminazioni e gli sguardi di rimprovero di Columbine.
Intinse la penna nell'inchiostro, mordicchiandone l'estremità in cerca di ispirazione.
Come doveva rivolgersi allo sfregiato?

Caro Harry ... Caro Harry?! Da quando quell'imbecille poteva essere definito caro e, soprattutto, da quando aveva incominciato a pensare a lui con il suo nome di battesimo?
Tirò una riga netta sulla prima frase, stringendo le labbra sottili.
Signor Harry Potter. Terribilmente formale. Cancellò con un secco gesto anche questo tentativo.
Harry. Malfoy scrisse quel nome con una certa attenzione, sincerandosi di ripassare più volte ciascuna lettera, salvo poi nasconderlo freneticamente con l'inchiostro, fino a formare una chiazza nera sul foglio. Decisamente no. Harry era ... troppo intimo.
Alla fine optò per la scelta più ovvia: Potter. Rilesse a bassa voce quel cognome, cercando di concentrarvi tutto l'odio ed il disprezzo che provava nei suoi confronti. Quasi si sforzò, ma sembrava che l'acredine avesse lasciato il posto ad un'incontrovertibile sensazione di nostalgia.


Potter.
Sappi che ti sto scrivendo questa lettera sotto costrinzione. Non pensare neppure per un istante che questa decisione sia stata spontanea. Non so neanche perchè io ti debba scrivere, comunque.
Come stai? (E' una frase di circostanza, in realtà non potrebbe fregarmene di meno della tua salute, ma cerchiamo di mantenere le apparenze).
Presumo che la tua vita vada a gonfie vele, almeno a giudicare dalle foto che vengono pubblicate sui giornali di quart'ordine. A proposito, ti consiglio almeno di sorridere verso l'obbiettivo, è già abbastanza spiacevole vedere la tua faccia ovunque, figuriamoci poi con un'espressione da pesce lesso stampata sopra.

A questo punto, ti immagino contrarre la mascella ed aggrottare la fronte, profondamente infastidito dalle mie innocenti punzecchiature.
Ricordi i bei vecchi tempi? E' stato davvero un piacere rendere la vita del Salvatore del Mondo Magico e dei suoi amichetti impossibile, anche se non ho mai davvero perdonato la Granger per quel pugno. Però ho perdonato te, per la questione della stretta di mano. Spero che tu ti sia reso conto del grande errore che hai compiuto. Insomma, non si rifiuta mai un'offerta di amicizia, specie se proviene da Draco Malfoy in persona. Ti sei mai chiesto che cosa sarebbe accaduto se tu avessi saggiamente abbandonato al proprio destino Weasley, accogliendo la mia proposta? Ad esempio, non sarei qui di certo a scriverti una stupida missiva che non leggerai mai. Potrei venire a trovarti di persona e fare quattro chiacchiere con te, senza avere il terrore di essere guardato come un inutile insetto da calpestare. Forse potrei persino annoverarti nella mia cerchia di amici più intimi. Ma è inutile guardarsi indietro struggendosi per qualcosa che non è accaduto.

Ho fatto degli errori, Potter. Mi sono schierato dalla parte sbagliata della guerra; i miei genitori dicono che io non abbia mai avuto scelta, addirittura elogiano il mio coraggio. Ma quale coraggio, mi chiedo io? Ho imboccato la strada più conveniente e semplice, ho preso il Marchio Nero per salvare la mia vita, ho ordito alle tue spalle durante il Sesto Anno... Ho la coscienza sudicia e le macchie di sangue che la costellano fanno fatica a sbiadire.

Non sto implorando il tuo perdono, Sfregiato. Non lo farei mai e non credo neppure di meritarlo.
Però, mettendo faticosamente da parte l'orgoglio, voglio ringraziarti.
Grazie per avermi teso la mano mentre la fiamme divampavano nella Stanza delle Necessità.
Grazie per aver testimoniato in favore della mia famiglia al Processo: senza la tua dichiarazione non avremmo mai più rivisto la luce del sole, sepolti vivi nelle orribili celle di Azkaban, in attesa del bacio mortifero.

Tu mi hai salvato la vita, Harry Potter – una e mille volte.
Ed è per questo che ti odio.
Ed è per questo che ti amo.

Una lacrima cadde sulla pergamena, suggellando quella improbabile dichiarazione di amore, che non sarebbe mai giunta a destinazione.

Angolo dell'autrice:
Dare vita ai pensieri di Draco è stato più difficile del previsto. 
Spero, comunque, che il risultato sia convincente.
Fatemi sapere...

Un abbraccio e grazie <3




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Capitolo 12
*** Sfortunate Circostanze ***


Columbine Willowitch, quella sera, aveva involontariamente spedito una lettera al Signor Harry Potter. Purtroppo, a causa della sua inspiegabile sbadataggine, aveva confuso il proprio biglietto con un foglio spiegazzato che il suo ultimo paziente aveva abbandonato sulla poltrona.
Proprio una sfortunata circostanza, davvero.


Come ogni mattina, sul tavolo della Tana si riversarono una caterva di lettere, in un turbinio di piume ed ali. Si trattava perlopiù di lettere di ammiratrici ed estimatori del Salvatore del Mondo Magico, ansiosi di ricevere una sua risposta o -semplicemente- di renderlo partecipi della propria esistenza. Harry tendeva ad ignorarle, sperando che prima o poi tutta l'attenzione nei suoi confronti sarebbe scemata, lasciandolo finalmente libero di respirare.
Tuttavia, una catturò immediatamente il suo interesse. Era una busta di un'insolita tonalità smeraldina, decisamente più piccola di quelle che era solito ricevere. Non c'era alcuna traccia del mittente, eppure la calligrafia che aveva vergato elegantemente il suo cognome sul retro gli era stranamente familiare.
E poi, d'un tratto, la riconobbe. Il suo cuore incominciò a battere all'impazzata.

Fece colazione il più velocemente possibile, fremente per la curiosità e l'impazienza. La lettera quasi gli bruciava nei pantaloni. Se l'era infilata in tasca in modo furtivo, per paura che qualcuno dei Weasley potesse intercettarla, facendogli domande inopportune.
Bofonchiò un paio di scuse prima di congedarsi, sperando di non aver attirato troppo l'attenzione della famiglia con il suo strano comportamento. Fortunatamente, nessuno sembrava essersi accorto dell'impellente bisogno che aveva incominciato a pervaderlo con un'insistenza quasi insopportabile.
Salì due gradini per volta, prima di rifugiarsi nella camera che condivideva con Ron. Chiuse la porta dietro di sè, il respiro corto e le guance in fiamme.
Strappò l'involucro facendolo cadere al suolo, senza preoccuparsi di raccoglierlo.
Si buttò a capofitto tra le parole di Malfoy, con una smania ed un desiderio quasi incontrollabili.
Lesse e rilesse quelle parole, imparandole quasi a memoria mentre i dubbi incominciavano a dilaniarlo: forse, dopotutto, era solo uno scherzo di cattivo gusto. Un tentativo come un altro di metterlo all'angolo, di farlo soffrire.
Si ritrovò persino a rovistare tra i quaderni di scuola, ammucchiati impietosamente su una scrivania sgangherata lì vicino, alla ricerca di qualcosa che avrebbe potuto smorzare definitivamente i suoi dubbi. Li ritrovò miracolosamente intatti in mezzo ad un libro di Incantesimi: erano stupidi bigliettini che Malfoy gli inviava per provocarlo durante le lezioni. Decise di non interrogarsi sul perchè li avesse conservati per tutti quegli anni.
Eppure, una vocina dentro la sua testa confusa lo rassicurava: la lettera non poteva che essere autentica.
Ciò implicava che Malfoy, il vero Malfoy, si fosse messo a nudo di fronte a lui.
Non solo lo ringraziava, ma quasi supplicava per avere il suo perdono. Non sapendo di averlo già ottenuto, molto tempo prima.

Ancora in piedi, la pergamena spiegazzata tra le mani, Harry incominciò inaspettatamente a singhiozzare, lasciandosi travolgere da sentimenti ed emozioni contrastanti.
Ti amo anche io, Draco.
Era la prima volta che lo ammetteva a se stesso.


Harry Potter entrò come una furia nello studio, nel pugno chiuso un brandello di pergamena. Erano passati due giorni da quando aveva ricevuto quella lettera e non era stato in grado di lasciarla. Amava passarci sopra i polpastrelli, in corrispondenza dei punti dove lui aveva dovuto appoggiare i propri. Di tanto in tanto, lontano da occhi indiscreti, vi poggiava sopra le labbra, salvo poi ritrarsi e rimproverarsi per quel comportamento patetico. Non se ne separava mai: di notte la teneva sotto il cuscino, durante il giorno -invece- era solito conservarla in un taschino interno della giacca, insieme alla foto dei suoi genitori. In corrispondenza del cuore.
Per fortuna, Ginny era lontana per lavoro ... un torneo di Quidditch da qualche parte del mondo richiedeva la sua partecipazione, in veste di corrispondente. Non avrebbe sopportato le sue occhiate, le sue illazioni, i suoi sospetti... la sua ingombrante presenza.
L'arrivo della lettera, come un fulmine a ciel sereno, aveva improvvisamente cambiato la sua percezione del mondo.
Si era reso conto di stare con lei per uno strano senso del dovere; si era fidanzato con Ginny perchè - così facendo – avrebbe perfettamente rispettato le aspettative che gravavano nei suoi confronti.
Il ruolo che gli avevano cucito addosso gli stava decisamente stretto. Era ora di liberarsene e, per farlo, necessitava dell'aiuto di Columbine Willowitch.

La Guaritrice lo accolse calorosamente, invitandolo ad accomodarsi in una delle tante poltrone sparse intorno al camino. Come al solito, le luci soffuse e le gradevoli fragranze che si spandevano delicatamente per la stanza rendevano il tutto intimo ed avvolgente.
Ad Harry non sarebbe dispiaciuto affatto sprofondare in uno di quei pouf colorati, rilassandosi completamente, lasciando che Columbine scandagliasse gli antri più oscuri della sua mente e della sua anima.
Tuttavia, per quella particolare seduta, aveva in mente qualcosa di particolare. Era pronto ad usare nuovamente il Pensatoio; un tempo, lui e Silente avevano sfruttato quello strumento per analizzare l'infanzia di Voldemort. In quella circostanza, invece, lo avrebbe usato in compagnia di una psicologa per ritrovare se stesso.

"Signorina Willowitch" esordì Harry "Ho deciso di mostrarle un ricordo risalente al mio Sesto Anno ... "
Columbine gli sorrise radiosa: il suo paziente incominciava a partecipare attivamente al proprio processo di guarigione, e questo era semplicemente fantastico.
Harry,nel frattempo,incespicando con le parole, cercava di spiegare al genere di evento a cui avrebbero assistito. La guaritrice gli toccò una spalla, invitandolo ad avvicinarsi all'oggetto: avrebbero parlato dopo.
Era tempo di immergersi nel passato. Un passato che, Columbine ne era certa, avrebbe avuto a che vedere con Malfoy.


Scaraventati senza troppi riguardi in un corridoio avvolto nella penombra, Harry e la Willowitch si resero immediatamente conto di non essere da soli. A qualche metro da loro, la versione sedicenne di Potter stava camminando di buona lena, consultando ansiosamente quella che pareva essere una mappa.
Incominciarono a seguirlo a debita distanza, stupidamente impauriti dalla possibilità che lui li scorgesse. I tacchi della Willowitch risuonavano ritmicamente sulla pietra, producendo un rumore che Harry trovò insolitamente confortante.

La passeggiata non durò a lungo. Ben presto, i due si ritrovarono nel bagno del secondo Piano. La Willowitch non potè fare a meno di storcere il naso per lo sgradevole odore ed il senso di trascuratezza che aleggiava sul luogo.
Ma poi, il suo sguardo si posò su quella figura longilinea tanto familiare; dovette reprimere l'impulso di correre verso il suo paziente per confortarlo. Non potè fare a meno di pensare che Draco riusciva ad essere terribilmente sensuale anche in situazioni di sconforto e dolore. Si autocensurò prima che potessero presentarsi ulteriori pensieri nefasti, la cui unica funzione sarebbe stata quella di graffiarle il cuore già sanguinolento.
Fu distratta dall'atteggiamento del suo accompagnatore. Harry era visibilmente impallidito, contraeva le mani sudate nervosamente, e sembrava voler reprimere l'istinto di vomitare o scappare. Doveva essere un momento particolarmente rilevante per lui. La Willowitch inforcò meglio gli occhiali, decisa a non perdersi neppure un istante.


Draco Malfoy gli dava le spalle, aggrappato con le mani ai lati del lavandino, la testa quasi bianca china in avanti. 
    «No» gemette la voce di Mirtilla Malcontenta da uno dei cubicoli. «No… dimmi che cosa c’è che non va… io posso aiutarti…» 
    «Nessuno può aiutarmi» rispose Malfoy. Stava tremando. «Non posso farlo… Non posso… non funzionerà… E se non lo faccio presto… dice che mi ucciderà…» 
    Harry rimase come fulminato. Malfoy stava piangendo: le lacrime scorrevano sul volto pallido e dentro il lavandino sudicio. Malfoy singhiozzò e deglutì; poi, con un gran brivido, guardò lo specchio incrinato e vide Harry che lo fissava al di sopra della sua spalla. 
    Si voltò di scatto ed estrasse la bacchetta. D’istinto Harry fece lo stesso. La maledizione di Malfoy lo mancò di pochi centimetri, mandando in pezzi la lampada sulla parete accanto a lui; Harry si gettò di lato, pensò Levicorpus! e agitò la bacchetta, ma Malfoy bloccò la fattura e si preparò a scagliarne un’altra… 
    «No! No! Basta!» strillò Mirtilla Malcontenta. La sua voce echeggiò forte nella stanza foderata di piastrelle. «Basta! BASTA!» 
    Si udì una sonora esplosione e il bidone dietro Harry scoppiò; Harry tentò un Incantesimo delle Pastoie che rimbalzò sulla parete dietro l’orecchio di Malfoy e fracassò la cassetta sotto Mirtilla Malcontenta, che strillò ancora più forte; l’acqua si riversò dappertutto e Harry scivolò in terra, mentre Malfoy, il volto deformato dalla rabbia, urlava: «Cruci…»
    «SECTUMSEMPRA!»gridò Harry dal pavimento, agitando furiosamente la bacchetta. 
    Il sangue schizzò dal volto e dal petto di Malfoy come se fosse stato colpito da una spada invisibile. Barcollò all’indietro, lasciò cadere la bacchetta dalla mano afflosciata e piombò sul pavimento allagato sollevando un enorme spruzzo. 
    «No…» ansimò Harry, senza fiato. 
    Scivolando e barcollando, si rialzò e si lanciò verso Malfoy, che aveva il viso lucido e rosso; le sue mani bianche raspavano il petto zuppo di sangue. 
    «No… io non…» 
    Harry non sapeva cosa stava dicendo; cadde in ginocchio accanto a Malfoy, che tremava in maniera incontrollabile, in una pozza di sangue. 
    Mirtilla Malcontenta levò un urlo assordante: «ASSASSINIO! ASSASSINIO NEL BAGNO! ASSASSINIO!»

(Cap. 24, SECTUMSEMPRA – Harry Potter e il Principe Mezzosangue. J.K. Rowling)


La voce stridula del fantasma fu amplificata all'ennesima potenza, prima di svanire del tutto.
Harry respirava a fatica, i capelli disordinati attaccati alla fronte sudata, un'espressione di puro terrore disegnato sul volto.

"Oh, Harry... vuoi un bicchiere d'acqua?" chiese premurosamente la Willowitch, aiutandolo ad alzarsi da terra.
Colui che aveva inventato il Pensatoio, non si era di certo preoccupato dell'incolumità di coloro che ne avrebbero fatto uso, dovette constatare amaramente la Guaritrice.

Il ragazzo inghiottì a vuoto, abbozzando un sorriso ed accennando un segno di diniego.
"Sto...sto bene.. è stato solo più traumatizzante del previsto..."
"Te la senti di parlarne? Perchè proprio questo ricordo? Che cosa ti ha portato a sceglierne uno con protagonista la tua nemesi scolastica?"
"I sensi di colpa" boccheggiò Harry "Vede... come può un ragazzo al quale ho praticamente sottratto la vita scrivermi chiedendomi perdono?"

La Willowitch sorrise impercettibilmente: una delle due mosche era caduta nella ragnatela.

Angolo dell'autrice:
Eccoci qui con un nuovo capitolo.
E' un momento abbastanza cruciale della storia, Harry finalmente incomincia a capire il motivo del suo disagio.
Un ringraziamento a chi legge, non vedo l'ora di leggere i vostri commenti! ;)
A prestissimo


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Capitolo 13
*** Non ha ucciso nessuno ***


Columbine Willowitch fu svegliata di soprassalto da un rumore improvviso e persistente: qualcuno stava bussando alla porta, denotando una certa impazienza.
Sbadigliando, lanciò un'occhiata all'orologio che teneva sul comodino, in bilico su una dozzina di tomi malamente impilati: le 6.30 del mattino.
"Arrivo!" trillò, allacciandosi alla meno peggio la vestaglia che la sera precedente aveva abbandonato sulla poltrona.
Rischiò di ruzzolare giù dalle scale, nella concitazione del momento; ma poi, finalmente, riuscì ad aprire la porta.
Alla vista di Draco Malfoy, perfettamente vestito e pettinato nonostante l'ora, ebbe l'impulso di coprirsi le gambe, delle quali mostrava un'abbondante porzione.
Ma il suo paziente non sembrava essere minimamente interessato alla sua pelle; nella mano affusolata brandiva una rivista patinata, su cui campeggiava un'enorme foto di Harry Potter. Il ragazzo sembrava essere stato preso alla sprovvista, ed esibiva un sorriso poco convicente. La cicatrice spiccava in maniera evidente.
"Draco" balbettò lei, cercando di reprimere un altro sbadiglio "Credo che tu sia in anticipo: la tua seduta è fissata per le dieci... e sono solo le sei e trenta del mattino."
Ignorandola, come se tutto ciò che gli aveva appena detto non lo riguardasse affatto, le chiese di farlo entrare.
Se all'ingresso di casa sua ci fosse stato qualsiasi altro paziente, lei lo avrebbe fermamente invitato a ritornare all'ora prestabilita. Ma si dava il caso che Draco non fosse "qualsiasi altro paziente": era inutile, nutriva un debole nei suoi confronti. Per questo gli fece cenno di entrare. Lo condusse nello studio e offrendogli impacciatamente un paio di Cioccorane – che lui rifiutò con un gesto dignitoso – gli chiese di rimanere in attesa.
Corse in bagno, si ravviò i capelli prima di fiondarsi sotto la doccia. La sensazione dell'acqua che le scivolava sul corpo nudo la fece fremere; a pochi passi c'era Draco, e lei era completamente senza veli. Represse il desiderio che stava impetuosamente crescendo dentro di lei.
Si asciugò in fretta e furia, prima di infilarsi un orrendo abito da casa e precipitarsi da Draco.
"Eccomi!"
Draco camminava su e giù per la stanza, mormorando parole come "disastro".
Le si avvicinò, sbattendole sotto il naso il giornale che lei aveva intravisto poco prima.
"Legga."
Columbine inforcò gli occhiali, mettendo a fuoco l'articolo incriminato. In realtà si trattava di un'intervista a Potter, una specie di botta e risposta. Le domande non erano volte a far emergere nulla di nuovo sulla sua figura, tutte tranne una.

"La persona più coraggiosa che abbia mai conosciuto, Signor Potter?"
"Draco Malfoy."
"Sta facendo riferimento a quel Malfoy? L'ex mangiamorte? Davvero?"
"Davvero. Ha avuto fegato da vendere, durante la Guerra. Non molti sedicenni sarebbero stati in grado di tener testa agli assurdi piani di Voldemort, senza impazzire. Posso assicurare alla comunità magica che Malfoy non è un cattivo ragazzo. Non ha avuto scelta."
L'articolo poi proseguiva, ma Harry non faceva più riferimento a Draco.
L'intervista era datata il giorno prima, quindi Harry era già a conoscenza della lettera. Suo malgrado, Columbine dovette reprimere un sorriso.

"Perchè ride?? Non si rende conto che questo articolo è una tragedia?!" sbraitò Malfoy, gli occhi stralunati.
La guaritrice si schiarì la voce: "E perchè mai? Harry ha solo detto la verità e ha pensato fosse giusto condividerla con la società."
"Sì, ma perchè ora? Perchè adesso? L'ultima volta che l'ho visto è stato un anno fa, al processo... come gli sono venuto in mente?"

"Questo non te lo so dire, Draco." Bugiarda, bugiarda, bugiarda.
"In ogni caso, considera il lato positivo della faccenda."
"Cioè?" chiese scontrosamente il rampollo, ancora in piedi, le lunghe braccia in posizione conserta.
"Ma non capisci, Draco? Harry Potter ti sta mandando un messaggio. Forse inconsciamente, forse no... ma ti sta cercando. Vuole mettersi in contatto con te, lo desidera, però non ne ha il coraggio. E' titubante, teme un tuo rifiuto. Per questo, parla di te durante le interviste."

Draco grugnì qualcosa di indefinito, in segno di incredulità.
"E poi... hai notato il giornale? Non ha scelto di dichiarare la sua ammirazione per te tramite la Gazzetta del Profeta, lo ha fatto attraverso le pagine di un magazine che solo tu e pochi altri giovani rampolli dell'aristocrazia purosangue leggete. In questo modo, era quasi certo che tu lo avresti letto."
"E' un ragionamento tortuoso, signorina Willowitch. Non credo che il cervellino dello Sfregiato potrebbe elaborare un piano del genere: troppo complesso. Però..."
Il ragazzo non terminò la frase; nonostante tutto, Draco sperava ardentemente che quella tesi fosse vera.

Come risvegliatosi improvvisamente da un sogno, Draco sembrò rendersi conto dell'ora. Ormai erano le sette passate. Impacciato, chiese scusa alla guaritrice per esserle piombato in casa con così poco preavviso e si dileguò velocemente, nonostante le proteste animate di Colombine che lo aveva invitato a rimanere.




Harry entrò come una furia, esordendo "Non so perchè ho detto quella stronzata, d'accordo?!"
Columbine lo guardò interrogativamente, gli occhioni azzurri sgranati. "Di che cosa stai parlando, caro?"
Il ragazzo sprofondò nella poltroncina di fronte a lei, passandosi una mano sulla fronte. "Mi scusi. E' solo che ... mi stanno stressando tutti con questa storia dell'intervista..."
"Ti va di parlarmene, così posso capire meglio?"
"Ho rilasciato una stupida intervista ad una rivista maschile... non amo particolarmente questo genere di cose, però l'ho fatto perchè gli incassi sarebbero stati interamente devoluti al San Mungo. Mi hanno chiesto banalità, non erano particolarmente interessati a scoprire lati nascosti di me. E poi... stava andando tutto per il meglio quando mi hanno fatto una domanda su chi fosse la persona più temeraria che avessi mai conosciuto." Harry esitò, abbassando gli occhi e torturandosi le labbra coi denti.
"E tu cosa hai risposto, Harry?"
"Io ho risposto Draco Malfoy, signorina Willowitch."
"Ed è stato un errore, secondo te?"
"No. Io lo, ehm, penso davvero. Solo che, una volta uscito questo maledetto servizio, si è scatenato l'inferno. Ginny è entrata in camera quasi urlando, chiedendomi spiegazioni. Ron si è offeso, credo che si aspettasse di essere citato. Hermione ha provato a fare la comprensiva, ma si vedeva chiaramente che era delusa."
"Secondo te perchè hanno reagito in questo modo, Harry?"
"Perchè odiano Malfoy. Sono il primo a riconoscere che non sia una persona facile con cui interagire; è arrogante, spocchioso e prepotente. Io stesso l'ho detestato per gran parte del mio periodo ad Hogwarts..."
"Puoi dirmi quando hai incominciato a cambiare idea su di lui?" Columbine, a questo punto, era davvero curiosa.
"Posso fare di meglio" sorrise Harry enigmaticamente. Con fare sicuro estrasse il ricordo e facendo attenzione lo pose nell'incavo del pensatoio.

Un attimo dopo, si ritrovarono sulla Torre di Astronomia.
Columbine riconobbe la voce di Draco.

 «Resta poco tempo, a ogni modo» riprese Silente. «Quindi consideriamo le tue alternative, Draco». 
    «Le mie alternative!» gridò Malfoy. «Sono qui con una bacchetta… sto per ucciderla…» 
    «Mio caro ragazzo, smettiamo di prenderci in giro. Se fossi in grado di uccidermi, l’avresti fatto subito dopo avermi Disarmato, non ti saresti fermato a fare questa piacevole chiacchierata». 
    «Io non ho alternative!» esclamò Malfoy, all’improvviso bianco come Silente. «Devo farlo! Lui mi ucciderà! Ucciderà tutta la mia famiglia!» 
    «Mi rendo conto della gravità della tua posizione» convenne Silente. «Perché credi che non ti abbia affrontato prima d’ora se no? Perché sapevo che saresti stato ucciso se Lord Voldemort avesse compreso che sospettavo di te». 
    Malfoy sussultò sentendo pronunciare quel nome. 
    «Sapevo della tua missione, ma non ho osato parlartene nel caso che usasse la Legilimanzia contro di te» continuò Silente. «Ma ora possiamo parlare chiaro… non è stato fatto alcun male, non hai ferito nessuno, anche se devi solo alla fortuna se le tue vittime sono sopravvissute… Io posso aiutarti, Draco…» 
    «Non può, invece» ribatté Malfoy. Ormai la sua bacchetta tremava incontrollabilmente. «Nessuno può aiutarmi. Mi ha detto che se non lo faccio mi ucciderà. Non ho scelta». 
    «Passa dalla parte giusta, Draco. Possiamo nasconderti meglio di quanto tu possa immaginare. E, cosa più importante, manderò dei membri dell’Ordine da tua madre stanotte, per nascondere anche lei. Tuo padre per ora è al sicuro ad Azkaban… Quando verrà il momento potremo proteggere anche lui… Passa dalla parte giusta, Draco… tu non sei un assassino…» 
    Malfoy fissò il Preside, sbalordito. 
    «Ma sono arrivato fino a qui, no?» disse lentamente. «Credevano che sarei morto, e invece sono qui… e lei è in mio potere… Ho la bacchetta in pugno… Lei è qui, a chiedermi pietà…» 
    «No, Draco» ribatté Silente, tranquillo. «È la mia pietà, non la tua, che conta adesso». 
    Malfoy non parlò. Aveva la bocca aperta, e la mano con la bacchetta tremava ancora. Harry credette di vederla abbassarsi…

(Harry Potter e il Principe Mezzosangue, cap. 27 – J.K. Rowling)

Mentre lo scenario incominciava a sbiadire intorno a loro, Harry si accostò all'orecchio della guaritrice sussurrandole: "Vede? Ha abbassato la bacchetta. Draco non è un assassino."
La frase sembrava un tentativo di giustificarsi: "Vede? Non è cattivo, non ha ucciso nessuno ... quindi posso amarlo senza sentirmi in colpa."


Angolo dell'autrice:
Grazie mille a tutti coloro che leggono/recensiscono questa storia.
Mi fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti ed opinioni.
Spero che questo capitolo vi abbia soddisfatto, fatemi sapere!!!
Alla prossima seduta




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Capitolo 14
*** Sarò in grado di proteggerlo da me stessa ***


I want to hide the truth
I want to shelter you
But with the beast inside
There’s nowhere we can hide

Voglio nascondere la verità
Voglio proteggerti
Ma con la bestia dentro me
Non c’è posto per nascondersi

(Imagine Dragons - Demons)
L'aria gelida sferzò il viso di Columbine, arrossandone leggermente la pelle, solitamente candida. Rabbrividendo, si strinse nel cappottino di lana azzuro e rimpianse di non avere indossato qualcosa di più pesante e meno lezioso. Rivolse un'occhiata sfuggente al cielo che incombeva minacciosamente sopra la sua testa: prometteva neve. Attraversò velocemente Diagon Alley, non degnando di uno sguardo le vetrine dei negozi, davanti alle quali era solita tergiversare. Era piuttosto raro che tornasse a casa a mani vuote, dopo una passeggiata: un libro, una rivista da quattro soldi, una penna nuova di zecca, una confezione di biscotti. Qualunque cosa fosse in grado di riempire il solco che era andato creandosi dentro di lei, almeno temporaneamente.
Quel giorno, però, non aveva tempo di fare compere: c'era una persona ad attenderla in una delle vie limitrofe del centro, nella Londra babbana.

Entrò nello studio sentendosi vagamente a disagio, pur essendo una habituèè di quel luogo. Non era strano per un Guaritore avvertire, ad un certo punto della propria carriera, l'esigenza di rivolgersi ad un altro collega. Ciò avveniva, soprattutto, quando si incominciava ad essere troppo coinvolti nelle vicende dei propri pazienti, rischiando di compromettere la terapia ed il processo di guarigione. Era un modo per preservare non solo i clienti, ma anche se stessi.

Columbine fu accolta dalla voce calda e profonda di un uomo molto anziano; il dottor Solomon Breuer (*) la stava aspettando, il volto raggrinzito e macchiato dal tempo contratto in una smorfia, a mò di sorriso. Non era una persona facile, nè tantomeno gentile; era diventato famoso per i suoi metodi sbrigativi e sgarbati ed il suo atteggiamento gli aveva fatto perdere non pochi clienti. La vecchiaia lo aveva certamente inacidito, diminuendo drasticamente la sua pazienza nell'ascoltare. Spesso ci si chiedeva perchè avesse scelto quella professione, data la sua scarsa propensione all'empatia ed il brutto carattere.
Columbine, invece, nonostante tutto lo apprezzava. Lo aveva scelto, molto tempo prima, come "tutor" e non se n'era mai pentita. Spesso si era recata lì , stremata e dolorante, sull'orlo di una crisi di nervi e lui l'aveva aiutata a rimettere insieme i pezzi della sua sfortunata esistenza.
Certo, l'aveva fatto a proprio modo, arrivando persino ad urlarle contro verità che non avrebbe mai voluto ascoltare. Ma era sempre stato sincero con lei: non aveva mai tentato di edulcorare la realtà per renderla meno spiacevole, limitandosi a sorreggerla mentre percorreva a passi incerti il cammino dell'accettazione.
Breuer era diventato un punto imprescindibile di riferimento, assumendo quasi il ruolo del padre che non aveva mai conosciuto.
Per questo, in considerazione di ciò che le stava accadendo, si era recata da lui.

"Mi sono innamorata di un paziente." Columbine inaugurò così la seduta, conscia che con Breuer non avesse senso fare troppi giri di parole senza arrivare al punto.
Il guaritore grugnì, ma non aggiunse altro, invitandola silenziosamente a continuare. Gli occhi cisposi la scrutavano con attenzione ed interesse.
"Non so come sia potuto succedere ma ... ormai sono sei mesi che nutro questi sentimenti nei suoi confronti, la situazione mi sta sfuggendo di mano."
"Ed in sei mesi non ti è mai passato per l'anticamera del tuo cervellino di prendere un appuntamento con me? Devo forse dedurre che tu non abbia fatto niente, perchè speravi che potesse nascere qualcosa tra di voi?" Breuer pose le domande in modo beffardo, lasciando trasparire una certa aggressività.
"Non c'è pericolo che succeda qualcosa." Replicò Columbine, piccata "Il ragazzo è attratto dalle persone del suo stesso sesso."
"Quindi, questo sarebbe l'unico motivo per il quale non è accaduto niente?"
"Non ho detto mai niente del genere!" protestò vivacemente la Willowitch
"Non c'è bisogno che tu lo dica esplicitamente, tesoro mio. " la canzonò il medico, prima di farsi serio ed aggiungere: "Conosco la tua etica del lavoro, Columbine. Sono certo che tu non abbia intenzione di sedurre questo ragazzo, nè ora nè mai. Tuttavia, è evidente che questa situazione ti faccia soffrire indicibilmente."
Columbine non replicò, asciugandosi una lacrima furtiva con il palmo della mano.
"E' che ... mi sento così stupida!" disse con voce strozzata, incominciando a tirare su poco elegantemente con il naso. "Mi sento come un'adolescente cretina alla prima cotta, conto i minuti che mi separano dalla prossima seduta. Quando me lo trovo di fronte, perfettamente vestito, con quell'espressione strafottente stampata in faccia, i suoi occhi di ghiaccio puntati su di me... mi sento morire. Sono arrivata persino a sentirmi gelosa, quando mi mostra i ricordi che hanno a che vedere con il ragazzo che ama..."
"Piantala di piangerti addosso, Willowitch!" la redarguì duramente il terapeuta, le mani intrecciate sul grembo prominente, gli occhiali leggermente calati sul naso adunco.
"E' una situazione sgradevole, senza dubbio. Oltre ad essere deontologicamente ambigua... Ma questo lo sai." Socchiuse gli occhi, soppessando le parole. "Non vorrei che questi sentimenti...irrazionali che provi nei confronti di questo ragazzo, inficiassero il tuo metro di giudizio e rovinassero la terapia. Tu stessa mi hai detto di provare gelosia nei suoi confronti... e questo è insano, profondamente insano. Sia per te, che per lui."
"Che cosa dovrei fare?" domandò Columbine in un sussurro, rivolgendosi più a se stessa che al guaritore.
"Credo che tu lo sappia meglio di me, Columbine."
"Ma io non voglio... non posso. Non vederlo più, non poter parlargli... mi distruggerebbe." disse quasi strillando la Guaritrice, torturando il fazzoletto di carta ormai impregnato delle sue lacrime.
"Non ci sono soluzioni. Sarà un pò dura all'inizio, certo, ma sei sopravvissuta ad eventi ben peggiori. Questo, in confronto al passato, sarà una passeggiata...no?" L'allusione venne colta da Columbine, che però fece finta di niente: non poteva pensare anche a quello, in quel momento. Era già abbastanza difficile così, senza andare a rivangare terribili situazioni.
"Sei venuta qui, da me, per avere una risposta. Una risposta che , peraltro, già conoscevi. Probabilmente conosci il protocollo da seguire in questi casi meglio di me, eppure hai voluto sapere il mio parere. Sai perchè, Willowitch? Perchè non hai il coraggio di prendere questa decisione. Hai paura di dare uno strappo definitivo a questa infatuazione malata. Ti sei innamorata come una scema di un ragazzino, probabilmente ancora imberbe, perdipiù omosessuale. Hai preso a cuore la sua causa, i suoi problemi, facendoli tuoi. E' un amore impossibile,ed è proprio l'impossibilità di concretizzarlo a renderlo così stuzzicante. Inoltre, struggersi d'amore per lui, per l'idea che ti sei costruita di lui, ti autorizza a non metterti in gioco seriamente sul piano sentimentale."
Columbine era paonazza; tutte le volte che si recava in quello studio medico, comprendeva perfettamente lo scarso entusiasmo di molti suoi pazienti nel vederla.
"Lo sai che non lo farò. Non terminerò la terapia. Non ora. Il mio paziente, nonostante tutto, sta visibilmente migliorando. Non lascerò che uno stupido caso da manuale di "Contro Transfert" distrugga il lavoro minuzioso di mesi. Lo lascerò andare solo quando sarà pronto di camminare da solo, sulle proprie gambe. Mi congederò da lui nel momento in cui riuscirà ad accettare completamente la propria identità sessuale. Non prima. Sarò in grado di proteggerlo da me stessa."
La Willowitch guardò Breuer risolutamente, ostentando una certa fierezza.

"Veramente non mi sto preoccupando per il paziente." mormorò Breuer accigliato. "Sono preoccupato per te. Come va con la tua dipendenza, Columbine?"
La guaritrice trasalì, come una bambina colta con le mani nella marmellata.
"B-benissimo, Breuer. Non c'è bisogno di parlarne, ora." Balbettò la guaritrice, distogliendo lo sguardo. In tasca, il blister delle pastiglie le pesava come un macigno. Non vedeva l'ora di uscire da quel posto, prendere fiato prima di inghiottirne un paio. Un ottimo modo per anestetizzare il dolore cronico.

Si alzò, un momento prima che il pendolo scoccasse la fine della seduta. Cercò di ignorare l'espressione di riprovazione dipinta sul volto di Breuer. Probabilmente pensava che fosse un essere spregevole, una sorta di pervertita corruttrice di giovani menti, una fallita.
In realtà, sapeva che il guaritore era solo terribilmente contrario ai suoi tentativi di auto distruzione. Amori impossibili, desideri proibiti, droghe per stordirsi... qualsiasi cosa, pur di dimenticarsi di se stessa e del suo ingombrante carico emotivo.
Breuer, guardandola abbottonarsi la giacca, constatò– asciutto: "Sarai anche la più grande guaritrice del mondo, Columbine. Ma in quanto a comprendere te stessa, scusa se te lo dico, fai schifo."



(*) Riferimento a Joseph Breuer, psichiatra austriaco.
Breuer è noto soprattutto per il lavoro condotto con una paziente, "Anna O" (Bertha Pappenheim) che soffriva di massicci sintomi, quali paralisi e disturbi della visione e della parola.
Decise di interrompere la terapia anche perchè emotivamente coinvolto dalla relazione con la paziente (Freud avrebbe definito tale fenomeno "Transfert")
  • Tratto da Wikipedia.


Angolo dell'autrice:
Chiedo venia: so che questo capitolo è corto, forse troppo.
Mi serviva per focalizzare l'attenzione su di lei, i suoi pensieri ed i suoi demoni.

Tuttavia, credo di avervi dato un'idea di ciò che sta avvenendo nella mente della nostra Guaritrice preferita.
Spero di non avervi deluso: vi prometto che le prossime puntate saranno più corpose ed avranno come protagonisti Harry e Draco.
A prestissimo, un abbraccio e grazie!!! =)




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Capitolo 15
*** Cuori che battono all'unisono ***


Amore buongiorno
Quando ti levi di torno non vedo l’ora
che esci e non torni più
(Cesare Cremonini, GreyGoose)

Columbine Willowitch rimase colpita dall'espressione serafica stampata sul volto di Harry; anche il linguaggio corporeo denotava un certo rilassamento, come se gli fosse stato appena tolto un macigno dalle spalle.
Doveva essere accaduto qualcosa.
La curiosità della terapeuta fu soddisfatta quasi immediatamente, dal momento che Harry praticamente fremeva per raccontarle quanto era successo.
"Ho una splendida notizia!" disse ad alta volta, contenendo a fatica l'entusiasmo. "Ho lasciato Ginny!"
"Ma... perchè, Harry? Nel corso della terapia non avevi mai fatto riferimento a problemi con la tua fidanzata. Pardon, ex a questo punto."
Harry le lanciò un'occhiata risentita, come se la sua reazione l'avesse tradito. Forse si era immaginato che la Willowitch si sarebbe limitata ad una pacca sulla spalla e ad un incoraggiante "bravo!", ma di certo non era nello stile della dottoressa. Il suo compito, come al solito, consisteva nello scandagliare i motivi che si celavano dietro le azioni ed i sentimenti. Certo, era contenta che Harry si fosse slegato da una relazione soffocante, ma come aveva trovato il coraggio?
"Perchè l'hai fatto, caro? E soprattutto, perchè proprio ora?"
Il ragazzo sgranò gli occhi, inchiodato dalla domanda pungente e precisa della guaritrice. Quella mattina, quando lui e Ginny avevano parlato (in realtà "parlare" era una parola grossa, perlopiù aveva dovuto subire gli strilli da aquila reale della giovane Weasley), si era sentito invincibile. Dopo molto tempo, aveva riacquistato fiducia in sè, stando finalmente bene.
Si sarebbe aspettato una maggiore partecipazione emotiva da parte della terapeuta, ma così non era stato. Ed ora, con quel suo sguardo sospettoso, lo metteva a disagio. Aveva forse sbagliato tutto? Incominciò a mordicchiarsi nervosamente le unghie, già ridotte all'osso, riflettendo su quella domanda. Già, perchè?
Perchè Ginny era diventata insopportabile, con i suoi continui lamenti e le sue recriminazioni per ogni sua immaginaria mancanza? Perchè guardava ansiosamente l'orologio tutte le volte che dovevano uscire, con la speranza che quel supplizio terminasse presto e fosse indolore? O forse aveva a che fare con la loro inesistente vita sessuale?
O magari, era dovuto a qualcun altro? A Draco Malfoy, per esempio, ed a quella stranissima lettera che da giorni portava ovunque con sè?


E poi, all'improvviso, tutto fu così chiaro, così limpido. Ogni minimo frammento della sua vita si collocò al posto giusto, fornendogli la soluzione al quesito che lo stava rodendo da dentro.
Lui non amava Ginny, e non l'avrebbe mai amata davvero. E questo perchè lui...
Evidentemente il suo volto si adombrò, perchè la Willowitch lo invitò a parlare con lei. Percependo il suo imbarazzo, lo rassicurò: "Lo sai, Harry. Qui, nessun argomento è off limits."
"Ehm...beh" Harry si schiarì due o tre volte la voce, cercando di prendere coraggio. Non era facile esplicitare ciò che la sua mente stava faticosamente elaborando. Eppure era così ovvio... lui non aveva mai davvero detestato Malfoy, durante gli anni di Hogwarts. Quella sua ossessione nei suoi confronti durante il sesto anno, aveva davvero qualcosa di patologico. Trascorreva ore e ore a controllare la mappa, analizzando e congetturando su ogni minimo movimento del Serpeverde.
Certo, in parte era dovuto al sospetto che Malfoy stesse facendo qualcosa di losco; ma se ci fosse stato altro?
Ogni volta che si erano guardati, Harry aveva avvertito una stretta dolorosa allo stomaco, che aveva sempre attribuito all'odio che nutriva nei confronti del ragazzo. Ma ora, ripensandoci, quante volte si erano sorpresi a lanciarsi occhiatacce colme di tensione e ribrezzo, anche quando non vi era motivo alcuno? E se quei patetici tentativi di Malfoy di punzecchiarlo, facendolo irritare, fossero stati un goffo tentativo di attirare la sua attenzione...?
La testa di Harry rimbombava, mentre il sangue gli pulsava nelle tempie doloranti: per tutto quel tempo, per tutti quegli anni, lui e Draco Malfoy non avevano fatto altro che ... flirtare?
Immaginò di condividere quelle impressioni e quelle constatazioni con il suo amico di sempre: Ron probabilmente sarebbe scoppiato a ridere istericamente, prima di cadere al suolo, stroncato da un infarto.
Allontanò il pensiero, perchè lo avrebbe portato ad aprire un'altra terrificante parentesi: il momento della "rivelazione" con la famiglia e gli amici più stretti. Non era ancora pronto, almeno non a quello. Doveva prima fare coming out con se stesso.

"Io...io... penso di essere attratto dai maschi." disse sottovoce, prima di scoppiare a piangere. Le lacrime avevano incominciato ad appannargli le lenti, ma lui non sembrava desideroso di smettere.
La scena aveva intenerito la terapeuta, che avrebbe volentieri abbracciato quel ragazzo, apparentemente così inerme e vulnerabile. Era sempre ostico scoprire lati di sè che si era tentato in ogni modo di allontare, esorcizzare, negare e cancellare.
"So che ora ti senti abbattuto." disse, con voce carezzevole Columbine, prima di porgergli una scatola di kleenex, invitandolo silenziosamente a servirsi. "Ma ti accorgerai che, accettando ed elaborando questa nuova identità, ti sentirai meglio."
Visto che Harry non sembrava essere propenso alla parola, la terapeuta aggiunse con fare cospiratorio, cercando di stuzzicare la sua curiosità: "Posso svelarti un segreto?"
Il ragazzo sgranò gli occhi: "Non mi dica che anche a lei è omosessuale!"
Columbine dissentì, mentre un'immagine di Draco Malfoy a petto nudo le attraversava febbrilmente la mente. No, decisamente non lo era.
Virò il discorso verso l'indiscrezione che non vedeva l'ora di condividere con il suo paziente. "Albus Silente."
Harry la guardò come se avesse perso il senno. Che cosa c'entrava il preside defunto con tutto quello che gli stava accadendo?
"Il grande amore della sua vita è stato Gellert Grindelwald. E... beh, fino a prova contraria, era un uomo."
Un gemito strozzato provenì dalla parte del suo paziente, che sembrava sul punto di avere un collasso. Non doveva essere facile digerire quella mole di informazioni, riguardo se stesso ed il suo mentore. Columbine lo sapeva; così come sapeva che conoscere il passato amoroso del vecchio mago lo avrebbe aiutato ad accettarsi. Inoltre, riusciva a scorgere delle corrispondenze tra la tragica vicenda che aveva avuto come protagonisti i giovani Albus e Gellert e quella, ancora tutta da scrivere, tra Harry e Draco. Sperava soltanto che, alla fine, l'esito sarebbe stato diverso.
"Ascolti, Signorina Willowitch... potremmo terminare qui la seduta? So che mancano ancora una decina di minuti, ma avrei davvero bisogno di prendere una boccata d'aria."
Columbine lo guardò conciliante e con fare materno acconsentì, invitandolo persino a fare una passeggiata in un parchetto lì vicino. Lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, senza dubbio. Il fatto che Malfoy dovesse attraversare quei giardini per raggiungere il suo studio era assolutamente irrilevante.

Tornando a casa stasera ho capito che
Cercandomi nel buio pensavo ancora a te
Nella luce dei lampioni ti ho rivisto ancora
(Cesare Cremonini, GreyGoose)

Harry rimase seduto per un tempo indefinito a fissare il laghetto dei pesci rossi, senza però realmente vedere i movimenti sinuosi delle loro pinne colorate.
Era spossato, confuso e terribilmente malinconico. Allo stesso tempo, però, si sentiva sollevato. Finalmente, con l'aiuto della guaritrice, aveva individuato il motivo del suo disagio. Prima della sconfitta di Voldemort, non aveva mai avuto tempo di riflettere su se stesso ed i propri sentimenti.
Nel momento in cui tutto era terminato, il malessere era emerso, richiedendo tutte le sue energie.
Immerso nelle sue riflessioni, non si accorse subito della presenza di qualcun altro. Ormai era l'imbrunire, ed il giardino quasi deserto era illuminato dalla fioca luce di un lampione.

Malfoy strizzò gli occhi, incredulo: che cosa ci faceva Harry Potter lì? A giudicare dall'espressione meditabonda del suo volto, doveva essergli morto il gatto. Si avvicinò circospetto alla figura maschile, al solo scopo di verificarne l'identità. Ovviamente, non aveva alcuna intenzione di rivolgergli la parola. Solo un'occhiatina più da vicino prima di andarsene, continuava a rassicurarsi. Quando gli fu al fianco, però, si disse che tanto valeva salutarsi. Inoltre, lo irritava il fatto che quello stupido non si fosse ancora reso conto di trovarsi al cospetto di Draco Malfoy.
Gli posò una mano sulla spalla, stringendola leggermente. La pressione delle dita affusolate sulla stoffa aveva un che di afrodisiaco.
Si studiarono, per la prima volta entrambi consapevoli di ciò che sarebbero voluti diventare l'uno per l'altro.
Rimasero così, la mano di Malfoy ancora poggiata sulla spalla di Harry, i cuori che battevano all'unisono.

Angolo dell'autrice:
Eccoci qui! Finalmente i nostri prodi si sono incontrati...
Fatemi sapere, adoro i vostri commenti.
Un abbraccio, a prestissimo


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Capitolo 16
*** Mettere a fuoco ***


Columbine ebbe l'impressione che nessuno si sarebbe presentato all'ultima seduta della giornata.
Cercò di ignorare il nodo alla gola, manifestazione di un penetrante quanto inopportuno senso di delusione crescente.
Malfoy non sarebbe venuto al loro appuntamento settimanale. E allora?
Quante volte i suoi pazienti avevano disdetto all'ultimo oppure avevano bellamente saltato la visita, salvo poi giustificarsi con scuse banali e fantasiose?
In alcuni casi si era infuriata, in altri si era semplicemente limitata a redarguire dolcemente il colpevole di quella mancanza.
Non le era mai capitato ,però, di sentirsi abbattuta, disillusa o persino tradita da quello che, in fin dei conti, era un cliente: uno dei tanti che si assiepavano nel suo studio, vomitandole addosso ansie e preoccupazioni, abbarbicandosi a lei quasi fosse una scialuppa di salvataggio, l'estrema possibilità di salvezza prima dell'oblio.
Doveva farsi quotidianamente carico dei ricordi e delle sensazioni di perfetti estranei, evitando e rifuggendo qualsiasi forma di coinvolgimento personale. Nel corso della sua carriera, era sempre riuscita perfettamente a trovare un equilibrio tra empatia e professionalità: forse era stata proprio questa dote a renderla così famosa.
Che cosa avrebbero detto ora i suoi colleghi, coloro che la idolatravano e la riverivano ad ogni convegno, se avessero saputo il suo piccolo, sconveniente e pericolosissimo segreto?

Malfoy aveva portato scompiglio nella sua regolarissima esistenza. Quel portamento fiero, gli occhi di ghiaccio, i lineamenti affilati avevano permesso alla donna che sopiva in lei di prendere il sopravvento sulla impeccabile guaritrice.
Draco (Columbine amava pronunciare sottovoce quel nome, soffermandosi su ogni singola lettera, quasi a voler gustarne il retrogusto dolceamaro ed il suono armonioso) le aveva fatto riscoprire una femminilità che pensava morta e sepolta.
Il fatto che provasse attrazione, persino desiderio nei confronti di un uomo avrebbe dovuto farla gioire, dopotutto. Ma Columbine non era stupida: innamorarsi proprio di Draco, un diciottenne imberbe in balia di una confusa identità sessuale, non era casuale.
Lo sapeva lei, così come lo aveva compreso anche Breuer, nonostante non glielo avesse esplicitamente confessato; provare dei sentimenti verso un ragazzino problematico, fragile e fondamentalmente innocuo, le permetteva di rimettersi in gioco in campo sentimentale senza davvero farlo.
Era un primo, timido tentativo di ricomporre il mosaico della sua esistenza.
Questa volta, perlomeno, era sicura che nessuno le avrebbe fatto male.


Malfoy ritrasse la mano con uno scatto repentino, prima di sotterrarla con fare sdegnato nella tasca della giacca. Che cosa stava facendo?
Harry seguì il suo gesto con gli occhi, mentre un pallido sorriso si apriva sul volto segnato dalla preoccupazione. Poi, gli fece segno con il palmo di sedersi accanto a lui.
Draco fece finta di non comprendere, rimanendo impalato dietro la panchina scrostata, sentendosi un perfetto imbecille.
Non aveva alcuna intenzione di sedersi vicino ad Harry. E poi, comunque, non poteva rimanere. Columbine lo stava aspettando e lui era già maledettamente in ritardo ...
Fece per andarsene, bofonchiando un incomprensibile saluto di congedo all'indirizzo del suo coetaneo. Il quale, con voce rotta, lo pregò: "Malfoy... dai, resta ancora un pò."
Harry Potter lo stava supplicando di rimanere. Aveva bisogno di lui.
Certo, nessuno gli impediva di stare lì con Potter ancora un paio di minuti, giusto per non essere sgarbati... Insomma, la terapeuta avrebbe compreso. Non era lei ad aver blaterato per mesi e mesi sull'importanza imprescindibile di incontrare l'eroe da quattro soldi del mondo magico, soprattutto in seguito a quella stupida intervista? Beh, il grande momento era arrivato.
Sbuffò deliberatamente, ostentando un fastidio che -in realtà- non lo pervadeva. Si lasciò cadere mollemente sulla panchina, a distanza di sicurezza da Harry ovviamente. Le sue narici fremettero nel percepire quel profumo familiare, molto simile a quello che si era sprigionato dalla pozione Amortentia che aveva preparato al Sesto Anno.
Aspettò trepidante e compunto che Harry rompesse il silenzio, non troppo sgradevole in effetti, che aleggiava tra loro.
Il suo desiderio fu presto esaudito: Potter, impacciato e goffo come sempre, si schiarì la gola un paio di volte, alla ricerca disperata delle parole giuste da dire.

"E' un bel posto qui, non trovi?"
A Malfoy caddero le braccia: si sarebbe aspettato una battuta a grande effetto, una presa in giro, persino un cazzotto sul naso. Quelle domande di circostanza non avevano niente a che vedere con loro. Avevano già abbondantemente superato la fase dei convenevoli e delle frasi ipocrite.
In lui, ora, ribolliva un bisogno spasmodico di andare al di là della superficie; solo così, avrebbe potuto capire meglio la natura di quel rapporto.
Non rispose alla domanda, stringendo -anzi- le labbra sottili in una smorfia di disappunto ed insofferenza. Si guardò intorno, però, accarezzando con lo sguardo il laghetto, i pesciolini, le aiuole e gli scheletri degli alberi. Era la prima volta che guardava davvero quel luogo: vi era passato già una quantità innumerevole di volte, ma mai e poi mai si era soffermato ad osservare.

Potter aveva quell'effetto: lo aiutava a guardare con occhi nuovi ciò che aveva sempre visto di sfuggita.
Grazie a lui, incominciava a mettere a fuoco ciò che prima appariva sbiadito e sfuocato.
"Hai ragione, è proprio un bel parchetto. Niente a che vedere con quello di casa mia, ovviamente..."
"Ovviamente." gli fece il verso Harry, prima di scoppiare a ridere nel vedere la sua espressione oltraggiata.
"Non capisco che cosa ci sia da sghignazzare, Potter." Poi, riprendendo da dove Harry lo aveva interrotto, proseguì "Ovviamente... beh, sei invitato a visitarlo."
Di fronte all'espressione pietrificata del ragazzo, Malfoy inorridì: che cosa aveva combinato? Cercò di recuperare la situazione, ostentando una scrollata di spalla e rassicurandolo, con voce monocorde: "E' stato inopportuno da parte mia... non sei obbligato, ovviamente... era solo una stupida idea."
"Una splendida idea, vorrai dire..."
Si sorrisero radiosamente, prima di distogliere altrove gli sguardi imbarazzati.
Calò nuovamente il silenzio, questa volta coraggiosamente lacerato da Malfoy che – fremente per la curiosità – pose una domanda piuttosto inopportuna:
"Perchè hai quella faccia da funerale, Potter?"
"E' così evidente?" domandò mestamente Harry, guardandolo dritto negli occhi.
Un brivido percorse Malfoy, che fece di tutto per ignorarlo. Faceva molto freddo, si rassicurò, cercando una spiegazione valida al tremore impercettibile delle gambe affusolate.
Si limitò ad annuire solennemente, e questo sorprese Harry: da quando in qua Malfoy si interessava del suo stato d'animo?
"Sono solo un pò triste, tutto qui." Scrollò le spalle, come a voler minimizzare il problema. "Però ora mi sento meglio."
Malfoy lo dovette guardare in modo interrogativo, le sopracciglia alzate e le labbra contratte, il cuore impazzito perchè Harry aggiunse, dopo una breve pausa: "Sono con te."

Lo disse in maniera candida e spontanea, come se quell'esternazione fosse la spiegazione di tutto.

Angolo dell'autrice:
Mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo.  
Mi raccomando, voglio leggere tante belle recensioni =)
A presto, un abbraccio e GRAZIE


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Capitolo 17
*** Titubanti ed infinitamente felici ***


Columbine era profondamente infastidita dall’atteggiamento di Draco. Il fatto che provasse dei contorti sentimenti nei suoi confronti, infatti, non lo esimeva dal comportarsi decentemente con lei. Era entrato con nonchalance nel suo studio, l’immancabile furetto in equilibrio precario sulla spalla, un’espressione da perfetto imbecille stampata sul volto. Si era seduto sulla poltrona e le aveva sorriso, in modo quasi maniacale, mettendo in mostra denti perfetti. Non le aveva chiesto scusa, ovviamente. E quando lei aveva provato a chiedere spiegazioni, aveva liquidato le sue parole con un vago gesto della mano, come se quelle bazzecole non lo riguardassero minimamente. D’altronde, Draco era così: pensava che il mondo fosse al suo servizio e che tutto ruotasse intorno ai suoi bisogni ed alle sue sensazioni. La terapista aveva avuto modo di constatare, nel corso delle varie sedute, l’egocentrismo straripante di Draco, la sua inevitabile tendenza a considerare le persone come strumenti da utilizzare e spremere a proprio uso e consumo. L’unico che prescindeva da questa ottica, che veniva percepito come essere umano, era proprio Harry.

Senza aspettare il suo invito, aveva incominciato a raccontarle del fatidico incontro. Avvenimento del quale Columbine conosceva ogni minimo dettaglio, visto e considerato che circa due ore prima un altrettanto stralunato Harry Potter le aveva snocciolato con occhi languidi i minimi dettagli  di quanto successo. Avrebbe dovuto gioire di fronte a quel cambiamento radicale, quell’avvicinamento che – di fatto – aveva lei stessa orchestrato. E allora perché si sentiva così frustrata, così mal disposta nei confronti di Draco e di ciò che stava accadendo? Forse, ciò che aveva predetto Breuer si stava realizzando: aveva perso il controllo dei propri sentimenti. Non era più in grado di proteggere il proprio paziente da se stessa. E questo era estremamente grave e preoccupante. Insomma, se reagiva così di fronte ad un semplice scambio di battute, che cosa sarebbe accaduto quando avrebbero approfondito la questione? Presto i due le avrebbero parlato di baci rubati e carezze proibite, ne era certa.
Ormai la superficie del ghiaccio che li avvolgeva si era crepata, rendendoli pronti ad accettare se stessi e le proprie tendenze. Ora più che mai i due ragazzi avevano bisogno di una persona equilibrata ed imparziale, per dipanare gli ingarbugliati sentimenti che provavano l’uno nei confronti dell’altro.
  

Per la prima volta, Columbine si sentì inadeguata per quel compito. La gelida ed imperturbabile guaritrice stava lasciando il posto ad una donna fragile, in balìa dei propri demoni e delle proprie ossessioni. Chi voleva prendere in giro? Come poteva aiutare Draco, Harry e tutti gli altri suoi pazienti quando non era capace di affrontare le proprie debolezze?
A seduta terminata, la Willowitch si rese conto di non aver ascoltato una parola di quanto detto dal suo amato paziente.

"E' soltanto nel silenzio che l'amore prende coscienza della sua essenza miracolosa,
della sua libertà e della sua potenza d'intimità.
Le parole distruggono la sua fragile delicatezza
e la sua grazia sempre nascente...
Se la parola è come un fiume che porta la verità
da un'anima verso l'altra,
il silenzio è come un lago che la riflette
e nel quale tutti gli sguardi vanno a incontrarsi".
Louis Lavelle

Draco non aveva dato troppo peso all’inspiegabile comportamento della sua terapeuta, né aveva lasciato che ciò scalfisse l’entusiasmo che lo pervadeva senza sosta ormai da giorni. Aveva ricominciato a sorridere, dopo essersi quasi dimenticato di come si facesse. I suoi genitori lo guardavano, increduli e stupiti,  aggirarsi quasi levitando per le stanze del maniero.  Discretamente, Narcissa gli aveva chiesto se ci fossero novità, ma aveva ricevuto come unica risposta un’alzata di spalle ed un “forse” quasi sussurrato.
 
In cuor suo, però, lo sentiva: Draco si era innamorato. E sua madre non poteva esserne più entusiasta. Una ragazza, meglio se purosangue e di ottima famiglia, avrebbe consentito ai Malfoy di voltare definitivamente pagina. Un erede, poi, sarebbe stato la ciliegina sulla torta. Ridacchiando tra sé e sé, scosse la testa – a tempo debito, ne era sicura, il suo prediletto le avrebbe confidato ogni cosa.


Anche Harry non si era mai sentito più confuso e felice. Camminava quasi volteggiando, il volto rischiarato dalla luce dell’innamoramento. Sospirava spesso, e si era persino ritrovato a scribacchiare sovrappensiero il nome di Draco. Sognava ad occhi aperti, ripercorrendo quasi ossessivamente i momenti passati insieme a Malfoy.  Le sue dita affusolate appoggiate sulla giacca... i lineamenti contratti in una smorfia di circostanza … la voce tremante, nonostante il suo tentativo di non lasciar trapelare alcuna emozione.
In quella manciata di ore che avevano trascorso insieme intirizziti sulla panchina, non avevano quasi aperto bocca.
I loro respiri, leggermente affannati, equivalevano alla conversazione più bella che avessero mai avuto. 
Harry aveva incontrato per sbaglio la mano gelata di Draco, che si era subito ritratto, quasi fosse stato punto da un ragno velenoso. Lo aveva fissato interrogativamente, alla ricerca di risposte di cui Harry era sprovvisto, esattamente come lui. Forse, avrebbero dipanato quei dubbi insieme, passo dopo passo, contatto dopo contatto.
Ancora dubbioso, il cuore che batteva all’impazzata, Malfoy aveva volontariamente sfiorato la mano sudaticcia di Harry.

Quando era arrivata l’ora di separarsi, si stavano ancora tenendo per mano, titubanti ed infinitamente felici.

 

Angolo dell’autrice:

Ho scritto, cancellato, riscritto questo capitolo almeno tre volte. 
Spero che il risultato sia convincente. Ho cercato di descrivere sia la frustrazione della nostra terapeuta, sia il magico momento dell’innamoramento. 
Per i nostri prodi, anche solo una carezza rubata è una conquista!

Aspetto le vostre recensioni; nel frattempo, vi ringrazio e vi abbraccio!


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Capitolo 18
*** Ritornare a respirare ***


Potter, questo posto fa schifo”  mugugnò astiosamente Draco, incrociando le braccia alla stregua di un bambino capriccioso. 
Per la prima volta nella sua vita, si sentiva 
fuori posto. Era una sensazione completamente nuova per uno come lui, da sempre abituato a spadroneggiare in lungo ed in largo nella comunità magica, perfettamente a proprio agio. 
Harry, infatti, lo aveva trascinato nel più antico pub di Londra, fondato nel 1707 (Draco aveva storto il naso, guardandosi intorno con fare schifato: a giudicare dalla tappezzeria scollata e dalle quantità di polvere accumulatasi negli angoli, non era mai più stato pulito da allora), promettendogli che non se ne sarebbe pentito.  Evidentemente, però, il ragazzo aveva una visione distorta dei suoi gusti. Insomma, come poteva pensare che gli sarebbe piaciuto stare in un locale fumoso e popolato da babbani? Per non parlare poi del chiacchiericcio indistinto che si levava dai tavoli intorno al loro, causa di un martellante mal di testa. Una cameriera aveva persino osato ridergli in faccia, quando – con sussiego – aveva ordinato una Burrobirra bollente. 
Alla fine, sempre sghignazzando, gli aveva schiaffato un boccale colmo di un liquido non meglio identificabile. Lo aveva bevuto a piccoli sorsi, sotto lo sguardo divertito di Harry, che lo aveva rassicurato: “
Nessuno ha intenzione di avvelenarti,Draco”.
Il quale, sentendo il proprio nome altisonante uscire da quella bocca, si era quasi strozzato.  
Chi avrebbe mai detto che lui e Potter sarebbero arrivati a 
chiamarsi per nome con quel misto di naturalezza e confidenza che deriva solo dalla conoscenza approfondita? 

 “Avresti preferito il Paiolo Magico, per caso? O forse Madama Piediburro?”  ribatté Harry, facendosi improvvisamente serio. Una strana ed impalpabile tensione calò su di loro, obbligando Draco a distogliere lo sguardo. Entrambi sapevano a che cosa Harry stesse facendo riferimento. Si nascondevano in posti sconosciuti ai maghi, privi del coraggio necessario per uscire allo scoperto. Non erano pronti a rendere di pubblico dominio quella strana relazione, dandola in pasto ad avvoltoi desiderosi di farla a brandelli. In realtà, il problema sembrava riguardare principalmente Draco; nonostante fossero ormai mesi che si frequentavano.  
Non era accaduto niente di lontanamente sconvolgente: si limitavano a passeggiare, rabbrividendo al casuale contatto delle loro dita, cercando di dare un senso a ciò che stava accadendo loro. Nel corso di quegli incontri clandestini, avevano maturato una certa intimità. Non a livello fisico, ovviamente, visto che era un’impresa anche solo guardarsi; tuttavia, c’era una comprensione fra loro, un’affinità di prospettive ed una convergenza di personalità, che li aveva persino spaventati all’inizio.  
 

“Dai, usciamo. Ho bisogno di aria” lo invitò Harry, alzandosi d’improvviso: il suo gesto inaspettato fece traballare i bicchieri di vetro sul tavolino, che tintinnarono.  Appoggiò la giacca nera sulle spalle ossute di Draco, ignorando le sue rimostranze piccate:  “So vestirmi da solo, grazie” . Raggiunsero la strada, a malapena illuminata da una timida mezzaluna, mentre le risate e la musica si facevano sempre più distanti.  

E poi accadde. E fu come ritornare a respirare dopo un lungo, atroce periodo di apnea.  Le loro labbra si cercarono affamate, cercando di recuperare il tempo perduto.  Con quel bacio sofferto ed appassionato, scontro di denti e scambio di saliva, esorcizzavano il passato: ciò che era stato, quello che non sarebbe stato mai più. In quell’abbraccio che profumava di nuove prospettive, desideri realizzati e terrore di amare, si resero conto: solo insieme si sentivano completi. 
  

ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore 
( I ragazzi che si amano, Jacques Prevert) 
  
ANGOLO DELL’AUTRICE: 
IL BACIO. Dopo 26633829128 sedute ed altrettanti capitoli, i nostri prodi ce l’hanno fatta. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e aspetto le vostre preziosissime recensioni! 
Grazie mille, davvero. 

 

 

 

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Capitolo 19
*** Dolore, rimpianti e desideri mal sopiti ***



I want to reconcile the violence in your heart
I want to recognize your beauty's not just a mask
I want to exorcise the demons from your past
I want to satisfy the undisclosed desires in your heart
(Undisclosed desires - Muse)

Si staccarono a fatica, le labbra tumide e gli occhi sgranati. Che cosa avevano fatto?

Inorridito, Draco indietreggiò di qualche passo, portandosi una mano alla bocca e pulendola con il dorso.

Allontanò con disprezzo Harry che, confuso tanto quanto lui, aveva cercato di abbracciarlo impacciatamente.
Quel bacio, Draco lo sapeva, avrebbe rappresentato l'inizio di una fine particolarmente dolorosa e travagliata.
Inoltre, non riusciva a pensare a se stesso in certi termini. Draco Malfoy, rampollo della prestigiosissima famiglia purosangue... Omosessuale?

Suo padre sarebbe morto di crepacuore, ne era certo. Se fosse venuto a conoscenza di certe sue tendenze, probabilmente lo avrebbe ripudiato.
E non c'era niente di peggio, per Malfoy, del subire le critiche insinuanti e gli sguardi ferali paterni. Forse sua madre sarebbe stata più comprensiva, ma una notizia del genere l'avrebbe ferita nel profondo. Ciò avrebbe destabilizzato l'armonia precaria della famiglia Malfoy, faticosamente ricostruita in seguito alla Guerra e più volte minata dal disagio psicologico di Draco.

Ma come poteva soffocare e rinnegare una parte così preponderante della propria identità senza annichilire nell'animo?
Draco fu distolto da queste dolorose riflessioni dalla voce arrochita di Harry, che cercò di attirare la sua attenzione.

Posando gli occhi cerulei sul ragazzo, fu pervaso da un odio viscerale ed incontrollabile.
Era tutta colpa di Potter, se era accaduto quello scempio fra di loro. A dire la verità, era proprio lui la causa preponderante di tutti i suoi disturbi, incubi notturni compresi.

Incontrarlo aveva irrimediabilmente influenzato e stravolto la sua esistenza, avvolgendo il suo cuore in una rete di dolore, rimpianti e desideri mal sopiti.

Il risentimento prevaricò sulla ragione del ragazzo, proiettandosi sul volto rassicurante di Harry, che sorrideva storditamente verso di lui.
Coprì la distanza fra di loro con un paio di falcate veloci, prima di avventarsi su di lui e tirargli un pugno.

Avvertì le ossa del naso cedere sotto le sue nocche nodose, provando un'insana soddisfazione.
Harry, stordito, balbettò un "perché Draco?" mentre il sangue gli colava copioso sulle labbra e sul mento, macchiandogli la camicia azzurra.
Ma Draco, con le lacrime agli occhi, continuò a colpirlo con una serie di pugni ben assestati, che fecero gemere la vittima alla stregua di un animale ferito. Vederlo contorcersi di dolore sotto il suo dominio, però, non ebbe l'effetto inebriante sperato, anzi.
Prendersela con la causa scatenante di tutti i suoi problemi non lo faceva stare meglio. Anche perché, si rese conto con orrore, solo con Harry aveva percepito un sentore di felicità.
Ferire lui equivaleva a dissolvere la sua unica speranza di serenità.
Dopo lo sgomento iniziale, Harry reagì: incominciarono a volare pugni, calci, spintoni. Ad uno sguardo poco attento, sarebbe potuto sembrare una semplice zuffa tra ragazzi, dettata da futili motivi.
In realtà, era un modo poco ortodosso di toccarsi, scambiare liquidi corporei (sangue, sudore, lacrime) ,indirizzando il desiderio divorante in uno sfogo sicuro ed accettabile.
La tensione fra di loro, palpabilmente erotica, veniva sublimata nella violenza fisica: toccarsi e sfregiarsi, per non arrivare a sfregarsi ed accarezzarsi.

Draco fu il primo a smettere. "Mi dispiace" biascicò, mentre con le mani si tastava lo zigomo dolorante;
Harry, tamponandosi alla bell'e meglio il naso grondante con la manica della giacca, lo guardò in maniera irritata.
"Che cosa avevi intenzione di dimostrare, eh Malfoy?" Il volto stravolto del giovane esprimeva amarezza e delusione.
"Potter, mi hai baciato! Come pensavi che avrei reagito?" Chiese indignato, perfettamente consapevole di essere nel torto.
Harry si fece mortalmente serio. Incatenò i suoi occhi a quelli di Draco, prima di mormorare "Allora vuoi dirmi che questo bacio non ha significato nulla per te?"
Posò un dito sul volto gonfio di Draco, che trattenne il fiato, continuando a guardarlo.
"Quindi, se ho ben capito, io non ti piaccio?" Spostò il dito, utilizzandolo per sfiorare le labbra tumefatte del ragazzo. Draco rabbrividì, cercando di contenere le mordenti ondate di desiderio che lo stavano travolgendo.
Harry fece per baciare la bocca schiusa di Draco, che non sembrava chiedere altro. Ma poi, all'ultimo, crudelmente si allontanò.

"Di cosa hai paura, Draco? Di cosa ti vergogni?" Gli chiese dolcemente, con lo stesso tono di voce che avrebbe usato una madre per rassicurare il proprio piccolo.
Draco abbassò gli occhi, mentre quelle domande rimbalzavano nella sua testa.
Già, che cosa temeva? Il giudizio altrui? La sofferenza che avrebbe inflitto ai suoi genitori?
Anche. Ma il punto non era quello. Il fatto era che... Accettare la propria sessualità era più difficile del previsto. Non riusciva ancora del tutto a credere di provare desiderio nel baciare un uomo. E non uno comune, bensì il suo acerrimo nemico da tempi immemori. Inaspettatamente avvertì la mancanza della Willowitch: lei avrebbe saputo trovare le parole giuste.

"So di cosa hai paura, Draco. Lo so, perché sono le stesse identiche paure che attanagliano anche me" Harry fece una piccola pausa per schiarirsi la voce rotta dall'emozione, prima di continuare.
"Hai il terrore di quello che potrebbero pensare gli altri, se lo venissero a sapere. Non puoi fare a meno di provare certi sentimenti, e ti odi per questo. Detesti quella parte di te che, paradossalmente, ti rende felice"

Draco fece una smorfia, cercando di camuffare le lacrime : "Commovente Potter. Hai mai pensato ad una carriera come guaritore?"
Harry lo ignorò, troppo coinvolto nella ricerca delle parole giuste da dire.
"I-io... penso di essermi innamorato di te. E non ha importanza se sei un maschio, se per alcuni questo mio amore è innaturale o anormale. Io ti amo, Draco. Non può essere sbagliato questo sentimento che mi fa fremere ogni volta che ti sfioro"
Draco non riuscì più a mantenere il controllo delle proprie emozioni.
Lo abbracciò di slancio, sussurandogli tra i lacrimoni che scivolavano discretamente sulle guance arrossate e gonfie: "Oh, Harry"

In quel sospiro Harry udì la dichiarazione d'amore più bella di sempre.

Angolo dell'autrice:
Ho letteralmente adorato scrivere questo capitolo. Spero che vi piaccia!
Grazie mille a tutti coloro che leggono\recensiscono questa storia =D
ps: Non chiamate Chi l'ha visto ... presto la nostra Columbine tornerà a farci visita!





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Capitolo 20
*** Casa ***




Ho passato tanti anni in una gabbia d' oro

Si forse bellissimo, ma sempre in gabbia ero

ora dipenderò sempre dalla tua allegria

Che dipenderà sempre solo dalla mia

Che parlerà di te

E parlerà di te

(E fuori è buio, Tiziano Ferro)




“Da quando stare in compagnia è diventato così piacevole, Potter?”
esclamò Draco, comodamente spaparanzato sul divano consunto dell’appartamento di Harry, le gambe affusolate appoggiate su uno sgabello.  Dal canto suo, Harry si limitò a stringersi nelle spalle, imbarazzato e palesemente felice, riempiendosi la bocca con una manciata di popcorn. Quegli stessi ragazzi che, un paio di ore prima avevano dato spettacolo fuori da un pub scagliandosi ferocemente l’uno contro l’altro, ora sorseggiavano una bibita come se nulla fosse accaduto.

In realtà, quella sera era successo di tutto. Si erano morsi ,feriti, graffiati, cercando di fare a brandelli la loro pelle ed i loro desideri inaccettabili e scabrosi. Avevano bramato lo scorrere del sangue, i gemiti di dolore e le lacrime dell’altro, in un folle gioco al massacro. Si erano scannati ed in quello scontro si annidava il senso stesso del loro legame: travagliato, sanguigno, passionale ed imprevedibile. Alla fine, si era dimostrato una sorta di rituale di corteggiamento: una serie di gesti triti e ritriti, necessari per congedare adeguatamente il passato in virtù di un presente sgomitante. 
Doloranti, acciaccati, persino claudicanti, i due si erano guardati di sottecchi, prima di scoppiare in una risata liberatoria. Erano stati ridicoli, infantili e stupidi, aveva sentenziato Draco, cercando di mantenere una parvenza di serietà. Poi, si era specchiato nella vetrina appannata di un negozio vicino ed era sussultato, alla vista di tutto quel sangue rappreso che gli incorniciava l’incarnato pallido. “Non posso tornare a casa così” aveva sussurrato, nella speranza incosciente che Harry gli chiedesse di restare con lui, quella notte. Avrebbe mandato un gufo ai suoi genitori, per evitare che venissero divorati dalla preoccupazione.

 Il suo desiderio inespresso fu esaudito; Harry, guardandosi la punta delle scarpe, gli aveva bofonchiato timidamente una domanda, che Draco si era fatto ripetere: aveva parlato senza scandire le parole, parole che acquisivano tutto un altro valore se pronunciate dalle sue labbra maciullate. “Vuoi venire a casa mia, Malfoy?” Non era mai stato invitato a casa di nessuno prima di allora; i suoi genitori, infatti, non pensavano che fosse degno trascorrere del tempo nelle case altrui, visto la magione in cui aveva la fortuna di vivere. Inoltre, non aveva mai davvero stretto delle amicizie ad Hogwarts : perlopiù gli gravitavano intorno scagnozzi senza cervello ed adulatrici starnazzanti.  “Con piacere.” Aveva risposto, il volto illuminato da un sorriso sincero.

Avevano camminato per più di un’ora, nella foschia notturna di Londra, i capelli scompigliati dal vento di ghiaccio, tenendo le mani intirizzite affondate nelle tasche. Erano rimasti in silenzio, improvvisamente consapevoli del livello a cui era approdata la loro relazione. Avevano finalmente scoperto le carte, per un attimo le maschere erano cadute rivelando loro la verità: per quanto cercassero di odiarsi, disprezzarsi, storcere il naso in presenza dell’altro , l’amore si era dimostrato più caparbio di loro. Intestardirsi nel cercare una soluzione a ciò che provavano, sarebbe stato inutile.

Quando Harry aveva aperto la porta della sua dimora, Draco era stato immediatamente colpito da una sensazione di famigliarità, esattamente la stessa che percepiva nel guardare gli occhi di Potter. Non era ancora stato in grado di definirla, catalogarla. Ma in quel momento, di fronte alla stanza disadorna e mal arredata che gli si parava di fronte, aveva compreso emozionato:  si sentiva a casa. Quel piccolo loft di periferia era quanto di più lontano esistesse dal Manor di famiglia e dal lusso nel quale era stato immerso fin dalla più tenera età; un luogo che, si rese conto con dolore, aveva le fattezze di una gabbia d’oro massiccio. Ecco perché, aveva sofferto così tanto in quel periodo: le sue ali cercavano disperatamente di dibattersi in uno spazio angusto, una prigione travestita da castello. Potter rappresentava la fuga, la libertà, le ali dispiegate energicamente nel cielo azzurro infinito. Mostrandogli il suo mondo, il posto in cui viveva e si permetteva di essere veramente se stesso, aveva consegnato a Draco le chiavi per uscire ed evadere da una vita che non gli apparteneva più. Ora toccava a lui decidere se spiccare il volo.

Quella sera, non spiccarono il volo. Draco si limitò ad un giretto di ricognizione, prima di fare ritorno in gabbia. Visse, comunque, degli attimi intensi, belli da far male.
 

Harry gli aveva mostrato la casa, scusandosi in continuazione per il disordine. Gli spiegò che aveva deciso di trasferirsi lì qualche mese prima, quando la sua presenza alla Tana incominciava ad essere ingombrante e mal sopportata da Ginny. Draco quasi non l’ascoltava, accarezzando con lo sguardo tutti gli oggetti che facevano parte della quotidianità di colui che amava. Forse, un giorno, sarebbe anche lui diventato parte integrante della vita di tutti i giorni di Harry. Non avrebbe saputo chiedere di meglio.
Harry propose di medicare le ferite di Draco: aveva un brutto taglio e, in generale, sembrava essere reduce da un campo di battaglia. Non era particolarmente dotato per la magia curativa, però Hermione gli aveva portato una crema a base d’arnica a suo dire “miracolosa”. Vincendo le resistenze iniziali del ragazzo, Harry aveva immerso le dita nel barattolino di cristallo, ricoprendole della sostanza vellutata. Entrambi rabbrividirono al contatto con l’altro, mentre l’aria incominciava ad impregnarsi di un vago sentore di profumo. Harry aveva posato l’unguento sulle ferite, spalmandolo con delicatezza. Draco tratteneva il fiato, cercando di controllare un’erezione crescente. Da quando applicare la crema era diventata un’attività potenzialmente afrodisiaca? Si chiese, soffocando un gemito di frustrazione quando la medicazione ebbe fine.

Avevano trascorso le prime ore della notte raggomitolati sul divano, avvicinandosi sempre di più con la scusa del freddo pungente, chiacchierando e mangiucchiando quel poco che Harry aveva recuperato dalla dispensa. Draco si era persino assopito, ad un certo punto ed Harry si era limitato a sfiorargli i capelli con la punta delle dita, timoroso di andare oltre, il cuore traboccante di amore. Osservandolo, aveva colto tanti piccoli dettagli su di lui: il respiro sommesso, la fronte leggermente contratta, il labbro superiore arricciato in una smorfia adorabile. 
Capì di non poter più immaginare la propria esistenza senza quel viziato ed insopportabile rampollo dell’aristocrazia purosangue, quando lo udì bofonchiare il suo nome nel sonno. Con gli occhi che luccicavano dietro le lenti appannate degli occhiali, Harry gli prese la mano, rassicurandolo sottovoce:

“Sono qui, Draco. Ora che ti ho trovato, non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.”



Angolo dell'autrice:
CHIEDO VENIA per il ritardo.
Purtroppo sono state settimane difficili, spero di aver ripagato l'attesa con un capitolo adeguato alle aspettative.

Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando!
Vi consiglio di non affezionarvi troppo a questa versione di Harry e Draco felici ed innamorati... perchè la situazione si complicherà nel corso dei prossimi capitoli.
Vi chiedo ancora scusa, un abbraccio e grazie di cuore =)
 

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Capitolo 21
*** Un passo falso ***


Al mio adorato nonno.
Mi manchi immensamente.
 
Columbine trattenne il respiro, soffocando il bisogno impellente di accarezzare il giovane seduto di fronte a lei. Draco, infatti, esibiva una notevole quantità di graffi e lividi sul volto; per non parlare poi dello zigomo destro, tumefatto. La guardò quasi sfidandola, invitandola silenziosamente ad indagare sull’accaduto. Sebbene le sue labbra non si fossero anche dischiuse, era evidente il desiderio viscerale di raccontarle tutto. Il tremolio delle gambe ed il movimento impaziente delle mani tradivano i suoi reali intenti.  Columbine non era stupita da quel comportamento,  una sorta di meccanismo di difesa piuttosto diffuso tra i suoi pazienti. Lo adottavano per dirottare le responsabilità di quanto avrebbero detto su di lei. Timorosi di quanto sarebbe potuto uscire dalla loro bocca, impauriti dalla prospettiva di conoscere davvero se stessi la incitavano – provocatoriamente – a porgere le domande scomode.

“Allora Draco… chi è stato?”
Malfoy incominciò a giocherellare con l’anello blasonato che portava al dito, distogliendo lo sguardo dalla guaritrice. Si umettò il labbro spaccato con la punta della lingua, facendo fremere l’affascinante donna che gli stava di fronte. E poi, con voce monocorde ed espressione annoiata, rispose: “Harry Potter… come se lei non lo sapesse già!”

Columbine preferì rimanere in silenzio: poteva quasi percepire fisicamente il tumulto interiore che affliggeva Draco, il suo adorato Draco, in quel preciso istante. Un miscuglio indistinto di dolore, felicità, turbamento. Si trovava sull’orlo del precipizio: un passo falso e sarebbe stata la fine. L’abisso verso il quale si sentiva così inevitabilmente attratto sarebbe stato, contemporaneamente, la causa della sua rovina e della sua serenità.

“Quello stupido… mi ha baciato!” disse ,infine, in un sussurro strozzato. Continuava a tormentarsi le mani pallide ed affusolate, strofinandole compulsivamente l’una contro l’altra.

Columbine si sedette più compostamente sulla sedia, ignorando la fitta di gelosia che l’aveva colpita a tradimento. Abbozzò un sorriso, prima di esclamare con finta allegria: “Finalmente!”. Poi, abbassando la voce di un’ottava, chiese con tono indagatore: “E ti è piaciuto?”
A quella domanda legittima ed inopportuna, Draco si alzò dalla poltrona, incapace di restare calmo. La guaritrice lo trovava estremamente sensuale, soprattutto per la sua tendenza di contrarre la mandibola quand’era assorto od irato. Malfoy camminava freneticamente per lo studio, respirando affannosamente per l’ansia.
“Draco” lo esortò Columbine “Parlami. Urla, spacca qualcosa se necessario. Non mi arrabbierò, davvero. Però comunica con me. “ Indugiò una frazione di secondo, prima di sussurrare: “Ti prego”

Il ragazzo boccheggiò, alla ricerca di parole adeguate. Parole che, però, non sembravano esistere. Poi, finalmente, prese coraggio. Diede le spalle alla Willowitch, stringendo nel pugno un paio di fazzoletti colmi di lacrime.
“Sì, non mentirò. Mi è piaciuto. L’ho trovato… incantevole… paradisiaco… magico!” Si passò una mano tremante sul volto contratto, prima di continuare. “Però?” Lo incalzò la guaritrice.  “Però… nel caso in cui le fosse sfuggito… è un maschio!“ rispose Draco, tra il beffardo ed il disperato.  Columbine alzò un sopracciglio, senza replicare. “Insomma… non mi dice niente?? Nessuna perla di saggezza, oggi? Non c’è una pozione, un incantesimo che mi possa far tornare… normale??!”
Definisci il concetto di normalità, per favore.”  La guaritrice accavallò le gambe, protendendosi verso di lui.

Draco sbuffò platealmente, sprofondando in una dei tanti pouf disseminati per lo studio.
Vorrei che mi piacessero le ragazze. Tutto qui, Willowitch. Desidererei non dover pensare a Potter in situazioni compromettenti e … sconce. “ socchiuse gli occhi, portandosi istintivamente la mano alla bocca: i pensieri gli erano sgusciati via a tradimento. Columbine sorrise, soddisfatta: alla fine, in un modo o nell’altro, l’inconscio tornava sempre a galla, dibattendosi tra vergogna e censure.
 

“Allora è questo, Signor Malfoy, il vero problema!” sottolineò trionfante “Il sesso!”
Draco trasalì, come se l’avesse appena colpito a sangue. Distolse lo sguardo, mentre una sgradevole tonalità aragosta gli macchiava le guance scavate. “Non pensavo, però, che tu e Potter foste già ad un livello di intimità così… elevato?!”. “Non lo siamo infatti. Willowitch, non farti prendere dall’entusiasmo. Non è successo niente, a parte qualche bacio.”
“Però ti piacerebbe, non è così? Io credo che esista questa tensione perenne… tra voi due. L’avete sublimata con gli schiaffi, ma non è bastato. Vi desiderate così ardentemente, così prepotentemente … e non siete in grado di gestire questa situazione. Probabilmente, altri ragazzi al posto vostro trascorrerebbero le giornate chiusi in camera da letto… ma voi siete speciali. Siete complicati, così come lo è il vostro rapporto. Non riuscite ancora ad accettare i vostri impulsi, li considerate ripugnanti ed accattivanti al tempo stesso. Avete paura di quello che potrebbe succedere se vi lasciaste finalmente andare…Siete due verginelli alle prime armi.”

“Lui non è vergine, Willowitch.”  Con questa allusione, Draco confessava il suo segreto più vergognoso. Nonostante l’imbarazzo, sostenne lo sguardo della guaritrice con una certa fierezza.  Columbine non si sorprese: aveva immaginato che non avesse mai avuto significative esperienze amorose. La sua inesperienza, i suoi turbamenti, l’incapacità totale di abbandonarsi agli eventi erano stati tutti segnali d’allarme. Inoltre, sapeva anche della prima volta di Harry insieme a Ginny Weasley.  Smaniava dalla voglia di spifferarla a Draco, al fine di rassicurarlo: era stata un totale disastro. Harry, estremamente pudico, le aveva raccontato a grandi linee  di come si fosse sentito inadeguato e sbagliato.
“Meglio così, no?  Almeno uno dei due saprebbe dove mettere le mani. “ Columbine ridacchiò inopportunamente, senza lasciarsi intimidire dallo sguardo di puro disappunto del giovane paziente.In ogni caso” disse, ritornando seria “non accelerate i tempi. Non c’è nessuna fretta. Non fate cose di cui potreste pentirvi in futuro. Godetevi la reciproca compagnia, le risate, i baci rubati. Quando vi sentirete pronti, accadrà tutto in modo naturale e spontaneo. “

Draco, dubbioso, stava per replicare quando il pendolo segnò lo scadere dell’ora. Per la prima volta, non si sentì sollevato dalle parole della Guaritrice. Sembrava non aver colto il punto, non completamente perlomeno.  Il fatto di essere ancora sessualmente immaturo lo tormentava ed intimoriva. Non aveva mai sognato e temuto così tanto la sua prima volta, l’esatto momento in cui si sarebbe scrollato di dosso quel fardello.
Al ritorno verso casa, passeggiando con le mani in tasca, fu colto da un’idea brillante.  L'apparente soluzione al problema.
 
 
“Harry. Dobbiamo parlare. Chi ti ha fatto questo? Devi dirmelo.”
Il tono di voce imperioso, l’espressione corrucciata e le mani appoggiate severamente sui fianchi non lasciavano presagire nulla di buono, si disse Harry. Hermione, infatti, lo stava scrutando ad occhi socchiusi, soppesando centimetro dopo centimetro del suo viso tumefatto. Nonostante il piglio solenne dell’amica, Harry non poté nascondere un sorriso: stava diventando sempre più simile alla sua futura suocera, la signora Weasley. Entrambe avevano il potere di farti sentire colpevole di una mancanza che non avevi mai commesso.

Ron, per fortuna, non si era accorto di nulla. Trascorrevano ancora molto tempo insieme e la questione di Ginny non sembrava aver in alcun modo scalfito la loro amicizia. Hermione, invece, aveva immediatamente percepito il cambiamento.  Lo osservava di sottecchi , la fronte aggrottata e le labbra imbronciate, alla ricerca di un indizio. Era arrivata persino al punto di aspettarlo nella sua camera, seduta sulla coperta multicolore, rischiando di fargli venire un infarto. Determinata e combattiva, lo aveva messo sotto torchio più volte, senza però riuscire ad ottenere alcuna informazione utile. Per la prima volta in assoluto, dopo aver condiviso praticamente tutto, Harry le teneva volontariamente nascosta una parte della propria esistenza.

Harry socchiuse le labbra, cercando di trovare una scusa convincente. Non voleva parlare di Malfoy, non ancora perlomeno. Che cosa avrebbe potuto dirle? Non era pronto a coinvolgere altre persone, visto che né lui né Draco erano stati capaci di definire quella sottospecie di relazione che li univa. Non c’era amore tra di loro: non nel senso canonico del termine. Non si guardavano languidamente negli occhi, né cinguettavano parole romantiche. Nella maggior parte del tempo, infatti, si limitavano a punzecchiarsi vicendevolmente, incapaci di gestire la tensione che aleggiava su di loro. Harry si era più volte interrogato sul significato di quanto era accaduto quella sera, nel retro del locale londinese.  Quel bacio li aveva spiazzati entrambi, era evidente. Erano stati messi di fronte ad una realtà che non riuscivano a comprendere, a capire, a metabolizzare. Per questo, si erano colpiti… picchiare l’altro era equivalso a martoriare una parte di loro che li disgustava.  Poi si erano stretti su quel divano sgangherato, e lui aveva percepito una potente ondata di affetto… e amore. Lo amava disperatamente, e altrettanto disperatamente desiderava condividere quella gioia con l’amica di una vita.  
“E’ stato un ragazzo, Hermione.”
Esitò, la voce rotta dall’emozione. Hermione sgranò gli occhi, pronta a replicare, ma fu interrotta dalla rivelazione di Harry: “Il ragazzo di cui sono innamorato.”  

 
“Finalmente ti sei deciso, Draco!” cinguettò Pansy, distesa supina tra i cuscini del letto a baldacchino del ragazzo. Gli sorrise provocante, sfilandosi con lentezza studiata il reggiseno di pizzo trasparente. Draco, madido di sudore prima ancora di iniziare, la zittì mordendole con ferocia le labbra. Fece quello che bisognava fare in una sorta di trance, senza il minimo coinvolgimento fisico ed emotivo. Per un attimo ebbe paura persino di non riuscire a portare a compimento l’atto, ma poi nella sua testa il corpo voluttuoso e femminile che si stava inarcando sotto di lui acquistò le fattezze di una figura famigliare.
Harry.

Angolo dell'autrice:
Mi scuso infinitamente per l'attesa, purtroppo ho avuto un periodo difficile.
Spero, d'ora in avanti, di riuscire a pubblicare regolarmente.
Grazie mille a tutti coloro che continuano a seguire la mia storia, rimanendo in silenzio o condividendo con me i loro pensieri.
A prestissimissimo, lo prometto =)

 
 

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Capitolo 22
*** Sensi di colpa e recriminazioni silenziose ***


Era un uggioso pomeriggio di fine primavera; il vento ululava in maniera terrificante, facendo sbattere le persiane sgangherate dell’appartamento di Harry. La pioggia scrosciava imperterrita ormai da ore, impregnando l’aria del profumo di terra bagnata.  Harry adorava quell’atmosfera malinconica che avvolgeva la città, dandogli la scusa perfetta per rintanarsi nel dolce tepore casalingo. Finalmente, dopo Hogwarts, aveva trovato un luogo degno di essere chiamato casa. Certo, non era perfetto: le pareti avevano bisogno di essere ridipinte e la moquette era piuttosto lisa e macchiata in più punti. Eppure tra quelle quattro mura, si sentiva protetto.

Si avvicinò alla finestra, osservando il turbinio degli ombrelli colorati dei passanti, gli stivali di gomma inzaccherati dei bambini, le gocce che rotolavano rincorrendosi sulla superficie trasparente.  Lasciò che il proprio respiro creasse una condensa sul vetro, per poi tracciare una D dai contorni incerti. Sorrise, prima di cancellare quella lettera, sentendosi una stupida adolescente innamorata.

Non vedeva l’ora che Draco arrivasse, sebbene mancassero ancora un paio d’ore. In realtà non facevano mai niente di speciale, loro due. Se ne stavano per lo più rintanati nell’appartamento, troppo spauriti per uscire finalmente allo scoperto, lasciandosi riscaldare dai tiepidi raggi del sole.  Qualche volta si sfioravano, prima di retrocedere confusi ed imbarazzati. C’erano delle giornate in cui fremevano uno di fianco all’altro, e tale tensione li rendeva sgarbati ed impazienti. Allora, tra sospiri interrotti e capelli scarmigliati, lasciavano che le mani parlassero da sé,  accarezzandosi timidamente e, quando la passione non lasciava spazio alla ragione, baciandosi. I loro baci erano aggressivi, frementi, trasudavano violenza e desiderio di possesso. In più occasioni, Harry aveva assaporato il gusto metallico del sangue nella sua bocca, regalo di un morso ben assestato di Malfoy.
 

Non si erano mai spogliati l’uno di fronte all’altro.  I loro corpi, le cicatrici che li adornavano, erano mausolei eretti in ricordo del loro passato, un passato da cui intendevano fuggire. Portavano sulla propria pelle i segni di una giovinezza calpestata troppo in fretta, la prova tangibile di ciò che erano stati: NEMICI. Entrambi desideravano dimenticare, liberarsi dell’opprimente fardello rappresentato dagli anni della Guerra; soltanto così potevano avvicinarsi. Si concentravano sul presente, perché i ricordi li avrebbero annientati.

Il loro era un legame troppo fragile, imbevuto di sensi di colpa e recriminazioni silenziose.  Il motivo di tale stallo, dell’insanità del loro rapporto, campeggiava sull’avanbraccio del Signorino Malfoy.  Il marchio nero era un ospite indesiderato che si insidiava tra di loro, benché fosse sempre accuratamente celato dalla manica della camicia. Non ne avevano mai parlato, ovviamente. Le loro conversazioni erano paragonabili ad un campo minato: una parola pronunciata con leggerezza e sarebbe esploso tutto.

Ma tutto cosa? Si chiese Harry, improvvisamente malinconico. Che cos’erano, in fin dei conti, lui e Draco? Amici, fidanzati, amanti? Che cosa sarebbe accaduto quando avrebbero smesso di leccare le ferite l’uno dell’altro e si sarebbero affacciati, mano nella mano, nella comunità magica?  Harry, esattamente come gli aveva consigliato Hermione, smise di torturarsi. Dopo tutto, qualunque cosa sarebbe successa, i suoi amici non l’avrebbero mai lasciato da solo a raccogliere i cocci.

Harry sapeva di essere immensamente fortunato. Quando aveva confessato alla sua migliore amica la sua vera natura, lei gli aveva tenuto stretto il braccio, ascoltandolo con attenzione. Non era inorridita, né l’aveva ripudiato quando le aveva bisbigliato quel nome. Era rimasta interdetta, certo: ma poi si era subito ricomposta, dichiarando di averlo sempre saputo. Avevano ridacchiato insieme, ricordando l’ossessione di Harry del sesto anno, quando la sua vita sembrava gravitare solo intorno a Draco. “Rinunciavi agli allenamenti di Quidditch per lui, Harry! Preferivi pedinarlo per ore ed ore, invece di stare con me e Ron!!” ricordò divertita Hermione.  Ma poi l’allegria degli aneddoti sfumò nelle lacrime: piansero insieme , lui ed Hermione, abbracciati stretti. Tra i singhiozzi, l’amica di sempre gli aveva sussurrato: “Io voglio solo che tu sia felice Harry.”

Ma Draco avrebbe avuto la stessa fortuna, quando i suoi sentimenti avrebbero scalpitato per emergere?  Una persona in grado di sorreggerlo, comprenderlo e sostenerlo nel lungo e tortuoso cammino dell’accettazione? Harry non ne era così convinto.
 

 

Draco si coprì il capo alla bell’e meglio con il cappuccio, maledicendosi per non essere rimasto a casa.  Borbottando tra sé e sé, completamente fradicio, superò velocemente il parchetto in prossimità dello studio di Columbine. Si impose di guardare dritto davanti a sé, evitando di posare lo sguardo su una certa panchina, quella dove aveva avuto inizio tutto. Ma tutto cosa? Quel flebile contatto che, probabilmente, aveva già contribuito ad indebolire? Perché lo aveva fatto? Perché aveva deciso volontariamente di ferire Potter e se stesso in maniera così grezza e volgare? Non se ne capacitava.

Per l’ennesima volta, si chiese irritato perché la Willowitch non avesse un camino o un punto di smaterializzazione come le persone normali . Ma d’altronde, lei non era normale. Riusciva sempre a penetrargli nel cervello in modo inquietante, portandolo ad approdare a verità e certezze che non sapeva neppure di possedere dentro di sé. 

Chissà che cosa avrebbe detto di quanto accaduto tra lui e Pansy. Al pensiero di quella gattamorta, Draco rabbrividì. La Parkinson, da quando avevano condiviso il letto, si era autoproclamata sua fidanzata ufficiale. Gli ronzava sempre intorno adorante, stordendolo con le sue moine ed il profumo dolciastro. I suoi genitori erano ovviamente felicissimi ed avevano ripreso a guardarlo con orgoglio, come se – finalmente – fosse degno della famiglia. Draco aveva sopportato stoicamente per qualche giorno, prima di sentire pronunciare l’infausta parola “Matrimonio”. A quel punto, esasperato, aveva smorzato l’entusiasmo generale, sottolineando la propria totale contrarietà.
Lui non si sarebbe mai sposato. Punto. 
Nessuno, però, sembrava averlo preso sul serio.


 
Draco entrò come una furia nella stanza, quasi travolgendo Columbine. 
“Ho fatto una enorme stronzata!” proclamò esasperato, prima di lasciarsi cadere in modo melodrammatico sulla poltrona.
 “Buongiorno anche a te” rispose laconicamente la Willowitch, nascondendo un sorriso per l’atteggiamento da primadonna del suo paziente.


 

 

Angolo dell'Autrice:
Credo che il titolo sia già di per sè esplicativo: "Sensi di colpa e recriminazioni silenziose".
Si amano, si desiderano terribimente, ma il loro legame è osteggiato da una serie di componenti: il passato, ciò che sono stati ed il futuro, ciò che sarà di loro.
Il tutto complicato dal comportamento di Draco, che ha compiuto un passo falso dalle conseguenze potenzialmente letali.
Spero che continuerete a seguirmi ed a recensire come avete sempre fatto.
Grazie mille di cuore, a presto


 

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Capitolo 23
*** Restare a galla ***


Riemerse dall'acqua di scatto, rovesciando gran parte della schiuma sul pavimento di marmo. Ansante, Columbine si sfregò le mani sugli occhi, non curandosi del trucco, che andò ad imbrattarle le dita e le guance.
Infilò in maniera sgraziata la testa tra le ginocchia nude, cercando di allontanarsi dal ricordo di Draco e dell'ultima, disastrosa seduta. 
Ma era tutto vano: ciò che aveva fatto, ciò che aveva detto -soprattutto- non poteva essere cancellato con un colpo di spugna.
Draco era stato a letto con una ragazza.
Una scelta dettata da contorte motivazioni che, sebbene controvoglia, lei avrebbe avuto il compito di sviscerare e portare alla luce. Di fronte a quella verità incontrovertibile, Columbine aveva cercato di modulare il respiro, socchiudendo gli occhi e lasciando che la gelosia la pervadesse, senza però sopraffarla. Stupidamente, si era sentita spodestata da quella scialba ragazzina diciottenne, che aveva avuto il merito ed il privilegio di rendere Draco uomo.
Sapeva perché Draco aveva fatto sesso con Pansy Parkinson. Il suo paziente si era scrollato di dosso quel compito ingrato, quel dovere che gli pesava come un macigno, rendendogli quasi impossibile respirare. 
L'intimità con una ragazza era stata un passo obbligato per lui, per dimostrare a se stesso di essere normale, qualunque cosa volesse significare.
Avrebbe dovuto essere essere felice, soddisfatto della propria performance. Invece la stava fissando implorante, spaurito e desideroso di scoprire il suo giudizio al riguardo. A giudicare dal pallore esangue delle guance e dalle marcate occhiaie, il ragazzo doveva aver trascorso gran parte di quei giorni a macerarsi, incapace di darsi una spiegazione per quanto accaduto.


Dopo un lungo periodo di pausa, in cui aveva cercato di rigovernare i propri pensieri e le proprie emozioni, richiudendolo sotto chiave in un anfratto della mente, la guaritrice aveva osato parlare.
Senza incontrare lo sguardo di Draco, torturando la penna che teneva saldamente in mano, gli aveva domandato in maniera laconica: "Avete usato precauzioni?"
Draco si era irrigidito, portando istintivamente le ginocchia al petto. La sua reticenza equivalse alla risposta che Columbine temeva di ricevere.
"Ehm... Non proprio..." Aveva tergiversato il paziente, mentre le pupille si allargavano di fronte all'enormità della propria mancanza.
"Draco..." Columbine sussurrò quel nome, concentrandovi tutto l'odio ed il risentimento di cui era capace. "Questa è la prova. Non eri pronto a compiere un passo del genere. O meglio, non con questa..."
La guaritrice si interruppe per un attimo, prima di nominare Pansy.
Il ragazzo si adombrò, ma rimase in silenzio. A testa bassa, gli occhi puntati sul pavimento, le mani congiunte in grembo: dava proprio l'impressione di un bambino in punizione.
"Non ti dirò che hai sbagliato, anche se è evidente. Non sottolineerò la tua assoluta mancanza di maturità nel gestire questa situazione. Non ho neppure intenzione di spiegarti perché hai deciso di sbarazzarti della tua verginità in questo modo così.. squallido. Ti chiedo solo un favore personale: non confessare niente ad Harry Potter. "
Esitò un momento, prima di proseguire: "Lo distruggeresti."
Draco fece per ribattere, scrollandosi di dosso il torpore che sembrava averlo avviluppato. 
"Non posso fargli questo, Willowitch. Devo dirgli cosa è successo. Ci sono già stato troppo segreti, sotterfugi, non detti tra di noi. Ancora adesso, camminiamo in punta di piedi per il terrore di ferire l'altro. Probabilmente il mio comportamento determinerà la fine della relazione più sincera, onesta e coinvolgente della mia vita..." Soffocò un singhiozzo. "Ma glielo devo dire."

"No! Non devi!" Replicò astiosamente la guaritrice, alzandosi in piedi di scatto, il viso congestionato e gli occhi sgranati. Il quadernino di pergamena che era solita tenere appoggiato sulle ginocchia durante le sedute cadde per terra, producendo un impercettibile tonfo.
Si rese immediatamente conto di aver superato il limite. Così come lo comprese Draco, imbambolato sulla poltrona, le nocche strette intorno ai braccioli.
Columbine riprese fiato, si ravviò i capelli e poi, come nulla fosse accaduto, raccolse il bloc notes e ritornò con nonchalance al proprio posto. 
Non avrebbe lasciato che la folle passione che nutriva per quell'insulso marmocchio mettesse in pericolo la sua professione. Non più.
Sapeva, senza falsa modestia, di essere la migliore guaritrice esistente. Non si limitava ad ascoltare e consigliare le persone che le chiedevano aiuto: lei soffriva e combatteva con e per loro. La sua etica del lavoro coincideva con il suo genuino interesse nei confronti dei pazienti. Aveva liste d'attesa lunghissime, pazienti famosi, ammiratori in tutte le parti del mondo magico accademico. Benché la sua vita sentimentale fosse praticamente inesistente, la professione le aveva sempre regalato emozioni e soddisfazioni.

"Ascoltami, Draco."
Lo esortò pacatamente, facendo così scemare - a poco a poco - la tensione che si era irradiata nello studio in penombra.
"Tu hai ragione. Harry avrebbe tutto il diritto di sapere che cos'è capitato l'altro giorno. Ma ci sono eventi, situazioni, tradimenti che uccidono. Annientano in un secondo tutto ciò che di prezioso siamo stati capaci di costruire. Alcuni gesti che commettiamo per noia, superficialità, confusione, bramosia di scoperta si ritorcono immediatamente contro di noi, avvelenando le persone che amiamo. "
Si schiarì la voce arrochita, per poi proseguire. "So che ti senti in colpa, Draco. E non posso biasimarti per questo. Ma liberarsi la coscienza scaricando il fardello del tuo peccato sulle spalle di quel poveretto non ti farà stare meglio, anzi. Anche nel caso in cui Harry comprendesse e ti perdonasse, la tua confessione vi logorerebbe, portandovi allo sfinimento. E questo, alla lunga, vi allontanerebbe. 
Io, invece, ho bisogno che stiate insieme. Forse non ti è ancora chiaro, Draco, ma la tua guarigione dipende esclusivamente da Harry. E sono convinta che , anche per lui, la tua presenza sia essenziale, per non dire vitale.
Necessitate l'uno dell'altro per restare a galla."


La seduta si concluse sulle note di questa enigmatica sentenza.

Angolo dell'autrice:
Buon Ferragosto miei amati lettori.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, l'ho scritto tra una nuotata e l'altra al mare ;) Ora sono tornata e spero di riuscire a dedicare a questa storia l'attenzione che merita.
Fatemi sapere cosa ne pensate, vi mando un bacio!

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Capitolo 24
*** Terribile Sensazione ***


 
Harry aspettava ormai impazientemente l’arrivo di Draco. Per l’ennesima volta, si sporse dalla finestra, controllando se tra i passanti spiccasse un’improbabile chioma biondo platino. Sorrise lievemente, constatando il termine dell’acquazzone che aveva imperversato per gran parte della giornata, ornando le strade trafficate di stagnanti specchi d’acqua. Un timido sole fece capolino, riscaldando con il proprio fugace passaggio la pelle scoperta del ragazzo.
Non c’era motivo di essere tanto nervosi, si rimproverò Harry, non resistendo però al desiderio di rosicchiarsi le unghie a sangue. Draco era già stato a casa sua: e allora perché questo turbamento profondo all’idea che potesse aggirarsi indisturbato tra le sue cose? Certo, la casa è il luogo sacro per eccellenza. Il nido verso cui indirizzare il volo della sera, l’attracco sicuro dove rifugiarsi dalla tempesta della quotidianità. Ma era anche il posto in cui ricercare intimità da parte degli amanti, che si spogliando impazientemente, lasciando tracce di vestiario spiegazzato in corridoio, prima di correre a letto.
Era questo il problema, comprese Harry con disagio, vergognandosi per l’ennesima volta di quei pensieri sconvenienti.
Rinchiudersi in pochi metri quadrati insieme a Draco e limitarsi a pomiciare come adolescenti irrequieti e curiosi incominciava ad essere frustrante. Harry avrebbe voluto di più: non solo dal punto di vista meramente fisico (l’urgenza erotica era insopportabile, ma ancora gestibile), quanto piuttosto in ambito emotivo e sentimentale. Aveva bisogno di sapere dove fossero diretti, se la loro stravagante e bizzarra relazione li avrebbe condotti a qualcosa di concreto, o se sarebbero rimasti invischiati in un desolante nulla di fatto.

Sarebbe mai stato possibile legittimare la loro relazione, portarla alla luce del sole svelarla sotto gli obiettivi dei fotografi impazziti?
Avrebbero mai potuto rendere pubblico quell’amore, destinato altrimenti a logorarsi sotto il fardello della più omertosa segretezza? 

Aveva intenzione di porre quelle domande a Draco, quel pomeriggio. Per questo era agitato, per questo si era rosicchiato le unghie fino alla prima falange, per questo gli tremava impercettibilmente il labbro inferiore. Perché aveva il terrore di quello che Draco avrebbe potuto dire o pensare di lui, di loro. Temeva la definizione che lui avrebbe potuto dare di quello strano legame che li attraeva l’uno all’altro. Avrebbe potuto essere incredibilmente crudele, come solo lui era capace di fare quando si sentiva messo in trappola. Draco era sempre stato un maestro, nell’arte del ferire le persone.  Forse lo avrebbe guardato con disgusto, replicando sdegnato che tra loro non esisteva nulla, minimizzando i loro trascorsi, portando a galla ricordi spiacevoli per entrambi. Oppure si sarebbe rinchiuso in un silenzio indignato, prima di richiudere la porta dietro di sé, senza tornare mai più.  Quest’ultimo pensiero gli fece venire la nausea.
 

La seduta appena conclusa aveva lasciato Draco frastornato e profondamente amareggiato.
Soprattutto, era stato il comportamento feroce e, francamente, esagerato della Willowitch a ferirlo. Nel corso di quei lunghi mesi, passati a macerarsi nel suo studio, aveva imparato ad apprezzare le qualità dell’affascinante guaritrice.
Si fidava di lei per la sua straordinaria capacità di spolverare e portare alla luce gli anfratti più bui ed incagliati della sua anima lacerata. Adorava il suo pungente senso dell’umorismo, i suoi commenti sardonici e taglienti, così come si era affezionato alla sua risata cristallina. A quella strampalata biondina dagli occhi turchesi doveva tutto. Soltanto grazie a Columbine aveva incominciato a tollerare meglio se stesso e le proprie pulsioni, altrimenti impossibili da sedare ed incanalare. Lo aveva preso per mano, lo aveva coccolato con il suono della sua voce rassicurante quando tutto intorno a lui sembrava essere in procinto di crollare. Era stata proprio lei ad infondergli il coraggio necessario per avvicinarsi ad Harry.
 

Una fitta di rimpianto e rimorso gli mozzò il respiro: decise di stroncare il pensiero sul nascere. Non aveva la forza per rimuginare sul tradimento che aveva compiuto ai danni dell’unica persona meritevole di affetto nella sua vita. Non aveva il coraggio di indugiare nel senso di colpa e nella frustrazione in cui già sguazzava.
Inoltre, un’idea continuava a frullargli in testa, non lasciandogli scampo.  Forse era impazzito però … credeva che Columbine si fosse presa una specie di cotta delirante nei suoi confronti.  Gli venne da ridere: quel pensiero era semplicemente assurdo. La guaritrice si era sempre comportata in modo ineccepibile con lui, mai travalicando il confine del delicatissimo rapporto medico-paziente.
Eppure, quando gli aveva raccontato della sua imbarazzante esperienza con Pansy, il sorriso caldo ed accogliente in cui era solito tuffarsi, le si era sgretolato sul viso. Improvvisamente era apparsa risentita, infastidita… forse gelosa?
Lo aveva attaccato come una belva, accusandolo di immaturità, mancanza di rispetto e tradimento nei confronti di Harry. Aveva persino paventato la catastrofica eventualità che Pansy fosse rimasta incinta! ( Un bambino! Con Pansy! Avrebbe dovuto chiederle al più presto notizie del suo ciclo mestruale: una prospettiva entusiasmante, insomma.)

Columbine si era lasciata coinvolgere  troppo nella sua esistenza. In parte, la colpa era stata anche sua, visto che le aveva consegnato su di un piatto d’argento le chiavi d’accesso della sua anima.
Scrollò le spalle, colto da un improvviso attacco di stanchezza. Si strofinò con la punta delle dita affusolate le tempie doloranti, desideroso di tornare a casa il prima possibile.

Ancora meditabondo, le mani infilate nelle tasche, Draco continuò a camminare; preso com’era da se stesso e martellato dai propri pensieri, non si accorse di aver superato uno dei suoi luoghi preferiti. Il parchetto in cui lui ed Harry si erano ritrovati, era diventato una sorta di tappa obbligata per lui. 
Era solito soffermarsi a pochi passi dalla panchina su cui Harry era seduto quel pomeriggio inoltrato d’autunno. Respirava a fondo, socchiudendo gli occhi, lasciando che i ricordi e le emozioni lo avvolgessero in un abbraccio rassicurante. Adorava guardarsi intorno, contemplando con lo sguardo quello che , intimamente, considerava il luogo della rinascita.
Rabbia, paura, timore, desiderio, attrazione, amore si erano mescolati in lui, facendolo sentire finalmente vivo. La conversazione stentata che avevano imbastito, l’imbarazzante silenzio che n’era seguito, gli impacciati movimenti per riuscire a sfiorarsi in maniera casuale: erano questi gli istanti che lo avevano reso consapevole di essere ancora capace di provare emozioni. Di amare.
Nel momento stesso in cui i suoi occhi si erano posati sulla figura di Harry, tutto era cambiato.

I suoi incubi si erano trasformati in sogni, meritevoli di essere realizzati. 
 


Harry si arrese di fronte all’evidenza: Draco non sarebbe venuto.
Il tè che aveva generosamente preparato tremolava intonso nella teiera, ormai gelido.  Lo versò di malagrazia nel lavello, imprecando quando alcune gocce gli caddero sui pantaloni, sporcandoli. Sciacquò anche le tazze, benché non fossero state utilizzate.
Era furioso. Gli era capitato ben poche volte nella vita di essere così arrabbiato, soprattutto per questo tipo di scemenze.
 Una furia cieca ed irrazionale lo teneva in pugno, opprimendogli il petto, rendendogli difficile il respiro. Aveva voglia di piangere, gridare, sbattere tutti i piatti per terra, graffiarsi il viso. Ma niente di tutto ciò gli sarebbe servito a lenire quel dolore travestito da furore. 

Perché con Draco doveva essere sempre un giocare a rimpiattino, un nascondersi per poi trovarsi, un bramarsi per poi ritrarsi quando le cose incominciavano a mettersi al proprio posto?  Harry si sentiva impotente, svuotato ed anche un po’ stupido al cospetto di quel turbamento. 
Draco aveva sbagliato, certo. Ma era una stupida dimenticanza, sulla quale Harry avrebbe tanto voluto saper sorvolare. Forse gli avrebbe mandato un gufo di lì a poco, spiegandogli le ragioni del suo ritardo. Forse si sarebbe presentato a mezzanotte, sorridente ed innamorato. Avrebbe potuto essere più comprensivo, se solo avesse voluto.  Ma non ce la faceva ad ignorare quella sensazione.
 

 La terribile sensazione di essere stati dimenticati dalla persona che più si ama al mondo.



Angolo dell'autrice:

Questo capitolo lo voglio dedicare a voi, che in questi mesi avete letto e recensito la mia storia.
 Vi ringrazio immensamente. Ho aspettato che fosse ufficiale prima di comunicarvi una notizia importantissima: sono stata accettata in una prestigiosa scuola di scrittura. Questo lo devo anche a voi. Prima di pubblicare su questo sito scrivevo storie che tenevo per me. Ora, sento di scrivere racconti con un'anima.

A prestissimo, vi abbraccio!

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Capitolo 25
*** Non ho che te ***


Il sollievo che aveva pervaso Draco nello scorgere l'imponente viale del Maniero si disintegrò in una manciata di secondi. La villa era illuminata a festa e dalle ampie finestre poteva scorgere il frenetico movimento di elfi domestici al suo interno. Di solito, sopra la casa aleggiava un'opprimente cortina di nebbia, penombra e –soprattutto- silenzio. I Malfoy, in seguito alla caduta di Voldemort, si erano trincerati tra le poco accoglienti mura del palazzo, lontani dagli sguardi giudicanti della comunità magica. Non avevano più organizzato memorabili ricevimenti, limitandosi a qualche funereo pranzo in compagnia delle altre famiglie di stirpe purosangue. Dal canto suo, Draco non aveva mai sopportato quegli eventi sociali: inforcare un sorriso fasullo, indossare gli abiti più ricercati, spogliarsi dei propri dolori per ostentare una sicurezza di sé che non possedeva. Aveva deciso di non avere la pazienza di essere ipocrita come i suoi genitori, che trascorrevano gran parte del tempo in compagnia di gente che detestavano. Erano giochi di potere, prese di posizione che non avevano niente a che spartire con lui. Voleva solo essere lasciato in pace. Desiderava stare in compagnia di gente che gli voleva bene in modo autentico e franco e, per ora, la lista si limitava a due persone: Harry e Columbine. Soltanto in loro presenza Draco si sentiva accettato, compreso ed amato. Forse il comportamento di Columbine nei suoi confronti era stato un po' ambiguo ultimamente, forse si nutriva di sentimenti poco consoni ... però Draco sapeva di poter contare su di lei, sempre. Per i suoi genitori, invece, la situazione diveniva più complessa e dolorosa. Lo amavano, certo. Ma tendevano a proiettare su di lui ambizioni e speranze che gli erano estranee. Il figlio era un prolungamento delle loro personalità, un simulacro da plasmare a propria immagine e somiglianza, un progetto a lungo termine. Spesso e volentieri, si dimenticavano del fatto che Draco fosse un essere umano, con tanto di cuore pulsante e cervello in funzione.

Il giovane Malfoy entrò di soppiatto, cercando di essere il più silenzioso possibile. L'ingresso, a differenza del solito, era illuminato a giorno da un imponente lampadario di cristallo, lucidato per l'occasione. Cercò con lo sguardo il suo furetto, ma l'animale non sembrava essere nei paraggi. Non che solitamente lo aspettasse con ansia di fronte al portone. Generalmente trascorreva le proprie giornate sul suo letto a baldacchino e solo di tanto in tanto si avventurava nell'immenso parco, scorrazzando alla ricerca di prede. Sebbene fosse piuttosto altero e scostante, nutriva una sorta di adorazione nei confronti del suo padrone. Lo seguiva ovunque come un'ombra, trotterellandogli intorno con incedere maestoso ed acciambellandosi sul suo grembo nei momenti di relax. Draco adorava Malferret: la sua presenza era ormai diventata indispensabile. Non avrebbe mai potuto fare a meno di lui. Era sorprendente il fatto che non lo avesse ancora fatto vedere ad Harry. Conosceva a menadito le intime ragioni di quella scelta e preferiva non pensarci troppo. Columbine glielo aveva spiegato piuttosto bene, in una delle prime sedute: Harry e il furetto rappresentavano due mondi incompatibili. Malferret era parte della famiglia Malfoy, un membro a tutti gli effetti. Narcissa gli aveva persino allacciato al collo un nastrino smeraldo, su cui campeggiava come ciondolo lo stemma della Casata. Non era ancora pronto a far incontrare, simbolicamente, quei due giganti su cui si poggiava la sua affettività. Aveva bisogno di entrambe le parti per poter resistere, sopravvivere, non lasciarsi annegare dallo sconforto.
Un elfo domestico distolse Draco dalle sue riflessioni, riportandolo bruscamente alla realtà. Inorridito dalla prospettiva di essere scoperto e di essere coinvolto nella festa, gli intimò bruscamente di stare zitto, portandosi un dito ossuto alla bocca. L'elfo sgranò gli occhi impaurito, ma rispettò il volere del padroncino: indietreggiò velocemente, per poi scomparire nel dedalo di corridoi che conduceva al salotto. Dal salone provenivano risate e tintinni di piatti e bicchieri. Tra il vociare indistinto , si levò una voce conosciuta. Pansy Parkinson, con tono lamentoso, chiedeva dove si fosse cacciato il suo Draco. Malfoy chiuse di scatto i pugni, irato per il comportamento di quella sgualdrina. Come osava anche solo pensare di poter rivendicare qualche improbabile diritto sulla sua persona? Avrebbe tanto voluto entrare nella stanza, solo per contraddirla e bistrattarla di fronte a tutti. Stava per farlo, contro ogni buon senso, ma decise di rimanere nella penombra, in ascolto. Dopotutto, era curioso di conoscere il motivo di tanta allegria, visto gli scarsi motivi per festeggiare. Dalla sua postazione, il ragazzo non riusciva che a cogliere brandelli di conversazione, nessuno dei quali sembrava essere di suo interesse. Poi, però, dovette accadere qualcosa. I discorsi andavano scemando, come se gli astanti fossero in attesa. Anche Draco drizzò le orecchie, contagiato da quell'inspiegabile senso di aspettativa.

Lucius Malfoy prese la parola. E per Draco, quello fu l'inizio.  Della fine. 

"... sono lieto di annunciarvi il fidanzamento ufficiale tra mio figlio e la deliziosa Pansy..."
Il mondo sembrò crollare. E forse lo fece davvero. Senza fiato, Draco appoggiò il palmo sudato della mano sulla tappezzeria, come a sorreggersi. La testa gli girava, lo stomaco si era dolorosamente attorcigliato su se stesso, la nausea lo attanagliava. Come un automa privo di emozioni, stordito da quella svolta improvvisa della propria esistenza, si staccò dal muro. Fece alcuni passi indietro, prima di incominciare a correre come un pazzo. 
Desiderava solo andarsene da quella combriccola di traditori, lasciare per sempre quelle stanze senza fare mai più ritorno. Non desistette neppure quando, richiamati dal rumore, i coniugi Malfoy si accorsero della sua presenza. Sgomenti e concitati pronunciarono il suo nome. 
 Draco, lo chiamò con voce spezzata e supplichevole la madre. Draco! In tono imperioso, il padre.
Non si guardò indietro. I suoi genitori non avevano più alcun diritto su di lui. Non dopo quello che gli avevano fatto. Avevano tramato alle sue spalle, senza minimamente prendersi cura dei suoi sentimenti, dei suoi sogni, delle sue speranze. Come potevano ancora sperare di avere qualcosa da spartire con lui? 

Fu distolto da quei pensieri dolorosi quando una longilinea ed altera creatura gli si parò davanti, bloccandogli il passo. Per Draco fu un sollievo enorme scorgere Malferret ai suoi piedi: lo avrebbe portato con sé. Fu quasi commovente vedere l'animale protendersi verso di lui, in cerca di protezione ed affetto. Proprio in quel momento, il ragazzo fu raggiunto da una furiosa Pansy. Nonostante la situazione, non poté far a meno di pensare che fosse proprio carina, quella sera. Doveva essersi impegnata per apparire splendida ai suoi occhi: il suo corpo era fasciato da un elegante vestito color smeraldo ed aveva raccolto i capelli in un'acconciatura riccamente intarsiata. Sembrava più matura, più ... donna. Una perfetta futura padrona di casa. Provò pietà per lei, nello scorgere il livore sul viso delicatamente truccato. Dopotutto, stava deliberatamente distruggendo le sue ambizioni e calpestando il suo amore. Per quanto fosse un'insopportabile snob, Pansy non lo aveva mai abbandonato, neppure nei momenti più oscuri della sua giovinezza. Nel corso del Sesto Anno era stata l'unica a preoccuparsi per lui, portandogli spuntini quando saltava i pasti e coprendolo di attenzioni soffocanti. Quando la Guerra era finita, lasciando dietro di sé macerie e calcinacci, lei era stata lì. Gli aveva tenuto la mano quando, per la prima volta, si era presentato in pubblico. La sua presenza, il contatto con la pelle calda ed asciutta avevano reso gli insulti, le occhiatacce, gli sputi più accettabili. Sorprendentemente, Draco si rese conto di essere – in qualche modo – riconoscente alla Parkinson. Gli era stata devota per gran parte della propria infanzia ed adolescenza. Lo aveva aspettato, protetto, curato ... nella speranza che lui, prima o poi, si accorgesse di lei. I baci, la disastrosa prima volta dovevano aver rinfocolato e ravvivato la sua bramosia. Draco provò un'improvvisa tenerezza che – per un frammento di secondo – sotterrò l'ira palpitante. Si avvicinò a Pansy, le accarezzò una guancia. La ragazza si scostò stizzita, mordendosi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere.

"Pansy, io ... " Indugiò Malfoy, per poi proseguire con un filo di voce: " Non voglio sposarti. Sarebbe una follia... La verità è che non potrei mai amarti come tu vorresti e meriteresti. Perdonami."
E sentendosi un perfetto verme ed inetto, Draco si smaterializzò. Lasciandosi alle spalle un cuore spezzato, ambizioni distrutte, sogni perduti ed insorgenti sensi di colpa.



Harry era di umore tetro. Aveva trascorso il resto del pomeriggio raggomitolato sulla poltrona, in preda ad oscuri pensieri. Hermione lo aveva chiamato, invitandolo a cena, ma lui aveva desistito. Una serata con l'allegra compagnia dei Weasley sarebbe stata troppo impegnativa; avrebbe significato rispondere a domande scomode, soffocare le lacrime che gli inumidivano gli occhi in favore di un sorriso vacuo, rimpinzarsi di leccornie nonostante la nausea. Desiderava solo la compagnia di se stesso, in quel momento. Magari avrebbe sintonizzato su un qualsiasi film di quart'ordine, il volume al massimo per evitare di ascoltare i propri singhiozzi solitari. Forse avrebbe dato un'occhiata alla Gazzetta del Profeta, che ancora giaceva intonsa sul tavolo.

Mentre soppesava quale di queste opportunità fosse più deprimente, il campanello suonò, distogliendolo dai suoi pensieri mortiferi.
Quasi si precipitò alla porta, benedicendo quell'inaspettata visita. Chiunque fosse stato il suo ospite, lo aveva appena salvato dalla propria funerea disperazione.
La scena che gli si parò davanti lo fece rimanere a bocca aperta. Che cosa ci faceva Draco Malfoy nel suo androne, in compagnia di un ... Harry strabuzzò gli occhi, per assicurarsi di aver visto bene... Furetto ? 
Rimasero entrambi in silenzio, esaminandosi reciprocamente in volto. Draco sembrava sconvolto, constatò Harry. Le mani gli tremavano visibilmente sotto la veste scura stropicciata ed aveva ridotto il labbro inferiore a brandelli sanguinolenti, a forza di mordicchiarlo nervosamente. 
Non ci fu bisogno di parole o spiegazioni. Gli occhi di Draco arrossati e gonfi avevano lanciato una richiesta di soccorso, prontamente accolta da Harry. Sembrava dicessero: Aiutami, non ho che te.
Lo invitò ad entrare.
"Ho dei biscotti..."   
Esordì Harry, senza una ragione apparente, in tono svagato. Draco sorrise, i denti leggermente sporchi di sangue. Alzò divertito un sopracciglio, per poi rassicurarlo. "I biscotti andranno benissimo."
Un tuono li fece sobbalzare. Stava per ricominciare a piovere. Harry rinchiuse la porta dietro di loro, lasciando il resto del mondo fuori. Sorrise soddisfatto: lì, la tempesta non li avrebbe sorpresi.

Draco osservava di sottecchi Harry: il ragazzo si stava ingozzando senza ritegno di biscotti al cioccolato. "Potter, sei disgustoso" lo redarguì, ostentando una smorfia di disprezzo ed alzando fieramente il sopracciglio. Harry lo guardò confuso, le guance gonfie all'inverosimile e la bocca macchiata di cacao. Cercò di inghiottire velocemente per ribattere, ma senza successo. Un attimo dopo Malfoy era stato costretto a somministrargli due vigorose pacche sulla schiena ossuta per evitare che soffocasse. "Che razza di idiota!" esclamò veemente, cercando di nascondere la paura che lo aveva pervaso. Infastidito, per l'ennesima volta si rese conto che la sua esistenza era ormai dipendente a quella di Harry. Ancora una volta, Columbine aveva avuto ragione.

Quella donna sembrava avere tutte le risposte.

Angolo dell'autrice:
Probabilmente mi avevate dato per dispersa, invece eccomi qui! Mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero di non deludervi.
Fatemi sapere cosa ne pensate. Un abbraccio a tutti voi, che dedicate qualche minuto alla lettura della mia storia. A presto <3

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Capitolo 26
*** Nota stonata ***


I maglioni furono i primi ad essere scaraventati per terra, vittime di un turbinio feroce di sensazioni. Poi fu il turno della maglietta sgualcita di Harry, impietosamente accartocciata sul comodino. Dita inesperte e trepidanti sbottonarono la camicia azzurra di Draco, svelando parte dell’esile torace.  Una domanda inespressa aleggiava su di loro, mozzando i respiri. Posso?   Timidamente, Harry insinuò una mano tremante sotto il tessuto, incontrando con le dita le cicatrici dell’altro. Trattenne il respiro e represse l’istinto di ritrarre i polpastrelli.  Quelle ferite rimarginate avevano zampillato sangue, un tempo. Per colpa sua.  Draco aveva rischiato di perdere la vita, di morire. Come poteva convivere con quel pensiero fisso? Tutte le volte che scorgeva quell’arabesco di pelle rattoppata, si sentiva schiacciato dai sensi di colpa. Non ne avevano mai parlato. Era già abbastanza difficile sopravvivere nel presente, per avere il lusso di indugiare nel passato. 

Harry riprese ad accarezzare il busto esangue di Draco, beandosi della sua espressione rilassata e tranquilla. Negli ultimi giorni, la sua vita aveva preso una piega decisamente inaspettata che non sapeva dove lo avrebbe condotto. Harry non sapeva esattamente che cosa fosse accaduto due sere prima, quando si era presentato alla sua porta, in compagnia di un improbabile animale domestico. Immaginava che la questione riguardasse  il rapporto conflittuale con i genitori, ma Draco non aveva mai espresso il desiderio di parlarne né lui aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni.
Repentinamente e con grande naturalezza, si era insediato nella sua vita e nelle sue abitudini. Si destreggiava tra le sue cose come se non avesse fatto altro per anni. Trascorrevano molte ore insieme nella tranquillità della casa, ed erano felici. Bastavano a se stessi e non avvertivano neppure l’esigenza di uscire di casa, di vedere gente. Ai suoi amici aveva detto di essere molto impegnato, paventando scuse assurde a cui – miracolosamente – sembravano aver creduto. Hermione doveva senza dubbio aver captato qualcosa, ma fortunatamente aveva deciso di rimanere in disparte.

Harry scacciò quei pensieri inappropriati, insediatisi nella sua mente come uno stormo di rapaci fastidiosamente gracchianti. Intendeva godersi ogni singolo istante: lui e Draco non erano mai stati tanto vicini. Ad uno sguardo esterno, non sarebbe stato possibile distinguere con certezza il proprietario di un braccio, di una gamba, di un piede. I loro corpi ancora adolescenziali si protendevano l’uno verso l’altro, alla ricerca della propria metà perduta. Ad Harry parve il momento perfetto per agire. Respirò a fondo, raccogliendo il coraggio necessario per andare oltre. Lanciò un’occhiata al ragazzo sotto di lui, alla disperata ricerca di conferme e rassicurazioni, senza successo. Draco aveva gli occhi chiusi, i capelli spettinati ed un adorabile rossore gli tingeva il viso. Non dava segni di disagio o incertezza, per questo Harry decise.  Rozzamente, cercò di sfilare i boxer a Draco, che prontamente si irrigidì, allarmato. L’equilibrio che tanto faticosamente avevano costruito nel corso di quei mesi fu crudelmente lacerato da quel gesto, nota stonata in un’armonia altrimenti perfetta.

No, no…Harry, piantala! Ho detto di NO!
Draco sgusciò via dal letto, ansante e furibondo.   Con un gesto irritato raccattò i pantaloni stropicciati da terra mentre  Harry cercava a tentoni gli occhiali sul comodino. Una volta inforcati, mise a fuoco l’espressione ferita di Draco. La bramosia , il desiderio feroce e cieco che avevano influenzato il suo comportamento erano scivolati via, lasciando il posto ad un palpabile imbarazzo. Aveva lo sguardo ancora un po’ appannato dalla smania che si era impossessata del suo corpo, non lasciandogli scampo. Si coprì pudicamente con un lenzuolo spiegazzato, improvvisamente conscio di quanto accaduto. Fece per balbettare qualcosa, ma rimase come ipnotizzato a guardare Draco ritornare a letto, appoggiarsi alla testiera di ferro battuto, mettersi la testa fra le mani e scoppiare in singhiozzi. Non ci furono lacrime e, forse, questo rese quella manifestazione di dolore ancora più cupa e desolante. Il modo in cui il ragazzo si abbandonò a gemiti  e lamenti allarmò Harry all’inverosimile. Si precipitò al fianco di Draco, ormai dimentico di ciò che lo aveva fatto vergognosamente divampare. Di fronte a quella sofferenza lancinante, nulla aveva più importanza né senso. Gli tenne la mano per tutto il tempo, restando in silenzio, accarezzandolo con gli occhi, digrignando i denti e desiderando di patire al posto suo. Si sentiva anche responsabile, almeno in parte, di quello sfogo. Forse, la sua reazione era stata sbagliata e troppo impulsiva. Lo aveva ferito, quando Draco – soprattutto in quel momento – doveva essere trattato con i guanti di velluto.

Mi dispiace. Bofonchiò, infine, rivolgendosi a Draco. Si era rannicchiato su se stesso, sembrava così fragile, così delicato.  Draco io… Harry alzò gli occhi disperato, alla ricerca delle parole giuste.  Si passò una mano sulle tempie pulsanti, desideroso di cancellare gli ultimi minuti. Perché si era comportato in modo così irruento ed impulsivo? Aveva avuto forse intenzione di violentarlo?  Era sempre stato piuttosto freddo e scostante sotto le lenzuola: di per sé, il sesso non lo aveva mai interessato per davvero; perlomeno, con Ginny. Malfoy aveva completamente ribaltato questa convinzione. Lo desiderava in modo quasi brutale e sanguigno: era un pensiero divorante, che mal si addiceva alla sua personalità tranquilla e riservata. Eppure, era così che si sentiva ogni volta che le sue narici venivano colpite dal suo profumo. Vivere insieme aveva amplificato ed esasperato queste pulsioni riprovevoli, di cui neppure lui era davvero stato consapevole fino al malaugurato momento in cui aveva avuto libero accesso alla pelle delicata del giovane Malfoy.  

È questo ciò che accade quando le passioni vengono lasciate a macerare nell’oscurità dell’anima: rimangono silenti per un po’, prima di esplodere travolgendo tutto.

Angolo dell'autrice:
Grazie a chi ancora ha la pazienza di aspettare gli aggiornamenti della mia storia.
Aspetto i vostri commenti, un bacione!
 

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Capitolo 27
*** Rivalsa ***


 
Columbine si sentiva uno schifo. Lanciò un’occhiata disgustata all’uomo che giaceva assopito accanto a lei, tra le lenzuola scomposte ed impregnate di sudore.
Perché, ancora una volta, aveva lasciato che la sua folle attrazione nei confronti di Draco prendesse il sopravvento sulla sua razionalità? Fino a quella sera si era limitata ad abbordare ragazzotti insignificanti nelle stanze fumose di squallidi locali. Si lanciava tra le loro braccia prima ancora che potessero proferire parola. Non gli interessava uno scambio intellettuale con loro, in quelle sere di solitudine e rimpianto. Voleva solo sentirsi avvolta da un corpo maschile, sfiorata da una pelle che non era la sua
Di certo il suo analista avrebbe arricciato il naso, se solo lo avesse messo a conoscenza delle sue squallide fantasie erotiche; per fortuna, non lo vedeva da tempo. Andare da lui, sedersi su quelle poltrone scalcagnate, lasciare che frugasse tra i suoi sentimenti ricordandole l’assoluta inopportunità di quei sentimenti.  Breuer avrebbe inforcato i suoi occhiali dalle lenti sudice, guardandola in tralice mentre lei si arrabattava alla ricerca di una giustificazione improbabile.

In ogni caso, non c’erano giustificazioni per quello che aveva combinato.  L’uomo che stava russando sommessamente nel suo letto altri non era che Malfoy, Lucius Malfoy. 
Columbine non sapeva esattamente cosa fosse accaduto: un minuto prima il padre di Draco si stava sfogando con lei, angosciato per la prolungata assenza del figlio, l’attimo seguente si erano trovati avvinghiati  sul tappeto rosa cipria dello studio.  Columbine chiuse gli occhi e sospirò sommessamente, cercando di rilassare i muscoli del volto, contratti in una smorfia dolorosa.
 

Il signor Malfoy si era presentato da lei per ora di cena. Aveva deciso di chiudere un occhio sul protocollo e di farlo entrare, dopotutto era visibilmente sconvolto. Tra un singhiozzo e l’altro, l’uomo le aveva raccontato quanto accaduto: l’annuncio durante il ricevimento, lo sguardo deluso di Draco, la sua fuga… Erano due giorni che non aveva notizie di lui e gli sembrava di impazzire. Narcissa non gli rivolgeva la parola da allora, reputandolo l’unico responsabile della decisione dell’adorato figlio. Avevano deciso di non diramare l’allarme, per evitare uno scandalo di proporzioni bibliche. I  rapporti con i Parkinson si erano incrinati in maniera irreversibile, ma fortunatamente neppure loro avevano alcun interesse a diffondere il pettegolezzo.

Lucius aveva deciso di rivolgersi a Columbine, nella speranza che lei potesse aiutarli a ritrovare Draco. Era pronto a fare qualsiasi cosa per rivederlo, qualsiasi…
Per un folle istante, Columbine aveva avuto voglia di spifferare tutto. L’omosessualità di Draco, il conflittuale ed ossessivo rapporto con Harry Potter, i dubbi, le incertezze.
Il destino del ragazzo era letteralmente nelle sue mani, poteva farne ciò che voleva. Si sentiva tradita da Draco: perché non era andato da lei, quando aveva scoperto i progetti coniugali del padre? La guaritrice avrebbe saputo come lenire il suo dolore ed il senso di inadeguatezza e disagio che sicuramente lo aveva pervaso. Invece niente: si era dimenticato di lei, di tutto ciò che aveva fatto per lui, di quanto lo avesse aiutato ad accettare i propri demoni negli ultimi mesi.  Era corso da Potter, rischiando solo di peggiorare ulteriormente la situazione, vanificando i sofferti risultati ottenuti con la terapia. Columbine era irata, inutile nasconderlo. Alla fine aveva accantonato l’idea di rivelare i segreti più intimi del suo paziente per un residuo senso di etica professionale.  Ma quando Lucius aveva posato le labbra sulle sue, lei aveva risposto al bacio con entusiasmo, decisa a godersi il momento.  Alla faccia tua, Draco.
Columbine era andato a letto con Lucius come forma di infantile rivalsa nei confronti di Draco, un estremo quanto inopportuno tentativo di ferirlo. In realtà, così facendo, era solo riuscita a lacerare la sua anima già sanguinolenta.
La guaritrice inghiottì una pillola, l’ennesima, alla ricerca di un po’ di stordimento a poco prezzo.

Nota dell'autrice:
Bentrovati!!! Purtroppo sono molto impegnata e riesco ad aggiornare poco, ma sappiate che ho questa storia nel cuore, non l'abbandonerei per niente al mondo.
Spero possiate perdonarmi, ci tengo a sapere il vostro parere su questo colpo di scena...
Al prossimo capitolo GRAZIE!

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