Il ritratto di Arianne Bellin di Fiamma Erin Gaunt (/viewuser.php?uid=96354)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap 1 ***
Capitolo 3: *** Cap 2 ***
Capitolo 4: *** Cap 3 ***
Capitolo 5: *** Cap 4 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Italia,
1655.
Arianne
era rannicchiata al fianco di sua madre,
sforzandosi di ignorare la puzza che la circondava. Non sapeva cosa
fosse, ma
di una cosa era certa: non era nulla di buono.
-
Mamma, ti prego, mamma. – mormorò, scuotendola
leggermente.
-
Mamma, svegliati, per favore. –
La
scosse ancora, osservando preoccupata lo strano
modo in cui ciondolava il capo della sua mamma. Sembrava una di quelle
bambole
di pezza con cui giocavano lei e le sue sorelle. Era profondamente
sbagliato
che un essere umano potesse essere tanto inerte.
-
Cintia, Rossella, Daniel … - sussurrò,
rivolgendosi all’angolo buio in cui sapeva per certo esserci
il resto della sua
famiglia.
Nessuna
risposta. Perché non le rispondevano, l’avevano
forse lasciata da sola?
Arianne
aveva paura del buio, ne aveva sempre avuta,
allora perché l’avevano abbandonata in quella
vecchia casa piena di spifferi e
impregnata di quell’odore stagnante? Perché non la
aiutavano a svegliare la
loro mamma?
Venne
assalita da un’intensa sensazione di bruciore.
Si grattò le braccia, sussultando per il dolore quando una
delle gigantesche
bolle scoppiò. La mamma aveva detto che sarebbero andate
via, che presto
sarebbe stata bene, però aveva anche detto che non
l’avrebbe mai lasciata sola.
Aveva mentito, la mamma era una bugiarda. E lei aveva così
freddo e tanta,
tanta fame.
Il
rumore cigolante della porta che si apriva la
fece sussultare. Chi poteva essere? Si rannicchiò ancora di
più contro il corpo
della madre, sperando che gli intrusi non la notassero.
-
Niklaus, è inutile cercare qui, non senti il tanfo
della putrefazione? –
A
parlare era stata la voce più piacevole che
Arianne avesse mai sentito nell’arco della sua breve
esistenza.
-
Ti ho già detto, mio scettico fratello, che ho
sentito distintamente il battito di un cuore. Un cuoricino malandato,
certo, ma
pur sempre vivo. –
-
Un bambino? –
Improvvisamente
ad Elijah fu tutto chiaro. Niklaus
non era a caccia, sperava di essere capace di salvare la vita di quella
piccola
creatura. Suo fratello aveva sempre avuto uno strano istinto protettivo
nei
confronti dei bambini.
-
Ecco, è lì. – annunciò,
dirigendosi a passo sicuro
verso il cadavere di una donna.
Stretta
a lei, tremante per la paura o semplicemente
per il freddo, stava uno scricciolo di bambina. Era coperta dalle
pustole della
peste, la pelle era talmente sudicia che la carnagione avrebbe
benissimo potuto
essere alabastrina o mulatta, gli occhioni grigi lo fissavano sbarrati
dalla
paura.
-
Come ti chiami, tesoro? – le chiese con voce
suadente, chinandosi su di lei.
Arianne
si tirò istintivamente indietro. C’era
qualcosa in quel giovane uomo che sembrava gridare a gran voce pericolo.
-
A- Arianne, signore. –
-
È la tua mamma, quella? –
La
voce incantevole che aveva sentito prima la
spinse a rivolgere lo sguardo sull’altro uomo. Anche lui le
sorrideva, ma per
qualche strano motivo sentiva di poter fare affidamento su di lui.
-
Sì, io credo … credo che sia morta. –
mormorò,
dando voce a quel terribile pensiero che si era fatto lentamente strada
in lei.
-
È così, piccina, ma fortunatamente per te, posso
guarirti. –
-
Signore, non può essere lei a farlo? –
pigolò,
lanciando uno sguardo supplichevole a quello dai capelli scuri.
-
Certo. Me ne occupo io, Niklaus. –
Se
le parole della piccola lo ferirono non lo diede
a vedere.
-
Sbrigati, Elijah, non credo che al nostro pulcino
rimanga ancora molto da vivere. –
Arianne
osservò timorosamente mentre quello che
sembrava essere il più grande dei due si mordeva il polso e
glielo porgeva con
grande garbo. Osservò il liquido scuro scorrere sulla pelle
candida dell’uomo.
-
Cosa devo farci? –
-
Devi berlo, bambina. –
Non
dubitò neanche per un istante delle parole dello
sconosciuto, qualcosa in lei le gridava di fare come le diceva.
Posò le labbra
sulla ferita e bevve avidamente.
*********
-
È un bel quadro, chi è la ragazza con voi?
–
domandò Camille, esaminando il grande dipinto sul camino di
casa Mikaelson.
Gli
occhi di Klaus sembrarono incupirsi e la ragazza
capì di aver fatto la domanda sbagliata.
-
Una persona a cui tenevamo molto. –
A
rispondere era stato Elijah, con tono compassato.
Si leggeva una profonda sofferenza in entrambi i fratelli.
-
Doveva essere una persona speciale. – considerò.
Sì,
doveva esserlo sicuramente se aveva segnato così
profondamente quei due uomini.
-
Lo era. – assicurarono all’unisono.
Spazio
autrice:
La
mia prima fic sui mitici Originals, spero che vi
piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 2 *** Cap 1 ***
Cap
1
Le
parole di Camille gli risuonavano nelle orecchie,
“Doveva essere una persona speciale”, mentre
fissava il quadro come se fosse
maledetto. Quando Rebekah glielo aveva portato, la mattina prima, aveva
dato
per scontato che sarebbe stato contento di rivederlo, di sapere che si
era
salvato. Nulla di più sbagliato.
Era
stato dipinto durante l’ultimo Natale che
avevano passato insieme, un mese prima dell’incendio, prima
che la bellissima e
dolce Arianne andasse in fumo.
Con
la coda dell’occhio, vide che anche Elijah lo
stava fissando. Sapeva che stavano pensando alla stessa cosa. Faceva
male
guardarlo, quattro facce sorridenti e ammiccanti impresse su una tela
da più di
trecentocinquant’anni. A pensarci bene, da allora nessuno di
loro era mai più
stato veramente felice, ma a quel tempo non potevano certo immaginare
cosa
sarebbe accaduto. Faceva male soprattutto il sorriso di lei, congelato
per
sempre su quella tela.
**********
Italia,
1655.
-
Niklaus, Elijah, finalmente siete tornati. Stavo
cominciando a … –
Rebekah
si zittì non appena vide ciò che il maggiore
dei suoi fratelli teneva tra le braccia. Inizialmente le era sembrato
solo un
fagotto sporco, ma ora che guardava meglio riusciva distintamente a
distinguere
il volto e il corpicino di una creaturina denutrita e malata.
-
Cosa c’è, adesso gestiamo un orfanatrofio?
–
commentò, mettendoci volutamente tutto il sarcasmo che
riusciva.
I
suoi fratelli sapevano che ciò che più la faceva
soffrire era il fatto di non poter dare la vita. Avrebbe rinunciato a
qualsiasi
cosa pur di avere ciò che tutte le ragazze di quel tempo
sognavano: un amore
puro, una bella famiglia, e qualche marmocchio urlante in giro per
casa. Lo
sapevano, eppure le portavano in casa quella ragazzina.
-
Le ho dato un po’ del mio sangue, sta guarendo e
ha bisogno di un posto in cui stare. – cominciò
Elijah, ma Klaus intervenne
prontamente, - Perciò, mia volubile e sentimentale
sorellina, credo che non
sarà un problema per te aiutare … -
Lanciò
un’occhiata desolata alla ragazzina, -
Perdonami, tesoro, ma non so il tuo nome. –
-
Arianne … Arianne Bellin, signore. – rispose. Ora,
stretta tra le braccia forti di Elijah, sentiva di cominciare a fidarsi
un po’
di più anche di Niklaus.
-
Bene. Non sarà un problema per te aiutare la
nostra piccola Arianne a darsi una ripulita, vero Rebekah? –
La
ragazza storse il naso, - Non sono una
governante, Nik. –, tuttavia annuì con un sospiro.
Arianne
venne messa delicatamente a terra, alzò gli
occhioni grigi a incontrare quelli castani di Elijah.
-
Starai bene con Rebekah, puoi fidarti. –
E
se lo diceva lui era la verità, lo sapeva. Lo
sentiva con ogni fibra del suo essere.
Si
allontanò lentamente dall’uomo e mosse i primi
passi incerti verso quella ragazza dall’aspetto angelico che
la fissava con una
strana espressione dipinta sul viso. La seguì fino al piano
superiore, si
lasciò spogliare e aiutare a entrare nella vasca.
Rimase
in silenzio finchè non avvertì una lieve
melodia, che veniva mormorata dalla ragazza mentre le lavava i capelli.
Per
qualche ragione si decise a chiedere ciò che le stava a
cuore.
-
Perché avete accettato di aiutarmi, anche se non
vi piaccio? – domandò con voce tremante.
Sua
madre le aveva sempre ripetuto che non stava bene
fare troppe domande, specie quando erano rivolte a qualcuno che si
stava
dimostrando gentile e altruista, ma la curiosità era troppa.
In undici anni
nessuno, tranne sua madre e i fratelli più grandi, si era
mai dimostrato
gentile e misericordioso con lei.
Rebekah
smise di canticchiare, fissandola stupita.
Quella bambina era straordinariamente intuitiva, aveva capito
all’istante che c’era
qualcosa che non andava.
-
Non è vero che non mi piaci. E comunque, quando
Nik fa qualcosa di buono è difficile trovare una
spiegazione, lui stesso non sa
darla. –
Arianne
annuì, non aveva capito molto, ma la cosa
importante per lei era che quella ragazza così bella e
delicata non ce l’avesse
con lei.
-
Allora, se vi piaccio, perché avevate quello
sguardo quando mi avete vista? –
Rebekah
sospirò, cercando le parole giuste.
-
Io non posso avere figli, anche se li desidero
molto, ero solo sorpresa di avere una bambina in casa. –
Arianne
riuscì a percepire chiaramente la tristezza
nella sua voce. Una volta, aveva sentito sua madre parlare con una
delle sue
amiche; dicevano che la figlia del fornaio non poteva avere bambini, da
come
parlavano sembrava che fosse una maledizione. Rebekah però
non sembrava così,
infelice sì, ma maledetta proprio no.
-
È per quella storia di bere sangue … Non siete
come me, vero? –
Sì,
era decisamente maledettamente intuitiva.
-
Fai troppe domande. Vieni, devi asciugarti i
capelli o ti ammalerai. –
******
Italia,
1661
Elijah
distolse lo sguardo dal libro che stava
leggendo e lo rivolse verso la ragazza seduta davanti al pianoforte. In
quegli
anni Arianne era cresciuta, non era più una bambina, ma una
splendida giovane
donna. I capelli le arrivavano a metà schiena e sembravano
una cascata di
morbide onde corvine, gli occhi grigi scintillavano di una luce
particolare, un
guizzo di malizia mista a intelligenza che per certi versi gli
ricordava
Niklaus.
-
Come stavo andando? – domandò la ragazza,
abbagliandolo con uno di quei sorrisi smaglianti che riservava solo a
lui, o
raramente a Rebekah. Quando gli sorrideva in quel modo, Elijah aveva
l’impressione
che ogni cosa diventasse più luminosa.
-
Bene, come sempre. –
-
Hai avuto un’incertezza nell’ultimo passaggio.
Elijah forse era troppo preso dai suoi libri per notarlo, ma a me non
è
sfuggito. – intervenne una voce maschile.
Arianne
sbuffò, voltandosi a rivolgergli un buffo
broncio.
-
Non riesci proprio mai a dire semplicemente che
sono stata brava? –
-
Voleva solo essere una constatazione sincera. –
-
Tu non sei mai sincero, Nik. –
L’Originale
le rivolse un’occhiata penetrante,
mentre gli occhi azzurri si incupivano come accadeva sempre quando era
contrariato da qualcosa.
-
Ne sei proprio sicura? –
-
Assolutamente, e lo sai. – ribattè, per nulla
intimorita dall’aria minacciosa di Klaus. Poi
abbandonò lo sgabello e si
diresse a passo risoluto fuori dal salone.
Elijah
la seguì con lo sguardo, per poi guardare il
fratello con lo stesso sguardo che questo aveva usato con Arianne, - A
cosa si
stava riferendo, Niklaus? –
-
Non sei tu quello che è sempre in perfetta
sintonia con lei, che l’aiuta in ogni cosa? Credevo lo
sapessi, o forse il
vostro legame non è tanto forte come credevi. –
Scrollò
le spalle, sforzandosi di ignorare l’insinuazione
del fratello.
-
Non è più una bambina, Niklaus, parla con me solo
di ciò che vuole. Perciò te lo chiedo nuovamente,
a cosa si stava riferendo? –
-
Nemmeno io sono un bambino, Elijah, quindi non
sono tenuto a dirti tutto ciò che accade nella mia vita.
Soprattutto quando non
ti riguarda. – aggiunse freddamente, abbandonando a sua volta
il salotto.
Spazio
autrice:
Eccomi
con il nuovo capitolo. Come avrete notato,
all’interno dei vari capitoli ci sono vari salti temporali.
Questo perché ho
voluto costruire la fic come nel telefilm, ossia con sporadici flash
back in
cui i personaggi rivivono eventi per loro importanti. Credo che questo
metodo
almeno per il momento sarà di aiuto per spiegare bene il
rapporto tra Arianne e
i Mikaelson, in seguito la narrazione sarà completamente
ambientata a New
Orleans all’epoca del telefilm. Spero che vi sia piaciuto e
che vorrete farmi
sapere che ne pensate.
Al prossimo
capitolo.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 3 *** Cap 2 ***
Cap
2
Arianne
uscì in giardino. Se aveva ereditato la
passione per i libri da Elijah e quella per la musica da Niklaus, era
certamente vero che il piacere dello stare all’aria aperta
era una
caratteristica tutta sua. Si diresse verso le scuderie, certa che
lì avrebbe
trovato la serenità che cercava.
-
Ssssh, va tutto bene, Robin. – sussurrò,
accarezzando gentilmente il muso di un sauro dalla costituzione
imponente. Il
cavallo nitrì leggermente, per poi leccarle la mano con
gentili movimenti. Era
l’animale più affettuoso che avesse mai
incontrato, il regalo migliore che
avesse mai ricevuto in diciassette anni di vita.
-
Sapevo che ti avrei trovata qui. –
Niklaus.
Possibile che dovesse sempre fare le cose
di testa sua, che non la lasciasse mai da sola quando era arrabbiata
con lui?
-
Se avessi saputo che mi avresti trovata non ci
sarei venuta. – ribattè freddamente.
-
Sei ancora infuriata con me, sweetheart? –
-
Sì, e non chiamarmi così. –
La
fissò accigliato, - Una volta ti piaceva questo
vezzeggiativo. –
Già,
una volta, prima che diventasse il marchio
comune con cui si appellava a tutte le giovani e affascinanti donne,
umane e
non, che passavano per il suo letto durante gli anni. Aveva sempre
creduto di
essere speciale, qualcuna a cui tenesse sul serio, ma a quanto pareva
non era
altro che una delle tante. Una sacca di sangue da vuotare e poi gettare
via
come se fosse spazzatura.
Che
sciocca che era stata.
Una
settimana prima …
Era
il giorno del suo compleanno, il sesto anniversario che passava in
quella casa,
e si stava mettendo a letto dopo aver festeggiato per tutto il giorno.
Era
stanca, i piedi le dolevano per le ore di ballo e i primi sbadigli le
sfuggivano dalle labbra morbide e voluttuose. Stava per infilarsi sotto
le
ampie coperte del suo letto a baldacchino quando la porta in noce si
aprì con un
lieve cigolio.
-
Sei ancora sveglia. –
Non
c’era rimprovero nelle sue parole, ma quasi un senso di
sollievo.
-
Nik, cosa c’è? –
Di
solito non la veniva mai a trovare, era Elijah quello che quando era
più
piccola le leggeva uno dei suoi racconti e le dava la buonanotte.
-
Non ti ho ancora dato il tuo regalo di compleanno, sweetheart.
– replicò,
avvicinandolesi con un sorriso sghembo stampato sul viso.
Lo
fissò perplessa, eppure aveva già ricevuto un
dono da lui.
-
Mi hai regalato il pianoforte nuovo. – gli fece notare.
-
Diciassette anni sono importanti, sweetheart, non penserai che uno
strumento
musicale basti. – replicò, con appena una punta
della sua solita ironia.
Le
si avvicinò ancora, accarezzandole distrattamente una
guancia e invitandola poi
ad alzare il mento, guardandolo negli occhi.
-
Buon compleanno, piccolo tesoro. – le sussurrò a
fior di labbra, per poi
baciarla gentilmente.
Era
la prima volta che Arianne veniva baciata e la sensazione delle sue
labbra la
lasciò leggermente sotto shock.
Fece
per dire qualcosa,
ma Niklaus se ne era
già andato.
-
Perché mi hai seguita, Niklaus? –
domandò, senza
preoccuparsi di nascondere la collera nella sua voce.
-
Perché sei arrabbiata con me? – chiese per tutta
risposta.
-
Perché giochi con me come se fossi una stupida
bambola. Non sono una delle tante che usi a tuo piacimento eppure ti
comporti
come se lo fossi. E lo detesto, anzi, ti detesto quando fai
così. – si corresse
prontamente.
L’Originale
sgranò gli occhi, sorprendentemente
preso in contropiede.
-
Questo non è affatto vero, non ti tratto come
loro. – protestò, per poi aggiungere, - Del resto
non mi sembri nella posizione
di criticare, pulcino, dal momento che tu fai lo stesso con me.
È sempre Elijah
quello che viene al primo posto, no? –
-
Elijah non c’entra nulla. –
-
Passiamo alla difensiva, sweetheart? – replicò
beffardo, certo di aver toccato un tasto dolente.
-
Stai rigirando la situazione a tuo favore, fai
sempre così. – lo accusò, incrociando
le braccia al petto con aria risoluta.
-
Non sto rigirando nulla, è solo che anche tu non
sei innocente come credi. –
Sospirò,
esasperata, e alzò gli occhi al cielo.
Vincere una discussione con lui era praticamente impossibile.
-
Sei insopportabile. – esclamò.
-
E tu non sei da meno, pulcino. –
Nell’impeto
della discussione i loro volti si erano
avvicinati in un modo che poteva sembrare molto ambiguo. Sapeva che
avrebbe
fatto meglio a tirarsi indietro ora che era ancora in tempo, il suo
istinto
glielo gridava a pieni polmoni, ma non lo fece.
-
Se non vuoi che ti baci, pulcino, dovrai proprio
fermarmi. – le sussurrò, annullando lentamente la
distanza che separava le loro
labbra, come a volerle dare tutto il tempo di tirarsi indietro se lo
avesse
voluto.
Ancora
una volta non lo fece. Attese paziente che le
labbra del ragazzo si posassero sulle sue, chiuse gli occhi e si
godette
appieno le sensazioni che Nik scatenava in lei.
******
A
quei baci ne erano seguiti tanti altri,
intervallati da discussioni, litigi e sì, doveva ammetterlo,
dalle sue scenate
di gelosia nei confronti di Elijah. Sapeva che tra loro due
c’era qualcosa che
lui e Arianne non avrebbero mai condiviso e questo lo feriva.
Per
certi versi quella ragazza gli ricordava Tatia,
per altri non avrebbe potuto essere più diversa. Due
fratelli innamorati della
stessa donna, per di più per la seconda volta, a quanto
sembrava i Mikaelson
condividevano l’ironico destino dei fratelli Salvatore.
Accarezzò
distrattamente il bordo dorato della
cornice. O meglio, avevano condiviso lo stesso fato.
Spazio
autrice:
Eccomi
con il nuovo capitolo, scritto a tempo di
record. Spero che vi piaccia e che come sempre vogliate farmi sapere
che ne
pensate. Al prossimo.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 4 *** Cap 3 ***
Cap
3
Elijah
osservava con la coda dell’occhio i movimenti
del più imprevedibile dei suoi fratelli. Per un certo
periodo aveva creduto che
Arianne sarebbe stata come un balsamo per le profonde ferite affettive
di
Niklaus, lo rincuorava il vederlo tanto preoccupato per qualcuno che
non fosse
se stesso, per di più per una piccola umana. Già,
per un certo periodo.
Poi
lei era cresciuta e aveva scoperto di avvertire
una sensazione di benessere ogni volta in cui lo abbracciava e gli si
stringeva
contro. Pensieri diversi, sconvenienti, e aveva dovuto ripetersi
più volte che
quella giovane donna non era altro che una sorella acquisita per loro.
Sospirò,
tutto quello che era stato non aveva più
importanza ormai.
************
Italia,
1662
Elijah
stava leggendo quando udì le urla di Arianne.
Fuori dalla finestra imperversava un temporale con i fiocchi e la
ragazza
doveva essersi svegliata a causa dei tuoni. Era successo molte volte
durante
quegli anni, Arianne non dormiva bene da quella volta in cui
l’avevano trovata
tra i cadaveri dei suoi famigliari, e sembrava che la pioggia la
inquietasse
ancora di più.
Mise
via il libro, alzandosi dalla poltrona in pelle
in cui era sprofondato, e si diresse verso la sua stanza. Socchiuse la
porta,
sbirciando all’interno con discrezione.
Arianne
era seduta sul bordo del letto a
baldacchino, le morbide onde corvine arruffate e qualche goccia di
sudore che
le imperlava leggermente la fronte.
-
Elijah, sei tu? – domandò con voce tremante,
spostando lo sguardo verso la soglia.
Si
fece avanti, chiudendosi dietro il battente in
mogano.
-
Ti ho sentita urlare. –
La
ragazza abbassò lo sguardo, le gote alabastrine
coloratesi improvvisamente di un rosa acceso.
-
Non era nulla, solo un incubo, scusa se ti ho
fatto preoccupare. –
Mosse
un paio di passi, incerto. – Non preoccuparti.
–
La
candida camicia da notte, semitrasparente sotto i
raggi lunari, le aderiva al petto e le lasciava scoperta una buona
porzione di
gambe. Distolse lo sguardo, rimproverandosi mentalmente per come i suoi
occhi
avevano notato l’aumento delle sue morbide forme femminili.
-
Invece mi preoccupo eccome, sono stufa di
allarmarvi con questi stupidi incubi. – borbottò.
-
Lo sai che per noi non è un problema, è una cosa
normale. –
-
Normale per una ragazzina, forse, ma io non sono
più una bambina, Elijah. – replicò,
allargando le braccia come a voler dare
dimostrazione di ciò.
-
Lo vedo. – mormorò, così piano che per
un attimo
Arianne si chiese se l’avesse davvero detto o se lo fosse
solo immaginato.
-
Bene, se è tutto a posto, torno al mio libro. –
aggiunse, voltandosi verso la porta.
Aveva
la mano sulla maniglia quando la voce di
Arianne lo fermò.
-
Elijah, aspetta. –
Tornò
a guardarla negli occhi.
-
Sì? –
-
Resteresti con me, per favore? –
Annuì,
sdraiandosi accanto a lei e attendendo
pazientemente che gli si accoccolasse con la testa sul petto.
-
Sempre e per sempre. – assicurò, accarezzandole
distrattamente le onde corvine.
Arianne
chiuse gli occhi, aspirando il profumo di
muschio e pino selvatico dell’uomo: odore di casa. Gli si
strinse ancora di
più, saggiando la dura consistenza dei muscoli al di sotto
della camicia.
Elijah … il suo Elijah.
-
Elijah, posso farti una domanda? – chiese,
rompendo il silenzio che era sceso tra loro.
-
Tutto quello che vuoi. –
-
Tu mi ami? –
L’Originale
s’irrigidì leggermente e, ne era certo,
se avesse avuto un cuore pulsante probabilmente avrebbe saltato un
battito.
-
Certo, come amo Niklaus e Rebekah, siete la mia
famiglia. –
Arianne
scosse la testa, guardandolo con aria severa
negli occhi grigi.
-
No, non volevo dire in quel senso. Intendevo
questo. – chiarì, alzando la testa quel tanto che
bastava per arrivare a
catturare quelle labbra perfette che sembravano essere state modellate
nel
marmo.
Baciare
Elijah era diverso rispetto al baciare
Niklaus, questa fu la prima cosa che notò. Le sue labbra
erano inaspettatamente
calde e morbide, accarezzavano le sue con una delicatezza e
un’incertezza che
Niklaus non aveva mai avuto.
-
Arianne, non possiamo. –
L’allontanò
con gentilezza, mettendosi a sedere e
mettendo una buona distanza tra loro due.
-
Bacio così male? – domandò con una
punta d’ironia.
Non si era aspettata una reazione diversa, l’aveva agognata
certo, ma lo
conosceva troppo bene. Il cavalleresco Elijah non si sarebbe mai
permesso di
prendersi libertà come quelle con lei.
-
Non dire sciocchezze, sai che non è questo il
motivo. –
La
fissava con un’aria strana negli occhi castani.
Sembrava che interrompere quel contatto gli fosse costato
più che a lei.
-
E allora qual è? – replicò, fissandolo
con uno
sguardo arrabbiato che gli ricordava tremendamente quello di Niklaus.
-
Sei mia sorella, nostra sorella. – si corresse
prontamente.
Arianne
alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
-
Non sono vostra sorella, sono solo la marmocchia
che avete salvato da morte certa. Non sono nulla per voi, Elijah, solo
la
vostra umana da compagnia. – concluse amaramente.
-
Questo non è vero … - iniziò a
protestare, ma le
dita affusolate della ragazza si posarono sulle sue labbra, zittendolo.
-
Sai che è così, non sono nulla per voi, non sono
vostra sorella. E ora fa una cosa per me, te ne prego. –
Lo
fissò con sguardo implorante, quel genere di
espressione che sapeva bene essere la sua arma vincente. Non
c’era nulla che
Elijah fosse in grado di negargli quando lo guardava in quel modo.
-
Cosa? –
Tornò
ad avvicinarglisi lentamente, finchè le loro
labbra non furono talmente vicine da sfiorarsi mentre parlavano.
-
Baciami. Non chiedo altro che un casto bacio. –
sussurrò a fior di labbra.
Elijah
si maledisse per la propria debolezza, ma
fissando quella bocca tentatrice non poteva fare altrimenti.
Annullò l’esigua
distanza che li separava e la trasse a sé, baciandola con
gentile fermezza. La
vide chiudere gli occhi, cingergli il collo con le braccia e
abbandonarsi a lui
con cieca fiducia.
*********
Arianne
si fidava di lui più di chiunque altro.
Confidava nella sua forza e nella sua protezione e lui
l’aveva delusa. Non
l’aveva salvata, non c’era riuscito.
Sempre
e per sempre nel loro caso era stata nulla
meno che una bugia.
Spazio
autrice:
Eccomi
con il nuovo capitolo. Mi scuso per l’attesa,
ma ho voluto controllarlo e ricontrollarlo prima di pubblicarlo,
perché quando
scrivo di Elijah voglio essere certa di rimanere il più IC
possibile (e spero
vivamente di esserci riuscita). Spero che il capitolo vi sia piaciuto e
che
vogluate farmi sapere che ne pensate. Al prossimo.
Baci baci,
Fiamma Erin Gaunt
|
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Capitolo 5 *** Cap 4 ***
Cap
4
Italia,
1663
Arianne
osservava la
folla danzante sotto di lei. Si sporse leggermente dal parapetto,
ammirando
come le luci della sala colpissero gli abiti sfavillanti delle dame
rendendole
simili a spiriti aggraziati e luccicanti.
Quella
particolare
festa a casa Mikaelson era stata celebrata in suo onore; ufficialmente
per il
suo diciannovesimo compleanno, in realtà perché
aveva finalmente raggiunto l’età
fissata per la sua trasformazione.
Tuttavia,
guardando Niklaus
profondersi in un lungo inchino e un lento baciamano davanti alla
figura snella
e sfacciata della contessa d’Ambrose, l’entusiasmo
per i festeggiamenti svanì
rapidamente.
Ne
avrebbe parlato
con Rebekah, se l’amica fosse stata a portata
d’orecchio, ma in quel momento
era impegnata in un ballo con uno dei piacenti figli minori del duca e
non le
sembrava proprio il caso di disturbarla per una sciocchezza come
quella.
-
Non vi divertite, signorina
Mikaelson? Eppure ero abbastanza certo che i festeggiamenti fossero in
vostro
onore. –
La
voce carezzevole,
dalla cui intonazione priva di accento si capiva che il suo
interlocutore fosse
un madrelingua, la spinse a voltarsi. Davanti a lei c’era un
giovane dalla
carnagione tipicamente mediterranea, gli zigomi alti e la mascella
volitiva, ma
la cosa che più la colpì furono gli occhi. Erano
scuri come tizzoni ardenti e
sembravano bruciare come solo l’oscurità
dell’inferno avrebbe potuto fare.
-
Non credo di
conoscervi. –
-
Le mie scuse.
Lorenzo di Riva, ma voi potete semplicemente chiamarmi Renz. –
Accompagnò
quelle
parole con un inchino e un baciamano che nulla avevano a che invidiare
con
quelli che Niklaus stava elargendo al piano di sotto.
-
Fareste danzare una
signorina sola e molto annoiata, Renz? –
Un
sorriso sghembo si
dipinse sui tratti dell’italiano.
-
Le belle signorine
e i balli sono la mia specialità. –
Le
porse il braccio
con fare cavalleresco, scortandola lungo le scale e poi fino al centro
della
pista. La fece volteggiare brevemente, attirandola a sé e
cingendole la vita in
modo poco più plateale di quanto l’etichetta
considerasse appropriato, ma in
quel momento non le importava.
Non
quando Niklaus si
atteggiava a Dongiovanni con qualsiasi signorina disponibile gli
capitasse a
tiro ed Elijah si manteneva impassibile e distaccato mentre discuteva
di affari
con alcuni importanti invitati.
Renz
era un abile
ballerino e la conduceva con la sicurezza e la fermezza di chi aveva
compiuto
quelle stesse mosse tante di quelle volte da averle mandate a memoria.
Era
anche un conversatore brillante, come ebbe modo di scoprire quando dopo
il
quarto giro di danza si offrì di andarle a prendere una
coppa di vino e presero
a parlare d’attualità. E, cosa ancora
più importante, pareva aver compreso alla
perfezione la situazione in cui si trovava.
-
Immagino sappiate
di essere l’oggetto delle occhiate sempre più
insistenti dei vostri fratelli
adottivi … di entrambi –
precisò,
ammiccando con l’aria di chi la sapeva lunga.
Bevve
un lungo sorso
di vino, lasciando che il fresco nettare le scorresse lungo la gola e
le desse
il tempo di ideare una replica adatta.
-
Sono molto
protettivi, devo ammetterlo. –
Renz
rise, scuotendo
la testa. – Protettivi? È una scelta curiosa per
intendere che entrambi
desiderano un posto nel vostro cuore. E, credetemi, quello non ha nulla
a che
vedere con il tipico amore fraterno. So capire al volo quando un uomo
desidera
una donna … o quando due fratelli desiderano la stessa.
–
Si
stavano
addentrando in un terreno insidioso e ciò le imponeva di
essere altrettanto
diretta e sfrontata.
-
E come suggerireste
di procedere a una signorina che si venisse a trovare in una situazione
di
questo tipo? –
Il
sorriso sghembo
tornò a fare capolino e Arianne ebbe modo di appurare che
quella doveva essere
la sua espressione da impenitente seduttore.
-
Suggerirei alla
signorina di baciare l’aitante sconosciuto con cui sta
ballando e di non fare
altro che rimanere ferma e attendere le reazioni dei due contendenti.
–
Questa
volta venne il
suo turno di ridere.
-
Siete un cattivo
ragazzo, dunque, Renz? –
-
Oh, mia cara
Arianne, credetemi quando vi dico che faccio tutto il possibile per
esserlo. –
E
sì, guardando
quelle iridi torbide non c’era alcun dubbio che quanto detto
rispondesse alla
verità. Così decise di dargli ascolto e
semplicemente lo fece … si alzò in
punta di piedi quanto bastava per posare le labbra sulle sue e
lasciò che fosse
il giovane uomo a condurre il gioco.
Renz
rispose al bacio
con moderato trasporto, come se non fosse poi così deciso ad
approfittare di
una signorina indifesa ed evidentemente divisa tra due uomini.
Durò
poco comunque perché
l’arrivo di Nik fu come una tempesta di fuoco che si
abbattè su di loro.
Arianne non poteva vederlo dal momento che gli volgeva le spalle, ma le
sembrava
di riuscire a percepire perfettamente le iridi cerule che li fissavano
lampeggianti d’ira.
-
Temo che per la mia
sorellina sia giunto il momento di prendersi un po’ di pausa
da tutta questa
attività danzante – soffiò
l’Originale, utilizzando il tono pacato e privo
d’inflessioni
che preannunciava la collera più pura.
-
Oh, ma io volevo
danzare ancora un po’ – provò a
ribattere, sforzandosi di celare il sorrisetto
compiaciuto.
-
Magari più tardi. –
Arianne
annuì, rivolgendosi
al suo accompagnatore con un sorriso civettuolo: - Non sparirete, vero,
Renz? –
-
E privarmi di un
simile piacere? Mi ritroverete qui ad attendervi, Arianne. –
Le
depositò un bacio
sul dorso della mano e, con un ultimo sguardo ammiccante, si diresse
nuovamente
verso il bancone su cui era stato allestito il rinfresco.
Klaus
la prese per
mano, trascinandola con sé lungo la rampa di scale e fino
alla biblioteca. Poi,
giunti a destinazione, la lasciò andare e permise a tutta la
sua furia di farsi
strada attraverso l’azzurro cielo dei suoi occhi.
Probabilmente l’avrebbe
incenerita con il solo ausilio dello sguardo, se solo ne fosse stato in
grado.
-
Cos’era quello? –
-
Quello cosa? –
replicò, fingendosi del tutto innocente.
-
Il bacio con quell’italiano
che, tra parentesi, ha una pessima reputazione. –
- Ah, quello –
disse, fingendo di aver capito
solo in quel momento a cosa si stesse riferendo, - Bè, ho
semplicemente deciso
di divertirmi un po’. Non sei l’unico a cui
è concesso farlo, sai? –
Niklaus
la prese per
i polsi, spingendola a ridosso della biblioteca e facendola scontrare
con l’angolo
di un tomo particolarmente consistente di letteratura inglese.
Trattenne il
gemito che le era salito alle labbra, consapevole che in quel momento
l’Originale
non era in sé.
-
Non prenderti gioco
di me, mai – sibilò, a un soffio dalle sue labbra,
- Ci siamo capiti,
sweetheart? –
Annuì,
non fidandosi
della sua stessa voce.
Apparentemente
soddisfatto, la lasciò andare e mise una maggiore distanza
tra di loro.
-
E tu farai
altrettanto con me – disse, ritrovando finalmente la voce e
il coraggio.
-
Temo che dovrai essere
un po’ più specifica di così, piccolo
tesoro. –
-
Lo sai. Non sono
una bambola, non puoi semplicemente venire e andartene come se nulla
fosse e
aspettarti che io resti qui ad attendere il tuo ritorno. –
-
Tu sei mia – fu la
replica, mentre l’Originale le si avvicinava nuovamente, -
Non di Elijah né di
nessun altro e, sicuro come l’inferno, non di quel damerino
discinto di Lorenzo
di Riva. –
-
Non sono un
oggetto, Nik. Io non appartengo proprio a nessuno –
replicò, pronta a dimenarsi
in preda alla collera come una gatta selvatica.
Niklaus
si limitò ad
annullare la distanza che li separava e a reclamare le sue labbra con
decisione, come se volesse cancellare ogni minima traccia del passaggio
di Renz
su di lei. Poi, quando la sentì fremere nella sua stretta e
ricambiare il
bacio, sorrise soddisfatto a fior di labbra: - Tu sei mia, sweetheart,
non
illuderti del contrario. –
Spazio
autrice:
Okay,
sono a dir poco scandalosa. Non
aggiorno questa storia da tipo i tempi della preistoria e se volete
mandarmi al
diavolo ci sta tutto, non ho proprio nulla da obiettare. Oggi stavo
scorrendo
tra l’enorme elenco di mie long non terminate e mi
è capitata questa. Devo dire
che quando l’ho iniziata ero conquistata dall’idea
e l’ispirazione rileggendo i
capitoli pubblicati è tornata a folgorarmi, quindi ho deciso
di riprendere con
i nuovi capitoli. Spero che ci sia ancora qualcuno che abbia voglia di
leggerla
e di seguirla, io da parte mia mi impegnerò a continuarla e
ad aggiornare in
modo molto più celere. Fatemi sapere che ne pensate. Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt
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