THE CITY.

di scriverepervivere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** To create is to destroy. ***
Capitolo 2: *** I'll just runaway and be on my own. ***
Capitolo 3: *** I'm not really looking for another mistake. ***
Capitolo 4: *** If the city never sleeps, then that makes two. ***
Capitolo 5: *** This is the start of something beautiful. ***
Capitolo 6: *** We're drifting, over the edge. ***
Capitolo 7: *** The worst things in life come free to us. ***
Capitolo 8: *** Just promise me, you'll always be a friend. ***
Capitolo 9: *** Love will come and love will go. ***
Capitolo 10: *** I'm just drunk, to feel a little love. ***
Capitolo 11: *** We're just under the upperhand. ***



Capitolo 1
*** To create is to destroy. ***


A chi è insicuro,
A chi nasconde i difetti in un maglione,
A chi è troppo timido,
A chi ama l’amore, ma l’amore non ama lui,
A chi dà senso al tempo, senza misurarlo,
A chi è dolce da far schifo,
E nonostante tutto,
a chi ha il coraggio di continuare a leggere.
 
To create is to destroy.
 


Accigliata al movimento degli alberi al di fuori, non avevo notato che questa era l’ultima volta che vedevo questo paese.
Londra mi sarebbe mancata.
Pensare che il giorno dopo sarei dovuta partire mi metteva solo ansia, e solitudine.
La cosa buffa è che se non mi ero adattata qui, come avrei fatto ad adattarmi in un altro paese?
Volevo stare solo a casa, con la copia del mio libro preferito, una cioccolata calda e una coperta.
Ma il futuro è più importante di stare a casa a leggersi lo stesso libro per una cinquantina di volte, dicevano.
Il periodo natalizio è sempre stato il più bello, ma come poteva esserlo se ora stava diventando un incubo?
E’ tutto così inconcepibile, strano, impossibile, fastidioso, noioso e inutile.
Questi sono i vari aggettivi che spesso usano per me, e che io riciclo per la vita.

Mi chiamo Laura, Laura Marano, e ho 18 anni.
“Sei abbastanza matura per andare in un college con tua sorella” mi hanno detto i miei genitori prima di sbattermi – okay, forse non proprio sbattermi, ma ci erano vicini – il volantino della L.A. Study Academy.
La cosa più orribile che potesse capitarmi.
Ho sempre avuto difficoltà a relazionarmi, non ero e non sono accettata.
La gente critica perché leggi libri, scrivi fiction e scleri per telefilm o film, perché non sei omologato, non sei alla “moda”.
Devi ascoltare quel tipo di musica spazzatura da quattro soldi per far parte del “gruppo”. Ma no, io non ero cambiata come avevano fatto tutti, io – nonostante tutti i miei difetti – ero rimasta me stessa, e non mi importava se nessuno si interessava a me.
Forse è anche crudele pensarla così, ma dico quel che voglio.

La neve cadeva lieve sulle strade, nell’atmosfera vegliava un’armonia e una pace che solo a Natale si può avere.
Le vie di Londra decorate da varie luci di colori diversi, un albero enorme e decorato con palline oro e rosse attirava l’attenzione ai turisti che venivano apposta per la festività.
E il giorno dopo tutto questo sarebbe finito, io e mia sorella ci saremmo ritrovate in un aereo verso Los Angeles, per la nostra nuova vita.
Guardai la mia figura riflessa dal vetro della finestra, niente trucco, le guance perennemente rosse che tutti si ostinavano a prendere in giro per quel colore un po’ “strano” che non tutti avevano, le labbra secche per il freddo, il naso anch’esso rosso e raffreddato e gli occhi privi di emozioni.
Io non trasmettevo emozioni con gli occhi, mi limitavo a tenermele dentro.
E poi… boom! Londra improvvisamente era in festa, e io tornai alla realtà.

«Buon Natale!» la bottiglia di shampagne era stata aperta con il cavatappi e quest’ultimo si trovava a rotolare per tutto il pavimento.
«Laura, ne vuoi un po’?» mi chiese mia zia, porgendomi il bicchiere mezzo pieno e con le bollicine che salivano a galla.
Restai a guardare quel movimento, erano un po’ come me: io cercavo di salire, ma poi, cadevo e mi sfracellavo.
Solo che loro, lo facevano meglio.
«No, grazie zia» dissi.
Ci sedemmo sul divano ed era venuta l’ora dello scarto dei regali.
«Questo è per Delia e questo e per Laura» disse nostra nonna porgendo due pacchetti a me e a mia sorella.
Lei aveva ricevuto una trousse e io la copia originale di “Eleanor and Park”
«Grazie nonna» dicemmo all’unisono io e mia sorella.
Quello che ricevetti di seguito furono altri libri, dei segnalibri molto costosi – quando io amo quelli di carta! – e un kindle.

Che sia chiaro, io non ho niente contro i kindle, si dice che li vogliano sostituire al posto dei libri di scuola, ma io preferisco il formato cartaceo, è il più classico, e amo l’odore delle pagine.
Un’altra ossessione che avevo, era scrivere fanfiction su un sito inglese.
Sono ispirate al mio libro preferito “Angels” e alla coppia che amo in assoluto: Tris e Ryan.

«Questo è quello che ti abbiamo regalato noi» mi rivolse un sorriso mia mamma accennando anche a papà, passandomi una busta.
Mi aspettavo i soliti soldi e la solita frase “no! Non dovevate!” e invece no, non erano soldi.
Era una lettera, scritta a mano, accuratamente. Sarei stata capace di individuare la scrittura di uno dei due, ma non lo era.
La lessi tutta, e quando vidi la firma, solo allora il mio respiro si fermò.
L’autrice di Angels mi aveva scritto una dedica, Catherine Wood mi aveva scritto una dedica!
«Io non ho parole!» urlai abbracciandoli entrambi e tenendo la lettera stretta a me come se fosse oro, che per me era più che quello.
La sera passò lentamente, tra giocate a tombola, qualche pausa per mangiare vari dolci e qualche risata.

Entrai nella mia stanza per prendere la macchinetta fotografica, quando guardai la valigia pronta sul letto.
Solo allora mi accorsi, che l’aria di Londra sapeva nostalgica, anche a Natale.
Almeno per me.
 
* * *

Eravamo stesi sotto ad un albero, lui aveva la testa appoggiata sulle mie gambe.
Gli leggevo un libro, il libro di Romeo e Giulietta, scritto da Shakespear,
il poeta che amavamo. Forse è questo che ci ha resi uniti,
quando scoprii che aveva gli interessi letterari, mi si aprì un mondo davanti.
E quel mondo ora è mio, è Ryan.
Era attento a quel che leggevo, sempre con la domanda pronta.
“Tris ma…”
“Perché?”
“No, ma dai!”
Nonostante sapesse anche il minimo dettaglio di quel dannato libro che ci fece morire e allo stesso tempo vivere.
Lo chiusi e guardai la copertina.
“Till we die” c’era scritto.
Tutti noi, alla fine, moriamo, ma cosa significa morire se non hai imparato a vivere?
 
 


 ScriverepervivereXmas:
*con un cappellino di Babbo Natale*
Sorpesa pre-Natale! Guardate chi c'è con una nuova fiction?
Io!! 
Questa volta ho voluto fare qualcosa di diverso, qualcosa di reale, qualcosa che ci faccia sentire parte della storia.
E penso che ognuna di noi abbia un difetto, ma nelle ff di solito si bada alla storia d'amore e bla bla bla ... invece qui no!
Qui si parla di asciutta e degradata verità.
Insicurezze, imperfezioni.
Tutte emozioni che noi proviamo ogni singolo giorno, questa è la vita.
E poi, come non poteva esserci una ragazza fangirl che sclera per libri, film, telefilm, canzoni etc ...?
Diciamo la verità, noi tutte siamo così!
Finalmente, e dico finalmente stanno arrivando le vacanze e io tipo morirò l'ultimo giorno di scuola felice.
Così posso abbandonarmi al cibo (ma quale cibo che non ti mangi niente!) dettagli!
Mi sono messa in testa la canzone di Natale All I Want For Christmas Is Food   ( <---- cosa?!) IS YOU! 
Spero che abbiate letto tutti la storia in collaborazione con LoScandalo (everything that kills me, makes me feel alive) se non, andate subito e recensite!
Fatemi sapere come sempre cosa ne pensate di questa storia, lasciate una piccola recensione!
Vi dico solo che io aggiornerò in corrispondenza delle vostre recensioni, più sono, più aggiorno!
Detto questo, posso salutarvi!
Gooooodbyeeee!!!

PS: l'ultima parte è un pezzo di una fiction che ha scritto Laura :)

 
 
 

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Capitolo 2
*** I'll just runaway and be on my own. ***



Attenzione: I protagonisti shippati da Laura sono inventati da me. Non esiste nessuna Tris e nessun Ryan, cosi anche il libro e l'autrice. I fatti sono interamente inventati da me. Laura non è una ragazza che ama scrivere testi di musica e Ross non sarà l'imminente "ragazzo cantante" che tutte si aspettano. I fatti sono alternati in modo tale che ci sia: prima la realtà e poi i pensieri di Laura. Quindi va in alternanza. Alla fine di ogni capitolo metterò un pezzo di una fanfiction che scrive Laura - come ho fatto nello scorso - solito comportamento da fangirl. Anche la fanfiction è inventata da me, nel senso, Laura nella realtà non la scrive. (mi è stata fatta questa domanda, ed ero in dovere di rispondere) detto questo, buona lettura!


 
I’ll just runaway and be on my own.
 


Le valigie sono pronte, ma la domanda è: io sono pronta?
Con nostalgia entro nella mia stanza – oramai vecchia stanza, se si può dire – e resto a guardarla un po’.
La mia bocca si piegò in un mezzo sorriso, cosi anche gli occhi assunsero una forma più piccola e allungata, come se dovessi ridere, ma non stavo ridendo … ero quasi alle lacrime.
Posai lo sguardo sulla grande libreria bianca composta da sei – e dico, veramente sei! – scaffali stracolmi di libri.
I miei libri.
Non potevo di certo portarli tutti, il college non sarebbe mai stato come la mia stanza, ma … vedere quell’ammasso di storie riposte in ordine cromatico era davvero terribile.

Terribile nel senso nostalgico, mi veniva voglia di prenderli tutti, e farli passare per i miei bambini. In un certo senso, lo erano anche.
Storie, storie, storie …
Miliardi di storie accatastate l’un l’altra … Dio che ricordi.
Mi avvicinai agli scaffali bianchi e sfiorai i libri.
Fermai la mano ad uno.
Il mio primo libro, come ho fatto a non prenderlo?
Strinsi il “piccolo principe” tra le mie braccia, e lo appoggiai al petto.
E’ stato il mio primo libro.
E’ stato il mio primo libro in cui mi sono emozionata.
Ho pianto.
Piansi perché nasconde una verità incredibile sulla vita.
Piansi perché mi fece aprire gli occhi.
Piansi perché non ci sarà mai capolavoro che eguaglierà la bellezza di questo libro.
Almeno per me.

Lo misi nella borsa. Poi spostai lo sguardo verso la parete, c’era un collage attaccato, tante foto fatte con una Fuji Instax di tanto tempo fa.
Foto della mia vita.
E poi delle citazioni, scritte con il pennarello indelebile, come se fosse un tatuaggio permanente.
Il letto sempre bianco con la coperta lilla e dei fiorellini azzurri, ad una piazza, ancora il mio corpo era piccolino per la mia età.
La scrivania con sopra il telefono fisso, anch’esso bianco latte, dei postit di vari colori e dimensioni e delle attash.
C’erano anche dei quaderni, di appunti, diari, disegni, testi … di tutto e di più.
Sopra altre tre mensole, stavolta contenenti i libri di scuola e i quaderni.
Accanto un’altra a forma di scaletta, avente sopra vari souvenir dei posti in cui sono stata o in cui altra gente è stata.

Uno viene dall’Italia, Roma … Piazza del Popolo in inverno.

* * * 
 
«Laura, a cosa pensi?» di dice mia sorella appoggiata alla porta.
«Penso a quanto mi mancherà questo posto» dissi, con la bocca, stavolta, piegata in una U rovesciata, come se volessi piangere.
Ma non volevo piangere, non ora.
Non potrai mai spezzarti, nessuno potrà mai spezzarti. Ti potrà piegare, una leggera flessione interna, ma mai nessuno, oserà andare oltre.
«Ei, guarda che L.A. è bella, ci abitueremo» e mi accarezza la spalla, come se volessi conforto. A me non serviva.
«L.A. è bella quanto casa?»
«Non ho detto questo» sembrò offesa.
«Stavi per dirlo»
In risposta uscì dalla stanza, dicendomi che tra cinque minuti papà ci avrebbe portate in aeroporto.
 
* * * 

Shippare una coppia non è mai casuale.
Succede che tu vedi una coppia in un film e bam, sei innamorata persa, ma non lo sarai mai come lo sei per i tuoi beniamini.
E’ vero, magari nella vita reale nemmeno esistono, perché parliamo di un libro.
Ma Tris e Ryan mi sembrano così reali che non riesco a non amarli.
Nel senso, il mio amore non è per la bellezza del ragazzo – sono etero! – o il volere di essere perfetta come Tris. Nemmeno per l’amore che hanno, certo si, anche per quello, ma non è il punto principale.
Mi sono innamorata di loro per le loro parole. Riflettevano insieme, avevano opinioni diverse, ma non sono mai arrivati ad odiarsi a vicenda.
Ogni giorno estraevano a sorte una domanda su cui dovevano riflettere ed esprimere la propria, oppure prendevano le vecchie domande riciclate di tumblr.
Stavano giorni a riflettere su quel dannato punto, cercavano su internet, leggevano libri, stavano ore e ore a fissare il muro della stanza scollegati dal mondo esterno.
Si, esterno, perché prima viene quello interno: la nostra mente.
Ecco perché li shippavo, perché essendo così diversi, una cosa li accomunava: la parola, il conoscere.
Le parole per loro erano mezzo di distruzione totale e al contempo di felicità assoluta.
Inoltre, lui era un “Collezionista di Parole Famose” ovvero, cosa hanno detto i personaggi famosi prima di morire?
Ve lo siete mai chiesti?

“Ce l’ho messa tutta per fare bene” ultime parole del presidente Grover Cleveland.
Mentre lei, collezionista di citazioni famose nei classici.
“To create is to destroy” oh, William Shakespeare.


* * * 
 
In macchina eravamo sempre isolate. Io al finestrino di destra, con le cuffiette, mia sorella dall’altro lato, a parlare con papà di non so che.
Prima di uscire salutammo mamma, era in lacrime, ma sapeva che ci avrebbe visto tra qualche mese.
Saremmo tornate a casa per una settimana. Schifo.
Mi aveva stretta forte a lei e mi aveva raccomandata di essere più aperta con gli altri.
Appena presi la strada del vialetto lei mi pronunciò una delle Ultime Parole Famose:
«Era malato da tempo e la sua infermiera gli disse: “Mi pare che stamattina lei stia meglio”, lui la guardò e disse: “Al contrario”, e morì”»
«Henrik Isben!» le avevo urlato prima di entrare in macchina.
Le piaceva farmi indovinare le Ultime Parole Famose, era una “nostra cosa” e mi divertivo anche, cercare tra tutti i nomi che hai nella testa quello giusto.

Quando arrivammo all’aeroporto, mi salì il panico, non ero mai andata su un aereo … e la tranquillità si era tramutata in paura, paura di non farcela.
«Eccoci qui» disse papà in un sospiro.
«Eh si …» dissi prendendo il manico della valigia.
Papà prima abbracciò mia sorella e poi me, sussurrandomi:
«Non sei sola, fai un fischio e papà ti viene a prendere»
Non ero sola. “Oh si che lo sono” pensai.
“Papà, vienimi a prendere presto … prendimi presto”
Sorrisi. «Contaci»
«Ti voglio bene!» mi disse baciandomi la fronte.
«E io di più!»
«E io più del tuo più!»
Ci incamminammo mentre lui ci guardava allontanarci.
Oh, quanto mi sarebbe mancato un suo abbraccio.
Fai un fischio e papà ti viene a prendere.
Presto. Prendimi presto.


«Prima di salire sull’aereo devi fare qualcosa?» mi chiese mia sorella.
«Andare in bagno» dissi.
«Bene, abbiamo venti minuti per il ceek-in e poi dieci per il controllo documenti e biglietti. E siamo pronte per partire. Vai!»
Mi diressi in bagno, pensando che era l’ultimo bagno londinese che avrei usato fino ai prossimi mesi.
Mi sedetti sulla tazza – chiusa – e fissai il soffitto bianco.

Senza una parola.
Senza uno sguardo.
Io ho preso la testa tra le mani,
e ho pianto.

 

* * * 

 
«Non è la vita o la morte, il labirinto.»
 
«Uhm. Sì. E allora cos'è?»
 
«Il dolore» rispose. «Fare del male, subire il male. 
Questo è il problema. Bolivar parlava del dolore, non della vita e della morte. Come si esce dal labirinto del dolore?»
 
«Ma cos'è il male?» domandai. Sentii che la sua mano non era più su di me.
 
«Niente è male. Ma si soffre sempre, Ryan. I compiti a casa, la malaria, avere un fidanzato lontano quando c'è un bel ragazzo disteso vicino a te. La sofferenza è universale. È l'unica cosa che fa paura a tutti, buddhisti, cristiani, musulmani.»
 
«E perché allora siamo convinti di essere felici? Di essere invincibili?»
 

 «Ci crediamo invincibili perché lo siamo. Non possiamo nascere, e non possiamo morire. Come l'energia, possiamo solo cambiare forma, dimensioni, manifestazioni. Gli adulti, invecchiando, lo dimenticano. Hanno una gran paura di perdere, di fallire. Ma quella parte di noi che è più grande della somma delle nostre parti non ha un inizio e non ha una fine, e dunque non può fallire»




Scriverepervivere:


Eccomi qui dopo un ritardo gigantesco!
Ecco qui il nuovo capitolo, io spero vi sia piaciuto!
Siamo ancora nella parte introduttiva, ma tranquilli nel prossimo bam, si troverà catapultata nel mondo di L.A.!

Intanto, me la lasciate una bella recensione?
Daaai!
Come ho detto nello scorso, l'aggiornamento sarà solo grazie alle vostre recensioni, più sono, più aggiorno!
Non sono cattiva, voglio solo della gente che segua le mie storie e che mi dica la sua, anche una critica, non fa mai male!
Ora vi lascio eeee....spero che il rientro a scuola sia stato bello per tutti!
ps: è stato traumaticamente traumatico, ma sapete che dico? DETTAGLI!
Love, ya!


 

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Capitolo 3
*** I'm not really looking for another mistake. ***


 

 I'm not really looking for another mistake.

 

Il viaggio è stato estenuante. Il fatto che avessi un uomo accanto a me che mi dormiva sulla spalla, non rendeva di certo la situazione entusiasmante.
Il contrario.
Non parliamo del ragazzino dietro al mio sedile che è stato tutto il tempo – E DICO TUTTO IL TEMPO – a rompere perché voleva un-fottutissimo-videogioco.
Ho cercato in tutti mi modi possibili di fare la persona menefreghista e pensare a me, ma la situazione degenerava minuto per minuto.
Il bambino si era messo a piangere. L’uomo accanto a me russava come se non ci fosse un domani.
Fu la hostess a salvarmi dalla situazione, annunciando a tutte le persone dell’aereo che stavamo per atterrare.
Bene, la situazione peggiorò ancora di più. Il bambino urlava, urlava e piangeva.
DIO. CHE. STRESS. DI. CORPO. E. ANIMA.
Quando finalmente il rompi pa…il bambino smise, eravamo già atterrati e io ero felice come una pasqua. Almeno credo…
Il fatto che sia lontana da casa, senza alcuna speranza (o soldi) di ritorno, non mi rendeva molto felice. Però nemmeno triste.

«Bene, siamo arrivate» Delia si mise di fianco a me.
«Si, finalmente»
«Ci dovrebbe essere un taxi all’uscita dell’aeroporto, che ci porti alla scuola» alzò il manico della sua valigia, e si mise a camminare.
«Ahm, okay» ero poco sicura, e credo che l’espressione della mia faccia non aiutasse.
«Dai musona, vedi che ci troveremo bene! E’ solo questione di sistemarci e fare un po’ di abitudine»
Un po’ di abitudine.
Che parola strana “abitudine”.
A-bi-tu-di-ne.
Se la ripeti tante volte poi, perde senso.
Forse il senso l’aveva già perso per me.
E forse è una parola formata da tanti secondi, minuti, ore o mesi.
Scuoto la testa e scaccio il pensiero.
Ragazzi sono a Los Angeles, dovrei essere felice. Eppure, eppure, eppure … sento un strano peso nella pancia, come un blocco. Acido in bocca. E’ come se le mie gambe all’improvviso fossero incollate nel pavimento, come se urlassi aiuto e nessuno mi sentisse.
Come se fossi in una cupola di vetro. Hai presente? Si… che se urli troppo si spacca, intanto … le cose fragili si spaccano sempre, prima o poi.
Un tocco.
Solo un tocco. Un dito. E sarebbe crollato.
Avrei buttato giù il limite, e mi sarei divertita in fondo.
E’ quello che devo fare. Divertirmi.
 
In taxi io e Delia manteniamo un costante silenzio. Un silenzio pieno di sguardi.
Inizio io il gioco. La guardo, preoccupata.
Lei mi restituisce lo sguardo dopo minuti, però è felice.
La guardo. Mi guarda.
E’ strano, come specchiarsi.
Vorremo dirci tante cose, lei vorrebbe rassicurarmi.
A me non resta che piangere.
Poi decide lei di spezzare l’imbarazzo che ci circondava.
Ma fa male. Tocca l’argomento sbagliato.
«Hai salutato Dave?»
Una parola. Quattro lettere.
D-A-V-E. Dave.
Lui sarebbe stato il mio ragazzo in questo momento, se non fossi qui, ovvio.
Sì, insomma … chi voglio prendere in giro, è davvero uno schianto. Se togliamo la S moscia e il fatto che è un po’ fuori di sé, per dire.
Però suona in una band.
Non è famosa. Fanno piccoli concerti in qualche locale il fine settimana, la mia migliore amica, Meredith, fa la cantante. Lei si che è brava.
E sexy.
Cosa che io non sarei mai potuta essere. Pf.
Ma già il fatto che Dave ricambiasse il mio sentimento mi faceva molto piacere.
Ecco, questa scuola mia ha rovinato la vita. In questo momento potrei stare con lui, potrei sentirlo suonare la chitarra. O magari stare in silenzio. Quei silenzi imbarazzanti che però, alla fin fine, si dicono tutto.
«Mi ha mandato una mail, ieri sera. Niente di che»
Ed era vero. Niente di sentimentale, niente che possa far sciogliere un cuore. Non è da lui. Non lo sarebbe mai stato. Almeno credo.
 

 
A : Laura Marano
Da: Dave Grayson
Oggetto: Saluti!
Laura, sapere che te ne stia andando mi rincuora, ma questa è la tua vita, e perciò non sarò io a decidere al tuo posto. So solo che la tua mancanza si sentirà, soprattutto le tue pazzie. Noi siamo qui, e ti aspettiamo. Magari quando deciderai di ritornare, noi saremo diventati famosi.
Chi lo sa? Grazie di tutto, anche perché sei stata la nostra fan numero uno, fin dall’inizio.
Un saluto,
Dave.
 
Sì insomma, una cosa da niente. Tanto si sa che poi … la mia mancanza si sarebbe sentita poco, o forse per niente.
«Mm..va bene, allora» sorrise piena di gusto.
 

PANICO.
E’ SUCCESSO DAVVERO. SONO LONTANA CHILOMETRI E CHILOMETRI DA CASA. IN UNA SCUOLA CHE NON CONOSCO.
Delia era già andata per conto suo. Lei era dall’altra parte della scuola, perché frequenta corsi diversi dai miei. Quindi, sono sola. Quindi, non ci saremo mai viste.
La professoressa davanti a me finisce di dare indicazioni ad una ragazza, e poi sposta lo sguardo nella mia direzione. Sorride.
Abbassa gli occhi su un foglio che tiene in mano e sospira.
«Tu devi essere Laura Marano»
«Sì, sono io» intanto mi guardo intorno.
«Ah bene! Benvenuta ad L.A.! La tua stanza, come scritto qui, è al piano di sopra, numero 351. I corsi verranno assegnati stasera a tutti gli studenti. Ci sono due materie obbligatorie più due a scelta. Saprai tutto più tardi. Ora dovrai essere molto accaldata, il viaggio è stato lungo. Meglio che vai in camera e ti sistemi. Alle 18.00 in punto, in teatro. A più tardi» mi sorride e va via.
Rimango ferma per un secondo, riformulo tutte le informazioni che mi ha dato.
18.00 in punto al teatro della scuola.
18.00.
Che ore sono? Alzo lo sguardo in direzione dell’orologio bianco appeso al muro. 17.27.
Meglio andare.
 
Entro nella stanza cercando di fare meno rumore possibile. Questo posto sembra un hotel a cinque stelle.
La mia camera non è molto grande, ma almeno è confortevole.
C’è un letto ad una piazza, con le coperte azzurre e il cuscino bianco rivestito da esse.
Due comodini, uno a destra del letto e uno a sinistra. Davanti al letto c’è un mobile con sopra una tv. Sopra essa, troviamo uno scaffale per mettere libri o altre cose.
Vicino il mobile c’è un’altra porta. Dovrebbe essere per il bagno.
Al lato destro del letto ci sono due armadi, blu oceano, con le ante scorrevoli. A sinistra, invece, la scrivania con sopra altre mensole.
Infine, due finestre che danno sul giardino della scuola e fanno intravedere un pezzo di città.
Non posso lamentarmi.
Metto la valigia sul letto e la apro.
I vestiti sono tanti. E non ho voglia di sistemarli. Che stress.
Apro la mia borsa e faccio uscire il mio computer, che ripongo ordinatamente sulla scrivania.
Non vorrei mai averlo fatto.
Per sbaglio, indietreggio goffamente e inciampo sulle altre borse.
Che male. Ho fatto un rumore assurdo, tanto che alla mia porta, in questo momento, stanno bussando.
Mi rialzo velocemente, mi aggiusto i capelli e apro.
Davanti a me si presenta una ragazza alta, capelli castani ondulati e gli occhi verdi. Mi guarda e mi sorride. Mettendo in risalto i suoi denti perfettamente bianchi e dritti.
E lei sue fossette.
«Ho sentito uno strano rumore, stai bene?» mi chiede cortese.
«Ahm … sì, sì … sono inciampata, grazie comunque» arrossisco impacciata.
«Sei nuova?»
«Sì, sono arrivata poche ore fa» mi sposto per farla entrare.
«Allora, è d’obbligo presentarmi … sono Ellie, la tua vicina di stanza. Vengo da New York»
Stringo la sua mano. Mi sento un po’ strana. «Laura, da Londra»
«Oh che bella!»
Sì, puoi contarci.
«Ahm, non sono mai stata a New York, ma è una delle megalopoli da visitare assolutamente»
«Ovvio!» ride. Mi piace la sua risata. «Hai sentito dell’incontro a teatro per l’inizio dell’anno?»
«Sì, sì … ma non so dove sia il teatro» mi gratto la nuca.
«Ci avrei scommesso. Se vuoi andiamo insieme, così ti presento il resto dei miei amici. Ti piaceranno vedrai. Sono sicura che anche tu piacerai a loro»
Sicura.
Piacere.
«Sì, perché no?!» sorrido.
 
Mentre andiamo a teatro, lei mi racconta che è qui da un anno, ma è tornata dalle vacanze di Natala solo ieri. E’ andata a trovare i suoi genitori. E’ figlia unica.
Mi dice che le prossime vacanze saranno quelle di Pasqua. Tra tre mesi.
E’ dolce. Ed è anche impressionante come io mi sia affezionata subito. Non vedo l’ora di conoscere il resto dei suoi amici. Dovranno essere fantastici.
Arrivate lì, ci subiamo un’ora di accoglimenti da parte della direttrice. Ci presenta i professori. E ci dice le materia.
Inglese e Storia sono obbligatorie. Per il resto scelgo Arte e una materia che chiamano “La Vie”, la vita. In francese. La fanno quasi tutti. In pratica si parla dei problemi di oggi, dell’adolescenza e di cose di questo tipo.
Tipica or per farsi un sonnellino. Alla fine dell’ora, poi, assegnano dei libri da leggere.
La scuola dura quattro ore, dalle 8.00 alle 12.00, poi si va alla mensa, che è aperta dalle 12.30 alle 14.00. Il pomeriggio si può uscire fuori dalla scuola per visitare Los Angeles, e poi i compiti sono d’obbligo.
Mica male.

Ellie mi scuote e mi prende per un braccio.
«Lei è Chelsea» mi indica una ragazza bellissima, capelli neri lunghi fino al sedere e occhi azzurri. Sorriso agghiacciante.
Indossa una felpa rossa con scritto “SELFIE” in bianco. Mi fa ridere. Dei leggins neri e delle scarpe da ginnastica. Mi sorride e mi dice che fa atletica.
«Loro sono Gabriel e Will» rispettivamente capelli biondi e capelli rossi.
Quest’ultimo ha le lentiggini, io amo le lentiggini. Gabriel ha lo sguardo dolce. Mi squadra.
Non capisco se piaccio o no. Ma non m’importa. Mi presento a tutti, e sono felice che abbia dei nuovi amici.
Ellie mi prende in disparte. «Loro due stanno insieme, sono molto dolci e belli. E’ da più di nove mesi»
«Chelsea e Gabriel?»
«Ma no! Gabriel e Will» mi sorride dolcemente.
Ah. Ora. Capisco. Tutto.
Quell’aria un po’ femminile l’avevo notata. Ma non mi dà fastidio. Per niente.

Ellie si gira verso l’ingresso del teatro.
C’è un ragazzo. Un ragazzo alto con i capelli color grano e gli occhi cioccolato. Sorride impacciato.
Ha le mani in tasca, e struscia la sua snaker sul pavimento.
Ellie corre verso di lui e lo abbraccia forte.
E’ molto bello. E’. Molto. Bello.
Si scambiano delle parole, e poi vengono verso me.
«Laura lui è Ross, Ross lei è Laura» ci presenta.
Ross. Non è americano. Non è nemmeno inglese. Si sente dalla voce.
«Piacere di conoscerti» mi dice.
E’ italiano. Però sa l’inglese alla perfezione. Madrelingua?
Racconta che è nato in Italia, ma che da piccolo si è trasferito in Inghilterra.
Motivi familiari.
Stiamo tutta la serata insieme, tutti e sei. Ci divertiamo a conoscerci e a fare i cretini.
Forse quei tre mesi sarebbero passati in fretta.
 
Rientro in camera che sono le 23.56.
Questa giornata è stata molto straziante, ma allo stesso tempo bella.
Metto apposto la valigia, e controllo le mail.
Una da Meredith.


A: Laura Marano
Da: Meredith Sure <>
Oggetto: Come stai?

Ciao peste, tutto bene lì a Los Angeles? E’ stato faticoso il tuo primo giorno? Incontrato qualche ragazzo carino?
Qui si sente la tua mancanza, e tanto. Oggi siamo usciti per il centro, abbiamo fatto la tua via preferita. Oxford Street.
Andrew non faceva altro che parlare del suo corso di skate e della ragazza figa che ha adocchiato. Anna faceva finta di non sentire, nonostante la sua cotta per Andrew.
Dave ha chiesto di te. Se ti avevo sentita.
Ho fatto la vaga, spero vada bene.
Rispondimi presto, peste!
Mer.

 
A: Meredith Sure
Da: Laura Marano
Oggetto: Re: Come Stai?

Ciao topa, devo dire che questa giornata è stata pesante. Non ti racconterò del bambino che urlava in aereo e dell’uomo che russava sulla mia spalla. Ho deciso di rimuovere il ricordo.
Povera Anna, portale i saluti da parte mia.
Io sono arrivata a scuola, ho conosciuto dei ragazzi fortissimi! Ellie, che viene da New York, mi ricorda te, sempre sorridente e mai corrucciata, forse posso sostituirti. Hahah. Poi ho conosciuto Chelsea (un vero schianto) che viene da Miami. Due ragazzi dolcissimi, Gabriel e Will, stanno insieme, non sono sdolcinati. Anzi. Mi fanno morire. Poi ho conosciuto Ross, italiano. Capelli grano e occhi scuri. E’ la fine del mondo.
Purtroppo è occupato con una tipa, mi pare. E io ancora sono presa da Dave. A proposito, hai fatto bene.
Ora ti mando un bacio, domani iniziano le lezioni.
Ps: aggiornami sempre! <3
Ci sentiamo topa!
Laur.

 
Sotto le coperte ho un momento da dedicare a me stessa.
Ai miei pensieri.
Penso ai miei genitori, e un po’ li ringrazio per avermi mandata qui.
Penso a Delia, a cosa starà facendo.
Penso a Mer, se avrà letto la mia mail.
E poi penso a quel “Piacere di conoscerti” detto all’italiana.
Penso al piccolo bacio che si sono dati Gabriel e Will prima di andare a letto.
E ai Ray-Ban neri che porta Ellie.
Poi ripenso all’accento italiano.
A come sta bene con l’inglese. E alla tipa misteriosa che Ross ha accennato.
Dicono sia simpatica, ma che vada in un’altra scuola a Los Angeles.
Mm.
Poi lascio un pensiero a me, che non sto davvero cercando un altro sbaglio.



scriverepervivere:


Io. Mi. Scuso. Per. L'assenza.
Davvero, è da gennaio che non mi faccio sentire, sono tipo morta e resuscitata.
Scusate! Ma la scuola mi tiene occupata, e poi ho avuto un momento che non mi andava di scrivere.
Ci avevo provato, ma il capitolo era venuto una schifezza e quindi l'ho eliminato.
Spero che questo possa compensare la vostra attesa, almeno credo.
Bene, sinceramente non so cosa pensare di ciò, ma ci ho messo me stessa.
Se mi lasciaste una recensione sarei molto felice, anche se non la merito!
Che dire ... come state? Tutto apposto? 
Io vi prometto che non sparisco più, ho già delle idee che mi frullano in testa per come continuarla.
Spero vi sia piaciuto.
Fatevi sentire con una recensione, ho bisogno di un parere!
Un bacione grande! A presto! (giuro!)



 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** If the city never sleeps, then that makes two. ***


Attenzione: non è una nuova storia, assolutamente. Ho soltanto cambiato nome da 'FANGIRL' a 'THE CITY' non per il contenuto che ho deciso di cambiare, ma per il fatto che ho avuto qualche idea per questa storia che includesse, comunque, lo scambio di città da Londra (the city) a L.A. nella storia capirete meglio, man mano i capitoli andranno avanti. Per la trama, è la stessa cosa, a parte il fatto che quella prima non mi convinceva, e quindi l'avrei cambiata comunque. Spero che questi cambiamenti vi vadano bene, se non, ditemi nelle recensioni.
Ora vi lascio al capitolo, che sono una rottura di palle madornale XD
Buona lettura xx
If the city never sleeps, then that makes two.
 


«Ehm, e … ahm …»
«Shepherd’s Pie, please» sorrido alla cuoca, per poi passare il piatto a Ross. Lui non mi guarda, si limita a prendere la pietanza e a metterla sul suo vassoio. E’ imbarazzato.
«Credevo fossi un portento in inglese» sorrido, continuando a guardarmi intorno. Sebbene stessi parlando con lui, ancora devo analizzare bene il posto in cui mi trovo, essendo nuova.
La mensa non era tanto grande, insomma, il giusto. Poi, partendo dal fatto che la scuola è divisa in tre aree, va bene così.
I muri sono bianco latte, anzi, erano bianco latte. Ormai sono stati rovinati dal tempo. A colmare la sala ci sono dei tavoli rotondi, con delle sedie rosse messe ben sotto esso.
Al lato, la cosa più importante, il bancone per il cibo. Come se fosse un self-service. Solo che non ci sono tante cose da scegliere, e non puoi prenderle tu. Devi stare al menù.
«Oh, no. Ahm … non posso ricordarmi tutto. Non mi era proprio venuto in mente quel nome»
«Non fa niente. Si vede che non ti serve pratica, ma comunque … c’era la targhetta con il nome affianco» porto una mano sulla bocca, per nascondere la lieve risatina che stava per venire.
Lui mi sorride.
 
«Holaa!» Ellie ci saluta e si siede al tavolo. Ha i capelli un po’ arruffati, gli occhi stanchi di chi non ha dormito stanotte, ma un sorriso grazioso le contorna il viso.
«Oggi sei spagnola?» Chelsea è seduta vicino a me, mi guarda, e poi sorride.
«Esattamente!» ride e impugna la sua forchetta. «Allora, Laura, com’è stato il tuo primo giorno?»
«Ahm … si, niente male» sorrido. «E’ andato bene»
«Siamo felici per te!» mi dice Gabriel sfiorandomi la mano appoggiata sul tavolo, come per darmi supporto.
L’unico che non mi parlava molto – ma con tutti eh – era Will. Molto silenzioso, ma molto attento. Mi è capitato in questi due giorni di vedere Gabriel prenderlo in disparte e parlargli, come ora. Sta provando a prendergli la mano. Niente da fare.
«Ho dimenticato il pane …» rompe il ghiaccio Ross, che si alza e si dirige verso il bancone per chiedere il pane. Spero si ricordi come si dice.
«Dio, hai finito di fissarlo?» si lamenta, in una leggera risatina, Chelsea. All’inizio penso che stia parlando con me, quindi giro la testa dalla sua parte, poi mi rendo conto che sta parlando con Ellie.
«Come?» chiede lei, distratta.
«Sembra che stai cavando dei buchi nella testa di Ross! Non gli doneranno»
Di rimando, lei arrossisce. Poi si rivolge a me. «Non dirgli niente, ti prego»
«Il tuo segreto è al sicuro» faccio finta di chiudermi la bocca con una chiave, che poi getto via.
 
Lo stesso pomeriggio, mi ritrovo sul letto a leggere un libro, quando bussano alla porta.
Aspetto qualche minuto prima di alzarmi, e, quando mi ritrovo davanti alla porta solo lì mi rendo conto di indossare un paio di pantaloni della tuta grigio topo e un maglione troppo largo per essere mio. – visto che mi piaceva essere comoda in stanza, lo avevo preso da mio padre –
Ma ormai non potevo cambiarmi. Aprii la porta, e davanti mi ritrovai una sorridente Ellie che si fece largo nella stanza, per poi sedersi sul letto.
«Sssi?» ero ancora in piedi davanti alla finestra che fissavo la ragazza, aspettando che proferisse qualche parola.
«Ti va di venire nella stanza di Ross?»
A qual punto, abbassai lo sguardo verso il pavimento, e ci pensai.
Perché sarei dovuta andarci? Ovvio, da sola se lo potevano pure scordare, ma … anche il fatto di entrare in stanza di un ragazzo italiano, dopo che lo conosci da uno massimo due giorni, mi sembrava molto frettoloso.
«Laura, non pensare subito male!» si fece una piccola risata, per poi alzarsi e venire davanti a me. «Ci saremo tutti, è per parlare un po’, e magari conoscerci meglio»
A quel punto non potei dire di no. «Si che vengo»
«Allora è meglio che ti cambi» sorrise. «Bé … lo credo anch’io sai?»
 
Allora uscii dalla stanza, dopo essermi più o meno aggiustata. Percorremmo tutto il corridoio fino ad arrivare all’ascensore.
Dentro io e Ellie non spiccichiamo parola, allora mi dico di rompere un po’ il ghiaccio, ma sono una persona di questo genere. Allora è lei a farlo.
Sembrava mi stesse leggendo nella mente.
«Ho parlato con Ross, poco tempo fa. Mi ha detto che gli stai simpatica»
«Oh, questa sì che è una bella notizia, ne sono contenta» sorrisi.
«Ho sempre pensato che per lui io sia sempre stata solo un’amica» abbassò lo sguardo.
«E lui non la pensa come te?»
«No, purtroppo sta con Madison, è una ragazza che va in un’altra scuola. Faceva parte del nostro gruppo, ma sai, quelle che sono perfette dopo un po’ devono seguire la propria strada»
«Vi ha lasciati?»
«No, non direi questo. Non per voler suo, insomma. Hai presente quelle persone che devono seguire gli ordini dei genitori perché troppo ricchi? Quei genitori che, magari, non ti hanno mai dato tante attenzioni, ma che aspettano lo stesso tanto dai propri figli, e che avranno porto nelle loro aziende? Ecco, lei è così. Ma, invece di opporsi, è diventata una delle persone più antipatiche e modeste che ci siano» schiacciò il bottone del piano numero due, e l’ascensore partì.
«Ma non mi pare che Ross sia così, cosa hanno in comune?»
«Ross e Madison? Oh, nulla. Bé … sono quelle relazioni che magari vedi nei film, no? Ross ha una famiglia ricca, il papà non c’è mai stato per lui, solo per affari. Ma sai, si hanno anche amiche delle famiglie della stessa stazza, e la famiglia di Madison era ed è una di quelle. La relazione tra i due era già corrisposta da quando avevano quattordici anni»
Nonostante volessi ridere per quella situazione assurda, potevo capire perfettamente di cosa stesse parlando Ellie. E potevo anche sentire la sua puntina di rassegnazione di quelle parole.
«E lui non ha mai pensato di …»
«Lasciarla? No. Non lo vuole ammettere, più che altro. Le vuole un gran bene, e la conosce perfettamente, ma allo stesso tempo non sa nulla di lei. Se lo farebbe, gli dispiacerebbe troppo, si conoscono da tanto, e una relazione di tanti anni non si butta così, queste sono le sue parole»
«Ma l’amore non deve essere corrisposto, è diverso dal voler bene. L’amore è bello perché è anche misterioso, e non c’è bisogno di sapere tutto dell’altra persona per saper dire che sono perfette per stare insieme»
«Lo so, Laura, ma questo discorso non lo devi fare a me» fece una sorrisetto di comprensione, mentre le porta si aprirono.

Camminammo per altri due minuti circa, alla ricerca della camera, che trovammo.
Bastarono due colpi per rivedere la faccia sorridente di Ross accoglierci dentro.
«Credevo non volessi venire, Laura. Allora Chelsea mi deve cinque dollari» disse il biondino, riferendosi alla ragazza seduta su un puff.
«Diamine Ross, stavo scherzando!»
«Ah no no, piccola Chelsea, hai scommesso e ora paghi» allungò la mano verso la ragazza, con il palmo rivolto verso l’alto, ad aspettare il suo compenso, che gli fu dato.
«Avete scommesso su di me?» domandai, sedendomi sulla sedia da scrivania verde.
«Chelsea e Ross amano scommettere» controbatte Will, con una leggera risatina.
«Sì, ma tanto poi vinco io!» dice Ross con fare di sfida.
«No, non è affatto vero!» dice seria Chelsea, prendendo una manciata di noccioline dalla scodella davanti a lei.
«Senti chi parla!» Ross le punta un dito contro «Per non parlare di …Josh?»
«Josh!» ripete Gabriel, e lui e Ellie scoppiano a ridere.
«Chi è Josh?» chiedo, curiosa.
Allora tutti cessano di ridere. «Una guida turistica che ci ha portati in gita per LA l’anno scorso» spiega Ross «Uno sfigato pelle e ossa, ma Chelsea ci piantò in asso nella Galleria, per saltargli addosso …» riprese a ridere.
«Avevamo fatto una scommessa, io ero sicuro che prima della fine della gita gli sarebbe saltata addosso, ma lei ha detto che avrebbe potuto resistere, e poi si è visto infatti!» continua a raccontare.
Allora prese Gabriel a parlare: «Hanno pomiciato, tipo, tutto il pomeriggio. Un’esibizione in pubblico senza vergogna!»
«Ha fatto aspettare due ore all’intera scuola sul pullman, perché si era dimenticata a che ora dovevamo partire» incalza Ross.
«NON erano due ore» ribatté Chelsea.
«Massì. Un’ora e mezza, un’ora e tre quarti, insomma, poco importa»
«Chiudi la bocca, lingua Italiana!» disse Chelsea.
«Uh?» il biondino si girò verso di lei.
«E’ come ti chiamavamo dopo lo spettacolo mozzafiato che tu e Madison avete dato alla fiera della primavera dell’anno scorso»
Ross cerca di rispondere, ma sta ridendo troppo.
Io stavo vangando con la mia mente. Pensavo al discorso dei baci, e del fatto che io ancora non ne avevo dato uno.
Cosa avrebbe pensato Dave di ciò? Quando sarei tornata a Londra per le vacanza di Pasqua e avrebbe cercato di baciarmi?
Lui non si aspetterebbe mai una cosa del genere, eppure, dopo tante di quelle figuracce fatte, non poteva essere una novità per me, ma per lui sì.
Mi feci forza.
«Laur, tutto bene?» mi chiede Ellie.
Allora tutti mi stavano guardando.
Non piangere. Non piangere. Non piangere. «Si, ahm … sono solo stanca, vorrei tornare in camera, se non vi dispiace» mi sforzai a sorridere.
«Ti accompagno io» mi dice Ross, alzandosi dal letto.
«Ahm … okay» dico.

I ragazzi escono tutti dalla stanza e si salutano, la stessa cosa facciamo io e Ross prima di scomparire nell’ascensore.
«Allora si chiama Madison» butto lì la prima cosa che mi era venuta in mente.
«Mh? Ah sì … i ragazzi non la vogliono più vedere, visto che non viene più qui»
«Come vi siete conosciuti?» chiesi.
«Quando mi sono trasferito a Londra, all’età di tredici anni, lei era una delle ragioni. Bè non proprio lei, ma la sua famiglia. Mio padre viveva e vive tutt’ora d’affari, non gli è mai importato di cosa io facessi, quando un giorno, in una cena è successo. Avevamo quindici anni. Ma io l’avevo già vista e le avevo anche “parlato” prima. Da quella sera, non ci siamo più separati»
«Ah, capisco»
«Non è molto interessante come storia, anzi non lo è per niente. Raccontata in questo modo sembra sia stato un fidanzamento forzato, e in un certo senso lo è stato per davvero. Anche se mio padre non mi ha spinto, ma io non volevo deluderlo, volevo farmi notare, ecco»
«Ti sei messo con lei solo per tuo padre?»
«Devo ammettere che all’inizio era così, ma poi mi è piaciuta davvero»
Le porta dell’ascensore si aprirono, e noi uscimmo incamminandoci verso la mia stanza.
«E tu? Che mi racconti di Londra?» mi chiese.
«Che mi manca, tutto qui»
Arrivammo alla porta, che aprii con un leggero scatto, lui entrò piano, come se ci fosse qualcuno che stesse dormendo, e poi si girò verso di me.
«Ti mancano le persone, o ti manca Londra di per sé?»
«Bé … di per sé, ma anche le persone»
Il biondo annuì senza alcuna risposta, poi prese il libro appoggiato sul letto.
«Città di carta» sorrise. «Esiste davvero una città di carta?»
«Sì, insomma, è più emozionante da lontano vedere una città» tolsi la tenda che oscurava la vista di LA.
«Non vedi i segni del tempo che hanno logorato la città fino a farla vecchia. La vedi come qualcuno l’aveva immaginata»
«Tutte le cose sono più brutte viste da vicino» aggiunsi.
«Non proprio tutte» sussurrò il biondo accanto a me, che osservava LA e le sue luci.
«Ecco il brutto: da qui non vedi la ruggine, lo smog, la vernice vecchia, ma puoi capire che posto è. Ecco, Londra è la mia città di carta. Nemmeno di plastica, perché è più consistente. Di carta: macchine di carta, strade di carta, persone di carta, che bruciano il futuro pur di scaldarsi. Cose sottili e fragili come carta»
Il ragazzo sorrise.
«Ciao, Ross»
«Ciao, Laura» si avviò verso la porta, un ultimo sguardo verso di me, ma non glielo restituii.

 


Da: Laura Marano
A: Meredith Sure
Oggetto: Un altro giorno qui.

Ciao, Mer. Purtroppo non ho niente di entusiasmante da raccontarti. Oggi ho iniziato le lezioni, non sono niente male. Siamo stati in camera di Ross, l’italiano, e abbiamo parlato. Cioè, loro hanno parlato, io ascoltavo.
Ora sono a letto, e non smetto di pensare a Londra. Ross mi ha accompagnata in stanza prima, è stato strano parlargli. Ellie mi ha detto che Madison (la misteriosa ragazza del biondo) è una montata snob con l’amore predisposto di Ross, dimmi se c’è più schifo di ciò.
E nulla, mi annoio, voi che fate?
Laur.
 
Da: Meredith Sure
A: Laura Marano
Oggetto: Anche Londra sente la tua mancanza.

Ciao tesoro,
purtroppo nemmeno io ho grandi news. Che dirti, stiamo tutti impegnati a studiare, non ho potuto parlare con Dave, o scovare qualche scoop da raccontarti.
Comunque, mi sembra che da te non vada molto bene, ma, in ogni caso, sono felice che ti sia trovata degli amici! Non ho nulla da commentare sulla storia del dell’italiano-fighissimo, perché sono con te.
Noi tutti sentiamo la tua mancanza, anche il banco affianco al mio grida il tuo nome, il corso di chitarra e la tua solita sedia rossa. Le tue battutine durante il corso di francese.
Anche Londra la sente.
Mer.

 

Dopo aver letto la mail, decisi di spegnere il computer.
Con la mia tazza di caffè americano – c’era più acqua che caffè – uscii al balcone per una boccata d’aria. Mi appoggiai alla ringhiera, e fissai la città.
Allora, vedo LA trasformarsi nella mia città, nella mia Londra.

La città non dorme mai, sento la gente camminare per le strade a tarda ora.
Le sirene risuonano attraverso il davanzale del balcone, non riesco a chiudere occhio.
Questa città è viva. Non controllo quello in cui sono coinvolta.
Questa è adesso casa mia.
Le voci risuonano attraverso le pareti.  Con i rumori della vita di città che riecheggiano nella mia testa.
Il traffico si ferma e riparte. Questa ormai è casa mia.
E se la città non dorme mai, allora siamo in due.
 

 



scriverepervivere:

Ciao a tutti e a tutte! Guardate un po' chi si rivede?
Finalmente ce l'ho fatta a scrivere un capitolo in pace!
Siamo al quarto capitolo, vi sta piacendo questa storia?
Io spero di si, dai! Vi chiedo solo di recensire e dirmi cosa ne pensate, sarei molto felice se lo faceste.
Detto questo, io vi mando un bacione, vi auguro un buon inizio estate (per chi non fa gli esami, ovvio)
Auguro un in bocca al lupo a chi invece la prossima settimana inizia gli scritti, e fatelo crepare 'sto lupo!
E ovviamente alla prossima!
Vi abbraccio,
Meri xx


 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 5
*** This is the start of something beautiful. ***


This is the start of something beautiful.
 

E’ passata una settimana qui, ad L.A.
Il sole fa capolino nella mia stanza, e mi illumina il viso. E’ ora di alzarsi.
Sono le 7.35, e io ho la lezione de La Vie alle 8.00.
Ma ovviamente, quando tutto sembra andare per il verso giusto, mi guardo allo specchio, e due occhiaie si fanno spazio sulla mia faccia, sotto ai miei occhi.
Ma peggio di così non potrebbe andare! Il fatto è che io, io Laura Marano, ho una sfiga in praticamente tutto. Queste due cose sul mio viso dovevano per forza venirmi, ovvio, perché io vado a dormire alle 3.00 di notte, o meglio, all’alba!
Non ci do molto peso, però. Sono due occhiaie in fondo, tutti ce le hanno. Sarà perché sono rimasta a scrivere una mail a Mer ieri sera, ma non mi sembrava poi così tardi.
Lego i capelli in una coda un po’ disordinata, e cerco di minimizzare una buona parte di occhiaie con il correttore e la cipria. Il risultato non è uno dei migliori, ma può andare bene.
Metto un paio di jeans, le scarpe, e un maglione verde abbastanza lungo. E’ troppo tardi per fare colazione, sono le 7.56.
Mando un messaggio ad Ellie.


A: Ellie <3
Ore 7.59 a.m.

Buongiorno, oggi non aspettarmi per la colazione, sono in ritardo. Ci vediamo in classe. Tieni il posto! Laur xx

Allora, perdo un po’ di tempo a guardare la home dei messaggi, uno di ieri sera a l’una e cinque minuti. Di Ross.

Da: Ross Lynch
Ore 01.05 a.m.

Buonanotte, hope u had a good day. Ross 

Mi scappa una risata. Davvero pensa di ottenere la mia simpatia scrivendomi in inglese?
Perché mi faccio questi problemi poi, è solo un messaggio. Lui non mi piace. E se credo che voglia avere un flirt con me, allora sbaglio.
Prendo i libri dalla scrivania, li appoggio ad un braccio ed esco.
Percorro tutto il corridoio, guardando il cellulare e tutte le chiamate perse di mia madre durante la giornata.
 
Quando arrivo in classe, vedo Ellie tenermi il posto accanto a lei, Ross vicino Chelsea e Will e Gabriel insieme.
«Svegliata dall’altra parte del letto?» mi chiedi Chelsea, sorridendomi.
«Ah, lascia stare …» mi siedo, e appoggio i libri sul banco. Tutti mi fissano.
«Ho commesso un reato?» chiedo, guardandoli con gli occhi sbarrati.
«Sicura di star bene? Hai delle occhiaie …» mi dice Ellie, mettendomi una mano sulla spalla.
«Oh, sì, va tutto okay, sono solo delle occhiaie, ho bisogno di dormire»
Mr. Piper entra in aula e ci saluta, e poi si mette a parlare dei vari problemi di oggi, che ogni adolescente incontra.
Allora, io mi metto quasi a dormire, o a pensare. Passano cinque, dieci, venti minuti, che non riesco ad ascoltare Mr. Piper che parla dell’omosessualità e della diversità.
Una cosa sola, riesco a sentire: «Ogni uomo è pazzo da sé»
 
In mensa siamo più morti che vivi, io sono seduta sulla mia sedia rossa, a gustare il mio hamburger grigliato e le mie patate fritte.
Chelsea è davanti a me, i suoi capelli sono rigorosamente lisci, non si muovono di un ciglio. E’ attenta a mangiare la sua pasta all’olio. Non sembra che le piaccia molto, ma almeno mette qualcosa sotto i denti.
Will e Gabriel parlano sottovoce, nessuno in questo tavolo è in vena di spiccicare parola per iniziare un discorso.
Ellie torna al tavolo, con il suo vassoio pieno di pollo fritto e verdura. Si fa posto accanto a me, e inizia a mangiare.
Allora penso che è un altro momento in cui ci vorrebbe Ross.
Parli del diavolo e gli spuntano le corna. Ecco il biondo entrare nella sala con un sorriso alle stelle, e un foglio sventolante.
Prende una sedia, la gira dall’altra parte, e si siede a cavalcioni. «Indovinate chi ha preso 96/100esimi all’esame di Economia?!» mi sventola il pezzo di carta in faccia, ed io lo prendo per leggerlo.
«Tu? Impossibile» ridacchia Chelsea. Allora Ross le fa una smorfia, e torna a guardare me, in attesa di un mio giudizio.
«Che dirti, bravo!» gli restituisco il foglio.
«Cavolo, hai fatto secco Miss Everdeen, non l’avrei mai detto!» dice entusiasta Gabriel.
«Lei e il suo passo da balena, se ne sono andati dall’aula con un ‘Complimenti, Lynch’, ma un complimenti mozzato dallo stupore!»
Finalmente il tavolo prende vigore, allora l’ingrediente segreto è lui, Ross.
«Mi inviterei a cena da solo» ridacchia, e poi prende una forchetta e la infilza in un pezzo del mio hamburger.
«Mi devi 2 dollari e 45» ribatto, guardandolo male.
«Ma è una truffa!» si lamenta come un bambino.
«Tu mi hai preso un pezzo di hamburger!»
«E con questo? E’ cibo, va mangiato!» ride.
«Dammi il tempo di farlo!» gli do un piccolo schiaffo sulla spalla e lo seguo ridendo.
«Scusami, signoria ho-sempre-ragione-io!»
Quindi inizia una vera e propria battaglia, su chi deve mangiare l’ultimo pezzo. Io spingo la sua forchetta a destra, e lui spinge la mia a sinistra. So che l’hamburger è mio, e che di diritto dovrei mangiarlo io, ma mi piace “litigare” con Ross.
Ad un certo punto però, notiamo una terza forchetta intrusa, Will si è guadagnato l’ultimo pezzo di carne.
Allora Ross gli punta la forchetta contro «Mi devi 2 dollari e 45!» mi imita.
Tutti si mettono a ridere. Compresa io.
 
Per stare un po’ da sola, decido di salire all’ultimo piano, che ospita un grande terrazzo, per vedere L.A. dall’alto.
Il piano è tenuto davvero bene, ci sono vari puff e divanetti sparsi qua e là, con dei cuscini bianchi. Ci sono coppiette e ragazzi che parlano.
Io mi affaccio per vedere la strada, tante luci e tante macchine la contornano. Un caos totale. Persone che entrano ed escono dai negozi più famosi. Donne sulla quarantina che camminano con tacchi super alti, e con vestiti firmati che parlano al telefono.
Bambini che sono intenti a giocare a pallone, con i propri amici.
Mamme che li incitano a fare più piano perché sennò ci si può far male. I papà che li guardano fieri di vederli fare qualcosa che gli fa piacere. Quel bambino che sta giocando a pallone potrebbe essere un futuro calciatore, la ragazzina che sta ballando sola, e facendo finta che sua madre sia il pubblico, magari tra un po’ di anni, si potrà esibire davvero nei migliori teatri.
I papà. Già, i papà. Quello che manca a me, purtroppo. Sì, insomma, il fidanzato di mamma mi va bene, gli voglio bene, ma, come ci si può rassegnare al fatto di non avere un genitore?
In fondo, io non l’ho nemmeno conosciuto, ma io sento, che mio papà è vicino. Potrebbe essere quello, oppure potrebbe essere dall’altra parte del mondo. E pensare a ciò, mi fa sembrare che il mondo si fermi. E inizi a cercare il MIO papà, perché solo uno è mio, solo uno sa come mi sento in questo momento.
 
Due mani mi afferrano i fianchi saldamente, di scatto mi giro, e trovo la faccia sorridente di Gabriel che mi invita a sedermi.
«Anche tu qui?» mi chiede, picchiettando il piede sul pavimento ruvido.
«Sì, volevo vedere l’ultimo piano. E dovevo anche pensare»
«Siamo in due. A dover pensare, dico»
«Pensieroso?» gli chiedo.
«Vedi, è difficile a volte, è proprio difficile. Stare con il corpo qui, e con la mente da un’altra parte. Io penso alla mia famiglia, e mi viene quasi da piangere, perché non era questo che volevano loro, e forse non dovrei dirlo a te, per non metterti problemi addosso, ma sei l’unica in questo momento che è qui» mi spiega.
«Non volevano cosa, Gabriel?»
«Quando gli dissi …bé, gli dissi della mia scelta, loro non mi capivano. Non capivano perché io, il loro figlio, doveva essere diverso» la sua voce trema, è difficile per lui.
«Non è colpa tua, assolutamente. E non lo devi nemmeno pensare. Vedi, noi facciamo delle scelte, queste scelte possono essere sbagliate, ma questa non è una scelta, Gabe. E’ amore. Quel momento in cui tu realizzi che provi una certa stima per una persona, non è una scelta. E’ il cuore. E’ il cuore che non si controlla. E il tuo, ha deciso di essere più normale del normale. Perché tu sei normale, proprio come me»
Aspetta un po’ per parlare. «Io … io volevo farglielo capire. Volevo far capire che anch’io potevo essere normale anche con questo difetto, che poi difetto non è, ma i miei genitori continuavano ad urlarmi, Laura. Mi urlavano contro. Mi dicevano che dovevo portare avanti il mio onore, il nostro onore. Ma non potevo farci niente» Non mi guarda più, sta tremando.
«Provavo attrazione verso un mio amico, io ho aspettato, sono passati mesi, e quell’attrazione era qualcosa di più …incandescente. Non potevo farci niente»
«Allora, quando glielo dissi, successe quel fatto. Mi diedero un’altra possibilità» singhiozza «Io volevo fare qualcosa, Laura. Ho cercato, ci ho provato. Sono stato chiuso in camera due, tre mesi. Ho spaccato tutto. Ho cercato di liberare il mio amore» sta piangendo.
«Basta, Gabe, basta. Non fa niente, non me ne devi parlare per forza» lo rassicuro.
Ma niente. «Ho …» cerca di dire qualcosa. «Ho fatto …» io sono lì, lo ascolto.
Allora lui inizia a singhiozzare di più. «Ho fatto anche delle cure, Laura.» e lì, scoppia.
Il terrazzo ormai è vuoto, nessuno ci poteva sentire.
Rimango esterrefatta dalle parole che mi dice. Cerca di contenersi, ma non ci riesce, è rosso, e piange.
E ora inizio a capire che lui deve sfogarsi, e lo sta facendo adesso. Tutto quello che si è tenuto dentro da anni, lo sta dicendo a me, per sfogarsi, per dirmi che sta cercando una via di uscita.
«Io non ci riuscivo, Laura! Non ce la facevo, ero a pezzi. I miei genitori mi continuavano a dire di prendere le pillole, ma io non ce la facevo. Psicologicamente ero distrutto. Le persone che mi avevano creato, mi stavano distruggendo, lentamente. Mi facevano provare dolore, era dolore, Laura. Così lo posso spiegare, ma era di più. Era un male che mi prendeva alla pancia, e si dilatava nel corpo, la testa sembrava che mi stesse scoppiando, e mi buttavo a terra, mi dimenavo, ero tormentato da questo mostro che continuava a dirmi che dovevo diventare normale. Allora, i miei genitori sono andati dall’assistenza sociale, io non volevo – singhiozza- non volevo. Scappai dai miei nonni, e lì mi sentii di più a casa. Fu una mia decisione venire qui. Dovevo essere il più lontano da casa, il più lontano dal Canada, il più lontano da Toronto, dalla mia vita»
Lo presi e lo abbracciai forte, un abbraccio lungo, e pieno di bene. Vero bene. In questo caso, non potevano esserci parole per rassicurarlo. Solo gesti. Nessuno sapeva quel che mi aveva detto, e non c’erano domande da fare per capirlo. Lui è un’arma, che ha appena lasciato fuoriuscire la sua pallottola. E si sa, i bendaggi non possono riparare il buco che ha lasciato.
Stiamo così minuti, quasi ore. Io non lo voglio lasciare, e lui non vuole lasciare me. Ha quasi smesso di singhiozzare, si è quasi calmato. Io gli passo la mano sui capelli e sulla schiena. Lui trema un po’. Poi mi sussurra un appena udibile ‘grazie’. Che io sento.
Solo allora realizzo che Toronto è la sua Città di Carta.
 
«Laura?» qualcuno mi chiama da dietro la porta della mia porta. Faccio un salto dal letto, e apro la porta.
Non qualcuno. Ross.
Indossa una vecchia maglietta dei Nirvana, un paio di jeans strappati alle ginocchia e arrotolati alla fine.
«Stavi uscendo?» mi chiede, iniziando a toccare i vari souvenir, libri e CD che sono sparsi in camera.
«Pensavo di andare a cena qui in mensa, so che non è il meglio, ma okay» rispondo.
«O mamma, voi londinesi siete un po’ superficiali» mi guarda.
Bé è vero, la mensa di sera non è molto soddisfacente come al pranzo. Solo per il fatto che di sera escono tutti, quindi non si scomodano a fare qualcosa di veramente sostanzioso.
«E voi italiani siete sempre così perfettini?» ridacchio.
«Può darsi» ride.
«Parla quello con la maglietta dei Nirvana e un paio di jeans, davvero, pensavo venissi in giacca e cravatta» lo indico e poi mi siedo sul letto.
«Non mi metto in tiro per venire qui» continua a ridere. «Comunque, mi dispiace»
«Per cosa?» lo guardo interrogativa.
«Non è stato carino entrare e iniziare a toccare tutto»
«Oh, non c’è problema» gli dico. «Puoi toccare tutto quel che vuoi»
Lui si blocca. Prima ancora di rendermi conto di quello che avevo detto, sul volto gli passa un’espressione buffa. No intendevo in quel senso.
Non che mi dispiacerebbe.
Ma a me piace Dave, e Ross ha una ragazza. E poi, se fosse stata un’altra situazione, Ellie ha la precedenza. Non le farei mai una cosa del genere, dopo che lei è stata così gentile il primo giorno. E il secondo. E tutti gli altri.
Inoltre è solo un bel ragazzo. Niente per cui agitarsi.
Lui sposta gli occhi sulle foto, soprattutto quella sul display del mio computer. «E’ il tuo ragazzo?» mi chiede, indicando il ragazzo che mi sta abbracciando.
«Oh. Ehm … non esattamente. Cioè, Dave era quasi il mio ragazzo, me ne sono andata prima che potesse succedere qualcosa»
Ross non reagisce. Dopo un lungo silenzio imbarazzante, si mette le mani in tasca e si dondola sui talloni. «Stay strong»
«Cosa?» sono confusa.
«Rimanere forte» indica il cuscino ricamato sul mio letto. E’ un regalo dei miei nonni.
«Sì, so cosa significa. Ma tu come lo sai?»
«Rimanere forte. E’ italiano»
Fantastico. Ora salta fuori che il cuscino regalatomi dai miei nonni a Natale è in italiano! Come se già non sembrassi ritardata. Ho sempre pensato che fosse in latino o greco, o in qualche altra lingua morta. Che nessuno ormai parla più.
«Ahm … che mi racconti? Della tua famiglia?» cerco di buttarla lì.
«Mio padre è un bastardo, ecco tutto» tutto ciò che mi dice.
«Mio padre se n’è andato prima che io nascessi» gli dico. «E’ uno schifo»
«Ti garantisco che il mio è peggio. Sfortunatamente lui vive qui. Mentre mia madre è tutta sola a migliaia di chilometri, in Italia»
«Tuo padre vive qui?» sono sorpresa.
«Possiede una galleria d’arte qui e in Italia. Divide il tempo tra l’una e l’altra»
«Quanto spesso lo vedi?»
«Mai, se posso evitarlo» Ross si acciglia, e si rende conto che non ho la più pallide idea di perché lui sia qui. Glielo faccio presente.
«Ah, non te l’ho detto?» si riaccende «Oh bé, sapevo che se qualcuno non fosse venuto qui a trascinarti fuori non ti saresti mai decisa. Così usciamo»
«Stasera?» chiedo?
«Stasera» annuisce.
«E Madison?»
Si lascia cadere sul mio letto «I nostri programmi sono sfumati»
«Non sono esattamente vestita per l’occasione»
Lui mi guarda seccato «Oh, davvero Laura? Vuoi iniziare?»
Lo guardo dubbiosa, e il mio cuscino ricamato lo ritrovo sulla mia faccia. Glielo rilancio con forza e lui sorride. Cerco di rubarglielo, ma lui lo tiene stretto. Allora io lo tiro da una parte e lui da un’altra. Ross si piega in due per le risate, e io lo prendo a cuscinate sulla schiena.
L’inerzia mi sbatte sul letto, lui si lascia cadere al mio fianco. E’ sdraiato così vicino che i suoi capelli mi solleticano la fronte. Le nostre braccia quasi si toccano. Quasi.
Non voglio sentirmi così, però. Voglio essere sua amica. Voglio che le cose siano normali, non voglio essere l’ennesima oca che si aspetta qualcosa che non succederà mai.
Mi alzo dal letto per sistemarmi i capelli.
«E mettiti i pantaloni come si deve» ridacchia, allora io li aggiusto bene.
«Ti porto a vedere L.A.»
«Tutto qui? Questo è il piano?»
«The Walk Of Fame!» mi guarda «E poi mangiamo!»
Gli sorrido. Ross grugnisce e mi tira il cuscino.
Il mio telefono squilla, probabilmente è mamma, dopo tutte le chiamate perse a cui non ho risposto. Prendo il telefono dalla scrivania e sto per silenziare la suoneria, quando compare il nome. Mi si ghiacciano i pensieri, e l’ansia mi schiaccia.
Dave.
 


Scriverepervivere:
 
Buon sabato a tutte/i!
Eccomi qui, con il quinto capitolo. 
E' stato particolarmente difficile scriverlo, perché è molto importante per me.
E nulla, io spero che abbiate gradito, e che mi lascerete una recensione.
Se non, pazienza!
Io vi mando un bacione, e ci vediamo sabato prossimo!
Vi abbraccio,
Meri xx

 
 
 
 

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Capitolo 6
*** We're drifting, over the edge. ***


We’re drifting, over the edge.
 

«Sei diventata americana, ora?!» è così che mi saluta Dave.
Sto già ridendo. Ha chiamato! Dave ha chiamato!
«No no, sono ancora in via di sopravvivenza!» sorrisi, anche se sapevo che lui non poteva vederlo.
Guardo Ross, gli mimo con le labbra, scandendo bene le parole, Dave. Lui risponde con un Ah.
«Allora non ti stai trasformando in una tipa snob americana, vero? Perché qui siamo tutti preoccupati, devi ritornare londinese!» ride.
«No, non lo sono ancora, ma non ti posso garantire niente!»
«Ieri è venuta Mer, abbiamo fatto le prove della band» diventa serio.
Sì, insomma, i The Skys non sono il massimo, le esibizioni in inverno scarseggiano, ma si poteva anche aspettare questa cosa. Chi vuoi che esca al freddo e al gelo, poi a Londra, la città dove la pioggia non si ferma mai?
Ma si sa, che dopo la pioggia, escono fuori sempre degli arcobaleni. Ma questa è un’altra faccenda!
Ho sempre pensato che loro avessero della grande stoffa, poi con Mer che canta, vanno alla grande!
«Vi esibite?»
«Sì, sabato sera. Niente di che, comunque …stiamo aspettando» riesco a sentire la sua rassegnazione.
Eppure secondo me, la vita non va pianificata, se questo non è il loro destino, allora sarà un altro.
«Comunque, quando torni? Non ti fai mai sentire, non è che davvero ti stai dimenticando di noi?»
«Per le vacanze di Pasqua sono lì, lo giuro. Come potrei dimenticarmi di voi? Non lo farei mai»
«Ben venga!» tira un sospiro di sollievo.
Ross mi indica un orologio immaginario sul suo polso. Sono le 21.00 e in effetti è ora di andare se dobbiamo mantenere un orario decente per ritornare a casa.
«Ei, mi dispiace, ma ora devo proprio andare» dico.
«C’è qualcuno lì con te?»
«Sì, un amico. Mi porta fuori»
«Un amico
«Sì, solo quello»
«Bene, Laura, allora ci sentiamo»
«Ciao!» e metto giù.
Ross si alza dal letto. «Ragazzo geloso?»
«Non è il mio ragazzo»
«Ma ti piace»
Arrossisco. Allora lui si gira, sembra seccato, però non dice niente. Poi sospira «Ti va ancora di uscire?»
«Sì, certo» rispondo senza esitare.
«Allora è meglio se ci sbrighiamo, così ti faccio visitare un po’ di cose»
 
Camminiamo uno accanto all’altro, cercando di non farci prendere dalle macchine. A quest’ora qui in America sono già tutti sbronzi. Ross vorrebbe prendermi la mano, lo capisco. Ma si rende conto che io non sono Madison, e che non può farlo.
Le vie di Los Angeles sono abbastanza spaziose, ma molto buie. Le luci del traffico fanno si che possiamo continuare a camminare senza la luce artificiale del telefono. Ross ha le mani nelle tasche, e cammina guardando per terra. Mi sento un po’ a disagio, forse avrebbe preferito essere qui con un’altra persona, forse con Ellie, o forse con la sua ragazza. Ma in fondo, è stato lui a invitarmi, quindi io non c’entro niente.
Stiamo camminando verso la collinetta con scritto ‘Hollywood’ per andare a vedere The Walk Of Fame, una lunga camminata delle stelle per terra di marmo, con inciso i nomi di tantissimi artisti famosi.
L’inquinamento nell’aria corrisponde a quello nelle strade. Il fumo nero, che fa male ai miei polmoni, si espande nell’aria.
Siringhe nelle pozzanghere, ma non posso fare a meno di vedere quanto questa città sia buia in fondo. Non posso ricorrere all’arroganza con le luci bianche.
Ed eccola, Londra.
La città non mi cancellerà. E’ sempre la stessa scena, non ne posso fare a meno, le case, i bus, le metropolitane, eccola, è qui davanti a me. Ma perché non posso toccarla?
Ho le ginocchia deboli, ma non ho mai provato a rallentare. Resto alla larga da tutte le stronzate negative che mi seguiranno.
Quello che faccio non sta a nessuno deciderlo, e se la città non dorme mai, allora siamo in due.
«Laura?» mi chiama Ross, è uno spezzone davanti a me.
«Ah …sì?»
«Ce la fai?»
«Sì sì, non preoccuparti» lo rassicuro facendo varie gesticolazioni strane con le braccia.
«Bugiarda, non sai recitare affatto» mi viene incontro e mi spinge con la mano la schiena.
«Ross?» lui mi guarda.
«Ti ringrazio per essere qui con me, magari non è nemmeno il posto in cui vorresti essere»
«Mi sembra che l’uscita te l’abbia chiesta io» ridacchia «Comunque, sono felice che tu abbia accettato»
«Sì, ahm, mi fa piacere passare del tempo con te, lo dovevi sapere»
«A me anche» mi sorride impacciato.
 
Arriviamo su in cima, e ci imbattiamo contro migliaia di turisti. La camminata non è abbastanza lunga, anzi.
Io sono accinta a guardare le stelle per terra. Orlando Bloom, Johnny Depp, Michael Jackson!
Intanto parliamo del più e del meno. Di come lui sia appassionato di film, e di quando io suonavo la chitarra da bambina.
Quando arriviamo alla fine, troviamo tutte le impronte di mani e piedi degli artisti famosi. Sarò stata una ventina di minuti ad accarezzare quella di Johnny Depp.
 
Dopo essere scesi, per andare a mangiare, ci fermiamo a Santa Monica, il centro della città. Io sto camminando sul bordo di un laghetto, e Ross mi impreca dietro dicendomi che non sono un’equilibrista.
Allora cerco di scherzare: «Oddio!» faccio finta di cadere.
Il biondo impallidisce «No! Non farlo!»
E’ prontamente da me, con le mani sui miei fianchi a sorreggermi, allora io scoppio in una risata fragorosa. Lui continua a tenere le mani sullo stomaco, è ancora scandalizzato.
«Vuoi che muoia qui seduta stante?»
«O mamma!» continuo a ridere come una matta.
«Laura, rischiavo di prendere un cazzo di infarto, che Dio me la mandi buona!» e io mi piego in due dalle risate.
Ci fermiamo, perché Mr camminiamo-per-ventisettemilachilometri-tanto-non-fa-nulla, ha deciso di fermarsi. La vista che c’è in questa piazza, sono tantissime macchine, i negozi e la chiesa.
«Bello?» mi chiede Ross.
«Sì, bello»
Lui mi sposta la testa in basso, per terra. «Intendevo questo»
Scopro di trovarmi in un piccolo cerchio di pietra. Nel mezzo, esattamente tra le mie scarpe, c’è un ottagono di bronzo con una rosa dei venti. Nella pietra tutt’attorno sono incise le parole: Punto zero delle strade.
«E’ dove tutto ha inizio»
Torno ad alzare lo sguardo. Sta sorridendo.
«Sei stato davvero dolce a portarmi qui» esito.
Lui abbassa lo sguardo e poi torna a guardarmi «Ah bé, da qualche parte avremo dovuto iniziare. Ora esprimi un desiderio, con i piedi sulla rosa dei venti»
Unisco i piedi al centro «Voglio ...»
«Non dirlo ad alta voce!» dice «Se esprimi un desiderio su quella rosa, si avvererà»
Chiudo gli occhi. Davanti a me compaiono Dave, Mer e Londra.
Faccio un respiro profondo.
Cosa voglio? Cavolo è una domanda difficile.
Voglio essere a casa, rivedere Londra, riavere la mia vita. Però devo ammettere che questa sera mi sono divertita, ma se fosse l’ultima volta che posso visitare L.A? E devo dire una piccola, piccolissima, microscopica parte di me è curiosa.
Allora cos’altro voglio?
Voglio sentire le labbra di Dave sulle mie. Voglio che mi aspetti. Ma anche in questo caso, una parte di me, mi dice che se anche ci mettessimo insieme, l’anno prossimo dovremo andare al college.
E infine c’è l’altra cosa.
Quella che sto cercando di ignorare. Quella che non dovrei avere, non posso avere.
Ed è in piedi davanti a me, proprio ora.
Quindi che desiderio esprimo? Fanculo che sia il fato a decidere per me.
Desidero conoscere la mia vera Città di Carta. Desidero il meglio per me.
Ross si allontana una ciocca di capelli dagli occhi. «Deve trattarsi di qualcosa di davvero importante» mormora.
 
Sulla strada del ritorno, Ross mi porta in un piccolo ristorante, dove ordiniamo dei panini caldi fatti in casa. Lui lo ordina con il formaggio, il bacon e varie salse. Io un classico hamburger.
Dopo aver pagato – dopo che lui ha insistito di pagare – usciamo dal locale, assaporando i nostri panini appena sfornati.
«And I will always love youuu» canto al panino. «Dove sei stato tutta la vita?»
Ross cerca di parlare, ma ha la bocca piena «Gmpff mff grmff mfp»
«Ho capito tutto» rido.
Lui mastica e ingoia lentamente «Ho detto, che questi non sono niente in confronto al cibo italiano» si pavoneggia.
«Ah, ci posso scommettere. Ma non te la do subito vinta, io non mangio la pasta»
«Cosa?» lui sgrana gli occhi «La pasta è la nostra specialità! Pasta e polpette, pasta fredda, pasta all’amatriciana, pasta cacio e pepe!»
«Io sono per la pizza» alzo la mano.
«La pizza che avete è solo condimento» ridacchia. «Qui, invece, il caffè è solo acqua»
Mi acciglio «Ma noi abbiamo Starbucks»
Fa finta di essere colpito al cuore «Ah! Punto per te» e poi addenta il suo panino.
«Possibile che dobbiamo metterci a discutere sul cibo?»
«Cavolo sì! Ti rendi conto di che razza di abbinamenti fate? Pesce con patatine fritte, ma scherziamo?»
«E’ buonissimo! Per non parlare di quante cose mangiate voi a tavola» rido.
«Primo, secondo, contorno, frutta e dolce sono solo degli optional! Signorina mi-lagno-perché-non-sono-mai-stata-in-italia!» mi dà una gomitata.
«Sono antipatici lì» faccio l’offesa.
«Dipende, sinceramente. Io sono nato a Roma, ma davvero, esistono i beceri o ‘coatti’ e poi esistono la categoria di persone-romane-normali che vive la propria vita seguendo i propri canoni e stili»
«Siamo più gentili» sorrido e mi metto le mani sul mento, come se stessi facendo una foto.
«Bé su questo non ci piove» mi guarda bene, sono ancora in posa «Ma piantala!» ride.
Ross continua a parlare per una decina di minuti, ma io non l’ascolto più. Penso ai momenti ai momenti passati stasera, la camminata, il punto zero di L.A., il desiderio, il panino … e penso che questa serata sia stata perfetta.
«Come?» mi accorgo che è in attesa di una risposta. Siccome non dice niente, alzo gli occhi. Siamo arrivati al nostro college.

Lo sguardo di Ross è inchiodato su una figura appena uscita da il nostro college.
La ragazza è più alta di me, i suoi capelli biondo cenere hanno un look naturale ma alla moda. Indossa un abito corto color pesca, che la fa risaltare alla luce del lampione, e un cappotto bianco.
A guardarla mi viene freddo.
Ha la testa girata, rivolta verso il dormitorio, ma poi si gira e nota Ross. E tutta la sua persona di illumina.
Quasi mi cade il panino di mano. Può essere solo una persona.
La ragazza si mettere a correre verso Ross, e si lancia tra le sue braccia. Si baciano e lei gli infila le mani nei capelli. Ho un nodo allo stomaco e distolgo lo sguardo da quello spettacolo.
Si separano e iniziano a parlare.
«So che ti avevo detto che non potevo stasera, ma ti ho chiamato per andare in quel pub di cui ti ho parlato. Ma non rispondevi al telefono, allora sono venuta a cercarti qui, però poi non c’eri, e mi sono fermata a chiacchierare con Ellie» gli fa.
Lui sembra abbastanza confuso. «Ehm, Madison, lei è Laura. E’ tutta la settimana che non esce, così ho pensato di mostrarle ...»
Con mio grande stupore, Madison fa scoppiare un sorriso da orecchio a orecchio, ed è strano, ma in quel momento, con quel trucco quell’abito e quella voce perennemente bassa e sensuale, Madison ha assunto un’aria…amichevole.
«Laura! Di Londra, giusto? Mi ha parlato di te Ellie. Dove siete stati?»
Ross le racconta la serata, mentre nella mia mente si hanno degli sviluppi. Ellie le ha parlato di me? Ma loro non erano più amiche, anzi, Madison non era più amica di nessuno nel nostro dormitorio.
Bé, si sa che bisogna fare sempre le gentili con gli altri, avranno accennato l’argomento.
Non sembra preoccupata che io abbia passato delle ore con il suo fascinoso ragazzo. Da sola. Per le vie buie di L.A.
«Okay, tesoro» lo interrompe «Puoi raccontarmi il resto più tardi. Pronto per andare?»
Ha detto che sarebbe andato con lei? Non lo ricordo, ma Ross annuisce «Sì, sì, lasciami prendere il …»  Mi lancia un’occhiata.
«Che cosa? Sei già vestito bene. Stai da Dio. Andiamo» lo tira per un braccio e ci si avvinghia «E’ stato un piacere, Laura!» mi sorride Madison.
«Sì, anche per me» guardo Ross, ma lui sì e no mi guarda.
Bene. Chissenefrega. Avevo ragione però, sugli italiani.
Laura, non darci peso. Non pensarci.
«Ciao!» quel ciao è più una smorfia di disgusto e offesa per Ross.
Lui non reagisce. Okay, è tempo di andare.
E’ ora di entrare nel mio dormitorio. Prendo le chiavi, e, nell’aprire la porta a vetri, non posso fare a meno di lanciare un’occhiata in direzione dei due, che si allontanano nella notte, a braccetto.
Mentre sono ferma lì, la testa di Ross si gira verso di me. Solo per un istante.
E sembra però, in un modo impercettibile, che noi due siamo alla deriva, sopra al confine.
 



Scriverepervivere:


Hello!
Devo dire, che, nonostante io stia aggiornando più frequentemente, le recensioni stanno calando tantissimo.
E mi dispiace. Perché comunque, credo che del lavoro che faccio ogni settimana, venga buttato all’aria. Mi dispiace se la storia non vi sta piacendo, ma giuro, sono i primi capitoli, è sempre così.
Spendo un po’ di giorni alla settimana per scrivere un capitolo decente, e faccio qualcosa che mi piace fare, ma in questo modo mi sembra che non venga apprezzata. Vorrei davvero sbagliarmi in questo momento.
So che è estate e un po’ tutti siamo occupati per andare al mare, ma non parlo solo di questa storia, ma di ulteriori storie che sono state aggiornate nel corso della settimana, e che non sono state lette da tutti. E mi dispiace, perché sono storie che meritano tanto.
Perché comunque, le storie non le scriviamo per noi, e se non c'è nessuno che ci dica se gli piace, ci dia dei consigli, io mi sentirei un po' spaesata. Non voglio fare la predica, ma vi prego se siete dei recensori, fate solo il vostro lavoro. Non vi è stato imposto di iscrivervi, però noi aspettiamo voi!
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e vorrei ringraziare:


1. Chi recensisce sempre i miei capitoli:
  • Angelauri
  • ross_saved_me
  • DayDreaming_
  • Pll_AeAlove
 
2. Chi ha messo la storia tra le preferite:
 
  • 5idiotsavedme
  • elelap
  • mariexshor
 
3. Chi l’ha messa tra le seguite:
  • Aoi Bara
  • Cri_cri84
  • Different_Is_Better
  • francy_R5
  • raura forever
  • raura_tinyelephant
  • _piccolame
 
4. E, soprattutto, chi mi ha messo tra gli autori preferiti:
  • 5idiotsavedme
  • AnnR5
  • Corvi1D
  • Cri_cri84
  • Different_Is_Better
  • Francy_R5
  • Rachele_auslly_Belli
  • RauraLove_R5
  • Raura_Auslly03
  • Ross_saved_me
 
5. Ringrazio anche le persone che mi seguono in silenzio e mi aiutano:
  • Daria, che è sempre lei a leggere la mia storia per prima.
  • Chris, che mi supporta sempre.
  • Razan, che mi sostiene mentre scrivo i capitoli a tarda notte.
  • E Davide, il quale mando un saluto grande, che è pronto anche a recensire la mia storia (non è vero?!)
 

Siete degli angeli. Grazie per tutto il supporto, per l’amore e l’incoraggiamento che ogni volta (anche non sempre) mi date.
E’ solo grazie a voi che continuo a scrivere.
E indovinate chi, domani fa un anno su EFP? Possibile? E’ passato così tanto tempo! Ah … mi ricordo il cinque luglio dell’anno scorso …che pubblicai il primo capitolo di “Ma le stelle quante sono?”. Che ricordi

E nulla, noi ci vediamo il prossimo sabato!
Vi abbraccio.
Meri xx
 

 
 

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Capitolo 7
*** The worst things in life come free to us. ***


The worst things 
in life come free to us.
 

Va bene così. Davvero.
Man mano che passano i giorni mi sono resa conto che è stato meglio conoscere Madison, è un sollievo. Sono poche le cose peggiori di provare dei sentimenti per qualcuno per cui non dovresti, e non mi piaceva la direzione che stavamo prendendo entrambi. E soprattutto i miei pensieri.
Ross è solo gentile. Piace a tutti. Ai professori, alle ragazze, gli studenti popolari, e perché non dovrebbe? E’ intelligente, disponibile, e altamente bello. Ma non che poi avesse così tanti amici. Solo il nostro gruppetto.
E siccome di solito Gabriel, il suo migliore amico, è distratto per i fatti suoi, coglie l’attimo per starmi vicino. Stare vicino a me.
Da quando siamo usciti insieme, quella sera, si siede a fianco a me nelle lezioni e alla mensa. Mi prende in giro per i miei modi di fare, facciamo qualche lotta – es: per l’hamburger, o di cuscini – mi insegna l’italiano quando non sappiamo che fare e scopre qualcosa di me.
Prende le mie difese.
La scorse settimana ci siamo imbattuti contro Kelli, è la scorbutica della scuola, in poche parole. Dappertutto c’è. Mi ha chiamata puzzola, e si è tappata il naso. Ross le ha detto di levarli dalle palle e le ha lanciato pezzettini di carta durante tutta la lezione. – il solo pensiero mi fa morire dal ridere –
Ma poi, appena ricomincio a sentire quelle fitte, ecco che Ross scompare. E mi ritrovo a fissare la finestra, dopo cena, e a pensare che vorrei essere in un altro posto. Mentre lui esce per la direzione della metropolitana. Per arrivare da Madison.
La maggior parte delle sere, torna quando noi stiamo studiando in camera di Ellie. Quando lui entra, un silenzio fa capolino nella stanza. E c’è un istante di imbarazzo tra tutti noi. Tra me e lui. E si sa perché: è stato da Madison. E lei li aveva piantati come si deve, per andare a fare la prestigiosa. Lui si siede quasi sempre accanto a me. E l’altra sera, non so se sbaglio, aveva i capelli più arruffati del solito. E al solo pensiero che lui e Madison fanno … certe cose, mi fa ingelosire più di quanto non sia disposta ad ammettere. 
Dave e io ci scambiamo mail e messaggi, ma non sono mai andati oltre l’amichevole. Non so se questo significhi che è ancora interessato o che non lo è, ma so che scambiarsi mail non è come baciarsi.
E l’unica che potrebbe capire la situazione con Ross è Ellie. Ma a lei non posso dire niente. A volte temo che sia gelosa di me.
Come quando ci sorprende a guardarci a pranzo, o quando io e lui iniziamo a lottare per il cibo. O quando lui scarabocchia Londra sui miei compiti.
Londra. Mi scarabocchia Londra.
Lei rimane silenziosa e si irrigidisce. E in un certo senso la capisco, capisco che è difficile per lei stare accanto a Ross quando mi ha conosciuta.
E forse era pure difficile prima, con Madison e tutto il resto. Argh, perché è così complicato?!
Insomma, povera Ellie. Chiunque ragazza, dovendo affrontare le attenzioni quotidiane di un ragazzo alto e affascinante, con un bellissimo accento alla italiana e dei capelli perfetti, avrebbe delle difficoltà a non sviluppare un’enorme, scandalosa, struggente cotta. 
Non che sia quello che sta succedendo a me.
Come ho detto, è meglio così. Molte ragazze ridono troppo forte alle sue battute, e cercano di sfiorargli il braccio. Io invece ci litigo, gli lancio occhiatacce di esasperazione, e mi comporto in modo diverso. Perché è così che fanno gli amici.

«Cosa fate stasera?» chiede Ellie da dietro di me, vicino a Chelsea.
Stiamo aspettando che inizi la lezione di inglese. 
Ross mi guarda, e poi si rivolge a tutto il gruppo «Forse devo uscire con Madison» 
Per fortuna che siamo tutti vicini, Will e Gabriel sono all’ultimo banco, Ellie e Chelsea a quello che segue ed io e Ross davanti a loro.
Chelsea picchietta la penna sul banco. Sono settimane che sta lavorando al saggio per la Brown. E’ uno dei pochi università ad offrire una laurea in psicologia, è l’unica che vuole frequentare.
«Non capisci» mi ha detto, quando le ho chiesto come mai stesse ancora lavorando a ciò «La Brown non accetta l’ottanta per cento delle domande»
Io la guardo e annuisco. Ho già mandato la mia lettera di ammissione al college, ma non sono preoccupata. Non ho l’obbiettivo di andare in delle scuole prestigiose.
Nate entra in aula con un sorriso – è il rappresentante degli studenti – seguito dalla Brown. 
«Ho una sorpresa per voi» ci annuncia «Dato che il tempo sta cambiando, e le giornate iniziano ad essere più soleggiate, ho organizzato un’attività dove tutti voi possiate stare all’aria aperta» 
«Ho organizzato una caccia al tesoro» ci mostra una pila di fogli «Su questi fogli ci sono scritti duecento oggetti che dovrete trovare. Sarete in grado di trovarli nei dintorni, ma bisogna chiedere aiuto a qualche americano»
Oh, merda, no. Non mi piace parlare.
«Fotograferete gli oggetti e lavorerete in due squadre»
«La squadra che vincerà, sarà quella che avrà fotografato tutti gli oggetti. Ma devono esserci su ogni macchina fotografica di ogni membro» prende fiato «E c’è un premio» la classe inizia ad esultare «La squadra che trova più oggetti per la fine di giovedì, salterà la scuola il venerdì!» 
Adesso ne vale davvero la pena. La classe inizia ad applaudire, Nate sceglie i due capitani: Steve Carter, e la migliore amica di Kelli, Amanda.
«Ross!» Steve ha scelto lui. Era logico che fosse uno tra i primi ad essere scelto.
Kelli si gira verso di me e mi fa: «Scommessa sicura, puzzola. Chi la vorrebbe una come te in squadra?» mi cade la mascella.
Ross sta sfidando Kelli con lo sguardo, e tutti lo fissano. «Io» dice rispondendo alla sua domanda «Io voglio Laura nella mia squadra, e sei solo tu che ci perdi» 
Kelli si gira, imbarazzata, ma prima di farlo mi lancia un altro sguardo tagliente. Cosa le avrò mai fatto?
Vengono chiamati altri nomi, nomi che non sono il mio. Ross cerca la mia attenzione, ma io faccio finta di non accorgermene. Non posso sopportare di guardarlo in faccia. Mi sento umiliata.
Alla fine restiamo io, Chelsea e un altro ragazzo di nome Handerson.
«Chelsea» dice Amanda senza esitazione. 
Ross continua a fissarmi, nonostante io non lo guardi. Allora io prego di andare nella squadra con Chelsea. 
Steve si schiarisce la voce: «Handerson»
Che Dio sia lodato.
 
«Stasera andiamo al cinema?» chiede Ellie sedendosi su un divanetto, nel terrazzo dell’ultimo piano.
«Che proponi?» le chiede Chelsea, mentre beve il suo tè freddo.
«Paper Towns» 
«Non sarà uno di quei film sdolcinati e smielati tutti gne gne gne, vero? Perché sennò mi ritiro. A parte che non è carino» Will si indica, alludendo al fatto di essere gay, e noi ridiamo.
«No, è mistero» lo rassicura Ellie.
«Ci sto» rispondo.
Una testa si appoggia sulla mia spalla, e io sobbalzo dallo spavento. 
«Paper Towns» dice Ross «Era il libro che stavi leggendo, no?!»
«Sì» rispondo. 
«Non hai dei progetti con Madison?» lo provoca Ellie.
«Non sono invitato?» si fa posto vicino a me.
«Sì che lo sei» lo rassicuro «Solo che pensavamo fossi impegnato»
«Sei sempre impegnato» ribatte Gabriel.
«Non sono sempre impegnato»
«Sì, invece» gli dice Chelsea «E sai qual è la cosa strana? Che sia stata solo Ellie a parlare con Madison, cos’è non è all’altezza di farsi vedere con noi?»
«Ma dai, ancora con questa storia?» le chiede Ross, seccato.
«Era solo per dire» alza gli occhi al cielo.
«A proposito, che fate ogni sera?» le parole mi escono di bocca, prima che io le possa decifrare.
«Quello» butta lì Chelsea «Lo fanno. Ci pianta in asso per scopare»
«Chelsea, sei volgare quanto i ragazzini al primo anno che fantasticano sulle ragazze dell’ultimo, che coglioni» dice Ross.
«Mi stai dando della cogliona?» gli chiede Chelsea, guardandolo dritto negli occhi, e con le mani incrociate al petto.
«Dio, Chelsea … non intendevo …»
«No, perché qui, mi pare, la persona che ci pianta in asso tutte le sere, sei tu! Non puoi fare l’amicone tutto il giorno e poi andartene quando ti pare, e poi tornare da noi tutte le volte che ti gira e fare finta che non sia niente. Il coglione tra noi due sei tu!» gli risponde per le rime, Chelsea. Più furiosa che mai.
«Ei, ei, ei …» cerca di calmarli Ellie.
«Va tutto bene! Si può sapere che cazzo di problema hai?» chiede Ross a Chelsea.
«EI!» urla stavolta Ellie. «Chelsea, so che ti dispiace per Madison che ci abbia piantato così, ma ha scelto di andare per la sua strada. E Ross… lei ha ragione. Non ti vediamo più, cioè solo per la scuola. Eravamo così uniti»
Ross si calma «Okay, avete ragione» 
Una cappa di tristezza incombe su di noi come una fitta nebbia. Torniamo in silenzio e i miei pensieri girano in cerchio.
Vorrei che Mer fosse qui. Vorrei che Ross non stesse con Madison, e che Madison non avesse ferito Chelsea. 
E ancora vorrei che Ross non stesse con Madison.
 
Camminiamo per le vie di L.A, e l’oscurità cede il posto alle luci neon. Quanto assomiglia a Piccadilly Circus?! Il centro, cuore, di Londra. 
Davanti a noi, una gigantesca scritta in rosso e luccicante ci segna l’arrivo: CINEMA. Le lettere mi fanno sentire piccola. 
Entriamo dalle porte a vetro luccicanti, il mio umore sale alle stelle, quanto amo andare al cinema? C’è l’odore penetrante di popcorn imburrati e nachos con formaggio.
Dopo aver pagati i biglietti, seguiamo una corda luminosa d’oro lungo il corridoio del cinema. 
Ross mi sorride «Ti piace?»
Io annuisco. Sembra contento e mi segue tra le due file di poltrone. Ci sediamo quattro file più indietro dalla prima. 
Ci sediamo, e inizia a trasmettersi la pubblicità. Per quel lasso di tempo, mi colgo sempre distratta. Dal bianco dei denti di Ross nel buio, da una sua ciocca di capelli fuori posto, dal suo profumo delicato.
Mi dà un colpetto sul gomito per offrirmi il bracciolo della poltrona, ma io declino e ci si appoggia lui. Il suo braccio è vicinissimo al mio. Gli osservo le mani grandi, le mie sono minuscole in confronto.
E all’improvviso, mi viene voglia di toccarlo.
Ross tossisce e cambia posizione. La sua gamba tocca la mia. E rimane lì. Dovrei spostarla, insomma, non è da lui … come fa a non accorgersi che la sua gamba sta toccando la mia?
Ecco, mi ha guardata, so che l’ha fatto.
Io mi irrigidisco, e incollo il mio sguardo sullo schermo, i personaggi stanno parlando di qualcosa, ma io sono distratta da un’altra.
Di nuovo. Un’altra occhiata. Questa volta mi giro, automaticamente, proprio nell’istante in cui lo distoglie. 
Concentrati, Laura. Concentrati. «Ti piace?» sussurro.
«Il film?» esita.
Grazie al cielo il buio nasconde il mio rossore.
«Mi piace molto» mormora.
Azzardo un’occhiata, e Ross mi sta fissando. Intensamente. Non mi ha mai guardata così. Sono io la prima a distogliere gli occhi.
So che sta sorridendo, e il mio cuore corre all’impazzata.
Ma si sa, le cose peggiori della vita arrivano da noi gratuitamente.
 



Scriverepervivere:

Hello people of the internet!
So che oggi è venerdì, e io dovrei aggiornare sabato, ma non ho modo di poterlo fare domani perché parto per uno stage di musica a Trento, e quindi non saprei davvero come dovrei fare.
Comunque, se continuerò ad aggiornare ogni sabato, la storia si manterrà fino a circa dicembre. Quindi vi prometto che quando tornerò, e andrò finalmente al mare, aggiornerò con più regolarità.
Voglio ringraziare sempre le stesse persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Un ringraziamento più grande a chi mi ha messa tra gli autori preferiti, davvero di cuore.
E vorrei ringraziare anche:

Le persone che hanno recensito il mio scorso capitolo:
  •  Angelauri
  •  Pll_AeAlove
  •  mariexshor
  •  ily99
  •  Talking to the Moon

Un ringraziamento speciale a:
  •  Daria – ovviamente – che ha letto per prima i miei capitoli, e per la sua recensione privata
  • Angelauri, sempre gentile, e colgo l’occasione per farle gli auguri per la sua nuova sorellina. Che felicità, non c’è cosa più bella della nascita di un nuovo essere umano.
  •  Razan, che mi è sempre molto vicina.
  •  E Davide, che seppur non si fa sentire con le mail, mi è vicino con il cuore.
  •  E un ringraziamento a tutte le persone che mi hanno capita, nello scorso spazio autrice, per la questione recensioni. La storia la scrivo per voi, perché mi piace, ma se non c’è gente che la segue, non ha alcun senso. Perché potrei farmela in testa! XD
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e ancora grazie per il supporto e l’amore che ci mettete nel leggere la mia storia. 
Oh mio Dio, ho fatto un anno di storie su EFP, come minimo dovete venirmi a dare i baci! Scherzo :)
E nulla, recensite in tanti, 
E noi ci vediamo venerdì o sabato.
Vi abbraccio,
Meri xx

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Capitolo 8
*** Just promise me, you'll always be a friend. ***


Just promise me, you’ll always be a friend.
 

Stiamo passando il fine settimana nel terrazzo all’ultimo piano. L’unico assente nel gruppo è Ross, che è andato a vedere una mostra di fotografia alla scuola di Madison. A dire il vero, avrebbe dovuto essere di ritorno ormai.
Sta facendo tardi, come al solito.
Io do un’occhiata alle mail. Una da Mer, un’altra dal fidanzato di mia madre.

Da: Meredith Sure
A: Laura Marano
Oggetto: Sagra del Cioccolato!

Ciao tesoro, scusa se non ti ho scritto in questi giorni, ma ho avuto un po’ da fare con la scuola. Tu? Che mi racconti? Ti stai divertendo? Come è andata a finire con il tipo-super-figo-italiano?
Qui piove tutto il giorno, è una vera merda. Poi senza di te è ancora peggio. Manchi troppo. Per sollevarci, stasera abbiamo deciso di andare alla sagra del cioccolato in centro, quella che ti piaceva tanto.
E nulla, spero vada tutto bene.
Un bacio,
Mer.


La Sagra del Cioccolato, la mia preferita! Ecco cosa manca, un po’ di dolcezza. Quanto vorrei essere lì con loro solo per questa serata.
La mail di mio “papà” è piena di raccomandazioni. E alla fine, una scritta minacciosa: Piccolo promemoria, io e te ci vediamo a Pasqua!
Rabbrividisco.
Sono sommersa dai ricordi di qualche giorno fa. Seduta nel cinema vicino a Ross, la sua gamba che tocca la mia, i nostri sguardi che si incrociano …
Più ci penso e più mi convinco che non sia successo niente. Perché EFFETTIVAMENTE non è successo niente.
All’uscita del cinema Chelsea ha annunciato «La fine non me la sarei mai aspettata, cavolo!»
Ci siamo tutti messi a ridere e a fantasticare su come la fine sarebbe dovuta essere.
Volevo parlare con Ross, parlargli di quel che era successo, ricevere un segno che qualcosa fra di noi era cambiato. Ma Ellie ci ha interrotti, e con un abbraccio gli ha augurato la buonanotte.
E poi c’era stato quel patetico 'ciao' fatto con la mano.
E poi c’era stato quel messaggio, un minuto dopo essere entrata in stanza.

Da: Ross Lynch
Ore 00.27 a.m.

Buonanotte, hope u had a good day. 

Lo stesso messaggio, me l’aveva mandato per tutta la settimana.
Ma cosa è successo? L’emozione deve avermi fatta esagerare. Perché il giorno dopo, a colazione, lui non si era comportato in modo diverso dal solito. Ha chiacchierato amichevolmente, come sempre. Inoltre ha Madison. Non ha bisogno di me. Posso solo immaginare di aver proiettato i miei sentimenti frustrati per Dave su Ross.

Parlando di cose serie, la mia squadra ha vinto la caccia al tesoro, così io e Chelsea venerdì non siamo andate a scuola. Gabriel ha fatto sega all’ultima ora per stare con noi, e questo gli è costato un compito extra.
«Come va con il compito?» gli chiedo, mettendomi comoda sulla poltrona.
«Eh» prende in mano il blocco da disegno «Ho di meglio da fare»
«L’hai finito?»
«Sì, devo solo riguardarlo» disegna il mio nome stilizzato con una penna nera.
«Hai un grande talento. E’ questo che vuoi fare? Nella vita, intendo» gli chiedo, spostando il mio polso sulla sua gamba, per farmi disegnare il mio nome lì.
Lui inizia a tracciare delle linee non ben definite «Sto lavorando ad una graphic novel»
«Forte» gli dico, contraendo il polso per il solletico «Di che parla?»
«Di un ragazzo che è scappato dal Canada, perché i suoi non lo volevano più attorno»
Allora i miei ricordi si fanno vivi, quella giornata, dove Gabriel aveva deciso di sfogarsi con me. Posso ancora sentite il suo abbraccio incastrato tra le mie costole. La sua mano che tremava sulla mia schiena. Il suo respiro rotto dal pianto.
Il mio sguardo si posa su delle ciocche bionde appena entrate dalla porta del terrazzo.
«Com’era la mostra?» chiede Ellie a Ross, che si sta sedendo accanto a me, mentre guarda il disegno che mi sta facendo Gabriel.
«Niente di spettacolare. Voi cosa avete fatto?»
«Niente, siamo stati qui a parlare di progetti futuri e cose del genere»
Ross alza gli occhi al cielo «Laura, ho una cosa per te» mi dice
«Per me? Cosa?» gli chiedo, abbassando la manica del maglione rosso, dopo che Gabriel ha finito la sua opera.
«Vieni, è in camera mia»
Allora, io mi alzo e metto il mio computer nella borsa, e sono pronta per seguirlo verso il corridoio. Mi giro verso i ragazzi e li saluto con la mano.
Arriviamo al suo piano e mi fa strada lungo il corridoio. Sono nervosa ed eccitata. Entriamo nella sua stanza, e il suo profumo mi avvolge lentamente.
E’ come è sempre stata. Ma stavolta aveva un vago senso di … casa.
Butta le chiavi sul letto, e prende una cosa che poi si mette dietro la schiena.
«Chiudi gli occhi» mi dice ed io eseguo. Il mio stomaco fa le capriole.
Poi mi prende le mani e vi appoggia la cosa misteriosa.
Apro gli occhi e scopro che è un piccolo diario con un disegno che raffigurava Londra. Con la scritta Home is where the heart is.
«E’ bellissimo, grazie, non dovevi!»
«Stavo tornando dalla mostra e quando l’ho visto non ho fatto che pensare a te. Allora l’ho preso» mi dice dolcemente.
Lo abbraccio. Un abbraccio che dura pochi minuti, e poi, quando ci stacchiamo rimaniamo immobili.  E’ vicinissimo. I suoi occhi sono fissi ai miei, e nel petto il cuore mi batte da far male.

Faccio un passo indietro e distolgo lo guardo. Dave. Mi piace Dave, non Ross. Perché devo ricordarlo a me stessa di continuo? Ross è impegnato.
«Li hai fatti tu, questi?» cerco di smorzare l’atmosfera, e mi riferisco ai quadri appesi sul muro. Mi giro verso di lui. Mi sta ancora fissando.
Prima di rispondere, abbassa lo sguardo. «No. Mia mamma» la sua voce è strana.
«Davvero? Wow, sono belli»
«Laura …»
«E’ Roma?»
«Sì»
«Ah»
«Laura …»
«Mmm?» gli do le spalle, cercando di esaminare i quadri. Sono davvero bellissimi. Ecco perché il padre possiede della gallerie d’arte.
E’ solo che non riesco a concentrarmi, è ovvio che è Roma …
«Quel ragazzo … Dave. Ti piace?»
Rabbrividisco «Me l’hai già chiesto»
«Quello che intendevo è …» farfuglia agitato «I tuoi sentimenti non sono cambiati … da quando sei qui?»
Mi ci vuole un po’ per rispondere alla domanda «Il problema non è quello che sento io» rispondo alla fine «Io sono interessata, ma dubito che la cosa valga per lui»
Ross si avvicina «Ti chiama ancora?»
«Sì. Cioè, non spesso. Ma sì»
«Bene, bé …» dice «Questo è un buon segno»
Distolgo lo sguardo «Dovrei andare. Sono certa che avrai fatto programmi con Madison per la serata»
«Sì, cioè no … non lo so. Se non fai niente di …»
Apro la porta «Allora a più tardi. Grazie ancora per il diario»
Ross ha un’espressione ferita «Figurati»

Scendo i gradini in fretta, che cos’era quello? L’attimo prima era tutto apposto, e quello dopo era come se dovessi fuggire al più presto da quella camera.
Devo uscire da questo posto. Devo andarmene. Forse non sarò un’inglese coraggiosa, ma penso di essere stata giusta in quel momento. Nei miei confronti, nei confronti di Madison e di Ellie.
Mi precipito fuori dalla scuola, visiterò L.A. da sola.
Perché l’unica cosa che lui mi deve promettere, è che sarà sempre un amico.
 
 

scriverepervivere:

Hello people of the internet! 
Premetto che sto dormendo in piedi, e che se trovate errori sia in questo spazio che ne capitolo, è tutto dovuto dalla stanchezza.
Sono tornata oggi, venerdì, dal camp di musica, che è stato una delle esperienze più belle di sempre, ma anche una delle più stancanti. E, visto che ve l'avvo promesso, ho aggiornato.
Vorrei ringraziare le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite, e a chi mi ha messa tra gli autori preferiti.

Ringrazio tutte le persone che hanno recensito lo scorso capitolo:
  • Talking to the Moon
  • mariexshor
  • Angelauri
  • ross_saved_me
  • Love Auslly Ita
  • Pll_AeAlove
  • Ringrazio anche tutte le ragazze fantastiche che ho incontrato nel corso della settimana, che hanno letto la mia storia, e mi hanno fatto i complimenti. Mi mancheranno le nostre notti insonni a mangiare pringles e cantare! Vi voglio un sacco di bene, felice di avervi incontrate tutte!

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, se è così lasciate una piccola recensione, non fa mai male.
Ringrazio di nuovo tutte per i complimenti, siete degli angeli ogni volta!
E ora vado, perché mi si chiudono gli occhi ...
Ci sentiamo tra un po' di giorni!
Vi abbraccio,
Meri xx
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Love will come and love will go. ***


Love will come and love will go.
 


Mi avvicino alla cassa per pagare il biglietto, la ragazza che è davanti a me mi passa il resto, è magrolina e ha un’espressione strana sulla faccia. Invogliata.
Quando entro in sala, una maschera prende il mio biglietto e lo oblitera, e so, dopo che Ross me lo aveva detto, che per questa inutile tradizione devo dare una piccola mancia.
Il sollievo è tale, che non mi accorgo nemmeno che i miei piedi si dirigono verso la mia fila preferita. Di fronte a me ci sono tre ragazze, più o meno della mia stessa età. Dietro, invece, una coppietta anziana che divide i popcorn. A molte persone non piace andare al cinema da sole, ma non è il mio caso.
Perché, quando si spengono le luci, l’unica interazione che conta, è quella tra me e il film.
Sprofondo nella poltrona rossa di velluto, e tiro un sospiro. Allora, per l’ultima frazione di secondo, inizio a pensare a Ross. A quello che è successo l’altra sera. E mi maledico, perché non dovrei pensare a lui, perché è impegnato.
I M P E G N A T O. E me ne devo convincere, ricordare.
Le luci si abbassano, e io interrompo i miei pensieri. L’interazione è tra me e il film.
Me/film.
 
«Vai di nuovo al cinema, stasera?» mi chiede Jace, il mio compagno di banco.
«Sì, danno dei bei film per l’arrivo di Pasqua» rispondo, cercando di stare attenta alla lezione di francese – lezione extra del lunedì –
La professoressa Gillet passa accanto al nostro banco «Je te présente ma famille. Pierre est … l’oncle»
«Ehm …come?» chiedo distratta.
«Quoi?» mi corregge la professoressa.
«Forte. Non pensavo fossi un’appassionata di film e cinema» mi dice Jace, quando è sicuro che la professoressa se ne sia andata.
«Mi piacciono i film ben fatti» dico «Marc est mon frère» continuo, quando la professoressa si gira verso la nostra direzione.
«Quando mi inviterai anche a me, eh?» mi fa Jace, lasciandomi spiazzata «Magari i film piacciono pure a me»
Non è la prima volta che allude ad una cosa simile. Jace è carino, ma non mi piace in quel senso. E’ difficile prendere sul serio un ragazzo che si dondola ancora sulla sedia, solo per infastidire gli insegnanti.
«Magari mi piace andarci da sola» il che è vero, ma evito di accennare il fatto che di solito non sono sola. A volte mi accompagnano Ellie e Chelsea, altre Gabriel. E sì, anche Ross.
Tira fuori il diario di Londra che mi ha regalato Ross.
«Ridammelo!» gli dico, mentre cerco di prendere il diario. Jace scorre le pagine.
«RIDAMMELO!» sbotto. Un’ombra cala su di noi. La professoressa è accanto ai nostri banchi, e ci guarda infuriata. Jace lascia andare il mio diario, e io mi faccio piccola piccola.
«Ehm …très bien, David» dico.
«Quand avrete finito quest’affascinonte discussion, siete pregati di tornare all’exercice assegnato» ci guarda ancora «Deux pagine su vos famille, pour lundi matin» lei si gira, ed alza i tacchi.
«Pour lundi matin? Che diavolo vuol dire?» chiedo a Jace.
La professoressa non si gira neanche «Lunedì mattina prossima, mademoiselle Marano»
 
A pranzo, quando mi siedo, sbatto i libri sul tavolo, e non distolgo lo sguardo dal vassoio che contiene il mio pollo.
«Che cosa ti rode?» mi chiede Ross.
«Francese»
«Non va bene?»
«Non va bene» tiro un sospiro, e prendo in mano la forchetta.
«Ci farai la mano» mi rassicura.
«E’ che … sono solo stanca di andare là fuori, e sentirmi così smarrita»
Ross mi guarda «Non sei smarrita. Esci tutte le sere, spesso anche da sola»
«Hmpff»
«Ei» si avvicina di più «Ricordi cosa ha detto la professoressa? Che dobbiamo aprirci a nuove culture. Che si fotta il corso di francese, non significa nulla, rien du tout»
Non faccio altro che sorridere, e lui me lo restituisce. Quando mi giro, vedo Jace, avvicinarsi verso di noi, con un piattino con sopra un bignè glassato.
«Ti chiedo le mie più umili scuse» mi porge il piattino, alza lo sguardo e sorride «Mi dispiace per il compito extra, è colpa mia»
Sono senza parole. Ruba una sedia dall’altro tavolo, e si infila tra Ross e me.
Ross non crede ai suoi occhi «Fai come se fossi a casa tua, Jace»
Jace non sembra averlo sentito «Allora. Stasera, al cinema»
Oh, mio Dio. Ti prego, fa che davvero Jace NON mi stia invitando ad uscire con lui, perché sennò svengo o vomito. E fai che non lo stia facendo davanti a Ross, lui detesta Jace.
«Ehm … mi dispiace» cerco una scusa «Ma non ci vado. Non più. E’ subentrato un altro impegno»
«E dai! Niente può essere più importante!» mi sorride e mi prende la mano. Disgustoso. Lancio uno sguardo implorante a Ross.
«Un progetto di Inglese» interviene lui, lanciano un’occhiataccia alla mano di Jace «All’ultimo minuto. Facciamo coppia»
«Ahh» esclama dopo un istante «Adesso capisco»
«Che cosa?» lo guardo confusa.
«Non credevo che …» e fa un cenno a me e a Ross.
«No! No. Non c’è niente, non in quel senso. Solo che siamo impegnati con quel progetto»
Jace ha l’aria scocciata «No problem. Ei, vieni alla festa di domani sera?»
Ah. La scuola dà una festa per Pasqua. Bé … per il rientro a casa degli studenti per le vacanze. Ma qualcosa di tipo tre settimane prima.
«Sì, forse» rispondo.
«Bene» Jace si alza «Farò in modo che te ne ricordi»
«Okay, grazie per il bignè!» gli dico.
«Non c’è di che, splendore!» e se ne va.
Splendore. Mi ha chiamata splendore. Ma a me non piace lui.
«Mezza sega» sbotta Ross.
«Non essere scortese» gli dico.
«Non ti sei lamentata, quando ti ho fornito una scusa per non farti uscire con lui, stasera»
Allontano il bignè «Mi ha messo in imbarazzo, tutto qui»
«Dovresti dirmi grazie»
«Grazie» esclamo sarcastica. Sono cosciente che gli altri ci stanno guardando. Ora me ne accorgo.
Will si schiarisce la voce e indica il bignè «Hai intenzione di mangiarlo?»
«Accomodati» gli dico, passandoglielo.
Ross si alza all’improvviso, e la sua sedia si ribalta facendo un gran rumore.
«Dove stai andando?» gli domanda Ellie.
«Da nessuna parte» risponde, e si allontana a lunghi pasi.
Dopo un silenzio imbarazzante, Chelsea solleva le sopracciglia nere «Sapete, Gabriel ed io li abbiamo visti litigare»
Io sbarro gli occhi «Litigare chi?»
«Ross e Madison» risponde ancora più a bassa voce «E’ di questo che si tratta»
«Davvero?» fa Ellie.
«Sì, è stato nervoso tutta la scorsa settimana» risponde Chelsea.
Annuisco «Sì è vero, visto che la sua stanza è praticamente sotto la mia, l’ho sentito camminare su e giù. Non l’ha mai fatto»
«Dove li avete visti?» chiede Ellie.
Gabriel smette di mangiare «Davanti alla fermata della metro. Ci siamo avvicinati per salutarli, ma quando abbiamo visto le loro facce, ci siamo allontanati, meglio non interromperli. Decisamente»
«Per cosa litigavano?» indaga ancora Ellie.
«Non so. Ma urlavano» dice Gabriel.
«E’ lei, è così diversa» Chelsea si acciglia «Si crede di essere migliore, ora che va alla scuola prestigiosa»
«E come si veste» dice Ellie con una punta di acidità.
Gabriel non dice niente. Prende il suo blocco da disegno, e inizia a disegnare. Il suo modo di non ascoltare la conversazione tra Ellie e Chelsea è significativo, quasi.
Ho la sensazione che sappia di più di quello che ha detto, o ci ha voluto dire, su Ross e Madison. I ragazzi parlano di questo genere di cose tra loro? E’ possibile?
Ma la cosa più importante è: Ross e Madison si stanno lasciando?
 

 

Scriverepervivere:

Hello people of the internet!
Come sapete già, ringrazio tutte quelle che hanno messo la mia storia tra le preferite, seguite e ricordate. E tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo, siete i miei angeli.
Finalmente oggi parto per la Calabria e andrò finalmente al mare, ma non lascerò il mio fidato pc a casa, perché sapete che aggiornerò per tutta l’estate. La storia l’ho finita di scrivere, perché so già che non mi andrà molto di fare tutto in fretta, quindi è solo questione di editare e postare.
E nulla, io spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi raccomando recensite!
Aspetto anche altre storie che si aggiornino, perché non sto nella pelle!
Vi abbraccio,
Meri xx

 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** I'm just drunk, to feel a little love. ***



I’m just drunk, to feel a little love.
 

Per inaugurare le quasi vacanze di Pasqua, hanno deciso di andare in un cimitero. Un cimitero! Scelta molto azzardata.
Non sono molto felici, però è una scelta curiosa. I cimiteri sono come piccole città oscure, situate di solito ai confini della città.
«Ei, ma non vi sembra strano andare in un cimitero?» chiedo, mentre camminiamo sul marciapiede.
«Ci andiamo sempre. E’ strano, mette un po’ di angoscia. Ma è tipo una tradizione americana» mi risponde Will, passeggiando accanto a Gabriel.
Nessuno di noi ha voglia di andare alla festa che ha accennato Jace a pranzo. Così abbiamo deciso, hanno deciso, di andare in questo posto pieno di felicità e speranza!
Ross continua a stuzzicarmi con un grande thermos, e lo gesticola in tanti modi strani «Forse sei turbata perché Jace non potrà farti la corte con la sua sbalorditiva conoscenza delle auto»
Rido «Dacci un taglio»
«E ho sentito che ha una grande conoscenza in materia di film. Magari ti porterà alla proiezione di Violetta 4 il film!»
Colpisco Ross con la borsa, ma lui si scansa di lato e ride.

«Aha! Eccoci arrivati» grida Ellie, dopo aver individuato l’angolo più spazioso e al verde nell’erba. Srotola la coperta verde, e noi ci appoggiamo le cose da mangiare. Ellie versa il caffè depositato nel thermos a tutti, mentre ride perché Ross, Will e Gabriel si stanno rincorrendo come dei bambini di due anni.
Ci buttiamo sul cibo e, come per magia ecco che i ragazzi tornano. Ross si infila tra me ed Ellie.
«Hai delle foglie sui capelli» ridacchia Ellie, e gliele toglie. Lui gliele prende di mano, e gliele soffia tra i suoi capelli. Ridono e sento una fitta allo stomaco.
Chelsea manda giù il boccone di panino «Cosa faceva Madison stasera?»
«Va ad una terribile festa in costume» risponde addentando il panino al formaggio.
«Certo, dai ad una collegiale l’opportunità di vestirsi da infermiera sexy e lei la coglierà» dice Will.
Ross gli lancia un pezzo di pane «Idiota. Non si veste da infermiera sexy»
«Da infermiera e basta?» chiedo con aria innocente «Con un vestitino scollato e un seno enorme?»
Chelsea e Ellie sono piegate in due dalle risate.
Ross si abbassa il berretto sugli occhi «Ahhh vi odio tutti»
Un gruppetto di ragazzi si ferma dietro di noi, Ross si gira e dice «Victor Noir è da quella parte» indica un viottolo.
«Come facevi a sapere cosa volevano?» gli chiedo.
«Tutti vengono qui per lui» risponde «Pare che la sua statua sulla tomba favorisca … fertilità»
«Ha gli attributi lucidi da così tanto tempo che gliel’hanno sfregati» dice Gabriel «Porta fortuna»
«Questa la devo proprio vedere» butto lì, e mi alzo finendo in contemporanea il mio panino.
«Seguimi» mi dice Ross.

Seguiamo un vialetto pieno di alberi e con la terra bagnata. Stiamo entrambi ridendo, cercando di non sbattere contro i rami e imbatterci contro ragnatele malefiche.
Ad un certo punto, ci passa un gatto nero davanti.
«Questo sì che è un optional in un cimitero» dico, continuando a ridere.
«Che la sfiga sia con noi» ride Ross, guardando il cielo.
Noi ci avviciniamo a Victor. La statua ha gli occhi chiusi, e in effetti i suoi attributi sono di un bronzo lucido, ed hanno proprio l’aria di essere stati sfregati migliaia di volte.
«Se lo tocco, posso esprimere un desiderio?» chiedo ridendo.
«No, Victor si occupa solo di fertilità»
«Dai, vai» gli dico.
Ross indietreggia ridendo «No, è un problema di cui non ho bisogno»
Quando capisco il senso della sua battuta, la mia risata si strozza.
Non ci pensare, Laura. La cosa non ti dovrebbe toccare. Non lasciare che capisca quanto ti dia fastidio.
«Pensa, ho sentito che devi fare davvero quella cosa per rimanere incinta, quindi …»
Merda. Solo ora mi rendo conto che la mia battuta era seria.
Ross mi guarda stizzito «Quindi vorresti dire ehm … che sei vergine?»
IO E LA MIA BOCCACCIA!
«Non, ehm, non ho mai incontrato qualcuno di cui mi importasse tanto. Ho una regola»
«Spara» mi dice.
«Mi chiedo: “Se accadesse il peggio, se davvero rimanessi incinta, mi imbarazzerebbe dire a mio figlio chi è suo padre?” se la risposta è anche vagamente vicina al sì, allora niente da fare»
Annuisce lentamente «E’ una buona regola»
Ad un certo punto, il cellulare di Ross squilla «Ah, è mamma. Aspetta»
«Eccovi» dice Ellie, seguita da tutti gli altri.
«Sapevate dove eravamo diretti»
Al grido dall’arme di Ellie, giro immediatamente la testa.
Ross si è accasciato contro una tomba. E’ la sola cosa che gli impedisce di cadere. Corriamo tutti al suo soccorso.
Ha ancora il telefono all’orecchio, ma non sta più ascoltando.
«Cos’è successo?» parliamo tutti insieme.
Lui non risponde. Non alza gli occhi.
Gabriel ed io lo aiutiamo a sedersi per terra, prima che casa.
Ross alza lo sguardo e sembra sorpreso di trovarci lì a soccorrerlo. Ha il volto terreo «Mia mamma …»
«Che cosa è successo?» domando.
«Sta morendo»
 
Ross è ubriaco. Ha la testa affondata nelle mie cosce. Situazione più imbarazzante di questa non esiste.
Cerco di spingere la sua testa sulle mie ginocchia, ma lui insiste, e si rimette nella stessa posizione. Gli accarezzo i capelli. E’ la prima volta che lo faccio. Sono morbidi.
LAURA! Concentrati. Sei in una situazione orrenda.

Gabriel e Ross si sono precipitati in camera mia quindici minuti fa. Gabriel ha detto di averlo trovato vagare per le strade, e biascicare qualcosa. Allora lo portò in camera mia per aiutarlo.
«Scusa. Voleva venire qui. Non la smetteva più di insistere» disse.
Ross puzzava di sigarette ed alcool. E continuava a parlare, nonostante la situazione imbarazzante.
«Mio …mio padre è uno sroonzo … Dico sul serio» continuava a ripetere. 
«Lo so. Lo so» lo guardai «Guarirà tua mamma, guarirà»
«Cancro» disse Ross alzando la testa «Non può avere il cancro»
«Devo chiamare Ellie» prese il telefono Gabriel.
Chelsea bussò alla porta, ed io la feci entrare.
«Come sapevi che eravamo qui?» chiese Gabriel.
«Ti ho sentito attraverso il muro, idiota. E hai chiamato il mio telefono non quello di Ellie. Stai proprio rincoglionito» Chelsea alzò gli occhi al cielo.
Ellie arrivò un minuto dopo.
Ross continuava a blaterare, ed Ellie si inginocchiò «Sta bene?» gli sentì la fronte, ma lui le cacciò la mano. Lei sembrò ferita da quel gesto.
«Sto bene. Mio paaaadre è uno sronzooo e mia maaamma sta morendo. Dio, io sono uno srooonzooo» Ross mi guardò negli occhi.
«Non sei uno stronzo» dissi «Va tutto bene. Hai ragione è un’idiota» cioè cosa avrei potuto dire? Aveva appena scoperto che sua madre aveva il cancro.
Appena Will entrò, il casino totale. Continuava a chiedere a Gabriel perché era uscito, Ross parlava senza senso, e le ragazze cercavano di farli fermare. Poi Will se n’è andato sbattendo la porta, seguito da tutti gli altri.
Ed è stato in quel momento che mi sono ritrovata la testa di Ross tra le mie cosce.

Respira, Laura. Respira.
Sposto la testa di Ross dalle mie gambe, per prendergli un bicchiere d’acqua. Lui mi afferra le caviglie.
«Torno subito» gli dico «Lo giuro»
Allora lui si mette a singhiozzare. Dio, non starà davvero piangendo? Perché, anche se è dolce, io non sono preparata per certi momenti.
Gli metto la bottiglietta davanti. «Bevi»
Ross scuote la testa «Se bevo un altro goccio, vomito»
«Non è alcool, è acqua» io apro la bottiglietta per fargliela bere, ma lui la butta per terra e l’acqua si espande sul pavimento.
«Mi dispiace, Laura. Mi dispiace» sussurra.
«E’ tutto okay» in realtà, non c’è niente di okay in tutto ciò.
Ha un’espressione distrutta. Mi sdraio accanto a lui.
«Non vuole che vada a trovare mia mamma»
«Come? In che senso?»
«Ha sempre fatto così. E’ geloso, perché lei mi ama più di quanto mi ama lui, quindi non mi permette di andare a trovarla»
Allora capisco che parla di suo padre «Ma tua mamma ha bisogno di te, in questo momento. E tu di lei»
«Non vuole che la veda fino al Venerdì Santo»
«Ma manca ancora un mese!» gli dico «Andrai a Roma comunque?»
«No. Mio papà mi ucciderebbe»
Lungo silenzio.
«Laura?»
«Si?»
Esita «Non importa»
«Cosa c’è?»
«Niente»
Mi giro verso di lui, ha gli occhi chiusi. La sua pelle è pallida «Cosa c’è?» mormoro di nuovo, alzandomi a sedere.
Ross apre le palpebre. Lo aiuto a sedersi. Quando faccio per allontanarmi, lui mi trattiene prendendomi la mano «Mi piaci» bisbiglia.
PANICO.
«E non come amica»
P A N I C O. «Ehm … e cosa mi dici di …» tolgo la mano dalla sua.
«Non va. Non va da quando ti ho conosciuta» i suoi occhi si riducono in una fessura, e sono rossi, e stanchi. E vorrebbero piangere.
E’ ubriaco. E’ solo ubriaco.
E’ ubriaco e sta passando una crisi. Non può sapere che sta dicendo. Allora che faccio? Dio, che faccio?
«Io ti piaccio?» mi domanda.
Il mio cuore va a pezzi.
Sì, Ross. Mi piaci.
Si tratta di Ross. Bello e perfetto. E gli amici non si dichiarano in questo modo.
E’ ubriaco, Laura. Non sa che sta dicendo.
Ross mi vomita addosso.
 
Sto pulendo il suo casino con un asciugamano, quando qualcuno bussa alla porta.
E’ Madison. Ah.
Quasi l’asciugamano mi cade. E’ vestita da infermiera sexy, non posso crederci. Con scollatura esagerata.
«Laura, mi dispiace così taanto» geme Ross alle mie spalle.
«O Dio, Ross, stai bene?» dice Madison.
Massì, è pronto per fare una passeggiata romantica lungo le strade di L.A. O meglio, cavalcare unicorni colorati fino all’alba.
E’ ovvio che non sta bene. MA NON LO VEDI?
«Dai, ti aiuto ad alzarti, così ti porto in stanza» gli dice.
«Posso alzarmi da solo, cazzo» e Ross cerca di alzarsi. Ma io e Madison lo aiutiamo.
«Come sapevi che era qui?» le chiedo.
«Mi ha chiamata Ellie, e stavo giusto per venire qui. Ross mi aveva chiamata qualche ora fa, ma io mi stavo preparando per questa stupida festa!» sembra arrabbiata con se stessa «Va tutto bene, tesoro. Sono qui adesso»
«Madison?» Ross sembra confuso «Laura, cosa ci fa Madison qui? Non dovrebbe essere qui»
La ragazza mi fulmina con un’occhiataccia «E’ molto, mooolto ubriaco» la liquido.
Madison sorregge Ross «La porta» dice lei bruscamente.
Io la apro, ed escono.
Ross si guarda indietro «Laura, Laura. Mi dispiace»
«Va tutto bene, ho già pulito tutto»
«No, per tutto il resto»
Madison lo infila nell’ascensore, e lui barcolla. Mentre la porta si chiude, Ross mi lancia uno sguardo triste.
«Starà bene tua madre! Starà bene!»
Non credo mi abbia sentita. L’ascensore parte, ed io rimango a fissarlo finché non scompare.
 
 
 
Dal capitolo 11, We're just under the upperhand:
«E’ solo che ricordo di essere stato nella tua stanza. Ma non ricordo se abbiamo avuto qualche conversazione su … qualcosa»
Il mio cuore accelera «Su che cosa?»
Lui sembra a disagio «Ho detto qualcosa di strano sulla nostra amicizia?»
Eccoci qua.
«O della mia ragazza?»





 Scriverepervivere:

Hello people of the internet!
Eccomi con un nuovo capitolo, uno dei miei preferiti! 

Vorrei dire una cosa, la "tradizione" del cimitero è completamente inventata, anzi, se esiste non lo so, ma mi serviva un situazione esilarante.
Comunque, vorrei ringraziare le persone che hanno messo la mia storia tra le preferite/ricordate/seguite e chi mi ha messa tra gli autori preferiti.
Aww, siete stupendi!
Vorrei citare le persone che hanno recensito lo scorso capitolo, e quello ancora dopo perché non l'ho fatto:

1. Just promise me you'll always be a friend:
  • mariexshor
  • Pll_AeAlove
  • rauslly_otp
  • Love Auslly Ita
  • Moka95
2. Love will come and love will go:
  • Angelauri
  • rauslly_otp
  • Ily99

Grazie di cuore! 
Niente, vi invito a dirmi cosa ne pensate di questo capitolo e del piccolo spoiler aggiuntivo,
Lasciate tante recensioni,
vi abbraccio
Meri xx


 

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Capitolo 11
*** We're just under the upperhand. ***


We’re just under the upperhand.
 

E’ domenica. Appena sveglia mi sono precipitata da Ellie, che mi ha detto che era appena stata da Ross.
Ma lui o era ancora in coma o non voleva visitatori. Entrambi, penso.
«Lasciamolo riposare» mi aveva detto alla fine.
E sono sicura che aveva ragione.

Per cena non esce. Gabriel e Will hanno cercato di parlargli, ma non c’è stato verso.
Nonostante ciò, non riuscivo a non pensare a quanto bastardo fosse suo padre. Come puoi non far vedere a tuo figlio sua madre? Avrei capito se avesse avuto dieci anni. Ma ne ha diciotto. Caspita se è maturo e pronto.
E la mamma, quanto mi dispiace per lei. Mi aveva accennato sul suo conto. Mi aveva detto che era una pittrice, e nelle gallerie d’arte di suo padre lui esponeva i suoi quadri. E vive a Roma. Solo questo.
Ma già mi immagino una donna dolce, e forte allo stesso tempo. Una donna indipendente che sta soffrendo per qualcosa di ingiusto. Una mamma che non può vedere il figlio.
E poi arriviamo alla cosa non meno importante: Ross aveva detto che gli piacevo. E nonostante fosse ubriaco al centodieci per cento, in quelle parole avevo sentito un cenno di verità.  Ma come posso ignorare il fatto che fosse ubriaco?
Dobbiamo parlarne?  O devo far finta che non sia successo niente?
Ma in questo momento ha bisogno degli amici, e non di un dramma amoroso. E poi, se me lo ritrovassi davanti non saprei che dirgli, se non rassicurarlo che tutto andrà bene. Perché andrà bene.

Verso mezzanotte chiama Dave. Non parliamo di niente, sicché sono distratta per tutta la telefonata. Voglio solo andare a letto.
E’ tutto troppo complicato.
 
Ross viene a lezione di inglese con quindici minuti di ritardo. Ha lo sguardo fisso sul pavimento, e quando si siede accanto a me provo a interagire con lui. Ma al mio “ciao” non ho ricevuto risposta.
Non mi guarda nemmeno. Fissa la copertina del libro.
La professoressa continua a parlare di libri, e di trame, ma io non la seguo tanto. Vorrei allungare la mano e stringere quella di Ross, dirgli che andrà tutto bene. Suo padre avrebbe dovuto toglierlo dalla scuola. Farlo tornare in Italia. Anche se ciò mi avrebbe spezzato il cuore.
La classe, all’improvviso ride, ma Ross non dà segni di vita. Lo osservo nervosa. Sul suo mento c’è un accento di barba, di chi è stato tutto il tempo a letto.

Dopo la lezione, io Chelsea e Ellie ci incamminiamo verso la lezione de La Vie. Ross ci segue in silenzio. Noi ci scambiamo delle occhiate preoccupare, e il pensiero che lui sappia che lo stiamo facendo, mi fa stare ancora peggio.
Gli insegnanti, prima dell’inizio della lezione, prendono Ross da parte e gli parlano, guardandolo con compassione e mettendogli una mano sulla spalla. Come adesso, la professoressa gli ha chiesto se vuole passare l’ora in infermeria. Lui accetta.
Non appena se ne va, io mi ritrovo davanti Kelli «Che succede a Ross?»
«Niente» figuriamoci se glielo dico.
Si butta indietro i capelli «L’altra sera, Steve ha detto che l’ha sentito che parlava, stava dando di matto»
«Bé, ha sentito male»
«Ce l’aveva con suo padre, diceva che voleva ucciderlo» continua.
«Steve dice solo stronzate» ci interrompe Chelsea «Chissà dov’eri tu, Kelli, per farti dire tutto da Steve»
Ma questo le chiude il becco solo temporaneamente.
All’ora di pranzo, già tutta la scuola lo sa. Che sia stato Steve o Kelli, non lo so. Ma so solo che sono degli stronzi. Tutti.
La mensa è un continuo chiacchiericcio, e ciò si ferma quando Ross entra dalla porta per raggiungerci. E’ come un film di adolescenti. Il chiacchiericcio scompare, i bicchieri rimangono a mezz’aria.
Lui si ferma sulla soglia, prende nota della situazione. Si gira, e torna fuori.
 
Il pomeriggio ci presentiamo in terrazza all’ultimo piano, dove lo troviamo che legge.
«Non ho voglia di parlarne» dice.
«Allora non ne parleremo» lo rassicura Gabriel «Usciamo»
«Crepes?» propone Ellie. Sono le preferite di Ross.
«Sì, sto letteralmente morendo di fame» die Gabriel.
«Quando non ce l’hai?» Chelsea gli mette una mano sulla spalla.
«Credo che quando Gabriel non avrà fame, il mondo cadrà a pezzi» sostiene Will.
La creperia dista solo un po’ di minuti dalla scuola, e nel vedere l’uomo calare le crepes sulla piastra, e mettere il cioccolato e praline di cereali, cocco o mandorle, ci viene sempre di più fame.
«Fame. Fame. Fame» Gabriel si siede al tavolo, accanto a noi, e addenta la sua crepe.
«Hai del cioccolato sul mento» mi fa notare Will.
«Mmmm» rispondo.
«Sembra una piccola mosca» ridacchia Gabriel.
«Ti dona. Sei sexy» mi dice Chelsea.
«Sono stupendamente sexy nella mia sexaggine» dico, e mi disegno dei baffi «Ora sono irresistibile»
Tutti ridono, e Ellie mi scatta una foto. E finalmente, Ross fa uno dei suoi minuscoli sorrisi.
Mi tolgo la cioccolata dalla faccia, e gli restituisco il sorriso. Lui guarda per terra.
Gli altri si lanciano in una conversazione strana, Ross si avvicina a me per parlarmi. Il suo volto è a pochi centimetri dal mio.
La sua voce è rauca «A proposito dell’altra sera …»
«Non pensarci, non è stato nulla» lo rassicuro di fretta.
«Mi dispiace, Laura. Almeno ho centrato il lavandino, il water?»
«Beee …. E anche le mie gambe»
«Ho vomitato sulle tue gambe?»
«Sì, ma non ti preoccupare, anch’io l’avrei fatto se fossi stata …» mimo la scena.
Sul suo viso c’è dolore, ma lascia perdere l’argomento «Ti ho …» guarda gli altri per essere sicuro che nessuno li stia ascoltando «Ti ho detto niente di particolare, quella notte?»
Oh-oh «Particolare?»
«E’ solo che ricordo di essere stato nella tua stanza. Ma non ricordo se abbiamo avuto qualche conversazione su … qualcosa»
Il mio cuore accelera «Su che cosa?»
Lui sembra a disagio «Ho detto qualcosa di strano sulla nostra amicizia?»
Eccoci qua.
«O della mia ragazza?»
Lo guardo a lungo. Non sarò certo io a peggiorare il suo stato, non importa se sono consumata dal desiderio di sapere se gli piaccio. E se gli piaccio non è in condizioni di iniziare un rapporto, o di rompere con l’altro. E se non gli piaccio, probabilmente perderei la sua amicizia.
E in questo momento a Ross servono i suoi amici.
«No, abbiamo parlato solo di tua mamma»
E’ la risposta giusta. Sembra sollevato.
Ora ci basta solo sperare. Perché noi siamo sotto le mani del Signore. 


Dal capitolo 12, On the sofa, where we lay.
«Allora, dove andiamo?» mi chiede.  I suoi capelli sono quasi asciutti.
«Hai dei capelli fantastici» gli dico, facendo cessare la tentazione di passarci le dita in mezzo.
«Grazie»
«Prego. E … non so dove andiamo, pensavo che potremmo semplicemente uscire e … stare a vedere dove arriviamo»





scriverepervivere:

Hello people of the internet!
Mi spiace tantissimo per la lunga attesa, so che avevo detto che avrei aggiornato più regolarmente, ma sono dovuta partire per la Sicilia, e poi ... sono tornata qui in Calabria.
Sono felice di essere tornata ad editare i capitoli, mi diverte così tanto! :)
Vorrei dedicare questo capitolo a rauslly_otp, che con le sue recensioni mi fa morire dalle risate, sperando in un bacio o che schiatti Madison o Dave.
Vorrei spoilerare, ma non posso! La mia bocca è chiusa! 
Visto che lo spoiler dell'altra volta è stato apprezzato, ve ne ho messo un altro, così, per far salire curiosità.

Ringrazio sempre le persone che hanno messo la mia storia tra le seguite/ricordate/preferite
E ringrazio le persone che hanno recensito il mio scorso capitolo:
  • rauslly_otp
  • mariexshor
  • moka95

Detto questo vi saluto, e ci vediamo al prossimo capitolo!
Meri xx

 

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