Cronache Oscure-L'inizio dell'era di Mordor

di fraviaggiaincubi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-Sicut dies sine lux ***
Capitolo 2: *** Due cuori intrecciati ***
Capitolo 3: *** Passato perduto ***
Capitolo 4: *** Ombre sotto la sua grande ombra ***
Capitolo 5: *** Qualcosa si muove ad est ***
Capitolo 6: *** La terra nera ***
Capitolo 7: *** Le tombe dei Nove ***
Capitolo 8: *** La stella del Vespro ***
Capitolo 9: *** Colei che vola nel buio ***
Capitolo 10: *** In trappola ***
Capitolo 11: *** Ottenere ciò che brami ***
Capitolo 12: *** Fuga su ali d'argento ***
Capitolo 13: *** I am fire ***



Capitolo 1
*** Prologo-Sicut dies sine lux ***


Trama:
 
Sono passati quasi tre anni dalla liberazione della Montagna Solitaria dal drago Smaug e i popoli della Terra di Mezzo sono in pace, ma a Gol Undur un'antica forza è risorta e nelle terre di Mordor Sauron si risolleva pronto a scatenare i suoi domini.
Forze oscure sono pronte, la caccia all'Unico anello nuovamente iniziata dopo anni di silenzio e all'inizio di una nuova era due cuori  coraggiosi dovranno lottare per il loro amore, decidendo con le loro azioni il destino di una guerra apocalittica, pronta a scoppiare là dove le terre libere sono fragili e pronte a crollare.
Come ebbe inizio la grande rinascita di Mordor prima degli eventi raccontati ne "Il signore degli anelli."
 
 
 
Prologo
 
Sicut dies sine lux
 
Buon giorno lettori, se siete questa pagina vuol dire che avete voglia di leggere questa piccola storia quindi sarò veloce a dirvi qualche breve notizia.
La fic gira attorno all’inizio del’era di Sauron dopo le vicende di “Lo Hobbit”, più o meno quando comincia a rinascere Mordor e i protagonisti sono Tauriel e Kili ormai felici assieme.
La storia è pura invenzione perché come ben sapete su “Il signore degli anelli” non esistono loro due e i motivi possono essere molti tipo:
1: sono stati creati dopo la trilogia quindi dopo non si sa niente di loro.
2: Peter ha in mente di far vedere dove vanno a finire sull’ultimo film di Lo Hobbit(chissenefrega io scrivo lo stesso)
3: muoiono(=O)
Sulla base di queste farneticazioni io vi avverto che la storia avrà due finali: uno alla “felici e contenti”con possibile seguito in un’altra fic e l’altro negativo alla Fraviaggiaincubi bastarda che sono. Ognuno potrà scegliere se leggerli tutti e due, leggere solo quello bello o solo quello negativo, non leggerlo e sputarmi(virtualmente) in un’occhio, a voi la scelta=)
Buona lettura!!!
 
 
 
 
   “Il tuo signore Sauron ti comanda di agire come ordinato”. La voce rimbombò nella mente del Nazgul e il drago ruggì sotto al suo cavaliere, bramoso di sangue. Le immense membrane delle ali si piegarono come pergamena bagnata contro le guglie erose dal calore dell’immenso occhio avvolto dalle fiamme di fronte a lui. La pupilla verticale nera come la notte si allargò puntando lo sguardo sul servo accovacciato sul dorso irto di punte spinate della bestia e dal buco del cappuccio proruppe un sibilo acuto mentre il Nazgul si inchinava all’immenso occhio prima di costringere il drago a spalancare le ali.
La creatura ruggì mostrando una chiostra di zanne lunghe come coltelli e si lanciò in aria con una spinta delle immense zampe posteriori, tracciando profondi solchi sulla pietra. Le squame nere luccicarono alla luce del fuoco e il drago aprì le ali cosparse di vene pulsanti, traslucide e fiere, lanciandosi verso il terreno con una picchiata vertiginosa.
Il fumo eruttato da un vulcano poco lontano e la polvere che si alzava dal suolo malefico di Mordor, la terra nera, circondarono in spirali velenose le due figure, ma il Nazgul non temeva di certo quelle esalazioni come nessuno dei servi di quelle terre. Lasciò che il drago atterrasse  sul terreno privo di vita e un orco si fece vicino con il suo passo zoppicante.
 “Mio signore.”ruggì con la sua voce simile al grattare delle unghie dei prigionieri durante le torture. “Cosa comanda il grande Occhio?”domandò chiamando Sauron, l’Oscuro signore di quelle terre, con il patetico nome di cui aveva preso forma il suo spirito.
Il Nazgul non rispose subito, prendendosi il tempo di guardare l’orchetto, un comune soldato dell’esercito del potente re di Mordor. Aveva la pelle grigia ed era vestito con pelli intrecciate alle ossa dei suoi nemici abbattuti in battaglia. “Non sono certo cose che interessano a voi, sono ordini per lo Stregone dei Nazgul.” rispose cercando con lo sguardo quello del suo drago. L’essere ruggì sfiorandogli la mano avvolta da un guanto di metallo con il muso affilato e ad un cenno del suo padrone fece scattare i denti affondandogli nella gola dell’orchetto. L’essere emise un lamento strozzato spalancando la bocca piena di denti giallastri e crollò a terra in una densa pozza di sangue nero e viscere.
Il Nazgul sorrise accarezzando le squame tiepide del collo del drago quando una voce gelida come una lama sul collo lo fece scattare alle sue spalle: “Dimmi cosa ti ha detto Sauron il grande.”
Il Nazgul si voltò inchinandosi di fronte all’avanzare di un altro cavaliere in groppa ad un drago, ma al contrario di lui emanava un’aura di autorità e potere che faceva girare molti orchi con occhi intimoriti. Il manto che lo avvolgeva era di pura seta e di un nero così intenso che pareva intessuto con l’oscurità stessa. Sul capo avvolto dal cappuccio un’immensa maschera di ferro esaltava ancora di più la fessura dove avrebbe dovuto trovarsi il volto dello spettro, ma i Nazgul non avevano un corpo e i mantelli servivano solo a  dare una forma alle anime dei grandi re che un tempo Sauron aveva irretito e consumato con nove anelli, trasformandoli nei crudeli servi che erano ora.
“Stregone di Angmar.” sussurrò il Nazgul chinandosi di fronte all’avanzare del capo dei Nove, ma il cavaliere non gli badò scendendo con un balzo dal drago. “Dimmi cosa.” sibilò di nuovo quella voce gelida e il servitore rabbrividì. “Sauron dice che dobbiamo trovare un elfo e un nano.” riferì con voce carica di umiltà e lo stregone sorrise facendo crepitare l’aura di magia nera attorno al suo corpo. I Nazgul erano i servi più amati di Sauron e il capo degli spettri lo era ancora di più. Non solo era spietato, crudele e potente, ma era anche dedito alla magia oscura e si diceva che nessun uomo potesse ucciderlo quanto niente potesse distrarlo dalla sua devozione all’Oscuro signore.
“Interessante...e dimmi hanno un nome questi due sciocchi? E soprattutto li vuole vivi? A pezzi? Morti?”domandò lo stregone facendo scorrere pigramente lo sguardo sulla distesa di Mordor fino agli immensi cancelli neri, sigillati e silenziosi come sentinelle.
La voce del Nazgul gli giunse alle spalle. “Vivi e hanno un nome signore.”
“Quale?”chiese con voce carica di impazienza lo stregone. Sentiva la rabbia crescere per la lentezza del servo e la mano guantata corse alla spada posta al fianco. “Sciogliti quella lingua o lo farò io.”minacciò con un ringhio e finalmente la risposta arrivò: “Tauriel e Kili.”disse il Nazgul producendosi in un inchino, ma lo stregone aveva smesso di avvertire la sua presenza. La sua mente si era bloccata al suono del primo nome e la forza delle visioni che scatenò in lui era più potente di qualunque sussurro nella lingua di Mordor.
“Tauriel...sei sicuro?”. Si voltò verso il Nazgul e la lama brillò nella sua mano quando la sguainò, lasciando che pulsasse alla luce dei fuochi di Mordor. “Prepara i Nove, partiamo subito.” abbaiò e l’ira e l’urgenza nella sua voce fecero scattare il Nazgul sul drago per eseguire il comando.
Rimasto solo lo stregone passò una mano sul dorso dell’immenso destriero alato scatenandogli un basso rumore di gola, ma la sua mente era lontana e solo il sussurro di Sauron sembrava ancorarlo ancora al suolo nero di Mordor.
 
Wow salve, sappiate che se siete arrivati qui vuol dire che siete decisi a leggere questa fic(lo spero almeno).
Che ne dite del mio prologo?Siete curiosi, delusi o beatamente decisi a sapere come si svolge sta fiction? Se volete farmelo sapere recensite pure, sennò spero che vorrete continuare a leggere questa storia, vi assicuro che farò in modo che sia...seria tanto da farvi perdere il vostro tempo. L’intenzione è quella=)
Direi che per adesso ho detto tutto all’inizio quindi per ora vi saluto e ringrazio=D
Fraviaggiaincubi
 
P.S se siete interessati questa fic fa parte assieme a delle OS di una raccolta chiamata “Racconti perduti della Terra di Mezzo”, ancora in corso. Dovreste trovare il titolo della raccolta in alto dove ci sono le informazioni della fic tra cui rating, contenuti etcc per poter accedere a tutte le One-shot che ho scritto finora.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Due cuori intrecciati ***


Capitolo 1
 
Due cuori intrecciati
 
Salveee, breve ringraziamento ai lettori che sono arrivati qui e una nota su questo capitolo. La storia raccontata è pienamente inventata, quello che leggerete Tolkien non l’ha mai detto e molte cose saranno inventate veramente di sana pianta, ma dopotutto io lo faccio solo per divertirmi, quindi puristi del “Signore degli Anelli”, non odiatemi, è solo una storiaXD
Buona lettura!
 
 
“Kili, guarda cosa ho trovato!”
La voce riecheggiò nella foresta acuta e cristallina mentre un’elfa sbucava agile come una cerva dal folto degli alberi correndo verso una piccola casa in mezzo ad una radura verdeggiante. Il sole la rincorse ammirato sfiorandole con i raggi estivi la lunga chioma di un rosso scuro come le foglie delle querce in autunno e l’elfa sorrise alzando il viso verso il luminoso disco dorato, le dita bianche come porcellana strette ad un soffice ciuffo di erbe costellate di minuscoli fiori viola.
Un nano stava seduto all’entrata della casa. Il viso giovane e affilato si tese in un sorriso mentre si alzava avanzando con andatura sicura verso la giovane. “E’Athelas, la foglia di re.”rispose sfiorando il fianco snello dell’elfa per attirare la sua attenzione. “E’ un bene che cresca qui vicino, vuol dire che è un luogo puro e sicuro”. Si voltò verso l’immensa foresta che circondava la piccola radura con la casa e aggiunse: “Figurati se qualcuno qui ci disturba.”
Tauriel rise e sfiorò i lunghi capelli del nano incrociando i suoi occhi nocciola. Si sedette distendendo la lunga gonna verde e lasciò che il compagno le sfiorasse uno zigomo sedendosi accanto a lei. “E’ quello che volevamo, un anno solo per noi lontano da tutti i popoli della Terra di Mezzo. Solo io, te e la foresta.”
Kili inarcò un sopraciglio e si avvicinò alle labbra di lei sfiorandole delicatamente come i raggi del sole la radura. Tauriel chiuse gli occhi trattenendo il respiro e ascoltò solo il tocco dei loro corpi, il respiro del giovane che gli sfiorava le guance e le sue mani che l’afferravano per la vita per aumentare il contatto dei loro corpi, cosparsi di elettricità che potevano avvertire anche attraverso i vestiti.
Il loro amore era nato piano, schiudendosi come un fiore durante il viaggio per la conquista della Montagna Solitaria da parte dell’erede Thorin Scudodiquercia, lo zio di Kili, ormai due anni fa. A quel tempo Tauriel era il capo delle guardie degli elfi del reame di Tharandil, il padre dell’elfo Legolas e durante la cattura dei nani aveva conosciuto Kili. Era stata una profonda attrazione che entrambi avevano celato a farli avvicinare, intrecciando i loro cuori in un unico destino che alla fine era esploso dopo l’uccisone di Smaug, il drago che aveva posseduto la montagna. Era stato allora che Tauriel aveva capito che amava quel giovane nano a cui aveva salvato la vita disubbidendo al suo re e al viaggio di ritorno dalla montagna, Kili aveva abbandonato i suoi fratelli e quel luogo che amava seguendola. All’inizio Tauriel aveva rifiutato, ma il suo cuore ribelle aveva già deciso dalla prima volta che lo aveva visto e congedatasi dal re elfico era partita alla ricerca di quel luogo che ormai considerava appartenere solo a lei e a Kili, perso nel bosco tra le Lande del Nord e lontano da tutti, come il loro amore, considerato strano e impossibile come quello sorto tra Aragon l’erede di Gondor e Arwen, la figlia del re elfo di Gran Burrone.
Tauriel sfiorò le labbra di Kili una seconda volta e stavolta la scarica le mandò dolci brividi in tutto il corpo. Sentiva che anelava al suo tocco come gli alberi il corso di un fiume e cercando le mani di Kili lo guidò verso la sua schiena intensificando il dolce contatto delle loro labbra. Il nano intrecciò le sue dita tra i capelli che le sfioravano la vita e staccandosi dolcemente da lei le appoggiò la testa sulla spalla. Tauriel fece lo stesso stringendosi a lui come se avesse paura che se ne andasse. Il battito del suo cuore le giungeva come un’antica melodia al suo udito fine e una lacrima le solcò la pelle nivea, intuendo che quello era il suono che più amava al mondo e che mai avrebbe potuto sostituire con nessun altro.
“Kili? Cosa ami di me?” chiese all’improvviso e il battito accelerò mentre il nano sospirava cercando le parole che già il suo cuore sussurrava all’elfa.
“Adoro il tuo sguardo. Quando cammini esso guarda davanti a te, ma se ti soffermi bene ad osservarlo vedrai che vede oltre quello che gli altri guardano, come se potesse sfiorare la luce del futuro o afferrare ciò che gli altri non vedono. Amo i tuoi capelli che hanno il colore del rame quando lo estrai dalla pietra che lo abbraccia nel cuore della terra, il tuo passo che sfiora il terreno, il tuo sorriso quando mi vedi, come se fossi...”
“Cosa?”.Tauriel si staccò incrociando gli occhi scuri di Kili e lo implorò di continuare. Una nuova lacrima le scese sulla guancia e il dito del nano la catturò, facendola brillare sotto i raggi come un diamante. Kili la lasciò cadere sui fili di erba del terreno e finalmente i suoi occhi tornarono a incrociare quegli dell’elfa, di un tenero marrone come la terra dopo la pioggia. Affondò in quelle iridi e un sorriso affiorò sulle sue labbra come le sue parole: “Come se fossi colui che hai aspettato per tutta la vita.”disse semplicemente e il cuore di Tauriel cantò unendosi nella danza impazzita intonata da quello di Kili, intrecciati nel sentimento dell’amore, capace di attraversare il tempo e congiungere anche due creature che nulla avevano in comune se non quello di essersi trovate nella lunga corsa della vita.
L’elfa sorrise commossa. “E’ quello che provo. Ti ho aspettato a lungo cercandoti dove non c’eri, guardandoti negli occhi di altri che non erano te e solo quando ti ho trovato ho capito che sei tu che quel giorno di due anni fa mi hai preso il cuore”. Si portò la mano del nano al petto e il cuore sussultò sotto le sue dita. “E’ tuo fino all’ultimo respiro del mio corpo, fino all’ultimo battito che farà e fino a quando avrò vita.”
Kili la guardò commosso e con voce rotta dall’emozione bisbigliò con voce poco più alta del frusciare dell’erba: “Anche per me è lo stesso Tauriel e sappi che se morirai ti cercherò ai confini dell’aldilà per unire la mia anima alla tua.”
L’elfa abbassò il capo asciugandosi le lacrime. Aveva trovato ciò che per tutta la sua esistenza aveva inseguito ed esitanti due semplici parole affiorarono nella sua mente, timide come lo scorrere della vita nella foresta attorno a loro. Sollevando il capo schiuse le labbra pronta a pronunciarle, ma prima che potessero essere catturate dal vento e trasportate a Kili, uno scalpitare di zoccoli giunse alle sue spalle. Allarmata l’elfa si voltò mentre il pallore si allargava sul viso dalla pelle già chiara alla vista dell’avanzare di nove figure vestite di nero, trasportate da un vento di morte e da sussurri in una lingua dimenticata.
“No.”bisbigliò Tauriel. 
 
Note dell’autrice: le Lande desolate si trovano sulla cartina de “Il signore degli anelli” e sono l’ex reame degli stregoni di Angmar(come vedrete nel prox cap non ho scelto a caso quel posto per fare il nido di amore di Kili e Tauriel, ma non vi rovino niente)
Seconda nota: non so quanti anni passano prima che Sauron dichiari di  nuovo guerra e torni a Mordor, ma siccome è tutto inventato ho messo due anni, mi pareva un tempo equo per costruire un impero.
Con questo spero che sia tutto chiaro, siamo solo agli inizi c’è tempo per le sottigliezze e spero che questo capitolo vi sia piaciuto, non è troppo mieloso, ma dai abbiamo tempo per i due piccioncini<3
Se avete dubbi scrivete e se volete anche recensire molto apprezzato=)
Fraviaggiaincubi
 
 

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Capitolo 3
*** Passato perduto ***


Capitolo 2
 
Passato perduto
 
Ho solo una cosa da dire miei lettori/lettrici, anche silenziosi, che fino a qui siete dunque giunti.
Intanto grazie, soprattutto se avete lasciato recensioni di ogni tipo, ma anche di prepararsi, leccatevi i baffi(magari voi maschi) e mettetevi comode, sto per stravolgere il Signore degli anelli con una rivisitazione che spero Tolkien non si rigiri nella tomba. Ah ah non lo faccio se non a scopo di divertimento, ma comunque avverto per chi voglia sapere, la storia originale(almeno una parte) verrà stravolta per diventare la mia fic, io vi ho avvertito;)
Buona lettura!
 
 
“No.” bisbigliò Tauriel mentre osservava pallida le figure avanzare entrando nella verdeggiante radura. Sembrava che la loro presenza la inquinasse turbando la dolcezza dei momenti che fino a poco prima erano avvenuti, come acqua che si infiltrava dentro ad un frutto marcendone il cuore all’interno allo stesso modo i nove cavalieri neri distruggevano il luogo segreto racchiuso dentro quella foresta.
Il primo ad avanzare emanava un tale potere che Tauriel sentiva la magia oscura sussurrare dentro di lei, come a scavarsi una strada verso il suo essere più segreto e inviolato, quello che voleva dire due semplici parole a Kili capaci di mostrare il suo amore, quello che affondava nel suo sguardo e che lo cercava la notte nel letto per sentire il suo calore, quella parte dolce e vulnerabile di lei come la brina sulle foglie ora lottava per fuggire a quel male e Tauriel si accorse di non avere la forza di lottare. La magia di quella presenza le distruggeva ogni ribellione e l’elfa si premette le mani sulle orecchie appuntite appena il sussurro dell’essere la raggiunse come una frustrata.
“Siete voi Tauriel e Kili?” domandò il cavaliere in testa al gruppo e la sua voce uscì dal buco nero posto sotto la maschera di ferro sul capo, tagliente come la lama di una spada e oscuro come la notte più nera.
Kili lo guardò con astio e sfida stringendo Tauriel a sé. Per la prima volta da quando la conosceva, l’elfa non lottava. Si limitò a stringersi a lui tremando e la sua voce flebile giunse al suo orecchio: “Io lo conosco.”
“Cosa?”. Il nano la fissò cercando il suo sguardo e lei ricambiò con terrore, un sentimento che mai aveva letto in lei. “Tauriel chi è lui?”le domandò, ma non fu lei a rispondere.
“Forse dovresti chiederlo a me Kili il nano. Dopotutto è di me che parli.”sibilò infastidito il cavaliere e anche se non aveva viso al nano crebbe la sensazione che stesse ridendo. Non poteva sapere quando lo avrebbe fatto e nel momento che la voce parlò di nuovo al posto della lingua corrente ne uscì uno strano suono sibilante, come il fuoco nella carne o il lento penetrare di una lama nel petto e Kili urlò portandosi le mani alle orecchie. Quella strana lingua gli bruciava la mente come se qualcosa scavasse nella sua testa e solo quando smise di pensare a quelle parole incomprensibili il dolore scemò lasciandogli solo il sudore che scivolava sulla fronte appiccicandogli i capelli neri alle tempie. Tauriel accanto a lui gemeva piano sussurrando nella sua lingua elfica e Kili si accorse dell’intenso bruciore alla lingua, come se non bevesse da giorni.
“Che cosa ci hai fatto?” domandò con voce impastata tentando debolmente di alzarsi e il cavaliere rise, una risata fredda e senza gioia. “La lingua di Mordor ti turba giovane nano? Che peccato, dove andiamo è il mezzo di comunicazione più diffuso”. Si sporse dall’immenso destriero nero accarezzandogli con una mano coperta di scaglie di metallo il muso scavato e scese a terra in un frusciare di stoffa. Kili osservò i giochi di luce riflessi sul tessuto, liquido come acqua e lucido come seta. Sembrava quasi magnetico e si perse in esso mentre il cavaliere avanzava.
Giunto di fronte al nano lo stregone di Angmar lo afferrò per il collo stringendo la presa e lo sollevò da terra come se non pesasse nulla. In confronto a Kili era alto il doppio e il potere che scorreva in lui avrebbe piegato il suo corpo come un ramo spezzato, ma la presa sul collo non si strinse troppo e di nuovo la lingua nera scivolò fuori dal cappuccio accompagnando in una danza le grida di Kili.
“Come sei patetico.”lo derise il Nazgul e stavolta anche gli otto cavalieri neri alle sue spalle risero divertiti comunicando tra loro nella lingua nera. Uno di loro avanzò frenando il destriero ed estrasse una lama scura pulsante di magia oscura. “Sauron ha detto di portarli vivi, ma non necessariamente interi mio signore.”disse con voce carica di desiderio e lo stregone afferrò la lama puntandola al petto del nano, dove il cuore scorreva sotto la carne. “Sauron sa bene come farmi deliziare.”fu il suo unico commento e a quelle parole Kili tentò di divincolarsi, ma la presa era ferrea e le placche taglienti gli ferirono la carne, lasciando scivolare il sangue sul braccio del Nazgul.
Lo stregone puntò la lama al petto sfiorandolo con delicatezza. “Fammi ascoltare il tuo dolore nano. Manca all’appello della mia collezione di vittime uno della tua razza, sarà divertente farti desiderare di essere morto.”sibilò maligno, ma prima che la lama affondasse qualcosa scattò agile come un felino colpendolo al braccio e con uno stridio lo stregone mollò la presa furioso.
Kili cadde a terra mentre Tauriel si poneva di fronte a lui. Gli occhi castani brillavano di furia e il corpo esile era teso e fremente, pronto all’attacco.
“Toccalo un’altra volta e desidererai tornare dal tuo padrone strisciando sul ventre.”minacciò con voce vibrante di collera.
“Tauriel”. L’elfa si voltò verso la voce di Kili e all’istante le fiamme nei suoi occhi diventarono limpide polle di amore e preoccupazione. “Kili.”rispose chinandosi su di lui, ma il nano avvertiva che era ancora all’erta contro eventuali attacchi. “Sei ferito.”bisbigliò l’elfa sfiorando il sangue sul collo del nano, ma Kili scosse la testa alzandosi. “Dobbiamo scappare, non sei nemmeno armata e lui...lui...avverto un forte potere oscuro in lui.”la pregò e Tauriel si morse il labbro, ma prima che potesse parlare una mano gelida l’afferrò congelandole il braccio in una morsa. Tauriel avvertì il potere dello stregone avvolgerla e tentò disperata di afferrare la mano del nano, ma ogni cosa si scioglieva sotto il suo tocco come fango nella pioggia. La radura svanì davanti a lei e il viso di Kili sfumò assieme ad ogni rumore mentre la sua mente veniva trasportata indietro, in un passato che a lungo era stato perduto.
 
Una piccola elfa piangeva disperata, le mani minuscole aggrappate al braccio senza vita di una donna. Una pozza di sangue si allargava sotto di lei impregnando una chioma dello stesso intenso rosso, come tentacoli che si scioglievano portandosi via la vita che un tempo aveva animato il pallido viso dagli occhi sbarrati riverso a terra.
“Mamma, ti prego alzati arrivano. Dobbiamo andare.”singhiozzò la piccola elfa scuotendo il corpo senza vita. Si aggrappò al petto, ma con uno strillo dovette di nuovo allontanarsi, la piccola mano completamente zuppa di sangue là dove l’aveva posata sull’immenso squarcio di una lama, il biancheggiare delle ossa in rilievo.
“Mamma...”. La bimba si alzò tremante voltandosi con uno scatto. Una figura nera avanzava verso di lei portandosi dietro un corpo senza vita. Terrorizzata l’elfa attese che la sovrastasse incapace di muoversi e quando ormai stava per travolgerla la figura gettò a terra il corpo. Una testa rotolò trattenuta da una vena bluastra al collo decapitato e il viso pallido si fermò rivolto versò la piccola mentre dalla bocca sfregiata da segni sanguinanti di denti una voce usciva in un lieve ansimare: Tauriel, è colpa tua se siamo morti, Tauriel.”
“Papà.”pianse la bimba terrorizzata, le lacrime che scivolavano sulle guance. “Papà ho paura.”pregò, ma nessun rispose al suo appello.
“Ci hai uccisi, ha strappato la nostra vita ed è colpa tua.”intonò un’altra voce e l’elfa stesa a terra girò di scatto la testa, gli occhi privi di vita. “Maledetta, vorrei non fossi mai nata.”
La bimba scoppiò in singhiozzi, il corpo scosso dal pianto. “No mamma, ti...ti prego.”
“Mi hai ucciso te!”urlò il cadavere più forte e un fiotto di sangue uscì dalle labbra esangui. “Il tuo sangue urla malefici dalle tue vene.”
“Ucciso...”urlò la testa dell’uomo tentando di afferrare con la bocca sfregiata la caviglia della bimba, che si spostò urlando terrorizzata mentre la figura nera davanti a lei scoppiava a ridere.
“Non dovevi nascere.”
“Figlia di uno stregone e di un elfa.”
“Sangue malvagio...”
“Corrotta e impura. Assassina!”
“Maledetta...”
 
“No, basta!”
Tauriel gridò e la visione si interruppe. Sentì la mano dello stregone lasciarla e cadde a terra accorgendosi di avere il viso inondato di lacrime. Non aveva mai visto quei ricordi e nemmeno rammentava il suo passato prima che re Tharandil l’accogliesse e l’allevasse. Per anni le avevano detto che l’avevano trovata nel bosco, sola e senza nome e da lì l’avevano chiamata Tauriel, figlia del bosco, crescendola come un’elfa del Reame Frondoso, ma qualcosa le sussurrava che quelle visioni che quell’essere le aveva mostrato erano vere perché la figura che rideva davanti ai suoi genitori uccisi era lui. Anche dietro le palpebre poteva vedere la luce della luna che si rifletteva sulla maschera di ferro sul capo.
Lo stregone di Angmar. Ecco perché conosco questo nome.
Tauriel capì perché la sua vista aveva acceso il suo terrore. Era nel suo passato, nel suo passato perduto e ora che aveva portato alla luce gli orrori dimenticati il Nazgul la osservava dall’alto divertito, lo avvertiva dalla posa vittoriosa del suo portamento.
Offuscata dalle lacrime Tauriel avvertì la presa forte di Kili e si abbandonò contro di lui piangendo. “Ho ucciso i miei genitori Kili.”pianse, aspirando il profumo del suo corpo che fino a quel momento le aveva dato conforto. “Il mio passato, l’ho visto.”
Kili la fissò sgomento stringendola disperato prima di percorrere con lo sguardo quella figura vestita di nero e potere oscuro ritta di fronte a lui. Antichi racconti parlavano di Mordor e di stregoni e forze antiche che un tempo avevano dominato quelle terre, ma mai Kili avrebbe pensato di incontrarli.
Da dove vengono e cosa vogliono da noi.
“Che cosa volete?”gridò furioso odiando quell’oscurità senza volto che ricambiava il suo sguardo. “Rispondete!”incalzò con rabbia avvolgendo Tauriel per proteggerla. Avvertiva che il Nazgul l’osservava con avidità e lo odiò ancora di più.
Lo stregone di Angmar finalmente parlò e la sua voce gelida colpì Kili come se lo avesse fatto fisicamente: “Sauron, il mio signore desidera l’elfa Tauriel. Essa è figlia di uno stregone della mia antica stirpe estinta e di un’elfa e il suo sangue racchiude il potere che cerchiamo per creare un’armata perfetta che distruggerà ogni popolo della Terra di Mezzo.”
Kili spalancò gli occhi mentre l’orrore e il terrore avvolgeva il suo corpo, paralizzandolo come un veleno. “Sauron? Ma lui non esiste da secoli, è stato distrutto, lo dicono i grandi scritti!”gridò, ma il Nazgul lo ignorò voltandosi in un elegante fruscio del mantello. “I grandi scritti stanno per cambiare e lei è la chiave.”rispose annoiato con voce monocorde indicando l’elfa tra le sue braccia. Si rivolse al suo silenzioso seguito: “Catturateli.”
I Nazgul obbedirono avanzando, ma Kili si pose di fronte a Tauriel. “Non vi lascerò prenderla.”disse con sfida e la risata gelida dello stregone derise la sua patetica difesa mentre la sua voce fredda lo schiaffeggiava:“Tranquillo piccolo nano, vieni con noi anche tu. Ci serve una leva per far collaborare il tuo piccolo amore.” disse con cattiveria e una strana litania scivolò da sotto il suo cappuccio.
Kili sentì qualcosa stringerli i polmoni e disperato lottò per respirare, ma era come se annegasse lentamente. Ignorando il terrore che lo attanagliava facendo battere impazzito il suo cuore con un ultimo sforzo afferrò la mano gelida di Tauriel, immobile a terra, lo sguardo perso nel vuoto e la strinse mentre tutto diventava buio.
Perdonami...amore mio.
 
 
Wella, che record questo capitolo sarà un po’più lunghetto e sfornato oggi, incredibile!!!
Non adagiatevi comunque non posso sostenere sempre questi ritmi, dipende da molti fattori e ho un’altra fic in via di conclusione da aggiornare quindi dovrete aspettare(non troppo dai, sono veloce) il capitolo 3, curiosi?=B
Non vi deluderò vedrete, Mordor riserva sempre capitolo molto belli, quelle parti mi vengono sempre bene, ma non voglio vantarmi,lascerò a voi decidere e valutare e nel caso vogliate lasciare una recensione piccola piccola, - o +, ve ne sarò grata>.<
Ah, dimenticavo, se siete interessati ad una bella storia d’amore(tema principale il mare!) scritta veramente bene e molto bella ecco qui il link, se vi capita dateci un occhio è veramente scritta bene e avvincente. E’ in corso, ma la ragazza è veloce, ho letto altre fic molto belle scritte da lei.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2390814
Ancora grazie a chi legge questa fic<3, buonanotte^.^
Fraviaggiaincubi
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Ombre sotto la sua grande ombra ***


Capitolo 3
 
Ombre sotto la sua grande ombra
 
Aaaah, eccomi qui, puntuale come la morte. Vedo che hanno recensito due persone, meno maleeeee, almeno qualcuno se la fila questa storia, anche perché finora le mie precedenti fic sono tutte e due di film che non sono molto seguiti, pace e amore ragazzi/e, io le scrivo solo per puro piacere verso film come il Signore degli anelli.
Buona lettura!                         
 
 
Tauriel annegava lentamente in un dolce oblio. Ogni volta che sembrava emergere verso la realtà crudele che le era stata mostrata, una voce pronunciava parole gelide e dolorose come aghi di ghiaccio e lei scivolava di nuovo in quella dimensione calda e avvolgente in cui bene e male erano uniti e indistinti come la sua mente dal corpo.
Fu solo a quello che le parve il terzo giorno in quello stato che l’emersione alla realtà non venne interrotta e l’elfa aprì gli occhi sull’oscurità della notte. All’inizio confusa la sua mente le fece rivivere gli ultimi istanti e un sorriso le comparve sulle labbra al ricordo di Kili, il calore del suo abbraccio e le sue labbra così dolci che la facevano sentire amata, poi però i nove cavalieri emersero alla memoria e Tauriel si dibatté nella morsa del ricordo, dilaniata dalla visione e dalla voce gelida che le aveva trafitto il cuore con le sue parole. Tentò di chiudere gli occhi e annegare di nuovo nell’incoscienza, ma quella voce gelida non le dava pace e finalmente intuì che non era nella sua testa, ma accanto a lei, velenosa e mortifera come colui che la possedeva.
“Sveglia elfa, non vorrai morire di fame. Non ancora almeno.”
Tauriel sobbalzò e il suo corpo rispose all’istante, agile e forgiato da anni di combattimento e di dura tenacia della sua razza. Si mosse con uno scatto di reni alzandosi in posizione accucciata a terra e prima ancora che la sua chioma rossa fosse tornata a scivolare sulla schiena Tauriel aveva già mosso fulminea le mani per afferrare l’arco, ma le sue dita incontrarono solo il vuoto.
L’elfa si bloccò interdetta per un secondo prima di focalizzare la figura davanti a lui. Fu la sua posa rilassata e l’assenza di armi a farla desistere nell’attaccare, ma appena notò la maschera di ferro sul capo illuminata dei bagliori lattei del fragile spicchio di luna nel cielo il suo viso tornò a mostrare una posa aggressiva. Gli stregoni non avevano di certo bisogno di armi per attaccare; di solito si servivano di bastoni magici, ma colui che le stava di fronte avvolto dai tessuti più malsani delle tenebre non aveva bisogno se non della voce che fuoriusciva dal nero del cappuccio dove avrebbe dovuto trovarsi il viso.
Non abbassare la guardia Tauriel, si impose l’elfa, ma il terrore le faceva scorrere ad un ritmo forsennato l’adrenalina nelle vene. Togliendo il fatto che non era un normale nemico colui che aveva di fronte, ma l’incarnazione stessa dei più antichi e pericolosi poteri che esistessero sulla Terra di Mezzo, lo stregone era un nemico imprevedibile, astuto e crudele, ma non era quello che allertava Tauriel tendendo i suoi nervi come corde di violino: era la totale assenza di occhi in cui leggere l’anima dell’avversario. Anche il più spietato combattente poteva celare nello specchio dell’anima sentimenti o un lieve bagliore che tradisse ciò che provava, ma non i Nazgul. Per l’elfa era come combattere cieca, senza poter leggere le mosse dell’avversario, e questo era un vantaggio che il cavaliere nero sapeva bene di avere. Tauriel poteva giurare di sentire il suo sguardo studiarla, analizzare la posa del corpo, i muscoli frementi, le pupille dilatate con spietata precisione e cogliere i segnali che lei tentava di celare e che al contrario di lui, erano totalmente in bella vista.
L’elfa decise di tacere. Mille insulti e parole provocanti le pungevano la lingua con il loro affilato peso, ma sapeva bene che erano inutili. Lo stregone le avrebbe colte, ma non le avrebbe mostrato nulla per farle intuire che andavano a segno o lo lasciavano indifferente. Non avrebbe potuto capire come agire, attaccarlo, scatenarlo e renderlo imprudente per batterlo, ma al contrario l’avrebbero potuta tradire.
Parla tu....pensò con sfida, ma lo stregone emise un solo lungo respiro sibilante; una nota acuta e piatta che Tauriel analizzò avida in cerca di dati e la sensazione che le sue orecchie fini percepirono era di assoluta calma, come lo sbuffare rilassato dei cavalli. Lo stregone era assolutamente tranquillo di fronte la sua minaccia.
Tauriel decise di agire e lentamente assunse la stessa posa rilassata, gettando la sfida allo stregone di fronte a lei. In tutta risposta il Nazgul emise un secondo sibilo seguito da una risata che le penetrò sottopelle come tanti aghi gelati, ma si costrinse a rimanere appoggiata con tutto il peso ad una gamba, l’altra leggermente piegata, un’anca in fuori e le mani incrociate, ma gli occhi gli lasciò vigili, attenta ad ogni mossa di quell’avversario che le stava sfibrando i nervi con la sua imperscrutabilità.
Finalmente lo stregone decise di parlare: “Studiare l’avversario è una danza antica come il mondo giovane elfa. Ogni animale, cacciatore o preda sfida avversari della sua specie o nemici per prevalere su essi, ma ti devo rendere i miei omaggi Tauriel del Reame Frondoso, nessuno ha mai così superbamente sostenuto un avversario che non può vedere.”
Tauriel continuò a tacere. La voce dello stregone era calma come lo scorrere dei fiumi e gelida come il ghiaccio che chiudeva la sua morsa nell’inverno, ma l’elfa colse anche una punta di calda eccitazione. Sembrava che il Nazgul fosse entusiasta di avere a che fare con lei tanto da renderle omaggio e niente nella sua voce faceva intuire che fosse una trappola per irretirla.
“Estasiata.”si azzardò a rispondere cercando di rendere la sua voce gelida come quel sibilo. “Ma ora voglio sapere dov’è Kili”. Tentò di non tentennare pronunciando il nome dell’amato, ma il Nazgul fece scattare la testa come se avesse fiutato la sua preoccupazione. “Oooh, allora è proprio vero.”la derise avanzando di un passo e Tauriel tornò in posizione difensiva. “Cosa?” ruggì furibonda, anche se doveva apparire patetica senza armi contro colui che ne aveva anche troppe.
Il Nazgul non ci fece caso e si mosse alla sua destra con un dolce fruscio della veste, costringendo l’elfa a seguirlo con lo sguardo. “Ma è ovvio elfa, il tuo innaturale amore per uno della sua...razza.”scandì l’ultima parola con un disgusto così forte che Tauriel traballò sotto il suo peso, ma il suo sguardo rimase fermo. “E il tuo di amore allora?”domandò con altrettanto orrore e lo stregone emise un lungo sibilo che rivelò la sua furia per l’affronto. Tauriel sorrise dentro di sé.
La sua voce è l’unica cosa che rivela ciò che prova, devo sfruttarla.
“Dimmi a che amore ti riferisci, sempre che tu sia così poco saggia da credere che io provi amore”. Il Nazgul si voltò verso di lei e l’oscurità del cappuccio inghiottì lo sguardo di Tauriel mentre rispondeva: “Verso Sauron, di cui a quanto pare sai della sua rinascita da bravo servo fedele.”
Lo stregone sibilò poche parole nella lingua di Mordor e Tauriel cadde a terra in preda ad un forte dolore alla testa. Una lama incandescente sembrava premerle sugli occhi e lacrime tiepide le caddero sul volto mentre la voce del Nazgul le giungeva alla testa in elfico, distorcendo la purezza di quella lingua con un accento sibilante: “Noi siamo le sue ombre e viviamo in funzione di lui. Uccidiamo, catturiamo e onoriamo per la sua potenza che presto travolgerà queste terre e tutte le sue razze. Tu sei solo uno scarafaggio al suo cospetto e strisci come un verme sotto al mio potere. Il sangue che scorre nelle tue vene appartiene anche alla mia stirpe, ma a quanto vedo non ti rende abbastanza saggia contro il più potente di essa e quindi piccola elfa mi assicurerò personalmente che se non obbedirai o mi darai rogne a Mordor sputerai il tuo prezioso sangue goccia a goccia.”
Il dolore nella sua testa aumentò e una donna urlò. Tauriel si rese conto di essere lei quella donna, ma non riuscì a imporsi di smettere. Le sembrava che una mano munita di artigli le scavasse nella mente piegando la sua forza di guerriera e prima che potesse arrendersi alla sua volontà e implorare pietà essa cominciò a scemare seguita dalla voce affilata dello stregone: “Un’altra provocazione elfa e il tuo prezioso Kili sarà il primo a vomitare i polmoni ai miei piedi a forza di urlare. Non provocarmi, conosco molti modi per torturare un corpo senza spezzarlo.”
Tauriel boccheggiò quando la presa si allentò del tutto e scoccò un’occhiata allo stregone che lo sovrastava, inghiottendo la rabbia che le premeva all’altezza della gola come una bolla di veleno. Dietro di lui emersero gli otto Nazgul e sul destriero di uno di loro l’elfa vide Kili. Le lacrime minacciarono di uscire vedendo il suo viso pallido e gli occhi spenti, come se la sua mente fosse lontana e tentò inutilmente di chiamarlo, ma la gola era gonfia e arida come se non bevesse da giorni e l’unica cosa che le uscì fu un sospiro che cercava il suono del nome che tanto amava.
Lo stregone le lanciò un pezzo di pane prima di voltarsi. “Mangia, non credere che sarò così gentile da servirti tre pasti al giorno, non rientra nelle mie priorità nutrirti più di quello che serve per mantenerti viva.”
L’elfa lo fissò con astio. “Dallo anche a Kili o mi rifiuterò di mangiare.”
Lo stregone scoppiò a ridere. “Non ricattarmi o sarà lui a rimetterci.”la minacciò  e Tauriel digrignò i denti. “Morirà se non lo nutri.”insistette.
“Allora collabora, finora non l’hai fatto e ho dovuto sedarti durante il viaggio, ma è lunga fino a Mordor e la mia pazienza non lo è affatto”. Lo stregone sguainò la lama pulsante di magia oscura e l’appoggiò sulla gola di Kili. “Sarebbe un piacere sgozzarlo qui, quasi un appagamento pari a toccare per un istante l’Unico, solo per il dolore che ti darebbe.”
Tauriel lo fissò in preda al terrore, ma quando parlò la sua voce era sicura. “Mangerò e collaborerò, ma non toccarlo.” rispose. Afferrò il pane con dita tremanti e ne strappò un pezzo. Era molle e acido, ma si costrinse a buttarlo giù dalla gola dolorante fino all’ultimo pezzo.
Quando anche l’ultimo boccone venne inghiottito lo stregone annuì soddisfatto e rinfoderò la lama montando sul destriero. Le fece cenno di avvicinarsi e  Tauriel montò davanti a lui con un balzo.
“A Mordor.”ordinò quella voce gelida dietro di lei e Tauriel osservò Kili rimanere indietro su uno dei cavalli dei Nazgul mentre lei finiva in testa. La preoccupazione per il compagno le rodeva il cuore come un acido scavando un buco doloroso e sanguinante là dove la scoperta del suo passato si era già fatta strada verso il suo cuore a pezzi. Si costrinse a trattenere le lacrime che le occludevano la gola per non dare soddisfazione ai suoi aguzzini, ma dentro di lei le due semplici parole che non era riuscita a dire a Kili nella radura bruciavano come marchi roventi.
 
~~~
 
L’avanzata dei Nove sembrava instancabile. Accanto allo stregone Tauriel annegava in una strana sofferenza che sembrava salire a ondate dalle gambe e riempirle lo spazio tra lo sterno e i polmoni come se qualcosa tentasse di occupare quel piccolo spazio che le permetteva di respirare, costringendola a continui ispirazioni affannose. Fu solo quando cominciò a non riuscire a far entrare aria che il cavallo del Nazgul si fermò e Tauriel venne gettata a terra.
Il contatto con la terra umida la calmò all’istante mentre l’aria entrava avida dai polmoni e la sensazione di poco prima spariva, come se le avessero tolto un macigno dal petto. Affondò le dita nella terra grassa e scura sentendone l’odore forte di piante e vita che trasmetteva al suo popolo e il battito del suo cuore rallentò.
“Dobbiamo fare una pausa, l’aura che noi Nazgul emaniamo soffoca i prigionieri, non sono come le nostre cavalcature.”emerse dalla’alto la voce glaciale dello stregone e a quelle parole Tauriel balzò in piedi così in fretta che i Nazgul estrassero le spade sibilando sorpresi.
Ignorandoli Tauriel si avvicinò a Kili, gettato al suo stesso modo a terra. “Kili, dimmi qualcosa.”lo pregò dolcemente e il nano aprì gli occhi. Un debole sorriso comparve sul volto pallido. “Sei stupenda.”disse semplicemente con voce bassa e affaticata e l’elfa affondò il viso tra i suoi capelli. Le parole che voleva dirgli emersero di nuovo nella gola dolorante scatenandole una tachicardia e Tauriel appoggiò le labbra al suo orecchio, un soffio leggero come piuma: “Kili io ti...”
Ma le parole le morirono in gola mentre una presa ferrea la strappava all’amato. Si divincolò e con un calcio colpì il Nazgul gettandolo a terra. “Non toccarmi!”ordinò e il fuoco tornò a balenare nelle sue iridi. La terra venne travolta da un forte vento che piegò dolcemente l’erba ai suoi piedi, come se la terra si prostrasse alla forza dell’amore dell’elfa, eretta e fiera a difendere il suo amato, ma l’effetto non si mostrò anche sullo stregone in piedi di fronte a lei. Esso la fissava dall’alto della sua grandezza e ad un suo sussurro il vento cessò e l’erba ai suoi piedi incenerì agonizzando fino a lasciare un cerchio perfetto di terra fumante.
Il capo dei Nazgul sibilò in un suono derisorio e un nuovo sussurro ferì l’elfa con la lingua di Mordor. Nell’istante in cui il vento le lanciò contro quelle parole Kili a terra spalancò gli occhi, le pupille dilatate all’inverosimile. Si inarcò e un grido lacerante proruppe dalle sue labbra. Tauriel si voltò di scatto gettandosi su di lui, il panico che sostituiva la furia di poco prima.
“Kili, Kili guardami, cosa succede? Kili amore mio guardami!”lo implorò con voce rotta dall’ansia e dalla paura, ma il nano non l’ascoltò continuando a contorcersi a terra. Con uno scatto affondò le unghie nelle braccia di Tauriel scavando profondi solchi sanguinanti e gli occhi rotearono mostrandone il bianco mentre le grida raggiungevano il massimo volume e il corpo veniva scosso da tremiti incontrollabili che ne ricoprivano la pelle di sudore.
Tauriel sentì le unghie del compagno affondare nel suo braccio e il sangue scendere copioso, ma lo ignorò fissando Kili inarcarsi al massimo all’indietro. Si gettò su di lui per farlo smettere, ma la forza del nano sembrava triplicata da quel dolore che scavava nel suo volto una sofferenza terribile. Con uno scatto liberò un braccio colpendola al viso e gettò la testa all’indietro gridando, le vene del collo tese allo spasimo.
“Fallo smettere, ti prego.”gridò Tauriel in lacrime. Ignorando il dolore alle braccia e al viso si gettò contro lo stregone, ma due Nazgul le bloccarono la strada. L’elfa agì d’istinto e con un balzò roteò in aria colpendoli da dietro con una gomitata prima di buttarsi contro lo stregone. I suoi occhi brillarono di furia mentre si scagliava di peso contro quella figura immobile, ma sbatte contro una barriera e cadde a terra con violenza. Di nuovo tentò, ma una forza la respingeva e ad ogni tentativo Kili gemeva e urlava sempre più forte dibattendosi a terra. Tauriel tempestò di pugni la parete invisibile gridando con forza, ma era inutile. Stremata si accasciò contro essa sentendo le lacrime scorrere e con un ultimo grido tornò verso Kili, ma appena tentò di toccarlo il braccio del compagno venne afferrato da una forza invisibile e storto in modo innaturale. Lo schiocco dell’osso spezzato colpì Tauriel facendola barcollare e l’elfa urlò gettandosi a terra. “Kili!”urlò in lacrime senza osare toccarlo e finalmente il nano si accasciò a terra immobile. Tauriel continuò a piangere silenziosamente, la testa percorsa dalle grida del suo amato e la risata agghiacciante dello stregone risuonò nell’aria. “Non c’è niente di meglio che le grida di due creature per risvegliare la mia sete di sangue”. Indicò con disprezzo i due a terra e i Nazgul si voltarono verso di lui in un unico, silenzioso movimento. “Un’elfa che si dispera e un nano che viene torturato dai miei poteri, non so quale dei due mi desse più soddisfazione.”aggiunse con voce compiaciuta e Tauriel si voltò fissandolo, l’ira negli occhi accesa di mille promesse di vendetta. Lo stregone parve accorgersene e si bloccò a studiarla con interesse. “I tuoi occhi sono capaci di mostrare un tale odio elfa che pochi delle mie armate possono vantare. Se potessi leggere la tua mente...sono sicuro che troverei una degna serva per Mordor.”sibilò con palese compiacimento. “Potresti pensarci ad entrare al servizio di Sauron. La tua abilità e la tua ferocia potrebbero servire bene il mio signore.”aggiunse con una punta di subdola seduzione.
Tauriel intensificò l’odio nei suoi occhi, duri come la roccia e velenosi come punture di vipera. “Fottiti stregone, per conto mio puoi...”
“Tauriel”. L’elfa si bloccò sentendo la voce di Kili, come un fluido benefico nella sua mente che scacciava via ogni traccia di odio e voltandosi accorse accanto al nano accarezzandogli la fronte con dolcezza. Il cuore le faceva male dalla forza del suo battito accelerato e l’amore e la disperazione per Kili la lacerava. “Amore mio.”lo chiamò e quegli occhi che amava si aprirono incatenandola come il più potente degli incantesimi. Tauriel si perse a cogliere ogni singola sfumatura di quelle iridi scure che amava e la paura di vederle perdere la luce della vita la ghermì costringendola ad afferrare quello sguardo, implorandolo di non distogliersi da lei. “Ti amo.”disse semplicemente e quelle due parole finalmente spiccarono il volo dalle sue labbra. Ogni cosa scomparve e per Tauriel ci fu solo il compagno e il battito scoordinato del suo cuore.
Kili sorrise e con la mano sana le passò due dita sulla guancia. “Ti amo anche io Tauriel, quindi ti prego non istigare quella creatura. Se ti facesse del male morirei e lo pregherei io stesso di uccidermi pur di porre fine alle tue sofferenze.”
“Non dirlo mai.”rispose con foga lei. Il suo udito fine colse i passi dei Nazgul avvicinarsi e svelta appoggiò le labbra su quelle del nano, rubando a quel momento un bacio da portare con sé. “Troverò il modo di scappare, lo giuro.”bisbigliò come una promessa e prima che gli spettri potessero staccarla da Kili si alzò fulminea lei stessa allontanandosi. Con passo deciso si avvicinò allo stregone e fissandolo con astio montò sulla cavalcatura in attesa. Si impose di rimanere a fissare eretta davanti a sé nonostante bramasse voltarsi verso Kili e quando lo stregone le montò alle spalle strinse i denti concentrandosi sul sapore di Kili, intrappolato sulle sue labbra assieme a quel bacio ribelle che aveva rubato alla crudeltà dello Stregone di Angmar.
Il cavallo sotto di lei si mosse irrequieto fissandola con gli occhi rossi e sbuffò soddisfatto appena il padrone lo costrinse ad una corsa impazzita. Da parte sua la bestia non sembrava soffrire il contatto con il Nazgul o lo sforzo fisico e mentre Tauriel tornava ad annegare nel malessere prodotto dall’aura degli spettri, la terra sotto di loro venne divorata dalle instancabili cavalcature e in poco tempo l’erba lasciò il posto a boschi intricati e infine a terra nera e polverosa.
L’elfa riemerse dallo stato di torpore in cui versava nel momento in cui il guanto freddo dello stregone le sfiorò la guancia. Trasalendo alzò lo sguardo e il suo sguardo si arrampicò su un immenso cancello nero irto di punte e minaccia. Era gigantesco, quasi impossibile credere fosse stato creato da esseri esistenti sulla terra e non da dei. In confronto a lui erano come formiche al suo cospetto e Tauriel indovinò che doveva essere quella la sensazione che voleva incutere l’ingresso della terra nera.
Lo stregone fece fermare la cavalcatura seguito dai Nazgul e Tauriel approfittò per osservare Kili. Sembrava stare meglio anche se il braccio era gonfio e il viso pallido; le sorrise debolmente e Tauriel ricambiò voltandosi di nuovo.
Una voce emerse dall’alto, simile al gracidare di una rana velenosa: “Chi chiede di varcare il cancello nero?”
“Lo Stregone di Angmar, apri pezzo di idiota!”rispose il capo dei Nazgul e il loro grido lacerante eruppe da sotto i cappucci echeggiando sulla superficie del cancello mentre questo si apriva con un pesante cigolio, lasciando a malapena un varco per poter passare.
I cavalli vennero spronati ad entrare con un galoppo selvaggio e una volta dentro il cancello si mosse di nuovo, come spostato da mani invisibili e Tauriel si voltò ad osservare la fessura chiudersi per intrappolarla nella terra di Mordor.
 
 
 
Buon giorno, eccomi qui, un altro capitolo sfornato. Cosa ne dite?
Rispetto al capitolo due qui Tauriel ha tirato fuori il suo caratterino, Kili invece povero dimostrerà il suo coraggio, non temete, siamo solo agli inizi e poi vorrei vedere voi davanti allo Stregone di Angmar=...=help!!!
Nel prossimo capitolo cominceremo a vedere anche altri amati personaggi, state tranquilli, la storia finalmente si scrolla e inizia a marciare, mica possiamo vedere solo i protagonisti, eh!=)
Non vi tedio con le mie chiacchiere, troppo cose da dire e devo passare all’altra fic, voi intano leggete e se volete recensire prego, almeno so se fila bene oppure no.
Ciao ciao EFP lettori, grazie di seguire la fic, ci vediamo al capitolo 4.
Fraviaggiaincubi
  
 

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Capitolo 5
*** Qualcosa si muove ad est ***


Capitolo 4
 
Questo capitolo è dedicato a Iris_Blu  che ha recensito questa storia con passione e amore facendomi commuovere per l’entusiasmo che ha mostrato.
 
Qualcosa si muove ad est
 
Oggi EFP lettori non ho intenzione di fare commenti e lasciarvi alla lettura subito. D’altronde anche per me è ancora un enigma questo capitolo, nel senso che non ho ancora idea di come chiamarlo perché comincerò a far respirare anche altri personaggi in questa fic=) quindi...buona lettura!
P.S a parte le mie crisi quando lo leggerete avrò superato il problema e sarà perfetto, spero=). Starà a voi decidere.    
 
 
Lo splendore della bianca città di Minas Tirith luccicava sotto il sole della terra di Gondor, rifulgendo con l’accecante biancore dei suoi marmi contro la montagna su cui si arrampicava e sporgendo da essa con le sue alte torri e le mura di cinta, come a sfidare la vastissima prateria verde che si stendeva di fronte a lei piegando i delicati fili d’erba sotto il vento caldo che l’attraversava.
   Una figura correva in quello sconfinato mare verde smeraldo diretto alla capitale e la grazia con cui divorava la vasta distesa venne notato anche a grande distanza dalle sentinelle delle torri. Fu una di esse a indicare ammirata l’avanzare del cavaliere e del suo destriero. “Gandalf, sta arrivando Gandalf.” annunciò ad una guardia più in basso e questa balzò in sella al cavallo per correre verso la punta più alta della città al palazzo reale del sovraintendente di Gondor, ma nonostante l’andatura lanciata del cavallo non poteva competere con il destriero di Gandalf. Ombromanto, il signore dei cavalli della terra di Rohan, era la creatura più bella e veloce che la Terra di Mezzo potesse vedere e non era solo la velocità e l’instancabile forza dell’animale a renderlo una gemma dalla terra da cui proveniva, ma il suo stesso aspetto: Ombromanto era candido come la neve tranne per il muso e le zampe, nere come la notte. La criniera selvaggia che Gandalf lasciava libera sulla curva possente del collo scintillava come il Mithril, la pietra simile al diamante che i nani cercavano nella profondità della terra per la sua durezza e la sua favolosa lucentezza e l’orgoglio che traspariva dagli occhi scuri del cavallo dimostravano che Ombromanto era consapevole della sua potenza e la mostrava tendendo i muscoli del corpo in una danza di perfetto equilibrio nella corsa verso la città, instancabile come il suo cavaliere che lui stesso aveva scelto di far montare sul suo dorso. Il cavallo infatti era un dono di re Theoden e si diceva che mai nessuno avesse cavalcato quella bestia suprema se non lo stesso stregone, che lo faceva senza briglie o sella per rispettare la libertà che lo stallone esprimeva con la forza del suo cuore indomabile.
   Gandalf spronò Ombromanto e il cavallo accelerò ulteriormente scintillando sotto al sole come una folgore e in pochi istanti le immense porte di Minas Tirith si schiusero davanti a loro facendoli passare. Gandalf non fermò l’andatura del destriero e nemmeno ebbe bisogno di parlare. Il legame che lo univa al selvaggio animale era profondo come il mare e Ombromanto si lanciò senza indugio verso il cuore della città sbuffando con potenza dalle froge dilatate. Percorsero a tutta velocità la città schivando donne, uomini e soldati lungo la strada a spirale che univa ognuno dei piani della città tramite imponenti archi fino a raggiungere il culmine della capitale. Ovunque piccole case si affacciavano sulla strada o su stradine acciottolate che si diramavano nella roccia della montagna lasciando la strada principale aperta al passaggio di carri e messaggeri, costretti a gettarsi di lato al passare dello stregone. Molti scossero la testa preoccupati, era risaputo che Gandalf e il sovraintendente di Gondor non erano in buoni rapporti e lo stregone non si presentava mai se non per la massima urgenza alla bianca città in sella al suo veloce destriero. Voci dicevano addirittura che Ombromanto potesse tenere testa ai Nazgul alati in velocità, ma nessuno aveva mai potuto accertare le leggende che giravano attorno alla figura del misterioso stregone grigio.
Finalmente in cima Ombromanto si arrestò scuotendo la lunga criniera luccicante e scrollò i fianchi lucidi di sudore mentre Gandalf scendeva brandendo il bastone magico in mano. “Ben fatto vecchio amico.”si congratulò avviandosi verso il palazzo che sorgeva oltre una gigantesca piazza al cui centro spiccava un albero bianco volto con i rami al cielo in quella che sembrava una muta preghiera o una silenziosa attesa. Lo stregone passò vicino accarezzando distrattamente la corteccia candida e si perse sull’intricato rilievo di bozzi e segni che la coprivano.
E’ come se attendesse il ritorno di qualcuno e io credo di sapere chi. Tu aspetti il re di questa terra, ma lui non verrà, pensò silenziosamente verso l’albero che sembrò fremere sotto un vento invisibile, come avvertendo i pensieri di Gandalf.
“Benvenuto.” esordì una voce distraendolo dai suoi pensieri e lo stregone si girò verso il giovane che si avvicinava in armatura. La chioma rossa brillò sotto il sole come rame fuso mentre stringeva il braccio di Gandalf con un sorriso spavaldo sotto il pizzetto ben curato.
“Boromir, figlio di Denethor.” lo salutò Gandalf con un sorriso sincero. “Niente viaggi estenuanti nelle città?”
“Lo sai bene che non siamo in buoni rapporti con gli altri regni Gandalf.” rispose il giovane con un nuovo sorriso. “E comunque siamo in pace ora, i contratti vanno a gonfie vele e ognuno sta al suo posto.”aggiunse con soddisfazione, ma lo stregone non si lasciò trascinare affilando ancora di più lo sguardo sotto le sopraciglia cespugliose. “Lo dici tu Boromir, ma non sarà sempre così.”
Boromir lo fisso confuso e il sorriso morì sulle sue labbra, ma Gandalf si limitò a sorpassarlo domandando: “Dove si trova tuo padre? Urge per me parlargli e subito.”, ma il giovane sbuffò camminandogli dietro con calma. “E’ partito per un importante evento nel regno, se hai bisogno dimmi pure a me.”tentò, ma Gandalf lo ignorò borbottando furente: “Importante c’è quello che devo dirgli, non stupidi eventi.”
“Il benessere del suo regno è di vitale importanza.”ribatté e l’ira avvelenò le sue parole, ma Gandalf non si lasciò impressionare e rispose con altrettanta durezza. “Non è il suo regno, il vero erede non è qui.”
Boromir si fermò scoppiando a ridere e la sua voce risultò forzata echeggiando nell’immensa piazza. “Esatto Gandalf, non c’è perché non gli interessa quello che è meglio per Gondor...”
“Nemmeno tu sai cos’è meglio per Gondor Boromir!”gridò Gandalf e le nuvole si addensarono un attimo coprendo il calore del sole. “Sennò sapresti bene che forze molto potenti si stanno muovendo ad est ed è tempo di smettere con i silenzi tra le terre. Il vostro equilibrio è fragile dove invece i vostri nemici sono forti”. Si girò facendo frusciare il mantello grigio e si pose di fronte al volto arrogante del giovane principe. “Qualcosa a Mordor si sta risvegliando, qualcosa che dovrebbe essere sepolto.”aggiunse e al nome della terra nera Ombromanto in lontananza alzò le orecchie, come in ascolto di un messaggio che solo lui poteva captare. Anche Gandalf si accorse che il vento era cessato e la preoccupazione scosse il suo cuore. Avvertiva che qualcosa di terribile era accaduto, un evento che poteva decidere il destino oscuro che sembrava spalancare affamato le fauci su di loro e tentò di trasmettere le sue sensazioni al giovane di fronte a lui. “Dobbiamo cominciare ad allacciare i rapporti con gli altri regni, qualcosa sta per accadere.”
Boromir fece un sorriso di sufficienza portandosi una mano all’elsa della spada per sostenere la mano. “Gandalf, sei saggio e abbiamo sempre ascoltato le tue parole, ma stai esagerando. Mordor è una storia antica e niente si muove ad est.”
“Io ti dico di si Boromir e fino a quando starai al sicuro nel tuo regno seppellendo la testa sotto la sabbia come fa tuo padre allora non vedrai mai niente di quello che ti accade attorno fino a quando ti schiaccerà.”incalzò lo stregone ignorando il suo sguardo beffardo improvvisamente infiammato di rabbia alle sue ultime parole. Toccare i punti giusti era una dote in Gandalf e lui sapeva bene che Boromir, al contrario del padre, sapeva guardare oltre ai suoi interessi. Per qualche minuto lottarono in silenzio con gli sguardi, poi lentamente Boromir cedette abbassando il capo e annuì impercettibilmente. “Parlerò con mio padre Gandalf e lo convincerò ad allacciare un dialogo con gli altri regni, ma tu promettimi che indagherai per accertarti che sia vero quello che hai visto.”
Lo stregone sorrise dietro la lunga barba e si avviò verso il cavallo chiamandolo con un piccolo fischio melodico. “Sarai un grande sovraintendente Boromir.”si congedò respingendo l’occhiata delusa del giovane.
Non potevo di certo dirti “re” Boromir figlio di Denethor, non sarai mai re di Gondor perché per quanto lo ami non è tuo questo regno.
Affondò i piedi nei fianchi di Ombromanto e si lanciò di nuovo verso l’ingresso di Minas Tirith. Era un’altra ora la persona che doveva cercare e in cuor suo sperò che glielo permettesse. Era difficile trovare qualcuno che avesse scelto l’esilio e l’invisibilità come armi della sua esistenza.
 
 
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La foresta cessò di sussurrare davanti alla sua presenza, ma appena si accorse che l’uomo non era un pericolo ricominciò ad animarsi ignorando quella creatura che non le apparteneva capace di muoversi con disinvoltura in mezzo ad essa.
Aragorn scivolò fuori dal sentiero inoltrandosi nel cuore pulsante del bosco, là dove il muschio copriva ogni traccia del suo passaggio e gli alberi si stringevano in una sequenza sempre diversa, ma agli occhi attenti dell’uomo piccoli dettagli lo lasciavano libero di vagare indisturbato nella fitta vegetazione senza rischiare di perdersi.
Il sole in alto faceva capolino tra i rami a intervalli accarezzando l’intenso bruno dei capelli di Aragorn, lunghi e liberi fino alle spalle, o scivolavano sulla corta barba che copriva il volto dell’uomo donando ai suoi occhi scuri un’aria ancora più sfuggente e malinconica.
Anni di sapienza lo avevano fatto diventare capace di essere invisibile quando si muoveva nella Terra di Mezzo tanto che ormai era conosciuto solo come Grampasso, il ramingo, e Aragorn non aveva mai smentito quelle voci. Il suo scopo era sempre stato di fuggire al suo destino che scorreva nel suo sangue di discendente, appartenente ad una stirpe che aveva segnato il destino di quel mondo quando il suo avo Isindur aveva sconfitto Sauron, l’oscuro re di Mordor portandogli via la fonte del suo potere: un anello capace di racchiudere un potere devastante che a lungo l’aveva consumato prima di andare perduto.
Uno scricchiolio e il ramingo si voltò di scatto sguainando una lunga lama, ma niente si mosse a svelare la presenza di qualcosa o qualcuno e Aragorn riprese la sua marcia, i sensi all’erta. Sentiva che era sbagliato il rumore che la foresta e i suoi abitanti emettevano, come se fosse rilasciata in modo falso per coprire l’avanzare di un pericolo e fargli abbassare la guardia.
L’uomo sorpasso una chiazza di luce dorata che filtrava tra i rami e si fermò a fissare il verde brillante delle foglie in controluce sotto la polvere danzante nell’aria. Di nuovo gli parve di avvertire una minaccia strisciare silenziosa verso di lui, ma si costrinse a mantenere il viso rilassato, distendendo i muscoli tesi sotto il mantello per evitare di tradirsi.
Qualcosa si mosse alla sua sinistra e Aragorn sguainò la lama, ma lo scalpitare di un cavallo nel sottobosco cacciò indietro l’inseguitore e il ramingo si voltò verso l’avanzare del fiero stallone bianco.
“Ombromanto.”lo salutò riconoscendolo e il cavallo agitò le lunghe zampe nere sbuffando dolcemente dalle froge al suono del suo nome. L’uomo alzò lo sguardo sorridendo allo stregone in groppa ad esso. “Ciao Gandalf, qual buon vento ti porta qui?”
“Vento di pericolo Aragorn e diventa sempre più difficile trovarti.”disse lo stregone scendendo per avvicinarsi all’uomo. Puntò i suoi occhi saggi alle sue spalle. “Tutto bene?”indagò e Aragorn annuì ma i suoi occhi trasmettevano un messaggio chiaro. “Non qui Gandalf, seguimi.”
Sorpassò Ombromanto rinfoderando la lama senza che le sue dita abbandonassero l’impugnatura e lo stregone gli andò dietro accompagnato dal bianco stallone, cogliendo nel tendersi delle sue orecchie che anche lui avvertiva quello da cui il ramingo era appena fuggito.
Il problema è che non sappiamo cosa. Accelerò l’andatura inoltrandosi dietro ad Aragorn nel folto della foresta e lo scorrere di un ruscello guidò Ombromanto ad immergere il muso scuro nelle sue correnti fresche.
Gandalf attese paziente che l’uomo parlasse e quando finalmente il ramingo si decise a rilassarsi cogliendo nello stallone che anche lui era rilassato la sua voce fece trasparire un velo di ansia. “Qualcosa mi seguiva Gandalf e non era di certo amichevole”. Tacque un istante fissando con i profondi occhi neri lo stregone prima di aggiungere in un bisbiglio: “E nemmeno una creatura del bosco.”
“Che cosa sarebbe allora Aragorn?” domandò Gandalf, anche se sapeva bene a cosa l’uomo si riferisse. Era venuto fin lì per parlargliene, ma sapere che il meccanismo era già molto più avanti di quanto credeva lo fece tacere.
Aragorn lo studiò un istante. “Dimmelo tu Gandalf, lo so che sei qui per parlarmene.”rispose e lo stregone sorrise amaro. Se c’era una persona che poteva indovinare ciò che pensava era proprio quell’anima tormentata davanti a lui. “A est Mordor si risveglia Aragorn.”
“Non ne vedo il motivo, l’Unico è perduto da molti secoli e Sauron non avrebbe motivo di risvegliarsi, sarebbe meglio cacciare in segreto il suo prezioso anello.”
I due tacquero e la foresta si tese in avanti, come in ascolto di quella conversazione oscura che nessuno sperava di dover sentire, ma né lo stregone, né il ramingo potevano evitarla. Non più ormai.
“Sauron mira ad altro, avverto una strana sensazione, come se il nostro antico nemico abbia trovato qualcosa che gli permetterà di finire ciò che Isindur bloccò moltissimi anni fa.”attaccò Gandalf e una luce si accese negli occhi di Aragorn mentre intuiva a cosa lo stregone mirasse. “Io non sono un pericolo per lui e lo sai bene. Non sono io che cerca.”
“E come spieghi quella cosa che ti inseguiva?”domandò Gandalf alzandosi in piedi e Ombromanto alzò la testa. “Tu sei l’erede che può spezzare il suo potere, sai bene che Gondor ha bisogno di te, ora più che mai in un tempo in cui i regni sono divisi e tu l’unica speranza di creare un ponte tra loro. Conosci gli elfi, Rohan, i nani...sei erede di colui che tagliò il dito di Sauron.”
“E nel mio sangue ho la stessa debolezza. Cosa succederebbe se trovasse l’Unico e io dovessi di nuovo portarglielo via? Ricominceremo da capo Gandalf e io non voglio...non posso, ti prego. Gondor ha un re.”ribatté Aragorn e una luce amara brillò nei suoi occhi. “Non so cosa fosse quella cosa e che volesse da me, ma non di certo non eliminarmi perché mi considera una minaccia.”
Gandalf sbuffò irritato, ma lasciò cadere l’argomento. Non avrebbe ceduto e Aragorn lo sapeva bene, ma ora più che mai aveva bisogno di proteggere la speranza del popolo degli uomini e l’unico modo era cercare di coinvolgerlo nella sua prossima missione per poterlo tenere d’occhio.
Non c’è altra spiegazione del perché Sauron si stia svegliando. Che cosa lo spingerebbe a mostrarsi se non la minaccia dell’erede di Isindur? Non c’è altro oltre l’Unico che possa aiutare a vincerlo.
Scosso da quei pensieri lo stregone si avvicinò ad Ombromanto passando le dita tra la criniera lucida come argento fuso. “Ad ogni modo,” cominciò,“avrò bisogno del tuo aiuto nel luogo in cui vado.”
Il ramingo si alzò avvicinandosi. “Dove sei diretto?”
“Alle Alte Colline.”rispose semplicemente lo stregone e Aragorn spalancò gli occhi sentendo un brivido scorrergli sulla spina dorsale e scivolare nella foresta come un vento malsano. “Tu temi...temi si siano risvegliati”. Non era una domanda e Gandalf chinò il capo. “Si lo temo. Hai una cavalcatura Aragorn?”
Il ramingo lo fissò senza riuscire a nascondere un debole sorriso. “Sei già sicuro che ti accompagnerò insomma.”
Gandalf sorrise di rimando e dentro al suo cuore esultò. Avrebbe potuto tenere d’occhio l’erede di Isindur a sua insaputa. “Esatto.”fu la semplice risposta e il ramingo indicò un punto nella foresta. “Io viaggio a piedi di solito, ma poco lontano c’è una radura dove ho lasciato un cavallo che ho avuto in dono da re Theoden di Rohan.”
Gandalf spronò Ombromanto ad un piccolo trotto nella direzione indicata da Aragorn. “Allora andiamoci, la nostra meta è lontana.”
 
 
Buona domenica EfP lettori, alzi la mano chi ha sentito il campanello alla parola Alte Colline;)
Per chi è ancora nella fase =? le Alte Colline sono le tombe dei Nove e le vediamo su(SPOILER!!!) “Lo Hobbit la desolazione di Smaug”, quando Gandalf và a indagare e scopre essi sono stati risvegliati.
Ora ovviamente sorge la domanda: Ma scusa se sono passati due anni dalla liberazione della montagna Gandalf dovrebbe già sapere che sono state aperte, ci è già stato, che ciufolo scrivi? Eh eh eh io ho pensato a tutto signori/e, so bene che Gandalf dovrebbe già sapere che Sauron si è risvegliato perché su Lo Hobbit 2(SPOILER!!!) viene fatto prigioniero a Gol Undur,come sa bene chi ha visto il film, e vede che le armate di Mordor stanno crescendo per portarci alla fase “Signore degli Anelli”.
 Traaaanquilli ho pensato a tutto e nel prossimo capitolo saprete perché Gandalf si sveglia fuori adesso nello scoprire che Sauron è tornato quando sono due anni che Mordor si mobilita. Tutto calcolato, dovete solo attendere.=D
Per passare al capitolo che ne dite? Gandalf povero non ci và neanche vicino al perché Sauron si sta mostrando, quello che voleva trovare l’ha trovato ed è Tauriel...Eeeeeeh viva Mordor e i suoi intrighi!!!
Prossimo capitolo in fase di lavorazione, non temete saprete presto tutto.
Grazie per chi recensisce, legge solo e ama questa fic. Vi voglio ben!<3<3<3
Fraviaggiancubi
 
 

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Capitolo 6
*** La terra nera ***


Capitolo 5
 
La terra nera
 
EFP lettori, guardate qua, un capitolo scritto uno dietro l’altro. Se i lettori che seguono la fic di The Lone ranger lo sapessero mi lapiderebbero. Ah ah scherzo, non sono così boriosa da credere che aspettino me per leggere, ci sono tante fic bellissime=) e poi essendo l’ultimo capitolo è già lungo come un capitolo normale e sono solo a metà quindi ho fatto una pausa e ho scritto di seguito due capitoli di questa fic prima di dedicarmi a quel titano da 14 facciate che temo diventerà.=O
A parte questo ero impaziente di farvi leggere questo cap perché dentro ho messo un personaggio che mi piace tanto e che solo chi ha visto le scene tagliate del Signore degli anelli conosce. Ora sarebbe carino che lo vedeste prima di leggere la fic così avete un idea di chi è e lo amerete di più.
Si chiama la Bocca di Sauron e potete vederlo in due modi:
1 fate felice la scrittrice=D e leggete la 4 OS della mia fic “Racconti perduti della terra di Mezzo in cui all’inizio c’è anche il link per vederlo su youtube.
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2406155&i=1
2 non mi cagate di striscio la One-shot e copiate il link qua sotto per vederlo e basta.
http://www.youtube.com/watch?v=1bk5afqRcus
Qualunque sia la vostra scelta guardatelo perché merita, o non sarebbe nella mia fic;) 
 
 
Lo scricchiolio del cancello nero e il fragore finale che echeggiò quando tornò sprangato dopo il passaggio dei Nove sembrò rimbombare anche nel cuore di Tauriel e l’elfa ci mise un istante a capire che in realtà era il battito impazzito del suo cuore che le rimbombava nello sterno con tanta violenza. Si chinò oltre la sella e vomitò sentendo la nausea raggiungere il culmine accanto all’aura dello Stregone di Angmar e assieme alla sensazione di essere in trappola giocò a suo sfavore facendole rigettare il pane acido che si era costretta a mangiare.
Tentò di scostare i capelli rossi per non sporcarli, ma perse l’equilibrio e dovette aggrapparsi alla criniera del cavallo. Sotto le sue dita era secca e stopposa e Tauriel la strinse immaginando fosse l’elsa di una spada che trafiggeva il cuore inesistente dello stregone.
“Falla scendere.”ordinò secco il capo dei Nove e un orco comparve dal nulla afferrandola per gettarla a terra. L’elfa cadde sul terreno polveroso e le sue mani schizzarono i rigetti del suo stomaco sollevando un’onda che le spruzzò viso e capelli. Ansimò aprendo gli occhi e un grido lacerante le ferì le orecchie mentre la voce agghiacciante dello stregone sputava parole nella lingua di Mordor come proiettili prima di tornare alla lingua corrente.
“Idiota, ti ho detto di farla scendere non di gettarla sul suo stesso vomito”. Smontò da cavallo e la sua figura imponente si avvicinò all’orchetto. Un arco metallico si disegnò nell’aria e la testa dell’orco rotolò a terra con un tonfo malsano mentre il corpo cadeva a terra schizzando di sangue il suolo nero. Il Nazgul rinfoderò la lama con un sibilo irato e sussurrò qualcosa. Il corpo esplose come una bomba schizzando intestini e ossa in un gaiser di sangue e liquidi e Tauriel si coprì la testa mentre la risata dello spettro le afferrava la mente come le spire di un boa. “Sempre troppo divertente.”proruppe la sua voce fredda come una lastra di ghiaccio. Girò altezzosamente la testa e sollevò il lungo mantello nero evitando i resti del malcapitato per tornare all’elfa. “Alzati giovane guerriera, farò in modo che tu possa pulirti.”ordinò e Tauriel scattò in piedi con furia. Sotto lo strato di sporco che la copriva gli occhi luccicavano come schegge nere e lo stregone sibilò di fronte quella sfida.
“Non mi serve la tua finta gentilezza mostro!”gridò Tauriel e i Nove scattarono in avanti, ma ad un cenno del loro capo tornarono immobili. L’apertura nera sul cappuccio dello stregone inghiottì lo sguardo di Tauriel e l’elfa si mise in allerta avvertendo da quel silenzio che lo stregone la fissava. Il capo dei Nazgul si avvicinò e Tauriel dovette alzare la testa per fissarlo; la superava di mezzo metro abbondante e lei vantava un altezza di un metro e ottanta di statura. Lo stregone si inchinò in avanti fino a quando non fu a pochi centimetri dal viso di Tauriel e l’elfa avvertì un vento gelido sfiorarle il viso, ma si sforzò di non battere gli occhi quando il sibilo del Nazgul le attraversò le orecchie puntute con una stilettata dolorosa continuando la sua corsa lungo la spina dorsale.
“Gentilezza?”le domandò con un tono ancora più freddo del solito, come se quel vento gelido raffreddasse le parole prima che uscissero dal cappuccio. “Io non so nemmeno cos’è la gentilezza elfa e se finora ti ho trattato bene è perché mi servi, ma immagino che debba darti un assaggio di cosa ti farò quando il mio amato signore ti avrà dissanguato dal tuo prezioso sangue”. Allungò la mano e strinse fulmineo il polso pallido di Tauriel. Un calore rovente le attraversò all’istante il corpo, come se le versassero ghisa fusa nelle vene e Tauriel gridò cercando di sfuggire a quella presa ferrea, ma era inutile. Disperata e in preda ad un dolore che sembrava scioglierle le vene tirò con forza il polso ignorando il dolore e lo schioccò dell’osso slogato aggiunse un nuovo grido a quelli che la magia dello stregone le strappava.
Sentì le ginocchia piegarsi e si costrinse a stringere i denti fino a farsi male. Non cedere...non cedere...non cedere si comandò, ma lo stregone sembrò indovinare i suoi pensieri perché il calore diventò talmente forte che Tauriel gridò fino a perdere la voce.
“Inchinati...”le sussurrò il Nazgul e l’elfa ubbidì cercando disperata di perdere i sensi per scappare a quel dolore che le scioglieva il sangue trasformandolo in magma incandescente. Ogni battito di cuore le strappava un gemito e lo spettro si godette un ultimo istante il corpo tremante della fanciulla prima di lasciare la presa e sciogliere così l’incantesimo. La fissò dall’alto con arroganza e Tauriel si accasciò a terra lasciando scivolare i capelli rosso scuro sul viso.
Un battito di mani risuonò nel silenzio calato all’improvviso sull’ingresso della terra di Mordor, là dove prima c’erano state urla e versi gutturali e una figura avanzò a cavallo.
Portava un armatura di metallo che occhieggiava attraverso la stoffa nera che lo fasciava fin sulla testa, dove cadeva come una tenda lugubre alle spalle. Sulla testa portava un elmo che pioveva sul viso a celarne la parte superiore senza lasciare fessure ove poter guardare e finendo con due punte ai lati della mascella, dove formava un arco che si apriva sulla bocca dell’essere. Tauriel si costrinse a sollevare la testa per osservarla meglio:essa infatti era spropositata per quel viso e sfigurata dal sorriso irreale che sfoggiava, irto di denti affilati e spezzati di un colore guasto e malsano. La pelle pallida del viso attorno alle labbra era deturpata di graffi profondi che la solcavano come una macabra raggiera di cicatrici profonde.
L’essere si fermo senza smettere di sorridere con quella smorfia grottesca sulla bocca esageratamente grande e nonostante la maschera celasse totalmente  la parte superiore del viso all’elfa crebbe la sensazione strisciante che quel mostro riuscisse comunque a vederla.
“Stai già piegando la volontà della nostra...prigioniera?”domandò il nuovo arrivato e la voce beffarda con cui lo fece ricordò a Tauriel qualcuno che tentasse di parlare con la gola trafitta da mille lamette affilate.
Lo stregone scoppiò a ridere.“La nostra elfa è un cavallo sciolto, ma ci penserò io a metterla in riga prima di mostrarla al grande Sauron.”
L’essere si voltò verso il Nazgul prima di tornare con precisione inquietante a fissare l’elfa nonostante non avesse fessure per poterla scrutare dietro lo strano elmo. Spronò il cavallo ad avvicinarsi ancora e piegò la testa verso di lei ricambiando lo sguardo furioso dell’elfa. “E’ proprio bella, non si vede facilmente una creatura così piena di forza da sfidare lo Stregone di Angmar.”commentò e Tauriel colse una nota di desiderio nella voce roca del mostro. Come con il Nazgul non poteva vedere il volto dell’avversario per carpirne le emozioni e si concentrò sulla voce per capire cosa l’essere cercasse di trasmetterle e quella brama malcelata indirizzata a lei le lasciò un sapore amaro sulla lingua. Si alzò tenendo d’occhio lo stregone e si allontanò dal nuovo arrivato. “Chi saresti tu?”domandò fredda e l’essere drizzò la schiena schiudendo le labbra in un nuovo sorriso. “La Bocca di Sauron, il suo messaggero giovane elfa.”rispose e di nuovo l’attenzione di Tauriel venne attirata da quella bocca spropositata e deturpata. “E posso sapere come ti chiami tu?”domandò con quella voce roca e profonda.
“Tauriel.”intervenne lo stregone ponendosi di fronte a lei. Alzò altezzosamente la testa e la maschera di ferro sul capo luccicò sotto le torce di un gruppo di orchi che passavano poco distante. “E non farti strane idee, è la mia preda e Sauron lo sa bene che sono io ad averla catturata.”sibilò con una nota compiaciuta che all’elfa non sfuggì.
Il messaggero di Sauron scoppiò a ridere chinandosi sulla sella e il suo timbrò risuonò nell’aria come l’affilare di una lama. “Oh certo, so bene che la tua posizione privilegiata agli occhi del nostro re ti rende superbo, ma a me interessa l’elfa dopo che Sauron avrà finito con lei”. Si girò verso la giovane e la sua lingua nera scattò a leccare le labbra livide. “Ho sempre avuto un debole per gli elfi in tutti i sensi.”sussurrò con voce carica di desiderio.
“Non la puoi avere mostro schifoso!”
Sia il capo dei Nazgul che il messaggero si voltarono verso Kili. Il nano era appoggiato malamente al cavallo su cui era prigioniero e il viso pallido tradiva la sofferenza che il suo corpo riceveva, ma nei suoi occhi si leggeva la rabbia che indirizzava come una freccia avvelenata ai due. Strinse la presa sul braccio rotto mordendosi il labbro per non gemere e Tauriel lo fissò con gli occhi lucidi.
Oh Kili...pensò con affetto sentendosi stringere il cuore in una morsa di amore per il coraggio che il nano mostrava. Kili la fissò un istante scaldando lo sguardo prima di tornare a fulminare il messaggero che sorrise nuovamente. “E tu sei...?”
“Kili e Tauriel è mia!”rispose il nano drizzandosi con aria sicura sulla sella. “Se osi toccarla ti ammazzo capito?”minacciò e lo Stregone di Angmar si voltò facendo gonfiare la veste nera. Emise un sussurro divertito e guardò il messaggero da sopra la spalla. “E’ l’amante dell’elfa, non è ripugnante questa cosa?”domandò con scherno e la Bocca di Sauron fece avanzare il destriero ponendosi di fronte a Kili con un mezzo sorriso di sufficienza. “Al contrario, lo trovo ancora più divertente. Questo nano proteggerebbe la sua bella elfa al costo della vita e se può interessarti ne ho torturati molti di nani e hanno una resistenza incredibile nel morire”. Si accarezzò le labbra con le dita pallide e Kili notò che le punte erano nere, come un principio di congelamento.
Il messaggero lo squadrò un’ultima volta e scese da cavallo avvicinandosi all’elfa, ma mentre colmava la distanza non smise un istante di rimanere voltato verso Kili. Quando fu davanti a Tauriel le sfiorò una guancia con un dito e ridacchiò mentre lei si scostava con rabbia al contatto. “Che ne dici nano, quanto resisterai prima di impazzire appena Sauron mi concederà di tenermi questo piccolo trofeo di caccia? Ho grandi progetti per lei.”
Kili si divincolò e la furia che attraversò i suoi tratti costrinse Tauriel a scuotere la testa. “Non Kili è quello che vogliono, ti prego no!”supplicò e l’amato si rilassò senza smettere di fissare il mostro, che arricciò le labbra snudando divertito i denti. “Sentito Kili tesoro, è quello che voglio!”lo derise con una vocetta agghiacciante e lo stregone scoppiò a ridere facendo rabbrividire Tauriel, ma lei non staccò un istante gli occhi scuri da quelli di Kili annegandoci dentro per cancellare la furia che ancora covava come fuoco sotto le ceneri.
Non farlo...lo pregò silenziosamente e finalmente Kili distolse lo sguardo irrigidendosi solo quando il messaggero sibilò: “Codardo.”
Deluso dalla mancanza di reazione del nano l’essere montò di nuovo in sella e passò di fronte al Nazgul con baldanza. “Sauron mi dice di riferirti che l’elfa deve stare a Mordor e non a Minas Morgul, quindi tranquillo mi prenderò io cura di lei”. Si girò verso Kili con uno scatto. “Il nano viene con voi invece.” aggiunse con malcelata soddisfazione e Kili scattò a terra sorprendendo il Nazgul che lo teneva. Si gettò su Tauriel e la strinse a sé sentendola abbandonarsi contro di lui. “Mai, lei starà con me altrimenti vi ammazzò tutti a partire da te.”gridò verso la Bocca di Sauron.
A quelle parole lo stregone alzò un dito e Kili venne sbalzato via dall’elfa come se fosse un fuscello, cadendo a terra. Tauriel agì senza nemmeno pensare e con un balzo schivò una lama di uno degli spettri atterrando con una mezza capriola sul terreno nero. Vi affondo le dita e ne afferrò una manciata tirandola in aria contro lo Stregone di Angmar che emise un grido lacerante portandosi le mani dove sarebbe dovuto esserci il viso. Tauriel afferrò Kili per il braccio sano e il suo cuore fece un’impennata a contatto con la pelle calda del suo amato. Appoggiò le labbra sulle sue e una luce l’avvolse sfolgorando come un’aura. Tauriel si concentrò e l’idioma elfico le scorse sulla lingua accelerando assieme al tono pressante della sua voce melodica. Il corpo di Kili cominciò a svanire e Tauriel alzò la voce in un grido per compiere il finale dell’incantesimo che lo avrebbe teletrasportato lontano dalla terra malefica di Mordor.
Ti salverò Kili, almeno tu salvati.
Le lacrime le scivolarono sulle guance come diamanti liquidi e l’ultima parola spiccò il volo dalla sua gola per essere lanciata nell’aria quando qualcosa le strinse il collo in una morsa. Il respiro si mozzò assieme alle parole e l’aura lucente si spense come il sole al tramonto. Tauriel si portò le mani al collo nonostante uno dei polsi fosse slogato e dolorante e una presa invisibile strinse la morsa sui suoi polmoni assetati di aria. Boccheggiò agitando le gambe e scalciando e macchie scure ballarono sui suoi occhi mentre metteva a fuoco Kili. Lo vide alzarsi faticosamente in piedi e afferrare le sue dita, i suoi occhi scuri fissarla e per un istante ci furono solo quelle iridi di mille sfumature del marrone come la corteccia dei pini bagnati dalla pioggia, così tante che Tauriel non era mai riuscita a catturarle per il loro continuo mutare. Si concentrò su di esse e Kili schiuse le labbra, ma solo un urlo muto ne uscì e le sue pupille si fecero vitree come la punta della lama che trapassava il suo fianco comparendo da dietro come un predatore in agguato al momento del balzo sulla preda.
Tauriel la fissò con orrore e lentamente tutto si tinse di rosso.
 
 
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Lo Stregone di Angmar allentò la presa e Tauriel cadde a terra, il volto delicato come un giglio disteso nel dolce oblio della perdita dei sensi. Vederla così dava il sospetto che non fosse pericolosa, ma il Nazgul sibilò frustrato facendo scattare una mano in aria in un gesto di rabbia. Da quando l’aveva catturata la giovane elfa aveva fatto di tutto per ostacolarlo e il Nazgul non era abituato a combattere contro qualcuno che fosse così agguerrito e capace di tenergli testa.
E per un nano per giunta.
Studiò l’onda di capelli rossi che si apriva come un ventaglio intorno alla testa, in squisito contrasto con il suolo nero di Mordor come sangue fresco su un tessuto scuro e sorrise divertito. Era un vantaggio che gli avversari non potessero notare il suo viso, gli dava la piacevole libertà di poter esprimere liberamente quello che pensava senza che nessuno potesse capire cosa il suo stato d’animo esprimesse.
Voltò la testa verso la torre lontana di Mordor e il luccicare dell’occhio di Sauron lo scosse piacevolmente. Poteva avvertire lo sguardo incandescente del suo signore e si beò di quella sensazione inclinando la testa per lasciarsi avvolgere dal peso di quell’occhio fisso su di lui. Anche da quella distanza Sauron riusciva a trasmettere la sua soddisfazione per la missione riuscita e il Nazgul sentì il desiderio bruciante di poter sfiorare le rocce roventi della torre per bearsi della totale vicinanza con l’anima del re della terra nera.
“Permettimi di avvicinarmi mio signore”disse mentalmente in un sussurro sibilante nella lingua di Mordor e la voce di Sauron ghermì la sua mente strappandogli un sospiro di beato desiderio.
Porta l’elfa alle prigioni e fa in modo che il nano non muoia, ci servirà.”ordinò Sauron e la lingua di Mordor accarezzò la mente del Nazgul strappandogli brividi di piacere. Inclinò la testa in un inchino e lo sguardo di Sauron si spostò ad osservare altre zone dei suoi domini.
Una volta rimasto solo lo stregone si voltò verso i Nazgul e questi sibilarono di desiderio verso Sauron, ma il capo dei Nove non ebbe pietà. Lui stesso avrebbe dovuto aspettare per avere il privilegio di volteggiare davanti il grande occhio a sfidare sulle potenti ali dei loro destrieri alati la forza di gravità per godere della presenza del signore di Mordor.
“Portate l’elfa alle prigioni e anche il nano, almeno fino a quando non sarà guarito.”ordinò guardando Kili a terra, il battito lento come lo scorrere del sangue dalla ferita sul suolo polveroso. Si voltò verso il messaggero in sella al cavallo passandogli accanto con aria orgogliosa. “Ordini del nostro signore.”aggiunse con voce gelida, ma alla Bocca di Sauron non sfuggì la nota di scherno. “Non sarete i suoi cocchi per sempre.”sputò velenoso spronando il cavallo al galoppo, non prima di aver rivolto a Tauriel un’occhiata affamata.
Lo Stregone di Angmar si aggiustò il mantello di seta nera facendo scorrere il guanto metallico sul tessuto lucido e liscio come la pelle dei serpenti. “Lo saremo sempre perché siamo potenti.”rispose e il messaggero si voltò con un occhiata carica di astio che nonostante l’elmo lo stregone percepì.
Rimasto solo il Nazgul montò a cavallo avviandosi verso il cuore di quella terra. Ovunque sorgevano bassi edifici e piccole tende dove stuoli di orchi si muovevano come tante formiche sotto lo sguardo vigile del grande occhio, la cui luce brillava al passaggio della sua iride verticale.
Lo stregone guardò con disgusto le piccole creature dalla pelle grigia e i denti affilati. La loro unica forza era il numero e la totale assenza di dolore che li rendeva macchine di massacro in guerra, ma Mordor aveva bisogno di forze più potenti per spezzare ogni ribellione delle terre libere e solo un nuovo esercito di creature frutto di esperimenti avrebbe potuto crearlo assieme al sangue di Tauriel. L’elfa era la chiave ai loro problemi per la creazione di creature degne di Sauron e il capo dei Nazgul sollevò orgoglioso la testa al passaggio dello sguardo di Sauron su di sé. Grazie a lui e a quella piccola mezzosangue avrebbero spazzato via i popoli liberi e il dominio di Mordor sarebbe stato l’unico su ogni essere che osasse strisciare sulla Terra di Mezzo.
Una volta nei pressi del grande castello irto di torri e guglie affilate di Bara-Dùr il suo sguardo si arrampicò sulla pietra nera che formava l’immenso palazzo di Mordor. Ovunque punte bucavano il cielo e piccole finestre sbucavano come ferite sulle pietre nere, illuminate dal bagliore delle torce e dal passaggio degli orchi dietro di esse. Era una costruzione fatta per incutere paura al cielo stesso, infiammato di fumi e lapilli sputati dal vulcano del Monte Fato dove era stato forgiato l’Unico e i corpi di molti nemici erano stati infilzati a marcire sui davanzali, la carne strappata dai corvi o infestata di vermi che strisciavano sul biancheggiare delle ossa spolpate.
Nel cielo coperto di nuvole e fumo velenoso volteggiavano i draghi alati che i Nazgul usavano come cavalcatura e prima che lo Stregone di Angmar potesse richiamarne uno la voce di Sauron vibrò come una scarica nella sua testa con un nuovo ordine per i suoi micidiali servi dell’anello: “Dirigiti alle Alte Colline, ho bisogno che tu elimini lo stregone grigio e l’erede di Isindur.”
Il capo dei Nazgul sibilò furioso a sentir nominare Isindur, ma la sua voce rimase gelida e calma mentre evocava il suo destriero; al suo richiamo il drago spalancò le ali immense lasciando che la luce tremolante delle fiamme del vulcano passassero attraversò la membrana tesa  tra gli artigli prima di ripiegarle e cadere in una vertiginosa picchiata verso terra. Il fuoco fece luccicare le squame nere del corpo e gli artigli immensi delle zampe posteriori, guizzanti di muscoli che si gonfiarono per attutire l’impatto dell’atterraggio. La bestia incurvò il magnifico collo irto di punte scure e lasciò che lo stregone passasse il guanto metallico sul muso irto di denti.
“Tra poco ti darò di che saziare la tua fame.”disse con voce crudele lo stregone e con un balzò saltò in groppa al rettile facendo scivolare il manto sulla schiena nervosa della bestia. Passò lo sguardo sui muscoli che si gonfiavano come onde sotto di lui mentre il drago inarcava il collo ruggendo al cielo. Spazzò la terra con la coda irta di punte aprendo le fiere ali e con un salto si alzò in volo scrollando il morso delle rendini con la lingua forcuta e virò verso l’immenso occhio passando accanto al calore delle fiamme che lo avvolgevano poi, con un’ampia virata, si lanciò verso il cancello nero e lo superò con un nuovo ruggito che scosse la Terra di Mezzo.
 
 
Un capitolo tutto Mordor, che belluuuuu, adoro questi capitoli anche se in realtà non mi dispiace neanche quello che ho pubblicato prima e poi non dite che non vi voglio bene, ben due capitoli in uno stesso giorno...ah ah come passare una bella domenica=)=)=)
Come vedete per ora i fatti si sono mossi a rilento, ma tranquilli ci sarà tempo per azioni sempre più frequenti e capitoli che probabilmente diventeranno più lunghi, uff!!! Dopo almeno avrò solo “Racconti perduti della Terra di Mezzo” e questa da seguire visto che l’altra fic è quasi finita.
Comunque sia ragazzi, qua si mette male per Aragorn e Gandalf se ci sguinzaglia dietro lo Stregone di Angmar, nn digo altro và.
Tauriel e Kili? Il loro viaggio è appena iniziato e solo il loro amore potrà aiutarli e riguardo alla Bocca di Sauron che ne dite? Eh, se volete farmi sapere qualcosa recensione...fà sempre piacere sapere cosa pensate.=)
Fraviaggiaincubi
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Le tombe dei Nove ***


Capitolo 6
 
Le tombe dei Nove
 
Sono solo di passaggio...manco di ispirazione da chiacchiera amabile con voi lettori quindi senza indugio vi dico buona lettura!
P.S Notare la banalità del titolo dei miei capitoli!>...<
 
 
Il territorio brullo strideva in maniera inquietante con la bellezza della neve che copriva le montagne che circondavano la valle spoglia, simili alle perle di una corona che celavano un cuore arido dove un tempo c’era un gioiello smeraldo di verdi prati ondulati.
Le Alte Colline, come erano chiamate dai primi respiri di vita dei popoli che avevano abitato quelle terre, erano da sempre un territorio non abitato se non dallo sporadico nidificare di falchi e poiane, che nulla temevano dei sussurri dei pastori su quei luoghi infestati dal male e da molti secoli culla di morte dei corpi degli antichi re, che avevano servito Sauron nell’ascesa al potere al tempo di Isindur, prima della sua amara sconfitta.
O almeno lo erano.
Gandalf smise di contemplare con sguardo teso quei luoghi e si concentrò sui messaggi che il suo corpo gli mandava. Era come se stesse vivendo un dejà-vu, era sicuro al cento per cento che quei posti i suoi occhi li avessero già visti di recente e questo era impossibile perché lui non era mai stato alle tombe dei Nazgul e solo da poco si era accorto dei segnali che provenivano dalla terra di Mordor, spingendolo ad una folle corsa contro il tempo che scorreva implacabile. Da quando aveva lasciato la contea al ritorno di Bilbo non aveva mai confessato a sé stesso in quei due anni di non ricordare affatto come fosse arrivato alla Montagna Solitaria. Nel viaggio c’era un immenso spazio bianco dalla partenza dal Reame Frondoso fino all’istante in cui si era trovato alla Montagna Solitaria e non si capacitava di cosa fosse successo.
Ho viaggiato fino alla montagna. Con quella frase Gandalf aveva sempre seppellito in profondità ogni dubbio e la pace che aveva cominciato a scorrere nella Terra di Mezzo con qualche sporadico contatto tra i vari popoli lo avevano placato rasserenandolo, ma alla vista di quelle creste ghiacciate il suo sesto senso si accese e nonostante Gandalf tentasse di concentrarsi non riusciva a scacciare la sensazione che in quei due anni fosse successo qualcosa a Mordor e lui non se ne fosse accorto.
Aragorn si avvicinò allo stregone guardando i suoi occhi vagare verso orizzonti più lontani di quelli posti davanti ai loro cavalli e pazientemente attese che si ridestasse per parlargli.
“Ho uno strano presentimento Aragorn.”parlò finalmente lo stregone volgendosi verso il ramingo e questi annuì leggendo in quegli occhi grigi pensieri densi e pericolosi. “I tuoi presentimenti di solito sono azzeccati Gandalf”. Indicò le colline con un cenno del capo. “E questi posti ne suscitano tanti. Perché siamo qui?”
“Voglio verificare se è vero che i Nazgul sono a Mordor. Se così fosse vuol dire che Sauron è forte e io non me ne sono accorto.”rispose gravemente lo stregone spronando Ombromanto a scendere per una lunga strada tortuosa. I sassi scivolavano sotto gli zoccoli dei cavalli e lo strapiombo alla loro destra era così ripido che le pareti si ritraevano verso l’interno diventando invisibili dalla posizione in cui erano i due uomini. Macchie di licheni si attaccavano tenacemente alla pietra assieme a sparuti fiori gialli dai petali marci sulle punte, segno che le piogge erano scarse o il sole troppo impietoso con i suoi raggi in quelle terre.
Aragorn sollevò il capo verso il volo audace di un giovane falco e il destriero sbuffò sotto di lui agitando la criniera adornata di trecce, un tipico modo di tenere le criniere dei cavalli di Rohan.
Man mano che si avvicinavano al fondo della valle un’altra strada saliva dalla parte opposta intrecciandosi al piccolo sentiero che percorrevano Gandalf e Aragorn, per salire con un’impennata dritta davanti a loro, sparendo verso l’alto sulla curva della montagna. Fu a quell’incrocio che lo stregone arrestò Ombromanto schermandosi gli occhi per osservare la stradina scavata nella roccia. Il sole accarezzava la biforcazione interrompendosi bruscamente con i suoi raggi dorati all’inizio del sentiero davanti a loro e la curva che compiva attorno alla parete era così stretta che sembrava finire nel vuoto, ma non fu quello a far drizzare le orecchie dei due stalloni: un sussurro freddo scendeva dalla curva fino a loro e il buio innaturale là dove avrebbe dovuto esserci il sole fecero desistere Gandalf per un istante.
“Aragorn.”chiamò e il ramingo si avvicinò per quanto lo consentisse lo spazio. “Noti anche tu che è strano quel sentiero. Guarda,”indicò la luce del sole che si interrompeva bruscamente sulla diramazione nonostante si trovasse davanti alla parete e poi puntò l’indice sulla stradina buia attraversata da uno strano vento che ne muoveva i licheni tristemente come i capelli di un cadavere. “Qualcosa di oscuro si muove su questi monti.”sentenziò.
Aragorn non rispose e la sensazione che aveva provato nel bosco quando qualcosa di indefinito lo inseguiva tornò a farsi sentire. Fissò lo stregone e lo vide voltato sulla sella a studiarlo. “Credi sia saggio proseguire?”domandò portando istintivamente la mano alla spada per estrarla, ma Gandalf lo bloccò indicando i raggi caldi del sole pomeridiano. “Non estrarla, il luccicare della lama può tradirci e no, non lo ritengo saggio ma sento dobbiamo farlo. La sensazione di essere già stato qui è terribile, come qualcosa che spinge sul mio petto.” confessò all’improvviso con voce grave e Ombromanto nitrì avanzando coraggiosamente sul sentiero di qualche passo. Lo stregone ne accarezzò il bianco mantello sentendone il contatto leggermente ruvido sotto il palmo e aggiunse: “Lasciamo qui i destrieri però.”
Il ramingo annuì scrutando con i profondi occhi scuri il sentiero davanti a lui, più simile alle spire di una vipera che ad un semplice corridoio di roccia e con una pacca al cavallo scese aggiustandosi la spada al fianco e nascondendola sotto il pesante mantello da viaggio. “Fai strada Gandalf.”disse semplicemente e si avviò dietro lo stregone e quasi gli parve che i raggi del sole tentassero di aggrapparsi alle sue ciocche brune per impedirgli di scivolare nell’ombra innaturale del sentiero davanti a lui, ma fu questione di un attimo e i suoi passi lo condussero sullo stretto corridoio sussurrante.
 
 
~~~
 
 
Kili si svegliò sentendo un fastidioso sapore di sangue in bocca. Deglutì a fatica portandosi una mano al viso e aprì gli occhi scontrandosi con lo sguardo sulla parete di una cella. Scattò seduto all’istante e un lieve giramento di testa offuscò il minuscolo spazio in cui era chiuso per un solo istante prima di tornare a schiarirsi permettendogli di tentare di stare in piedi.
La cella era così piccola che il nano poteva percorrere la larghezza fino alle sbarre in tre passi e in lunghezza era a malapena spaziosa per contenere il letto appoggiato alla parete di fronte. L’umidità trasudava dalle pareti e ora che era perfettamente cosciente poteva cogliere in lontananza le grida gutturali degli orchi e la lingua di Mordor graffiargli le orecchie. Non era micidiale come sussurrata dai Nazgul, ma giungeva ugualmente fastidiosa come il raschiare delle unghie sulla pietra e Kili sentì subito che sarebbe impazzito a rimanere chiuso ad ascoltarla.
Tauriel...
Il pensiero lo folgorò come la luce dell’alba nelle pupille e il nano si scagliò sulle sbarre cominciando a urlare a pieni polmoni il nome dell’elfa.
Riempì di calci le sbarre e imprecò nella lingua nanica, ma sembrava che nessuno badasse alla sua follia.
“Devo parlare con lo stregone o con chiunque comandi qui in sto posto! Rispondete guardie? Che razza di prigione è una non custodita?”gridò con rabbia cambiando strategia, ma appena cessò di urlare solo il silenzio e le grida in lontananza sembrarono rispondere, completamente ignare del prigioniero.
Kili scagliò un pugno contro il muro sbucciandosi le nocche e accolse il dolore come punizione; non era stato capace di proteggere colei che amava e ora non solo era prigioniero e lei chiusa sola chissà dove, ma non era neppure capace di attirare l’attenzione come possibile minaccia. Era inerme come un cucciolo rabbioso messo a cuccia e l’idea che la giovane fosse nelle mani dei loro carcerieri tinse la razionalità dei suoi pensieri di una luce rossastra. Lanciò un grido frustrato e si scagliò sul letto rovesciandolo a terra assieme al lurido pagliericcio su cui era stato incosciente.“Andate tutti a farvi...”
“Suvvia Kili, voi nani siete sempre così sgarbati?”
Il nano si bloccò voltandosi verso quella voce che aveva parlato interrompendo la sua sfuriata, ma appena tentò di guardare oltre le sbarre notò che la luce tremolante della torcia era stata spenta e l’oscurità densa come inchiostro gettato sulla carta. Si concentrò su essa per vedere se la conoscesse già, ma niente gli fece capire a chi appartenesse.
“Chi sei?”chiese per farla di nuovo risuonare e cogliere altre informazioni, ma questa s limitò a zittire e Kili intuì che il suo interlocutore era divertito dal suo improvviso interesse. Frustrato stava per assalirlo con un commento tagliente quando essa parlò di nuovo e stavolta Kili intuì che non era di certo un orco colui con cui parlava: timbro troppo caldo e l’accento con cui si rivolgeva a lui nella lingua corrente era quasi perfetto.
“Un umile servitore di Mordor e di Sauron il grande.”
Kili sorrise feroce sperando che il misterioso visitatore potesse coglierlo. “Così umile che non ti fai nemmeno vedere?”domandò con rabbia e l’altro parve accorgersene perché la luce si riaccese all’improvviso e Kili dovette fare uno sforzo immenso per non urlare. Di fronte a lui stava un uomo in avanzato stato di decomposizione: la pelle sul viso era così trasparente che pareva la buccia di una cipolla piena di vene e sulla mascella si apriva uno squarcio che lasciava intravedere la mandibola sinistra. Gli occhi erano ciechi e lattiginosi e il corpo seminudo se non per una lurida casacca strappata e legata alla meno peggio sui fianchi.
L’essere notò lo sguardo di Kili e sorrise malinconico passandosi una mano sui radi capelli neri che ancora stavano attaccati sul cranio quasi nudo. La sua magrezza era tale che il nano poteva vedere le ossa delle braccia e delle gambe e contare con assoluta precisione le costole sotto quella pelle grigia e floscia.
Come fa a stare in piedi? E’ un cadavere che cammina, pensò con orrore e istintivamente si allontanò dalle sbarre. “Cosa diavolo sei tu?”domandò disgustato e l’uomo si coprì la mandibola sfregiata arretrando lontano dalla luce della torcia fino a quando non fu in una zona buia abbastanza da sfumare i suoi tratti repellenti. “Sono un addetto alle celle Kili, ti ho sentito urlare e sono venuto a vedere”. Alzò gli occhi velati da una patina bianca sul nano per la prima volta e Kili colse la follia alternarsi alla lucidità con cui finora l’uomo si era rivolto a lui. “Sei chiuso dentro lì e io avrò cura di te, si avrò cura di te e della bella elfa dai capelli come il fuoco.”rispose con una bassa voce cantilenante e Kili arretrò ancora di più mentre la pazzia illuminava di una luce malata quegli occhi. “Sai dove si trova Tauriel?”domandò ignorando quegli occhi folli e l’uomo sembrò tornare lucido e cosciente. “Si, è tenuta al piano superiore.”disse e questa volta rispose di nuovo con lo stesso tono sicuro e normale con cui si era rivolto a lui la prima volta, ma fu questione di pochi istanti e di nuovo il viso sfregiato mutò in espressione sognante che si distorse nella pazzia. “E’ bella e tenera, la sua carne è bianca come il latte...adoro il latte, ma nessuno mai lo da a Gui, mai no.” biascicò e si accarezzò un braccio con movimenti ossessivi. “Vorrei solo poterla sfiorare, ma graffia come un gatto. Devo legarla, allora sarà inerme e potrò accarezzarla piano piano come si fa con un gattino spaventato.”continuò a cantilenare ignorando Kili. Il nano lo fissò con disgusto e orrore e si avvicinò alle sbarre cogliendo il significato delle sue parole. Spalancò gli occhi furioso e l’immagine di quelle mani viscide che toccavano la pelle nivea di Tauriel mentre lei lottava per scappare gli oscurarono la vista. “Non osare toccarla, essere abbietto e orribile. Nemmeno pensarci devi o ti giuro che esco e ti strappò gli occhi con cui osi fissarla!”lo aggredì in preda all’ira e l’essere arretrò spaventato tornando lucido. “Mi è vietato toccarla, si occupa di lei una donna si occupa e solo il mio padrone la può toccare.”piagnucolò rannicchiandosi. Si tirò un pezzo di carne sulla mandibola e lo morse succhiando il sangue uscito dal taglio, ma Kili non aveva tempo per stare a pensarci. Respinse il disgusto e si accucciò accanto alle sbarre tentando di usare un tono tranquillizzante verso l’unica fonte di informazioni per Tauriel che aveva. “Tranquillo, non ti faccio del male, scherzavo. Ma dimmi di Tauriel, chi è la sua governante e chi è il tuo padrone?”domandò suadente e l’essere si voltò verso di lui con sguardo vuoto. “Tauriel chi? L’elfa dai capelli di fuoco dici?”domandò con un sorriso folle sul viso sfregiato e Kili si sforzò di ricambiare. “Si lei, Tauriel.”
L’uomo smise di succhiare la carne martoriata e si sedette fissando Kili con aria felice e folle. “Oooh lei bella, io vorrei toccare, ma solo la sua balia può e il mio padrone.”
“E chi è il suo padrone?”chiese spazientito Kili, ma appena l’essere sussultò spaventato tornò a sorridere abbassando il tono. “Scusa, chi è il suo padrone?”
La creatura allungò una mano sfiorando quella di Kili e il nano serrò i denti resistendo all’impulso di schiaffeggiarla, avido di risposte. Tornò a fissare quegli occhi venati di pazzia e finalmente l’essere si decise a rispondere: “Kili buono con Gui e Gui risponde. Padrone è lo stregone, lui cattivissimo non fare arrabbiare Gui. Lui non ha volto però quando guarda Gui lui si sente male e come se fissasse, si”. Annuì accarezzandosi di nuovo come per tranquillizzarsi e Kili si allontanò dalle sbarre tornando ad appoggiarsi al muro.
Tauriel, devo salvarla adesso!
Le parole dello stregone riemersero dalla sua mente. Era il suo sangue che volevano, per creare un esercito e c’era un sol modo per ottenere sangue da quella guerriera ribelle ed era ucciderla. Kili boccheggiò appoggiandosi al muro mentre l’aria usciva dai polmoni alla visione dell’amata che veniva dissanguata mentre invocava il suo nome, la luce della vita che lasciava quegli occhi scuri che amava; non avrebbe tollerato un’esistenza senza di lei. Si puntellò sul muro per alzarsi e fu in quel momento che si accorse che il braccio che lo stregone gli aveva spezzato era guarito così come il taglio al fianco. Si tastò incredulo muovendolo meravigliato. Non ci aveva fatto caso, troppo impegnato a pensare a Tauriel, ma appena si assicurò di essere perfettamente sano una luce determinata accese i suoi occhi.
“Gui giusto?”chiamò l’essere avvicinandosi nuovamente alle sbarre e la creatura lo fissò con un sorriso. “Si io Gui, si.”gongolò accarezzando il braccio di Kili.
Il nano sorrise. Doveva dosare bene le parole, nei prossimi istanti si sarebbe giocato la possibilità di salvare Tauriel. Deglutì a fatica mentre le zaffate di decomposizione dell’essere gli giungevano al naso. Ora che lo guardava veramente bene da vicino notò che in alcuni punti la pelle si gonfiava in piccoli bozzi che si muovevano avanti e indietro pigramente; uno di essi passò in una zona scoperta e il carapace di uno scarafaggio luccicò prima di scivolare di nuovo dentro. Kili represse un conato di vomito e sfiorò a sua volta un braccio ossuto dell’uomo per attirare la sua attenzione. Era come toccare la pelle fredda e molle di un cadavere immerso nell’acqua e nonostante Kili non avesse mai avuto questa esperienza prima la sua mente gli suggerì quella sensazione, come l’istinto naturale di avere paura del buio da piccoli o avvertire il pericolo in agguato. Da parte sua Gui sembrò apprezzare perché si produsse in una cantilena felice e guardò Kili con occhi colmi di fiducia, baratri di pazzia in cui il nano si costrinse ad annegare per compiere il piano che il fato gli porgeva beffardamente sfidandolo a cogliere quell’occasione e salvare l’unica cosa importante della sua vita.
“Gui ascoltami, devi farmi uscire va bene? Anzi no, mi dai le chiavi e poi io esco da solo da qui solo per un pochino e poi torno dentro e non lo saprà nessuno ok?”. Kili fissò trepidante le pupille velate, ma Gui scosse la testa ritraendosi al contatto con aria affannosa, lo guardo improvvisamente vigile e lucido. “Non posso no. Padrone saprà e mi ucciderà. Ha già strappato mio corpo, no voglio no!”gridò a voce sempre più alta e il nano si portò un dito alle labbra. “Ssssh Gui, ok non apri, ma non urlare và bene?”lo ammansì sentendo il cuore sprofondare in un baratro di depressione. Se nemmeno con quell’essere riusciva a scappare, figurarsi da solo. Fissò Gui e vedendolo di nuovo calmo a canticchiare decise di ritentare una seconda volta. “Eih Gui, ma nemmeno l’elfa vuoi vedere? Io posso fartela accarezzare sai, sono suo amico.”lo istigò e Gui alzò la testa fissandolo entusiasta. “Tu conosci si?”squittì avvicinandosi, completamente dimentico di poco prima e Kili annuì sbrigativo, intuendo di dover sfruttare i lampi di follia dell’essere per agire. “Certo e se vuoi andiamo insieme e la salutiamo. Facciamo veloce e poi scappiamo via di nuovo assieme qui ok?”. Sorrise incoraggiante. “Il padrone non lo saprà, anzi magari dorme adesso eh Gui, non lo saprà.”
Gui si tirò la pelle di un braccio strappandone un pezzo come se fosse carta bagnata e lo gettò a terra con un suono flaccido. Annuì battendo le mani e indicò in alto con aria folle. “Padrone volato via, deve uccidere per Sauron oggi. Padrone non c’è e noi vediamo elfa, ma poi torni qui.”ordinò indicando Kili e il nano annuì.
Certo come no.
Gui scivolò via con passo caracollante e dopo un tempo che a Kili parve un eternità tornò con le chiavi delle celle indicandole orgoglioso. “Gui può prendere chiavi per pulire le celle quando sono vuote e quindi trova anche tua chiave e di elfa. Indicò un paio di chiavi nel mazzo e Kili le memorizzò prima che l’essere aprisse le celle invitandolo a uscire. “Andiamo da elfa!”strillò eccitato correndo via e Kili lo seguì con il cuore in gola. Ancora non sapeva come avrebbe fatto a scappare da Mordor attraversando gli imponenti cancelli e tutti gli orchi che aveva visto, ma confidò che avrebbe trovato il modo. Con i Nazgul fuori gioco non doveva essere difficile.
Pregando i suoi dei di proteggerlo Kili sgattaiolò dietro a Gui verso la cella di Tauriel. In quel momento desiderava solo stringerla tra le sue braccia.
 
 
~~~
 
 
Il sentiero si interruppe all’improvviso e Gandalf si bloccò assieme ad esso seguito da Aragorn. Davanti a loro uno strapiombo fermava bruscamente la strada, ma sul fianco della montagna si apriva un ingresso perfettamente intagliato nella roccia.
Gandalf diede le spalle al paesaggio che si apriva sotto di loro e si concentrò sull’apertura buia che sfidava la sua figura con la sua oscurità. Delle sbarre di ferro che un tempo avevano sigillato l’ingresso si trovavano ai lati dell’imboccatura, piegate verso l’esterno come se una forza prigioniera le avesse piegate come burro per uscire e lo stregone sapeva bene chi era stato a liberarsi con tanta foga.
I suoi dubbi erano confermati e la sensazione di essere già stato lì divenne intollerabile mentre una visione squarciava la sua mente con forza cogliendolo di sorpresa e impedendogli di reagire.
 
Una fortezza avvolta dal mantello silenzioso della notte, irta di guglie e pietre erose dal tempo impietoso e dalla solitudine.
Ovunque figure si muovevano tra le rovine saltando agilmente ed emettendo versi gutturali mentre la luce lunare ne illuminava i denti aguzzi e le orecchie spropositate: orchi. Migliaia di orchi che si aggiravano tra le macerie di un’antica fortezza un tempo maestosa e potente.
All’improvviso una figura scura emerse sopra di essi. Non aveva contorni e sfumava continuamente in un vortice oscuro, ma la potenza che emetteva sembrava destare di malvagia bellezza quelle pietre spaccate e gli orchi sembrarono triplicare sotto di lei, aumentando di numero e cominciando a sciamare fuori da ogni anfratto come una brulicante distesa di morte e distruzione e milioni di torce cominciarono ad accendersi tra le guglie, come un sinistro risveglio.
 
Gandalf riemerse boccheggiando e la presa di Aragorn si strinse su di lui.
“Cosa succede Gandalf? Cos’hai visto?”
Lo stregone si voltò verso il ramingo e la paura nei suoi occhi accese la sua. “Cose che non comprendo a fondo Aragorn.”
“Raccontamele e forse in due spiegheremo questo mistero.”lo incitò l’uomo sorreggendolo, ma Gandalf lo scostò gentilmente scoccando un’occhiata verso l’ingresso silenzioso. “Ho visto una fortezza a me nota. Si chiama Gol Undur e penso tu la conosca quanto me. Una forza oscura si muoveva su essa e orchi sciamavano tra le sue pietre formando un onda che mi ha travolto prima del risveglio.”
Aragorn lo fissò a lungo, ma lo stregone non ricambiò lo sguardo. “Credi che sia una premonizione?”chiese, ma Gandalf scosse la testa e la luce sulla punta del bastone si illuminò proiettando un fascio verso un corridoio buio all’interno dell’ingresso. Si dibattè se rispondere o no al ramingo e alla fine cedette: “Io credo sia più di una premonizione e se lo temo vuol dire che ciò che non ricordo è grave e spiegherebbe perché Mordor si risveglia ora.”
E forse non abbiamo più tempo pensò, ma evitò di aggiungerlo ad alta voce. Si inoltrò nel buio e Aragorn lo seguì silenzioso. Il pavimento umido era leggermente inclinato verso il basso e rendeva impervio il cammino, ma alla fine i due riuscirono a sbucare davanti un immensa voragine oscura. Dalla parte opposta ad essa si aprivano sulla parete a intervalli regolari altri ingressi che scendevano in fila verso il basso; ognuno aveva la stessa porta di sbarre di ferro spalancata e contorta verso l’esterno, come piegata da una forza straordinaria. Un camminamento di pietre pericolanti sospese nel vuoto portava in una spirale verso il basso passando davanti ad ognuno dei nove ingressi scavati nella roccia.
Aragorn li fissò mentre il numero nove lampeggiava come un segnale nella sua testa. Nove re, nove spettri, nove forze di nuovo libere canticchiava una voce nella sua testa e un brivido percorse la sua schiena coperta di sudore gelido. Gandalf si mosse sulle pietre pericolanti fino alla prima apertura ed entrò illuminando un piccolo spazio con un sepolcro di pietra intagliato nel fondo. Si avvicinò osservando il coperchio distrutto dove una tunica scura ne usciva fuori per un pezzo e infilò il bastone all’interno portando alla luce uno scheletro: le ossa gialle mezze polverizzate erano strette attorno alla veste e una corona argentata era posta sul cranio ancora intatto. Aragorn si avvicinò sopra la sua spalla per sbirciare e gli parve che quelle orbite vuote si accendessero e lo fissassero. Si immerse in esse e un debole richiamo risuonò nella sua testa a malapena udibile e il ramingo si concentrò tentando di decifrarlo mentre questi si faceva forte e melodico, quasi...
“Aragorn!”. Il ramingo sussultò e le orbite tornarono a fissarlo indifferenti dal cranio ingiallito.
Gandalf lo afferrò e l’uomo sussultò fissandolo confuso. “Cosa? Hai sentito quella voce?”chiese dando una rapida occhiata al teschio.
Gandalf lo fissò un istante con gli occhi grigi. “No, perché sentivi una voce?”indagò e Aragorn  si accorse della sua occhiata. “No, me la sono immaginata.”si difese e lo stregone addolcì lo sguardo posandogli una mano sulla spalla. “Lo so che hai sentito, questo posto è intriso di male e il tuo sangue è come un catalizzatore, ma non devi temere nulla fino a quando ci sono io intesi?”
Aragorn sorrise debolmente e di nuovo gli parve che qualcosa lo fissasse dalla tomba, ma Gandalf parve accorgersene perché sua presa si strinse sulla sua spalla e il grigio dei suoi occhi si indurì. “Meglio se c’è ne andiamo, non è prudente rimanere qui.”
Il ramingo annuì grato e insieme uscirono verso il camminamento di pietra.
“Aragooooorrrn”. L’uomo si irrigidì e la voce tacque alle sue spalle. Il ramingo mosse un nuovo passo per seguire lo stregone, ma appena uscì dalla tomba la voce moltiplicò all’improvviso risuonando dal baratro di fronte a lui.
“Aragoorn.”
“Aragorn.”
“Aragooooorn.”
Il suo nome risuonava come un eco e l’uomo si bloccò cercando con la mano la parete dietro di sé. Si appiattì su essa sentendo la fronte imperlarsi di sudore e le voci crebbero risuonando dappertutto nel buio di quella voragine.
“Gandalf.”chiamò, ma nessuno rispose e anche le voci tacquero. Aragorn si voltò di lato, ma nessuno traccia dello stregone. Era solo.
Scrutò freneticamente intorno e vide che le pietre che portavano all’uscita erano scomparse e la luce invitante del sole si trovava davanti a lui, irraggiungibile e separata da una voragine in cui le voci avevano ripreso a sussurrare il suo nome.
Il ramingo chiuse gli occhi tentando di concentrarsi e le dita si strinsero sulla spada trasmettendogli con il contatto freddo dell’elsa sicurezza. Il battito del suo cuore rallentò e per un istante le voci parvero diminuire dandogli speranza, ma fu questione di pochi istanti e una di esse si librò sopra di tutte come un rapace sulla preda sussurrando il suo nome con un odio tale che l’uomo barcollò sentendo la fronte inumidirsi di sudore gelido.
“Aragoooorn.”
“Che cosa vuoi?” urlò il ramingo e una risata echeggiò dal baratro seguita dal frusciare di una veste, come se qualcuno salisse con lentezza i gradini verso di lui. Aragorn scrutò il buio cercando di calmarsi, ma il rumore sembrò moltiplicare e il ramingo strisciò a tentoni all’interno della tomba alle sue spalle sguainando la lama.
Il battito traditore del cuore gli rimbombava nelle orecchie e brividi di paura percorrevano in tremiti incontrollati il suo corpo. Scrutò con gli occhi scuri l’ingresso della tomba e una figura alta e scura comparve al suo ingresso fermandosi assieme al frusciare della veste. Un volto senza luce si voltò a fissarlo e Aragorn sentì la spada cadere davanti a lui quando riconobbe la figura imponente dello Stregone di Angmar.
Raccogli la spada! si intimò, ma le sue gambe non risposero e per la prima volta Aragorn si sentì inerme. La potenza dello stregone vibrava come un’aura attorno a lui paralizzandolo come un topolino di fronte al serpente.
Il Nazgul percorse con la mano metallica la parete fissando la tomba e un sibilo divertito proruppe dal cappuccio senza volto. “Sei venuto a farmi visita, ma che nobile gesto Aragorn.”sussurrò gelido come un respiro morente. Si avvicinò al ramingo fino a che la veste nera non sfiorò il petto dell’uomo e inspirò avido la sua paura; era quella che gli dava vita assieme al battito di un cuore poco prima di morire, quando una preda sa che sei lì per ucciderla e quel piccolo organo sembra pompare più sangue, come se sperasse di salvarsi continuando a irrorare di vita i tessuti.
Aragorn arretrò sbattendo contro la pietra. La spada era a pochi centimetri dal suo piede, ma anche lo stregone parve accorgersi di lei e con cenno la fece levitare fino alla sua mano. Ne studiò la lama in silenzio saggiandone il taglio e una risata gelida percorse la tomba. “Non è la Lama Spezzata, vedo che non hai deciso di riscattare la corona. Che peccato, avrei volentieri trafitto il tuo nobile cuore con una lama di tale pregio”. La passò di piatto sul collo del ramingo e Aragorn ne avvertì il tocco freddo sulla carotide pulsante. Ignorando la paura affondò con sfida gli occhi scuri nel buio del cappuccio.
Falla finita e ammazzami!
Lo Stregone fece scivolare la spada all’altezza del cuore che batteva rapido nel suo nido di carne e ossa e la sua voce sibilante risuonò ancora più gelida della lama sulla pelle: “Ti accontento subito.”sibilò e con un gesto crudele affondò la spada fino all’elsa nel petto di Aragorn.
 
 
 
Zu zuuuum...Salve EFP lettori, vi state strappando la carne dalla faccia per questo finale da fiction del livello Beatiful? Se è così ho raggiunto lo scopo prefissato in questo alquanto macabro capitolo.
Che ne dite, tinte cupe qui eh? Che volete farci a me i capitoli vengono bene se sono il più possibile dark, sono fatta così=)
Come vedete qui regnano incontrastati ben due momenti della fic. Passiamo da Gandalf e Aragorn a Kili che tenta di scappare per salvare Tauriel e di nuovo Aragorn e come vedete tutti in sospeso per farvi morire lentamente in agonia...dovete bollire! Come sapete bene io stravolgo il Signore degli Anelli quindi non saprete mai se farò morire Aragorn fino al prossimo capitolo o cosa succederà se soppravvive e sappiate che io cambio idea fino alla fine, quando la verità si presenta a me con la decisione perciò fan di Aragorn, morite lentamente nell’attesa XDXDXD
Per quanto riguarda Gandalf saprete presto cos’è successo nelle tombe anche a lui e se vi chiedete chi cavolo sia Gui, è un personaggio inventato che ho aggiunto per bisogno, saprete di più di lui più avanti non temete, per i curiosi=)
Bene, vi saluto per ora e al prossimo capitolo. U...U
Fraviaggiaincubi
 
 
 

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Capitolo 8
*** La stella del Vespro ***


Capitolo 7
 
La stella del Vespro
 
Ragazzuoli/e, per la gioia dei romanticoni in questo capitolo avremmo una coppia coccolosa che ci dà un po’di love e si concederanno un momento di dolcezza in mezzo al casino di fic che è sta storia e per quanto riguarda il suo continuo dopo questo capitolo inizio ufficialmente a seguire il libro di Tokien con la sua storia, tranne che ne modificherò di sana pianta tutto fino a quando non impazzirò e me ne andrò per la mia strada con questa mia fanfiction.
Ah secondo i miei piani dovrei riuscire a introdurre ogni capitolo un nuovo personaggio dei nostri amati eroi, indovinate chi entra in scena qui? Daaaaai=) scommetto lo avete già intuito.
Buona lettura!!!
 
 
La lama trafisse la carne come se passasse attraverso uno specchio d’acqua e la punta affilata sbucò dalla parte opposta del corpo portandosi dietro una scia di sangue rosso rubino.
Il Nazgul sibilò di piacere guardando le pupille di Aragorn dilatarsi per il dolore mentre la bocca si spalancava in un grido muto che esprimeva più dolore che se avesse urlato perché dove l’uomo non aveva abbastanza forze per urlare, il sangue che gocciolava dalla lama sulla pietra era la dolce musica che lo Stregone di Angmar desiderava sentire assieme al suono morente del cuore trafitto. Lo stregone si concentrò sulle iridi scure del ramingo godendosi ogni stilla di dolore che esprimevano come un dissetante elisir di lunga vita. Lontano dall’Unico anello la sua sofferenza era atroce e per nutrire il suo spirito i Nazgul traevano piacere dal dolore altrui dei corpi del nemico.
Il mio corpo è la cosa che più desidero...pensò e il suo sguardo si puntò sulla tomba alle sue spalle mentre le ginocchia di Aragorn cedevano e l’uomo si accasciava sulla spada, ma lo spettro non aveva intenzione di lasciarlo andare facilmente. Fulmineo distolse lo sguardo dai resti del suo corpo mortale con un occhiata di desiderio feroce e afferrò l’uomo per il cappuccio costringendolo con un gemito a rialzarsi. Pronunciò tre secche frasi nella lingua nera e il cuore di Aragorn lanciò una fitta riprendendo a battere nonostante fosse trapassato dalla lama.
“Suvvia erede di Isindur, ho ancora fame di sofferenza, non vorrai morire ora vero?”. Ritrasse la lama e Aragorn urlò portandosi una mano al petto e crollando supino sulla tomba. Il respiro rantolante che usciva dai polmoni scatenavano brividi di piacere al Nazgul e lo stregone scoppiò a ridere disegnando pigramente simboli oscuri con il sangue dell’uomo sulla pietra. Le orbite vuote del suo involucro mortale lo fissavano derisorie e il Nazgul sibilò furioso.
Sauron mio signore, se solo mi concedessi di poter avere il mio corpo, non basta lo struggente desiderio dell’Unico a punirmi?
I Nove erano costretti a vivere eternamente in perenne allerta per cogliere la posizione dell’anello di Sauron quanto lo era lui a consumarsi in una folle ricerca. Lo bramavano come l’acqua un corpo vivente e da secoli quel violento desiderio era diventata un’ossessione che scavava la mente dei crudeli spettri quanto riavere un corpo lo stregone. Senza di esso era solo uno spirito malvagio, una presenza incatenata all’oscuro sovrano che non poteva godere dei piaceri legati all’esistenza ed era questo ad ossessionare il re dei Nove. Bramava poter cogliere il tocco freddo della lama, il calore del sangue che scivolava su essa o i brividi di piacere che la vicinanza a Sauron scatenavano in loro, colti ora con una percezione scarsa, come se avvertissero i cinque sensi nel corpo di spettro avvolti da una membrana che attutisse le sensazioni. Persino ora che immergeva le dita nel sangue caldo dell’uomo non poteva cogliere appieno il calore di quella vita che stava cinicamente rubando tra atroci sofferenze e il battito di quel cuore...troppo debole ne avvertiva il suono, come avvolto dall’ovatta, e questo scatenava ondate di furia nello stregone; quelle le avvertiva chiaramente.
“In piedi, ho cambiato idea sul tuo destino verme.”ringhiò e afferrato Aragorn lo sollevò pronunciando una breve litania nella lingua nera. I suoi poteri crepitarono intorno a lui come un’aura e la ferita della lama si chiuse come se non fosse mai stata fatta, ma la perdita di sangue era stata molto estesa e il pallore di Aragorn tradiva la sua debolezza così come le gambe, incapaci di reggerlo. Tentò di scappare verso l’uscita, ma lo stregone gli fece lo sgambetto afferrandolo per una spalla e lo trascinò fuori sospendendolo sul baratro con una mano sola. “Abbiamo trovato un’arma che mi permetterà di creare un esercito potentissimo caro Aragorn e mi è venuta un’idea.”attaccò lo stregone osservando l’uomo aprire gli occhi, all’improvviso cosciente delle sue parole. “Un’arma?”domandò debolmente e il Nazgul annuì soddisfatto che la sua preda si interessasse delle sue parole, non c’era niente di meglio che allarmarlo facendogli intuire su quale baratro stesse per scivolare la Terra di Mezzo. Con un sorriso sadico che l’uomo non poteva cogliere proseguì: “Esatto, un’elfa che contiene in sé anche il sangue di uno stregone della terra di Angmar.”si indicò con un gesto teatrale. “Capace di creare guerrieri invincibili e qui mi è venuto in mente che forse mischiando il sangue di un erede di Isindur con il mio potrei avere un corpo”. Fissò Aragorn cogliendo l’orrore nelle sue pupille. “Ho sempre desiderato un corpo e tu sei perfetto, una beffa per Gondor se lo Stregone di Angmar avesse l’unica persona che può sollevare i popoli reclamando la corona. Che ne dici Aragooorn, forse dovevi salvare il tuo popolo quando potevi.”sibilò con cattiveria e il ramingo si divincolò nella sua stretta. “Preferirei che mi lasciassi cadere in questa voragine.”
Lo stregone parlò nella lingua nera e una fitta raggiunse la mente dell’uomo. “Lo so bene che lo vorresti, ma non posso accontentarti. Non ora che ho ricevuto questa folgorante rivelazione che mi cambierà la giornata.”
Aragorn lo fissò con odio. “Dov’è Gandalf?”
Il Nazgul fece spallucce. “Lo chiuso fuori dalla mia tomba con un incantesimo, quando riuscirà a spezzarlo saremo lontani”. Si voltò con un fruscio del mantello trascinando il ramingo come fosse una bambola. La sua forza non aveva eguali e Aragorn lottò affannosamente  per scappare. Si sentiva debole e ogni battito del cuore mandava fitte al corpo ricordandogli che sarebbe dovuto morire. Assieme a ciò la rivelazione del Nazgul lo torturava e il bisogno di dirlo a Gandalf forte. Doveva sapere a cosa andavano incontro prima che fosse tardi, Sauron avrebbe creato un esercito con il sangue di una creatura dai poteri micidiali e allora che avesse o no l’Unico non aveva importanza perché avrebbe raso al suolo metà della Terra di Mezzo per trovarlo e l’altra metà l’avrebbe distrutta sotto al suo dominio e riguardo a lui, la speranza della razza umana, sarebbe diventato un semplice involucro per uno dei suoi servi più micidiali. Il pensiero annullò qualsiasi altro e Aragorn ricominciò a lottare con ancora più forza man mano che lo Stregone lo trascinava verso il cuore della tomba. “Gandalf!”urlò con quanto fiato aveva in gola dibattendosi e scalciando.
Lo Stregone di Angmar si fermò colpendolo con un calcio al viso. “Stai zitto o lo farò io.”minacciò, ma Aragorn ignorò il sapore di sangue che gli riempiva metallico la bocca e gridò di nuovo il nome dello stregone grigio.
Qualsiasi prezzo pur di non dartela vinta.
“Gaandalf!”
“Ti ho detto zitto!”. Il Nazgul alzò l’aura attorno a lui e l’uomo sentì l’aria uscire dai polmoni come se qualcuno glieli avesse schiacciati. Boccheggiò senza più voce e lentamente perse i sensi facendo un ultimo disperato tentativo per lottare prima di accasciarsi sulla pietra gelida dei gradini. Lo stregone sollevò la testa soddisfatto e riprese a scendere nel cuore della tomba. Chiamò a raccolta i compagni e li vide volteggiare sopra gli immensi destrieri alati su un lato della collina, il battito possente delle ali che catturavano pigre le calde correnti provenienti dalla valle. “Nazgul, eliminate lo stregone grigio all’ingresso della grotta. Sauron ci aspetta.”comando con voce glaciale.
Gli otto spettri lanciarono il loro acuto grido nel cielo e come un unico essere i destrieri virarono verso l’entrata della tomba cavalcando un vento carico di promesse di morte.
 
 
~~~
 
 
Idiota di uno stregone.
Gandalf colpì la barriera davanti all’ingresso della tomba per l’ennesima volta, ma essa si piegò davanti al suo potere prima di tornare beffardamente rigida a sfidarlo. Il suo crepitio recava la firma dello Stregone di Angmar e l’angoscia di Gandalf uno solo nome: Aragorn.
Lo stregone grigio colpì disperato il muro. Avevo giurato di proteggerti, maledizione Aragorn.
Si maledisse venti volte e quando stava per tentare l’ennesimo inutile assalto, un grido lacerante riempì l’aria echeggiando nella valle e Gandalf si voltò verso otto figure scure che volavano verso di lui. Non fu difficile intuire cosa fossero e con uno scatto lo stregone sollevò il bastone facendolo sfolgorare come una stella.
A quella vista gli immensi Nazgul virarono e gli otto spettri lanciarono urla di rabbia virando sopra le groppe irte di spine per tentare un nuovo assalto. Gandalf li vide parlare tra loro nella lingua nera e uno ad uno si lanciarono contro il sole costringendolo a distogliere lo sguardo dal suo riverbero accecante. Si coprì con una mano e in quell’istante  uno dei rettili si lanciò in picchiata su di lui, ma Gandalf non si fece cogliere impreparato e sferrò un nuovo attacco colpendo con la lama della spada la bocca irta di denti che lo stava per afferrare. La lama tracciò un arco ferendo la carne scura della mascella del Nazgul e il drago lanciò un ruggito sbattendo le ali per sfuggire all’attacco, ma lo stregone non demorse e infilzò con rabbia l’iride dorata del mostro scatenandoli una violenta convulsione che fece cadere lo spettro a terra e costrinse gli altri Nazgul in arrivo a evitare la coda spinata che saettava in aria.
Gandalf ne approfittò e cogliendo l’occasione sfilò la punta insanguinata puntandola contro il Nazgul. “Non azzardarti a muoverti e manda via la tua bestia infernale.”ordinò senza fiato, ignorando il sudore che lo accecava.
In tutta risposta il Nazgul sibilò e l’immenso destriero si alzò in volo lacrimando sangue dall’occhio ferito.
Tenendo d’occhio i compagni lo stregone fece fiammeggiare il bastone e lo puntò contro la fessura sul cappuccio dello spettro. Al contatto con la luce lo spettro si inarcò  lanciando un grido lacerante e Gandalf strinse i denti per resistere a quel suono doloroso. “Chiama il tuo signore, ora!”
Il Nazgul puntò lo sguardo su di lui e la sua voce colma di sarcasmo investì Gandalf come una sferzata della coda del suo destriero. “Intendi Sauron o il nostro re?”
“Lo sai bene chi intendo.”ruggì Gandalf piantando di nuovo il bastone sul mantello nero dello spettro e strappandogli un nuovo grido che scatenò i sibili dei compagni, in volo sopra di loro come corvi su una preda troppo resistente.
“Chiamalo o ti farò pentire di esistere creatura immonda!”
Il Nazgul sibilò di odio e colpì il bastone con una mano. “Mai, preferisco morire e lunga vita a Sauron.” ringhiò.
Gandalf alzò il bastone per colpirlo, ma qualcosa di oscuro  attirò la sua attenzione. Una forza potentissima stava avanzando da sotto terra e Gandalf sbiancò di fronte alla potenza di quell’onda.
A che livello sono i suoi poteri?
Si gettò di lato in tempo mentre la barriera dietro di lui esplodeva con un’onda d’urto talmente forte che metà della montagna crollò con un fragore spezzandosi in due con un suono agghiacciante. Lo Stregone di Angmar emerse tra la polvere come se fosse stato vomitato dalla roccia stessa e la maschera di ferro sul suo capo scintillò mutando forma in una corona luccicante irta di punte taglienti. Si erse in tutta la sua altezza e l’aura del suo potere crepitò come una fiamma attorno alla veste luccicante. Con un sibilo il Nazgul si voltò verso Gandalf e due puntini rossi dardeggiarono nella fessura del cappuccio, colmi di furia e odio verso la figura grigia dello stregone che osava sfidare il suo potere. La sua voce glaciale vibrò come una stilettata di ghiaccio e un vento gelido irruppe scivolando nella valle come un alito di morte. “Gandalf, solo tu sei così pazzo da sfidare la mia collera.”ringhiò sfoderando la lama nera.
Lo stregone grigio trattenne un brivido di terrore. Anche da lì l’aura dello Stregone di Angmar era micidiale come acido corrosivo, ne poteva avvertire il potere che consumava il suo come la fiamma di una candela, ma si costrinse a resistere appena i suoi occhi si posarono sulla figura accasciata contro di lui, stretta nella morsa della sua mano.
“Aragorn.”chiamò con voce flebile e il ramingo sollevò la testa incrociando i suoi occhi. “Scappa Gandalf.”disse debolmente e a quelle parole lo Stregone di Angmar gettò indietro la testa scoppiando a ridere. “Oh Aragorn, certo che non scappa, sarebbe un codardo a lasciarmi passare con il mio futuro corpo senza tentare di combattere e perire”. Sorrise perfido al pensiero. “Di sicuro così posso farti fuori una volta per tutte.”aggiunse guardando altezzosamente Gandalf.
Lo stregone grigio impugnò saldamente il bastone e la sua luce accecante brillò disperata contro l’oscurità che ammantava lo stregone come un’aura crepuscolare. Lo spettro sibilò e sollevò Aragorn come fosse una bambola. Con un fischio chiamò il suo destriero ed esso sbucò dalla voragine lasciata dal suo padrone spalancando la chiostra di denti e la sua lingua forcuta saggiò l’aria avvertendo il corpo di Aragorn sospeso davanti le sue fauci.
Lo Stregone di Angmar si voltò con lentezza verso Gandalf gustandosi la paura che leggeva in quegli odiati occhi grigi. “Oh Gandalf, non hai mai imparato niente contro di me, lo sai bene che io adoro portarmi dietro un asso nella manica e guarda caso stavolta me l’hai consegnato tu”. Porse una mano al Nazgul e il rettile si strusciò contro di essa emettendo un basso rumore di gola. “Che ne dici, mi lasci passare o preferisci che il mio destriero si divori il tuo prezioso erede di Isindur?”domandò incidendo nelle ultime parole con un disprezzo tale che Gandalf parve di avvertirne il sapore sulla lingua.
Sta bleffando, lo sai che desidera avere un corpo.
Impugnò il bastone più saldamente, reso instabile dal sudore sui palmi e sorrise sotto la barba grigia. “Andiamo spettro, lo so bene che vuoi avere il corpo di un re, il tuo stesso sangue te lo impone quindi non venire a dirmi che lo darai in pasto alla tua bestiaccia perché insulti la mia intelligenza.”rispose, maledicendosi di non poter cogliere nulla dal nemico, imperscrutabile come lo era un tempo il suo padrone.
In risposta lo stregone esplose a ridere e la montagna rabbrividì di fronte tale malvagità. “Forse sei tu che insulti me stregone da quattro soldi. Non sai forse che Sauron mi ha mandato ad ucciderlo e che poco fa la mia lama ha trafitto questo cuore”. Toccò il petto di Aragorn e l’uomo spalancò gli occhi gemendo mentre la ferita ricompariva come se una lama invisibile stesse penetrando nella carne. Lo spettro sorrise e ritirò la mano lasciando che la ferita si richiudesse; il sangue fresco luccicò rosso sui guanti di ferro che portava. “Non hai idea di quanto soffrisse, il suo dolore mi scorre nelle vene rafforzandosi e la tua angoscia ti congela la mente Gandalf”. Mosse la mano e il sangue dell’uomo schizzò la tunica grigia dello stregone. “E’ questa la sottile differenza tra me e te. Io gioco con la vita a mio piacere e tu, tu sei uno stolto che si attacca a troppe cose lasciandomi il trastullo di strappartele.”
Si chinò su Aragorn senza perdere di vista il viso stravolto dal dolore di Gandalf e sussurrò in modo che solo lui potesse sentirlo: “Pregalo di salvarti Aragorn. Fallo e ti lascerò andare, ribellati e il mio Nazgul ti strapperà la carne pezzo per pezzo senza che tu possa morire.”
Aragorn aprì a fatica gli occhi e il respiro gelido dello spettro lo investì. “Preferisco essere divorato vivo che darti soddisfazione.”ringhiò e lo Stregone di Angmar annuì. “Peccato...”disse minaccioso e tornando eretto in tutta la sua statura si voltò appena in tempo per vedere un lampo bianco schizzare verso di lui colpendolo in pieno. Cadde rovinosamente contro la parete rocciosa e i sassi franarono su di lui coprendolo tra i suoi sibili infuriati. All’istante i Nazgul si gettarono in picchiata e Gandalf sfoderò la lama pronto a difendersi; parò i primi attacchi sottraendosi alle zanne affilate e alle lame che piovevano da ogni lato, ma uno degli spettri riuscì a colpirlo facendogli precipitare la lama nel burrone. Impotente Gandalf la vide cadere luccicando sotto il sole e il Nazgul dello stregone piombò su di lui bloccandolo contro la parete con una zampa artigliata. Ruggì inarcando il collo e la voce del suo padrone giunse di lato colma di furia: “Strappagli il bastone!”
Il rettile scattò fulmineo come una vipera e artigliò il bastone che Gandalf stava per usare facendo spegnere la luce sulla punta e con uno schioccò lo spezzò in due, gli occhi gialli colmi di furbizia e il fiato rovente che sbuffava divertito dalle narici.
Maledizione!
Lo stregone grigio si divincolò guardando impotente le immense zanne spalancarsi davanti al suo viso, pronto a divorarlo, e le grida degli spettri si alzarono nell’aria irate.
Perché gridano? pensò Gandalf senza staccare lo sguardo dall’immensa bocca spalancata su di lui, ma le zanne non si chiusero sul suo corpo.
Il Nazgul si fermò prima di azzannare lo stregone e si voltò ruggendo verso il sentiero dove una figura avanzava avvolta da una luce accecante, come il chiarore più puro. Era a cavallo di un destriero candido, tranne per il muso e le zampe e non portava finimenti. Gandalf riconobbe con gioia Ombromanto e quando i suoi occhi penetrarono quel fulgore accecante la sorpresa lo paralizzò: a cavallo del suo stallone un’elfa avanzava con l’arco teso e le sue frecce piovevano sui Nazgul impedendo loro di avvicinarsi. La dama puntò la freccia contro il Nazgul che lo teneva prigioniero e il rettile ruggì mollando la presa e spalancando le ali per alzarsi in volo, una freccia infilata nel collo ancora vibrante.
“Arwen!”gridò Gandalf e l’elfa si voltò vedendo lo Stregone di Angmar liberarsi dai massi che lo imprigionavano, la furia del suo potere che crepitava come una tempesta attorno a lui. Puntò un dito su Arwen come una condanna e la lingua di Mordor risuonò nell’aria carica di elettricità: “Non osare sfidarmi elfa!”
Arwen sollevò l’arco e la luce brillò così vivida che parve fosse mezzogiorno. “Forse sei tu che non devi sfidare me Stregone di Angmar, non ti permetterò di avere il corpo del mio amato.”ribatté in elfico e il vento si alzò sollevando la sua chioma nera come ali di corvo, come a sostenere colei che era conosciuta dal suo popolo come la Stella del Vespro, tale era la bellezza e il fulgore della sua luce.
Aragorn sollevò la testa dal punto in cui era caduto e gli occhi verdi di Arwen si fissarono nei suoi e quel silenzio con cui si scambiarono un’ occhiata breve come il battito d’ali dei Nazgul bastò più di mille parole che entrambi volevano dirsi, erosi dalla lontananza che le loro razze ponevano di fronte il loro amore.
L’elfa disegnò nella sua mente ogni singola linea di quel viso mortale che le aveva donato quel sapore che da molto tempo la sua vita lunga e infinita sembrava aver perso, quasi come se un pittore avesse preso la luce e avesse illuminato un quadro spento con colore nuovo ridonandoli freschezza allo stesso tempo Arwen aveva trovato la luce della sua esistenza e non poteva esistere tenebra abbastanza grande per portargliela via, nemmeno quella dello stregone più potente che esistesse dopo Sauron, in piedi a sfidare il suo amore come un dio della morte al giudizio finale.
Lo Stregone di Angmar si voltò un istante verso Aragorn e poi tornò ad Arwen e annuì. “Ah si ora capisco, un’altra unione infame tra due razze. Arwen di Gran Burrone”, sibilò e l’elfa rabbrividì sentendo la sua voce ghiacciata pronunciare il suo nome come un’imprecazione. “Cosa farai quando lui morirà e tu vivrai? La sua vita è così breve anche per un mezzosangue come lui.”
“Non sono affari tuoi e ora spostati!”gridò l’elfa sguainando una spada. Diede un rapido sguardo a Gandalf e lo stregone sentì la voce dell’elfa sussurrare nella sua mente: Al mio segnale fai crollare la montagna.
Arwen spronò Ombromanto e il coraggioso stallone si lanciò verso la figura dello spettro; cavaliere e cavallo brillarono come una stella incandescente contro l’oscurità dello spettro e quando la lama di acciaio dell’elfa si scontrò contro quella nera dello stregone la terra tremò di fronte la loro forza.
L’impatto si riversò sul braccio di Arwen e l’elfa si morse il labbro sentendo l’aura dello stregone tentare di abbattere le sue difese che impedivano agli otto compagni di attaccare. Invocò l’aiuto del suo popolo e vibrò una nuova stoccata e un’altra e un’altra ancora, ma ogni volta la lama nera bloccava il suo attacco e il respiro gelido dello spettro le soffiava la promessa di una morte lenta sul viso.
Ombromanto nitrì impennandosi coraggiosamente quando la spada dell’avversario spezzò la lama dell’elfa in mille schegge taglienti e il suo mantello nero si gonfiò come ali oscure.
“Muori elfa!”soffiò gelido lo Stregone e due puntini rossi brillarono nell’oscurità del cappuccio. Alzò la lama mirando al petto di Arwen e l’elfa sentì il suo cuore morire vedendola calare su di lei.
Ho fallito...pensò terrorizzata e la voce di Aragorn le giunse alle orecchie mentre invocava disperato il suo nome.
La lama calò verso di lei letale come una cometa di fuoco sulla terra e Ombromanto nitrì sollevano selvaggiamente la testa. Il suo petto candido intercettò l’avanzata della lama ed essa penetrò nel suo pelo niveo affondando in una rosa scarlatta che macchiò la purezza del suo mantello.
Stupido cavallo!
Lo stregone immerse la lama fino all’elsa e con cattiveria squarciò il petto dell’animale aprendo un immenso taglio slabbrato per liberarla da quella morsa di carne e coraggio. Ombromanto nitrì gettando la fiera testa indietro e crollò a terra disarcionando Arwen, il sangue che scivolava dalla ferita in sentieri fini come i crini argentati sparsi sulla roccia. L’immenso occhio nero si mosse cercando la figura di Gandalf e quando riuscì a trovarla lo stallone sbuffò un ultimo saluto dalle froge al suo padrone e la vita lo abbandonò per sempre.
Gandalf fissò il cavallo con orrore e la rabbia inondò il suo cuore. Si sollevò in piedi nonostante il dolore al fianco prodotto dalla zampa del Nazgul e con un ultimo silenzioso addio al magnifico animale che aveva coraggiosamente sfidato le tenebre con lui molte volte afferrò il bastone spezzato. Si concentrò a lungo e la luce baluginò come una speranza sulla punta, ma Gandalf non smise di insistere e quando essa brillò come una fiamma, candida come il manto di Ombromanto, lo stregone grigio la sollevò in alto.
Una voce eruppe nella sua testa chiara e colma di forza.
Ora Gandalf!
Lo stregone scagliò un raggio sulla parete della montagna nell’istante in cui i Nazgul piombavano su di lui, liberi dall’influenza di Arwen, a terra. Tentarono di fermarlo scendendo in picchiata, incitati dagli spettri, ma fu tutto vano. La montagna gemette e con un brivido crollò rovinando verso il sentiero in un fragore di sassi e potenza della natura stessa.
Arwen vide la valanga avvicinarsi scatenata dall’ira di Gandalf e con un balzò felino scattò verso Aragorn. Le sue dita si chiusero sul cappuccio del mantello e con una spinta lo lanciò dentro la voragine aperta nella tomba dallo Stregone di Angmar un attimo prima che la montagna crollasse sul sentiero con il rumore di un tuono.
I Nazgul ruggirono investiti da quella frana inarrestabile tentando di fuggire e lo Stregone di Angmar sibilò furioso mentre un fiume di terra e massi lo travolgeva facendolo precipitare nel burrone sotto di lui. Tentò di aggrapparsi alle rocce scavando profondi solchi, ma era inutile. Il potere di Gandalf si scatenò di nuovo e con un lampo di luce una nuova ondata scatenò una frana che lo travolse catturandolo nella furia della sua corsa.
Precipitò nel vuoto seguito dalle grida dei compagni e una roccia lo colpì nella corsa verso il vuoto strappandogli un sibilo prima di abbattersi al suolo assieme ai Nazgul. I massi li travolsero uccidendo le cavalcature tra i loro ruggiti di dolore e prima che la valanga li travolgesse in una tomba di terra e pietre l’occhio di Sauron si puntò sui suoi servi colmo di furia, trafiggendo la sua mente con una stiletta di odio bruciante.
 
 
~~~
 
 
Arwen guardò ammirata la montagna crollare travolgendo Nazgul e spettri e abbattendosi alla fine del burrone seppellendo i cavalieri neri e le loro cavalcature in un fiume di pietre e fango. Per tutto il tempo in cui la montagna ruggì spezzandosi restò aggrappata ad Aragorn temendo che potesse sfuggire dalla sua presa e cadere nella voragine assieme alla figura dello Stregone, avvolto dalla veste nera come un rapace dalle ali spezzate. Ondate di odio le travolsero la mente durante la sua caduta, ma resistette attaccandosi al lento respiro dell’amato contro la sua guancia e finalmente calò il silenzio.
La pioggia iniziò a cadere fine cullandola con il suo picchiettio e Arwen chiuse gli occhi sfinita. Non seppe quanto passò prima che la voce di Gandalf la chiamasse, ma quando aprì gli occhi la luna la salutò dallo spicchio di cielo visibile dall’ingresso della tomba in cui si era rifugiata per evitare di essere travolta dalla frana.
“Arwen, dimmi che non sei ferita?”le domandò la voce angosciata dello stregone grigio e l’elfa aprì gli occhi sorridendo. “No, sto bene.”
Si alzò lentamente e voltandosi verso Aragorn lo vide aprire gli occhi, le iridi scure che brillavano sotto il riflesso argentato del bastone di Gandalf. L’uomo la fissò a lungo e un sorriso si disegnò sulle sue labbra. “Sono morto?”
Arwen sorrise a sua volta e di slancio appoggiò le labbra su quelle di lui. Aragorn ricambiò con forza e i loro respiri si fusero come avevano fatto mille volte nei loro sogni. Fu l’elfa a staccarsi per prima, il battito del cuore piacevolmente doloroso contro le costole. “Non è un sogno.”rispose dolcemente e l’uomo le prese il viso tra le mani passandole un pollice sulla guancia, gli occhi fissi in quelli di lei. “Avresti potuto morire.”
Arwen sorrise nel buio e il suo cuore mandò una fitta al pensiero che le travolse la mente. “Se fossi morto tu allora sarebbe stato lo stesso che affrontare quelle tenebre.”ribatté con fierezza e gli occhi scuri di Aragorn si addolcirono. Le sfiorò la fronte con le labbra intrecciando le dita tra i suoi capelli neri come la notte che ammantava la valle. “La tua luce brilla come le stelle del cielo Arwen di Gran Burrone.”disse, ammirato dal coraggio dell’elfa.
“La mia luce brilla accanto alla tua”.Arwen si alzò e Aragorn la seguì aggrappandosi alle rocce delle pareti. L’elfa lo aiutò come poteva e una volta che l’uomo riuscì a stare in piedi non resistette e lo abbracciò con forza seppellendo il viso nel suo collo e ascoltando con il suo udito fine il battito di quel cuore così fragile.
Quanti battiti hai prima che lascerai il mio solo? Quanto tempo seguirai il mio sincronizzandoti con il suo ritmo prima di lasciare un vuoto?
Il cuore di Aragorn accelerò come per rispondere ai suoi pensieri e i battiti si armonizzarono come la melodia perfetta di un canto antico. I loro corpi sembravano incastrarsi perfettamente come se fossero stati creati per stare insieme, nonostante quello di Arwen fosse eterno e quello di Aragorn destinato a soccombere agli artigli della morte.
La voce di Gandalf risuonò all’esterno della tomba: “Arwen, come sapevi che eravamo qui.”
Aragorn sciolse le dita dai suoi capelli e i loro corpi si separarono, nonostante continuassero a muoversi l’uno accanto all’altra sfiorandosi mentre uscivano sotto l’aria fredda.
“Mio padre ha avuto una visione Gandalf e ho capito che dovevo trovarvi. E’ stato allora che mi sono messa in viaggio intercettando le vostre tracce che si dirigevano alle Alte Colline.”spiegò l’elfa e Aragorn le appoggiò la guancia sulla testa stringendola a sé, le iridi scure gravate da qualche ricordo doloroso che l’elfa non colse.
Gandalf la fissò distogliendo a fatica gli occhi dal burrone scuro dove anche il corpo di Ombromanto era caduto. “Che visione Arwen?”domandò con voce carica di una nota d’ ansia e l’elfa ricambiò con lo stesso timbro, gli occhi verdi duri come smeraldi. “Mio padre sa dove si trova l’Unico, devi subito partire a recuperarlo o sarà Sauron a farlo”. Il vento si sollevò allarmato da quelle parole scuotendole sul viso pallido i capelli neri e Aragorn sollevò lo sguardo scrutandosi attorno guardingo. “Arwen dove si trova l’Unico?”bisbigliò e Gandalf intuì il perché del suo tono basso. Scrutò il burrone sotto di lui per n istante e scambiò uno sguardo silenzioso con l’elfa.
Arwen si scostò da Aragorn e avvicinatasi allo stregone grigio appoggiò le labbra al suo orecchio, mentre il vento ruggiva con più veemenza, come ansioso di catturare le parole dell’elfa, ma lei non permise che ciò accadesse.
“Contea.”fu il suo bisbiglio e il vento cessò di ululare all’istante, portandosi dietro un silenzio carico di eventi funesti.
La caccia ha inizio Gandalf...
 
 
Ecco...finalmente si inizia a seguire la storia che ha appassionato milioni e milioni di fan signori. Dal prossimo capitolo non sarà Mordor a farla da padrone nei capitoli e cominceremo a viaggiare per la Terra di Mezzo “seguendo” a grandi linee la storia di ser Tolkien.
La caccia è iniziata e Tauriel e Kili...poveri, ignorati fino adesso, traaaanquilli avranno il loro da fare presto, non temete.
Che emozione finalmente vedremo Frodo, Bilbo, Legolas e tutti i nostri amici e ci saranno di quei tramacci e sconvolgimenti che Tolkien poverino si strapperà i capelli dal paradiso degli scrittori. Scusa Tolkien, mi diverto troppo=D
Bene allora ci vediamo al prossimo capitolo, destinazione Contea...uuuuh uh!
Fraviaggiaincubi  
 
 

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Capitolo 9
*** Colei che vola nel buio ***


Capitolo 8
 
Colei che vola nel buio
 
Eccomi, scusate ho fatto una settimana di battifiacca, ridi e scherza e tanta poca voglia di scrivere, ma ho compensato traendo ispirazione guardando il primo film del Signore degli Anelli e ora sono pronta.
Avviso già anche a coloro che vedo seguono in silenzio la mia storia senza recensire che questo capitolo sarà diviso in tre parti: Gandalf, Arwen e Aragorn; Tauriel(niente Kili, vi tengo ancora sulle spine;D) e infine la prima comparsa di Bilbo e della causa di tutti i mali l’Unico!!!
In poche parole si inizia a seguire le orme di Tolkien.
Buona lettura!!!
 
 
Gandalf ascoltò quell’unica parola che mai avrebbe voluto sentire coinvolta in quella storia: Contea.
Le immagini della verde terra degli Hobbit gli passarono davanti agli occhi e lo stregone sospirò abbassando il capo e allontanandosi dall’elfa per guardare ancora una volta il burrone dove Ombromanto era precipitato dando la sua vita per salvarli.
Alla fine anche quel popolo viene travolto da Sauron, ma come è possibile che l’Unico sia lì?
La risposta attraversò la sua mente acuta come un lampo e Gandalf spalancò gli occhi grigi mentre veniva trasportato indietro, in un ricordo che a lungo era stato perduto.
 
“Ho trovato una cosa mentre ero nelle caverne degli orchi, sulle montagne”. Bilbo si agitò davanti allo sguardo indagatore di Gandalf e alcuni nani della compagnia si voltarono verso di lui.
Il viaggio per la Montagna Solitaria era sempre più pericoloso e sembrava che la notizia che lo stregone grigio li avrebbe lasciati per raggiungerli dopo il passaggio nel Reame Frondoso avesse scosso il giovane Hobbit.
“Che cosa hai trovato?”domandò Gandalf all’improvviso, colto da una strana sensazione. Il giovane Hobbit che era partito con lui dalla Contea verso un viaggio pericoloso per aiutare quel gruppo di nani a riconquistare un regno sotto custodia di un pericoloso drago sembrava diverso. Il grigio pellegrino notò che indugiava e lo sguardo allegro e vispo che aveva accompagnato quegli occhi all’inizio del viaggio sembrava gravido da un peso a lui invisibile.
Colpa dei pericoli che abbiamo affrontato, pensò lo stregone aspettando quella risposta che temeva senza saperne il motivo, ma Bilbo si limitò a sorridere lievemente. “Il mio coraggio.”rispose semplicemente e la sua mano sfiorò la tasca della giacca impolverata che aveva addosso.
Il sollievo avvolse lo stregone e sotto la barba grigia Gandalf si limitò ad annuire.
 
“Non aveva trovato il coraggio, ma l’Unico”. Gandalf riemerse da quel ricordo che aveva dimenticato, seppellito in mezzo a quelli che precedevano il vuoto di ciò che era avvenuto durante il viaggio, prima di arrivare alla montagna.
Lo stregone si voltò verso Aragorn ed Arwen in attesa e ripeté: “Bilbo ha trovato l’Unico nella caverna degli orchi.”
L’elfa lo fissò a lungo. “Come lo sai?”domandò e la paura percorse le sue iridi verdi, ma Gandalf non si lasciò trasportare. “Me lo hai appena fatto ricordare tu, come se le tue parole sbloccassero quei ricordi che non riesco ad afferrare.”
Arwen si voltò verso di lui di scatto. “Cosa? Hai dei vuoti di memoria?”
“Si, non ricordo cosa feci quando abbandonai la compagnia di Thorin al Reame Frondoso, so solo che dopo sono arrivato alla Montagna Solitaria e c’è quell’immagine di una fortezza che mi tormenta.”confessò lo stregone grigio. “E ora Mordor si sveglia e l’Unico è stato ritrovato.”
L’elfa si avvicinò ad Aragorn ancora immobile e silenzioso e gli sfiorò la guancia. “Solo un potente incantesimo può averti tolto quei ricordi e devono essere importanti.”disse studiando lo stregone grigio.
“Forse lo erano perché la fortezza che ho visto era Gul Undur e l’ombra sopra di essa Sauron”. Gandalf si appoggiò al bastone mentre la verità lo avvolgeva come il sussurro di Mordor ad est. “Avevo scoperto il suo ritorno e ora Mordor rinasce.”
“Giusto quando l’Unico è stato rintracciato e i Nove liberati, non ti sembra tutto perfettamente collegato?”domandò Aragorn e Arwen lo fissò leggendo la paura attraversare le sue iridi nere. “E io ho quasi dato loro quello che vogliono.”bisbigliò amaramente. A quelle parole sia l’elfa che lo stregone lo fissarono.
“Intendi dire un corpo?”domandò Gandalf con un’occhiata penetrante come quella di un falco e Aragorn annuì abbassando il capo. “Si.”disse semplicemente e i capelli scuri gli piovvero sul viso. “Il mio corpo lo attira. Attira lo stregone.”
“ E secondo te perché tu Aragorn?”lo incalzò Gandalf e l’uomo sollevò lo sguardo con aria di sfida intuendo a cosa si riferisse. “Non posso Gandalf, lo sai.”
“ Perché no? E’ il tuo destino, tu non sei Isildur.” gridò lo stregone grigio avanzando per fronteggiarlo, ma Aragorn affilò lo sguardo. “Ho la sua stessa debolezza.”ribatté allontanandosi. Gandalf fece per seguirlo, ma Arwen lo bloccò con un’occhiata di supplica.
Non ora, non adesso sembravano dire quegli occhi verdi come le foglie attraversate dai raggi del sole e lo stregone cedette lasciando che l’uomo si allontanasse, una figura china sotto il peso di un destino che presto avrebbe reclamato la sua scelta.
Prima o poi dovrai scegliere.
Sospirando impaziente Gandalf si voltò verso l’elfa. “A proposito di coincidenze, come hai fatto ad arrivare al momento giusto?”le domandò tenendo d’occhio la figura di Aragorn, ancora deciso ad affrontare l’argomento che aveva lasciato cadere.
Arwen notò i suoi occhi e strinse le labbra. All’improvviso sembrava insicura e timorosa di qualcosa che allarmò subito il grigio pellegrino. “Ecco, ti ricordi che ho detto che mio padre aveva avuto una visione e avevo scoperto che le vostre tracce portavano alle Alte Colline?”domandò e lo stregone la fissò intensamente, intuendo che cercava di prendere tempo. “Arwen...”la ammonì e l’elfa distolse lo sguardo perdendosi a contemplare la vallata avvolta da una nebbia improvvisa, come un velo steso a nascondere il male caduto su di essa. “La mia cavalcatura non voleva risalire il sentiero, così ho cominciato a correre, ma sembrava che una forza mi trattenesse e intuivo che eravate in pericolo. Non avrei mai fatto in tempo, ma poi è comparso Ombromanto”. Guardò lo stregone e colse il dolore della sua perdita negli occhi grigi. La dama abbassò il capo scuro e studiò la figura di Aragorn in lontananza. “E’ stato lui ha farmi correre come il vento per salvarvi, ma non sarebbe mai venuto in tempo se non fosse stato per lei”. La sua voce vacillò alle ultime parole e nel timbro melodico dell’elfa comparve una nota di timore che non sfuggì allo stregone grigio. Costringendo l’elfa a fissarlo colse la paura di confessargli il resto della storia e capì che qualcosa non andava. “Arwen, chi ti ha aiutato?”domandò con voce severa e Arwen si morse un labbro confermando i suoi timori. “Un’amica Gandalf, è dalla nostra parte.”
“Chi è dalla nostra parte?”. Gandalf la fissò furioso. “Dimmelo Arwen!”gridò e Aragorn accorse avvolgendo le spalle dell’amata in un abbraccio.
“Non trattarla così, ci ha salvato la vita, chiunque l’abbia aiutata.”lo investì ancora irato per la conversazione di poco prima, ma gli occhi infiammati dello stregone lo fecero desistere dal pronunciare una parola di più.
“No Aragorn, se è stata così stupida da farsi aiutare da colei che credo che sia allora per essere un’elfa è pazza.”ruggì Gandalf e voltandosi il bastone brillò di una luce sfolgorante pari a quella che aveva fatto crollare la montagna. Sollevandolo in alto Gandalf parlò e la sua voce proruppe con la forza di un fulmine che infiamma il cielo: “Fatti vedere se hai il coraggio, mostrati e non ti farò nulla.”
La luce si spense e il silenzio ammantò di nuovo la valle, ma Gandalf non si lasciò incantare. Avvertiva lo sguardo di colei che aveva chiamato scrutarli e poco dopo un possente battito di ali risuonò nel vento e una figura immensa, grande come uno dei Nazgul alati, scese dall’alto della montagna posandosi di fronte a lui.
Sotto la luce fievole del bastone lucide piume brillarono di mille riflessi argentati e due occhi del colore della sabbia al tramonto brillarono fieri incrociando quelli saggi e impenetrabili di Gandalf. L’immensa aquila gonfiò le piume del collo richiudendo le ali e abbassando la fiera testa sormontata dal becco affilato pose l’immensa iride di fronte allo stregone, sottoponendosi al suo sguardo indagatore.
“Salute grigio pellegrino, sono secoli che non ci vediamo.”disse una voce correndo nel vento, morbida come il volo dei gufi a caccia, ma Gandalf non si lasciò impressionare. “Hai fegato a farti rivedere, credi davvero che aver salvato la vita a me e ad Aragorn ti riscatterà dai tuoi errori?”la aggredì senza giri di parole.
L’aquila si ritrasse e un dolore profondo spense la luce di speranza nei suoi occhi come la debole fiamma di una candela. “No.”
Gandalf si voltò di scatto. “Meno male, almeno un po’ di senno lo hai acquistato in questi anni passati.”le rispose duro. Si rivolse ad Aragorn ed Arwen: “Andiamocene.”ordinò e l’elfa lo fissò senza muoversi, turbata dalla sua reazione. “Mi ha aiutata Gandalf, devi darle una possibilità, potrebbe aiutarci.”
“Non abbiamo bisogno di una come lei.”
“Non abbiamo cavalcature e lei può portarci in volo.”insistette Arwen aggrappandosi ad ogni speranza, ma Gandalf scosse la testa osservando un’ultima volta l’immensa aquila e studiando la testa candida e le piume argentate. “Non ci si può fidare di una Senzanome.”sibilò  e Aragorn fissò lo stregone incredulo. “E’ stata maledetta?”. Fissò l’aquila e lesse il dolore che quelle parole le provocavano. Sotto il suo sguardo il rapace parve farsi piccolo piccolo, ma negli occhi di Aragorn non lesse il disgusto che la rivelazione portava.
Il ramingo si avvicinò. “Ho sentito parlare di voi, siete creature vittime di malefici, ma mi chiedo cosa tu abbia fatto perché accadesse.”
L’aquila abbassò il capo e la voce di Gandalf frustò l’aria prima che rispondesse. “Lo vuoi veramente sapere Aragorn? Si è venduta anima e corpo allo Stregone di Angmar e quando lui non l’ha più voluta allora è stata maledetta togliendole la possibilità di tornare dal suo popolo.”
La rivelazione cadde come un macigno nel silenzio della valle e l’aquila si ritirò allontanandosi da Aragorn. Quando parlò la sua voce era carica di un dolore vecchio moltissimi anni. “Convivo con questo peso da secoli Gandalf, ma vorrei riscattarmi”. Sollevò lo sguardo e una supplica brillò nelle iridi arancioni. “Ti prego, dammi l’occasione di aiutarvi e riscattare il mio errore. Il male avanza, potrei aiutarvi contro Mordor, potrei...”
“Non puoi nulla Najiel, il tuo errore è stato troppo grande.”la interruppe Gandalf e il vento sospirò malinconico tra le piume dell’immensa creatura. “Torna nel buio, è là il tuo posto.”aggiunse freddo e si voltò.
Arwen lo guardò allontanarsi addolorata. “Gandalf mi ha guidato da voi, ti ha salvato la vita. Non basta per dimostrare che può cambiare?”
Gandalf si voltò un’altra volta, ma quando parlò la sua voce fece capire che aveva già deciso. “No Arwen, i Senzanome non cambiano mai”. Guardò l’aquila e la rabbia infiammò i suoi occhi. “Mai e lei più di tutte. Chiedile chi l’ha maledetta dandole questo nome per sostituire per sempre il suo assieme ad un’esistenza nelle tenebre e poi decidi Arwen, se vuoi essere abbastanza saggia da seguirmi o folle da ascoltare una creatura rifiutata dalla luce”. Lo stregone grigio si allontanò e l’elfa rimase un istante a guardare la sua figura.
Notando il suo dolore Aragorn la strinse a sé e incrociando quegli occhi antichi tormentati da un rimorso tagliente come il tempo domandò: “Chi ti maledisse Colei che vola nel buio?” chiese dolcemente, ma l’aquila scosse la testa sentendo il suo nome tradotto nella lingua corrente. Spalancando le immense ali argentate si alzò in cielo con un poderoso colpo d’ala e la sua voce raggiunse il ramingo come un sussurro gelido spezzato dalla tristezza. “Fu Sauron a maledirmi Aragorn e mai potrò riscattare il mio errore e tornare a vivere in pace. E’stato l’Oscuro Signore a darmi questo nome...Colei che vola nel buio, è quello il mio posto.”rispose e la sua voce risuonò stanca e sconfitta.
L’uomo sentì il dolore dell’aquila colpirlo con il suo sapore amaro e qualcosa scattò in lui. Si sporse sul baratro e urlò tentando di sovrastare il possente battito d’ali dell’aquila: “Nella vita ci si può sempre riscattare.”gridò e nelle sue iridi brillò fiero lo sguardo di un re, ma il rapace non si voltò lasciando che il cielo accogliesse ancora una volta la sua fuga.
 
 
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“A cosa stai giocando?”
Il piccolo elfo biondo sollevò lo sguardo incrociando quello vispo di una piccola elfa in piedi sopra di lui. Il sole le accarezzava materno il viso illuminandole i capelli rossi come le foglie autunnali e la piccola sorrideva con baldanza, ma in realtà era nervosa e si tradiva torturandosi un orecchio appuntito, in attesa di una risposta.
“Gioco alle battaglie.”fu la risposta del piccolo elfo e scostandosi i lunghi capelli biondi dal viso sorrise a sua volta mostrando le piccole figurine intagliate nel legno con fierezza. Le aveva disposte in perfetto ordine contro due sculture di draghi scolpiti nell’onice e si preparava ad una valorosa battaglia.
Sollevando il viso l’elfo studiò lo sguardo ammirato della piccola elfa, notando con una punta di disappunto che la piccola sembrava più attirata dalle sculture dei draghi che dai valorosi soldatini di legno che aveva sfoggiato con tanto orgoglio. Per attirare la sua attenzione si spostò leggermente sedendosi su un tappeto di foglie e diede alla bambina una visuale migliore del suo piccolo esercito. “Sono intagliati a mano nel legno e papà dice che posso dipingerli quando sarò più grande.”attaccò con un’aria di importanza a gonfiare la vocina sottile.
L’elfa annuì con un nuovo sorriso e tornò a fissare i draghi senza azzardarsi a toccarli.
Notando il suo sguardo il bambino indicò i draghi. “Prendili pure se vuoi.”la invitò e la piccola elfa scattò felice chiudendo la manina su una delle sculture. La sollevò ammirata osservando l’onice brillare, esaltata dalla perfezione dei dettagli con cui era stata modellata a catturare la figura sinuosa del drago, in procinto di spiccare il volo a fauci spalancate in un eterno ruggito silenzioso.
“Beeello.”disse la piccola rigirandolo tra le dita e il bambino sorrise. “Me l’ha regalato un amico di papà. Lui è un re sai.”rispose il piccolo elfo e indicandosi aggiunse: “Mi chiamo Legolas.”
“Tauriel.”fu la risposta e l’elfa appoggiò la scultura in onice con un’ultima occhiata di ammirazione. “Devo andare.”disse. “La mia tutrice mi aspetta...”
“Tauriel!”. Un’elfa accorse inchinandosi di fronte al piccolo elfo e afferrò la bambina per una mano. “Non devi allontanarti senza di me e per di più nei giardini reali.”
“Volevo solo giocare, nessuno gioca con me.”protestò la piccola e la tutrice la fissò per un istante comprensiva. “Lo so, andiamo ora.”
Si rivolse al piccolo elfo e con un ultimo inchino disse: “Perdonami principino Legolas, torni pure a giocare tranquillo.”
Legolas annuì con un’occhiata triste. Per un istante aveva creduto di poter giocare con una nuova amica. Fissò la chioma rossa di Tauriel allontanarsi e con un balzo afferrò la statuetta del drago correndo verso di lei. “Prendila Tauriel, te la regalo.”gridò e le mise in mano il piccolo drago di onice. “Così ti ricorderai di me.”aggiunse con un sorriso e l’elfa si illuminò stringendo il piccolo dono al petto. “Come posso fare per rivederti?”gridò di rimando mentre la tutrice la trascinava via.
Legolas rise e scosse la testa. “Solo i reali e gli elfi della guardia possono venire qui a palazzo Tauriel.”
La piccola elfa si voltò e una luce di sfida brillò nelle sue iridi marroni. “Allora diventerò una guardia Legolas e ci vedremo tutti i giorni.”disse e gli occhi azzurri di Legolas si spalancarono. Correndo verso di lei mise le piccole mani a coppa e gridò: “Promettilo!”
La figura di Tauriel scomparve, ma la sua voce sottile echeggiò forte nel vento: “Lo prometto, sarò la guardia migliore che esiste e ti rivedrò.”
 
 
Ho mantenuto quella promessa.
Tauriel appoggiò la fronte alle sbarre della sua cella e i capelli rossi le scivolarono sulle spalle come un manto. Da quando si era svegliata non aveva fatto altro che rincorrere frammenti del suo passato, liberi e selvaggi come non lo era il suo corpo, rinchiuso in quella angusta cella.
Appena aveva ripreso i sensi la prima cosa che si era accorta era di essere...perfetta. Nessun polso slogato, ferite o sporco. Dovevano averla pulita e curata mentre era priva di sensi, ma la cosa l’aveva solo fatta infuriare scuotendola come un terremoto.
I segni dei graffi di Kili sul braccio mentre lo stregone lo torturava, le ferite della sua lotta, persino i suoi vestiti erano stati cancellati, come se non avesse vissuto nulla prima di svegliarsi in quella prigione senza tempo, dove i minuti, le ore, i giorni, scorrevano densi come miele e lei non aveva idea di quanto passasse chiusa come un bellissimo falco in una gabbia.
L’elfa gridò frustrata tentando di strapparsi i vestiti di dosso: un semplice vestito nero, completamente e odiosamente nero là dove lei vestiva i colori della sua amata foresta.
“Lo odio, ti odio  Mordor e tutte le tue creature e odio il mio sangue, tutto!”urlò colpendo con un calcio il letto e sparpagliando la paglia a terra. Si fissò di nuovo il vestito scuro e digrignò i denti fino a farsi male. Decisa afferrò un lembo della gonna e la stoffa che si strappava le diede una nota di piacere intensa, come se potesse con le sue mani distruggere quella prigione che le corrodeva l’animo.
“Io non lo farei se fossi in te.”
Tauriel sobbalzò voltandosi e il sorriso inquietante della Bocca di Sauron la immobilizzò come quando le prede che cacciava avvertivano il pericolo; solo che questa volta la sensazione di essere lei la preda era forte.
“Cosa vuoi?”chiese gelida come il ghiaccio e il messaggero di Mordor fece una smorfia facendo finta di scaldarsi le mani. “Cavolo, che accoglienza calorosa elfa e io che ti porto da mangiare e compagnia”. Un nuovo sorriso. “Tu che sei tutta sola, senza il tuo amato Kili a proteggerti.”
Tauriel si irrigidì al nome dell’amato e il cuore emise una fitta. “Sta bene?”domandò  tentando di non far trasparire il tremito che la scuoteva, ma lo sguardo cieco della Bocca di Sauron lo colse come una falena il balenare delle fiamme. Appoggiandosi alle sbarre contrasse le labbra in una smorfia di finto dispiacere e l’elfa trattenne il respiro. “Dimmi che sta bene.”
“Sta bene.”rispose il messaggero di Sauron con un ghigno e Tauriel scattò. Con un salto silenzioso si avvicinò alle sbarre e afferrò la tunica della creatura avvicinando il suo viso al suo e incatenando con la sola forza della sua furia la creatura, che avvertendo la pericolosità di quell’anima tenace come il ferro decise saggiamente di zittirsi.
“Sta bene? Si o no?”sibilò minacciosa Tauriel e un lieve sorriso si disegnò su quelle labbra snudando i denti affilati macchiati di sangue. “Lo abbiamo curato e per ora sta bene, ma ovviamente dipende da te giovane elfa e da quanto collaborerai.”
Tauriel strinse la presa attorcigliando la veste e il respiro della Bocca di Sauron si mozzò, ma il sorriso non abbandonò quel viso pallido. Con una mano le afferrò una ciocca rossa arrotolandosela attorno alle falangi di uno strana sfumature bluastra come un principio di congelamento e l’elfa rabbrividì di disgusto.
“Tauriel non sono io quello con cui devi snudare gli artigli, ma con lo stregone”. Le dita lasciarono andare la morbida ciocca color rame e si posarono sul collo niveo in una lenta carezza. “Con me puoi fare le fusa tranquillamente.”aggiunse con una bassa risata simile allo sfregare delle lame sulla pietra e l’elfa si scostò dalle sbarre allontanandosi disgustata.
“Sei orribile.”bisbigliò e il messaggero di Mordor allungò la mano tentando di afferrarla. “Non fare la difficile, se voglio posso chiedere a Sauron di averti come trofeo quando voglio.”minacciò e sorrise snudando i denti, ma Tauriel non si lasciò impressionare. “Anche passando davanti allo stregone? Non direi.”commentò con un’occhiata di sfida e la Bocca di Sauron digrignò i denti emettendo un ringhio. Con un gesto di rabbia le scagliò addosso la brocca d’acqua ed essa cadde a terra infrangendosi in mille schegge taglienti e rovesciando sul pavimento il contenuto.
La creatura sorrise vedendo Tauriel osservare disperata l’acqua che bagnava il pavimento e con aria altezzosa afferrò la seconda ciotola che aveva con sé. “Se hai sete devi sbrigarti elfa, si sta tutta spargendo per terra.”la derise scoppiando a ridere e Tauriel lo fissò con odio, le iridi scure come la nebbia nera che le avvolgeva la mente con sussurri di vendetta. Si accucciò a terra cercando di ignorare lo sguardo cieco della Bocca di Sauron e il suo cuore si contrasse al pensiero di Kili, rinchiuso chissà dove a subire lo stesso trattamento.
Il pavimento era sporco e l’acqua si mischiava al fango e alla polvere. Tauriel lasciò che i lunghi capelli rossi le coprissero il volto per nasconderla dal suo aguzzino e il luccichio dell’acqua intrappolata in uno dei pezzi della brocca attirarono il suo sguardo. Era poco più di un sorso, ma l’elfa se lo portò alle labbra grata cercando di assorbirla tutta. La gola le bruciava terribilmente, ma il piccolo rivolo di acqua fresca le diede un effimero sollievo.
Di nuovo calma l’elfa scoccò una veloce occhiata al messaggero di Mordor e studiò la piega contratta delle labbra nere, intuendo che la sua reazione lo infastidiva.
Speravi ti pregassi, ma non è così. Preferisco morire di sete.
Tauriel si alzò evitando di fissare la ciotola nelle mani del suo carceriere. Nonostante non avesse un aspetto molto invitante, l’elfa indovinò ci fosse dentro carne e uno strano liquido, forse brodo, che fumava lievemente.
Il suo stomaco brontolò, ma decise di ignorarlo.
Con uno sforzo di volontà terribile diede le spalle alla porta della cella sperando che se ne andasse, ma la Bocca di Sauron non aveva intenzione di dargliela vinta.
“Passata la fame?”la frustò con la sua voce crudele e Tauriel si morse un labbro a sangue per non rispondere con altrettanta cattiveria. “Esatto.”fu la semplice risposta e la risata della creatura le ferì le orecchie sensibili.
“Peccato...se non mangi vuol dire che non lo farà nemmeno il tuo amato Kili.”
Tauriel si voltò di scatto furiosa. “Lascialo stare, non ti ha fatto nulla!”gridò e la creatura emise un ringhio divertito puntandole il dito contro in un frusciare di vesti. “Tu invece si piccola elfa. Se credi di fare la ribelle allora sappi che soffrirai ancora a lungo.”si avvicinò alle sbarre appoggiandosi su di esse e la sua voce tagliente si ridusse ad un sussurro. “Ti conviene avermi come alleato quando tornerà lo stregone, io posso fare da intermediario per Kili e credimi presto ne avrà bisogno.”
Tauriel sentì un brivido a quelle parole accompagnato da una strisciante premonizione. “Cosa vuol dire che ne avrà presto bisogno?”
Il messaggero della terra nera annuì sorridendo lievemente. “La punizione per chi tenta di fuggire è molto severa e i Nazgul comandano a Mordor. Sarà difficile aiutare Kili.”sussurrò pianissimo godendosi le pupille dell’elfa dilatarsi per l’orrore.
Tauriel scosse la testa indietreggiando. “Kili non tenterebbe mai di scappare ora. Ne sono certa.”rispose, ma l’esitazione nella sua voce venne colta dalla creatura come il guizzo di un pesce sotto il sole. Sorridendo maligno posò la ciotola a terra spingendola verso l’elfa e si morse un labbro per non ridere di nuovo.
Povera piccola elfa...pensò malignamente godendosi il suo sguardo sperduto colmo di terrore per Kili. Indugiò un istante sperando che si avvicinasse alle sbarre per implorarlo di aiutarlo, ma l’animo di Tauriel era solido come una quercia anche mentre il suo cuore era scosso da una tempesta e l’elfa si allontanò dandogli le spalle.
Trattenendo un ringhio di frustrazione il messaggero di Mordor si allontanò nel corridoio.
Quando tortureranno a morte quello stupido nano cambierà idea.
Covando pensieri di vendetta ardenti come lava la Bocca di Sauron scomparve nel corridoio inseguita da un ombra.
 
 
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Il luccicare dorato dell’anello salutò lo sguardo del vecchio Hobbit appena lo tirò fuori dalla tasca per farlo brillare ammirato sotto il sole.
Era una semplice fascia dorata, senza decorazioni o segni e nessuna imperfezione a scalfire quel mare dorato chiuso nella piccola fascia circolare.
“Un anello semplicissimo, eppure ci sono tanto affezionato.”aveva detto una volta al suo nipote Frodo quando disperato temeva di averlo lasciato nella giacca che aveva dimenticato a casa degli amici di cui era stato ospite.
Frodo aveva scosso la testa, incredulo di fronte tanta esagerata felicità al suo ritrovo. “Bilbo è solo un vecchio anello, che ha di speciale?”
Non lo sò...lo è e basta.
Bilbo chiuse la mano rugosa sul piccolo oggetto rimettendolo dentro la tasca e si portò soddisfatto il lungo manico della pipa alla bocca, aspirando con aria felice una boccata di erba pipa. Come tutti gli Hobbit amava crogiolarsi a fumare in pace sul bel giardinetto curato davanti alla sua casetta rotonda e quel giorno non era certo da meno.
Gli Hobbit, abitanti della Contea, erano creature miti e dolci come il miele. Erano chiamati anche “Mezzuomini” per la loro statura bassa come i bambini rispetto le altre razze della Terra di Mezzo ed erano veri e propri amanti della compagnia e del buon mangiare, mescolato ad un gusto per gli abiti sgargianti e ad un carattere solare. Tendenzialmente di fisico massiccio erano però buonissimi camminatori sui loro piedi coperti di peluria e sapevano sgattaiolare via silenziosissimi così come festeggiare con chiassosa baldoria alle feste con birra e cibo.
Bilbo si passò una mano sui corti capelli ricci e grigi e osservò con aria serena la Contea davanti a lui, piena di morbide colline verdi in cui gli Hobbit scavavano le loro magnifiche case e prati e campi coltivati dove grassi pony scrollavano pigri la loro criniera sotto i raggi caldi del sole. Ovunque piccole figure si affaccendavano nello scorrere della loro vita, ignari che oltre i confini della loro terra imperversava una cruenta ricerca di quel piccolo anello che il vecchio Hobbit si teneva gelosamente in tasca.
“Bilbo, ma non ti prepari per la festa? E’ stasera e Gandalf deve ancora farsi vedere”. La voce di Frodo raggiunse l’Hobbit e Bilbo sorrise alzandosi e svuotando la pipa contro la panca su cui era seduto. Si stiracchiò sorridendo al piccolo Hobbit impaziente fermo sulla porta di casa e passando gli scompigliò i ricci scuri scuotendo bonariamente la testa. “Frodo nipote caro, abbiamo tempo e prima voglio fare una cosa.”
“Che cosa Bilbo?”domandò il giovane inseguendolo dentro l’assolata casa lungo i corridoi rivestiti di pannelli di legno dal chiaro color miele fino al piccolo scrittoio, ingombro di carte e pergamene ammuffite.
Bilbo lo ignorò spostando le carte ed estraendo un bel libro rilegato in pelle color vino. “Voglio iniziare il mio libro di avventure e narrare ogni cosa ho visto, fatto e imparato.”spiegò finalmente sedendosi sulla sedia e intingendo la piuma nel calamaio.
Frodo scosse la testa incredulo e afferrò un libro correndo verso l’uscita con una scivolata sul pavimento ben lucidato. “Ti saluto allora.”sbuffò annoiato e corse fuori percorrendo a rotta di collo i gradini in pietra fino al cancelletto che dava sulla strada polverosa davanti a casa. Scavalcò con un balzo un grosso maiale e il suo proprietario, che scocciato gli agitò un pugno contro: “Dannazione a te Frodo, dove corri?”
Il giovane Hobbit lo ignorò e scomparve oltre alla curva inerpicandosi in un bosco di querce, diretto alla strada dove sapeva sarebbe comparso lo stregone Gandalf.
Non si perderebbe mai il centundicesimo compleanno di Bilbo, pensò allegro sedendosi a leggere sotto la frescura di un albero.
Ancora lontano per lui era il fato che lo avrebbe portato lontano dalla Contea e nessuna ombra gravava ancora sulle sue spalle trascinandosi dietro il destino della Terra di Mezzo.
 
Salve breve passaggio veloce per dirvi un grazie che seguite=)
Finalmente seguirò le orme di Tolkien e la fic prenderà ufficialmente il volo. Come vedete l’Unico ha fatto finalmente la sua comparsa e presto vedremo movimenti ben conosciuti alla sua ricerca. Finora i nostri protagonisti hanno brancolato nel buio, Tauriel e Kili presto dovranno escogitare un piano per fuggire e Frodo...bè sappiamo tutti cosa accadrà a Frodo, ovviamente non mancheranno cambiamenti e colpi di scena, alla fine è la mia fic e come vedete finora ho fatto a modo mio a cominciare da Colei che vola nel buio. Che ne pensate del mio nuovo personaggio? Affezionatevi, avrà un ruolo importante in questa storia, che per la cronaca ho quattro mesi per finire prima che il mio libro sia pubblicato e continui con l’altro che ho momentaneamente sospeso.
Bè vi lascio, a presto EFP lettori(anche silenziosi) che mi seguono=D
Fraviaggiaincubi
 
 
 
    
 

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Capitolo 10
*** In trappola ***


Capitolo 9
 
In trappola
 
Attenzione: Un messaggio soprattutto per Iris, c’è Gui quindi portati il famoso secchio e rilassati, per tua fortuna è l’ultima dose XD
Come sempre scusate i tempi, ma da quattro sono scesa a tre fiction e tra le robe di tutti i giorni i tempi sono lunghi, ma prima o poi sforno sempre il mio capitolo, scritto un pezzetto alla volta in ogni momento libero.
Buona lettura!
 
Kili strisciò nuovamente nell’oscurità tentando di vedere oltre l’angolo senza farsi notare dalla guardia posta alla porta che dava all’ultimo piano delle celle. Il fatto che fosse l’unica sorvegliata gli fece capire con sollievo che doveva essere quello il piano in cui era rinchiusa Tauriel e si impose di stare calmo per evitare di farsi sentire; temeva che se il battito del suo cuore fosse aumentato la guardia lo avrebbe sentito, ma il pensiero che Tauriel fosse vicina lo faceva agitare.
Il sorriso dell’elfa alleggiava nella sua mente come una nuvola in cielo e Kili chiuse gli occhi per immaginare solo per un istante di averla liberata per vedere quel sorriso che le incurvava gli angoli degli occhi accompagnato dalla breve risata squillante, quelle quattro semplici note che produceva solo quando era veramente felice e a cui seguiva sempre il movimento delle sue dita che cercavano le sue, come a coinvolgerlo in quella felicità che animava i suoi occhi scuri come la foresta che tanto amava.
Prometto che presto cammineremo sotto le stelle come ami fare Tauriel, amore mio.
Kili riaprì gli occhi e Gui strisciò accanto a lui sfiorandolo con il suo braccio cadaverico. Senza la luce della torcia non vedeva il suo viso sfigurato e la pelle cosparsa di scarafaggi che brulicavano sotto pelle, ma l’odore che emanava era disgustoso e il nano lo scansò sbirciando di nuovo oltre l’angolo, attento a chinarsi a terra. Era un trucco che gli aveva insegnato lo zio Thorin e consisteva nello spiare con la testa radente al suolo, in modo che chiunque avesse guardato verso l’angolo per cercare intrusi, avrebbe guardato all’altezza della testa di una persona normale e non a terra dove mezzo volto di Kili sbucava a studiare le mosse della guardia.
“Non passiamo no Kili?”domandò Gui e il nano sobbalzò sentendo la sua voce sussurrare al suo orecchio, viscida come il suo essere.
“No non passiamo, la guardia...” rispose Kili, ma in quel momento la porta si aprì e un uomo scansò di malagrazia la guardia fissandolo con il suo sguardo cieco celato da una maschera di ferro incisa di rune oscure.
Kili riconobbe la Bocca di Sauron conosciuta all’ingresso di Mordor e digrignò i denti, serrandogli con forza al ricordo del suo interesse per Tauriel. Era ovvio che veniva da lì, ma il suo malumore che traspirava dal ghigno della bocca mostruosamente grande fecero intuire al nano con sollievo che Tauriel gli aveva dato il ben servito.
“Sorveglia quella sgualdrina e niente cibo ne acqua tranne che sotto mio ordine.” abbaiò il messaggero di Mordor e la guardia si chinò ubbidiente. “Le ha dato problemi signore?”
La Bocca di Sauron ringhiò con un verso che aveva poco di umano e i denti affilati scricchiolarono tra loro. “Fa la dura con me, ma io la spezzo in due la sua volontà prima ancora che preghi per la vita del suo amato Kili”. A sentir pronunciare il suo nome Kili sorrise immaginando Tauriel che sfidava con la sua forza interiore quella del suo aguzzino e il cuore gli mandò una fitta. Aveva fatto la stessa cosa con la potenza dello Stregone di Angmar e ricordava bene come aveva coraggiosamente opposto resistenza, piccola e dall’aspetto fragile, alla figura imponente dello stregone, che nonostante tutto non aveva spezzato la tempra di ferro che l’elfa aveva insita in lei, profonda come le radici della foresta.
Gui piagnucolò accanto a lui e prima che il nano capisse le sue intenzioni sgusciò allo scoperto e si gettò contro il mantello nero della Bocca di Sauron accarezzandogli un braccio. “Padrone, padrone salve.” mugolò e il messaggero di Mordor si scostò con una smorfia. “Come osi toccarmi? Vuoi che ti mandi a nutrire i vermi?”. Sorrise maligno sfoderando la dentatura agghiacciante. “Ma vedo che lo stai già facendo, non manca molto alla tua scadenza.”disse misterioso e Gui piagnucolò tirandosi la pelle della bocca squarciata e strappandone brani di pelle grigia. “Lei aiuta Gui e da altro tempo, lei promesso.”
Il messaggero sorrise sollevando altezzoso il mento facendo frusciare la veste nera. “Se farai quello che ti ho detto.”
Nascosto dietro la parete del corridoio Kili ascoltava con il cuore in gola. Cosa cavolo faceva quel mostriciattolo?
Non tradirmi...pregò disperato guardandolo con ansia. Non capiva se stava cercando di aiutarlo oppure no, eppure finora lo aveva guidato fino a là, ma il pensiero strisciante che fosse una trappola si insinuò nel suo animo e Kili deglutì guardando per l’ennesima volta il corridoio dietro di lui. Se fosse passata una guardia sarebbe stato spacciato, a meno che quello che Gui aveva detto sulla pausa delle guardie per il rancio fosse vera e l’unica sentinella fosse quella a guardia dell’ala di Tauriel.
La voce raspante della Bocca di Sauron attirò di nuovo la sua attenzione e Kili si sporse di nuovo per seguire la conversazione che poteva decidere se condannarlo o no.
“Ci penserò Gui, per ora fai il tuo dovere e pulisci le celle inutile cibo per topi!”. Con un calcio il messaggero di Mordor spostò l’essere e per un solo terribile momento sembrò decidere di imboccare il corridoio dove Kili era nascosto. Il nano trattenne il respiro pronto ad agire, ma la Bocca di Sauron sembrò cambiare idea e si avviò verso  il corridoio a sinistra mentre Gui scivolò di nuovo accanto a Kili con noncuranza, sorridendo con il viso devastato per cercare l’approvazione del nano per la sua fedeltà. “Andiamo da elfa con capelli rossi?” cinguettò a bassa voce e Kili annuì. Imponendosi di ignorarlo fece tre respiri profondi e con un balzò saltò fuori aggredendo la guardia e tappandoli la bocca la colpì al collo con un colpo secco della mano. Appena la sentì afflosciarsi contro di lui la posò silenziosamente contro il muro e gli rimise la lancia in mano, attento a sistemarla come se dormisse.
“Gui, dai le chiavi.”bisbigliò impaziente e l’essere comparve agitando il mazzo di chiavi e infilando con sicurezza la chiave nella toppa.
Kili sgusciò al suo interno ancora prima che fosse completamente aperta e Gui la richiuse dietro di sé silenziosamente.
“Elfa si elfa.”ghignò con la sua bocca martoriata e i suoi occhi si posarono verso la cella in fondo, l’unica che era chiusa, in cui alcune ciocche rosse sporgevano dalle sbarre contro cui era appoggiata di schiena Tauriel.
Kili si circondò il corpo con le braccia, lì dentro il freddo era insopportabile e il corridoio in cui si affacciava era pieno di celle aperte piene di pagliericci poco invitanti tranne l’ultima in fondo al muro, dove l’elfa era stata chiusa sola, lontana da lui e dal cielo e la foresta in cui fino a pochi giorni prima erano stati; Kili non sapeva dire quanto tempo fosse passato lì dentro, solo che lei era lì e solo delle sbarre lo separavano dalle sue braccia, dal calore della sua pelle e dal respiro con cui si addormentava ogni notte.
“Tauriel...”. L’elfa sollevò lo sguardo e le ciocche rosse scomparvero sostituite dal suo nome sussurrato da quella voce che era capace di essere dolce come lo scorrere di un fiume o affilata come le frecce del suo arco, ma ora erano solo venate di speranza e incredulità, come la brina sulle foglie di inverno e minacciava di spezzarsi: “Kili?”
Il nano si lanciò verso la cella e il viso di Tauriel comparve, gli occhi scuri accesi di speranza che la illuminò come un piccolo sole interno accendendoli di mille riflessi in cui Kili intravide felicità, preoccupazione, paura e bisogno di lui come Kili lo sentiva per lei.
Tauriel si lanciò verso le sbarre e sporse le mani. “Kili oddio...sei venuto per me”. Una lacrima sbucò sulla guancia nivea e il nano si sentì spezzare il cuore a vederla perché racchiudeva tutto quello che in quei giorni il suo amore aveva sofferto dove lui non era stato capace di proteggerla.
“Tauriel perdonami.” disse semplicemente Kili. Perdonami perché non ti ho prottetto abbastanza e ho sempre illuso me stesso che niente potesse scalfirti.
Guardò gli occhi venati di lacrime e sofferenza dell’amata e si sentì spezzare il cuore. In quei giorni Tauriel aveva perso tutto e scoperto cose che credeva non potessero accadere come il suo sangue malefico e un passato oscuro lui non solo non l’aveva protetta, ma aveva lasciato che affrontasse da sola gli orrori di Mordor e la crudeltà dello stregone al servizio di Sauron sola, guardando impotente distruggere con un solo sguardo dei suoi occhi invisibili la sua vita.
Kili si avvicinò e afferrò le mani di Tauriel appoggiandosi alle sbarre e incastrando il viso tra esse per avvicinarsi a quello di Tauriel e l’elfa fece lo stesso fino a quando ogni singola porzione possibile del suo corpo non riuscì a sfiorare quelle di Kili, sole le sbarre gelide a separare i loro corpi, il più possibile incastrati tra le fessure tra l’una e l’altra per poter rubare calore dalla loro vicinanza, i loro visi a pochi centimetri, i loro respiri intrecciati e gli sguardi fusi tra loro: quello di Tauriel perso alla ricerca della forza di Kili e quello del nano saldo e sicuro a trasmetterle l’energia che il suo amore aveva perso dal primo incontro con lo Stregone di Angmar.
“Sono un mostro Kili, sono un abominio che può condannare tutto ciò che amo” disse Tauriel e una nuova lacrima si bloccò contro una sbarra.
Kili affondò le dita tra i suoi capelli rossi e la costrinse a tornare a fissarlo. “Non sei un mostro Tauriel, sei la combinazione perfetta delle potenze della Terra di Mezzo e sei colei che amo.” rispose dolcemente e sorrise cercando di farlo affiorare anche sul viso dell’amata, quel meraviglioso sorriso che le faceva brillare le iridi e le incurvava le labbra come le ali dei falchi nella gioia del volo.
Ti prego Tauriel, fammi quel sorriso, dimostrami che hai fiducia in me e che posso essere più potente dell’oscurità di Mordor.
L’elfa abbassò lo sguardo un istante, un solo attimo in cui sembrò decidere se credere o no a quelle parole e Kili trattenne il fiato, poi tornò a incatenarsi ai suoi occhi e il nano la fissò trasmettendole tutto quello che cercava: sostegno, la forza che lei si era fatta strappare in quella terra e infine amore, incondizionato amore a qualsiasi cosa avesse nel suo sangue e timidamente, come lo sbocciare delicato dei fiori, un sorriso le incurvò le labbra e Kili fece lo stesso. “Ti amo Tauriel del Reame Frondoso.”
L’elfa spalancò lievemente gli occhi e il sorriso raggiunse anche le sue iridi scure dissipando la nebbia che Mordor aveva insinuato come un raggio di sole che spezza le nuvole. “Ti amo Kili.”bisbigliò e per il nano fu come se lo avesse sussurrato al suo orecchio come la prima volta che si erano aperti l’uno all’altra, ammettendo che i loro destini non si erano semplicemente  incontrati, ma intrecciati per il resto della loro vita.
 
L’elfa lo fissò ancora una volta con astio, ma stavolta Kili lesse anche una punta di ammirazione per il suo coraggio, ancora visibile dal sangue del drago che imbrattava i suoi vestiti.
“E così non ti arrendi, ti ho appena detto che tra noi non può funzionare, apparteniamo a due razze diverse”. Si bloccò serrando le labbra in una linea sottile, come per evitare di ammettere che non credeva a una sola parola di quello che diceva. “E per di più sei un principe, il tuo posto è alla montagna, torna alla gloria che hai conquistato Kili.”
Il nano la fissò con determinazione e il vento soffiò deciso sollevandoli i capelli scuri sul viso, ma al contrario di Tauriel non se li scostò. “A me non interessa più quel posto, non dopo che ti ho incontrato Tauriel e non dire che per te è lo stesso sennò non mi avresti seguito. Tu cerchi la stessa cosa che cerco io ed è un’esistenza felice e lo sai bene che entrambi desideriamo la stessa cosa.”
Tauriel smise di lottare con i lunghi capelli rossi e si bloccò. Le ormai fragili barriere che aveva eretto intorno a sé stessa crollarono sotto quelle parole capaci di scavare nel profondo del suo cuore, quello segreto che nascondeva agli occhi di tutti, persino a sé stessa. “Cosa desidero?” ripose con un ringhio, ma gli occhi di Kili non si lasciarono scoraggiare dal suo tono aggressivo e quando rispose la sua voce era dolce e appena più alta del soffiare del vento. “L’amore Tauriel, quello che non hai mai avuto e che ti ha spinto a cercarci di nuovo.”
L’elfa tentennò e anche l’ultima barriera crollò lasciando che i suoi sentimenti trasparissero sul volto pallido. “Come fai a dire che sei tu ciò che cerco?”chiese debolmente, quasi una supplica.
Kili scosse la testa. “Non sono io, è il tuo cuore Tauriel”. Si avvicinò all’elfa e questa volta lei non si scostò e nel suo viso non c’era più la fredda distanza di prima, ma una profonda consapevolezza di quello che aveva tentato di rinchiudere dal loro primo incontro nel cuore. Si pose poco sopra di lei, in modo da essere alla sua stessa altezza e quando l’elfa si decise a sollevare lo sguardo per incontrare il suo domandò semplicemente: “Cosa dice il tuo cuore?”
Tauriel non rispose e il timore emerse nei suoi occhi, ma Kili non lasciò che mettesse radici. “Non avere paura, lui non ti tradirà mai...e nemmeno io.”e di nuovo l’elfa tornò a fissarlo leggendo lei stessa che era vero, solida certezza come la roccia sotto i suoi piedi. Si avvicinò al suo orecchio, spinse fuori ogni singola goccia di coraggio e ammise più a sé stessa che a Kili: “Dice da tempo che ti amo perché sei ciò che cercavo.”
 
Anche tu sei quello che cercavo.
Kili accarezzò dolcemente il viso di Tauriel. “Dobbiamo andarcene ora, Gui ha le chiavi e possiamo scappare.”
Tauriel fissò dietro di lui e il nano vide che i suoi occhi cercavano qualcosa nella lieve penombra del corridoio. “Gui?”
Con un brutto presentimento Kili si voltò e vide che erano soli, dello strano e inquietante guardiano delle celle non c’era più nessuna traccia.
“Gui?” chiamò, ma nessuno rispose e il nano si voltò verso Tauriel, ma prima che potesse rassicurarla dicendole che avrebbe recuperato le chiavi l’elfa si voltò di scatto allarmata verso le scale. “Kili nasconditi!” sussurrò terrorizzata e il nano non tentò di protestare. Conosceva bene l’udito degli elfi ed era abituato a non fare domande in quei casi, ma agire e basta perché ogni secondo era prezioso. Scoccò un’occhiata alle orecchie appuntite dell’amata ringraziando silenziosamente che li avessero avvertiti e si lanciò in una cella vuota accanto a quella di Tauriel nascondendosi sotto il letto coperto di paglia lurida. Se qualcuno fosse entrato e avesse superato la cella senza fermarsi non lo avrebbero notato, ma il battito del suo cuore gli disse che se non avevano già scoperto la sua fuga avrebbe dovuto avere molta fortuna. A quanto pare a Mordor non bisognava avere occhi visibili per vedere e lo stesso signore di Mordor mostrava che quello era tra i cinque sensi più importanti nel suo regno.
Se pesco Gui lo ammazzo!
Era ormai palese che li avesse traditi, le stesse parole della Bocca di Sauron glielo facevano intuire e pregò con tutto il cuore in quella piccola fortuna.
Fallo per Tauriel si rivolse a nessuno in particolare. Fa che non mi scoprano e riesca a portarla via.
Clangh! Tuc, tuc, tuc, tuc, tuc, gniii, stanc, frrrsc, tap, frrrrs, tap.
“Ciaao Tauriel, abbiamo abbassato un po’lo spirito ribelle?”. La voce del messaggero di Mordor giunse a Kili nitida e il nano trattenne il respiro quando vide la creatura passare davanti la sua cella. In quei pochi passi che gli servirono per superarlo Kili trattenne il respiro, ma la Bocca di Sauron non aveva occhi che per Tauriel e lo superò scomparendo oltre il muro che divideva le celle.
“Sai benissimo che non mi piegherò di fronte a te. Dov’è lo stregone?”
“Sauron ha detto che sarà presto di ritorno e a quel punto il tuo soggiorno finirà. Ti dissangueremo come un pollo e creeremo l’esercito invincibile che travolgerà la Terra di Mezzo e a quel punto anche gli altri popoli avranno le ore contate.”
“Non succederà mai.” rispose combattiva la voce dell’elfa e Kili sorrise amaro nel buio. Era così combattiva che lo sentiva semplicemente dal tono della voce, come riusciva a indurire quel timbro argentino come un torrente per renderlo affilato come un pugnale di cristallo. Al contrario la voce del messaggero di Mordor era roca come se masticasse pezzi di lame e non cambiava mai tono, solo un lieve accenno alla fine di una frase, rendendola imprevedibile come la sua faccia invisibile.
“Pensala come vuoi, ma magari intanto mi dici come sta Kili e dove si trova ora”. Leggera soddisfazione dell’effetto che procuravano quelle parole su Tauriel nelle ultime sillabe pronunciate.
“Non so dove sia.” rispose Tauriel e Kili ne studiò la sicurezza, immaginando il suo volto pallido e bellissimo altrettanto sicuro e impassibile come la perfezione dei diamanti.
La Bocca di Sauron ringhiò scagliandosi contro le sbarre. “Bugiarda! So che non ha lasciato queste celle quindi dimmi dov’è o soffrirà il doppio quando lo troveranno.”
“Ho detto che non lo...”
“Gui!” urlò il messaggero e un lieve rumore di passi accorse. Kili si immobilizzò quando la creatura comparve. Era cambiata, sembrava ancora più decomposta; la gabbia toracica sembrava collassata su sé stessa e il respiro ansimante di Gui era rotto e disperato attraverso la bocca orribilmente squarciata. Comparve davanti la cella in cui il nano si era nascosto e i suoi occhi vagarono a caso scorgendolo rannicchiato sotto il letto. Kili mosse le labbra in un “ti prego”, ma la disperazione con cui Gui ricambiò gli fece capire che era inutile.
“Padrone eccolo, eccolo!” urlò indicandolo e poco dopo il viso cieco della Bocca di Sauron comparve schiudendosi in uno dei suoi agghiaccianti sorrisi. “Nascosto come un verme qual è. Avanti Kili esci, non rendere le cose complicate.”
Rassegnato e con il cuore in gola Kili uscì e si erse in piedi fissando con sfida il messaggero di Mordor. Lui ricambiò con malcelata soddisfazione. “Bravo Gui, ti sei meritato di avere quello che ti ho promesso.”
Gui alzò grato gli occhi e si avvicinò alla creatura. “Da a Gui quello che chiede ora?” squittì e la Bocca di Sauron si volse verso di lui. Una lama brillò quando venne estratta dal fodero e il volto devastato del servo si immobilizzò.
“Accontentato.” sibilò il messaggero e con uno scatto tranciò la testa di Gui sprizzando sangue sul terreno della cella. Il corpo cadde a terra con un tonfo sollevandone altri schizzi vermigli e la testa rotolò ai suoi piedi. La Bocca di Sauron la calciò via con un sorriso e rivolto a Kili disse: “La pena per aver tentato di scappare sarà dura”. Si avvicinò fino a sfiorare il naso del nano e lo investì con il suo fiato che sapeva di sangue. “Ottanta frustrate.” sentenziò lapidario e la voce di Tauriel si alzò tra le celle. “Non si può sopravvivere a quel numero.”urlò disperata e il messaggero spostò il suo sguardo cieco su di lei. “Già, per questo è divertente, anche se conosco una creatura di questo mondo che è sopravvissuta, forse Kili sarà la seconda, ma ne dubito.” aggiunse scoppiando a ridere e puntando la lama sul nano ordinò: “Domani al tramonto verrai giustiziato e visto che la tua preziosa elfa ha osato sfidarmi stasera ve ne starete separati altro che dirvi addio.”
Tauriel si lanciò contro le sbarre urlando: “Mostro, avevi organizzato tutto!”
La creatura si avvicinò e tentò di sfiorarle una guancia, ma lei si spostò di nuovo.
La Bocca di Sauron alzò altezzosamente la testa, ma la posa rigida delle spalle fece intuire che non sopportava quell’ennesimo affronto. “Forse, sta di fatto che domani Kili subirà ottanta frustrate.” sibilò e senza voltarsi scomparve.
 
~~~
 
 
Najiel aveva sempre pensato che il mondo dall’alto fosse spettacolare. Anche prima che fosse maledetta e diventasse una Senzanome, quando ancora sapeva come si chiamava tra il suo popolo, molte volte Gandalf l’aveva invitata in qualche viaggio e le volte in cui aveva dovuto nascondersi l’aveva tramutata in un umana, anche se di umano non aveva nulla neanche sotto quell’aspetto: si presentava semplicemente come una ragazza minuta, ma troppi dettagli facevano capire che non era reale, con quei capelli blu dai riflessi argento come il suo piumaggio che sulla cima della testa erano ancora vere e proprie piume che sfumavano in una cascata color cobalto fino alla vita, occhi color del tramonto pieni della selvaggia vita della natura e le unghie delle dita più simili ad artigli.
“Con un cappuccio nessuno ti noterà, ma non sei proprio tagliata per essere umana.” la prendeva giocosamente in giro lo stregone quando lei fissava meravigliata il mondo che lui vedeva ogni giorno, lontano dal cielo.
“Come fai a vivere così?” chiedeva spaesata, impaziente di tornare ad essere in volo e Gandalf scuoteva le spalle. “Conosco solo questo mondo, come posso sentire la mancanza di ciò che non conosco?”
Najiel tornò alla realtà.
Puoi solo quando lo conosci e lo perdi, come io con la mia vita.
L’aquila batté più forte le ali e i riflessi argento delle sue penne brillarono sotto i raggi lunari mentre si lanciava in un arco e chiudeva le ali precipitando verso il suolo. L’aria fredda della notte le fischiò addosso gelida, ma non si fermò fino a pochi centimetri dal suolo, dove con maestria si lanciò parallela al terreno tra gli alberi, saettando tra le loro forme confuse come un razzo e schivandoli abilmente.
Colei che Vola nel Buio.
Ormai solo la notte è mia alleata.
Najiel artigliò la terra con gli artigli affilati frenando la sua corsa e si lanciò verso l’alto in perpendicolare sollevando zolle di terra grosse come massi ed emergendo dagli alberi si appollaiò sulla cima di uno di essi, una figura solitaria e malinconica contro la volta stellata del cielo. Studiò il profilo della montagna mezza distrutta da Gandalf e si chiese dove fosse lo stregone, l’elfa e il ramingo, i vigili occhi arancio che vegliavano sulla figura assonnata del paesaggio.
Dovrei essere con il mio popolo ora.
No! Non più, sono maledetta ormai, una Senzanome e mi chiamo Najiel...Colei che Vola nel Buio.
L’aquila chinò l’immensa testa distogliendo gli occhi dalla luna gelida; non aveva nulla del calore del suo astro opposto, il sole, e non le donava la sua luce potente o il calore sul dorso durante il volo. Era silenziosa, fredda e lontana come lei dal mondo della luce.
Un fruscio attirò la sua attenzione ei suoi occhi penetranti colsero un movimento ai piedi della montagna. Si lanciò in volo verso di esso e si confuse con l’oscurità della montagna per scorgere ciò che le aveva rizzato le piume del collo.
Ai piedi della montagna qualcosa luccicò sotto la luna come le sue piume e un masso esplose spezzandosi in mille pezzi. Qualcosa di ancora più nero dello stesso buio emerse alla luce lunare e Najiel trattenne il respiro mentre la figura dello Stregone di Angmar si alzava in tutta la sua altezza facendo crepitare di terrore gli alberi attorno. Altre figure si mossero e gli altri otto spettri uscirono da sotto i massi strappandosi i mantelli e tentando di coprire i loro spiriti corrotti.
“Mio signore, dobbiamo tornare a Mordor senza cavalcature.” sibilò uno di loro e Najiel tradusse senza difficoltà la lingua di Mordor. L’amarezza di quel gesto le trafisse il cuore, ricordandole che era oscura come loro.
Lo Stregone lo ignorò e sibilò furioso aggiustandosi la veste sbrindellata. Non era più lucida e piena di riflessi, ma impolverata e piena di strappi e rifletteva il suo potere indebolito e bisognoso della bruciante terra di Mordor. “Ci muoveremo senza cavalcature allora, come spettri.”
Uno dei nove brontolò piano: “Saremo deboli.”
Lo stregone ringhiò facendolo rabbrividire. “Lo siamo già e Sauron non sarà contento”. Strinse un pugno e il guanto di ferro scricchiolò. “Se penso che avevo ucciso Aragorn ed ero a posto...”sibilò velenoso e gli spettri arretrarono dal suo raggio d’azione, ma lo Stregone di Angmar rimase immobile tanto che Najiel pensò si fosse fuso con la notte stessa, ma poi il buco senza volto del cappuccio si voltò verso est e la sua voce gelida come metallo tornò a raggiungerla. “In qualsiasi caso, abbiamo l’elfa e presto con il suo sangue travolgeremo con un esercito invincibile la Terra di Mezzo.” disse e senza una parola si strappò il mantello e il suo spirito si alzò nel cielo privo di forze, diretto verso la terra nera.
Uno dopo l’altro anche gli altri otto fecero lo stesso e con un gemito simile al sussurrare del vento lo seguirono.
Najiel li guardò allontanarsi e un sesto senso si accese in lei spronandola a muoversi. Non le piacevano le parole dello stregone e qualcosa le sussurrava che presto la Terra di Mezzo sarebbe stata in pericolo. Si fermò un altro istante indecisa, ma alla fine le sue ali parlarono per lei spalancandosi al vento notturno e Najiel si lanciò di nuovo tra gli alberi all’inseguimento degli spettri.
In qualsiasi caso c’è un’elfa a Mordor e posso sempre salvarla, non sarà un viaggio inutile si convinse ma una parte di lei, seppellita e imprigionata in profondità, desiderava rivedere la terra nera di Mordor fin troppo intensamente.
 

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Capitolo 11
*** Ottenere ciò che brami ***


Capitolo 10

Ottenere ciò che brami

17 dicembre, ufficialmente esce l’ultimo di Lo Hobbit =D
Come promesso ho qui tre capitoli dopo la mia assenza e pubblicherò un capitolo ( di più se ho tempo di scrivere) il 15 e il 30 di ogni mese( avevo detto ogni settimana, ma è impossibile!!!!)
Di nuovo scusa per la lunga assenza e senza indugio buona lettura!


Il sole calò tingendo la terra nera di Mordor di un nero malsano, simile al sangue degli orchi. I raggi brillarono sull’imponenti cancelli neri, facendoli brillare come se fossero fatti di ferro fuso e infine agonizzò all’orizzonte, illuminando le figure che avanzavano sulla piana della terra di Sauron.
Un grido squarciò il silenzio e il sole brillò sulla figura di Tauriel, facendo risplendere la sua chioma come le foglie delle foreste in autunno. Sembrava piangere con lei, sfiorandole il viso pallido come la luna, le lacrime che lo bagnavano simili a gocce diamantine.
“Ti prego, risparmialo, deve esserci qualcosa che vuoi!” gridò l’elfa e la sua voce armonica sferzò l’aria, attirando l’occhio avvolto dalle fiamme roventi di Sauron. Il signore oscuro fissò divertito la sua preda, stretta tra le mani di un orco, e il sibilo della lingua di Mordor le ferì le orecchie appuntite, avvolgendo la figura della Bocca di Sauron come un caldo suono, così potente e capace di farlo scattare al suo servizio, una catena invisibile a cui non si poteva scappare.
Il messaggero schiuse le labbra in un sorriso irto di denti affilati e promesse. La veste brillava nera mentre si avvicinava alla figura di Tauriel, divorandola con lo sguardo celato dalla maschera di ferro che esaltava la pelle pallida e il mostruoso sorriso crudele. “Una cosa ci sarebbe dolce elfa” sussurrò, avvicinandosi per sentire il suo respiro sulla pelle. Bevve avidamente gli occhi marroni saettare su di lui e allungò un dito gelido, la punta blu come in un principio di congelamento, toccando la carne nivea del collo. Tauriel lo lasciò fare, gli occhi accesi di promesse taglienti come le sue frecce, e la creatura posò l’intero palmo sul suo collo caldo, percorrendone la curva sinuosa fino all’altezza del petto, dove il cuore di lei batteva impazzito per la vita del suo nano. “Una cosa ci sarebbe...” tubò piano, godendo di ogni singolo, meraviglioso respiro che rubava all’elfa. Si avvicinò leggermente, come se al posto della bella Tauriel avesse una fiera pronta a scattare, fino a trovarsi a pochi, stupidi ed eccitanti centimetri da quelle labbra che quel nano infame aveva toccato chissà quante volte. Si chiese se erano morbide come sembravano, calde come il suo sguardo dardeggiante e dolci, come il prezioso sangue che irrorava quel piccolo cuore così forte. “Ma tu non sei così buona da darmelo, o si?” domandò, sentendo il respiro dell’elfa sulle labbra martoriate. Sapeva benissimo che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, per il suo Kili, lo leggeva in quello sguardo duro come il ferro e si dovette trattenere dal riderle in faccia. Non poteva rompere quella vicinanza, non era mai stata così vicina, dolce e tentabile.
Voglio mangiarti se continui a guardarmi così piccola elfa, pensò, fissandola avido, e finalmente Tauriel abbassò lo sguardo. “Che cosa può desiderare una creatura come te da me?” domandò, trattenendosi dall’insultarlo. Era così viscido, infame verme, persino il tocco della sua mano che le accarezzava la clavicola con un dito cadaverico, gelido e insensibile, le faceva fremere di disgusto il corpo. Resistette alla tentazione di sputargli addosso, il suo respiro sapeva di sangue fresco e la sua dentatura appuntita era a pochi centimetri dalle sue labbra. Poteva vedere dalla posa strafottente delle labbra che godeva esserle vicino e vederla docile e gli regalò un sorriso minaccioso e carico di promesse di morte dolorosa.
La Bocca di Sauron si passò la lingua sulle labbra, fremendo come un cane a caccia. “Un singolo bacio, uno solo elfa” ridacchiò, sfoderando di nuovo la dentatura macchiata di sangue e Tauriel si ritrasse al suo tocco. “Mai, come potrei baciare una tale schifosa creatura come te?” urlò, i capelli rossi che le brillavano attorno al viso come le fiamme nello sguardo.
La creatura rise, un ghigno divertito sulle labbra scure. “Come vuoi Tauriel”, fece un inchino beffardo e si voltò dandole le spalle. Una frusta comparve tra le sue mani e il pallore dell’elfa aumentò fissando le dieci sfere di metallo alla base delle corde. Si portò una mano alla bocca e una nuova lacrima le sgorgò dagli occhi. “Non puoi farlo, sei un mostro! Fai schifo, lui è la mia vita, non puoi ucciderlo!” gridò, lanciandosi verso il messaggero di Mordor, ma la presa ferrea dell’orco la bloccò.
La Bocca di Sauron rise, gettando indietro la testa e ad uno schiocco di dita due orchi portarono Kili. Era svenuto e un taglio sanguinante percorreva la mascella. Tauriel gridò il suo nome divincolandosi: “Kili, che gli hai fatto verme, Kili!”
   “Ha solo ricevuto un pugno, non stava fermo.” Si giustificò il messaggero e una nuova risata percorse il suo corpo mentre Kili apriva gli occhi sentendo Tauriel. La fissò e uno sguardo dolce percorse la sua figura in lacrime. “Amore mio...”
“Amore mio...” lo scimmiottò il messaggero avvicinandosi. Sorrise malefico e squadrò il nano trionfante. La sua posa emanava eccitazione e Kili lo fulminò, sputandogli contro. “Verme, lasciala andare!”ordinò.
La creatura si chinò, afferrando il mento del nano con una forza straordinaria. Una lama brillò nella sua mano posandosi sulla sua gola. “Oooh no che non la mollo. E’mia ora la tua piccola elfa e la piegherò davanti i tuoi occhi prima di strapparti la vita” sussurrò con voce simile a lamette coperte di miele. Inclinò la testa e leccò languidamente il sangue sul suo zigomo mentre Tauriel urlava divincolandosi, le lacrime come diamanti sulla pelle candida.
“Toglili la camicia e stendilo” ordinò nella lingua di Mordor la Bocca di Sauron e l’orco ubbidì strappando la camicia di Kili per esporre la schiena. Lo colpì sui reni e Kili urlò, seguito da Tauriel, cadendo a terra.
La Bocca di Sauron fece saettare la frusta, uno schioccò sfiorò il braccio di Kili con precisione chirurgica e Tauriel trasalì, accorgendosi che l’essere la fissava. “Si accetto, accetto!”urlò l’elfa piegandosi in avanti verso di lui e la creatura la fissò immobile, godendosi le sue attenzioni, ma non cedette. “Troppo tardi” le rispose con la voce simile a milioni di lamette che sfregassero nella gola e la frusta schioccò, abbattendosi sulla schiena di Kili. Uno strisciò rosso apparve sulla pelle, lacrimando sangue, e Tauriel urlò cadendo in ginocchio. Fissò la schiena di Kili, quella pelle tesa sui muscoli che mille volte aveva accarezzato con le dita tra un bacio e l’altro, striata da un segno rosso.
“Ti prego...” urlò, ma la frusta tornò ad abbattersi e la voce del messaggero di Mordor azzannò l’aria, contando ogni sferzata che rubava un pezzo di cuore all’elfa. “Settant’otto.”
Tauriel lo fissò, cercando il suo sguardo cieco. “Quello che vuoi...”
Un’altra sferzata, una delle sfere colpì una vertebra e Kili gridò, squarciando l’aria con il suo dolore.
Un sorriso crudele, un nuovo schiocco. “E’lunga fino ad ottanta, scommetto morirà a quaranta.”
La frusta tornò ad azzannare l’aria, stavolta più forte e Tauriel chiuse gli occhi. La voce di Kili spezzò il silenzio e l’elfa si strinse le mani al petto, sussultando ad ogni colpo come se fosse suo. La pelle di Kili era ormai un reticolo rosso, minuscole gocce di sangue imperlavano la frusta. Non si accorse nemmeno che avevano smesso finché una mano umida le prese il mento violentemente. L’odore di sangue le invase le narici e Tauriel scosse la testa riconoscendolo come quello di Kili. Non tentò nemmeno di opporre resistenza, sentiva solo il suo cuore spezzarsi in mille pezzi. “Ti prego.” disse tra le lacrime, fissando la maschera di ferro davanti ai suoi occhi e la Bocca di Sauron sorrise, le dita gocciolanti del sangue del suo amato. “Allora accetti?”
Tauriel annuì e la presa sul suo mento divenne dolce. “Posso aiutarlo, poi potrai avere qualsiasi cosa vuoi.” sussurrò piano e la creatura annuì, ordinando qualcosa nella lingua nera. La presa dell’orco si allentò e Tauriel si lanciò contro Kili, fissando disperata la schiena martoriata. Posò le dita delicatamente e un nuovo singhiozzo le scosse il corpo mentre richiamava la magia elfica. La sentiva così debole, soffocata da Mordor, ma lottò e la pelle si chiuse leggermente, permettendole di voltare Kili per prendergli il viso tra le mani. “Kili, amore mio, ti prego” sussurrò e il nano aprì gli occhi. Tauriel scoppiò a piangere immergendosi nei suoi occhi scuri e le loro labbra si unirono, schiudendosi per rubarsi il respiro a vicenda. Tauriel strinse le braccia attorno al suo corpo, pregando che la terra gli inghiottisse, ma nessuno rispose al suo appello e il suo cuore pianse sentendo quello del nano accordarsi al suo ritmo. Si staccò sentendo dei passi dietro di lei e Kili l’afferrò per le dita, delicato e saldo come radici sulla terra. “Dove vai Tauriel, non darli nulla.”
“Mi dispiace”. Tauriel si voltò asciugandosi le lacrime e due braccia fredde l’avvolsero. Kili gridò il suo nome, ma l’elfa non si voltò, ogni richiamo ignorato come un pugnale nel cuore. Chiuse gli occhi, maledicendo il tremore che le scuoteva il corpo e la voce della Bocca di Sauron le sfiorò un orecchio come veleno: “Tranquilla, non mordo”. Rise leggermente e le sollevò il viso. Si gustò per qualche secondo il viso pallido e infine posò le labbra su quelle di lei con delicatezza; erano caldissime in confronto alle sue, vellutate come la veste dei Nazgul e invitanti, chiuse come un fiore che si opponesse ad una tempesta. Le conficcò le unghie sulla schiena stringendola, le urla di Kili come miele nelle orecchie e Tauriel si irrigidì, ma il suo bacio si accordò al suo ritmo. La creatura le divorò avida le labbra e la sua lingua le sfiorò in un invito ad aprirsi, ma Tauriel resistette. Erano fredde, e sapevano di sangue,era come baciare un rettile e tutto il suo corpo si opponeva a sostituire il sapore di Kili con il suo. La lingua della creatura le sfiorò le labbra, poteva sentire il desiderio del messaggero di Mordor trasmettersi ad ondate in lei. Scosse la testa e la sua mano le afferrò i capelli sulla nuca, stringendoli dolorosamente in una morsa mentre la frusta le strusciava sul fianco e il messaggio le arrivava chiaro come una corrente gelida. La presa della Bocca di Sauron si allentò e Tauriel agì, la paura per Kili la guidò e le sue mani si strinsero alla veste nera. Schiuse le labbra sentendo il cuore trafitto da mille aghi e la creatura rise leggermente ricambiando il gesto. Intrecciò la lingua alla sua in una danza che non aveva nulla di dolce e il bacio divenne intenso e profondo. Tauriel sentiva ondate di disgusto invaderla mentre sfiorava con le labbra i denti affilati, la lingua unita a quella ruvida e calda dell’essere. Le parve un eternità, ma alla fine la Bocca di Sauron si ritrasse, mordendoli piano le labbra come ultimo saluto.
“Grazie dolcezza, era da tempo che non baciavo un essere così ardente”la sbeffeggiò e Tauriel si divincolò allontanandosi. La nausea le invase la gola, ma si sforzò di mantenere un espressione impassibile, rifugiandosi tra le braccia di Kili. Il nano la prese mentre cadeva, avvolgendola per proteggerla, e la sua ira percorse il volto cieco della Bocca di Sauron. “Sei vomitevole, come hai osato anche solo toccarla. Quella bocca schifosa sarà la prima cosa che ti staccherò” urlò e la creatura si leccò le labbra con un gemito. “Sa di fragole e rugiada, di mele e zucchero, di notti di luna piena. Mi chiedo come sia assaggiare la sua carne invece, il suo sangue, il suo corpo”. Scoppiò a ridere fissando il viso disgustato di Kili e si morse le labbra nere. “Tu lo sai vero, quante volte l’hai stretta, amata, baciata e assaggiata. Faceva le fusa Kili?”domandò e il nano lo ignorò, covando desideri di vendetta.
Un grido echeggiò  nell’aria interrompendo quel gioco di sguardi e crudeltà e il messaggero di Mordor si volto, digrignando i denti. “Eccoli, sono in ritardo. “ commentò a nessuno in particolare e Kili seguì il suo sguardo verso le figure evanescenti che scivolavano oltre i cancelli. Appena sfiorarono la terra nera la polvere vorticò sollevandosi e nove manti neri si materializzarono avvolgendo le figure degli spettri. I Nazgul si avvicinarono, le vesti fruscianti ed in testa, la camminata sicura e altezzosa e il mantello dai riflessi liquidi come acqua, lo stregone. Una corona di spine circondò il capo e un sibilo di piacere percorse il buio senza volto del suo cappuccio mentre lo sguardo di Sauron lo percorreva, gustandosi l’elegante inchino e la lingua nera che frusciava nell’aria per chiedergli perdono.
Lo stregone si congedò, voltandosi verso la Bocca di Sauron, e una bassa risata accolse la sua voce gelida come ghiaccio: “Sauron mi ha detto che stavi punendo il nano, davvero codardo da parte tua, tutto per un capriccio carnale.” commentò e un sibilo freddo accompagnò la sua avanzata. Si fermò a pochi passi dal messaggero e un invisibile gioco di sguardi caricò l’aria di elettricità. “Loro sono sotto la mia autorità” sussurrò velenoso lo stregone di Angmar e un basso ringhio percorse i denti serrati della Bocca di Sauron. “Tranquillo, non l’avrei ucciso, volevo solo che lei cedesse”. Indicò Tauriel avvolta dalle braccia di Kili e una risata sciolse la tensione. Diede le spalle all’imponente figura del Nazgul e fissò Kili con un’occhiata carica di promesse, ma prima che potesse progettare la prossima mossa, un corno risuonò cupo nell’aria e Sauron sussurrò nella lingua nera, destando l’attenzione di Mordor.
Lo stregone alzò l’aura, avvertendo un pericolo attirare la pupilla verticale del suo signore e le urla degli orchetti ai cancelli annunciò una pioggia di frecce, che partì nel cielo buio come lampi metallici, diretti ad una figura nel cielo, che si esibiva in mosse per evitarle, avvolta da lampi argento. Furono quelli ad attirare lo sguardo dello stregone. Il Nazgul si irrigidì, mentre qualcosa di famigliare percuoteva la sua figura, come attesa o eccitazione. Si voltò facendo frusciare il mantello proprio mentre la misteriosa figura superava con un grido acuto il cancello nero e si lanciava verso di lui, avvicinandosi pericolosamente.
“Non ci credo, dopo tutto questo tempo” sussurrò lo stregone con voce gelida venata di ammirazione, mentre gli otto Nazgul si ponevano di fronte a lui, come una barriera nera. Divorò con lo sguardo l’aquila che atterrava in un lampo di piume argento davanti a loro. Fu quando i suoi occhi arancioni, velati di un odio che nascondeva a malapena la nostalgia di quelle terre che l’avevano irretita si posarono sulla sua figura, immergendosi nel nero senza volto del suo manto, che ruppe il silenzio, la voce carica di sensuale seduzione, fredda e all’improvviso dolce: “Najiel, mia adorata alla fine sei tornata.”

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Capitolo 12
*** Fuga su ali d'argento ***


Capitolo 11
 
Fuga su ali d’argento
 
 
Le pupille arancioni, del colore della sabbia al tramonto, fremettero bloccandosi contro il nero senza volto del Nazgul. Anche da lì la sua aura le cullava i sensi come il vento le ali, invitandola ad accogliere il suo potere che mille volte l’aveva in passato irretita e attratta, spinta da forze misteriose di magnetismo come la luna le maree.
Najiel, il nome della sua condanna, Colei che Vola nel Buio, la rinnegata dalla luce, regina della notte. L’aquila fissò a lungo il Nazgul, inseguendo con lo sguardo grifagno i riflessi liquidi della seta nera del manto. La lingua nera di Sauron le scivolava addosso come una carezza, le uniche che ormai riceveva, trasformandosi in parole conosciute, che altro che ferire le orecchie come al nano e alla splendida elfa dai capelli di fiamma, la faceva sentire...viva e completa, come mai sentiva da anni.
“Non sono tornata” rispose seccata, dopo aver respinto la dolcezza di quella voce gelida, che sapeva spegnerti i sensi come l’acqua ghiacciata quando cadevi tra le sue braccia crudeli. Gonfiò le ali argentate e il suo sguardo divenne freddo come il sibilo dello stregone alla sua risposta. “E’colpa tua se sono così”
Lo stregone scoppiò a ridere, rilassando la posa sotto lo splendido manto. Avanzò fino a trovarsi davanti agli otto spettri e all’aquila e una mano coperta dal guanto metallico cercò la gola piumata di Najiel, tentando di sfiorare le sue piume argento. “Cioè come? Stupenda?” le chiese con voce mielata e gli occhi arancioni si velarono di nostalgia, un semplice guizzo che lo sguardo cieco del Nazgul colse e trasmise a Sauron, tessendo lentamente la trappola. La lingua nera scivolò come seta da sotto il cappuccio e Najiel le accolse facendole sue sotto le piume, frementi a contatto con quella mano inumana. Ricordi si trasmisero come corrente al suo corpo di regina dei cieli, ma Najiel li ignorò scostandosi. Fissò con astio il Nazgul e poi si voltò verso Tauriel e Kili, incrociando i loro occhi colmi di timore e speranza.
Si sono qui per salvarvi, credo.
La voce fredda e inumana dello stregone tornò a colpirla con la lingua nera, ma stavolta nessuna nota dolce ne intesseva le parole: era gelida e priva di inflessioni, crudele come la sua natura infida che le aveva strappato ogni cosa e pericolosa, conosceva quel pericolo e le ali si spalancarono facendola allontanare. Atterrò sul suolo polveroso fissando gli orchetti avvicinarsi da dietro e la sfida brillò nel suo sguardo grifagno. “Non un’altra volta spettro, non rovinerai la vita di quelle due creature. Né te, né quella schifosa creazione alle tue spalle”. Indicò con il becco affilato la Bocca di Sauron, che le regalò un sorriso irto di denti. “Najiel, dolcezza mia.” sussurrò in risposta, con voce roca. Si voltò verso Kili e si esibì in un inchino, indicandola elegantemente con la mano pallida. “Kili, lei è la creatura di cui ti parlavo, sopravvissuta a ottanta frustrate”, un nuovo ghigno, “e diventata una Senzanome”
Tauriel a quelle parole sollevò lo sguardo, sempre avvolta dalle braccia di Kili. “Una Senzanome? Credevo fossero estinti?” sussurrò e il famigliare timore sfiorò i suoi occhi scuri. Najiel abbassò lo sguardo amareggiata e la risata dello stregone la schiaffeggiò, incidendo a fondo sulle vecchie ferite e riportando a galla le parole di Gandalf: Di lei non ci si può fidare.
Il Nazgul parve cogliere ciò che la tormentava. “Si Najiel, come vedi nessuno si fida di te. Sei come me, perché non accetti di unirti a Sauron? Ti darà ciò che hai sempre sognato”. La sua voce divenne dolce, invitante, come il sussurro dell’Unico lo era per lui. “Essere amata.”
“Sauron non sa amare!” urlò Najiel e le sue ali si aprirono al vento mefitico della terra di Mordor. Fissò con sfida Sauron, immergendosi nel fuoco del suo spirito, e  con un colpo d’ali catturò il vento sollevandosi, lasciandosi la terra alle spalle mentre la prima ascia si abbatteva nel punto dove era poco prima. In un attimo i suoi occhi catturarono il punto in cui l’elfa e il nano si trovavano e fu tutto semplice, come una volta. Chiuse le ali e si lanciò verso terra, avvertì la lama dello Stregone sfiorarla, ma anche lei era delle tenebre e la spada la colpì senza ferirla. Spalancò le ali colpendolo e il sibilo degli spettro le strappò un sorriso negli occhi fieri.
Guarda Gandalf, anche io so fare del bene.
Ascoltò il cuore cantare di gioia e con uno scatto artigliò il terreno, mentre incrociava gli occhi dell’elfa fissarla, marroni come il bosco, circondati da un aura di fuoco dei suoi capelli. Bastò quel piccolo momento e l’elfa capì, la fiducia inondò le sue iridi e lei balzò sulla sua groppa argento, le mani pallide strette alla piume. Il nano la seguì e Najiel lo vide stringerla a sé, le mani intrecciate e un sorriso solo loro, rubato nel mezzo delle grida degli orchi e i sibili degli spettri, ancora deboli per la sconfitta alle Alte Colline.
Respinse il nodo al petto vedendo il loro  legame e senza dire nulla si lanciò nel cielo, sfidando lo sguardo rovente di Sauron con la potenza delle sue ali e finalmente, per la seconda volta, la luce del riscatto brillò nei suoi occhi fieri, cacciando alle sue spalle le tenebre di Mordor. Nemmeno una volta si voltò a fissare quella terra che tanto le aveva rubato, ma se l’avesse fatto, forse avrebbe notato la figura scura dello Stregone innalzarsi con aria di vittoria tra gli orchi urlanti, la spada intrisa dello splendente rosso del sangue di Tauriel, intrappolato come un gioiello liquido sulla lama affilata.
Il Nazgul rise, una risata gelida e crudele, che inseguì silenziosa Najiel. Si voltò con un fruscio della veste luccicante e il peso dello sguardo di Sauron lo attraversò come una scarica. Un sorriso invisibile lo percorse e il suo sguardo cieco si fissò sul sangue che brillava sulla lama. Ne ammirò il rosso intenso e la sua voce fredda si sollevò nel cielo infiammato di Mordor: “Sii vola pure Senzanome, fuggi alle tenebre, tanto è inutile”, fissò lo spirito del suo signore e un sibilo soddisfatto percorse il buio sotto il cappuccio, “noi abbiamo quello che desideravamo.”
 
 
~~~
 
 
Il buio, era sempre stato un suo alleato.
La notte, che silenziosa accoglieva il suo passaggio.
Passare inosservati era più facile di notte, essa era fatta per dormire solo se non eri sempre in fuga, perché nonostante fosse il regno di creature oscure, era anche quello delle sue prede e questo Aragorn lo sapeva bene.
Per la centesima volta il ramingo si alzò di scatto, guardando nel buio davanti a lui. Era sicuro che qualcosa avesse riso, aveva sentito chiaramente una bassa risata soffocata. I suoi occhi umani si scontrarono contro la notte più nera, solo un lieve profilo faceva intuire che le grosse figure davanti a lui erano alberi. Si affidò al tatto e ascoltò il tocco morbido dell’erba sotto le dita, finché non incontro le dita calde di Arwen, addormentata contro di lui. Cercò la figura dello stregone grigio e intravide la sua sagoma poco distante, ma per il resto nessuna forma di vita si muoveva tra le immense sentinelle di legno e foglie che lo circondavano, ma allora perché udiva quella risata quando chiudeva gli occhi?
Aragorn sospirò tornando a distendersi ed Arwen si mosse accanto a lui. Una mano si posò sul suo petto, come ad assicurarsi che il suo cuore battesse e il ramingo avvertì una fitta al pensiero che solo poche ore prima, quello stesso organo era stato trafitto dalla sua stessa spada dal re stregone di Angmar.
Aragooorn...
L’uomo aprì di scatto gli occhi e il battito impazzì mentre scattava a sedere fissando tra le forme degli alberi, nere e all’improvviso minacciose. Questa volta aveva sentito chiaramente il suo nome scivolare nella foresta. Il buio premeva contro di lui e qualcosa si mosse tra gli alberi, più nero della notte stessa, quasi si rivestisse dell’ombra dell’oscurità. Un vento gelido investì il viso del ramingo e qualcosa di ghiacciato e affilato gli sfiorò la gola, raffreddando il suo stesso respiro.
“Non ti consiglio di usarlo.” sussurrò una voce inumana, fredda come ghiaccio e letale come veleno e Aragorn mollò la presa sulla spada, sentendo il sudore gelido percorrergli la schiena. Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille, come se solo pensandoci avesse evocato il suo proprietario a finire ciò che aveva cominciato nella sua tomba mortale. Tentò di apparire calmo, ma quando parlò la sua voce era spezzata e debole: “Come fai ad essere qui?”
Una bassa risata risuonò nel buio e il fruscio della stoffa accompagnò il tocco della punta affilata della spada sul petto. Aragorn sentì il potere di Mordor attraversare il metallo per toccarlo e una fitta bruciante gli attraversò il corpo, così intensa che solo un forte autocontrollo gli impedì di emettere un gemito: era come se la spada stesse di nuovo trafiggendo la sua carne. Chiuse gli occhi e la voce del re dei Nazgul risuonò nuovamente: “Male Aragorn? Lo so...farà sempre male, ho fatto in modo che sia così.” sibilò velenoso e il ramingo riaprì gli occhi, avvertendo lo spettro scostarsi. Scattò in piedi allontanandosi, ma qualcosa gli bloccò il respiro, come se una presa invincibile gli avesse afferrato il cuore. Crollò a terra e il sapore del sangue gli invase la bocca, il dolore era così intenso, bruciante e vero che l’uomo gemette, portandosi la mano all’altezza del cuore. “Cosa...mi hai...fatto?” domandò debolmente e la risata dello Stregone lo raggiunse alla sua destra. Riusciva a scorgere il luccicare innaturale del suo manto, ipnotico come le squame di un serpente nel suo lento movimento.
Lo Stregone lo fissò, gustandosi il dolore che scivolava come miele dal corpo contratto e con un piede lo rivoltò a pancia in su, fissando le pupille frementi dell’uomo. Per un attimo si perse a studiare il corpo atletico, anni di fughe e lunghe camminate lo avevano temprato e nonostante il dolore l’aura regale dell’uomo traspariva dal viso e dal corpo ancora giovane e forte. Sibilò compiaciuto, sarebbe stato il corpo perfetto per tornare, nonostante il dolore quel piccolo cuore batteva e irrorava sangue con perfetta maestria, come una macchina ben oliata fatta per lottare e vivere.
“Devo dire, che sei forte erede di Gondor”commentò con aria annoiata, ma un sorriso invisibile accompagnò le parole finali mentre si chinava, fino ad attirare l’attenzione del ramingo, allentando la presa sul suo cuore. La furia di Aragorn sostituì il dolore e la paura e lo Stregone sibilò gelido, sfidando con la sua aura la silenziosa battaglia di sguardi. Accarezzò pigramente la lama Morgul e una risata secca e fredda scattò nell’aria. “Quando scoprirai cosa vuol dire essere risparmiato da me, sarà un grande giorno” aggiunse misterioso e l’attenzione di Aragorn lo compiacque.
Lasciò che il ramingo si alzasse di scatto, estraendo la lama. Aragorn si immobilizzò a fronteggiare la figura indistinta dello spettro, solo il bagliore del suo mantello gli faceva intuire dove fosse e si concentrò su quello, attento a capire la sua prossima mossa, ma lo Stregone parve rilassato, come un grosso felino dopo la caccia. La tensione gli indurì i muscoli, il corpo si contrasse e l’uomo affilò lo sguardo; non si sarebbe fatto ingannare da quella posa rilassata, i Nazgul erano astuti e quell’essere era pericoloso.
“Cosa intendevi con quelle parole?” ruppe il silenzio e lo Stregone sibilò divertito, come se attendesse quella domanda. Lentamente si alzò, un’arma di distruzione e dolore stagliata contro il bosco fremente, e la voce gelida e inumana spezzò il silenzio di nuovo calato, come una falce che si abbatteva su Aragorn: “Semplice erede di Isindur, scoprirai che essere ancora vivo sarà peggio che morire com’era successo in quella tomba.”
“Spiegati”. Aragorn avanzò minaccioso, era ormai certo che stesse accadendo tutto nella sua testa. Percorse la radura vuota con lo sguardo, ma la sua attenzione venne di nuovo calamitata dallo spettro; era lui che esigeva la sua attenzione e il ramingo pose la spada tra loro, una barriera di metallo contro l’oscura forza di Mordor. “Spiegati!” ripeté con autorità e il Nazgul lo fissò interessato, come a leggere in quella parola la forza della loro stirpe. Una bassa risata seguì il suo ordine e lo Stregone si chinò beffardamente con un elegante movimento. “Obbedisco sire, sangue del mio sangue.”sussurrò minaccioso, godendosi la tensione dell’uomo prima di aggiungere, il tono inumano di nuovo freddo e gelido: “Quando ti ho ucciso e dopo salvato, ho fatto in modo che si creasse un legame Aragorn”, fece una pausa, assaporando ogni singola emozione che gli occhi scuri del ramingo gli regalavano, e infine aggiunse infido: “Ogni volta che ucciderai un avversario dell’esercito di Mordor proverai il dolore che hai sentito quando ti ho ucciso.”

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Capitolo 13
*** I am fire ***


Capitolo 12
 
I am fire
 
 
“Tauriel, siamo liberi!”. La voce di Kili si perse in parte nel vento, ma l’udito dell’elfa ne catturò comunque una parte e la sua risata argentina, quella che il nano amava, si librò nel vento, quasi ad usarlo come cavalcatura per diffondersi nella Terra di Mezzo.
Tauriel allungò una mano e il nano la strinse, un sorriso che spuntava dalla corta barba che ricopriva la linea della mascella, esaltandone la curva affilata. I suoi occhi scuri brillarono e l’elfa sorrise da sopra la spalla, cercando i trattenere le ciocche rosse che si sollevavano nell’aria. Fissò il sole sollevarsi con un nuovo giorno e si allungò sul collo immenso dell’aquila, aggrappandosi delicatamente alle piume argento della loro instancabile salvatrice. “Najiel, è tutta la notte che voli, devi riposare e non è il caso che il sole ti trovi.” sussurrò, mordendosi il labbro. Era difficile cercare di non essere insensibili con una Senzanome, soprattutto riguardo al rapporto con il sole che quella creatura magnifica aveva. In attesa della risposta, Tauriel si perse a guardare una delle piume che brillavano a pochi centimetri dal suo naso; era come se la luna ne avesse intinto di luce ogni singola parte, facendole brillare come piccoli gioielli anche quando lei era assente. I riflessi perlacei si inseguivano da una piuma all’altra ad ogni movimento del rapace e nell’insieme era come fissare il mutevole riflesso...
Del mantello dello Stregone di Angmar.
L’elfa si ritrasse mentre il pensiero le attraversava la mente. Ora che l’aveva colto, le era impossibile non notare la somiglianza dei giochi di luce delle piume con quelle del manto del Nazgul, come se anche a quella distanza, fuori dalle sue grinfie, lo spettro ricordasse a lei e Kili che lui c’era sempre e che se voleva li avrebbe trovati, magari addirittura segnati per sempre come quella creatura, che aveva rischiato la vita per salvarli.
L’impulso di scappare ghermì l’elfa e la sua mano cercò all’istante Kili, sentendolo ricambiare con le sue dita calde.
“Tauriel?”domandò preoccupato il nano e l’elfa sorrise lievemente. I ricordi che lo Stregone le aveva rivelato nella radura qualche giorno fa emersero di nuovo e Tauriel sentì un peso comprimerle il petto. Non serviva andare lontano, lo Stregone le aveva già legato un cappio al collo. Il suo sangue, metà elfico e metà dell’antica stirpe dello stesso spettro, già la marchiavano come un pericolo per la Terra di Mezzo. Fu in quell’istante che ricordò del taglio che le sfregiava il braccio e il suo sguardo lo cercò esaminandolo; doveva esserselo fatto durante la fuga, probabilmente contro la lama di uno dei Nove che avevano tentato di assalire Najiel.
Niente di grave, non basta di certo un po’di sangue per creare un esercito. Probabilmente non ci faranno neanche caso, potrebbe essere di Kili, tentò di rassicurarsi Tauriel, passandosi una mano sul piccolo graffio. Un singolo innocente graffietto, niente a che vedere con le frustrate che l’infido messaggero aveva inferto a Kili. Al pensiero di ciò che le era costato Tauriel represse la nausea; come poteva dimenticare il tocco di quell’essere, la sua bocca fredda e crudele e quel bacio, che sapeva di sangue e paura per Kili, per lei, per ciò che amava e aveva rischiato di perdere in quella terra arida.
“Come và la schiena?” chiese all’improvviso, cacciando il ricordo con un brivido.
Kili la studiò e le sue mani le strinsero la vita dolcemente, indovinando ciò che turbava gli occhi marroni della sua amata. “Sta bene, mi tira un pò, ma hai fatto un buon lavoro per curarmi.” la rassicurò dolcemente, reprimendo l’ondata d’odio che minacciava di avvelenare la sua voce. La Bocca di Sauron, aveva osato farle del male e Kili strinse  i denti fino a sentire un sordo ronzio. Poteva ancora vedere le braccia dell’essere che stringevano a sé l’elfa come lui stava facendo in quel momento e la sua bocca, le labbra nere come la lingua dei rettili, appoggiate a quelle di Tauriel.
La pagherà, la mia lama gli trafiggerà il cuore.
Kili inspirò piano, tentando di placare l’odio che pulsava nelle tempie scorrendo nel sangue come veleno. Fissò Tauriel e addolcì lo sguardo, girandola per farle appoggiare la testa contro la sua spalla. Il profumo dei suoi capelli era come un potente antidoto a quella rabbia cocente e il nano si immerse in esso, costringendosi  rinchiudere come fiere quei propositi di vendetta, fino all’occasione in cui avrebbe potuto scatenarli per fargli affilare la lama della sua spada.
“Sono così felice che siamo salvi amore mio.”
Tauriel sorrise contro la sua spalla, giocando con una ciocca scura dei capelli di Kili. Sollevò un dito e percorse le labbra del nano, sentendole curvarsi per baciarle il polpastrello. Si alzò fino a fissarlo, i respiri sincronizzati come i cuori. “Anche io, ho temuto di perderti”. La voce si spezzò e Tauriel sentì le lacrime rigarle il viso. “Dopo quello che ho scoperto di me, io...”
Kili la strinse a sé e Tauriel si lasciò andare, sentendolo cullarla tra quelle braccia dure come la roccia di Erebor. “Ti amo Kili, non posso perderti.” confessò e le braccia di Kili si sciolsero, le sue mani cercarono il suo viso e un istante dopo le sue labbra erano sulle sue, investite di mille emozioni che correvano tra di loro come le lacrime sulle sue guance. Sentì le sue dita coglierle e cancellarle e schiuse le labbra, accogliendo ogni singolo respiro che Kili le dava e rubava allo stesso tempo. Parve un eternità, ma quando si staccarono Tauriel si sentì di nuovo integra, come solo lui, dalla prima volta che l’aveva vista, sapeva fare. Non importava se aveva sangue elfico o di una delle più potenti razze che avessero calpestato quelle terre, né che lui fosse nano e lei elfa, destinati ad essere nemici come le loro razze; Tauriel si sentiva completa e viva solo sotto al suo tocco. Era come argilla tra le sue mani, la plasmava in qualcosa di buono, di unico e nessuno, nemmeno la furia di Sauron, poteva toglierglielo.
La voce morbida di Najiel penetrò nel loro mondo e Tauriel e Kili si voltarono verso di lei, fissando uno dei due immensi e malinconici occhi aranciati studiarli. “Pensavo voleste sapere dove siamo diretti, siamo quasi giunti.”
“Sei sicura di farcela?” domandò Kili fissando il sole cominciare a tingere di oro il paesaggio, ma Najiel annuì, catturando una corrente ascensionale con le immense ali. Per un istante qualcosa guizzò nel suo sguardo, ma si spense subito com’era nato. “Si, sarò sicura solo quando sarete con lui.”
“Lui chi?”. Tauriel tornò a voltarsi, posizionandosi di nuovo in maniera più comoda e sicura sul dorso dell’aquila.
Najiel distolse lo sguardo e la sua voce vibrò sicura nel vento come il suo volo: “Gandalf, è da lui che vi sto portando.”
 
 
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“Non posso credere che siano scappati sotto al nostro naso!”
Lo Stregone di Angmar scivolò sull’immenso pavimento di Minas Morgul, fissando con occhiate roventi gli otto spettri dell’Unico ritirarsi davanti la sua aura di potere, che inviava a ondate dal suo corpo fasciato nell’immenso manto nero. Era di nuovo al culmine dei suoi poteri, come un vulcano di elettricità e distruzione che non potesse eruttare per sfogarsi. Il Nazgul si bloccò repentino e gli otto fremettero di terrore. Sauron era stato duro nella sua vendetta, aveva scatenato la sua furia e l’intera Mordor ancora tremava sotto la potenza del suo sguardo rovente.
Lo stregone riprese a camminare, la posa altezzosa che traspariva anche dal passo con cui macinava avanti e indietro marmo e idee; il suo sguardo vagava nell’immensa navata della sua reggia, Minas Morgul, il suo impero. Era avvolto da una tenue luce verde, un bagliore malato che gettava sul marmo nero un tocco infido e malsano, specchiandosi sule pile di ossa e cadaveri ancorati alle catene sui muri, brillando con sinistra maestria su orbite incavate o sul lucido pelo dei topi, che sbucavano dalle bocche urlanti di ciò che restava dei prigionieri degli spettri.
Il Nazgul si bloccò pensieroso e con un ringhio si girò verso uno dei tre troni che adornavano la fine della navata, ignorando gli otto spettri ritrarsi alle sue ondate di potere. “E tutto questo è anche colpa tua!” sibilò minaccioso verso la Bocca di Sauron, mollemente appoggiata contro lo schienale di uno dei tre troni. La creatura non si scompose di fronte l’ira dello spettro, limitandosi a smettere di sorseggiare dal calice che reggeva tra le dita pallide. “Non direi, stavo solo facendo il mio dovere.”
Lo Stregone di Angmar si irrigidì. “Prego?” domandò con la voce gelida come vento artico e le torce si abbassarono al suo suono, come percorse da una corrente fredda.
Il messaggero di Mordor notò la velata minaccia e la sua voce roca, simile al grattare di mille coltelli affilati, si venò di un lieve rispetto: “Intendevo che stavo punendo il nano, aveva tentato di scappare.” spiegò e una risata gelida, capace di spezzare le ossa per l’acuto terrore che portava, proruppe dal buio del cappuccio dello Stregone. “Già, e immagino che baciare quella mezzosangue non rientrasse nei piani.”
“Precisamente.” rimbeccò il messaggero, mostrando i denti davanti la risata di scherno dello spettro. Si alzò furibondo, ma prima che potesse muoversi una mano fasciata da un guanto metallico gli afferrò la gola, sollevandolo di pochi centimetri da terra. Annaspò graffiando il marmo del trono e l’alito gelido del Nazgul gli soffiò sul viso: “Non osare dirmi che non avevi già in mente tutto, so bene quando qualcuno mi mente e se c’è una cosa che odio”, la presa si strinse e la Bocca di Sauron si contorse, colpendo il calice che cadde a terra con un rumore metallico, spandendo il sangue denso sul marmo scuro. “E’ chi mente a me, soprattutto adesso che Sauron è furibondo.” sibilò minaccioso lo Stregone. Si godette la paura della creatura e mollò la presa, facendola cadere di nuovo sul trono, il respiro basso e spezzato. La fissò con un’occhiata altezzosa e si allontanò, il mantello acceso di mille riflessi, godendosi l’occhiata rovente che gli indirizzava.
Non c’è niente di meglio che ricordargli chi comanda, pensò con un sibilo compiaciuto. “D’altronde, per mia somma bravura ho preso un po’ di sangue all’elfa prima che scappasse.” continuò come nulla fosse, passeggiando con aria divertita.
La Bocca di Sauron si alzò in piedi, calciando con rabbia il calice. “E allora?” domandò velenoso. “Un po’ di sangue non basta per creare l’esercito che Sauron brama.”
“E’vero, ma possiamo comunque sfruttarlo per avere un potente alleato.” ribatté misterioso lo Stregone, ma la Bocca di Sauron sbuffò con una risata, sfoderando la dentatura affilata in uno dei suoi macabri sorrisi. “Chi? Aragorn?” domandò con innocenza, alludendo alla notte appena passata e il Nazgul sibilò cancellandogli il sorriso. “Non dire assurdità, parlo di qualcuno di potente, che sia capace di odiare la Terra di Mezzo e portare distruzione traendone piacere.”
Il messaggero lo fissò, all’improvviso serio. “Chi sarebbe?” domandò con voce intrisa di malcelata curiosità e lo Stregone sorrise, scivolando verso l’esterno. “Scoprilo da te, Sauron sta già valutando la nostra nuova alleanza e devo dire che riportarlo in vita mi è costato parecchia fatica, ma ne è valsa la pena.” spiegò con una risata gelida. “Vale la pena sprecare quel prezioso sangue rubato per questo.”
La Bocca di Sauron lo seguì all’esterno e appena i suoi occhi si posarono sulla vasta distesa di Mordor, la sua bocca si aprì leggermente, rivelando lo stupore che tentava di trattenere. “Non è possibile, è tale il potere di quel sangue?” sussurrò e un sorriso diabolico seguì il sibilo divertito dello spettro.
Davanti a loro, illuminato dai fuochi delle torce degli orchi che scintillavano sulle squame rosse e oro, le immense ali leggermente aperte ad oscurare persino il ribollente fuoco del Monte Fato, un enorme drago ricambiava con il rosso fiammeggiante delle iridi lo sguardo rovente di Sauron, le pupille verticali immerse in quella del signore della Terra Nera. Il muso crudele della creatura si arricciò mostrando i denti lunghi come lance e l’immensa testa, munita di punte affilate, si chinò verso la figura minacciosa dello Stregone.
Una voce calda e crudele come il fuoco stesso che dominava scivolò nell’aria metifica: “Salve Stregone, lieto di vedere che sei finalmente venuto a salutare il vostro nuovo alleato”. Il drago gettò indietro la testa e una potente fiammata, capace di radere al suolo una montagna, brillò nel cielo oscurando persino la luce del sole stesso. Le pupille si assottigliarono annegando nel rosso delle iridi e la voce del drago tornò a squarciare imperiosa il cielo: “Sono tornato, io che sono fuoco!”
Lo Stregone scoppiò a ridere e con un inchino beffardo indicò il drago alla Bocca di Sauron. “Permettimi di presentarti il nostro nuovo alleato”, fissò con il suo sguardo cieco quello crudele e antico del drago. “Smaug, il terribile.”

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