Don't let him go away

di AliNicoKITE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO-Arrivo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1-l'accordo ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2- gli ''Smash-demigods'' ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3-Benvenuto a Nuova Roma, Zacharias O'Connalain ***



Capitolo 1
*** PROLOGO-Arrivo ***


Autore: AliNicoKITE (efp e forum)
Titolo: Don’t let him go away
Fandom (PJO; HoO; Originale): HoO
Rating: giallo
Personaggi: Octavian,Nuovo Personaggio
Genere/Avvertimenti:  Incest
NdA: note a fine capitolo… non ho nulla da dire per una volta ^.^

 
Don’t let him go away
Ovvero: come può complicarsi la vita di un augure
PROLOGO-l’arrivo
Arrivò mentre Dakota era di ronda. Eri al tempio, allora, e ti ricordi ancora di come accogliesti il trambusto proveniente dall’entrata del campo con fastidio: tentare di decifrare al meglio i pochi frammenti dei libri sibillini ti richiedeva una grande concentrazione,certo, ma anche un grande silenzio.  Senza figli di Bacco che strepitano come oche. Il pensare che quell’idiota  era stato eletto centurione ti fece venire il voltastomaco,  ma avevi la magra consolazione di pensare che un decerebrato in più o in meno al comando della  quinta Coorte non faceva tanta differenza.
Fu quell’osservazione che ti fece del tutto passare il buonumore: Jason Grace era il nuovo pretore, e lui la quinta Coorte l’aveva fatta letteralmente risorgere dalle ceneri. Ti alzasti e, senza fretta, corresti fino alle rive del Tiberino.
 Andavi incontro alla morte del te stesso di allora e non lo sapevi.
Dakota strepitava mentre Jason Grace tentava inutilmente di calmarlo. Ripeteva convulsamente le parole ‘’dragone’’ e ‘’ragazzo’’.       
Capisti al volo la situazione. Ti rivolgesti a Reyna quasi con un tono rispettoso.
‘’PRETORE, I RINFORZI! C’E’ QUALCUNO IN PERICOLO LA’ FUORI!’’
Ti  ricordi?
Quando Reyna smise di rimproverarti per il tuo essere poco incline a rispettare la sua autorità, quando finalmente un drappello riuscì a uscire dalla galleria di entrata del campo, era già alle prese con il dragone. Fosti scioccato: un ragazzino di quindici anni massimo stava cercando di uccidere un dragone della Scizia saltando sulle spalle del mostro senza problemi.
Ricordi anche ciò che venne dopo?
Volteggiava sulle squame azzurrine del drago ridendo quasi, i capelli biondo grano tendenti al castano che parevano un macchia indistinta troppo veloce da vedere bene.
Tu, però, avevi paura. Perché era materialmente impossibile per il ragazzo riuscire a sopravvivere, e non eri sicuro della vittoria di quel misero gruppo di semidei. La tua mano corse al coltello alla cintura.
- Octavian, non cercare inutilmente di colpire il drago, rischi di ferire il ragazzo!
La parole di Reyna, unite alle esclamazioni di alcuni mezzosangue, non sortirono alcun effetto: avevi gli occhi fissi sulla carne vulnerabile del mostro quando apriva le mascelle.
Ti  prendevano spesso in giro per la tua poca bravura nei combattimenti: cos’era un romano senza muscoli e valore? Cervello e ambizione. Erano caratteristiche altrettanto letali, altrettanto romane, e gliel’avevi dimostrato quando avevi visto i tuoi stessi persecutori guardarti dal basso verso l’alto. Ma tu eri lo stesso un figlio di Apollo. Un mezzosangue della prima coorte. E quando cercasti di calmare il respiro, per mantenere la calma, realizzasti l’inevitabile: il ragazzo era ferito. Il sangue cadeva copioso sul terreno mentre continuava a schivare i colpi. Per una volta, per la prima volta, non calcolasti nulla.
Ti ricordi tutto, ogni minino particolare?
Il pugnale fendette l’aria. Reyna urlò cercando inutilmente di avvertire il mezzosangue dell’arrivo dell’oro imperiale verso la testa del mostro, proprio dove era in quel momento.  E il ragazzo non la sentì…  bloccò la lama al volo.
Eri troppo sbigottito per parlare, protestare, urlare invocando gli dei. 
Dopo, non proferisti parola lo stesso: la carcassa del dragone era a terra, e notasti a malapena il pugnale conficcato nelle fauci aperte del mostro.
Il ragazzo, anche lui era a terra.
Cogliesti solo le urla dei lupi: il mezzosangue aveva passato la sua prova.
Ti ricordi ciò che successe, ogni minimo particolare?
****
Hai mai provato paura quanto me quel giorno? Non credo, o almeno spero di no. Perché io,caro Octy, sentivo la vita scorrere assieme al sangue, e cadere sul terreno.
E ora che mi dici che sì, ricordi tutto alla perfezione, smetto di raccontare. La vita scorre veloce assieme al sangue, e cade sul terreno. E non posso stare a guardare.
 Di chi è quel sangue, Octavian?
****
 
 NOTA AUTRICE
FF di pochi capitoli incentrata su Oct e il misterioso mezzosangue appena arrivato.. spero vi possa piacere anche se,da ciò che si legge qui, non si può nemmeno immaginare la vera struttura della trama. Un commentino?  Piccino piccino picciò?
BACI BACI
Ali<3

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Capitolo 2
*** Capitolo 1-l'accordo ***


Autore: AliNicoKITE (efp e forum)
Titolo: Don’t let him go away
Fandom (PJO; HoO; Originale): HoO
Rating: giallo
Personaggi: Octavian,Nuovo Personaggio
Genere/Avvertimenti:  Incest
NdA: incomicerete già a capire qualcosa del mio headcanon…. Non mi resta che augurarvi buona lettura!
Don’t let him go away
Ovvero: cosa succede a far arrabbiare Reyna Avila Ramirez-Avellano
CAPITOLO 1-L’accordo
E’ buffo pensare quanto ti conosco bene: riesco persino  a immaginare cosa dirai, come ti lamenterai in sintesi, quando ti accorgerai che sto finendo una lettera.
Termino la lettera destinata a te. La potrai mai leggere, mio caro Octy? Octavian che non ha mai voluto aprissi bocca, Octavian che prima ha stroncato ogni mio tentativo di raccontare tutto- prima ancora che ti parlassi di come fosti buffo, quando Reyna emise la sua sentenza.
 Octavian. Il mio Octavian. Octavian che, la prima volta che mi svegliai, era arrabbiato come poche volte nella sua vita. Fu una bellissima giornata, credimi.
La lettera parte dal principio. E il principio di questa storia sono appunto io, il ragazzo di cui non ricordavi mai il nome, al momento del mio risveglio.
Quindi mi calo un’altra volta nei tuoi panni, e rileggo la lettera: una lettera che ho scritto io, ma che vede ogni cosa dal punto di vista dell’azzurro dei tuoi occhi.
Manca poco, lo so io come lo immagini te.
Poco, e la guerra finirà. Potrai mai leggere la mia lettera, mio caro Octavian?
***
Quando abbassasti lo sguardo, incredulo di aver sentito un suono dopo ore di silenzio, gli occhi del ragazzo erano già aperti. Notasti che erano di un azzurro limpido, chiaro e terso come il cielo sopra il Campo Giove non era da un po’ di tempo. Osservasti i suoi vestiti, sdruciti per il troppo uso, di materiali pesanti, per stare al caldo, e ricordasti che la tua stagione preferita stava arrivando: era novembre e l’inverno era in fiore,ancora sopito. Il ragazzo, dopo il combattimento contro il dragone, era stato trasportato in fretta e furia dai tuoi fratelli e ai colleghi figli di Esculapio di turno, e tu eri già pronto a tornare dal tepore confortante dei libri e del tuo tempio, del tuo regno, quando gli occhi di Reyna Avila Ramirez-Avellano ti avevano inchiodato sul posto.
Eravate diventati amici, prima che scoprissi quanto le emozioni portano guai. Avevi imparato ad apprezzare il suo sguardo penetrante e fiero, la treccia in cui rinchiudeva i suoi capelli scuri, l’audacia e capacità di comandare così romane che ti fecero pensare di poter aver trovato un’anima affine. Sbagliasti.
‘’Sono come Icaro, che cadde a terra per non riemergere. Non sono un angelo, le mie ali si sciolgono al sole.’’
E’ così che ti definivi, così che consideravi il semplice fatto che avevi frainteso tutto, con la figlia di Bellona: una caduta, un errore. I rapporti con il pretore si erano gelati, venati di astio e incapacità di parlare. Avevate contato entrambi sull’amicizia che vi legava, senza vedere che ognuno di voi si stava allontanando: lei verso Jason Grace e tu, testardo, ferito dal suo amare il figlio di Giove,  dalla parte opposta. Nel baratro. Ti affacciasti sullo strapiombo, litigaste, capisti la tua ingenuità. Ti affacciasti, e cadesti giù. Come Icaro.
Allora, non ti eri ancora rialzato in piedi.
E gli occhi di Reyna avevano sempre avuto il potere di fermarti, in un istante.
-Hai disobbedito agli ordini, Octavian.
‘’- Octavian, non cercare inutilmente di colpire il drago, rischi di ferire il ragazzo!’’
Facesti una smorfia, tentato di risponderle a tono, ma la gerarchia romana ti impose  il silenzio. Era una campagna militare, la guerra che combattevi con Reyna a fil di spada ormai da anni, e si basava su ogni piccola guerriglia: mai perdere terreno.
-Sembra che il mio pugnale abbia svolto il suo dovere, nonostante tutto.
-Silenzio.-ti intimò. I suoi occhi mandavano bagliori di disprezzo-Non hai eseguito gli ordini di un tuo superiore, rischiando di uccidere un semidio romano. Mi terrai informata di ogni sviluppo sulla sua situazione.
Per una volta,le tue abilità oratorie andarono alle Bahamas mandandoti una cartolina di saluti.
-Situazione di chi?
Reyna sbuffò, accennando a un sorriso velenoso.
-Del ragazzo, mi pare ovvio. E’ sotto la tua tutela e responsabilità, farà parte della tua coorte. Tu- ti fissò, sfidandolo a replicare- sarai la sua balia.
La tua abilità oratorie ti informarono, via lettera, che a quanto pare avrebbero pernottato in vacanza qualche altro giorno.
-Ma-ma…- sbuffasti, imprecando mentalmente verso ogni dio del pantheon romano. E accettasti la vittoria nemica, retrocedendo di un poco, battendo in ritirata.
-Come volete, pretore Reyna.
Un sorriso, i passi cadenzati tipici di un soldato, e Reyna Avila Ramirez-Avellano lasciò il campo di battaglia in trionfo, sotto il giubilo dei tuoi avversari politici.
Il ragazzo aveva gli occhi limpidi, chiari. Puri come i tuoi non erano più da molto tempo.
Probabilmente fu per quello che iniziasti la tua prima conversazione con il ragazzo con un epiteto peggiore persino per i tuoi standard, sottolineando la sua scarsa altezza.
-Ben svegliato, Pulce.
-D-dove sono?- balbettò confuso-Il drago…
Balbettava, sembrava un cucciolo smarrito. Ti fece pena.
-Sei nel tuo inferno personale, al sicuro da tutto tranne che dal diavolo, Pulce. E il diavolo-gli suggeristi con un ghigno folle-sono io. Alzati e seguimi , se sei in grado:ho molto da fare e non posso perdere tempo a spiegarti ogni cosa.
Te ne stavi andando, per poi girarti sentendo che il ragazzo non si muoveva. Stavi per lasciar perdere, quando il suo sguardo divertito ti inchiodò sul posto. Sei sempre stato particolarmente influenzabile dagli sguardi limpidi,iridi scure o chiare che fossero.
-Non puoi essere il diavolo se mi hai salvato la vita.
-Non ho mai fatto niente di tutto ciò, alzati e non rallentarmi.-sbottasti in fretta, sputando astio e imbarazzo. Dopotutto, non aveva ragione? Ti convincesti che la risposta alla domanda fosse ‘no’, constatando che tu avresti potuto uccidere il ragazzo senza battere ciglio pur di colpire il dragone.
 -Infermiera –chiamasti infastidito- il semidio nuovo verrà via con me.-inghiottisti il tuo orgoglio- Ordini del pretore.
La figlia di Esclulapio annuì confusa, per poi incominciare a blaterare raccomandazioni per mantenere la salute del ragazzo stabile. Il semidio, intanto, raccoglieva le sue numerose giacche e cercava di alzarsi senza sforzare il petto, reso niveo dalle numerose bende poste dai tuoi fratelli.
Ignorasti le parole dell’infermiera e la smorfia di dolore che attraversò il viso del ragazzo, che non aveva ribattuto alla tua brusca risposta e che sembrava essere abbastanza condiscendente. Iniziava a piacerti: così sottomesso, non avrebbe dato problemi.
Quando usciste dall’ospedale, sorridesti accondiscendente di fronte allo stupore del tuo nuovo protetto, per quanto la sola idea di dovergli spiegare perché dentro al Campo Giove il clima fosse mite ti faceva venire il voltastomaco: avevi sempre odiato essere il cicerone di turno, lì al Campo Giove. Come facevi infatti a descrivere con entusiasmo il luogo che chiamavi sede ‘’di un branco di spostati’’ o ‘’di disturbatori di onesti squartatori di peluche’’? Amavi Nuova Roma, certo, e avresti voluto esserne il capo supremo, ovviamente. Il problema rimaneva semplicemente la presenza delle persone che vi abitavano …
-Cos’è questo odore buonissimo?-chiese il ragazzo, sognante mentre annusava l’aria, invece di notare i semidei che si scannavano tra loro o la presenza di qualche decina di gradi in più. Lo squadrasti, compatendolo, rendendoti conto che probabilmente non mangiava da giorni e che le pasticcerie di Nuova Roma gli sarebbero sembrate un paradiso.
-Niente che ti riguarda, ecco a te il Campo Giove, culla dei semidei romani e bla, bla,-facesti una pausa di suspance, come se ci fosse qualcosa di importante da dire- e bla.- terminasti soddisfatto.
-Lupa mi ha già spiegato i ‘’bla,bla,bla’’, tranquillo.-sorrise il semidio, ammirando il panorama caotico delle strade all’interno del pomerium.
-Perfetto, quindi possiamo anda…
-Growwll.
Ti girasti, incredulo. Pulce alzò le spalle,per poi renderti conto che il colpevole era lo stomaco del nuovo arrivato.
-Ho fame.-disse.
Senza dire una parola gli lanciasti qualche moneta, giusto il minimo necessario a comprare un croissant a Nuova Roma.
-Cerca del cibo e non azzardarti a finire nei casini mentre sei da solo.- Pulce alzò un sopracciglio-Sei sotto la mia responsabilità,ordini di Reyna. Sai già chi è Reyna, vero?-Non attendesti riposta e gli porgesti con estremo fastidio la mano-Io comunque sono l’augure del Campo Giove , Octavian.
Pulce sorrise.
-Lo so. Pensavo che il tuo nome facesse parte dei ‘’bla,bla,bla’’.-replicò sfrontato.
-Come ti chiami, Pulce?
-Zacharias.
Nessun cognome. Poco ti importava.
-E’ un nome orribile.-constatasti incredulo che la legge permettesse ancora chiamare qualcuno in quel modo. Come se ‘Octavian’ fosse un nome moderno.
-Mai quanto il suo, augure.- ghignò Zacharias.
Lo guardasti per la prima volta sul serio, non come se fosse una semplice decorazione del paesaggio.
I capelli biondo cenere cadevano in ciocche disordinate nonostante non fossero particolarmente lunghi, incorniciando un viso dai lineamenti gentili e dalla pelle chiara, leggermente ambrata. Aveva un profilo nobile, di altri tempi, e un sorriso e labbra quasi femminei smorzati dallo sguardo terso ma triste, ora che lo osservava meglio. Non era alto quanto te, lo avevi già notato, anche nel fisico non aveva nulla da invidiarti, magro quasi come te ma leggermente più muscoloso.
Passabile.
Quando riprendesti a camminare per tornare nella tua tana, nel tuo regno, ti perdesti un indizio fondamentale: il suo ghigno, il sorriso strafottente e malizioso che avrebbe popolato i tuoi incubi. Un sorriso da figlio di Mercurio, pensarono gli altri.
Il sorriso del diavolo, riconoscesti tu dopo.
Il sorriso che avrebbe fatto morire il te stesso di allora.
 
NOTA AUTRICE
Wow, fortuna che questa ff doveva essere breve! E’ nata da una scena natalizia che purtroppo pubblicherò fuori stagione (pff, dettagli XD) e necessitava capitoli brevi, non doveva essere una long. Forse è stato il sorriso malefico di Zacharias a convincermi.
Bah.
Spero di aggiornare presto dato che, volendo finire questa storia in fretta prima che mi affezioni troppo, ha la precedenza sulle altre mie long ^.^
Vi è piaciuto il capitolo? COMMENTATE CHICOS
Ringrazio Gaia la custode del cuore per aver recensito e messo la storia tra le preferite,
Little_fox idem e scoiattolina_curiosa_97 per aver messo la mia storia nella cartella col cuoricino e nelle seguite (proprio non vuoi perdere nulla eh ;) ) e tutti coloro che leggono/hanno letto/ leggeranno!
BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVOOOOOO
BACI BACI ALLA PROSSIMA
ALI<3

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2- gli ''Smash-demigods'' ***


Autore: AliNicoKITE (efp e forum)
Titolo: Don’t let him go away
Fandom (PJO; HoO; Originale): HoO
Rating: verde
Personaggi: Octavian,Nuovo Personaggio
Genere/Avvertimenti:  Incest
NdA:  avverto che, dopo aver assimilato la fine di BoO, la situazione è degenerata. Non preparatevi al fluff che avevo sperato mentre scrivevo il prologo.
  • Michael Kahale è un personaggio di BoO, non è uno spoiler importante, alleato di Octavian della prima coorte.  
  • Gli altri  OC presentati saranno i personaggi di sfondo di questa storia.
  • Sono mortalmente sicura che alla fine di questa fic Jason e Reyna mi sembreranno più antipatici XD. (nota stupida a random)
  • Scusate il ritardo, spero vi piaccia. E’ un capitolo di passaggio, si capirà meglio cosa è successo nel prossimo capitolo. (un grazie per chi recensisce e segue/preferisce questa storia ^^)
Don’t let him go away
Ovvero: come far conoscere al nuovo arrivato della brutta gente
CAPITOLO 2- Gli smash-demigods
A volte mi chiedo perché il fato abbia sbagliato così tanto con te. Deve odiare il tuo sorriso, o i tuoi occhi chiari venati di pazzia.
Qualcosa mi dice che sei nato nel periodo sbagliato. A volte ti immagino come un secondo Giulio Cesare, un condottiero implacabile verso i barbari e misericordioso con i deboli. Parcere subiectis et debellare superbos*: risparmiare i sottomessi, distruggere i superbi. Questo sei tu, Octavian: Roma nel suo lato più cattivo. Se fossi nato allora, penso spesso, forse avresti incontrato la mia anima in un’altra forma: cosa può dirmi che un me stesso passato non abbia oltrepassato il Lete? Magari sarei stato un tuo soldato, un comune legionario, una pedina. Ti avrei visto guidarci alla vittoria, uccidere i tuoi avversari sul campo o in Senato.
Avresti vissuto nella tua forma peggiore, ma saresti stato libero: qui sei tenuto al guinzaglio dalle regole e dalle ideologie.
Mi fermo in questa fantasticheria quando penso a una cosa.
Se fossi vissuto allora, dall’alto del tuo trono,dopo aver calpestato cadaveri per poterti ci sedere sopra, avresti mai sorriso?
***
 Pulce rimase in giro per Nuova Roma per ore. Quando tornò, sorridente, i suoi vestiti erano puliti e odorava di burro e di sale, il sapore dei forni pasticceri situati lungo il decumano.
Ti mostrò una schiera di denti candidi mentre parlava, concitato, senza che tu gli avessi chiesto niente, di come avesse conosciuto la sua coorte, Michael Kahale e compagnia, trovandoli tutti squisitamente gentili e simpatici.
Con uno scatto, allora, alzasti la testa, fissandolo, per vedere se stava scherzando. I ragazzi della prima coorte gentili? Lo avevano accettato senza una raccomandazione?
-Oh no, ho usato il nome tuo come lasciapassare: Michael è diventato improvvisamente più simpatico.
Stringesti il tavolo di legno di noce, nei tuoi appartamenti, finché le tue nocche non sbiancarono. I tuoi istinti omicidi raggiunsero livelli mai visti mentre il ragazzo parlava, parlava e parlava…
-Parli troppo, Pulce.- lo bloccò- Sparisci.
-Sono indeterminato.-disse velocemente Zacharias abbassando lo sguardo: un leggero rossore invadeva le sue guance.
Stringesti le labbra mentre ragionavi velocemente: non aveva senso. Il ragazzo era stato bravo, aveva bloccato il pugnale al volo, la cosa ti bruciava ancora, e di solito i soldati migliori erano riconosciuti presto. La figlia di Esculapio che si era occupata di lui in ospedale veniva a controllare ogni dieci minuti per una possibile apparizione di un simbolo sul braccio del ragazzo.
-Cosa dice Samahl?-chiedesti. Samahl era l’unico che poteva dare al ragazzo qualche risposta. Lo sventramento del solito panda quella volta non aveva funzionato: il responso era rimasto incomprensibile, non ti eri impegnato nemmeno a fondo. Avevi visto le solite cose: tanto dolore e poca gloria. Triste dinamica di un ennesimo semidio. Ti eri sempre promesso di diventare l’eccezione alla regola.
-Samahl è via.-sibilò una voce che fece ti immediatamente piegare le labbra in un ghigno.
-Alizard, è bello rivederti.
Non sapevi nemmeno tu se eri sincero: la figlia di Giano rimaneva un enigma per tutti, persino per te.
-Qual buon vento ti porta qui?-chiedesti alzandoti per vederla meglio, lei  appoggiata svogliatamente allo stipite della porta d’ingresso. Non era per Samahl, quel pazzo era spesso via, non era un fatto degno di nota.
Gli occhi verde limone chiarissimo della ragazza, un colore inquietante dono della madre mortale, si scurirono.
-Il tuo protetto ha steso a duello i gemelli Arghelion. Da solo.
Pulce ebbe il buon senso di deglutire mentre i tuoi occhi azzurri si piantavano nei suoi.
Ti aveva sorpreso. Di nuovo.
-Andiamo in arena. Ora.    
***
Se volevi farti un’idea della prima coorte bastava chiedere al primo mezzosangue che passava. Si ponevano due possibilità: o il semidio in questione ti ghignava contro e continuava a camminare ignorandoti, sprezzante, o deglutiva, si guardava attorno circospetto e solo dopo queste precauzioni incominciava a vomitare insulti. I ragazzi della prima coorte erano sempre stati molto popolari.
Nel primo caso avresti avuto la fortuna di testare in prima persona quanto l’autostima di quel gruppo di semidei non andasse aumentata in nessuna maniera: anche così si credevano i migliori in campo, non c’era motivo di gonfiare il loro ego. Nel secondo caso avresti avuto di loro un’idea leggermente più esagerata e imparziale: non erano così antipatici. Giusto un pochino. 
Guarda caso, tra i ragazzi della prima coorte erano sempre stati sorteggiati gli oggetti delle tue rare simpatie per delle forme di vita umana: a voler essere precisi, i semidei in questione si contavano sulle dita di due mani. Erano i peggiori criminali che avessero mai messo piede al Campo in quel periodo: o per meglio dire, i più bravi nel loro lavoro. Gli smash-demigods; il nome del gruppo non era stato scelto da te, e si vedeva.
Primo tra tutti, Michael Kahale. Ti doveva molto grazie al tuo appoggio in senato e ubbidiva sempre: andavate molto d’accordo. Il figlio di Venere era una persona molto coerente a sé stessa, uno di quelli che se deve decapitare un semidio anche se scopre che la vittima è il suo migliore amico non si fa scrupoli a finire il lavoro. Gli ordini prima di tutto.
 Alizard Queen era la palese dimostrazione che la cattiveria e la perfidia umana, unita a una certa dose di sfacciataggine e ambizione, trovavano luogo anche nei visi d’angelo più impensabili. Occhi verdi chiarissimi, labbra rosse e carnose, belle e sensuali se non fossero sempre state piegate in un ghigno, naso alla francese e una capigliatura leonina, scura e indomabile tagliata corta. Aveva il fisico allenato che si poteva incontrare solo nelle persone che svolgevano quel tipo di lavoro non propriamente legale.
Una cosa nota, al Campo Giove, era che assieme ad Alizard giravano, come mosche attorno allo sterco, con rispetto parlando per la figlia di Giano, i gemelli Arghelion: la peggior feccia che potevi trovare tra i figli di Nike. I due fratelli non si assomigliavano più di tanto: avevano gli stessi occhi color nocciola chiaro,gli stessi capelli scuri e ricci, la stessa tonalità di pelle, leggermente più scura dell’ambra, lo stesso fisico prestante e atletico, muscoloso e trasudante violenza da tutti i pori, certo. Ma se Matt aveva il cervello fine e calcolatore di un usuraio di altri tempi, unito a un sorriso storto e una buona dose di fascino, Nathan era più fisico, impulsivo e imbranato nei rapporti con l’altra metà del cielo. E aveva il naso storto dopo la Grande Rissa, con la ‘’G’’ e la ‘’R’’ maiuscole, che impediva alle ragazze di vedere quante buone qualità aveva. Madre Natura non era stata equa con il povero Nat-Nut. Non che a lui importasse più di tanto: i due fratelli avevano sempre avuto, dal loro arrivo al campo, una sorta di venerazione verso la figlia di Giano che, colta la palla al balzo, ne aveva fatto i suoi cagnolini. Due cagnolini molto, molto, cattivi.
Al gruppo si era affacciata anche Reyna, che poi se ne era andata via una volta realizzato chi fossero veramente i cosiddetti ‘’smash-demigods’’,di cui tu eri membro occasionale nelle loro scorribande.  Pulce non aveva nemmeno immaginato chi si celassero dietro quel gruppetto di semidei, ed era meglio così.
Quando arrivaste all’arena Inua era già sul posto, da brava infermiera psicotica e iperprotettiva, dimostrando la sua completa appartenenza agli smash-demigods in ogni momento. Era l’ultima arrivata e a volte tutti si dimenticavano della sua presenza, soprattutto ‘‘di notte’’. Eppure lei non se ne curava, sapeva di essere più che importante per quei pazzi che l’avevano accolta nella prima coorte dopo il suo incidente. Caratteristica comune, per la feccia della coorte più snob del Campo, era l’essere arrivati e smistati in modo poco ortodosso, chi meno, come te, che semplicemente eri stato accolto subito sotto l’ala protettiva di Samhal, chi molto di più, come appunto Inua. Dopotutto, cosa ti potevi aspettare da una figlia di Akhlys?
La trovaste piegata a terra mentre raccoglieva, con la sua proverbiale lentezza, il suo fortunato animaletto da compagnia di quel giorno. Era tempo di serpente corallo nordamericano, ma la ragazza lo trattava già con meno cura del solito, la novità del regalo estinta dopo pochi giorni. E cosa si può fare con le cose ormai vecchie, se non buttarle via?
Zacharias sbiancò a vedere il cappuccio e la tunica blu scuri coprire interamente la figura sottile della ragazza. Tu, invece, semplicemente osservasti con occhio clinico come erano messi i due gemelli. E cominciasti a ridere. Ti girasti verso Pulce e con uno scatto lo facesti cadere a terra, cogliendolo di sorpresa.
-Sei bravo.-sorridesti tirandolo su per il colletto della maglietta-Forse ti ho valutato male.
Inua tirò un calciò a Matt, ridendo sommessamente. Avresti giurato di aver visto nelle mani della ragazza tutti gli otto denti che avevi contato a terra.
Zacharias ti stava già molto più simpatico, del malcontento di Alizard te ne saresti fregato. Una buona marionetta faceva sempre comodo.


(n.d.A. povero illuso muahahah)
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3-Benvenuto a Nuova Roma, Zacharias O'Connalain ***


Autore: AliNicoKITE (efp e forum)
Titolo: Don’t let him go away
Fandom (PJO; HoO; Originale): HoO
Rating: giallo
Personaggi: Octavian,Nuovo Personaggio, Micheal Kahale *finalmente nella sezione personaggi*
Genere/Avvertimenti:
NdA: Non mi sono mai sentita coì in colpa. Mi sono dimenicata di aggiornare, ho abbandonato una storia che speravo di non dover trascinare arrivando a sparire per mesi. Scusate, scusate davvero. Questo capitolo l'ho scritto con amore, sperando di farmi perdonare da Little_Foxy99 e altre anime pie che seguivano questa storia. Abbiamo dolci irlandesi, persone da conoscere e, dopo un piccolo flashback dove scopriamo dove è andato Zacharias dopo aver lasciato Octavian, si spiega cosa diavolo è successo con i fratello Arghelion. SI', Inua è inquietante e SI', ora smetto di blaterare. Baci, buona lettura <3

Don’t let him go away
Ovvero:
Lemon and Vanilla Curd Cake e risse con figli di Nike

CAPITOLO 2- Benvenuto a Nuova Roma, Zacharias O'Connalain

Mi sono sempre chiesto come fa una persona ad accettare la propria morte. Cosa si prova quando il tuo cervello realizza che niente è come immaginavi? La tua morte, la tua vita. Capire definitivamente che non vedrai più niente, non penserai più a niente, semplicemente perché non avrai una coscienza per accorgerti che non esisterai più?
Me lo sono sempre chiesto. Poi, quel giorno in cui la neve si tinse di rosso sangue, capì. Solo i più illuminati, come Silente in Harry Potter per intenderci –sì, alla fine ho letto tutti quei libri, Octy, spero tu sia orgoglioso di me- possono accettare che il punto finale, nel racconto della nostra vita, è proprio in quel determinato momento. ‘’Per una mente ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura.’’.
Io semplicemente … non ce la faccio,non riesco ad accettare tutto questo.Non morirò in modo convenzionale, con la pace nel cuore.
Sarò, sono, come te. In fondo, tu la pace non l’hai mai avuta.
***
Nuova Roma era bellissima. Vitale ed ordinata al tempo stesso, lo sguardo del ragazzo seguiva ogni edificio affascinato dalla raffinata architettura e dalla perfetta praticità di ogni accorgimento apportato alla città. I semidei camminavano, parlando di Natale e di battaglie, di ludi di guerra e di altre cose che Zacharias non conosceva. La scortesia di Octavian era già dimenticata, ormai contava solo cogliere ogni particolare di quel posto, che a primo impatto gli sembrò magnifico.
Solo dopo qualche minuto di camminata cominciò a notare piccole imperfezioni, ragazzi che litigavano, lari che si lamentavano e passavano attraverso i vivi creando una spiacevole sensazione di gelo. Semidei scostavano scocciati Zacharias per poter camminare più in fretta, carichi di scudi o con in mano pergamene recanti vistosi sigilli di cera rossa.
Una ragazza dalla pelle olivastra e i capelli scuri raccolti in una composta treccia gli passò davanti, fermandosi un attimo dopo avergli scoccato una intensa occhiata che gli creò un istintivo brivido.
-Zacharias O’Connalain. –disse-Ti avevo lasciato sotto la custodia di Octavian, ma a quanto pare persino gli ordini più semplici gli risultano ostici.
Sentendo il suo nome completo il semidio si accigliò, per poi riconoscere nella ragazza nientemeno che Reyna Avila Ramirez-Avellano, pretore del Campo Giove. Affianco a lei sopraggiunse un ragazzo che a Zacharias ricordò Capitan America. Forse perché aveva uno sguardo responsabile, cristallino e serio, un sorriso gentile e i capelli biondi che risplendevano come gli intarsi dorati dei templi. Quando Zach aveva varcato il pomerium aveva dovuto lasciare in custodia a Terminus il pugnale che aveva usato per uccidere il dragone, e l’enorme catasta di armi d’oro imperiale che aveva scorto in quel momento gli ricordò istintivamente quello che riconobbe essere Jason Grace, collega di Reyna. Jason era stato il primo a soccorrerlo, quando si era accasciato a terra con il petto squarciato dagli artigli del mostro, quindi Zacharias cercò le parole per ringraziarlo, ma prima che potesse dirgli qualcosa il figlio di Giove intervenne.
-Zacharias O’Connalain, l’ammazza-dragoni! Lieto di vederti in forma. Jason Grace, figlio di Giove.
Il ragazzo gli porse la mano, che Zach si premurò di stringere calorosamente, nonostante odiasse l’essere chiamato per cognome. Octavian non l’aveva neanche voluto sapere, grazie al cielo.
-Onorato, grazie per avermi soccorso.-borbottò imbarazzato, sorridendogli riconoscente. Jason-Capitan-America scosse la testa, un’aureola di santità e modestia quasi visibile attorno al capo.
-Dovere, sei stato incredibilmente coraggioso con quel dragone.
‘‘Coraggioso? Io volevo solo salvarmi la pelle! Maledetti lupi invasati e le loro stupide prove di coraggio!’’ pensò Zacharias, premunendosi di nascondere le sue imprecazioni verso quei canidi con uno schernirsi speculare a quello di Jason, ma molto meno vero.
-Ti hanno dato da mangiare in infermeria?-chiese Jason apprensivo. Subito Zach lo reputò più simpatico, mentre Reyna salutò entrambi con un cenno del capo che pareva dire ‘‘io non ho tempo di parlare di cibo, miseri mortali’’ per poi sparire prima che Jason potesse dire ‘Ehi’.
-Scusala, siamo entrambi anche troppo impegnati. Sai, tra qualche giorno i ludi di guerra saranno grandi il doppio, c’è tanto da organizzare e in infermeria hanno finito le stampelle.
Il semidio più basso celò le domande isteriche nella sua testa –Come si fa a finire le stampelle? Non voglio rimanere zoppo a vita!- con un:-Mh, sì, capisco, non ho mangiato.
Immediatamente Jason lo trascinò fino a un vicolo da cui provenivano semidei con tazze fumanti e cornetti caldi. Gli occhi di Zach minacciarono di riempirsi di lacrime di gioia… poi Jason sparì in una nuvola di fumo e di scuse ‘devo-andare-troppi-impegni-da-pretore-responsabile-oh-yeah-dura-essere-amati-da-tutti’. A Zacharias fece leggermente pena per qualche secondo, poi si girò e si incamminò nel vicolo sprofondando in un mondo che odorava di cioccolato e brownies caldi.
 
Ah, cucinare gli era mancato. Era bastato elencare le ricette di dieci dolci diversi perché Phil gli permettesse di dimostrare le sue abilità con un dolce a sua scelta.
Zach impastò, rimaneggiò uova e vaniglia e zucchero dopo tanto, troppo tempo, sotto lo sguardo di Phil Baker, che portava onore al suo cognome vantando il miglior bar-pasticceria di tutta nuova Roma. Jason Grace, gli aveva detto dopo che Zacharias si era complimentato per i brownies che gli aveva dato, avrebbe persino fatto da sponsor ai suoi dolci, se solo non fosse stato troppo corretto per privilegiare una sola pasticceria grazie alla sua posizione politica a Nuova Roma.
Mentre Phil, capelli neri e occhi nocciola, le mani sporche di farina e fisico magrolino, continuava a decantare la notorietà del suo bar, Zacharias si godeva l’aria satura di zucchero e di limone, riuscendo a sfornare una bellissima, perfetta lemon and vanilla curd cake**, in onore di sua madre, che veniva dalle verdi colline irlandesi come la ricetta di quella torta.
Phil osservò la torta, che vantava soffici strati di pasta sottile, crema alla vaniglia e limone, con occhio critico, addentandone una fetta con circospezione.
Poggiato il dolce su un piattino, Phil sollevò lo sguardo, fece un sorriso a trentadue denti e abbracciò di slancio Zacharias.
-Oh, aspettavo da tempo uno come te!
***
Dieci: secondi che gli erano serviti per accordarsi con Phil sul loro prossimo incontro.
Nove: minuti di cammino prima di incontrare i semidei della prima coorte.
Otto: i denti che Pulce aveva brutalmente divelto dalle gengive dei gemelli Arghelion con due rovesci ben mirati. Inua li avrebbe raccolti per i suoi esperimenti nella bigiotteria.
Sette: le persone che si erano radunate a vedere lo scontro.
Sei: i secondi che Pulce aveva impiegato per arrabbiarsi.
Cinque: i colpi andati a vuoto di Nathan Arghelion.
Quattro: le imprecazioni colorite di quest’ultimo.
Tre: gli attimi durante i quali Matt Arghelion aveva catalogato l’avversario preoccupandosi.
Due: i perdenti.
Uno: il vincitore.
 
***Cinque minuti prima****
Matt Arghelion non aveva degnato di uno sguardo il ragazzino con l’accento strano che gli si era parato innanzi. Samhal se n’era andato, e per un meraviglioso attimo si stava godendo la pace di chi non ha nessun pazzo tra i piedi.
Alizard, quella mattina, aveva sorriso –non ghignato, sorriso- mentre lo osservava inerte tra le coperte. Non si era accorta che non stava dormendo, che il suo cuore stava dimenticandosi di battere davanti a lei, che la palpebra socchiusa gli aveva permesso di imprimere nel cervello a fuoco il luccichio dolce nelle iridi verdi della ragazza. La figlia di Giano, poi, lo aveva ‘’svegliato’’ brutalmente e come suo solito, con un lancio mirato di una misericordia letale quasi come lei.
Matt Arghelion era rimasto felice per le successive otto ore.
Non aveva degnato di uno sguardo il ragazzino con l’accento straniero che gli si era parato innanzi.
 
Nathan amava il sapore della terra e del sangue ferroso nella bocca. Era gentile quanto un boa constrictor e delicato come un bulldozer.
Prendere in giro il ragazzo nuovo dopo il discorso introduttivo di Michael gli era venuto dannatamente naturale.
 
-Sei sicuro di voler attaccar briga?- gli aveva chiesto, come facevano tutti, perché tutti sono sbruffoni prima di assaggiare il fango, e non aveva notato, l’ingenuo Nat-nut, che aveva sussurrato il suo avvertimento, e che prima di minacciare si era guardato intorno.
Nat-nut aveva riso, perché era così il protocollo.
-Sicuro, devi imparare come funzionano le cose qui.
Se quello lì era un protetto di Octavian, allora l’augure si stava rammollendo. Magari Fred aveva ragione ed il discendente di Apollo era umano. Ma dubitava, come sospettava che in realtà Alizard non fosse fantastica come pensava prima di conoscerla sul serio: erano degli sprazzi di dubbio, che però venivano brutalmente sepolti dalle convinzioni che aveva da sempre. Octavian non aveva un cuore e Alizard era la donna della sua vita. E quel ragazzino era una preda.
-Dì un po’, il tuo accento è un deficit di pronuncia? Trovi difficile articolare le parole?
Matt sollevò lo sguardo dalla spada che stava affilando: possibile che suo fratello fosse così ottuso e ignorante? Persino le sue offese non erano decenti. Tornò a concentrarsi sull’arma senza notare il nuovo arrivato sollevare il mento con aria di sfida.
-Non credo di essere io il decerebrato. E’ vero che per parlare devi chiedere il permesso a tuo fratello?-sibilò il ragazzino, che dentro di sé sperava di aver visto giusto sul rapporto tra i due gemelli –ma questo Nat non poteva saperlo.
Nat si innervosì, riuscendo perfettamente nel punto 2 del protocollo: la preda si deve arrabbiare –se solo la preda non fosse dovuta essere il novellino.
Senza pensare più di troppo, Nathan ringhiò, rispondendo a tono con un eloquente:-Non è vero.
Zacharias fece un sorriso sfrontato, derisorio e divertito mostrando i denti bianchi e i canini leggermente scheggiati.
-Il tuo tono dice il contrario. Arghelion Numero Uno, per caso Due può rispondermi senza incorrere nella tua ira?
Matt si sentì chiamato in causa, e il lampo che vide in quegli occhi azzurro cielo gli ricordò Alizard, quando la ragazza gli aveva poggiato un anfibio sulla guancia osservandolo dall’alto – era stato il giorno in cui aveva capito di non essere invincibile.
Un sorriso sfrontato da chi è sicuro di vincere… ma anche un vago sentore di disgusto e repulsione che non riuscì a identificare, percepibile dalla smorfia del semidio. Il pupillo di Octavian sembrava triste e scocciato dal fatto di essere arrabbiato e palesemente in procinto di darsele di santa ragione con Nathan. Poco gli importava: li aveva chiaramente sfottuti senza pensare alle conseguenze. Forse meritava davvero un benvenuto.
Matt si alzò, facendo scrocchiare le nocche abbastanza teatralmente.
Zacharias sollevò un sopracciglio.
-Ditemi che non ve la prendete per così poco. Sarebbe noioso.
Nat ringhiò, sussurrando un ‘’che Nike abbia pietà di te e ci accordi la vittoria’’.
-Una frase ad effetto già migliore.
Matt sollevò gli occhi al cielo: dèi, quel ragazzino era falso e rompipalle quasi come Samhal e Octavian.
Nat sferrò un destro fulmineo nello stomaco di Zacharias, che emise uno sbuffo senza fiato, per poi sussurrare:-L’avete voluto voi.
Il ragazzino scattò di lato, e cominciò l’inferno.
 
A Matt sembrava di essere tornato nel momento in cui Alizard Queen,  la protetta di Samhal assieme ad Octavian,  lo aveva umiliato davanti a tutta la prima coorte. Le sue mani incontravano il vuoto, perché il ragazzino sembrava sapere dove i gemelli stessero per colpire.
Il ricordo del sorriso di Alizard non bastava più a farlo stare bene.
 
Nat non pensava, forse perché presto il dolore gli annebbiò la vista.
-Sono irlandese, idiota.- si sentì dire, dopo l’ennesimo colpo che subiva. Ecco il perché del suo buffo accento.
Era ufficialmente una giornata di merda.
 
Inua arrivò al campo di allenamento che Nathan e Matt erano agonizzanti, a terra, e un ragazzino che non aveva mai visto prima li stava fissando con il fiatone e i vestiti che odoravano di burro e cioccolato e polvere, le bende sotto alla maglietta che però grondavano sangue.
Si avvicinò, cogliendo dal terreno i denti dei gemelli, volati via dopo alcuni colpi del ragazzino, presumeva. Sentì il suo nuovo serpente attorcigliarsi attorno al collo, ma non vi badò, perché per la prima volta stava vedendo il nuovo arrivato, realizzò, il ragazzino che aveva preso al volo il pugnale di Octavian, che aveva piantato la lama tra le fauci del dragone urlando con una violenza tale da farle sentire il brivido dell’adrenalina lungo la spina dorsale, nonostante fosse una misera spettatrice.
Lo sguardo che ricevette fu talmente simile a quello che vedeva allo specchio da farla sussultare sorpresa, sollevandosi di scatto, erigendosi in tutta la sua altezza così da arrivare a vedere gli occhi azzurri del ragazzino ancorati ai suoi.
-Zacharias-disse piano, articolando con precisione ogni lettera. Il ragazzo sgranò gli occhi, confuso, indietreggiando istintivamente.
Inua scoppiò a ridere come una bambina, gli occhi scuri che sprizzavano scintille.
-Oh, aspettavamo da tempo uno come te!




**La curd cake di vaniglia e limone è DI-VI-NA
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