Una vita senza di te significa non vivere per niente.

di Horse_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Call. ***
Capitolo 2: *** Arrivals. ***
Capitolo 3: *** He, they. ***
Capitolo 4: *** Empty. ***
Capitolo 5: *** Secret. ***
Capitolo 6: *** Why don't we have a dad? ***
Capitolo 7: *** Puppy. ***
Capitolo 8: *** Pain. ***
Capitolo 9: *** You run away? ***
Capitolo 10: *** Quarrel. ***
Capitolo 11: *** I won't burn. ***
Capitolo 12: *** Night in family. ***
Capitolo 13: *** Mint. ***
Capitolo 14: *** Locked Doors. ***
Capitolo 15: *** Fever. ***
Capitolo 16: *** Twins? ***
Capitolo 17: *** The Truth ***
Capitolo 18: *** Anger. ***
Capitolo 19: *** Dad. ***
Capitolo 20: *** I deserved it. ***
Capitolo 21: *** Surprise. ***
Capitolo 22: *** I will never trust you more. ***
Capitolo 23: *** Paternity. ***
Capitolo 24: *** Day between father and sons. ***
Capitolo 25: *** Meeting. ***
Capitolo 26: *** Fear. ***
Capitolo 27: *** What are you doing? ***
Capitolo 28: *** Surname. ***
Capitolo 29: *** Tranquility. ***
Capitolo 30: *** Clarification. ***
Capitolo 31: *** Grandmother and aunt. ***
Capitolo 32: *** First day of school. ***
Capitolo 33: *** Don't worry, be happy. ***
Capitolo 34: *** I'm not jealous. ***
Capitolo 35: *** Strange behavior. ***
Capitolo 36: *** Twins's birthday. ***
Capitolo 37: *** News. ***
Capitolo 38: *** I still love you. ***
Capitolo 39: *** Drunk. ***
Capitolo 40: *** I trust you. ***
Capitolo 41: *** You're strange. ***
Capitolo 42: *** I had to do it. ***
Capitolo 43: *** Do you remember? ***



Capitolo 1
*** Call. ***


                                                     Call.
First Chapter.




Apro gli occhi infastidita dal continuo squillare del mio cellulare. Mi volto svogliata e lo afferro, controllando l’ora sulla sveglia. Sono le 7.50 di mattina.
Chi diavolo può essere alle 7.50 di mattina?
Sbadigliando scorgo finalmente chi ha deciso di rovinare i miei piani della domenica e trovo il nome di Julie –quella Julie– lampeggiare sullo schermo.
 
Cosa vorrà mai la ex-produttrice di The Vampire Diaries da me?
Decido di rispondere controvoglia, tanto ormai non ho più sonno.
 

-Hey Nina, ciao, tutto bene?- domanda.
-Si, tutto bene Julie.- sbadiglio. –A cosa devo l’onore?-
 

Sento Julie ridere dall’altro capo del telefono e sorrido anche io. Infondo mi era mancata anche lei. La sento spesso, ma è diverso da vederla tutti i santi giorni a sentirla qualche volta al telefono.
 

-Tu si che vai dritta al punto piccola Nina.- risponde.
-La piccola Nina è cresciuta, Julie.- la punzecchio.
-Questo lo so.- sbuffa. –Comunque, mi stavo chiedendo… Si, insomma…-
-Dritta al punto Julie, va’ dritta al punto…- la incito.
-Mi è arrivata una nuova proposta per un film.- apro la bocca, ma Julie mi blocca subito. –Non parlare, ascolta. Sai come si è conclusa l’ultima stagione di The Vampire Diaries, no?-
 

E’ ovvio che lo so. Fino a prova contraria ero la protagonista, ma a quanto pare Julie oggi si è decisa a tenermi sulle spine e infastidirmi più del dovuto.
 

-Si, Julie, ero la protagonista…- borbotto.
-Si, questo lo so.- si blocca indecisa se continuare o meno. –Il fatto è che… Sai che avevamo parlato di un’ottava stagione e che alla fine non abbiamo più fatto?-
-Si, Julie…- mormoro piano.
 

Mi auguro, anzi spero, che non voglia chiedermi quello che penso. Non potrei farlo e non voglio farlo. Ho abbandonato quella vita da tempo, per lui, e non potrei riprenderla in mano.
No, non posso.
 

-Nina, so che ti costerà molto scegliere, ma prima di declinare l’offerta pensaci.- mi spiega Julie.
-Non mi hai ancora chiesto niente, Julie…- le rispondo anche se so perfettamente cosa vuole.
-Lo sai Neens, lo sai. Nina, abbiamo deciso di rimetterci in carreggiata, di nuovo. Abbiamo deciso di registrare e di mandare in onda l’ottava stagione, ho così tante idee…- mormora.
 

No, non poso accettare.
Non posso ritornare sul set, e non posso ritornare su quel set.
 

-Julie, io non… Non posso, davvero.- la liquido.
-Nina, ti prego, hanno accettato tutti, non può mancare la protagonista!- si impunta lei.
-Fai morire Elena, caso chiuso. Julie, non posso.- tento di convincerla.
 

So che è praticamente impossibile convincere Julie, ma in questo sono ancora più testarda di lei.
Non posso accettare.
Mi volto alla mia destra quando sento delle piccole manine tirarmi la maglietta del pigiama.
Inclino la testa sorridendo agli amori della mia vita che mi scrutano – entrambi con gli occhioni azzurri– in cerca di qualche risposta e magari anche curiosi di sapere chi ci ha svegliato alle otto di mattina.
 

«Chi è?» mi domanda uno con la sua vocina dolce e impastata dal sonno.
«Ho sonno…» mormora l’altro passandosi una manina negli occhi.
«E’ Julie piccoli, tornate a dormire…»  spiego sorridendo ad entrambi.
 

Joseph inclina la testa pensieroso, forse non ricordando chi è Julie, e Stefan aggrotta leggermente le sopracciglia, ma poi con un dito indico l’enorme poster appeso alla porta, uno di The Vampire Diaries, e i loro occhi azzurri si illuminano.
 

«Vampiri?» domanda Stefan capendo.
«Si cucciolo, la regista del film sui vampiri!» gli spiego.
 

-Salutami i  piccoletti!- esclama Julie dall’altro capo del telefono.
 

«Piccoli, Julie vi saluta.» gli spiego.
 

-Anzi, no, passameli direttamente!- si corregge subito dopo.
 

Sbarro gli occhi e spalanco la bocca. Sono quasi sicura che tenterà di convincerli per me.
Appoggio il telefono sul materasso mettendo l’opzione di vivavoce.
Riesco a sentire la conversazione a causa proprio di questo.
 

-Ciao ometti, è tutto a posto lì?- domanda Julie.
-Si, tutto a posto!- risponde Joseph portandosi una mano sull’occhio destro e strizzandolo.
-Io ho sonno!- sbadiglia Stefan.
-Piccoli, ho una proposta da farvi…- inizia la Plec.
 

Mi porto una mano tra i capelli capendo dove vuole arrivare.
Vuole usare i miei figli per arrivare a me. Terribilmente spietata.
Entrambi aggrottano le sopracciglia nello stesso momento, poi rispondono che sono interessati a questa proposta.
 

-Vi piacerebbe vedere la vostra mamma recitare ancora?- domanda infine.
 

Sbarrano gli occhi e poi quest’ultimi iniziano a brillare felici.
Lanciano un piccolo urletto di gioia e rispondono di si felici entrambi. Mi guardano in cerca di qualche risposta e non sembrano preoccuparsi di nulla, anche se ho la bocca leggermente spalancata –sapevo cosa voleva Julie, ma fa un certo effetto vedendo le mie supposizioni messe in pratica– e gli occhi sbarrati.
 

-Mi piacerebbe tantissimo!- esclama poi Stefan entusiasta.
-Anche a me!- conclude Joseph guardando leggermente di sbieco il fratello che non l’aveva incluso nella frase.
-Ecco, perfetto.- entrambi annuiscono, poi si mettono ancora in ascolto per sentire che cos’altro deve dire loro Julie. –Ora dovete convincere solo la vostra mamma. Lei non vorrebbe, però voi avete qualsiasi potere su di lei…-
 

Annuisco. I miei figli hanno ogni tipo di potere su di me.
Si voltano di scatto –ancora devo capire perché si muovono sempre insieme– e mi guardano un attimo, poi Joseph si fa pensieroso e si passa una mano tra i capelli.
 

«Mamma, perché non vuoi?» mi domanda lui con la sua vocina innocente.
«E’ un po’ difficile da spiegare, piccolino…»  mormoro accarezzandogli piano la testa.
«E’ per noi?» domanda Stefan. «E’ per colpa nostra?»
«No piccoli, no…» mi affretto subito a precisare stringendoli entrambi a me.
 

Metto la chiamata un attimo in pausa e stringo Joseph e Stefan più forte a me. Appoggiano entrambi  la testolina sul mio petto, mentre Stefan si aggrappa alla mia maglietta. Poso ad entrambi un bacio sui capelli così simili ai miei.
 

«E perché non vuoi?» domandano all’unisono.
«Amori, è difficile per me tornare a recitare dopo tanto tempo…» spiego una mezza verità ad entrambi, sperando che l’accettino.
 

Ovviamente non è così e rincarano la dose.
 

«Mamma, ti prego. Vogliamo vederti recitare dal vivo!» esclama Stefan sollevandosi sui talloni.
«Forse, quando sarete più grandi, in un altro film…» mormoro piano.
«NO!» esclama Joseph incrociando le braccia al petto. «No, ora, ti prego. Voglio vederti fare il vampiro…»
«Quando sarete più grandi vi mostrerò ogni episodio –anche se sarà una stilettata al cuore vorrei aggiungere– promesso…»
 

Non ho mai fatto vedere nessun episodio ai miei figli. The Vampire Diaries sarebbe troppo ‘cruento’ per dei bambini di soli sei anni.
Joseph aveva insistito più volte, così come Stefan, ma mi ero sempre rifiutata categoricamente. E’ l’unica cosa che non  ho mai permesso loro.
 

«Mamma ti prego…» mi implorano mettendosi in ginocchio. Stefan si aggrappa anche alla mia maglietta.  «Ti prego, mamma… Vogliamo visitare una nuova città e conoscere tutti i tuoi amici!»
 

Peccato che io non voglia vederli. Niente in contrario agli altri del cast, peccato che non ne voglia vedere uno in particolare.
 

«Ve li farò incontrare un po’ alla volta…» mormoro ed è quasi una supplica.
«Mamma, farò il bravo bambino per sempre, promesso. Mangerò tutto e sistemerò anche i miei giocattoli, ma ti prego…» mi implora Joseph unendo le mani in segno di preghiera.
«Io non mangerò più di nascosto la cioccolata che si trova dentro il cassetto!» termina Stefan.
 

Li guardo di sottecchi incrociando le braccia al petto. Stefan sembra accorgersi del suo sbaglio e mi sorride incerto. Ecco chi rubava dal cassetto la cioccolata in piena notte.
 

«Non lo farò più, promesso…» mormora incerto.
«Ti prego!» mi supplica Joseph.
 

Li guardo e mi specchio in quei occhi azzurri come il cielo. Li guardo e vedo dei bambini che desiderano più di ogni altra cosa al mondo quello che stanno chiedendo. Ma io non voglio cedere, non posso.
 

«E che cosa faremo con la nonna? E con la scuola?» domando.
«La nonna potremo sentirla per telefono… -dice Joseph mentre Stefan annuisce- Potremo  andare da un’altra parte a scuola…»
«E con i vostri amici? Non potete portarli con voi. Joseph, e con Jessica?» domando.
 

Mio figlio arrossisce di botto non appena nomino il nome della sua ‘fidanzatina’. Lui è convinto che io non lo sappia, invece lo so. Almeno, credo che Jessica sia la sua fidanzatina. Ogni giorno esce dall’asilo con una nuova bambina e certe volte mi domando da chi abbia preso –anche se conosco già la risposta. Stefan invece è più tranquillo e non vuole impegnarsi in niente di serio, a detta sua.
 

«Non è una storia seria…» borbotta alzando le spalle.
«Parlò l’uomo vissuto…» lo punzecchio.
«Mamma, fallo per noi, ti prego…» mi supplicano ancora stringendo  i pugnetti.
«Non posso, io…» mormoro e poi mi blocco.
 

Annuiscono piano, abbassano la testa. Mi guardano un’ultima volta con gli occhi lucidi poi scendono dal letto. Stefan rischia quasi di inciampare, ma non vuole sembrare debole. Si incammina verso la porta con la testa bassa, diretto molto probabilmente nella sua camera, seguito da Joseph.
Li osservo dal letto e noto che tra le mani tengono i loro pupazzo preferiti, Joseph un koala e Stefan un leoncino. A Joseph cade il pupazzo, si inginocchia, lo prende e se lo stringe al petto. Si ferma un istante, forse sta aspettando un mio cedimento.
 

«Io non lo so perché non vuoi riprendere mamma…»  mormora e lo vedo girarsi. Anche Stefan mi guarda.  «Ho capito, resteremo qui… Hai paura, ma non capisco di cosa.»
 

Spalanco gli occhi e quasi mi strozzo con la saliva. Un bambino, di sei anni per giunta, mi capisce meglio degli adulti. E’ sempre stato intelligente il mio Joseph, così come Stefan, ed infatti dimostrano entrambi come minimo un anno in più ed è per questo che ogni volta vincono sempre contro di me. Per loro sono un libro aperto –forse lo sono per tutti– ed è terribilmente triste come cosa.
Loro sono i miei piccoli uomini e lo saranno sempre.
 

«Joseph? Stefan?» li richiamo.
 

Si girano e mi guardano, mentre Stefan si asciuga gli occhi con il suo pigiamino di Superman regalatogli da Candice. Adorano entrambi la mia amica, più di qualunque altra cosa al mondo.
 

«Va bene…» mormoro.
«E’ un si?» domanda Stefan spalancando la bocca.
«Si, riprenderò a recitare.» dico infine e mi pento immediatamente delle mia parole, ma non posso ritornare indietro, non con loro.
«Sei la mamma migliore del mondo!» urlano correndo come fulmini e gettandosi tra le mie braccia dopo essere rimbalzati sul letto e aver disperso i pupazzi in un angolo ignoto della stanza.
 

Cadiamo entrambi sul letto, Joseph finisce sulla mia pancia e Stefan sulle mie gambe.
Mi posano entrambi un bacio sulla guancia e Stefan batte  le mani felice come non mai.
 

«Grazie! Grazie! Grazie!»
 

Mi abbracciano di nuovo e non smettono di ripetere grazie e che sono la mamma migliore del mondo. Sospiro piano e so che questa scelta non porterà nulla di buono, ma non ce l’ho fatta. Loro hanno ogni potere su di me e possono farmi fare qualsiasi cosa.
Stefan prende il telefono che era andato a finire sotto le coperte e me lo porge.
Julie è ancora in attesa e faccio ripartire la chiamata.
 

-Julie?- provo.
-Nina, finalmente! Credevo ti fossi persa. Ho fatto in tempo a fare colazione…- borbotta.
-SI.- dico secca.
-Si cosa?- domanda.
-Riprenderò a recitare!- le spiego.
 

La mia futura –di nuovo– produttrice lancia un urlo entusiasta tanto da rompermi un timpano.
 

-E’ perfetto!- continua. –Mancavi solo tu. Ho sempre detto che quei piccoletti possono convincerti in ogni cosa!-
-Già, dovresti ringraziarli.- spiego.
-Certo, lo farò. Ti aspetto ad Atlanta!- continua.
-Quando?- domando coprendo uno sbadiglio.
-Dopodomani!- mi dice come se nulla fosse.
-Come dopodomani?- domando quasi urlando.
-Le riprese inizieranno tra meno di una settimana…- continua poi. –Devo andare Nina, vi aspetto.-
 

Julie attacca un po’ troppo in fretta per i miei gusti. Ha paura che posso cambiare idea e sono davvero tentata di farlo, ma ormai sono in ballo e devo ballare.
Joseph si sdraia a pancia in giù davanti a me e mi scruta attentamente, mentre Stefan si siede a gambe incrociate.
 

«Quando partiamo?» domanda Stefan.
«Domani tesoro.» gli spiego.
 

Spalancano gli occhi sorpresi.
 

«Troppo presto?» domando titubante.
«No…» Joseph scuote la testa energicamente. «Decisamente troppo tardi. Volevo partire oggi!»
«Partiremo domani tesoro, ora alziamoci ed andiamo a fare colazione, ci aspetta una lunga giornata.» rispondo alzandomi dal letto e prendendo i miei figli per mano.

 
 
 
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Buon fine settimana a tutti ed eccomi con una nuova long Nian, molto diversa rispetto alla prima che ho postato.
E' da questa estate che ci lavoro e sono stata indecisa fino all'ultimo se postarla o meno e spero di aver fatto bene.
Come si legge dall'introduzione sono passati ben sette anni dalla settima stagione di The Vampire Diaries e posso assicurarvi che le vite degli attori sono cambiate tantissimo, chi in meglio e chi in peggio.
Purtroppo in questa storia ci sarà anche Nikki Reed (che a me personalmente non piace, ma qui dentro serve per forza). Ora non so a chi piace e a chi non piace, non vorrei offendere nessuno ^^
Questa storia è una prova e se piace sarò ben felice di portarla avanti.
Spero di sentire vostri pareri, alla prossima (y)

 

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Capitolo 2
*** Arrivals. ***


                                                                         Arrivals.
Second Chapter.





“Nina, ne sei sicura?” mi domanda ancora mia madre mentre sistema la sciarpa di Joseph e il cappellino di lana a Stefan.
“Si, mamma…” mormoro cercando di autoconvincermi.
“Se hai qualche problema chiamami, sarò subito da voi!” si raccomanda.
“Nonna –interviene Joseph– non avremo nessun problema.”
“Amori della nonna –mia madre si inginocchia all’altezza di Joseph e Stefan– affido a voi la mia piccola, va bene?”
 

Entrambi i miei figli annuiscono seri, sentendosi chiamati in causa e sentendo il peso di questa nuova ‘responsabilità’.

 
“Ci prenderemo noi cura della mamma, promesso!” esclama Stefan portandosi una mano sul cuore, mentre anche Joseph annuisce.
“E’ nelle vostre mani, campioni…” dice mio fratello spettinando i capelli a Joseph che si era tolto il cappellino e dando un buffetto sulla guancia a Stefan.

 
Joseph sbuffa ed incrocia le braccia al petto mentre scoppiamo tutti e tre a ridere. Mio figlio alza gli occhi al cielo ed afferra il suo piccolo zainetto. A lui non
piace che qualcuno gli tocchi i capelli, solo io posso farlo.

 
“Sta’ attenta sorellina e non farti ammagliare di nuovo da due paia di occhi azzurri!” scherza mio fratello anche se nel suo tono di voce noto malinconia.

 
Gli sorrido malinconica  mentre Stefan mi tira il giubbotto.

 
“Chi è che ha gli occhi azzurri?” domanda poi geloso.
“Nessuno amore, nessuno. Sai che amo solo voi…” mormoro posando ad entrambi un bacio sulla guancia.
“Lo so, siamo gli uomini della tua vita, è quello che ci dici sempre.” ribatte Joseph soddisfatto.
“Certo…” mormoro prendendo entrambi per mano.

 
Salutiamo un’ultima volta mia mamma e mio fratello, poi ci dirigiamo verso il check-in per salire nell’aereo.
 
 
 
Un’ora dopo siamo in aereo. Io sto guardando dritto di fronte a me, mentre Joseph guarda fuori dal finestrino e Stefan tiene stretto tra le mani il suo leoncino.

 
“Ora voleremo?” mi domanda quest’ultimo.

 
E’ curioso ed anche spaventato. E’ il suo primo viaggio in aereo questo ed il primo viaggio non si scorda mai.
Controllo ad entrambi cintura di sicurezza e dopo essermi accertata che siano legati bene controllo anche la mia.

 
“Si piccolo, ora voleremo…” rispondo posandogli un bacio sulla nuca.
“Troveremo anche zia Candice e zia Kat ad Atlantide?” domanda Joseph.

 
Scoppio a ridere.

 
Atlanta, non Atlantide!” lo correggo.
“E io cosa ho detto?” domanda stizzito facendo finta di niente.
“Si amore, ci saranno anche loro.” gli spiego.
“Mamma –Stefan si volta verso di me serio– adoro zia Candy, lo sai, ma ti prego… Non farmi andare in giro per negozi con lei…”

 
Stefan sembra terrorizzato, mentre Joseph si porta una mano tra i capelli disperato scuotendo la testa. Scoppio di nuovo a ridere e mi fanno la linguaccia.
Sono letteralmente terrorizzati dall’idea di un’altra sessione di shopping con Candice.

 
“Va bene piccoli, niente più negozi con Candice…” li rassicuro.
“Grazie mamma…” sospira Stefan sollevato.

 
Sento i rumori dell’aereo partire mentre le hostess avvisano della partenza e si raccomandano di allacciare bene le cinture.
Poco dopo l’aereo spicca il volo e veniamo catapultati in cielo.
 











 
                                                                                       * * *











 
 
“Dove sono le nostre valigie?” domanda Joseph guardando attentamente ogni valigia.
“Non lo s… -noto, finalmente, le mie valigie- Oh, Eccole.”

 
Afferro le valigie e ordino ai miei figli di starmi vicino. Ci dirigiamo verso l’uscita dell’aeroporto.
Sono pronta a chiamare un taxi, quando una voce squillante mi fa voltare verso destra. Vedo una chioma bionda ed una chioma castana corrermi incontro con un sorriso a trentadue denti e le riconosco subito.
Candice e Kat.
Non appena realizzo di averle davanti vengo stretta tra di loro. Candice mi abbraccia da una parte e Kat dall’altra. Mi erano mancate terribilmente.

 
“Nina, finalmente!” esclamano in coro.
“Ciao ragazze, tutto bene?” domando.
“Benissimo!” rispondono di nuovo all’unisono entrambe.
“Candice, stai benissimo…” mormoro scrutando la mia amica.

 
La gravidanza l’ha resa ancora più bella. Ebbene si, Candice aspetta un bambino da circa sei settimane ed è una cosa fantastica.
Ovviamente è su di giri così come lo è Joe, marito di Candice.
Quando Candice me l’ha detto siamo state ore e ore a parlare e a fantasticare sul bambino e sono rimasta meravigliata quando mi ha detto che avrebbe comunque girato The Vampire Diaries fino a quando ce l’avrebbe fatta. Joe ovviamente non è d’accordo, ma non si può far cambiare idea a Candice.
Ora Candice sta coccolando i miei figli e questi ridono felici grazie alle attenzioni delle mie due migliori amiche.

 
“Signorini, ogni giorno diventate sempre più belli!” decreta Kat e Candice annuisce con vigore. “E sempre più uguali.”
“Peccato che sia già sposata…” mormora Candice ridendo.
“Signore, mi dispiace, ma siamo gli uomini della mamma, su questo non si discute!” decreta Joseph con la voce da ometto, mentre anche Stefan annuisce d’accordo.
“Trovarne uomini così al giorno d’oggi…” sospira Kat scherzando.
“Piaciuta la sorpresa?” domanda Candice.
“Non me l’aspettavo, avevo voglia di rivedervi!” annuisco.
“Che ne dite di andare a fare un giro?” domanda Kat.
“Mamma… -mi sussurra Stefan all’orecchio- Niente negozi, vero?”
“Niente negozi, promesso!” lo rassicuro posandogli una carezza sulla testa.

 
Saliamo tutti in macchina di Kat e ci dirigiamo verso l’albergo dove alloggiano anche loro –visto che anche io ho una camera lì– per mettere giù le valigie.
Durante tutto il viaggio Joseph non smette di parlare incantato nel vedere per la prima volta Atlanta e Stefan mi fa mille domande curioso, anche perché non ci siamo mai mossi da Toronto, non avrei potuto farlo.
 
Candice e Kat rispondono ad ogni loro domanda e qualche volta sorridono divertite, altre volte cercano le giuste parole ed altre ancora si fanno aiutare da me. Alla fine finiamo tutte e tre per parlare, come ai vecchi tempi. In questi quattro anni ci siamo sentite e viste spesso, ma fa un altro effetto averle qui, accanto a me, per chissà quanti giorni.
Joseph intanto si è accoccolato al mio petto ed osserva felice fuori dal finestrino.

 
“Che cosa facciamo?” domanda Candice.
“Sei sempre la solita iperattiva! –la rimbecca Kat– Nina e i piccoli  devono prima sistemarsi in albergo.”
“Questo lo so…” borbotta Candice arrivando davanti all’hotel.

 
Non facciamo neanche in tempo a scendere che un uomo, in divisa rossa e dorata, viene ad aprire la porta a tutte. Candice gli da qualche indicazione, poi gli consegna le chiavi della macchina. Questo annuisce, sorride e porge le nostre valige ad un altro uomo, poi se ne va.

 
“Benvenute al nostro hotel signore…” ci saluta in modo formale e sorridendo un altro uomo mentre ci accompagna alla reception.

 
Lascio Joseph e Stefan con Candice e Kat, mentre mi dirigo verso l’uomo seduto dietro al bancone. Sta controllando qualcosa al computer e non appena mi vede si alza e mi accoglie con un sorriso gentile. Avrà più o meno la mia età, non sembra tanto vecchio. Ha i capelli biondo cenere e due occhi verdi che ispirano sicurezza e tranquillità.

 
“Buongiorno, lei deve essere la signorina Dobrev, giusto?” domanda.
“Si –sorrido imbarazzata– sono io…”
“Benvenuta signorina Dobrev. –mi porge una sorta di tessera– Grazie per aver scelto il nostro albergo, ci auguriamo tutti che sia di suo gradimento. Questa tessera serve per aprire la sua stanza che è la 206.

 
Bingo, stanza 206. C’ero già stata con lui prima qui e per uno strano scherzo del destino ci avevano assegnato proprio quella stanza.
Osservo per qualche istante il ragazzo di fronte a me e mi domando se mi stia prendendo in giro, ma quando lo vedo sorridere capisco di essere solamente tanto sfortunata.

 
“Grazie mille, buona giornata…” lo saluto tentando di sorridere.
“Anche a lei…” mormora di rimando.

 
Mi dirigo verso Candice e Kat che stanno parlottando e qualche volta ridono insieme ai miei figli. Non appena mi avvicino Joseph mi viene incontro.

 
“Mamma, chi è quel signore?” domanda diffidente.

 
Mi abbasso alla sua altezza scompigliandogli i capelli.

 
“Siamo già gelosi?” lo punzecchio.
“Zia Candy e zia Kat dicono che gli piaci e in effetti… Non ti sta staccando gli occhi di dosso. Mamma, questa cosa non mi piace…” borbotta mio figlio.

 
Fulmino Candice e Kat con lo sguardo, mentre loro scoppiano a ridere e si tappano la bocca.

 
“Andiamo in camera,  è meglio…” mormoro prendendo Joseph e Stefan  per mano e ci dirigiamo tutti e cinque verso l’ascensore.

 
L’ascensore ci porta direttamente al secondo piano ed in poco tempo trovo la mia camera. Di fronte ad essa c’è lo stesso ragazzo di prima con le valigie in mano.

 
“Grazie mille, davvero. Scusaci per il ritardo…” mormoro infilando la tessera nella fessura e la porta si apre automaticamente.
“Si figuri. –sorride– Vi serve una mano?”
“No, grazie, siamo apposto così.” rispondo annuendo.

 
L’uomo se ne va e porto dentro tutte le valigie con l’aiuto di Candice e Kat.
La stanza è esattamente come me la ricordavo, tranne per le lenzuola che ora sono bianche, mentre prima erano rosse. Ovviamente, dato il lusso dell’albergo, la camera è enorme con un letto matrimoniale che fa da padrone all’intera stanza.
 
Al centro della stanza c’è un tavolo di vetro con sopra un vaso con dei fiori e delle sedie che contornano l’intero tavolo. Davanti al letto c’è un televisore e a quanto pare, non vorrei sbagliarmi, è anche in 3D. Bene, Joseph e Stefan non si staccheranno più da lì.
In fondo all’enorme stanza c’è anche un bagno che mi ricordo bene.
Non appena Joseph vede il letto corre subito e ci si butta sopra felice, atterrando sul materasso morbido. Si mette seduto e batte le mani felice.

 
“Mamma, è tutto così fantastico! –indica il letto e poi la TV– La televisione è fantastica!”

 
I suoi occhi brillano e sorrido anche io all’indirizzo di mio figlio mentre appoggio le valigie.
Candice a Kat si siedono sulle sedie e si guardano attorno.

 
“Dobreva, perché devi sempre avere la camera migliore?” domanda Kat divertita.
Alzo le spalle. “Non lo so…”
“Forza, forza! –Candice si alza e mi domando dove trovi tutta questa voglia di muoversi– Non possiamo mica rimanere tutto il giorno qui! Dobbiamo esplorare Atlanta!”
“Come se non la conoscessi!” la punzecchio divertita mentre mio figlio scende dal letto.
“Ma i piccoletti–indica Stefan e Joseph che la scrutano con uno sguardo assassino. A loro non piace sentirsi chiamare piccoletti–, scusate… Ma Stefan e Joseph non vede l’ora di vedere questa città, vero?”

 
Stefan annuisce entusiasta molto più sollevato.
Mi dispiace rovinare questo momento, ma non credo che andare in giro, ora e soprattutto noi, sarebbe il caso. I fotografi sono dietro l’angolo e sarebbe la fine per me, per Joseph e Stefan. Però, giustamente, non posso recludere in albergo due bambini di sei  anni.
 
Sono venuti qui convinti di girare Atlanta e divertirsi, non di passare le loro giornate chiusi in albergo, anche se, molto probabilmente, succederà così.
A giorni dovrebbe arrivare Jules e anche mia madre dovrebbe venirci a fare visita, quindi si occuperanno loro di Joseph e Stefan.

 
“Candice, non credo che sia il caso…” mormoro cercandola con gli occhi.
“Giusto… -si gratta il mento- Possiamo sempre travestirci.”
 

Alzo le sopracciglia e scuoto la testa. Non cambierà mai.












 
                                                                                                                   * * *











 
Mezz’ora dopo siamo nella hall pronti per uscire. Candice è convinta che non ci conosceranno, ma io ho qualche dubbio, anzi, molti dubbi.
L’ho fatto per i bambini, devono divertirsi almeno prima dell’inizio delle riprese. Inizio delle riprese equivale alla mia fine, purtroppo.



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Eccomi qui con il secondo capitolo prima di Natale. Non vi ho fatto aspettare molto, insomma :)
Colgo l'occasione -sennò dopo me lo dimentico- di ringraziare le otto fantastiche ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo facendomi venire voglia di postare subito il successivo grazie alle belle parole che hanno scritto (y) Grazie ragazze, davvero <3 Spero di risentirti ancora e perchè no... Di trovarvi ancora più numerose ^^
Ovviamente non posso dimenticarmi di una cosa... Auguri di buon Natale a tutte voi che leggete e ai vostri cari ** Vi auguro che possiate trascorrere un Natale ricco di allegria e gioia ^^
Detto questo, passiamo al capitolo. (Come molte di voi sanno a me piace spiegarlo un po' ahahahahaha) Come avete visto Nina e i due misteriosi -non misteriosi- bambini sono arrivati ad Atlanta e chi potevano non incontrare? Ovviamente Candice e Kat, la bionda e la morta. Loro, oltre a Julie e a Kevin, sono le uniche che sanno dell'esistenza dei bambini, gli altri non sanno niente (Paul compreso u___u) Quando intendo altri intendo tutti, ma propri tutti. Molte di voi hanno dubbi e domande, ma verrà chiarito tutto perchè nel corso della storia inserirò molti flashback per raccontare che cos'è accaduto a Nina, Ian e a tutti gli altri protagonisti, non temete ^^'
Sinceramente non ho molto da dire, tranne che questa storia mi sta prendendo un sacco :')
Auguro a tutti voi ancora un buon Natale, ci sentiamo :')

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Capitolo 3
*** He, they. ***


                                                                                      He, they.
Third Chapter.


Nina.

Camminiamo per le strade di Atlanta e noto con piacere che quasi nulla non è cambiato dall’ultima volta che sono stata qui, ben cinque anni fa.
Le strade sono sempre le stesse e c’è sempre tanta gente. Stefan e Joseph si guardano attorno estasiati e sono felice che questo posto piaccia anche loro. Decido di portarli in un parco, vicino all’hotel, per farli svagare un po’ e per farli divertire.
 
Non appena entrano nel parco si catapultano sullo scivolo dove ci sono anche altri bambini ed iniziano subito a giocare e a fare su e giù per tutte le giostre. Io, Candice e Kat ci sediamo su una panchina per stare un po’ in tranquillità, ma il mio sguardo è comunque posato su loro due, i miei figli.
Li amo più della mia stessa vita e farei qualsiasi cosa per loro, ho solo paura che un giorno lui possa portarmeli via.
 

«A cosa stai pensando?» mi domanda Candice.
«A nulla.» mento.
«Sei triste.» dice Kat.
«Dovrei essere felice di essere ritornata qui?» domando retorica guardando entrambe.
 

Candice scuote leggermente la testa e mi posa una mano sulla gamba.
 

«Prima o poi sarebbe accaduto, Neens.» mi risponde e vedo anche Kat annuire.
«Ne ha il diritto, Nina.» mi sussurra Kat.
«No, dopo quello che ha fatto non ne ha il diritto.» sospiro affranta, mentre la mia voce si spezza. «Ho provato in tutti i modi di farglielo sapere, anche dopo quello che mi ha detto… Ma lui… Lui non me l’ha permesso.»
«Era soltanto ferito, Nina.» continua Kat.
 

Stringo le mani a pugno fino a farmi male. Tremo leggermente, poi fulmino Kat con lo sguardo.
Ora lo sta difendendo? Perché proprio adesso? E’ sempre stata dalla mia parte.
 

«Perché io non sono stata ferita eh?» le domando con la voce leggermente alta. «E’ colpa mia?»
«No Nina, no.» mi rassicura Candice e Kat si scusa con lo sguardo. «Non è colpa tua.»
«Nina io non… Intendevo questo.» Kat mi abbraccia. «Sai che sono sempre stata dalla tua parte. Si è comportato da schifo, lo sai, ma anche lui, forse, aveva la sue ragioni.»
«Mi ha umiliata Kat, l’ha sempre fatto.» rispondo solo, con un tono di voce leggermente basso.
 

Anche Candice mi abbraccia e ci ritroviamo strette in tre, come ai vecchi tempi. Kat lo compatisce soltanto, so che è dalla mia parte.
Anche se qui non si tratta da che parte stare o di schieramenti, soltanto che fa sempre male sentire parlare di lui.
 

«Andrà tutto bene Nina.» mi rassicura Kat. «Prima o poi si sistemerà tutto.»
«Non si sistemerà più niente.» le rispondo guardando il cielo azzurro sopra di noi. «Tutto è andato perso. Io sono andata avanti, lui è andato avanti con lei. »
«Nessuna è come te, però.» risponde Candice.
«Lui ora è felice con… Lei…» sospiro leggermente ricordando il volto di Nikki, Nikki Reed. «L’ho semplicemente accettato.»
«Lo sarai anche tu.» mi sorride Kat.
 

Vedo Stefan venirmi incontro con due lacrime che gli rigano le guance. Mi alzo di scatto preoccupata, prendendolo tra le braccia. Joseph gli è subito dietro ed ha lo sguardo leggermente colpevole.
Stefan mi getta le braccia al collo ed inizia a singhiozzare più forte tenendo una manina premuta sul ginocchio.
 

«Amore mio, cos’è successo?» gli domando anche se so che molto probabilmente è caduto.
 

Stefan ha un equilibrio abbastanza precario, come me.
 

«Mi ha spinto.» mi dice smettendo per un attimo di singhiozzare. «Stavo correndo per arrivare all’altalena e lui mi ha spinto.»
 

Alzo lo sguardo su Joseph e questo lo abbassa leggermente dondolandosi sulla punta dei piedi.
 

«Joseph, vieni un attimo qui.» lo incito, ma senza arrabbiarmi.
 

Sono gemelli e si vogliono un mondo di bene, ma non passa mai un giorno in cui uno non faccia male –anche se male è una parola grossa– all’altro.
Sono fratelli ed è normale, ma questa cosa non mi piace.
 

«Quante volte vi ho detto di non spingervi?» domando ad entrambi.
 

Stefan si stacca leggermente da me tirando su con il naso. Joseph mi si avvicina e si siede sulle mie ginocchia.
 

«Tante.» rispondono.
 

Ecco, appunto.
 

«Lui ieri mi ha fatto lo sgambetto!» dice subito dopo Joseph.
«Ragazzi, dovete volervi bene. Dovete proteggervi, non farvi male. Ve lo ripeto ogni santo giorno. Siete  fortunati ad essere in due, apprezzate questa fortuna.» spiego ad entrambi.
«Ma io li voglio bene.» risponde Joseph indicando con il capo il suo gemello.
 

Gli accarezzo la testolina e gli poso sopra un bacio. Accarezzo una guancia di Stefan che ora ha smesso di piangere.
 

«Scusa per lo sgambetto, Jo.» si scusa Stefan.
«Scusa per la spinta Stef.» si scusa anche Joseph.
 

Si abbracciano entrambi ed ogni volta che lo fanno il mio cuore si riempie di gioia. Candice e Kat li osservano incantate con la bocca a cuoricino.
 

«Sono così carini insieme…» sento mormorare Candice e vedo Kat annuire.
«Vediamo cos’ha questo ginocchio…» mormoro.
 

Stefan si toglie la manina dal ginocchio e mi fa vedere la sua ferita.
E’ solo un minuscolo graffio per fortuna. Poso sopra al graffio un bacio e poi guardo mio figlio.
 

«E’ passato?» gli domando.
«Un po’.» mi risponde tenendo ancora per mano suo fratello.
«Ti passerebbe tutto se andassimo a prendere un gelato?» domando.
 

Stefan annuisce con vigore, mentre gli occhi di Joseph si accendono. Sono entrambi golosi di schifezze, ma comunque mangiano di tutto, fortunatamente, a differenza mia che da piccola non mangiavo praticamente niente.
L’unico problema è la celiachia di Joseph, ereditata dal padre.
L’ho scoperto quando aveva all’incirca dieci mesi, ma fortunatamente non è successo nulla di grave. E’ un bambino sano, comunque.
 
 

«Andiamo da Max?» mi domanda Candice con gli occhi che brillano. Si tocca la pancia. «Ho un certo languorino.-
«Si andiamo!» esclama Joseph. «Io ho fame!»
 

Ci dirigiamo tutti e cinque verso il carretto dei gelati di Max, con Stefan che prende per mano Kat e Joseph che prende per mano Candice.
Sono così fortunata ad avere due amiche così.
Max non appena ci vede sgrana leggermente gli occhi sistemandosi meglio gli occhiali sul naso. E’ da una vita che non ci vede.
 

«Davvero ho qui davanti le mie clienti preferite?» ci domanda aprendosi in un enorme sorriso.
«Siamo noi.» sorride Candice. «E’ da una vita che non veniamo qui.»
«D’ora in avanti ci verremmo più spesso!» assicura Kat.
 

Max guarda i miei figli che si sono nascosti dietro le mie gambe da cui sbucano soltanto le loro testoline. Con la gente nuova si vergognano sempre, mentre con chi conoscono sono due pesti terribili.
Sorrido ripensando a tutti gli scherzi che hanno fatto a Candice oppure il topo finto –anche se sembrava veramente vero– che hanno messo sul letto dove dormiva Kat quando è  venuta a dormire a casa nostra. Avevano solo tre anni all’epoca.
 

«Ma come siete diventati grandi voi due.» esordisce il gelataio. «Siete uguali e identici alla vostra mamma.»
 

Sorrido a Max, mentre Stefan e Joseph si decidono ad uscire allo scoperto. Max li aveva visti quando avevano poco più di tre mesi e poi non li aveva più rivisti.
Di lui ci si può fidare e poi fa il gelato migliore del mondo –soprattutto quando sei incita e sei colpita da strane voglie, come adesso con Candice.
 

«Che gusti volete giovanotti?» domando ad entrambi.
«Cioccolata.» risponde Stefan indicando il gusto attraverso il vetro.
«Pistacchio.» dice poi Joseph.
 

Joseph è così identico a lui, in tutto per tutto. Ha i suoi stessi gusti e il suo stesso sorriso ed ogni volta che lo osservo inevitabilmente lo vedo.
Stefan è più simile a me, in tutto.
 

«Max, senza glutine per quello al pistacchio, grazie.» lo avverto.
 

Lui annuisce poi porge i gelati ai bambini. Finiamo di ordinare e parliamo per qualche altro minuto con Max, poi decidiamo di incamminarci verso l’hotel e di gustarci il gelato.
Camminiamo per le stradine di Atlanta e ovunque scorgo dei cartelloni promozionali che avvisano l’intera cittadina della ripresa di The Vampire Diaries, ma fortunatamente nessuno ci ha ancora fermato. Atlanta è una bella città per questo: ci sono tante persone, ma nessuno invade i nostri spazi.
 
Candice ci racconta le ultime novità e su come sia ancora in dibattito con Joe per quanto riguarda le riprese. Io mi trovo perfettamente d’accordo con Joe, perché so perfettamente come si ci sente a girare quando sei incinta. Io l’ho scoperto poco prima di finire le riprese della settima stagione, mancavano tre settimane, e più volte ho rischiato di rovinare scene a causa di nausee o giramenti di testa oppure di svenire tra una ripresa e l’altra.
Mancava pochissimo tempo, quindi non potevo rovinare tutto, ma comunque è sconsigliato farlo.
 

«Candice, io te lo sconsiglio.» le dico continuando a camminare.
 

Getto la coppetta in un gestino, poi pulisco le mani ai bambini. Passo loro una salvietta anche sulla faccia in quanto si sono sporcati fin sopra il naso.
 

«Girerò fino al quarto mese, la ginecologa ha detto che non ci sono problemi. Ho già avvisato Julie ed è d’accordo con me.» risponde sorridendo.
«Nina ha ragione.» interviene Kat. «Lei l’ha passato.-
«Ogni gravidanza è a se.» risponde. «Io mi sento bene, per te quello non era un bel periodo.»
«Anche questo è vero.» rispondo io roteando gli occhi al cielo.
 

Camminiamo fino all’hotel continuando a parlare. Non appena arriviamo ognuna torna nella sua camera, ma ci mettiamo d’accordo per trovarci dopo cena nella mia camera –visto che la mia è quella più grande.
Prendiamo l’ascensore per fare prima –ma anche per Stefan visto che ha uno scarso, scarsissimo equilibrio, ereditato da me.
Arriviamo in camera dopo poco tempo.
Non appena entro in camera una persona seduta sul letto attira la mia attenzione.
Non appena questa nota la mia presenza mi sorride calorosamente e mi abbraccia stringendomi forte a se.
Julie.
 

«Nina, piccoli, vi stavo aspettando con molta ansia!» dice la mia –di nuovo– produttrice mentre abbraccia i miei figli.
«Non mi aspettavo di trovarti qui… » mormoro sinceramente colpita.
 

Sono felice di vederla, è da un anno più o meno che non la vedo dal vivo.
 

«Ho voluto farvi una sorpresa e spero che non vi dispiaccia.» sorride, poi cerca qualcosa dentro la borsa. Non appena l’ha trovata sorride e porge due pacchetti a Joseph e Stefan. «Tenete piccoli, questo è un regalo per voi.»
«Davvero?» domanda Stefan eccitato.
«Si, forza, apritelo!» li incoraggia Julie sorridendo.
«Non dovevi, Julie…» le dico.
 

Certe volte ho paura di farli crescere troppo viziati, ma poi compro loro tutto quello che vogliono, anche perché, sinceramente, se lo meritano. Sono due bambini buoni che non fanno quasi mai i capricci e fanno qualsiasi cosa io gli dica di fare.
Sono stata molto fortunata con loro.
 

«Sai che stravedo per questi due angioletti! –esclama e vedo i suoi occhi brillare– Sono i nipotini che non ho.»
«Grazie, Julie.» le rispondo soltanto abbracciandola.
 

Lei, insieme a Candice, Kat e Kevin, è l’unica a sapere dei gemelli ed è quella che mi ha aiutata più di tutti. E’ stata lei a convincermi a non mollare, ad aiutarmi per tutta la gravidanza e nei mesi che sono stata qui ad Atlanta. Lei, insieme alla mia famiglia, è stata quella che mi ha consolata durante tutte le mie notti insonni ed è stata una perfetta amica.
Oltre a una produttrice è anche la mia seconda mamma, dopotutto.
 
Sto parlando con Julie quando i gemelli le si fiondano addosso ringraziandola. Mi sporgo leggermente e scorgo sul letto i regali.
Sono due DVD di due loro cartoni preferiti di cui hanno fatto il film che io ho cercato dappertutto e non ho mai trovato.
Sia santificata Julie Plec.
 

«Li ho cercati per mesi!» esclamo scioccata.
«Ho saputo cercare meglio io allora!» ride gioiosa.
«Come hai fatto a sapere che li volevano?» le domando curiosa.
«Ormai li conosco troppo bene!» mi risponde solamente.
 

Finiamo per mettere il pigiama a Stefan e Joseph e quest’ultimi decidono di andare alla televisione prima dell’arrivo della cena. Io e Julie ci sediamo nel piccolo soggiorno per discutere dell’ottava stagione.
 

«Sei pronta per ritornare a recitare?» mi domanda Julie entusiasta.
«Si.» No.
«Mi aspettavo una risposta più sincera!»  ridacchia leggermente.
 

Roteo leggermente gli occhi e mi stiracchio meglio sulla sedia.
Sono esausta.
 

«Sai qual è la mia risposta. –mi sposto una ciocca di capelli di fronte dal viso– Ma ormai la scelta è fatta e non posso più ritornare indietro.»
 

Rimaniamo per qualche attimo in silenzio, poi Julie lo rompe riprendendo a parlare.
 

«L’hai fatto per loro?» mi domanda comprensiva.
 

Annuisco. Si, l’ho fatto per loro. L’ho fatto perché me l’hanno chiesto. L’ho fatto per dare a lui una possibilità, forse, ma non so nemmeno come presentarglieli.
 

«Non tutti l’avrebbero fatto, sei diventata una grande donna!» mi dice e noto nella sua voce una punta d’orgoglio.
 

Devo anche a Julie una parte di me. Sono diventata così anche grazie a lei.
Mi abbraccia di slancio a rimaniamo qualche minuto così, ferme, una tra le braccia dell’altra.
Mi stacco leggermente quando mi sembra di aver sentito una voce familiare provenire dal soggiorno.
Ma come può essere?
Quella è la mia voce.
 

«Perché non me l’avevi detto? Quello che hai fatto per Rose.» No, non può essere.
«Non ti riguardava.» Ti prego, fai che non sia quello che sto pensando.
«Perché non vuoi che gli altri vedano che c’è del buono in te?» OH MIO DIO.
«Perché se vedono il bene si aspettano il bene, e non voglio dover soddisfare le aspettative altrui.»

 

Troppo tardi. Ormai è troppo tardi quando corro verso la televisione alla ricerca del telecomando. I mei figli stanno guardando con la bocca aperta e gli occhi adoranti me e lui.
Io e lui che ci stiamo baciando appassionatamente contro il muretto di una pensione.
Dio, no!
 

«Mamma, chi è quello?» mi domanda Joseph indicando con il dito lo schermo.
 

Mi volto verso Julie che sembra essersi paralizzata sulla sedia in cerca di aiuto.
La cerco con lo sguardo in cerca di qualche risposta, ma lei non sa cosa fare e cosa dirmi.
 

«E perché ti baciava in quel modo? » domanda poi Stefan leggermente geloso.
«Si, esatto! Perché?» rincara la dose Joseph.
«Perché… Stavo recitando…» annaspo.
 

Joseph e Stefan si scambiando uno sguardo strano, poi riportano l’attenzione su di me.
 

«Chi è?» domandano all’unisono curiosi.
«Un amico… Lui è… Un amico…» mormoro sedendomi sul bordo del letto.
 

Stefan gattona sul letto e si siede sulle mie gambe.
 

«Mamma, sei bravissima!» mi getta le braccia al collo.
 

Joseph, geloso, mi abbraccia da dietro.
 

«Siete così belli insieme…» dice Joseph guardando ancora lo schermo della TV.
«Si è fatto tardi… Io… Devo andare.» ci dice Julie alzandosi dalla sedia. Posa un bacio sulla testa ad entrambi i miei figli poi mi lascia un buffetto sulla guancia. «Ci vediamo dopodomani sul set. C’è una riunione.»
 

Mi sorride malinconica per l’ultima volta e se ne va.
Mi getto a peso morto sul letto e mi porto le mani in testa. Non sono pronta per rivederlo.
I miei figli si accorgono del mio malumore e si siedono accanto a me.
 

« Mamma… Va tutto bene?» mi domanda Stefan.
«Si amore –accarezzo ad entrambi la testolina piena di capelli castano-scuri– va tutto bene.»
 

No, in realtà niente va bene.




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Buon fine settimana a tutte :')
Mi scuso subito per non aver risposto alle otto meravigliose recensioni dello scorso capitolo, scusatemi, davvero. E' che non ho avuto tempo di rispondere ad una ad una, ma le ho lette veramente tutte. Siete fantastiche ragazze, davvero! Sono orgogliosa e felicissima che questa storia vi piaccia un sacco viste le belle parole <3
Vi adoro tutte, dalla prima all'ultima ** Continuate così, mi raccomando :')
Risponderò non appena posso, ma sono parecchio di fretta, perchè sto terminando la valigia per Milando :) Ah... Già... Almeno fino a sabato non avrete un aggiornameno, causa vacanza, mi dispiace.
Passiamo al capitolo, dunque. Questo, forse, è uno dei miei preferiti. Ci sono i gemelli che interagiscono tra di loro (sono pucciosissimi **) e c'è il nostro trio preferito Nina-Candice- Kat e poi c'è Julie. Ecco, riguardo a quest'ultima. Non so bene che rapporto abbia con Nina nella realtà, sicuramente molto stretto visto che è la produttrice, ma qui voglio immaginarlo molto stretto. E' una sorta di mamma per Nina, la vedo così ahahahaha
Pian piano, come si è visto, sta venendo fuori il passato di Nina che è ancora tutto da scoprire, ma non temete, con calma vi svelerò tutto.
Ora devo proprio scappare, alla prossima.

PS: Vi auguro largamente in anticipo BUON ANNO NUOVO :')

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Capitolo 4
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Fourth Chapter.




Sono costretta ad aprire gli occhi a causa di due corpicini sopra il mio. Uno si siede sulla mia pancia e l’altro mi scuote leggermente.
Sorrido inconsapevolmente trovandomi di fronte la faccia di Stefan che mi scruta ansioso.
 
«Mamma, era ora!» esclama lui.
 
Da dietro Stefan sbuca anche Joseph che mi posa un bacio sulla guancia.
 
«Buongiorno…» mormora quest’ultimo.
«Buongiorno piccoli.» rispondo alzando leggermente il busto per dare un bacio ai miei figli.
« Mamma, sai che giorno è oggi?» mi domanda Stefan parecchio ansioso.
 
Che giorno è oggi da essere ricordato come importante?
Aggrotto leggermente le sopracciglia sotto lo sguardo parecchio eccitato di Stefan e Joseph.
 
«Mamma!» mi rimprovera bonariamente Joseph. «Oggi iniziano le riprese!»
 
Oggi iniziano le riprese?
Che diavolo di giorno è oggi? Poso lo sguardo sul cellulare.
2 agosto.
Sospiro e mi tiro a sedere. Oggi non iniziano le riprese, c’è la riunione.
 
«Ho solo una riunione oggi, niente riprese.» sorrido ad entrambi scompigliando loro i capelli.
«Davvero?» domanda Stefan.
«Ma io credevo che iniziassero oggi…» mormora affranto Joseph.
«Volevamo venire con te!» ribatte Stefan incrociando le braccia al petto.
 
Faccio cenno ad entrambi di sedersi sulle mie gambe e i miei figli accolgono più che volentieri il mio invito.
Do un bacio ad entrambi sul naso e sorrido.
 
«Non posso portarvi con me.» spiego loro.
«Perché?» domandano in coro tristemente.
 
Guardo le loro facce dispiaciute e perdo qualche battito. Ogni volta che li vedo tristi cerco sempre un modo per fare qualcosa, ma questa volta non posso. Loro non possono venire sul set con me per ovvie ragioni che cercherò di spiegare loro in seguito.
Ora come ora semplicemente non verranno, ne va della loro vita e… Anche della mia.
 
«Vi prometto che vi porterò prima della fine dell’anno, ma non ora.» dico accarezzando ad entrambi la testa. «Oggi vi annoierete solo perché parleremo della nuova stagione e di quello che faremo.»
«Ma è così interessante!» mi contrasta Joseph.
 
Alzo gli occhi al cielo e scuoto leggermente la testa.
Una cosa di sicuro l’hanno presa da me ed è la testardaggine. Io sono testarda, lo ammetto, ma loro due mi superano alla grande e continueranno sempre a farlo.
 
«Ma se sapete la trama che gusto c’è poi a guardare le puntate?»  domando retorica sperando di farli abboccare.
«Hai ragione mamma…» annuisce Stefan, ma dopo sorride in modo contorto e capisco che sta partendo di nuovo all’attacco. Mi punta un dito contro gongolante. «Però l’hai promesso. Hai detto che ci porterai sul set e l’hai promesso!»
«Si mamma, l’hai promesso!» interviene Joseph a dar man forte al fratello.
 
In che razza di guaio mi sono cacciata?
Perché non penso prima di aprire la mia dannata bocca?
Ormai quel che è fatto è fatto però.
 
«Hai fatto una promessa mamma, e come dici tu le promesse vanno sempre mantenute.» dice solenne Stefan.
«Si mamma, croce sul cuore.» termina Joseph.
«E va bene, croce sul cuore.» mi porto una mano all’altezza del cuore. «Ora andiamo a fare colazione fino a che aspettiamo la nonna.» 
 
Sento dei passi avvicinarsi alla camera e aggrotto le sopracciglia. Come possono esserci persone qui?
Sto quasi per morire d’infarto quando dalla porta fa capolino la testa di mia madre.
Mia madre è già qui? Com’è possibile?
Ma, soprattutto, chi l’ha fatta entrare?
 
«Ciao tesoro! –mi saluta mia madre– Avevo il volo presto questa mattina per cui ho deciso di venire direttamente qui… Ho fatto male?» 
«No, mamma, assolutamente no, hai fatto benissimo.» mi alzo dal letto e corro ad abbracciarla. Anche se l’ho vista qualche giorno fa mi è mancata lo stesso. Mi volto verso i miei figli che mi scrutano con aria colpevole. «Quante volte vi ho detto di non aprire a nessuno quando non ci sono anche io con voi?» 
 
Non che non mi fidi di mia madre, ovvio, ma poteva essere chiunque, ed essendo un albergo è anche peggio. Chiunque sarebbe potuto entrare e avrebbe potuto fargli del male.
Non me lo perdonerei mai questo.
 
«Ma mamma, è la nonna!» obbietta Stefan.
«Hai ragione amore, ma poteva essere anche uno sconosciuto.» rispondo. «Non fatelo mai più, è un ordine. Forza ora, correte di là che vi preparo la colazione.» 
 
I miei figli corrono di là felici e mia madre mi riabbraccia. Mi lascio coccolare per qualche secondo e appoggio la testa sul suo petto, come quando ero bambina.
Se non avessi mia madre non so cosa farei. Non riuscirei mai a vivere senza di lei. Con mia madre ho sempre avuto un rapporto unico e stabile, pieno di amore, ma si è rafforzato molto di più negli ultimi sette anni.
Da quando è successo tutto. Non mi ha mai abbandonata e mi ha seguito passo dopo passo aiutandomi in tutto, facendomi crescere, e mi ha portata a diventare la donna che sono ora e non più la semplice ragazzina che ero anni fa.
 
«Mi sei mancata piccola mia, anche se solo per pochi giorni.» mi dice posandomi un dolce bacio tra i capelli.
 
Inspiro il suo profumo che sa di buono, che sa di casa e di amore.
Anche se sono grande per queste smancerie non mi stancherò mai di mia madre.
 
«Anche tu mamma!» le rispondo. Alzo la testa e la fisso negli occhi. «Per quanto ti fermerai?» 
«Per tutto il tempo di cui hai bisogno.» mi risponde posandomi un bacio sulla fronte. «So bene che qui non hai nessuno che ti possa dare una mano, per questo ci sono io. Tra qualche giorno arriverà anche Alex e poi la tua amica, per cui credo che tu possa stare serena per molto tempo.» 
«Grazie mamma.» le rispondo sinceramente.
«Per te farei questo e altro.» mi risponde sorridendomi.
 










 
                                                                             * * *
 










Mi infilo i pantaloni rischiando di inciamparci sopra e di ritrovarmi con la faccia sul pavimento. Mi volto più volte verso la sedia alla ricerca della mia camicia, ma questa sembra scomparsa.
Mi tiro una pacca sulla fronte cercando di capire… Ricordare dove ho messo la camicia.
Dannazione! Ieri sera l’avevo messa lì sopra.
 
«Tesoro, porto i piccoli al parco visto che qui si annoierebbero e basta.» sento la voce di mia madre che proviene dall’entrata della camera. «Hai perso qualche cosa?» 
«Io…» mi passo una mano tra i capelli. «Sto cercando una maledetta camicia.» 
 
Sbuffo infastidita. Già oggi non sono dell’umore adatto ed in più inizio a perdere le cose.
Che bella giornata che mi si prospetta davanti.
 
«E’ azzurro-chiaro?» mi domanda.
 
Mi mordo il labbro inferiore pensandoci un attimo.
Annuisco. Si, è azzurro-chiaro.
Mia madre si avvicina a me e mi posa le mani sulle spalle scuotendomi un attimo.
 
«Guardami.» mi ordina.
 
Perché dovrei guardarla?
Ubbidisco e la fisso intensamente.
 
«Devi darti una calmata o non arriverai a fine giornata…» mi dice. Mi prende per la mano e mi riaccompagna in stanza indicando con la testa il letto. La camicia. «Vedi, è lì. L’hai spostata prima cercando il cellulare. Ce l’avevi davanti agli occhi, Nina.» 
«Stavo pensando ad altro, scusa…» mormoro abbassando la testa.
«Amore –mi accarezza una guancia e mi beo del suo tocco– respira un attimo e concentrati. Così agitata non andrai da nessuna parte. E’ solo una semplice riunione.» 
«Sai che non è così, mamma…» mormoro afflitta. «E’ più di una semplice riunione…» 
«Non devi pensare a lui, Nina, non puoi farti condizionare ancora così!» esclama.
 
Come se fosse facile. Come posso guardarlo ancora negli occhi? Come posso stare ancora nella stessa stanza con lui?
Come posso solo presentarmi lì, dopo così tanto tempo, e fare finta che tutto quello che mi ha detto, che ci siamo fatti a vicenda, sia svanito nel nulla?
Come posso fingere che vada tutto bene?
Sarò anche una brava attrice, ma con lui non sono mai stata brava a fingere.
Mi accorgo di piangere quando mia madre mi accarezza una guancia per scacciare via le lacrime che la stanno bagnando.
 
Mi getto tra le sue braccia e singhiozzo piano, sperando che i miei figli non mi sentano.
Sono diventata madre tanto presto, quando ancora io avevo bisogno della mia. Mi sono sempre dimostrata forte alla luce del giorno, ma in realtà non lo sono.
Ho paura.
 
«Non devi aver paura, Nina. –mia madre mi scompiglia leggermente i capelli– Avete sbagliato entrambi, avete commesso errori che forse non si possono più sanare, ma siete andati avanti, ed è giusto così. Finisci di prepararti e comportati come sempre, il resto non conta.» 
 
Mi sorride e va in cucina dai gemelli. Faccio per prendere la camicia e per togliermi la maglia del pigiama, quando compaiono sulla soglia Stefan e Joseph.
 
«Mamma, noi andiamo con la nonna.» dice Joseph.
«Buona fortuna.» riprende Stefan.
«Grazie piccoli, divertitevi.» dico andando da loro e posando ad entrambi un bacio sulla testa.
«Ti vogliamo bene mamma!» dicono all’unisono stringendomi forte.
«Anche io amori, non sapete quanto…» mormoro. «Andate ora, devo finire di prepararmi, ci vediamo questa sera.» 
 
Scompiglio ad entrambi i capelli e sorrido. Questi si staccano da me, mi salutano per l’ultima volta e corrono da mia madre allegri.
Sospiro riprendendo a vestirmi da dove ero rimasta. Mi tolgo la maglia, mi infilo la camicia ed inizio a chiuderla, un bottone alla volta. Sono al penultimo bottone quando il mio telefono inizia a squillare.
Chi può essere a quest’ora?
Rispondo senza neanche controllare chi è.
 
-Pronto?- dico.
-Pronto? E’ da un quarto d’ora che ti aspettiamo, Nina! Dove sei?- urla una voce e so, per certo, che appartiene a Candice.
 
Mi porto una mano tra i capelli e scuoto la testa.
Ci eravamo date appuntamento nella hall dell’albergo per andare sul set insieme e me ne sono completamente dimenticata.
Getto un’occhiata veloce all’orologio e noto di essere in ritardo, e non solo con le mie amiche. La riunione era per le 10.05 e sono già le 10.20!
 
-Andate.- finisco anche con l’ultimo bottone. –Vi raggiungo dopo.-
-Ma… Possibile che tu sia sempre la solita? Cosa diciamo a Julie?- mi domanda Candice isterica.
-Ditele che sono in ritardo, come sempre. Finisco di prepararmi. A dopo.- rispondo e chiudo la telefonata senza aspettare una risposta.
 
Cosa mi manca?
Denti.
Trucco.
Profumo.
Capelli.
Si, in mezz’ora dovrei farcela. Ce la posso fare.
 










 
                                                                                 * * *
 










Quarantacinque minuti dopo sono in taxi preparata alla bene in meglio. Ho solo un filo di trucco, non mi è mai piaciuto il trucco troppo pesante, una camicia azzurro-chiaro con le maniche rialzate quasi fino ai gomiti e dei pantaloncini corti, visto il torrido caldo ancora estivo.
Ho degli occhiali da sole in testa e i capelli sono lasciati al loro stato naturale, boccolosi.
Sono in un ritardo mostruoso e me ne accorgo non appena scendo dal taxi e mi avvio verso lo studio. Ci sono tantissime macchine, tutte quelle degli attori. Riconosco quella di Kat, quella di Paul e di tanti altri.
Come minimo Julie mi fucilerà seduta stante, ma sa perfettamente che per vestire due bambini ci si impiega tempo e, soprattutto, la sottoscritta ci impiega tantissimo tempo a prepararsi.
Metto una mano sulla maniglia della porta dell’entrata e mi blocco. Sono agitata. Rivedrò molte persone che ho visto solo sporadiche volte negli ultimi sette anni o con le quali ci ho solo parlato al telefono. Rivedrò chi ho tagliato fuori dalla mia vita e una di queste persone è Paul.
Paul a cui non ho potuto dire niente perché sicuramente avrebbe detto tutto a lui e poi l’avrebbe ucciso. Paul che non sa niente di questa storia.
Sospiro, abbasso la maniglia, ed entro nello studio. Sento dei rumori provenire dalla sala principale –quella in cui spesso e volentieri facevamo le riunioni– e decido di avviarmi lì, ma la mia strada viene interrotta da Julie con le mani sui fianchi e lo sguardo arrabbiato, troppo arrabbiato.
 
«Alla buon ora Nina!» urla isterica.
 
E’ entrata in modalità isterica, ovvero sarà così per tutto il resto della stagione.
La classica modalità dittatoriale di ogni produttrice esecutiva.
 
«Julie, sono solo leggermente in ritardo…» mormoro imbarazzata inclinando leggermente la testa.
«Leggermente? Sei in ritardo di un’ora e cinque minuti già al primo giorno!» sbuffa scocciata scuotendo la testa.
«Sono qui ora, ed è questo l’importante! >> le sorriso prendendola a braccetto. «Mi sono persa qualcosa di importante?». 
«Possibile che non riesca mai a impormi severamente su di te, ritardataria cronica?» mi domanda.
«Perché mi vuoi bene?» le domando ridendo.
«Esatto, e questo gioca sempre a tuo favore.» mi dice. «Comunque no, non abbiamo ancora iniziato. Oltre ad essere tu in ritardo, c’è anche Ian.» 
 
Socchiudo leggermente gli occhi e mi lascio andare ad un sospiro di sollievo.
Lui non c’è, almeno per ora.
 
«Dovrebbe essere qui a momenti.» continua poi Julie capendo il mio stato d’animo. «Basta pensarci, forza, andiamo.» 
 
La mia produttrice mi trascina letteralmente verso la sala principale, mentre io ogni tanto mi fermo a guardare lo studio, che non è cambiato per niente.
Chissà se il mio camerino è ancora lì, vicino al suo. Se è così provvederò a cambiarlo, magari chiedendo a Paul di fare scambio.
Una cosa non ho mai capito… Paul ha il camerino più grande di tutti.
Mi accorgo di essere dentro la sala principale quando Candice mi fulmina con lo sguardo –per il mio spaventoso ritardo– e grazie alla stretta di una ragazza dai capelli scuri. La riconosco subito e la stringo più forte.
Phoebe, la moglie di Paul e una delle mie più care amiche.
Non la vedo proprio dal matrimonio di Paul, anzi, dalla nascita di Rachel, della piccola Wesley.
 
«Nina, non ci vediamo da una vita!» esclama dopo aver sciolto l’abbraccio.
 
La guardo e non noto nessun risentimento. Non ci vediamo proprio da cinque anni, anche se ci siamo sentite qualche volta per telefono.
 
«Non sei cambiata per niente.» rido.
«Tu invece diventi sempre più bella. Gli anni passano e rimani tale, mentre io invecchio.» ride scuotendo la testa.
«Non dire stupidaggini!» la prendo in giro.
 
Il nostro scambio di battute è interrotto da Zach che scansa Phoebe e mi stritola in un abbraccio che non mi lascia via di scampo. Dopo di lui i due Michael –Trevino e Malarkey–, Matt, Steven, perfino Joseph, Daniel, Claire e tutti gli altri
Ci sono tutti, anche quelli di The Originals.
Da quanto tempo che non eravamo riuniti qui, tutti insieme. Iniziamo a parlare, ridere, scherzare e ricordare i vecchi tempi. Di una cosa però mi accorgo subito e faccio finta di niente: Paul.
Paul non si è alzato neanche per salutarmi, anzi, mi ha guardato gelido e poi ha guardato altrove. Cerco di mostrarmi solare e felice, ma in realtà il suo comportamento mi ha ferito.
Quando, finalmente, riesco a liberarmi di tutte le chiacchere mi avvicino a lui.
 
«Hey, ciao.» gli sorrido debolmente e noto che non mi guarda.
 
Mi accorgo che sta rivolgendo le attenzioni verso sua figlia, la piccola Rachel. Non appena la piccolina mi vede si nasconde dietro suo padre quasi intimorita, anche se mi guarda curiosa.
Paul non spicca parola, come posso dargli torto?
 
«Hai deciso di non rivolgermi la parola?» dico tentando di buttarla sul ridere, anche se non c’è niente di ilare questo.
 
Vedermi sparire per cinque anni, senza mai farmi vedere, è stato un duro colpo per lui, ma ho avuto le mie buone ragioni.
Sto per obbligarlo a parlare, quando sento la porta aprirsi ed iniziare dei chiacchericci.
Sento varie parole ‘ciao’, ‘finalmente è arrivato anche lui!’, ‘sei sempre il solito!’ e finalmente mi decido a guardare chi è arrivato.
E’ lui l’uomo sulla porta, e c’è anche lei, Nikki Reed.
 

 
 

_______________________________________________________________________________________________________

*ritorna di soppiatto*
Come va? :')
Ok, sono mostruosamente in ritardo, ma durante le vacanze di Natale ho avuto alcuni problemini con il computer e putroppo non ho potuto aggiornare, nonostante avessi il capitolo praticamente pronto.
Chiedo venia, sul serio. Mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto avendo postato tre capitoli in poco tempo e, soprattutto, per le vostre splendide parole. Non le merito assolutamente. Ogni volta che leggo una vostra recensione mi commuovo sempre, siete tutte troppo buone con me, con questa ritardataria :')
Mi impegnerò a rispondere a tutte voi, ma le vostre recensioni le ho lette tutte, ecco perche ci tengo a ringraziare tutte voi, le splendide ragazze che recensiscono ogni volta.
-bessielizzie.
-NikkiSomerhalder.
-eli_s.
-raffab_06.
-hjg.
-FedeFedina.
-lillim92.
-marikastelly.
-chipperina.
-lucreziasoranno.
-Savannah_is_here.



Mi dispiace di non aver risposto, ancora, alle vostre recensioni, ma ci tengo a farvi sapere che le ho lette tutte, davvero :)
Con molta calma mi metterò a rispondere, lo giuro questa volta!
Veniamo al capitolo, ordunque.
Mamma Dobrev è finalmente arrivata per stare con sua figlia e i suoi nipoti. Ovviamente i bambini devono pur stare con qualcuno, visto che Nina non può portarli sul set. Prossimamente vedremo anche una delle più care amiche di Nina, Riawna, in suo aiuto.
Finalmente Nina arriva sul set e ovviamente partono saluti e cose varie. L'unico che se ne rimane in disparte è Paul, e non tenta neanche di parlarne.
Ecco, nei prossimi capitoli vedremo il perchè del suo comportamento e vi annuncio che prossimamente ci saranno anche dei flashback, che io adoro *_*
Come ultima parte, ma secondo me la più importante, c'è l'arrivo di Ian in bella compagnia. Nel prossimo capitolo vedremo il proseguimento :')
Bene, credo di aver finito.
[Vi auguro un Buon Anno Nuovo, anche se con undici giorni di ritardo ahahahahaha]

Piccolo angolino:
Avete visto chi ha vinto il premio come la miglior coppia/best duo l'altro giorno?
Ebbene si, i nostri Ian e Nina per la coppia Delena. E sapete la cosa buffa?
Nessuno dei due si è presentato a ritirare il premio.
Ora, io non voglio accusare nessuno, però non è stato un bel comportamento, non me lo aspettavo. E' da un anno che aspettavo quell'evento ed ero convintissima che partecipassero, e ci speravo. Speravo di ricevere un bel regalo di compleanno vedendoli salire sopra il palco, insieme, per ritirare un premio frutto dell'amore dei fans per loro, ma il nulla.
Sono rimasta estrefatta da tutto ciò, e delusa, in parte. D'altronde io non posso sapere il perchè non si sono presentati, ed è per questo che non voglio accusarli come ho letto in tantissime pagine di Facebook. La mia è soltanto delusione, non tanto rabbia. Avranno avuto i loro motivi. Una cosa la posso dire? Iannuccio mio bello, però... Invece di andare a farti selfie a gogò con i cinesi, sopra il palco ci potevi andare. Eri lì, a due metri, cosa ti costava fare tre gradini in più?
Ecco, ho finito il mio monologo :')
E voi, cosa ne pensate?



 
 

 

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Capitolo 5
*** Secret. ***


                                                                            Secret.

Fifth Chapter.






Mi manca l’aria. Non riesco a respirare.
Eccolo lì, dopo sette anni. Dopo sette anni in cui non l’ho mai visto neanche per sbaglio, mai sentito. Dopo sette anni di nulla eccolo lì sulla porta.
Ha i capelli corti, portati alla Damon della quinta stagione, con un filo di barba e gli occhi azzurri –tremendamente azzurri– eppure così stanchi.
Non riesco più a vederlo perché quasi tutti si sono alzati dai loro posti per andare a salutare i due arrivati e, forse, è meglio così.
Fa male, fa terribilmente male rivederlo dopo così tanto tempo. Siamo nella stessa stanza, a pochi metri di distanza, eppure non siamo mai stati così distanti.
Improvvisamente inizio a tremare, e non per il freddo. Saranno come minimo 27 C° fuori e l’aria è torrida. Allora, perché sto tremando? Perché non riesco ad alzarmi da questo dannato posto? Perché i mio corpo non risponde agli impulsi che gli sto dando?
 
Mi risveglio dal mio stato di trance quando Candice mi scuote leggermente preoccupata, seguita da un Paul uscito dal suo stato ‘contenoncivoglioparlare’ che mi cerca con lo sguardo.
Kat scruta tutto dalla poltrona, forse per non destare sospetti. Mi mima con le labbra un ‘va tutto bene?
Cosa devo rispondere? Ovvio che non va bene. Qui, personalmente, va tutto male. Annuisco soltanto come un automa.

 
<< Nina. >> mi chiama Candice. << Terra chiama Nina. >>

 
Mi riscuoto leggermente e la fisso. Mi alzo molto lentamente e mi passo una mano tra i capelli nervosa. Ecco cosa intendevo questa mattina. La giornata è iniziata male e inevitabilmente finirà male, è un dato di fatto.

 
<< Stai bene? >> mi domanda Paul apprensivo.

 
Leggo nei suoi occhi preoccupazione e anche confusione. Forse non capisce cosa mi stai succedendo. Non capisce perché sto reagendo in questo modo, forse pensa che io abbia superato tutto.
In realtà non è così. Forse sono riuscita ad andare avanti con me stessa, ma una parte della mia vita mi legherà sempre a lui.
Loro mi legheranno sempre a lui.
Inevitabilmente mi legheranno sempre ad un uomo con cui ora non voglio più avere niente a che fare.

 
<< Finalmente sei arrivato! >> irrompe Julie all’interno della stanza. << Possibile che voi protagonisti, soprattutto, non siate mai puntuali? Forza, ognuno ai propri posti! Sedetevi, che iniziamo. Prima iniziamo, prima finiamo. >>
<< Ciao anche a te, Julie. >> sorride lui con il suo classico sorriso.

 
La sua voce non è cambiata e trasuda malizia da tutti i pori.
Mi perdo per qualche istante a fissarlo.
Non è cambiato nulla su di lui, ma nemmeno io sono cambiata. Non posso ridurmi così, dopo tutto quello che mi ha fatto.
E’ un attimo. Il suo sguardo incrocia il mio. I suoi occhi si incatenano sui miei ed entrambi sembriamo quasi ipnotizzati, come se una forza non ci permettesse di staccarci.
Non so quanto tempo passa, forse secondi, minuti, ore. Il nostro gioco di sguardi si interrompe quando davanti alla mia traiettoria ho lei, sua moglie. Mi lancia uno sguardo di sfida, forse, e sono costretta a guardare da tutt’altra parte.
Abbasso lo sguardo mentre Candice mi trascina al mio posto, quasi vicino a Julie che è capo-tavola, vicino a Kevin.
Mi siedo quasi quanto un automa, mentre Julie inizia a parlare. Io non l’ascolto, per ovvi motivi sto pensando ad altro.













 
                                                                                 * * *
 
 












 
<< Allora ragazzi… >> Julie inizia a parlare e ci raccomanda i soliti comportamenti da seguire.
 

Io sono seduta tra Candice e Kat e mi sento tranquilla vicino a loro. Tranquilla forse è una parola grossa, ma meno agitata di prima sicuramente. Abbiamo scelto tre posti comodi e possibilmente fuori portata da occhi indiscreti. Ian –insieme la sua anima gemella– è a dieci posti di distanza dal mio e di questo sono sollevata. Non lo vedo e non voglio neanche farlo, quindi questo posto è decisamente perfetto.
 

<< Ragazzi, The Originals ormai è arrivato alla sua sesta stagione e dire che è un successo mi sembra così riduttivo. Ragazzi –guarda ogni attore di The Originals– siete fantastici e non per niente il nostro show è il più seguito degli Stati Uniti. Dobbiamo continuare così. >>
<< Julie ha ragione, per The Originals non ci sono problemi. Per quanto riguarda The Vampire Diaries sarà difficile riprendere. So che molti di voi hanno fatto altri film, ma sarà difficile riprendere i panni soprannaturali soprattutto… >> inizia Kevin.
<< Per me no –interviene Zach– io sono ancora umano. >>
 

Scoppiamo tutti a ridere per la battuta e vediamo Michael Trevino dare una pacca a Zach e mormorare un ‘Povero Mattie blue blue’.
 

<< Va bene Zach… -continua Kevin- Sarà difficile per tutti e ognuno avrà i propri ritmi. >>
<< Sappiamo che ognuno di voi ormai ha intrapreso la propria carriera e molti di voi –riprende Julie– hanno messo su famiglia e per questo sarà difficile far combaciare lavoro e famiglia, ma niente paura, siamo qui per questo. Ci siamo trovati prima in modo da aggiungere anche vacanze in mezzo per chi ne ha bisogno… >>
<< Julie, ti adoro! >> esclama Paul.
<< Anche perché tra qualche mese ci sarà la nascita di una piccola Candice o di un piccolo Joe per cui la nostra futura mamma –guarda Candice sorridendo mentre la mia amica sorride quasi imbarazzata– avrà bisogno di riposo. >>
<< E avremo una donna pallone che gira per il set! >> esclama Joseph Morgan.
 

Candice si gira parecchio arrabbiata verso Joseph e questo tenta di scusarsi per la battuta decisamente inappropriata, ma alla furia di Candice non si sfugge.
La mia amica gli tira dietro un libro che Joseph non fa in tempo a schivare e se lo becca dritto in testa anche se è decisamente lontano da noi.
 

<< Ahia! >> si lamenta toccandosi la testa.
<< Così impari Morgan. –Candice incrocia le braccia sotto il seno– Sbruffone… >>
 

Ci tratteniamo tutti dallo scoppiare a ridere anche perché questa scenetta è a dir poco esilarante.
Joseph chiede di nuovo scusa a Candice, ma questa decide bellamente di ignorarlo.
 

<< Ritornando al discorso di prima –Julie guarda Joseph– sarete più liberi rispetto agli anni scorsi. >>
<< Dì la verità, Julie –Matt interviene sorridendo– ormai non hai più a che fare con un cast di giovani! >>
<< Io lo sono ancora! >> interviene Danielle sbuffando.
<< Ok, togliendo Danielle –Matt guarda Danielle che annuisce soddisfatta– non siamo più tanto giovani. >>
<< Pensi che sia troppo faticoso vestire ancora i panni di un professore di storia, Matt? >> dice una voce che conosco troppo bene.
<< Non preoccuparti buddy, non sono mai stanco per queste cose! >> dice Matt sorridendo.
 

Lo guardo un attimo di sfuggita e mi sembra così tranquillo.
Sembra così a proprio agio dentro questo ambiente. Parla, ride, scherza, mi ignora. Anche se siamo distanti ogni tanto riesco ad osservare i suoi movimenti, e fa di tutto per stare appiccicato a sua moglie. Si sentono risate e parole in sottovoce, mentre Claire ogni tanto mi lancia sguardi dispiaciuti.
Inizio a giocare con il mio braccialetto, me l’hanno regalato i miei figli al mio compleanno. Sorrido al ricordo dei miei piccoli uomini. Chissà cosa staranno facendo.
Non so cosa avrei fatto senza di loro. I miei figli mi illuminano la giornata e mi fanno passare qualsiasi pensiero brutto, come lui.
Voleva una famiglia, un figlio… Peccato che non sa come stanno veramente le cose.
Mi perdo ancora tra i ricordi di quella giornata che mi ha segnato completamente la vita.
 
 
 
 



 
 
 
Quel giorno sarei dovuta andare sul set per le 15.00 del pomeriggio, visto che mancavano da girare le ultime scene della settima stagione. L’ultima stagione di The Vampire Diaries. Dire l’ultima stagione era come perdere una parte di me. Ero cresciuta grazie a quel film, avevo trovato amiche, amici e una vera e propria famiglia.
 The Vampire Diaries mi aveva permesso di maturare, di incontrare l’amore, di migliorare la mia vita e rovinarla anche del tutto.
Corsi di nuovo in bagno dopo l’ennesimo attacco di vomito della giornata. Mi ripiegai sul water e rigettai quelle poche cose che ero riuscita a mangiare nell’arco dell’intera mattinata.
Nell’ultimo periodo era così: mangiavo e vomitavo. Mangiavo e vomitavo. Avevo anche mal di testa, giramenti e tanta stanchezza.
Doveva essere sicuramente colpa di tutto lo stress che stavo accumulando nei giorni e davo la colpa anche alla mancanza di mestruazioni in questo mese.
 
Ero stressata per il finale di stagione –come ogni annoe soprattutto per la situazione in cui mi trovavo. Stavo cadendo in un baratro e non riuscivo più a tirarmi indietro. Con Ian era tutto un tira e molla. Il giorno prima eravamo quasi ‘amici’, ci divertivamo ed inevitabilmente andavamo a letto insieme, all’insaputa di Nikki, il giorno dopo tra di noi scendeva il gelo.
Mi alzai e mi lavai i denti, poi mi infilai qualcosa al volo. Mi sarei preparata della tisana, magari con qualche biscotto, per far sparire quel senso di nausea. Avevo avvisato solo Candice dei miei sintomi e ultimamente la vedevo sempre pensierosa. Misi a bollire l’acqua per la tisana, quando qualcuno suonò alla  porta.
Andai ad aprire e mi ritrovai Candice davanti visibilmente seria.
 

“Ieri ti ho cercata e ti ho anche chiamata minimo dieci volte per telefono!” esclamò adirata entrando.
 

Chiusi la porta alle sua spalle e mormorai un scusa.
 

“Immagino già dove sei stata e te lo ripeto ancora: ti stai rovinando la vita… Se non l’hai già fatto…” mormora poi.
“Non capisco cosa intendi…” rispondo confusa.
“Sei bianca, come un lenzuolo.” osserva.
“Lo so –mi porto una mano tra i capellisarà l’influenza…”
 

Mi porto una mano allo stomaco colpita da una specie di crampo.
Emetto una smorfia di dolore sotto lo sguardo preoccupato di Candice.
 

“Hai vomitato –Candice rivolge uno sguardo alla pentola e alle bustine di tisanaancora…”
 

Candice scuote la testa e si blocca un attimo, poi continua.
 

“E’ da settimane che stai così, Nina. Non so come fai a stare in piedi durante le riprese… L’altro giorno, se non ti afferrava Paul, saresti caduta a terra.” dice.
“Lo so, ma era solo un giramento…” mormoro.
“No –scuote la testasono giunta ad una conclusione.”
 

Candice cerca qualcosa dentro la borsa e quando lo trova sospira. Non appena tira fuori l’oggetto mi si blocca il respiro. Mi porge una scatoletta e la scritta test di gravidanza’ mi inonda completamente la mente.
E’ pazza. Non può averlo comprato per me. Non posso essere incinta, insomma. Questi sintomi sono dovuti allo stress e… Si, solo stress.

 
“Candice, perché mi hai comprato un test di gravidanza?” domando.
“E’ ovvio Nina. Devi farlo tu.” decreta.
“Candice –rido e sembro quasi istericanon posso essere incinta. Siamo stati sempre attenti e…”
“Lo vorrei tanto anche io Nina, ma ho un brutto presentimento. Vai in bagno, fai il test e dopo sapremo la verità!” dice infine.
“No Candice, i-” inizio, ma la mia amica mi interrompe.
“VAI!” mi obbliga.

 
Mi dirigo verso il bagno con la testa bassa e con mille pensieri che mi frullano per la testa. Non sono incinta, non sto semplicemente bene per tutto quello che è successo. Io ho sempre preso la pillola e Ian le dovute precauzioni, non posso essere incinta.
Eppure, ogni passo che faccio, me ne rendo sempre più conto.
Ma io non posso essere incinta. Né ora e né di lui.
Entro in bagno e mi richiudo la porta alle spalle. Leggo le istruzioni più volte a causa della vista offuscata, ma poi  faccio quanto
viene detto.


Devo aspettare tre minuti così mi siedo con la testa tra le mani contro la parete fredda del bagno. Inizio a singhiozzare. Ho paura. Ho tanta paura. Prego con tutte le mie forze che il test sia negativo, perché non sono pronta ad avere un figlio ora. Ho soltanto ventisette anni e più volte ho ribadito di non volere un figlio ora eppure… Se il test risultasse positivo non potrei mai uccidere mio figlio.
I tre minuti passano come un’eternità. Non ho coraggio di leggere il risultato, per cui chiamo Candice. La mia amica entra in bagno e contro ogni mia aspettativa prima di guardare il test mi abbraccia posandomi un bacio tra i capelli.

 
“Andrà tutto bene, vedrai. Qualsiasi cosa succederà ci sarò io con te…” mormora.

 
Candice si alza e prende in mano il bastoncino bianco che potrà cambiare la mia vita o lasciare tutto immutato.
Da brava attrice una volta letto il risultato rimane impassibile. Mi alzo sulle gambe malferme e vorrei correre via e non sapere mai il risultato, vivendo tutto alla giornata, ma inevitabilmente chiedo il responso.

 
“E’ negativo?” domando speranzosa.
“E’ positivo… Io, mi dispiace…” risponde osservandomi.

 
Mi lascio scivolare a terra –di nuovo – e scoppio in un pianto liberatorio. Candice si inginocchia accanto a me e mi abbraccia. Sono incinta. Dentro di me sta crescendo un bambino. Diventerò madre a ventisette anni. Il padre è Ian e il nostro rapporto è a rotoli. La mia vita sta andando a rotoli, come sempre.

 
 



 
 
 
<< Nina. >>

 
Sento la voce di Kevin chiamarmi.
Noto che metà del cast mi sta guardando, come se si aspettasse una risposta. Una risposta riguardo a che cosa?
Dannazione, non ho seguito una sola parola di quello che hanno detto
Mi gratto la fronte leggermente imbarazzata e mi mordo il labbro.

 
<< Si? >> domando innocente.

 
Julie si accorge che non stavo ascoltando niente di quello che stavano dicendo e, dopo avermi lanciato un’occhiata di ammonimento, mi salva.

 
<< Ti va bene se le riprese inizieranno la prossima settimana? >> mi domanda Julie.

 
Finalmente capisco che cosa stavano aspettando tutti.
Stanno aspettando il mio consenso. Ma perché devo decidere io?

 
<< Dì di si, va bene a tutti. >> mormora Candice.

 
Decido di ascoltare il consiglio della mia amica e annuisco semplicemente.
Julie sorride soddisfatta, io le sorrido forse un po’ più grata.

 
<< Bene, mancava solo il tuo consenso, siete tutti d’accordo, allora. I vostri camerini sono liberi, da domani potete pure portare le vostre cose ed iniziare a sistemare. –Kevin ci guarda tutti, uno ad uno– Sia chiaro, entro la prossima settimana dovrà essere tutto sistemato, non accetto ritardi di alcun tipo. Vi lascio due giorni liberi, potete fare quello che volete, sistemare il camerino oppure non farvi vedere. Ci vediamo qui tra tre giorni, precisamente giovedì, per parlare della trama e discutere del resto. >>
<< Possiamo davvero andare? >> domanda Candice con gli occhi che brillano. Si tocca la pancia e sorride. << Anche perché io avrei fame. >>

 
Getto uno sguardo all’orologio e sgrano gli occhi. Sono già le 13.15. Ma com’è volato il tempo?

 
<< Siete liberi, fate quello che volete. >> annuisce Kevin sorridendo a Candice.

 
Julie scuote leggermente la testa.
Bene, ora credo che me ne ritornerò in albergo tranquilla aspettando l’arrivo dei bambini.
Mi alzo dalla sedia, forse troppo presto rispetto agli altri, quando sento una mano bloccarmi. Mi volto interrogativa alla mia destra e noto che è Candice.

 
<< Dove credi di andare? >> mi domanda.
 

Aggrotto leggermente le sopracciglia.
Ha per caso progettato qualcosa in cui sono inclusa anche io senza dirmi niente?

 
<< In hotel. >> dico solo.
<< Dai Neens, andiamo tutti a mangiare qualcosa. Tutti insieme, come ai vecchi tempi! >> ammicca Trevino.
<< Non puoi mancare Nina! –gli da corda Zach– Ci siamo tutti. >>

 
Zach marca la parola tutti, ma non per farmi del male. La marca per indicarmi che non posso mancare, ma capisco perfettamente che ci sono anche loro. Sinceramente non ho voglia di rovinarmi la giornata più di quanto non abbia già fatto. Già dovrò passare un anno rinchiusa qui dentro a ritmi estenuanti, voglio godermi gli ultimi giorni con i mei figli.
Alzo il capo in direzione di Zach per rispondergli, ma noto due occhi azzurri che mi fissano insistentemente. Incrocio il suo sguardo per qualche frazione di secondo e noto che si aspetta una risposta. Leggo qualcosa di più… Aspettativa. Si aspetta forse che vada anche io, con loro?

 
<< Mi dispiace ragazzi, davvero, ma ho già un impegno. >> rispondo secca, addolcendo il tono della voce quanto più possibile.

 
Annuiscono forse un po’ tutti, dispiaciuti.
Candice, Kat, Julie e Kevin rimangono in silenzio, capendo bene che cosa stia intendendo. Anzi, a chi sto pensando.
Saluto tutti con un ‘ciao, divertitevi’ allegro, tentando di mascherare i miei sentimenti, quando mi incammino verso la porta. Sono costretta a passare accanto a lui, purtroppo. Noto che tiene stretta la mano di lei, sua moglie, e faccio una leggera smorfia.
Nina, cosa ti aspettavi?
Pensavi che Ian ti avesse chiesto scusa?
Assolutamente no. Mentre gli passo accanto si sposta volutamente di mezzo centimetro facendo scontrare il mio braccio sinistro con il suo braccio destro, entrambi scoperti. Mi fermo mezzo istante, il tempo di realizzare se me lo sono sognato o si è effettivamente spostato volutamente.
La mia pelle viene percorsa da mille scariche elettriche. Dannazione! Mi fa ancora lo stesso effetto. L’effetto di volergli saltare addosso per togliergli quel fastidioso sorrisino che ha in faccia e anche altro. Mi trattengo e apro la porta. Prima di uscire la voce di Michael Malarkey mi ferma.

 
<< Dobreva, con chi hai questo impegno? >> domanda malizioso.

 
Mi volto sorridendogli e noto, di sfuggita, che Ian ha serrato le labbra e stretto una mano a pugno. Sembra nervoso.
O geloso.
Perché mai dovrebbe essere geloso?
Vorrei rispondere con nessuno.

 
<< E’ un segreto. >> rispondo con il suo stesso tono chiudendomi la porta alle spalle.





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I'm back :')
Penso che questo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto, escludendo one-shot e tutte quelle cose lì. Sinceramente mi piace molto, non so però ha soddisfatto voi così come sono soddisfatta io.
Non è stato assolutamente facile scriverlo, è sempe difficile farlo quando due ex si incontrano. Altrettanto difficile è descrivere Nina e Ian per eccellenza.
In questo capitolo sono successe sostanzialmente due cose importanti:
1) Incontro tra Nina e Ian. Sinceramente, escludendo lo scorso capitolo, non so che tipo di incontro vi aspettavate. Avevo in mente vari tipi di incontri, tra cui uno con Nina insieme ai gemelli, ma poi mi sono chiesta... Perchè svelare subito la carta dei bambini?
Eh no... Ci vorrà qualche altro capitolo prima che i gemelli incontrino Ian, questo ve lo posso assicurare. Mi sembrava così... Classico ecco :')
Quindi ho optato per questo incontro e, come abbiamo visto, i due non si sono scambiati neanche mezza parola. Niente di niente, solo qualche sguardo fugace e carico d'odio/sorpres/e chissà cos'altro.
Mi dispiace ma... Nikki ci voleva. Ian vuole sbandierare la sua felicità a destra e manca, quindi ci voleva per forza. In più lei è sua moglie, indi per cui...
2) Come secondo punto abbiamo un flashback. Io adoro i flashback *-* quindi aspettatevene altri, anche perchè ci sono tanti, troppi punti in sospeso. Abbiamo visto come Nina ha scoperto la gravidanza e di come non se lo aspettasse. Di come non volesse avere un figlio. E di come, anche, non si accorgesse di essere incinta. Candice, però, le ha aperto gli occhi. Non so se si è capito leggendo, ma... Nina e Ian, dopo la loro rottura, erano una sorta di 'amici di letto' o 'amici con benefici', vedete voi come interpretarli. In pratica andavano a letto insieme ma non stando insieme. Ian, infatti, stava con Nikki e in qualche modo lui e Nina erano amanti. Scopriremo di più su questo.

Ecco, ho chiarito le cose che dovevo chiarire.
Ringrazio le meravigliose ragazze che mi lasciano ogni volta il loro personale parere, ma quanto posso adorarvi? Quanto?
Davvero, non so cosa farei senza i vostri commenti <3 Ogni parere per me è importantissimo e mi invoglia a scrivere.
Quindi, grazie <3
Detto questo me ne vado. Ah, no, ultime due cose ahahahahaha
Oltre a The Vampire Diaries guardate qualche altra serie?
Io The Originals, Teen Wolf, Once Upon A Time (sono appena alla prima puntata della terza serie ahahahaha la mia migliore amica me ne parlava continuamente, quindi ho deciso di immergermi nel mondo delle fiabe, e mi piace *-*). Vorrei iniziare a guardare The Games of Trone, ma da quello che ho capito muoiono praticamente tutti :')
Mi consigliate qualche bella serie da guardare?

Ultimissima cosa: auguri a Smolder che a quanto pare ha ufficializzato il suo fidanzamento con la caval... No, Nikki. Da quello che ho capito hanno pure intenzione di sposarsi, contenti loro :') Se Smolder è felice con la sua nuova fidanzata sono felice anche io per lui, perchè amo quell'uomo e dovunque trovi la felicità se la merita.  :) (Indipendentemente dal fatto che amo la mia piccla Dobrev e volevo che coronassero la loro storia d'amore ma vabbeh.. La nostra Neens a quanto pare si frequenta con Chris, quello che interpreta Kai e ahimè... Che coppia ragazzi *-*)
I Nian rimarranno sempre i Nian, ma sogniamo pure nelle fanfiction :)
Alla prossima <3

PS: Finalmente si ritorna alla solita routine con TVD, era ora *-*

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Capitolo 6
*** Why don't we have a dad? ***


                                                                    Why don't we have a dad?

Sixth Chapter.





Cammino fino all’hotel godendomi l’aria leggermente più fredda rispetto al giorno prima, anche se comunque stiamo parlando sempre di agosto e, soprattutto, di estate.
Arrivo giusto in tempo. Rischio di cadere dalla forza dell’impatto che ho con Alex, mio fratello.
Idiota! Mi si è schiantato contro e nella foga di abbracciarmi ci ha fatto quasi cadere a terra.
 

«Hai rischiato di uccidermi!» gli dico minacciosa puntandogli un dito contro.
«Ciao anche a te sorellina.» mi risponde ignorandomi mentre vedo, con mio grande stupore, i miei figli ridacchiare sotto i baffi.
 

Gli scompiglio leggermente i capelli e lui mi lascia un buffetto sulla guancia.
Credevo che sarebbe arrivato tra qualche settimana, non così presto. Meglio così, almeno i gemelli potranno stare con il loro zio, visto che è sempre in giro per il mondo.
Alex mi prende a braccetto e ci avviciniamo a nostra madre.
 

«Mamma! –mi corrono incontro Joseph e Stefan– Com’è andata?»

 
Entrambi mi abbracciano gioiosi. Poggio ad entrambi un bacio sulla fronte e accarezzo loro una guancia.
 

«E’ andato tutto bene.» Sorrido loro.
 

In effetti niente è andato per il verso giusto, ma va bene così.
Loro devono vivere sereni, senza così troppi problemi.
 

«Avete fatto i bravi?» domando loro.
«Si!» esclamano in coro.
«La nonna ci ha portato ancora al parco!» mi dice Stefan entusiasta.
«E abbiamo fatto amicizia con altri bambini. Hanno detto che ci saranno anche domani.» termina Joseph.
«Sono davvero felice.» Rispondo, mentre sorrido a mia madre.
 

Ci avviamo tutti e cinque dentro l’hotel e arriviamo in poco tempo dentro la mia camera.
Alex, non appena vede la TV, spalanca gli occhi per la sua grandezza e per la sua tecnologia. E’ in 3D, a schermo piatto e di 54 pollici. Degna di questo hotel di lusso, insomma.
 

«Joseph, Stefan, correte a lavarvi le mani che ordino il pranzo, forza.» Li incito.
 

I miei figli annuiscono e si precipitano in bagno, facendo a gara a chi arriva primo.
Sospiro e ridacchio leggermente, poi afferro il telefono per chiamare la Hall.
Chiedo a mia madre e a mio fratello cosa vogliono, poi ordino il tutto. Il servizio in camera è veramente comodo.
 

«Com’è andata?» mi domanda Alex sedendosi al contrario su una sedia.
 

Mi siedo sul divano ed incrocio le gambe, seguita subito dopo da mia madre che mi affianca.
 

«Bene.» Rispondo cercando di essere il più convincente possibile.
 

Mio fratello alza un sopracciglio e mi fissa dubbioso.
Questo significa che sta elaborando qualcosa, o che tra poco tenterà di farmi vuotare il sacco.
Inaspettatamente non fa nulla e mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo. Adoro mio fratello, non so cosa farei senza di lui, ma quando ci si mette non lo ferma più nessuno.
 

«Non cantare vittoria, Nina, ne parleremo più tardi!» mi risponde e vedo che sta guardando oltre le mie spalle.
 

Ci sono Joseph e Stefan che quasi si spingono per arrivare alla tavola.
Salvata dai miei figli.
Poco dopo arriva il pranzo e ci sediamo a tavola. Iniziamo a parlare come una famiglia, cosa che realmente siamo, quando Alex mi fa una domanda interessante.
 

«Hai intenzione di rimanere qui per tutto l’anno?» mi domanda.
 

Aggrotto leggermente le sopracciglia non capendo la sua domanda e, quando si accorge della mia espressione, si affretta a chiarire.
 

«Di rimanere qui in hotel, intendo. Non pensi che sia meglio comprare un appartamento?» mi domanda.
 

Afferrato il concetto.
In effetti ci stavo pensando da quando sono arrivata qui. I gemelli non sono due bambini da luoghi così troppo chiusi, assolutamente.
Ho intenzione di comprare una casa, ma non troppo in centro. Non starebbero bene neanche in appartamento, hanno bisogno del loro spazio. Penso che comprerò una villetta a schiera, come in quella dove vivevamo prima.
 

«Mamma, vero che ce ne andremo di qui?» mi domanda Joseph.
«Non fraintenderci –interviene subito dopo Stefan– questo albergo ci piace, c’è anche la piscina, ma c’è sempre un via vai di gente.»
«Vogliamo una casa tutta nostra!» termina poi Joseph.
«Non preoccupatevi piccoli, la mamma questa settimana ha del tempo libero, potremo cercare qualche casa già da domani.» Li rassicuro.
«Che bello!» urla Stefan entusiasta.
«Voglio anche il giardino!» aggiunge Joseph.
 

Rido insieme a mia madre e a mio fratello dall’entusiasmo dei gemelli.
Un appartamento al centro sarebbe troppo vistoso e non ben accetto, dovrò guardare delle case fuori Atlanta, ma neanche troppo distanti dal set.
 

«Ho dei contatti con un’agenzia immobiliare, un mio amico lavora lì. Potrei provare a chiedere a lui, basta che mi dici il prototipo della casa che vuoi.» S’intromette Alex.
 














 
                                                      * * *
 














Infilo il pigiama a Stefan, mentre Joseph sta finendo di lavarsi i denti. Gli faccio infilare prima un braccio, poi l’altro ed infine la testa. Afferro un asciugamano e gli friziono i capelli leggermente bagnati per la recente doccia.
Noto che Joseph si è bloccato davanti allo specchio, lo spazzolino ancora sulla bocca, e fissa il nulla pensieroso.

 
«Amore, hai finito?» lo richiamo dolcemente. «Anche Stefan si deve lavare i denti.»

 
Joseph annuisce, si risciacqua la bocca, sputacchia all’interno del lavandino e scende dal cubo che ho messo lì per farli arrivare all’altezza del lavandino stesso.
Mi viene incontro e si siede di fronte a me a gambe incrociate.
Gli passo una mano tra i capelli cercando di capire cosa gli frulla dentro la sua testolina. Dopo un po’ inizio a preoccuparmi, non l’ho mai visto così.

 
«Tesoro, c’è qualcosa che non va?» gli domando cercando di attirare la sua attenzione.
«Mamma… Posso chiederti una cosa?» mi domanda.
«Certo amore, vieni qui.» lo invito a sedersi sulle mie gambe, e la stessa cosa faccio con Stefan che ha appena finito di lavarsi i denti. «Dimmi tutto.»
«Perché… -sospira leggermente affranto- Perché noi non abbiamo un papà?»

 
Se prima stavo sorridendo curiosa di sentire i suoi pensieri ora sono completamente pietrificata.
Mi ha appena chiesto una domanda che speravo non arrivasse mai, ma sapevo che, inevitabilmente, sarebbe arrivata.
Deglutisco più e più volte, alla ricerca d’aria, e anche alla ricerca di una risposta che so –per certo– non sarà mai azzeccata.
Che cosa dovrei rispondergli? Guardo Stefan di sfuggita e noto che anche lui è alla ricerca di una risposta soddisfacente.
Sono due bambini troppo svegli –e grandi– per poter rifilare loro una classica risposta. Non posso dire loro nemmeno che suo padre non c’è più, perché lui è ancora vivo e vegeto.
Opto per una mezza verità.

 
«Il vostro papà è in giro per il modo ad aiutare gli animali. Li ama così tanto e li cura con tutto l’amore possibile.» Rispondo loro, mentre sento gli occhi pizzicare, ma cerco di non darlo a vedere.

 
Non potrei mai dire loro la verità, una verità che fa ancora male a me.
Non posso dire loro che lui è sparito senza lasciare nessuna traccia e non permettendomi mai di rintracciarlo per dirgli di loro.
Come reagirebbero due bambini di sei anni? Non posso ferirli, non così. Ne morirei.

 
«Aiuta gli animali?» ripete Stefan.
«E perché non ci viene a trovare?» domanda Joseph.
«Perché è sempre molto impegnato…» sospiro affranta. «E’ un grande uomo impegnato a salvare il mondo.»
«E’ troppo impegnato per stare con noi?» domanda infine Stefan e vedo il suo labbro inferiore tremare.

 
Abbassa la testa guardando il pavimento e so, per certo, che cosa sta pensando. Non so il perché hanno voluto affrontare questo discorso proprio questa sera –forse perché al parco hanno visto dei bambini con i loro papà mi suggerisce il mio subconscio– ma il fatto è che non sono preparata. Ero convinta che me lo avrebbero chiesto più avanti o che questa domanda non sarebbe mai arrivata, ma mi sono completamente sbagliata.

 
«No Stefan, no. –gli accarezzo una guancia mentre sorrido a Joseph– Un giorno verrà.»
«Quando?» mi domanda Joseph, forse leggermente più rassicurato.
«Non lo so piccoli, non lo so.» Rispondo loro. «Forza, è ora di andare a letto.»

 
Si alzano dalle mie gambe, afferrano i loro pupazzi, e se ne vanno in camera.
Mi alzo e mi porto le mani ai capelli. Mi appoggio al lavandino sbuffando leggermente. Stringo tra le mani il marmo bianco con forza.
Non so come comportarmi. Se me l’hanno chiesto questa sera molto probabilmente lo rifaranno ancora, diventando sempre più insistenti.
Quanto potrà reggere la mia scusa ancora?
Ovviamente non molto. Diventeranno sempre più grandi e cominceranno a capire, arriveranno fino al punto di odiarmi. Ora hanno solo sei anni, ma cosa ne sarà fra sette anni o forse meno?
Non posso dire loro nemmeno la verità, ovvero che lui non li vuole. Certo, non sa della loro esistenza, ma questo perché se n’è andato. Sette anni fa è come sparito nel nulla, nessuno ha avuto più sue notizie. Non si è presentato neanche al matrimonio di Paul –quello che considerava un fratello– e nemmeno alla nascita di Rachel.
Tutto per evitare me.
L’ha sempre fatto in sette anni. Non si è mai nemmeno presentato alla premier del film diretto da Paul stesso –pur sapendo quanto ci tenesse– oppure al matrimonio di Kat… Oppure… Oppure niente.

 
«Mamma, vieni a letto?» sento una voce richiamarmi dalla camera.
«Arrivo subito!» rispondo riscuotendomi dai miei pensieri.

 
Mi incammino come un automa nella camera da letto, trovando i gemelli raggianti, come se non fosse successo nulla prima. Mi stupisco della loro capacità di cambiare così facilmente umore, vorrei averla anche io, pagherei per averla.
Mi fanno spazio sul letto e mi infilo tra di loro sotto le coperte. Entrambi si muovono un po’, poi appoggiano la testa sul mio ventre –trovandolo evidentemente più comodo di un semplice cuscino.
Mi sporgo per spegnere la luce e rimaniamo nel buio più totale.

 
«Buonanotte tesori della mamma…» mormoro loro posando ad entrambi un bacio sulla testa.
«Mamma?» mi chiama Stefan.
«Si amore?» gli rispondo.
«Vero che non ci lascerai mai?» mi domanda un po’ titubante.

 
Sgrano gli occhi nel buio e un nodo mi sale in gola.
Perché questa domanda?
Capisco, poco dopo, che è collegata al discorso di prima.

 
«Non lo farei mai amore, non potrei mai lasciare te e Joseph. Siete le persone più importanti della mia vita, quelle per cui vivo e lotto ogni giorno. Siete tutto per me, non vi lascerei mai per nulla al mondo.» Accarezzo ad entrambi la testa. «Siete le cose più belle che ho.»
«Anche quando arriverà papà saremo gli uomini della tua vita?» domanda infine Joseph.
«Lo sarete sempre, solo voi potete esserlo…» rispondo tentando di non far uscire un singhiozzo che prepotente sta tendando di fuoriuscire.
«Ti vogliamo bene mamma!» concludo poi all’unisono.
«Anche io, non sapete quanto…» mormoro socchiudendo gli occhi.
 

Poco dopo sento il loro respiro farsi più pesante, segno che finalmente stanno dormendo.
Mi accorgo di star piangendo quando sento delle lacrime bagnarmi la guancia. Non sto piangendo per il discorso riferito a lui, lui non merita più niente, ma per la paura dei miei figli che in qualche modo io possa abbandonarli in qualche modo. Sono loro che mi fanno andare avanti, a quest’ora, senza di loro, non sarei la donna che sono.
Ho solo paura… Che lui possa portarmeli via.




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Buon martedì a tutte :)
La mia classe questa mattina è andata in gita, quindi per me più relax (y). Spero di potermi tirare avanti nello scrivere i prossimi capitoli, sempre tempo permettendo.
Non mi dilungo tanto questa sera perchè devo correre a vedere la puntata di The Originals e poi devo proprio scappare, quindi veniamo subito al capitolo.
Sinceramente, a differenza dell'altro, questo non mi convince poi molto, ma è il meglio che ho potuto fare, mi dispiace.
Finalmente però, come detto in precedenza, è arrivato Alex, il fratello di Nina :')
Nei prossimi capitoli, oltre a tante altre cose, vedremo Nina e i gemelli alle prese con una nuova casa, mi sembrava un'idea così carina, infondo non possono mica vivere tutta la vita in un hotel è.é
La seconda parte di questo capitolo è stata quella più malinconica e ho faticato non poco a scriverla. Ci sono tanti bambini senza un papà, chi per un motivo, chi per un altro, e non è bello per ogni madre affrontare questo argomento. Nina, ovviamente, non è da meno. Come sottolineato i gemelli non hanno mai chiesto di loro padre, ma, venendo a contatto con altri bambini in un luogo pubblico, hanno cominciato a farsi delle domande più che logiche.
Nina, in qualche modo, ha tentato di dare delle risposte, ma non può durare così a lungo.
Termino con il ringraziare le meravigliose otto ragazze per le recensioni, vi adoro, dalla prima all'ultima <3
Alla prossima :)

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Capitolo 7
*** Puppy. ***


                                                                               Puppy.


Seventh Chapter.




Nina.

Non ho dormito molto questa notte in realtà e mio fratello sembra accorgersene subito non appena scendiamo nella hall dell’albergo.
Ci siamo dati appuntamento qui per le 10.00 in punto, ma, ovviamente, sono in ritardo.
Siamo in ritardo. Con me ci sono anche Joseph e Stefan che sprizzano gioia da tutti i pori e non stanno fermi un attimo.
Non vedono l’ora di vedere la casa.
Mi chiede con lo sguardo cosa c’è che non va, ma gli mormoro un ‘Va tutto bene’ che non lo convince.
Non appena i miei figli vedono il loro zio preferito –e anche unico, aggiungerei– gli saltano addosso e lo riempiono di domande.
 

«Piano marmocchietti, tra poco vedrete la casa con i vostri occhi.» cerca di calmarli Alex, ma invano.
«Non si calmeranno fino a che non la vedranno.» gli dico ridacchiando. «Forza piccoli, andiamo.»
«Prendiamo la mia macchina, avremo più possibilità di arrivare prima.» mi dice mio fratello.
 

Prendo per mano i miei figli e seguo Alex.
Arriviamo in poco tempo davanti alla fantomatica casa di cui mi ha parlato Alex e devo ammettere che per fuori non è niente male. Ha il tetto che tende ad un rosso-marrone ed è completamente bianca. Ha una piccola veranda con una panca a dondolo, un grazioso tavolino in legno con delle sedie altrettanto in legno.
Il cancello è in ferro battuto. Quello che mi stupisce è l’enorme giardino e i miei figli ne rimangono incantati.
Volevano la casa con il giardino e questo è enorme.
Mi piace. Da fuori sembra così accogliente ed inoltre non è molto lontana dal set, ma nemmeno troppo appariscente e in centro.
E’ tranquilla, proprio quello che serve a noi.
 

«Possiamo entrare, Eric ci sta aspettando dentro.» mi sorride Alex.
 

I bambini si fiondando subito sul cancello. Joseph lo apre con una piccola spinta e vanno subito ad esplorare il giardino.
Faccio per incamminarmi, quando la presa di mio fratello mi blocca.
 

«C’è qualcosa che non va?» mi domanda.
«Nulla.» scuoto la testa cercando di essere convincente. «Davvero.»
«Nina, sei mia sorella e ti conosco troppo bene. So, per certo, che c’è qualcosa che non va.» continua.
«I gemelli mi hanno chiesto di loro padre.» rispondo secca.
 

Vedo mio fratello sgranare gli occhi e farsi turbato.
Inarca un sopracciglio, poi mi invita a continuare.
 

«Mi hanno chiesto perché loro non hanno un papà come tutti gli altri bambini…» butto fuori di getto.
«Sapevo che questo momento sarebbe arrivato.» mi risponde. «E tu, cosa gli hai detto?»
«Che il loro papà ama tanto gli animali ed è in giro per il mondo a curarli.» rispondo sollevando leggermente le spalle.
«Una verità che andrà bene oggi, domani… Ma dopodomani? Tra qualche mese?» mi domanda.
 

Mi porto le mani tra i capelli.
So che questa scusa non potrà reggere a lungo, ma cosa posso fare?
Ho le mani dannatamente legate! Non posso presentarmi alla sua porta e dirgli semplicemente: “Sai, quando te ne sei andato ero incinta. Bene, ho deciso di tenerlo, anzi, di tenerli. Hai due bellissimi bambini di sei anni.”
Assolutamente no.
E non posso nemmeno sconvolgere la vita dei gemelli. Hanno bisogno di un padre, di una figura maschile accanto che li possa educare, ma deve entrare nella loro vita passo dopo passo, non così all’improvviso.
 

«Lo so, Alex, ma non posso nemmeno presentarmi alla sua porta e dirglielo.» sospiro leggermente. «Non so cosa fare.»
«Vedrai che con il tempo si sistemerà tutto, ma prima o poi dovrà saperlo.» mi dice appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Lo so.» rispondo mentre vedo i miei bambini corrermi incontro.
 

Mi prendono per mano e vedo i loro occhi brillare.
Sono rimasti incantati anche loro.
 

«Mamma! Mamma! Andiamo!» mi dicono insieme trascinandomi all’interno del giardino.
 

Sorrido nel vederli così felici e li seguo, Alex è subito di me.
Suoniamo al campanello e subito dopo ci viene ad aprire l’amico di Alex, suppongo. Rimango qualche secondo a fissarlo quasi incantato. E’ alto, più di mio fratello, ha gli occhi azzurri, un azzurro più scuro dei miei figli, ma altrettanto attraente. Ha i capelli castano chiaro e ci accoglie con un sorriso gentile.
Avrà la mia età, poco più. Rimango ferma sulla soglia e l’uomo mi fissa per qualche istante, poi mi sorride caldo.
 

«Benvenuti, sono Eric Evans.» mi porge la mano. Gliela stringo sorridendo. «E’ un piacere vederla, signorina Dobrev.»
 

Sento il suo sguardo su di me e gli sorrido, mentre le mie guance si tingono di rosso.
Sono sempre la solita.
 

«Il piacere è tutto mio. Mi chiami pure Nina e mi dia del tu.» gli rispondo cordiale.
«La stessa cosa vale per le… Per te.» mi sorride, poi si abbassa all’altezza dei miei figli. «Ma che bei giovanotti, come vi chiamate?»
«Joseph.» risponde uno.
«Stefan.» risponde l’altro.
 

Entrambi danno la mano all’uomo e noto con piacere che non sono per niente imbarazzati. Sembrano così estroversi ed è strano. Con gli sconosciuti fanno fatica ad abituarsi.
Quando lo fanno, però, non li ferma più nessuno.
 

«Siete davvero dei bei bambini e… Identici.» sorride.
 

Effettivamente sono identici. L’unica differenza è un neo sotto il piede di Stefan e che Joseph è leggermente più alto e più robusto del fratello.
Per il resto sono due copie.
 

«Prego, accomodatevi.» ci invita ad entrare.
 

Non appena Eric si scosta i gemelli entrano all’interno della casa ed iniziano a guardarsi attorno entusiasti.
Quando entro anche io rimango incantata dalla grandezza della casa. E’ a due piani –anche se questo l’avevo capito già da fuori– e al centro c’è un’enorme scala che conduce al piano superiore. Alla mia destra c’è la cucina decorata in marmo bianco e nero, e alla mia sinistra c’è un enorme salotto. Ci sono due divani in pelle bianca e due poltrone leggermente più scure. Nel mezzo c’è un tavolino in vetro. Accanto ad un divano c’è una pianta. Noto, con gioia, che dietro ai divani, vicino al camino, c’è uno spazio per mettere una mensola per le foto.
Dietro le scale, sempre al piano terra si aprono due corridoi, uno a destra e uno a sinistra. Sicuramente ci sono delle camere e magari qualche bagno.
 

«Come vi sembra?» domanda Eric a me e ai bambini.
«E’ stupenda.» riesco a mormorare.
«E ci sono le scale!» esclama Joseph lanciando uno sguardo furtivo a Stefan.
 

Lo sguardo di Joseph non promette nulla di buono. Non oso immaginare come utilizzeranno quelle scale.
I miei figli corrono di sopra e non riesco a fermarli.
 

«Ti mostro il piano di sopra? I bambini sono corsi subito lì.» mi domanda Eric.
«E’ meglio che esplorino la casa da soli.» rispondo. «Sperando che non facciano nessun danno.»
 

Mentre i gemelli sono di sopra Eric accompagna me e mio fratello ad esplorare tutto il piano terra. Ci sono tre stanze da letto, due bagni, una lavanderia enorme e altre due stanze vuote da poter utilizzare come voglio –il come voglio non è incluso, perché sicuramente i gemelli vorranno trasformare almeno una delle due stanze in una sala giochi.
Mentre Eric mi accompagna a vedere l’ultima stanza da letto mio fratello si congeda per andare alla ricerca dei miei figli.
Entriamo nella stanza e noto, con mio immenso stupore, che ha una grande porta finestra comunicante direttamente con il giardino.
E’ bellissima.
 

«Ti piace?» mi domanda l’agente immobiliare.
«E’ tutto così bello. Acquisterò questa casa di sicuro. E’ luminosa, grande, ma soprattutto è perfetta per i bambini. Hanno così bisogno di spazio.» gli rispondo.
«Sono così adorabili.» mi risponde.
 

Sorrido inclinando leggermente la testa. «A dir la verità sono due pesti, ma li amo per questo.»
Eric annuisce, poi continua a parlare.
 

«Prima di andare a vedere il piano di sopra vorrei sapere se devo fissarti un altro appuntamento, se hai intenzione di venire a vedere la casa con vostro marito.» mi dice.
 

Abbasso lo sguardo e mi fisso le scarpe.
Marito, che brutta parola. Sono una madre single e mi va bene così.
In sette anni non ho mai trovato nessuno adatto a me –che faccia per me– e adatto ai miei figli, soprattutto. Sinceramente non ci ho nemmeno provato. Sono dell’idea che solo quando troverò un uomo che davvero amo e con cui ho intenzione di passare il resto della mia vita lo presenterò ai gemelli.
Non voglio incrementare loro false speranze.
 

«Io sono… Single, ecco.» mormoro piano.
«Oh, ecco…» blatera Eric. «Non volevo, mi… Dispiace… So cosa vuol dire, mi sono separato da poco e non è un bell’argomento da affrontare.»
«Capisco.» annuisco leggermente. «Ma non sono nemmeno separata. Sono solo sola.»
 

Eric sembra capire che non sono dell’umore adatto per parlarne e che non voglio, quindi mi sorride comprensivo. Iniziamo a parlare del più e del meno, come se nulla fosse successo.
Ridiamo anche, scherziamo e mi sento quasi sollevata. Non mi sentivo così bene da tanto tempo. Alla fine ci dirigiamo al piano di sopra.
Non appena arrivo all’ultimo gradino vedo i miei figli venirmi incontro tutti felici.
Stefan mi abbraccia, mentre Joseph ride.
 

«Mamma, vero che compriamo questa casa?» mi domanda Stefan.
«Certo amore, credo che sia perfetta per noi.» gli rispondo.
 

Una volta finito di fare il giro turistico per tutta la casa discuto ancora con Eric per la casa, per il pagamento  e quanto, finalmente, potremo sistemare tutto.
Entro una settimana l’accordo sarà concluso e potremo già venire a vivere qui. I mobili ci sono tutti, credo che ristrutturerò un po’ le camera, in particolare quella dei bambini.
Sono fermamente convinti di volere una camera a testa, ma so come andrà a finire: la mattina dopo li troverò a dormire insieme. Sono troppo legati e anche se alle volte litigano darebbero un braccio per l’altro.
Ed è così bello vederli uniti, non potrei essere più fortunata.
 
I mie figli salutano Eric e gli promettono che verremo presto ad abitare qui. Lo ringrazio per essere stato così gentile e ci diamo appuntamento per la prossima settimana per sistemare gli ultimi particolari.
Non appena saliamo in macchina, con mio fratello alla guida, Stefan e Joseph iniziano a parlare di animali.
Li ascolto interessata, fino a che non si interrompono.
 

«Mamma?» mi chiama Stefan.
«Si?» lo invito a parlare.
«Possiamo prendere un cane?» mi domanda.
 

Non faccio in tempo a rispondere che Joseph mi precede.
 

«Mamma, ti prego. Finalmente abbiamo la casa grande, qui c’è la nonna e ormai staremo qui.» mi implora Joseph.
 

Mi volto per osservare i miei figli e questi di rimando mi guardano imploranti.
So bene quanto desiderano un cane, non è la prima volta che me lo chiedono, ma è un impegno grande, davvero. Dopo la morte di Lynx non ho più voluto prendere animali. Per me è stato un duro colpo.
Ma non posso nemmeno dire loro di no. Adesso sarò gran parte della giornata sul set e un cucciolo permetterebbe loro di divertirsi e di rimanere impegnati con qualcosa senza pensare a me.
Il problema è per quando inizieranno la scuola. A settembre andranno in prima elementare. Però un cane li distrarrebbe dai videogiochi e da tutte altre attività simili.
 

«Per favore mamma.» mi implorano di nuovo.
«E va bene.» rispondo loro. Urlano di gioia felici e non smettono di ringraziarmi. «A una condizione, però: dovrete prendervene cura voi.»
«Certo mamma, promesso!» mi risponde Joseph.
«Mamma?» mi richiama Stefan.
«Si? Dimmi.» gli rispondo.
 

Chiudo leggermente gli occhi.
Speriamo che non mi chiedano uno squalo adesso.
 

«Quando arriverà il cane papà verrà da noi? Avremo anche noi un animale che ha bisogno di cure.» mi domanda poi.
 

Mi irrigidisco mentre le mie pupille si allargano leggermente.
Smetto perfino di respirare e noto che mio fratello volta la testa di scatto verso la mia direzione non preoccupandosi della guida.
Solo in un secondo momento mi accorgo che il semaforo è rosso.
E tutto ritorna ad essere collegato al discorso di ieri sera.
Animali. Papà.
Loro pensano che quando arriverà il cane che automaticamente ritorni anche lui, ma ovviamente non sarà così.
 

«Non lo so, lui…» dico cose senza senso.
«Io so che verrà! Altrimenti chi ci aiuterà con il cucciolo?» domanda Joseph più a se stesso che a me.
«La situazione è complicata.» interviene mio fratello che ha già ripreso a guidare verso l’hotel. «Vostro padre lavora molto distante e arriverà quando meno ve lo aspettate. Vi fidate di me?»
 

I miei figli annuiscono.
 

«Allora lo vedrete molto presto.» risponde infine.



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Mi scuso per l'immenso ritardo, ma ho avuto un sacco di cose da fare ultimamente, chiedo venia.
In più sono tornata con un capitolo di passaggio, ma comunque è relativamente importante.
La prima parte forse lo è meno, vediamo Nina e i gemelli alla ricerca di una nuova casa. Ho optato per una casa non in centro perchè altrimenti sarebbe paparazzata a destra e manca e lei non vuole questo -o almeno non lo vuole insieme ai bambini.
Eric sarà un personaggio non di margine, ecco. Vedremo più avanti che ruolò avrà :)
La parte forse più importante è l'ultima, ma comunque è un falso stampo di quella precedente. I bambini continuano a chiedere di loro padre e la frase importante è quella detta da Alex.
Nel prossimo capitolo farà un bel discorso a Nina, senza contare che questa ritornerà sul set per 'sistemare il camerino'.
Diciamo che dal prossimo capitolo inizierà a smuoversi qualcosa.
Finisco con il ringraziare le otto fantastiche ragazze che mi hanno lasciato una recensione facendomi capire quello che pensano. Siete fantastiche, tutte e otto ^^
Corro a vedere la puntata, alla prossima <3

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Capitolo 8
*** Pain. ***


                                                                              Pain.


Eighth Chapter.


Nina.
Tento di non far cadere tutti gli scatoloni che ho tra le mani. Ho decisamente troppe cose e prego con tutto il cuore di non andare a sbattere contro qualcosa.
Forse dovevo dare ascolto a mia madre e di portare sul set un po’ di cose alla volta, ma alla fine, come sempre, ho fatto di testa mia.
Con un fianco spingo la porta e con mezza giravolta riesco ad entrare all’interno dello studio prima che questa si chiuda.
Noto Candice in lontananza che sta urlando qualcosa a Joseph e il poveretto la guarda supplicante.
Penso che la mia amica bionda non l’abbia ancora perdonato per averla definita ‘donna pallone’ e che lo stia utilizzando come schiavetto. Ridacchio divertita dalla scena. Joseph si accorge del mio sorriso e mi lancia un’occhiata assassina.
 
<< Ecco Joseph, puoi metterli pure sul tavolo. >> Candice indica il tavolo all’interno del suo camerino. << Oh ciao Nina. >>
 
Candice mi saluta e mi posa un bacio sulla guancia allegra, stando comunque attenta alla sua pancia e alla mia montagna di cose.
Appoggio gli scatoloni a terra e le accarezzo la pancia.
 
<< Come stai? >> le domando comprensiva.
<< Mi sento benissimo. >> mi sorride. << Grazie, Joseph. >>
<< Biondina, hai finito di schiavizzarmi? >> domanda alla mia amica per poi salutarmi con un bacio sulla guancia.
 
Lo ricambio con un sorriso.
 
<< Si, ora puoi andare. >> lo congeda Candice con un cenno della mano.
<< Meno male! >> sbotta. << Ero convinto che volessi trasferirti direttamente qui. >>
<< Idiota! >> lo rimbecca la bionda. Joseph fa per andarsene, ma Candice lo richiama indietro. << Da bravo cavaliere potresti aiutare Nina invece di dartela a gambe. >>
 
Joseph si volta e sconsolato si appresta ad aiutarmi, ma lo blocco.
Già Candice l’ha schiavizzato e continuerà a farlo per tanto tempo, non me la sento di fargli portare cose non mie.
Poi tra non molto avrà la riunione con il cast di The Originals.
 
<< Stai tranquillo Joseph, faccio io qui. >> gli rispondo. Joseph mi sorride grato e prima che se ne vada via gli sussurro un avvertimento all’orecchio ben attenta a non farmi sentire da Candice. << Non contraddire le donne incinta, Jo. Potresti diventare il loro bersaglio preferito. >>
 
Joseph annuisce sussurrandomi che terrà a mente il mio consiglio, poi si congeda più veloce della luce.
Noto che Candice mi sta osservando indagatoria e non capisco cosa voglia.
 
<< Sei sparita per due giorni. Che fine avevi fatto? >> mi domanda con le mani sui fianchi.
<< Mi sono goduta gli ultimi due giorni con Joseph e Stefan. >> sospiro. << E ho comprato casa. >>
 
Candice spalanca gli occhi alla mia novità.
Per adesso lo sa solo lei e presto lo sapranno anche Kat e Julie. Non voglio che lo sappiano tante persone.
 
<< Davvero? >> mi domanda. << E’ qui vicino? >>
<< Diciamo che non è in centro e non molto lontana da qui. L’ho fatto per i bambini, rimanendo in hotel li avrei privati del loro spazio. >> le rispondo.
 
Mi inginocchio e raccolgo gli scatoloni per poi rialzarmi.
Faccio per andarmene quando mi ricordo una cosa importantissima.
Se il camerino di Candice è qui il mio dov’è?
Ti prego, fa’ che non sia al solito posto.
Decido di chiedere a Candice perché impiegherei troppo tempo per andare alla ricerca della mia produttrice.
 
<< Candice, ti prego, non dirmi che i camerini sono sempre gli stessi. Dimmi che il mio si trova da un’altra parte. >> la imploro.
<< Se è quello che vuoi sentirti dire i camerini sono diversi. Se vuoi la verità… Sono sempre gli stessi. >> mi risponde.
 
Chiudo gli occhi e mi mordo con forza il labbro. Perché quest’anno non hanno fatto il cambio camerini?
Perché tutto sembra remarmi contro?
Già sette anni fa non sopportavo più il suo camerino vicino al mio, figuriamoci ora.
Io e Ian abbiamo i camerini a due metri di distanza –li abbiamo sempre avuti– ma quest’anno speravo che fosse diverso.
Che magari avrebbero scambiato quello di Paul per il mio visto che è dall’altra parte del set.
Potrei chiedere a Paul di scambiarlo con il mio, non dovrebbero esserci problemi. Julie non farà storie e nemmeno Kevin. Sanno della mia situazione, della nostra situazione.
 
<< Chiederò a Paul di cambiare camerino, sempre se vorrà parlare con me. >> sospiro.
<< Se vuoi posso provare a chiederglielo io… >> si fa avanti la mia amica.
<< Non preoccuparti Candy, me ne occuperò io. >> le rispondo cercando di sorridere. << Ora vado altrimenti Kevin mi fa fuori. Ci vediamo dopo. >>
 
Saluto la mia amica e vado alla ricerca del mio camerino. Non appena lo trovo faccio per aprire la porta, ma sento dei rumori all’intero dell’altro camerino.
E’ il suo. Noto che la porta è leggermente aperta. So che non dovrei guardare, ma la tentazione è più forte di me.
Mi sporgo leggermente e lo vedo intento a sistemare i suoi scatolini. Ha la faccia corrucciata ed è leggermente sudato.
La maglietta bianca fa intravvedere i suoi pettorali che non sembrano essere cambiati nel corso degli anni. Effettivamente lui non è completamente cambiato.
E’ rimasto sempre lo stesso, sotto tutti i punti di vista. Prima che si accorga della mia presenza entro nel mio camerino ed appoggio le mie cose per terra poi, veloce come sono arrivata, me ne vado.
Cammino per i corridoi alla ricerca di Paul. Lo cerco nelle vicinanze del suo camerino e non lo trovo. Forse è andato da Phoebe, anche se è improbabile. La loro riunione inizierà  a minuti.
Mi volto e faccio per andarmene, quando un uragano dai capelli castano chiaro e gli occhi verdi mi si abbatte contro.
Abbasso lo sguardo e noto la piccola Rachel che mi guarda timorosa.
 
<< Scusami, io non l’ho fatto apposta… >> mormora cercando con lo sguardo suo padre a pochi passi da lei.
<< Non preoccuparti piccolina. >> le accarezzo la testa. << Tu, piuttosto, ti sei fatta male? >>
<< No. >> dice scuotendo la testolina piena di capelli castano-chiari.
 
E’ identica a suo padre, anche se qualcosa da Phoebe ha pur preso.
Paul la prende in braccio e le posa un bacio sulla guancia. La bambina ridacchia divertita godendosi le attenzioni del padre.
 
<< Scusami, alle volte non guarda proprio dove corre. >> mi dice Paul.
 
Noto che è leggermente in imbarazzo e nervoso.
Non so se sia per l’atmosfera o semplicemente per la nostra complicata situazione. Complicata è dire poco. So che se gli dicessi tutta la verità mi capirebbe e mi darebbe supporto, perché no, ma ora non posso.
Non così presto.
 
<< Non preoccuparti, è solo una bambina. Una bella bambina. >> gli rispondo sorridendo. Rachel mi sorride di rimando, anche se è leggermente imbarazzata da tutti i miei complimenti. << E’ la tua fotocopia al femminile. >>
<< Lo dicono in molti. >> mi sorride. << Ha preso qualcosa anche da Phoebe, ma lei è contenta che sia come me. >>
<< Fortunatamente non ha il ciuffo. >> rido.
 
Paul si unisce alla mia risata e mi sembra quasi di essere ritornata indietro, come ai vecchi tempi.
Quando io e lui eravamo un po’ una cosa sola, migliori amici, confidenti, fratelli.
Si, perché Paul è sempre stato un fratello per me e sempre lo sarà.
Siamo cresciuti tutti insieme con una famiglia qui dentro, ma inevitabilmente ti leghi a qualcuno di più e con altri meno. Ho incontrato tante persone importanti nella mia vita e Paul, sicuramente, è uno di quelle.
 
<< Cosa ci fai da queste parti? >> mi domanda titubante.
<< Ecco, io… >> abbasso la testa imbarazzata indecisa se continuare o meno. Una volta l’avrei fatto senza problemi, ma ora è tutto così diverso. << Sai dov’è il mio camerino, vero? >>
 
Paul annuisce leggermente e si fa un attimo pensieroso.
Lo fisso per qualche secondo, mentre Rachel continua a giocare con il suo pupazzetto come se nulla fosse.
Paul inclina leggermente la testa e sta riflettendo sulla mia domanda.
Mi pento di averglielo chiesto. Faccio per aprire la bocca e per dirgli che fa lo stesso e che la mia domanda non centrava nulla, ma lui mi blocca e mi sorprende, ancora una volta.
 
<< Va bene, ti lascio il mio camerino, prenderò io il tuo. >> sorride.
 
Spalanco leggermente le pupille e mi domando come l’abbia capito.
Anche se non è poi così difficile. Paul è sempre stato un uomo intelligente, ma qui l’ha aiutato il fatto di conoscere la situazione –o quasi.
Non so come ma mi ritrovo a gettargli le braccia al collo felice, mentre sento Rachel ridacchiare.
Paul mi stringe con un braccio quanto può, a causa di sua figlia sull’altro. Rimaniamo qualche secondo così, godendoci l’attimo.
 
<< Mi sei mancata, Neens… >> mormora tra i miei capelli.
<< Anche tu, Wesley. >> mi stacco da lui. << Grazie. >>
 
Paul mi sorride, poi fa scendere Rachel dalle sue braccia e la invita ad andare dentro il suo –ormai mio camerino– a prendere non so che cosa.
L’ha fatto per parlarmi.
 
<< Sei mia amica, Nina, una sorella… >> inizia dolce. << Questi anni di lontananza mi hanno fatto davvero male, così come a Phoebe. Lei ci è passata sopra, a me ci vorrà un po’ più di tempo. Non ce l’ho mai avuta con te, credimi, ma non capisco perché tu sia stata così distante in tutti questi anni… >>
 
Mi mordo il labbro inferiore fino a farmi male. Ci vorrebbero cinque secondi per spiegargli il perché.
Ho due figli. Sette anni fa. Ian.
Ma non ne trovo il coraggio. La ferita di sette anni fa è ancora aperta e sebbene io mi fida ciecamente di Paul non posso rivelargli quanto è accaduto.
Non ora perlomeno. Prenderebbe a pugni Ian, Ian se la verrebbe a prendere con me –anche se questo dovrei farlo io– e non sarebbe più finita. I bambini, poi.
So che hanno bisogno di un padre, io non sono nessuno per impedire loro di conoscerlo, ma ora è troppo presto.
E se non li volesse, i bambini? Adesso è troppo impegnato nel suo mondo di arcobaleni e unicorni rosa con sua moglie per interessarsi di loro.
 
<< Paul, ti prometto una cosa. Non appena arriverà il momento ti dirò tutto, davvero. Però quel momento non è ora. E’ difficile, io… >> mi interrompo senza sapere come andare avanti.
<< Ti aspetterò, Nina. >> mi dice e mi appoggia un bacio sulla guancia. << Solo una cosa… Stai bene? >>
<< Si. >> No.
 
Paul annuisce, seppur non convinto, e mi dice che andrà lui a prendere le mie cose e che le porterà qui sul camerino –che ormai è diventato mio.
Lo ringrazio. Mi chiede se posso prendermi cura di Rachel per dieci minuti, il tempo di fare lo spostamento e io annuisco felice.
Rachel mi sorride e mi prende per mano. Paul si allontana.
Mi abbasso all’altezza della bambina.
 
<< Rachel, vuoi che andiamo a prendere un bel the fresco per combattere questo caldo? >> le domando.
<< Si. >> batte le mani felice buttandomi le braccia al collo. Rimango leggermente spiazzata del gesto così espansivo, ma non posso che esserne felice. << Io lo voglio alla pesca. >>
<< Affare fatto piccola, andiamo. >> le dico prendendola per mano.
 
Ci incamminiamo verso il distributore per prendere il the, quando qualcuno mi blocca la strada.
Ci metto meno di un secondo a riconoscere chi è e mi irrigidisco. Si sta dirigendo verso di me con un volto impassibile –un volto che faccio fatica a riconoscere– e stanco. Si ferma proprio davanti a me.
Il mio corpo trema leggermente alla sua vista e il respiro si fa più accelerato.
Che cosa vuole da me?
 
<< Non scappi? >> mi domanda duro.
 
Strabuzzo leggermente gli occhi non capendo la domanda. Il mio cuore si blocca a causa della durezza di quel tono o forse perché è la prima volta, dopo sette anni, che mi rivolge la parola. Forse più per la prima. Quel tono freddo, distaccato, arrogante, accusatore e fatto per ferire lo aveva già usato, quella maledetta notte.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Ho pensato a lungo alle parole di Candice. La mia amica sostiene che Ian debba saperlo e non posso darle torto.
Sono passati tre giorni da quando l’ho scoperto, quattro da quando non ho più messo piede sul set. Non per paura, ma perché sono distrutta, sotto ogni punto di vista.
Sono tre notti che non dormo a causa di tutti questi pensieri e anche per gli incubi che costantemente mi fanno visita.
Ce ne sono di vari tipi. Da quelli che mi indicano che non sarà mai una brava madre a quelli di un possibile rifiuto di Ian.
Mi spaventato più i secondi, se devo essere sincera. Ma non saprò mai la verità se non gliela dirò.
Julie mi ha chiamato allarmata poco fa chiedendomi notizie sul perché fossi sparita per tre giorni e di come mai non abbia risposto per altrettanto tempo.
Non ho potuto dirle la verità. Dirò tutto quando lui ne verrà a conoscenza.
Mi alzo dal letto, mi infilo un paio di jeans, una maglietta larga in modo da coprire quel piccolo accenno di pancia che mi fa notare che dentro di me sta crescendo una piccola vita, corro in bagno per risciacquarmi il viso e afferro le chiavi della macchina.
Non prendo l’ascensore, ma le scale. Ho bisogno di sgranchirmi le gambe visto che è da tre giorni che non mi muovo dal letto. Un leggero capogiro mi colpisce nell’ultimo gradino costringendomi ad appoggiarmi al muro.
La tentazione di ritornare a letto è forte, ma devo farlo per la creatura che ho in grembo.
In venti minuti arrivo a casa di Ian, quasi il doppio del solito, ma non perché abbia avuto ripensamenti, ma perché ho guidato piano di proposito almeno avrei avuto il tempo di fermarmi se avessi avuto altri capogiri.
So, per certo, che lei non c’è. Sta finendo di girare uno spot pubblicitario su Dio solo sa su che cosa e quindi lui è da solo.
Non suono nemmeno al citofono del palazzo, uso direttamente le chiavi.
Rifaccio nuovamente le scale per prepararmi ad ogni sua possibile reazione –dalle più brutte alle più belle.
Una volta arrivata davanti al suo campanello mi viene sbattuta in faccia la scritta ‘Somerhalder-Reed’ e sono costretta a buttare giù le lacrime.
Suono aspettando che mi venga ad aprire. Non ho usato le chiavi per non trovarmi davanti piccoli inconvenienti. Qualche secondo dopo la porta si apre rivelandolo davanti a me con tutto il suo splendore. Ha i capelli arruffati, lo sguardo assonnato, indossa una maglia bianca a maniche corte e i pantaloni grigi di una delle sue tante tute, ma non potrebbe apparire più bello.
 
“Che cosa ci fai qui?”- mi domanda distaccato e leggermente freddo.
“Sono venuta a…”- mi blocco. Vorrei scappare da lì e lasciarlo sulla porta, ma mi faccio coraggio. –“Devo dirti una cosa.”
 
Il mio tono esce più supplichevole del dovuto, ma il suo sguardo non cambia.
E’ terribilmente freddo e distante –non è lo sguardo del Ian che conosco. Perché tutta questa freddezza, perché?
Lo guardo per qualche istante, sperando che mi faccia entrare, ma non è così. Il suo corpo non si muove di mezzo millimetro dalla porta e non ha l’intenzione di farlo.
 
“No, devo dirti io, una cosa. Ci ho pensato a lungo, volevo parlartene sul set, ma in questi tre giorni sei sparita, quindi non ne ho avuto l’occasione.”- parla, senza darmi la possibilità di iniziare. Il discorso preannuncia il peggio. –“Non possiamo continuare così.”
 
Lo so anche io che non possiamo continuare così. Vorrei dirglielo, ma ho una cosa pi importante da rivelargli.
Cambierà la mia vita e la sua, quella di tutti.
 
“Ian, io-”
“No, dobbiamo finirla qui.”- mi interrompe brusco e con estrema freddezza. –“Da questo momento in poi tutto quello che è successo tra di noi è finito. Gli ultimi mesi sono stati strani, tormentati. Non posso continuare così, non posso farlo a Nikki. Lei è così splendida e non si merita questo. Non posso tradirla con te.”
 
Indietreggio di qualche passo a quelle parola.
Da quando si fa tutti questi problemi per lei?
Non se li è mai fatti, perché proprio ora?
Quello che mi colpisce però è quel te quasi ringhiato, pronunciato con risentimento quasi. Un misto tra ribrezzo e chissà che cosa.
 
“Non ti amo più, Nina. Forse non ti ho mai amata veramente. Forse sono stato leggermente trasportato dalla tua innocenza ed ho solamente confuso il mio sentimento.”- termina poi.
 
Le lacrime cominciano a farsi strada nelle mie guance. Vorrei non piangere, ma non posso. Escono come un fiume in piena, ma questo non sembra preoccuparlo.
Mi ha detto che quello che provava per me non era reale. Mi ha detto che non mi ha mai amata. Io, povera ingenua, che gli ho dato tutto di me.
Io che non ho più niente.
Non ho la forza di parlare, di muovere un muscolo.
Mi dimentico perfino il perché sono venuta qui.
 
“Questi tre anni sono stati solo divertimento per te, vero?”- dico spenta.
 
E davanti a me si fa strada una strana consapevolezza. Ero solo una delle tante da portare a letto.
Lo sono sempre stata. Ma perché ha finto per tre anni, perché?
 
“Eri giovane, bella… Non sarei mai dovuto arrivare a tanto, ti ho solo illusa.”- mi dice e lì il mio mondo crolla. –“Voglio vivere la mia vita ora, con Nikki. E’ così donna in confronto a te e so che è lei quella giusta. Le ho chiesto di sposarmi. Ed ha accettato. Sono andato avanti con la mia vita, Nina, com’è giusto che sia.”
 
Ed ecco che anche l’ultima certezza crolla. Le mie gambe non reggono e sono costretta ad appoggiarmi al muro.
Prego con tutte le mie forze che questo sia solo un sogno, un brutto e orribile sogno, ma effettivamente non è così.
Mi ha distrutto.
 
“Ora vattene, non voglio più vederti.”- conclude poi duro.
 
Non so dove trovo le ultime forze per parlare, di far vedere che ancora una dignità ce l’ho.
 
“Non meriti nulla, sei solo… Un mostro. Mi fai schifo.”
 
Lo guardo per l’ultima volta. Lui non sembra colpito dalle mie parole ed è questo che fa più male. La mia mano destra si schianta contro la sua guancia sinistra lasciandogli il segno. Lui non ribatte, non fa nulla.
Forse in cuor suo sa di esserselo meritato. O forse non capisce nemmeno il gesto.
E’ cambiato.
E’ un mostro.
Corro via da lui, da quella casa, dal resto del mondo. Scappo perché non posso fare altro.
Perché semplicemente non ho più voglia di vivere.
Scappo perché vorrei sparire realmente, vorrei non essere mai esistita e non averlo mai incontrato.

 
 
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Scusatemi del leggero ritardo, ma sono qui prima di ritornare a scuola.
Ebbene si, domani si ricomincia e spero di avere ancora tempo per scrivere. Ritaglierò uno spazio dove mi è più possibile.
Sono di fretta, oggi. Ho appena finito di scrivere il capitolo e devo scappare assolutamente.
Ringrazio le fantastiche ragazze per le recensioni a cui domani risponderò.
Domani correggerò anche gli errori presenti –se ce ne sonoe vi lascerò un mio personale commento su questo capitolo che mi ha distrutto scriverlo. Soprattutto la parte finale. Uccidetemi, lapidatemi, ma tutto ha un senso.
Grazie ancora <3

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Capitolo 9
*** You run away? ***


                                                                             You run away?



Ninth Chapter.


Nina.

Cerco di arginare il vuoto che sento dentro di me. Non lo riconosco più. Sguardo freddo, sguardo saccente. Che fine ha fatto l’uomo che conoscevo? Forse è sempre stata solo una maschera, con me.
E’ di ghiaccio, così come i suoi occhi.
Non gli rispondo subito, medito sulle sue parole.
Rachel saluta Ian con un ampio sorriso, come se lo conoscesse da sempre.
 

<< Dovrei? >> gli rispondo diffidente.
 

Lui mi fissa per qualche istante, sta solo elaborando su cosa rispondere.
Cerca qualcosa per ferirmi, di nuovo. Lui non sa però che mi sono creata una barriera e non mi lascerò calpestare come ha fatto sette anni fa, non più.
Se c’è una cosa che ho imparato nella mia vita è che devi lottare con le unghie e con i denti contro tutti, anche con quelli che ti stanno vicino.
E io l’ho fatto. Sono cambiata, sono matura, sono semplicemente diventata una donna.
 

<< Hai cambiato camerino. >>
 

Eccolo lì, il problema.
So che ho cambiato camerino e l’ho fatto di proposito. Potrò sembrare infantile e in grado di non prendermi le proprie responsabilità, ma non ce l’avrei mai fatta a rimanere lì, con lui.
Sarò costretta a girare scene con lui, di continui sfioramenti e quant’altro, ma sono obbligata. E’ lavoro, ma certamente non lo è il mio tempo libero.
Io sto dalla mia parte e lui dalla sua, fine dei giochi.
 

<< Felice che tu te ne sia accorto. >> gli rispondo altrettanto freddamente.
<< Perché? >> mi domanda.
 

Perché?
Ha il coraggio di chiedermi il perché?
Perché non voglio vederti.
Perché voglio stare il più lontano possibile.
Perché non voglio averti tra i piedi.
Perché mi fai schifo.
Perché quel poco tempo libero che ho lo voglio passare senza la tua vicinanza.
Perché lo voglio io.
Ci sarebbero tante risposte, ma decido di non dargli nessuna motivazione.
A che pro? E’ la mia vita, decido io.
 

<< Non sono affari che ti riguardano. >> ringhio, quasi. Poi mi rivolgo alla bambina, cambiando completamente tono della voce. << Andiamo Rachel, il the ci sta aspettando. >>
 

Lui fa per aprire la bocca, forse per urlarmi contro qualcosa, ma la richiude non appena nota il mio sguardo assassino.
Se solo gli sguardi potessero uccidere a quest’ora avrei già mietuto tantissime vittime.
Mi allontano con Rachel verso la macchinetta del caffè.
Chiedo alla bambina di che gusto vuole il te e mi risponde con un sonoro ‘limone’. Le sorrido, inserisco le monete e aspetto che la macchinetta lo prepari.
Rachel mi invita a sedermi con lei sul divano.
 

<< Perché tu e zio Ian non vi piacete? >> mi domanda.
 

Mi gratto leggermente la fronte prima di risponderle.
Cosa mai potrei dire ad una bambina così piccola?
Lo zio, come Rachel l’ha appena definito, è uno stronzo, uno di quelli grossi. Un bugiardo e tante altre cose che ora non mi vengono in mente.
 

<< Non ci siamo mai piaciuti. >> mento.
<< Papà mi ha mostrato una vostra foto. >> controbatte. << Stavate sorridendo felici. >>
<< Amore, sai, io e lui lavoriamo insieme, da tanto tempo. Sarà stata sicuramente una foto di una qualche scena. >> le rispondo alzandomi e prendendole il the.
 

Glielo porgo e lei mi ringrazia.
Inizia a girare il bastoncino di plastica ridacchiando.
E’ così pura e tanto intelligente, proprio come i miei figli. Quanto mi mancano quelle due pesti. Penso che dopo chiamerò mia madre.
So che stanno bene con lei,  ma voglio sentirli lo stesso.

 
<< No. >> scuote la testolina. << Papà ha detto che eravate a una festa. >>

 
Ma perché Paul si mette sempre in mezzo?
Lo avrei voluto ringraziare per il camerino, ma penso che dopo lo ucciderò con le mie mani. I bambini sono troppo curiosi, fanno troppe domande e non è bene dare loro troppa corda.

 
<< Non ricordo. >> mento.
<< Eravate davvero belli. >> sorride con una dolcezza disarmante tipica di una bambina di cinque anni.

 
Sospiro e mi rilasso sul divanetto. << Belli non vuol dire sinonimo di amici. >>
Lei scuote la testa e mordicchia leggermente il bordo del bicchiere.
Mi fissa con i suoi grandi occhi verdi, con una sfumatura di marrone.
Paul e Phoebe hanno fatto un capolavoro, devo ammetterlo.

 
<< Papà mi ha raccontato che eravate molto amici, tutti a tre. >> continua ancora.
<< Già, lo eravamo. >> sospiro. << Ma lo siamo ancora. >>

 
Quel lo siamo ancora ovviamente comprende me e Paul.
Forse Paul e Ian.
Ovviamente non me e lui.
Qualche secondo dopo arriva Paul che sorride a me a alla figlia.
Le domande sono finite, per fortuna.

 
<< Ha fatto la brava? >> mi domanda Paul.
<< Certo. >> sorrido. << E’ una bambina intelligente. >>
<< Ho sistemato le tue cose nel camerino. >> mi sorride.
<< Grazie, Paul, davvero. >> lo ringrazio con il cuore in mano.
<< Questo e altro. >> mi dice, poi si rivolge alla figlia. << Forza scricciolo, andiamo dalla mamma che tra poco inizia la riunione. >>

 
La bambina annuisce e si lascia prendere a mano da Paul.
Paul e Rachel fanno per andarsene, quando quest’ultima blocca il padre.

 
<< Posso chiamarti zia Nina? >> mi domanda con una dolcina da far sciogliere anche il peggiore dei cattivi.
<< Certo Rachel, mi farebbe molto piacere. >> le rispondo baciandole una guancia.

 
Rachel mi saluta con la mano poi se ne va con il padre.
Mi dirigo in sala riunioni, ma prima di entrare chiamo mia madre.













 
 
                                                                                                                
***
 













 
La riunione è appena finita.
Anche questa stagione avrà 22 episodi e le idee di Julie sono davvero tante. Questo vuol dire che si farà anche una nona stagione, penso. Ovviamente spero di no.
Se andrà avanti così le chiederò di far morire Elena.
E’ un personaggio troppo importante per me, lo so, ma non potrò continuare così all’infinito.
I bambini quest’anno cominceranno ad andare alle elementari e non voglio abbandonarli durante tutto il loro percorso. Già mi costa un sacco quest’anno, figuriamoci gli anni prossimi.
Sono entusiasti dall’idea di fare nuove amicizie, me l’hanno detto prima durante la telefonata. Erano allo zoo e mi hanno raccontato delle moltitudine di animali che hanno visto.
Hanno ribadito ancora di volere un cane, senza nominare la parola padre, per fortuna.
Faccio per alzarmi e per andare a prendere una bottiglietta d’acqua visto il caldo, ma la voce di Julie mi blocca.

 
<< Voi tutti potete andare, mi servono solo i tre protagonisti qui. >> dice.

 
Tutti annuiscono e se ne vanno. All’interno della sala rimaniamo io, Paul, Julie, Kevin, Caroline e Ian.
Perché la stanza è improvvisamente diventata così fredda?
Paul va ad accomodarsi vicino a Caroline in modo che sia Julie e Kevin ci vedano tutti e tre. Peccato che io sia in fondo al tavolo e l’unico posto vicino a loro è accanto a Ian.
Vorrei rimanermene qui, distante da tutti, ma l’occhiata che mi rivolge Julie mi obbliga ad alzare il mio bel sedere dalla morbidissima poltrona di pelle per andarmi a sedere accanto a lui. Ci impiego più tempo del dovuto a sedermi. I nostri sguardi si incrociano per un momento che mi sembra infinito.
Entriamo in contatto visivo e questa volta non c’è nessuno tra di noi.
Siamo solo io e lui, come una volta.
Tolgo per prima lo sguardo da lui, non riuscendo a sopportare oltre. Lui sembra accorgersene a fa una smorfia.

 
<< Vi ricordate com’è finita la settima stagione? >> domanda Julie.

 
Come potrei dimenticarla?
Spero che non voglia iniziare da lì, sarebbe tutto troppo un duro colpo.
Guardo implorante Julie, cercando di trasmetterle tutte le mie sensazioni, ma mormora un ‘Mi dispiace, l’ha deciso Caroline’ e questo basta per far crollare tutto.
Mi passo una mano nervosa tra i capelli, aspettando che continuino.

 
<< Damon ha chiesto ad Elena di sposarlo. >> continua Caroline. << Chi l’avrebbe mai detto che il cattivo vampiro facesse una proposta di matrimonio. Non sapete quanto i fan l’abbiano desiderato e come ne siano stati contenti. >>

 
Oh, invece lo so.
Sono andati avanti mesi a fantasticare, a creare immagini di Damon ed Elena vestiti da nozze, hanno addirittura manipolato mie foto della vita reale con quelle di Ian.
Li abbiamo resi felici certo. L’idea di continuare c’era, ma dopo tutto quello che è successo tra me e lui è stata meglio chiuderla lì.
Abbiamo girato l’ultima scena dopo quella notte* e dopo non ci siamo più visti.

 
<< Avete intenzione di riprendere da lì? >> domando agitandomi sulla sedia.

 
Penso di star iniziando a sudare, oppure sono semplicemente bianca come un lenzuolo.
Kevin sembra accorgersene e mi porge un bicchiere d’acqua.

 
<< Nina, stai bene? >> mi domanda poi.
<< Ho solo… Caldo… >> mormoro afferrando il bicchiere e buttandone giù il contenuto con un sorso.
<< Si, abbiamo intenzione di riprendere da lì. >> continua Caroline e in questo momento vorrei strozzarla con le mie mani. << Non c’è modo migliore per iniziare la stagione. Mentre le riprese inizieranno tra cinque giorni, tu e Ian dovrete essere qui già da domani per la prova dei vestiti. Sarà un bel matrimonio, me lo sento. >>

 
Caroline sorride felice, mentre io vorrei sprofondare sulla sedia.
Chi è che mi ha obbligato a venire qui?
Perché?
So già la risposta e me ne pento amaramente in questo stesso istante.
Che ironia.
Sono scappata da una proposta di matrimonio per sposarmi davvero, con lui, sul set.
Perché sono sempre così fortunata?

 
<< Bene, credo che qui abbiamo finito. >> Julie si alza, poi mi fissa quasi dispiaciuta. << Nina, Ian, ho bisogno di parlarvi. >>

 
La guardo sorpresa, poi sento lo sguardo di Ian addosso. Mi giro a guardarlo e invece di trovare freddezza trovo stupore.
Caroline, Kevin e Paul, come richiamati, si alzano dalle poltrone e senza dire una parola se ne vanno.
Rimaniamo solo io, Julie e Ian.
La nostra produttrice ci guarda titubanti, cercando le parole giuste per cominciare.
Le faccio cenno di iniziare io. Prima finiamo, prima posso dileguarmi.

 
<< So quello che c’è stato tra di voi. >> sospira. << So anche quanto siete professionali nel vostro lavoro, lo avete sempre dimostrato. Ma so, anche, che siete due persone umane con sentimenti. Questa cosa del matrimonio è stata decisa una settimana fa, di preciso, ed è un’idea di Caroline. Non possiamo fermarla, lo sapete bene. In più sono arrivate tantissime richieste dai fan e mi dispiacerebbe deluderli così, ma la scelta spetta a voi. >>

 
Vorrei dirle di annullare tutto, di inventare qualcos’altro, ma prima che possa farlo Ian mi precede.

 
<< Perché annullare tutto per quello che c’è stato tra di noi? >> domanda aspro, quasi. << Siamo attori, voi i produttori e siete voi che decidete, non noi. Se avete scelto questo faremo questo. >>

 
Io non rispondo, semplicemente non posso.
Mi aspettavo una risposta diversa, davvero.

 
<< Nina, tu cosa ne pensi? >> mi domanda Julie con una nota di comprensione.
<< Io… Non lo so… >> mormoro abbassando la testa.
<< Hai ancora paura di una proposta di matrimonio? >> mi sfotte lui.

 
Stringo i denti fino a farmi male per non rispondergli in tono poco amichevole. Vorrei prenderlo a pugni, qui, seduta stante. Ha cominciato a fare frecciatine e so come andrà a finire tutto questo.
Se vuole le frecciatine non sono nessuno per impedirglielo, ma non posso stare qui a subire.

 
<< Per me va bene, infondo sei tu l’esperto qui. Magari potresti darmi qualche consiglio per fare il discorso, visto che al tuo, di matrimonio, ti è riuscito bene. >> dico e sorrido quasi.

 
Julie mi fissa sbattendo le ciglia mentre Ian mi fissa ad occhi sgranati.
Colpito e affondato. Non volevo arrivare a questo punto, ma ha iniziato lui.
Siamo due persone mature, una donna ed un uomo cresciuti, ma lui non sembra dimostrarlo. La mia battuta l’ha colpito e forse sono stata troppo cattiva.
Ad un normale matrimonio gli sposi fanno le promesse create da loro, ma al suo, no. Nessuna promessa, niente. Solo lo scambio degli anelli ed un misero bacio –ecco quello che mi ha raccontato Kat.
Come se uno dei due non provasse nulla per l’altro.
So quanto ci teneva Ian al suo matrimonio –forse come apparenza– e so, per certo, che questo l’ha colpito.

 
<< Julie, devo andare. Ci vediamo domani. >> la saluto con un bacio sulla guancia mentre lei mi fissa ancora sbigottita.

 
Me ne vado forse un po’ meno soddisfatta di prima, ma con una piccola vittoria in tasca.

 
 
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*Quella notte si riferisce al flashback del capitolo precedente.

 
Buon fine settimana a tutte :)
Non sono poi così in ritardo, anzi, ho fatto molto presto e mi meraviglio di me stessa. Questo capitolo è venuto veramente fuori di getto, non ho fatto fatica a scriverlo e spero che vi piaccia e, soprattutto, che non sia una totale schifezza.
Mi scuso per la fretta dello scorso capitolo, ma non avevo davvero tempo per analizzarlo tutto. Unirò qui due commenti in uno.
Paul e Nina in qualche modo stanno ricostruendo la loro amicizia, ma Nina non si sente ancora pronta per dire la verità all’amico. E’ una verità troppo grande e ha paura che, dicendo tutto a Paul, venga a galla troppo in fretta. Non fraintendetemi, lei vuole dirlo a Ian, ma non così in fretta e, soprattutto, vuole farlo quando le acque si saranno un po’ calmate.
Il flashback dello scorso capitolo è stato molto triste, devo ammetterlo. Ci stavo male io per Nina e, anche se è un personaggio, è stato struggente.
Abbiamo visto quello che è accaduto realmente ed ecco perché Nina non vuole esporsi così troppo –ha paura di scottarsi, ancora. Molte di voi, forse anche giustamente, mi hanno scritto che deve mettere da parte l’orgoglio ferito e dirgli dei bambini. E’ vero, in parte, ma, se io mi immedesimo in lei, farei lo stesso. Dopo tutto quello che ha detto merita realmente qualcosa? C’è sicuramente qualcosa sotto il suo comportamento, ma, questo, Nina non lo sa. Tento di creare una storia (seppur con un contesto impossibile-immaginario) il più reale possibile e penso che una persona normale si sarebbe comportata così, correggetemi se sbaglio.
Inoltre è bloccata da un possibile rifiuti di Ian per i bambini, ha paura che loro possano ricevere il suo stesso trattamento ed è questo, sostanzialmente, che la blocca. Lo vedremo meglio nei prossimi capitoli.
Passiamo a questo, di capitolo. Abbiamo visto prettamente due confronti tra i nostri due protagonisti. Il primo freddo e il secondo su false sembianze del primo.
Se non ci fosse stata Rachel, Ian si sarebbe spinto più avanti, ma non l’ha fatto per la bambina. Una cosa curiosa è come la bambina insista a sottolineare il rapporto tra i due perché il padre le ha raccontato qualcosa, ma cosa? Vedremo qualcosa di più nei successivi capitoli.
L’ultima parte –quella di entrambe le riunioni– la ritengo la più importante. La prima riunione ci sblocca una situazione un po’ surreale, un matrimonio Delena che va a riallacciarsi alla vita reale, come sottolinea Ian. Caroline, la Dries, non l’ha fatto con cattiveria ci tengo a precisare. Sa che si sono lasciati, ma non è a conoscenza di tutta la storia. Infine vediamo ancora battute fatte per intimidire, quasi, ma Nina ne esce vittoriosa ferendo l’orgoglio di Ian.
La cosa delle proposte non è affatto da sottovalutare: durante un matrimonio si fanno delle promesse scritte dagli sposi –almeno ai matrimoni a cui ho partecipato– e secondo me è un atto molto intimo, in se. Metti a nudo i tuoi sentimenti e sul perché ti vuoi sposare, ma al matrimonio di Ian e Nikki non è successo, perché?
Non sottovalutate questo. Può essere un dato infimo, ma non lo è.
Credo di aver terminato ;)
Grazie alle fantastiche dieci ragazze che hanno commentato il capitolo e a chi inserisce la storia tra le preferite/ricordate/seguite.
 
Vi invito a passare alle mie due Delena:
-Un amore da favola (ambientata nell’Ottocento).
-Guerra d’amore (ambientata nella seconda guerra punica)
 
Alla prossima <3
(Credo di aver scritto le note più lunghe del capitolo ahahahahaha)
 
 
Commento puntata di The Vampire Diaries (6x15):
Non starò qui ad elencarvi il mio commento, lo farò nelle storie dedicate alla sezione di The Vampire Diaries, ma lasciatemelo dire… Quanta chimica hanno Ian e Nina?
Ci avranno mostrato si e no due scene, ma sono state fantastiche ;)
Non dimenticatevi che TVD ritorna il 12 marzo con la puntata diretta da Ian *-*
Non vedo l’ora <3

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Capitolo 10
*** Quarrel. ***


                                                                             Quarrel.


Tenth Chapter.



Nina.
Siamo da un’ora e mezza qui alla ricerca di un cucciolo per i gemelli. Hanno visto ogni tipo di cane, dal chihuahua al pastore tedesco e vorrebbero prenderli tutti, ma, come ho ripetuto più volte è impossibile.
Un cane basta e avanza. Già dovranno prendersene cura loro, penso che uno vada più che bene.
Avrei optato per un gatto, sono animali più calmi rispetto ai cani, ma so bene che un cane li terrebbe più occupati e li farebbe più piacere, visto che è sempre stato il loro sogno nel cassetto.
All’ennesimo cane che scartano sbuffo leggermente.

 
<< Piccoli, è da un’ora e mezza che siamo alla ricerca di questo cucciolo e non ne avete scelto uno. Penso che sia meglio ritornare la prossima volta, che ne dite? >> domando loro leggermente esasperata.

 
Tra due ore devo essere sul set per l’inizio del promo che verrà messo in onda tra qualche settimana, quasi a settembre per la precisione, e non posso assolutamente ritardare.
Non di nuovo.
I miei figli mi guardano contrariati e scuotono il capo.

 
<< Mamma, abbiamo bisogno di tempo! >> esclama Stefan.
<< Dobbiamo scegliere il nostro cucciolo. >> continua poi Joseph.
<< Penso che abbiamo visto ogni tipo di cane qui dentro e a quanto pare non c’è nessun cucciolo che vi piace… >> rispondo loro accarezzandogli la testa.
<< Ma sono tutti bellissimi! >> esclama Stefan.
<< Dovete sceglierne uno, non cento. Un solo cucciolo. >> continuo ancora.

 
Guardo esasperata il proprietario del canile sperando che anche lui dica qualcosa. E’ stufo anche lui, ma dopotutto è il suo lavoro questo.
Ci ha mostrato pazientemente ogni tipo di cucciolo, dai più grandi ai più piccoli senza mai fiatare. Ha risposto anche ad ogni domanda dei gemelli in maniera parecchio esaustiva, ma loro comunque non demordono.
Faccio per parlare di nuovo, quando i miei figli si bloccano.
Indicano la porta davanti a noi e si guardano dubbiosi.

 
<< Qualcuno ha abbaiato! >> dice Joseph.
<< Come mai c’è un cane lì? >> domanda Stefan.

 
Il proprietario mi guarda per qualche istante, poi si rivolge ai miei figli.

 
<< E’ un cane malato. >> sospira. << Ha un problema alla zampa e non cammina molto bene. Non può stare insieme agli altri cani. >>
<< Perché? >> domanda Stefan.
<< E’ pur sempre un cane. >> rincara la dose Joseph.
<< Perché… E’ troppo debole rispetto agli altri e nessuno lo vorrebbe… >> risponde il proprietario.

 
Capisco in quell’istante perché quel cane è lì. Nessuno vuole un cane malandato, molti pensano che gli animali siano giocattoli e quando si rompono non vale più la pena di dedicarsi a loro.
So anche quale sarà la fine di quel cane –come capita in tutti i canili. Il proprietario, fortunatamente, ha avuto il buon senso di non spiegare ai miei figli che quel cane verrà ucciso.
Ancora una volta, però, i gemelli mi stupiscono.

 
<< Possiamo vederlo? >> domandano all’unisono.

 
Il proprietario mi guarda allibito cercando una risposta.
Non se lo aspettava, io un po’ si. Li conosco troppo bene ormai.
Alla fine annuisce, anche se spaesato, e ci conduce di fronte alla porta. Ci mette qualche secondo alla ricerca delle chiavi mentre Stefan e Joseph si guardano euforici. Non appena apre la porta vediamo una gabbia abbastanza grande sul pavimento. Troppo grande per contenere un cucciolo così piccolo. Si, è proprio un cucciolo. Avrà quattro mesi, forse, anche meno. Non è di razza, o almeno non ho mai visto un cane di questo tipo.
Ha dei bei colori, è bianco e caffellatte, con una macchia nera che circonda l’intero occhio destro. E’ spaesato e tremendamente triste. Ha una zampa fasciata e non ha nemmeno la forza di alzarsi.
Non appena i miei figli lo vedono sembra che per loro non esisti più nulla. Si avvicinano alla gabbia come incantati da quel piccolo esserino.
Capisco che quel cane da ora in poi sarà il loro cane. Non ho bisogno di parole per capirlo, lo vedo dai loro occhi.

 
<< Prendiamo questo. >> dico subito al proprietario.

 
Questo mi guarda come se fossi pazza e in realtà forse lo sono. Prima pensavo ad un qualsiasi tipo di cane, credevo che loro scegliessero il cane più bello, ma mi rendo conto che non sarebbe mai stato così. Ormai quel piccolo cucciolo sarà nostro, non potrei scegliere neanche io un altro cane, non sapendo la fine che farà quel cucciolo se non lo prenderemo noi.
Qualcuno lo ucciderebbe perché lo considererebbe un peso.

 
<< Ne è sicura? >> domanda il proprietario. << E’  malato, ci sono così tanti bei cani dall’altra parte. >>
<< Prendiamo questo! >> affermano Joseph e Stefan più convinti che mai.
<< Avrà bisogno di tante cure mediche, non solo per la zampa. Chissà cos’altro avrà. L’hanno trovato per strada… >> continua ancora.
<< Per me non c’è nessun problema, i soldi non mi mancano. Riceverà tutte le cure necessarie e tanto tanto amore. >> rispondo sorridendo ai miei figli.

 
Il proprietario afferra una coperta da una mensola e apre la gabbietta. Impiega qualche secondo a tirare fuori il cane, poi lo avvolge nella coperta e me lo porge.
Rimango per qualche attimo con il piccolo batuffolo che ho tra le braccia, poi mi abbasso all’altezza di Stefan e Joseph. I miei figli, non appena lo vedono, lo accarezzano e il cane, come risvegliato, lecca ad entrambi le mani.












 
 
 

                                                                                       * * *
 














Ho lasciato Joseph e Stefan con mio fratello. Avevano appuntamento con il veterinario per visitare il cucciolo e spero solo che non gli trovi nulla di grave.
Non ho fatto nemmeno in tempo ad andare a casa a cambiarmi che sono dovuta correre subito sul set.
Nessun problema se non fosse per il fatto che la mia maglia sa da cane.
La prima ad accorgersene è Candice.
Non appena mi vede mi abbraccia, poi si stacca subito contrariata.
 

<< Neens, ma sai da cane! >> esclama arricciando il naso.
 

Gli odori, con la gravidanza, sono tutti più forti.
 

<< Siamo andati al canile. >> le dico con un alzata di spalle. << Non ho fatto in tempo a cambiarmi. >>
 

Non specifico il soggetto perché ho paura che qualcuno possa sentirci. Non sono pronta per rivelare la verità, non oggi.
 

<< Avete preso un cane? >> urla, quasi, portandosi le mani alla bocca.
<< Si, ora… >> abbasso il tono della voce. << I gemelli e Alex sono andati dal veterinario. >>
<< Davvero? E com’è? >> mi domanda.
<< Malaticcio, ma starà bene. >> mi volto. << Devo andare a cambiarmi almeno la maglia, penso di avere qualche scena o altro in programma. >>
 

Corro più veloce che posso verso il mio camerino schivando e salutando mezza crew.
Apro la porta e mi ci chiudo dentro respirando l’odore da chiuso. Penso che dovrò portare qualcosa per rendere più profumata l’aria, altrimenti morirò di asfissia o qualche malattia simile.
Mi tolgo velocemente la maglietta, rimanendo in reggiseno, e mi butto tra i scatoloni alla ricerca di qualcosa di pulito da indossare, o almeno qualcosa che sappia meno da cane. Faccio per infilarmi la maglietta quando qualcuno fa irruzione nel mio camerino.
 

<< Candice, ti ho detto che dov- >> mi blocco non appena noto chi è realmente entrato.
<< Non sono Candice, o almeno lo spero. >> dice solo. << Scusami, credevo… >>
 

Rimango a fissarlo ancora con la maglietta rossa a mezz’aria colta di sorpresa.
Ian è fermo sulla porta quasi completamente aperta e si sta grattando la testa. Le mie guance si fanno rosse e mi volto dall’altra parte per cercare di bloccare l’affluire di sangue.
Non dovrei vergognarmi, ma… Io e lui… Così vicini… Sulla stessa stanza…
Mi infilo velocemente la maglietta e una volta accertatami di essere vestita mi volto di nuovo.
Il mio volto completamente freddo. Sono riuscita a scacciare l’imbarazzo in una frazione di secondo.
 

<< Cosa ci fai qui? >> domando fredda. << Questo non è più il camerino di Paul. >>
<< Lo so, non cercavo Paul. >> dice sostenendo il mio sguardo. Fa qualche passo in avanti, mentre io ne faccio due indietro. << Sono venuto per te. >>
 

L’ultima frase è un leggero soffio che mi arriva roco. Non è freddo, impassibile certo, ma più normale.
Mi stupisco sempre di come questo uomo possa cambiare umore così facilmente, ma anche io non sono da meno.
 

<< Cosa vuoi? >> gli domando aspra.
<< Non mi è piaciuta l’altra volta… >> dice puntando i suoi occhi sui miei.
 

Cerco di sviare il suo sguardo, ma lui me lo impedisce.
Mi prende il mento e mi costringe a guardarlo. Vorrei chiudere gli occhi, ma non posso. Non posso fare la bambina, non più. Rimango qualche secondo a guardarlo, quasi come sotto l’effetto di una compulsione mentale. Il mio corpo trema leggermente, richiamato quasi a comando. Sono passati anni eppure… Eppure lui mi fa ancora questo effetto.
Alla fine faccio semplicemente quello che mi è più comodo, gli schiaffeggio una mano costringendolo a liberarmi.
Mi scanso malamente da lui e lo guardo truce.
 

<< Non. Toccarmi. >> scandisco bene le parole.
 
Abbassa leggermente lo sguardo, quasi ferito dal mio tono tagliente.
Non mi importa. Mi ha ferito così tante volte e penso che ripagarlo con la stessa moneta sia giusto.
No, in realtà non lo è. Non sono mai stata così… Spietata.
Ma non è colpa mia se sono diventata così.
Ci siamo sempre fatti del male a vicenda e continueremo sempre a farcelo.
Siamo tossici, entrambi. Io per lui, lui per me.
 

<< Come ho fatto a ridurti così? >> domanda più a se stesso che a me.
 

Rimango spiazzata da questa domanda.
E’ amareggiato, ferito e… Dispiaciuto. E’ forse dispiaciuto per me.
Mi ammorbidisco leggermente e lo guardo. Così indifeso, così diverso dall’uomo che mi ha detto quelle cattiverie quella notte.
Sembra quasi l’uomo di cui mi sono innamorata.
Non faccio in tempo a sorridere che mi blocco.
Lui, però, è l’uomo di quella notte e qui non siamo sui film dove ognuno chiede scusa ed è finita lì. Qui siamo nella vita reale e la mia, di vita, non è un gioco.
Non può venire qui e fare il pentito.
Lo odio.
 

<< Sai perfettamente la risposta. >>
 

Fredda. Spietata. Cattiva.
Ecco la mia risposta.
Sussulta leggermente, non aspettandosi la mia risposta. Lui pensa di avere a che fare con la Nina di sette anni fa, ma si sbaglia. Sono cresciuta e sono andata avanti, senza di lui. Mi sono fatta forza da sola e sono andata avanti da sola, come sempre.
Ho dovuto abbandonare tutto per lui, ma ne sono uscita più forte di prima.
Ne sono uscita vincitrice, forse.
 

<< Se sei venuto qui per scusarti, è troppo tardi. >> dico poi afferrando il mio cellulare e infilandomelo in tasca.
 

Devo andare.
Devo uscire da qui. Non posso stare un altro minuto in più.
Ho bisogno di una boccata d’aria.
Finalmente alza il capo e ritorna freddo, distante.
 

<< Ero venuto a dirti che il nostro comportamento non dovrà influire sulla serie. >> mi risponde solo.
 

Davvero sei venuto a dirmi questo, Ian?
Davvero sei così codardo da non riuscire a prenderti le tue responsabilità?
Che razza di uomo sei diventato?
 

<< Sono una professionista. Non è successo nulla per anni, non succederà niente neanche quest’anno. Forse, quello a doversi preoccupare sei tu. >>
 

Esco dal mio camerino lasciandolo lì dentro e mi dirigo verso la sala riunioni dove Julie mi sta aspettando.
Ian rimane lì, non mi segue, non ribatte.
Perché deve sempre finire così tra di noi?
Perché non possiamo mai avere un dialogo civile?
Questo non lo saprò mai.

 
 
 
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Scusate se sono sparita per un po’, ma I’m here.
I professori hanno deciso di non darci tregua e studio tutto il giorno, non avendo tempo per scrivere.
Questo capitolo l’ho scritto tutto oggi e per postarlo non l’ho nemmeno ricontrollato. Se ci sono errori lo controllerò sabato è che non vedevo l’ora di postarlo per farvelo leggere :’)
Ringrazio anticipatamente le meravigliose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ben dieci. Grazie di cuore, davvero <3 Ho letto le vostre recensioni e risponderò a tutte entro sabato ^^
Finalmente ritornano i gemelli che hanno scelto il loro cucciolo. Mi è piaciuto un sacco scrivere questa scena e può essere banale, ma è giusto che nella storia ci siano scene di quotidianità, no?
La parte difficile e bella da scrivere, però, è stata un’altra: Ian e Nina.
Sempre quei due e finiscono per litigare, ancora. A quanto pare riescono a fare solo questo.
Nina è fredda, distante, ma Ian non è da meno, anche se sembra un po’ bipolare. Prima è angosciato, pentito, e poi ritorna freddo.
Che si stia pentendo di quello che ha fatto?
Chi lo sa :)
Alla prossima <3

 

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Capitolo 11
*** I won't burn. ***


                                                         I won't burn.



Eleventh chapter.


Ian.

La guardo correre via da me, il più lontano possibile.
La guardo e non posso fare a meno di vedere una donna cresciuta, non più la ragazzina di sette anni fa. Quella che mi teneva il broncio perché la prendevo in giro o quella che si divertiva a fare scherzi a tutti gli altri del cast.
Non è più la ragazzina che avrebbe fatto di tutto per me, anche dopo la nostra rottura. Ora è una donna forte, che non può essere scalfita da niente, a cui non importa niente.
Ci siamo fatti del male, le ho fatto del male, e siamo arrivati ad odiarci, tanto da non poter nemmeno resistere cinque secondi nella stessa stanza.
Come abbiamo fatto a ridurci così?
Purtroppo la colpa è mia, ancora una volta. Io l’ho allontanata da me e sempre io ho sposato Nikki.
Ho avuto anche la faccia tosta da inviarle il mio invito delle nozze e lei non mi ha risposto e alla fine non si è presentata; c’erano tutti, tranne lei.
Avrei potuto salvare il nostro rapporto, tranciando i legami amorosi con lei ancora tempo prima, ma l’ho tenuta sul filo del rasoio per poi far terminare il tutto in modo non molto bello, arrivando a distruggerla.
Lo so perché me l’ha sbattuto in faccia apertamente Candice, lo so perché me l’ha detto anche Kat e lo so dallo sguardo accusatore di Paul in tutti questi anni.
Ma anche lei mi ha distrutto. Abbiamo avuto una relazione altalenante ed io volevo avere semplicemente delle certezze, quelle che ho trovato inizialmente con Nikki.
E’ una splendida moglie, amorevole, si occupa degli animali, si occupa di… No, si occupava di me. Ultimamente i nostri rapporti sono diventati più freddi e non riesco a capacitarmene.
Non dipende dal fatto che io sia di nuovo qui e da un momento all’altro reciterò con la mia ex, ma da tutto. Non abbiamo più l’affiatamento di una volta e chi diceva che con il matrimonio tutto migliora e più gli anni passano e più ti innamori era solamente fuori di testa.
Le cose sono peggiorate due anni fa e ogni giorno cerco di far ritornare tutto come prima, ma non ci riesco, non ne ho la forza, non con una donna che non ci prova nemmeno. Al mondo ci mostriamo ancora tanto legati, ma in realtà questo legame è scomparso.
Puff. Non c’è più.
Ma è mia moglie, dopotutto, ho giurato di starle sempre accanto, in ricchezza e povertà, in salute e in malattia, e non posso abbandonarla.
Il fatto è che lei è ancora giovane, mentre io ho superato la soglia dei quaranta e mi sento terribilmente solo.
Si, solo. Ho sempre desiderato diventare padre, avere un figlio tutto mio –dei figli tutti miei, perché no– a cui insegnare tutto quello che so, ma ormai ci ho rinunciato. Abbiamo provato io e Nikki ad avere un figlio per i primi anni, ma non ci siamo mai riusciti. Ci siamo sottoposti a tante visite e siamo perfettamente sani, entrambi. I dottori ci hanno sempre detto che ci sarebbe voluto solo del tempo e ne è passato di tempo e sono ancora qui.
Nikki è stanca di provare e io di credere.
Siamo stanchi entrambi.

 
Esco dal camerino di Nina per dirigermi verso il mio, quando trovo Paul intento a rincorrere Rachel che ha dei fogli in mano.
Ridacchio leggermente alla vista del mio amico  che corre dietro alla figlia e noto che non ci può essere niente di più bello nel vedere un padre con la propria figlia.
Rachel è una peste in tutto per tutto, tale e uguale a Paul. Di Phoebe ha preso solo i tratti essenziali, anche se a volte è terribilmente dolce come la madre.
E’ sveglia come Paul e quando ci si mette non si ferma più di parlare.

 
“Rachel, amore, ti prego…”- la implora Paul. –“Da’ quei fogli a papà!”
“No.”

 
La bambina scuote la testa e divertita corre per il corridoio.
Prima che possa scappare da qualche parte con i fogli in mano –che tra l’altro sono del copione del padre– l’afferro per i fianchi e la sollevo.
Non appena si accorge che il suo zio preferito –così mi ha sempre definito– l’ha presa in braccio ride divertita e batte le mani.

 
“Cosa ci fai con quei fogli piccola furfante?”- le domando ridacchiando mentre Paul ci viene incontro.
“Volevo fare uno scherzo!”- ribatte battendo le mani divertita.
“Quei fogli servono a tuo padre piccolina, è meglio che tu glieli restituisca, forza.”- la invito dolcemente.

 
La bambina mi guarda di sbieco, ma poi esegue l’ordine.
Le schiocco un bacio sulla guancia e la rimetto a terra.
Paul mi sorride grato, poi accarezza la testa di sua figlia e sospira leggermente.
Mi guarda grave.

 
“Cosa c’è?”- gli domando sospirando a mia volta.
“Cosa avete combinato voi due?”- mi domanda.

 
So bene a chi si riferisca con quel voi due, ma non capisco dove voglia arrivare.
Noi due non abbiamo fatto davvero niente, o almeno credo. Ci siamo solo urlati contro ogni volta che ci siamo visti e fin qui mi sembra normale, troppo normale.
Lei non mi sopporta e, dopo tutto quello che le ho fatto, che le ho detto, ha ragione, mentre io… Non lo so.

 
“Non è successo niente…”- ribatto stancamente.
“Ah no?”- mi domanda grave per poi abbassarsi all’altezza della bambina. Le sussurra qualcosa e lei corre verso il divano dove noto, solo in un secondo momento, la sua bambola preferita. –“Vi ho sentito urlare, ancora. Non potete andare avanti così.”
“Non mi importa.”- dico stringendo i denti.
“Per quanto ancora avrai intenzione di ferirla?”- mi domanda con tono accusatorio.

 
Per quanto ancora ho intenzione di ferirla?
Inarco le sopracciglia. Io non ho intenzione di ferirla, non più, non avrebbe più senso, almeno per me.
Ci siamo allontanati anni fa, perché ferirci ancora?
Io sono andato avanti con la mia vita, lei con la sua.
E allora perché ogni volta che vedo quegli occhi che tempo fa avevo definito ‘da cerbiatta’ carichi d’odio, d’ira e rancore è una pugnalata al petto?

 
“Non so di cosa tu stia parlando, Paul.”- gli rispondo invece.
“Lo sai, Ian. Nina è cambiata, non è più la ragazza solare di una volta…”- mi risponde.
“E’ cresciuta, Paul.”- scuoto la testa amaramente. –“Non è più la ragazzina di vent’anni che voleva esplorare il mondo, siamo cresciuti tutti ora. Ora devo andare.”

 
Lascio Paul lì, ad osservarmi stranito, per poi andarmene nel mio camerino.
Tra poco dovrebbe arrivare la mia stilista per provare il finto abito per le nozze.
Sospiro chiudendomi la porta alle spalle.














 

                                                                                         * * *
 














Mi tolgo finalmente la camicia bianca leggermente più stretta del solito, come richiede il copione, ed afferro la mia maglietta nera a maniche corte.
Stavo morendo dal caldo con tutti quegli strati di vestiti.
Finalmente posso andare a casa, dai miei amati animali. Nikki è fuori questo fine settimana, dai suoi genitori.
Forse qualche altro giorno separati ci farà bene e ci permetterà di pensare e riflettere su cosa abbiamo intenzione di fare in futuro.
Esco dal mio camerino, chiudendomi la porta alle spalle, ed afferro la mia giacca pronto per andarmene.
Cammino verso l’uscita quando passo per la sala foto, dove fanno sempre i servizi fotografici per la stagione. Non so per quale motivo mi fermo, non lo so veramente, ma rimango ad osservare la porta bianca e mi appare come una tentazione.
Metto una mano sulla maniglia e la spingo lentamente e la porta si apre.
Non dovrebbe esserci nessuno e… Invece qualcuno c’è, più di qualcuno.
La prima cosa che vedo non sono tutte le luci o tutti i fotografi, ma è lei.
Sono dannatamente sicuro che sia lei. La riconosco dalla risata e dal passo felpato, così ammagliatrice.
Sta ridendo per una battuta di Julie e mi incanto a guardarla. Da quanto tempo non l’avevo più vista ridere così di giusto?
Otto anni, forse.
Mi appoggio allo stipite della porta ed incrocio le braccia al petto per osservare quello che effettivamente devono fare. Kevin indica alcune posizioni a Nina e le fa togliere il velo. Ha i capelli acconciati in tanti boccoli e posso immaginarla mentre si morde leggermente il labbro tentando di seguire le spiegazioni del nostro produttore.
Annuisce e si gira leggermente verso destra e posso vederla completamente –ma lei sembra non accorgersi di me.
E’ quasi tutta al naturale, con poco trucco ed è questo che la rende lei. Non è mai stata una donna da tanto trucco, è sempre stata  così… Naturale.
Mi fa male vederla vestita in questo modo, ma non riesco a capire perché le mie gambe non si muovono e mi inchiodano qui.
Forse per farmi del male?
Molto probabilmente. Anni fa avevo sognato un momento come questo, con lei vestita di bianco ed ora mi fa terribilmente male. Non posso fare a meno di ricordare il mio, di matrimonio, e com’ero felice quel giorno, con Nikki.
Ma ero davvero felice al cento per cento? Questo, purtroppo, non lo saprò mai.
Non so quanto tempo passo ad osservarla muoversi aggraziata in quel vestito bianco.
E’ diventata una donna e, come giusto che sia, non sarà mai più mia. Forse mia non lo è mai stata del tutto, è sempre stata uno spirito libero, ora è semplicemente cresciuta e cambiata –tanto.
 

Faccio per andarmene, ma qualcosa mi blocca sul suo posto.
Lo sguardo indagatore di Nina mi fissa in un misto tra curiosità, odio e imbarazzo.
Le faccio un cenno con la testa, quasi a salutarla e dopo me ne vado in fretta.
 
 
 
 


Nina.
Ho passato buona parte della mattinata a fare prove su prove per questo stupido vestito di matrimonio.
Ci sono 30 °C fuori e sebbene qui dentro ci sia l’aria condizionata sto facendo lo stesso la sauna. Come se non bastasse Julie e Kevin mi hanno praticamente costretto a fare alcune foto conciata in questo modo, come se non fosse già una tortura per me.
Sto ascoltando Kevin che mi da le ultime indicazioni e mi chiede gentilmente di girarmi.
Faccio come mi dice, ben attenta a non inciampare, quando qualcosa mi blocca, o meglio… Qualcuno mi blocca.
Che diamine ci fa lì? E perché mi sta fissando così insistentemente?
Ricambio il suo sguardo, forse in modo più freddo. Non mi ha fatto più niente –anche se, a dir la verità, ha già fatto troppo– ma non riesco nemmeno a parlarci un secondo senza urlargli dietro tutta la mia frustrazione.
Se ne va come è venuto, facendomi solo un segno con il capo, quasi a salutarmi.
Mi perdo nei miei pensieri, ma vengo subito richiamata da Julie.
 

“Nina? Nina? Ci stai ascoltando?”
 

Annuisco leggermente cercando di sorridere, poi proseguo con le foto.
















                                                                             * * *















Sono le 3.25 p.m. ed ho finalmente finito con tutte le foto.
Sara, Kevin e gli altri mi hanno appena chiesto se voglio andare a mangiare qualcosa con loro, ma a dire la verità non ho poi così tanta fame.

 
“Nina, non potrai rifiutare tutte queste richieste all’infinito…”- mi riprende dolcemente Julie quando rimaniamo sole.
“Lo so, solo…”- mi passo una mano tra i capelli. –“Tra due giorni inizieranno le riprese e sto cercando di recuperare un po’ di tempo con i gemelli. Alex e mia madre mi hanno aiutata a traslocare e questa sera sarà la prima notte nella casa nuova e ho ancora alcune cose da sbrigare.”

 
Annuisce, poi mi sorride materna.

 
“Come stai?”- mi domanda.

 
Aggrotto leggermente le sopracciglia.
Come sto?
Bene, penso.

 
“Sto bene, Julie.”- le sorrido di rimando.
“Sai bene a cosa mi riferisco, ma è meglio riformulare la domanda. Come sta andando con lui?”- mi domanda, ancora.
“Bene, penso.”- sospiro. –“A parte il fatto che litighiamo ogni tre secondi, ma sta andando bene.”
“Nina…”- mi rimprovera Julie.
“Questo non influirà sul lavoro, Julie, non devi preoccuparti, ormai sai come lavoro.”- le rispondo pacata.

 
La mia produttrice mi mette una mano sulla spalla e scuote leggermente la testa.
 

“So come lavori Nina, e non ho mai conosciuto un’attrice più brava di te.”- mi sorride affabile. –“Non è questo il problema, però. Nina, devi stare attenta, non lasciarti trascinare su una cosa che non avrà mai fine. Non giocare con il fuoco.”
“Non mi scotterò Julie, ormai ho imparato. Ho la mia vita ora e non mi importa di nessuno, escludendo i gemelli.”- le sorrido stanca.

 
Julie sorride, quasi più sollevata, e mi posa un bacio sulla guancia per poi salutarmi.
Esco dallo studio ed entro in macchina, diretta a casa.

 
 
 
 
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Mi dispiace per l’immenso ritardo ragazze, davvero. Ma avevo un po’ perso l’ispirazione e non ho mai avuto tempo per respirare.
Ho vinto il campionato e gli allenamenti si stanno facendo sempre più duri per la preparazione alle fasi finali e la scuola mi uccide, sigh >.<
Ho anche letto tutte le vostre recensioni, sono tutte meravigliose, come sempre e cercherò entro domani di rispondere a tutte, anche se devo finire due capitoli di due storie. Ce la metterò tutta, entrò martedì spero di finire :)
Personalmente questo capitolo mi piace, non sarà eccezionale, certo, ma vi ho dato un pov Ian, contente?
Spero di essermi fatta perdonare per l’attesa. Non so se l’ho fatto da schifo, ecco, ma penso che non vada così male, infondo.
Abbiamo visto uno scorcio di vita di Ian ed è tra alti e bassi: un giorno sembra andare bene e l’altro male. Come abbiamo già visto nella trama il matrimonio con Nikki –che sembrava andare a gonfie vele– si è un po’ perso per strada. Più avanti affronterò anche i suoi problemi, ma ora mi sto concentrando su altro.
Tra poco inizieranno le riprese e ne vedremo delle belle.
 
Ho una domanda, anzi, un consiglio, per voi: io nelle storie non metto mai le date e il trascorrere dei giorni, li faccio sempre intendere descrivendo un po’ la stagione e così via.
Per vostra comodità, ecco… Vorreste che inserissi il giorno, il mese, e l’anno?
Preciso che l’anno sarà il 2022 circa, visto che sono passati sette anni e mi baso sul 2015.
Ecco, penso di aver finito, alla prossima <3

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Capitolo 12
*** Night in family. ***


                                                         Night in family.



Twelfth chapter.


                                                                                                                                                                                                  23 agosto 2022.




Nina.
Qualcosa, o meglio qualcuno, mi sveglia dal mio sonno. Sento delle vocine chiamarmi e non appena apro un occhio vedo la luce della camera accendersi improvvisamente. Se non avessi due figli –che puntualmente si svegliano sempre in piena notte– potrei dire di avere dei fantasmi in casa.
Finalmente apro completamente gli occhi e vedo i gemelli sulla porta che mi guardano timorosi. Joseph si gratta la testa mentre Stefan mi guarda leggermente imbarazzato.
Non ho bisogno di parole, so perfettamente cosa vogliono.
 

“Forza, venite qui.”- sorrido ad entrambi e gli faccio segno di salire sul letto.

 
Non se lo fanno ripetere due volte e si lanciano sul letto atterrando poco morbidamente.

 
“Non riusciamo a dormire.”- mi dice Stefan.
“Dobbiamo abituarci alla casa nuova.”- conclude poi Joseph.
“Sapete che dovrete abitarvi prima o poi?”- gli dico accarezzando ad entrambi la testa. –“Siete grandi ormai e dovete dormire sul vostro letto.”
“Possiamo rimanere qui, almeno per questa notte?”- mi domandano all’unisono con una vocina così tenera che non posso dirgli di no.

 
Annuisco sorridendo e mi buttano entrambi le braccia al collo facendomi cadere all’indietro. Ridiamo tutti e tre e rimaniamo per qualche minuto abbracciati sul letto matrimoniale. Domani inizieranno le riprese e se prima avevo poco tempo da passare con loro ora ne avrò ancora meno ed è questo che mi dispiace di più di tutti, doverli lasciare da soli. Certo, non saranno da soli, ci sono mia madre, Alex e domani dovrebbero arrivare Riawna –visto che ha intenzione di aprire una nuova sala di bellezza– e Jules che si vuole prendere un lungo, lunghissimo, periodo di ferie.

 
“Ora dobbiamo dormire però.”- cerco di coprirli entrambi. Non si staccano da me e evidentemente trovano più comoda la mia pancia di un normale cuscino. –“Buonanotte piccoli miei.”
“Notte..”- sbadiglia Stefan.

 
Mi sporgo per spegnere la luce della camera e chiudo gli occhi, sperando di addormentarmi e non pensare a quello che accadrà domani, o meglio… Tra poche ore.
Non faccio nemmeno in tempo a cantare vittoria che Joseph mi scuote leggermente.

 
“Mamma?”- mi chiama.
“Si?”- gli rispondo.
“Non riesco a prendere sonno…”- mormora.

 
Lo sapevo.

 
“Neanche io mamma…”- lo segue a ruota Stefan. –“Ci prepari il latte?”
“Ti prego mamma, così vediamo come sta Spike.”- continua Joseph.

 
Spike. Il cane.
Hanno deciso di chiamarlo così e quando me l’hanno detto sono quasi scoppiata a ridere nel vedere quel povero cucciolo con un nome così possente.
I bambini hanno detto che è stata una trovata di Alex –strano– e a loro è piaciuta così tanto che hanno accettato senza pensarci due volte.
Per fortuna il cane non era così messo male come credevo. I piccoli avevano insistito per tutta la sera di poterlo portare in camera loro o di farlo salire sul letto, ma ho spiegato loro che è meglio lasciare il cane nella propria cuccia. Non è molto igienico far salire un cane sul letto.

 
“Va bene, ma dopo veniamo subito a letto.”- gli concedo infine.

 
Mi schioccano un bacio su entrambe le guance e corrono subito in cucina. Li sento urlare sulle scale e sicuramente staranno facendo un’altra gara. Non li sgrido nemmeno per non essersi messi i calzini o le ciabatte, non mi sentirebbero e non mi ascolterebbero lo stesso.
Prima di uscire dalla camera guardo l’ora sulla sveglia e noto, con orrore, che segna le 3.13.
Io mi devo svegliare alle 5.55. Mi porto una mano sugli occhi e scendo lentamente le scale.

 
 
 
Trovo i bambini già seduti sulla tavola che si divertono a far penzolare i piedi mentre a pochi metri da loro c’è Spike che scodinzola felice e va da una parte all’altra. Mi abbasso a fargli una carezza e lui sembra ricambiare leccandomi la mano. Prendo le loro tazze preferite, una di Superman e l’altra di Spiderman, le riempio con il latte e le metto in microonde, aspettando che si riscaldino. Quando il microonde suona, segno che il latte si è scaldato, tiro fuori le tazze e le poso davanti ai bambini.
Mi abbasso sulla mensola e tiro fuori i loro biscotti preferiti e ne do un po’ a ciascuno.

 
“Mamma”- mi interrompe Stefan. –“Ti sei dimenticata il miele!”

 
Mi porto una mano tra i capelli. Hanno ragione, me ne sono completamente dimenticata.

 
“Avete ragione, scusatemi.”

 
Apro la prima mensola a destra dell’enorme cucina e afferro il barattolo di miele. Quando finalmente l’ho messo a tutti e due sorridono soddisfatti ed iniziano a mettere i biscotti sul latte per poi mangiarli.
Sento qualcuno che mi tocca la gamba e sobbalzo leggermente dimenticandomi completamente che potrebbe essere il cane ed è così.
Guardo il cucciolo che si è seduto di fronte a me e scodinzola, aspettando qualcosa. Mi sono forse dimenticata di dargli da mangiare?
Scuoto leggermente la testa. No, Stefan e Joseph hanno provveduto a ciò.
Sta male?
Non scodinzolerebbe se stesse male.

 
“Mamma, forse vuole anche lui del latte.”- mi dice Joseph.
“Del latte?”- domando poi guardando prima i miei figli e poi Spike.

 
Un cane che beve il latte?
Ho sempre sentito che i gatti bevono il latte, non i cani, ma ormai non mi sorprendo più di niente. In effetti è ancora un cucciolo e sebbene riesca a mangiare i croccantini forse ha ancora bisogno del latte.
Afferro una ciotola, comprata apposta per il cane, ci verso un po’ di latte e gliela metto di fronte al naso. Il cucciolo si tuffa subito sulla ciotola e beve il latte come se nulla fosse.
Sento i bambini ridere dietro di me sicuramente per la mia faccia buffa.
Sorrido di rimando e mi siedo con loro, guardandoli mentre finiscono di bere il latte. Non posso non sentirmi felice, sono al settimo cielo insieme ai miei bambini, più un cane acquisito.
 












 

 

                                                                        * * *
 















Sono le 3.50 e non so se mettermi a dormire o meno. I bambini sono già sotto le coperte, pronti per dormire, mentre io mi devo alzare fra due ore poco più.
Ho troppo sonno, sto quasi per crollare, ma non avrebbe senso dormire ora, ma non posso nemmeno non riposarmi visto che le riprese inizieranno tra poche, pochissime, ore.
Julie ci vuole tutti puntuali, entro le 7 e conoscendomi, siccome sono una ritardataria cronica, ho messo la sveglia prima, molto prima.
Finalmente decido di mettermi a dormire, quando sulla soglia della camera compare un ombra. E’ di nuovo Spike.
Che cosa vuole ora? Perché è salito fin qua su se la sua cuccia si trova in soggiorno?
Il cucciolo è seduto davanti all’entrata e si guarda attorno, di tanto in tanto guarda me e i bambini.
Non posso farlo salire a letto, è una regola che ho imposto fin da subito, ma vederlo così, quasi triste, mi fa rimpiangere tutto.
 

“Solo per questa notte, davvero.”- sospiro guardando i bambini che con lo sguardo mi avevano pregato di far salire il cane sul letto.
 

Mi sorridono felici, mentre io batto una mano sul letto per fare segno al cane di salire. Il cucciolo non se lo fa ripetere due volte e con qualche intoppo riesce a salire.
I gemelli si posizionano meglio sopra di me, mentre il cane appoggia la testa sulle mie gambe. Non avrò più libertà nemmeno quanto dormo ora.
Mi sporgo e spengo la luce della lampada ridacchiando. Chi avrebbe mai immaginato questa scena? Nessuno.
 

“Buonanotte mamma.”- mi dicono in coro.
“Buonanotte…”- rispondo loro.
 

 
 
La sveglia suona puntuale alle 5.55. Apro prima un occhio e poi l’altro non riuscendo a muovermi per il troppo peso sopra la mia pancia. Accarezzo le due testoline brune sopra di me e mi perdo a guardarli per infiniti minuti.
Sono cresciuti tanto in fretta, mi sembra ancora ieri quando ho scoperto di essere incinta, quando è iniziato tutto. La prime ecografie, le infinite nausee, i mal di testa, quando ho scoperto che fossero due maschi, i primi movimenti, le doglie, il parto e la paura che uno dei due non ce l’avrebbe fatta.
Mi passa tutto davanti come un film, in particolar modo quando l’ho detto ai miei genitori.
 



 
 
 
 
Ho scoperto di essere incinta circa due mesi fa. Ora sono di tre mesi e una settimana, ho fatto la seconda ecografia poco tempo fa.
Sta andando tutto bene da quello che ha detto la dottoressa, sono solo un po’ sottopeso ed è per questo che alcuni valori erano sballati.
Non è nulla di preoccupante, me l’hanno ripetuto fino allo sfinimento e per il bene del bambino e per il mio ho deciso che non vale la pena stressarsi, non sono un dottore e se loro dicono che sta andando tutto bene effettivamente sta andando tutto bene.
Oggi ho deciso che lo dirò ai miei genitori e ad Alex. Quello che mi preoccupa è soprattutto lui e le domande che verranno fuori, in particolar modo ‘Com’è successo?
Sanno perfettamente come si fa un bambino, ne ho puramente la dimostrazione, ma vorranno sapere il perché e perché con lui visto che era già ‘impegnato’.
La verità? Non lo so nemmeno io, ma ormai il danno è fatto e non posso più tornare indietro –anche se non reputerò mai mio figlio un errore, non potrei mai farlo. Ho sbagliato, è vero, ma non lascerò mai che questo bambino ne paghi le conseguenze, cercherò di essere una brava madre e anche se non sarò la migliore mi impegnerò per esserlo.
Per quanto riguarda suo padre… Lui… Non c’è più. Se n’è andato.
E’ sparito, si è volatilizzato nel nulla, proprio. Julie, dopo avermi pressata per quasi due mesi, mi ha costretta a confessare il mio stato interessante –come l’ha capito non lo saprò mai– e dopo essermi saltata addosso ed avermi abbracciato ha cominciato a farmi la paternale. Quando si è finalmente calmata, ed essersi di nuovo congratulata, ha sganciato la bomba. Lui se n’è andato subito dopo quella notte e non si è fatto più vedere e né sentire. Ho pensato a lungo a tutto questo e ho finalmente deciso: mio figlio crescerà senza un padre, perché lui ha voluto così. Nessuno sa dove sia andato e probabilmente non lo rivedrò mai più.
 
Bussò più volte alla porta di casa mia –la mia ex casa– e finalmente sento qualcuno avvicinarsi alla porta; dai passi leggeri sembra mia madre, ma non vorrei sbagliarmi.
Invece è proprio lei ad aprirmi la porta e dopo qualche attimo di confusione mi getta le braccia al collo e mi stringe forte a se, quasi senza farmi respirare. Inspiro il suo profumo, che sa di buono, e mi lascio coccolare un po’, prima di sganciare la bomba.
Non fa nemmeno in tempo a parlare che le sue braccia vengono sostituite da quelle di mio padre e per ultime da quelle di mio fratello. Mi sono mancati così tanto.
 

“Nina, tesoro, siamo così contenti che tu sia qui.”- mi sorride mia madre abbracciandomi ancora.
 

Sono sparita per quasi due mesi e quando rispondevo al telefono parlavo a monosillabi, senza nemmeno avere la forza di aprire la bocca. Mi sono pentita del mio comportamento, ma ero a pezzi. Pezzi che Julie, Candice e Kat si sono impegnate di raccogliere con tanta pazienza e sono state loro a convincermi di dirlo ai miei genitori –“Loro non ti giudicherebbero mai, Nina, sono la tua famiglia” sono state le parole di Candice. Ed hanno ragione, chi mi può aiutare se non la mia famiglia?
 

“Anche io mamma, anche io.”- sorrido stringendola forte a me.
 

Mi lascio coccolare un po’ tra le braccia di mia mamma per dopo passare su quelle di mio padre che mi parla tutto contento mostrandomi la sua immensa felicità nell’avere la sua piccola bambina –così mi ha sempre chiamata– a casa. Per un po’ mi dimentico perfino della notizia, di dire loro che presto diventeranno nonni e a mio fratello che diventerà zio, ma il fatto è che mi sono mancati così tanto.
E’ mio fratello a spezzare il ghiaccio.
 

“Neens, vuoi un bicchiere d’acqua?”- mi domanda. Perché? –“Sei così pallida.”
 

Mi mordo convulsamente il labbro e guardo altrove. Annuisco piano e spero che un bicchiere d’acqua mi faccia sentire meglio di come sto adesso.
Mi sto innervosendo, perché non so da dove partire, e lo capiscono anche i miei genitori.
 

“Nina, tesoro, è successo qualcosa che dovremo sapere?”- mi domanda mia madre.
“Parlaci, siamo la tua famiglia. Non ti ho mai vista così nervosa piccola mia…”- mio padre mi accarezza una guancia. –“Qualcuno ti ha fatto qualcosa?”
“Io…”- mi torturo le mani. –“Sono venuta qui per dirvi una cosa…”
 

Ma non ci riesco vorrei aggiungere.
Mia madre sta iniziando a preoccuparsi e non appena Alex arriva dalla cucina mi lancia uno sguardo interrogativo vedendomi in questo stato.
 

“E’ successa una cosa, io…” –mi mordo il labbro. –“E’ stato uno sbaglio, ma… Non posso ritornare indietro…”
“Tesoro, puoi raccontarci tutto, sai che nessuno ti giudicherà.”- mi incoraggia mia madre.
“Qualche tempo fa io e… Ian abbiamo ricominciato a”- deglutisco e riprendo fiato. –“vederci. Ci siamo visti una volta, due volte, tre volte e…”
 

Tutti mi guardano interrogativi, non capendo. Sanno perfettamente che Ian non è più single da un bel pezzo ormai e mi guardano confusi.
 

“Non l’avevamo programmato, ma è successo.”- continuo.
“Nina cosa non avete programmato, non capisco.”- mi dice Alex.
 

Mio padre rafforza la presa sul bracciolo del divano e smette di respirare per qualche secondo. Mia madre mi guarda, guarda mio padre alle mie spalle, riguarda me, guarda la mia pancia e mi riguarda per l’ennesima volta.
Ha capito tutto.
 

“Sono incinta.”- sussurro quasi sicura che nessuno mi abbia sentito.
 

Se prima le mani di mio fratello avevano iniziato a tremare non appena aveva sentito il nome di Ian ora sono completamente scattate e il bicchiere si è frantumato al suolo versando acqua ovunque. Mi guardano tutti allibiti, senza dire una parola.
Ecco, l’ho combinata davvero grossa stavolta.
Ancora una volta mia madre mi sorprende e così, dal nulla, mi abbraccia. Mia madre mi sta abbracciando dopo che le ho dato una notizia del genere.
Mi sta abbracciando.
Sento indistintamente i suoni dei suoi singhiozzi mentre mi stringe più forte. Mio padre e Alex non hanno ancora aperto bocca, mi fissano allibiti.
 

“Diventerò nonna.”- dice.
 

Davvero sta pensando che diventerà nonna? Tra tutto quello che poteva dirmi, tipo urlare e sbraitare, è felice perché diventerà nonna?
Oh mamma.
 
 



Mio padre e mio fratello quella volta la presero peggio: entrambi erano concordi di andare da Ian e ucciderlo, o quanto meno trovarlo in capo al mondo. Li ho fatti ragionare e mi sono presa ogni tipo di responsabilità, come giusto che sia.
Mi alzo dal letto non appena sento suonare qualcuno alla porta. Che ore sono?
Non appena leggo l’ora dell’orologio (6.35) rimango spiazzata e mi precipito in entrata. Questa è sicuramente mia madre e io sono in super ritardo. Ho passato così tanto tempo tra i ricordi?
Evidentemente si.
Julie mi ucciderà questa volta, me lo sento. Non arriverò mai in orario.
 
 
_____________________________________________________________________________________
 
 
Non mi scuso nemmeno per il ritardo perché si, sono imperdonabile, e perché sono in lutto da questa mattina. Sicuramente già saprete il perché, o ve lo immaginato.
Ebbene si, signori e signori, Nina Dobrev –la mia piccola e adorata Nikolina Costantinova Dobrevalascia The Vampire Diaries e questa volta, ahimè, è tutto ufficiale. Non potete immaginare in che stato mi trovi ora, fatto sta che sono rimasta mezz’ora a letto a fissare il nulla e prima quindici minuti buoni a piangere e a disperarmi, ma poi sono arrivata ad una conclusione.
I’m happy perché Nina è felice. L’ha detto lei stessa, no? Ha messo una foto su Instagram qualche giorno va –il famoso giorno della festa al lagocon su scritto ‘Because I’m happy’ e so, per certo, che non mentiva. Perché non l’ho mai vista con un sorriso così da chissà quanto tempo ormai… Anni, forse. E sebbene io sia triste per The Vampire Diaries e per il Delena (da questo punto di vista sono parecchio incazzata perché… Cavolo, avete fatto sei stagione sviluppando questa coppia e adesso la fate sparire nel nulla? Ci vogliono propinare il Bamon? Scusate, che schifo) non posso non essere felice per lei, perché la amo. Amo Nina in tutte le sue sfaccettature, da quando fa la ragazza ‘seria’ per mostrarsi al mondo a quando fa ventordicimila follie come gettarsi già da dirupi e farsi mordere da una scimmia (o babbuino, non ricordo).
Amo quella donna, l’ho vista crescere, l’ho sempre seguita e sempre la seguirò. Ho visto tutti –o quasii suoi film e ogni volta ne rimango incantata come se fosse la prima. Lei merita il meglio, e come le ho scritto su Insagram, evento davvero molto raro, perché io non scrivo mai a persone famose se non per augurarle buon compleanno, se TVD non era il meglio per lei che lo cerchi il suo meglio. E’ una grande attrice e troverà fortuna, perché lo merita. Molti hanno detto che non troverà fortuna, che finirà nel dimenticatoio, ma io non ci credo, non voglio e non posso crederci! Ha talento da vendere ragazzi e lo dimostrerà! Alla faccia di quei quattro gufi! Lei non ha interpretato un ruolo, ne ha fatti ben quattro, dando a tutti aspetti e caratteri diversi da non poter confondere in nessun modo, perché è lei, è Nina.
Mi sono fatta un’idea sul perché abbia lasciato The Vampire Diaries, oltre alla ricerca di altre strade, e tutto si collega a Ian. E’ una povera ragazza, con dei sentimenti (molti devono ancora capire che non è un robot) che ha dovuto lavorare con il suo ex per due anni e sopportare che le venisse spiattellata anche la fidanzata tacendo, sempre. Potrete definirla egoista, ma per me no, non è così. E’ da considerare egoista una persona che soffre ancora dopo due anni dalla separazione? Magari sto dicendo la più grande bufalata della storia, ma qui gatta ci cova, e sono fermamente convinta che in minima parte sia così. Non aveva mai detto di voler abbandonare e adesso, di punto in bianco, se ne va.
Ma la vita è sua, è giusto così.
Ora, mi chiedo, come finirà The Vampire Diaries? Con la morte di Elena? Probabilmente si. Non so quanto piangerò a quel punto, forse mi darete per dispersa per qualche tempo, ma ritornerò. Perché solo scrivendo sui Nian e sul Delena potrò continuare a sognare e se per un momento, piccolissimo, avevo deciso di smettere mi sono subito ricreduta. Mi sento vicina a Nina scrivendo, perché la immagino, mi immedesimo, e solo così potrò sentirmi felice.
Ritornando al dunque… C’è ancora la questione della cura. Molti dicono che Damon darà ad Elena la cura e la soggiogherà facendola andare via. Perché?
Questo sarebbe un orribile finale, ma sarebbe anche aperto perché magari potrebbe ritornare alla fine della settima stagione e concludere in bellezza *si Giulia, speraci*
Preferirei che morisse nel vederla andare via e non ritornare più, sinceramente.
Voglio vedere cosa combineranno ora senza Nina, su cosa incentreranno la storia. Spero sul Defan, perché a questo punto non vedo altra alternativa. Non voglio il Bamon, davvero. Se ci sarà TVD avrà perso un’ascoltatrice. Non odio Kat, io adoro quella donna, ma no, vi prego… Forse qualche ‘base’ è stata buttata giù negli ultimi episodi, ma io la vedo come una profonda e bella amicizia, niente di più.
Il Bamon non è una coppia, non bisogna confondere i libri con la serie, come molti hanno fatto e continueranno a fare.
Il Bamon è amicizia, non amore, vi prego.
E, sinceramente, stanno navigando ipotesi per cui Elena potrebbe ritrovarsi in un altro corpo. Mi chiedo ancora, Why? Elena senza la faccia di Nina non è Elena. E’ bella la trovata di The Originals, per carità… Ma diciamocelo… Che cos’è Rebekah senza la faccia di Claire? Che cos’è Kol senza la faccia di Nathaniel? Sebbene di quest’ultimo abbia apprezzato Daniel Sharman (attore che adoro da Teen Wolf) non è la stessa storia. Se i personaggi accompagnano gli attori sono quest’ultimi a dar vita ai personaggi, quindi no. Smetterò di guardare The Vampire Diaries se accadrà questo.
 
Detto questo, dopo aver fatto un commento quasi, più lungo del capitolo, passiamo a questo.
Non c’è molto da dire sinceramente, a parte il ritorno dei gemelli *-* Amo scrivere di quei due bambini, davvero. Parte importante, o quasi, è stato il flashback che io adoro scrivere.
Non ho nient’altro da aggiungere, ritorno nel mio angolino a disperarmi ancora un po’, giusto per metabolizzare.
E voi… Cosa ne pensate di questa storia? :) (Buona Pasqua, anche se in ritardo^^)

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Capitolo 13
*** Mint. ***


                                                           Mint.


                                                                                                                                                                                 24 Agosto 2022.
Thirteenth Chapter.



Nina.

“Nina, ormai non so proprio come dirtelo.”- Julie scuote la testa sconsolata. –“Quando imparerai ad arrivare in orario? All’undicesima stagione?”
 

Alzo le mani in segno di resa e ridacchio leggermente. Ha ragione, sono sempre in ritardo, ma non posso farci mica nulla se ho due bambini piccoli a cui badare, anche se loro ora centrano veramente poco.
Questa mattina effettivamente è stata colpa mia, ma questa notte ho anche dormito veramente poco perché i gemelli non riuscivano a prendere sonno nella casa nuova.

 
“Facciamo alla quindicesima dai, forse potrei anche farcela.”- le schiocco un bacio sulla guancia. –“Devo andare, sono in super ritardissimo.”
“Lo so, muovi il culo.”- mi minaccia bonariamente.

 
Corro per tutta la lunghezza del corridoio, esibendomi anche in mosse acrobatiche per saltare fili dell’elettricità ed evitare cameraman troppo occupati a sistemare le varie apparecchiature.
Come dargli torto? Stanno facendo il loro lavoro infondo.
Evito anche l’ultimo cameraman, ma inevitabilmente mi scontro con qualcun altro e finisco rovinosamente a terra sbattendo il sedere sul pavimento freddo e duro.
Che botta ragazzi!
Mi accorgo solo in un secondo momento contro chi sono andata addosso e lo vedo perfettamente in piedi che mi sta tendendo una mano per aiutarmi ad alzarmi. Ovviamente io troppo orgogliosa non l’accetto e mi tiro su da sola.

 
“Volevo aiutarti.”- sospira quasi seccato.
“Non ho bisogno d’aiuto.”- gli rispondo con il suo stesso tono, anzi, più seccato.

 
Si passa una mano tra i capelli nervosamente e stringe le mani fino a che le nocche gli diventano bianche.
Si sta innervosendo, ma non ho tempo da perdere e, soprattutto, non ho tempo –e voglia– per assecondare tutti i suoi capricci.

 
“Sono in ritardo e non voglio dare spettacolo in corridoio.”- gli rispondo poi addolcendo leggermente il tono della voce.
 

Ian mi scruta per l’ultima volta poi gli passo accanto a riprendo la mia corsa verso il camerino.
Arrivo dentro con il fiatone e trovo la mia acconciatrice con le mani sui fianchi che mi scruta severamente.

 
“Lo so, sono in ritardo, di nuovo.”

 
Ridacchio leggermente contagiando anche lei.
 












 
                                                                             * * *
 












Ormai sono arrivati praticamente tutti e hanno già finito di preparare il set per la scena, quella scena.
Oggi, dopo anni, Elena e Damon convoleranno a nozze e al solo pensiero mi viene la nausea, ma non posso rovinare tutto, non dopo tutto il lavoro che è stato fatto. Hanno impiegato circa quattro giorni per sistemare il tutto sotto gli ordini di Julie, Kevin e Caroline.
Anche io sono pronta, più o meno. Sarah mi ha acconciato alla perfezione, facendo ricadere i miei lunghi capelli in morbidi boccoli –non come quelli alla Katherine, no… Sono molto più morbidi.
Sono ancora in jeans e camicia ed è da dieci minuti buoni che sto fissando il vestito del mio finto matrimonio. So che è tutto per finzione, ma fa sempre uno strano effetto, lo stesso di quando ho dovuto indossare una finta pancia per Katherine o quando ho dato alla luce sua figlia. Era tutto così nuova e dire che ero terrorizzata era un eufemismo. Lo sono anche ora a dire la verità: insomma, non ho mai fatto nulla del genere.
Lui però si, l’ha fatto, anche se è stato tempo fa –parecchio tempo fa.
Insomma, ho un copione da seguire, ma se sbagliassi qualcosa e pensassero che stia facendo tutto di proposito? Non voglio questo, questa stagione deve iniziare al meglio anche perché penso che sarà anche l’ultima, almeno per me. Ho accettato per i bambini, è vero, ma tra poco inizieranno il loro primo anno di scuola elementare e voglio stargli accanto, cosa che con il mio lavoro non potrò mai fare.
 

“Se continui a fissare quel vestito così insistentemente lo sciuperai, fidati.”
 

Mi volto di scatto per trovarmi di fronte la faccia di Paul già completamente vestito con il suo smoking e i capelli così tanto alla Stefan.
Fa qualche passo in avanti e si siede sul divanetto del mio camerino, accanto al vestito.
 

“E’ proprio bello, penso che sia quello adatto a te.”- mi sorride dolce.
 

Mi siedo dalla parte opposta al divanetto, in modo da non rovinare il vestito, e lo guardo di nuovo.
 

“E’ un vestito come un altro, Paul.”- gli sorrido di rimando.
“Sono sicura che è quello perfetto per te.”- si alza e mi da le spalle. –“Forza, indossalo, voglio vedere come ti sta così potrò vantarmi di essere il primo ad averti vista così.”
 

Lo sento ridacchiare leggermente e questa atmosfera mi rilassa un po’.
 

“Non farmi aspettare troppo però, non ho mica l’eternità davanti.”- mi dice rimanendo sempre girato per non guardarmi.
“Bugiardo.”- ridacchio. –“Sei un vampiro.*”
“Ancora con quella storia?”- ridacchia anche lui.
“Ammettilo che è vero.”- lo rimbecco mentre inizio a sfilarmi la maglia.
“Mi hai scoperto!”- si porta teatralmente una mano sul cuore. –“Credo che dopo ti ucciderò, insomma… Non puoi mica svelare la mia identità così.”
 

Scoppio a ridere mentre mi tolgo anche i pantaloni. Non dovrebbe essere difficile metterlo, insomma, è pur sempre ingombrante, ma è fatto come gli abiti del 1864 di Katherine.
Alla fine, con non poca difficoltà, riesco a infilarmi quel dannato vestito e mi sento in imbarazzo e anche tanto fuori luogo. Non oso immaginare come mi sentirò quando uscirò fuori da qui.
 

“Fatto, puoi girarti.”- gli dico.
 

Paul si gira e mi guarda quasi incantato. Dall’imbarazzo abbasso gli occhi sul pavimento trovando il parquet molto interessante.
 

“Sei…”- balbetta. –“Sei stupenda… Insomma… Non che tu non lo fossi, ma sei semplicemente perfetta.”
 

Alzo lo sguardo su Paul e gli rivolgo un timido sorriso di ringraziamento.
 

“Mi… Mi aiuteresti con la cerniera?”- gli chiedo indicandola con un cenno del capo.
 

Lui annuisce e mi volto dandogli le spalle. Me la tira su senza problemi poi mi posa un bacio sulla guancia.
 

“Sono sicuro che farai un figurone.”- mi sorride incoraggiante.
 

Gli sorrido anche io spontanea e lo ringrazio mentalmente per avermi resa un po’ meno agitata di prima.
 

“Forza Stefan, accompagnami all’altare.”- gli dico.
“Va bene futura suocera.”
 
 

Percorriamo il corridoio deserto e ogni volta che ci avviciniamo sempre di più all’entrata le mie gambe si fanno sempre più pesanti e il respiro sempre più corto. Se non mi conoscessi potrei benissimo dire di star per avere un attacco di panico. La presa sul braccio di Paul si fa sempre più ferrea e lo stritolo a dieci centimetri dalla porta che mi separa dall’uscita per arrivare in giardino dove è stato allestito tutto.
 

“Nina, guardami.”- mi solleva il mento. –“Andrà tutto bene, ok? La scena durerà circa dieci minuti, anche meno. Basta solo che ti impegni e in una sola volta sarà tutto finito, va bene?”
 

Annuisco e Paul fa cenno ad uno dei tanti cameraman di far partire la marcia nuziale.
 
 

 Entro in scena sorretta da Paul che in questo momento ha preso i panni di Stefan. Sono tutti seduti ai propri posti su tante sedie bianche e azzurre e non appena mi vedono si alzano tutti in piedi per seguire il passaggio della sposa. Ho decide e decine di occhi puntati addosso, ma tento di immedesimarmi in Elena e nella felicità che deve provare in quel giorno. Saluto tutti con lo sguardo, sorridendo, e tento fino all’ultimo di non alzarlo su DamonIan.
Il percorso è troppo breve e sono subito lì, a pochi passi da lui. Incrocio il suo sguardo e quello che mi colpisce di più è la sua espressione. Ha la bocca spalancata e sembra aver visto un fantasma. Da fuori si potrebbe scambiarla per una faccia di pura adorazione –quello che effettivamente deve trasmettere– ma io so perfettamente cosa c’è dietro quell’espressione. E’ stupito, ferito, malinconico e magari starà anche pensando che è una vera fortuna quella di non avermi sposata.
Di fronte a me c’è Matt, in veste di Alaric, e sarà lui e celebrare il matrimonio. Mi pare di aver letto, se non erro, che è stato Damon a chiederglielo in una scena girata ieri e sinceramente ho trovato il tutto molto carino.
Paul molla il mio braccio per andare a posizionarsi vicino a Candice –lei e Paul sono i testimoni– e vorrei urlargli di fermarsi e che io non posso stare qui da sola senza nessun aiuto, ma mi trattengo nel farlo.
Mi posiziono accanto a Ian non prima di aver ricambiato adorante il suo sguardo –sempre tutto per finta. Spero di averlo fatto in modo giusto, o altrimenti dovremo ripetere tutto da capo. Nessuno ferma niente, quindi deduco di star andando alla grande, almeno per ora.

 
“Sei bellissima.”- soffia Ian rivolto a me, cioè Elena, in un sussurro udibile solo a me e a lui, ma che le telecamere posizionare ovunque, anche sul mio vestito e il suo, riescono a percepire comunque.

 
Gli sorrido, ricambiando lo sguardo di fuoco, e focalizzo l’attenzione su Matt Davis che si accinge a celebrare la messa.
Dopo quella che mi sembra un eternità, in cui Ian non ha mai smesso di sfiorarmi facendomi ogni volta sussultare, è il momento dei voti. Il bambino di Alaric e Jo zampetta felice verso di noi tenendo tra le mani un cuscinetto con le fedi nuziali.
Da quanto ho capito Bonnie –Kat in pratica– le renderà anelli solari.
Ian afferra per primo la fede e come da copione inizia a recitare la sua parte, ma quello che mi sconvolge è quello che dice.
Mi prende le mani tra le sue e si volta completamente verso di me.

 
“Elena, sono un vampiro da più di 150 anni e mai e poi mai avrei pensato di arrivare a questo punto. Io, l’eterno stallone, quello che è andato a letto con più donne di quelle che si sono sul suolo americano, è qui di fronte a te promettendoti fedeltà assoluta e di onorarti e amarti per tutta l’eternità. Non posso prometterti che questa unione sarà rose e fiori, perché, credimi, non lo sarà. Il più delle volte litigheremo, lotteremo e ce ne andremo, ma prometto di tornare sempre da te, non lasciandoti mai.”- si ferma un attimo sospirando e colgo tutta la fatica che sta facendo per dire questo. Posso sentirlo dal suo tremore, dalla voce o semplicemente posso leggerlo all’interno di quelle iridi di ghiaccio. –“Io, Damon Salvatore, prendo te, Elena Gilbert, come mia moglie, per amarti e onorarti, in salute e in salute, visto che non possiamo ammalarci, in ricchezza e in povertà, anche se non ti farò mai mancare nulla, finché un qualche pazzo immortale non ci separi.”

 
Finito il discorso mi infila l’anello al dito e intanto do sfogo alle lacrime. So perfettamente che doveva andare così, nel senso che Elena avrebbe dovuto piangere a questa dichiarazione, ma so cosa c’è dietro tutto questo e sebbene io odi Ian con tutto il mio cuore non posso essere indifferente di fronte alla sua sofferenza, che, sotto un certo punto di vista, è anche la mia.
Perché ho visto quanto gli è costato dire quelle parole, magari immaginando – o ricordando– che questa avrebbe potuto accadere veramente se io quella volta avessi accettato e sebbene io abbia appurato più volte che a lui non è mai importato niente di me non posso evitare di pensarci senza provare nulla.
Prendo con le mani tremanti l’altra fede e punto lo sguardo sui suo occhi azzurri.

 
“Non sono un vampiro da tutto questo tempo, ma posso affermare, e di questo ne sono fermamente convinta, di non essermi mai sentita così viva con nessun altro. La prima volta che ci siamo incontrati mi hai detto che volevo un amore che mi consumasse, un amore così forte da darmi pericolo ma dettato dalla passione e io ho trovato assolutamente questo, e solo con te.”- la mia voce trema leggermente, ma cerco di tenerla normale. Non posso fare nient’altro se non immedesimarmi in Elena, perché tutto quello che sta dicendo l’ho provato sulla mia pelle. –“Solo tu mi hai fatto sentire così in vita e hai messo in gioco e distrutto le mie certezze, i miei dubbi e le mie paure, facendomi aprire gli occhi. Non avrei mai pensato di trovare l’amore perfetto, quello che avevo sempre sognato, ma evidentemente pensavo male.”

 
Mi stacco leggermente da lui per guardarlo meglio.

 
“Io, Elena Gilbert, prendo te, Damon Salvatore, come mio sposo e prometti di amarti e onorarti, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà finché non arriverà qualcuno a separarci.”- termino il discorso infilandogli la fede al dito.
“Vi dichiaro marito e mogl-”

 
Non faccio nemmeno in tempo a formulare dei pensieri coerenti che Ian si tuffa sulle mie labbra e mi bacia.
Mi sta baciando. Diamine, perché? La scena sarebbe dovuta finire con Matt che pronunciava la classica frase e stop. Finito.
Perché allora mi sta baciando?
Le sue mani si chiudono sul suo volto mentre il suo corpo si scontra contro il mio. Un brivido mi percorre la schiena e so perfettamente riconoscere che cos’è.
Cosa devo fare?
Devo assecondarlo?
Non c’era scritto sul copione tutto ciò.
Non posso certamente stare a guardare però… Le mie mani vanno a cingergli il collo e si perdono tra i suoi capelli che sembrano essere di seta e li stringo forte.



 
“Stooooop!”

 
Mi accorgo a mala pena dello stop di Julie e mi stacco quasi scottata dal corpo di Ian.
Perché ha fatto questo fuori programma inventandosi così tutto sul momento?
Le sue mani sono ancora sul mio volto e le stacca solamente quando Julie ci viene incontro euforica.
Non sembra arrabbiata da questa improvvisazione.

 
“Siete FANTASTICI! Siete stati fantastici!”- urla battendo le mani.

 
Abbraccia prima me e Ian. Non capisco.
Aveva volutamente tolto un qualsiasi bacio, almeno nelle prime scene e ora sempre la donna più felice del pianeta.

 
“Ian, i miei complimenti.”- lo abbraccia per la seconda volta in tre secondi. –“Questo fuori programma è stato… Come ti è venuto in mente?”

 
Lui si gratta leggermente imbarazzato i capelli, mentre io sono ancora con la bocca dischiusa. Non so cosa dire e non so nemmeno cosa fare.

 
“E’ stato solo lavoro.”- risponde solo per poi allontanarsi verso il suo camerino.

 
Lo seguo con lo sguardo e istintivamente mi passo la lingua sul labbro inferiore. Sanno ancora da menta, l’odore che ha sempre caratterizzato Ian.




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*La battuta si riferisce ad una vecchia intervista di Nina, tipo di quattro anni fa, nella quale raccontava di aver creduto seriamente che Paul fosse un vampiro visti i suoi denti -parecchio xD- affilati. Ha sostenuto che l'avessero preso solo per quello, sottolineando dopo che stava scherzando, ma da allora tutti prendono in giro Paul per quello.

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I'm back e lo so che l'ho fatto dopo ventordicimila anni (?) ma il problema è sempre lo stesso, la scuola. Tra un po' di settimane dovrei avere più tempo, si spera, ma non abbandonerò mai e poi mai questa storia ^^
Sebbene l'abbia iniziata da poco ci tengo troppo per lasciarla a metà e dopo gli ultimi avvenimenti -addio di Nina e matrimonio di Ian- mi è ritornata ancora più voglia di scriverla.
Ebbene si ragazze, a quanto pare Ian si è sposato proprio in questi giorni. Sono felice per lui ** (Ma non sono d'accordo per la scelta della ragazza ma ahimè la vita e sue e fa quello che vuole!)
Quante di non avrebbero voluto vedere Nina al posto di... Nikki? Troppe, veramente troppe, ma vabbeh :) Mi auguro che anche Nina si possa sposare un giorno ad avere tanti bei biccoli Dobrev in miniatura **
Passiamo al capitolo, ordunque.
Mi è piaciuto scriverlo, un sacco, in modo per la parte finale, ma andiamo in ordine.
Nella prima parte abbiamo un riavvicinamento Dobsley e mi piacciono un sacco quei due insieme, anni fa avevano un'amicizia spettacolare e sembrerà a me ma... Si sono un po' persi per strada, non trovate? Spero ovviamente di sbagliarmi alla grande!
La seconda parte è incentrata sul matrimonio Delena che noi poveri disgraziati non avremo mai. Ammettetelo anche voi che nella puntata di venerdì, quando Elena prende in mano la scatoletta, speravate ci fosse un anello dentro? Lo sperava anche Elena vista dalla faccia u.u
Ma con TVD siamo destinati a soffrire e quindi soffriamo. Chi ha visto il promo alzi la mano.
Elena. Cura. Ricordi. Ma dico io... Non poteva trovarli in un altro modo?
Sappiamo tutti -ce lo sentiamo- che alla fine Damon non riuscirà a mantenere la promessa fatta ad Elena, chi ha visto la puntata di venerdì sa di cosa parlo, purtroppo.
Ritornando al capitolo... (Non capisco perchè continui a divagare sempre così) Vi siete accorti che il tipo di scrittura è cambiato? Quando dovrò raccontare delle riprese cambierò il tipo di scrittura in mod da farvi intendere che stanno girando. All'inizio volevo metterlo in corsivo, ma sarebbe passato troppo per flashback. Le promesse? Sono sembrate troppo sdolcinate? Cioè... Damon che si dichiara così ma... E' pur sempre il suo matrimonio xD
La parte finale? Lo so, sono cattiva, me lo dicono tutti.
E' stato un bacio di scena o c'è dell'altro?

{Ovviamente ringrazio le favolose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e a cui adesso risponderò ^^}

Alla prossima <3

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Capitolo 14
*** Locked Doors. ***


                                                                  Locked Doors.


Fourtheenth Chapter.


27 agosto 2022.

 
Nina.
Non ci parliamo da tre giorni, o meglio… Mi sta evitando da tre giorni. Non che me ne importi, ecco, ma non ne capisco il motivo.
Prima mi bacia –facendo tra l’altro un fuori programma– e poi si dilegua nel nulla. L’ho visto un paio di volte sul set, ma non ci siamo nemmeno mai guardati. Io l’ho fatto, cercavo di capire, ma lui mi ha completamente evitata. Ogni qualvolta che ci incrociavamo cambiava strada oppure trovava qualcosa da far, lì, al momento.
Ma forse è meglio così… Ci siamo divisi tempo fa, ognuno è andato per la sua strada e forse è meglio così. Sono soltanto un’illusa a pensare che ci sia ancora qualcosa tra di noi, è andato tutto in frantumi, ogni cosa. Julie sostiene che abbiamo ancora grandissima chimica, ma per me non è niente vero. Non sento più quella voglia di recitare con lui, non sento più quello strano collegamento che avevamo anche una volta esserci lasciati, non siamo semplicemente più noi.
Mi siedo sul gradino dell’entrata e appoggio la testa della parete fredda, cercando un po’ di sollievo. Ho la testa che scoppia e ogni muscolo mi fa male. A dir la verità è da questa mattina che sono così, ma forse è perché non ho mangiato molto, anche se non ne avevo poi molta voglia. I ritmi sono così serrati ultimamente e continueranno così almeno per i primi di dicembre e dopo andrà in onda la pausa natalizia per riprendere alla prima settimana di gennaio, anche se non penso di riuscire ad arrivare fin lì. Sbadiglio leggermente portandomi una mano alla bocca e controllo l’ora sul cellulare.
7.00 pm.
Credevo fosse più tardi sinceramente visto che sono così stanca, ma forse è perché sto diventando vecchia. La soglia dei trent’anni l’ho già passata da un pezzo e mi sto avvicinando a trentaquattro anni.
 

“Nina, che cosa ci fai qui fuori?”- mi domanda Candice. –“Julie ti sta cercando, mancano ancora due scene.”

 
Mi alzo e barcollo leggermente sul posto. La testa pulsa e mi porto una mano alla testa ed inizio a massaggiare la tempia, cercando di lenire il dolore.
Candice mi si avvicina preoccupata e mi posa una mano sulla spalla.

 
“Nina, stai bene?”- mi domanda.
“Si, ho solo mal di testa.”- le sorriso. –“Ora vado dentro o Julie mi ucciderà.”

 
Annuisce poco convinta, per poi lasciarmi un bacio sulla guancia e dirigersi da Jo che è appena arrivato.
Saluto entrambi e mi chiudo la porta alle spalle.
Mi dirigo verso il set ricordandomi che fortunatamente ho una scena con Kath.

 
“Nina, stai bene?”- mi domanda Kath.

 
La fisso accigliata.
Perché me lo stanno chiedendo tutti?

 
“Perché me lo state chiedendo tutti?”- le domando.
“Sei pallida come un lenzuolo!”- mi risponde quasi con leggerezza.
“Davvero?”- dico fissandola allarmata.

 
Annuisce, mentre vedo Julie dirigersi verso di me con le mani sui fianchi.

 
“Ragazze, siamo in ritardo di un minuto!”- sbraita facendoci l’uno con il dito, poi sembra acquietarsi. –“Nina, Jessyca non ti ha truccata?”
“Io-”
“Non importa, modificheremo la colorazione al computer, forza, iniziamo!”- ci incita dandoci una leggera spintarella.

 
Io e Kath ridacchiamo leggermente e ci posizioniamo pronte per girare.
 
 
Finiamo la scena circa mezz’ora dopo, fortunatamente non erano troppe battute e diciamo che sia io che Kath ce la siamo cavata alla grande. Abbiamo trovato la connessione che avevamo qualche anno fa per recitare e diciamo che le nostre scene vengono ancora alla perfezione, forse perché effettivamente non ci siamo mai separate.
Mi manca ancora una scena con Paul e dopo potrò finalmente andare a casa. Non vedo l’ora di coccolare un po’ i miei figli, non li vedo da ieri pomeriggio. Purtroppo ho dovuto girare delle scene in notturna e sono tornata a casa abbastanza tardi, per questo sono rimasti a dormire da mia mamma. Ho promesso loro che avremmo guardato Frozen*, cartone uscito otto anni fa, il loro cartone preferito. Mi ricordo la prima volta che l’ho visto… Ovviamente il mio personaggio preferito è Olaf, come si potrebbe non amarlo? Amo quel pupazzo di neve, anche a distanza di anni, ed evidentemente i gemelli hanno preso da me!
Sento una mano sulla mia spalla e sussulto per lo spavento. Mi volto e vedo Paul che ridacchia soddisfatto.

 
“Ho rischiato un infarto!”- urlo colpendolo ad un braccio.
“Non essere esagerata, Dobreva.”- mi punzecchia.
“Ti stai prendendo un po’ troppa confidenza!”- lo rimbecco incrociando le braccia al petto.
“Dobrev!”- esclama una voce alle mie spalle.

 
Sussulto di nuovo portandomi una mano all’altezza del cuore per lo spavento.
Ma si sono messi tutti d’accordo questa sera?

 
“Ma volete farmi morire giovane?”- domando anche a Malarkey.
“Dove hai la testa?”- mi domanda ridacchiando Michael. –“Ero prevedibile come un elefante che tenta di camminare in punta dei piedi!”

 
Paul scoppia a ridere divertito mentre io dondolo la testa sconsolata.

 
“Oggi non è giornata.”- sospiro. –“Vi prego, muoviamoci. Mi scoppia la testa e voglio andare a casa.”
“Ai suoi ordini Miss Dobrev.”- annuisce Michael trascinandomi in sala.

 
Ci posizioniamo al centro della sala e aspettiamo che il cameraman dia il via.













 

 
                                                                * * *

 













Sono le 9.30 pm, la scena –a cui alla fine se n’è aggiunta un’altra– si è prolungata più del previsto.
Sono andati quasi tutti a casa, anzi, penso di essere praticamente l’ultima qui dentro, toccherà chiudere a me anche questa sera. Non vedo l’ora di arrivare a casa e mettermi a letto, mi dispiace solo di non aver mantenuto fede alla promessa fatta ai gemelli, ma tra due giorni avrò mezza giornata libera e penso che dovrei recuperare con loro. Tra due settimane inizieranno la scuola e lì il tempo sarà davvero poco.
Finisco per sistemare la stanza, afferro la borsa e sto per andarmene, quando la porta dello studio –addobbata come quella dell’ormai ex pensione– si apre rivelandomi una massa di capelli corvini.
La porta si richiude di scatto e lui sembra non accorgersi della mia presenza, fino a quando non alza lo sguardo su di me. I nostri occhi si incrociano per qualche attimo e lui non sembra intenzionato ad abbassare lo sguardo.
Il primo a parlare però è lui.
 

“Cosa ci fai qui?”
 

Esito qualche attimo prima di rispondere e lui sembra esitare allo stesso modo.
Perché mai è qui? Solo allora mi accorgo che la sua giacca nera –così simile a quella del suo personaggio– campeggia sul divano.
Oh… Ecco perché.
 

“Stavo… Finendo di sistemare…”- rispondo solo.
 

Si guarda attorno e sgrana leggermente gli occhi. Effettivamente ci sono ancora troppe cose da sistemare e ci vorrà come minimo un’ora se faccio tutto da sola.
Si gratta leggermente la nuca e appoggia il cellulare sul piccolo tavolino accanto al divano e si rimbocca le maniche della maglia blu scuro che mette profondamente in risalto i suoi occhi e il suo fisico scolpito.
 

“Ti ci vorrà un’eternità a sistemare tutto da sola.”- borbotta al mio indirizzo. –“Ti aiuto, almeno possiamo andare entrambi a casa.”
“Tu puoi andare, se vuoi.”- gli dico di rimando leggermente infastidita. Mi ha risposto come se fosse un obbligo. –“Finisco io qui.”
“Non fare l’ottusa, non ti si addice.”- mi volta le spalle ed inizia a sistemare le sedie senza curarsi del mio sguardo omicida.
Bene.”- soffio.
Bene.”- mi dice di rimando sbattendo un po’ troppo forte il libro sul tavolo.
 

Scuoto la testa e mi accingo a sistemare il resto della camera, il più lontano possibile da lui.
Non so quanto tempo passa, so solo che mi sento tanto stanca e infreddolita. La mia giacca è rimasta in camerino, ma ormai abbiamo quasi finito quindi non ha senso che io vada a prenderla.
Ian si volta verso di me con un sorrisetto trionfante ad incurvargli le labbra.
 

“Io qui ho finito.”- mi fissa pensieroso. –“Tutto bene?”
“Io?”- mi gratto la testa leggermente imbarazzata perché si… Ce l’ha con me. –“S..Si, sto bene.”
“Mmm…”- mi fissa dubbioso. –“Io vado allora.”
 

Annuisco leggermente e mi volto per continuare a sistemare le ultime cose quando lo sento imprecare. Mi volto di scatto e vedo che Ian fissa la porta, come imbambolato. Anzi… La maniglia della porta. Quella stessa maniglia che ora sta tenendo tra le mani e quella stessa maniglia che dovrebbe essere attaccata a quella maledetta porta.
 

“Che diavolo hai combinato?”- urlo.
“Non lo so!”- urla anche lui, è irritato. –“Non è colpa mia!”
“No, certo che no.”- lo canzono, anche se vorrei solo prenderlo a schiaffi. –“E’ colpa mia certo… Come sempre.”
“Non è uno scherzo, Nina! La porta non si apre!”- dice voltandosi verso di me.
 

Corro quasi verso la porta e tento di spingerla per aprirla, per fare qualcosa, ma per una dannata volta l’uomo che è alle mie spalle ha ragione.
La porta non si apre, è bloccata. Provo con un pugno. Niente. Provo con un calcio. Niente. Una spallata. Niente.
Barcollo leggermente e sarei finita a terra se Ian non mi avesse afferrata.
 

“Grazie…”- mormoro intimidita.
“Usare violenza non servirà a nulla, è bloccata.”- dice mentre mi aiuta a rimettermi in piedi. Per farlo mi tocca una parte del braccio scoperta e sussulta. –“Ma tu scotti terribilmente!”
 

Lo guardo spaesata mentre lui non molla la presa sul mio braccio.
 

“Io… No… Sto bene.”- dico.
“No.”- scuote la testa. –“Vieni, ti porto sul divano.”
“No… Noi… Dobbiamo andare a casa.”- biascico mentre le mie gambe si fanno più pesanti.
 

Ian mi afferra prima che possa ricadere a terra, di nuovo. Non mi fa camminare, mi prende semplicemente in braccio.
E’ come tornare a respirare, è come vivere di nuovo. Il mio corpo attaccato al suo, come in un groviglio, mi sembra essere ritornata ai vecchi tempi. Appoggio la testa sul suo petto perché la sento troppo pesante, pulsa e mi fa male.
 

“No, non credo.”- mi sussurra vicino all’orecchio. –“La porta è bloccata, non abbiamo niente per aprirla. Credo proprio che passeremo la notte qui.”




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Perdonatemi per il ritardo, ma non ho avuto neanche un attimo di tempo per respirare in questo periodo... Ma adesso l'anno scolastico è quasi giunto al termine e ho un po' più tempo per me, quindi credo -spero xD- di non far passare troppo tempo tra gli aggiornamenti, abbiate fede!
Il capitolo è venuto di getto e... Non so, spero che vi piaccia. Finalmente questi due sono da soli in una stanza e chissà cosa combineranno :')
Non immaginatevi chissà cosa pero ahahahaha
Ringrazio le favolose sette ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo a cui risponderò a breve, lo prometto!
Scusatemi se non vi lascio un commento del capitolo, ma non c'è molto da dire, spero di sentire vostre opinioni.
Ora devo scappare, ma la Champions mi chiama xD

Commento della 6x21?
Per me è... Un grande no comment!
Alla prossima <3

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Capitolo 15
*** Fever. ***


                                                                      Fever.


Fiftheenth Chapter..
                                                                                                                                                                              

                                                                                                                                                                                                        27 agosto 2022.


Ian.

Nina respira piano tra le mie braccia e la sento così leggera, così mia. Peccato che mia non lo sarà mai, perché ho deciso io così. Ho una moglie ora, quella è la donna che devo proteggere e venerare, eppure… Eppure le cose stanno andando a rotoli, niente è come mi aspettavo.
E’ come una strada in salita –una lunga strada in salita– e non mi sembra mai di arrivare alla meta.
Nina si muove piano tra le mia braccia e l’adagio piano sul divano, come se fosse il mio tesoro più prezioso. Socchiude leggermente gli occhi e mi guarda con sguardo accusatore, anche se posso vedere perfettamente che non ha la forza nemmeno per tenere gli occhi aperti lucidi per la febbre.
Le appoggio una mano sulla fronte e sussulto. Scotta terribilmente, è ancora peggio del previsto. Qui, però, non c’è niente. Siamo nel salotto di casa Salvatore –che altro non è che una stanza dello studio addobbata come quelle dell’ormai pensione distrutta– e non c’è né dell’acqua fresca e nemmeno un termometro per misurarle la febbre, non c’è niente.
Siamo costretti a passare la notte qui, ma ho paura per lei, qui, in queste condizioni. Nina, da quel che mi ricordo, non si ammala spesso, ma quando lo fa… Beh, si ammala veramente e ne esce distrutta.

 
“Dovresti cercare di dormire un po’.”- dico mentre le sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
“Mi fa male la testa…”- biascica socchiudendo gli occhi.

 
Le accarezzo delicatamente la guancia comprensivo. Mi si stringe il cuore a vederla in queste condizioni, ma purtroppo non posso fare niente per lei, non ho nulla qui con me, posso stare solo qui e vederla soffrire.

 
“Non pensarci, vedrai che non ti farà più male, va bene?”- le domando cercando di essere dolce, cercando di farle dimenticare anche di poco il dolore.

 
Annuisce piano e si stiracchia leggermente. Appoggia la testa accanto la mia mano –che è appoggiata sul divano– e mi sorride, poi chiude gli occhi.
Si addormenta così, cullata dalle mie carezze, anche se non so quanto potrà durare ancora a lungo questo suo riposo.
Nelle ore successive infatti si muove continuamente, sospira, fa smorfie e delira.
In questo preciso momento sta iniziando a sudare e credo che la febbre si sia alzata ancora e il divano in pelle, caldo a causa del suo corpo, non aiuta certamente, ma non vedo altra sistemazione più fresca –e soprattutto più comoda.
Mi sento impotente, non so come aiutarla, e non so nemmeno come rassicurarla a questo punto, ormai è come se non la conoscessi, se fosse diventata un’altra persona.
Ormai non è più la mia ragazzina, è una donna e magari è anche la donna di qualcun altro, anzi, lo è quasi sicuramente. Sono passati sette anni dall’ultima volta che l’ho vista ed è sempre tale e quale di aspetto fisico, forse è diventata leggermente più magra –e questo mi preoccupa visto che l’ho sempre reputata eccessivamente magra– e sicuramente sarà impegnata. Posso solo augurarmi che quell’uomo la tratti come di dovere e che sia solo alla sua altezza, voglio solo questo per lei.
Non posso fare a meno di udire alcuni No. Alcuni sono sussurrati piano, altri urlati con terrore ed è scossa da brividi. Sta facendo un incubo e sempre proprio decisa a non svegliarsi. Stringe convulsamente la mia mano e mi fa preoccupare ancora di più.
La scuoto leggermente per svegliarla e per finire questa tortura –che è più sua che mia.
Nina apre gli occhi e la vedo terribilmente scossa, impaurita. Mi fissa a occhi sgranati e si guarda attorno, poi si scosta bruscamente da me, è terrorizzata.
E’ forse terrorizzata da me? Perché?

 
“Nina”- le accarezzo piano la fronte e sembra bearsi del mio tocco visto che la mia mano e tutt’altro che calda. Sembra rilassarsi un po’ e la sua espressione spaesata e terrorizzata lascia il posto a un’espressione più dolorante. –“vuoi dirmi che cos’hai sognato?”

 
Scuote piano la testa e abbassa lo sguardo. Trema e penso che abbia freddo. Effettivamente, anche se siamo ancora in estate, le temperature di notte si abbassano anche di dieci gradi e questo non è un posto in cui stare di notte. Mi sporgo per afferrare la giacca alle mie spalle e la sistemo su quella di Nina, cercando di coprirla al meglio e di darle un po’ di sollievo.

 
“Grazie…”- biascica muovendosi agitata tra le mie braccia.

 
Non capisco il motivo di tutta questa agitazione, ma faccio finta di nulla. Non vuole dirmi che cosa c’è che la turba, e va bene così. Sebbene io sia preoccupato per lei non posso obbligarla e non è mio diritto –e interesse– consolarla a questo punto.

 
“Va un po’ meglio?”- le domando piano, a bassa voce.
“Un po’ si…”- mi risponde mentre le accarezzo piano un braccio.
“Sarebbe meglio che tu dormissi un altro po’, sei sfinita.”- le sussurro piano all’orecchio.

 
Lei scuote piano la testa e mi osserva per qualche secondo con i suoi occhi color nocciola ora lucidi per colpa della febbre alta.
Rimaniamo secondi –minuti o forse ore– a fissarci e sembra che il tempo si sia magicamente fermato all’interno della stanza, ci siamo solo io e lei.

 
“Io”- socchiude leggermente gli occhi. –“sono troppo stanca anche per dormire.”
“Dovresti, invece.”- le consiglio forzando un sorriso. –“Probabilmente la febbre salirà ancora e almeno dovresti riposare.”
“Non sei molto di conforto, lo sai?”- mi domanda sorridendo a sua volta.

 
Ridacchio piano e inevitabilmente non posso fare a meno di perdermi tra i ricordi.

 
 
 

 
Nina è a letto con la febbre che sembra alzarsi ogni mezz’ora, più o meno. Non si ammala quasi mai, ma quando lo fa è la fine –non per me, ma per lei.
L’ultima volta che le ho misurato la febbre il termometro è arrivato a 39.7 e spero che quella maledette lineetta non salga ancora, anche perché dovrei iniziare una guerra che non avrà mai fine.
Avrei voluto portarla in ospedale, ma giustamente, come la mia ragazza mi ha detto sarebbe esagerato per un po’ di febbre, anche se comunque la mia preoccupazione è alle stelle. Sotto questo suggerimento c’è anche la sua paura per gli ospedali –più che paura direi una vera e propria fobiama ho evitato di farglielo ammettere, altrimenti si arrabbierebbe con me e mi insulterebbe per il mio comportamento.
Prendo dal frigo la bottiglia di Tachipirina, un cucchiaino e mi avvio verso la nostra camera, tenendo nell’altra mano un bicchiere d’acqua fresca.
La trovo immobile, immersa sotto una montagna di coperte –che non ha voluto togliere perché ha freddo, anche se così peggiora solo la situazionecon appena fuori la testa. Ha le guance arrossate per la febbre alta e gli occhi lucidi, ma non l’ho mai vista più bella di così.
Mi siedo accanto a lei sul letto e le poso un bacio sulla fronte. Incresco leggermente le labbra notando che è ancora troppo calda e decido di darle subito il medicinale, sperando che la febbre possa abbassarsi anche di un poco.

 
“Ti aiuto a prendere la medicina, forza.”- le dico accarezzandole la fronte.
“Non la voglio Ian.”- biascica con la voce impastata e affaticata. –“Voglio dormire.”
“Prima prendi la Tachipirina, e poi potrai dormire.”- le sussurro piano sorridendo.
“Non mi piace.”- si lamenta.

 
Sbuffo leggermente e scuoto la testa. E’ sempre la solita testarda, ma forse è anche per questo che la amo così tanto, ma non posso assolutamente dargliela vinta, non oggi.

 
“Lo so, ma almeno la febbre si abbasserà.”- le rispondo. –“Forza Looch*, non obbligarmi a fartela prendere con la forza.”

 
Nina sbuffa di rimando e si lascia aiutare. La metto in posizione semisdraiata e le faccio bere la dose giusta, poi l’aiuto anche a prendere dell’acqua. Si accoccola sul mio petto, girata su un fianco, e si mette a giocare con il bordo della mia maglietta.
Sospiro nel sentire le sue mani calde contro la mia pelle fredda e sto fermo soltanto perché sta poco bene e punto tutto sul mio autocontrollo –sperando di riuscire a farcela.

 
“Sei un ottimo”- sbadiglia leggermente e non posso fare a meno di sorridere per la sua dolcezza. –“infermiere.”
“Dici che se vado in ospedale mi accettano?”- le domando accarezzandole la schiena con la mano libera mentre l’altra è stretta tra le sue.
“No.”- ride piano. –“Sei il mio infermiere personale.”
“Mmm…”- faccio finta di pensare. –“E quanto tu starai meglio?”
“Sarà il mio turno allora.”- mi risponde baciandomi piano.
“Ti ci vedrei bene con la divisa da infermiera, sai potremmo-”
“Non farti strani pensieri.”- mi risponde rivolgendomi un’occhiata languida. –“Ho sonno.”

 
Annuisco e le poso un bacio tra i capelli, poi la stringo più forte a me.
La coccolo finché non si addormenta. La osservo dormire e non posso fare a meno di sorridere. Ho un angelo tra le braccia, il mio angelo.
Non potevo essere più fortunato nel trovare questa donna che sarà mia per il resto della mia vita. Sarà mia moglie e la madre dei miei figli. Me li immagino già con i capelli quasi neri e gli occhi color nocciola e magari qualcuno anche con gli occhi come i miei –come mi ripete costantemente Nina.
Non posso fare a meno di pensare al nostro futuro e il mio cuore scoppia di gioia.
Sono felice.

 
Mi rendo conto di essermi addormentato quando sento Nina scendere velocemente dal letto e fiondarsi in bagno. Fisso per qualche attimo la porta del bagno preoccupato, poi corro da lei. La trovo riversa sul water a vomitare anche l’anima.
Mi si stringe il cuore a vedere quella visione e accorro subito da lei per aiutarla o almeno per legarle i capelli. Mi ringrazia con lo sguardo e poi si accascia contro la parete fredda del bagno.

 
“Non volevo che assistessi a ciò.”- sospira piano e mi fissa colpevole.
“Stai male, non è colpa tua.”- le accarezzo la fronte mentre lei si sporge per tirare l’acqua. –“Ti senti un po’ meglio?”
“Un po’.”- mi risponde.

 
La prendo tra le braccia e la riporto a letto seriamente preoccupato.

 
“Tesoro, sono preoccupato. Che ne dici di andare in ospedale per fare un controllo?”- le domando anche se so perfettamente la risposa.

 
Infatti il suo no non tarda ad arrivare.

 
“No, tutto ma l’ospedale no.”- mi implora.
“E se ti succedesse qualcosa di male?”- le domando preoccupato. –“Non voglio che ti accada niente.”
Non sei molto di conforto, lo sai?”- mi domanda.

 
 
 
 
 
 
“E’ un dato di fatto.”- le rispondo picato.
“Sei sempre stato pessimista.”- mi risponde a tono.
“Anche tu non sei da meno.”- ribatto fingendomi fintamente offeso. –“Ti ricordi quella volta al mare? Hai gufato per tutto il giorno convinta che piovesse alla sera a causa dei nuvoloni ed eri così dispiaciuta di dover saltare la festa in spiaggia.”
“E alla fine non ha piovuto, lo so.”- ride.

 
Scoppio a ridere anche io, ma entrambi ci blocchiamo nello stesso momento, forse capendoci all’istante. Non va bene cominciare a ricordare, non va bene scavare nei nostri ricordi che ancora, dopo tanto tempo, ci fanno male.
Nina si fa improvvisamente seria.

 
“Ho cercato di dimenticare quello che è accaduto tra di noi.”- sospira piano. –“Dovresti farlo anche tu.”

 
E capisco finalmente il suo atteggiamento, quello di nascondersi dietro un muro, proprio come sta facendo adesso.
Ha dimenticato e non vuole far emergere quello che c’è stato e va meglio così, non possiamo perderci tra i ricordi che ci fanno del male, che ci distruggono.

 
“Hai ragione, dovrei.”- le rispondo.

 
Si volta dall’altra parte, dandomi le spalle e non parliamo più, fino all’alba.













 
 

                                                                               * * *
 











                                                                                                                                                                                    28 agosto 2022.



“Non potevate chiamare qualcuno?”- ci domanda Julie portandosi le mani tra i capelli. –“Poteva succederle qualcosa di grave.”
 

Indica Nina che sta dormendo sul divano. Julie ci ha trovato circa mezz’ora fa addormentati nello studio.
 

“Per la millesima volta Julie”- mi passo una mano tra i capelli. –“Il cellulare di Nina era sul suo camerino e il mio era scarico.”
“Va bene, l’importante è che non sia successo nulla di grave. Candice ha appena chiamato Alex, sarà qui a breve e porterà Nina a casa.”- mi dice.
 

La fisso accigliato.
Potevo portarla a casa io, non ho nessun problema. L’ho vegliata per tutta la notte, potevo portarla anche a casa senza nessun problema.
 

“Potevo portarla anche io a casa, non c’era nessun problema.”- le dico infatti.
 

Mi fissa per qualche istante, indecisa se darmi o meno una risposta.
 

“Meglio di no.”- dice infatti incerta.
 

Annuisco stranito e me ne vado, con qualche dubbio in più nella testa.

 

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*Looch: soprannome che Ian ha dato a Nina anni fa :) Avevo detto che avrei aggiornato più spesso, ma… Ritiro quello che ho detto. Mi dispiace, davvero, ma i professori si sono inventati verifiche su verifiche con decine di pagine alla volta e beh… L’ultima verifica che ho è il sette giugno, non dico altro u.u
In più ho ancora partite e tornei, spero comunque di non far passare tanto tempo tra un aggiornamento e l’altro :’)
Diciamo che ho adorato scrivere questo capitolo, in modo particolare il flashback. Ian e Nina vicini e, soprattutto, stavano ancora insieme. Non vi dico che nostalgia che mi è presa scrivendo quel pezzo, non potete nemmeno immaginarla, tanto che volevo farli riappacificare subito, ma… Ma non posso xD
Lo so, sono cattiva, e mi merito tutte le cattiverie che volete, ma sono troppo contenta per il 10 nella versione di latino che potrebbe cadermi in testa anche un meteorite che non lo sentirei –ok, forse quello no ahahahahah
Vorrei ringraziare le ben 11 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e… Siete fantastiche, stiamo riprendendo i ritmi dell’inizio e non potrei esserne più felice, voi non sapete quanto conta per me il vostro parere ed è quello che mi fa andare avanti.
Volevate che fosse Ian ad accompagnare a casa Nina? Eh invece… Lo so che fremete per l’incontro tra Ian e i gemelli –che vi posso assicurare arriverà a breve– l’ho già scritto ed è una situazione particolare che spero piacerà, ma non potevo inserirla qui J
Quando la leggerete capirete ^^

Per quanto riguarda l'ultima puntata di The Vampire Diaries... Dire che sono rimasta allibita è dire poco... Era da giorni che girava la storia del "sonno profondo" e mi rifiutavo di crederci perchè lo ritenevo abbastanza infantile/stupido ebbene... E' accaduto veramente >.< A molti sarà piaciuta pure l'idea, almeno Nina ritornerà -se e quando ritornerà- ma lo stile "Bella Addormentata" non mi è piaciuto tanto, si sono parati il fondoschiena ecco. Preferivo una fine più degna per Elena anche perchè, visto le recenti interviste, avremo il nostro finale Delena -sottolineo sempre se lo avremo- fra cinque anni come minimo visto che vogliono andare ancora tanto avanti!
Ho apprezzato l'intervista di Paulino (*---*) che ha detto che non farà il vampiro ancora a lungo e che senza Nina non sarà più lo stesso, almeno lui ha ammesso la realtà!
Tornando alla puntata... Non mi è piaciuta troppo, anche se ho pianto dal primo all'ultimo secondo. Magistrale il lavoro di Nina e Matt Davis -alias il nostro Rick- che sono stati quelli che mi hanno fatta soffrire di più. Nina inoltre si è messa a pubblicare certe foto... Sapete a quali mi riferisco? Lei e Ian, mi pare ovvio! Ma quanto belli erano tutti pieni di torta? Nina, però, ci ha fatto del male, tanto male u.u
Quindi non sono stata molto soddisfatta del finale, vabbeh, tanto per me TVD è finito con la sesta, vedrò se continuare o meno, ma sono propensa sul no :')
Avete visto la vacanza di Nina? Mi sono divertita un sacco a vedere quelle foto e a vederla così felice ahahahah Una cosa: povera Lynx! Credevo che solo mio fratello potesse essere così fuori di testa da portare il gatto in giro con il collare e tutto il resto ma mi sono ricreduta.
Ora devo andare, alla prossima <3

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Capitolo 16
*** Twins? ***


                                                                    Twins?

Sixtheenth Chapter.


Nina.

Mi sono ripresa dopo una settimana dalla febbre e ancora adesso ne sento gli acciacchi, raffreddore improvviso compreso.
Oggi ritornerò sul set e con me verranno anche i gemelli e sono euforici. Forse euforici è dire poco, fatto sta che ieri sera sono andati a letto tardissimo e mi hanno tempestata di domande del tipo “Mamma, possiamo guardarti mentre reciti?” oppure “Possiamo giocare sul set?” o altre domande simili.
Mi auguro solo che non facciano qualche scherzo dei loro, soprattutto a Kat, o peggio… A Candice. Adorano la mia amica bionda, ma è anche la loro mira preferita per gli scherzi, gliene hanno combinata una più del diavolo.
Entro di soppiatto in camera loro, convinta che stiano ancora dormendo, ma non appena entro sono già vestiti.
Perfino Stefan! Stefan che ha preso da me l’abitudine di stare a letto più del dovuto e ora è seduto sul letto già pronto, gli mancano solo le scarpe.
Realizzo, quindi, di essere l’unica in pigiama.

 
“Cosa… Cosa ci fate voi due già vestiti?”-domando sbalordita.
“Mamma, ma sei ancora in pigiama!”- si lamenta infatti Stefan. –“Sono pronto prima di te.”

 
Joseph scoppia a ridere seguito a ruota dal fratello.

 
“Avete voglia di prendermi in giro?”- domando loro fintamente offesa.

 
Si gettano giù dal letto e mi abbracciano continuando però a ridacchiare sapendo perfettamente che non potrei mai arrabbiarmi con loro.
Stampo ad entrambi un bacio sulla fronte e li invito a scendere giù in cucina mentre io mi vado a vestire.
Ho promesso loro di portarli sul set ed ho mantenuto la promessa, sfruttando il fatto che oggi sul set non c’è praticamente nessuno. Abbiamo pochissime scene da girare, e oltre a me, Candice, Kat ci sono pochi altri, come Julie, Kevin e altri personaggi secondari.
Lui non ci sarà ed è meglio così, non mi sento ancora pronta ad affrontarlo e a presentarglieli.
Facciamo colazione in tempo record, circa 35 minuti e con largo anticipo prendo la macchina –rigorosamente con vetri oscurati– e ci dirigiamo verso lo studio. Candice si è offerta di tenere d’occhio i bambini finché giro, anche se sono convinta che vorranno vedermi comunque recitare.










 
 
Qualche ora dopo.
Ian.
Paul mi sta raccontando della cena romantica che ha fatto con Phoebe e mi ringrazia per aver tenuto la bambina.
L’ho fatto volentieri, è mio fratello –sebbene non lo sia realmente. Ci siamo sempre detti che il sangue non conta e ormai ci conosciamo da un’infinità di tempo per non reputarci come tali.
Sto cercando in ogni modo di recuperare il rapporto di alti e bassi di questi anni. Non sono stato il migliore tra i fratelli, ecco. Per prima cosa non mi sono presentato al suo matrimonio, ma non potevo farlo.
Non potevo rivederla, sarebbe stato un colpo al cuore. Poi non mi sono presentato neanche alla nascita di sua figlia, ma sempre per lo stesso motivo. Tutto legato a lei.
Non avrei avuto il coraggio di stare nella stessa stanza con lei, non dopo tutto quello che le ho fatto, che le ho detto.
Sono stato un mostro a trattarla così sette anni fa, in tutto. A dir la verità tutto è iniziato dopo che si siamo lasciati, ma in qualche modo ho tentato di esserle amico. Poi, però, nessuno dei due ce l’ha fatta. Non riuscivamo a stare lontani e siamo andati a letto insieme più di una volta –molto più di una volta.
Poi ho incontrato Nikki, mia moglie. Lei è stato un fulmine a ciel sereno. E’ riuscita a portarmi fuori dal baratro in cui stavo cadendo. Mi ha fatto sentire bene, in pace con me stesso. Ma ho tradito anche Nikki, tutto pur di stare con lei. Alla fine la mia attuale moglie mi ha dato un ultimatum: o lei, o Nina.
Ho scelto la prima perché era più comodo, perché mi offriva tutto su un piatto d’argento. Un amore sicuro, senza ostacoli, un matrimonio imminente e magari una famiglia. Per il primo è stato un po’ di tempo così, tutto poi si è affievolito. Il secondo effettivamente lo abbiamo fatto, anche troppo velocemente e il terzo… Siamo io e lei, nessun altro. Una famiglia leggermente troppo poco numerosa. Nessun figlio, niente. Questo perché… Ci abbiamo provato per i primi anni, ma per un verso o per l’altro non ci siamo più riusciti. Ho perso definitivamente le speranze, eppure mi sarebbe piaciuto essere padre. Ora semplicemente non ne ho più voglia, forse perché non siamo più quelli di prima. Voglio bene a mia moglie, si, ma mi manca ancora qualcosa. Qualcosa che mi consumi e la passione di una volta.
Si dice che se si ama veramente una persona la passione non finirà mai, ma la mia è già finita da un pezzo. Perché? Eppure sono convinto di amare mia moglie, altrimenti non l’avrei sposata.
E allora perché è da due anni che il più delle volte litighiamo invece di parlare civilmente?

 
“Ian, mi stai ascoltando?”- mi domanda Paul riscuotendomi dai miei pensieri.

 
Mi passo una mano tra i capelli e sorrido sbieco.
Paul sbuffa leggermente, poi mi sorride.

 
“A cosa stavi pensando?”- mi domanda.
“Scusami, è che…”- decido che non devo caricarlo di miei problemi. –“Continua pure.”
“So che non te ne frega niente della mia serata romantica e non mi offendo mica.”- sorride. –“Che cosa ti prende?”
“Stavo pensando, a tutto. Gli ultimi sette anni e giù di lì.”- gli rispondo.
“Sai, ora che ci penso… Io non so nemmeno cos’hai fatto negli ultimi sette anni…”- mi dice serio.
“Niente di così eclatante, davvero.”- gli sorrido.

 
Paul alza leggermente le spalle e mi tira una pacca sulla spalla.
Continuiamo a camminare lungo il corridoio alla ricerca di Julie. Oggi io non dovrei nemmeno essere qui, sarebbe il mio giorno di riposo, ma avevo bisogno di schiarirmi le idee e stare un po’ da solo, magari con qualche amico fidato –come Paul.
Neanche Paul dovrebbe essere qui, ma ieri sera si è dimenticato il copione troppo preoccupato ad organizzare la sua cenetta romantica.
Siamo quasi arrivati al suo camerino, quando qualcosa sbatte contro le mie gambe –o meglio, qualcuno.
In una frazione di secondo abbasso lo sguardo e mi rendo conto che è un bambino. Con dei riflessi degni di un vampiro lo afferro prima che si possa schiantare al suolo. Il bambino rimane con gli occhi chiusi per qualche istante, forse aspettando l’impatto con il suolo che non arriverà mai, e poi li riapre.
Due occhi azzurro-ghiaccio mi scrutano attentamente e in modo curioso. E’ un bambino di sei anni all’incirca, con i capelli castano scuro.
Si guarda attorno spaventato, quasi alla ricerca di qualcuno, poi tira un enorme sospiro di sollievo.
Paul, accanto a me, non ha ancora detto una parola. Passa lo sguardo da me e il bambino quasi allibito. Non capisco questo suo comportamento.

 
“Ti sei fatto male?”- gli domando premuroso abbassandomi alla sua altezza.

 
Mai al mondo vorrei che un bambino si facesse male. In più è venuto a sbattere addosso a me e non posso certamente dire di essere di gomma.
Il bambino scuote la testa e mi sorride.

 
“No. Mi dispiace di esserti venuto addosso, non volevo…”- mi risponde mortificato abbassando il capo.
“Non preoccuparti piccolo, non è niente.”- gli dico scompigliandoli i capelli. –“Tu, piuttosto, non sono certo una piuma.”
“Oh, ma sono forte anche io.”- ride allegro.
“Sono Ian.”- gli porgo la mano. –“Tu chi sei?”

 
In effetti è quello che mi sto chiedendo da qualche minuto.
Che Julie abbia arruolato qualche bambino per qualche strano flashback o per qualche sua strana idea? Non penso che un bambino, così piccolo, si sia intrufolato qui da solo. Ha un’aria familiare, comunque.
Che sia qualche nipote di qualcuno?
Passo in rassegna tutti i miei colleghi e no, non mi viene in mente nessuno.

 
“Sono Joseph.”- mi stringe la mano. –“Ma voi… Siete Damon e Stefan!”

 
L’ultima frase sprizza allegria da tutti i pori. Io e Paul ci guardiamo per qualche istante.
E’ forse un piccolo fan? Sinceramente è un po’ troppo piccolo per vedere la nostra seria televisiva. Troppo sangue, troppa violenza.

 
“Siamo noi in persona piccoletto!”- gli sorrido divertito.
“Non chiamarmi piccoletto, ho sei anni, quasi sette!”- ribatte quasi infastidito puntandomi il dito contro.

 
Ridacchio per la sua audacia.
Permaloso il ragazzino.

 
“Scusami, non volevo offenderti. Devo trattarti come un uomo?”- gli domando sorridendo.
“Non troppo. Sei tu il vecchietto!” –ride.

 
Scoppio a ridere per la naturalezza di questo bambino non preoccupandomi di chi sia o come sia arrivato qui.
Però ritorno per un attimo serio.
Veramente mi ha appena dato del vecchietto?

 
“Davvero sembro così vecchio?”- domando fintamente offeso.

 
Il bambino annuisce divertito dal nostro scambio di battute. Quando sorride ha gli occhi che brillano ed è una visione meravigliosa.
In meno di un secondo lo afferro per le gambe e me lo carico in spalla. Mi implora di metterlo giù, ma io invece di ascoltarlo gli gratto la pancia con una mano.
Il bambino ride più forte e cerca di liberarsi.

 
“Non sono poi così vecchio, no?”- gli domando. –“Altrimenti non sarei in grado di farlo.”
“Ritiro quello che ho… Detto…”- cerca di dire tra una risata e l’altra.

 
Lo rimetto giù e noto che sul braccio destro ha un neo, come me.
Che strana coincidenza.

 
“Sai che non si deve dare troppa confidenza agli sconosciuti? La tua mamma non te l’ha insegnato?”- gli domando.

 
Qua dentro è al sicuro, certo, ma lì fuori?
Nulla è sicuro.

 
“La mamma me lo dice sempre.”- annuisce tra se. –“Ma io vi conosco, più o meno. Voi siet”

 
Non finisce la frase perché qualcuno sta chiamando il suo nome e anche un altro. Mi pare di sentire Stefan in lontananza.

 
“Zia Candice…”- mormora terrorizzato. Candice? Il bambino rivolge a me e a Paul uno sguardo implorante. –“Non dite a zia Candice che sono stato qui, vi prego.”
“Ma cosa?”- impreca Paul.
“Per favore, ci ucciderà. L’abbiamo combinata grossa.”- mormora affranto.
“Tu e chi?”- gli domando particolarmente interessato.
“Io e Stefan. Mio fratello. Non ditele che ero qui.”- dice prima di correre dalla parte opposta.

 
C’è un altro bambino?
Zia Candice?
Candice ha dei nipoti e io non ne so niente?
Nel frattempo scuoto Paul che era entrato in uno stato catatonico.

 
“Quel bambino…”- mormora. –“Lui…”
“Lui cosa?”- gli domando.

 
Paul non fa in tempo a rispondere che vediamo la bionda che si dirige verso di noi a passo di carica. E’ infuriata e non so perché. Oltre ad essere infuriata è tanto sorpresa e… Sembra quasi essere stata colta in fallo.
Qualcosa mi dice che centra quel bambino sveglio. Cosa diamine può aver combinato per far infuriare Candice?
Blondie ha una mano sul pancione e con l’altra si passa una mano tra i capelli.

 
“Candice, tutto bene?”- le domanda Paul.
“Cosa diamine ci fate voi due qui? Non avevate il giorno libero?”- ci domanda con la voce leggermente strozzata.
“Ho accompagnato Paul a prendere il copione.”- le rispondo. –“E’ un male che siamo venuti qui?”
“Si, cioè… No, non è un male… Forse si! Dio!”- si porta le mani in testa. –“Mi ucciderà.”

 
Dal nulla sbuca Kat e non appena ci vede si blocca ed apre la bocca. Non parla, è sorpresa e leggermente spaventata.
Perché sono tutti così sorpresi di vederci? Sembra che nessuno voglia averci tra i piedi. C’è una festa a sorpresa e nessuno ci ha detto niente?

 
“Sembrate quasi dispiaciute di averci qui.”- sottolineo sorpreso.
“E lo siamo!”- esclama Candice per poi tapparsi la bocca.
“Candice non voleva dire quello!”- dice Kat imbarazzata per poi trucidare la bionda. –“Avete visto due bambini dai capelli castano-scuro e gli occhi azzurri?”
“Quei due si meritano una ramanzina bella e buona!”- ringhia quasi Candice.

 
Mi sa che quel bambino l’ha combinata grossa, insieme al fratello.
Vorrei dire di si a Candice, ma poi mi ricordo del bambino. Mi ha detto di non dirle nulla, mi stava praticamente implorando, e non posso tradirlo così. Lascerò sbollire un po’ Candice e dopo ne andrò alla sua ricerca. Magari lo accompagnerò pure da sua madre.
Blocco Paul prima che dica qualsiasi cosa.

 
“No, nessun bambino in vista. E poi… Perché dovrebbero esserci dei bambini?”- domando.
“E’ una storia lunga…”- sospira Kat. –“Potete darci una mano a cercarli?”

 
Io e Paul annuiamo. Tanto non abbiamo nulla da fare qui. Magari se li troviamo prima noi non cadranno sotto la furia omicida di Candice.

 
“Quando li trovate, se li troverete, portateli nella sala riunioni.”- ci dice Candice per poi andarsene via con Kat.

 
Io e Paul ci incamminiamo per i corridoi alla ricerca dei due bambini.
Uno sappiamo com’è fatto, ma l’altro?
Beh… Sicuramente saranno gli unici due bambini, quindi se non è Joseph è sicuramente il fratello.

 
“Non ho mai visto Candice così arrabbiata, davvero. Chissà cosa avrà combinato quel bambino…”- ridacchia Paul.
“Sicuramente qualcosa di grosso!”- rido insieme a lui.













 
 
 
                                                                            * * *
 

 












Abbiamo cercato ovunque e non abbiamo nessuna traccia dei bambini. Abbiamo girato il set in lungo e in largo.
Dalla sala relax fino alla sala prove. Abbiamo controllato anche negli sgabuzzini, al semi-bar, ma sembrano spariti nel nulla.
Candice è già arrabbiata di suo, se ritorniamo senza bambini ci ucciderà, me lo sento.
Ripenso ancora al bambino e sorrido. Eppure… Eppure non mi sembra simile a Candice, in qualche modo, mi ricorda qualcuno di più familiare, ma chi?
Non riesco a ricordare o, forse, non voglio ricordare.

 
“Ian, andiamo in sala riunioni, abbiamo guardato ovunque.”- mi dice Paul.
“E se fossero usciti?”- domando preoccupato. –“Con questo freddo si gela fuori.”

 
Potrebbero prendersi l’influenza poveri bambini. Siamo in settembre, ma il tempo è cambiato così tanto velocemente. Questa mattina è sceso il diluvio universale.

 
“Non penso, non sono così stupidi da uscire con questo tempo.”- mi dice Paul.

 
Annuisco e ci dirigiamo nella sala riunioni. Non sento rumori provenire all’interno, quindi decidiamo di entrare.
Qualcuno in realtà c’è.
Nina. Non appena Nina ci vede sussulta e sgrana gli occhi terrorizzata. Sembra preoccupata, ma anche tanto terrorizzata.
Ha così paura di me?
Sembra così… Presa alla sprovvista…

 
“Mi aspettavo un’accoglienza diversa!”- dice Paul ironico tentando di allentare la tensione.
“Cosa… Perché siete qui?”- ci domanda Nina quasi isterica.

 
Ha una maglietta a pois bianca e nera e un jeans chiaro. Ha i capelli acconciati come quelli di Elena, mossi.
E’ leggermente stravolta, probabilmente stanca dalle riprese, ma è pur sempre bellissima.
Ma che diavolo di pensieri sto facendo?

 
“Non era il vostro giorni libero?”- ci domanda… quasi in una crisi di pianto.

 
Che cosa le prende?

 
“Si, ma Paul ha dimenticato il copione.”- rispondo io per lui.

 
Nina non mi guarda, abbassa la testa torturandosi le unghie.
Non faccio in tempo a dire altro che due bambini entrano correndo all’interno della sala e si precipitano su Nina terrorizzati.
E’ Joseph. Vedo doppio o… Vedo due gemelli?
Il fratello di Joseph in realtà è il suo gemello?
Un attimo… Perché sono corsi da Nina?
Candice e Kat intanto sono ferme sulla porta, quasi paralizzate.

 
“Mamma, non sgridarci, ti prego!”

 
Mamma? Lo sguardo di Nina saetta dai bambini, a me e a Paul. Io e Paul rimaniamo paralizzati sul posto, ancora una volta.
Mamma.
Se hanno detto mamma questo vuol dire… Quei due gemelli sono i figli di Nina.
Nina ha due figli.




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Amatemi! Per la lunghezza del capitolo e per quello che succede nel capitolo ahahahahaha
No, a parte gli scherzi, ve lo dovevo, no?
Dopo 15 capitoli era giunto il momento, e che momento! Vi avevo detto che avevo pensato un incontro un po' particolare per Ian e i gemelli -a dir la verità Ian incontra praticamente solo Joseph, la sua fotocopia, ma sono dettagli- e spero che vi sia piaciuto o comunque che si sia avvicinato a quello che voi immaginavate.
Mi sono divertita un sacco a scriverlo e so, per certo, che non è perfetto o bellissimo, ma comunque ci ho messo il cuore per farlo <3
Ringrazio le fantastiche ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e mi dispiace essere sempre così altalenante sul rispodere alla recensioni, ma nell'ultimo periodo di scuola ci stanno riempiendo di verifiche e interrogazioni -quella d'italiano e latino interroga fino al 10 giugno, penso di essermi chiarita >.<- e non ho molto tempo. In più domani parto per quattro giorni, quindi aggiornerò, spero, verso il fine settimana!
Passiamo al capitolo, dunque: finalmente Ian ha incontrato i gemelli e ovviamente non ha pensato, nemmeno minimamente, di essere lui il padre e ci arriverà tra un po'.
Paul invece... Avete notato che, forse, ha capito qualcosa?
Insomma, nei primi capitoli ve li descrivevo come un mix perfetto Nian, quindi Paulino ci è già praticamente arrivato, vedremo come andrà a finire.
Mi è piaciuto un sacco scrivere di Ian e Joseph e soprattutto di scrivere di Candice infuriata ahahahahha Scopriremo nel prossimo capitolo quello che hanno fatto e se Nina li metterà in punizione o meno.
L'ultima parte del capitolo è quella che aprirà il prossimo ^^
Ora devo proprio scappare, domani mi devo alzare preso, alla prossima <3

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Capitolo 17
*** The Truth ***


                                                                 The Truth.

Seventheenth Chapter.


Pov Nina.
Rimango paralizzata sul posto, senza nemmeno muovere un muscolo. Forse ho perfino smesso di respirare, di vivere. Guardo Paul e Ian di fronte a me e hanno più o meno le stesse espressioni di Candice e Kat in faccia, con l’unica differenza che loro non sanno assolutamente la verità.
Paul alterna lo sguardo tra me, i bambini, e Ian e sbatte più volte palpebre velocemente, come per essere sicuro di quello che sta vedendo.
Spero –prego– che non abbia intuito nulla, ma ho una strana sensazione e so, per certo, che qualcosa ha già capito, sarebbe da stupidi non averlo fatto.
Sono così uguali a lui, in tutto e per tutto.
Non parliamo per alcuni secondi, forse anche per alcuni minuti. Joseph e Stefan hanno capito perfettamente la tensione che c’è all’interno della stanza e stanno buoni, aspettano che qualcuno dica qualcosa. Ma come possono due bambini così piccoli ad aver capito la situazione?
Il primo a muoversi è Ian, ma non come avrei voluto. Esce di scatto dalla sala sbattendosi la porta alle spalle. I gemelli saltano leggermente sul posto presi alla sprovvista e Stefan inclina la testa, curioso e leggermente impaurito dal cambiamento di comportamento di quell’uomo che non sa essere suo padre. Mi blocco a guardare la porta e vorrei seguirlo, spiegargli, ma le mia gambe non si muovono da dove sono.
Paul muove qualche passo verso di me, verso di noi.

 
“Sono i tuoi…”- si blocca un attimo, indeciso se continuare o meno. –“Figli?”

 
Annuisco, incapace di dire una parola. Abbasso lo sguardo, vergognandomi troppo di guardarlo negli occhi. L’ho escluso da questo fatto e me ne pentirò per sempre, ma non volevo che tutto andasse a rotoli, che il rapporto tra lui e Ian venisse spezzato per me. Ho sempre voluto bene a Paul come un fratello e mi è mancato terribilmente il suo conforto quando ne avevo più bisogno, ma non volevo rovinare tutto, non volevo che si allontanassero per colpa mia.
Joseph gli tira leggermente la maglietta e li sorride, poi indica il fratello.

 
“Lui è mio fratello Stefan e si chiama proprio come te.”
 

Paul gli sorride e si abbassa alla loro altezza, poi scompiglia ad entrambi i capelli e si rivolge a Stefan.

 
“Io mi chiamo Paul.”- spiega ad entrambi. –“Stefan è il personaggio che interpreto. La tua mamma ha scelto proprio un bel nome, così come Joseph.”

 
Stefan si gira verso di me e mi sorride.

 
“Mamma, ma allora l’altro signore non si chiama Damon?”- mi domanda.
“No amore.”- scuoto la testa con amarezza. –“Si chiama Ian. Così come io non mi chiamo Elena.”
“Si mamma, lo sappiamo.”- risponde Joseph roteando gli occhi al cielo.

 
Paul intanto mi fissa, di nuovo. So che vuole sapere, ma non me lo chiede, vuole che sia io e fare il primo passo.
Non posso parlare davanti ai bambini, loro non capirebbero.
Interviene Candice che mi appoggia una mano sulla spalla.

 
“Joseph, Stefan, andiamo un attimo di là.”- li riprende dolcemente Candice.

 
Sembra che l’arrabbiatura di poco fa gli sia passata. I miei figlio, ovviamente, scuotono la testa in contemporanea ancora terrorizzati.
Candice capisce al volo il loro comportamento  e sorride ad entrambi.

 
“Non vi sgriderò, lo giuro.”- promette loro e i miei figli sembrano risollevarsi. –“Anche se una punizione dovreste meritarla. Non vi porterò più le caramelle per un mese.”

 
I bambini spalancano gli occhi e si aggrappano alle braccia della mia amica, sempre attenti alla pancia.

 
“Ti prego.”- la supplica Stefan, poi si gira verso di me cercando un modo per far cambiare idea a Candice.
“Candice ha ragione, mi dispiace.”- rispondo loro accarezzando ad entrambi la fronte.

 
Non sono bambini cattivi, a loro piace fare soltanto scherzi, ma qualche volta potrebbero anche rivelarsi pericolosi e a me non piace. Mi comportavo anche io da piccola così, ma non possono continuare così. Non dopo aver sparso a terra tutti i trucchi di Candice e aver colorato il muro con gli smalti per le unghie sempre di quest’ultima.
Abbassano lo sguardo tristi e seguono Candice insieme a Kat –so che dopo tornerà loro il sorriso e so anche, per certo, che Candice non resterà a lungo arrabbiata e infrangerà quanto detto– mentre io e Paul rimaniamo da soli, nella stessa stanza.
Si allontana da me in modo brusco, lasciandomi al centro della stanza e lui va vicino alla finestra. Non mi guarda negli occhi e io mi sento terribilmente sporca ad avergli mentito così –so, anche, che dovrò parlare con Ian che non si è accorto di niente, ma prima devo parlare con lui, spiegargli le mie ragioni e se dopo non vorrà più parlarmi sarà libero di farlo.
Mia madre mi ha sempre detto “Chi semina vento raccoglie tempesta*” ed ora è proprio venuto il momento di andare incontro al mio destino. Non riesco a parlare da quanto codarda che sono, aspetto che sia lui a fare la prima mossa, anche se aspetterebbe a me.

 
Quando me l’avresti detto?

 
La sua voce esce tagliente e parla con rabbia, con astio. Non posso dargli torto, assolutamente. Capisco quello che prova, anche troppo bene, ma ci rimango comunque male. Sarà ancora peggio del previsto, me lo sento. Come inizio è ancora peggio di quello del primo giorno sul set ed ora rovinerò ancora tutto, come sempre. Eravamo riusciti ad avvicinarci e ora sento che ci allontaneremo di nuovo.
Ho nascosto questa cosa a lui, così come a quello che considera suo fratello. Non me lo perdonerà mai.

 
“Paul, io”

 
Non mi lascia finire di parlare e si volta di scatto verso di me, furioso.

 
Io cosa?”- mi domanda con astio. –“Hai due figli per l’amor del cielo e nessuno lo sapeva! Avranno all’incirca sei anni, sei anni Nina! Li hai nascosti per tutto questo tempo!”
“E’ difficile da spiegare…”- mormoro abbassando lo sguardo.

 
Non mi risponde per qualche secondo, forse elaborando i suoi pensieri, poi riparte.

 
“Come può essere difficile da spiegare?”- mi domanda con astio. –“Mi sarei aspettato di tutto, ma non questo.”

 
Prendo un lungo respiro e chiudo gli occhi. Devo dirgli la verità, o adesso o mai più.
Carpe diem, cogli l’attimo Nina.

 
“E’ successo sette anni fa, era circa la fine di aprile, poco prima di finire le riprese.”- inizio, mentre lo sguardo di Paul non è più carico di rabbia, si fa solo più curioso. –“Non stavo molto bene e Candice… Lei ha deciso di farmi fare un test di gravidanza. Al momento le sarei quasi scoppiata a ridere in faccia, ma poi mi sono accorta che effettivamente c’erano buone probabilità che lo fossi. Così l’ho fatto ed è risultato positivo.”

 
Paul annuisce e mi invita a continuare, tenendosi sempre a debita distanza.
So quello che sta pensando, sta calcolando tutto nei minimi dettagli e vuole solo conferme, certezze.

 
“Sono andata in panico, non sapevo cosa fare. Non ero pronta a diventare madre ero così giovane. Mi ero già immaginata tutto e doveva accadere più avanti,  ma ormai c’era un bambino dentro di me. Anzi, due. Avrei voluto dirtelo, avrei dovuto farlo, ma avevo paura che potesse succedere qualcosa di cui ti saresti pentito. Che cosa avresti pensato di me? Non mi avresti più guardato in faccia…”- continuo poi sviando il suo sguardo.
“Molto probabilmente ti avrei appoggiata, Nina.”- dice passandosi una mano tra i capelli. –“Se quello è stato un errore ti sarei stato affianco, come un fratello. Perché è così che pensavo mi considerassi, un fratello. Dopo tutto quello che abbiamo passato non ti avrei giudicata, non era mio diritto, ti avrei aiutata. Hai una così bassa considerazione di me?”
“Come potevo distruggere il vostro rapporto?”- gli domando con la voce rotta. –“Come potevo rovinare tutto quello che avevate?”

 
Paul sobbalza leggermente sul posto e sgrana gli occhi.
Non aveva capito che il padre è Ian? Eppure mi è sembrato così palese.

 
“E’ Ian, non è vero?”- mi domanda.

 
Annuisco. Paul sospira e scuote leggermente la testa.

 
“Da come ha reagito presumo che non lo sappia, vero?”- mi domanda ancora.
“Lui”- mi blocco, per poi continuare. –“non sa nulla.”
“In che guaio ti sei andata a cacciare, Nina?”- mi domanda quasi sconsolato.

 
Ora, però, non posso più stare zitta.

 
“Io?”- domando quasi ironica. –“Non appena l’ho saputo mi sono diretta a casa sua, in piena notte Paul. Sono andata lì per dirgli di essere incinta. Ci ho provato, lo giuro che ci ho provato, ma mi ha mandato via prima che riuscissi a dirglielo. Siamo andati a letto per un po’ di tempo, sai? Ma lui evidentemente si era pentito di tutto e mi ha detto che amava Nikki e altre cose del genere e che non voleva più vedermi. Come avrei fatto a dirglielo?”

 
Paul spalanca ancora di più la bocca e sarei scoppiata a ridere se fosse stato un altro momento, ma ora mi viene solo da piangere. Ho ricordato momenti che mi hanno fatto troppo male e quasi mi pento di aver avuto un comportamento quasi civile con Ian, ma ormai l’ho fatto e lui deve sapere.
Ho combinato un gran casino, ma la colpa non è stata solo mia.

 
“Se non mi credi va bene così, infondo quella che ha torto posso sembrare solo io.”- gli dico prima di allontanarmi.

 
Faccio per andarmene non riuscendo più a sostenere questo silenzio quando Paul mi blocca per un braccio.
Il suo sguardo è di ghiaccio, ma posso percepire perfettamente che non ce l’ha con me, almeno ora.

 
Io lo ammazzo!

 
Lo ringhia quasi e sobbalzo spaventata. Non ho mai visto Paul arrabbiato così, anche se arrabbiato è un eufemismo. Sembra più incazzato nero.
Ecco quello di cui avevo paura: questa reazione con conseguenza Paul che va a prendere a pugni Ian e non solo.
Ecco perché non gli ho voluto dire niente, per non rovinare il loro rapporto che alla fine Ian in qualche modo ha fatto andare un po’ a rotoli lo stesso.
Blocco Paul per lo stresso braccio con cui ha bloccato prima me –anche se so perfettamente che con il minino sforzo potrebbe liberarsi di me.

 
“Non farlo, Paul.”- lo supplico e la mia voce trema.
“Come puoi domandarmi questo Nina?”- lo urla quasi. –“Come puoi difenderlo dopo tutto quello che ti ha fatto?”
“Mi sento in colpa Paul, ecco cosa.”- gli confesso. –“Ha perso sei anni della vita dei suoi figli. L’ho anche cercato, ma evidentemente ha nascosto bene le tracce dei posti in cui andava…”
“E’ proprio per questo che tu non hai colpa Nina e io sono stato solo uno stupido ad accusarti!”- mi dice e mi abbraccia di slancio. Rimango paralizzata dal suo comportamento, ma Paul sembra fare finta di niente. L’importante è che non vada a prendere a pugni Ian prima che io ci abbia parlato. –“La deve pagare.”

 
Mi scosto un attimo da Paul per guardarlo bene in faccia e per cercare di farlo ragionare. So che vuole proteggermi, che vuole difendermi, ma abbiamo sbagliato entrambi ed è giusto che io mi assuma le mie responsabilità.
Ho mentito per troppo tempo, non ce la faccio più a continuare così. Certe notte ho alcuni incubi sul fatto che Ian non possa accettare i suoi figli e ho cercato di andare avanti, per loro, ma non posso più continuare così… Ci sono state alcune notti in cui non riuscivo nemmeno a dormire presa dai sensi di colpa –sebbene sapessi che avevo tentato di tutto per farglielo sapere– e rimanevo sveglia fino alla mattina ad osservare i miei figli, gli unici che sono riusciti a farmi andare avanti e ora hanno diritto di sapere chi è il loro padre. Hanno diritto come tutti gli altri bambini di avere una figura maschile al loro fianco, che non sia mio fratello. Voglio solo una vita normale per loro, nient’altro. Se Ian decidesse di non accettare i suoi figli non gliene farò una colpa, uscirà della loro vita e farò finta che non sia successo niente, in caso contrario entrerà a far parte della loro vita e logicamente non della mia.

 
“Paul ti prego, non farlo, non ora. Devo parlargli, dirgli che cos’è successo.”- gli dico sospirando e passandomi una mano tra i capelli. –“Dopo potrai fare tutto quello che vuoi, picchiarlo e altro, ma devo dirglielo.”
“Me lo prometti?”- mi domanda e poi continua. –“Promettimi di non cadere nello stesso errore di sette anni fa e di lasciarlo andare. Dopo tutto quello che ha fatto tu non lo meriti Nina, non più. Ho sempre fatto il tifo per voi, una parte di me sperava che ritornaste insieme, ma ora devi andare avanti.”
“Lo farò.”- gli rispondo. –“Ma ora devo parlargli assolutamente.”

 
Paul si scosta dalla porta e mi lascia passare. Apro la porta di fretta e mi dirigo alla velocità della luce in corridoio. Come immaginavo non c’è nessuno e sono sicura che non sarà nemmeno nel suo camerino. Quando è arrabbiato, triste o confuso per schiarirsi le idee girava per il set, vicino a casa Salvatore, e credo che le sue abitudini non siano cambiate nel tempo.
Solo che non capisco questa sua reazione: ha una moglie, la sua vita, perché reagire così?
Le mie supposizioni si rivelano giuste. Eccolo lì che cammina per il sentiero di casa Salvatore tirando qua e là alcuni sassolini che si vanno ad infrangere contro l’erba. Ha le mani in tasca e la testa bassa.
Mi avvicino piano, ma non troppo. Non ce la farei mai a parlargli così vicina.

 
“Ian.”

 
Lo chiamo piano, quasi in un sussurro, ma lui mi sente lo stesso perché si ferma. Non mi guarda e non si volta, alza solo la testa mostrandomi i suoi capelli neri lasciati allo sbaraglio.
Rimaniamo per qualche minuto in silenzio, con il vento quasi autunnale che si infrange contro i nostri corpi e facendoci rabbrividire.
Nessuno dei due parla, ascoltiamo solo i nostri respiri.
Credo di non essere la prima a dover parlare, perché è stato lui ad aver avuto un comportamento strano nei miei confronti, ha solo visto i miei figli dopotutto –anche se sono i suoi, ma questo ancora non lo sa.

 
“Quando mi avresti detto di avere due figli? Non eri tu quella che voleva aspettare prima di mettere su famiglia?”- mi domanda con tono accusatore.

 
Rimango spiazzata dalla sua domanda.
Davvero il problema è il fatto di non averlo avvertito che abbia due figli?
Seriamente?

 

“Da quanto è che io e te siamo così intimi?”- gli rispondo a tono.
“Da quando mi sono preso cura di te quella notte!”- puntualizza voltandosi completamente verso di me.
“Non credevo di doverti qualcosa.”- gli rispondo ringhiando quasi. –“Potevi lasciarmi lì a delirare se volevi qualcosa in cambio.”
“Non ti è dispiaciuto però.”- ribatte avvicinandosi pericolosamente a me.
 

Indietreggio quasi impaurita per il suo tono di voce e vado a scontrarmi contro un albero del vialetto.
Sono incastrata tra il suo corpo e questo maledettissimo albero senza nessuna via di fuga.
 

“Te lo ripeto, Ian: potevi non prenderti cura di me quella notte se ti aspettavi qualcosa in cambio.”- gli rispondo cercando di divincolarmi.
“Volevo che tu fossi sincera, ma evidentemente non lo sai mai stata.”- mi risponde guardandomi intensamente negli occhi. –“Ho fatto due rapidi calcoli e anche se non sono Einstein sono arrivato subito al dunque. Venivi a farmi i discorsi moralisti sulla fedeltà e sul fatto che dovevo scegliere tra te e mia moglie quando tu, visto che hai due figli di sei anni, andavi a letto con un altro!”
 

Dovevo aspettarmela un’uscita di questo genere, certo.
E’ tipico di Ian questo comportamento: se lui tradisce a rigor di logica lo fanno anche gli altri.
Davvero pensa che i suoi figli non siano suoi? O peggio… Che io sia andata a letto con qualcun altro nello stesso periodo in cui andavamo a letto insieme?
 

“Certo, fammi sembrare dalla parte del torto ora.”- rido e sembro quasi isterica. –“Se tu tradisci le persone non è detto che io l’abbia fatto. Non sei al centro del mondo, Ian. Non tutto quello che fai tu lo fanno anche gli altri.”
 

Serra le labbra in una linea sottile e stringe i pugni, mentre i suoi lineamenti si induriscono.
 

“Che cosa vuoi dire?”- mi domanda secco.
Che quei bambini sono i tuoi figli.”



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Ok, amatemi, ho aggiornato in tempo record! A dire la verità ve lo meritavate dopo le 18 recensioni che mi avete lasciato nello scorso capitolo?
Ragazze, davvero, 18 recensioni? Ma volevate farmi morire? Sappiate che mi avete reso la ragazza più felice del pianeta e ho fatto i salti mortali per aggiornare il prima possibile e per mostrarvi quello che avevo in mente <3
Ho pensato a mille modi possibili per rivelare a Ian di avere dei figli e il più coerente per me è stato questo, correggetemi se sbaglio :)
Mi sono impegnata tanto per scrivere questo capitolo e spero di avervi trasmesso quello che volevo, ma analizziamolo per punti.
  1. Paul, Ian e i gemelli. Ian scappa via e abbiamo capito sostanzialmente il perchè... Ovviamente capiremo qualcosa in più più (?) avanti, ma intanto vi basta sapere che è rimasto scioccato e in qualche modo "ferito". Paul invece si è sentito tradito, ma è esploso soltanto da solo con Nina.
  2. Paul e Nina. Penso che questa sia stata la parte più difficile di tutto il capitolo e spero che siate d'accordo con me. Nina e Paul si erano avvicinati un po' e poi è stata sganciata la bomba che sembrava farli allontanare. Avevo pensato di farlo fare, ma da come sono andate le cose effettivamente gran parte della colpa non è di Nina e Paul l'ha capito alla grande, anzi, questi due saranno ancora più uniti di prima con l'avanzare della storia! Mi sono impegnata molto e spero di non aver reso tutto ciò banale, perchè me lo immaginavo così, doveva andare così.
  3. Nina e Ian. Questo risulterà difficile scriverlo nel prossimo capitolo e anche qui ho vari modi per creare attorno a loro determinate dinamiche, fatto sta che Nina ha sganciato la bomba e non può più tornare un po'. Volevo aspettare ancora un po' prima di svelare il tutto, ma alcune di voi giustamente mi hanno fatto notare che era arrivata l'ora della verità e eccoci qui. Ian sa che quelli sono i suoi figli.

Detto questo vi ringrazio ancora per le recensioni e spero di ritrovarvi ancora numerose, se non di più -ma qui sto già pretendendo troppo!-, al prossimo capitolo.
Alla prossima <3 (che arriverà presto!)

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Capitolo 18
*** Anger. ***


                                                                 Anger.


Eighteenth Chapter.



Pov Nina.

Ian mi guarda e se possibile spalanca ancora di più la bocca di quanto non l’avesse prima. Non parla, rimane fermo, immobile. Sto iniziando a preoccuparmi, ma capisco che ha ancora l’uso delle gambe quando queste cedono e sarebbe caduto a terra se non fosse stato per l’albero dietro di lui che ora lo sorregge.
E’ diventato bianco in volto e boccheggia, senza dire una parola, e io rimango così, immobile e zitta. Che altro dovrei dire?
Quello che dovevo dire l’ho detto e anche se dovrei prendere in mano la situazione non ci riesco perché lui rende tutto più difficile. Gliel’ho detto perché effettivamente meritava di sapere, ma non mi aspetto niente da lui, volevo solo che lo sapesse e a quanto pare non è pronto nemmeno a prendersi le proprie responsabilità.
Sa benissimo che un figlio si fa in due, ma in questo caso sembra proprio non arrivarci.
Questa situazione mi sta innervosendo più del dovuto e decido di parlare per prima, per farlo riprendere.
 

Ian.”- lo chiamo pregando che mi risponda, che mi dica qualcosa.

 
Ho bisogno di sentire qualcosa fuoriuscire dalla sua bocca, qualsiasi cosa.
Alza la testa di scatto, rendendosi conto di quello che gli ho detto e si riprende momentaneamente dallo stato di trance in cui era caduto e mi fissa. I suoi occhi diventano di ghiaccio ed impenetrabili. Oserei dire colpiti anche da una furia omicida, per questo mi allontano da qualche passo.

 
“Dimmi che è uno scherzo Nina, dimmi che non è vero…”- biascica.

 
Capisco perfettamente come si sente –o almeno in parte– ma non può pretendere che questo sia uno scherzo, perché non mi azzarderei mai a dire una cosa del genere, non adesso. Ho mentito per lungo tempo, sono stufa di farlo, ma mi aspettavo che reagisse… Meglio.
Abbasso lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quegli occhi freddi che mi fanno male –ma in questo momento non sono preoccupata per me, sono preoccupata per i miei figli.

 
“Non è uno scherzo, io… Tu sei il loro padre.”- gli dico piano, facendogli assimilare le parole.

 
Ian mi fissa gelato, non urla, non si muove, mi fissa solo, mentre lo vedo stringere i pugni e il respiro farsi più accelerato. Non urla ora, ma lo farà tra poco, perché è così. Si tiene tutto dentro fino a scoppiare, e queste volta non andrà a finire bene. Quasi fa male l’impatto che ho contro il tronco e il suo corpo che mi spinge contro l’albero non facendomi nemmeno muovere –mi trovo in gabbia, peggio di prima. Le sue mani sono ai lati della mia testa e io tremo perché non l’ho mai visto più arrabbiato di così, sembra quasi un’altra persona e se prima ero sicura che non mi avrebbe mai picchiato ogni mia certezza cade sentendo –percependo– la forza con cui si sta controllando, ma potrebbe cedere da un momento all’altro e per me sarebbe la fine.
Ora non gli importa nemmeno che io sono la madre dei suoi figli.

 
“Come… Come hai potuto dirmelo solo ora?”- urla e ringrazio il cielo di essere da soli, altrimenti sarebbe stata la fine.

 
E io non so cosa dirgli, non so nemmeno da che parte cominciare e come scusarmi –so che è praticamente impossibile scusare il mio comportamento, ma io l’ho cercato per tutti questi sette anni, ma non l’ho mai trovato.
E vorrei dirglielo, vorrei urlarglielo in faccia, ma non ci riesco.

 
“Io… Non lo so…”- mormoro con la voce rotta.
“Non lo sai?”- urla più forte di prima e lo sento quasi stritolare il mio polso. Fa male, ma potrebbe fare anche di peggio. –“Mi hai nascosto i miei figli per sei anni della loro vita! Sei!”
“Ti ho cercato, io l’ho fatto e tu… Tu non c’eri…”- mormoro sperando che in qualche modo capisca, che comprenda.

 
Ma lui evidentemente è troppo ferito per comprendere anche le mie ragioni e non vuole ascoltarne nessuna. Ma come faccio a fargli capire che questa è la verità? Non so minimamente dove sia stato in questi sette anni, nessuno l’ha mai saputo, nemmeno Paul.
Come… Come potevo rintracciarlo se non avevo nessun collegamento nemmeno con la sua famiglia?

 
“Che razza di madre sei, Nina?”- mi domanda rabbioso, con tono tagliente. –“Che razza di madre nasconderebbe i propri figli al loro padre?”

 
E questa è peggio di una pugnalata al cuore. Ho cercato di essere una buona madre per loro, ho cercato con tutte le mie forze di essere migliore e di dargli tutto quello di cui avevano bisogno, non facendogli mai mancare nulla, ma questo… Questo è troppo.
Non sarò una brava madre io, ma nemmeno lui è l’esempio perfetto! Mi ha lasciata da sola, incinta al secondo mese, sparendo nel nulla e ricompare dopo sette anni con la sola voglia di giudicarmi. Capisco che è arrabbiato –anzi, lo è molto di più– ma non può criticare il fatto di non essere una brava madre, perché io ci sono sempre stata per loro, a differenza sua. Certo, lui non sapeva della loro esistenza, ma perché se n’è andato –sparito (o meglio evaporato) è il termine corretto– senza lasciare nessuna traccia e senza darmi la possibilità di spiegarli, di telefonargli. Non avrei mai preteso che si rimettesse insieme a me, perché sarei stata la prima a dirgli di no, ma avrei voluto che ci fosse stato per i suoi figli, alla loro nascita, al loro primo bagnetto, al loro primo dentino, alla loro prima parola e al loro primo passo.
Si è perso tutto di loro e so che è colpa mia, ma in parte è anche sua, perché è scappato per paura che la sua tanto adorata moglie venisse a sapere di noi e codardo com’è ha preferito la fuga.

 
“E tu… Tu che razza di padre sei?”- sputo fuori con rabbia divincolandomi dalla sua presa ferrea.

 
Il polso mi fa male, ma ora non devo pensarci, perché ho altre questioni irrisolte di cui parlare.
Ian, colpito dalle mie parole –e vedendo che sono arrabbiata quasi, se non di più, quanto lui– indietreggia leggermente e finalmente posso guardarlo negli occhi e urlargli in faccia tutta la mia frustrazione.

 
“Pensi che non te l’abbia detto perché volevo tenerli per me e per farti un dispetto?”- domando quasi ironica mentre chiudo le mani a pugno stringendo le dita fino a farmi male.

 
Preferirei che le mie mani si schiantassero contro la sua faccia, ma tento di tenere un comportamento maturo e quasi civile –anche se non si può essere mai civili con lui.

 
“Cosa credi che fossi venuta a fare quella sera*?”- gli domando e vedo la sua rabbia sbollire un po’ lasciando posto al dubbio. –“Certamente non volevo ritornare con te. Ero venuta a dirtelo, sai? Ma non mi hai lasciato nemmeno il tempo di spiegare.”

 
Rimane colpito dalle mie parole e forse anche ferito, ma non mi importa. Non sto pretendendo di avere ragione, perché non ce l’ho, sto solo cercando di far valere anche la mia parola. Alza gli occhi di nuovo su di me e questa volta sono meno arrabbiati, sono più in colpa, anche se so perfettamente che tutta la rabbia che ha non l’ha ancora sbollita del tutto.
Fa per aprire la bocca, per dire qualcosa, ma lo blocco alzando un braccio.

 
“Non dire che avrei potuto dirtelo, perché non ne ho avuto l’occasione.”- gli dico. La mia voce trema e i miei occhi si riempiono di lacrime, ma non posso dargli la soddisfazione di piangere e di mostrarmi debole ai suoi occhi. –“Mi fidavo di te, Ian, e se avevi fatto la tua scelta potevi dirmelo senza rovinare tutto quello che avevamo avuto. Io ti amavo, Ian, e ti avrei lasciato andare. Non ti avrei mai tolto la possibilità di rimanere con i tuoi figli, perché loro non hanno nessuna colpa di quello che è successo tra di noi. Li avresti visti crescere se solo tu non fossi sparito nel nulla e ora potrai pure urlarmi contro, ma sai che è così.”

 
Ian abbassa il capo, abbattuto dalle mie parole e analizzando finalmente quello che è accaduto davvero e per la prima volta, penso, che non si abbia pensato perno e vittima della situazione. Perché abbiamo sbagliato in due, non solo io, e di questo non farò che pentirmene per il resto della mia vita.

 
“Ho sbagliato, e mi dispiace.”- mormora alzando lo sguardo e incontrando i miei occhi. Posso vedere anche io i suoi occhi lucidi e distrutti, così proprio come i miei. –“Mi dispiace di essermene andato senza averti prima lasciato la possibilità di spiegare, di dirmi cos’era successo e non me lo perdonerò mai. Ma non posso perdonarti per quello che hai fatto, non potrò mai.”
Non potrò perdonarti neanche io.”- gli rispondo abbassando lo sguardo e mordendomi le labbra fino a farmi male.

 
Se ne va così, lasciandomi sola in mezzo agli alberi del sentiero di Villa Salvatore, mentre anche un altro pezzo del mio cuore va a pezzi.
Do sfogo alle lacrime e mi lascio andare a terra nascondendo il volto tra le ginocchia.
Che disastro.
 
















 

                                                          * * *
 


















Sono due giorni che non esco di casa –o meglio, dal letto. Non ho la forza nemmeno per camminare ed andare in cucina, neanche per alzarmi e mangiare. Sono due giorni che ricevo telefonate da centinaia di persone, ma l’unica con cui voglia ancora parlare è solo Candice che è anche l’unica che sa di questa cosa.
Fa male, male da morire e non riesco a pensare a niente. Se n’è andato e non ritornerà mai più; me l’ha detto ieri Candice, è sparito da Atlanta con la sua futura moglie e non vi farà più ritorno, almeno per ora. Io sono qui, a letto, con in grembo il figlio di un uomo che si è preso gioco di me e che per codardia se n’è andato.
Che futuro potrò dare a mio figlio? Come potrà crescere senza un padre? Che cosa ne sarà della piccola creatura che porto in grembo?
Sono costretta a scacciare via questi pensieri perché un crampo mi colpisce alla pancia così forte che non riesco nemmeno a reprimere un urlo. Sento qualcosa tra le gambe e il mio cuore inizia a galoppare veloce mentre inizio a tremare… Che cosa sta succedendo? Scosto appena in tempo le coperte per scontrarmi con una macchia di sangue sotto le mie gambe che si sta ampliando a dismisura. Il respiro diventa affannoso e per un attimo non so nemmeno cosa fare, chi chiamare. Sono da sola. Mi porto le mani al ventre e il dolore sembra non voler sparire, mentre tutto inizia a farsi più scuro, non posso svenire, devo salvare il mio bambino. Con l’ultimo barlume di lucidità che mi rimane riesco a comporre il numero di Candice e a far partire la chiamata e fortunatamente quest’ultima non ci mette molto a rispondermi.
 

-Candice…- la mia voce trema e non riesco quasi a parlare.
 

La mia amica bionda capisce subito che c’è qualcosa che non va e me lo domanda e posso percepire la sua ansia.
 

-Il bambino Candice… Io… C’è del sangue…- balbetto ed inizio a singhiozzare con la poca forza che mi rimane.
-Sto arrivando Nina, andrà tutto bene. Non addormentarti, promettimelo.-
 

Vorrei risponderle, ma le palpebre si fanno ancora più pesanti mentre il dolore alla pancia continua imperterrito. Sento Candice urlare qualcosa, poi il buio.
 

Apro piano le palpebre e, ancora dolorante, mi scontro contro la luce che proviene dalla finestra. Ci sono delle tende bianche e… Le tende di camera mia non sono bianche. Faccio per alzarmi, quando una fitta alla testa me lo impedisce, così come una voce femminile al mio fianco.
 

“Non alzarti, devi riposare.”
 

Riconosco essere la voce di Candice e mi volto di lato, accorgendomi solo in un secondo momento di essere in ospedale e di avere tre aghi che mi bucano la pelle e altrettante macchine collegate al mio corpo. Se io sono qui questo vuol dire… Il mio bambino. Mi porto subito le mani al ventre e inizio a tremare.
Candice mi prende una mano e mi sorride, rassicurante.
Perché sorride?
 

“Sta bene, state entrambi bene.”- mi spiega cercando di rassicurarmi.
 

Scuoto la testa e la guardo negli occhi. E’ impossibile… C’era tanto sangue e io… La pancia… Il mio bambino…
 

“C’era del sangue e”
 

Candice mi blocca prima che io possa continuare.
 

“Hai avuto un principio di aborto spontaneo, ma sono arrivata in tempo e i medici hanno fatto il resto.”- mi spiega e tiro un sospiro di sollievo sapendo che non potrebbe mai mentirmi su questo. I miei nervi si rilassano e mi sento più libera. –“Avete rischiato grosso, entrambi, ma a quanto pare questo bambino vuole sopravvivere. Mi hai fatto spaventare a morte, Nina.”
 

Abbasso la testa colpevole e mi accarezzo piano la pancia. Questo bambino deve venire ancora al mondo eppure ha già imparato a lottare.
Sorrido, inconsciamente.
 

“Mi dispiace, Candice, io non volevo.”- le rispondo pacata. –“Non volevo, davvero…”
 

Candice si alza e mi abbraccia, tenendomi stretta a se.
 

“Lo so che non volevi, ma non farlo mai più, va bene?”- mi domanda con la voce che trema.
“Promesso.”- sorrido tra i suoi capelli.
“Tra poco arriverà una dottoressa e ti spiegherà meglio lei, mi ha anche detto che potrai fare un’ecografia per stare più sicura. Dovresti dirlo anche ai tuoi genitori.”- mi fa notare.
“Lo farò.”- le sorrido. –“Puoi rimanere qui con me? Sai, non credo di potercela fare da sola…”
“E me lo domandi?”- mi risponde ridendo. –“Certo che rimango, non posso perdermi mio nipote!”
 

Non so cosa farei senza Candice.
 
 





 
 
Non so dopo quanto tempo mi alzo dalla terra umida del vialetto e mi avvio verso lo studio, fatto sta che sicuramente è passata più di un’ora e non mi sento più le guance per il freddo. Molte macchine sono andate via, così come la sua. Perfetto… Oltre ad avercela con me non vuole conoscere i suoi figli, ma dovevo aspettarmelo.
Entro dentro lo studio e non appena Candice mi vede chiude la telefonata e mi viene incontro.
 

“Credevo che fossi morta!”- sbraita.
 

Sono stufa di sentire gente urlarmi contro oggi e Candice sembra capirlo perché addolcisce lo sguardo e mi abbraccia. Anche Paul, apparso dal nulla, ci viene incontro e posso leggere la stessa preoccupazione che aveva Candice nel suo volto.
 

“Ti abbiamo cercato ovunque, Nina.”- mi riprende con fare bonario.
“Mi dispiace, io…”- mi guardo attorno. –“Dove sono i gemelli?”
“Sono con Kat e Julie e hanno appena finito di bere il the con i biscotti.”- mi sorride Paul comprensivo.
 

Candice intanto non si stacca da me e so che è in attesa di una spiegazione.
 

“Com’è andata?”- mi domanda piano, come per paura di offendermi.
“Preferirei… Non parlarne…”- mormoro abbassando lo sguardo.
 

Paul e Candice non fanno domande e mi lasciano passare così che io possa andare a prendere i gemelli e portarli a casa.
Non appena entro nella sala relax mi vengono subito incontro e mi abbracciano ed iniziano a parlare raccontandomi di tutto quello che hanno fatto e di quanto si siano divertiti. Sono contenta che almeno loro, oggi, siano felici e mi basta questo.
 

“Forza, andiamo a casa.”- dico loro stampandomi un sorriso in faccia.
 



















                                                      * * *
 

















Finisco di asciugare i capelli anche di Joseph e noto che sono già le 10.47 pm, decisamente troppo tardi rispetto all’orario in cui di solito vanno a letto. Aiuto Stefan ad infilarsi la maglietta che per il troppo sonno era convinto di potersela mettere storta e li accompagno a letto. Rimbocco ad entrambi le coperte e gli schiocco un bacio sulla fronte augurandogli la buonanotte –così io potrò andare a farmi una doccia.
Faccio per andarmene, ma mi obbligano a fermarmi.
 

“Mamma”- sento una vocina chiamarmi e mi volto, trovando entrambi seduti sui loro letti. –“Perché sei triste?”
“La mamma non è triste piccoli, è solo stanca.”- spiego loro avvicinandomi e sedendomi sul letto di Stefan che comunque è vicino anche a quello di Joseph.
“E perché prima piangevi?”- mi domanda Stefan.
“La mamma non stava piangendo.”- gli dico cercando di sorridere.
“Però sei triste.”- continua Joseph. –“Non ci hai sgridato per aver allagato il bagno.”
“Hai litigato con Ian?”- mi domanda Stefan e mi volto a guardarlo spalancando gli occhi. –“Zia Candice ha detto che se n’è andato via arrabbiato.”
 

Accarezzo loro piano la testa e li coccolo un po’.
 

“Tra adulti capita di litigare, ma dopo passa.”- spiego loro. –“Ci vorrà un po’ di tempo e un po’ vi invidio, sapete? Voi bambini riuscite a perdonarvi molto più in fretta.”
“Mamma farete pace anche voi!”- mi dice Stefan. –“Ma perché avete litigato?”
“Sciocchezze.”- rispondo. –“Forza, ora andate a letto.”
 

Li saluto ancora una volta e dopo avermi detto entrambi “Ti voglio bene” si tranquillizzano un po’.
Passo mezz’ora sotto la doccia e dopo essermi accertata che entrambi abbiano preso sonno mi dirigo in cucina per mangiare qualcosa, anche se effettivamente ho lo stomaco chiuso.
Do da mangiare a Spike e mi verso in bicchiere di aranciata quando sento qualcuno suonare alla porta.
Chi può essere a quest’ora di notte?
Mi avvio cauta verso l’ingresso e guardo prima dallo spioncino in modo da non far entrare sconosciuti, ma quello che vedo mi spiazza.
Ian.
Che cosa ci fa qui?
Mi trovo costretta ad aprirgli visto che è palese che io sia qui e gli chiederò solo in un secondo momento come abbia fatto a trovarmi e a sapere che questa sia casa mia.
Apro piano la porta e lo vedo grattarsi imbarazzato i capelli. Sembra quasi un’altra persona.
 

Possiamo parlare?”
 
 
 
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*intendo quella del flashback che potete trovare nel capitolo otto, Pain, nella parte finale.
 
Sono tornata relativamente presto perché mi sentivo vogliosa –posso dire così? xD- di farvi sapere come andava a finire e perché sono troppo contenta delle tante visite e recensioni che l’altro capitolo, così come quello prima, ha ricevuto.
Prometto, e queste volta lo faccio davvero, di rispondere, ma oggi non ho avuto tempo visto che sono andata in spiaggia con delle amiche –mi sono beccata anche una solana, ma vabbeh u.u
E’ stato un capitolo un po’ particolare da scrivere, non ero mai soddisfatta di nulla, spero che a voi sia piaciuto e che possa andare bene così, visto che praticamente è il capitolo più importante.
Si potrebbe suddividere sostanzialmente in tre parti:
-La reazione di Ian non è stata delle migliori e prima di preoccuparsi dei bambini attacca Nina e… Non è un comportamento corretto, ma capiremo nel prossimo capitolo perché si è comportato così, certo che comunque non perdonerà Nina tanto facilmente, così come lei non perdonerà Ian per un bel po’.
Voglio chiarire alcune cose che mi sono state chieste proprio in questo proposito: Paul non sapeva niente dei bambini e, come avrete capito, Ian per sette anni è stato praticamente introvabile e fidatevi… Se uno non vuole essere trovato non viene trovato :’)
Nessuno del cast lo sapeva, nemmeno Paul.
-Il flashback. Potrebbe sembrare che io lo abbia aggiunto a caso, in realtà volevo farvi capire come Nina ha affrontato il dopo, cioè dopo quella notte dell’abbandono e beh… Non è andata nel migliore dei modi visto che ha rischiato di perdere il bambino (non sapeva ancora che fossero due visto che al secondo mese è ancora relativamente presto!).
-Ian, per qualche oscura ragione, si è presentato a casa di Nina e chiarirò nel prossimo capitolo chi ha spifferato l’indirizzo e altre informazioni (no, non è Paul u.u).
 
Alla prossima <3

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Capitolo 19
*** Dad. ***


                                                                   Dad.

Ninetheenth Chapter.



Pov Ian.

Non sono andato a casa, come potrei in queste condizioni?
Ho scoperto, circa neanche due ore fa, di avere due figli. Due gemelli. Da Nina.
Due figli, dei quali Nina è la madre, di sei anni e questo vuol dire che ho perso ben sei anni della loro vita, che non sono assolutamente pochi –anzi, sono davvero troppi. Siamo arrabbiati, entrambi, ma non sono io quello che ha nascosto due bambini per circa 2190 giorni se non di più!
Nina mi ha privato della possibilità di essere il padre che volevo per mio figlio, in questo caso per i miei figli. Se l’avessi saputo non li avrei mai abbandonati, mi sarei preso le mie responsabilità e li avrei visti crescere, mentre ora… Ora dovrei sconvolgere le vite a due bambini di sei anni, presentandomi alla loro porta e dicendo loro che io sono il loro papà.
Papà, mi fa così strano pensarmi in questa veste eppure è tutto quello che ho sempre voluto prendermi cura di un bambino e se fossero stati più di uno avrei preferito, ma ora che tutto questo è concreto ho paura. Si, io, Ian Somerhalder, per la prima volta ho paura, non so nulla di come si faccia il papà e non voglio, non desidero, sconvolgere due bambini così piccoli, eppure sento il bisogno di conoscerli, di crescerli. Quando ho visto Joseph per la prima volta mi sono sentito legato a lui e non avrei immaginato che lui potesse essere mio figlio, così come Stefan.
Joseph e Stefan, i miei figli. Miei, di nessun altro. Non ho reagito troppo bene alla notizia non perché non li volessi –impressione che sicuramente ho dato– ma perché ne sono rimasto sconvolto, insomma, io ero convinto di aver chiuso la mia vita di sette anni fa e non di aver lasciato qualche falda aperta, ma sono convinto che è destino non dimenticare al passato e pensare solo al futuro. Per la prima volta da quando ho appreso la notizia mi ritrovo a pensare a Nina e di come possa aver passato questi anni della sua vita, lontana da tutti e di come si sia comportata –e di come abbia sopportato tutto questo. L’ho ferita con le mie parole e la mia intenzione era quella, quella di mostrarle quanto ferito ero, ma lei… Lei era distrutta. Se Paul non mi ha detto niente vuol dire che non lo sapeva e l’ho appurato anche da come ha reagito alla notizia, anche se comunque è stato più maturo di me –lui è rimasto lì, io sono scappato come un codardo con la coda tra le gambe.
Candice e Kat sapevano tutto e anche Julie e Kevin –ma questo lo chiederò solo più avanti. Come ha potuto Nina affrontare tutto ciò senza crollare?
Mi sono reso conto che l’ho ferita e che non riuscirà a perdonarmi per quello che le ho detto, ma anche lei mi ha ferito e come al solito ne siamo usciti distrutti entrambi, perché è sempre stato così, ci siamo sempre fatti del male a vicenda.
Indipendentemente da tutto, sebbene abbia paura di sconvolgere troppo quei bambini, io voglio conoscerli, voglio che  loro sappiano che hanno un padre e voglio comportarmi da tale, passando del tempo con loro e recuperando il tempo perduto –che è davvero tanto.
Non so nemmeno dove viva Nina, non l’ha mai detto a nessuno, ma sono sicura che Blondie lo saprà, lei sa sempre tutto di Nina e credo che potrà chiarirmi alcune cose.
 
















 

                                                                  * * *
 

















“Ian”- Candice aggrotta le sopracciglia. –“che cosa ci fai qui a quest’ora?”
 

Candice è in piedi davanti a me, con una mano sulla bocca per coprire uno sbadiglio e una mano sulla pancia ormai già evidente.
Non so a che mese sia, ma non dovrebbe mancare troppo alla nascita del bambino.
 

“Sono venuto a chiederti l’indirizzo di casa di Nina.”- le rispondo fermo e deciso.

 
La biondina spalanca leggermente gli occhi e mi osserva titubante e leggermente imbarazzata. Si morde il labbro inferiore e percepisco perfettamente che è indecisa se darmelo o meno, ma non sono venuto qui per sentirmi dire di no.
Devo assolutamente parlare con lei e non andrò via di qui finché non mi verrà dato quel dannato indirizzo, al costo di piazzarmi in giardino con una tenda.
Candice però fa una cosa che mi spiazza ed è per questo che l’adorerò per il resto della mia vita.
Si sporge oltre la porta, scarabocchia qualcosa su un fogliettino e me lo passa.
E’ l’indirizzo di Nina e me l’ha dato senza obiettare, quasi non mi sembra vero.

 
“Non è falso, vero?”- le domando cercando di strapparle un sorriso, ma sembra irremovibile.
“No.”- dice scuotendo la testa. –“E’ quello vero e mi auguro che possiate chiarire tutto, perché tu hai il diritto di stare con i tuoi figli. Ricordati una cosa, però. Io ti appoggerò, ti darò anche qualche consiglio, ma sto dalla parte di Nina e penso che tu capisca il perché. Non voglio difenderla, perché avete sbagliato entrambi, ma se pensi che la colpa sia solo di Nina ti sbagli di grosso, Ian. Tu non sai quello che ha passato e quanto abbia sofferto, per cui se osi solo un’altra volta farla soffrire te la vedrai con me e sai quanto io possa essere pericolosa.”

 
Queste sono le volte in cui Candice mi fa paura per questo indietreggio di qualche passo. So che non mi ucciderebbe, ma comunque una parte di lei mi odia per quello che ho fatto e posso soltanto compatirla e  non potrei avercela con lei.
Infondo quello che è scappato sono io, non Nina.

 
“Candice, io”- mi blocco non sapendo cosa dirle. -“grazie.”

 
Annuisce solo, poi rientra in casa e si richiude la porta alle spalle, lasciandomi fermo sull’uscio della porta.
Fisso per qualche istante la porta bianca, poi ritorno alla mia macchina diretto a casa di Nina, a casa dei miei figli, sperando che Candice mi abbia dato l’indirizzo giusto.
Percorro le strade di Atlanta molto velocemente, visto che non c’è molto traffico e arrivo davanti alla casa in cinque minuti al massimo. Fermo l’auto appena fuori dal cancello e la lascio lì. Noto che il piccolo cancello che porta al giardino e entro, senza suonare e mi accorgo molto velocemente che tutte le luci sono spente tranne una e penso che sia il salotto, o almeno la cucina.
Proseguo per la stradina piastrellata –notando che la casa e tutto il resto è enorme– e arrivo alla porta. Rimango per qualche secondo con il dito sospeso a mezz’aria e poi decido di suonare, non prima di aver deglutito rumorosamente.
Aspetto qualche secondo, poi riprovo e questa volta sento dei rumori all’interno. Una presenza si avvicina alla porta e la sento esitare prima di aprire, poi la porta si apre rivelandomi la figura slanciata di Nina in pantaloncini corti e canottiera con i capelli leggermente bagnati.
E’ bellissima.
Ci fissiamo per qualche secondo, poi mi gratto i capelli imbarazzato.
 

Possiamo parlare?”- le domando piano.
 

Nina mi guarda con la bocca spalancata e giurerei di non averla mai vista più sorpresa di così e più intimorita. Senza dire una parola si sposta dalla porta e sono quasi convinto che abbia intenzione di chiudermi la porta in faccia, invece mi fa spazio e mi indica con un cenno del capo di entrare in casa. Con le gambe tremolanti entro e rimango meravigliato dall’enormità della casa –a Nina sono sempre piaciute le case grandi, ma questa volta si è superata perché questa è davvero grande. Ma non sono qui per concentrarmi sulla casa, sono qui per parlare.
 

“I bambini stanno dormendo. Di sopra.”- mi avvisa.
 

Mi guarda negli occhi e li trovo profondamente freddi, quasi inespressivi, ma posso vedere che è tutta una maschera per non crollare di nuovo, per non farsi vedere ferita.
Sospiro piano, passandomi una mano tra i capelli folti.
 

“L’ho pensato.”- le rispondo quasi di getto, poi specifico. –“Insomma, ecco… E’ tardi.”
 

Molto tardi vorrei aggiungere visto che è quasi mezzanotte e quindi è giusto che due bambini siano già a letto, però ci rimango male comunque, visto che avrei voluto vederli lo stesso, almeno un’altra volta per oggi.
Ci ho passato così poco tempo insieme eppure mi mancano terribilmente!
Nina annuisce solo e si siede sul divano e mi fa cenno di accomodarmi e così faccio –avrei voluto sedermi accanto a lei, ma prendo posto su una poltrona né troppo vicina e né troppo distante dal divano visto che capisco perfettamente che non è a suo agio.
Nina lascia che sia io a parlare e almeno qui non posso darle torto visto che mi sono presentato io a casa sua. Non so da dove cominciare, ma per il mio bene e quello dei bambini devo farlo.
 

“Io… Sono venuto per scusarmi.”- le dico grattandomi la fronte. Lei intanto mi guarda impassibile. –“Non ho avuto la reazione migliore, ecco.”
 

Nina continua a fissarmi, ma non dice una parola, così io continuo sperando che mi venga incontro in qualche modo.
 

“Io… E’ stato come ricevere un secchio d’acqua fresca. Ma non perché non volessi, sono rimasto molto sorpreso, tutto qui. Ho riflettuto e”- prendo un bel respiro profondo. –“Ho capito di aver sbagliato tutto e mi dispiace. Io voglio prendermi cura di loro, voglio esserci per loro ed essere loro padre.”
 

Nina addolcisce leggermente lo sguardo, forse colpita leggermente dalle mie parole, ma tutto dura un attimo perché i suoi morbidi lineamenti si induriscono di nuovo e mi fissa dura, quasi per mettermi alla prova.
 

“Non mi sono comportata bene nemmeno io.”- sospira pesantemente mordendosi l’interno della guancia. –“La colpa non è solo tua. Io voglio solo che loro stiano al sicuro e ho sempre cercato di dare loro il meglio, come ho potuto. Ian, loro non sono dei giocattoli, non puoi metterli da parte quando ne sarai stufo, perché non potrai farlo.”
 

Mi agito sulla poltrona. Non potrei fare mai una cosa del genere, sebbene abbia appena scoperto di essere padre non mi permetterei mai di considerare i miei figli come dei giocattoli, assolutamente no. Li amo già e sento già di essere pronto a fare qualunque cosa per loro.
Nina, però, si affretta a terminare il suo discorso.
 

“Non sto dicendo che lo farai, perché so che non sei quel tipo di persona, ma l’ho voluto mettere in chiaro. So che hai sempre voluto un figlio”- sorride amara mordendosi il labbro nervosamente. –“ora ne hai due e hanno così bisogno di una figura maschile, di un padre, e non voglio che tu possa deluderli in alcun modo. Li amo più della mia stessa vita, Ian, darei tutto per loro, voglio solo che non soffrano.”
 

E posso sentire –percepire– la sua voce tremare con le ultime parole, ma le sue difese non cedono, anzi si rafforzano e non posso non essere orgoglioso della donna che ho qui di fronte e che sta lottando con le unghie e con i denti per i nostri figli.
Si, nostri. Miei e suoi. E’ cresciuta, Nina, e sebbene io sia scosso da tutta questa situazione e mi ci vorrà del tempo –forse molto tempo– per capire e perdonarla del tutto non posso non essere felice che la madre dei miei figli sia lei. E’ una donna ormai ed era soltanto una ragazzina quando li ha avuti e questo le ha permesso di crescere e di diventare indipendente, quello che prima con me non era assolutamente.
 

“Non permetterò mai che soffrano, Nina.”- lo sussurro quasi, ma lei lo sente lo stesso. –“Mi sono perso sei anni della loro vita e ho tutta l’intenzione di recuperare il tempo perduto con i miei figli.”

 
Sento qualcosa sopra ai miei piedi e noto solo in un secondo momento di avere un cane che ha appoggiato il suo muso sopra le mie scarpe. E’ un cucciolo di pochi mesi ed è carino e penso proprio che sia dei miei figli. Lo accarezzo piano e sorrido.

 
“E lui chi è?”- domando con un mezzo sorriso ad incurvarmi le labbra.
Spike.”- mi risponde Nina con disinvoltura.

 
Ridacchio leggermente e il cane sembra guardarmi per un attimo torvo, poi riappoggia la testa suoi miei piedi.

 
“Spike?”- domando continuando a ridacchiare.
“L’hanno scelto i nost… Joseph e Stefan con Alex.”- mi risponde cauta stringendosi sulle spalle. –“A loro piace e va bene così.”

 
Passiamo qualche minuto in silenzio, quando mi balza in testa una domanda e credo, anzi ne sono convinto, che sia la più importante di tutti.

 
“Loro sanno di avere un padre?”- domando. –“Cioè… Cosa hai detto loro?”
“Che sei in giro per il mondo a curare gli animali.”- mi risponde sorridendo, anche se in modo tirato. –“Infondo non è molto diverso da quello che fai, no?”

 
Scuoto la testa. Sapevo che non avrebbe mai detto loro che non li volevo o che ero morto, perché non è un comportamento da Nina e sarebbe stato da stupidi –e la cosa mi avrebbe fatto arrabbiare, parecchio.
E’ stata semplicemente furba, astuta, e ha agito come le circostanze richiedevano, dicendo una sorta di mezza verità e che spero presto verrà portata a termine.

 
“Ora che abbiamo chiarito”- inizia indecisa. –“voglio sapere una cosa. Lei sa?”

 
So bene a chi si riferisce e posso vedere che le fa male pronunciare il nome della mia attuale moglie e non posso non biasimarla per questo.
No, Nikki non sa nulla e penso che glielo dirò domani o quanto prima possibile. E’ mia moglie, è giusto che sappia, anche se per la prima volta non mi importa che cosa penserà e come la prenderà. Sono i miei figli e questo basta.

 
“No, non sa nulla.”- le rispondo.
“Promettimi che qualunque cosa dica o faccia tu ci sarai per loro.”- mi dice e per la prima volta mi guarda negli occhi. –“Promettimelo.”
“Non c’è bisogno di chiederlo.”- le rispondo addolcendo il tono della voce. –“Lei è mia moglie, loro sono i miei figli. I miei figli verranno sempre prima di tutto.”

 
Nina annuisce rincuorata e si alza dal divano. E’ tardi e io dovrei essere già a casa e questo ovviamente è un chiaro invito ad andarmene, invece Nina mi sorprende e mi sorride.

 
“Lo so che stanno dormendo, ma…”- si blocca titubante, poi continua. –“Vorresti vederli?”

 
E mi apro anche io in un sorriso spontaneo e annuisco, felice come un bambino il giorno di Natale mentre sta scartando i regali. Nina sale veloce le scale e io sono dietro di lei cercando di non fare nessun rumore.
Ci sono tante stanze e al momento non riesco ad individuare quella dei miei figli, poi vedo Nina che si dirige verso una con la porta socchiusa da cui fuoriesce della luce soffusa e allora intuisco che sia quella e così è. Apre piano la porta ed entra dentro veloce, mentre io ci impiego qualche secondo in più, come intimorito. So che sono il loro padre, ma loro non mi conoscono e sebbene stiano dormendo pacificamente sto invadendo il loro spazio vitale.

 
“Non entri?”- mi domanda Nina destandomi dai miei pensieri.
“Oh ecco io…”- mi gratto la testa imbarazzata. –“Si, entro.”

 
Così entro anche io nella camera dei miei figli e mi basta un solo istante per trovarli sotto le coperte a letto. Sono ben coperti e dalle coperte sbucano solo le testoline castane. Per la prima volta mi trovo a fissarli con la consapevolezza di essere loro padre e posso vedere perfettamente che sono identici, ma seppur li abbia visti solo una volta sono perfettamente in grado di capire chi è Stefan e chi è Joseph.
Joseph dorme nella stessa posizione di Nina, con la pancia in giù, la testa appoggiata sul cuscino, la mano destra sotto di esso e le gambe scomposte e ogni tanto fa delle smorfie tipiche della madre. Quello che mi colpisce in questo ambito è Stefan perché ora sta dormendo in diagonale, con una mano sulla pancia e una distesa lungo i fianchi ed è nella stessa posizione in cui dormo io praticamente ogni notte e quella che faceva borbottare Nina perché occupavo praticamente tutto il letto.




 
 
 
 
 
Sento qualcuno scuotermi in modo poco gentile e grugnisco qualcosa in risposta al suo borbottare. Stavo dormendo placidamente, stanco da una giornata stressante di riprese e qualcuno mi viene a svegliare, ma so perfettamente chi è quel qualcuno e perché mi sta svegliando.

 
“Ian…”

 
La sua voce è impastata dal sonno e le sue piccole mani stringono la mia maglietta nel vano tentativo di svegliarmi permettendomi così di lasciarla dormire in pace. Apro prima un occhio e poi l’altro scontrandomi con il buio e con il volto di Nina pieno di sonno. Sorride leggermente non appena mi vede sveglio e si siede a gambe incrociate sul letto facendo sollevare la mia maglietta fin sopra le cosce e lasciandomi intravvedere le mutandine in pizzo.
Non devo guardare, non devo guardare, non devo guardare…

 
“Ian”- mi scuote ancora. –“puoi metterti diritto e dormire come una persona civile?”

 
Solo allora mi accorgo di aver relegato la mia ragazza in un angolo del letto perché ne ho occupato io buona parte. Quasi ogni notte è sempre la stessa storia, io mi ritrovo così e Nina mi sveglia perché occupo praticamente tutto il letto e lei è costretta a mettersi in un angolino con il rischio di ruzzolare a terra da un momento all’altro, ma non è colpa mia se riesco a dormire solo così.
Mi rimetto dritto –anche se dopo so perfettamente che ritornerò come prima– e prima di riappoggiare la testa sul cuscino afferro Nina per i fianchi e la avvicino a me facendole appoggiare la testa sul mio petto e le solletico i fianchi. Nina ridacchia e mi appoggia un dolce bacio sulle labbra –fin troppo casto.

 
“Lo sai che non è colpa mia.”- le dico accarezzandole i capelli.
“Lo so.”- sorride sulle mie labbra. –“E’ per questo che il prossimo letto lo sceglierò io e occuperà praticamente tutta la stanza.”
“Non ho nulla da obiettare.”- le bacio piano il collo scendendo fino alla clavicola e la sento sospirare contro di me. –“Non occorre avere tanto spazio in camera quando il pezzo più importante è il letto.”

 
Nina mi tira un colpetto sul braccio mentre io continuo a baciarle piano la spalla, per poi ritornare sul collo. Le mie mani vagano sui suoi fianchi ed iniziano a insinuarsi sotto la maglietta per arrivare alla pelle morbida della sua pancia.

 
“Non avevi detto”- Nina si interrompe e chiude gli occhi mentre arrivo al reggiseno in pizzo e ne sgancio il laccetto. –“che eri stanco?”
“Potrei aver recuperato un po’ di forze…”- le sussurro all’orecchio mentre ormai il reggiseno è caduto in un angolo remoto del letto.

 
Nina mugugna qualcosa sulle mie labbra e mi bacia e fa scorrere le mani fino ad arrivare ai pantaloni che ha tutta l’intenzione di togliere.
Mi stacco un attimo da lei e la guardo malizioso interrompendo il mio lavoro e lasciandola stizzita.

 
“E devo dire che non ti sta dispiacendo tutto questo, no?”- le domando abbozzando un sorriso.

 
Nina mi spinge all’indietro facendomi ricadere tra i cuscini e si siede sopra di me leggermente arrabbiata per l’interruzione appena ricevuta e si abbassa all’altezza del mio viso.

 
“Sta zitto Smolder e baciami.”

 
E io l’ascolto beandomi di quelle labbra e facendola stendere sotto di me.
 







 
 
 
E ora posso vederli in tutto per tutto così simili a noi e mi accorgo che effettivamente sono la mescolanza perfetta di tutte le nostre caratteristiche e non posso esserne che felice.
Accarezzo prima la fronte di Stefan e poi quella di Joseph e rimango lì, a fissarli incantato. Sono bellissimi e sono miei, sono i miei figli, quelli che ho desiderato per così tanto tempo e che ero convinto non potessi avere mai più, ora invece sono qui, davanti a me. E sorrido a tutto ciò, perché finalmente posso essere parte della loro vita e sarà difficile spiegare loro che io sono il loro papà, ma da ora in avanti ci sarò sempre per loro perché è quello che avrei dovuto fare tempo fa, ma che ho la possibilità di fare soltanto adesso.
Mi siedo piano sul letto di Stefan e non so quanto passo a guardarli entrambi, alternando lo sguardo prima su uno e poi sull’altro, ma so che sono l’uomo più felice del mondo in questo momento.




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Buon fine settimana ragazze :)
Credo che aggiornerò una/due volte a settimana e vi dirò più avanti -sempre se saprò organizzarmi xD- i giorni precisi, ma da ora in avanti aspettatevi un aggiornamento ogni settimana visto che mi sono già tirata avanti con alcuni capitoli e sono arrivata al 21 circa!
Ecco il momento che tutti aspettavate, ovvero il chiarimento tra Ian e Nina. Credo di aver spiegato un po' il perchè Ian ha reagito in questo modo e del perchè è scappato via, non perchè non volesse dei bambini, ma perchè era terrorizzato e confuso, ma perchè ne è rimasto scandalizzato!
Finalmente avete visto cosa ne pensa Ian e ritengo che sia molto importante quello che si sono detti Ian e Nina e sul fatto che ora si siano chiariti e, soprattutto, che Ian si voglia prendere le proprie responsabilità e voglia fare il padre dei gemelli.
Ho inserito un flashback su Ian e Nina e si... Sebbene ora stia scrivendo di loro due separati qualche volta devo metterci qualcosa di dolce (<3), mi fa male vederli separati nella realtà figuriamoci nelle storie ahahahaha
Credo che la parte finale sia la più dolce perchè finalmente abbiamo un momento tra Ian e i bambini *------* Sono l'amore!
Grazie alle 15 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo con bellissime parole e a cui ho risposto! Ci sono riuscita, si :')
Alla prossima <3

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Capitolo 20
*** I deserved it. ***


                                                              I deserved it.

Twentieth Chapter.

Pov Ian.

Non so dopo quanto tempo mi accorgo di essere effettivamente solo nella stanza e che Nina è sparita da qualche parte in questa enorme casa. Al momento non capisco questo suo comportamento, ma penso che comunque mi abbia voluto lasciare da solo per avere un po’ di privacy e per godermi un po’ i miei figli. Mi alzo dal letto senza fare il minimo rumore, do un bacio ad entrambi e vado fuori dalla loro cameretta, non prima di aver socchiuso la porta.
Non impiego molto tempo a trovare Nina e con mio grande rammarico sta dormendo. E’ distesa sul divano, con la testa appoggiata ad un cuscino bianco e un libro sopra la pancia. E’ così tenera mentre dorme e sorrido nel vedere la stessa smorfia che poco prima aveva fatto anche Joseph e allora mi perdo ad osservarla e a scoprire dettagli che non avevo mai notato prima d’ora. I capelli sono leggermente più lunghi di quelli che aveva sette anni fa, è alta uguale, è più magra ed è incredibilmente più donna –non che prima non lo fosse, ma ormai ha passato la soglia dei trent’anni ed è completamente maturata in tutto.
E’ solo in pigiama e non appena le sfioro il braccio noto che ha la pelle d’oca così decido di portarla nella sua camera ed andarmene. La prendo in braccio con delicatezza, non volendo svegliarla –anche perché non so cosa potrebbe accadere e come potrebbe reagire se si svegliasse– e salgo piano le scale, facendo attenzione a non cadere.
L’unico problema è la stanza, ma per rigor di logica o è davanti quella dei gemelli o è comunque accanto ed è questa l’opzione giusta. Apro la porta con un piede e non devo nemmeno accendere la luce visto che dalla finestra ne proviene parecchia grazie alla Luna. Scosto goffamente le coperte e l’appoggio delicatamente sul materasso facendo di tutto per non svegliarla e poi la copro. Nina si agita leggermente, ma non apre comunque gli occhi e io posso tirare un enorme sospiro di sollievo per non averla svegliata. Mi guardo attorno per un attimo e una foto cattura la mia attenzione e so che non dovrei sbirciare tra le sue cose –proprio perché sono sue e non mie– ma la curiosità è troppa. Accendo la torcia dell’iPhone* e illumino la foto e mi si stringe il cuore a quello che vedo: il volto di Nina sembra provato, ma non può essere più luminoso di così, mentre stringe tra le braccia i nostri figli appena nati (o comunque di qualche giorno) nelle loro tutine azzurre, bianche e blu in ospedale. E non posso non provare un moto di amarezza e di malinconia –forse persino rabbia– per non aver potuto essere lì, ma capisco che è inutile arrabbiarsi quando ormai non potrei fare nulla e non avrebbe neppure senso litigare ancora perché ormai abbiamo chiarito tutto.
Do un ultimo sguardo alla camera e con sollievo noto che non c’è nessuna traccia di qualche uomo e non so perché mi sento così sollevato, ma mi sento felice. Prima di andare via le scrivo un biglietto e lo appoggio nel comodino, poi esco dalla camera e scendo velocemente le scale. Afferro la giacca, saluto Spike e esco chiudendomi la porta alle spalle.
 
 

















                                                                                                     
    * * *

















 
Pov Nina.
La sveglia sul cellulare suona incessantemente ed allungo un braccio per spegnerla quando al posto del cellulare sento qualcosa di carta e apro gli occhi. Rimango un attimo disorientata sul fatto di trovarmi in camera mia e non in salotto, ma le mie risposte le trovo tutte sul foglio di carta che altro non è che in bigliettino.
 


Quando sono sceso ti ho trovato addormentata sul divano e stavi congelando così ho pensato che fosse più opportuno portarti a letto. Grazie per avermi dato l’opportunità di passare del tempo con Joseph e Stefan, ne avevo bisogno. Quando arrivi sul set cercami, ho bisogno di sapere quando diremo loro la verità.
Buona giornata, Ian.
 

 

Tipico di Ian lasciare dei bigliettini in piena notte, ma posso apprezzare il fatto che sia stato abbastanza discreto e… Sono rimasta parecchio sorpresa dal suo gesto, a dire la verità. Ho provato ad aspettarlo, ma la stanchezza ha preso il sopravvento su di me e non avrei mai pensato che potesse portarmi qui a letto e credo che perlomeno dovrei ringraziarlo.
Mi rigiro tra le mani per qualche minuto il biglietto e penso a quello che devo fare oggi e a come dire ai gemelli la verità, ovvero che Ian è il loro padre. Sarà difficile per me dirglielo, ma sono sicura che loro non avranno nessun problema ad accettarlo visto hanno sempre desiderato, anche se faranno comunque tante domande perché non sono affatto stupidi e sono fin troppo intelligenti.
Oggi ho la mattinata libera e ho deciso di accompagnare Stefan e Joseph a prendere tutto l’occorrente per la prima elementare visto che inizieranno tra meno di una settimana e con me verrà anche mia madre che non sa nulla di tutto quello che è successo e prevedo già la discussione che verrà fuori sul fatto che Ian abbia saputo di avere due figli, con me, anche se quello più infuriato rimane comunque mio padre, anche se non posso tenergli tutto nascosto e so che quando verrà a sapere che Ian e qui, con me, andrà fuori di testa.
Sono quasi le otto di mattina e decido di alzarmi per andare a svegliare anche i miei figli che staranno dormendo come ghiri. Mi alzo e rabbrividisco venendo a contatto con il pavimento freddo della stanza, ma, troppo pigra per andare a prendere un paio di ciabatte, mi dirigo verso la camera dei miei figli a piedi scalzi –sono in camera insieme, visto che entrambi, abituati da sempre a dormire insieme, non hanno voluto separarsi. Apro la porta e corro a scostare le tende perché svegliando prima uno e poi l’altro impiegherei troppo tempo. Si svegliano quasi nello stesso istante e si strofinano entrambi gli occhi colpiti dalla luce del sole: Stefan fa una smorfia di disappunto, mentre Joseph nasconde la testa sotto il cuscino.
 

“E’ ora di alzarsi, forza!”- dico loro cercano di smuoverli dai loro letti.
 

E come sospettavo non fanno nulla, Stefan addirittura si rituffa fuori dalle coperte. Ci sono certe mattine in cui sono più svegli di me e altre in cui neanche la bomba atomica li smuoverebbe dai loro letti e questa mattina è una di quelle.
 

“Allora niente cose nuove per la scuola.”- dico loro incrociando le braccia al petto. –“Penso che andrò a fare compere con la nonna!”
 

In un secondo sembrano più svegli di me e si alzano di scatto.
 

“Che cosa?”- domanda Joseph.
“No!”- lo segue sulla stessa onda Stefan.
“E allora andiamo a fare colazione, forza.”- li incito a seguirmi e lo fanno senza fiatare.
 

Andiamo in cucina e finché loro si accomodano sulle sedie preparo loro la colazione –prima però do qualche croccantino a Spike.
Spiego loro cosa faremo oggi e non appena sentono che li porterò sul set mi guardano pieni di gioia.
 

“Davvero possiamo venire ancora con te mamma?”- mi domanda Stefan.
 

Annuisco e do loro le tazze di latte con dei biscotti rigorosamente senza glutine e iniziano a fare merenda.
 

“Prima però dobbiamo prendere gli zaini e tutto l’occorrente per la scuola.”- ricordo loro e li vedo sbuffare sonoramente.
 

A differenza dei loro coetanei non sono molto contenti dell’inizio della scuola e non posso dare loro torto visto che alla loro età ero praticamente uguale identica, ma è obbligatorio che ci vadano e ci andranno senza nessuna discussione.
Finiamo tra le risate la merenda e li vesto molto velocemente con un paio di jeans, una maglietta a maniche corte e una giacca e aspetto l’arrivo di mia madre.
Arriva poco dopo e non appena mi vede mi lancia uno sguardo indagatore (si vede così tanto che sto nascondendo un segreto?). I miei figli corrono subito ad abbracciarla e le raccontano che oggi verranno sul set con me e lei si insospettisce ancora di più.
 

“Mi devi raccontare qualcosa tesoro?”- mi domanda.
 

Le sorrido incerta e mi passo una mano tra i capelli imbarazzata.
 

“Te lo dico dopo, è meglio.”- le dico titubante facendole intendere che i gemelli per ora non devono sapere nulla.
 


















                                                             * * *
 


















 
Passiamo una piacevole mattinata alla ricerca di tutto l’occorrente per la scuola e quando finiamo andiamo a mangiare qualcosa in ristorante. Dopo aver mangiato i gemelli vanno a giocare nel prato con altri bambini ed io e mia madre rimaniamo sole. Questo vuol dire che mi aspetta un interrogatorio come minimo.
 

“Cos’è successo Nina?”- mi domanda infatti.
“Ecco”- mi blocco un attimo per cercare le parole giuste. Non ha senso omettere nulla, è mia madre infondo e devo raccontarle tutto. –“Ian sa dei gemelli.”
 

Fisso mia madre per qualche istante e lei non sembra sorpresa, anzi, mi sorride comprensiva.
Mi stupisco del suo comportamento, ero convinta che rimanesse senza parole o come minimo mi dicesse che fosse troppo presto, invece sembra quasi d’accordo.
 

“Non mi dici niente?”- le domando.
“E’ giusto che lo sapesse, Nina, e penso che sia stato meglio così, no?”- mi dice.
 

Annuisco contenta che abbia capito.
 

“Come l’hanno presa i bambini?”- mi domanda dolcemente.
“Non lo sanno.”- le rispondo secca, poi mi affretto a chiarire. –“Abbiamo intenzione di dirglielo oggi. L’ha scoperto ieri ed è successo il disastro, ma poi abbiamo chiarito.”
“Cosa ti ha detto?”- mi domanda poi.
“Che vuole fare il padre e che vuole prendersi cura di loro.”- sospiro. –“E’ sincero, lo so. So che si prenderà perfettamente cura di loro, sennò dovrà vedersela con me.”
“Sarà un bravo padre, tesoro.”- dice mia madre e mi abbraccia. –“Ne hanno bisogno.”
Lo so.”- rispondo solo.
 

Dopo aver pagato il conto ed aver preso i bambini accompagno mia mamma all’hotel –visto che non vuole venire ad abitare da noi perché vuole darci il giusto spazio, ma comunque tenterò di convincerla a prendere una casa– andiamo sul set. Gran parte del cast aveva scene di mattina e il restante il pomeriggio, compresa me con Ian. E’ solo qualche battuta, ma mi fa comunque strano dover recitare con lui dopo tutto quello che è successo, anche se mi sento comunque più libera e tranquilla di prima.
Prima però devo avvertire i gemelli di una cosa.
 

“Piccoli, dovete promettermi una cosa.”- dico abbassandomi alla loro altezza. –“Dovete promettermi che non farete più scherzi a Candice almeno per ora, va bene?”
“Va bene mamma.”- mi risponde Stefan e gli do un bacio sulla guancia.
“Ci dispiace aver fatto arrabbiare così zia Candice.”- mi risponde Joseph e do un bacio anche a lui.
“Questo non dovete dirlo a me, ma a Candice.”- sorrido loro e li prendo per mano.
 

Entriamo sul set e con mio grande piacere la temperatura non è né troppo calda e né troppo fredda visto che ormai fuori non si sa se uscire con le maniche corte o con il giubbotto. Ho una scena da girare con Paul e dopo penso che parlerò con Ian visto che subito dopo ho una scena anche con lui. Guardo sul copione in che sala devo andare a girare e noto che è la sala 3, proprio davanti a me e che Julie sta urlando –la sento perfino da qui fuori.
 

“Mamma”- mi chiama Stefan tirandomi per la maglietta. –“perché Julie sta urlando?”
“Non lo so amore e penso di non volerlo sapere.”- gli rispondo incamminandomi verso la sala.
 

Spero che non ce l’abbia con me perché sono in perfetto orario, cosa davvero strana. Non appena entro in sala tutti gli occhi si appoggiano su di me e saluto un po’ tutti imbarazzata, ma Julie non smette di brontolare qualcosa quindi effettivamente capisco che non ce l’ha con me.
Candice mi viene incontro con un’espressione indecifrabile e quando è così vuol dire che è in cerca di scusarsi o di raccontarmi qualcosa.
 

“Prima che tu dica qualcosa…”- inizia. –“Gli ho dato io l’indirizzo di casa tua.”
 

La guardo con la bocca spalancata e poi la richiudo visto che non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da lei, ma non posso essere nemmeno arrabbiata perché l’ha fatto sicuramente per un motivo e comunque è andato tutto a finire bene.
Mi volto verso i miei figli e dico loro di andare a sedersi sulle poltroncine e di andare da Edward, il tecnico, che ieri ha promesso loro di mostrargli alcune cose con il computer e loro accettano felici.
Prendo Candice per un braccio e la porto in un angolino in attesa di una minima spiegazione.
 

“Tu cosa?”- le domando.
“Prima che tu mi urli contro voglio parlare in mia difesa.”- mi spiega gesticolando con le mani molto velocemente. –“E’ venuto da me pretendendo l’indirizzo e ho dovuto darglielo per forza, Nina, così avrei aggravato di più la situazione.”
 

Abbassa lo sguardo colpevole, ma io sorrido e l’abbraccio. Lei non ha nessuna colpa per tutto ciò e penso che abbia fatto la cosa più logica che avrebbe fatto ogni persona normale.
 

“Hai fatto quello che hai potuto, Candice.”- le dico abbracciandola. –“Fortunatamente è andato tutto per il meglio.”
 

Candice mi sorride felice e ci accomodiamo su delle sedie –mentre io aspetto l’arrivo di Paul che sembra in ritardo a quanto pare.
Strano, però. Paul non è mai in ritardo.
 

“Ian ha detto che vuole fare il padre ed è pronto a prendersi cura dei suoi figli, come giusto che sia.”- le sorrido. –“Dov’è Paul?”
“A proposito di Ian e Paul…”- mi dice Candice abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore.
“Cos’è successo a Ian e a Paul?”- domando quasi isterica.
 

Dio, ti prego, fai che Paul non abbia fatto niente di avventato e di stupido.
 

“Ecco…”- blatera Candice.
“Candice, dimmi la verità!”- la obbligo quasi.
“Paul ha preso a pugni Ian.”- mi dice solo.
 

Che cosa?
Come fa Candice a essere così tranquilla?
Questa è la fine del mondo! Avevo detto a Paul di non fare niente, ma lui ovviamente ha fatto di testa sua e ha preso a pugni Ian. Mi porto entrambe la mani a coprirmi la faccia e mi lascio andare contro lo schienale della sedia.
Candice mi fissa preoccupata.
 

“Ora dove sono?”- domando.
“Paul è sparito ed ecco perché Julie è su tutte le furie.”- mi spiega Candice. –“Ian è in camerino.”
 

Annuisco e mi alzo dalla sedia e senza dire nulla mi dirigo verso il camerino di Ian e Candice fortunatamente capisce tutto e mi lascia andare senza seguirmi.
Ci metto poco a trovare il camerino, visto che è vicino al mio ormai ex camerino, e prima di entrare busso alla porta. Sento un flebile ‘Avanti’ e spero con tutto il cuore che sia da solo e senza sua moglie. Apro piano la porta e con mio grande sollievo noto che è da solo. E’ disteso sul divano e si tiene premuto del ghiaccio sulla guancia fino sotto l’occhio. Certo che Paul l’ha ridotto veramente male.
Ian alza la testa e si porta seduto e noto che è un po’ dolorante.
 

“Credevo fossi Paul.”- mi dice con una smorfia.
“No, non sono qui per prenderti a pugni.”- gli sorrido. –“Sei già ridotto male così.”
“Penso di essermelo meritato.”- biascica. –“Però quella che doveva prendermi a pugni dovevi essere tu.”
“Non sono mai stata una donna violenta.”- gli rispondo e prendo una sedia sedendomi di fronte a lui. –“Come stai?
“Sono stato meglio. Come minimo domani avrò un occhio nero.”- mi spiega indicandosi l’occhio con la mano che non tiene il ghiaccio.
 

Gli sorrido piano e mi sento in colpa per come l’ha ridotto Paul. E’ colpa mia infondo se è ridotto così.
Se non avessi raccontato tutto nel dettaglio a Paul lui non avrebbe ridotto Ian così.
 

“Mi dispiace.”- gli dico solo.
“Per cosa?”- mi domanda fissandomi negli occhi.
“Per Paul.”- gli rispondo. –“Insomma se non gli avessi detto tutto tu ora non saresti così.”
“Nina, ascoltami.”- mi chiama. Ian mi prende una mano tra le sue e mi guarda, rassicurante. –“Me lo sono meritato, va bene? Paul ha fatto bene, l’avrei fatto anche io al posto suo. Non fartene una colpa, me lo prometti?”
 

Annuisco piano, poi mi viene in mente del perché io sia venuta qui, oltre per sapere come stesse Ian.
 

“Ian, credo che sia giunto il momento di presentarti ai tuoi figli, non credi?”- gli domando.
 

Lui annuisce e per la prima volta vedo i suoi occhi brillare.
 

 
________________________________________________________________________________________
 
*Ian ha sempre avuto l’Iphone quindi ho pensato di inserirlo anche qui :)

Buona sera a tutte voi :)
Credo di aver trovato un ritmo di aggiornamento e di aggiornare ogni cinque giorni, penso possa andare bene. Volevo postare domani, ma non avrei avuto tempo di farlo, quindi ho pensato di farlo oggi visto che è meglio postare un giorno prima che un giorno dopo :')
Questo capitolo è uno dei miei preferiti perchè sostanzialmente non accade nulla di importante, togliendo il fatto di Paul che picchia Ian, però vediamo il costruirsi di alcuni rapporti e ancora altri chiarimenti.
La parte iniziale non la commento, ma penso che sia stata un pochino dolce -solo un po' eh u.u
Mamma Dobrev invece è sempre la mia preferita, su questo non si discute!
Ian invece è ridotto parecchio maluccio a causa di Paul, ma penso che un po' tutte si sarebbero aspettate un minimo di reazioni, anche se forse ha esagerato, a vedremo tra un po' cosa accadrà tra i due - tre se ci aggiungiamo Nina!
L'ultima parte è il preludio di quello che accadrà nel prossimo capitolo, quello che aspettavate in pratica dall'inizio della storia ahahahaha

Avete visto che Ian è arrivato in Italia?
A quest'ora penso che sia a Roma -o almeno credo- ma fino a ieri era a Napoli e non so se avete letto quello che è successo! A quanto pare è stato aggredito dalle fan napoletane, o almeno è quello che dice qualcuno, ma io non ci credo sinceramente. Premetto che non sono da Napoli, ma quelle ragazze sostengono che i video siano di Parigi e vedendo come ha reagito Ian a Parigi penso che risalgano proprio da lì, ma qui in Italia non si è comportato davvero bene e mi è caduto un po' in basso diciamo -non che non lo ami più eh u.u
Però il fatto che non abbia voluto fare foto mi ha lasciato un po' basita anche per il modo con cui ha risposto alle fan che volevano solo una misera foto. Una foto. Capisco che sei stanco e quello che vuoi, ma campi con i fan e trattarli in quel modo mi ha dato particolarmente i nervi. Che poi qualche foto l'ha fatta, all'inizio, ma o la fai con tutti o con nessuno. Certi sostengono, parecchi, che sia stata Nikki a dirgli di non fare foto, ci sarebbero anche dei video, che io non ho visto e ci tengo a precisare questo. Spero vivamente di no perchè non conosco quella donna, ma voglio farmela sembrare almeno passabile, ma se fosse così... Beh... Un bagno di umiltà fa bene a tutti, tesoro.
Che poi... La sapete l'ultima? Difendono tanto gli animali e Ian ha regalato una borsa a Nikki. Direte che strano, una borsa, e allora? E' in pelle di animale e non è finta visto che gliel'ha presa originali visto che era il desiderio più grande di Nikki!
Ho sempre amato Ian per il suo difendere gli animali, ma ora? Una borsa di belle vera? Ci sei o ti fai?
Prego che sia falsa, ma ho visto le foto e letto tantissime fonti affidabili quindi è probabile, se non certo, che sia così.
Ian, che ti sta succedendo?


Voglio dedicare la mia attenzione a un'altra donna, Nina.

         

Come si fa a non amarla, come? :')
Ah, se ve lo state chiedendo... Nina è la mia preferita, si <3
Non la vedevo felice così da tanto tempo e credo che sia felice grazie ad Austin, suo fidanzato! Ormai lo sanno tutti ahahaha
(Che poi è anche dolciosissimo *-* Ha protetto Nina dai paparazzi e l'ha fatta scendere dalla macchina per poi farla rientrare! Voglio anche io un uomo così! <3)
Quindi grazie ragazzo, continua così che stai guadagnando punti! C:
Ultima cosa, se andate alla Con fate una domanda a Ian per me: amore, che diavolo combini?
Ora mi dileguo, alla prossima!
(Tutto quello che ho scritto è un mio pensiero e l'ho condiviso per sapere cose ne pensate ^^ Non voglio offendere nessuno <3)

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Capitolo 21
*** Surprise. ***


                                                                       Surprise.


Twenty-first Chapter.

Pov Ian.

Annuisco a Nina e mi sento improvvisamente felice e dimentico perfino quello che è successo tra me e Paul. Finalmente i miei figli sapranno che io sono il loro papà. Usciamo in fretta dal camerino e Nina si blocca, poi si volta verso di me. La fisso dubbioso e improvvisamente ho paura che possa aver cambiato idea, ma quando mi sorride rassicurante capisco che non ha affatto cambiato idea, ma c’è comunque qualcosa che deve dirmi.
 

“I bambini sono con Edward.”- mi spiega. –“Pensi che sia meglio che li porti qui?”

 
Mi sta chiedendo se voglio un po’ di privacy –anche se non me l’ha proprio chiesto direttamente– e non posso non essergliene grato.
Mi fissa per qualche secondo in attesa di una risposta.

 
“Si, penso… Penso che sia meglio che io aspetti qui.”- le rispondo leggermente imbarazzato.

 
Nina annuisce solo, poi sparisce dal mio camerino e mi lascia da solo. Mi rigetto nuovamente sul divano con un sorriso da ebete stampato in faccia, ma ho comunque paura. Come potrebbero reagire due bambini di sei anni alla vista del padre? Nina mi ha spiegato che hanno sempre voluto un papà, ma se ora non lo volessero?
E se io non gli piacessi? Insomma, magari si aspettano qualcun altro oppure mi hanno pensato in maniera diversa e magari deluderò solo le loro aspettative.
Non so quanto tempo passa, ma questo fa accrescere l’ansia dentro di me. Non mi sarei accorto nemmeno che la porta si sta aprendo piano se non avessi avuto lo sguardo puntato contro di essa. La testa di Nina fa capolino e mi sorride incoraggiante, poi entra seguita dai nostri figli che entrano nel camerino e si guardano titubanti. Non appena Joseph mi vede si apre in un sorriso meraviglioso e gli sorrido di rimando –e il cuore mi si scalda nel sapere che mio figlio mi ha appena sorriso.

 
“Ma Ian”- è proprio Joseph a spezzare il silenzio e mi guarda con disappunto. –“che cosa ti è successo?”
“Non preoccuparti per me, non è successo niente.”- gli rispondo sorridendo e lui ricambia felice della mia risposta, anche se comunque penso che non ci abbia creduto fino in fondo.

 
Stefan invece si nasconde timidamente dietro le gambe di Nina dalle quali spunta solo la testa e mi guarda con circospezione e un misto di adorazione –almeno spero che sia così!
Nina si accovaccia leggermente, circa all’altezza dei gemelli, e li chiama vicino a lei e Joseph mi abbandona un attimo per andare dalla madre.

 
“Piccoli, vi devo dire una cosa.”- inizia Nina dolcemente e i bambini la guardano rapita e si fanno attenti.
“Tu e Ian state insieme?”- domanda Joseph indicandomi con un cenno del capo.

 
Nina spalanca leggermente la bocca e io quasi ruzzolo a terra per la naturalezza con cui lo dice.

 
“Joseph ha ragione, mamma?”- domanda Stefan guardandomi da sopra la sua spalla, ma lo vedo comunque sorridere sincero.
“No, non stiamo insieme.”- spiega loro Nina scuotendo la testa. –“Quello che voglio dirvi è un’altra cosa. Vi ricordate cosa vi ha detto la mamma riguardo il vostro papà?”

 
I bambini si guardano per un attimo negli occhi, poi annuiscono. Quello che parla a sorpresa è Stefan.

 
“Si, non è con noi perché sta aiutando gli animali.”- risponde e guarda il fratello in cerca di conferma che annuisce solo.

 
Nina mi cerca con lo sguardo e so che è un momento difficile, ma dentro di me sento che ora non devo intervenire, che deve essere lei a spiegare a loro la situazione. Quindi la incoraggio solo con lo sguardo.

 
“Lui”- Nina si morde leggermente il labbro per poi continuare. –“è tornato per rimanere con voi.”

 
I gemelli la guardano spiazzati e io ho seriamente paura che abbiano capito tutto e che non mi vogliano con loro e per questo indietreggio di qualche passo indietro.
Loro non parlano e non fanno niente e come potrei incolpare dei bambini di sei anni?
Nina, che sembra non essersi accorta del mio stato d’animo –o se n’è anche accorta ma fa finta di niente– mi indica con la mano e quello che succede dopo lo ricorderò per tutta la vita.
Due uragani castani mi si abbattono contro e mi stringono le braccia al collo facendomi cadere all’indietro e sbattere la testa sul pavimento, ma ora non mi importa di nulla. I miei figli mi stanno abbracciando e hanno tutta l’intenzione di non mollarmi per un attimo, anzi, ogni secondo che passa rafforzano sempre di più la presa sul mio collo e io faccio lo stesso, stringendoli entrambi al mio petto.
Mi hanno accettato. Hanno riconosciuto che io sono il loro papà e ora mi stanno abbracciando felici con le piccole braccia strette intorno al mio busto.
I miei figli mi stanno abbracciando! L’avevo immaginato per tutta la notte, ma ora è tutto diverso. Loro sono qui, con me. I miei figli, i miei tesori più preziosi.

 
“Tu… Tu sei il nostro papà?”- esala una piccola vocina tremolante alzando appena la testa dal mio petto.

 
E’ Stefan e da quello che ho capito in pochi minuti è molto più timido di Joseph e più insicuro.

 
“Non è uno scherzo?”- continua ancora sempre con la voce che trema leggermente.
“No, amore, non è uno scherzo.”- gli rispondo e gli accarezzo piano la fronte e mi sorprendo di me stesso per non sentirmi inopportuno, mi sembra tutto così naturale, così familiare. –“Sono il vostro papà e non vi lascerò mai più.”

 
E questa volta sono io ad abbracciarli di slancio e a stringerli forte a me come per paura che possano sparire da un momento all’altro.
Non potrei mai lasciarli, non lo farei mai. Sono miei e non permetterò mai più di allontanarci.
Sono un papà che sta abbracciando i propri figli.

 
“Non andrai più via, vero?”- questa volta me lo domanda Joseph e vedo il suo labbro tremare leggermente.
“No, piccolo, non vi lascerò mai più, ve lo prometto.”- gli rispondo dandogli un piccolo bacio sulla fronte.
“Le promesse”- Stefan si blocca e tira su leggermente con il naso. –“vanno mantenute.”
“Manterrò questa promessa, anche al costo della vita.”- rispondo stringendoli ancora più forte.

 
Mi sporgo leggermente e cerco Nina con gli occhi e la trovo seduta di fronte a noi con un sorriso di pura gioia –e credo che quel sorriso sia rivolto ai nostri figli e non a me, ma poco importa.

 
“Papà… Così mi soffochi!”- bofonchia Joseph.

 
Smetto subito di abbracciarli e mi accerto che Joseph stia bene e tiro un sospiro di sollievo quando lo vedo sorridere di gioia al mio indirizzo. Non si muovono dal mio petto, impedendomi così di alzarmi, ma non dico niente perché voglio godermi questo momento, voglio imprimerlo nella mia mente e ricordarlo per tutto il resto della mia vita perché da qui la mia vita avrà un nuovo inizio.
 
 


 
Pov Nina.
Li guardo e sorrido perché non ho mai visto i miei figli più vivi e più felici di così. Nulla ha mai avuto questo effetto su di loro e non posso non aprirmi in un sorriso quando li vedo abbracciare loro padre.
Sono l’immagine perfetta della felicità e vorrei vederli ogni giorno così felici, ma so che presto arriveranno i problemi e quelli dovremo affrontarli insieme il meglio possibile. Uno di questi problemi è il fatto che da ora in avanti vedranno i loro genitori separati e non so come farò loro a spiegare che il loro papà non ama me, ma un’altra donna –e non posso provare una sensazione di ansia mista odio e altro al fatto che anche Nikki venga a contatto con i miei figli e sebbene io lo voglia impedire so perfettamente che non posso.
Così mi godo qualche attimo di tranquillità tra noi quatto e aspetto con ansia quello che succederà non appena andremo fuori da qui. Per prima cosa, dopo aver chiarito altre questioni con Ian, andrò a parlare con Paul –e la vedo molto dura.

 
Papà?”- lo chiama Joseph e Ian sussulta leggermente sorpreso per il modo in cui l’ha chiamato.

 
Ma posso vederlo il sorriso spontaneo che gli nasce sulle labbra e lo sguardo orgoglioso che lancia al figlio.

 
“Dimmi.”- gli risponde dolcemente inclinando leggermente la testa.
“Ora verrai a casa con noi?”- domanda poi.

 
Ed ecco la domanda che aspettavo venisse fuori, ma che al tempo stesso avrei voluto evitare. Ian rimane spiazzato perché evidentemente era troppo preso a godersi i gemelli, mentre io si, ma non so nemmeno che risposta dare e non so se aspetti a me a questo punto chiarire la situazione visto che momentaneamente sono felicemente single.
Ian cerca il mio aiuto, ma io scuoto la testa e alzo le spalle, questa volta tocca a lui.

 
“Starò con voi, ve l’ho promesso.”- inizia così, titubante, mentre vedo la speranza dei miei figli venire a meno. –“E’ difficile da spiegare. Ecco… Papà ha un’altra casa.”

 
Tipico.

 
“Casa nostra è grande, papà.”- interviene Stefan tirandogli la maglietta. –“Ci sono tante camere da letto.”
“La situazione è un po’ difficile da spiegare.”- risponde pacato sorridendo nervoso. –“Io… Vedete, c’è un’altra persona che mi aspetta a casa e non posso lasciarla da sola.”

 
I bambini aggrottano la fronte non capendo. Giustamente… Come possono capire che c’è un’altra donna oltre alla loro madre nella vita di Ian?
Sono ancora troppo piccoli per questi intrecci così complicati.

 
“E chi è?”- domanda timidamente Stefan.
“Io e la vostra mamma ora siamo amici.”- Ian sospira, ma continua comunque. –“Papà è sposato con un’altra donna, ma sono sicuro che vi piacerà.”

 
I bambini si scostano bruscamente da Ian e Joseph scuote la testa.
Me lo aspettavo. Credo che questa sia la reazione più normale e sono anche spaventata. Non so cosa sta passando loro per la testa e fino a che punto se la sono presa. Joseph mi guarda come a chiedere spiegazioni, mentre Stefan incrocia le braccia al petto.

 
Noi vogliamo la mamma.”- risponde a tono Joseph.
“Ma la vostra mamma non andrà via.”- cerca di spiegare loro Ian.
“Ma noi non vogliamo un’altra mamma.”- continua Stefan sulla stessa onda del fratello.

 
E mi verrebbe da sorridere quasi per l’attaccamento dei miei figli verso di me, ma questa non è una situazione comica e si sta rivelando più difficile del previsto e prevedo –anche se spero che non accada– che qualcosa andrà storto.

 
Nikki potrà essere vostra amica, non è detto che dovrà essere per forza vostra madre.”- risponde Ian cercando di convincerli, ma sembrano irremovibili. –“Nessuno mi impedirà di stare con voi.”
“Ma noi vogliamo rimanere anche con la mamma.”- risponde Stefan.

 
Decido di intervenire per cercare di calmare un po’ le acque perché da un momento tranquillo siamo passati alla tempesta.
E’ dura per me sentire tutto ciò e sapere che cosa mi aspetta, ma devo farlo –anche se così facendo sto facendo soltanto un favore a Ian.

 
“Io non andrò via.”- faccio cenno ai gemelli di avvicinarsi e li stringo a me. –“Nemmeno vostro padre se ne andrà. Starete con noi, solo separatamente.”
“Perché non possiamo stare tutti insieme?”- mi domanda Joseph.
“Perché… Perché vostro padre ama un’altra persona ed è giusto così.”- sorrido loro. –“La situazione non cambierà, dovete essere felici che vostro padre sia qui.”

 
I gemelli annuiscono e sorridono felici, ma percepisco perfettamente che ci sarà tanto lavoro da fare sotto questo punto di vista.

















 

                                                                       * * *
 

















Mentre ho finito di girare i gemelli sono stati con Ian e a quanto pare si sono divertiti un sacco. Mi hanno raccontato che Ian ha mostrato loro tutto il set, ma il loro luogo preferito è stato il suo camerino, dove hanno fatto tante foto e tantissimi altri giochi. Hanno detto che non vedono l’ora di conoscere Nietzsche* e mi hanno raccontato di altri mille animali che ha loro padre parlando orgogliosi di lui e ne sono felice.
Ora siamo a casa e stiamo guardando Frozen per l’ennesima volta, quando il mio telefono squilla e mi alzo per rispondere.
 

-Mamma mi ha raccontato tutto.- esplode mio fratello. –Quando pensavi di dirmelo?-
-Buonasera anche a te.- gli rispondo a tono. –Te l’avrei detto, avevo solo bisogno… Di chiarire parecchie cose.-
-Non sono qui per farti la predica, a quella ci penserò domani, ma ho un favore da chiederti.- mi dice.
 

Roteo leggermente gli occhi e mi volto per guardare se Joseph e Stefan sono ancora nella stessa posizione e noto che stanno quasi per addormentarmi. Spero solo che mio fratello faccia in fretta così dopo potrò portarli a letto.
 

-Dimmi.- gli rispondo.
-Domani hai qualche impegno?- mi domanda.
-Anche se ti dicessi di si dovrei disdire, no?- gli domando conoscendo già la risposta.
 

Lo sento ridacchiare dall’altro capo del telefono e sorrido anche io.
 

-Mi conosci troppo bene ormai.- mi risponde, poi si fa serio. –Domani pomeriggio, verso il tardi, dovresti trovarti con Eric per discutere della casa di mamma e per mettervi d’accordo sull’acquisto. Io ho un impegno, non posso.-
-Domani pomeriggio sono libera. Ho le riprese domani mattina e alla sera.- gli rispondo sospirando. –Non potrebbe andare mamma?-
-Domani non può.- mi risponde secco.
-Stai per caso cercando di organizzarmi un appuntamento?- gli domando ridacchiando.
-Eric è un bravo ragazzo e stareste bene insieme. Hai 33 anni Nina, è giusto che tu ti faccia una vita e che conosca qualcuno, ma non è per quello. Proprio non posso.- mi spiega.
-Hai ragione, lo so. Andrò io domani, va bene. Domani mattina scrivimi l’ora e il posto, poi mi arrangio.- gli rispondo picata.
-Grazie Neens, sei la mia sorella preferita.- mi risponde.
-Sono anche l’unica sorella che hai!- ribatto divertita.
-Non essere sempre così puntigliosa.- mi riprende. –Ora devo andare, salutami i mostriciattoli.-
 

Do la buonanotte a mio fratello e poi appoggio il telefono sul piccolo tavolino accanto a me e mi dirigo in sala appena in tempo per vedere il finale del cartone e per vedere i miei figli addormentati teneramente sul divano. Faccio per prendere Stefan e portarlo a letto quando qualcuno suona alla porta e mi sembra di avere un dejà vu e sono quasi sicura di sapere chi ha appena suonato. Vado alla porta e la apro, senza preoccuparmi di controllare chi possa essere a quest’ora visto che può essere solo Ian –ed infatti è così.
 

“Ti piace venire a quest’ora di notte?”- gli domando.
 

Vorrei anche sorridere, per alleviare la tensione, ma capisco che è meglio non farlo perché Ian è scuro in volto e questo non promette nulla di buono.
Fa per aprire bocca, ma lo blocco prima che possa fare qualche danno.
 

“Aiutami a portare i bambini di sopra.”- gli dico indicandoli con un cenno del capo. –“Non voglio che loro sentano.”
 

Lui annuisce solo ed entra insieme a me chiudendosi la porta alle spalle. Silenziosamente prendiamo i bambini e li portiamo in camera, per poi metterli sopra le coperte. Non parliamo e non ci guardiamo e vorrei capire che cos’è cambiato da due ora fa.
Accendo la piccola lampadina vicino alla scrivania e chiudo loro la porta, poi vado giù in sala seguita a ruota da Ian.
 

“Perché sei così tetro?”- gli domando, ma ho seriamente paura della risposta.
Voglio fare il test di paternità.”
 

 
 ___________________________________________________________________________________________________________________________________________
 
*è il cane di Ian e non so quanti anni abbia in questo momento sinceramente, ma nella storia avrà all’incirca dieci/undici anni.



Come promesso eccomi qui ad aggiornare :)
Penso che un aggiornamento ogni cinque giorni vada più che bene, così ho anche tempo per tirarmi avanti con gli altri capitoli e le altre storie!
Piaciuto l'incontro? Io me lo sono sempre immaginata così, più o meno, e spero di non aver deluso le vostre aspettative o di aver fatto una schifezza, ci tengo davvero tanto a ricevere un parere su questo punto.
Amo Ian con i gemelli, il caso è chiuso *-*
Come avevate sospettato i bambini non hanno accettato molto bene il fatto che Ian abbia una moglie, quindi un'altra donna, che non sia Nina e glielo faranno presente più volte. Insomma, non voglio andare contro i sostenitori di Nikki (ce ne sono? No? Perfetto xD) però a nessun bambino piacerebbe vedere il proprio papà con un'altra donna soprattutto quando si è così piccoli :/
Tenete presente la telefonata di Alex che sarà molto importante, per quanto riguarda Eric immaginatevelo un po' come Stephen Amell, Oliver Queen di Arrow! Se potessi me lo sposerei subito u.u
L'ultima parte, beh... Non ha bisogno di commenti... Ian ha già iniziato a fare cazzate!
Grazie alle splendide 11 ragazze che mi hanno lasciato una recensione, siete fantastiche <3
Alla prossima =)

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Capitolo 22
*** I will never trust you more. ***


                                                   I will never trust you more.

Twenty-second Chapter.


Pov Nina.

Probabilmente se avessi avuto qualcosa in mano mi sarebbe caduta frantumandosi in mille pezzi sul pavimento.
Voglio fare il test di paternità. Diavolo, ma sta scherzando? Ha detto sul serio test di paternità? Anche un cieco –con tutto il rispetto che ho per le persone non vedenti–si accorgerebbe che lui è il padre visto la somiglianza che ha con Joseph e Stefan e lui mi viene a dire che vuole il test di paternità.
Sorrido amara e finalmente capisco il perché: non ha pensato lui questa cosa, ma la sua adorata moglie. Era così contento fino a due ore fa ed ora è qui perché vuole il test di paternità e chi, se non sua moglie, gli ha chiesto di farlo? Questo mi sembra ovvio.
 

“Devo dedurre”- inizio fredda, staccata. –“che te l’abbia chiesto lei, no?”
“Nina, senti, io”- comincia, ma lo blocco prima che possa continuare.

 
Mi allontano qualche passo da lui come scottata ed effettivamente non voglio averlo più vicino visto che non sa imporsi o comunque prendere dannate decisioni senza farsi influenzare da quella che evidentemente è più un tiranno che una moglie.

 
“Non voglio sentire nessuna parola fuoriuscire dalla tua bocca!”- esplodo puntandogli un dito contro. –“Come… Come puoi pensare che io ti stia mentendo su una cosa del genere? Capisco che tu ti senta offeso dal fatto che te l’ho nascosto per sei anni, sette se includi la gravidanza, ma ti ho spiegato del perché l’ho fatto. Ma ora… Non potrei mai mentirti su una cosa del genere!”

 
E lo urlo quasi, ma in questo momento non mi importa di niente e di nessuno. Come… Come può anche solo pensare che io mi sia inventata tutto? Perché, sebbene sia stato influenzato da sua moglie, per venirmelo a chiedere così, di persona, qualche dubbio ce l’ha pure lui ed è questo quello che mi fa esplodere e che mi fa sentire ferita. Avevo cominciato a fidarmi di lui, ad integrarlo piano piano nella vita dei bambini, eppure in tre secondi ha distrutto tutto quello che avevo cercato di fare in quasi tre mesi. Avevo messo da parte il mio orgoglio e tutto quello che avevo passato per dargli un’opportunità e ora mi ha praticamente detto che gli sto mentendo.
Sapevo che non dovevo fidarmi.

 
“Io lo so che tu non mi mentiresti mai, ma Nikki vuole delle certezze.”- mi risponde cercando di scusarsi.
“Certo, come no.”- gli rispondo sorridendo amara. –“Lei vuole e tu esegui, mi sembra giusto.”
“Non venire a criticare il mio comportamento, Nina.”- mi sibila contro.
“Non sto assolutamente criticando il tuo comportamento, Ian.”- sputo fuori. –“Sto solo sottolineando il fatto che tu non riesca a prendere le tue decisioni da solo. E non dire che credi che io non ti mentirei mai, perché se sei venuto qui volendo il test di paternità vuol dire che non mi credi.”

 
Ed è anche troppo palese, questo. Tutto mi sarei aspettata ora in avanti, ma non questo. Non sono delusa e ferita perché io non voglia fare il test di paternità, perché non ho nessun problema a farlo, ma per il fatto che me l’abbia chiesto lui di persona –inoltre mi conosce e sa che non sono quel tipo di persona, ma evidentemente è così cambiato in questi anni che non riesco più nemmeno a capire che tipo di persona sia.

 
“Non dire così, Nina.”- mi dice esasperato.
“Cosa dovrei dire, allora?”- gli domando ironica. –“Sto solo cercando di farti capire quello che sai, ma che non vuoi ammettere. Come avrei potuto illudere te e due bambini così? Neanche la persona più meschina al mondo lo farebbe.”
“Nina, io non avrei voluto farlo, credimi.”- insiste ancora avvicinandosi di qualche passo a me.

 
Ma più lui si avvicina e io mi ritraggo. Non voglio vederlo, non voglio sentirlo parlare, voglio solo che se ne vada da casa mia.

 
“Non voglio sentire quello che hai da dire.”- ribatto acida.
“E invece mi ascolterai.”- dice puntandomi il dito contro. –“So che non stai mentendo, ma lei ha bisogno di una qualche certezza che io non posso dargli.”
“Basterebbe solo che tu le mostrassi una loro foto per capire che sono le tue fotocopie, Ian.”- ribatto amara stringendo i pugni fino a farmi male. –“Ma è così facile accusarmi che imporsi con lei. Cosa ci vuole a farla scendere dal piedistallo? Nulla, eppure tu non ne sei capace. Farò quel test di paternità, non ho niente da nascondere, ma sappi che con me, dopo, hai chiuso.”

 
Tenta di parlare, di ribattere, ma non voglio sentire altre ragioni.

 
“Ora vattene da casa mia.” –gli dico fredda guardandolo negli occhi. –“Subito.”

 
Cerca i miei occhi, ma io mi volto dandogli le spalle. Sento poco dopo la porta chiudersi alle mie spalle e la prima cosa che mi capita in mano la tiro contro il camino spento.
Avrei voglia di piangere, ma non lo faccio –ho pianto tanto per lui che non ne ho più nemmeno la forza di farlo.
 














 

                                                               * * *
 















Questa notte non ho chiuso occhio e non per qualche particolare tipo di rimorso, semplicemente perché sono nervosa.
Ho chiamato poco fa l’ospedale e ho spiegato a grandi linee la situazione e hanno fissato l’appuntamento per oggi pomeriggio e hanno accennato anche al fatto che è molto semplice farlo –dovrò portare anche i gemelli in ospedale per fare tutto in maniera perfetta e per rassicurare la signora Somerhalder che non ci sia nessun giochetto sotto.
Per i bambini troverò una scusa, non posso dire loro la verità, non capirebbero. Anche se sarà difficile comunque visto che sono intelligenti e sicuramente si insospettiranno, ma come al solito non faranno domande.
La mattinata passa relativamente tranquilla e i gemelli fortunatamente non fanno nessun tipo di scherzo a nessuno –anche perché la loro persona preferita per fare gli scherzi, Candice, oggi non c’è perché aveva una visita per il bambino. Si, dopo due femmine, anche se non sono figlie naturali della mia amica, finalmente avranno un maschietto e i due sposi non potrebbero essere più felici di così.
 

“Nina, ricordati che questa sera devi essere qui alle nove in punto, non dimenticartelo come tuo solito.”- mi ricorda Julie bonariamente.
“Non lo farò.”- le rispondo sorridendo. –“Al limite metterò un promemoria.”
 

Finisco di allacciare le cinture ai gemelli e chiudo le porte della macchina. Mi accingo per aprire quella del guidatore, quando Julie mi blocca.
 

Neens, cos’è successo?”- mi domanda.
 

Come fa ad aver capito che c’è qualcosa che non va? Insomma, ero convinta di essere riuscita a mascherare tutto, ma evidentemente sono una brava attrice solo nelle serie televisive e nella vita reale faccio schifo.
 

“E’ successo di tutto.”- mormoro.
“E’ così brutto?”- mi domanda.
 

Mi mordo il labbro inferiore e respiro sommessamente prima di risponderle prendendomi qualche secondo per formulare meglio le idee.
 

“Ha chiesto di fare il test di paternità e mi sembra una cosa parecchio brutta.”- le spiego.
 

Julie spalanca leggermente la bocca e per qualche secondo, forse minuto, non parla e questo mi sta facendo dannatamente preoccupare.
La scuoto un attimo e sembra riprendersi dallo stato di trance in cui era caduta e mi fissa sconvolta.
 

“Come può mettere in dubbio questo?”- mi domanda e vorrei trovare anche io una motivazione, ma non posso. –“Sono le sue fotocopie.”
“Lo so.”- rispondo solo.
“E tu cosa gli hai detto?”- mi domanda.
“Prima di averlo sbattuto fuori di casa dici?”- le domando con una nota di ilarità nella voce. –“Che avrei fatto quel dannato test.”
“Io al posto tuo non l’avrei fatto.”- mi dice sincera.
“Tanto sono io dalla parte della ragione, non lui.”- le spiego sincera. –“Dopo questo potrà vedere i suoi figli quando vuole, ma con me ha chiuso.”
 

Julie annuisce e mi abbraccia, sussurrandomi che andrà tutto bene, poi la saluto e salgo in macchina per poi metterla in moto e per dirigermi verso l’ospedale.
 

“Mamma, ci metteremo tanto a fare gli esami?”- mi domanda Stefan da dietro.
“No tesoro, faremo prestissimo. Dopo vi porto da Candice perché la mamma ha da sbrigare alcune faccende.”- rispondo.
“Mamma”- interviene Joseph. –“non possiamo andare a mangiare un gelato con papà?”
 

Ora cosa dovrei dire loro? No perché vostro padre ha qualche dubbio sul fatto che siate figli suoi o si?
 

“Penso che dovreste chiedere a lui.”- rispondo invece. –“Io sono d’accordo.”
 

Annuiscono entrambi e arriviamo finalmente all’ospedale. Dobbiamo andare al terzo piano e siamo perfettamente in orario in teoria. L’appuntamento era per le 3.30 pm e manca solo qualche minuto.
Dopo essere arrivati al terzo piano ci sediamo nelle sedie della sala d’aspetto e i gemelli sembrano impazienti di vedere Ian.
 

“Mamma?”- mi chiama Joseph.
“Dimmi amore.”- gli sorrido voltandomi verso di lui.
“Perché tu e papà avete litigato?”- mi domanda.
 

Aggrotto leggermente le sopracciglia. Noi non abbiamo litigato davanti a loro, non volevo che sentissero quello che avevamo da dirci, loro devono credere che adesso andiamo d’accordo.
 

“Ieri sera mamma.”- mi ricorda Stefan.
“Ma voi non stavate dormendo?”- domando leggermente imbarazzata.
“Non vi abbiamo spiati.”- mi risponde Joseph lanciando uno sguardo fugace al fratello, ma so che stanno mentendo.
“Davvero?”- domando inclinando la testa.
“Va bene, forse si.”- mi risponde Stefan sorridendo cercando di sciogliermi.
“Non stavamo litigando.”- spiego loro. –“Non eravamo d’accordo su alcune cose.”
“Ma tu eri arrabbiata.”- mi fa notare Joseph mentre Stefan annuisce. –“E anche papà.”
“Abbiamo risolto tutto, non preoccupatevi.”- rispondo loro mentendo. –“Non dovete preoccuparvi di nulla.”
 

Il discorso sembra cadere presto sulla scuola e mi raccontano che al parco l’altro giorno hanno giocato con dei bambini a calcio e che vorrebbero provare anche loro. Gli prometto che non appena inizieranno la scuola li iscriverò in una società per permettere loro di provare e sono felicissima che abbiano trovato qualcosa da fare oltre la scuola.
Passa qualche minuto e sento una voce che conosco fin troppo bene.
E’ arrivato.
I primi a corrergli incontro sono proprio i suoi figli che lo abbracciano di slancio e lui riserva loro uno sguardo amorevole –ed è qui che mi domando se stia fingendo o se sia tutto veritiero.
 

“Scusami per il ritardo.”- mi dice, ma io non lo guardo. –“C’era traffico.”
 

Non gli rispondo e mi volto dall’altra parte spazientita e lui non fa niente per farmi parlare. Fortunatamente poco dopo arriva un’infermiera che ci avvisa del nostro turno e ci accompagna in una saletta.
 
 













                                                            * * *
 














Ci è voluta circa mezz’ora a fare tutto e i gemelli sono stati bravissimi senza fare troppe domande.
I risultati dovrebbero arrivare tra tre giorni, il tempo di  fare tutti i controlli e le varie analisi. Io e Ian lasciamo il nostro numero come recapito telefonico ed usciamo dalla stanzetta.
 

“Papà, possiamo venire con te?”- gli domanda Stefan tirandolo per la maglietta.
 

Ian lo guarda leggermente sorpreso, forse perché non si aspettava che i bambini volessero stare con lui, e gli sorride raggiante –questo è uno di quei momenti in cui mi sorge spontaneo il dubbio sul fatto che Ian sia bipolare– annuendo.
Alza lo sguardo su di me e mi fissa in attesa di una qualche risposta.
 

“Per me va bene.”- gli rispondo fredda.
 

Sembra risentito dalla mia risposa, ma è quello che si merita. I bambini mi sorridono felici, poi mi abbracciano e successivamente prendono per mano Ian.
 

“Ci vediamo dopo mamma.”- mi salutano con la mano.
“Ian?”-lo richiamo prima che si allontani troppo. Lui si volta speranzoso, ma non l’ho chiamato per dirgli quello che si aspetta. –“Joseph è celiaco, stai attento.”
 

E mi guarda sorpreso, ma non fa in tempo a dirmi niente perché i suoi figli lo trascinano fuori eccitati nel passare un po’ di tempo con il loro papà.
Poco dopo mi avvio anche io verso casa per prepararmi velocemente visto che tra poco dovrò incontrarmi con Eric.
Non ci metto molto a preparami, lascio i capelli mossi e sciolti sulle spalle, opto per un paio di jeans, una camicia bianca e un paio di normali stivaletti. Alex mi ha inviato poco fa un messaggio dicendomi che sarebbe passato Eric a prendermi per portarmi a vedere l’appartamento di mamma e che mi avrebbe portato anche a casa e non ho potuto fare a meno di sorridere per questo gesto. L’ho visto due volte in totale, ma mi è sembrato un bravo uomo ed è bello e piace anche ai gemelli.
Sento il campanello suonare e Spike abbaiare leggermente –sembra più un lamento a dire la verità e questo mi fa sorridere– e mi affretto a scendere le scale, non prima di aver afferrato la mia borsa e il cellulare.
Apro la porta e lo trovo appoggiato allo stipite con le braccia incrociate al petto e un sorriso smagliante e contornargli il volto.
 

“Ciao, Nina.”- mi dice sorridendo.
 

Lo saluto anche io e dopo qualche chiacchera ci dirigiamo alla macchina. Da gentiluomo mi apre la porta e mi fa accomodare, poi la richiude e sale dalla parte del guidatore. Mi spiega com’è un po’ la casa e dice di averne parlato anche con Alex gli ha consigliato il tipo che secondo lui era adatto a nostra padre. Finiamo di parlare per i bambini e scopro che ha un fratello più grande di quattro anni dei gemelli e mi racconta che suo padre è morto circa sei anni fa in un incidente d’auto e da allora si comporta più da padre che da fratello per suo fratello –che ho scoperto chiamarsi Christian.
Arriviamo dopo dieci minuti nel palazzo dove dovrebbe trovarsi l’appartamento e sembra piuttosto tranquillo, l’ideale per mia madre che ha sempre desiderato vivere in una palazzina senza troppi problemi –e ne sarà felice anche mio padre non appena verrà qui.
Non appena arriviamo Eric, da bravo professionista, mi fa fare il giro della casa, che si rivela molto spaziosa, mostrandomi tutto nei minimi dettagli e rivelandomi i vantaggi e gli svantaggi di alcune sistemazioni. E’ praticamente perfetta, anche se penso –e sono sicura di aver ragione– che mia madre cambierà gran parte dell’arredamento, se non tutto, visto che è particolarmente fissata in questo ambito e se non è come dice lei cambia tutto.
 

“Penso di aver finito qui.”- mi avvisa. –“Come ti sembra?”
“Penso che sia l’ideale per mia madre.”- gli rispondo sorridendo. –“E’ grande e mi sembra un posto tranquillo. Penso che cambierà solo l’arredamento.”
“Secondo te non le piacerà?”- mi domanda leggermente dispiaciuto.
“La casa è molto bella.”- spiego. –“Ma mia madre ha una particolare fissa l’arredamento e se non è come dice lei lo cambia.”
“Mi piacerebbe conoscerla allora.”- ride.
“Fidati, è meglio di no.”- rido anche io con lui.
 

E per la prima volta sono spontanea e dentro di me sento perfettamente di trovarmi a mio agio con lui, ma ho avuto così tante delusioni che ho paura a fidarmi di nuovo.
Eric sembra accorgersi del mio repentino cambio d’umore e mi fissa preoccupato.
 

“Ti senti bene?”- mi domanda.
“Si, tutto apposto.”- gli rispondo.
“Ti posso invitare a prendere qualcosa da bere?”- mi domanda titubante e posso sentire una nota d’imbarazzo nella sua voce.
 

E’ vero che sono rimasta delusa su parecchie cose nell’ultimo periodo, ma non posso buttare via così la mia vita per qualcuno che ormai con me non centra praticamente più niente e allora mi tornano in mente le parole di mio fratello e dedico di provarci.
 

“Accetto molto volentieri.”- gli rispondo raggiante.
 

Lo vedo sorridere felice e allora ricambio anche io con lo stesso sorriso.
Devo fare qualcosa della mia vita e perché non ripartire da qui?



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Come promesso eccomi qui con un nuovo capitolo e buon fine settimana a tutte quante :')
Ero convinta di non riuscire ad aggiornare, ma fortunatamente ce l'ho fatta u.u
Come molte di voi avevano indovinato chi è stato a mettere in dubbio Ian è stata proprio Nikki e lui ci è cascato come un salame purtroppo facendo arrabbiare, e non poco, Nina che si sente in qualche modo tradita e ormai non si fida più nemmeno di lui.
Ovviamente i bambini hanno sentito i loro genitori litigare, ma non hanno capito il perchè, e loro non sapranno mai di questa storia, anche perchè non capirebbero poi molto. Sostanzialmente le parti importanti sono due: il fatto del test di paternità e Eric (chissà perchè li chiamo tutti così u.u Chi legge la mia Delena capirà)
Eric però sarà un personaggio importante per Nina e porterà a Nina una ventata d'aria fresca e di felicità nella sua vita, ma capiremo più avanti -inoltre ostacolerà i piani di Ian, ma vabbeh xD
Ringrazio le fantastiche 16 ragazze per le recensioni allo scorso capitolo e grazie a chi continua ad inserire la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Tra l'altro ho visto che la mia storia è al quinto posto tra le storie più popolari e ne sono davvero felice *-*
Ovviamente è tutto merito vostro! E non mi manca poi molto ad arrivare tra le prime tre :')
Non ho nient'altro da dire, alla prossima <3

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Capitolo 23
*** Paternity. ***


                                                               Paternity.

Twenty-third Chapter.

Pov Nina.

Negli ultimi sei anni non sono mai voluta uscire con un uomo perché ritenevo che nessuno potesse prendere il posto di Ian, non tanto nella mia vita, ma in quella dei gemelli. Non sono uscita con nessuno perché avrebbe sconvolto la vita dei gemelli ed inoltre avevano bisogno di una figura maschile che fosse loro padre, ma ora che sanno chi sia, dovrei ascoltare mio fratello e farmi anche una vita all’infuori dei gemelli –una vita sentimentale intendo. Ed Eric ha vissuto anche lui una separazione, seppur lui fosse sposato, e molto spesso ci capiamo al volo da quello che ho potuto notare. Inoltre è gentile e un buon ascoltatore e sembra che sia interessato in qualche modo a me. Ma forse mi sto facendo solo film mentali e non gli interessa niente.
Mi ha appena accompagnato a casa e prima di andarsene mi sorride.

 
“Grazie per aver accettato.”- mi dice sorridendo e posso vedere anche un po’ imbarazzato. –“Sono stato bene.”
“Anche io.”- gli dico sincera.
“Per le carte dovresti passare tra tre giorni, il tempo di preparare tutto.”- mi avvisa.
“Certo, lo farò.”- gli rispondo sorridendo.

 
Ci salutiamo così, con un bacio sulla guancia, e poi se ne va lasciandomi sulla porta di casa. Finalmente sorrido perché posso incominciare a vivere.
 













 

                                                             * * *
 














Tre giorni dopo.
I bambini sono con mia madre questa mattina e li passerò a prendere dopo pranzo visto che ora mi sto dirigendo all’ospedale per ritirare i risultati. Sono nervosa, non perché abbia paura che possano risultare negativi –cosa che non potrebbe mai accadere– ma per tutto quello che è successo.
Ian si comporta normalmente con i bambini e cerca di parlarmi, ma io lo evito. I bambini intanto sembrano adorare il padre e, sebbene io ne sia un pochino gelosa, è giusto così.
Arrivo all’ospedale puntuale e mi dirigo sempre al piano delle analisi e con mia grande sorpresa e dispiacere trovo già Ian e… Nikki. Che diamine ci fa qui? Pensa forse che potrei cambiare i risultati?
Non la vedo da un bel po’, dall’ultimo giorno sul set, e dire che stavo bene senza vederla è un eufemismo. Come rovinare la mia già brutta giornata. Ian è il primo ad accorgersi di me e mi sorride con un semplice ‘Ciao’ che io ricambio a denti stretti, mentre Nikki mi rivolge un sorriso amichevole –anche se percepisco che di amichevole ha ben poco.
 

“Ciao Nina, ti trovo bene.”- inizia sorridendo e mi chiedo perché abbia parlato.
 

Sono obbligata a risponderle, mi sono imposta di fare la persona matura e devo farla a differenza dei due che ho qui davanti. Non vorrei parlarle, non dopo tutto quello che ha insinuato, ma metto da parte il mio orgoglio ferito e le rispondo lo stesso.
 

Anche io.”
 

Forse l’ho detto troppo freddamente perché entrambi sembrano non aver preso bene la mia risposta, ma in questo determinato momento non mi importa. Ho tutto il diritto di comportami così e mi sto trattenendo forse troppo –vorrei strozzare tutti e due, in particolare Nikki per quello che ha insinuato, ma mi sono ripromessa di trattenermi. Prima che possano fare domande o infastidirmi ancora esce dalla porta l’infermiera gentile dell’altro giorno con una busta in mano e noto che è quella dei risultati.
Finalmente potranno chiudere la bocca.
Si rivolge a me sorridendomi rassicurante e mi porge la busta.
 

“Signorina Dobrev questi sono i risultati da lei richiesti.”- mi dice professionalmente. –“Se avete qualche dubbio potete bussare a quella porta.”
 

Indica la porta con la mano e poi se ne va.
Guardo per qualche secondo la busta che ho in mano e sospiro contrariata.
 

“Apriamo quella busta, ho bisogno di sapere.”- sussurra Ian agitato.
 

E decido di accontentarlo e mettere fine a questa tortura. Apro la parte superiore ed estraggo i due fogli.
Il primo parla delle analisi, ma francamente non è questo l’importante. Afferro il secondo foglio e scorro velocemente riga per riga quello che c’è scritto e quando trovo quello che mi interessa sorrido.
Ovviamente sono i suoi figli. Senza dire una parola do il foglio a Ian con un sorriso trionfante ad incurvarmi le labbra.
 

“Allora?”- mi domanda.
“Leggete voi, penso che entrambi sappiate farlo.”- rispondo tagliente.
Con i dati ricevuti abbiamo fatto le analisi da voi richieste. Possiamo confermare, al 100%, che i gemelli Stefan e Joseph Dobrev sono i figli biologici del signor Ian Joseph Somerhalder.”- legge ad alta voce Ian.
 

Non guarda nessuna delle due, tira solo un sospiro di sollievo e posso vedere i suoi nervi sciogliersi. Nikki accanto a lui stringe i pugni –e posso percepire perfettamente che aveva pregato fino all’ultimo che in qualche modo i test risultassero falsi– mentre lui mi sorride raggiante e forse è più felice di quando ha conosciuto i gemelli.
Mi alzo dalla sedia, diventata improvvisamente scomoda, e afferro la borsa.
 

“Ecco quello che avete voluto.”- dico ad entrambi. –“Spero solo che nessuno di voi due metta in dubbio ora la mia maternità sui gemelli perché sarebbe ridicolo. Buona giornata.
 

Faccio per andarmene, ma una presa ferrea mi blocca impedendomi di camminare. Mi volto verso Ian, sapendo benissimo che è lui, e lo trucido con lo sguardo.
Parla dopo qualche secondo.
 

Grazie.”
 

Annuisco e non gli rispondo, gli volto le spalle e mi incammino fuori dall’ospedale.
So che ci sarà per i bambini, me l’ha promesso, ma io non ci sarò per lui, non dopo tutto quello che ha fatto.
Poco dopo sento il cellulare vibrare, segno che mi è appena arrivato un messaggio. Lo prendo in mano e il nome di Eric lampeggia sullo schermo del cellulare e spontaneamente sorrido.
Apro il messaggio e lo leggo.
 
 
Non riesco a liberarmi prima delle otto per firmare i documenti. Ti va bene se ci incontriamo più tardi, magari a cena?
 

Sorrido per il messaggio e magari mi sto solo illudendo, ma sento che magari con lui posso iniziare qualcosa. Alex, mentre stavamo parlando, mi ha detto che è veramente interessato a me e mi ha dato della polla perché io non riesco ad accorgermene.
Decido di rispondergli.
 

E’ una scusa per invitarmi a cena fuori?
 

La butto sul ridere, ma la sua risposta mi fa capire che forse ci ho effettivamente azzeccato.
 

E’ così palese? Insomma, se non ti va bene o sono troppo sfacciato faremo un’altra volta.
Ho combinato un disastro.
 

Sorrido e la mia risposta non tarda ad arrivare.
 

Accetto volentieri :)

 
La risposta arriva subito, immediata.

 
Ti passo a prendere questa sera per le 8.30 pm!

 
Gli rispondo e mi metto alla guida per dirigermi a casa di Paul. Da quando ha preso a pugni Ian non si è fatto più vedere, o comunque è venuto sul set quando non c’era nessuno dei due. Capisco perché l’ha fatto e in un certo momento mi è venuto da sorridere perché questo vuol dire che Paul ci tiene ancora a me, ma non voglio che perda il bel rapporto che ha con Ian, non potrei mai perdonarmelo.
Oggi non deve girare e spero con tutto il cuore che sia in casa. Suono al citofono una, due, tre volte e alla quarta volta finalmente qualcuno risponde ed è la voce di Phoebe. Le dico chi sono e dopo avermi salutata mi apre la porta. Faccio gli scalini a due a due troppo pigra per salire le scale e non appena arrivo davanti alla porta noto che è socchiusa, ma comunque busso prima di entrare.
Viene proprio ad aprirmi Phoebe e non appena mi vede mi abbraccia.

 
“Dovresti venire qualche volta in più a trovarci!”- mi dice sorridendo.
“Nell’ultimo periodo sono stata impegnata.”- le spiego leggermente imbarazzata.
“Quel zuccone di mio marito me l’ha detto.”- mi dice scuotendo leggermente la testa. –“Io e Rachel dobbiamo uscire, voi parlate pure.”
“Grazie, davvero.”- le dico abbracciandola di nuovo.

 
Sento delle gambette correre veloci e vedo la figura di Rachel correre incontro alla madre, ma non appena mi nota si apre in un grande sorriso.

 
“Ciao zia Nina!”- mi saluta la piccola sorridendo.
“Ciao tesoro.”- le dico accarezzandole la fronte.
“Quando posso conoscere Joseph e Stefan?”- mi domanda battendo le mani.

 
Guardo Phoebe per un attimo confusa e mima il nome Paul e capisco che ha detto tutto anche a loro, ma dovevo aspettarmelo.

 
“Presto.”- le sorrido.

 
Mi salutano entrambe e prima di andarsene Phoebe mi fa promettere che dovrò raccontarle tutto e sono obbligata a dirle di si.
Quando sono andate via entro in casa e mi chiudo la porta alle spalle. Mi guardo intorno e noto che Paul  è seduto sul divano.

 
Ciao Paul.”- inizio sorridendo. –“Hai deciso di evitarmi?”

 
Alza lo sguardo su di me e mi fissa, poi scuote leggermente la testa.

 
“Se sei venuta qui per dirmi che ho sbagliato non ti ascolterò, non ne sono affatto pentito.”- mi avvisa subito.

 
Mi avvicino al divano e mi siedo accanto a lui, poi lo guardo dritto negli occhi.

 
“Non sono qui per sgridarti, non hai cinque anni.”- gli sorrido. –“Sono venuta per ringraziarti, effettivamente se lo meritava.”
“So che ti avevo promesso di non fare nulla, Nina.”- mi dice sospirando. –“Ma non doveva comportarsi così, non con te, non dopo tutto quello che avete avuto.”
“Abbiamo sbagliato entrambi, Paul, e adesso ne stiamo pagando le conseguenze.”- mi passo una mano tra i capelli esausta da tutto questo tira e molla. –“Abbiamo chiarito ed  i gemelli hanno finalmente un papà, mi importa solo questo.”
“Sono felice che i gemelli ora stiano bene, per davvero. E tu starai bene?”- mi domanda.
“Certo.”- gli sorrido. –“Mi basta vederli felici.”

 
Paul scuote la testa ridacchiando e mi guarda furbo.

 
“Lo so, ma non intendevo questo.”- mi dice. –“Tuo fratello mi ha spifferato qualcosa riguardo un certo Eric.”

 
Abbasso lo sguardo imbarazzata e sento il sangue affluire sulle guance. Possibile che mio fratello non riesca a farsi gli affari suoi?
E poi… Perché ha parlato con Paul quando non ne sapevo niente? Certo, vanno d’accordo, però…

 
“Perché mio fratello non sa farsi gli affari suoi?”- gli domando sconsolata.
“Vuole vederti felice, Neens, come tutti.”- mi sorride abbracciandomi. –“E se questo è un bravo ragazzo provaci.”
“Beh…”- mi gratto la testa. –“Questa sera mi ha invitata a cena fuori. E ho accettato.”
“Quand’è che me lo presenti?”- mi domanda sorridendo malizioso.
“Paul!”- gli tiro giocosamente un pugno sul braccio. –“E’ più una cena di… Lavoro, sai… Per l’appartamento di mia madre.”
“Tutte le storie d’amore iniziano così.”- mi dice scoppiando a ridere.

 
 E io lo seguo a ruota.
 













 

                                                          * * *
 














Non sono mai stata così in crisi per quanto riguarda come vestirmi e fortunatamente sono da sola. I gemelli mi hanno chiesto se potevano stare con Ian questa sera e ho accettato, è giusto che comincino a conoscersi per bene, mentre io devo uscire a cena con un altro uomo. So che magari non è una cena importante e che ci conosciamo da poco, però è così… Complicato. Non sa nessuno di questa uscita –escludendo Paul– e vorrei tanto l’aiuto di Candice, ma so che mi tartasserebbe di troppe domande a cui io, sinceramente, non saprei rispondere quindi me la dovrò cavare da sola.
Alla fine opto per un vestito blu, un filo di trucco, e i capelli li lascio boccolosi e sciolti sulle spalle. Ai piedi dei semplici tacchi, non troppo alti, visto che non vado molto d’accordo con quelle cose.
Alle otto e mezza sento il campanello suonare e mi affretto a scendere le scale. Prima di aprire la porta controllo che Spike abbia cibo e acqua, poi la apro trovandomi la faccia di Eric che mi sorride. Anche lui è vestito elegante, quindi per fortuna non sono uscita fuori tema.
 

“Sei bellissima.”- mi dice sorridendo e io ricambio il sorriso leggermente imbarazzata. Mi porge un mazzo di rose bianche e sorrido perché, evidentemente, si è ricordato che preferisco quelle bianche a quelle rosse. –“Questa è per te.”
“Grazie.”- gli dico sorridendo. –“Te ne sei ricordato.”
“Ho una buona memoria.”- sorride. –“Andiamo?”
 

Annuisco e andiamo verso la macchina; prima di entrare, da vero gentiluomo, mi apre la porta della macchina e non appena entro la richiude per poi andare al posto del passeggero. In macchina parliamo dei gemelli e rimango piacevolmente sorpresa da come sembra interessato e subito dopo parliamo di musica e scopro che anche a lui piacciono i Coldplay e sento già che potrei amarlo anche ora.
Scopriamo di avere molte cose in comune, in maniera assoluta la passione per il cibo: anche lui non ha un cibo preferito in particolare, visto che se potesse si abbufferebbe costantemente.
Noto con piacere che ha prenotato in un ristorante carino, non troppo appartato, ma comunque in tranquillità –sperando che a quest’ora non girino paparazzi anche qui.
Non appena entriamo ci fanno subito accomodare.
 

“Come ti sembra?”- mi domanda spostandomi la sedia e facendomi cenno di sedermi.
“E’ un posto veramente carino.”- gli rispondo sorridendo e piacevolmente colpita dal suo gesto. Mi guardo un attimo attorno. –“Mi piace molto.”
“Davvero? Sono felice, vengo spesso qui.”- mi dice. –“Fanno la cucina italiana più buona del mondo.”
 

I miei occhi si illuminano, non posso farci niente, quando si parla di cibo sprizzo allegria da tutti i pori.
Il cibo italiano poi è il migliore. Non sono mai stata in Italia, ma un giorno penso che ci porterò i gemelli, è uno dei posti più belli del mondo.
 

“Sono la donna più felice del mondo allora!”- esclamo facendolo ridacchiare. –“Adoro il cibo italiano.”
 

Ci guardiamo per qualche istante negli occhi poi facciamo la stessa domanda contemporaneamente.
 

Pizza?”
 

E poi scoppiamo anche a ridere di gusto.
Alla fine ordiniamo davvero una bella pizza fumante e passiamo altre due ore circa a parlare e a scherzare come se fossimo amici di vecchia data, quando ci conosciamo da pochissimo. Ed è questo quello che mi colpisce di più, il fatto di trovarmi veramente bene con lui. Alla fine, grazie ad un promemoria, compilo anche le carte per mia madre cosa per cui sono venuta qui, anche se la cena non mi è dispiaciuta affatto.
Ci alziamo dal tavolo e usciamo –dopo che Eric ha pagato il conto vietandomi di mettere mano al portafoglio. Camminiamo un po’ per le strade di Atlanta e mi accorgo solo ora di non avere nessuna giacca e di star morendo di freddo. Ma Eric sembra accorgersene e prima che io possa dire qualcosa mi ritrovo con la sua giacca appoggiata sulle spalle e ora si che fa decisamente meno freddo.
 

“Grazie.”- mormoro piano e piacevolmente stupita di tutte queste attenzioni.
 

Mi sorride, poi continuiamo a camminare e stranamente questo silenzio è piacevole.
 

“Sono stata bene questa sera.”- dico così, senza pretese.
“Anche io.”- mi risponde e poi si ferma. –“Potremmo rifarlo ancora, sempre se ti va.”
“Accetto molto volentieri.”- rispondo felice.
 

Vorrei continuare a parlare, ma l’incessante squillo del mio cellulare mi blocca e sento che devo rispondere.
 

“Puoi scusarmi un attimo?”- gli domando.
“Certo.”- mi risponde allontanandosi di qualche passo per lasciarmi un po’ di privacy ed apprezzo molto il gesto.
 

Certo il cellulare in borsa e non appena noto il nome di Ian lampeggiare sul display mi blocco.
Rispondo alla fine, sempre un po’ titubante.
 

-Pronto?- rispondo.
-Nina, devi venire subito. Io… Io non lo so… Non volevo, è tutta colpa mia…- blatera Ian.
 

L’ansia si fa strada dentro di me. I gemelli sono con lui. E’ successo qualcosa di grave?
 

-Ian, calmati, cos’è successo?- gli domando, ma non riesco a stare calma neanche io.
-Joseph, lui si è sentito male e io… Stiamo andando in ospedale.-


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Eccomi qui senza nessun ritardo anche quesa volta :)
Ammetto di essermi tirata leggermente avanti, sono arrivata a scrivere circa al capitolo 29 e forse potrei decidere di postare un po' più costantemente, vedrò come riesco a tirarmi ancora avanti.
Mi è piaciuto un sacco questo capitolo, da due "appuntamenti" di Nina e Eric e anche la parte del test di paternità. Premetto che la frase di conferma del test l'ho inventata, non so cosa scrivono quando fanno quei test xD
Sostanzialmente questo capitolo è stato Ninacentrico, ma è giusto così visto che praticamente i prossimi due saranno solo dal punto di vista di Ian e credo di aver fatto bene visto che devo incominciare a introdurre il personaggio di Eric (che amo già un po' ahahahah)
Come avrete potuto notare la signora Somerhalder non è stata ben contenta di questa conferma, a differenza di Ian che si è praticamente sciolto e sentito in colpa per aver accusato Nina (ma i suoi sensi di colpa li vedremo nei prossimi capitoli!). Nina invece... E' Nina. Sto cercando di renderla più o meno come nella realtà visto che in tutte le interviste che ha fatto si è comportata da vera donna matura: si, mi riferisco a quella in cui le hanno fatto varie domande sul matrimonio di Ian e lei ha ribadito più volte di essere felice per loro. Per Ian invece mi sto ispirando alla realtà, mi riferisco al suo comportamento bipolare e altalenante, ma più avanti sarà sempre più deciso e più uomo -e spero anche in una riuscita così nella vita reale!
E' vero che sono team Nina, ma non ho intenzione di degradare Ian assolutamente e magari lo vedrete più in là!
Per quanto riguarda l'ultima parte sono stata cattiva, lo so :p Scoprirete tutto nel prossimo capitolo, o forse no xD
Grazie mille a tutte per le 14 stupende recensioni che mi avete lasciato, alla prossima <3

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Capitolo 24
*** Day between father and sons. ***


                                     Day between father and sons.



Twenty-Fourth Chapter.

Pov Ian.

(Qualche ora prima)
So di aver deluso profondamente Nina per quello che ho fatto, io non volevo davvero, ma era per dare certezze a Nikki.
Quando le ho detto di avere due figli è andata su tutte le furie e quando ha scoperto chi è la madre dei gemelli non mi ha parlato e ha minacciato di mandarmi via di casa. Solo quando ho accettato di fare il test di paternità si è calmata un po’, ma non del tutto. Mi ha accusato di essere un traditore, visto che mentre stavo con lei andavo a letto con Nina, ma in qualche modo sono riuscita a spiegarle la situazione e lei ha compreso tutto –o almeno fa finta di averlo compreso.
Voglio recuperare davvero il rapporto che avevamo prima e mi impegnerò il più possibile e mi ha anche promesso che tratterà i gemelli come se fossero anche un po’ suoi ed è questo che mi ha spinto ad accettare tutto quello che mi diceva, ma ho sbagliato.
Ho ferito profondamente Nina e so che questo non me lo perdonerà mai, perché ho messo in dubbio tutto quello che mi aveva detto e raccontato e lei è sempre stata una donna che basava tutto sulla fiducia e mi sono fregato con le mie stesse mani. Io ho tradito la fiducia che aveva in me e so quanto possa avergli fatto male, ma si sta tenendo tutto dentro –certo, è esplosa quando gliel’ho chiesto, ma avrebbe potuto fare di peggio. Invece ha fatto tutto quasi senza fiatare e… O è maturata o pianifica di uccidermi nel sonno.
E non mi perdonerò mai tutto quello che le ho fatto e che le ho detto nel corso del tempo, ma ora sono sposato e non posso mandare all’aria tutto così, sebbene più di qualche volta, da qualche mese, vorrei farlo, perché ormai non mi trovo più bene in questa vita, ma purtroppo mi sono incasinato qui e non so come tirarmene fuori. Ma non posso tradire ancora Nikki ed abbandonarla, è mia moglie, non me lo perdonerei mai.
 
 
 


“Dove sei stato, Ian?”- mi domanda mia moglie.
 

Come posso dirle che ho appena scoperto di avere due figli che non sono suoi? Come posso dirle di essere padre di due gemelli e che la madre è Nina?
Abbiamo litigato in passato, quando lei sosteneva che la relazione tra me e Nina era ancora viva, ma io ho sempre negato tutto da codardo e le dicevo che per me c’era solo lei… Però ho continuato ad andare a letto con Nina ancora e ancora.
Ma devo dirle la verità, si è posta troppe domande in questi ultimi giorni e prima o poi lo scoprirà da sola e lì si che sarebbe la fine.
 

“Sediamoci un attimo.”- le rispondo cercando di sorridere.
 

Ma lei si accorge che il mio sorriso è troppo forzato e riparte all’attacco.
 

“Non mi siedo se tu non mi dici la verità.”- mi risponde acida incrociando le braccia al petto.
 

Ecco, lo sapevo. Perché tutte le donne che ho incontrato nella mia vita sono sempre così testarde?
Mi avvicino a lei e le accarezzo un braccio, ma lei si scosta.
Bene… Oltre a essere diffidente è anche arrabbiata.
 

“Sediamoci e ti spiegherò tutto.”- le dico.
 

La vedo annuire e seppur titubante si accomoda sul nostro divano. Mi siedo davanti a lei, perché starle vicino in questo momento sarebbe davvero difficile per me, inoltre potrebbe uccidermi più facilmente.
Faccio qualche respiro profondo e mi decido a dirle la verità.
 

“Qualche giorno fa ho scoperto qualcosa…”- inizio cauto.
“L’avevo capito.”- sbotta. –“Vai avanti.”
“Ti giuro che non lo sapevo e nessuno mi aveva mai detto niente.”- mi difendo prima che possa dire qualcosa.
 

Nikki non mi blocca, ma vedo perfettamente che sta incominciando ad innervosirsi e questo non è un buon segno.
 

“L’ho scoperto quasi per caso e… Te lo giuro, non sapevo niente.”- sospiro. –“Ho scoperto di avere due figli, due figli gemelli.”
 

Se prima si stava innervosendo ora spalanca la bocca a dismisura scioccata. Non faccio nemmeno in tempo a cantare vittoria che schizza via dal divano e si porta le mani tra i capelli. Per qualche secondo non parla, ma quando lo fa vorrei solo tapparmi le orecchie.
 

“Mi stai dicendo”- urla e strilla. –“che hai due figli?”
“Nikki, io”- le dico tendando di avvicinarmi, ma si scosta da me e va il più lontano possibile.
“Quanti anni hanno?”- mi domanda fin troppo calma e posso vedere perfettamente che sta calcolando qualcosa.
“Sei.”- le dico, ma poi mi correggo subito. –“Quasi sette.”
“Quindi tu”- urla di nuovo e mi punta il dito contro. –“mi hai nascosto di avere due figli per sette anni?”
 

Ma mi ascolta quando parlo? Le ho ripetuto due volte che non ne sapevo niente e mi sembra di essere stato abbastanza chiaro.
Insomma… Quante volte devo ripetere le cose?
 

“Non ne sapevo niente, dannazione!”- urlo anche io.
Ian Joseph Somerhalder. Tu non hai il diritto di urlare ed arrabbiarti con me.”- urla ancora di più.
 

Stringo i pugni e serro i denti, ma non le dico niente.
 

“Se l’avessi saputo prima te l’avrei detto.”- le dico ammorbidendo la voce.
“Chi è?”- mi domanda e aggrotto le sopracciglia non capendo. –“Chi è la madre?”
 

Oh cazzo. Adesso si che mi uccide. Posso considerarmi un uomo morto ora.
 

“Nina.”- dico solo e abbasso la testa aspettandomi una qualsiasi reazione da pazza, ma non arriva.
 

Alzo il capo per vedere se è andata via, ma è ancora lì.
 

“Nina?”- ripete aspettando una mia conferma.
“Si, ma… E’ successo per caso, non volevo metterla incinta.”- mi difendo.
“TU! Tu hai dei figli con NINA!”- urla. –“Voglio che tu te ne vada via, non voglio più vederti.”
 

E prima che possa fare qualcosa corre a chiudersi dentro la nostra stanza.
 

 
 

Quella sera fu un vero disastro e quando ritornai trovai tutte le cose fuori dalla porta. Solo dopo averla quasi legata giungemmo ad un compromesso e mi ha praticamente obbligato a fare il test di paternità. Inutile dire che non appena questa mattina ha scoperto che sono veramente padre dei bambini non mi ha parlato per qualche ora, ma poi alla fine ha accettato di buon grado ed ora vuole conoscere i bambini, ma prima penso che li porterò alla mia associazione. Mi hanno raccontato che adorano gli animali e qual è il modo migliore per iniziare la nostra conoscenza?
I bambini sono con Michaela e un po’ mi preoccupa rivederla di nuovo, per questo, quando arrivo di fronte alla camera dell’albergo rimango qualche minuto con la mano a mezz’aria.
Alla fine mi decido a bussare e due secondi dopo vedo la porta aprirsi con la faccia di Stefan che mi squadra, ma quando capisce che sono io mi abbraccia forte. Mi abbasso alla sua altezza e li lascio un bacio tra i capelli.
 

“Papà!”- sussurra e continua a tenermi stretto.
 

Sento anche un secondo corpicino stringersi al mio dopo aver urlato papà e sorrido felice che i miei figli mi vogliano già così bene.
 

“Vero che ci porti a prendere il gelato?”- mi domanda Joseph.
“Certo.”- annuisco per poi accarezzare ad entrambi la testa. –“Ma prima ho una sorpresa per voi.”
“Io odio le sorprese.”- sbuffa Stefan.
 

E ridacchio alla sua espressione perché mi ricorda tremendamente Nina. Anche a lei non sono mai piaciute le sorprese.
 

Ciao Ian.”- mi saluta tranquillamente Michaela.
 

E mi sorprendo con la tranquillità con cui l’ha detto senza aggredirmi o altro –a parte che Michaela non è mai stata quel genere di donna, è sempre stata comprensiva.
Solo che mi aspettavo una ramanzina bella e buona visto che, dopo aver messo incinta Nina, me ne sono andato.
 

“Salve Michaela.”- la saluto educatamente e lei… Scoppia a ridere.
“Rilassati, Ian.”- ridacchia ancora. –“Non mordo mica.”
 

Mi gratto la testa imbarazzato e le sorrido.
 

“Ma nonna… Tu conosci il nostro papà?”- domanda Stefan che si è improvvisamente dimenticato della sorpresa.
“La nonna lo conosce da tanto tempo.”- gli sorride lei.
“Andate, forza.”- ci incoraggia Michaela. –“Dopo voglio sapere qual è questa sorpresa. E… Stefan? Sono sicura che ti piacerà.”
 

Stefan borbotta qualcosa al riguardo delle sorprese e di quanto siano odiose facendo ridacchiare Michaela, poi aiuto i bambini a mettersi i giubbotti e a coprirli bene per paura che prendano aria. Prima di andarmene Michaela mi fa cenno di avvicinarmi.
 

“Ian, non sentirti fuori luogo. So che è stato difficile anche per te, e lo capirà anche Nina. Sai che ti ho sempre adorato, e sebbene ci vorrà del tempo, ritornerà tutto come prima.”- mi rassicura dolce. –“Però se farai ancora del male alla mia bambina non potrò perdonartelo.”
“Non gliene farò più, promesso.”- le rispondo solenne.
 

Faccio appena in tempo a vederla annuire che i bambini mi trascinano fuori dalla stanza.
 
 














                                                       * * *
 














Quando arriviamo alla ISF –ovvero la Ian Somerhalder Foundation– i bambini mi guardano straniti non capendo dove li ho portati.
Sblocco le porte dell’auto e si fiondano subito fuori della macchina guardandosi attorno meravigliati da tanto verde.
 

“Papà, dove siamo?”- mi domanda Joseph.
“Alla mia associazione.”- rispondo loro. Mi guardano curiosi, ma forse non hanno capito quello che stanno per vedere. –“E’ un centro dove aiuto gli animali. Insieme ad altre persone, ovviamente.”
“Davvero?”- Stefan spalanca la bocca felice. –“E ci sono degli animali qui?”
“Non tanti, ma ce ne sono alcuni. Volete vederli?”- domando anche se so perfettamente quale sarà la risposta.
“Non serve nemmeno chiederlo!”- risponde Joseph per tutti e due.
 

Li accompagno dentro e non appena le mie assistenti vedono i bambini spalancano gli occhi sorprese, poi mi viene incontro Jess tutta tranquilla, ma quando vede i bambini ha più o meno la stessa reazione degli altri.
 

“Lei è Jess. La mia assistente numero uno.”- spiego ai bambini che, con tutta tranquillità, si presentano alla mia amica sempre più sbalordita.
“Jess, chiudi la bocca.”- la punzecchio. –“Loro sono i miei figli.”
“I tuoi cosa?”-quasi urla.
 

E’ sconvolta, ma non per lo sdegno, bensì per la sorpresa.
 

“E’ una lunga storia, li porto a fare un giro.”- le spiego scomparendo dietro la porta automatica con i bambini.
 

Faccio fare loro un rapido giro tra gli uffici, poi li porto finalmente dagli animali che abbiamo recentemente salvato. Ci sono un gatto, due gufi, un cervo e un piccolo tasso. Non sono molti, ma dovrebbero bastare.
Rimangono estasiati da tutti questi animali e mi chiedono più informazioni possibili: cosa mangiano, quanto dormono, se si riprenderanno e se possono toccarli.
Concedo loro di toccare solo il gatto, che è veramente buono, e di dar da mangiare al cervo perché il tasso è fin troppo spaventato e i gufi sono imprevedibili e non voglio che possano farsi male.
 

“Papà, ma perché non li puoi portare a casa?”- mi domanda Joseph.
“Non posso amore. Sono animali selvatici e devono rimanere in libertà.”- spiego loro sperando che possano capirlo.
“Ma il gatto no.”- mi fa notare Stefan. –“Possiamo portarlo a casa noi?”
 

Si… Così poi Nina mi ucciderà. Già mi odia, poi se le porto anche un animale in casa posso già preparare il mio funerale.
 

“Credo che a lui non piacciano i cani, e non possiamo abbandonare Spike.”- spiego.
“No, certo che no!”- interviene Joseph. –“Staranno insieme.”
“Ha già un’altra famiglia.”- decido di dire loro la verità. –“Una famiglia che può amarlo con altri bambini. Lo ameranno, fidatevi.”
 

Annuiscono felici e sono contento che abbiano capito. Sono due bambini intelligenti e così buoni. Ed amano gli animali, come me. Sono proprio i miei figli.
Passiamo un altro po’ di tempo all’associazione e faccio vedere loro il mio studio tappezzato da foto di animali e il computer. Mostro loro dei video su altri animali che abbiamo trovato tempo fa e ne sono entusiasti.
Dopo andiamo via e mi fanno promettere di portarli di nuovo e andiamo a prendere il gelato al parco. Camminiamo un po’ per il parco e mi mostrano il laghetto con le anatre e prima di andarcene andiamo a prendere del pane e ritorniamo per qualche minuto per dare loro da mangiare.
 

“Papà, guarda che piccolo!”- mi dice Stefan indicando con il braccio un anatroccolo.
 

E’ tutto grigio, ma è comunque un essere meraviglioso.
 

“Guarda papà!”- urla Joseph euforico tirandomi per il braccio. –“Lì ce n’è un altro.”
 

Scoppiamo a ridere tutte e tre quando i piccoli anatroccoli cadono sull’erba una volta essere venuti via dall’acqua e rimaniamo ancora un po’ ad osservarli.
 

“Papà, la prossima volta ci ritorniamo anche con Spike?”- mi domanda Stefan.
“Certo, per me va bene.”- gli sorrido.
“Magari può venire anche la mamma, così stiamo tutti insieme!”- continua Joseph felice.
 

Stefan annuisce d’accordo con il fratello. Per quello penso di non poter provvedere… Nina non mi vuole vedere e Nikki mi ucciderà.
Ma come posso dire di no ai miei figli quando mi stanno guardando pieni di aspettativa?
 

“Vedremo.”- dico loro. –“Forza, è ora di andare a casa mia.”
“Ci farai vedere i tuoi animali?”- mi domandano all’unisono.
“Certo, vi stanno aspettando.”- sorrido.


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Lo so, ho postato con un giorno d'anticipo perchè domani non avrei potuto farlo e quindi ho preferito farlo prima che farlo dopo. Automaticamente l'aggiornamento avverrà un giorno prima, anche se sono tentata di farlo ogni quattro giorni anzichè cinque, vediamo come riesco a tirarmi avanti con i capitoli perchè sono già al 30.
Prima di commentare il capitolo vorrei invitarvi a passare dalla mia nuova Delena, The List, e magari lasciare qualche commento così mi dite se vi piace o meno e, soprattutto, se vale la pena continuarla. E' una storia tutta nuova per me, non ho mai scritto di cose del genere, e spero che possa riscuotere un po' di successo e che possa piacervi (per adesso ha un solo capitolo!).
Come avevo già risposto ad alcune recensioni scoprirete quello che è successo a Joseph nel prossimo capitolo, questo perchè ho voluto ripercorrere un po' la giornata trascorsa tra Ian e i gemelli e mi è sembrato giusto così visto che ora sono ufficialmente padre e figli quindi passeranno molto tempo insieme.
Quante di voi hanno sognato questo momento? No, dai, scherzo, ma spero comunque che vi abbia fatto piacere e vi sia piaciuto. Come detto prima scopriremo nel prossimo capitolo cos'è successo a Joseph e finalmente i gemelli incontreranno Nikki.
Molte di voi mi hanno chiesto la reazione di Nikki al segreto di Ian e beh... Eccola qui! Ovviamente non è stata contenta per niente e per poco il nostro Smolder non si è trovato fuori di casa u.u
Ho trovato carino che Ian portasse i gemelli alla ISF (per chi non lo sapesse è la fondazione di Ian e si occupa della cura e della salvaguardia degli animali!) e che mostrasse loro quello che ha fatto nel tempo, spero sia piaciuto anche a voi ^^
Ah... Quasi dimenticavo... Michaela, come avete visto, non è sparita e non ha nemmeno ucciso Ian (infondo lei è la nonna e vuole il bene dei nipoti), ma comunque è stata parecchio chiara su Nina perchè ovviamente si preoccupa anche per la figlia, ma in cuor suo sa -spera- che tutto si sistemi.
Ringrazio le 14 ragazze che hanno recensito la storia e chi continua a metterla tra i preferiti/ricordate/seguite e sono salita al quarto posto delle storie più popolari, mi manca poco per arrivare al podio xD
Grazie ancora, alla prossima <3


 

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Capitolo 25
*** Meeting. ***


                                                  Meeting.

Twenty-Fifth Chapter.


Pov Ian.

(Qualche ora prima!)

Non sono mai stato così nervoso in vita mia, insomma… Non è per Nikki, ma per i gemelli. Hanno già espresso di essere contrari a questa situazione e mi dispiacerebbe un sacco se non accettassero Nikki. Lei è mia moglie, loro i miei figli, e non voglio rinunciare a una delle due cose per l’altro… Non potrei mai abbandonare Nikki, ma nemmeno i miei figli. Vorrei solo che l’accettassero, non tanto come una mamma, ma più come una amica e magari più in là potrebbero anche fidarsi completamente di lei.
I bambini sembrano non essersi accorti del mio malumore e bisticciano felici sul fatto di chi potrà accarezzare prima il mio cane e se potranno farlo conoscere anche a Spike. Sorrido nel vederli così felici e eccitati per le nuove scoperte e parcheggio la macchina giù di casa. Entriamo tutti insieme nel palazzo e poi nell’ascensore e poi ci dirigiamo al sesto piano, dove abbiamo l’appartamento io e Nikki.

 

“Papà, vero che Nietzsche non morde?”- mi domanda Stefan.

“No.”- gli scompiglio i capelli ridacchiando. –“E’ il cane più buono del mondo, vi piacerà sicuramente.”

 

Non serve nemmeno che suoni visto che ho avvisato mia moglie del nostro arrivo e trovo la porta leggermente socchiusa. Non appena entriamo Nietzsche si fionda sui bambini quasi travolgendoli seguita anche dagli altri due cani. I miei figli non si fanno nessun tipo di problema e si fanno liberamente leccare e buttare giù da quei cuccioli leggermente troppo cresciuti. Non hanno mai avuto bambini in casa ed è una novità che sembra piacere anche ai gemelli visto che hanno a che fare con cani che non sono più cuccioli.

Dalla sala fa il suo ingresso Nikki che non appena si accorge di noi mi sorride leggermente imbarazzata e posso capirla perfettamente visto che non sa cosa fare: insomma per loro è una sconosciuta che non ha nessun legame con loro. Non le ho accennato niente sul fatto di quello che hanno detto su di lei l’altro giorno, quando eravamo tutti insieme sul camerino, perché mi dispiacerebbe troppo ferirla visto quello che ha passato. Le faccio segno di avvicinarsi a noi mentre i bambini sembrano non accorgersi di lei troppo impegnati con Nietzsche che sembra avere un amore spropositato per loro e continua a scodinzolare e a leccare loro la faccia facendoli così ridacchiare.


 

“Joseph? Stefan?”- li richiamo all’attenti.


 

I bambini si alzano dal pavimento e si avvicinano, seguiti da Nietzsche che continua a scodinzolare instancabile.


 

“Lei è… Nikki.”- la indico con una mano e sorrido. –“Mia moglie, la donna di cui vi avevo già parlato.”


 

Ora spero solo che non dicano niente e che in qualche modo l’accettino, sarebbe già un enorme passo avanti.

 

“Papà ci ha parlato di te.”- inizia Stefan timidamente nascondendosi dietro le mie gambe e facendo spuntare solo la testa.

“Non prenderai il posto della nostra mamma, vero?”- domanda poi Joseph titubante.


 

Ecco, come non detto. Guardo Nikki mortificato e la trovo immobile leggermente risentita per le domande e per l’accoglienza e posso capirla perfettamente. E’ come mi sentivo io preoccupato per un loro rifiuto, ma con me è andata anche troppo bene.

Le accarezzo una spalla e mi scuso con lo sguardo per i bambini. 


 

“No, io…”- balbetta non trovando le parole adatte.

“Nikki non prenderà il posto di nessuno.”- dico abbassandomi alla loro altezza. –“Sono sicuro che vi troverete bene anche con lei.”


 

I bambini mi guardano titubanti e mi alzo quasi sconsolato per questo comportamento, ma poi alla fine sorridono e stringono la mano a Nikki –che ora sembra più rilassata.

Ad un occhio esterno sembrerebbe tutto passato, ma io li conosco e so perfettamente che non è così e sono preoccupato. Magari tra dieci minuti potrebbero volerle anche bene, ma se così non fosse?

Se non l’accettassero mai? Come potrei vivere due vite così separate?


 

“Stavo finendo di preparare una torta al cioccolato.”- spiega Nikki. –“Vi andrebbe di darmi una mano?”


 

I bambini si guardano un attimo negli occhi e poi sorridono felici e sorrido anche io con loro. Possiamo sempre iniziare dalle piccole cose ed ero convinto che mia moglie avrebbe trovato un modo per coinvolgerli, è sempre stata brava con i bambini ed è per questo che ne desideravo tanto uno insieme a lei.

I gemelli seguono Nikki in cucina ed io vado con loro curioso di vedere come si evolverà questo rapporto –e anche parecchio speranzoso.

Mia moglie spiega velocemente cosa bisogna fare e i miei figli la seguono attentamente, come incantati. L’aiutano a impastare il tutto, a metterci la cioccolata e a infornarla.

Alla fine c’è più cioccolata nei loro visi e nelle loro mani che nella torta, ma sembrano così felici che lascio perdere.


 

“Papà vuoi assaggiare?”- mi domanda Joseph scuotendo il cucchiaio pieno di cioccolata in aria e sporcando Stefan che lo trucida con lo sguardo.

“Non mi piace molto il cioccolato e penso che sia ora di darci una pulita e di sistemare questo disastro.”- ridacchio divertito.


 

Li accompagno in bagno e li aiuto a pulirsi la faccia e le mani, poi do loro il cambio di vestiti e li lascio cambiare in tranquillità mentre raggiungo Nikki in cucina per aiutarla a sistemare tutta la cioccolata che c’è in giro.

La trovo intenta a pulire i mestoli quando le arrivo alle spalle facendola sobbalzare.


 

“I bambini?”- mi domanda.

“Si stanno cambiando, hanno voluto fare tutto da soli. Sono grandi ormai.”- le spiego sospirando in modo malinconico.


 

Sembra capirmi al volo e mi accarezza piano un braccio. Hanno sei anni, quasi sette, e certe volte sto male al pensiero di essermi perso sei anni della loro vita. Insomma, non ho visto praticamente niente di loro: la loro nascita, il loro primo dentino, la loro prima parola, i primi gattoni, i primi passi, il loro primo giorno di asilo e tante altre cose che non potrò mai avere.

Però su una cosa potrò recuperare, ovvero il primo giorno di elementari. Prima che litigassimo, io e Nina intendo, mi aveva accennato al fatto che quest’anno andranno alle elementari e sul loro primo giorno di scuola e mi aveva detto, molto timidamente, se volevo accompagnarli anche io e avevo accettato di gran lunga ed entusiasta. Ora li accompagnerò, certo, ma vorrei anche chiarire con Nina, il problema è che ho combinato un gran casino.


 

“Lo so a cosa stai pensando.”- Nikki mi avvolge le braccia dietro al collo. –“Mi dispiace che tu ti sia perso tutto di loro.”

“Non dire così… Avrò tanti altri bei momenti da passare con loro. Sono il loro papà dopotutto.”- le spiego e in un certo senso cerco di rassicurare me stesso.

“Si, ma per colpa sua ti sei perso le cose più basilari. Se solo ti avesse avvertito…”- mormora.


 

Mi scosto leggermente da lei e la guardo negli occhi. Io sono colpevole e anche Nina lo è, però so che lei ha fatto di tutto per cercarmi e almeno qui le credo –so che posso crederle.


 

“E’ state anche colpa nostra, mia soprattutto.”- le dico e vedo che mi guarda confusa. –“Insomma… Siamo spariti per così tanto tempo che era difficile rintracciarci.”

“Lei comunque ti ha nascosto due bambini.”- rincara la dose.

“E io sono scappato.”- rispondo a tono. –“Nikki, non voglio litigare proprio ora. Godiamoci la serata, ti prego.”


 

Annuisce titubante e poi continua a sistemare le cose con il mio aiuto. Il forno annuncia che la torta è pronta proprio quando i gemelli arrivano completamente cambiati.


 

“Possiamo mangiare la torta?”- domanda Stefan con gli occhi che brillano.


 

Si, in questo poco tempo ho capito che Stefan ha un amore smisurato per qualsiasi cosa sia dolce, in particolar modo i biscotti e la cioccolata.


 

“Si deve prima raffreddare.”- spiega Nikki sorridendo. –“Ed inoltre tra poco è ora di mangiare.”

“Nikki ha ragione.”- intervengo. –“Per passare il tempo volete vedere il mio studio?”


 

I bambini annuiscono e mi trascinano via dalla cucina e li porto nel mio studio tappezzato da foto di tutti i tipi.

Si guardano attorno estasiati, come era successo prima con la ISF, e cominciano a guardare ogni tipo di foto che ho sulla parete discutendo animatamente di che tipo sono gli animale e varie altre cose che non riesco a capire visto che stanno parlando contemporaneamente.

Ora stanno discutendo su un Fennec e il dibattito è molto acceso.


 

“Io dico che è un gatto molto strano.”- spara Joseph indicando la foto.

“Per me è una volpe. Guarda le orecchie!”- ribatte Stefan indicando a sua volta la foto.

“Sono troppo lunghe!”- risponde Joseph.

“Ma neanche quelle del gatto sono così lunghe!”- fa notare Stefan.

“Per  me comunque è uno strano gatto.”- si impunta Joseph incrociando le braccia al petto.


 

Ridacchio divertito da questo battibecco e entrambi si voltano verso di me.


 

“Papà, chi ha ragione?”- mi domanda Stefan.


 

Joseph non ha torto, ma quello che ha ragione questa volta è Stefan. Il Fennec viene chiamato anche volpe del deserto ed è il più piccolo canide del mondo.


 

“Il Fennec è una specie di volpe, chiamata anche volpe del deserto, proprio perché vive lì.”- spiego loro e vedo Stefan sorridere trionfante mentre Joseph gli fa la linguaccia.

“Vive nel deserto quindi?”- mi domanda Joseph dimenticandosi completamente di ‘aver perso’ contro il fratello.

“Esatto.”- annuisco sorridendo. –“Si può mimetizzare nella sabbia del deserto grazie alla colorazione del suo pelo. E’ un animale molto furbo, intelligente e molto curioso. Quando si sente osservato scappa mia.”

“E’ molto veloce?”- mi domanda Stefan.

“Non troppo.”- scuoto la testa divertito. –“Si nasconde sotto terra, nelle buche che costruisce. Quello però è un gatto.”


 

Indico la foto di Moke* attaccata alla porta dello studio e i gemelli la guardano incantata. Moke, il buon vecchio, è morto circa quattro anni fa ed era un figlio per me. Ci sono rimasto malissimo per giorni e penso che mi mancherà per sempre.


 

“Chi è papà?”- mi domanda Stefan curioso.

“Lui era Moke, il mio gatto.”- sorrido loro appoggiando ad entrambi una mano sulla spalla.

Era?”- domanda dubbioso Stefan. –“Quindi è morto?”

“Purtroppo si, era molto vecchio. Ora è in cielo con gli altri gatti.”- spiego loro. –“Credo che sia ora di andare a mangiare.”


 

Mangiamo tranquillamente tutti insieme come una famiglia –io e Joseph rigorosamente con cose per celiaci– anche se noto con disappunto che i gemelli parlano praticamente solo con me per questo cerco di coinvolgere maggiormente nelle nostre conversazioni facendo in modo che anche i gemelli riescano a parlare con lei.

Non capisco perché a loro non piaccia Nikki, insomma… Entrambi li abbiamo rassicurati sul fatto che nessuno prenderà mai il posto di Nina e anche Nina stessa l’ha fatto, eppure a loro non va giù Nikki e sarà molto difficile fargliela piacere.


 

“Volete un pezzo di torta?”- domanda Nikki gentilmente ai bambini.


 

Questi annuiscono solo, anche se Stefan ha un sorriso molto più spontaneo perché quando si parla di cibo –schifezze praticamente– è sempre in prima linea, un po’ come Nina. Credo che Stefan abbia preso da lei sotto questo punto di vista. Fortunatamente ho detto a mia moglie di preparare la torta con ingredienti senza glutine così non dovrebbe esserci alcun tipo di problema perché non voglio che mio figlio stia male per una disattenzione e Nina si è raccomandata di questo.

Mangiano la torta di gusto e Stefan ne chiede addirittura un’altra fetta sotto lo sguardo felice di Nikki e io mi perdo ad osservarli tutti e tre, anche se continuo a sentire questo ricorrente buco nello stomaco e non so perché. Sono felice di avere due bambini, anzi, sono euforico, ma non riesco sentire appieno questa felicità; non è per i bambini, ma per la mamma dei bambini, Nina. Mi sento tremendamente in colpa per quello che ho fatto –per tutto quello che ho fatto– e vedo perfettamente che i bambini sarebbero più felici se ci fosse anche Nina qui con noi, lei saprebbe fare qualsiasi cosa per tirare loro su il morale. E manca anche a me. Credo che mi sia sempre mancata dopotutto, ho provato a dimenticarla, forse ci ero anche riuscito, ma ora… Ora è tutto così complicato.


 

“Papà, guardiamo insieme i cartoni?”- mi domanda Stefan scendendo dalla sedia.

“Va bene, ma solo se lo scelgo io.”- gli rispondo ridacchiando.

“E va bene!”- bofonchia Stefan, ma lo vedo comunque divertito.


 

Andiamo a sederci tutti e tre in divano, mentre Nikki finisce di sistemare le ultime cose, e alla fine lascio scegliere i cartoni a loro e puntano per i Fantastici Quattro che non ricordavo nemmeno di avere. Vogliono che mi sieda in mezzo, così posso stare con tutti e due, e li accontento entrambi. Mano a mano che il cartone va avanti si stringono di più a me per arrivare a appoggiare la testa sul mio petto. Stefan sta quasi per prendere sonno, mentre Joseph è strano, troppo tranquillo.

Si tiene le mani sulla pancia e non fiata e non penso perché c’è su il cartone visto che lo sta seguendo distrattamene. Cerco di togliermi Stefan dal petto e lo sistemo meglio sul divano tentando di non svegliarlo, poi mi dedico completamente a Joseph.


 

“Tesoro, c’è qualcosa che non va?”- gli domando piano accarezzandogli la fronte.


 

E’ leggermente pallido, ma comunque non scotta.


 

“Non mi sento… Molto bene…”- mi risponde. –“Mi viene da vomitare…”


 

Mi alzo di scatto prendendolo in braccio e lo porto subito in bagno. Non appena arrivo lo metto subito per terra davanti al water e con la luce accesa posso finalmente vedere che è leggermente più pallido del solito.

Gli accarezzo piano i capelli, ma non succede nulla.


 

“Non ci riesco… Mi fa male la pancia…”- mormora ancora sofferente.


 

Sinceramente non so cosa pensare, ma non devo farmi prendere dal panico. Magari mi sono sbagliato ed ha veramente la febbre, anche se non penso che questi sintomi possano essere riconducibili a un’influenza.

Afferro il termometro dall’armadietto del bagno ed invito Joseph a sistemarsi tra le mie braccia.


 

“Misuriamo la febbre, va bene?”- gli domando dolcemente.


 

Annuisce solo mentre io gli sistemo il termometro sotto il braccio. Non è troppo caldo comunque.

Aspettiamo che il termometro faccia bip e quando lo fa lo afferro subito per controllare, ma come avevo pensato non ha nessuna traccia di febbre. Ha la temperatura corporea normale, non è troppo freddo, ma nemmeno caldo.

Non penso che sia intossicazione alimentare, perché altrimenti a quest’ora staremo male tutti e penso che non sia allergico a niente, altrimenti Nina me lo avrebbe detto. Ma lui è celiaco, come me.

Dannazione! Ho mangiato le stesse cose sue, tranne… La torta. Ha cominciato a stare male dopo aver mangiato quella stramaledettissima torta.


 

“Ti porto in ospedale, non preoccuparti.”- gli poso un bacio sulla fronte. –“Starai bene.”

“Non voglio andare dal dottore…”- si lamenta un poco.

“Stai male, amore.”- gli accarezzo una guancia. –“Non ti faranno niente, ti controlleranno solo.”

“Me lo prometti papà?”- mi domanda alzando stancamente gli occhi verso di me.

“Te lo prometto.”- gli rispondo cercando di infondergli calma, ma io non sono calmo.


 

Sono agitato. Sono preoccupato per mio figlio. Ho paura che possa succedergli qualcosa. E sono arrabbiato. Sono arrabbiato con Nikki dannazione!

Lo prendo in braccio e vado alla ricerca del suo giubbotto nel mio studio e quando lo trovo glielo infilo. Mi dirigo a grandi falcate in cucina e quando Nikki vede me preoccupato e il bambino con il giubbotto sgrana gli occhi.


 

“Ian, cos’è successo?”- mi domanda. –“Il bambino sta male?”


 

Mi mordo la lingua per non urlare e con una mano afferro la scatola di farina, quella usata per la torta –visto che la cioccolata sono sicuro che sia senza glutine. Do una letta ai vari ingredienti e da nessuna parte c’è scritto senza glutine. Anzi… In basso, a destra, c’è scritto alimento contenente glutine e ora vorrei solo strozzarla.

Gliel’ho ripetuto milioni di volte che lui è celiaco, come me.


 

“Questo c’è!”- sbatto la scatola della farina sul ripiano ringhiando. –“Te l’ho ripetuto milioni di volte che lui è celiaco, come me. Se gli succedesse qualcosa, io… Lo porto in ospedale, chiamo mia madre che venga a prendere Stefan.”

“Ian, mi dispiace, io ero convinta… Non sono stata attenta…”- mi dice mortificata.


 

Non le rispondo nemmeno perché preoccupato come sono ora potrei commettere una strage. Scendo velocemente le scale con Joseph in braccio che ogni tanto si lamenta per il mal di pancia e lo metto in macchina, nel sedile davanti.

Che razza di padre sono? Che razza di padre permetterebbe al proprio figlio di mangiare qualcosa che non può? Soprattutto io… Io che sono celiaco come lui.

 

__________________________________________________________________________________________________________________

*Moke è il gatto di Ian, attualmente. So che non è troppo giovane, anzi, è parecchio vecchio, quindi non avrebbe retto nella storia visto il salto temporale di sette anni. Mi dispiace, ma devo essere il più realista possibile :/
Così come non c'è qui Lynx, il gatto di Nina.

Buon fine settimana a tutte ed eccomi qui come promesso dopo soli quattro giorni e spero vivamente di mantenere il ritmo xD
Oggi molto probabilmente non avrei avuto il tempo di postarvi il capitolo, quindi l'ho fatto adesso di prima mattina perchè per me ancora lo è. In più sto tentando di capire come funziona il Mac e penso che ci metterò una vita ad imparare T.T
Finalmente avete capito cos'è successo a Joseph, anche se molte di voi l'avevano già intuito, ma non ho potuto spoilerare niente, mi dispiace. Voglio premettere una cosa così non sembrerò così tanto cattiva: è stata una svista di entrambi e seppur Nikki non mi vada molto a genio non è stato assolutamente voluto, non se n'è accorta e doveva prestare più attenzione quindi no, non ha voluto avvelenare assolutamente il bambino anche se questa situazione le pesa un po'.
Ma andiamo per gradi intanto! Come vi ho già detto qui non c'è Moke, perchè non corrisponderebbero gli anni, ma c'è il cane di Ian dal nome difficilissimo da scrivere e da pronunciare, dannato lui e il suo amore per Nietzsche (oddio, forse l'ho scritto giusto senza guardare ahahahahah), e sembra già adorare i gemelli e ovviamente anche i bambini la amano già. I bambini non trovano Nikki molto simpatica e penso che questo si sia capito, ma la poveretta cerca in ogni modo di rendersi simpatica e in un primo momento ce la fa, ma poi crolla tutto. 
Penso che il comportamento dei gemelli sia normale, insomma hanno vissuto sei anni, quasi sette, solo con la loro mamma che adorano sopra ogni cosa, poi scoprono che hanno un papà e sono felicissimi, ma vederlo con un'altra donna che non sia Nina li ha mandati in confusione e comunque non si fidano di lei e sappiamo come sono i bambini: se a loro non piace una persona non piace. Penso che questo non sia un comportamento egoista da parte loro, solo realista, non so se mi spiego :)
In sintesi adorano più il cane che Nikki xD
Mi è piaciuto scrivere la parte dei gemelli tutti pieni di cioccolata (lo so per esperienza, fidatevi. Ho due nipoti gemelli ed ogni volta che dobbiamo preparare qualcosa alla fine sono sporchi dalla testa fino ai piedi xD) e lui che li sistema e li porta a vedere il suo studio. Vi giro che li adoro insieme tutti e tre *___*
Niente, non ho nient'altro da dire, a parte il fatto che nel prossimo capitolo torneremo dal punto in cui Nina ha scoperto che Joseph sta male e vedremo lei e Ian prendersi cura del bambino per un po'.
Mi scuso per non aver risposto alla recensioni, non ne ho avuto il tempo, ma adesso con calma mi metto a rispondere a tutte e sappiate che le ho lette tutte e apprezzate tantissimo <3
Grazie ancora, alla prossima C:


 

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Capitolo 26
*** Fear. ***


                                               Fear.             


Twenty-Sixth Chapter.


Pov Nina.

Sono pietrificata nel marciapiede con il telefono a mezz’aria dopo aver sentito Ian dirmi a che ospedale sta portando mio figlio, nostro figlio.

Non capisco, io… Stava bene, lui stava bene. E adesso è in ospedale. Lui aveva bisogno di me ed io ero a divertirmi.

Non è colpa tua, Nina continuo a ripetermi, ma non ne sono convinta. Eric mi scuote leggermente e io mi riprendo dallo stato di trance in cui ero caduta ed inizio a balbettare frasi sconnesse.


 

“Nina, calmati.”- mi stringe piano le spalle. –“Cos’è successo?”

“Devo andare in ospedale, io… Joseph si è sentito male…”- balbetto.


 

Eric, più lucido di me, afferra le chiavi della macchina, poi mi guarda.


 

“Ti accompagno io in ospedale, stai tranquilla.”- mi da un bacio sulla fronte. –“Starà bene, andrà tutto bene.”


 

Vorrei credergli, ma non ce la faccio. Ho troppa paura per mio figlio.

 













 

                                                       * * *













 

Corro su per le scale di corsa, facendo anche i gradini due a due, e in questo momento non mi interessa dei tacchi o delle occhiatacce che tutte le persone mi rivolgono perché voglio arrivare da mio figlio, voglio arrivare da Joseph. Arrivo al terzo piano in un minuto, forse meno, e mi guardo attorno spaesata non capendo nemmeno dove andare.

Proprio quando ormai mi sono rassegnata vedo la testa scura di Ian camminare avanti e indietro in sala d’aspetto di fronte a una porta bianca e gli corro incontro. Non appena incrocio i suoi occhi mi sembra di vedermi riflessa allo specchio perché si trova nella mia stessa situazione: è preoccupato, triste, spaventato e arrabbiato con se stesso. Ha anche gli occhi lucidi e mi sto preoccupando seriamente.


 

“Lui dov’è?”- gli domando in preda al panico.

“I dottori lo stanno visitando.”- mi dice indicando con il capo la porta bianca di fronte a noi. –“Ho cercato di farmi dire qualcosa, ma loro… Hanno detto che non bisogna preoccuparsi, che starà bene e che non è nulla di grave. Ma come faccio a non preoccuparmi?”


 

Si accascia contro la sedia bianca dell’ospedale e si prende la testa tra le mani mentre vedo che le gambe gli tremano.

Ma io devo sapere come sta mio figlio, devo sapere la verità.


 

“Cos’è… Cos’è successo?”- balbetto incapace di parlare.


 

L’ansia si sta impossessando del mio corpo, così come la paura e il dolore. Devo sapere, voglio sapere, è mio diritto.


 

“Stavamo guardando i cartoni”- inizia con voce rotta e giurerei di sentire che si stia trattenendo per non scoppiare a piangere. –“ho visto che stava poco bene, lui… Aveva mal di pancia, gli veniva da vomitare… Ha mangiato un pezzo di torta…”


 

Alza improvvisamente gli occhi su di me e sono pieni d’acqua.


 

“Credimi, se l’avessi saputo… Io… Io ero convinto che fosse apposto la torta…”- balbetta. –“Lei non si è accorta che nella farina c’era il glutine e lui l’ha mangiata…”


 

Anche le mie gambe cedono e mi ritrovo inginocchiata nel pavimento dell’ospedale e respiro a fatica.

Gli avevo detto che era celiaco, mi sono raccomandata più e più volte che prestasse attenzione al cibo proprio perché non capitasse questo, e adesso… Adesso siamo qui, in ospedale, senza sapere nulla. Se ne ha mangiata poca non dovrebbe essere nulla di grave, dovranno soltanto fargli qualche controllo e spero che sia così, perché non potrei mai perdonarmi se gli succedesse qualcosa di veramente brutto.

Vorrei arrabbiarmi anche con Ian, ma non ne ho il coraggio. E’ distrutto e continua a scusarsi, a ripetermi che gli dispiace e che è uno stupido e non me la sento di infierire oltre perché anche lui adesso è un genitore e posso capire quello che sta provando –è forse più addolorato di me visto che è capitato con lui.

Ma devo farmi forza, per entrambi, perché mi fa male vederlo così.


 

“Stefan… Stefan dov’è?”- domando piano.

“Con mia madre… Nina, io… Mi dispiace così tanto…”- singhiozza.


 

E mi mordo il labbro a sangue per non scoppiare in lacrime anche io perché so che farei estremamente peggio. E nemmeno mi preoccupo sul fatto che ora anche la famiglia di Ian sappia dell’esistenza dei gemelli e che sicuramente vorranno parlarmi perché ora la mia unica preoccupazione è mio figlio e il suo stato di salute. Quello che mi preoccupa è anche Ian perché non l’ho mai visto in queste condizioni, è distrutto. Ed è per questo che non posso permettermi di piangere perché lui si romperebbe del tutto. Mi alzo da terra e barcollante mi siedo sulla sedia accanto alla sua e prendo una sua mano tra le mie.


 

“Non è colpa tua, Ian.”- sospiro. –“Poteva capitare a tutti, poteva capitare anche a me.”

“Se solo… Se solo fossi stato più attento, lui ora… Starebbe bene…”- blatera.

“Poteva capitare anche con me. Vedrai che starà bene e che potremo portarlo a casa. Non se lo ricorderà nemmeno…”- gli dico.

“Come fai… Come fai a non odiarmi?”- mi domanda di scatto. –“Nostro figlio è in ospedale per colpa mia.

“Non ti odio semplicemente perché non è colpa tua, Ian. E penso che sia un momento da incorniciare questo visto che è la prima volta che abbiamo una conversazione quasi civile.”- gli dico cercando di farlo sorridere.


 

Fa un sorriso tirato, ma almeno è già qualcosa. Subito dopo esce dalla porta un medico e come due molle ci alziamo di scatto per avere notizie su Joseph.

Gli chiediamo subito come sta e ci risponde che non c’è nulla di cui preoccuparsi e che sta bene, ora ha solo bisogno di riposare. Per sicurezza lo terranno qui questa notte e gli daranno alcuni medicinali che dovrò portare a casa e darglieli per tre giorni. Il dottore ci dice che è stato bravo e ha fatto gli esami del sangue senza fiatare e che ora si trova nella camera 213 e che possiamo stare con lui tutta la notte senza problemi visto che siamo i suoi genitori. Ovviamente è stato poco bene per aver ingerito cibi con il glutine e il medico si raccomanda di fare molta più attenzione; quando se ne va andiamo subito da Joseph. Non appena entriamo noto che c’è un’infermiera che gli sta facendo compagnia e non appena ci vede ci saluta con un cenno del capo e va via.


 

“Mamma!”- strilla Joseph felice gettandomi le braccia al collo. Lo abbraccio stretto e faccio un controllo generale e vedo che ha il suo stesso colorito di sempre. –“Ci sei anche tu.”

“Non ti avrei mai lasciato da solo qui.”- lo stringo ancora a me e gli poso un bacio sul naso facendolo ridacchiare e mi si scalda il cuore a vederlo così. Sta bene. –“Come ti senti?”

“Molto meglio.”- mi sorride. –“Papà, che cosa c’è?”


 

Mi volto verso Ian che era rimasto in disparte e lo vedo passarsi una mano sugli occhi, ma poi sorride. E’ ancora preoccupato, glielo leggo in volto, ma fa finta di nulla e abbraccia anche lui il bambino.


 

“Niente, mi sono spaventato tantissimo.”- mormora accarezzando la schiena di Joseph.

“Mi dispiace di averti fatto preoccupare.”- si scusa Joseph abbassando lo sguardo.

“No amore, tu non hai fatto niente.”- Ian si affretta a chiarire e lo abbraccia di nuovo. –“Sono così felice che tu stia bene.”

“Rimarrete qui con me questa notte?”- domanda Joseph con la voce stanca.


 

Vedo che piano piano i suoi occhi si chiudono da soli e questo vuol dire che tra poco si addormenterà.


 

“Rimarremo qui con te per tutta la notte.”- lo rassicuro dandogli un bacio sulla fronte.

“Non andremo via.”- continua Ian sorridendogli.


 

Joseph annuisce e stringe le mani ad entrambi e poco dopo cadde in un sonno profondo. Non so per quanto tempo rimaniamo in silenzio di fronte a nostro figlio, ma sembra passare un’eternità, ma non sono comunque nervosa. Sono ancora un po’ preoccupata per quello che è successo, ma ora sta bene, ho visto che sta bene e mi fido del responso dei dottori. Mi è bastato guardarlo un attimo negli occhi per ritrovare la sua vivacità che lo contraddistingue dagli altri. Sento il mio cellulare vibrare e lancio uno sguardo a Ian che mi fa cenno di andare fuori.

Afferro il cellulare e mi affretto a rispondere.


 

-Nina, come sta Joseph?- mi domanda mia madre.

-Bene, io… Scusami se non ti ho risposto prima, ma ero un po’ troppo occupata…- mi scuso, poi aggrotto le sopracciglia.


 

Chi l’ha informata?


 

-Sta bene? Ero preoccupata a morte. Me lo passi?- mi domanda.

-Ora sta dormendo, era distrutto.- le rispondo mordendomi il labbro.

-Fa lo stesso. Stefan è con me.- mi avvisa.


 

Ma Stefan non era con la madre di Ian?

Mia madre si affretta a chiarire visto che non le rispondo.


 

-Edna mi ha contattato e l’ha portato da me. Ha preferito che stesse qui visto che non le ha mai viste.- mi spiega.

-Lei e?- le domando.

-E Robyn. Volevano venire in ospedale, ma poi hanno deciso di andare in albergo e di passare domani. Volevano lasciarvi un po’ tranquilli.- mi dice.

-Come ti hanno contattata?- le domando.

-Penso che Ian abbia dato il mio numero ad Edna per ogni evenienza e si è rivelato molto utile.- mi racconta.


 

Certo e devo dire che ha fatto anche bene, anche se spero che situazioni del genere non capitino più.


 

-Va bene.- sospiro passandomi stancamente una mano tra i capelli. –Ora… Devo andare..-

-Nina?- mi richiama.

-Mmm…-

-Stai bene?- mi domanda dolcemente.


 

Sorrido per la preoccupazione di mia madre, infondo è sempre così. Sebbene io ormai sia adulta la sua preoccupazione per me è sempre costante e forte.


 

-Si, sto bene.- la rassicuro. –Quello ridotto peggio è Ian. E’ convinto che sia colpa sua e ho provato a dirgli che non è così, ma non ha funzionato.-

-Gli passerà, Nina. Tra pochi giorni dimenticherà tutto. E’ spaventato e si sente in colpa per non essere stato attento, ma sono cose che capitano.- mi spiega.

-Lo so.- rispondo.

-Ti voglio bene tesoro.- mi saluta.

-Anche io mamma.- le rispondo prima di attaccare.


 

Rimango qualche attimo seduta sulla sedia per sciogliere i nervi e tutta la tensione che ho accumulato in questa serata, poi mi affretto a rispondere a Eric e a rassicurarlo che Joseph sta bene e gli dico di non preoccuparsi e che domani sarà a casa, poi metto il cellulare dentro la tasca e solo in un secondo momento mi accorgo che questa giacca non è mia, ma di Eric. Ha un buon odore, che sa di casa, ma mi devo ricordare di riportargliela.

Rientro nella stanza di Joseph e noto con disappunto che Ian è ancora seduto sulla sedia a torturarsi le mani preso dai sensi di colpa. Mi affretto ad entrare e a chiudermi la porta alle spalle per poi andarmi a sedere al mio posto dall’altra parte del letto.


 

“Ian, smettila di crogiolarti nei sensi di colpa.”- lo rimprovero bonariamente.


 

Non l’ho ancora perdonato per quello che ha fatto –per il test di paternità intendo– perché  so che non è completamente colpa sua visto che c’è in mezzo anche lo zampino di Nikki, ma mi dispiace vederlo così distrutto per una cosa che poteva benissimo capitare anche a me. Non è facile conciliare tutte le cose insieme e sono sicura che questo non capiterà più, perché mi fido di lasciare i gemelli con Ian ed è l’unica cosa di cui mi fido per quanto riguarda lui. Nelle altre cose no, penso che non potrò più fidarmi e seguire quello che mi dice lui, ma questa non è colpa mia.

Alza piano la testa e mi guarda senza nemmeno dire una parola.


 

“Sono stufa di vederti così, è acqua passata.”- continuo.

“Come fai a dirlo?”- mi domanda e indica Joseph, che sta dormendo placidamente sul letto, con un cenno della testa. –“Lui è qui.”

“Hai ragione.”- annuisco, ma poi mi affretto a chiarire. –“E’ qui e sta bene.”

“Non voglio la tua compassione…”- mormora stizzito.


 

Ecco che ritorna il solito bipolare di sempre e che mi fa saltare i nervi.


 

“Non ti sto dando questo, ti sto semplicemente perdonando, anche se in questa situazione il perdono non serve.”- gli rispondo. –“E so che è questo che vuoi.”

“Come fai a conoscermi così bene anche quando sono passati sette anni?”- mi domanda mettendo da parte tutta la frustrazione.

“Quando stai insieme con una persona per tanto tempo impari a conoscerla e a sentire quello che pensa.”- gli rispondo con naturalezza.

“Sei sempre stata più brava di me in queste cose.”- mi risponde amareggiato.

“Ho i miei trucchi.”- gli rispondo con un mezzo sorriso ad incurvarmi le labbra.


 

Scuote leggermente la testa, ma posso vederlo divertito e più rilassato di prima e mi sciolgo anche io in un sorriso, che mi affretto a nascondere quando riporta lo sguardo su di me inquisitore.


 

Sei elegante.”- constata e posso vedere che si sta trattenendo, ma non capisco su cosa. –“Troppo elegante per essere stata a casa.”

“Non sono stata a casa.”- gli rispondo, ma poi mi blocco. Perché gli dovrebbe interessare dove sono stata? Insomma, avevo la serata libera. –“Ma credo di non doverti dare nessuna spiegazione, se capisci cosa intendo.”

“Sei una madre ora e non hai più venticinque anni.”- puntualizza indicandomi. –“Non sei più adatta ad andare ai party.”


 

Mi alzo di scatto in piedi facendo stridere la sedia. Ma come diavolo si permette a criticare quello che faccio e come mi comporto?

Giuro che lo strozzo.


 

“Non ho più venticinque anni, ma non ne ho nemmeno novanta. Dovrei rimanere da sola fino al resto dei miei giorni solo perché condividiamo due bambini?”- urlo. 

“Io… Non… Non intendevo questo…”- scatta subito sulla difensiva.

“No certo, ma intanto i danni li fai lo stesso.”- gli ringhio contro per poi uscire a grandi passi fuori dalla stanza.


 

Ho bisogno di aria per questo mi allontano il più possibile a vado direttamente fuori dall’ospedale per fare due passi e per schiarirmi le idee. Perché anche quando siamo tranquilli continua comunque ad attaccarmi così?

Lui ha la sua vita, sua moglie e magari tra non molto avrà qualche altro bambino, mentre io no. Non sono mai voluta andare con nessuno per i bambini, perché introdurre una figura maschile sarebbe stato completamente sbagliato, perché non volevo che nella loro vita qualcuno prendesse il posto di Ian, ma ora hanno un padre, sanno chi è, e magari potrei provare anche io ad essere felice con qualcun altro.

Questo non mi sembra sbagliato nei confronti di nessuno. Vorrei solo provare e questo non mi costa nulla, infondo non ho fatto nulla di male.

Io mi chiedo… Perché deve intromettersi ancora nella mia vita privata? L’ha già fatto abbastanza mi sembra. Mi siedo sul muretto dell’ospedale mentre l’aria fresca mi accarezza le guance e respiro lentamente e profondamente. Ora come ora voglio rimanere da sola, non posso rientrare dentro di nuovo e farmi accusare di cose insensate. Dopo qualche minuto sento qualcuno sedersi accanto a me e appoggiarmi una mano sulla spalla e mo’ di scuse.

Ovviamente è Ian.


 

“Mi dispiace, non volevo dire quello  che ho detto…”- mormora mortificato.


 

Non mi volto verso di lui, non voglio che fra pochi secondi ricominci tutto.

Non siamo bravi ad avere una conversazione civile nemmeno in ospedale.


 

“Io… Non so cosa mi sia preso. Mi dispiace Nina, mi dispiace così tanto.”- continua ancora scusandosi.

“Ti dispiace che io stia cercando di andare avanti?”- gli domando con voce rotta guardandolo negli occhi. –“Perché non posso andare avanti, Ian? Perché tu puoi e io no?”


 

Si passa una mano tra i capelli nervoso e socchiude leggermente gli occhi.


 

“Perché è difficile…”- mormora.

“E’ difficile vedermi felice dopo tutto questo tempo?”- gli domando e un singhiozzo sfugge incontrollato dalle mie labbra. –“Lasciami libera di scegliere qualcun altro. Perché devi essere sempre così egoista?”

Perché non mi sono mai dimenticato di te.”- mi risponde facendomi sgranare gli occhi.



_______________________________________________________________________________


Eccomi qui dopo soli quattro giorni con il nuovo capitolo e, come detto in precedenza, siamo ripartiti dal punto di Nina e quando ha scoperto che Joseph stava male e che Ian l'ha portato in ospedale.
Molte di voi mi hanno fatto domande molto sensate e adesso cercherò di dare una risposta esaustiva anche qui, così penso che chiarirò anche qualche dubbio, ma andiamo per gradi:
-Eric non ha accompagnato Nina in ospedale non perchè non gli interessi nulla di Nina o dei bambini, ma perchè si conoscono da poco e ha capito che lei ha bisogno dei suoi spazi visto tutto quello che ha passato, perchè, possiamo dirlo, Nina non ha affrontato una situazione facile indipendentemente che se la sia andata a cercare o meno.
Lui si preoccupa per i gemelli e ha chiesto come stava Joseph, ovviamente nei prossimi capitoli vedremo altre interazioni tra di loro, ma mi è sembrato corretto questo. So che molte di voi volevano che Ian lo conoscesse, ma ora lui ha altro a cui pensare, tipo Joseph e inserire Eric qui, così presto, mi sembrava davvero troppo prematuro, ma prima o poi i due si incontreranno, niente paura :)
-Molte di voi pensavano che Nina sclerasse, e anche di brutto visto i precendenti, ma penso che la sua reazione vi abbia stupito un po' tutte e magari vi abbia lasciate basite, ma cercherò di spiegarvi meglio il perchè. Nina era preoccupata a morte per Joseph, ma vedendo Ian così distrutto, così in colpa e in lotta con se stesso, non è riuscita a dirgli niente, se non parole di conforto. Si è messa nei suoi panni e sa, per esperienza, che fare il genitore è la cosa più bella del mondo, ma non è affatto facile e Ian in quel momento aveva bisogno di tutto il supporto possibile per non distruggersi da solo, anche se comunque si incolperà per sempre su questo. Nina si è dimostrata forte per lui, anche se più di qualche volta stava cedendo e stava per crollare, ma è riuscita a rimanere ferma nella sua posizione e a "sollevare" un po' Ian.
-I gemelli non hanno ancora conosciuto l'altra parte della famiglia, quella Somerhalder per intenderci, e Stefan è stato portato a casa di Michaela (che come sappiamo, o abbiamo visto, sembrava aver un buon rapporto con la madre di Ian, Edna) quindi non ricorderà nulla, ma tra poco avverrà l'incontro anche perchè i gemelli devono conoscere gli altri loro parenti ^^
-Ho una nipote celiaca, quindi sono ben informata sull'argomento, e fortunatamente non le è mai successo niente di grave, tipo quello che è capitato a Joseph. So che non esistono medicine per curare ciò, uno nasce celiaco ed è così, ma so che in ospedale, in questi casi di "attacco", fanno dei controlli e danno qualcosa che possa star meglio la persona, ma comunque ovviamente non la curano. In questo caso Joseph è stato fortunato e ha mangiato solo un pezzo di torta, poteva andargli peggio e comunque non è uno di quei casi gravi.

Penso sostanzialmente di aver detto tutto quello che avevo da dire e ovviamente se avete dubbi riguardo qualcosa sono qui!
Vi invito a leggere, sempre se volete, non obbligo nessuno io, la mia Delena The List e magari lasciare qualche commento e qualche parere.
Ringrazio le favolose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ben 13, e sono davvero felice che la storia stia riscuotendo così tanto successo tanto da farmi arrivare al terzo posto tra le storie più seguite e io, da quanto l'ho pubblicata, non avrei mai pensato tutto ciò, quindi grazie di cuore, davvero! Volevo sapere, sempre se vi va e con tutta tranquillità, se qualcuna sa usare Gimp o Photoshop per creare un banner (sarebbe tipo un'immagine modificata) per questa storia, ovviamente metterò il vostro nome sotto la foto per sapere che l'aveve fatta voi. Non mi aspetto che qualcuno lo faccia, ognuno ha i propri impegni, ma se vi fa piacere sono qui:)
Ho Gimp, ma io non ne ho il tempo matematico :/
Ultimissima cosa... Io non potrò aggiornare sabato, sono ad un parco divertimenti con delle amiche, quindi l'aggiornamento potrà arrivare o venerdì, quindi con un giorno di anticipo, o domenica, quindi con un giorno di ritardo. 
Bene, credo di aver finito, alla prossima <3

 

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Capitolo 27
*** What are you doing? ***


                               What are you doing?


Twenty-Seventh Chapter.


Pov Nina.

Mi scosto bruscamente da lui e lo fisso strabiliata e impaurita. Che cosa ha appena detto? Ho sentito bene o è stato solo il momento a giocarmi brutti scherzi?
Mi sta prendendo in giro, come sempre. L’ha sempre fatto e ora sono sicura che non sta dicendo la verità, ma io voglio una dannata verità e voglio essere libera da lui e dai suoi maledetti occhi che mi stanno incatenando anche in questo preciso momento. Improvvisamente inizio a tremare e non è per il freddo.


“Non… Non sai quello che stai dicendo…”- balbetto confusa.
“So perfettamente quello che sto dicendo, Nina.”- mi prende una mano tra le sue. –“Come potrei aver dimenticato tutto quello che è successo tra di noi?”


Rimango interdetta da quella domanda, ma poi mi ritorna in mente tutto quello che mi ha detto, tutto quello che ha fatto e… Lui l’ha fatto, o almeno me l’ha dimostrato.


“Tu l’hai dimenticato.”- gli rispondo troppo frettolosamente. –“Tu… Tu l’hai fatto. Ti sei sposato, sei andato avanti… Io…”


Mi accarezza delicatamente una guancia e si sofferma più del dovuto sulla mia pelle e mi sorprendo di come possa sentirmi bene anche in questo momento, di come il suo tocco mi faccia sentire libera e felice. Ma non posso, lui è sposato con un’altra e non posso lasciarmi andare così dopo tutto quello che è successo. Si avvicina un poco a me e i nostri nasi quasi si sfiorando. Vorrei staccarmi, ma la sua mano dietro la schiena me lo impedisce –o forse è il mio corpo a non essere in grado di reagire.


“Non avrei mai potuto dimenticarti, Nina.”- soffia a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Neanche io. Neanche io ho dimenticato quello che hai fatto e quello che continui a farmi.”- gli rispondo cercando di non incontrare più i suoi occhi.
“Lasciami spiegare…”- mi dice avvicinandosi ancora di più.


Sento il suo respiro caldo sulle mie labbra e il suo corpo farsi incredibilmente più vicino al mio, mentre le sue mani si appoggiano sulle mie gambe lasciate leggermente scoperte dal vestito non troppo lungo. E faccio ancora l’errore di farmi incantare dai suoi occhi così azzurri, e così limpidi, e dalla sua voce suadente in grado di farmi tremare ancora il cuore –in grado di scombussolarmi dopo così tanto tempo, così tanti anni.
Le sue labbra sono a pochi centimetri –a pochi millimetri– dalle mie e allora è il mio cervello a reagire a contrario del mio cuore che si stava muovendo in tutt’altra direzione. Mi scosto bruscamente da lui e mi alzo di scatto barcollando leggermente sui tacchi un po’ troppo alti e instabili.


“Non… Non posso…”- soffio scombussolata lasciandolo lì sul muretto.














                                    * * *















Sono con Joseph e lui sta ancora dormendo placidamente nel letto dell’ospedale. Dovrebbero essere le sei di mattina –o almeno l’orologio attaccato alla parete bianca segna quell’ora– e io non ho chiuso occhio in balia dei miei pensieri e di tutti i miei timori. Ian non è rientrato e penso che sia in sala d’attesa o sulle poltroncine fuori dalla stanza e in qualche modo, molto contorto, lo ringrazio per non essersi fatto più vedere dopo quello che è successo. O meglio… E’ quasi successo. Non sono stupida, so perfettamente quello che stava cercando di fare, ma non ci sono cascata, non questa volta. Non posso lasciarmi trascinare ancora dall’oblio e lasciarmi andare a lui, perché mi ritroverei come sette anni fa e ne uscirei ancora più distrutta di prima perché questa volta non ho niente a cui appigliarmi per potermi rialzare di nuovo più forte di prima. 
Questa volta so che non riuscirei e non me lo merito; non me lo merito perché mi sembra di aver sofferto già troppo e non è per fare la vittima. Voglio andare avanti con la mia vita, tra non molto compirò trentaquattro anni e non sono pochi per questo devo dare una svolta alla mia vita e lasciarmi il passato alle spalle –per quanto possa ancora eliminarlo. Sento un piccolo corpicino cominciare a svegliarsi accanto a me e sorrido pronta per salutarlo e abbracciarlo di nuovo. Si guarda attorno, si stropiccia gli occhietti e quando mi vede si apre in un grande sorriso.


“Come ti senti amore?”- gli domando leggermente preoccupata.
“Mamma, mi sento bene!”- esclama, ma continua a sorridere. Poi si guarda attorno leggermente confuso. –“Dov’è papà?”
“E’ andato a prendere qualcosa da bere, verrà tra poco, non preoccuparti.”- gli rispondo dandogli la prima scusa che mi è venuta in mente.


Mi passo una mano tra i capelli stancamente e non riesco a fermare uno sbadiglio.


“Mamma, ma non hai dormito?”- mi domanda.
“Non avevo sonno.”- gli sorrido scompigliandoli i capelli. –“L’importante è che tu stia bene e ti senta meglio.”
“Dov’è Stefan?”- mi domanda.
“Dopo verrà con la nonna se non andiamo a casa prima noi.”- gli rispondo.
“Voglio andare a casa.”- si lamenta. 


Gli accarezzo una guancia dolcemente poi mi siedo accanto a lui sul letto. Fa schifo rimanere in ospedale, lo so per esperienza, ma per un bambino così piccolo è ancora peggio e non vedo l’ora che mi dicano di poterlo portare a casa. Ma so comunque che questo è per il suo bene.


“Il dottore tra poco verrà a visitarti e poi ci dirà se potremo andare a casa.”- gli rispondo e lo invito ad appoggiare la testa sul mio petto.


Lo cingo con le braccia e gli poso un bacio tra i capelli.




Pov Ian.
Non so cosa mi sia preso ieri sera e sono stato un coglione, devo ammetterlo. Ma averla lì, a pochi centimetri da me e così inspiegabilmente bella ha fatto scattare qualcosa in me che non sono riuscito a fermare, ma l’ho spaventata , fatta arrabbiare ed è scappata via. Di nuovo. Ultimamente non faccio altro che ferirla o attaccarla e sembra che non sia bravo a fare altro quando ci tengo ancora a lei in una maniera che non sono in grado di decifrare. Ho sposato Nikki perché la amo, ma ora questo sentimento sembra andare scemando e non capisco perché –e tutto non è cominciato con l’arrivo di Nina o dei bambini, ma da molto tempo prima. Ed io ero convinto che fossimo la coppia perfetta: entrambi amanti dei bambini, degli animali e della natura. Ma evidentemente essere uguali non vuol dire vivere perfettamente perché prima o poi ci si annoia, mentre con una persona diversa c’è tanto da scoprire e imparare ad amare. Invece noi siamo troppo simili e forse ci stiamo stancando entrambi di questa vita, ma fatto sta che rimane comunque mia moglie.
Non entro in camera di Joseph perché lì c’è Nina che sicuramente non mi vuole parlare dopo quello che è quasi successo e decido di sedermi sulle scomode sedie fuori della stanza e aspetto. Non so dopo quanto tempo apro gli occhi, ma guardo l’orologio e noto che sono le 6.45 a.m e devo proprio essermi addormentato per un bel po’ visto che quando sono venuto qui erano circa le due di notte. Mi alzo e mi stiracchio un po’ le gambe e le braccia, poi mi affaccio sulla camera per vedere se c’è ancora dentro Nina e come sta nostro figlio e vedo una scena che mi stringe il cuore dalla tenerezza: Nina è appoggiata sullo schienale del letto e accarezza i capelli di Joseph mentre lui ha la testa appoggiata sul suo petto e sembra che le stia raccontando qualcosa che ogni tanto fa ridacchiare Nina.
Quanto ho sognato una scena così? Ora ce l’ho davanti e rimarrei ore e ore a fissarli ridere e scherzare. Perché è vero che una parte di me non potrà mai dimenticarla. Sento dei passi dietro di me e mi volto incontrando lo sguardo del dottore baffuto che ha visitato ieri sera Joseph e che mi sorride tranquillo.


“Possiamo portarlo a casa?”- gli domando indicando il bambino.
“Dobbiamo fare un ultimo controllo e se è tutto apposto potete portarlo pure a casa.”- mi spiega e annuisco sospirando. –“Non si preoccupi, il bambino sta benissimo.”
“Grazie dottore.”- lo ringrazio di cuore.
“Non mi deve ringraziare, è solo il mio lavoro.”- sorride. –“Passerò tra poco.”


Il dottore si allontana mentre io entro all’interno della stanza. Nina e Joseph si voltano di scatto verso la porta ed entrambi hanno reazioni diverse: la prima mi guarda per qualche attimo poi decide che le coperte sono più interessanti di me mentre Joseph mi sorride apertamente. Mi avvicino cautamente al letto, spaventato dalla reazione di Nina, e prendo la sedia accanto a Joseph perché Nina non sembra in vena di parlare con me.


“Come stai?”- domando a mio figlio.
“Bene papà!”- mi assicura. –“Ma perché me lo chiedete tutti? Io sto bene.”


Sbuffa ed incrocia le braccia al petto facendomi ridacchiare per la sua espressione buffa.


“Questo perché ci preoccupiamo per te.”- gli dico accarezzandogli una guancia facendolo ridacchiare.














                                      * * *















Usciamo dall’ospedale tutti e tre assieme con Joseph felice come non mai. I dottori hanno detto che è tutto apposto e ci hanno raccomandato, per l’ennesima volta, di stare attenti perché siamo stati parecchio fortunati. E finalmente posso tirare un sospiro di sollievo e mettermi l’anima in pace per quello che è successo, anche se comunque non lo dimenticherò mai. Solo ora mi viene in mente che non ho telefonato nemmeno a Nikki per avvertirla della salute di Joseph, ma non voglio rovinare il momento tirandola di nuovo in ballo, anche se tutto quello che è successo è causa sua. 
Però so che non è colpa sua e che non l’ha fatto apposta. E’ stata sicuramente una svista, fatto sta che ricontrollerò ogni cosa che preparerà come minimo cento volte prima di darla da mangiare ai gemelli, in modo particolare a Joseph. Non mi fido nemmeno più di me stesso in questo momento se devo essere sincero fino in fondo, ma ora sta bene e devo essere felice di questo. Mi volto un attimo per guardare Nina e noto che ogni tanto sbadiglia e so perfettamente che lei questa notte non ha chiuso occhio a differenza mia e un po’ mi pento di questo. 


“Sei venuta in macchina?”- le domando con preoccupazione.


Non voglio che si mette alla guida così stanca, potrebbe succederle qualcosa.


“No, io… Credo che prenderò un taxi.”- balbetta leggermente imbarazzata.


E’ sempre la solita orgogliosa e testarda.


“Vi porto io a casa, così saluto Stefan.”- le ordino. –“E non accetto un no come risposta.”
Sei un tiranno.”- sbuffa scuotendo la testa.


Joseph, incurante di nulla, è già salito in macchina e si è già allacciato la cintura pronto per partire e sta aspettando solo me e Nina.  Nina mi guarda per qualche altro secondo, poi si arrende e sale in macchina senza fiatare e sorrido trionfante. Salgo anche io in macchina e parto in direzione della casa. Arriviamo dopo qualche minuto e parcheggio nel vialetto e vedo Stefan correrci incontro mentre Michaela rimane sulla porta ad aspettarci insieme ad Alex e questo mi fa un po’ paura perché io, con Alex, non ci ho ancora parlato.


“Jo!”- urla e quasi travolge il fratello per poi abbracciarlo.


Io e Nina ci guardiamo complici, poi scoppiamo a ridere nel sentire Joseph dire che gli abbracci sono da femminucce e che lo sta strozzando. Poi Stefan abbraccia prima Nina e dopo me e poi tempesta di domande il fratello chiedendogli se gli hanno fatto una puntura e se gli hanno fatto male. 


“Papà, rimani un po’ con noi?”- mi domanda Stefan speranzoso e mi dispiace deluderlo, ma proprio non posso.
“Passerò più tardi, ora devo proprio andare.”- gli spiego.


Do un bacio prima a lui e poi a Joseph e saluto con un cenno della mano Nina, sua madre e Alex che non ricambia molto apertamente. Salgo in macchina e mi dirigo verso casa mia. 
Quando apro la porta di casa trovo tutte le finestre aperte e Nikki che sistema freneticamente il divano e perfino l’abbaiare dei cani non la distrae dal suo lavoro –e so che fa così per far scemare tutta la tensione che ha accumulato. Credo che mi urlerà contro per non averla chiamata nemmeno una volta da ieri sera, ma è fin troppo calma. Mi avvicino a lei con cautela e le tocco una spalla, ma lei non sembra farci caso, oppure mi vuole evitare, così decido di bloccarla mettendole le mani sui fianchi.


“Nikki, fermati un attimo.”- le dico piano.


Si volta verso di me e vedo i suoi occhi pieni d’acqua segno che tra poco scoppierà a piangere inconsolabile e allora le accarezzo piano una guancia per cercare di tranquillizzarla.


“Io… Io… Mi dispiace, non volevo…”- singhiozza nascondendo la testa sull’incavo della mia spalla. –“Io credevo… Credevo che preparare la torta fosse… Fosse una bella idea. Ero… Convinta che la farina fosse… senza glutine… Non l’ho fatto apposta.”


Sapevo che prima o poi sarebbe scoppiata e so che si sta sentendo doppiamente in colpa visto che ne è la causa e non è nemmeno la madre, ma so che non l’ha fatto apposta e mi fido di lei. Ha provato in tutti i modi di star simpatica ai gemelli e non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ormai la conosco troppo bene e mi fido di lei. Poi sono cose che capitano, l’ha detto anche Nina e l’ha detto pure il dottore, quindi è colpa un po’ di tutti e bisogna stare solo un po’ più attenti.


“Shhh… Nikki non è colpa tua, dovevamo stare tutti più attenti, ma non ti devi sentire un colpa, io ti credo.”- le sussurro all’orecchio e le accarezzo lentamente la schiena. –“Sono cose che possono capitare e poteva capitare anche con qualcun altro. Nessuno ce l’ha con te.”
“Il bambino, lui”- singhiozza di nuovo. –“mi odierà.”


La faccio voltare e la obbligo a guardarmi negli occhi.


“Lui non ti odia, ha già dimenticato quello che è successo.”- sorrido. –“Non ti preoccupare.”
“Mi dispiace così tanto…”- mormora.
“Anche a me, ma ormai è tutto sistemato.”- le dico. Le sposto una ciocca di capelli che le era sfuggita al suo controllo. –“Forza, non voglio vederti piangere.”


Nikki mi sorride e seppur sia un sorriso tirato è già qualcosa.
Almeno lei riesco a farla sorridere e c’è un’altra donna che ultimamente mi sta facendo perdere la testa.















                                     * * *














Sto frugando in soffitta da mezz’ora alla ricerca dei miei peluche di quando ero piccolo, ma di loro nessuna traccia. Avevo pensato di portarli a Joseph e a Stefan per far avere loro qualcosa di mio e mi sembrava anche un’idea carina visto che non hanno mai avuto un regalo da me, ma credo che opterò per due peluche nuovi di zecca anche se trovavo estremamente più significativo che avessero qualcosa di mio personale. Sto quasi per scendere quando una scatola un po’ messa male cattura la mia attenzione e mi sembra di notare un poster fuoriuscire da essa. Mi siedo a gambe incrociate sul pavimento polveroso della soffitta e mi appoggio sulle gambe la scatola per poi aprirla e rimango meravigliato, e un po’ interdetto, nel trovare quello che credevo perduto –o meglio che credevo aver buttato via. E’ una sottospecie di scatola di ricordi e all’interno ci sono tutte le foto del cast, in modo particolare di noi tre, il fantastico trio: io, Nina e Paul. Ero convinto di averlo buttato perché sapevo perfettamente che avrebbe rievocato belli e brutti momenti, ma ora non ricordo perché abbia deciso di tenerlo e forse è meglio così. Trovo tutti i poster promozionali con le varie firme, le foto dell’ultima stagione, quelle della prima e noto, con orrore, di essere cambiato tantissimo da quel pilot. 
Una foto però mi colpisce più di tutte forse perché ricordo la storia che c’è legata ad essa: siamo io e Nina in spiaggia, stanchi ma felici dopo uno dei tanti giorni di riprese, con lo sfondo del mare e con Candice e Paul che si rincorrono come due bambini. Ridacchio nel vedere i buffi baffi che aveva disegnato Nina sopra la mia bocca perché sosteneva che mi dessero un’aria più seria. 





“Smolder, forza, vieni!”


Nina mi tira per un braccio tentando di alzarmi dall’asciugamano, ma con scarsi risultati visto che io sono quasi il doppio di lei sia in altezza che di peso. Ma lei, testarda com’è, continua a provarci senza demordere. Scivola brutalmente sulla sabbia e finisce con il sedere a terra.


“Ti sei fatta male?”- le domando preoccupato.
“Non molto.”- fa una smorfia. –“Servisse che mi facessi male per degnarmi di uno sguardo?”


Si alza e seppur dolorante si siede accanto a me e mi scruta con uno sguardo inquisitore.


“E’ da quando siamo arrivati qui che te ne stai tutto solo e sulle tue.”- constata. –“E’ successo qualcosa?”


Mi ritrovo a sospirare e a passarmi una mano sui capelli leggermente sudati per il gran caldo. Ho lasciato Megan perché continuava a sostenere che tra me e Nina ci fosse qualcosa di serio visto che, a detta sua, non le tolgo mai gli occhi di dosso e allora si era fatta tremendamente gelosa e troppo appiccicosa. Non potevo più sopportarla quindi ho rotto con lei, ma comunque è una storia che è durata parecchio tempo e fa male.


“Ho lasciato Megan.”- le rispondo.


Ormai non ha più senso mentire poi Nina è brava a capire le persone e quindi prima o poi l’avrebbe scoperto. Poi è la mia migliore amica e posso dirle tutto. Mi trovo estremamente bene e dire la verità in sua presenza mi fa sentire così leggero.


“Uhm… Ehm… Ecco… Mi dispiace.”- balbetta leggermente confusa.
“Non fa niente.”- le dico sinceramente sollevato. –“Insomma… Non stavo più bene insieme a lei…”
“Eravate una bella coppia.”- mi dice con leggerezza e si stende sull’asciugamano. –“Stavate bene insieme.”
“Agli occhi degli altri forse…”- sospiro stendendomi accanto a lei. –“Ma non riuscivamo più a capirci.”
“Certo, capisco.”- annuisce. –“Sono ancora giovane, non so nulla dell’amore… Ma… Se non si sta più bene insieme non ha senso continuare.”


E non sa quanto abbia ragione ed è proprio per questo che ci siamo lasciati e mi trovo a pensare, con piacere, che Nina è effettivamente matura, più di tanti altri che sono più grandi d’età. Ma vecchio non significa necessariamente maturo e Nina me lo sta dimostrando già da parecchio tempo.


“Non ti facevo così donna vissuta.”- la punzecchio per scacciare questo alone di malinconia che si è steso su di noi.


Nina si tira su di scatto e mi tira giocosamente un pugno sul petto.


“Capisco le cose, a differenza tua che ti ostini a non vederle, vecchietto.”- mi dice ridacchiando.


Fa per alzarsi, ma l’afferro per i fianchi bloccandola a mezz’aria prima che possa scappare via da me.
Mi ha appena dato del vecchietto.


“Cosa mi hai appena detto?”-le domano minacciosamente.


Ovviamente sto scherzando, ma lei sembra non capirlo –o forse sta solo al gioco.


“Vecchietto.”- mi dice facendo finta di nulla.
“Ora ti faccio vedere io chi è il vecchietto qui.”


La prendo in braccio e me la carico in spalla incurante delle sue urla che fanno girare tutti quelli che sono in spiaggia –compreso tutto il cast che ci sta guardando allibiti, tranne Candice che ci sta guardando con gli occhi a cuoricino. Nina continua a dimenarsi ridendo e implorandomi di metterla giù, ma non le do ascolto.


“Ian ti prego, non farlo.”- mi implora mentre mi avvicino all’acqua. –“ E’ freddaaa!”
“Ma se si sta morendo dal caldo!”- la punzecchio. –“Oppure solo le giovani sentono freddo?”
“Ritiro tutto quello che ho detto.”- ride. –“Non sei affatto vecchio.”
“Ormai però l’hai detto.”- le faccio notare tenendola sempre in spalla.


Entro in acqua appena e Nina si agita ancora di più.


“No ti prego, ci sono gli squali.”- urla terrorizzata.


Scoppio a ridere di gusto mentre lei continua a tirarmi dei pugni –che non farebbero del male neanche a una mosca.


“Trova una scusa migliore Neens.”- ridacchio divertito.
“Gli alieni!”- dice. –“Ci sono gli alieni! Mettimi giù!”


Non si è nemmeno accorta che l’acqua mi arriva all’ombelico e allora l’accontento e la mollo, ma in acqua facendole così morire le grida in gola. Poco dopo riemerge completamente zuppa e mi fulmina con lo sguardo. Mi da le spalle e capisco di averla combinata grossa, ma io non volevo farla arrabbiare, volevo solo scherzare. Mi avvicino piano a lei, talmente piano che non mi accorgo nemmeno che si è voltata di scatto e con un sorriso furbo mi fa lo sgambetto facendomi sprofondare in acqua. Riemergo subito dopo e la prima cosa che vedo è Nina che continua a ridere senza freno e scoppio a ridere anche io non riuscendo a trattenermi davanti alla risata che la contraddistingue da tutti.


“Ero convinto che ti fossi arrabbiata.”- le dico dopo poco.
“E tu non sai riconoscere gli scherzi.”- ridacchia abbracciandomi.
“E tu sei una tipa molto vendicativa,
kote*.”- le rispondo.


La vedo spalancare leggermente gli occhi per quel nomignolo che le ho appena dato e poi la vedo sorridere sinceramente colpita.


“Da quando in qua sai il bulgaro?”- mi domanda.
“Da quanto ho un’amica che ha queste origini.”- le dico con sufficienza.
“E posso sapere chi è questa amica?”- mi domanda divertita sapendo benissimo che mi sto riferendo a lei.
“E’ alta, bruna e con gli occhi simili al cioccolato. E’ intelligente, saggia”- ammicco facendole l’occhiolino. –“molto carina… Ma ha la cattiva abitudine di darmi del vecchietto.”


Scoppia a ridere di gusto e io la seguo un’altra volta a ruota. Mi sono dimenticato di tutto, siamo solo io e lei e nessun’altro.


“E’ una tipa irrispettosa allora.”- ridacchia.
“Forse un po’.”- le rispondo.


Rimaniamo un po’ in acqua a scherzare a schizzarci quando si ferma di colpo.


“Ian?”- mi chiama. –“Davvero pensi che io sia carina?”


Quella domanda mi lascia un po’ interdetto e non so cosa risponderle, non so se dirle la verità. Non penso che sia carina, io penso che sia bellissima, forse, è la donna più bella che io abbia mai visto –anzi, lo è!
Vedendo che non le rispondo si allontana di qualche passo e la conosco troppo bene. Credo di averla ferita con la mia non risposta, ma devo rimediare. Insomma, non posso perdere anche lei, anche se è una cosa da poco. L’afferro per un braccio attirandola a me e l’abbraccio di slancio.


“Non penso che tu sia carina”- le dico e la sento irrigidirsi. –“perché sei bellissima.”


Sento i suoi muscoli sciogliersi e posso giurare che in questo momento sta sorridendo. Mi accorgo però che sta tremando ed ha la pelle d’oca ed effettivamente sto cominciando anche io ad avere freddo. La guardo per qualche istante e non ha le labbra più tanto rosee.


“Forza,
kote, stai prendendo freddo, non voglio che tu ti ammala.”- le dico ed usciamo insieme dall’acqua.


In tutta fretta corriamo sotto l’ombrellone e l’avvolgo sull’asciugamano e poi mi preoccupo di me stesso.


“Bel volo Dobrev, davvero.”- interviene Michael ridacchiando.
“Non sei affatto simpatico.”- gli risponde Nina facendogli la linguaccia.







Quella sera ci facemmo questa foto. A dir la verità fu più un obbligo da parte di Nina, ma alla fine continuammo a farne per qualche minuto e scegliemmo questa perché era quella fatta meglio –e perché inconsapevolmente c’erano anche Paul e Candice. Mi ricordo che mi diede anche una collana, che tra l’altro gliela diede sua madre, sostenendo che portasse buon umore e le feci credere che avesse ragione, ma in realtà il buon umore lo portò lei a me. Afferro la collana e la giacca sapendo perfettamente dove andare.
Voglio ricostruire un rapporto con Nina, perlomeno civile, e so da dove cominciare.


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*kote è il soprannome –uno dei tanti!– che Ian ha dato a Nina tanto tempo fa (anni luce!) ed è una parola bulgara che in italiano significa gattino/gattina. Ovviamente in questo caso è al femminile xD



Buon fine settimana a tutti ed eccomi qui come promesso. Visto chea avevo un po' di tempo libero ho deciso di aggiornare oggi e non domenica, come vi avevo già accennato, perchè molto probabilmente dormirò tutto il giorno.
Il prossimo aggiornamento quindi sarà martedì 21 luglio se non ci sono problemi :)
Questo è uno dei miei capitoli preferiti, perchè c'è stato un quasi bacio e per il flashback *___*
Il quasi bacio ha lasciato Nina molto sconvolta e confusa, ma Ian non è meno confuso di lei perchè non capisce che cosa gli stia succedendo e perchè Nina sia ancora in grado di mandarlo in confusione totale e non vuole ammattere a se stesso che c'è più di qualcosa tra loro due, ma sappiamo quanto sia testardo e speriamo che lo capisca da solo u_u 
Scusatemi per la scena tra Ian e... Nikki (credo che questa nuova coppia si chiami Somereed se non sbaglio e a me sembra tanto la marca di un gelato!), ma se è la moglie di Ian deve pur esserci, ma potete fare quello che volete con quella scena, anche saltarla, però abbiamo capito che non l'ha fatto apposta e non sta fingendo, ve lo posso assicurare!
La parte che ho adorato di più in assoluto è stato un flashback e sicuramente avrete capito che si tratta proprio degli inizi, quando Nina aveva poco più di vent'anni e Smolder era ancora fidanzato con Megan Fox, quella di lost. So che il cast ha passato spesso giornate in spiaggia, complici foto e avvistamenti, ed ho trovato carino fare una scena così e spero che sia successa perchè è puramente inventata, come il fatto della collana ^^
Vi invito a passare a leggere la mia nuova storia, The List, e mi farebbe piacere sentire qualche parere.
Ringrazio le meravigliose ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, ben 11, recensioni *-*
Ora devo andare, a martedì <3


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Capitolo 28
*** Surname. ***


                                 Surname.        
Twenty-Eighth Chapter.


Pov Nina.

Controllo che tutte le porte e tutte le finestre siano chiuse, per evitare che qualcuno entri in casa, prima di mettere a letto i gemelli. Raccolgo tutti i loro giochi sparsi per casa e li metto sul cesto vicino alla televisione mentre Spike mi segue allegro e scodinzolante. Non avrei mai creduto di poter instaurare un legame così forte con un cane… Certe volte mi domando se tenga più a me o ai gemelli: certo loro lo fanno giocare, ma chi lo lava e gli da mangiare sono sempre io quindi credo proprio che sia influenzato da questo.

 

“Andate a lavarvi i denti, forza.”- dico ad entrambi.

“Ma mamma!”- si lamenta Stefan. –“Dobbiamo finire di vedere il cartone.”

“Domani dobbiamo alzarci presto per andare sul set.”- spiego loro. –“Se volete vedere il cartone domani allora rimarrete con la nonna.”

 

Più tardi vanno a letto più fatica faccio a svegliarli e domani ho veramente così tanto lavoro da recuperare che non ho tempo per le loro lamentele visto che devo recuperare praticamente un giorno intero di riprese perché oggi non sono andata per controllare Joseph e passare un po’ di tempo con i gemelli. Senza fiatare corrono subito in bagno al piano superiore per lavarsi i denti mentre sento il campanello suonare. E chi può essere a quest’ora se non Ian? Ormai penso che sia diventato un uomo notturno. Non ho voglia di averlo attorno, ma è qui per i gemelli ed è giusto così quindi farò finta di niente –farò finta che oggi non sia successo niente anche se mi ha fatto arrabbiare parecchio. Apro la porta e Ian entra sorridendomi sornione, poi si guarda attorno.

 

“I gemelli si stanno lavando i denti di sopra.”- gli spiego. –“Puoi pure andare, tanto finisco di sistemare qui.”

“Sono venuto in modo particolare per te.”- mi dice facendomi sgranare gli occhi all’inverosimile. –“Ma ne parleremo dopo quando i bambini saranno a letto.”

 

Quasi come avessero un radar per captare Ian scendono di corsa e gli si lanciano contro abbracciandolo e pregandolo di stare un po’ qui. Mi guarda in cerca di una risposta e faccio appena in tempo ad annuire che i bambini lo trascinano al piano di sopra nella loro stanza. Continuo a finire di sistemare le ultime cose quando sento il mio cellulare vibrare e vedo il nome di Eric comparire sul display. Sorrido nel vedere che mi ha inviato un messaggio, lo apro e lo leggo attentamente.

 

Sono stato impegnato per tutto il giorno e ho preferito lasciarti un attimo di tranquillità con i bambini. Volevo solo sapere come stava Joseph e se si era ripreso.

 

Mi siedo un attimo sul divano e il mio cuore si scioglie un po’ di più nel vedere come si preoccupa per Joseph e so che tiene ad entrambi i gemelli nel modo in cui cerca di coinvolgerli nelle nostre situazioni e anche i gemelli, per quelle due volte che l’hanno visto, sembrano andare d’accordo con lui. Decido di rispondergli e di non farlo penare oltre.

 

Joseph sta meglio e ora siamo a casa pronti per andare a dormire. Volevo ringraziarti per il passaggio all’ospedale e mi dispiace per l’appuntamento. Credo che sia stato un vero e proprio disastro.

 

Effettivamente sono dovuta correre in ospedale lasciandolo da solo al nostro appuntamento e mi è dispiaciuto un sacco, ma non è stata nemmeno colpa mia visto che suo figlio si è sentito male. La sua risposta arriva dopo qualche minuto.

 

Non devi scusarti, figurati, non è stata colpa tua. L’appuntamento non è stato un disastro, sono stato molto bene e spero che si possa rifare, sempre se ne sei d’accordo.

 

Mi fermo qualche attimo prima di rispondere anche se so già perfettamente che risposta dare. Mi sono ripromessa di riprovarci e di cercare di farmi una nuova vita ed Eric sembra così interessato a me che voglio davvero provarci, in più mi piace e mi trovo veramente bene con lui, mi sento un po’ come se fossi a casa e ormai lo conosco da quasi due mesi.

 

Certo, sei di ottima compagnia ☺

 

Appoggio un attimo il cellulare sul tavolino e do da bere a Spike che continuava a scodinzolare con la lingua a penzoloni, poi afferro di nuovo il cellulare e leggo il messaggio.

 

Vada per il secondo appuntamento allora! Questa volta credo che organizzerò qualcosa di diverso, tieniti pronta. Ora ti lascio dormire che sarai sicuramente stanca, buonanotte.

 

Digito un veloce Buonanotte anche io e lascio il cellulare sul divano per dirigermi in camera dei gemelli. Sorrido tra me e me. Mi sembra di essere tornata al liceo con tutti questi messaggi e la cosa da una parte mi diverte e dall’altra mi fa piacere perché comunque sa rispettare i miei spazi e questa è davvero una qualità che apprezzo. Entro in camera dei gemelli e trovo Joseph già completamente vestito con il suo pigiama da Spiderman, mentre Stefan e Ian sono alla ricerca di qualcosa. Non appena sentono i miei passi si voltano tutti e tre, due di questi con uno sguardo leggermente confuso.

 

“Mamma, non trovo più il pigiama.”- mi spiega Stefan. –“Quello di Batman!”

“Avete guardato sotto il cuscino?”- domando inarcando un sopracciglio e appoggiandomi allo stipite della porta.

“Abbiamo controllato dappertutto.”- continua Ian annuendo.

 

E non posso non fermarmi per un attimo e vedere tutte queste somiglianze tra di loro. Stessi occhi, stessi zigomi e perfino le stesse posture e lo stesso modo di annuire. E Ian ha avuto anche dei dubbi che potessero essere figli suoi. Mi stacco dalla porta e controllo sulla sedia della scrivania, ma del pigiama non c’è traccia. Ho sempre messo i pigiami sotto i cuscini e mi viene qualche dubbio sul fatto che questa volta non sia così, per cui decido di controllare e lo trovo

 

“Questo che cos’è?”- domando divertita con il pigiama in mano.

“Papà aveva controllato.”- mi dice Stefan prendendo il pigiama. –“E non ha trovato niente.”

“Ha ragione lui.”- si scusa Ian sollevando leggermente le spalle.

“Si, è comparso da solo perché ci sono io.”- ridacchio scuotendo la testa. –“Forza, è ora di andare a dormire.”

“Ma non abbiamo sonno!”- si lamenta Joseph mentre lo aiuto a stendersi sotto le coperte.

“Vostra madre ha ragione, è tardi.”- li riprende Ian mentre copre Stefan.

 

Ecco, questa cosa di essere due genitori con le stesse idee sta cominciando a piacermi, ogni tanto infondo c’è qualche vantaggio nell’essere in due.

I bambini annuiscono e ci danno la buonanotte e la stessa cosa facciamo noi dando un bacio ad entrambi. Spengo la luce della camera e accendo una piccola lucetta vicino alla porta poi socchiudo quest’ultima e comincio a scendere le scale seguita da Ian. Quando arriviamo in sala decido di chiedergli il motivo della sua presenza –oltre al fatto di aver salutato i gemelli.

 

“Cosa dovevi dirmi?”- gli domando sedendomi sul divano.

 

Ian si siede di fronte a me e si appoggia una mano sul ginocchio.

 

“Ho riflettuto a lungo su cos’è successo nell’ultimo mese. Sai tutta la storia dell’essere padre e dei gemelli… Ma soprattutto sul nostro rapporto.”- si ferma un attimo e sospira, poi continua. –“Ci siamo lasciati con il piede sbagliato, forse un po’ troppo, e siamo ripartiti peggio di prima. Insomma… Non siamo bravi a parlare civilmente per più di cinque minuti senza attaccarci a vicenda.”

 

Ha ragione, ma voglio comunque sentire quello che ha da dire quindi annuisco e lo invito ad andare avanti.

 

“Per il bene dei bambini e soprattutto per il nostro credo che dobbiamo cambiare. Una tregua intendo. Tutto quello che è capitato da quando ci siamo rivisti è stata praticamente quasi tutta colpa mia perché mi sono comportato da immaturo e ti ho ferito costantemente, ma non volevo farlo e non voglio farlo mai più. Sei la madre dei miei figli, Nina, e sei una persona importante per me, non posso farti soffrire ancora. Quindi ti chiedo scusa, per tutto. Per quello che è successo sette anni fa fino ad oggi.”- dice per poi abbassare lo sguardo.

 

Effettivamente il suo discorso è stato parecchio toccante e sono sollevata che abbia capito i suoi sbagli –comunque neanche io sono una santa– ma non posso dimenticare tutto così facilmente, ma comunque mi metterò d’impegno e ci proverò, anche se ci vorrà comunque del tempo, credo di meritarmelo.

 

“Anche io ho commesso i miei sbagli e ti chiedo scusa per questo. Non posso però dimenticare tutto quello che hai fatto.”- dico e lo vedo rattristarsi all’improvviso, ma poi continuo. –“Però posso provarci. Non sarà facile, certo, a credo che con il tempo potremmo ritornare quelli di una volta.”

 

Gli occhi di Ian brillano felici e per la prima volta li vedo felici quando è con me.

 

“Amici, intendo.”- mi affretto a precisare. –“Per il bene dei bambini… E il nostro… Effettivamente era diventata una situazione insostenibile.”

“Sono d’accordo con te.”- annuisce, poi si fruga nella tasca. –“Ti ho portato qualcosa.”

 

Dalla sua mano pende una collana e la riconosco subito. Me l’aveva regalata mia madre e io l’avevo regalata a Ian dopo essersi lasciato con Megan. Mia madre mi aveva detto che portava buon umore/felicità e non capisco perché voglia restituirmela –io credevo addirittura che l’avesse gettata.

 

“Credevo l’avessi gettata.”- dico infatti.

“Lo credevo anche io, lo sai? Poi però ho trovato tutto in una scatola in soffitta e ho deciso di riportartela.”- mi spiega.

“Mi stai quindi gentilmente restituendo il mio regalo.”- constato stizzita.

“Cosa abbiamo appena detto? Comportamento civile. Non ti sto dando indietro il tuo regalo per ripicca o perché non mi piaccia, te lo sto solo prestando.”- mi spiega, poi sorride. –“Si, prestando. Questa collana porta il buon umore, no? Ti ho vista un po’ giù e ho pensato che ti servisse.”

“Mi stai dicendo che ho il muso lungo?”- gli domando divertita.

 

Ian scuote la testa divertito poi si alza dal divano con la collana in mano.

 

“No, ma credo che tu abbia ogni tanto il muso lungo per me”- mi dice poi si affretta a spiegarmi. –“per quello che ho fatto intendo. Quindi prendilo come un prestito di pace.”

“Prestito di pace?”- domando. –“Allora credo che dovrò per forza accettare.”

“Posso?”- mi domanda indicando la collana e il mio collo.

 

Lì per lì non capisco quello che voglia fare, ma quando si avvicina comprendo che voglia mettermi la collana al collo quindi annuisco. Sento che combatte un po’ con il gancetto, poi mi scosta i capelli tutti da una parte e mi sistema meglio la collana andando a sfiorare il mio collo e mi auguro che non lo stia facendo apposta perché potrei tirargli un pugno. E’ una sensazione strana sentire ancora le sue mani sul mio corpo e non so cosa sto provando in questo momento.

Finisce di agganciarmi la collana, poi si scosta leggermente turbato e non capisco il perché di questo turbamento –e non voglio nemmeno chiedere.

 

“Non voglio rovinare il momento, ma…”- balbetta incerto. –“C’è una cosa che volevo chiederti da qualche giorno e ovviamente devo avere il tuo consenso.”

 

Si siede sul divano e stringe i pugni nervosamente. Mi preoccupa quando fa così e spero che non sia un altro test di paternità perché potrei ucciderlo sul serio.

 

“Cosa c’è?”- gli domando.

“Ecco… Loro sono i miei figli, no?”- dice e io annuisco confusa. –“Non so se sia una cavolata o meno, ma… Vorrei riconoscerli.”

 

Rimaniamo per qualche attimo in silenzio, poi sollevo la testa. Con questa affermazione deduco che voglia dargli il suo cognome, o almeno è quello che ho inteso io. Se così fosse, beh… Sarebbe strano, ma andrebbe comunque fatto. Questo significa che vuole prendersi davvero cura dei gemelli e renderlo ufficiale, su un pezzo di carta, è ancora più serio e questo mi fa piacere, ma questo vuol dire mettersi d’accordo con un giudice per i giorni per tenere i gemelli e io quindi non li vedrei più tutti i giorni…

Ian, però, blocca il fiume dei miei pensieri.

 

“Prima che tu pensa chissà cosa ascoltami.”- mi dice serio, ma comunque nervoso. –“E’ un passo importante, lo so, ma loro sono i miei figli e voglio riconoscerli, quindi dare loro il mio cognome. Non voglio portarteli via… Voglio solo che abbiano qualcosa di mio…”

“Capisco…”- mormoro.

“Nina, guardami.”- mi dice e improvvisamente lo trovo di fronte a me. Mi prende la mano tra le sue e mi accarezza una guancia. –“Non voglio portarteli via, capito? Loro sono i tuoi figli, ma sono anche miei, voglio solo che abbiano il mio cognome. E’ un male?”

 

Scuoto la testa.

 

“E allora che cos’è che ti preoccupa?”- mi domanda.

 

Decido di dirglielo, infondo nasconderglielo non avrebbe senso e non mi interessa se passerò da egoista o meno, ma sono i miei figli.

 

“Per quanto riguarda i giorni, per tenere i bambini, intendo… Se io volessi vederli, posso… Venire?”- sussurro quasi.

“E’ questo che ti preoccupa?”- mi domanda serio e io annuisco. –“Non voglio stabilire dei giorni, ho già pensato a quello. I bambini sono cresciuti con te e stravolgere le loro vite così non sarebbe giusto… In più non sopportano Nikki ed è un problema… Rimarranno con te a patto che possa venirli a trovare quando voglio, se capisci cosa intendo.”

 

Ha appena detto quello che ho sentito? Davvero non vuole portarmi via i bambini? L’ha detto davvero?

E’ ovvio che può venirli a vedere quando vuole! Praticamente la situazione sarà identica ad adesso, solo che loro avranno anche il suo cognome.

 

“Dici… Davvero?”- domando per sicurezza.

“Si, davvero.”- annuisce e sorride vedendomi finalmente felice. –“Non potrei mai portarti via i bambini. Ovviamente per le feste magari ci metteremo d’accordo.”

“A me va bene, insomma”- mi blocco un attimo e sorrido apertamente. Sono felice. –“benissimo.”

 

Rimaniamo in silenzio per qualche minuto e devo ammettere che non è carico di tensione come le altre volte. Da quando ci siamo chiariti –pochi minuti fa per l’esattezza– sembra così tutto calmo e tranquillo e finalmente posso rilassarmi un po’ e sentirmi più libera, meno fredda e forzata.

E’ Ian a parlare per primo.

 

“E’ da tanto tempo che non sorridevi così con me.”- mi fa notare dolcemente, ma posso vederlo anche compiaciuto. –“Mi mancava il tuo sorriso.

“Oh…Ecco…”- balbetto imbarazzata non sapendo cosa dire.

 

Ian scoppia in una fragorosa risata che mi lascia interdetta e mi fa imbronciare come una bambina di due anni.

 

“E vedo che non ti si può fare i complimenti senza che tu ti imbarazzi.”- continua ancora ridacchiando.

“La smetti di prendermi in giro?”- gli domando fintamente arrabbiata incrociando le braccia sotto il seno. –“Non sei affatto divertente.”

“Va bene, la smetto.”- dice alzando le mani in segno di resa.

 

Fa appena in tempo a finire quando sentiamo dei tuoni e dei lampi e la cosa non promette nulla di buono. Stava piovigginando fino a poco fa e vuol dire che la situazione sta peggiorando di brutto.

 

“Credo… Credo che sia ora di andare. Sta iniziando un temporale.”- mi dice incurante della mia azione.

 

Scosto di poco le tende per vedere cascate di acqua cadere dal cielo e un vento tale da piegare perfino gli alberi quasi. I classici temporali di fine estate che qui in America possono durare tutta la notte, se non per giorni consecutivi. E vedo Ian afferrare il suo giubbotto di pelle e non me la sento di farlo andare via con questo tempo con il rischio che gli accada qualcosa di brutto solo per il mio orgoglio o per la mia testardaggine, so che me ne pentirei per tutta la vita. Così decido, d’impulso, di farlo rimanere qui, non posso farlo andare fuori con questo tempo. All’ennesimo tuono sobbalzo e mi stringo di più alla maglietta –ho sempre avuto un enorme paura dei tuoni e dei lampi e l’unico che era in grado di calmarmi era proprio Ian.

 

“Non credo che dovresti uscire.”- lo blocco prima che arrivi alla porta. –“C’è il finimondo fuori e non voglio che rischi la vita per tornare a casa. Puoi rimanere qui.”

 

Si volta di scatto e mi guarda sorpreso. Si aspettava forse che lo lasciassi andare via con questo tempo? Va bene che non sono una santa, lo ammetto, ma non sono poi così cattiva ed inoltre si parla di cose serie.

 

“Non guardarmi così, puoi rimanere.”- gli ripeto. –“Abbiamo altre stanze, puoi usare quella degli ospiti. Si trova accanto a quella dei gemelli.”

“Io… Grazie, davvero.”- mi dice solo. –“So che non è facile per te.”

“Voglio solo che tu non rischi la vita per uno stupido temporale.”- gli sorrido. –“Sono un po’ fredda, ma non così tanto.”

“Non sei fredda.”- mi risponde e sorride. –“Ogni tanto un sei solo un po’ scorbutica.”

 

Decido di non rispondergli a tono e devio su qualcos’altro.

 

“Non ho un pigiama da darti, mi dispiace.”- gli dico.

“Non preoccuparti, posso dormire anche così.”- mi risponde annuendo.

“Beh allora, io”- sobbalzo all’ennesimo tuono e mi mordo il labbro. –“Buonanotte.”

“Buonanotte anche a te Looch*.

 

Da quanto tempo non mi chiamava così?

________________________________________________________________________

 

*è il soprannome che Ian ha dato a Nina una miriade (?) di anni fa.

 

Come promesso eccomi con il capitolo ed è anche interamente Nian quindi amatemi! No, a parte gli scherzi, mi mancava scrivere su loro due finalmente in pace ed è una gioia per me questo capitolo *__*

Mi scuso per non aver risposto alla recensioni, ma sono tornata domenica alle sei del mattino, indi per cui ho dormito tutto il giorno in pratica e ieri non ho fatto in tempo a rispondere, ma cercherò di fare del mio meglio per farlo!

Avete saputo che Nina è in Francia? Se viene in Italia giuro che potrei morire, magari potrebbe venire a Venezia con Austin per visitare la città dell’amore, ma so che non sarà mai così perché, sempre se verrà, andrà o a Roma o a Milano :/

Vabbeh, ritorniamo al capitolo che altrimenti mi deprimo u.u

Abbiamo interamente scene Nian e sostanzialmente la parte più importante, oltre alla tregua, è il fatto che Ian voglia dare il cognome Somerhalder anche ai bambini e Nina ne è felice perché ha visto che lui tiene ai bambini sempre di più, come giusto che sia. Ovviamente aveva bisogno di rassicurazioni che giustamente Ian le ha dato. Non so se voi siete d’accordo con la mia scelta sul fatto che non stiano un po’ con uno e un po’ con l’altro, ma cercherò di spiegarvi il perchè, naturalmente è solo un mio pensiero. Ian può andare a vedere i bambini quando vuole e portarli con se a suo piacimento come ha sempre fatto e i gemelli sono felici di ciò. Se avessero stabilito dei giorni da tenere i bambini credo che tutti ne avrebbero sofferto, in primis i gemelli perché non avrebbero potuto più passare tanto tempo con Nina e avrebbero dovuto stare con Nikki -che non sopportano. Magari a qualcosa rinuncerà anche Ian, ma a lui interessa la felicità dei bambini e stare giorni senza vedere la loro mamma potrebbe fare del male a chiunque. Ovviamente anche Nina sarebbe potuta andare quando voleva, ma Ian si è messo nei suoi panni e vedere Nikki costantemente non sarebbe stato bello, in più entrambi non vogliono stravolgere la vita dei bambini.

Spero, dunque, che abbiate capito le mie motivazioni :)

Di importante non c’è altro, a parte Ian che passerà un’intera notte a casa Dobrev con Nina terrorizzata dai fulmini, ma non posso dirvi altro xD

Alla prossima <3

 

PS: Sapevate che il dottor Wes di TVD recita (recitava forse… Perché a quanto pare poi muore, ma non sono arrivata in quel punto) in The Flash? Quando l’ho visto sono rimasta a bocca aperta.

 

PPS: Quante di voi ieri hanno visto la rubrica del TG2 di “Costume e società?”

Hanno fatto un servizio con il sorriso degli uomini e quelli più accattivanti e c’era anche Ian! Sono rimasta mezz’ora a sbavare dietro alla televisione con il telecomando in mano mentre i miei mi dicevano anche in turco di cambiare canale, ma ovviamente l’ho avuta io. L’hanno messo al pari di Raul Bova e George Clooney e hanno detto che è uno degli attori più amati delle teenager… Ma dai? xD

 

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Capitolo 29
*** Tranquility. ***


                                     Tranquility.




Twenty-Ninth Chapter.

Pov Ian.

E’ da un’ora come minimo che continuo a rigirarmi tra le coperte incapace di prendere sonno e non perché il letto sia scomodo, ma per il temporale che c’è fuori. I bambini stanno dormendo profondamente, ho controllato prima di andare a dormire, e per una volta sono invidioso di loro visto che sono quasi le due e io non ho ancora chiuso occhio.

Per l’ennesima volta mi rigiro del letto e stufo di questa situazione scalcio le coperte e mi tiro a sedere sul materasso passandomi una mano tra i capelli leggermente scompigliati dal cuscino. Non ho certo paura dei tuoni e dei lampi, ma c’è troppo rumore ed è praticamente impossibile addormentarsi in queste condizioni. In casa siamo solo io, i gemelli e Nina e ho la netta sensazione che anche quest’ultima sia sveglia, mi ricordo ancora quando stavamo insieme e le notti passate insonni a parlare per cercare di distrarla dal temporale. Ha sempre avuto paura di queste cose e credo che anche questa sera sia sveglia, ma comunque lei ha più bisogno di dormire di me visto che l’altra notte è stata completamente sveglia in ansia per Joseph, io almeno un po’ ho dormito. 

Mi alzo dal letto e mi infilo al volo la maglia, poi esco dalla stanza per controllare se Nina stia dormendo. Apro piano la porta, senza fare il minimo rumore, ed entro chiudendomela piano alle spalle e cerco con lo sguardo la figura di Nina sull’enorme letto che c’è all’interno della sua stanza. La trovo rannicchiata su se stessa e mi da le spalle: sembra quasi che stia dormendo, ma so che non è così, visto che all’ennesimo tuono sobbalza dalla paura. E può sembrare una cosa stupida, una cosa da bambine, ma in realtà non lo è perché è un’altra parte del carattere che mi piace di Nina. Mi avvicino al letto e mi siedo cautamente, ma non faccio che accrescere la paura di Nina visto che si volta di scatto terrorizzata. Quando si accorge che sono io si rilassa improvvisamente e tira un sospiro di sollievo che mi fa sorridere leggermente.

 

“Ma sei impazzito?”- mi rimprovera sottovoce. –“Mi hai fatto prendere un colpo.”

“Non volevo, sei già troppo spaventata così.”- mi scuso alzando le mani.

“Sei venuto qui per prendermi in giro?”- mi domanda inarcando un sopracciglio.

“No, assolutamente.”- ridacchio divertito. –“Volevo vedere se stavi dormendo. So che queste… Cose ti spaventano.”

 

Mi fissa leggermente sorpresa, poi si morde l’interno guancia imbarazzata.

 

“Io… Credo di non avere sonno…”- mormora. –“Non adesso almeno…”

“Capisco… C’è qualcosa che posso fare per te?”- le domando. –“Cioccolata calda?”

 

Il suo volto si illumina e annuisce felice, poi incresca leggermente le labbra.

 

“Sai ancora preparare i tuoi fantastici pancake?”- mi domanda.

 

Scoppio a ridere di gusto e annuisco divertito. 

 

“Allora va bene.”- dice annuendo ed andiamo entrambi in cucina.

 












 

                              * * *












 

“Sono come li ricordavi?”- le domando prendendo una forchetta e afferrando un pezzo di pancake dal suo piatto.

“Più o meno.”- mi risponde continuando a mangiare mentre io la fisso accigliato. –“Non me li ricordavo molto, è passato così tanto tempo.”

“Vuol dire che ti darò la ricetta.”- sorrido e sorride anche lei. 

 

Afferro un altro pezzo di pancake e Nina mi tira una gomitata indispettita.

 

“Con due bocconi hai fatto fuori quasi tutto.”- mi rimprovera indignata. –“Cos’hai al posto della bocca?”

“Dovevo assaggiarli per capire se fossero buoni.”- mi scuso alzando le spalle.

“Certo… Certo…”- borbotta dondolando la testa. –“Questo ultimo pezzo è mio però.”

 

Afferra con la forchetta l’ultimo pezzo di pancake e proprio quando se lo porta davanti alla bocca afferro la forchetta e lo mangio io. Nina rimane per qualche istante a bocca aperta poi mi fulmina indispettita e mi da uno spintone che mi fa quasi cadere dalla sedia. La sua faccia è impagabile e scoppio a ridere fino a farmi venire le lacrime agli occhi.

Mi alzo dalla sedia e la blocco prima che salga di nuovo le scale.

 

“Non ti sarai mica offesa?”- le domando leggermente preoccupato.

“Mi hai rubato l’ultimo pezzo di pancake!”- ribatte incrociando le braccia sotto il seno.

“Mi dispiace.”- mi scuso, ma poi rido di nuovo. –“Ma dovevi vedere la tua faccia.”

“La prossima volta preparerò io i pancake e giuro che ti taglierò una mano se ne tocchi anche solo un pezzo.”- mi minaccia puntandomi un dito contro.

 

E sembra tutto così semplice e quotidiano questo siparietto che per qualche istante sento una dolorosa fitta al cuore, ma decido di mettere tutto da parte e godermi questo momento prima di ritornare alla vita reale fatta di bugie e sentimenti inespressi.

 

“Stiamo davvero discutendo per dei pancake?”- mi domanda dopo un po’.

“Si.”- annuisco con vigore. –“Hai minacciato di tagliarmi una mano.”

 

Nina scoppia a ridere, di una risata così cristallina, e io non ce la faccio proprio a trattenermi e la seguo a ruota perdendomi in lei. Ha sempre contagiato tutti con la sua risata così allegra, che mi ha sempre sollevato il morale anche nei momenti tristi e più difficili, e non puoi non ridere con lei. Quando ride si creano due fossette sulle guance e sembra che anche gli occhi ridano con lei, ed è così fantastico.

 

“Non ti taglierò una mano, promesso.”- mi assicura quando entrambi smettiamo di ridere.

“E io prometto che non ti ruberò più l’ultimo pezzo di pancake.”- le prometto.

“E’ stata una mossa meschina da parte tua.”- annuisce.

“Hai sonno?”- mi domanda.

“No.”- scuoto la testa. –“Per niente.”

 

E ci guardiamo un attimo senza dire una parola, senza sapere cosa fare. Insomma, sono le due di notte, abbiamo appena finito di mangiare pancake come se nulla fosse –anche se in realtà quei pancake li ho praticamente finiti tutti io– e abbiamo appena ricostruito il nostro rapporto. Possiamo definirci amici, penso. Si, insomma, abbiamo chiarito parecchie cose e abbiamo un rapporto più tranquillo, ma so perfettamente che le ci vorrà del tempo per dimenticare tutto –forse dimenticare no, magari perdonarmi del tutto. Glielo leggo negli occhi che non si fida completamente di me e come posso darle torto? Ha tutte le ragioni di questo mondo, e sebbene mi faccia male questo, posso solo compatirla e aiutarla un po’ a fidarsi di me, perché da quando ho scoperto di avere due bambini con lei non faccio altro che disastri. Con i bambini penso di cavarmela, li amo più di ogni altra cosa al mondo, ma con Nina ne ho combinate fin troppe che me ne vergogno. Da come l’ho trattata fino alla richiesta di quel stupido test di paternità per Nikki che alla fine è servito a ben poco visto che è sempre più distante da me, ma non posso farci niente, non potrò mai abbandonare i miei figli, loro sono qualcosa che ho contribuito a creare anche io, anche se non conosco niente della loro vita.

Un’idea mi balena in testa e penso che sia una cosa carina e soprattutto mi permetterà di capire, vedere, alcune cose.

 

“Mi stavo chiedendo”- mi gratto i capelli imbarazzato. –“se avevi qualche foto dei gemelli da piccoli. Insomma… Io conosco così poco di loro e mi piacerebbe conoscere qualcosa di più.”

“Intendi un album fotografico?”- mi domanda e io annuisco con vigore. –“Si, dovrei averlo messo da qualche parte. Dovrebbe essere qui in giro, mi aiuti a cercarlo?”

“Di che colore è?”- le domando.

“Azzurro.”- mi dice incominciando a cercare su degli scaffali.

 

Vado alla ricerca anche io di questo fantomatico album fotografico, del quale Nina non ricorda nemmeno dove l’ha messo, e ci mettiamo circa venti minuti per trovarlo –alla fine è proprio Nina a trovarlo dietro alcuni libri. Si siede in divano e io mi accomodo accanto a lei e noto con piacere, e anche sorpreso, che non mi caccia via come è solita fare, ma incurante di tutto apre l’album e lo appoggia sopra le gambe.

 

“Da dove vuoi cominciare?”- mi domanda ed io aggrotto le sopracciglia. –“Ci sono tante foto con tutti gli anni… Anche i primissimi mesi e le ecografie.” 

 

Non ho alcun dubbio da dove cominciare.

 

“Mi piacerebbe cominciare dall’inizio.”- le dico piano. –“Per inizio intendo anche con le ecografie.”

 

Annuisce leggermente e iniziamo insieme ad osservare l’album dalla prima pagina. Ci sono delle foto in bianco e nero che mi fanno socchiudere leggermente gli occhi per capire meglio e capisco che le ecografie sono dannatamente complicate. Leggo la data in alto con il rispettivo mese e siamo al terzo mese all’incirca.

Nina mi vede in difficoltà e mi sorride, poi mi spiega quello che c’è da sapere.

 

“Non sapevo ancora che fossero due.”- mi dice. –“Quello l’ho scoperto un mese dopo, circa al quarto, perché al terzo è difficilissimo capirci qualcosa, o così mi hanno detto. Questo non so chi sia sinceramente, ma questa è la testolina, il corpicino, le manine e i piedini.”

 

Mano a mano che mi elenca le varie parti le indica anche a mi soffermo qualche secondo per imprimermi meglio l’immagine dei miei figli nella mia mente. Non saprei riconoscerlo neanche io perché a quel mese mi sembrano tutti uguali, ma è bellissimo lo stesso. E un po’ di malinconia mi assale nel sapere che io non ero lì per vedere la prima volta i miei figli –anche se non si sapeva che fossero due ancora. Decido però di non abbattermi troppo perché comunque non posso più tornare indietro e mi commuovo un po’ nel vedere quell’esserino così piccolo che è cresciuto nove mesi prima di nascere.

 

“Com’è stato vederlo per la prima volta?”- le domando sinceramente curioso.

“E’ un po’ difficile da dire…”- mormora. –“E’ stato emozionante… Ho provato così tante sensazioni da non ricordarle nemmeno. Con me c’era Candice che ha pianto per tutto il tempo.”

“Devo ringraziare Candice.”- le sorrido. –“Si è presa cura di te.”

“Sono fortunata ad averla, non so cosa avrei fatto se non ci fosse stata lei.”- mi risponde e noto che si rabbuia, ma quando me ne accorgo fa finta di niente e continua a sfogliare le pagine. –“Qui siamo al quarto mese. Ho scoperto di aspettare due gemelli, maschi.”

 

E ora posso vederli entrambi finalmente. Ci sono tre foto: la prima è più grande e contiene entrambi i bambini, poi ce ne sono due singole prima di uno e dopo dell’altro messi in posizioni leggermente differenti. E accarezzo piano le due foto soffermandomi sul contorno dei miei due bambini così piccoli, ma più grandi rispetto a prima e ancora più formati.

 

“Non ho mai capito come… Come il corpo umano possa contenere un bambino.”- le dico sinceramente. –“Figuriamoci due.”

“Non l’ho mai capito nemmeno io.”- mi risponde sincera. –“E penso che non lo capirò mai.”

 

E continuiamo a vedere ecografie fino al settimo mese di gravidanza, quando compaiono delle foto dei bambini appena nati. Sembrano così piccoli, più piccoli del normale e così indifesi. Prima di soffermami meglio sui bambini un dubbio mi assale e devo chiarirlo assolutamente. Da quello che so e da quello che mi ricordo i bambini dovrebbero rimanere all’interno del grembo materno per nove mesi, non per sette, quindi questo vuol dire, se ho ragione, che i bambini sono nati con due mesi di anticipo.

 

“Mancano… L’ottavo e il nono mese…”- le faccio notare.

“Lo so.”- sospira leggermente. –“Sono nati prima.”

“Con due mesi d’anticipo?”- domando allarmato. So che ora stanno bene, ma sapere queste cose fa accrescere la mia ansia. –“Perché?”

“A dir la verità sono praticamente nati a otto mesi, con qualche giorno d’anticipo.”- mi spiega. –“I gemelli non arrivano praticamente mai a nove mesi, è impossibile, e sono nati quasi nei tempi giusti.”

“Quasi?”- domando.

“Sono nati una settimana e mezza prima del previsto.”- mi spiega. –“Ero a casa, da sola, e non mi ero sentita bene per tutto il giorno. All’improvviso ho cominciato a sentire dei dolori, tipo contrazioni al ventre, e ho iniziato a perdere del sangue. I miei genitori mi hanno portato di corsa all’ospedale e hanno dovuto fare un cesareo d’urgenza, si era staccata la placenta.”

 

E rimango basito dalla rivelazione appena fatta e rimango immobile, come bloccato. Poteva accadere loro qualcosa di male o peggio… Potevano morire tutti e tre e io non avrei mai capito il perché. Cosa avrei fatto se fosse successo qualcosa? Me l’avrebbero detto oppure lo sarei venuto a sapere solo con il tempo? Potevo perdere sul serio i miei figli e anche Nina ed è questo che mi fa rimanere raggelato.

Nina sembra accorgersi del mio malumore e mi appoggia una mano sulla spalla.

 

“Ian, hey…”- mi richiama dolcemente. –“E’ andato tutto per il meglio. Certo, ho rimediato una bella cicatrice, ma sono stati bene subito.”

“E tu?”- le domando veramente preoccupato.

“Anche io.”- sorride. –“Ora sono tutti e due qui ed è questo l’importante. Non pensavo… Che ti avrebbe fatto così male.”

 

Abbassa lo sguardo colpevole e questa volta sono io ad appoggiarle una mano sulla gamba per rassicurarla. Ha fatto bene a dirmelo, dovevo saperlo, ma fa comunque uno strano effetto e mi sento così impotente. Se solo ci fossi stato… L’avrei aiutata anche se come minimo avrei dato di matto.

 

“Non è colpa tua.”- le dico. –“Sono rimasto un po’… Scioccato ecco… Forse è meglio andare avanti.”

 

Indico con il capo l’album fotografico ed iniziamo a sfogliarlo di nuovo. Ci sono tantissime foto dei bambini appena nati e mi perdo ad osservarli e ad immaginarli un po’ nella mia mente. Erano davvero piccolissimi e forse mi sarebbero stati in una mano. Nina con molta calma mi spiega chi è Joseph e chi è Stefan perché erano veramente identici.

 

“Erano piccolissimi…”- mormoro visibilmente emozionato.

“Già… Stefan era quello più piccolo, ma ha recuperato in fretta.”- mi spiega.

“Posso chiederti il perché di questi nomi?”- le domando curioso.

 

Nina mi fissa visibilmente agitata e inizia a gesticolare con le mani.

 

“Non ti piacciono vero?”- mi domanda preoccupata.

“Tranquilla, sono due nomi bellissimi.”- le sorrido per tranquillizzarla. –“Volevo solo sapere il perché di questa scelta. E’ stato un caso?”

“No, affatto.”- mi dice seria. –“Stefan è in onore di Paul, in qualche modo l’ho fatto per ringraziarlo e poi mi è sempre piaciuto. Joseph… Beh… E’ il tuo secondo nome e pensavo… Si, insomma… Che ti avrebbe fatto piacere…”

 

E questa volta sono io a rimanere sorpreso e a sgranare gli occhi. So che Joseph è il mio secondo nome, ma non avrei mai immaginato che Nina l’avesse chiamato così per me, non me lo sarei mai aspettato. Con tutto quello che è successo tra di noi avrebbe fatto bene –ne avrebbe avuto il diritto– a dimenticarsi di me eppure ha messo a nostro figlio il mio secondo nome per fargli avere qualcosa di mio. E non posso non rimanere stupito per l’ennesima volta di quanto sia cresciuta questa donna e di quanto forte e matura sia diventata in questi anni e forse mi sto facendo prendere troppo da lei.

Ho una moglie ora… Eppure mi sento ancora incompleto. Ero convinto che con il matrimonio tutto se ne sarebbe andato nel dimenticatoio e avrei risolto tutti i miei problemi, invece il rimorso non mi ha mai abbandonato e una parte di me è rimasta sempre con Nina. Ed è veramente brutto da dire, perché dovrei essere un buon marito per mia moglie, ma è più forte di me perché io mi sento ancora legato a Nina –e so perfettamente che non è solo per i gemelli. 

Ma è tutto così difficile.

 

“Ian?”- mi richiama Nina. –“Tutto bene?”

“S… Si… Sto bene…”- mormoro.

“Lo sapevo!”- esclama. –“Non ti ha fatto piacere?”

“Sono rimasto piacevolmente sorpreso.”- le spiego rassicurandola. –“Insomma… Non ci avevo mai pensato, credevo che mi odiassi.”

“L’ho fatto.”- mi spiega cupa. –“Ho cercato di farlo Ian, davvero, con tutta me stessa. E forse ci sono riuscita anche per un po’ e tutto questo è stato accentuato dal fatto che tu eri sparito nel nulla. Ma poi ho capito che era inutile, che prima o poi avresti conosciuto i nostri figli e allora mi sono lasciata tutto alle spalle. E anche tu avresti il diritto di odiarmi e forse mi odi davvero. Ma ho capito che non serve a nulla e non potrei mai farlo.”

Io non ti odio Nina.”- le dico sincero, aprendomi finalmente con lei. –“Non l’ho mai fatto credimi. Nemmeno quando ho scoperto di avere due bambini con te. Sono stato arrabbiato, certo, ma odiarti questo mai. Ti ho fatto del male Nina e me ne pentirò per tutta la vita.”

 

Dopo di questo non diciamo più niente, rimaniamo in silenzio ad osservare le foto dell’album fotografico sfogliando minuto dopo minuto le pagine leggermente gialle tempestate di foto. Passiamo in rassegna ogni anno e scopro sempre qualcosa in più dei bambini e nella mia testa si forma un percorso e mi sembra quasi di averlo fatto insieme a loro e un po’ mi metto il cuore in pace.

Non so dopo quanto tempo non sento più sfogliare le pagine e mi volto preoccupato verso Nina –per quanto me lo permetta la sua testa appoggiata sulla mia spalla– e noto che è profondamente addormentata contro di me. Metà del suo corpo è appoggiato al mio e mi impedisce quasi di muovermi e improvvisamente sento anche le mie palpebre farsi sempre più pesanti e sento che non ce la farei mai ad arrivare fino alle camere in questa situazione. Senza svegliarla, e non so come, mi sdraio lentamente sul divano e il suo corpo scivola sul mio facendole appoggiare la testa sul mio petto e le mani all’altezza del mio stomaco. Tento di spostarla un po’ –se fosse per me potremmo rimanere così per tutta la notte, ma so che lei non ne sarebbe d’accordo– ma si agita inutilmente e mugugna qualcosa di incomprensibile, ma comunque rimane ferma e ancorata in quella posizione. E allora decido di rimanere così perché sento tutta la stanchezza attanagliarmi il corpo e prima di chiudere gli occhi definitivamente la cingo in una sorta di abbraccio stringendola più forte al mio petto.

 

 

 

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Buon fine settimana a tutte :)

Lo so che dovevo aggiornare ieri, avevo detto ogni quattro giorni, ma non ne ho avuto veramente il tempo. E’ morta la nonna della mia migliore amica e, come giusto che sia, dovevo starle vicino perché le era molto legata.

Quindi vi chiedo scusa e spero che questo non capiti più, spero che possiate capirmi C:

Passiamo alla storia, dunque, non voglio annoiarvi molto. Ho notato che le recensioni sono diminuite sebbene le visite siano aumentate -non sono più quelle di una volta, certo, ma comunque erano più dello scorso capitolo- e ci sono rimasta un po’ male. Insomma, sei recensioni sono sempre tante, ci sono storie che non ne ricevono neanche mezza e mi dispiace per le autrici, ma se calano vuol dire che la storia non sta prendendo più come una volta, almeno credo. Credevo che con un capitolo interamente Nian le cose sarebbero andate veramente a gonfie vele, molte di voi lo aspettavano, e sono rimasta un po’ delusa, ma comunque cercherò di non farci un dramma. Se li volete continuamente in lotta basta dirlo, ma era ora che dessi una svolta a questa storia e a farli tranquillizzare un po’.

Bene, ora passo veramente al capitolo sennò non finisco più :’)

Non so cosa vi sareste aspettate voi, se una notte di fuoco o una notte anche con i gemelli, ma dopo tanto tempo ho deciso finalmente di dedicare un po’ di tempo a Ian e Nina e mi è sembrato carino far vedere loro le foto dei bambini insieme perché Ian non li aveva mai visti da piccoli. Ovviamente non posso dirvi cosa succederà nel prossimo capitolo, ma sarà dolce anche quello. Credo che qualcuna avrebbe preferito che andassero a letto insieme, ma cosa avrebbero risolto? Si sono chiariti da neanche un giorno, non sono sicuri dei loro sentimenti -Ian sta capendo qualcosa, Nina è ancora in alto mare- e sarebbe davvero troppo presto e così avrei rovinato tutto.

Ho detto tutto quello che avevo da dire, credo che non debba più aggiungere altro ^^

Il capitolo verrà pubblicato martedì 27 o mercoledì 28, ma assolutamente non oltre!

Me ne stavo quasi dimenticando… No, non è vero ahahahaha Avete visto le foto di Nina e Austin? Ho gli occhi a cuoricino ancora da ieri sera, dire che li adoro è poco, li sto adorando in una maniera che neanche immaginate e Nina meritava la felicità *___*

Ora me ne vado sul serio altrimenti starei qui ore e ore a scrivere su loro due, quindi alla prossima <3

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Capitolo 30
*** Clarification. ***


                                                         Clarification.


Thirtieth Chapter.



Pov Ian.

Quando mi sveglio mi ci vuole qualche secondo per capire dove mi trovo e perché ho Nina tra le mie braccia, ma quando chiarisco ogni mio dubbio sorrido perché, per la prima volta, mi sento veramente felice insieme a qualcuno. Magari Nina non ricorderà niente di tutto ciò e non appena si sveglierà mi manderà al diavolo, ma mi sembra tutto così naturale e semplice stare con lei ed è questo a farmi più paura.

Non so come identificare tutte queste sensazioni e non so se questo sia un bene e un male: bene perché mi sento tranquillo e in pace con me stesso, male perché tutto questo non può continuare. Sette anni fa ho fatto una scelta, legando un’altra persona alla mia vita, e non posso far finire tutto così, non me la sento e Nina non me lo permetterebbe mai, lei ormai mi vede solo come il padre dei suoi figli, per il resto non sono nessuno per lei. Pensare a questo mi fa stare male, ma l’ho voluto io, entrambi lo abbiamo voluto e sono ancora parecchio confuso. Magari mi sento così legato a lei perché è la madre dei miei figli, quella che mi ha dato ciò che agognavo da tempo, oppure no –perché magari provo ancora qualcosa per lei, qualcosa di forte che non se n’è mai andato e non riesco ancora a capacitarmene. Ma non concluderei nulla visto che lei ce l’ha con me –certo, ha detto che non mi odia, ma non mi ha ancora perdonato del tutto e sono d’accordo con lei.

La sento muoversi piano tra le mie braccia e allora mi perdo ad osservarla per qualche minuto mentre continua a fare smorfie e piccoli versi per poi aprire piano piano gli occhi e scontrarsi contro i miei sorpresa. Si passa una mano tra i capelli e, con mia grande sorpresa, non si sposta di scatto da me, ma rimane lì, sul mio petto.

 

“Abbiamo dormito qui?”- mi domanda ancora assonnata.

“Si, ci siamo addormentati così.”- annuisco accarezzandole distrattamente i capelli.

“Sai che ore sono?”- mi domanda incurvando leggermente la testa.

Nope.”- le rispondo facendola ridacchiare. –“Ma non penso che sia troppo tardi.”

 

Sentiamo delle voci provenire dalle scale e una serie di idiota, non farti vedere detti a voce leggermente troppo alta e qualcuno brontolare. Ci voltiamo entrambi di scatto per vedere Joseph e Stefan bisticciare. Nina e io ci allontaniamo di scatto, come scottati, e cerchiamo di darci un benché minimo di contegno di fronte ai bambini, loro non capirebbero e poi ci siamo addormentati accidentalmente così.

 

“Cosa ci fate voi due lì?”- domanda Nina perentoria.

 

I gemelli, colti sul fatto, si guardano imbarazzati ed hanno differenti reazioni: Stefan si dondola da un piede all’altro, mentre Joseph si gratta la testa.

 

“Anzi… Da quanto tempo siete lì?”- domanda poi Nina.

“Da un po’.”- mormora Joseph.

“Noi… Eravamo venuti a cercarti mamma e poi abbiamo visto che dormivate e così”- dice Stefan, ma poi si blocca.

“Non volevamo disturbarvi si.”- finisce la frase per lui Joseph.

 

Io e Nina ci guardiamo negli occhi e l’imbarazzo è perfettamente palpabile perché i bambini, passato il momento iniziale, ci stanno guardando stranamente e sorridono. Ogni tanto si lanciano mute richieste che io e Nina non riusciamo a capire.

 

“Papà hai dormito qui?”- mi domanda Stefan.

“Si… Io…”- balbetto. Dannazione, non mi sono mai trovato così in imbarazzo, poi con un bambino, che tra l’altro è mio figlio. –“Ieri c’era un forte temporale e non sono potuto tornare a casa.”

“Quindi avete dormito insieme?”- rincara la dose Joseph.

 

Io e Nina ci guardiamo allibiti e cominciamo a balbettare aspettando che ci venga in mente una qualche scusa plausibile e soprattutto credibile da affibbiare ai gemelli, ma sembriamo entrambi nel panico.

 

“Perché balbettate?”- ci domanda Stefan.

 

Perché fanno così tante domande?

 

“Noi non abbiamo dormito insieme.”- spiega Nina gesticolando con le mani. –“Non insieme insieme… Stavamo guardando delle foto e ci siamo addormentati.”

“Non capisco una cosa…”- mormora Joseph corrugando la fronte. –“Nikki non si arrabbierà per questo, vero?”

 

E io e Nina quasi cadiamo dal divano per questa domanda che sembra tutt’altro che adatta per un bambino di sei anni –no, quasi sette. Il mio sguardo si tramuta in orrore non appena realizzo quello che è affettivamente successo e di come possa essere interpretato e di come ai loro occhi possa essere apparsa alla scena. Se loro lo dicessero a Nikki sarebbe veramente la fine.

 

“No, certo che no!”- esclamo mentre Nina vorrebbe solo sprofondare. –“Ci siamo addormentati come due semplici amici.”

“Mmm… Va bene…”- annuisce Stefan.

“Avete fame?”- cerco di sviare il discorso. –“Preparo degli ottimi pancake!”

 

I bambini annuiscono felici e si precipitano subito sulle sedie pronti per fare colazione mentre io e Nina ci alziamo silenziosamente.

Devo farmi promettere che non diranno mai nulla di quello che è successo perché… Perché potrebbero creare parecchi danni con tutti.

 

“Stefan? Joseph?”- li chiamo e questi si voltano in attesa dei pancake. –“Mi promettete di non dire niente di quello che è successo? Nessuno deve saperlo.”

“Va bene.”- esclamano in coro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                              * * * 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Non è un po’ troppo equivoco andare a lavoro insieme?”- mi sussurra Nina all’orecchio.

“Se vuoi vado a piedi.”- le dico sempre tenendo basso il tono della voce visto che i gemelli sono nei sedili posteriori.

 

Nina scuote leggermente la testa mentre io continuo a guidare la sua macchina. Il cielo è ancora grigio e pieno di nuvoloni neri, ma la tempesta sembra essere passata anche se l’aria si è fatta improvvisamente più fredda e in giro ci sono tantissime pozzanghere. 

 

“Papà?”- mi chiama Stefan.

“Dimmi.”- gli rispondo dolcemente tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

“Ci sarai al nostro primo giorno di scuola?”- mi domanda speranzoso sempre Stefan.

“Certo.”- annuisco e guardo Nina confuso. Non mi ricordo quando è. –“Quando è?”

Dopodomani.”- risponde Joseph.

 

Davvero? Così presto? Io ero convinto che le scuole iniziassero ancora più tardi, ma evidentemente sono rimasto indietro di qualche decennio quando andavo ancora a scuola io. Dopodomani ho varie scene alla mattina, ma penso che se le salterò Julie capirà, non posso perdermi il primo giorno di scuola dei miei figli.

Dopo mi devo ricordare di avvisarla.

 

“Allora papà… Verrai?”- mi domanda poi Joseph.

“Non posso perdermi il vostro primo giorno di scuola.”- dico loro e li vedo sorridere felici. –“Chiederò a Julie di spostare le riprese.”

 

Non mi accorgo quasi nemmeno di essere arrivato e in tempo record parcheggio la macchina e io e Nina aiutiamo i gemelli a scendere. Non appena facciamo per entrare noto che ci sono anche Paul, Phoebe e la piccola Rachel, ma mentre le due si fermano a salutarci, a salutare in particolar modo i gemelli e Nina, il primo tira dritto senza degnarmi di uno sguardo –ovviamente ha salutato i gemelli e Nina.

Phoebe sembra aver notato che ci sono rimasto parecchio male –da quando mi ha tirato un pugno non ci siamo più parlati; io ho tentato di farlo, ma lui mi ha evitato come la peste– e mi appoggia una mano sulla spalla comprensiva.

 

“Gli passerà.”- mi dice sicura.

“Non credo.”- le rispondo avvilito. –“Mi odia.”

“Paul non ti odia.”- sospira. –“Sta cercando di capire come gestire la situazione.”

“Lo spero…”- mormoro affranto.

“Andrà tutto bene, conosco il mio pollo.”- mi sorride confortante.

 

Le rivolgo un sorriso ed entriamo tutti insieme sul set per andarci a preparare visto che ci sarà un crossover con The Originals per non so quale questione importante. Saluto i gemelli e Nina, poi mi dirigo nel mio camerino non prima di aver mandato un messaggio a Nikki dicendole che ho passato la notte da mia madre –che è tornata in città– e che oggi sono sul set e che ho un sacco da fare quindi non serve che venga. Sto mentendo spudoratamente, lo so, ma se sapesse quello che è realmente successo questa notte, anche se non abbiamo fatto nulla di male, e che ho passato la notte da Nina dormendo in divano con lei come minimo chiederebbe solo il divorzio, ma è stata sul serio una notte innocua. Finisco di prepararmi relativamente in fretta e invece di andare a salutare i gemelli, che sicuramente saranno insieme a Rachel da qualche parte con qualcuno, mi dirigo in camerino da Paul perché sento il bisogno di chiarire con lui, non voglio perderlo, è un fratello per me. Il nostro motto è sempre stato siamo fratelli, non importa se abbiamo il sangue diverso e a perderlo così non ci sto.

Busso due volte e quando sento avanti entro senza farmi troppi problemi. Quando Paul si accorge che effettivamente sono io non mi degna di uno sguardo e continua a sistemarsi i capelli e questo comincia a farmi innervosire perché vuol dire che non vuole parlare con me. Capisco il suo comportamento perché ho fatto del male a Nina, siamo sempre stati noi tre contro tutti, il fantastico trio, e so che ha sofferto vedendo Nina soffrire –così come ho fatto io– e sebbene apprezzi che lui le stia vicino è una cosa nostra, mia e di Nina, e non voglio perdere il nostro rapporto così per un dannato errore di cui mi pentirò per tutta la vita.

 

“Sono venuto per parlarti, Paul.”- inizio così, con la voce ferma.

“Non mi interessa.”- mi risponde glaciale. –“Non voglio parlare con te.”

“Allora sono io a voler parlare con te e se non vuoi ascoltarmi fa pure, ma io devo dirtelo e tu hai bisogno di sentirlo.”- gli dico. –“Mi dispiace per tutto quello che è successo in tutti questi anni, pensavo che avessimo recuperato un po’ il nostro rapporto.”

 

Paul non risponde e io continuo ancora più nervoso.

 

“Insomma, sembravamo ritornati quelli di una volta.”- continuo passandomi una mano tra i capelli. –“Io non sapevo nulla dei gemelli, te lo giuro. Quando li ho visti ho avuto più o meno la tua stessa reazione, forse ero un po’ più arrabbiato. Se l’avessi saputo non li avrei mai abbandonati, lo sai.”

Sei scappato, lontano da tutti.”- sussurra flebile voltandosi verso di me. –“Ero convinto di esserci passato sopra, ma avevo bisogno di mio fratello. Non sei venuto né al mio matrimonio e nemmeno alla nascita di Rachel e ho lasciato stare. Nina c’era, tu no.”

“Paul, sai che mi dispiace e non me lo perdonerò mai.”- gli rispondo. –“Ma tu non sei arrabbiato per questo.”

“Non sono arrabbiato Ian, sono deluso.”- mi dice duro. –“Di tutto quello che tu e Nina avete fatto. Nina si è confidata con me solo tempo fa e posso capirla, aveva paura che io la incolpassi e si vergognava di tutto e non doveva. Tu… Tu mi hai deluso per quello che le hai fatto. Ero convinto che ci tenessi a lei e l’hai abbandonata.”

 

Abbasso lo sguardo colpito e sentire le cose da una terza persona fa ancora più male. So di aver sbagliato e sentirmi accusare da Paul è come una pugnalata e so che ha ragione perché lui tiene a Nina sopra ogni cosa.

 

Ho dovuto farlo, Paul.”- gli rispondo incerto. –“Ma se avessi saputo dei gemelli non l’avrei mai fatto e tu questo lo sai bene.”

“Il problema non è questo… Dovevate finirla prima, tu dovevi chiuderla prima. Se volevi sposare Nikki perché continuavi ad andare da Nina?”- mi domanda serio. –“Se amassi veramente Nikki non saresti mai andato da Nina.”

 

Le sue parole mi colpiscono come un fulmine a ciel sereno e sono costretto a sorreggermi con l’aiuto del muro perché con tutte queste parole mi sta mandando in confusione.

 

Io amo mia moglie, Paul!”- affermo convinto al massimo.

“Questo lo so, Ian, lo so che la ami eppure… Eppure non hai mai dimenticato Nina e non puoi darmi torto.”- afferma.

“Che cosa?”- domando allibito. –“Io ho dimenticato Nina.”

“No, Ian.”- scuote la testa rassegnato. –“Ed è questo quello che mi fa più paura. Se l’avessi dimenticata non la guarderesti più così, pensi che non me ne sia accorto? Pensi che nessuno se ne sia accorto? Voglio solo che lei non soffra più e inevitabilmente con te continuerà sempre a farlo.”

“Io non voglio che soffra…”- mormoro.

“Allora impegnati per non farlo accadere.”- mi risponde e lo vedo anche sorridere. –“Falla vivere, ne ha bisogno.”

“Non le farò del male, Paul.”- ribatto.

“Se non smetterai di amarla gliene farai sempre e farai del male a te stesso.”- mi risponde.

“Io…”

 

Ma non so nemmeno cosa dire visto che le parole di Paul mi hanno messo con le spalle al muro.

Io amo ancora Nina? La amo ancora davvero?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                * * *

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io e Paul corriamo per i corridoi del set perché ci siamo appena accorti di aver perso troppo tempo a parlare a chiarirci invece di recarci subito alle riprese e siamo in ritardo di quindici minuti. Arriviamo nella sala 4 con il fiatone e dopo esserci guardati scoppiamo a ridere di gusto come non facevamo da tanto tempo. Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo alle prime stagioni dove perdevamo ore e ore a parlare sui nostri sogni e sul futuro per arrivare puntualmente in ritardo –anche se Nina non la batteva mai nessuno.

 

“Finalmente, credevamo vi avessero rapito gli alieni!”- ci sgrida Julie con le mani sui fianchi. –“Se dovevate parlare potevate farlo anche dopo.”

“Era urgente.”- diciamo io e Paul all’unisono e scoppiamo nuovamente a ridere di gusto contagiando anche il resto della crew.

“Bene, sono felice che siate entrambi felici, ma muovete il culo e mettetevi in posizione.”- ci ordina la nostra produttrice pronta a sgridarci di nuovo.

“Agli ordini.”- le dico solennemente.

 

Iniziamo così a girare e trascorriamo gran parte della mattinata a girare due scene e ogni tanto io e Paul ci troviamo a parlare di cose futili e posso notare lo sguardo orgoglioso di Julie mentre interagiamo così o quello di Nina felice nel vederci di nuovo così uniti.

Almeno parte della mia vita sembra essere tornata a posto e da qui in avanti mi impegnerò per far combaciare il tutto. Ci troviamo tutti insieme a pranzare mentre i gemelli sembrano troppo impegnati a giocare con Rachel –e sono così felice che abbiano legato così tanto con la bambina di Paul, anche se è praticamente impossibile non farlo visto che è adorabile.

 

“Tra due settimane andrà in onda la prima puntata, precisamente l’otto ottobre.”- ci avvisa Julie.

“Vero che ci troviamo tutti insieme come ogni volta?”- domanda Candice abbracciata a Nina. –“Mi mancano così tanto le nostre rimpatriate.”

“Se mi prometti di non partorire quella sera ci sto.”- interviene Trevino.

“Il bambino nascerà a dicembre, ignorante.”- sbuffa Candice facendo ridacchiare tutti.

“Allora va bene.”- afferma Michael convinto.

“Si, ma dove?”- domanda Kat.

“Potremmo fare a casa mia.”- interviene Nina guardando i gemelli. –“E’ grande e almeno non romperete più le scatole perché volete vederla.”

“Affare fatto Dobrev, tu si che hai iniziativa.”- le dice Michael scambiando un cinque con lei.

 

Dopo esserci messi d’accordo ritorniamo tutti a recitare e questa volta i gemelli vanno a giocare fuori con Candice e Phoebe visto che io e Nina oggi dobbiamo recuperare tantissimo lavoro arretrato.

Dopo sette ore di lavoro forzato, correndo da una scena all’altra senza mai fermarmi, posso dire di aver finito e avere finalmente tempo per tornare a respirare visto che da dopo pranzo non mi sono mai fermato e non ho fatto nemmeno in tempo a salutare nemmeno una volta i gemelli. Ho i capelli scompigliati al massimo e addio acconciatura del mio seguito di acconciatori, stilisti e altre professioni che nemmeno ricordo. Mi dirigo in camerino per cambiarmi almeno la maglietta e sciacquarmi il viso quando trovo la porta leggermente socchiusa ed inizio a preoccuparmi di questo: chi può essere a quest’ora qui?

Apro la porta con calma e qualcuno si fionda su di me buttandomi quasi a terra per la troppa irruenza messa in un abbraccio. Solo quando finalmente si accende la luce riconosco Robyn spalmata su di me e mia madre sul divanetto –e solo in questo preciso istante ricordo che sono arrivate anche loro qui e che ho detto io loro di andare a prendere Stefan e che era mio figlio e che avrei dato spiegazioni in qualche modo.

 

“Robyn… Mi… Mi stai… Soffocando.”- balbetto cercando di spostarla dal mio corpo.

 

Dopo due secondi si scansa lei da me e vedo la sua espressione parecchio arrabbiata. Che sia forse bipolare? Prima mi abbraccia e poi mi fissa come se volesse uccidermi, ma è un comportamento abbastanza normale da parte di mia sorella.

Mia madre invece mi sorride e i suoi occhi brillano e io non ne capisco il perché.

 

“Perché... Robyn perché tu hai quello sguardo assassino?”- domando e poi mi rivolgo a mia madre seduta placidamente sul divano. –“Perché sei felice?”

“E tu perché ci hai nascosto di avere due figli?”- mi domanda Robyn puntandomi il dito contro.

 

Oh, certo, ora  è tutto più chiaro. Mia madre ha sempre desiderato diventare nonna e ora lo è, mentre Robyn mi vuole uccidere per averglielo tenuto nascosto ma so che la mia sorellina è comunque felice di avere due nipoti di cui non ne sapeva nulla.

 

“E perché la mamma dei bambini è Nina?”- mi domanda ancora Robyn. –“Vi siete sposati in segreto a Las Vegas -e il tuo matrimonio quindi è una copertura- e noi non ne sappiamo nulla?”

“Siediti e vi spiego tutto.”- esalo ormai sconsolato e pronto a dire loro tutto quello che è successo.

 

 

 

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Buon inizio di settimana a tutte ed eccomi qui con un nuovo capitolo solo dopo praticamente due giorni, ma volevo farvi un regalo per le belle parole che mi avete detto e visto che ora ho più tempo libero, perché da fine agosto in poi -perché andrò in vacanza- il tempo stringe, potrei pubblicare anche ogni tre giorni se non ho troppi impegni, anche perché ho in mente così tante cose per questa storia e, siccome non voglio affrettare gli eventi, potrei darvi aggiornamenti lampo e credo che non dispiaccia a nessuno :) -almeno lo spero!

Dunque, passiamo al capitolo. Piaciuto il risveglio? Ian si perde ad osservare Nina per un po’ mentre quest’ultima, quando si sveglia, non si scosta da lui e non dice niente, anzi, rimane in quella posizione a godere delle braccia di Ian. C’è anche da dire che si era appena svegliata ed era intontita, ma infondo sono solo dettagli xD

I gemelli poi beccano i loro genitori teneramente abbracciati e si godono per un po’ lo spettacolo, ma alla fine vengono beccati con le mani sul sacco e Ian li prega di non dire niente a Nikki perché la situazione potrebbe apparire peggio del previsto. Finalmente vediamo il chiarimento tra Ian e Paul, penso che lo abbiate aspettato già da un po’, ed entrambi vogliono recuperare il rapporto che avevano prima -e ce la metteranno tutta- ma Paul fa riflettere Ian su alcune questioni importanti e lui capisce che, forse, ama ancora Nina e che i gemelli non centrino nulla sul sentimento che lui prova e più avanti, non troppo, vedremo ancora questi tipi di riflessione.

Ecco a voi mamma Somerhalder e Robyn che non avevo assolutamente dimenticato, ma ho lasciato spazio ad altre cose, ma nel prossimo capitolo vedremo anche loro ^^

Ringrazio le fantastiche 13 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo con bellissime parole che mi hanno veramente scaldato il cuore, grazie infinite <3

Alla prossima C:



Vi ricordo di passare alla mia nuova storia, The List, e magari lasciare qualche parere, sempre se vi va =)

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Capitolo 31
*** Grandmother and aunt. ***


                                              Grandmother and aunt.



Thirty-First Chapter.

Pov Ian.

Ho raccontato a mia madre e a mia sorella -che più volte mi ha interrotto durante il racconto facendo salire alle stelle la mia voglia di ucciderla- tutto quello che è successo da quando ho scoperto di avere due bambini e di come mi sia dimenticato di avvisarle tutte e due.

E’ vero, me ne sono dimenticato, ma ho prolungato il più a lungo possibile questo momento perché avevo paura che mi giudicassero entrambe ed è un po’ quello che sta succedendo. Mia madre è felice e non mi accusa al contrario di Robyn che se potesse mi prenderebbe a pugni all’istante.

 

“Ti rendi conto di quello che ci hai nascosto?”- mi accusa.

“L’ho fatto per evitare questo.”- le rispondo tagliente indicandola. -“Pensi che non ne sia rimasto sconvolto anche io?”

“Avremmo dovuto saperlo, Ian.”- mi dice irritata. -“Avrei dovuto sapere di avere due nipoti. Avrei dovuto saperlo da te, non dalla madre di Nina. Dovevo sapere di avere due nipoti subito e non quando quel povero bambino era in ospedale che poi… Non ho capito un granché di quello che è successo…”

“Ha mangiato un pezzo di torta con il glutine.”- le dico incrociando le braccia al petto mentre mia madre continua a guardare prima me e poi Robyn.

Genio, quello lo avevo capito!”- ribatte. -“Come? Sei celiaco anche tu se non te lo fossi dimenticato e avresti dovuto prestare più attenzione!”

“E’ stata una svista di Nikki, non capiterà più.”- le dico cercando di farla calmare.

 

Ma mia sorella evidentemente oggi ha deciso di torturarmi e di urlarmi contro e continua a lamentarsi, in modo particolare rimane confusa e arrabbiata sul fatto che Nikki non abbia prestato più attenzione con il bambino visto che anche io sono celiaco.

 

“Robyn, basta!”- interviene mia madre. -“Non capiterà più.”

 

E ora mia madre mi sorride e mi rassicura un po’ anche se posso percepire il fatto che sia rimasta delusa da me almeno un poco. Per averle nascosto di avere altri due nipoti e per tutto quello che è successo -mi riferisco al fatto di essere andato a letto con Nina perché sa perfettamente come si fanno due bambini.

 

“Scusa tua sorella, Ian. Ma siamo rimaste entrambe sconvolte.”- mi dice dolcemente posandomi un bacio sulla fronte. -“Non me l’aspettavo, tutto qui.”

“So che sei delusa da me.”- le dico puntualizzando e passandomi una mano tra i capelli.

 

Mia madre scuote la testa, ma so che è così. Non si aspettava questo comportamento da me quando io per lei sono sempre stato il figlio perfetto e tutto il disegno che si era costruita su di me è crollato e la capisco. Ha ragione su tutto perché ho messo incinta una donna e me ne sono andato -e in questo momento poco importa se lo sapevo o no perché, mentre dicevo di amare Nikki, andavo a letto con Nina e baciavo con amore lei.

 

“Magari lo pensi, ma non lo sono tesoro.”- mi dice sicura di se. -“Mi ci vorrà un po’ di tempo per abituarmi all’idea di avere altri due nipoti, ma amo già quei bambini anche se non ho ancora visto Joseph. Dimmi… E’ uguale a Stefan?”

“Sono parecchio simili, si.”- le dico sorridendo orgoglioso e mi dimentico perfino di tutta questa situazione parecchio strana e imbarazzante.

“Sono le tue fotocopie, Ian. E sono meravigliosi perché lo sarà anche Joseph.”- continua mia madre con amore. -“Sta bene il bambino vero?”

“Si, sta bene mamma, non preoccuparti.”- le dico rassicurandola.

 

Robyn si siede sulla mia sedia girevole davanti allo specchio poi si volta verso di me accavallando le gambe.

 

“Perché l’hai fatto, Ian?”- mi domanda e io rimango confuso non capendo a cosa si riferisce.

 

Si sta riferendo di nuovo al fatto di aver nascosto ad entrambe, e a mio fratello che non è qui, di avere due bambini o perché sono andato a letto con Nina?

Alla prima domanda saprei rispondere, l’ho già fatto come minimo due volte, mentre all’altra non so rispondere nemmeno io.

Perché sono andato a letto con Nina? Non lo so.

 

“Cosa?”- domando infatti.

“Perché hai tradito Nikki quando dicevi di amarla?”- mi domanda quasi curiosa. -“Perché è evidente che tu l’abbia tradita, non so se mi spiego.”

“Sai Robyn? Vorrei saperlo anche io.”- le rispondo sospirando.

“Vorrei avere una risposta più concreta.”- puntualizza.

“Risposta concreta?”- domando. -“Robyn… Non… Non lo so perché l’ho fatto, va bene? Io… Amavo e amo Nikki, altrimenti non l’avrei sposata, ma”

“Ma Nina è sempre stata nel tuo cuore ed evidentemente non se n’è ancora andata.”- interviene mia madre spiazzandomi.

 

Perché tutti mettono in dubbio ancora questo? E’ davvero così palese che io tenga ancora a Nina?

Tengo ancora a Nina? Io non riesco a darmi una risposta. Se l’ho lasciata andare e mi sono sposato vuol dire che l’ho dimenticata, ma negli ultimi anni qualche volta mi ritrovato ancora a pensare a lei e alla nostra storia e forse mia madre e Paul hanno ragione perché provo ancora qualcosa per Nina. Ma non capisco se è perché è la madre dei miei figli, e quindi le sono in qualche modo grato, o se la amo ancora. 

Quando sono con lei mi trovo bene, mi sento me stesso -e sembra tutto ritornato come prima, e mi dimentico perfino di tutti i problemi che mi circondano, che ci circondano- ed è da un po’ di tempo che con Nikki non mi capita più lo stesso perché siamo diventati improvvisamente più distanti e questa situazione c’è già prima di aver scoperto dei gemelli e non capisco che cosa vada storto. Andava tutto bene fino ad un po’ di tempo fa ed ora riusciamo ad andare d’accordo al massimo per due giorni e dopo c’è sempre qualcosa su cui litigare, anche per cavolate come vestiti sparsi in giro o il dentifricio lasciato aperto -cosa che con Nina non succedeva perché è più disordinata di me. Ma anche con Nikki prima non succedeva ed ora siamo sempre in costante disagio e nervosismo e non va avanti da poco, circa due anni o forse tre.

 

“Mamma, ho dimenticato Nina.”- provo ad insistere.

“Certo, si.”- mi dice canzonatoria. -“Allora perché ti sei subito rabbuiato quando te l’ho detto?”

“Possiamo smetterla di parlare di Nina?”- domando esasperato.

“Si, va bene.”- annuisce Robyn. -“Voglio vedere i miei nipoti, non vedo l’ora di conoscerli veramente!”

“Andiamo, voglio conoscerli anche io.”- la segue mia madre emozionata. -“E vedere anche Nina, è da tanto che non la vedo.”

 

E l’ultima frase la sussurra lo stesso emozionata e in trepidante attesa perché mia madre ha sempre adorato Nina sopra ogni cosa e l’ha sempre trattata come una figlia, mettendola alla pari di Robyn e quando è successo il tutto ci è stata malissimo, ma dopo l’ha accettato perché voleva vederci entrambi felici e so anche che lei e Michaela erano molto legate e credo che non vedano l’ora di passare un po’ di tempo insieme da sole e con i bambini.

E Nikki risentirà ancora di più la cosa perché io ho visto come trattava Nina e come tratta lei ed è un modo diverso. Tratta lo stesso bene Nikki e con rispetto, ma è più un rapporto tra suocera e nuora, invece con Nina era tutto diverso ed era come una seconda madre per lei. Questo mia moglie non lo sa e mi auguro che non lo venga mai a scoprire o a capire e la stessa cosa vale un po’ per Robyn e Robert: avevano legato tantissimo con Nina, ma era impossibile -è impossibile- non volerle bene.

Usciamo fuori dal mio camerino e ci incamminiamo per il corridoio alla ricerca dei miei figli perché penso che sia ora di presentare loro l’altra parte della mia famiglia e più avanti presenterò loro anche mio fratello e i miei nipoti.

Vedo Phoebe e Paul in lontananza e vado loro incontro per sapere dove sono i gemelli.

 

“Sapete dove sono i bambini?”- domando loro.

“Con Rachel.”- risponde Paul poi sorride a mia mamma e a mia sorella abbracciandole gioiosamente. -“Signore Somerhalder quale onore!”

“Paul caro…”- mormora mia mamma abbracciandolo di nuovo. -“Il figlio giudizioso che non ho mai avuto!”

“Mamma, io sono ancora qui!”- le ricordo e tutti gli altri scoppiano a ridere.

 

Andiamo insieme nella sala relax e probabilmente i gemelli, insieme a Rachel, staranno guardando qualche cartone della Disney. Entriamo in sala e li troviamo lì intendi a vedere l’ultima parte di Biancaneve e i sette nani e vedo Joseph che continua a lamentarsi sostenendo che è un cartone per le ‘femmine’ e voltare la testa disgustato quando il principe bacia Biancaneve e lei si sveglia. Sento mia madre e mia sorella mormorare emozionate dietro di me non appena vedono i bambini e anche un po’ preoccupate perché non sanno proprio come comportarsi con loro, ma sono sicuro che andrà tutto bene.

Molto meglio di come è andata con Nikki continuo a ripetermi.

Non appena i bambini si accorgono di noi ci vengono incontro e Rachel salta in braccio al padre che inizia a sbaciucchiarla.

 

“Noi andiamo, si è fatto tardi.”- ci avvisa Paul capendo il nostro attimo di intimità. -“Ci vediamo domani.”

 

Paul e Phoebe ci salutano e insieme a Rachel se ne vanno. Controllo in sala e vedo che Nina non c’è ed evidentemente sta finendo di girare qualche altra scena notturna visto l’ora tarda.

I bambini, dopo avermi abbracciato ed essersi lamentati di Biancaneve e che loro volevano un cartone da maschi, guardano mia madre e mia sorella incuriositi.

 

Papà, chi sono?”- mi domanda Stefan sottovoce.

“Volevo presentarvi delle persone importanti per me.”- dico loro e li prendo entrambi in braccio con non poche difficoltà.

“Hanno gli occhi come i nostri, papà!”- mi fa notare Stefan indicano sua nonna e sua zia.

 

Mia madre si scioglie completamente alla vista dei bambini e so che si sta trattenendo per non prenderli in braccio e coccolarli all’infinito. Ma tra poco potrà farlo, così come Robyn che ha gli occhi lucidi.

 

“Vedete, fanno parte della mia famiglia.”- spiego loro, poi indico prima mia madre e poi mia sorella. -“Loro sono la mia mamma e mia sorella.”

 

I bambini rimangono qualche attimo senza parole, poi mi fanno capire che vogliono scendere dalle mie braccia e si avvicinano a mia madre e a Robyn tranquillamente e molto meno nervosi rispetto a Nikki -ma cerco di convincermi che con lei lo sapevano già e riveste una figura diversa per loro.

 

“Io sono Joseph.”- si presenta uno.

“Io sono Stefan.”- si presenta l’altro.

“Io sono”

 

Mia madre viene anticipata da Stefan.

 

“La mamma di papà.”- le sorride Stefan, poi si rivolge a Robyn. -“E tu la sorella di papà.”

“Quindi voi…”- Joseph le guarda un po’ imbarazzato e mi fa sorridere questo suo comportamento poco spavaldo. -“Siete… Nostra nonna e nostra zia, giusto?”

“Si, noi… Si, lo siamo.”- balbetta Robyn emozionata.

 

Joseph e Stefan, senza dire altro, le abbracciano di slancio rendendo mia madre e Robyn completamente felici e anche confuse, ma loro sono così: se a loro una persona piace non si fanno problemi a fare amicizia con loro.

Mia madre e mia sorella scoppiano a piangere continuando ad abbracciare Joseph e Stefan che mi lanciano sguardi confusi e preoccupati.

 

“Noi… Non volevamo farvi piangere…”- mormora Stefan abbattuto.

 

Oh. Ma ad intervenire ci pensa mia mamma.

 

“No, non è colpa vostra!”- mia mamma questa volta abbraccia entrambi tenendoli stretti a se. -“Siamo felicissime di avervi conosciuto. Noi… Oh… Siamo così felici!”

“Ti assomigliano un sacco.”- ci interrompe Robyn. -“Dio, sono le tue fotocopie! Oh, certo, assomigliano anche a Nina, forse il naso. Si, sicuramente, e anche la fronte!”

“Hai ragione, sicuramente il naso. E poi anche il taglio degli occhi anche se gli occhi sono i tuoi Ian!”- continua mia madre mentre Stefan e Joseph le guardano confusi.

“Mamma, Robyn, li state spaventando…”- faccio notare loro.

 

Mia madre e Robyn si scusano con i gemelli e continuano a coccolarli ancora facendo loro tante domande e raccontano loro chissà che cosa mentre io li osservo e vedo che sono felici di tutte quelle attenzioni.

La porta alle mie spalle si apre e mi volto vedendo Nina visibilmente stanca e spossata e sicuramente è alla ricerca dei gemelli. Si blocca all’istante quando riconosce mia madre e Robyn che conversano tranquillamente con i gemelli sedute sul tappeto e in un primo momento non si accorgono di lei.

 

“Momento sbagliato, credo…”- mormora imbarazzata mordendosi il labbro inferiore.

“Non credo, sono appena arrivate.”- le sussurro all’orecchio continuando a guardare i gemelli che stanno facendo ridacchiare mia madre e mia sorella. -“E i gemelli le hanno subito accettate.”

“Non avevo dubbi.”- mi risponde. -“Credi che mi odino?”

“Per cosa?”- le domando.

“Per i bambini.”- mi risponde abbassando lo sguardo e torturandosi le mani.

“Non ti odiano, sono rimaste abbastanza sorprese su beh… Che io a te andavamo ancora a letto insieme…”- le dico a fil di voce.

“Oh… Si… Beh…”- balbetta imbarazzata con le guance rosse.

 

Ridacchio piano, ma ormai è troppo tardi perché i bambini si sono accorti di Nina, e come ogni volta, corrono ad abbracciarla e rischiano quasi di soffocarla. La amano sopra ogni cosa e non perché siano stati più tempo con lei, forse un po’, ma pendono proprio dalle sue labbra.

Finalmente si voltano anche mia madre e Robyn e non appena vedono Nina si scambiano uno sguardo fugace poi sorridono e ci pensano i gemelli a fare le dovute presentazioni -anche se sappiamo tutti, tranne loro, che tutti qui si conoscono già.

 

“Mamma, loro sono la mamma e la sorella di papà!”- dicono insieme eccitati all’idea che Nina possa conoscerle.

“Noi… Ci conosciamo già.”- spiega loro Nina guardando prima mia madre e poi Robyn un po’ in soggezione.

 

Ma mia madre e Robyn non sono qui per rinfacciarle qualcosa o metterla con le spalle contro il muro, ma sono qui per salutarla dopo tanto tempo e questo Nina sembra non averlo capito perché continua a torturarsi l’interno della guancia e da un momento all’altro potrebbe scoppiare, ma ci pensano loro a sistemare tutto visto che dopo un secondo stanno già abbracciando Nina tutte e due dicendole quanto le sia mancata e di come non deve sentirsi in colpa perché io ho spiegato loro tutto e anzi continuano a scusarsi per aver tagliato i contatti con lei, ma lì è colpa mia perché ho voluto io così.

Promettono a Nina di passare a trovarla qualche volta e le chiedono se possono uscire insieme ai gemelli qualche giorno e ovviamente Nina dice loro che va bene e che è loro diritto dopotutto.

Mia madre e Robyn mi salutano entrambi con un bacio sulla guancia e quest’ultima, prima di uscire, mi sussurra all’orecchio: “Non combinare danni, trattala bene.

 

“Mamma, ho sonno…”- si lamenta Stefan.

“Anche io…”- continua Joseph.

“Andiamo a casa allora che sono anche io stanchissima.”- dice loro dando un bacio ad entrambi sulla fronte. -“Ian, vieni con noi? Hai la macchina a casa nostra.”

“Si, certo.”- rispondo.

 












 

                                                      * * *












 

 

Ho aiutato Nina a lavare e a vestire i gemelli, poi li abbiamo messi a letto e dopo un po’ di resistenza si sono addormentati.

Vedo Nina sbadigliare e quasi trascinarsi invece di camminare e decido di lasciarla sola così può riposarsi tranquillamente invece di avermi tra i piedi, poi è giusto che io ritorni a casa da Nikki e credo che ci farà bene passare un po’ di tempo insieme.

 

“Nina, io vado.”- l’avviso afferrando la giacca in pelle.

“Ian?”- mi richiama prima che mi richiudi la porta alle spalle. -“I gemelli dopodomani inizieranno la scuola e credo che dovremmo risolvere la faccenda del cognome presto. Potrebbero esserci problemi in futuro.”

“Ho già accennato qualcosa all’avvocato, sai, quello di cui ti ho parlato. Il suo studio è poco fuori Atlanta e non corriamo il rischio di essere visti da qualcuno. Ti andrebbe bene domani? Certo, per le carte ci vorrà del tempo, ma almeno è già un inizio.”- le spiego.

“Certo, va bene.”- mi dice. -“Allora quando finiamo andiamo.”

 

Annuisco e dopo averla salutata mi dirigo verso casa.

 

 

 

 

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Eccomi qui, come promesso dopo soli tre giorni ^^

Sono veramente felice di come stia procedendo la storia e quando l’ho pubblicata, tempo fa, non avrei mai detto che avrebbe riscosso così tanto successo da arrivare sul podio delle storie più seguite, e continuate ancora ad aggiungerla tra le preferite e di questo non posso non esserne felice, quindi, grazie <3

Sono arrivata a scrivere fino al capitolo 38, circa, e la storia arriverà fino al 42 circa (capitolo in più, capitolo in meno!), ma dopo ho una piccola sorpresa per voi quindi non vi libererete tanto preso di me :)

Come alcune di voi volevano da tempo ecco chiarita la situazione tra la madre e la sorella di Ian con Ian stesso e con i gemelli. Per Ian è stata una situazione parecchio imbarazzante e credo che lo sarebbe per chiunque; a quanto pare mamma Dobrev e Paul si sono messe d’accordo e la prima insinua ancora dubbi sulla mente di Ian con il capitolo Nina.

I gemelli hanno accettato subito la famiglia di Ian perché per i bambini è un po’ così: se le persone piacciono a pelle ci vanno subito d’accordo e se non piaci a un bambino sei tagliato fuori. Almeno per tutti i bambini che conosco è sempre stato così :’)

Non so che reazione vi sareste aspettate da parte di Edna e Robyn su Nina, ma sono loro che si sono allontanate e come Nina non ha potuto contattare Ian non ha potuto farlo nemmeno con loro. Loro due invece sono felicissime di vedere Nina per la quale hanno sempre avuto un amore maggiore di Nikki, ma che comunque hanno sempre rispettato.

Ringrazio le fantastiche ragazze che ogni volta mi lasciano un commento, come sempre siete dolcissime <3

Ci vediamo domenica se tutto va bene, alla prossima!

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Capitolo 32
*** First day of school. ***


                                             First day of school.




Thirty- Second Chapter.

Pov Nina.

Ian se n’è appena andato a approfitto della calma che regna in casa per andarmi a fare una doccia. Ci metto circa mezz’ora e dopo scendo in cucina per scaldarmi un po’ di latte e mangiucchio qualche biscotto, quando mi ricordo di Eric e che io ho ancora la sua giacca.

Afferro il telefono e noto con orrore che sono già le 11.52 p.m, ma mi ricordo che mi ha detto che ogni tanto fa le ore piccole per sistemare tutte le carte e spero proprio che questa sera sia effettivamente così e decido di tentare.

Al secondo squillo sento la sua voce e sorrido, poi mi siedo sul divano.

 

-Ciao Eric, sono Nina.- gli dico.

-Nina, ciao. Non credevo fossi ancora sveglia.- mi dice felice.

-Ho finito tardi sul set.- gli rispondo. -Per caso ti ho svegliato?-

-No, assolutamente. Stavo finendo di sistemare le ultime carte per un appartamento per domani.- mi spiega.

-Io ho ancora la tua giacca e volevo dirti che mi dispiace per come è andato a finire l’appuntamento l’altro giorno.- mi scuso.

-Non preoccuparti Nina, non è stata assolutamente colpa tua, ma il piccolo Joseph è stato male ed è giusto che tu fossi lì con lui. Per la giacca sai che non importa o è un pretesto per invitarmi a cena?- mi domanda ridacchiando.

 

Rido anche io e fisso la giacca appoggiata accanto a me.

 

-Può essere. Credo che dovrei farmi perdonare.- gli dico.

-Se sai cucinare allora va bene.- ammicca.

-Non sono molto brava a cucinare, però posso metterti a disposizione la cucina.- gli dico ridacchiando.

-Quindi io dovrei cucinare nella tua cucina?- mi domanda.

-Non è male come idea.- dico.

-Credo che sia ottima.- mi risponde e posso giurare di averlo sentito sorride.

-Facciamo dopodomani? Domani ho un impegno, sono libera solo mercoledì e i gemelli devono passare la serata con loro padre.- gli spiego.

-Accetto.- mi risponde.

 

Parliamo ancora per qualche minuto, poi ci salutiamo con la promessa di vederci mercoledì e decido, finalmente, di andare in camera mia e di mettermi a dormire.

 











 

                                                     * * *











 

 

Io e Ian siamo in viaggio verso lo studio legale del suo amico per cominciare ad ufficializzare il fatto che i gemelli siano anche i suoi figli e sono contenta di questo almeno anche loro, come tutti i bambini, avranno il cognome del padre e un po’ mi dispiace che non ci sia più il mio, ma è giusto così infondo.

Il problema che mi sta affliggendo da un po’ di tempo è un altro: cosa succederebbe se si venisse a scoprire la verità?

Come reagirebbe tutto il mondo a questa notizia? Sarebbe lo scoop del secolo e già mi immagino i titoli in prima pagina: Ian Somerhalder e Nina Dobrev hanno due figli, ma lui è sposato con un’altra oppure Nikki Reed tradita dal marito che ha avuto due figli con l’ex co-star e tanto altro ancora.

La preoccupazione non è solo per me, ma per i bambini e come la cosa potrebbe andare loro contro e non voglio che niente e nessuno faccia loro del male.

 

“A cosa stai pensando?”- mi interrompe Ian.

 

Vorrei dire niente, ma è inutile che gli nasconda una cosa di così vitale importanza, non avrebbe senso perché riguarda anche lui.

 

“Ian, cosa faremo se i paparazzi e il resto del mondo scoprissero che abbiamo due figli?”- gli domando e vedo Ian improvvisamente farsi più serio e nervoso.

 

Rimaniamo in silenzio per qualche attimo, poi decido di parlare ancora.

 

“Non dirmi che non ci avevi pensato, ti prego.”- lo supplico quasi. -“E’ una cosa importante.”

“Va bene, non ci avevo pensato.”- mi risponde titubante. -“Ma non lo scopriranno!”

“Stiamo per dare il tuo cognome ai bambini, se qualche notizia trapelasse, se”

 

Ian blocca il mio fluire di parole e intanto svolta a destra tranquillamente.

 

“Questo è un mio amico fidato, non uscirà nulla dal suo studio.”- mi dice poi parcheggia l’auto. Blocca la mia mano prima che io possa scendere e mi obbliga a guardarlo negli occhi. -“Ti fidi di me?”

 

No. Si. Non lo so.

Mi fido di Ian? Ne ha combinate così tante che la risposta immediata sarebbe un gran bel secco no, però sta cercando di dimostrarmi che è cambiato e che tiene ai gemelli e che ci tiene anche ad avere un qualche rapporto con me, sull’essere amici.

Annuisco solo e lui mi sorride.

 

“Nessun paparazzo o fan saprà nulla. Nemmeno Obama verrà a saperlo, te lo giuro.”- mi dice solenne.

“Molto rassicurante.”- gli dico roteando gli occhi al cielo. Scendo dalla macchina sotto lo sguardo sbigottito di Ian, poi parlo ancora. -“Comunque non penso che ad Obama interessi che io e te abbiamo due figli.”

 

Ian scoppia a ridere dietro di me ed insieme ci incamminiamo verso lo studio legale di questo suo fidato collaboratore.

Sono un insieme di studi legali all’interno di un palazzo in stile antico e Ian mi conduce in quello del suo amico. Non appena entriamo un uomo, sulla cinquantina, si alza dalla poltrona in pelle nera e ci viene incontro e sorride ad  entrambi, poi abbraccia Ian come se non si vedessero da una vita.

Si rivolge a me e io gli porgo la mano imbarazzata.

 

“Lei dovrebbe essere la signorina Dobrev, giusto?”- mi domanda sorridendo.

“Si, sono io.”- gli rispondo ricambiando il sorriso.

“Il signor Somerhalder mi ha spiegato tutta la situazione e ho già preparato i documenti.”- mi dice, poi ci indica le sedie. -“Ma prego, accomodatevi.”

 

Io e Ian ci accomodiamo sulle sedie mentre l’avvocato tira fuori dalla valigetta le carte per il cognome. Ci spiega in breve quello che comporta questa scelta e i diritti che avrà anche Ian, poi mi spiega anche i miei.

 

“Quello che manca sostanzialmente sono i giorni. In questi casi si stabilisce quanti giorni i bambini stanno con la madre e quanti con il padre.”- ci spiega l’avvocato.

 

Prima che possa intervenire ha già parlato Ian.

 

“I bambini rimarranno con la madre, Nina. Siamo d’accordo entrambi perché sappiamo che i bambini avranno sicuramente problemi con i cambiamenti e non vogliamo stravolgerli più di quanto non abbiamo già fatto.”- spiega Ian in poche parole e mi sorride.

“Perfetto. E’ la prima volta che incontro dei genitori con questa idea.”- ci dice. -“Molti lottano per avere di più i bambini e penso che… Quei due bambini siano molto fortunati ad avervi così affiatati e d’accordo con le decisioni dell’altro.”

 

Io e Ian ci guardiamo un attimo imbarazzati, ma ci pensa l’avvocato a toglierci dall’imbarazzo porgendoci delle carte da firmare. Prima firmo io, poi Ian e passiamo circa cinque minuti a firmare tutte le varie scartoffie, poi l’avvocato ce ne porge altre.

 

“Queste sono delle copie che dovete tenere nel caso incombessero problemi, ma sicuramente non ce ne saranno. Ora è tutto apposto, i bambini sono ufficialmente dei Somerhalder a tutti gli effetti. A giorni manderò un e-mail a Ian con le ultime pratiche.”- ci dice l’avvocato mentre noi ci alziamo.

“Grazie mille.”- porgo la mano all’uomo. -“Davvero.”

“Si figuri.”- mi dice, poi si rivolge ad entrambi. -“Sono felice che abbiate chiarito.”

 

Ian saluta un’ultima volta il suo amico, poi ci dirigiamo fuori dallo studio e saliamo in macchina diretti verso lo studio visto che dobbiamo finire di girare qualche altra scena -i gemelli oggi sono con la mamma e la sorella di Ian perché volevano conoscersi.

 

“Sono felice che si sia risolto tutto.”- esordisco continuando a guardare la strada.

“Anche io.”- mi dice guardandomi per qualche attimo poi riporta gli occhi sulla strada. -“E ti ringrazio.”

“Sono anche figli tuoi, ed è giusto così.”- gli dico.

“Grazie per tutto. Insomma… Mi hai fatto il regalo più bello di tutta la mia vita. Due bambini… Io… Ho sempre voluto dei bambini e ora… Mi sembra quasi un sogno.”- mi dice.

 

E vedo i suoi occhi brillare di gioia e di amore mentre pensa a Joseph e a Stefan e di come, effettivamente, siano i suoi figli.

Ho sempre saputo che Ian voleva una famiglia, dei bambini, ma io in quel momento, quando ci siamo lasciati, non ero pronta a dargli quello che voleva e se solo avesse aspettato qualche anno ce l’avrei fatta. Nemmeno quando ho scoperto di essere incinta ero pronta, ma non avrei mai potuto uccidere un bambino, mio figlio, quindi sono maturata nel corso del tempo anche grazie ai gemelli e tutto quello che comporta essere mamma perché penso che non sia affatto facile. E ora non potrei nemmeno immaginare una vita senza i miei bambini perché li amo sopra ogni cosa.

 

“Sono capitati per caso… Capisci cosa intendo, no?”- gli domando e lo vedo annuire. -“Quindi non mi devi ringraziare.”

“Con Nikki sta andando tutto a rotoli…”

 

Esordisce così senza una connessione logica e lo vedo stringere il volante. Vorrei dirgli che a me della sua vita privata non interessa nulla, che sono contenta che sia felice -anche se non ne sono sicura fino in fondo- ma posso percepire che lui abbia bisogno di parlare con qualcuno, di raccontare qualcosa a qualcuno e quel qualcuno sono io e un po’ mi sorprende il fatto che si voglia confidare con me.

Io sono la sua ex, dopotutto. Di questo fatto, però, me lo avevano accennato Paul, Candice e anche Kath un po’ di tempo fa e a me era sembrato impossibile visto che sembravano una coppia perfetta.

Decido comunque di non interromperlo e lascio che si sfoghi.

 

“Non ci capiamo più come una volta.”- continua. -“Prima sembrava andasse tutto bene, l’amavo si, ma ora… Abbiamo provato ad avere un bambino, ma poi mi sono stufato e… Sai quanto ami i bambini e potrebbe sembrarti una cosa impossibile, lo è stato anche per me, ma non volevo che mio figlio nascesse in una situazione un po’ scomoda. Litighiamo in continuazione e non ci capiamo più, ma io sto cercando di recuperare…”

 

Si blocca per qualche istante continuando a guidare, poi riprende il suo monologo.

 

“E’ pur sempre mia moglie, ma è come se non lo fosse più. Da quando le ho detto dei gemelli poi la situazione è peggiorata… Non per la storia di Joseph, non l’ho incolpata, ma credo… Credo che questa situazione le stia scomoda, ma sono pur sempre i miei figli, le due cose più importanti della mia vita. Vorrei che tutto tornasse come prima, che tutto si sistemasse, ma è come se ci fossimo stufati entrambi dell’altro. Forse… Forse lo abbiamo fatto subito dopo il matrimonio…”- termina.

 

E la cosa mi lascia a bocca aperta perché non sapevo tutte queste cose e penso che non le abbia mai dette a nessuno. Si è completamente aperto con me esponendomi i problemi della sua vita e mi fa tremendamente pena perché posso vederlo tormentato e in lotta con se stesso alla ricerca della strada giusta. Forse hanno bisogno di una pausa, entrambi, ma decido comunque di non dirglielo perché non è né mio diritto e né mio dovere intromettermi.

 

“Mi dispiace, non pensavo… Non pensavo che aveste questi problemi…”- mormoro.

“Dispiace anche a me.”- mi dice solo, ma posso vedere il suo sguardo ferito e turbato.

 











 

                                                     * * *











 

 

Il giorno dopo.

 

“Mamma, non trovo più le scarpe!”- urla Joseph dal piano di sopra mentre io sto finendo di preparare le cartelle.

“Dovrebbero essere”- mi blocco per capire cosa stia facendo Ian e mi rivolgo direttamente a lui. -“… Potresti andare ad aiutare Joseph?”

 

Lo vedo troppo impegnato con la cerniera del giubbotto di Stefan e con il cappellino di lana nell’altra mano quindi decido di andare io da Joseph.

Quarantadue minuti dopo siamo in macchina diretti verso la scuola elementare e i gemelli continuano a parlare di come siano felici dell’inizio della scuola, ma so che quando ritorneranno a casa sarà tutto diverso e ridacchio leggermente ricordando che qualche giorno fa non ci volevano andare.

 

“Quando avete finito verrà la nonna a prendervi.”- dico loro. -“Io e vostro padre siamo al lavoro.”

“Quale nonna?”- domanda giustamente Stefan.

“Entrambe.”- risponde Ian per me. -“Dopo vi porteranno a prendere una cioccolata calda.”

 

Credo che mia madre si sia messa d’accordo con quella di Ian a questo punto perché da quello che ne sapevo io doveva andare solo la mia, ma glielo chiederò più tardi.

 

“Ma io voglio il gelato!”- ribatte Stefan.

“Amore, credo che stia cominciando a fare freddo per il gelato.”- gli dico sospirando nel vedere che siamo già arrivati davanti alla scuola.

 

E mentre gli accompagniamo all’entrata per portarli nella loro nuova qualche, che è la I° D i miei occhi iniziano a farsi lucidi e il mio cuore diventare un po’ più pesante nel vedere come i miei bambini siano già cresciuti e pronti per iniziare una nuova fase della loro vita.

Certo, da piccoli sono andati all’asilo, ma qui è diverso e più traumatico. Quando i bambini capiscono che quella è la loro classe si battono il cinque entusiasti sotto lo sguardo stupito di Ian e quello più triste mio.

 

“Siamo nella classe D!”- esulta Stefan.

D come Damon papà!”- conclude Joseph.

 

Io e Ian ci guardiamo e sorridiamo, poi una signora di circa trent’anni, forse qualche di più, esce dalla classe dove ci sono abbastanza bambini e ci sorride.

Prego con tutto il cuore che non ci abbia riconosciuto e spero che guardi qualche altro show tipo The Games Of Throne e non il nostro.

 

“Buongiorno.”- ci saluta cordialmente tutti e quattro e a pelle questa donna mi sta simpatica, spero solo non faccia troppe domande. Si rivolge ai bambini abbassandosi alla loro altezza. -“Voi siete?”

“Stefan.”- risponde il diretto interessato.

“Joseph.”- risponde l’altro.

Somerhalder.”- interveniamo io e Ian.

 

Abbiamo spiegato a grandi linee la storia del cognome ai bambini e di come anche loro padre volesse dare un “nome” anche a loro e ne sono stati entusiasti, forse fin troppo, e non si sono fatti nessun tipo di problema.

 

“Certo, si. Allora siete nella classe giusta.”- sorride loro. -“Potete sedervi pure dove volete, mancano ancora alcuni bambini.”

 

I bambini, non preoccupandosi del nostro stato d’animo -perché riesco a percepire che anche Ian si stia angustiando- ci salutano con la mano e corrono subito da altri bambini e sono felice che in questo momento sembrino così aperti a socializzare.

 

“Se… Se succedesse qualcosa chiamateci!”- dico alla maestra con la voce tremolante.

 

Lei, accorgendosi del mio stato d’animo, mi sorride rassicurante.

 

“Non si preoccupi signora. I bambini staranno bene ed è sempre difficile staccarsi da loro per i primi giorni di scuola, ma sono sicura che si divertiranno.”- mi dice infine.

“Lo spero.”- le rispondo angosciata.

 

Rimaniamo per qualche attimo ancora a guardare i bambini, mentre la maestra è già andata in classe, e mi accorgo di star piangendo quando Ian mi asciuga una lacrima con un dito.
 

“Nina?”- mi chiama preoccupato. -“Che cosa c’è?”

“Loro… Sono cresciuti così tanto.”- mormoro tra le lacrime.
 

Sono lacrime di un po’ di gioia e malinconia e altri mix di emozioni che ora non so proprio spiegare.

Ian mi abbraccia con leggerezza e mi dice che non devo dispiacermi per loro, che staranno bene, ma anche lui ha gli occhi lucidi nel vedere i bambini al loro primo giorno di scuola e se fossi stata da sola molto probabilmente sarai scoppiata letteralmente a piangere sul serio.

 

“Staranno bene, vedrai.”- mi accarezza un braccio. -“Ora credo sia meglio andare, faremo tardi.”

 

Annuisco e andiamo fuori dalla scuola per dirigerci sul set.




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Eccomi qui, puntuale come al solito ^^
E' un capitolo un po' particolare perchè è successo un po' di tutto e, forse, è uno dei capitoli più corposi che abbia mai scritto.
Per prima cosa abbiamo Nina ed Eric che si sono dati di nuovo appuntamento, questa volta a casa di Nina, e nel prossimo capitolo li vedremo interagire ancora, poi starà a voi dire se vi piacerà o meno :)
Poi abbiamo la questione dell'avvocato che si è risolta nel migliore dei modi, era un amico di Ian, quindi ha fatto tutto il più discretamente possibile senza far trapelare nulla, come giusto che sia. Sinceramente non so come si svolgono queste faccende burocratiche, non è assolutamente un mio campo, ma spero di non aver scritto nessun strafalcione o aver trattato tutto con superficialità.
Abbiamo il primo giorno di scuola del gemelli -la scuola è privata, quindi nessuna informazione fuoriesce da lì- e mentre i bambini ne sono entusiasti, Nina è leggermente disperata nel vedere come sono cresciuti i suoi bambini, e anche Ian lo è, ma non lo da a vedere. Credo che per ogni madre sia difficile vedere i propri figli iniziare a crescere e frequentare scuole sempre più impegnative, spero di non aver reso niente ridicolo ^^
Ian poi si apre con Nina e spero siate d'accordo con me sul fatto che lei non possa sbilanciarsi più di tanto, in quanto ex, madre dei suoi figli e donna. Non può mettere i bastoni sulle ruote a Ian, anche se è lui a dirle di non stare più bene, ma è comunque dispiaciuta.
Ringrazio le nove ragazze per le recensioni che mi hanno lasciato, mi riempite ogni volta di gioia *__*
Ci vediamo con il prossimo capitolo mercoledì 5 agosto!

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Capitolo 33
*** Don't worry, be happy. ***


                                    Don't worry, be happy.



Thirty-Third Chapter.

Pov Nina.

I gemelli mi hanno appena chiamata per raccontarmi la loro giornata scolastica e non ho capito molto visto che continuavano a parlare uno sopra l’altro, ma ho continuato a sorridere per tutto il tempo sentendo quanto fossero felici, anche se ci sono già state delle lamentele -soprattutto per l’orario in cui devono alzarsi e per i compiti che molto probabilmente hanno già cominciato a dare.

Ma, a parte questo, sono felice che in qualche modo questo loro primo giorno sia andato bene e mi hanno anche detto di essere entusiasti di andare con Ian questa sera perché li porterà al Luna Park, mentre io ho un appuntamento con Eric, anche se è più una cena in compagnia, penso. Si, insomma, non usciamo fuori a cena, ma comunque è lo stesso una cena e… Non so nemmeno io cosa pensare. Sono solo un po’ agitata, ecco. Lui sembra realmente interessato a me e io lo sono a lui e poi ci sto bene veramente e mi fa sentire tranquilla e felice, anche se un po’ di agitazione c’è sempre.

Non uscivo con un uomo da un po’ -tanto- tempo e mi fa uno strano effetto, ma credo che essere nervosa non risolvi nulla.

 

“Nina, ci sei?”- sento una voce chiamarmi e mi volto.

 

Candice mi fissa leggermente preoccupata mentre si siede accanto a me nel divanetto del mio camerino. Quando è entrata? Io non ho sentito entrare nessuno.

 

“Ho bussato due volte e non hai risposto, mi stavo preoccupando, Paul mi ha detto che eri qui.”- mi dice e io mi volto verso di lei. -“Stai bene?”

“Si, sto bene.”- le rispondo.

“Non sembra, insomma… Fisicamente si, ma mentalmente sei da un’altra parte. E’ successo qualcosa con Ian?”- mi domanda.

 

Con Ian va anche fin troppo bene sinceramente. Non litighiamo più, forse è per la tregua, con i gemelli non ha più fatto danni e si sta comportando da padre perfetto.

Non è Ian il problema, sono io.

 

“No, con Ian va tutto a gonfie vele.”- le dico sincera e lei mi fissa accigliata. -“Can, davvero, non potrebbe andare meglio.”

“E allora cosa c’è che ti preoccupa? Edna e Robyn sono arrabbiate?”- mi domanda ancora.

 

No, neanche loro sono il problema, hanno accettato la situazione fin troppo bene e sono convinte che la colpa sia loro, nonostante io più volte abbia detto che in parte -perché lo è- sia anche colpa mia.

 

“No, con loro va bene e i gemelli adorano la loro nuova famiglia.”- le spiego.

“E allora qual’è il problema?”- mi domanda sinceramente preoccupata.

“Pensi…”- sospiro indecisa se continuare. -“Pensi che se io uscissi con qualcuno i gemelli se la prenderebbero?”

 

Candice sgrana gli occhi e un sorriso malizioso spunta sulle sue labbra mentre si sistema meglio sul divano, complice il suo pancione di otto mesi circa.

 

“Ti vedi con qualcuno?”- urla.

 

Le faccio segno di abbassare la voce, perché non voglio che la notizia per ora si diffonda, ed annuisco piano. Le braccia di Candice mi avvolgono presto e la sento sorridere sulla mia spalla felice.

 

“Ma è fantastico Nina!”- mi dice allegra. -“Hai diritto di farti una vita anche tu.”

“Lo so è che… Vedi, la situazione è complicata con Ian e i gemelli e io… Sai, hanno incontrato Nikki”- Candice mi rivolge uno sguardo schifato. -“e non sembrano apprezzarla molto e ho paura che la stessa cosa possa capitare con lui e che in qualche modo mi odiassero.”

“Nina, i bambini hanno quasi sette anni e capiranno sicuramente se vuoi provare a stare con qualcuno.”- mi dice seria e convinta. -“Hai quasi trentaquattro anni ed è giusto così. Sai quante coppie ci sono che non hanno figli propri?”

“Ho paura di stravolgere i bambini.”- ammetto abbassando lo sguardo.

“Quando ti vedranno felice capiranno quello che è meglio per te. Hanno quasi sette anni e non sono stupidi, anzi, sono i bambini più intelligenti che abbia mai conosciuto e poi… Sono loro. Ti amano in un modo incondizionato e accetteranno qualsiasi cosa. Ma dimmi… Lo sanno?”- mi domanda.

“Sanno chi è, si. L’hanno visto due volte e beh… Sono andati subito d’accordo e lui è stato bravo con loro, davvero.”- ammetto e le mie guance si colorano di rosso.

 

Candice scoppia a ridere di gusto vedendomi così imbarazzata e io la fulmino con lo sguardo.

 

“E lui com’è?”- mi domanda curiosa.

“E’ bello, veramente.”- ammetto. -“Ha gli occhi azzurri e i capelli castano-chiari, più sul biondo. E’ alto, atletico, e simpatico. Non è affatto invadente, mi lascia i miei spazi. Quando ha visto i gemelli ha instaurato un certo legame e sai quanto loro possano essere timidi con chi non conoscono, eppure con lui hanno legato subito. E mi piace. Sa farmi stare bene e mi sento tranquilla quando sto con lui. Non mi capitava da tempo, ecco.”

 

Candice mi rivolge uno sguardo strano, uno di quelli che fanno intendere tante cose e che hanno capito già tutto.

 

“Ti piace, Nina, e si vede. In più che i gemelli siano tranquilli e parlino con lui è già una bella cosa, no?”- mi dice e io annuisco. -“Provaci e sono sicura che andrà bene. Devi farti una vita anche tu, Ian l’ha già fatto.”

“A proposito di Ian, lui… Mi ha raccontato di avere alcuni problemi con Nikki e non l’ho mai visto così abbattuto…”- mormoro leggermente preoccupata.

“Nina, quelli sono problemi suoi e non tuoi. E’ sua moglie, non la tua, quindi deve risolverseli da solo. Ha scelto lui, quindi affari suoi. Non fraintendermi, sai che voglio bene a Ian come ad un fratello, ma ha fatto determinate scelte e deve prendersene i pregi e i difetti, non sei un consulente di coppia.”- mi dice.

“Hai ragione, questo non spetta a me.”- le dico sorridendo finalmente. Mi ha fatto bene parlare con lei. -“Devo vivere la mia vita e lo farò.”

“Ora riconosco la mia Nina!”- esclama felice abbracciandomi di nuovo in poco tempo, poi si stacca da me. -“Ma siete già usciti? Forza, racconta!”

“Lui… Siamo usciti a bere qualcosa, poi mi ha invitato a cena.”- sorrido ricordando quei giorni. Candice spalanca la bocca e mi fissa euforica, quindi io decido di continuare. -“Siamo usciti ed abbiamo passato una bella serata, davvero. Ma poi sono dovuta correre in ospedale da Joseph.”

“E?”- mi invita a continuare. -“Da come mi guardi c’è sotto dell’altro. Forza, racconta.”

“Usciamo anche questa sera.”- prima che possa dire qualcosa la blocco. -“Non è proprio un’uscita, perché verrà a casa mia. Lui cucina.”

“Qui la cosa si fa interessante!”- mi fissa maliziosa ed io arrossisco di nuovo. -“Come ti vestirai?”

“Ecco, io… Non lo so, rimaniamo a casa, quindi-”

 

Candice mi blocca prima che io possa continuare a parlare e si alza scrutandomi seria. Incrocia le braccia al petto e mi fissa pensierosa.

 

“Lui certamente non verrà in pantaloncini corti, quindi ci vuole qualcosa di elegante…”- mormora pensierosa.

“E’ logico Can, siamo ad ottobre in pratica!”- le faccio notare.

“Non fare la stupida, hai capito quello che intendo!”- mi rimbecca portandosi una mano sul mento. -“Verrà vestito elegante e dovresti esserlo anche tu. Quindi credo proprio che ti darò una mano.”











 

 

 

                                                         * * *













 

 

Siamo a casa da un’ora e Candice ha disfatto quasi tutti i miei armadi alla ricerca di un vestito per indossare questa sera mentre io sono sull’orlo di una crisi di nervi. Da una parte perché Candice sta continuando a parlare a macchinetta, dall’altra un po’ perché mi sta facendo venire ansia, che prima sicuramente non avevo, e un po’ perché ho casa da sistemare e non ho tempo per un vestito.

 

“Candice, io… Dovrei dare una sistemata, e…”- cerco di fermarla.

“Io mi occupo del vestito, tu va’ a dare una sistemata. Ti do tempo mezz’ora, quindi dai una sistemata alla buona e sei apposto. Dopo ti aiuterò con il trucco e i capelli.”- mi ordina perentoria.

 

Decido di non ribattere perché in questo momento mi sta facendo molta paura. Scendo le scale il più velocemente possibile, cercando di non ruzzolare a terra e inizio a sistemare quanto meno la cucina e il salone destreggiandomi tra Spike, che è alla ricerca di coccole, e il disordine che regna per colpa dei giocattoli dei gemelli sparsi qua e là. In mezz’ora, forse qualche minuto in più, rendo la casa molto più presentabile di prima e sono soddisfatta del lavoro fatto e mi siedo un secondo sul divano. Spike salta sul divano e si accoccola vicino a me e non gli dico niente, lo accarezzo solo dietro le orecchie e sistema meglio la testa sulla mia gamba e di tanto in tanto mi lecca la mano felice.

Candice scende poco dopo e mi volto verso di lei che trionfante sta reggendo in mano un vestito rosso con delle ballerine -e la ringrazio mentalmente per non aver scelto delle scarpe con il tacco.

 

“Ero indecisa su due vestiti, uno blu e uno rosso.”- inizia. -“Questa è colpa tua perché stai bene con tutto, ma alla fine ho optato per un vestito rosso. Con il rosso hai sempre fatto faville ragazza.”

 

Mi alzo dal divano e prendo il vestito dalle mani di Candice, poi le sorrido.

 

“Credo… Credo che possa andare bene.”- le dico.

“Credi?”- mi domanda accigliata. -“Questo va più che bene. A che ora dovrebbe venire?”

“Per le otto.”- le dico. -“Che ore sono?”

“Le sei e mezza circa, quindi dobbiamo muoverci.”- mi dice. -“Andiamo, su!”

 

La seguo ridacchiando ed anche un po’ spaventata per quello che ha intenzione di fare.
Un’ora dopo sono praticamente pronta, con il vestito rosso che mi fascia, a detta di Candice, perfettamente le curve, un trucco non troppo pesante -e qui ho obbligato Candice per non fare grandi cose-, i capelli lasciati mossi e le ballerine ai piedi. Candice mi squadra e poi sorride soddisfatta dal suo lavoro.

 

“Penso che tu sia perfetta.”- mi dice facendomi voltare. -“Si, perfetta. Ora me ne vado, il tuo ragazzo misterioso dovrebbe arrivare tra poco.”

 

Accompagno Candice alla porta e questa volta sono io ad abbracciarla e a ringraziarla per quello che ha fatto perché, molto probabilmente, da sola non avrei combinato molto. 

Candice, prima di uscire, si volta verso di me.

 

“Mi raccomando, dopo voglio sapere com’è a letto.”- mi dice audace.

“Candice!”- la fisso sbigottita. -“Non andremo a letto insieme!”

 

Candice se ne va via ridendo mentre io rimango per qualche minuto sulla porta a fissarla ancora truce.

Ma che cosa le viene in mente? Ci conosciamo da così poco.

Decido di non pensarci più e rientro in casa prima che mi prenda di nuovo qualcosa, anche perché non ho intenzione di ammalarmi di nuovo.

Poco dopo sento il campanello suonare e quasi inciampo sui miei piedi nella foga di andare ad aprire la porta. Davanti a me trovo Eric e noto, con piacere, che Candice aveva ragione sul fatto dell’eleganza ed è veramente bello vestito con una camicia bianca, dei pantaloni beige mentre mi porge una scatola di… Cioccolatini?

 

“Non volevo essere monotono, così ho optato per i cioccolatini.”- mi sorride e lo faccio accomodare ancora piacevolmente stupita. -“Sei bellissima.”

“Gr… Grazie.”- balbetto imbarazzata.

“Scusami, non volevo renderti in imbarazzo.”- mi dice scusandosi. -“Ho detto solo quello che pensavo…”

“Non preoccuparti, io… Grazie.”- gli sorrido sincera, poi andiamo insieme in cucina. 

 

Eric si guarda attorno e mi sorride. 

 

“Hai arredato proprio bene la casa.”- mi dice sorridendo. -“Mi piace.”

“Era un po’ troppo monotona prima.”- gli dico.

“Sono d’accordo anche io.”- annuisce sorridendomi. -“Allora, cosa vuoi mangiare?”

 

Mi appoggio sul tavolo di legno e penso a cosa mangiare. Sinceramente a me va bene qualsiasi cosa, non ho nessun tipo di problema. Il frigo è praticamente pieno, dovrebbe esserci qualsiasi cosa.

 

“Non saprei, a me va bene tutto.”- gli dico sinceramente.

“Possiamo iniziare con della pasta, sempre se ti va.”- mi dice chiedendo il mio parere e io annuisco. -“La mia specialità è preparare il pomodoro.”

“Allora non vedo l’ora di assaggiare questa tua specialità.”- gli sorrido mentre inizio a cercare qualche pentola.

 

In poco tempo, complice dell’aiuto di Eric, abbiamo tutti gli ingredienti sul tavolo e io lo guardo un po’ imbarazzata perché non sono proprio un asso in cucina. Eric lo capisce al volo e invece di dire qualcosa mi rende partecipe su tutto spiegandomi varie particolarità e su come preparare ogni cosa. Alla fine, mentre lui taglia il pomodoro, io metto al fuoco la pasta tentando di non scottarmi inutilmente.

In poco tempo Eric sta già mescolando il sugo e devo dire che dall’odore che si sente verrà fuori parecchio bene. Lui mi fa segno di avvicinarmi e io lo ascolto, andando vicino a lui tanto che i nostri fianchi si tocchino ed è una sensazione piacevole questo avvicinamento. Prende il mestolo con un po’ di sugo e si volta verso di me.

 

“Vuoi assaggiare?”- mi domanda dolcemente. -“Penso che a questo punto serva il tuo parere.”

“Non mi avvelenerai vero?”- scherzo.

“Assolutamente no.”- mi dice ridacchiando.

 

Assaggio il sugo e rimango meravigliata dal suo gusto perché è eccezionale, forse non ho mai mangiato un sugo così buono in tutta la mia vita.

 

“E’ buonissimo, davvero.”- gli dico. -“Forse è il più buono che io abbia mai assaggiato.”

“Me l’ha insegnato a cucinare mio nonno. Ho origini italiane.”- mi spiega.

“Ecco svelato il mistero del perché tu sappia cucinare così bene. L’Italia ha la miglior cucina del mondo.”- gli dico ridacchiando.

“Non hai tutti i torti.”- mi dice sorridendomi. -“Sei mai stata in Italia?”

“No, mai.”- scuoto la testa. -“Ma comunque basta assaggiare il cibo dei ristoranti italiani qui per capire.”

“In Italia è tutta un’altra storia, fidati.”- mi spiega. -“Ed è un posto stupendo.”

 

Continuiamo a parlare dell’Italia per un altro po’, poi lo aiuto a scolare la pasta e ci mettiamo a mangiare sul tavolo che avevo apparecchiato. Passiamo il resto della cena a conversare dei gemelli e lo informo sullo stato di salute di Joseph, visto che me l’ha precedentemente chiesto, e alla fine il nostro discorso cade sulla nostra infanzia e di come l’abbiamo passata.

Parliamo dello sport e mi dice che lui ha sempre fatto basket, poi gli racconto che per anni ho fatto ginnastica artistica e continuiamo ancora a parlare per un po’ finché Spike non ci interrompe per reclamare cibo.

 

“Ma è bellissimo.”- mi dice Eric coccolando Spike che gli sta affettuosamente leccando la faccia facendomi ridere. -“Prima non l’ho visto.”

“Era di sopra, se non ci sono i gemelli lui se ne sta tranquillo.”- gli dico. -“Sembri piacergli.”

“Adoro gli animali, ma non ho tempo per loro purtroppo.”- mi dice mentre Spike viene da me per avere del cibo.

 

Cerco di alzarmi di slancio, ma metto male un piede e sarei quasi scivolata rovinosamente a terra se non ci fosse stato Eric dietro di me che mi ha prontamente afferrato prima che mi abbattessi al suolo. E mi maledico mentalmente per aver fatto nuovamente la figura dell’idiota, ma è il mio scarso equilibrio a giocarmi continuamente brutti scherzi facendomi fare spesso e volentieri la figura dell’idiota.

 

“Ti sei fatta male?”- mi domanda Eric preoccupato mentre mi tiene ancora per evitarmi di cadere a terra.

“No.”- sorrido scuotendo la testa e mi accorgo di stare piacevolmente bene tra le sue braccia. -“Non mi sono fatta niente grazie a te. Non ho un’equilibrio perfetto.”

 

Eric ridacchia e mi guarda divertito.

 

“Sono pessimo anche io, ma mi fa sempre piacere accorrere in aiuto di una fanciulla in difficoltà.”- mi dice sorridendo.

“Non ero in difficoltà, ero solo-”

“Quasi caduta rovinosamente a terra.”- termina lui per me.

“Non è divertente!”- ridacchio tirandogli un pugno sulla spalla.

“Non pensavo fossi violenta.”- ridacchia anche lui.

“Non sai molte cose su di me.”- gli rispondo divertita.

“Penso che prima o poi dovrò scoprirle, no?”- mi risponde con lo stesso tono.

 

 

Ci alziamo dal pavimento freddo -anche se io credo quasi di scottare visto quanto sono bollente- e ci sistemiamo meglio sul divano quando sento il campanello suonare. Getto uno sguardo all’orologio e mi accorgo che sono le 10.30 pm e spalanco gli occhi nel notare di come siano passate in fretta queste ore e getto uno sguardo ad Eric che mi fissa incuriosito. 

E’ tardi e per i bambini è ora di andare a letto, quindi questo vuol dire che sono arrivati e c’è… C’è anche Ian.

 



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Buongiorno a tutte ragazze, eccomi qui puntuale ^^
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche se è particolarmente incentrato su Eric e Nina. Penso che dovrei trovare un nome per questa nuova ship... Niric... Nineric... Erina... Boh, ci penserò ahahahaha
Diciamo che sono molto tesa per questo capitolo ed è sempre un po' così quando si introduce una nuova coppia, ma spero, almeno un po', di farvi piacere questo personaggio che sta riportando a Nina il sorriso :)
Siamo con un altro Pov Nina e finalmente Candice viene a scoprire che Nina frequenta un uomo ed è entrata in modalità Caroline-organizzo tutto io. Penso che anche nella vita reale sia così e a me piace immaginarla anche qui un po' manica del controllo e pronta a tutto per Nina, così come Nina lo è per lei. Vediamo i primi dubbi che aleggiano sulla mente di Nina e che ogni mamma single sicuramente ha in questi casi... I bambini sono esseri fragili e introdurre figure nuove è sempre difficile, così come lo è per Nina. Certo, i bambini hanno già visto Eric, ma venire a sapere che la loro mamma sta provando ad uscire con qualcuno può essere un brutto colpo -come no, chi lo sa u___u
L'appuntamento sostanzialmente è stato tranquillo, Nina è reduce -sebbene sia passato molto tempo- da una storia importante, così come Eric, quindi entrambi vanno con calma, ma entrambi provano un'attrazione reciproca. 
Nel prossimo capitolo Ian verrà a scoprire che Nina esce con Eric? Come reagirà? E i bambini come reagiranno?
Ringrazio le fantastiche otto ragazze che mi hanno lasciato una recensione nello scorso capitolo con veramente belle parole, la storia continua sicuramente per voi. Mi è dispiaciuto un po' il fatto che qualcuno abbia tolto la storia dalle preferite e dalle seguite, mantenendo invariato quelle delle ricordate, ma vabbeh... La storia non può piacere mica a tutti, ma sono felice che le mie solite lettrici continuino ad essere qui *^*
Ci vediamo sabato 8 agosto <3

 

 

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Capitolo 34
*** I'm not jealous. ***


                                                         I'm not jealous.



Thirty-Fourth Chapter.

Pov Nina.

Vado ad aprire la porta sotto lo sguardo curioso di Eric e quando lo faccio due mini furie mi saltano addosso abbracciandomi e facendomi quasi cadere un’altra volta a terra. Mi guardo attorno e noto che Ian non c’è, ma di fronte al cancello c’è la sua macchina con il finestrino abbassato. Mi saluta con la mano e io ricambio confusa mentre i gemelli sono già corsi in casa con le scarpe sporche, dove io qualche ora fa ho pulito, ma decido di non dire niente anche perché ormai è fatta. Vado in sala e trovo i gemelli che stanno conversando tranquillamente con Eric seduti nel divano, mentre le scarpe e gli zainetti sono sparpagliati in giro qua e là e questo mi fa scuotere la testa. E mi sorprende il fatto che non abbiano ancora obiettato sul fatto che Eric sia qui o in qualche modo si sentano minacciati da una figura maschile che non sia loro padre, perché con lei l’hanno fatto. Mi avvicino a loro e mi siedo accanto a Joseph che mi sorride mentre Stefan sta raccontando ad Eric della scuola.

 

“Quindi vi è piaciuta?”- domanda Eric interessato al racconto di Stefan.

“Più o meno.”- interviene Joseph. -“Ci hanno già assegnato dei compiti.”

“E quali?”- domando io.

“Portare una foto di noi da piccoli.”- mi spiega Stefan.

“Allora domani ricordatemi, prima di andare a scuola, che ve ne procuro una. Ora credo sia ora di andare a dormire.”- dico loro e li vedo sbuffare sonoramente.

“Ma noi volevamo parlare ancora un po’ con Eric!”- obietta Joseph.

“Parleremo un’altra volta, te lo prometto.”- dice a mio figlio sorridendo e lui annuisce soltanto, poi si rivolge ad entrambi. -“Credo che dobbiate ascoltare la vostra mamma, ormai andate a scuola e non potete più andare a letto tardi, altrimenti domani sarete troppo stanchi.”

“Si, hai ragione.”- annuisce Stefan e poi si alza dal divano. 

“Forza, andiamo a letto.”- dico ad entrambi mentre vedo Joseph sbadigliare.

 

Anche Eric si alza e mi sorride, poi afferra il suo giubbotto e lo guardo interdetta.

 

“Se vuoi puoi restare un altro po’, non c’è nessun problema.”- gli dico sorridendo.

“Non preoccuparti, i bambini devono andare a letto e penso che anche tu sia stanca.”- mi dice sincero e lo accompagno alla porta.

“La pasta comunque era ottima, davvero.”- gli dico sorridendo sorniona.

“Sono felice che ti sia piaciuta.”- mi dice. -“Penso che non sia mai facile soddisfare i gusti di qualcuno.”

“Ma con me ce l’hai fatta e non sono una semplice.”- gli rispondo ridacchiando. Mi volto un attimo e afferro la giacca che mi aveva dimenticato la notte dell’incidente di Joseph e gliela porgo. -“Ecco la tua giacca.”

“Me ne stavo già dimenticando.”- mi dice sorridendo. -“Buonanotte allora.”

 

Si sporge un attimo e mi da un bacio sulla guancia mentre io lo fisso con un sorriso da pesce lesso sul volto, ma fortunatamente mi riprendo dopo poco.

 

“Buonanotte anche a te.”- gli rispondo, ma poi mi viene in mente una cosa. -“Tra non molto uscirà il primo episodio della stagione e ci troveremo qui a casa mia. Sai… I miei colleghi vogliono vedere la casa e… Ti farebbe piacere venire? Ovviamente sempre se puoi.”

“Dici davvero?”- mi domanda piacevolmente stupito.

“Si. Mi farebbe molto piacere.”- gli dico sincera e gli sorrido. 

“Accetto molto volentieri allora.”- mi dice ricambiando il sorriso.

“Se vuoi puoi portare anche tuo fratello.”- gli dico. -“Potrebbe giocare con i gemelli e in più ci saranno le figlie delle mie amiche.”

“Ti ricordi che ho un fratello?”- mi domanda piacevolmente sorpreso.

“Si, come tu ti ricordi che mi piacciono le rose bianche.”- gli sorrido.

 

Scoppia a ridere di gusto e lo seguo a ruota, poi ci auguriamo di nuovo la buonanotte e se ne va, mentre rimango per qualche secondo ad osservarlo e sorrido come una ragazzina alla sua prima cotta.

E forse è ora di ricominciare proprio con lui e lasciarmi alle spalle il mio passato.

 











 

                                                                                                                           * * *













 

Ho appena finito di preparare i gemelli per la notte ed è stata una battaglia all’ultimo sangue per mettere loro il pigiama, ma alla fine ce l’ho fatta ed ora sono tutti e due sotto le coperte prossimi ad abbandonarsi nel mondo dei sogni.

 

“Vi siete divertiti oggi?”- domando ad entrambi.

“Si. La nonna e zia Robyn ci hanno portato allo zoo a vedere tutti gli animali. Ce n’erano tantissimi.”- mi spiega Joseph.

“Si, e c’erano anche le tigri!”- esclama Stefan. -“Mamma, possiamo prendere una tigre?”

“Forse è meglio che voi due dormiate.”- ridacchio. -“Le tigri sono pericolose e stanno bene dove stanno.”

“Non dentro le gabbie però.”- mi fa notare Joseph con disappunto.

“No, certo che no.”- poso un bacio ad entrambi sulla testa. -“Ma nemmeno a casa nostra. Perché papà non è venuto fino qui?”

“Non lo so.”- mi dice Stefan. -“Ha visto la macchina di Eric, si è innervosito ed è andato via.”

“Davvero?”- domando… Sconvolta.

“Davvero davvero.”- mi dice Joseph e Stefan annuisce come a confermare quanto detto dal fratello.

“Però noi non sapevamo che ci fosse Eric qui, non abbiamo detto niente.”- mi dice Stefan

 

Rimango qualche attimo a fissarli e cerco di capire perché Ian si sia comportato in questo modo, credevo che tutto questo fosse acqua passata e che io potessi vedermi con chiunque essendo grande e vaccinata da poter fare tutto quello che voglio. Credo che questo non lo capirò mai e non può essere geloso… Insomma, ha una moglie e sebbene siano ai ferri corti non può essere geloso di me. Magari per i bambini ed è convinto che un altro uomo possa prendere il suo posto, ma questo non accadrà mai perché loro sanno perfettamente chi è il loro papà e Eric non ne ha l’intenzione, gliel’ho letto negli occhi perché altrimenti sarebbe rimasto e invece ha preferito stare con i gemelli si, ma non invadere i nostri spazi.

Ho una domanda che mi preme però.

 

“A voi piace Eric?”- domando titubante. -“Voglio che rispondiate sinceramente.”

“A noi piace si.”- mi dice Stefan con il consenso di Joseph.

“E piace anche a te vero?”- mi domanda furbamente Joseph.

“A me piace… Molto…”- mormoro imbarazzata e può essere stupida come cosa, ma voglio avere il loro consenso prima di buttarmi completamente. 

“Per noi non c’è problema mamma.”- mi dice Stefan facendomi sussultare.

“Sapete vero che lui non prenderà mai il posto di vostro padre?”- domando loro per spiegare la situazione.

“Papà è papà.”- interviene Joseph. -“Sappiamo che lui non potrà mai prendere il suo posto, ma ci piace. E poi… Tu sorridi spesso quando sei con lui.”

“Si mamma! Lui ti fa sorridere e sei così bella quando sorridi.”- continua Stefan gettandomi le braccia al collo e facendomi sciogliere come neve al sole.

 

Ovviamente anche Joseph si getta su di me per non essere da meno del fratello e li stringo forte a me e li bacio entrambi.

Sono bambini di quasi sette anni, ma sono già così maturi e intelligenti.

 

“E sapete che anche Nikki non prenderà mai il mio posto?”- domando ancora. Hanno accettato bene Eric e non capisco perché non lo facciano anche con Nikki. -“Non dovete odiarla.”

“Mamma, noi non la odiamo.”- mi dice Stefan.

“Però non ci piace. Papà non sorride quando è con lei e invece tu lo fai quando sei con Eric. Lei non fa felice papà.”- termina Joseph.

“Ma Eric fa felice te.”- aggiunge Stefan appoggiando la testa su cuscino.

“Anche Nikki fa felice papà, lei è sua moglie e dovreste cercare di… Andare d’accordo.”- dico loro.

 

Non la sto assolutamente difendendo, non né la voglia e né l’interesse di farlo, ma sto cercando di fare che tutto possa andare per il meglio e già Ian si trova in una situazione non facile, in più i gemelli la stanno complicando.

Non me l’ha detto e non lo pensa davvero, questo lo so, ma posso vedere quanto lui ci sia rimasto male per quello che è accaduto a casa sua e di come i gemelli si siano comportati con Nikki, ma non posso nemmeno obbligarli.

 

“Ci proveremo.”- borbotta Joseph dandomi un bacio sulla guancia.

“Lo so.”- sorrido loro prima di sistemarli meglio ognuno nel proprio letto. -“Vi voglio bene, non dimenticatelo mai.”

 

Mi sorridono entrambi poi chiudo la porta della loro camera e vado nella mia.

Mi addormento con il sorriso sulle labbra perché il passo più grande era quello di far accettare ai gemelli Eric, ma, come mi hanno sempre dimostrato, se a loro piace una persona l’accettano subito senza alcun tipo di problema. Però se a loro non piace una persona può essere considerata esclusa dalla loro vita ed è quello che penso accadrà con Nikki. Io ci ho provato, ho fatto anche troppo, ora sta a loro capire cosa fare, io continuerò ad amarli lo stesso.

 

 


 

 

Pov Ian.

Quando sono tornato a casa Nikki stava già dormendo beata sul nostro letto e forse è meglio così perché questa sera sono veramente di cattivo umore e non perché i gemelli si siano comportati male, sono stati bravissimi e si sono divertiti un sacco al Luna Park, ma perché ho visto qualcosa che preferivo non vedere.

Avevo notato una macchina sconosciuta ancora quando ero in fondo alla via e ho tentato di ricordare di chi potesse essere, ma ovviamente non l’ho mai vista e quindi non ho potuto capire di chi fosse. Soltanto quando siamo arrivati ho visto i gemelli guardarsi per qualche attimo e mormorare un nome, Eric. Quando io ho chiesto spiegazioni loro hanno fatto spallucce e hanno detto che è un amico di Nina, ma che comunque non lo conoscono da molto e io lì non ho capito più nulla e ho preferito non interrompere l’appuntamento tra Nina e quell’uomo -perché evidentemente era un appuntamento visto l’ora tarda e non voglio nemmeno sapere cosa abbiano fatto.

Ora continuo a tenere gli occhi aperti e non riesco ad addormentarmi perché i miei pensieri sono in subbuglio e pure le mie emozioni che sembrano fare a pugni tra di loro. Sto cercando di capire perché in questo momento mi senta così scombussolato.

Nina, il giorno dell’incidente di Joseph, mi ha definito egoista e di lasciarla proseguire con la sua vita visto che io ho già la mia e sto tentando di farlo, mi sto impegnando davvero, ma non ci riesco perché in un modo o nell’altro mi inserisco sempre nei suoi affari e so che questo può sembrare losco, ma non posso farne a meno e forse hanno ragione Paul, mia madre e Robyn a dire che non l’ho dimenticata e so che quello che ho fatto più di sette anni fa è stata una cavolata colossale perché io volevo una vita stabile, cosa che con Nina non potevo avere, e allo stesso tempo volevo lasciarla libera di vivere nuove esperienze e la sua vita da giovane, cosa che con me non poteva assolutamente fare perché avevamo idee totalmente diverse. Invece, a distanza di tempo, lei mi ha dato quello che ho sempre voluto, dei figli, e se solo avessi aspettato… Se solo avessi avuto più pazienza con il tempo tutto si sarebbe sistemato e ora saremo insieme, cosa che evidentemente non accadrà mai perché io… Perché evidentemente non lo so neanche io. Ho promesso a Nina di lasciarla libera, perché lei me l’ha chiesto disperatamente, ma allo stesso tempo non voglio che stia con un altro uomo che non sia io, ma io sono già sposato e sarebbe meschino e doppiamente egoista che io mi intromettessi nella sua vita così perché io non posso e glielo devo. Perché mi ha dato due figli che adoro sopra ogni cosa, ma, soprattutto, perché mi ha fatto ritornare quello di una volta e mi fa sentire vivo e felice di godermi ogni giorno che passa instancabile e la lascerò andare perché se lo merita -e non merita me.

 

 











 

                                                                     * * *

 












 

Julie mi richiama per l’ennesima volta e la vedo incrociare le braccia sotto il seno esasperata. A passo di carica si incammina verso di me e fa segno ai cameraman di spegnere tutte le telecamere mentre Michael Malarkey mi fissa leggermente preoccupato e anche in modo apprensivo visto che è già le sesta volta che questa benedetta scena viene interrotta per colpa mia.

 

“Ian, si può sapere che diavolo ti prende?”- mi domanda Julie minacciosa. -“Non è da te questo. Stai forse male?”

“No, sto benissimo.”- le dico scuotendo la testa.

“E allora che cosa c’è che non va?”- mi domanda. -“Sei assente.

“Non ho dormito molto.”- le dico in cerca di una scusa.

 

In realtà è vero che non ho dormito molto, ma non è per questo che sono così.

I problemi sono altri.

 

“Si, può essere.”- annuisce, poi continua. -“Ma non è solo questo. E’ successo qualcosa con Nina?”

“Perché tirate sempre in ballo Nina?”- domando seccato.

“Perché quando voi due avete la testa da un’altra parte molto probabilmente vi siete fatti qualcosa. E no, non dirmi di no, perché è vero.”- mi dice puntandomi il dito contro.

 

Mi accorgo solo in questo momento che siamo tutti e due da soli, evidentemente la conversazione stava diventando troppo importante e i cameraman hanno deciso di lasciarci il nostro spazio e dovrei ringraziarli per questo.

 

“Il problema non è Nina, ma…”- mi prendo la testa tra le mani e inizio a camminare avanti e indietro per la stanza mentre Julie mi fissa preoccupata. -“Non so che cosa fare. Ultimamente tutto sta andando a rotoli e non riesco a prendere in mano la mia vita e può sembrare buffo da parte mia visto che ho sempre avuto tutto sotto controllo.”

“Capitano degli alti e bassi nella vita, Ian.”- mi dice Julie dolcemente. -“Non può mica andare sempre tutto dritto, l’importante è che le cose si sistemino.”

“Non credo.”- sbuffo sedendomi sul divano e Julie si siede accanto a me. -“Ho saputo che Nina si frequenta con qualcuno…”

 

Julie mi rivolge uno sguardo interrogativo, poi mi fissa comprensiva.

 

“Hai paura che si avvicini troppo ai gemelli?”- mi domanda Julie.

“No, credo di no.”- balbetto. -“Cioè… Anche quello, si… Ma li adoro e mi hanno più volte dimostrato che con me stanno bene e quanto mi vogliano bene quindi credo di non dover temere nulla.”

 

E allora Julie mi rifila un sorrisetto che può dire tutto o niente mentre ridacchia e io mi domando che cosa ci sia di divertente in questo momento. Io sono qui, mi sto confidando con lei e Julie… Ride.

 

Tutto ora è più chiaro.”- mi dice e continua a ridacchiare.

“Julie, non c’è niente da ridere.”- sbotto infastidito.

“No, certo che no, ma è come ritornare ai vecchi tempi. Ti comportavi in questo modo quando Nina era fidanzata.”- mi rimbecca.

 

Non vorrà mica dire che io sia… Geloso? Ma tutto questo è ridicolo. Io non sono affatto geloso, come potrei esserlo?

Ho quarantaquattro anni, quasi quarantacinque, ed essere gelosi è da ragazzini e io ormai non lo sono più da molto tempo. Io non sono geloso, no. Mi sto solo preoccupando per Nina e se quell’uomo sia quello giusto per lei, non voglio che soffra ancora.

 

“Non sono geloso, Julie.”- dico perentorio alzandomi dal divano.

“Credo che tu abbia afferrato il concetto.”- mi dice canzonatoria. -“Sulla gelosia, intendo.”

“Julie, per l’amor del cielo!”- sbotto. -“Ho praticamente quarantacinque anni, non venti. E non sono geloso!”

“Non c’è età per la gelosia, Ian, ricordalo.”- mi dice alzandosi anche lei e incamminandosi verso la porta. -“Ma questi sono consigli di un’amica, puoi accettarli come scartarli, devi capirlo tu. E Ian… Si, lo sei.”

 

Non faccio in tempo a ribattere che Nina ha già aperto la porta e sta arrancando verso di noi. 

 

“Vi ho cercati dappertutto. Ian, abbiamo una scena da girare e…”- Nina si blocca un attimo e fissa Julie -che sta ancora ridendo- interdetta. -“Julie, tutto okay?”

“Si, si… Io e Ian stavamo solo parlando, niente di che. Comunque Ian forse è meglio che tu vada a casa, o rischierai di rovinare altre scene. Ci vediamo domani.”- mi dice e io la fulmino con lo sguardo, poi si rivolge a Nina. -“Tu puoi tranquillamente girare la scena con Paul, così finirai prima.”

 

Nina annuisce confusa, poi Julie ci lascia da soli e se ne va con un sorriso sulle labbra mentre quello che vorrei fare io in questo momento è strozzarla. Nina si avvicina a me preoccupata e mi appoggia una mano sulla spalla.

 

“Stai bene?”- mi domanda apprensiva. -“Non è da te fare male il tuo lavoro.”

“Sto bene, non ho dormito molto questa notte.”- le rispondo evasivo.

 

Annuisce, poi mi scruta per qualche secondo e la sento sospirare indecisa, poi alla fine parla.

 

“Ieri sei andato via subito, è successo qualcosa?”- mi domanda.

 

Mi perdo per qualche istante in quegli occhi color cioccolata che a distanza di anni mi fanno perdere ancora la cognizione del tempo e rimango lì impalato, poi però mi ritorna alla mente la macchina dello sconosciuto e del fatto che lui possa averla toccata e che anche lui stesso possa essersi perso nei suoi occhi da cerbiatta e i miei lineamenti si induriscono.

 

“No, non è successo niente.”- dico brusco. -“Ora devo andare.”

 

E me ne vado via lasciandola da sola sul set. 



 

Due settimane dopo.

Questa sera ci sarà la diretta del primo episodio della stagione e, come concordato, andremo tutti a casa di Nina. In queste ultime due settimane sono uscito con i gemelli, li ho accompagnati a scuola, li ho aiutati a fare i compiti e portati alla nuova scuola di calcio che hanno deciso di frequentare, ma i rapporti con Nina si sono un po’ raffreddati, ma questa volta non è stata colpa sua, è stata mia.

Ho capito che più le sto vicino e più vorrei farlo per questo ho cercato per un po’ di evitarla, anche se questo le ha fatto sicuramente male perché sono stati i bambini stessi a dirmi che Nina era triste perché non ci parlavamo, ma ho deciso così. Nikki ha deciso di non venire perché ha detto che non si sente molto bene e io ho deciso di non insistere, ma so che questa è una bugia e non vuole venire perché ci saranno tutti -soprattutto per Nina e i bambini. I bambini non hanno cambiato opinione su di lei e anche questo mi fa andare fuori di testa, come se il caso Nina non bastasse già a farmi esaurire. Afferro le chiavi della macchina e poi parto in direzione della casa di Nina. Sono in anticipo, lo so, ma penso che sfrutterò questo tempo per stare un po’ con i gemelli e mai scelta fu più sbagliata. Nell’esatto momento in cui scendo dalla macchina un altro uomo è già sul vialetto verso la porta di casa e riconosco subito quella macchina. Credo che per un po’ di tempo non la dimenticherò mai e improvvisamente quel modello mi disgusta. 

Non è uno dei nostri, quindi penso che sia il famoso “amico” di Nina e la cosa mi fa storcere il naso. E’ lui ad accorgersi di me quando siamo ormai a pochi passi di distanza e mi sorride come se mi avesse riconosciuto.

 

“Tu dovresti essere Ian, giusto?”- mi domanda gentile e io vorrei solo farlo sparire della faccia della terra.

 

Metto in mostra le mie doti d’attore e annuisco e sembra quasi che nulla mi dia fastidio.

 

“Io sono Eric.”- mi porge la mano e io vorrei non stringergliela, ma sono obbligato a farlo perché non voglio dare spettacolo già da ora. 

 

Credo che questa sarà la serata più lunga di tutta la mia vita e, per la cronaca… Sono più bello io.





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Buon fine settimana a tutte :')
Sinceramente non vedevo l'ora di farvi leggere questo capitolo per i pensieri parecchio contorti di Ian. Ma andiamo per punti, forse è meglio.
L'incontro tra Ian ed Eric non è avvenuto quella sera -la sera dell'altro capitolo e metà di questo per intenderci- perchè Ian se n'è andato via parecchio arrabbiato. I bambini, avendo riconosciuto la macchina di Eric (ricordate vero che ci avevano anche parlato nei primissimi capitoli della storia?), hanno spifferato a Ian qualcosa e lui, punto sul vivo, se n'è andato senza dire nulla. Nina, come aveva detto nello scorso capitolo, ha chiesto il parere dei gemelli e hanno accettato Eric senza nessun rancore, sottolineando però che Ian è Ian -giustamente!- e nessuno prenderà mai il suo posto. Spero abbiate capito il ragionamento contorto dei bambini... Hanno quasi sette anni, non sono stupidi, e hanno capito perfettamento -a pelle e con il passare del tempo- che Ian non è felice con Nikki, mentre hanno visto che la loro mamma con Eric sorride molto di più, quindi loro sono felici per quello. E' un ragionamento da bambini, ma loro sono bambini :)
Il Pov Ian è stato parecchio complicato perchè, come avete visto, ci sono state parecchie riflessioni e ripensamenti. Ian è geloso marcio di Nina, non lo vuole ammettere, ma Julie, che ha l'occhio lungo, l'ha capito subito mandando Ian ancora più in confusione. Ritorniamo al Ian di qualche tempo fa... Dice una cosa e poi si contraddice. Afferma di non essere geloso eppure non vede Nina con un altro uomo che sia lui, ma capisce che questo è un comportamento egoista e comincia ad allontanarsi da Nina perchè gielo deve. Ian ha capito di voler vedere Nina sorridere e si mette da parte. Ma quanto a lungo starà in disparte?
L'ultima parte del capitolo credo si commenti parecchio da sola, finalmente Ian ed Eric si sono incontrati e Ian, se avesse potuto, l'avrebbe volentieri fatto fuori.
Nel prossimo capitolo ovviamente vedrete come andrà a finire la serata ^^
Ringrazio le fantastiche otto ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo lasciandomi, come sempre, bellissime parole.
Ci vediamo martedì 11 agosto <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** Strange behavior. ***


Strange behavior.


Thirty-Fifth Chapter.

Pov Nina.

“Can, mi passeresti quei bicchieri?”- chiedo alla bionda seduta placidamente sul divano.

 

Io sto cercando di sistemare tutte le bibite su un tavolo in modo ordinato dividendo quelle per noi e quelle per i bambini -ovvero i gemelli, Rachel, le bambine di Jo e Candice che arriveranno con il primo tra poco. Il fratello di Eric non è potuto venire perché è a dormire a casa di un amico, ma non importa perché magari conoscerà i gemelli un altro giorno.

I bambini invece sono in camera loro e stanno decidendo animatamente -posso sentirli anche da qui- su che giocattoli portare in sala per giocare con le bambine.

Candice mi passa i bicchieri e poi va in bagno. Qualche secondo dopo sento il campanello suonare e Spike abbaiare -in realtà è più un lamento. Chi può essere a quest’ora? Forse Eric, anzi, molto probabilmente è lui, gliel’ho chiesto io di venire prima e sono felice che abbia deciso di ascoltarmi.

Vado alla porta e la apro con un sorriso sulle labbra, ma il mio sorriso sparisce nell’istante in cui accanto ad Eric trovo Ian parecchio infastidito e leggermente turbato. Rimango per qualche istante con la bocca spalancata a vederli entrambi così vicini e Eric, più sveglio di Ian, si affretta a toglierci tutti e tre dall’imbarazzo che molto probabilmente sarebbe continuato.

 

“Ho portato questo.”- mi dice porgendomi una bottiglia di vino rosso. Un vino italiano per la precisione. -“Pensi che possa andare bene?”

“Certo, andrà bene.”- gli sorrido imbarazzata da questa situazione, poi mi rivolgo a Ian che non mi ha ancora staccato gli occhi di dosso. -“Ciao anche a te. Entrate pure.”

 

Mi incammino verso la sala con il vino in mano seguita da Ian e Eric e posso sentire lo sguardo di Ian sulla mia pelle e questo mi mette parecchio in soggezione. Credevo che sarebbe venuto con Nikki e non l’ho invitato qui per masochismo sapendo che l’avrebbe portata, ma solo per cortesia. Ovviamente mi sto riferendo a Nikki in quanto moglie di Ian perché l’invito per lui era ovvio e inoltre siamo amici quindi va bene. Solo… Solo che ultimamente si sta comportando in modo strano, prima mi sorride e poi si rabbuia, prima è gentile poi fa di tutto per evitarmi e non capisco questo suo comportamento e posso vederlo in lotta con se stesso, ma per cosa? Ho forse fatto qualcosa che non dovevo? Penso che dopo ci parlerò, anche perché questa situazione mi pesa parecchio.

Dal corridoio sbuca Candice con alcuni recipienti per mettere gli stuzzichini e non appena nota sia Ian che Eric alle mie spalle mi fissa sbalordita ed entra in stato confusionale.

Chiunque vedendo una scena del genere potrebbe rimanere confuso e sconvolto. Fortunatamente la mia amica si riprende subito dalla sua confusione e, una volta appoggiati i recipienti sull’altro tavolino libero, va incontro ad Eric sorridendo.

 

“Tu dovresti essere Eric, giusto?”- domanda cordiale all’uomo. Lui annuisce sorridendo e Candice ricambia. -“Piacere, io sono Candice, un’amica di Nina. Mi ha parlato tanto di te.”

“Non sapevo di essere così famoso.”- scherza Eric facendo ridacchiare Candice. -“Il piacere è anche mio. Anche Nina mi ha parlato tanto di te. E’ un maschietto o una femminuccia?”

 

Candice, dopo essersi accarezzata il pancione, gli risponde e si perdono a parlare di qualcosa che non ho tempo di ascoltare perché sono troppo impegnata a finire di sistemare per l’arrivo degli altri. Ian, che era rimasto fermo in mezzo alla stanza, si avvicina a me e silenziosamente mi aiuta a dare una sistemata occupandosi delle bibite.

 

“Carino, uhm?”- prorompe così.

“Chi?”- domando confusa sempre sottovoce.

“Eric. Non sapevo che ti… Frequentassi con qualcuno.”- mi dice afferrando una bottiglia mettendola alla mia destra. -“I bambini non me l’hanno detto.”

“Loro l’hanno scoperto l’altra sera.”- gli rispondo distrattamente.

 

In realtà sto cercando in ogni modo di evitare le sue domande perché non penso sia l’argomento adatto per parlare. In modo particolare non è l’argomento adatto a noi due, visto che lui è il mio ex ed Eric è… Un amico -è molto più di un amico, lo so, ma stiamo ancora definendo il nostro rapporto.

Ed è anche estremamente imbarazzante.

 

“Fantastico.”- sputa. -“Insomma… Già non sopportano Nikki, figuriamoci un altro.”

“A loro piace Eric e me l’hanno già confermato.”- gli rispondo stizzita. -“Di loro spontanea volontà, senza pressioni. Non è colpa mia se a loro non sta simpatica tua moglie e questo lo sai bene.”

“Lo so, ma non è giusto comunque. Introdurre un’altra persona nella loro vita dopo così poco tempo…”- mormora.

“La stessa cosa vale per te, ma non ho detto nulla quando hai deciso di presentare loro tua moglie, non vedo quale sia il problema per me.”- gli rispondo a tono cercando comunque di calmarmi per non dare spettacolo, ma sembra che Eric e Candice non si siano accorti di nulla. -“Che cos’hai oggi? Mi sembrava tutto a posto tra noi due e io mi sto veramente impegnando per vivere tranquillamente tutta la faccenda e noi due ci stavamo riuscendo bene. Che cos’è cambiato?”

 

E Ian tentenna un attimo prima di rispondere e per qualche istante vedo l’uomo di una volta pronto a dire la verità e nient’altro che la verità, ma poi cambia completamente.

 

“Niente, non è cambiato niente.”- sbotta.

“Certo…”- mormoro solamente. -“Se non ti va bene questa situazione quella è la porta.”

 

E con un gesto della mano indico la porta alle mia spalle. Ian si allontana da me parecchio nervosamente e a denti stretti mi dice che va un attimo dai bambini e io lo lascio fare.

Cos’è cambiato in queste due settimane? Sembrava che andasse tutto a gonfie vele e i bambini sono cambiati ancora di più, in meglio ovviamente, ed erano così felici di vedere anche noi sorridenti e insieme.

Che sia successo qualcosa con Nikki e Ian non me lo vuole dire? Oppure ha deciso di stroncare ancora i rapporti perché questo gli dava problemi?

Sento la mano di Eric posarsi sulla mia spalla in un tocco che fa scomparire tutto il nervoso acquistato prima con Ian.

 

“Va tutto bene?”- mi domanda visibilmente preoccupata.

“Si, tutto bene.”- annuisco cercando di sorridere.

“Sembri turbata. Anche lui lo è, credo che non mi veda di buon occhio.”- scuote la testa rassegnato. -“Sono io il problema?”

“No, assolutamente no.”- gli dico decisa perché non voglio che si senta la causa dei cambiamenti d’umore repentini da parte di Ian. -“Lui ogni tanto fa così, anzi, molto spesso.”

“Si è innervosito con me…”- mormora. -“Se sono io il problema posso anche andare.”

“Non sei tu il problema, Eric. Non mi importa quello che pensa lui, io con te sto veramente bene.”- gli dico sorridendogli dolcemente.

“Anche io sto veramente bene con te.”- mi risponde con la stessa dolcezza che ho utilizzato io.

 

Sobbalziamo entrambi quando sentiamo il campanello suonare e Candice, che è la più vicina, va ad aprire lei molto lentamente a causa del pancione che le impedisce di fare quasi ogni movimento. I primi ad arrivare sono Paul, Phoebe e la piccola Rachel, seguiti da Joseph e la moglie Persia, da Daniel, dai due Michael, da Steven e da tutti gli altri. L’ultima ad arrivare ovviamente è Julie beccandosi qualche rimprovero da parte di Paul sul fatto che anche lei è capace di arrivare in ritardo e di non prendersela solo con noi durante i giorni di lavoro perché arriviamo di poco ritardo.

Ovviamente lei ribatte dicendo che quel poco diventa sempre tanto e mi chiama in causa.

 

“Non credevo fossi così ritardataria.”- ridacchia Eric passandomi un bicchiere di spumante.

“Al lavoro lo è troppo.”- interviene Julie poi da la mano ad Eric. -“Io sono Julie, il capo di questo gruppo di matti. Tu sei Eric, l’uomo che fa felice Nina, giusto?”

 

Eric annuisce guardandomi un attimo imbarazzato, poi l’imbarazzo gli passa quando tutti fanno conoscenza con lui, in modo particolare Paul che sembra apprezzarlo parecchio, e in poco tempo si crea una confusione tale da far scendere perfino i gemelli con Ian al seguito che saluta tutti gli altri. Ci lanciamo uno sguardo di sbieco, ma fortunatamente nessuno sembra accorgersi di tutta questa freddezza.

I gemelli salutano allegramente tutti, in modo particolare Eric sotto lo sguardo sbigottito di Ian, poi vanno a giocare con la piccola Rachel che si è finalmente staccata da Paul. 

Passiamo un’ora tranquillamente a parlare tutti insieme e noto, con piacere, che Eric ha legato subito con Michael Malarkey e con Paul, mentre mangiamo stuzzichini e beviamo. I bambini sembrano divertirsi, in modo particolare Rachel che ha legato subito dal primo momento con i gemelli facendo particolarmente felici i suoi genitori.

Vado in cucina per prendere qualcosa da bere seguita da Eric che ha in mano un contenitore vuoto.

 

“Le patatine sono nell’ultimo cassetto alla tua destra.”- gli dico indicando il cassetto.

 

Prendo due bottiglie di Coca-Cola su ordine dei gemelli e riempio la caraffa d’acqua, facendone cadere un po’ a terra. Non mi preoccupo dell’acqua sul pavimento troppo impegnata a prendere la terza bottiglia di Coca-Cola quando, complice il mio scarso equilibrio, scivolo sul pavimento bagnato finendo quasi a terra. Fortunatamente Eric, dietro di me, mi afferra prima che io abbia un incontro ravvicinato con le piastrelle di marmo.

 

“Ti ho salvata. Di nuovo.”- mi dice ridacchiando per la mia faccia sicuramente buffa.

“Non ridere.”- gli dico fintamente offesa. -“Non è colpa mia se ho poco equilibrio.”

“Lo so che non è colpa tua.”- mi dice continuando a ridacchiare. -“Però questa volta hai rischiato grosso.”

“Sapevo che c’eri tu.”- gli rispondo guardandolo negli occhi mentre le sue mani sono sulla mia schiena.

 

Ci guardiamo per lunghi istanti negli occhi, ma questo magico momento è interrotto da un terzo incomodo che si rivela essere, ovviamente, Ian. Tossisce per qualche istante, per far sentire la sua presenza, e io ed Eric ci stacchiamo molto velocemente.

 

“Non volevo interrompere il vostro momento, ma… La puntata sta per iniziare.”- borbotta guardandomi negli occhi e ignorando bellamente Eric accanto a me.

 

Ian se ne va parecchio irritato lasciandoci soli nella stanza. Io ed Eric ci guardiamo per qualche istante, poi ritorniamo in sala e fortunatamente sembra che nessuno si sia accorto della nostra “sparizione” -o stanno facendo tutti finta di nulla.

Mi accomodo su uno dei tanti divani disposti a ferro di cavallo con accanto Eric. Joseph è seduto sulle mie gambe e Stefan in quelle di Ian in un angolo remoto nella stanza. La puntata inizia qualche secondo dopo alle 8.00 pm spaccate.

 












 

 

                                                                           * * *

 













 

“E’ stata fantastica!”- esclama Julie quando compare The Vampire Diaries sulla televisione che sta ad indicare la fine della puntata.

“Concordo.”- si inserisce Paul. -“Meravigliosa!”

 

E fa ancora un certo effetto vedersi alla televisione, sapere che sono proprio io che recito, sapere che sono dentro uno schermo.

Ho sempre provato una sorta di amore/odio vedermi alla televisione perché mi imbarazza e perché posso notare alcune pecche, ma credo che questo non faccia altro che migliorare il mio portamento da attrice.

 

“Mamma sei bravissima!”- mi dice Joseph buttandomi le braccia al collo facendomi ridacchiare.

 

Vedo con la coda dell’occhio che anche Stefan sta facendo i complimenti a Ian, poi scende dalle gambe del padre e mi abbraccia anche lui felice.

 

“Sei un’attrice fantastica, davvero.”- mi sussurra Eric all’orecchio.

“G-grazie.”- balbetto mentre le mie guance si colorano di rosso.

 

Eric ride per il mio imbarazzo e io gli tiro un pugno sulla spalla per farlo smettere, ma alla fine rido anche io. Il resto della serata passa in allegria e quando si fanno le 10.30 pm praticamente tutti sono andati a casa -Eric compreso. Ci siamo solo io e Ian e spero, vivamente, che sia rimasto qui solo per i gemelli. Dopo quello che è successo qualche ora fa non ci siamo più parlati e nemmeno guardati e spero che i bambini non se ne siano accorti. Ora sono in bagno e stanno finendo di lavarsi i denti, mentre io sto finendo di sistemare le ultime cose e credo che il resto farò domani. Sono troppo stanca.

Sono troppo intenta a guardare che cosa sta combinando Ian quando un bicchiere di vetro mi scivola dalle mani e si frantuma in mille pezzi facendo sobbalzare entrambi. Mi inginocchio per cercare di prendere i cocci, evitando quindi possibili pericoli con i bambini, quando prendo un pezzo di vetro troppo appuntito e mi ferisco il dito.

 

“Ahia.”- esclamo mentre inizia ad uscire del sangue.

 

Dio, ho sempre odiato il sangue*, figuriamoci quello che esce da me. Distolgo lo sguardo dal mio dito e subito affianco a me si abbassa Ian visibilmente preoccupato.

 

“Va tutto bene?”- mi domanda.

“Si, credo.”- borbotto socchiudendo un occhio. -“E’ solo un taglio.”

“Forza, fammi vedere.”- mi dice prendendo tra le sue mani la mia mano ferita e ispeziona bene il dito. -“Già, è solo un taglio, ma va comunque disinfettato.”

 

Appoggia la mia mano sulla mia gamba e si alza.

 

“Dove tieni il disinfettante e i cerotti?”- mi domanda.

 

Mi vuole medicare lui? Posso… Posso fare anche da sola.

 

“Posso fare anche da sola.”- balbetto.

“Si, certo. Ti spaventa ancora la vista del sangue, mi sono bastati due secondi per capirlo. Non fare la testarda, forza.”- mi dice.

 

Io, praticamente obbligata, gli indico il ripiano accanto alla libreria. Ian prende tutto l’occorrente e poi si siede accanto a me. Riluttante gli do la mano e lui con delicatezza la volta e si concentra sul mio dito rosso che non ho l’intenzione di guardare.

 

“Credo che brucerà un po’.”- mi avvisa.

 

Annuisco solo e sento subito dopo il disinfettante colare sul mio dito. Brucia un sacco, ma decido di non dire niente e sopporto in silenzio. Sento che Ian sta trafficando con il mio dito, molto probabilmente sta togliendo il sangue, e poi ci mette un cerotto.

Mi accarezza dolcemente il dorso della mano, poi l’appoggia sulla mia gamba.

 

“Grazie…”- mormoro sorridendogli.

“Non devi ringraziarmi.”- sospira. -“Senti Nina, io devo dirti una cos-”

 

Non finisce la frase interrotto dall’urlo di Stefan che proviene dal bagno. Ci alziamo entrambi di scatto e allarmati ci dirigiamo subito in bagno dove troviamo i gemelli che stanno guardando il flacone contenente il sapone in mille pezzi sul pavimento del bagno. Scommetto che è stato Stefan.

 

“Mamma, non l’ho fatto apposta…”- mormora infatti Stefan dispiaciuto.

“State bene?”- domando invece io preoccupata.

 

Del sapone non mi interessa niente, mi interessa soltanto la loro salute e soprattutto che non si siano tagliati.

Entrambi annuiscono e poso sul capo di Stefan una carezza.

 

“Non preoccuparti, ora sistemiamo tutto.”- sussurro.

Io ora sistemo tutto.”- interviene Ian che si inginocchia per raccogliere il vetro per l’ennesima volta. -“Non vorrei che ti tagliassi ancora.”

 

Mi faccio da parte e mentre Ian sistema il tutto io accompagno i gemelli nella loro camera da letto e li metto sotto le coperte.

 

“Mamma?”- mi chiama Joseph.

“Dimmi amore.”- gli rispondo dandogli un bacio sulla guancia.

“Tu ed Eric siete carini insieme.”- mi dice Stefan.

“Ma noi crediamo che… Papà sia un po’ geloso.”- finisce Joseph.

 

Ridacchio leggermente e scuoto la testa.

Ian non può essere geloso di tutto ciò, anche se da quando ha saputo che mi frequento con qualcun altro è diventato molto più distante. Ma comunque non può essere geloso lo stesso.

 

“Di Eric?”- domando poi.

“Si.”- dicono entrambi.

“Vostro padre non è geloso di me. Ultimamente forse ha qualche problema, ma non c’entro io.”- spiego loro.

“No mamma, secondo me è geloso sul serio. Ha detto che lui non va bene per te.”- continua Stefan mentre Joseph annuisce.

“E cos’altro ha detto?”- domando confusa.

“Che sei veramente bella.”- mi dice Joseph stampandomi un bacio sulla guancia.

“Lo pensate voi o lo pensa vostro padre?”- domando inarcando un sopracciglio.

“Noi lo pensiamo, ovvio.”- mi dice Stefan.

“Ma anche papà.”- termina Joseph.

“Se lo dite voi.”- sospiro. -“Forza, è ora di andare a letto.”

 

Annuiscono entrambi e prima di uscire gli abbraccio per l’ultima volta, poi alla fine chiudo la porta della loro stanza.

I gemelli non mi hanno mai detto bugie, ma non penso che questa sia la verità. Insomma… Perché Ian dovrebbe essere geloso di me? Certo, siamo amici, ma gli amici non dovrebbero essere gelosi.

Scendo le scale e trovo Ian seduto sul divano e mi avvicino a lui.

 

“Che cosa dovevi dirmi?”- gli domando facendolo sobbalzare.

“Mi dispiace per quello che ti ho detto prima, non avrei dovuto.”- sospira. -“Insomma… Non dovevo permettermi di intromettermi nella tua vita, sono stato… Inopportuno, ecco. Solo… Non so cosa mi sia preso.”

“Io non ce l’ho con te.”- gli dico sorridendo tranquilla. Forse un po’ si, ma non è il caso di dirglielo. -“Mi dispiace, forse avrei dovuto dirtelo.”

“Non credo che a me dovrebbe importante. Questa è la tua vita, no?”- mi domanda.

 

Annuisco. 

Ma allora qual’è il suo problema?

 

“Puoi… Puoi far finta che non sia successo nulla?”- mi domanda con la voce leggermente tremolante.

 

E mi sembra di avere davanti un bambino e non un uomo di quasi quarantacinque anni.

Si sta scusando con me e so che per lui è difficile scusarsi con gli altri, quindi farò come faccio sempre: passarci sopra e cercare di dimenticare.

 

“Va bene, stai tranquillo.”- gli dico soltanto mentre lo vedo sorridere.

 

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*Nina odia con tutta se stessa il sangue. Quello finto non le fa affetto, mentre quello vero le fa venire la pelle d'oca.
[L'ha detto in un'intervista!]



Buon inizio di settimana a tutte :)

Eccomi qui puntuale con un nuovo capitolo e mi scuso per non aver risposto alle vostre bellissime recensioni -che ho già letto- ma non ho avuto molto tempo ultimamente, fortunatamente ho già tutti i capitoli pronti in modo di aggiornare quando voglio.

Risponderò adesso, non appena sarà postato il capitolo.

Ho anche un’altra importante notizia da darvi: nel tempo libero che ho ritagliato sono riuscita a completare tutta la storia, come vi avevo già informato, ed è di 43 capitoli. Ecco, volevo dirvi questo, perché ritengo che sia una cosa parecchio importante.

Passiamo al capitolo, dunque. E’ il continuo del capitolo scorso, quindi la serata della messa in onda del primo episodio, e come vediamo Ian continua ancora a comportarsi stranamente, mentre Eric fa amicizia con il cast, in modo particolare con Paul che, vedendo Nina felice, vede l’uomo di buon occhio. Sostanzialmente il capitolo è abbastanza tranquillo, a parte il litigio iniziale tra Nina e Ian che mi sembra abbastanza chiaro. Ian è veramente geloso di Nina?

I bambini, intanto, danno a Nina preziose informazioni su certe frasi di Ian e ammettono che lui sia geloso e Nina ne esce profondamente turbata. E’ una sensazione complicata, anche io, se fossi al posto di Nina, avrei le idee parecchio confuse.

Ian si intrometterà ancora nella vita di Nina?

Le conclusioni spettano a voi ^^

Vi ringrazio ancora per le otto recensioni allo scorso capitolo, ci vediamo venerdì 14 agosto <3

 

PS: Sono in crisi d’astinenza per le serie TV, ne avete qualcuna da consigliarmi? Voglio ottobre per ricominciare con i round delle serie TV e vedere le nuove stagioni di The Originals, Arrow e The Flash.

Se magari guardate qualche serie e volete consigliarmela sarei ben contenta ^^

Io ho già guardato:

-The Vampire Diaries (ma questo lo sanno tutti ahahahah).

-The Originals.

-Arrow.

-The Flash.

-Teen Wolf.

-Once Upon a Time (che non ho completamente finito, sebbene mi manchino davvero pochi episodi, cominciava leggermente a stufarmi).

-Supernatural (neanche quella ho finito, non lo so sinceramente… Non mi prendeva più).

-The Walking Dead (sono ai primi episodi, ma sono comunque indecisa se continuare o meno)

 

Ecco, queste sono le serie che guardo/guardavo/sto guardando, magari se ne state seguendo qualcuna -e non è tra queste- mi farebbe piacere provare ad iniziarla. Vi prego, non Pretty Little Liars, non mi ispira molto come serie, davvero -e in questo periodo stanno dando tutti di matto per sapere chi sia A (?) quindi mi rovinerei tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 36
*** Twins's birthday. ***


                                                          Twins’s birthday.

 

Thirty-Sixth Chapter.

Pov Nina.

“Nonnooooooo!”


I miei figli si schiantano quasi addosso a mio padre non appena entra dalla porta di casa con mia madre e mio fratello al seguito. I gemelli adorano mio padre sopra ogni cosa, per lui è sempre stato un uomo forte, è quello che gli ha insegnato a pescare -più o meno- e ad andare in bicicletta, cose, che per ovvie ragioni, Ian non ha fatto.

Oggi è il 22 ottobre ed è il settimo compleanno dei bambini, sapevo che mio padre sarebbe arrivato oggi. Ha avuto da fare nell’ultimo periodo e non ha potuto raggiungere me, la mamma e Alex qui ad Atlanta quando ci siamo trasferiti, ma l’importante è che oggi sia qui con noi. In realtà un po’ mi dispiace lasciarli soli per oggi, ma io e Ian abbiamo organizzato qualcosa di speciale per i bambini: una gita all’acquario. L’idea è stata di Ian e io ho subito accettato perché i bambini adorano gli animali e ho trovato che fosse una cosa carina farglielo fare. 

Ian ha delle conoscenze lì dentro e ha affittato l’acquario per noi tutto il giorno, così eviteremo presenze indiscrete da parte di estranei, e staremo tranquilli tra delfini, pinguini, foche e tanto altro. Ovviamente i bambini non sanno nulla di questo e sarà doppiamente una sorpresa.

Quando finalmente i bambini si staccano da mio padre gli vado incontro e lo abbraccio.

 

“Mi sei mancato.”- gli sussurro.

“Anche tu bambina mia.”- mi dice dandomi un bacio sulla fronte. -“Soprattutto i miei nipotini preferiti.”

 

Tipico. Sono anche gli unici che ha perché Alex, a quanto pare, non ha ancora trovato l’anima gemella e un po’ mi dispiace per lui, ma sembra che a mio fratello vada bene così. Spero che trovi veramente l’amore e che sia più fortunato di me questa volta.

 

“Nonno, vieni a conoscere qualcuno.”- urla Joseph tirando mio padre per una mano.

“Nonno, si vieni!”- esclama Stefan tirandolo dall’altra parte. -“Vieni a conoscere Spike!”

“Chi è Spike?”- mi domanda mio padre.

 

Spike, non appena capisce che è arrivato qualcuno di nuovo, arriva in sala tutto bello pimpante e non appena arriva mio padre gli si avventa contro alla ricerca di coccole.

 

“Un cane?”- domanda inarcando un sopracciglio. 

“I bambini lo volevano.”- gli dico alzando le spalle.

 

Mio padre scuote la testa contrariato, ma cinque minuti dopo sta giocando con il cucciolo e si sta comportando peggio dei bambini. 

Sapevo che sarebbe accaduto.

 

“Allora, cosa avete ricevuto?”- domanda poi.

“La mamma ci ha regalato degli archi stupendi!”- gli racconta Stefan mentre Joseph corre a prenderli sul divano.

“Ti piacciono nonno?”- domanda quest’ultimo con l’arco in mano.

 

Sono fatti appositamente a mano, ma ovviamente le frecce non sono appuntite sennò succederebbe il finimondo. Hanno sempre sognato un arco, soprattutto da quando hanno visto in tv un cartone animato chiamato Arrow -esiste anche una serie televisiva con Stephen, un ex membro del nostro cast ma non credo sia adatto a dei bambini così piccoli quindi gliel’ho tassativamente proibito.

E’ l’età dei supereroi questa ed infatti hanno ricevuto da Eric Spiderman e Batman alti 120 cm e ne sono entusiasti. Ian invece ha regalato loro due macchine fotografiche per fare delle foto e credo, tutto sommato, che sia il regalo che hanno apprezzato di più. Edna e Robyn hanno regalato loro delle cose per la scuola e altri supereroi, ora avrò la casa ancora più incasinata di prima.

 

“Papà invece ci ha regalato queste!”- spiega Joseph con le macchine fotografiche in mano.

 

Mio padre li guarda contenti ed è felice anche lui, ma credo che non sia ancora il momento adatto per fargli vedere Ian. Lo amava in qualche modo e dopo tutto quello che è successo potrebbe ucciderlo seduta stante perché ha fatto del “male” alla sua bambina. Mio padre ha sempre adorato sia me che Alex, ma… Per me ha sempre avuto un debole.
 

“E l’amico di mamma Spiderman e Batman!”- conclude Stefan indicando i supereroi.

 

Gli sguardi dei miei genitori si posano su di me e io divento rossa come un pomodoro. Solo Alex e pochi altri sanno che mi sto frequentando con Eric e i miei genitori, ovviamente, non lo sanno perché credo che sia relativamente presto. Fortunatamente i bambini trascinano i miei genitori in giro per la sala per mostrare loro tutti i nuovi giochi che hanno ricevuto e non sanno ancora che domani ne riceveranno altri visto che il cast ha preparato una festa a sorpresa per loro e, ovviamente, l’idea è stata interamente di Candice, non poteva essere altrimenti.

La voce di mia madre mi riscuote dai miei pensieri.

 

“Che cosa farete oggi?”- mi domanda.

 

Mi ero scordata di dirle che andremo con Ian all’acquario, ovviamente non è colpa mia visto che non lo sanno nemmeno i bambini. La prendo in disparte mentre i bambini stanno facendo delle foto ad Alex e a mio padre.

 

“Ian ha deciso di organizzare una sorpresa per i bambini, loro non sanno niente.”- le spiego. -“Li porteremo all’acquario.”

“E’ un’idea carina.”- mi sorride. -“Tu e lui quindi?”

“Si, lui ed io. Dov’è il problema?”- le domando.

“No, niente…”- mormora, poi mi accarezza una guancia. -“Sono felice che tu e Ian abbiate chiarito, ma non vorrei che i bambini si abituassero troppo a vedervi insieme. Lui ha una moglie tesoro, non dimenticarlo.”

“Non serve che tu me lo ricorda.”- le dico amareggiata abbassando lo sguardo.

“Non lo dico per ricordartelo, ma per evitare che tu ti faccia del male. Da quando avete chiarito sei… Più te. In questi anni ti ho visto più volte triste e credo che i gemelli in qualche modo ti abbiano risollevata. Non voglio che facciate di nuovo lo stesso errore…”- mi dice.

 

E le sue parole non sono assolutamente false, tutto è vero di quello che ha detto, ma io non ho nessuna intenzione di mettermi con Ian. Insomma, lui ha una moglie e non è interessato a me visto che ci siamo lasciati più di sette anni fa, quindi non capisco dov’è il problema. Ian ha anche accettato di vedermi con Eric, quindi questo vuol dire che a me non è interessato e mi va bene così, l’importante è che ci sia per i bambini.

 

“Lo so, mamma.”- sorrido di sbieco. -“Lui ha altro a cui pensare, l’importante è che ci sia per i bambini.”

“Certo, questo lo so anche io.”- annuisce, poi il suo sguardo si fa più curioso. -“Chi è questo amico di cui i bambini parlano tanto?”

 

Rimango con la bocca leggermente spalancata indecisa se parlare o meno. Non è che non voglia dirglielo, aspettavo di parlargliene quando tutto si sarebbe fatto più solido e più tranquillo e non adesso.

Sono sicura di quello che sto facendo, ormai mi sono abituata all’idea di creare qualcosa di nuovo, ma è ancora tutto così indeciso. Siamo usciti insieme qualche volta -nell’ultimo periodo molto più spesso- e si è integrato anche nel cast, ma volevo fare una presentazione comunque più accurata.

 

“E’ un amico.”- le rispondo evasiva.

“E se è solo un amico perché stai sorridendo con una faccia da pesce lesso?”- mi domanda sorridendo sorniona cogliendomi sul fatto. -“Ha fatto un regalo anche ai bambini.”

“Perché un mio amico non può fare un regalo ai miei figli?”- le domando.

“Si, certo, ma rimane il fatto che stai ancora sorridendo.”- mi punzecchia.

“E va bene…”- borbotto imbarazzata. -“Forse è più di un amico. Ci stiamo frequentando da due mesi, più o meno. Usciamo ogni tanto insieme e l’ho invitato anche alla messa in onda della prima puntata. Con lui sto bene.”

“L’importante è che non ti faccia soffrire e sono contenta per te.”- mia madre mi abbraccia e mi posa un bacio sulla fronte. -“Me lo presenterai un giorno?”

“Certo.”- le sorrido.

 

Sento il mio telefono squillare -segno che mi è appena arrivato un messaggio- e il nome di Ian compare sullo schermo facendomi sospirare. Afferro il telefono e mi affretto a leggere il messaggio.

 

Sto sistemando le ultime cose e poi ho finito. Potete venire quando volete, Nikki non c’è, è dai genitori a LA.

Xoxo Ian.


 

Tiro un sospiro di sollievo nel leggere che Nikki non è in casa, almeno non ci saranno problemi.

Vado dai bambini in sala e dico loro di prendere gli zainetti, di mettersi le scarpe e gli aiuto con i bottoni del giubbotto. Mia madre spiega ad Alex e a mio padre che non ci saremo per tutto il giorno e un po’ mi dispiace per papà visto che è venuto principalmente per i gemelli per festeggiare il compleanno, ma ormai abbiamo organizzato tutto.

 

“Mamma, dove stiamo andando?”- mi domanda Stefan mentre siamo in macchina.

“Da papà.”- rispondo solo mentre continuo a guidare.

“Come da papà?”- mi domanda Joseph. -“Quindi dopo tu andrai via?”

 

Guardo dallo specchietto e vedo che le loro espressioni si sono fatte improvvisamente tristi.

 

“No, non andrò via.”- sorrido. -“Abbiamo preparato una piccola sorpresa per voi.”

“Davvero?”- domanda Joseph eccitato.

“Io odio le sorprese!”- borbotta Stefan incrociando le braccia al petto.

“Sono sicura che questa ti piacerà.”- gli dico mentre parcheggio la macchina.

 

Invio un messaggio a Ian e gli dico che siamo giù e lo stiamo aspettando. So dove abita di preciso, ma non me la sento di entrare in casa sua ed invadere il loro spazio, non ne ho la forza. Fortunatamente non ci invita a salire e qualche minuto dopo lo vedo scendere tutto trafelato preoccupato di essere in ritardo. Non appena i bambini lo vedono scendono dalla macchina euforici e lo abbracciano, mentre sento Ian fare loro gli auguri di compleanno e chiedere se i regali -le due macchine fotografiche- sono state un successo.

 

“Ciao.”- mi sorride.

“Ciao anche a te.”- gli sorrido anche io. -“Che macchina prendiamo?”

 

Dopo qualche minuto di “discussione” su che macchina prendere optiamo per la sua, visto che è più grande e ci sono già delle cose caricate sopra che molto probabilmente ci serviranno una volta arrivati all’acquario. I bambini si siedono dietro e Ian mi aiuta ad allacciagli le cinture, mentre io sinceramente non so dove sedermi. Con la mia macchina era diverso, il posto del passeggero -quando ha guidato Ian- era mio di diritto, ma qui… Mettermi davanti sarebbe un controsenso.

 

“Vuoi rimanere qui a contare le finestre?”- mi dice ilare Ian. Mi indica il posto del passeggero, accanto a lui. -“Siediti lì, non mordo mica.”

 

Alla fine cedo e mi siedo accanto a lui. Partiamo in direzione dell’acquario mentre i bambini continuano a chiedere dove li stiamo portando, ma ovviamente non possiamo dire nulla altrimenti rovineremo loro la sorpresa. La radio è accesa e si sente solo la voce di sottofondo, ma quando entrambi riconosciamo la canzone di Ed, Kiss Me*, i nostri respiri si fanno più accelerati e allora capisco che anche lui sta pensando a quello che penso io. Questa è la canzone, forse una delle più belle di tutto The Vampire Diaries, dove la situazione tra Damon ed Elena si è sbloccata e io e lui ci siamo dati alla pazza gioia in quel periodo dove tutto era ancora rose e fiori. E fa male ascoltare le parole della canzone sapendo tutto quello che è successo e cosa eravamo prima che tutto questo accadesse, per questo entrambi facciamo per spegnere la radio, in modo da interrompere la canzone, e le nostre mani si scontrano facendomi provare una specie di scossa. Le nostre mani rimangono lì per qualche secondo mentre i nostri occhi si incontrano imbarazzati e carichi di cose non dette, ma il momento magico viene interrotto da Joseph che domanda quando siamo arrivati e allora riportiamo lo sguardo fisso sulla strana come se non fosse successo nulla, ma in realtà non è così.

Arriviamo all’acquario dieci minuti dopo e facciamo scendere i bambini che si guardano attorno confusi e curiosi per capire dove gli abbiamo portati. Quando finalmente riescono a leggere Acquarium i loro occhi si illuminano di felicità e si guardano negli occhi per qualche istante.

 

“Piaciuta la sorpresa?”- domanda Ian visibilmente contento per la reazione dei gemelli.

 

I bambini annuiscono soltanto ed abbracciano entrambi con tale irruenza da farci cadere quasi a terra.

 

“E’ fantastico!”- escalam Joseph.

“E’ una sorpresa bellissima!”- continua Stefan.

“Hai visto?”- domando a quest’ultimo accarezzandogli la testa. -“Ho detto che questa sorpresa ti sarebbe piaciuta.”

 

Prendiamo i bambini per mano, dopo aver preso l’occorrente che ci servirà per la giornata, andiamo all’interno dell’acquario che si rivela più grande del previsto. Ian parla con il proprietario e prende gli ultimi accordi, poi ci dirigiamo insieme in una stanza dove appoggiamo tutte le nostre cose e, visto che non c’è nessuno, non ci sono problemi.

 

“Da dove cominciamo?”- domanda Stefan eccitato.

“Da dove volete.”- risponde Ian sorridendogli e tira fuori dalla tasca la piantina dell’acquario con tutti i luoghi da visitare. -“Potete scegliere qualsiasi cosa.”

“Io voglio vedere i pinguini!”- interviene Joseph.

“Ma io voglio vedere le foche!”- ribatte Stefan.

 

Ecco, lo sapevo. Su queste cose litigano sempre, ma non possiamo sdoppiarci o dividerci, è ancora mattina e abbiamo tempo per fare tutto, quindi devono decidere insieme.

 

“Dovete decidere insieme.”- intervengo io per calmare gli animi. -“Abbiamo tempo e vedremo ogni cosa, però dovrete mettervi d’accordo.”

“Va bene, andiamo a vedere i pinguini.”- borbotta Stefan.

“Andiamo a vedere le foche.”- borbotta Joseph.

“Cosa dicevi sul mettersi d’accordo?”- mi schernisce Ian divertito. -“Siamo al punto di prima.”

 

Ian continua a ridacchiare e lo fulmino con lo sguardo.

 

“Bene, allora decidi tu.”- dico passandogli il testimone.

 

 

Mezz’ora dopo decidiamo di andare a vedere per prima cosa tutti i pesci e Ian ci accompagna in una stanza enorme che contiene vari tipi di pesci dai mille colori. Ce ne sono tantissimi in ogni acquario e i bambini corrono per tutta la stanza da un acquario all’altro per vederne il più possibile e fanno a Ian mille domande -non abbiamo preso una guida perché Ian sa tutto sugli animali e trovo carino che insegni delle cose ai suoi figli.

 

“Guarda Stef!”- urla Joseph indicando dei pesciolini arancioni. -“Sono come Nemo!”

 

Joseph corre vicino a Stefan e si mette ad osservare i pesci.

 

“Si chiamano Pesci pagliaccio.”- dice loro Ian mentre Stefan e Joseph annuiscono interessati. Ian si volta verso un altro acquario ed indica un altro tipo di pesce. -“Quello è un pesce palla.”

“Ma papà”- obietta Stefan. -“non assomiglia per niente a una palla.”

“Questo tipo di pesce si gonfia soltanto se si sente minacciato.”- spiega Ian. -“Ora è tranquillo, quindi è normale.”

“Ma io volevo vederlo…”- borbotta Joseph.

“Tesoro, non dobbiamo disturbare un povero pesce.”- gli dico dolcemente inginocchiandomi di fronte a lui. -“Siamo qui per vederli e per lasciarli in pace, ricordi?”

 

Joseph annuisce e mi da un bacio sulla guancia poi va a vedere altri tipi di pesci insieme a Stefan. 

Passiamo da una vasca all’altra, poi arriviamo in una sala dove ci sono numerosi granchi di tutte le dimensioni e mi vengono i brividi a pensare che alcuni sono stati trovati nelle nostre spiagge vedendo quanto sono grossi.

 

“Non ti mangiano mica Neens!”- ridacchia Ian divertito alle mie spalle.

“Qui no. Ma in mare si.”- borbotto.

“Non penso proprio.”- mi dice sorridendo. -“Hai intenzione di non entrare più in acqua?”

“Assolutamente si.”- incrocio le braccia sotto il seno. -“Non voglio incontrare quei mostri.”

 

Dico indicando un  granchio enorme con le chele alzate. Assolutamente no, non andrò mai più al mare.

 

“Ma mamma!”- mi rimprovera Joseph. -“Se li lasci lì non ti fanno niente.”

“Si, ma non voglio sfidare la sorte.”- ribatto facendo una smorfia e sento che i gemelli e Ian ridono alle mie spalle.

 

Dai granchi passiamo a vedere i cavallucci marini, i serpenti d’acqua -altra cose che mi fa capire che non andrò più al mare-, vari tipi di alghe e coralli, per poi arrivare in una sala a cielo aperto dove tengono i pinguini e lì i miei occhi diventano a cuoricino nel vedere quei cosetti carini e coccolosi appiccicati tra di loro per riscaldarsi e i bambini sembrano del mio stesso avviso visto che non staccano gli occhi dai pinguini.

 

“Sono…”- inizia Joseph.

“Bellissimi.”- termina Stefan.

“Ma perché stanno così vicini?”- domanda Joseph. -“Hanno forse freddo?”

Stanno vicini per riscaldarsi, si.”- conferma Ian, poi indica due pinguini e vedo due piccole testoline sbucare da tutto quel pelo bianco. -“Quelli sono dei cuccioli di pinguino.”

 

E allora i gemelli iniziano a ripetere a macchinetta quanto sono carini -e io non do loro assolutamente torto- e di quanto vorrebbero accarezzarne uno, ma giustamente capiscono anche loro che devono stare con la loro mamma e in un ambiente più protetto e mi stupisco del loro ragionamento, ma sorrido anche orgogliosa.

E’ quasi l’una quando decidiamo di iniziare a mangiare qualcosa perché il giro è ancora lungo visto che mancano ancora gli squali, le foche, i trichechi insieme ai leoni marini, i delfini e penso che ci sia anche un’orca** se non ho capito male.

Quando abbiamo finito di mangiare continuiamo con il nostri giro e finalmente accontentiamo anche Stefan e andiamo nella sezione dedicata alle foche e ce ne sono tantissime, insieme a dei cuccioli di foca tutti bianchi che sembrano fatti di cotone.

 

“Sono tutti bianchi.”- esclama emozionato Stefan indicando i cuccioli di foca. -“Cambiano colore quando crescono?”

“Certamente. Il bianco permette loro di mimetizzarsi con la neve e il ghiaccio in modo da sfuggire ai predatori.”- spiega Ian.

“Chi potrebbe mai mangiare le foche?”- domanda Joseph sbigottito.

“Qui in America nelle spiagge ci pensano gli squali, ma molto spesso sono le orche a mangiarle.”- spiego loro accarezzando ad entrambi la testa.

 

Stefan si aggrappa alla mia maglietta triste.

 

“Ma non è giusto, mamma.”- mormora.

 

Gli sorrido dolcemente.

 

“E’ la vita tesoro. Anche le orche e gli squali devono mangiare, funziona così la catena alimentare.”- cerco loro di spiegare.

“Così come le foche e i pinguini mangiano i pesci.”- termina Ian.

 

Rimaniamo un altro po’ a guardare le foche e i bambini si divertono, come hanno fatto per tutta la mattinata, a fare le foto agli animali. Visitiamo anche i trichechi, dei simpatici animali con delle strane zanne, poi arriviamo nella vasca dello squalo e qui i gemelli lo guardano affascinato. Non è una cosa da tutti i giorni vedere uno squalo bianco e pochi centimetri di distanza separato solo dal vetro. Ed è inquietante vederlo mentre nuota all’interno della sua vasca in modo quasi circolare, mentre i bambini lo guardano incantati. E penso a quante persone muoiono ogni anno per colpa sua, in generale, e la cosa mi fa rabbrividire.

 

“E’ fantastico!”- esclama Stefan indicandolo.

 

In questo credo che abbiano preso da Ian.

A me mette solo paura.

 

“Si, è il più grande predatore di tutti i tempi!”- dice Joseph adorante.

“A dir la verità c’è un predatore più grande di lui e si trova proprio qui.”- interviene Ian.

“Davvero?”- domanda Joseph a bocca aperta.

“Si, andiamo a vederlo.”- dice Ian e ci incamminiamo verso un’altra stanza.

 

Penso proprio che ci stia portando dall’orca e qui si va dal male in peggio. Se lo squalo mi incuteva paura questa mi incute terrore. La vasca che contiene l’orca è enorme e si trova praticamente all’aperto e davanti a noi ci sono delle tribune dove sicuramente di solito le persone si siedono per assistere ai vari spettacoli. Vediamo l’orca subito dopo, in realtà notiamo la pinna nera che si erge sull’acqua.

 

“Eccola lì!”- dice Ian indicando con un dito la pinna dell’animale.

 

Ci avviciniamo piano alla grande vasca e i bambini ci chiedono di prenderli in braccio per vedere meglio e io e Ian li accontentiamo. Rimangono sbalorditi di vedere l’enorme animale acquatico e meravigliati di quanto sia bello e intuisco, dalle loro parole, che questo, fino ad ora, sia il loro animale preferito. Rimaniamo circa dieci minuti ad osservare il povero animale all’interno della grande vasca e vediamo più volte la sua testa uscire, poi ci dirigiamo verso la vasca con i delfini.

Ora sono finalmente più tranquilla perché i delfini non mi incutono terrore e sono veramente degli animali molto socievoli.

I bambini si avvicinano al bordo della grande vasca e i delfini si avvicinano a loro.

 

“Possiamo fare delle foto anche a loro?”- domanda Joseph con la macchina fotografica in mano.

“Io avevo intenzione di fare qualcosa di meglio.”- sorride loro Ian guardandomi. 

“Che cosa?”- domanda Stefan visibilmente curioso

“Andiamo, forza.”- dice Ian.

 

I bambini lo seguono a ruota curiosi ed eccitati, mentre io continuo a domandarmi cosa voglia fargli fare.

Spero solo che non abbia intenzione di fare qualcosa di pericoloso, ma mi fido di Ian quindi credo che farà vedere loro i delfini da più vicino. Ian parla con un ragazzo che avrà all’incirca vent’anni e con una giovane vicino alla porta e quest’ultima ci fa cenno di seguirla.

I bambini si guardano emozionati attorno e il loro sguardo viene catturato in modo particolare da un delfino che continua a tenere il muso dall’acqua particolarmente interessato.

 

“Volete provare ad accarezzarli?”- domanda il giovane ai bambini.

“Mamma, possiamo?”- si rivolgono entrambi a me.

 

Guardo Ian per qualche istante preoccupata, ma alla fine mi convinco e annuisco sorridendo ad entrambi. I delfini sono animali buoni ed adorano i bambini, quindi non credo che bisogna preoccuparsi.

In realtà sono preoccupata, si, sono sempre animali, ma mi fido delle intenzioni di Ian, perché evidentemente lo sapeva, quindi guardo i bambini che si avvicinano cautamente agli animali. Il ragazzo aiuta i bambini ad accarezzare i delfini a giocare con loro e non li ho mai visti più felici di così.

 

“Si stanno divertendo.”- constata Ian accanto a me.

“Parecchio.”- annuisco felice. -“Credo che sia il loro miglior compleanno questo e ti devo ringraziare.”

“Non mi devi ringraziare, ho solo pensato che questa fosse un’idea carina per loro e qualcosa di nuovo.”- mi dice leggermente imbarazzato.

“Grazie comunque.”- dico soltanto.

 

Andiamo via dall’acquario quasi alle 7.00 pm e andiamo a casa di Ian visto che ho lasciato la macchina lì.

Ci salutiamo e ci diamo appuntamento per domani sul set dove Julie ha detto che deve annunciare grandi novità e io e i bambini torniamo a casa.

 

 

 

*credo che tutti i fan Delena più accaniti l’abbiano ascoltata più e più volte con la scena in sottofondo. La canzone fa da colonna a una delle scene più belle di tutto TVD, quando Elena, ormai vampira, balla con Damon al pensionato e poi per la prima volta Damon ed Elena fanno l’amore.

** Non è surreale, in America esistono veramente gli acquari con le orche che, a mia opinione, sono degli animali fantastici e non adatti, visto la loro stazza, a stare negli acquari ^^



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Buon fine settimana a tutte, eccomi qui con il nuovo capitolo, un po' in ritardo rispetto al solito, visto che pubblico sempre nel primo pomeriggio, ma oggi sono stata via tutto il giorno, ma tranquille, non mi sono dimenticata di voi ^^
Questo è il capitolo più lungo che abbia mai postato di questa storia -ce ne sarà uno più lungo avanti, capirete voi quale quando lo leggerete- ed è un capitolo veramente tranquillo, il compleanno dei bambini. Non poteva essere certamente movimentato, ma credo che questo capitolo ci sia veramente voluto ed inoltre sembrano una famiglia unita, anche se in realtà non è proprio così.
Nella prima parte del capitolo è arrivato il padre di Nina, non mi ero certamente dimenticata di lui come avete visto, ed ha davvero un bel rapporto con i bambini. I bambini raccontano, per sbaglio, che c'è un amico nel cuore di Nina e Michaela vuole subito sapere (come farebbe ogni mamma!), ma la nostra Nina ci va con i piedi di piombo perchè prima vuole essere sicura di tutto -non che sia convinta di Eric, ma si frequentano ancora come 'amici'.
Il resto del capitolo è relativamente tranquillo, togliendo la parte in macchina (ditemi che avete riconosciuto la canzone, vi prego ahahahaha) e a quanto pare i due sono ancora connessi in qualche modo.
Ecco, non ho nient'altro da dire, solo che sarà veramente importante la novità di Julie :)
Ringrazio le fantastiche dieci ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, finalmente le visite e le recensioni sono di nuovo aumentate, così come le persone che inseriscono la storia tra le varie liste e sono assolutamente felice di questo!
Ci vediamo lunedì 17 agosto, alla prossima <3


 

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Capitolo 37
*** News. ***


                                                News.



Thirty-Seventh Chapter.

Pov Nina.

Arrivo sul set in ritardo perché, dopo aver accompagnato i bambini a scuola, ho trovato del traffico per questo, dopo aver parcheggiato la macchina, arrivo alla sala riunioni di corsa e con il fiatone. Quando apro la porta trovo tutti gli occhi puntati su di me e sorrido imbarazzata.

 

“Sei nuovamente in ritardo Nina.”- sbuffa Julie scuotendo la testa.

“Ho trovato… Traffico.”- le rispondo in affanno andandomi a sedere tra Candice e Phoebe. -“Scusatemi.”

“Non preoccuparti.”- mi sorride dolcemente Kevin. -“Stavamo giusto per parlarvi di una cosa importante.”

 

Guardo Candice e Phoebe per sapere di che cosa stavano parlando, ma mi dicono che nessuno ha detto ancora nulla. Che cosa dovrà esserci di così importante?

 

“Come sapete dicembre è periodo delle Convention. Ne abbiamo organizzata una verso metà novembre perché in dicembre non abbiamo molto tempo per andare in giro.”- dice Caroline.

 

Non ho mai amato andare molto alle Convention, non dopo tutto quello che è successo, e comunque non ci andrei comunque a causa dei bambini. Con la fortuna che ho sicuramente non sarà in America, magari in Europa, e non me la sento di lasciare i bambini. 

Quindi credo che me ne starò a casa o qui a girare.

 

“Fantastico!”- interviene Daniel. -“Dove sarebbe?”

“In Inghilterra. A Londra per la precisione.”- ci informa Julie.

 

Ecco, l’avevo detto io.

 

“Sarà una Convention di The Vampire Diaries e di The Originals, come abbiamo sempre fatto.”- ci spiega Kevin. -“Quindi saremo in parecchi.”

“Per The Originals abbiamo pensato a Phoebe, Claire, Joseph, Daniel, Leah e Danielle. Ovviamente vedremo se aggiungere altre persone o meno.”- ci spiega Julie mentre i diretti interessati annuiscono.

“Per The Vampire Diaries abbiamo pensato a Kat, Michael…”- Julie sospira. -“Candice ovviamente è fuori discussione visto lo stato avanzato della gravidanza. Poi a Matt, Zach e beh… Ian, Paul e Nina.”

 

Ho appena veramente il mio nome uscire dalla bocca di Julie?

Quante volte le ho detto che non voglio andare alle Convention?

Ma non voglio nemmeno intervenire adesso e rovinare tutto, quindi annuisco soltanto sotto lo sguardo leggermente confuso di Ian per non rovinare il momento. Parlerò dopo con Julie.

 

“Si sta parlando della penultima settimana di novembre, quindi non prendetevi impegni. Sarà una Convention importante in quanto è la prima dopo tanto tempo e sapete quanto ci teniamo a fare le cose per bene.”- continua Caroline.

 

Mi sto sentendo decisamente in colpa per non volerci andare, ma non me la sento di lasciare da soli i miei figli. Certo, starebbero con mia madre e magari anche con la madre di Ian -i bambini si sono già affezionati a lei in una maniera impressionante- ma mi mancherebbero troppo e non mi sono mai separata da loro per troppo tempo. In realtà non sono mai andata via senza di loro, le uniche volte che non li vedo sono perché i bambini sono a scuola e io al lavoro, e poi hanno solamente sette anni.

Non mi accorgo nemmeno che la riunione è finita fino a che Candice non mi appoggia una mano sulla spalla.

 

“Neens, va tutto bene?”- mi sussurra all’orecchio.

“Stavo… Pensando…”- sospiro.

“Ti va di parlarmene con una bella tazza di the davanti?”- mi domanda dolcemente.

 

Annuisco e, quando Julie rompe le righe e gli altri se ne vanno a girare, io e Candice andiamo alle macchinette. Lei prende un the, mentre io prendo un caffè di cui ho realmente bisogno. Ci sediamo sui divanetti e la mia amica bionda mi invita a parlare e io decido di confidarmi con qualcuno.

 

“Penso che non andrò alla Convention.”- esordisco così.

“Nina, non puoi mancare alla prima Convention di TVD dopo così tanto tempo.”- mi ammonisce dolcemente, ma poi sembra comprendere. -“E’ per i bambini?”

“Si, insomma…”- sospiro torturandomi le mani. -“Non li ho mai lasciati da soli e anche se starebbero con mia madre, e la madre di Ian, non me la sento.”

“Staranno bene, vedrai.”- mi sorride accarezzandomi un braccio. -“Saranno solo pochi giorni.”

“Non me la sento di andarci, io”- mi blocco per qualche istante passandomi una mano tra i capelli. -“… Sai che non mi piace quell’ambiente.”

“Solo perché sei stata aggredita* una volta non vuol dire che accadrà di nuovo. Secondo me dovresti riprovarci, e poi sarebbe veramente bello per i fan vederti di nuovo ad una Convention, sarebbe una seconda occasione.”- mi dice Candice dolcemente.

 

So che Candice ha ragione e tutto quello che è successo è solo acqua passata. Per anni ho lottato contro il sentimento di andare in giro per le Convention per i fan, ma alla fine non ci sono mai andata e so che molti se la sono presa per questo e penso che infondo abbiano ragione.

Ma so anche che per Julie questa Convention è veramente importante, perché è la prima apparizione pubblica dopo otto anni, e avere di nuovo il trio insieme sarebbe fantastico, ma in realtà forse la mia paura è un’altra. Come dovrei comportarmi di fronte a migliaia di persone con Ian? Quando ci siamo lasciati abbiamo sempre ribadito di essere in ottimi rapporti, cosa non veritiera a parte andare a letto insieme, ma le persone non sono stupide e si sono accorte di tutto questo distacco. Ora siamo molto più in sintonia di prima, ci troviamo bene insieme, abbiano instaurato un rapporto molto bello e tranquillo -cosa che mi mancava molto- e mi troverei parecchio in imbarazzo insieme a lui ad una Con. Siamo ancora in un campo instabile, potremmo andare d’accordo come no e farci vedere insieme, quando lui è sposato, potrebbe alimentare le fantasie dei fan e io non voglio questo. Ian ha così tanti problemi, non voglio che ne nascano altri. 

Dall’altra parte sarebbe bello riprovare e vedere come va a finire.

 

“Provaci, Nina. Credo che sia un’occasione fantastica anche per te.”- mi suggerisce Candice. -“Potrai svagarti un po’ da tutti. Mi dispiace non venire.”

“Dispiace anche a me, ma l’importante è che voi stiate bene.”- le appoggio una mano sul pancione e sento un piccolo colpetto che mi fa sorridere spontaneamente. -“Si è mosso.”

 

Gli occhi di Candice si illuminano di amore materno e annuisce raggiante.
 

“Ultimamente si muove molto spesso e credo che sia un bene.”- mi sorride. -“Ma mi sento parecchio grossa.”

 

Effettivamente è un po’ difficoltoso portare un bambino per nove mesi, soprattutto quando la pancia comincia a crescere a dismisura e io a quasi otto mesi avevo un pancione più grande di quello di Candice visto che stavano crescendo due bambini dentro di me. Ma l’emozione che provavo ogni volta che sentivo un piccolo movimento dentro di me era grandissima e ogni dolore e la stanchezza spariva nel nulla.

Credo che diventare e essere madre sia la cosa più bella del mondo.

 

“Tra poco sarà tutto finito.”- le sorrido.

 

 













 

                                                                                * * *















 

 

Julie mi è quasi saltata in braccio quando le ho detto che sarei andata anche io a Londra perché mi aveva vista poco convinta, ma ovviamente la conferma arriverà soltanto dopo averne parlato con i bambini perché devono esserne convinti anche loro. Ovviamente non li porterò con me, ma comunque sarà difficile per loro, almeno credo, per questo ho bisogno di parlarne e credo che lo farò questa sera.

Finalmente ho finito di girare le ultime scene e mi getto esausta sul divanetto del mio camerino. Non so per quanto tempo chiudo gli occhi, ma sono costretta ad aprirli quando sento il rumore incessante di pugni sulla porta.

 

“Avanti.”- biascico assonnata.

 

La porta si apre rivelandomi la figura possente di Ian che mi fissa mortificato.

 

“Scusami, non volevo svegliarti.”- mormora.

“Non preoccuparti, mi stavo solo riposando un po’.”- gli sorrido. -“Ti serve qualcosa?”

 

Ian si siede sulla sedia di fronte a me e mi fissa corrucciato.

 

“Verrai in Inghilterra?”- mi domandò incerto.

“Julie non te l’ha detto?”- gli domando sorpresa.

 

Credevo avesse già annunciato i nomi di chi sarebbe andato e di chi non sarebbe andato alla Convention.

 

“No, non ci ha detto nulla.”- mi dice. -“Non verrai, vero?”

“Ti piacerebbe.”- scherzo. -“Verrò.”

“Davvero?”- mi domanda spalancando gli occhi.

“Credo che mi possa fare bene. Svagarmi un po’ da tutto, penso.”- gli rispondo.

 

Ian annuisce sorridendomi sornione, poi però mi fissa incerto.

 

“E i bambini?”- mi domanda. -“Se andrai in Inghilterra allora starò io qui. Credo che sia giusto così.”

“Non devi rinunciare all’Inghilterra per i bambini, staranno con mia madre o con la tua.”- gli sorrido. -“Stasera ne parlerò con loro e credo che accetteranno.”

“A proposito di questa sera…”- mormora. -“Volevo chiederti se i bambini potevano stare da me. Ovviamente li verrò a prendere quando avrai detto loro dell’Inghilterra. Nikki non c’è e volevo stare un po’ con loro.”

 

Noto un po’ di malinconia e di tristezza della sua voce e mi domando perché ultimamente lei sia sempre assente e Ian sempre così solo, ma cerco di trattenermi perché non sono affari miei e non devo intromettermi su queste cose.

Ovviamente i bambini andranno da lui, è giusto che stiano anche con Ian.

 

“Certo che possono venire da te, non preoccuparti.”- gli sorrido.

 

Ian mi rivolge un sorriso di gratitudine, si alza e si dirige verso la porta. Vederlo così abbattuto e afflitto da qualcosa mi fa male.

 

“Ian, va tutto bene con Nikki?”- gli domando.

“Penso… Di si…”- mormora soltanto prima di andarsene.

 

E capisco che non ne vuole parlare  e penso di non essere la persona adatta per questo. Lui è il mio ex, io per lui sono soltanto la madre dei suoi figli e avrà sicuramente qualcun altro con cui confidarsi e parlare dei suoi problemi, ma vederlo così triste è un colpo al cuore perché piano piano sta perdendo il sorriso che aveva una volta -il sorriso che riserva soltanto ai bambini quando si trova con loro. Perché ormai sono arrivata alla conclusione che sia felice solo con i bambini ed è una conclusione infelice, ma penso sia la verità. Ma lui ha scelto così e rispetto la sua scelta, solo vorrei che capisse che io per lui ci sono, mi costa ammetterlo, ma è così.



 

 

Un mese dopo.

 

Tra una settimana partiremo tutti per la Convention e i bambini sono felici di stare un po’ con mia madre, mio padre e anche con l’altra parte della famiglia di Ian. Hanno conosciuto i figli di Robyn e anche quelli di Robert, compreso Robert stesso, e tutti li hanno amati dal primo momento che li hanno visti. La relazione con Eric sta andando a gonfie vele, con lui mi trovo veramente bene, e sto scoprendo lati del suo carattere che prima non conoscevo e che apprezzo sempre di più. Caratterialmente siamo molto simili e spericolati e forse andiamo d’accordo per questo e non potrei esserne più felice. Due settimane fa ho visto per la prima volta casa sua, grande quasi quanto la mia, ed ho conosciuto anche suo fratello, un bambino dolcissimo e legato ad Eric in una maniera impressionante ed ha legato subito anche con i gemelli. 

I gemelli adorano Eric, ma non escludono assolutamente Ian, sanno perfettamente chi è il loro vero padre, ma sono felice che non escludano nemmeno Eric, invece la situazione con Nikki è sempre quella lì. Un po’ meno rigida, certo, ma non ai livelli di Eric e questo penso che faccia soffrire Ian, anche se in realtà lui e Nikki non sono mai insieme. Prima ogni tanto veniva sul set, ora, dopo le prime due settimane di riprese, non si vede più e non verrà neanche in Inghilterra per la mia gioia e ho la netta sensazione che tra di loro si sia rotto qualcosa. Credo che Ian non me ne voglia parlare per rispetto, penso, perché sa che ho sofferto parecchio per tutta la storia, ma a me piacerebbe ascoltarlo e magari aiutarlo, infondo voglio solo che lui sia felice perché penso che se lo meriti.

Si, sono strane le cose. Dopo tutto quello che è successo tengo ancora a lui, ma penso che sia ovvio perché quello che ci ha legato per anni non può sparire nel nulla, anche se ho l’impressione che lui se ne sia dimenticato.

Io invece sto tentando di fare chiarezza nella mia vita e nella direzione amorosa in cui sta precedendo e sono felice perché ho trovato qualcuno, dopo così tanto tempo, che mi ha fatto ritornare il sorriso e mia madre non vede l’ora di conoscerlo. L’ho detto ad Eric una volta e lui ha scherzato sul fatto di essere già diventato famoso con mia madre beccandosi una mia linguaccia.

 

“Penso che a Candice piaceranno.”- mi dice Phoebe indicando i regali sul mio divanetto. 

“Lo credo anche io. Tenerli a casa è improponibile, non saprei dove metterli.”- le sorrido.

“Dentro le valige.”- ridacchia Phoebe.

“Così dopo li porteremo in Inghilterra.”- ridacchio io.

“Ma ci credi?”- mi domanda. -“Andremo a Londra tutti insieme!”

“Credo sia fantastico!”- esclamo entusiasta.

“Spero solo che Rachel stia bene con mia madre. Mi preoccupa il fatto che Paul venga con me. Credo che voglia più bene a lui che a me.”- mormora.

Tonkin non dire stupidaggini!”- l’ammonisco. -“Vuole bene ad entrambi allo stesso modo, ma sai che le bambine sono più ‘attratte’ dai padri.”

“Forse hai ragione, come i gemelli con te. Adorano Ian, ma con te hanno una connessione speciale…”- continua.

 

Questo credo sia un caso diverso, Ian lo conoscono da meno, anche se tutti dicono che i maschi sono più legati alla mamma, ma comunque non hanno mai fatto preferenze e adorano Ian sopra ogni cosa.

 

“Non saprei.”- le rispondo con un’alzata di spalle.

 

Veniamo interrotte dallo squillare del mio cellulare. Sono quasi le nove di sera, chi potrebbe mai essere?

I bambini sono con mia madre e spero che non sia successo niente.

Tiro un sospiro di sollievo quando vedo il nome di Candice lampeggiare sullo schermo e mi affretto a rispondere.

 

-Ciao Can…-

 

Non faccio in tempo a finire la frase che la voce di Candice mi interrompe e la sento agitata.

 

-Nina… Mi… Mi si sono rotte le… Acque….- balbetta.

 

Oh merda. Credo che questa sia la volta buona e che il bambino voglia nascere sul serio. Doveva nascere a dicembre, ma i dottori l’avevano avvertita che molto probabilmente sarebbe nato prima e di non preoccuparsi perché è perfettamente in salute e perfettamente formato. Infondo sta nascendo con sole due settimane d’anticipo.

 

-Chi è con te?- le domando cercando di tenere la voce ferma.

-Jo, stiamo… Stiamo andando in ospedale…- mi dice in preda all’ansia.

-Devi stare calma, andrà tutto bene. Sapevamo che sarebbe nato prima. Dammi cinque minuti e sono da te.-



Non le lascio nemmeno il tempo di controbattere perché mi direbbe cose del tipo che non mi devo scomodare e altro, ma è la mia migliore amica e voglio esserle vicina, come lei ha sempre fatto con me. Inoltre so che si sta facendo prendere inutilmente dal panico e qualcuno di esterno, che non sia suo marito, le farà sicuramente bene.

Phoebe mi fissa cercando di capire cosa sia successo.

 

“Il bambino di Candice ha deciso di nascere oggi.”- le dico senza giri di parole. -“Devo… Andare da lei. Vieni con me?”

“Non c’è nemmeno da chiederlo!”- mi dice.

 

Usciamo come dei razzi dal mio camerino e credo che dovrei avvertire almeno qualcuno. Penso che Candice sia troppo agitata per aver telefonato a qualcun altro che non sia io, ma sto cominciando a farmi prendere dall’ansia pure io.

Mando un messaggio a mia madre avvertendola dell’accaduto e di tenere i gemelli con lei.

 

“Paul!”- sento Phoebe dire. 

 

Alzo lo sguardo e vedo Paul con Ian accanto e dietro di loro Julie con alcuni copioni in mano.

 

“Candice… Candice sta per avere il bambino.”- lo urlo quasi. -“Noi andiamo in ospedale.”

“Che cosa?”- domanda Ian visibilmente agitato. -“Veniamo con voi.”

“Julie, avvisa gli altri.”- le ordina Paul. -“Dopo raggiungeteci.”

 













 

                                                                               * * *















 

Non diamo nemmeno il tempo a Ian e a Paul di parcheggiare la macchina che io e Phoebe siamo già corse dentro l’ospedale lasciando gli altri due parecchio sconvolti. Pazienza, troveranno la stanza da soli, tanto ne saranno sicuramente capaci.

Chiediamo velocemente informazioni ad un’infermiera sui cinquant’anni che all’apparenza sembra simpatica e ci dice che Candice si trova nella stanza 224 e ci affrettiamo a raggiungere la stanza. Arriviamo in poco tempo al terzo piano e capiamo dov’è la stanza quando vediamo Jo seduto su una seggiola dell’ospedale.

 

“Nina, Phoebe.”- ci saluta.

“Ciao.”- gli sorrido. -“Dov’è Candice?”

“La stanno visitando, siamo arrivati poco fa.”- ci spiega grattandosi la testa. E’ agitato, come chiunque penso. -“Hanno detto che sta andando tutto bene, ma ci crederò soltanto quando sarà nato.”

“Vedrai che andrà tutto bene.”- gli dico appoggiandogli una mano sulla spalla. -“Io e Phoebe ci siamo già passate, stai tranquillo.”

“Anche io, ma qui è diverso. Ho sempre paura che possa accadere qualcosa.”- mormora.

“Andrà tutto bene, vedrai.”- cerca di consolarlo Phoebe.

 

Finalmente vediamo anche Ian e Paul che con affanno ci corrono incontro.

 

“E’ nato?”- domanda Ian beccandosi occhiatacce da me e Phoebe.

“Sai vero che ci vorranno delle ore?”- gli domanda Phoebe.

“Forse è meglio che me ne stia zitto…”- mormora sedendosi sulla sedia accanto alla mia.

 

Davanti a noi si prospetta una lunga nottata.
 

___________________________________________________

 

*Non so quanto sia veritiera la notizia, ma a quanto pare una volta Nina è stata aggredita ad una Convention (che è anche l’unica a cui abbia mai partecipato) ed è per questo che non ha più partecipato.




Buon inizio di settimana a tutte ed eccomi puntuale con il capitolo ^^
Non so chi di voi aveva immaginato la sorpresa-novità e come l'aveva immaginata, ma alla fine questa si rivela essere una Convention. Come spiegato sopra Nina non voleva andarci, ma alla fine, grazie anche a Candice, si è lasciata convincere e quindi il nostro cast andrà a Londra per un'intera settimana. Vediamo un altro momento Ian e Nina cerca di far sfogare Ian, ma lui decide di non confidarsi con lei. Con un Pov Ian questo verrà spiegato nel dettaglio, ma non l'ha fatto perchè sa che Nina, in qualche modo, non sopporta molto la questione matrimonio con Nikki e quindi non vuole turbarbla più di quanto non sia dovuto.
Ho fatto un salto temporale di un mese, perchè ne avevo bisogno, e vediamo come, attraverso la spiegazione di Nina, si è evoluta la storia con Eric, che sta andando a gonfie vele, e arriviamo alla nascita del bambino di Candice *___* 
Nel prossimo capitolo vedremo il continuo di questo e l'arrivo a Londra e... Ci sarà una cosa importante o, meglio, qualcuno si renderà conto di una cosa importante e penso che mi amerete u__u
Ovviamente non posso dire nulla, altrimenti rovinerei tutto!
Ringrazio le nove fantastiche ragazze che mi hanno lasciato parole bellissime :)

Avete visto i TCA questa notte? Io no, non avendo notizie certe di chi ci sarebbe stato ho preferito evitare, ma sono stata super felicissima che Nina abbia partecipato e che abbia vinto.
Il mio piccolo cupcake ha meritato di vincere, eccome se l'ha fatto, non potevano far vincere qualcun altro se non lei. Lei spicca sulle altre, ha qualità che altre non hanno, se non vinceva lei era da suicidarsi u.u 
Un po' mi è dispiaciuto per Candice, Emily (Felicity di Arrow), Jennifer (Emma di OUAT) e Danielle (Caitlin di The Flash), ma Nina è uno scalino superiore, sorry :')
Sono stata felicissima, inoltre, che Nina e Ian abbiano vinto come miglior bacio (c'erano dubbi?) e che TVD abbia vinto, ma sono rimasta amareggiata da una cosa veramente importante, una cosa che mi ha fatto capire, a malincuore, quando distacco si sia creato tra gli attori. Di tutto il cast, compresi anche chi era stato votato, è andata solo ed unicamente Nina. Tutti si aspettavano il fantastico trio, non erano mai mancati, eppure quest'anno è stato così. Avrò un'idea sbagliata, cattiva, ma ormai, da quando è successo tutto, da quando Ian si è sposato, si è creato un distacco enorme. Ian ha sbagliato, ma anche Paul, così come Candice e tutt gli altri. Mi rivolgo in particolar modo ai Salvabrother, perchè almeno uno dei due poteva esserci, sono rimasta delusa da entrambi. Potevano fare un video almeno, come ha fatto Grant di The Flash, ringraziando tutti e dicendo che erano impegnati, anche se così non è. Ian è in giro a scorrazzare, insieme alla moglie, su campi di grano, Paul in piscina con Phoebe. Lavoro non c'era, poi comunque potevano andare lo stesso come hanno sempre fatto. Forse Ian è meno accusabile perchè, giustamente, non poteva presentarsi senza Paul, non sapete che putiferio sarebbe scoppiato dai fan Somereed (anche se qui c'è da dire... Non puoi o non vuoi?). Sono rimasta amareggiata da Ian, l'amicizia con Nina è una falsa, ormai i rapporti sono più freddi dei ghiacci del Polo Nord, ma sono rimasta più male per Paul, a parere mio. Almeno lui, visto che non c'era Ian, poteva andare, affiancare Nina, magari scusandosi per Ian, e ritirare insieme il premio visto che sono rimasti molto amici, almeno credo. Forse ha coperto Ian, perchè se fossero andati in due, e non in tre, sarebba stato peggio, ma mandare Nina da sola non mi è piaciuto. Certo, sono stata felice per lei che si è portata a casa tre premi, ma almeno qualcuno doveva esserci! Su un'intero cast, almeno un'altra persona -o magari due-, poteva andare insieme a Nina visto che, da ormai un bel po', lei non ha più nulla a che fare con TVD.
Questo è il mio umile pensiero, non sto criticando nessuno, solo sono rimasta un po' amareggiata (com'è successo a gennaio), ma io non so nulla delle loro vite e questo può essere sbagliato, ma, ripeto, è solo il mio pensiero.
L'unica cosa di cui sono stata felice è stata Nina, lei ha brillato più di tutte e mi ha fatto scendere delle lacrime con il suo discorso. Sono stata contenta che a premiarla sia stata Victoria, ma vacci piano con la parola doppelganger eh ahahaha (chi ha visto il video della premiazione capirà!)
Oltre a lei c'era un altro ragazzo, che di cognome (o secondo nome?) faceva Austin... Coincidenze? Io non credo ahahaha
Bene, con questo ho detto tutto, ci vediamo giovedì 20 agosto!


 

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Capitolo 38
*** I still love you. ***


                                         I still love you.



Thirty-Eighth Chapter.

Pov Nina.

“Come ti senti?”- domando dolcemente a Candice.

 

 

Sono passate circa tre ore e le cose stanno procedendo velocemente, a quanto pare questo bambino ha fretta di nascere. I dottori hanno detto che sta andando tutto bene e, dopo aver lasciato un po’ di privacy a Can e a Jo, come giusto che sia, io e Phoebe le stiamo tenendo un po’ compagnia.

 

 

“Fa un male cane!”- sbotta dolorante.

 

 

Phoebe annuisce comprensiva perché sa quello che sta passando, mentre io sinceramente non lo so. Ho dovuto fare un taglio cesareo d’urgenza, quindi non so cosa si provi in queste situazioni, e forse è stato meglio così.

 

 

“Vedrai che tra poco sarà tutto finito.”- cerco di rassicurarla.

 

“Oh, lo spero.”- borbotta. -“Non ce la faccio già più. Perché non ho potuto fare un cesareo?!”

 

 

L’ennesima contrazione la colpisce e la vedo stringere i denti mentre io e Phoebe cerchiamo di farle forza.

Quando il dolore è passato si abbandona tra i cuscini del letto.

 

 

“Perché non ce n’è bisogno.”- le rispondo. 

 

“Ne sento io il bisogno!”- sbotta. -“La prossima volta che Jo verrà da me con l’intenzione di avere un altro bambino chiederò il divorzio!”

 

 

E spero sia il dolore a farla parlare così.

 

 

 

 

Pov Ian.

Jo è andato a prendere i suoi genitori all’aeroporto mentre quelli di Candice dovrebbero essere qui a momenti. Siamo solo io e Paul perché gli altri sono andati a prendere un caffè -per altri intendo Julie, Kat, i due Michael, Matt e Claire- e le ore sembrano non passare mai.

Nina e Phoebe sono dentro con Candice che ogni tanto sento imprecare e mi dispiace un po’ per lei perché credo che sia un’esperienza parecchio dolorosa. Solo non capisco perché ci vuole così tanto tempo.

 

 

“Ma perché ci vuole così tanto tempo?”- sbotto.

 

“E’ sempre così.”- mi spiega Paul più tranquillo di me.

 

“Non so come fai ad essere così tranquillo…”- mormoro.

 

“Ci sono già passato, ricordi?”- mi domanda sorridendo.

 

“Già… Anche Phoebe ci ha messo così tanto?”- domando.

 

“Sono passate solo tre ore, Ian. A quanto pare Candice è fortunata e non manca molto, per Phoebe ci sono volute otto ore.”- cerca di farmi calmare.

 

“Povere donne, non vorrei essere al loro posto…”- mormoro. -“Ogni tanto essere uomo è una fortuna.”

 













 

                                                                            * * *













 

 

Sono passate altre due due ore e l’orologio segna le dodici passate. Jo è con Candice, mentre in sala d’attesa siamo rimasti veramente in pochi perché giustamente ognuno doveva andare dalla propria famiglia.

Siamo io, Nina, Paul, Phoebe, Julie e Kat. Sono seduto tra Paul e Nina e quest’ultima sta cercando di tenere gli occhi aperti con tutte le sue forze, ma credo manchi poco prima che si addormenti.

 

 

“Noi andiamo a prendere un caffè.”- mi dice Paul intendendo anche gli altri. -“Voi due venite?”

 

“Io no…”- sbadiglia Nina.

 

 

Scuoto la testa anche io e gli altri vanno giù al bar, non me la sento di lasciarla sola. So che questo è un posto sicuro, ma comunque voglio che abbia qualcuno accanto, qualcuno che possa starle vicino e mi piace stare in sua compagnia. Ultimamente ho avuto sempre problemi, tra la fondazione e il mio matrimonio. Dio, odio perfino andare a casa nell’ultimo periodo e non è perché mi è preso così, ma la situazione sta diventando davvero insopportabile.

Nikki urla ogni secondo e sostiene che per me siano più importanti i miei figli che lei, visto che sono sempre con loro, ma cosa posso farci se loro sono i miei figli. Inoltre sostiene che tra me e Nina stia nascendo di nuovo del tenero e ho provato in ogni modo a dirle che non è vero e che Nina sta con un altro uomo, ma lei non mi ha creduto ed è andata alcuni giorni a LA dai suoi genitori -ormai passa più tempo lì che a casa con me.

E mi sono reso conto di aver trascurato anche i bambini per tutti i miei problemi e mi dispiace come cosa, ma Nina non me l’ha rinfacciato, anzi, penso abbia capito che questo periodo è stato difficile per me e non mi ha detto mai niente. Vorrei parlargliene, ma non lo faccio perché ho paura di ferirla perché so quanto l’argomento Nikki e matrimonio le faccia male.

 

 

“Saresti potuto andare…”- mormora Nina al mio fianco.

 

“E lasciarti qui da sola mezza addormentata?”- le domando con un lieve sorriso.

 

“Non mi avrebbe rapito nessuno.”- sbadiglia. -“Siamo in ospedale.”

 

“Non posso tenerti compagnia?”- le domando ridacchiando.

 

“Certo che puoi.”- mi dice sistemandosi meglio sulle seggiole verdi dell’ospedale. Appoggia la testa sulla mia gamba e si rannicchia in posizione fetale. -“Sai che puoi.”

 

 

Passiamo qualche minuto in silenzio, poi sento di nuovo la voce assonnata di Nina e mi volto per guardarla.

 

 

“Ultimamente ti ho visto distante…”- mormora alzando lievemente lo sguardo su di me. -“E’ successo qualcosa?”

 

“Non preoccuparti, ne parleremo un’altra volta.”- le sorrido. -“Ora sei incapace di intendere e di volere.”

 

 

La sua risposta non arriva neanche perché qualche minuto dopo è profondamente addormentata contro la mia gamba con i capelli che le ricadono sul viso. Gliene sposto un po’ per farla stare meglio e mi perdo per lunghi attimi ad osservarla respirare piano completamente assopita e distrutta da una giornata frenetica.

E certe volte mi domando come faccia a gestire tutto, dal lavoro ai bambini, dai bambini alla casa, ma trovo già la risposta perché lei è una donna dalle mille risorse e trova anche il tempo per preoccuparsi per gli altri e non per se stessa ed è questo quello che mi ha fatto innamorare di lei e perdere la testa, perché Nina per me c’è sempre stata e continua ad esserci sebbene ci siamo inevitabilmente separati.

E mi manca la vita che conducevo prima perché quella che ho vissuto fino adesso, dopo averla lasciata, non è stata neanche la metà di quei tre anni trascorsi con lei, i migliori anni della mia vita. E mi rendo conto, dopo tanto tempo, che pagherei oro per tornare indietro nel tempo e non fare tutte le cazzate che ho fatto per allontanarla. Perché quella sera, quando lei è venuta da me e io l’ho cacciata sapevo che dovevo fare in modo di allontanarla per sempre da me perché io, essendole accanto, le avrei impedito di spiccare il volo e diventare la grande donna che è in questo momento. Con me era ancora un po’ bambina e invece doveva vivere la sua vita e non correre dietro a me, troppo vecchio per lei. Ma la vita gliel’ho incasinata lo stesso anche troppo bene, lasciandola da sola e incinta. Ho scelto la via più facile, quella che mi comodava -sposare una donna che mi sbavava dietro pronta a darmi tutto quello che avevo sempre voluto- e non quella più difficile -correre dietro a Nina, adattarmi a lei e aspettare che lei si adattasse a me. E solo ora, dopo quest’ultime settimane, ho capito che la via più adatta era quella più difficile, era semplicemente Nina. 

Perché la nostra storia è sempre stata travagliata, piena di difficoltà e di persone che sostenevano che noi non potevamo stare insieme perché io ero troppo vecchio per lei e lei troppo giovane per me, ma noi abbiamo combattuto alla grande e stava andando tutto bene, ma io volevo che lei diventasse mia moglie ed ho combinato un disastro. Ma il destino ha voluto legarci e, per quanto questo ragionamento possa sembrare banale e insensato, ci ha dato due figli. Ci siamo incontrati di nuovo, dopo otto anni, e i miei sentimenti sono lì e mano a mano che il tempo passa stanno riaffiorando di nuovo perché io li ho solamente nascosti e stanno uscendo prepotentemente.

Io amo Nina, eccome se la amo. L’ho amata dal primo giorno che l’ho vista così piccola e indifesa stretta sul suo cardigan scuro, la prima volta che il nostro sguardo si è incrociato, la prima volta che l’ho sentita ridere, la nostra amicizia, le nostre uscite, la prima volta che ho capito di amarla molto più di un’amica e di voler stare veramente con lei, il nostro primo bacio, la prima volta che abbiamo fatto l’amore insieme, il nostro primo litigio, quando siamo andati a vivere insieme. Semplicemente ogni giorno il mio amore per lei cresceva sempre di più e credo che questi anni di lontananza l’abbiano aumentato ancora perché mi fa terribilmente male sapere che lei sta uscendo con qualcun altro quando vorrei solo che stesse con me. Vorrei essere la prima persona che guarda alla mattina e l’ultima che guarda alla sera e ora ne sono convinto più che mai, perché io amo Nina Dobrev.

La sento tremare leggermente per questo le appoggio la mia giacca di pelle nera sulle spalle in modo da coprirla un po’ di più e di farla stare al caldo.

Non so quanto tempo passa, ma alla fine tornano dal bar solo Paul, Phoebe e Julie.

 

 

“Vi abbiamo portat-”

 

 

Faccio segno a Paul di stare zitto indicando il corpo di Nina accanto a me.

 

 

“Tieni.”- mi porge una tazza di caffè. -“Quello di Nina lo daremo a Jo, penso che ne abbia bisogno.”

 

“Gli altri?”- domando piano per non svegliare Nina.

 

“Kat e Kevin sono andati a casa. Siamo solo noi qui.”- mi dice Phoebe appoggiando la testa sulla spalla di Paul.

 

 

E non so quanto tempo rimaniamo incollati nelle sedie dell’ospedale a fissare il muro bianco davanti a noi troppo stanchi perfino per parlare e in questo momento invidio tanto la donna accanto a me perché si addormenta in qualunque posto e in qualunque momento.

Ed è quando finalmente sentiamo un pianto di neonato che finalmente tiriamo un sospiro di sollievo.

E’ nato ed è sicuramente andato tutto bene.

Ci guardiamo tutti emozionati, compresi i parenti di Candice e Jo, venuti qualche ora fa, e scuoto piano Nina per svegliarla e per renderla partecipe.

 

 

“E’ nato.”

 

 

E’ la prima cosa che le dico quando apre piano gli occhi e non appena capisce l’importanza della notizia si tira subito a sedere e mi abbraccia di slancio lasciandomi veramente sorpreso. Non ribatto perché il calore del suo abbraccio mi fa bene, lei mi fa bene.

 

 

“Sono così felice.”- mormora.

 

“Anche io Neens, anche io.”- le dico stringendola un po’ più forte.

 

 

 

 

Una settimana dopo.

 

 

E’ stato difficile lasciare i bambini, ma so che staranno bene con i genitori di Nina -è tornato anche suo padre e non mi sopporta- e con mia madre, visto che Robyn è ritornata a casa. I bambini non hanno fatto così tanti capricci, ma credo di aver salvato la situazione promettendo loro tanti regali, beccandomi così un’occhiata assassina da parte di Nina, che sostiene che io li stia viziando davvero troppo, ma altrimenti non avrebbero mai smesso di dire che volevano venire con noi, ma non era nemmeno un’idea da prendere in considerazione visto che saremo sempre in giro a fare interviste, pannel e a firmare o fare foto. Twitter, Facebook e Instagram sono andati letteralmente nel pallone da quando abbiamo annunciato la Convention in Inghilterra, soprattutto quando sono usciti i nomi degli ospiti.

Siamo praticamente tutti in aeroporto, manca sempre la solita ritardataria, ma questa volta non posso accusarla perché sicuramente si trova ancora con i bambini. Io li ho visti questa mattina, poco prima di tornare a casa per preparare le valigie, ed è stato terribile, non immagino per Nina.

 

 

“Dove si è cacciata?”- borbotta Julie sospirando ormai esasperata.

 

 

Più le fa notare che ritarda sempre e più Nina ritarda, ma sono convinta che non lo faccia apposta.

Ed eccola lì mentre ci viene incontro con due valigie e con altrettante cose in mano.

 

 

“Non serve che ti dica che sei in ritardo, vero?”- le domanda Julie.

 

“No, mi dispiace.”- mormora lei. -“Andiamo?”

 

“Andiamo.”- dicono gli altri in coro.

 

 

Ci dirigiamo tutti insieme verso il check-in e, dopo che tutto ha filato liscio e aver messo giù le valigie, entriamo all’interno dell’aereo. Controllo il biglietto e abbiamo tutti i posti prenotati in prima classe e da quello che ricordo abbiamo l’intera prima classe prenotata solo per noi visto che siamo in parecchi. Il mio biglietto indica che devo sedermi al 23 A, mentre Paul è accanto a Phoebe -si trovano sul 25 A e sul 26 A- e mi domando che ci sia nel 24 A, vicino alla moglie del mio amico.

I miei dubbi vengono risolti quando, prima che possa sedermi, Nina si accomoda accanto all’amica e sembra non essersi accorta che io abbia il posto accanto al suo, ma credo che non si farà troppo problemi quando lo saprà. Così mi accomodo accanto a lei che si volta verso di me sorpresa.

 

 

“Non… Non sapevo che avessimo il posto vicino…”- mi dice titubante.

 

“Ti da fastidio?”- le domando leggermente preoccupato.

 

“N… No, certo che no.”- mi sorride.

 

“Siamo tornati ai vecchi tempi.”- le dico sistemandomi meglio e allacciandomi la cintura.

 

“Già.”- mi sorride di rimando.

 

 

Paul e Phoebe intanto stanno parlando tra di loro, così come tutti gli altri. 

I motori dell’aereo si accendono e io sobbalzo leggermente sul posto incollandomi quasi al sedile. Gli aerei mi hanno sempre messo in soggezione e sembra una cosa stupida visto che, essendo attore, ne ho presi così tanti in tutta la mia vita, ma non lo è. C’è chi ha la fobia dei ragni, degli insetti, soffre di vertigini, ha paura dell’acqua e io… Non sopporto molto volare per questo preferisco sempre dormire -le poche volte che ci riesco.

Nina si volta verso di me e mi sorride comprensiva.

Lei sa.

 

 

“Hai ancora paura di volare?”- mi domanda sottovoce.

 

 

Annuisco leggermente e lei mi spiazza. Mi prende la mano e la stringe forte con la sua e questo gesto, seppur insignificante, anche se per me non lo è proprio, ha il potere di calmarmi. Quando stavamo insieme lo faceva sempre e con lei tutto era più tranquillo e piacevole. Quando l’aereo è ormai in volo mi tranquillizzò un po’ ed allora Nina lascia la mia mano.

 

 

“Grazie.”- le dico.

 

 

Nina mi sorride, poi Phoebe, che fortunatamente non si è accorta di nulla, le chiede qualcosa ed iniziano a conversare tranquillamente mentre Paul sta già dormendo come un ghiro. A differenza mia su di lui l’aereo ha un effetto tranquillante e in questo momento lo sto invidiando.

E il tempo scorre veloce mentre osservo Nina parlare e ridere divertita alle battute di Phoebe su quanto Paul sia un ghiro o cose simili e non mi accorgo nemmeno di essere arrivato in Inghilterra se non fosse per il rumore dell’atterraggio.

Scendiamo tutti insieme e ci affrettiamo a prendere le valigie, poi ci dirigiamo fuori dall’aeroporto.

 

 

“Bene, andremo in hotel con quelle.”- ci dice Kevin indicando due limousine.

 

“Mi mancavano le cose fatte in grande.”- ammicca Malarkey*. -“Non vedo l’ora di arrivare all’hotel per poi visitare Londra.”

 

“A chi lo dici, love.”- interviene Joseph** facendoci scoppiare tutti a ridere.

 

 

Ma solo io sto sentendo il fuso orario? Dio, sto per prendere sonno in piedi e credo che, a parte i due inglesi, siano tutti un po’ stanchi e non vedano l’ora di arrivare nelle loro camere.

Ci dividiamo nelle due limousine e cinque minuti dopo arriviamo nell’hotel e non è nulla che non abbia già visto. Lusso ovunque, come il solito. Ci vengono assegnate le camere, tutti sullo stesso piano, e ognuno va all’interno per sistemarsi. Sono quasi le 8.30 pm quando finisco di sistemare le mie cose e vado a farmi una doccia. Esco dieci minuti dopo con un solo asciugamano legato sulla vita e mi stendo sul letto troppo stanco perfino per mettermi i vestiti quando sento qualcuno bussare alla mia porta. Senza pensarci vado subito ad aprire e quando mi trovo di fronte la faccia di Nina sconvolta con le guance decisamente troppo rosse e mi rendo conto che forse ho sbagliato e che avrei dovuto vestirmi. 

Nina si copre con una mano gli occhi -questo mi fa ridacchiare perché mi ha visto molte volte più nudo di così- e con l’altra mano mi porge il telefono.

 

 

“I… Bambini… Vogliono salutarti…”- balbetta ancora visibilmente scossa e imbarazzata.

 

 

Afferro il suo cellulare dalla mano e, prima di mettermelo all’orecchio, ridacchio ancora.

 

 

“Puoi… Puoi anche voltarti.”- le dico a bassa voce.

 

“No, non lo farò.”- mi dice continuando a darmi le spalle.

 

 

Fortunatamente almeno ha chiuso la porta. Mi porto il telefono all’orecchio e sorrido quando sento la voce dei gemelli dall’altra parte del mondo.

Ad Atlanta dovrebbero essere circa le 3.30 pm visto che ci sono cinque ore di differenza da là a Londra.

 

 

-Papà, stavi andando a letto?- mi domanda Joseph.

 

-No tesoro, non preoccuparti.- gli rispondo.

 

-Avete già preso i regali?- mi domanda Stefan speranzoso.

 

-No, ma lo faremo presto. Qui è tardi.- gli dico.

 

-Ma qui è giorno.- mi fa notare Joseph.

 

-Qui è sera invece. E’ tutto buio.- spiego loro dolcemente.

 

-Davvero?- mi domanda Stefan curioso.

 

-Si piccolo. E’ andato tutto bene oggi?- domando.

 

 

E li sento bisticciare per parlare e alla fine parlano uno sopra l’altro di come è andata oggi a scuola e di come abbiano raccontato a tutti che i loro genitori sono a Londra per lavoro e prego sempre che nessuno venga a sapere che loro siano i miei figli. Miei e di Nina. Verrebbe fuori il finimondo, siamo già bravi a nascondere la cosa, non vorrei che un errore rovinasse tutto. Non perché mi vergogni di loro, assolutamente, ma perché ci sarebbero troppe cose da spiegare e da rivelare, quindi per il momento è meglio di no.

Alla fine mi danno la buonanotte e io li saluto, poi tocco una spalla di Nina per farla voltare, ma lei mi porge la mano, sempre girata, aspettando che le dia il telefono.

 

 

“Non sapevo che ti facessi ancora un certo effetto.”- scherzo, ma vedo i muscoli di Nina irrigidirsi.

 

“Dovresti… Metterti qualcosa.”- balbetta, ma poi cerca di tenere la voce ferma. -“Si, sarebbe meglio così.”

 

“Va bene, ti accontento.”- le dico sorridendo tra me. Inizio a vestirmi. -“Tu rimani qui?”

 

“Parli troppo.”- mi dice e io ridacchio. -“Hanno deciso di andare a fare un giro per la città, vieni?”

 

“Sono stanco.”- le dico mentre mi infilo la maglietta. -“Ho finito comunque.”

 

 

Nina si gira titubante e tira un sospiro di sollievo quando mi vede completamente vestito.

Solo adesso mi accorgo che indossa un vestito azzurro che le arriva al ginocchio e i capelli sono sciolti ed è bellissima.

 

 

“Non fare il vecchio, su.”- mi canzona non accorgendosi che la sto guardando.

 

“Devo ricordarti cos’è successo l’ultima volta che mi hai dato del vecchio?”- le domando ridacchiando cercando di non continuare a fissarla.

 

“Mi hai buttato in acqua.”- mi dice senza pensarci, poi mi fissa sorpresa. -“Te lo ricordi ancora?”

 

 

Mi avvicino di più a lei fino quasi a toccarla inchiodandola al muro. Nina continua a fissarmi e noto che le sue guance si stanno facendo sempre più rosse e il suo respiro più accelerato. Le scosto una ciocca di capelli e gliela porto dietro l’orecchio soffermandomi ad osservare le sue labbra.

 

 

“Si, e tu dovresti ricordati che ho una buona memoria.”- le dico allusivo.

 

 

E rimaniamo per qualche attimo così, ma poi Nina si scosta da me e la sua mano è già sulla maniglia della porta.

 

 

“Allora andiamo, non voglio un no come risposta.”- mi dice.

 

 

E, sebbene non abbia voglia di uscire, la seguo lo stesso.

 

____________________________________________________

 

*Il nostro “Enzo” nel 2006 si è trasferito a Londra.

** Come sapete, almeno credo, Joseph Morgan è inglese, in quanto è nato a Londra. Ed ha un accento fantastico *___*

 

Eccomi qui perfettamente in orario con il 38° capitolo. Manca sempre meno alla fine e non starò qui a scrivere una lunga nota d’autore perché sono veramente super di fretta.

Dopo 35 capitoli (da quando Ian e Nina si sono ritrovati) Ian ha ammesso di amare ancora Nina gente!!! *stappa lo spumante*

Ebbene si, tramite un ragionamento contorto, Ian ha ammesso a se stesso di amare ancora Nina e di non aver mai smesso di amarla dando anche una blanda spiegazione nel momento in cui l’ha allontanata. E’ una spiegazione veramente contorta, ma l’ha fatto solo per il suo bene. Molte di voi possono anche non capirla, ma verrà spiegata veramente bene in uno dei prossimi capitoli -anzi, Ian lo spiegherà a qualcuno.

Quante, come me, stanno facendo festa? Ian finalmente ammette di amarla e non tornerà indietro nei suoi passi, ci saranno difficoltà, si, ma non ritirerà tutto quello che ha detto, almeno con se stesso.

Le altre scene si commentano da sole, a parte la nascita del bambino di Candice (il nome verrà svelato nei prossimi capitoli!), le altre sono interamente Nian ed è stata una manna dal cielo scriverle per me, le adoro! Questo è il mio capitolo preferito, almeno di quelli scritti fino ad ora.

Ringrazio le quattro ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo e mi dispiace un sacco che le recensioni siano calate così drasticamente proprio ora che abbiamo superato le 400 (un grazie infinito per questo <3).

Mi dispiace per la scarsità del commento, ma sono di fretta. Alla prossima, cioè domenica 23 agosto!

 

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Capitolo 39
*** Drunk. ***


                                                    Drunk.


Thirty-Ninth Chapter.

Pov Nina.

La serata sta andando meglio del previsto e mi sembra di essere tornata indietro ai vecchi tempi quando uscivamo ancora tutti insieme in giro per le strade di Atlanta. Ora sono madre però e mi mancano un sacco i bambini sebbene li abbia sentiti meno di due ore fa, ma non posso farci nulla, non mi sono mai separata da loro. 

E mi sto divertendo veramente tanto con Phoebe, Claire e Leah. Danielle non è venuta perché ha preferito rimanere in hotel -l’avevo pensato anche io, ma poi ho deciso di uscire a divertirmi.

 

“Credete che se bevessimo potrebbe succederci qualcosa di male?”- domanda Phoebe fissando il barista che sta preparando alcuni cocktail.

“Non credo, bere qualcosa non ci farebbe male.”- dice Claire e con il capo indica Paul e gli altri che stanno bevendo qualcosa. -“Loro si stanno già divertendo.”

 

C’è anche Ian lì e solo pensare a cos’è successo prima mi fa imbarazzare di nuovo. Dio, non avrei mai pensato di trovarlo quasi completamente nudo e la cosa mi ha fatto andare in iper ventilazione perché era da una vita che non lo vedevo così. Sinceramente non me lo ricordavo così bello e non è affatto peggiorato nel corso degli anni, ma mi pento comunque di averlo visto con solo un asciugamano a coprirgli la vita. Lui è un uomo sposato da parecchio tempo e non è bello mettere gli occhi su qualcuno che è già impegnato, anche se, come mi ricorda il mio subconscio, le cose stanno andando a rotoli. Penso che Ian non ne voglia parlare perché ha paura di ferirmi in qualche modo e sebbene voglia aiutarlo forse è meglio così, perché non sopporterei per molto sentire continuamente il nome di lei.

 

“Forza Nina, assaggia anche tu.”- mi dice Leah porgendomi un bicchiere.

 

Fisso il bicchiere stretto tra le mani di Leah e non credo sia una buona idea. Certo, sono venuta qua per divertirmi, ma non per ubriacarmi, ho quasi trentaquattro anni, non più venti, e sono madre, quindi devo essere responsabile.

 

“Non credo sia il caso…”- mormoro osservando il bicchiere.

“Un bicchiere non ti farà certamente male, forza.”- mi incoraggia Phoebe mezza brilla che ha già finito il suo -o forse ha già finito il secondo, o il terzo.

 

Sta parlando veramente? E’ lei la più responsabile, più o meno, ma credo sia già andata visto che, accanto a lei, noto altri due bicchieri vuoti. Con che velocità ha bevuto? Credo sia meglio avvertire Paul prima che le cose finiscano male e poi… Io non reggo molto bene l’alcol.

 

“Phoebe, sei già ubriaca?”- le domando.

“Nah.”- biascica scuotendo la testa.

“Dai Nina, siamo qui per divertirci.”- continua Claire.

 

E forse, se berrò un bicchiere, andrà tutto bene.

Afferro il bicchiere che Leah mi sta ancora porgendo e lo bevo tutto su un sorso. Peccato che, presa dall’euforia e dalle ragazze che continuano a porgermi bicchieri su bicchieri, quel bicchiere diventa più di uno. Molto più di uno.

Ringrazio il cielo che questo sia un locale frequentato da persone ricche e famose, sennò domani mattina ci ritroveremo in prima pagina su qualche giornale londinese e non è proprio il massimo.

Tutto inizia improvvisamente a girare e appoggio la testa sul bancone di marmo freddo per cercare di alleviare il dolore, credo di aver esagerato un po’. Claire e Phoebe continuano a bere e vorrei avere il loro stesso grado di sopportazione dell’alcol, ma, purtroppo, non è così e del mio stesso avviso è anche Leah che ha una faccia leggermente disgustata. 

Si, sono veramente ubriaca fradicia. Perché Ian è qui davanti a me se pochi secondi fa era seduto tranquillamente insieme agli altri?

 

“Nina?”- lo sento chiamarmi.

“Mmm…”- mugugno tenendo la testa appoggiata al bancone.

“Sei ubriaca.”- constata.

“No.”- biascico e tento di sollevare la testa. -“Assolutamente no.”

“Si, certo. Quanto hai bevuto?”- mi domanda.

“Poco.”- gli dico indicando i bicchieri accanto a me.

 

Non riesco nemmeno a contarli, gira tutto. Forse sono due, forse tre. No, certamente quattro….

Ian appoggia una mano sulla mia spalla e scruta contrariato i bicchieri vuoti accanto a me. Ho mai detto che è veramente bello? 

Quegli occhi… Quelle labbra… Quei capelli… Quei pettorali… Si, è decisamente molto bello.

 

“Lo sai che sei bellissimo?”- gli domando.

“Si, sei decisamente ubriaca per dire cose del genere.”- mi dice guardandosi attorno. Non capisco cosa stia facendo, ma poco dopo vedo anche Paul davanti a me. Sono veloci. -“Forza, ti porto via da qui.”

“Voglio rimanere qui…”- piagnucolo.

 

Vedo che dice qualcosa a Paul nell’orecchio, poi mi obbliga a scendere dallo sgabello sul quale ero seduta. Non appena metto i piedi per terra barcollo e Ian mi afferra e mi cinge la vita con le mani prima che possa fare un incontro ravvicinato con il pavimento.

 

“La prossima volta, ora andiamo.”- mi dice cercando di accompagnarmi fuori.

“Sei il solito guastafeste!”- mi lamento.

“E tu non hai ancora capito che non riesci a reggere l’alcol.”- mi punzecchia trascinandomi letteralmente fuori dal locale.

 

La mia testa continua a girare e un senso di nausea mi attanaglia la gola. Ian mi prende in braccio e chiama un taxi. Saliamo sulla macchina gialla e lo sento dire qualcosa, probabilmente qualche indicazione, ma mi fischiano perfino le orecchie, per questo decido di appoggiare la fronte sul finestrino freddo, trovando così un po’ di sollievo.

 

 
















 

                                                                                 * * *
















 

 

Pov Ian.

Riprendo Nina ubriaca di nuovo in braccio e, sperando che nessuno ci veda, la porto nella mia stanza. Avrei preferito portarla nella sua perché, quando domani mattina si sveglierà, mi urlerà contro sicuramente, ma non so dove abbia messo le chiavi e non voglio indagare nella sua borsa, appunto perché è una cosa sua. Non appena la metto giù la vedo diventare improvvisamente pallida. Fai che non sia quello che sto pensando…

 

“Devo… Vomitare…”- biascica.

 

La porto al volo in bagno e non appena la rimetto a terra vomita quel poco che aveva mangiato nel water. Le tengo i capelli sollevati e, quando sta meglio, le porgo un asciugamano bagnato per pulirsi la bocca. Mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi quando, dopo le feste, stava male e qualche volta, davvero raramente, capitava anche a me ed era lei che mi aiutava. Questa sera però ho preferito non bere. Avevo anche iniziato, ma poi ho visto che aveva iniziato anche lei ed avevo immaginato come sarebbe andata a finire la serata ed avevo ragione.

 

“Mi gira la testa…”- mormora.

“Lo so, piccola ubriacona.”- le dico sospirando. La riprendo in braccio e l’appoggio sul letto non prima di averle levato i tacchi. -“Adesso ti porto un po’ d’acqua con un’aspirina.”

 

Fa una smorfia veramente dolce, tra il confuso e l’irritato, e mi metto a cercare un bicchiere di plastica con una pastiglia. Prendo il bicchiere, ci metto dell’acqua e lascio che l’aspirina si sciolga per poi passarglielo. Beve tutto disgustata, poi mi porge il bicchiere che io mi affretto ad appoggiare sul comodino.

 

“Dovresti stenderti un po’.”- le dico cercando di farla stendere.

 

Non vorrei che vomitasse di nuovo. Non è per me, le starei accanto comunque, ma non credo che passare tutta la notte in bagno prima di una Convention sia l’ideale per lei. Sapevo che non avrei dovuto lasciarla da sola, la perdo un attimo di vista e la trovo ubriaca.

Questa ragazza mi sta facendo perdere la testa.

Alla fine cede e si stende, poi la copro con le coperte meglio che posso. Nina mi osserva, forse troppo intontita o forse per vedere che cosa ho intenzione di fare, per questo mi siedo sulla poltrona accanto al letto. Questa notte dormirò qui, non voglio che pensi che abbia intenzione di approfittarmi di lei e credo che sarebbe veramente scomodo dormire insieme -dormire vicini intendo.

 

“Non andartene…”- piagnucola.

“Non me ne vado.”- scuoto la testa. -“Rimango qui sulla poltrona.”

“Non mi vuoi?”- mi domanda con la voce incrinata.

 

Dio, non l’avevo mai vista così ubriaca. Le donna quando bevono in compagnia non la smettono più.

 

“Nina, credo sia ora di dormire.”- le dico fermo.

“Lo sapevo, non mi vuoi…”- piagnucola.

“Non è che non ti voglio, ma tu devi restare lì ed io qui.”- le dico indicando la poltrona.

“Non voglio stare da sola adesso.”- mi dice.

“Non sei sola, sono qui, sulla poltrona.”- le ripeto esasperato.

 

Perché è così difficile sostenere una conversazione con un ubriaco? Ubriaca in questo caso.

 

“Ma se tu sei lì è come se fossi sola…”- mi ripete.

“Nina-”

Ti prego.”- mi implora.

 

E so perfettamente che è l’alcol a farla pensare così e so anche che da sobria non mi implorerebbe mai di starle vicino. Guardo l’orologio e noto che sono quasi le due. Se non l’accontento non dormiremo più, quindi è meglio che vada da lei. 

E’ meglio anche per te mi dice il mio subconscio. Maledetti pensieri. Mi sarei messo accanto a lei dal primo momento, ma so che sarebbe sbagliato. Lei non tiene più a me in quel senso, mentre io ci tengo troppo. E spero solo che tutto questo non abbia nessuna conseguenza. Mi avvicino al letto e mi sdraio accanto a lei mettendomi sotto le coperte. Nina si avvicina di più a me e appoggia il capo sul mio petto facendomi sussultare e il mio respiro accelera. E’ stata decisamente una brutta idea, ma devo stare fermo.

 

“Il tuo cuore batte veloce…”- biascica socchiudendo gli occhi.

“Non è niente.”- le dico fissando il soffitto.

“Perché sei così teso?”- mi domanda innocentemente.

 

Perché non dormi? 

Stare accanto a Nina mi fa provare emozioni sempre nuove e sono un uomo. Avere una donna così al mio fianco… Avere Nina al mio fianco mi fa sentire bene e vorrei che tutto questo fosse diverso, che fosse reale. Ma Nina è ubriaca e domani non ricorderà più niente di tutto ciò, quindi posso anche perdermi ad osservarla ed accarezzarle i capelli come farebbe ogni uomo con la sua donna. 

 

“Perché ti ho detto che sei bellissimo?”- mi domanda ancora innocente.

“Grazie per avermelo detto, comunque lo sapevo già.”- le dico.

 

Alza la testa verso di me e si fa pericolosamente vicina alle mie labbra, ma non posso approfittarmi così di lei, non è in se, è ubriaca.

 

“Nina, fermati.”- cerco di bloccarla. -“Sei ubriaca e per quanto volessi baciarti in questo preciso istante non posso.”

“Perché?”- mi domanda con la voce da bambina.

“Perché si, ora dormi.”- le dico spegnendo la luce.

 

Vorrei baciarla davvero, sentire le sue labbra contro le mie, ma non posso. Glielo devo, lei sta con un altro e se si ricordasse di quello che è successo questa sera non se lo perdonerebbe mai, io non me lo perdonerei mai. Vorrei che fosse sobria, ma non lo è.

Sbuffa indispettita, ma alla fine rimane comunque sul mio petto.

 

“Notte Smouldy.*”- mi dice con la voce che si affievolisce sempre di più.

“Notte Neens.”- le dico io accarezzandole i capelli.

 

Domani non ricorderà niente anche se lo vorrei.
















 

 

                                                                          * * *



















 

 

 

Mi sveglio a causa di alcuni rumori che provengono al mio fianco. Apro gli occhi di scatto e quasi mi scontro con la testa di Nina che mi guarda sconvolta. Le spalline del vestito le sono scese sulle spalle e lei, quando si accorge che la sto guardando, si copre velocemente con il lenzuolo.

 

“Non… Non dirmi che lo abbiamo fatto.”- balbetta sconvolta.

 

Cosa? No. Oh, ma la situazione è abbastanza equivoca.

Scuoto subito la testa.

 

“Non abbiamo fatto niente, non avrei mai approfittato di te.”- mi difendo leggermente offeso. -“Ti ho portata qui perché non sapevo dove fossero le chiavi della tua stanza e ti sei addormentata.”

 

Sembra sollevata da questa constatazione e si appoggia una mano sulla fronte.

 

“Mi fa male la testa.”- mormora. -“E non ricordo praticamente niente.”

 

Meglio così vorrei dirle, perché la situazione sarebbe parecchio imbarazzante, anche se un po’ mi dispiace.

 

“Non reggi l’alcol, eppure non mi dai mai ascolto.”- la rimprovero. -“Passerà o comunque deve passarti visto che tra-”

 

Lascio la frase sospesa a metà accorgendomi di che ora è. Sono le 9.11 e dovevamo essere alla Convention mezz’ora fa. 

Non ci posso credere, non è possibile. Nina sembra accorgersi di quello che ho scoperto e si copre la faccia sconsolata.

 

“Oh cazzo, siamo in super ritardo.”- le dico agitato.

“In… In cinque minuti sono pronta.”- balbetta alzandosi piano dal letto.

“Sei sicura di farcela?”- le domando preoccupato.

“Si, più o meno. Ci vediamo giù tra cinque minuti.”- mi dice avvicinandosi alla porta, ma prima di uscire si blocca. -“Non dovevo bere, hai ragione, comunque grazie.”

 

Se ne va lasciandomi a letto. Rimango per qualche istante a fissare la porta da dove se n’è andata, ma alla fine schizzo giù dal letto e inizio a prepararmi. 

Sei minuti e quindici secondi dopo sono nella hall appoggiato ad una colonna per aspettare Nina. La vedo sbucare dall’ascensore e mi meraviglio di come le donne possano prepararsi in così poco tempo visto che è riuscita a sistemarsi i capelli, a farsi il trucco e a mettersi un vestito con dei tacchi -e allo stesso tempo, comunque, è in ritardo.

Bellissima, come sempre.

 

“Ian”- mi chiama. -“dovremo andare.”

“Si, certo, andiamo.”- le dico incamminandomi verso l’uscita.

 

Il taxi fortunatamente non arriva troppo tardi e diamo all’uomo le varie indicazioni per portarci alla Convention.

 

“Come ti senti?”- le domando.

“Meglio, più o meno.”- borbotta appoggiandosi allo schienale del sedile posteriore. -“Sono un’irresponsabile!”

“Ti sei solo divertita.”- le dico cercando di rincuorarla.

“Non ho più venticinque anni, e sono una madre.”- si passa una mano tra i capelli. -“Non ascolterò mai più Phoebe, Leah e Claire.”

“Si, sarebbe meglio.”- ridacchio.

 

Arriviamo alla Convention in mostruoso ritardo e tiriamo un sospiro di sollievo quando leggiamo che non avevamo nessun panel per questa mattina, anche se io mi ricordavo di averne almeno uno. Ci scambiamo uno sguardo sollevato, poi però ci guardiamo terrorizzati quando Julie, parecchio arrabbiata, si avvicina a noi.

 

“Voi due.”- ci punta il dito contro. -“Dovete farmi santa per quello che ho fatto! Ho cambiato i vostri panel con quelli di The Originals!”

“C’è stato un problema…”- mormora Nina fissandosi le scarpe.

“Non voglio sapere assolutamente quale tipo di problema.”- borbotta per poi andarsene.

“Credi che l’abbiamo fatta arrabbiare?”- mi domanda Nina preoccupata.

“Le porteremo delle ciambelle per farle dimenticare tutto.”- le dico ridacchiando con un’alzata di spalle facendola sorridere. -“Forza, andiamo.”

 

_______________________________________________________________________


*Questo invece è il soprannome che Nina ha dato a Ian, come Smouldypants o Somerhotter o Smolderholder (e come non darle torto!)

 

Buona domenica a tutte :)
Ecco qui il 39° capitolo, ormai mancano soltanto quattro capitoli alla fine di questa storia e mi dispiace un sacco, ma vi farò il sermone quando sarà davvero finita, per ora godiamoci il momento.

Un altro capitolo interamente Nian con Nina parecchio ubriaca. Vi giuro, stavo morendo dalle risate quando l’ho scritto!

Credo che, sostanzialmente, la parte più importante sia quella dell’albergo, dove Ian si prende veramente cura di Nina, che n’è uscita parecchio stravolta. Era così tanto ubriaca che è arrivata al punto di dire a Ian che è bellissimo -e come darle torto!- e quasi a baciarlo, ma Ian, per rispetto nei suoi confronti, l’ha impedito. Non uccidetelo, poverino, non ci sarebbe stato gusto, e sarebbe stato veramente cattivo, baciare una donna ubriaca che alla mattina dopo non ricorda nulla, com’è accaduto proprio a Nina, infatti.

Vi avviso subito che il prossimo capitolo sarà veramente lungo, tipo 15 pagine, ma che comunque tratterà una tematica veramente delicata. Come ho scritto sopra -nel prossimo capitolo intendo- e come indicazioni sotto non è fatto per urtare la sensibilità di nessuno, in quanto argomento delicato, ma capirete mercoledì il perché di questi avvertimenti. Non spaventatevi troppo, però :)

Ringrazio le fantastiche 11 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, siete meravigliose, come sempre.

Ci vediamo mercoledì 26 agosto (tra l’altro è anche il compleanno di Dylan O’Brien, per chi seguisse anche Teen Wolf!), alla prossima <3

 

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Capitolo 40
*** I trust you. ***


                                             I trust you.             




Fortieth Chapter.

Pov Nina.

La settimana qui a Londra è praticamente finita, domani ripartiremo per tornare ad Atlanta e riprendere a girare. Finalmente potrò rivedere i bambini, mi mancano un sacco e, sebbene li abbia visti tutte le sere -almeno da noi- via Skype grazie all’aiuto di mia madre, non è la stessa cosa. La Convention è andata benissimo, ogni panel è stato fantastico, così come i tanti fan giunti da ogni parte dell’Europa per vederci. L’ultimo panel è stato con il trio, cioè me, Ian e Paul. Non so chi devo ringraziare per non essere rimasta sola con Ian, sarebbe stato troppo imbarazzante non per il nostro rapporto, ma per tutto. Mi vergogno ancora di essermi ubriacata, so che l’ho fatto solo per divertirmi, ma non oso immaginare quello che ho combinato quella sera. Non ricordo molto, solo che Ian mi ha portata via con se, e so, dentro di me, di non aver combinato nulla di così scandaloso, Ian non me l’avrebbe permesso e io gli credo.

Ci siamo avvicinati ancora di più in questo periodo e mi sento finalmente bene, perché non c’è più odio tra noi, solo una profonda amicizia e un bel legame, tutto qui, credo. Ian ultimamente è molto più spontaneo con me e non è più triste come prima, quindi qualcosa sta cambiando, ma cosa? 

 

“Ti prometto che non non toccheremo neanche un bicchiere Nina, hai la mia parola!”- mi dice Phoebe mentre camminiamo tra le strade di Londra.

“Certo, si, come l’altra volta, no?”- le ricordo. -“Solo un bicchiere Nina.”

 

Scimmiotto la sua voce e Leah scoppia a ridere. Non mi fiderò più di loro quando mi trascineranno da qualche parte, per questo ho deciso che questa sera non entrerò in nessun locale, anche perché sono veramente stanca e in questo momento invidio veramente Ian. Non è venuto, ha detto di essere troppo stanco per muoversi, e lo capisco. Le ragazze mi hanno trascinato letteralmente fuori, ma confido su Paul e gli altri per tenerle -tenerci- d’occhio perché non voglio fare assolutamente la fine dell’altra sera.

 

“Okay, forse abbiamo esagerato.”- dice Claire scuotendo la testa.

“Si, dico di si.”- ridacchio mentre continuiamo a camminare per le strade di Londra.

 

E’ quasi mezzanotte e fortunatamente non ci sono tante persone. Ogni tanto ci fermiamo con qualche fan per firmare qualche autografo e fare delle foto ed arriviamo al Big Bang quando ormai è l’una passata e la stanchezza si fa sentire. Questa mattina mi sono alzata presto visto che avevo un panel con Kat e Claire -il primo della mattinata- e non vedo l’ora di tornare a letto. Gli altri si fermano su un bar, mentre io dico loro che torno in albergo.

 

“Nina, sei sicura che non vuoi che ti accompagni?”- mi domanda Paul apprensivo.

“Paul, non preoccuparti, prenderò un taxi, davvero.”- lo rassicuro.

“Ne sei sicura?”- mi domanda ancora. -“Ti accompagno.”

“Se me lo chiedi un’altra volta ti uccido.”- lo minaccio bonariamente.

 

Joseph, Persia, Kath e Daniel se ne sono già andati, è anche per me l’ora della ritirata. Saluto tutti e mi incammino per le strade Londra poco illuminate. Mi perdo ad osservare la bellezza di questa città -che sembra quasi incantata- illuminata dai raggi della luna piena meravigliata. L’uomo ogni tanto fa anche qualcosa di buono. Mi accorgo che per questa strada non passa nessun taxi, quindi decido di provare più in là. Svolto per una stradina ancora meno illuminata di quelle precedenti e il freddo pungente mi penetra sulle ossa. Continuo a camminare per un altro po’ sperando di trovare una svolta che mi riporti al centro. Controllo il cellulare sperando di avere campo, ma non appena lo prendo in mano per controllare noto che è spento.

E’ scarico! Deglutisco piano mentre mi pento di essere venuta qui, sarei dovuta rimanere con gli altri al costo di dover dormire su un tavolino anziché gironzolare da sola per le strade buie di Londra. Continuo a camminare un altro po’ ed arrivo ad un vicolo cieco. Il destino si sta prendendo ancora gioco di me. L’unica soluzione è ripercorrere la strada a ritroso e spero, con tutto il cuore, di non sbagliarmi. Faccio qualche passo all’indietro pronta per girarmi quando vado a sbattere contro qualcosa, o meglio qualcuno. Fai che sia Paul o qualcuno che conosca. Non ho nemmeno il coraggio di voltarmi quando sento l’alito pesante dell’uomo che sa di alcol e fumo. I miei muscoli sono bloccati, non riesco a muovermi.

 

“Non pensavo di trovare una donna bella come te qui.”

 

Mi giro lentamente scontrandomi quasi con la faccia di un uomo che è quasi il doppio di me. E’ grosso ed ubriaco, non ce la farei mai contro di lui. Ma magari non ha cattive intenzioni, si è solo perso. Inizio a tremare, e non per il freddo.

 

“Qualcuno ti ha mangiato la lingua?”- continua ancora avvicinando il suo viso al mio.

“Io… Io non… Non… Ti conosco…”- balbetto.

 

Mi maledico mentalmente per non aver tenuto la voce più ferma, ma sto entrando seriamente nel panico. Il viso dell’uomo dista da me solo di qualche centimetro e continuo ad indietreggiare fino a che la mia schiena non sbatte contro il muro dietro le mie spalle. Mi sono messa in trappola da sola.

 

“Non preoccuparti.”- ride beffardo. -“Possiamo fare conoscenza.

“Ti prego… Io… Lasciami andare…”- balbetto ancora mentre i battiti del mio cuore si fanno sempre più veloci.

“Potremo divertirci io e te, tesoro.”- mi dice e il mio stomaco si contrae dal disgusto.

 

Mi accarezza un braccio mentre con la mano mi tiene ferma e io vorrei urlare, chiedere aiuto, ma non ci sentirebbe nessuno. Il centro è troppo distante, sono su un vicolo cieco e non c’è nessun negozio, ma anche se ci fosse ho la netta sensazione che nessuno verrebbe in mio soccorso.

 

“Non voglio… Ti prego…”- dico tremante mentre i miei occhi si fanno lucidi. -“Se vuoi dei… Soldi… Li avrai…”

“Perché volere dei soldi quando potrei passare la notte con te?”- mi domanda malizioso.

 

Presa dal panico e dalla paura non mi sono nemmeno accorta che con una mano ha abbassato la spallina del mio vestito e sta giocando con una ciocca dei miei capelli. Ora inizio seriamente ad avere paura perché, se cinque minuti fa inconsciamente speravo non volesse farmi del male, ora ha seriamente cattive intenzioni. Abbassa anche l’altra spallina del mio vestito e lo sento appoggiarmi un bacio umido sulla clavicola che mi fa salire il vomito.

So quello che sta per succedere, ma non posso fare nulla. Chiudo gli occhi e, mentre le lacrime iniziano a scendere, spero solo che tutto questo finisca e che non faccia troppo male. Ma proprio mentre mi sto preparando al peggio il peso dell’uomo si stacca dal mio corpo e lo sento gemere dal dolore. Mi sforzo di aprire gli occhi, devo farlo, e davanti a me trovo due occhi azzurri che conosco fin troppo bene.

Ian? Si avvicina subito a me avvolgendomi la sua giacca sulle spalle per coprirmi mentre io continuo a sbattere gli occhi confusa. Che cosa ci fa lui qui? Che cosa ci fa quell’essere a terra? L’uomo si tiene la faccia tra le mani e noto del sangue fuoriuscirgli dal naso. Gli occhi di Ian invece bruciano dalla rabbia e lo sento fremere pronto a scagliarsi di nuovo contro il mio aggressore, ma le mie gambe cedono e lui è lì, pronto a sorreggermi. Voglio andare via da qui, non voglio più rimanere. Mi aggrappo maggiormente a Ian disperata e singhiozzando gli dico di portarmi via e lui, non dopo aver guardato di nuovo l’uomo con rabbia cieca, lo fa, mi prende in braccio e mi porta via. E mi sento così protetta tra le sue braccia che i miei nervi si rilassano, ma le lacrime continuano a scendere.

Mi ha salvata, Ian mi ha salvata. Riesco a pensare solo a questo e a quello che mi poteva accadere mentre percorriamo la via buia, continuo a tremare ripensando a quello che poteva succedere, ma non ho più paura, perché c’è Ian qui con me. Non diciamo niente, io non ne ho la forza, neanche Ian. Mi ripete soltanto che va tutto bene, che c’è lui con me e che non devo avere più paura perché finche ci sarà lui nessuno mi farà del male. Mi lascio appoggiare inerme tra i morbidi sedili del taxi giallo e Ian da l’indirizzo su come arrivare all’albergo. Mi tiene in braccio per tutto il viaggio e di tanto in tanto mi accarezza i capelli, io non parlo, ho solamente la testa appoggiata sul suo petto e ogni tanto qualche singhiozzo sfugge dalle mie labbra, ma non posso piangere, non qui.

Ho avuto veramente paura per le intenzioni di quell’uomo e se non fosse arrivato Ian non sarebbe finita bene, non per me almeno. 

 

“Ci accompagni all’entrata secondaria, grazie.”- sento dire Ian al tassista.

 

L’uomo fa quanto ordinato e ci porta all’entrata secondaria, dietro l’hotel e Ian gli lascia una lauta mancia. Non so come arriviamo in camera sua, so solo che quando mi appoggia sul suo letto scoppio in un pianto liberatorio e non me ne vergogno -perché so che con Ian posso e voglio essere me stessa. Lui mi abbraccia forte e io continuo a singhiozzare. Farlo mi fa sentire meglio e fortunata, perché ripenso di nuovo a quello che poteva accadere e a tante donne, meno fortunata di me, a cui è capitato davvero e ora, in parte, so cosa si prova. Mi aggrappo alla sua maglietta, mentre le sue braccia muscolose mi cingono e mi tengono stretta al suo petto e non so da quanto tempo volevo un contatto così, da quanto tempo non mi sentivo così protetta con qualcuno. Potrei fare di tutto, subire di tutto, ma so, per certo, che Ian sarà sempre al mio fianco e questo mi fa stare ancora più male perché domani, quando torneremo a casa, sarà tutto come prima. Non so quanto tempo passo aggrappata alla sua maglietta, ma sembra passata una vita quando mi stacco da Ian che mi fissa comprensivo cercando di trasmettermi tutto il suo appoggio e gli sono grata di questo. Non ho più lacrime, è per questo che non piango più, mi sento svuotata. Non riesco nemmeno a guardarmi allo specchio e spero che tutto questo passerà. Ora voglio solo lavarmi via l’odore di quell’essere che non merita neanche di essere chiamato uomo, voglio togliere ogni traccia di lui dalla mia pelle.

Sono io così a rompere il silenzio.

 

“Voglio… Voglio… Posso farmi una… Doccia?”- balbetto piano, cercando di trovare la forza di alzarmi.

 

Spero che questa sensazione di scompostezza possa passare presto, infondo sono stata solamente tanto fortunata e poteva andarmi peggio del previsto, ma sono troppo scossa per passarci sopra.

Ian non sembra sorpreso dalle mie parole, anzi, annuisce confortante e mi aiuta piano a scendere dal letto. Non ho dei vestiti con me, ma lui, sembrando leggermi del pensiero, mi porge una delle sue enormi magliette nere della ISF -e ricordo che non c’è nemmeno bisogno dei pantaloncini da quanto larghe siano. Mi avvio dentro il bagno portandomi la maglietta e, una volta chiusasi la porta alle mie spalle, mi siedo sul pavimento freddo prendendomi la testa tra le mani.

 

 


 

Pov Ian.

La vedo prendere la mia maglietta ancora impaurita, ma nei suoi occhi leggo che di me si fida, si sente protetta da me, altrimenti mi avrebbe già mandato via. Quando chiude la porta lancio contro il muro la prima cosa che mi capita a tiro, una lampada. Sono arrabbiato nero, anzi, di più. Se solo… Se solo fossi andata con lei tutto questo non sarebbe successo, quel lurido verme non si sarebbe mai permesso di metterle le mani addosso perché gliele avrei amputate, cosa che avrei fatto se la voce spaventata di Nina non mi avesse pregato di portarla via da lì perché si meritava una lezione. Ma, per una volta, ho deciso di ascoltarla e di portarla via, altrimenti sarebbe crollata più di quanto non stesse già facendo. Sono arrivato in tempo perché non andasse oltre, ma sono arrivato comunque troppo tardi per impedirgli di avvicinarsi a lei. Nessuno deve toccarla, nessuno. Ed è distrutta ora e spero che tutto questo passi in fretta perché io non ce la faccio a vederla così, non posso. Non posso vederla così distrutta, così insicura e spaventata, mi ero ripromesso di difenderla e di proteggerla da tutto, perfino da me stesso, ma non l’ho fatto. Ho miseramente fallito. Non so dopo quanto tempo la vedo uscire dal bagno, ma quando lo fa mi avvicino piano e lei per vedere se ha bisogno d’aiuto. Indossa la mia maglia della fondazione, è una delle più grandi ed ho pensato fosse quella ideale, quella che la coprisse di più. Penso di capire come si possa sentire in questo momento, la vedo la vergogna nei suoi occhi, ma lei non deve vergognarsi di se stessa, deve solo capire che sta bene e finché ci sarò io nessuno le farà del male. La maglia le arriva alle ginocchia e i capelli bagnati le ricadono lungo il viso a coprirla. Alza piano lo sguardo su di me e lo trovo spento, insicuro, ma è normale dopo tutto quello che ha passato, deve solo riposare. Le accarezzo piano il palmo della mano e lei sussulta a quel contatto, ma non mi allontana, vuol dire che con me sta bene. Le prendo la mano e la conduco piano nel letto e lei si lascia condurre da me, come se fossi la sua guida. L’aiuto a stendersi, poi la copro bene con le coperte e mi sdraio accanto a lei, non sapendo se starle accanto o lasciarle il suo spazio. E’ lei che appoggia la testa accanto al mio petto, dandomi le spalle. Io appoggio la testa accanto alla sua e metto una mano sull’altra parte del materasso. Rimango a sentire i suoi respiri, i suoi tremolii e i suoi sussulti e inizio ad accarezzarle piano i capelli. La sento rilassarsi contro di me, riesco perfino ad abbracciarla e spero che tutta questa paura non duri a lungo.

 

“Promettimi che… Che non lo dirai a… Nessuno…”- mormora.

 

Rimango spiazzato da quella richiesta, ma non ci metto molto a capire perché. Penso che in qualche modo si sente in colpa e si vergogni di se stessa, ma non deve farlo, non è colpa sua.

 

“Non è colpa tua, Nina.”- le dico dolcemente.

“Promettimelo…”- mi supplica.

“Te lo prometto.”- le dico inspirando il suo profumo quasi uguale al mio visto che ha usato il mio bagnoschiuma. -“Ma non devi fartene una colpa.”

“Non… Non me ne sto facendo una… Colpa…”- mormora.

“Lo pensi, ma lo stai facendo. Non te ne rendi conto, ma ti senti in colpa.”- le dico serio. -“Tutto… Quello che è successo non è assolutamente colpa tua.”

“E di chi è la colpa allora?”- lo urla quasi disperata.

 

Fa un po’ di resistenza e la obbligo quasi a voltarsi verso di me guardandola negli occhi.

 

“Sfogati se vuoi, sai che con me puoi farlo.”- le dico dolcemente cercando di calmarla. Le accarezzo la fronte. -“Ma non è colpa tua, è colpa di… Di quell’essere. Tu non hai nessuna colpa, Nina. Se fossi venuto con te questo non sarebbe successo.”

“Non è colpa tua…”- mormora abbassando lo sguardo.

 

Con due dita le prendo delicatamente il mento facendo incatenare i suoi occhi con i miei e la osservo per qualche secondo.

 

“Non è nemmeno tua. Ora sei qui, con me, nessuno ti farà del male.”- le dico accarezzandole una guancia.

“Se tu… Se tu… Se tu non fossi intervenuto, io-”

 

Un altro singhiozzo le sfugge incontrollato dalle labbra e allora l’afferro e la stringo forte a me. Continuo ad accarezzarle la schiena mentre si calma contro il mio petto.

 

“Ma sono arrivato in tempo.”- le dico facendole appoggiare la fronte sulla mia spalla. -“So che sarà difficile superare tutto, ma ce la farai. Sei forte, sei la donna più forte che io conosca, affronterai anche questo, ma non sarai da sola, ci sono io con te.”

“Mi aiuterai?”- mi domanda a voce bassa ed incredula.

“Certo che ti aiuterò, farò tutto quello che vorrai.”- le dico piano.

 

Nina si rilassa contro il mio petto ed io rimango ad osservarla, finché non si addormenta.

 

 
















 

                                                                              * * *


















 

La notte passa lentamente e non chiudiamo occhio. Nina ogni volta si svegliava di soprassalto con gli occhi terrorizzati e io mi affrettavo a rassicurarla e a dirle che c’ero io con lei, nessun altro. Non ha dormito tormentata dagli incubi e ci vorrà tempo per dimenticarlo, ma io ci sono per lei e l’aiuterò ogni qualvolta avrà bisogno di me. Sono le sei e qualcosa quando decidiamo di alzarci dal letto e accompagno Nina nella sua stanza per aiutarla a fare le valigie visto che non me la sento a lasciarla da sola, non dopo tutto quello che è successo -le mie sono già pronte da ieri sera. Mi sembra leggermente più tranquilla di ieri e ad un occhio esterno può sembrare che non sia accaduto niente, ma so che non è così, ma non posso forzarla a parlare più di quanto abbia già fatto.

 

“Vado a cambiarmi.”- mi dice timidamente.

“Certo, io ti aspetto qui.”- le dico indicando il letto.

 

Abbiamo il volo per le 8.15 pm e qualcosa mi dice, purtroppo, che questa mattina arriveremo in orario. Non ci mette molto a prepararsi, quando esce dal bagno indossa una camicia bianca, un paio di jeans scuri e delle normalissime scarpe da ginnastica. I capelli sono lasciati al loro stato naturale e non si è messa il trucco, credo sia ancora troppo scossa per pensare al suo aspetto, ma a me piace più così, naturale. Le mie valigie sono già di sotto, per questo mi offro di aiutarla a portare giù le sue e, dopo un po’ di resistenza, riesco a convincerla. Abbiamo un’intera area riservata a noi per mettere le nostre cose, quindi nessuno le toccherà. Sono quasi le sette, manca ancora qualche minuto, quando fisso Nina indeciso sul da farsi. Abbiamo circa un’ora e mezza libera prima di partire e credo sia conveniente fare almeno un po’ di colazione.

 

“Vuoi fare colazione?”- le domando dolcemente.

 

Annuisce soltanto e questo mi dispiace un po’, ma decido di lasciar correre perché è ancora scossa. Ci incamminiamo verso il bar all’interno dell’hotel e prendiamo un tavolino con due sedie lontano dagli occhi di tutti per stare in tranquillità.

 

“Cosa prendi?”- le domando.

“Io…”- si tortura le mani. -“Un caffè.”

“Solo?”- le domando accigliato.

 

So quanto le piaccia mangiare di prima mattina e non è da lei prendere solo un caffè.

 

“Si, non ho… Molta fame…”- mormora.

 

Prendo le ordinazioni e, oltre al caffè, al cappuccino e una fetta di torta, ordino anche una ciambella al cioccolato, la preferita di Nina. Deve mangiare qualcosa e al costo di obbligarla mangerà quella cosa.

 

“Però mangerai lo stesso.”- le dico cercando di farla sorridere. -“Qualcosa devi pur mangiare.”

 

Con il capo indico il vassoio che sta arrivando per noi. La cameriera appoggia le nostre ordinazioni sul tavolo, poi se ne va -non prima di aver pagato e averle lasciato una mancia.

 

“Non avresti dovuto pagare tu…”- borbotta.

“Ti ho offerto solo la colazione, non una vacanza ai Caraibi.”- le dico sorridendo. -“Forza, mangia.”

 

Le porto davanti il caffè e la ciambella.

 

“Ian, non ho-”

 

La interrompo prima che possa dire qualcosa.

 

“Fame, lo so. Ma devi mangiare, almeno un po’. So che stai pensando a”- sospiro leggermente passandomi una mano tra i capelli. -“quello che è successo, ma anche se non mangi non cambierà nulla, anzi, starai peggio. Quindi mangia quella dannata ciambella al cioccolato, so che è la tua preferita.”

“Te lo ricordi ancora.”- constata.

“Mi ricordo un sacco di cose.”- le sorrido. -“Ti piacciono le rose bianche, per esempio, non sopporti quelle rosse.”

“E tu odi San Valentino.”- mi dice lei scuotendo la testa. -“Fin troppo maschilista.”

Se sto bene con una persona non mi serve San Valentino per dirle che la amo e quanto io sia innamorato di lei.”- le dico guardandola negli occhi.

 

E questo lei lo sa, perché glielo ripetevo ad ogni San Valentino.

Sembra ricordarlo ed è per questo che abbassa lo sguardo. Aspetto che inizi a parlare, che dica qualcosa, ma non dice nulla e continua a mangiare la sua ciambella.

 
















 

 

                                                                                * * *
















 

 

 

Siamo in aereo e Paul continua a lanciare occhiate per capire cos’abbia Nina. Ha provato a comportarsi il più normalmente possibile, cercando di non far trasparire nulla, ha persino riso -o almeno tentato- a una battuta di Phoebe, ma chi la conosce bene sa che c’è qualcosa che non va in lei. Io mi limito a scuotere la testa, cercando di farlo desistere, perché ho promesso a Nina di non dire nulla e non aspetta a me raccontare tutto quello che è successo. Le nove ore di aereo passano interminabili, fortunatamente ogni tanto mi perdo a guardare Nina e cerco di distrarla. Arriviamo all’aeroporto di Atlanta alle 5.43 pm e, dopo aver trovato tutti quanti le valigie, ci diamo appuntamento tra due giorni sul set per riprendere a girare.

 

“I bambini sono da mia madre, se vuoi andiamo a prenderli lì.”- le dico mentre usciamo dall’aeroporto ben coperti cercando di non farci vedere da nessuno.

“Si, certo, voglio vederli.”- mi dice mordendosi il labbro.

“Non vedo l’ora di sapere se i regali sono adatti.”- sorrido.

“Sicuramente si, gli piaceranno moltissimo!”- ricambia anche lei il sorriso, seppur in modo forzato.

 

Per non destare sospetti ognuno prende la propria macchina come se nulla fosse e un po’ mi preoccupo per Nina, ma so che non le succederà nulla nel tragitto da qui fino a casa dei miei genitori. Arriviamo circa in dieci minuti e non appena parcheggiamo nel vialetto la porta di casa si apre e i bambini ci corrono incontro impazienti.

Stefan si getta tra le mie braccia, mentre Joseph è perso in quelle di Nina. Con la coda dell’occhio osservo Nina e noto, con piacere, che sorride molto più spontaneamente delle ultime 24 ore e arrivo alla conclusione che i bambini possano fare veramente miracoli. Stefan si stacca da me e va da Nina, mentre Joseph viene da me.

 

“Mi sei mancato tantissimo papà!”- mi dice Joseph.

“Anche voi due mi siete mancati tantissimo!”- gli dico stringendolo forte a me.

 

Mia madre ci viene incontro e saluta me e Nina.

 

“Volete venire a prendere un caffè?”- ci chiede gentilmente.

 

Guardo Nina che sta coccolando Stefan e penso se sia il caso di rimanere, ma non penso sia una buona idea perché sono stanchissimo -anche Nina lo è- ed inoltre penso che le farebbe bene andare a casa per un po’.

 

“Siamo stanchi, mamma. Faremo un’altra volta, ora accompagno loro a casa e corro a letto.”- le dico.

 

Mia madre non se la prende, anzi ci sorride comprensiva.

 

“Buon ritorno a casa.”- ci dice sorridendo, poi si rivolge a Nina. -“Qualche volta vienimi a trovare, mi mancano le nostre chiaccherate!”

“Molto volentieri.”- le sorride Nina cordiale.

 

Salutiamo mia madre e ci dirigiamo verso casa di Nina per dare i regali ai bambini.

 
















 

 

                                                                                     * * *
















 

 

“Sono fantastiche!”- urla Joseph con in mano delle spade.

 

“Mamma!”- Stefan tira la maglietta a Nina indicandosi i guantoni da Hulk sulle mani. -“Questi li abbiamo cercati per così tanto tempo.”

 

 

Rido anche io nel vederli così euforici e felici per i regali ricevuti. Iniziano a ringraziarci di nuovo e poi iniziano a parlare degli ultimi giorni di scuola e Joseph prende in giro Stefan su una presunta fidanzatina.

Stefan si guarda i piedi imbarazzato mentre io sorrido orgoglioso di mio figlio che ha già fatto delle conquiste.

 

“Io almeno ne ho scelta una.”- sputa. -“Tu ne hai due.”

 

Io e Nina scoppiamo a ridere di gusto per l’affermazione e questa volta mi perdo ad osservare Joseph che si guarda attorno imbarazzato. In fatto di conquiste credo abbiano preso da me, chi ben comincia è già a metà dell’opera.

 

“Avevi promesso di non dirlo!”- si lamenta Joseph contro Stefan.

“Anche tu.”- dice Stefan incrociando le braccia al petto. -“Siamo pari.”

“Smettetela di litigare.”- li rimprovera bonariamente Nina. -“Non siete un po’ troppo piccoli per queste cose?”

“Assolutamente no, ormai sono diventati grandi!”- intervengo io facendo sedere i bambini sulle mie gambe. -“Gli uomini sono fatti così.”

“Hanno solo sette anni, Ian.”- mi rimbecca Nina.

“Io a sette anni avevo già dato il primo bacio.”- faccio spallucce.

 

Certo, forse non me ne sono reso neanche conto, ma è una cosa importante.

 

“Davvero?”- mi domandano in coro i miei figli.

“Si, davvero.”- annuisco.

“Allora darò anche io il mio primo bacio.”- mi dice Stefan in tono solenne.

 

Lo blocco prima che possa fraintendere.

 

“Io a quell’età credo di aver sbagliato. Dare un bacio ad una persona significa volerle bene, tanto. Io credevo fosse un gioco, ma crescendo ho imparato che è una cosa veramente importante.”- cerco di spiegare loro.

“Quindi non è un gioco?”- mi domanda Joseph.

“Mentre voi fate i vostri discorsi da uomini io vado in cucina a preparare qualcosa.”- annuncia Nina e le sono grato per questo momento di intimità tra padre e figli.

“No, non è un gioco.”- continuo io.

“Quindi tu non baci la mamma per gioco quando siete in televisione?”- mi domanda Stefan.

 

Quello è lavoro, credo. 

 

“E’ lavoro.”- tento di cavarmela così.

“Quindi tu non vuoi bene alla nostra mamma?”- mi domanda Joseph.

 

Io amo la vostra mamma vorrei dire loro, ma non capirebbero e rischierei di combinare un disastro. Nina molto probabilmente mi urlerebbe contro e loro si farebbero solamente tante false speranze e io non voglio. Vorrei semplicemente correre da Nina e dirle che la amo, bloccarla contro il muro e baciarla voracemente, ma non posso. Per quanto io possa amarla, lei si è dimenticata di me e sta cercando di andare avanti con un altro, quello che sta veramente perdendo qualcosa sono io. Per tanti sbagli che ho commesso in passato sto pagando ora, perché se avessi agito diversamente a quest’ora Nina sarebbe la mia donna.

 

“Certo che le voglio bene.”- dico loro.

“Quindi la ami?”- mi domanda Stefan.

“Amare e voler bene sono la stessa cosa?”- continua Joseph.

“Amare e voler bene sono due cose diverse. Voler bene ad una persona significa tenere a lei, ma amare significa che per te non esiste nessun altro che lei. Con quella persona vuoi passare il resto della tua vita.”- tento di spiegarmi  meglio possibile.

 

Amare e voler bene… Cose completamente diverse. Amare una persona vuol dire che improvvisamente lei diventa il centro di ogni cosa, per lei faresti di tutto, ti lanceresti ovunque sapendo che lei è al tuo fianco.

 

“Quindi… Tu non ami la mamma?”- mi domanda Joseph.

 

____________________________________________________________________________

 

Se siete arrivate fin qui a leggere vi ringrazio, ma giustamente vi avevo avvisato per coloro che si sentissero punte nel vivo o per coloro a cui l’argomento risulta difficile da digerire. So che non è successo quello (vi giuro, non ne sarei mai stata in grado!), ma è una tematica delicata, troppo delicata da affrontare, quindi mi pareva dovere avvisarvi, anche se non ho lasciato intendere praticamente nulla, ma alle prime righe uno poteva benissimo fermarsi. Ne ho lette tante storie dove accadono fatti del genere e in tutte si andava oltre, ma da donna e da ragazza quale sono non me la sono assolutamente sentita, perché abusare di una donna è l’atto più vile e schifoso che un uomo possa compiere. Le donne hanno una propria dignità e non devono diventare dei giocattoli, noi donne siamo alla pari degli uomini e nessuno deve farci del male.

Con questo mi scuso se ho offeso qualcuno e che sia descritto male, ma fortunatamente non ho vissuto queste esperienze e mi sono basata un po’ su alcuni racconti alla TV o al giornale. Naturalmente, come ho già detto, non sono scesa nei particolari, ma magari a qualcuno poteva dare fastidio, quindi ho preferito precisare :)

Comunque, torniamo al capitolo! Sono così orgogliosa che questa storia sia arrivata al 40° capitolo, meno tre alla fine, però. E' stato un capitolo lungo, spero che lo abbiate "digerito bene" anche perchè il capitolo finale è ancora più lungo!
Questo è stato un capitolo importante perchè, oltre alla scena di 'quasi violenza' i rapporti tra Nina e Ian si sono avvicinati, notevolmente. Ian, come ha sempre avuto, ha sviluppato un senso di protezione nei confronti di Nina e credetemi che, se Nina non l'avesse implorato di portarla via, avrebbe ucciso quell'uomo. Ormai dentro di se ha ammesso in lungo e in largo che ama Nina, quest'ultima invece, oltre ad essere molto scossa, si fida completamente di Ian perchè vuole stare solo ed esclusivamente con lui, si sente protetta ed è un bel passo avanti visto che, qualche capitolo fa (molti!) non voleva neanche vederlo. Ho voluto alleggerire un po' il capitolo con l'ultima parte, i gemelli stanno diventando dei don Giovanni (per quanto possano esserlo da così piccoli) e Ian li incita :')
Ringrazio le sei ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo con bellissime parole, siamo diminuite ancora, ma spero che questo possa risollevare un po' la morale ^^
Ci vediamo sabato 29 con il 41° capitolo e vi avviso già che il 42° capitolo arriverà solo con due giorni di stacco, ovvero lunedì 31 agosto perchè dopo parto per il ritiro e non riuscirò ad aggiornare fino a domenica pomeriggio/sera. 
Grazie ancora, alla prossima <3

 

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Capitolo 41
*** You're strange. ***



                                                      You're strange.


Fortieth-first Chapter.

Pov Ian.

Amo Nina con tutto me stesso, forse di più, ma non posso dirlo ai bambini altrimenti verrebbero fuori troppi casini. La situazione è già delicata ora, non voglio complicarla ancora di più.

 

“Le voglio molto bene.”

 

I bambini sembrano delusi della mia risposta, so che si aspettavano di più, ma non lo danno molto a vedere e alla fine mi domandano di Londra e se sia simile ad Atlanta. Parliamo tranquillamente per un po’, alla fine Nina chiama i bambini per mangiare.

 

“Ti fermi anche tu?”- mi domanda.

 

Mi fido di lei, ma non so se questo sia un buon momento per rimanere da sola, quindi decido di accettare l’offerta anche perché i bambini mi stanno tirando per la maglietta obbligandomi così a sedermi sulla sedia. Nina tira fuori dal forno del pollo con delle patate e ho tutta l’impressione che non sia stata lei a cucinarlo -non ci avrebbe messo così tanto tempo e diciamo anche che non ne ha proprio le capacità- ma Michaela.

 

“Mia madre ha preparato tutto senza glutine.”- mi dice notando il mio sguardo.

“Non stavo dubitando sulla natura del pollo.”- ridacchio. -“Sapevo che l’aveva preparato tua madre.”

“La mamma non è proprio brava a cucinare!”- mi dice Stefan confermando la mia tesi.

“Stef ha ragione!”- rincara la dose Joseph. -“Un giorno ha bruciato le bistecche.”

“Così mi offendete!”- Nina incrocia le braccia fintamente offesa. -“Credevo vi piacesse il mio modo di cucinare.”

 

Ridacchio di gusto mentre inizio a mangiare il cibo squisito di Michaela, è proprio come lo ricordavo.

 

“Si, mamma.”- dice Joseph.

“Ma anche la nonna cucina bene!”- tenta di difendersi Stefan.

“Ho capito, è meglio mangiare.”- borbotta, ma posso vederla divertita.

 

E spero almeno che per un po’ abbia dimenticato tutto quello che è successo, anche se non è affatto facile.

Passiamo la cena in tranquillità ridendo e scherzando -per quanto Nina sia con noi con la testa- e alla fine i bambini si fanno mettere a letto con facilità, senza fare nessun tipo di capriccio. Quando chiudono finalmente gli occhi sono le undici passate e sto iniziando a sentire la stanchezza, cosa che noto anche in Nina, ma che non da comunque a vedere. E’ concentrata a lavare i piatti e noto che ci sta mettendo forse un po’ troppa forza. Mi alzo dal divano e le vado incontro lentamente. Le afferro delicatamente la mano che sta torturando il piatto e lei sobbalza sgranando gli occhi.

Leggo terrore, ma in un attimo si riprende.

 

“Hey, guardami.”- le accarezzo piano una guancia. -“Sono io, Ian.”

“Lo so, è solo che-”

 

Si blocca esitante, poi scuote la testa. Mi si stringe il cuore a vederla così.

 

“E’ solo che?”- la invito a parlare. -“Sai che a me puoi dire tutto, sono qui per ascoltarti.”

“Credo… Di non avere niente da dire, sono solo stanca.”- mi dice passandosi stancamente una mano tra i capelli.

“Faresti bene a dormire allora.”- le dico sincero.

“Non ci riuscirei, non…”- le si blocca il respiro. Si morde le labbra, ma si sforza per continuare. -“So che è una cosa stupida, ma… Non smetto di pensare a quello che poteva succedermi. Sono stata così fortunata, mentre… Altre donne… Potevo essere una di loro.”

 

E scoppia a piangere gettandosi tra le mie braccia in un gesto inaspettato che mi costringe a stringerla a me. Getta la testa sul mio petto continuando a singhiozzare, il suo corpo trema, il suo cuore batte sempre più veloce e le sue mani stringono la mia maglietta. E io la lascio fare, come l’altra notte e come le prossime se dovesse servire per farla stare meglio, perché io voglio questo: voglio che Nina stia bene. Continuo ad accarezzarle piano la schiena, non le dico nulla, ora non sarebbe il momento adatto. Rimaniamo così per un tempo infinito e questo momento magico e straziante viene interrotto dal vibrare del mio cellulare che non decide di smettere. Allungo il collo per vedere chi è che mi chiama a quest’ora e quando leggo il nome di Nikki sul display decido che ora non è il momento adatto per risponderle, non quando Nina è in queste condizioni, non posso buttare tutto all’aria e andarmene, potrebbe crollare di nuovo da un momento all’altro. Decido semplicemente di ignorare la chiamata e quando Nina si sarà calmata le invierò un messaggio. E’ un comportamento scorretto, lo so, ma sono sicuro che capirà. 

 

“Avresti potuto”- Nina tira su con il naso. -“rispondere.”

“Era mia madre.”- mento. -“Nulla di importante, in questo momento sei più importante tu.”

“Grazie per quello che hai fatto.”- mormora abbassando lo sguardo. -“Davvero.”

“Sei mia amica, Nina. Sai che se hai bisogno sono qui.”- le dico.

 

Quell’amica non corrisponde proprio a quello che ho in mente io, ma va bene così. Voglio solo che lei sia felice e se è Eric -nome ridicolo a mio parere- a farla felice ben venga. Io non vorrei che lui ci fosse, ma non posso essere egoista, non con lei. Ha bisogno di farsi una vita e io non centro con lei, vorrei far parte di tutto quello che è legato a Nina, ma non posso perché lei non me lo permetterebbe, non dopo tutto quello che le ho fatto, che ci siamo fatti. Per questo tenterò, almeno in parte, di recuperare il rapporto con Nikki e di lasciarla libera, dentro di me so che non posso, ma devo farlo per vederla di nuovo sorridere. Noi… Non possiamo funzionare, vorrei, ma è così. La amo, ma credo che non sia corrisposto, io mi sto aprendo con lei e lei si sta chiudendo sempre più in se stessa -e non intendo per quello che è successo ieri.

 

“Lo so.”- mi dice cercando di sorridere mentre si asciuga le lacrime.

“Dovresti provare a dormire, almeno un po’.”- le consiglio.

“Potresti… Rimanere qui per un po’?”- mi domanda con la voce piccola. -“Non voglio rimanere da sola…”

 

Abbassa lo sguardo mentre io spalanco la bocca colto di sorpresa, non mi sarei mai immaginato una richiesta simile da parte sua, ma non devo illudermi, penso sia ancora terrorizzata da quello che è successo ieri notte e la comprendo.

E’ solo per questo continuo a ripetermi.

 

“Ho capito, è stata una richiesta stupida…”- mormora scostandosi da me e alzandosi dal divano.

 

Mi alzo anche io e la blocco delicatamente per un polso prima che possa fare altre supposizioni assolutamente non vere.

 

 

“Se è quello che vuoi rimarrò qui con te molto volentieri.”- le sorrido. -“Non me lo aspettavo.”

 

“E’ solo… Ho paura a dormire da sola…”- mormora.

“Non c’è nessun problema.”- le dico sorridendo facendola ritornare tranquilla. -“Dove dormiamo?”

“Sono troppo stanca perfino per salire le scale.”- sbadiglia strofinandosi gli occhi.

“Allora useremo il divano, l’abbiamo già fatto.”- le dico con un’alzata di spalle.

 

Nina si morde un labbro e non capisco il suo nervosismo, ma decido di lasciar correre e mi siedo sul divano invitandola a fare lo stesso. Sparisce in un istante e qualche secondo dopo ritorna con una coperta di lana che, logicamente, servirà per coprirci entrambi. Nina si siede accanto a me e, dopo essermi sdraiato, appoggia la testa sulla mia spalla e ci copriamo entrambi.

 

“Non credi sia… Sbagliato tutto questo?”- mi domanda con voce assonnata.

“Ti sto solo aiutando, non vedo nulla di male.”- le rispondo fissando il muro.

“Notte…”- mormora con la voce affievolita.

“Notte.”- le dico di rimando appoggiandole una mano sul braccio.

 

Ci addormentiamo così, sul divano, abbracciati davanti al fuoco del camino. 
 

Mi sveglio di soprassalto sentendo Nina agitarsi convulsamente e questo mi fa aprire gli occhi. Continua a muoversi agitata tra le mie braccia e continua a urlare no nel sonno.

Sta avendo altri incubi e, purtroppo, so cosa sta sognando. La scuoto piano, cercando di svegliarla. Quando ci riesco mi fissa con gli occhi spalancati e continua a scusarsi per avermi svegliato.

 

“Era solo un brutto sogno, tranquilla.”- le bacio la tempia leggermente sudata. -“Ci sono io qui con te.”

“Io-”

“Non dire niente, non preoccuparti.”- le sussurro accarezzandole un braccio. -“Prova a dormire un altro po’, altrimenti domani non riuscirai a rimanere in piedi.”

 

Si appoggia contro il mio petto e si addormenta poco dopo cullata dalle mie carezze. Rimango tutta la notte ad osservarla dormire più o meno tranquilla. Non si sveglia più, ma ogni tanto la vedo muoversi agitata e il respiro farsi sempre più veloce, ma con le mie carezze si tranquillizza subito. Sono quasi le sette quando decido di alzarmi dal divano e impiego quasi cinque minuti per mettere meglio Nina senza farla svegliare.

Non voglio che i bambini ci sorprendano ancora insieme, l’hanno già fatto una volta e so che possono essersi fatte strane idee su di noi e ne ho avuto la conferma ieri sera quando mi hanno chiesto se amo Nina.

La situazione è già complicata, se si mettessero di mezzo anche loro sarebbe la fine.

Preparo la colazione per i bambini, del succo e dei pancake -mi hanno detto che adorano come li faccio io-, e vado a svegliarli lasciando riposare ancora un po’ Nina. Dobbiamo essere sul set alle 8.30, abbiamo tutto il tempo per fare ogni cosa. Entro piano nella loro camerata e li vedo ancora profondamente addormentati. Joseph è coperto fino alle orecchie, mentre Stefan è tutto scoperto e sta stringendo un peluche a forma di cane, credo. A proposito di cane… Ecco che fine aveva fatto Spike. E’ appisolato sul pavimento tra i due letti e non si è accorto che sono appena entrato. Mi avvicino alle tapparelle e le tiro su piano, poi scosto le tende facendo entrare la luce all’interno della cameretta. I bambini, colpiti dai raggi del sole, iniziano a muoversi infastiditi e Joseph tira ancora più su le coperte scomparendo nel letto. Nina mi aveva avvertito che è difficile svegliarli e, se all’inizio ero rimasto parecchio sorpreso, ora le credo. Vado a svegliare quel poveretto di Spike facendogli una carezza sulla testa e quando si accorge che sono io si butta a pancia all’aria cercando delle coccole. Lo prendo delicatamente in braccio e lo appoggio sul letto di Stefan -visto che scoprire Joseph è una cosa impossibile- e mi godo la scena. Il cucciolo zampetta allegramente verso Stefan e, una volta arrivato all’altezza del suo viso, comincia a leccarlo facendogli mugugnare qualcosa di incomprensibile e apre finalmente gli occhi.

 

“Spike?”- domanda confuso, poi si volta verso di me e quando mi vede i suoi occhi brillano. -“Papà?”

“Papà? Dove papà?”- domanda Joseph da sotto le coperte.

 

Approfitto dell’attimo di debolezza e con uno scatto lo scopro completamente facendolo borbottare.

 

“E’ ora di svegliarsi, forza!”- dico ad entrambi mentre scendono da letto e mi vengono ad abbracciare.

“Hai dormito qui?”- mi domanda Stefan felice.

“Sono… Appena arrivato.”- mento. -“Andiamo a fare colazione, vi accompagno io a scuola!”

“Davvero?”- mi domanda Joseph sorridendo.

“Certo!”- rispondo loro tentando di prenderli in braccio.

 

Mi alzo tenendoli stretti entrambi e cavolo se pesano… Ormai sono diventati ancora più grandi dalla prima volta che li ho visti hanno sette anni.

 

“Papà, sei sicuro di farcela?”- mi domanda Joseph.

“Mi stai dando del vecchietto per caso?”- gli domando fintamente offeso.

“Papà, cammini come un pinguino!”- mi dice Stefan ridendo.

 

Le avevo sentite tutte, ma pinguino proprio no. Scoppio a ridere anche io ed andiamo in cucina per fare colazione. Nina dorme ancora fortunatamente, ne aveva bisogno. I bambini, quando si accorgono che Nina sta dormendo sul divano, mi fissano preoccupati.

 

“La mamma sta male?”- mi domanda Stefan.

“No, tesoro, è soltanto tanto stanca dal viaggio.”- gli spiego.

 

Finiamo la colazione in tutta tranquillità e i bambini mi raccontano che oggi andranno in palestra per l’ora di educazione fisica così, prima di uscire di casa, oltre al solito zaino prendo anche uno zainetto più piccolo con le cose per farli cambiare. Non appena arriviamo a scuola i bambini corrono subito dai loro compagni e noto, con piacere, che hanno già fatto amicizia con parecchi bambini. Prima di andarmene vedo una delle maestre che non mi stacca gli occhi di dosso e posso giurare di aver visto un po’ di bava scendere dalla sua bocca, ma non sono Damon, una donna basta e avanza -Nina è una piacevole eccezione.

Ritorno a casa di Nina per svegliarla, ma quando arrivo di fronte alla porta mi ricordo che io non ho le chiavi di questa casa, quindi mi trovo costretto a suonare. Poco dopo vedo la porta aprirsi e Nina già vestita.

 

“Credevo dormissi ancora.”- le dico sinceramente.

“Mi sono svegliata venti minuti fa.”- mi dice. -“Grazie per aver portato a scuola i bambini.”

“Sono loro padre, è un mio compito.”- le dico avvicinandomi alla macchina.

“Grazie per essere rimasto questa notte.”- mi dice dondolandosi da un piede all’altro.

 

E’ il giorno dei grazie, questo?

 

“L’ho fatto con piacere.”- le dico solo prendendo le chiavi della macchina. -“Mi ringrazierai ancora se ti offrissi un passaggio?”

“Non credi… Insomma… Andare a lavoro insieme…”- borbotta.

“Ci siamo già andati.”- le ricordo entrando in macchina facendole segno di salire. -“E ieri ci hanno beccati a fare colazione insieme. Stiamo costruendo un rapporto, no?”

 

Annuisce e finalmente entra in macchina anche lei. Accendo il riscaldamento, perché si gela, e mi dirigo verso il set. 

In macchina cala il silenzio, ma è un silenzio piacevole. Di tanto in tanto mi perdo ad osservare Nina e la trovo intenta a torturarsi il lembo della camicia a quadri rossi e neri che indossa. So che sta pensando a qualcosa, ma vorrei capire cosa.

 

 

Pov Nina.

Ian non parla e non lo faccio anche io, ma il silenzio è comunque piacevole. Non mi va di parlare dopo tutto quello che è successo, ma in cuor mio so che non posso continuare così. Ieri ho avuto veramente paura, paura che quell’uomo mi facesse del male o peggio… Ho visto tutta la mia vita passarmi davanti e… Ho avuto paura di non vedere i bambini. Sono la cosa più importante che ho al mondo, senza di loro non sarei la donna che sono diventata ora e perderli… Non… Non voglio nemmeno pensarci. Devo la mia vita a Ian, devo tutto a lui. Se lui non fosse venuto a cercarmi per riaccompagnarmi a casa, grazie anche alla chiamata di Paul, non so dove sarei ora. A quest’ora qualcuno mi avrebbe violentata e magari mi avrebbe potuta uccidere, ma ora sono qui, grazie a lui. Questo ultimo periodo è veramente strano, è come se lui si fosse avvicinato di più a me ed ho la sensazione che voglia farmi capire qualcosa, ma non so cosa. E il modo dolce in cui mi ha trattato, il non volermi lasciare nemmeno un attimo in balia di me stessa , mi ha fatto capire che lui ci tiene veramente a me. Non so come, non so perché, ma gli importa veramente qualcosa di me e della mia vita. Non l’ho mai visto arrabbiato veramente, ma ieri ho avuto veramente paura. Non per me, ma avrebbe potuto veramente uccidere quell’uomo. Se non gli avessi detto di andarcene molto probabilmente a quest’ora sarebbe in prigione a Londra, ma ora è qui, con me. Ieri sera è stato la mia ancora, la spalla su cui piangere e fare affidamento, con lui mi sono sentita finalmente protette e, in un modo molto contorto, amata come non mi capitava da tempo -escludendo Eric, ma lui è tutta un’altra storia. Se fossi stata da sola, se lui ieri se ne fosse andato, molto probabilmente non avrei chiuso occhio e sarei impazzita, invece lui è rimasto per me e con me consolandomi, rincuorandomi, abbracciandomi e facendomi calmare. Credo di aver avuto incubi ieri notte, così come in quella prima. Mi si ripete sempre la stessa scena davanti e questa volta Ian non c’è a salvarmi, ma puntualmente Ian mi svegliava e mi ripeteva che era tutto finito e che c’era solo lui lì con me. E per la prima volta, dopo veramente tanto tempo, mentre lo guardavo negli occhi -per quanto fossi in grado- ho rivisto il vero Ian, quello che era con me e che mi proteggeva da tutto e tutti. Non solo negli occhi, ma anche nei modi di fare, in tutto. E mi era mancato questo Ian, è Ian, lo stesso Ian di più di otto anni fa, quando, stando con Nikki, veniva a casa mia a portarmi il gelato quando non stavo ben per chissà che cosa, lo stesso Ian di cui mi sono innamorata.

E che mi fa battere il cuore di nuovo.

Ma non posso, semplicemente perché non è giusto. Non posso lasciarmi andare ancora a questi sentimenti, semplicemente non posso, ne uscirei peggio di prima. 

 

“Nina, hey!”

 

Sento la mano di Ian scuotermi leggermente e sobbalzo.

 

“Scusami, stavo… Pensando.”- lo rassicuro.

“Più ci pensi, e più-”

 

Lo interrompo, non stavo pensando a quello. Io… Con il tempo passerà, credo. Devo ritenermi fortunata ad esserne uscita praticamente illesa e ringraziare Ian e chiunque ci sia in cielo per avermi salvata, dovrò convivere con questo, mi ci vorrà solo del tempo.

 

“Non stavo pensando a… Quello.”- gli dico sbrigativa.

“A cosa allora?”- mi domanda svoltando a destra e noto, solo ora, che siamo praticamente arrivati a destinazione. -“Se posso chiedere.”

“Perché… Hai fatto tutto questo per me?”- gli domando a bruciapelo.

 

Ian si tira leggermente indietro e spalanca gli occhi, forse colto alla sprovvista o forse mi sta prendendo per pazza.

Chi lo sa.

 

“Per averti salvata?”- mi domanda con leggero turbamento nella voce. -“L’avrebbe fatto chiunque.”

“Non quello… E’ da un po’ che sei strano.”- gli dico.

“Strano in che senso?”- mi domanda passandosi una mano tra i capelli.

 

E’ nervoso o colto sul fatto.

 

“Sei diverso con me.”- gli dico. -“E non solo negli ultimi due giorni.”

 

Esce dalla macchina di scatto e mi fa cenno di scendere. Lo seguo.

 

“E’ tardi, dobbiamo andare.”- mi dice sbrigativo chiudendo la macchina.

 

Non mi aspetta nemmeno.

__________________________________________________________________________

 

 

Buon fine settimana a tutte voi :’)

Tra poco è finito agosto e credo sia un’ingiustizia, queste vacanze sono durate davvero troppo poco.

Siamo al 41° capitolo, meno due alla fine. L’altro giorno stavo leggendo le vostre recensioni, poche, ma comunque alcune c’erano, e c’è stata una cosa, personalmente, che mi ha fatto colpito -in male però- e che tengo subito a precisare.

Ho scritto parecchie storie, di tutti i tipi, e ne ho letto davvero tante di belle, d'altronde in questo sito ce ne sono tantissime e ho letto anche di attacchi rivolti ad autrici. Se avete qualcosa da dire riguardo alla storia sapete benissimo che potete farlo, che sia una cosa bella o brutta. La storia non vi piace? Ditemelo pure, sono qui per migliorare e, oltre a scrivere per me, scrivo anche per voi, non mi offenderei in nessun caso, ognuno ha la propria libertà di opinione. La storia vi piace? Mi rendete la ragazza più felice del pianeta.

E' successa questa cosa e, fortunatamente siamo riuscite a chiarirci,  sono contenta di questo perché non mi piace litigare con nessuno, ma quello che sto dicendo è per il futuro, in modo che questo episodio spiacevole non capiti più. Ognuno può scrivere il tipo di storia che vuole e sono la prima a dire che non mi piacerebbe che qualcuno usufruisse della mia storia per la sua, ma fermiamoci un attimo. Io, questa storia, me la sono inventata di sana pianta, dalla A alla Z. Come vi ripeto da dicembre, più o meno, io ho un piccolo quadernino con la storia già scritta, sono più appunti per ogni capitolo, quindi… Ovviamente, qualcuno può anche pensare che sia falso, ma io, personalmente, non ho bisogno di andare a prendere spunto da altre storie perché, le mie idee, ce l’ho ben chiare. Con una storia di quaranta capitoli che senso avrebbe prendere spunto da un’altra? Se non avessi più avuto idee l’avrei chiusa, cosa che, avendo idee, non ho fatto. Ne ho ancora un paio (sono molte) e sono collegate anche alla sorpresa di cui vi parlavo, perché copiare? So che voi non c’entrate niente, ho conosciuto così tante care ragazze grazie a questa storia che mi ha fatto capire, ad un certo punto, che la distanza non conta nulla e messaggiare con alcune di voi, scambiando idee e pareri, mi rende felicissima. Vi rendete conto di quante storie ci siano al mondo con fatti simili? Sono sempre quelli, gira e rigira quello è. O e A, o e B, o e C, o e D. Sta all’autore (o autrice) saperli rendere al meglio, tutto qui. Con questo volevo dire che le idee sono mie e sono io che le sviluppo, non mi sognerei mai di andare in giro a prendere altre idee a destra e a manca.

Anche a me, qualche volta, è apparso il dubbio che magari qualcuno avesse preso spunto dalla mie storie, ma non vado certamente ad accusare l’autore. Magari ha avuto la mia stessa idea e, invece di esserne gelosa, ne sono felice, vuol dire che a molti ‘piace’ una determinata tematica. Se ha copiato sono affari suoi, vuol dire che non aveva idee e non è originale. Scusate tutto questo sproloquio (se non l’avete letto magari avete fatto anche bene ahhahaahah) ma ci tenevo a precisarla come cosa perché potete dirmi di tutto, insultarmi, dirmi che la storia fa schifo (so di non essere perfetta, nessuno lo è, e che devo migliorare, tanto), ma copiare no, non ci sto. Ripeto, abbiamo chiarito, è acqua passata, ma sappiate che io, dagli altri, non voglio nulla. Ho detto tutto questo per prevenire cose future, fortunatamente ora è finita bene, ma spero che in futuro non capiti più.

 

Comunque, torniamo al capitolo. Riprende da dov’è finito l’altra volta e Ian, per non dire ai gemelli che ama Nina, trova una scappatoia che li fa rimanere comunque male. Nina è ancora scossa, è logico, e chiede a Ian di rimanere e lui, ovviamente, rimane. Non è rimasto lì per approfittarsene, cosa che non ha mai pensato, ma solo per rimanerle accanto perché sapeva come stesse soffrendo. Passano la notte insieme, tra gli incubi, e la mattina dopo Ian si occupa dei bambini *___*

Mi sono sciolta a scrivere determinate scene, spero vi siano piaciute! 

Ian e Nina alla fine vanno sul set insieme e hanno una piccola discussione sul perché Ian sia così strano e lui, invece di approfittarne se la da a gambe, come al solito. Non manca poi molto alla fine e credo che con i prossimi due capitoli mi amerete o, almeno, lo spero.

Ringrazio le sei ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, come ogni volta spendete parole bellissime e mi dispiace che le recensioni siano calate un’altra volta di botto. Non parlo del capitolo prima, erano sempre sei, ma da due capitoli fa, ma d’altronde è quasi finita l’estate, molte di voi sono in vacanza, quindi me ne rendo conto.

Non so se riuscirò ad aggiornare lunedì, è già un miracolo che l’abbia fatto oggi, tutto dipenderà dal tempo e dall’interesse :)

Grazie ancora, alla prossima <3

 

 

 

 

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Capitolo 42
*** I had to do it. ***


                                                        I had to do it.




Fortieth-Second Chapter.

Pov Nina.

Lo rincorro e prima che entri lo blocco. Che diavolo ha? Gli ho solo chiesto perché è così strano con me, non è una cosa importantissima, almeno credo. Perché fa così il riservato?

 

“Sei ritornato a guardarmi in cagnesco per caso?”- gli domando aspra.

“No.”- mi dice duro scrollandosi la mia mano dalle spalle. -“Devo andare.”

“Che cosa ti ho fatto adesso?”- gli domando quasi urlando. -“Mi sembrava andasse tutto bene.”

Andava tutto bene. Poi ti sei messa a fare domande stupide!”- mi dice.

“E’ stupido domandarti il perché sei cambiato così tanto?”- gli domando cercando di non alterarmi ancora di più.

“Si, perché non sono cambiato affatto.”- mi dice serio per poi entrare nel set.

 

Vorrei corrergli dietro di nuovo e capire il perché di questo suo comportamento, ma vedo Candice che ci sta venendo incontro con il piccolo Daniel* tra le braccia e capisco che non è il momento adatto per litigare. Ian saluta Candice con un bacio sulla guancia e se ne va, mentre io rimango davanti alla porta.

Candice mi viene incontro e mi abbraccia, stando comunque attenta al piccolo pargoletto che tiene tra le braccia. Questo bambino è adorabile. Ha tanti capelli biondi sulla piccola testolina, sembrano quasi bianchi, e gli occhi chiari. E’ un piccolo angioletto.

 

“Cos’è successo tra voi due?”- mi domanda senza giri di parole.

Niente.”- le rispondo con un’alzata di spalle, poi mi faccio passare il bambino avvolto in una copertina azzurra. -“Perché deve essere successo qualcosa?”

“Vi ho sentiti urlare. Tanto. Paul mi ha detto che a Londra sembravate tanto tranquilli e ora… Siete incazzati.”- mi dice.

“Paul ti ha detto cosa?”- le domando accigliata.

“So… Che avete passato molto tempo insieme.”- mi dice allusiva.

“Mi ha aiutato su alcune cose.”- le dico mordendomi il labbro a sangue. Cullo piano il bambino che sta chiudendo gli occhi stanco. -“Niente di che.”

 

Solo adesso noto che tra le mani tiene qualcosa. Sembra un giornale di gossip. Quando Candice se ne accorge mi guarda imbarazzata, poi scuote la testa.

 

“C’è… C’è una cosa che devo dirti…”- mormora continuando ad alternare lo sguardo da me al giornale.

 

Ora mi sto seriamente preoccupando. Che cosa c’è?

 

“Candice, che cosa c’è?”- le domando infatti.

“Credo che tu debba vederlo da sola.”- mi dice porgendomi il giornale.

 

Ridò il piccolo Daniel a Candice e afferro il giornale. Non serve nemmeno aprirlo per capire che cosa sta succedendo.

Oh mio Dio. No, non è possibile. Sulla prima pagina, bella in grande, c’è una foto mia e di Ian che usciamo dal taxi ridendo. E’ una foto che ci hanno scattato la mattina dopo la mia epica sbronza. Mi porto entrambe le mani tra i capelli lasciando cadere il giornale. Il titolo è piuttosto allusivo: Ian e Nina complici. La serie è iniziata ormai da qualche mese, anche il loro amore è tornato?

 

“Chi altro lo sa?”- domando nervosa.

“Io, Paul e… Un po’ tutti. Mi dispiace Nina, io…”- balbetta.

“Non è colpa tua.”- le dico sospirando. -“Come farò adesso?”

“E’ successo qualcosa tra di voi?”- mi domanda.

“Certo che no!”- ribatto troppo in fretta, poi cerco di calmarmi. -“Quella mattina eravamo in ritardo… La sera prima ho bevuto qualche bicchiere di troppo ed ero un po’ brilla. Ian mi ha accompagnato all’albergo. Non trovavo le chiavi, così sono rimasta nella sua stanza, ma non è successo niente, te lo giuro. La mattina dopo siamo andati alla Convention insieme, io… Ero convinta che nessuno ci avesse visto.”

 

Candice mi fissa con la bocca spalancata cercando di assimilare tutto quello che le ho detto, poi mi guarda grave.

 

“Sai che Londra è piena di paparazzi. Qui è diverso, abbiamo tutta la tranquillità del mondo. Non è molta, ma c’è. Londra è diversa.”- mi dice cercando di consolarmi.

“Non oso immaginare la bufera che ci sarà su Internet.”- le dico sedendomi sul divanetto.

“Cerca di non entrare da nessuna parte oggi, va bene?”- mi consiglia. -“Ora concentrati sul lavoro, poi ci penseremo.”

 

Annuisco sconsolata, poi mi abbasso per prendere il giornale e mi incammino a fianco di Candice verso il mio camerino. Butto il giornale sul primo bidone che trovo, non voglio infierire più di quanto abbia già fatto.

Questo è un disastro. Tra me e Ian non c’è niente, ma gli altri non lo sanno. Gli altri non sanno parecchie cose a dir la verità, ma ora… Ora succederà il finimondo. Non voglio finire su giornali e programmi televisivi, non voglio che gli altri facciano insinuazioni su quello che è realmente successo, semplicemente non voglio essere argomento di dibattito. Quando ho scelto di fare l’attrice sapevo che, oltre alla fama, mi sarebbe spettato questo, ma ho già sopportato dicerie per così tanto tempo, non voglio farlo anche ora. 

Sono persa così tanto sui miei pensieri che mi accorgo solo in un secondo momento della figura di Ian appoggiata sulla mia porta.

Sa anche lui?

 

“Hai saputo?”- inizia. -“Riguardo il giornale intendo.”

“L’ho appena… Letto.”- gli dico sconsolata. -“Non voglio pensarci ora.”

“Dovremo smentire, credo.”- mi dice passandosi una mano tra i capelli. -“Insomma… Questo è solo uno dei tanti giornali con le nostre foto, sono tutti impazziti.”

“Lo sospettavo, ma possiamo pensarci dopo?”- gli domando.

 

Ian annuisce, poi lascia passare me e Candice.

 

 















 

                                                                              * * *
















 

 

Come avevo previsto -e come mi avevano detto Candice e Ian- Facebook, Instagram, Twitter e tutti gli altri Social Network sono completamente impazziti per questa nuova notizia. Ho letto molti commenti, tra una pausa e l’altra, di fan felicissimi per questo presunto ritorno che sostengono di non aver mai perso la speranza in noi e altri commenti cattivi da parte di chi ha sempre sostenuto che Ian e Nikki fossero la coppia del secolo. Certo, quelli positivi sono molti di più di quelli negativi, ma ci sono anche questi. Molti hanno gioito, altri mi hanno dato della traditrice o del traditore a Ian con solo una foto. Figuriamoci se fosse sbucato dal nulla un intero servizio fotografico, non oso nemmeno immaginare. Ecco cosa fa il mondo dello spettacolo: può proteggerti o accusarti, oppure entrambi.

Ian ha scritto un post su Facebook, Twitter e Instagram dicendo che era tutto programmato per la Convention e che, siccome dovevamo entrare in scena più tardi, siamo andati insieme. Ha ribadito di essere felice con la moglie e altre cavolate varie che mi hanno dato il voltastomaco e che non ho letto.

Perché dopo aver letto tutte quelle frasi smielate il mio umore è peggiorato? Forse perché so che non è vero e che Ian non sta più bene con sua moglie. Oppure c’è dell’altro?

Sicuramente per il primo motivo, si. Io non me la sento di scrivere un post ora, lo farò nei giorni seguenti. Ora come ora cercherò di uscire sempre di meno e mai con i bambini, se si scoprisse ora la verità sui gemelli sarebbe veramente la fine. Sono troppo uguali a Ian, non ci sarebbero dubbi sulla paternità -solo Ian ha dubitato, ma penso che lui sia un caso patologico e si è lasciato influenzare.

 

“Non volevo che succedesse tutto questo.”- dice una voce alle mie spalle facendomi sobbalzare.

“Vuoi farmi prendere un infarto?”- gli domando con il respiro corto.

“Scusami, non volevo attentare alla tua vita.”- mi dice passandosi una mano tra i capelli. -“Volevo solo dirti che mi dispiace.”

“Non è colpa tua, e nemmeno mia.”- preciso mentre afferro il giubbotto.

“Lo so, ma… So che non hai mai apprezzato il fatto che la tua vita pubblica fosse sbandierata a tutti.”- mi dice Ian comprensivo.

“Sono un’attrice, questo è un effetto collaterale. L’importante è che non scoprano dei bambini, voglio che loro vivano la loro infanzia senza preoccupazioni.”- gli dico.

“Lo so, faremo di tutto per proteggerli. So quanto possa essere cattivo il mondo dello spettacolo.”- mi dice comprensivo.

“Tra qualche settimana tutti si dimenticheranno di quello che è successo.”- gli dico. -“Andrà tutto bene.”

 

 

Una settimana dopo.

Quello che ho detto a Ian sostanzialmente non si è avverato. I giornali, sebbene in maniera meno intensa, vanno ancora avanti sulla nostra storia sostenendo che siamo ritornati insieme e la cosa mi pesa parecchio, ma devo conviverci. Era questioni di tempo, solo che è arrivato tutto prima del previsto. Con Eric le cose stanno diventando sempre più serie e la cosa mi fa stare bene. Ho parlato con lui di quello che è successo, in qualche modo sentivo che dovevo dargli una spiegazione, e lui ha ascoltato pazientemente -più volte ha tentato di fermarmi e dirmi che non erano affari suoi- e ha capito dicendomi che anche se non gli spiegavo nulla era lo stesso.

Ian, invece, per confermare la tesi espressa nei vari social ultimamente è uscito molto spesso con Nikki e spero che prima o poi li fotografino insieme. La cosa mi brucia parecchio, ma non capisco il perché.

A me della vita privata di Ian non interessa niente, giusto?

Tra cinque giorni sarà il suo compleanno e i bambini vogliono fargli un regalo. Sto tornando a casa e mi hanno detto che me lo diranno non appena arriverò. Stiamo -stanno- organizzando una festa a sorpresa per lui per il sette dicembre, il giorno prima del suo compleanno, perché il giorno dopo ha detto di volerlo festeggiare in famiglia, gemelli compresi. Io non ci sarò, il giorno del suo compleanno intendo, perché ho un servizio fotografico a Toronto e credo che non mi avrebbe invitato chiunque, non con Nikki -o comunque io non ci sarei andata. 

Non appena metto piede in casa i bambini mi corrono incontro felici di rivedermi e mi trascinano in sala dove mio fratello sta finendo di colorare un… Albero?

 

“Hai deciso di dedicarti all’arte?”- lo schernisco.

“Ma che simpatica che sei sorellina!”- mi dice. -“Sto finendo questo disegno.”

“E perché?”- gli domando continuando a ridacchiare.

“E’ per scuola.”- mi dice Stefan. -“Ma mi ero stufato di colorarlo.”

“E’ tuo amore, non di zio Alex. Forza, finisci di colorarlo che poi andiamo a letto.”- gli dico.

 

Il compito è suo e deve finirlo lui. E’ in prima, non oso immaginare più avanti. Sono cose sue, non degli altri, quindi deve farle lui.

Mio fratello si alza e lascia il posto a Stefan che continua a colorare il disegno sbuffando.

 

“Tu hai finito?”- domando a Joseph che mi sta ancora abbracciando una gamba.

“Si, stavo finendo un disegno per conto mio.”- mi dice, poi si stacca da me e corre verso il tavolino per portarmi il suo disegno. -“Io e Stefan abbiamo pensato parecchio per il compleanno di papà. Potremo regalargli questo.”

“Mi sembra un’idea carina regalargli un vostro disegno!”- sorrido guardando il buffo gatto rossiccio disegnato da mio figlio.

 

E’ qualcosa che hanno fatto loro, a Ian piacerà sicuramente.

 

“No mamma, cos’hai capito!”- mi rimprovera Stefan distogliendo l’attenzione dal suo disegno. -“Vogliamo regalare a papà un gatto!”

“Un gatto?”- domando sorpresa.

“Papà ci ha raccontato che qualche anno fa aveva un gatto.”- mi spiega Joseph. Mi si stringe il cuore ripensando al buon vecchio Moke. Ero legatissima a quella palla di pelo. Lui e Lynx erano legatissimi. -“Si chiamava Moke ed era arancione. Vogliamo regalare un gattino arancione a papà, così non sarà più triste per Moke!”

 

Stefan annuisce concorde alla spiegazione del fratello e quasi mi commuovo nel vedere come pensano agli altri, come pensano a Ian. Ormai è loro padre e lo adorano. Ogni volta che lo vedono i loro occhi si illuminano ed è sempre quello che ho desiderato per loro, che fossero felici con il loro papà.

Certo che un gatto è un’impresa ardua. Ha così tanti animali Ian che uno in più lo manderebbe fuori di testa, ma sono sicura che lo terrà comunque. Lui adora gli animali, non potrebbe mai abbandonarlo.

 

“Mamma, ti prego!”- mi pregano entrambi.

“Va bene, cercheremo un gattino per Ian.”- dico ad entrambi. -“Forza, andate a lavarvi i denti e andiamo a letto.”

 

I bambini corrono in bagno per lavarsi i denti, mentre Alex mi aiuta a sistemare.

 

“Sono contento di come stiano andando le cose.”- inizia mio fratello mentre mi passa un astuccio pieno di colori. -“Per i bambini intendo.”

“Le cose non potrebbero andare meglio.”- dico.

“La faccenda con i giornali si è sistemata?”- mi domanda curioso.

“Si è calmata un po’, ma sistemata no. Per quanto possiamo ribadire che non ci sia nulla nessuno ci crederà. In questo momento mi interessa dei bambini e che non finiscano loro sui giornali.”- rispondo.

“Certo, si.”- borbotta. -“Sicura che tra te e Ian non ci sia niente?”

“Siamo amici, Alex.”- gli dico voltandomi verso di lui. -“Che cosa stai insinuando?”

“Il vostro rapporto è molto più sciolto di qualche tempo fa. Ogni volta che vi vedete vi guardante in modo strano.”- mi dice allusivo.

“Siamo amici, punto.”- sbotto irritata. -“Lui sta con sua moglie, io sto provando qualcosa con il tuo amico, ti ricordi di Eric, vero?”

 

Alex alza le mani in segno di resa.

 

“Non volevo farti irritare, scusami!”- mi dice sulla difensiva. -“I bambini mi hanno detto che una volta ha dormito qui, quindi…”

“Alex, basta!”- lo blocco. -“Era qui per i bambini, tra me e lui non ci sarà mai niente. Lui ha la sua vita, io la mia.”

“Certo, va bene, non uccidermi!”- ribatte afferrando il giubbotto. -“Toglimi una curiosità, però. Perché ogni volta che ti faccio domande sul rapporto tra te e Ian ti scaldi così tanto? E poi ogni volta che parliamo di Nikki esci di testa. Non sarai mica gelosa?”

“Ritieniti fortunato di essere mio fratello, altrimenti ti avrei già ucciso!”- lo minaccio aggirando le sue insinuazioni. -“Ora puoi pure andare a casa.”

“Va bene, va bene, me ne vado.”- mi dice con uno strano sorrisetto.

 

Se ne va chiudendo la porta, ma non prima di avermi salutato con un Buonanotte schizofrenica.

Perché ho un fratello così idiota? E’ idiota forte per dire che io sia gelosa di Ian. Ma non scherziamo! Io non sono gelosa di Ian, no.

Ian è Ian, è sua moglie che non mi è mai stata simpatica, io non sono gelosa di lei. Perché dovrei? Okay, forse ha avuto tutto quello che Ian mi aveva messo su un piatto d’argento, ma la scelta è stata mia. Certo che non posso non dire di godere un po’ sui vari problemi che hanno, non perché io sia cattiva, ma avevo sempre detto a Ian che sposarsi dopo così poco tempo era come andare incontro alla morte, ma lui non mi ha mai ascoltato. Il matrimonio è stato posticipato un po’ a causa dei nostri legami, ma dopo mi ha lasciato e si è sposato.

Scelta sua. Solo… Non so neanche io come mi sento. Certo che se potessi tornare indietro molte scelte e sbagli non li avrei fatti e magari la situazione sarebbe diversa.

Decido di non pensarci più e vado di sopra dai bambini per vedere se hanno finito. Appena entrata in bagno noto che hanno fatto un disastro per terra. Il pavimento è pieno d’acqua. Cerco di trattenere un sorriso quando i bambini mi guardano colpevoli e con i capelli tutti bagnati -e sparati in ogni lato.

 

“Chi è stato?”- domando fingendomi arrabbiata.

“E’ stato lui!”- entrambi si puntano il dito contro.

“Non è vero, sei stato tu!”- ribadisce Joseph.

“Non dire bugie!”- sbotta Stefan. -“Sei stato tu Jo.”

“Va bene, basta così!”- fermo il loro battibecco. -“Venite qui che vi asciugo i capelli e andiamo a letto.”

 

Afferro un asciugamano alle mie spalle e faccio segno loro di avvicinarsi.

 

“Non sei arrabbiata mamma?”- mi domanda Stefan.

“Vediamo…”- trattengono entrambi il respiro. -“No, non sono arrabbiata, ma cercate di non farlo più. Potevate farvi male.”

“E’ solo un po’ d’acqua.”- mi dice Joseph.

“Ma il pavimento è scivoloso, potevate cadere e sbattere la testa da qualche parte.”- ricordo loro.

 

Entrambi annuiscono, poi si siedono sulle mie gambe e inizio ad asciugarli i capelli. Joseph si gira verso di me e mi da un bacio sulla guancia facendomi sorridere.

 

“Mamma, la vuoi sapere una cosa?”- mi domanda dopo.

“Certo amore, dimmi.”- lo invito dolcemente a parlare.

“Oggi ci hanno chiesto a scuola che lavoro fanno i nostri genitori.”- inizia Joseph facendomi trattenere il respiro. -“Io e Stef abbiamo detto che tu e papà siete due attori.”
 

Ora sto pregando in tutte le lingue del mondo che nessuno ci abbia riconosciuti. E’ una scuola privata, certo, ma c’è un grande via vai di genitori e qualcuno potrebbe averci visto.

 

“Però non ci ricordavamo il nome di quello che fai.”- mi dice Stefan sinceramente.

“Della serie TV dici?”- domando e li vedo annuire. Meno male. -“So che siete felici del lavoro che facciamo, ma cercate di non dire mai ai vostri amici chi siamo e che facciamo uno show di vampiri.”

“Perché?”- mi domanda innocentemente Joseph.

“Perché… Diciamo che io e Ian dobbiamo mantenere una specie di identità segreta. Altrimenti non potremo vivere la nostra vita tranquillamente.”- cerco di spiegarmi il meglio possibile.

 

Della mia vita sostanzialmente non mi importa, mi sto preoccupando per loro.

 

“Come un agente segreto?”- mi domanda Stefan ricordano un film che hanno visto un po’ di tempo fa.

“Una specie. Parlatene il meno possibile, va bene?”- domando loro.

 

Entrambi annuiscono convinti e gli do un bacio.

 

“Andiamo a letto, forza!”- dico.

“Mamma, possiamo dormire con te?”- mi domanda Joseph.

“Va bene, andiamo.”- rispondo loro prendendoli per mano.

 

 



Un mese dopo.

Non ascolterò più i miei figli, lo giuro. Comprare un gatto? Bella idea, ma ha già distrutto metà casa. E’ piccolo, ha tre mesi, ma a quanto pare questa notte si è divertito a farsi le unghie sul mio divano sotto lo sguardo indisturbato di Spike. A differenza di quello che mi aspettavo, Spike è andato parecchio d’accordo con quella palla di pelo, anzi, ha tentato parecchie volte di giocarci finendo sempre con il naso graffiato.

Il gattino ha un bel carattere. I bambini sono già sul set, li ho accompagnati questa mattina, e io sono venuta a prendere palla di pelo. Si, insomma, non ha un nome e questo gli si addice proprio.

Vado alla ricerca del gatto e lo trovo sopra il ripiano della cucina -così questa sera, stanca morta, dovrò pure pulire per togliere il pelo del gatto- e riesco ad afferrarlo prima che tiri fuori le unghie. Metto il gattino dentro una gabbietta, così in macchina non andrà ovunque, e, dopo aver accarezzato Spike esco di casa e mi dirigo verso il set. 

Ian non c’è per tutto il giorno, ha una scena questa sera che ovviamente verrà rimandata, quindi abbiamo avuto tutto il tempo del mondo per sistemare e addobbare la sala riunioni.

Arrivo dopo dieci minuti e quando entro dentro lo studio mi trovo davanti Matt e Michael Malarkey con uno strano cartellone in mano. 

 

“Finalmente sei arrivata Dobreva.”- mi saluta ridacchiando Michael. -“Cos’è quel coso che si muove?”

“E’ un incrocio tra una tigre ed un gatto, penso.”- ridacchio.

 

Matt si avvicina e mette un dito dentro la gabbietta del gatto, che puntualmente lo graffia.

 

“Si, è una tigre in miniatura!”- borbotta.

“E’ stata un’idea dei gemelli, vero?”- mi domanda Michael.

“Certo che si. E spero che in futuro non ne abbiano altre di uguali.”- sospiro.

 

Dal corridoio vedo arrivare Candice, con il piccolo Daniel in braccio, seguita da Stefan con una bomboletta in mano. Non appena mi vede mi corre incontro e mi abbraccia.

 

“Joseph è con Paul e Rachel.”- mi rassicura Candice vedendo il mio sguardo leggermente spaventato. -“Quello che cos’è?”

“Il regalo per papà!”- le spiega Stefan. -“Un gattino arancione.”

 

Candice mi fissa sconvolta e io in risposta alzo le spalle. 

 

“Avete finito?”- domando.

“Praticamente si. Stefan, dai la bomboletta a Matt.”- dice Candice e mio figlio porge gentilmente la bomboletta al mio amico. -“Dobbiamo finire il cartellone e sistemarlo in sala. Joseph sta aiutando gli altri a sistemare le cose da mangiare e da bere.”

“Perfetto, vado da loro così metto giù la tigre.”- dico a Candice che annuisce.

 

Do un bacio al piccolo Daniel, che sta dormendo placidamente in braccio alla sua mamma, e poi, insieme a Stefan, vado nella sala riunioni. Non appena entro anche Joseph mi corre incontro e gli do la gabbietta con il gattino.

Mi guardo attorno e noto uno striscione con scritto Happy Birthday Ian che va da una parete all’altra, tanti tavolini con bibite alcoliche e analcoliche -in modo particolare per i bambini-, altri tavolini con del cibo e al centro, messo ben in mostra, un tavolo con sopra una torta. Mi avvicino e noto che sopra c’è stampata una foto con tutto il cast, bambini compresi. L’abbiamo scattata un mese fa, se non ricordo male.

 

“E’ stata un’idea dei bambini regalare un gatto a Ian, vero?”- mi domanda Paul alle mie spalle.

 

Mi volto verso il mio amico e gli sorrido.

 

“Si, hanno visto una foto di Moke e hanno deciso di regalare a Ian un gattino uguale.”- gli dico sedendomi su un divanetto.

“E’ stata un’idea carina.”- mi dice Paul, poi si siede accanto a me. -“I bambini mi hanno detto che domani andranno da Ian, ma che tu non ci sarai.”

“E’ una cosa loro, non mia.”- gli dico guardandolo.

“I gemelli mi hanno detto che l’invito era rivolto anche a te.”- continua Paul.

“Io… Domani ho un servizio fotografico a Toronto, non sarei potuta andare comunque.”- gli spiego. -“Devo partire domani mattina alle cinque.”

“Potevi rinviarlo, a parer mio.”- mi dice tranquillo. -“A Ian avrebbe fatto piacere.”

“Non mi sarei sentita a mio agio.”- gli dico sbrigativa.

 

Paul, dove vuoi arrivare?

 

“Sai che la famiglia di Ian ti adora.”- mi dice sincero.

 

Oh, questo lo so. Penso di aver recuperato il rapporto con Edna, Robyn e Robert. Siamo ritornati quelli di un tempo, più o meno. Non mi aspettavo l’accoglienza che mi hanno riservato e i bambini adorano l’altra parte della loro famiglia, non potrebbe andare meglio di così.

Ma domani, essendo il compleanno di Ian, ci sarà anche lei, in quanto sua moglie, e io non ho voglia di vederla. Voglio stare tranquilla, con la mia piccola e strana famiglia, non voglio avere problemi. Ian non mi ha detto come ha reagito Nikki per quanto riguarda la storia delle foto dei giornali, ma i gemelli mi hanno detto che era leggermente arrabbiata -penso che sia stata molto più che arrabbiata, ma fortunatamente non ha fatto scenate davanti ai bambini.

 

“Lo so, ma io non sono una di famiglia. Sono soltanto la madre dei gemelli.”- mormoro.

“E ti sembra poco?”- mi domanda.

“No, certo che no.”- gli rispondo. -“Solo che… Senti, Paul, io non voglio creare problemi tra lui e Nikki. So che non ha reagito molto bene con le foto sul giornale. Ian non me l’ha detto, ma i gemelli si. Il loro rapporto è burrascoso, non voglio peggiorare la situazione.”

“Nina, non è colpa tua se il loro rapporto sta andando a rotoli!”- mi rimbecca Paul. -“Non è colpa di nessuno. Questa situazione dura già da qualche anno.”

“Ma è peggiorata da quando sono arrivata io.”- gli faccio notare. 

“Ma non è comunque colpa tua.”- mi dice Paul.

“Non lo so se è colpa mia o meno, ma”- mi blocco un attimo prima di continuare. -“io non voglio stare lì in disparte beccandomi magari qualche frecciatina da parte sua.”

“Ian non glielo permetterebbe mai!”- ribadisce.

“Perché dovrebbe farlo? Lei è sua moglie, io sono una qualunque.”- gli dico amareggiata.

“Tu non sei affatto una qualunque per Ian, e questo lo sai bene. Ci tiene a te in un modo che neanche immagini.”- mi spiazza.

 

Lei, comunque, è pur sempre sua moglie. Avrà sempre priorità, come giusto che sia.

 

“E’ sua moglie, Paul.”- gli ricordo.

“Ma tu sei ancora la donna che a-”

 

Paul si blocca perché Phoebe entra come una furia in sala urlando ‘Ian sta arrivando’. Ci mettiamo tutti in posizione, io mi metto vicina a Paul,e Kat, la più vicina all’interruttore, spegne la luce. Aspettiamo alcuni secondi, che sembrano ore, poi finalmente la porta si apre. Le luci si accendono un attimo dopo e ci alziamo tutti insieme urlando Tanti auguri. Mi accorgo solo in un secondo momento della figura affianco a Ian e ovviamente anche questa volta il karma mi è contro, come sempre. E’ una festa di Ian, da una parte avrei dovuto aspettarmelo, ma lui non sapeva niente quindi l’ha portata qui di proposito. Perché? 

Cerco di ricompormi e, come tutti, mi avvicino a Ian per fargli gli auguri. Non appena gli vado davanti porgendogli la mano e dicendogli, quasi a denti stretti, tanti auguri mi guarda quasi triste. Sembra quasi che si stia scusando con me. 

Perché?

 

 

Pov Ian.

Non me l’aspettavo, davvero. Sapevo di aver rovinato i piani a tutti dicendo loro che volevo passare il compleanno con i miei genitori e il resto della famiglia, ma non mi sarei mai immaginato questo. Hanno organizzato una festa a sorpresa per me un giorno prima e ci sono anche i miei figli, che per adesso non mi hanno mollato un secondo. E’ un po’ come sta facendo Nikki perché da quando è venuta a sapere, tramite il giornale, delle foto tra me e Nina ha praticamente deciso di seguirmi ovunque e la cosa mi pesa, ma non posso farci niente. Oggi ha deciso di venire con me e, per non destare sospetti, l’ho fatta venire, ma non mi sarei mai immaginato di portarla qui con una festa organizzata. L’ho visto lo sguardo di Nina, però. Un misto tra uno sguardo pieno d’accusa e uno di comprensione, forse. Quello che mi ha fatto più male non è stata la parte colpevole, ma quella di delusione.

Perché è rimasta delusa da me? Io ho fatto quello che ho potuto, ma non penso di darle una spiegazione. Sto cercando, per il suo bene, di non intromettermi o di non mostrarmi geloso -si, okay, sono forse un po’ troppo geloso della sua nuova relazione- sulla sua nuova storia d’amore, perché finalmente sembra che stia respirando un po’ di più e, anche se questo mi fa male, lo sto facendo per lei. E Nikki è mia moglie, quindi se lei chiede io faccio. Ma dallo sguardo che mi ha rifilato ho percepito qualcosa, come se ci tenesse a me. Non in senso platonico o da montata di testa, ma come se provasse ancora qualcosa di parecchio forte, ma magari me lo sono solo immaginato. Tutti stanno sospettando qualcosa, più da parte mia, quindi ho portato mia moglie qui per far cadere i sospetti, gesto codardo, lo so, ma non sapevo che altro fare.

 

“Papà! Papà!”- urlano i bambini tirandomi la maglietta.

“Devi sederti qui!”- mi dice Stefan indicandomi una sedia.

“E devi chiudere gli occhi!”- continua Joseph.

“Cosa volete farmi?”- domando preoccupato, ma con una nota di divertimento nella voce.

 

Faccio come mi dicono e mi siedo su una sedia con gli occhi chiusi. Tento di dare una sbirciata, ma Paul fa la spia. Matt afferra un nastro nero e me lo mette sugli occhi impedendomi così di vedere.

 

“Dobbiamo darti il regalo!”- mi dice Joseph.

“Ma non avrei guardato…”- mi lamento io.

“Non è vero papà!”- mi rimbecca Stefan.

 

E sorrido, come ogni volta, quando pronunciano la parola papà. Ogni volta che mi chiamano così potrei toccare il cielo con un dito.

Sento i gemelli allontanarsi sotto i risolini di tutti e ritornano un attimo dopo. Sento qualcuno trafficare con qualcosa di metallico, poi uno dei bambini si avvicina a me e mi appoggia qualcosa di morbido sulle gambe. Con le mani vado a tentoni e riesco a toccare il mio regalo. E’ morbido. Continuo a toccare e sento del pelo.

Pelo?

 

“Posso vedere quello che mi avete regalato?”- domando curioso.

 

Forse, ma proprio forse, ho capito cosa possa essere.

 

“Va bene.”- mi dice Joseph.

 

Sento qualcuno togliermi il nastro e quando apro finalmente gli occhi mi guardo le gambe. Un tenero gattino rossiccio mi sta osservando e mi morde un dito facendomi sorridere.

Lo prendo subito in mano, piccolo com’è ci sta tranquillamente, e lo accarezzo piano.

 

“E’ davvero per me?”- domando stupito ed emozionato.

 

Non pensavo che i miei figli potessero farmi un regalo del genere. E’ il più bel regalo che abbia mai ricevuto.

 

“Si papà!”- mi dice Stefan. -“L’abbiamo preso con la mamma!”

 

Nina mi rifila uno sguardo parecchio imbarazzato, mentre Nikki, accanto a me, si irrigidisce, ma non me ne preoccupo. 

 

“E’ bellissimo, davvero.”- dico loro dando un bacio ad entrambi.

“Potresti aprire uno zoo, Som!”- scherza Michael facendomi ridacchiare.

“Sarebbe un’idea fantastica!”- continua Zach.

“Niente zoo.”- decreto serio.

“Papà, potresti chiamarlo Moke!”- mi dice Joseph.

 

Ci penso un attimo e ora capisco perché l’hanno fatto. Ho detto loro di Moke e di come mi mancasse e loro mi hanno regalato un gattino -rossiccio tra l’altro- per farmi più felice. Amo troppo questi bambini, più di me stesso.

 

“Io stavo pensando che potreste voi dargli un nome.”- dico loro. -“Moke era Moke, lui è diverso!”

 

I bambini iniziano a parlottare tra di loro e in pochi minuti arrivano ad una conclusione.

 

“Chiamiamolo Klaus!”

 

Tutti nella sala scoppiano a ridere e guardiamo automaticamente Joseph che si finge offeso.

 

“Credevo di essere più spaventoso di un gattino!”- borbotta incrociando le braccia al petto. -“Al limite è un nome per un cane.”

“A me Klaus piace.”- intervengo. -“Infondo ora sei tanto dolce.”

“Somerhalder, dopo facciamo i conti!”- mi minaccia Joseph Morgan.

“Allora si chiamerà Klaus!”- decreta Stefan felice.

 

 















 

                                                                         * * *

 















 

Non so come definire l’andamento di questa serata. Da una parte sta andando bene, ho tutti i miei amici attorno, i miei figli, tutto quello che potessi desiderare -più un gattino rossiccio che sta andando in giro per la stanza e che ogni tanto si struscia sulle mie gambe alla ricerca di qualche carezza. Da una parte, ed è quello che mi fa più soffrire, sta andando male. Nikki è sempre accanto a me, ma sostanzialmente non è per questo… Nina mi sta evitando e ci sta riuscendo bene. Non posso sbilanciarmi più di tanto, visto che ci sono anche gli altri, ma ogni volta che mi avvicino anche di poco a lei se ne va. E questo mi irrita, parecchio. Capisco che non sono solo, ma almeno guardarmi per qualche secondo, scambiare qualche parola in modo innocente mi farebbe bene. Sembra quasi che voglia scappare da me, che non mi voglia vedere. Sto diventando logorroico, ma… Mi fa male non averla vicino, almeno un po’.

La serata sta quasi giungendo al termine quando Nina va fuori dalla sala. Sta andando via?

Con la scusa di andare in bagno mi assento anche io e, una volta assicuratomi che nessuno in particolare mi stia seguendo, vado fuori anche io. La trovo lì, seduta di spalle su un muretto con una nuvola di fumo che si sta ingrandendo sempre di più.

Fuma ancora?

Mi siedo accanto a lei, ma Nina continua a guardare dritto tenendo stretta la sigaretta tra le mani.

 

“Fumare fa male, Nina.”- la rimprovero.

“Non dovrebbe importarti della mia salute.”- mi dice pungente.

 

Perché questo tono? Io l’ho detto solo per il suo bene.

 

“Mi preoccupo per te, non voglio che tu stia male.”- le dico sincero.

“Si, certo.”- borbotta.

 

Fa per portarsi la sigaretta sulle labbra ma io, più veloce di lei, l’afferro e la getto distante da noi. Nina mi guarda accigliata.

 

“Era mia, quella.”- sputa.

“Che cosa ti ho fatto per meritarmi questo trattamento?”- gli domando.

“Hai gettato la mia sigaretta!”- mi ricorda furiosa.

“Da quando in qua fumi?”- gli domando. -“Mi ricordavo che avessi smesso.”

“L’avevo fatto. E’ la prima questa.”- mi dice.

“Perché hai iniziato?”- le domando cercando di addolcire il tono della voce. -“Sai quanto odio il fatto di vederti fumare.”

“Il tuo parere non dovrebbe interessarmi, credo.”- mi risponde.

“A me il tuo interessa, però.”- le dico. -“Ma non sono venuto per parlare di questo. Perché sei così scontrosa? E’ il mio compleanno.”

“Domani è il tuo compleanno.”- mi dice voltandosi dall’altra parte. -“Non sono scontrosa.”

“Tra poco è il mio compleanno.”- le dico guardando l’orologio. -“Sono le 11.51 pm. E comunque si… Ti stai comportando diversamente da come ti comporti di solito. Sei più distaccata. Io non ti ho fatto niente.”

“No, certo. Prima mi dici che con Nikki siete ai ferri corti e poi la porti qui a gironzolare sul set.”- mi dice puntandomi il dito contro.

 

Non faccio nemmeno in tempo a ribattere che si alza allontanandosi di qualche passo da me. 

Ma che problemi ha? Credevo che in qualche modo tentasse di aiutarmi con Nikki. Le ho spiegato i miei problemi, credevo capisse.

 

“E qual’è il problema?”- le domando alzando la voce di un tono.

“Non c’è nessun problema!”- sbotta.

“Certo che c’è!”- sputo avvicinandomi di qualche passo a lei. -“Qui mi sembra che qualcuno, tipo tu, mi stia rinfacciando qualcosa.”

“Non è vero!”- ringhia.

“No, certo che no. Che problemi hai se la porto qui?”- le rispondo con lo stesso tono. -“Tu hai la tua vita con quel principino uscito dalle favole, io ho la mia!”

“Non parlare di Eric in questo modo!”- mi accusa. -“Ma se devi inventarti mille cose sulla tua vita privata non venire da me.”

“Credevo mi capissi! Credevo che parlarne con te mi aiutasse!”- le dico nervosamente.

“A me non interessa di Nikki! Sai quanto mi faccia male questa cosa eppure tu continuavi a sbattermela in faccia!”- urla.

 

Questo… Mi lascia basito. Davvero stava male quando le parlavo di Nikki? Io credevo… Che fosse superata questa cosa. Credevo che parlarne con lei fosse un bene per farle capire che niente funzionava, che in qualche modo mi ero pentito, ma io non volevo ferirla, davvero.

 

“Io non volevo ferirti!”- le dico sinceramente.

“Ma l’hai fatto! Continui a farlo!”- afferma convinta.

“Anche tu lo fai!”- le dico serrando la mascella. -“Pensi che io non ci stia male quando te ne esci così? Un momento va tutto bene, l’altro va male. E io non ti capisco.”

Allora non cercare di capirmi!”- urla esasperata.

 

Non mi sono nemmeno accorto di essermi avvicinato completamente a lei ed averla quasi costretta ad appoggiarsi al muro dietro alle sue spalle. 

 

Non posso!”- urlo anche io. -“Non posso, Nina. Non posso continuare così, io non ce la faccio. Pensi che non mi senta in colpa per tutto quello che è successo tempo fa? Sono stato costretto.”

“Mi stai dicendo che ti ho costretto a lasciarmi?”- mi domanda ilare. -“Ridicolo.”

“Tu mi costringi a fare cose che nemmeno immagini!”- la rimbecco.

“Certo, si. Devo scusarmi, allora?”- mi ringhia contro.

“No, sono io a dovermi scusare.”- le dico sorprendendola.

 

Ormai ha la schiena completamente appoggiata al muro. Posso sentire la sua pelle tremare, il suo cuore battere velocemente, posso vedere come continua a chiudere la mano a pugno nervosamente, ma sebbene sia agitata -lo percepisco- continua a tenermi testa e a far valere le sue ragioni. Lei è una che non molla e forse è proprio per questo che la amo. 

 

“Per avermi abbandonata?”- mi domanda.

 

Finalmente non urla più, sembra solo sorpresa, spaesata. Ha le guance rosse per lo sforzo, i capelli ormai completamente in disordine. Mi perdo ad osservare le sue labbra carnose e messe sotto tortura dai suoi denti e quasi cedo all’istinto di assaggiarle. 

Non posso, continuo a ripetermi.

Ma devo farlo, mi autoconvinco.

 

“No, per questo.”

 

Afferro il suo viso con le mie mani fredde, che a contatto con la sua pelle calda mi fanno tremare leggermente, e la bacio.

Semplicemente, la bacio.

 

____________________________________________________________

 

*ecco il nome del bambino di Candice finalmente ahahahah



No, non ci vedete male o avete le visioni, questo capitolo è effettivamente lunghissimo. Mea culpa, comunque. Ero veramente convinta di aver scritto 44 capitoli, ma alla fine nella mia cartella questi arrivavano solo al 43, quindi mi ero riconvinta di averne scritto uno in meno. Ho trovato però un capitolo 42 in più con accanto copia, l'ho aperto ed ho visto che erano completamente diversi :')
Mio fratello, sistemandomi il computer, ha fatto un po' di casini e si è cambiato il nome di un capitolo ahahaha
Ma vi avevo promesso una determinata cosa, credo abbiate capito a cosa mi sto riferendo, quindi ho preferito mettere insieme due capitoli facendone uno chilimotrico, spero non vi dispiaccia troppo e che non sia stato pesante da leggere!
Buon inizio di settimana, comunque ^^
Ringrazio subito le fantastiche 11 ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, siamo ritornate quelle di una volta, più o meno, e spero che anche questo capitolo riaccenda il vostro interesse, ma tenetevi comunque forte per l'ultimo, lungo anch'esso, tipo 17 pagine.
Andiamo per gradi, visto che ci sono parecchie -tante- cose da dire.
Abbiamo finalmente scoperto il nome del bambino di Candice, Daniel. E' un nome che mi ha sempre affascinata e poi è in onore del nostro Daniel Gillies, spero che appreziate!
Il fatto imporante, oltre a quello finale del capitolo, è l'uscita nei giornali di Ian e Ninainsieme. La cosa ha fatto parecchio scalpore, tutti i Social sono andati in tilt, fan compresi (magari accadesse una cosa così *__*) e alla fine tutto si è calmato, anche se di poco, con l'interento falso di Ian nel quale dice di amare la moglie e altre cavolate e la cosa punge veramente a Nina. No, ma lei non è gelosa, no no.
I bambini poi hanno un'idea carina per il compleanno di Ian e alla fine gli regalano un gattino arancione, Klaus. All'inizio avrei voluto chiamarlo Moke, sinceramente, ma sono dell'opinione che ogni animale, o persona, debba avere un nome diverso e quindi Klaus sia. Ma ve lo immaginate Joseph Morgan gatto mannaro? No, okay, battuta fuori luogo ahahahaha
Il cast, come hanno sempre fatto, ha organizzato una festa a sorpresa per il compleanno di Ian e lui si è portato dietro Nikki, ma non serve che vi ripeta i motivi, le si è appicciato addosso come una cozza.
La parte finale, credo, si possa commentare da sola. Nina, non sopportando la situazione, è corsa fuori per schiarirsi le idee e Ian l'ha seguita. Hanno litigato, ancora, ma alla fina Ian l'ha baciata. E' stato lui a fare il primo passo signori e signore, credo che possa meritare un premio :)

Con questo credo di aver detto tutto, il prossimo, il 43°, sarà l'ultimo capitolo e... Avrò tempo di dirvi altre cose :)
Grazie ancora, alla prossima <3
(L'aggiornamento dovrebbe arrivare tra sabato 5 settembre e domenica 6 settembre!)

PS: Ho appena scoperto che Candice è incinta, non avete idea di quanto sia felice per lei, se lo merita *____*

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Capitolo 43
*** Do you remember? ***


                                    Do you remember?

 

Fortieth-Third Chapter.

Pov Ian.

Quando la mie labbra entrano a contatto con quelle di Nina è come tornare a respirare, a vivere. E’ come se tutto fosse tornato al proprio posto e tutto questo mi da una sensazione di pace, di tranquillità e di amore che cercavo da tanto, troppo, tempo. Baciare Nina è la cosa più semplice e complicata della mia vita, ma è la cosa più bella ed eccitante di tutta la mia povera esistenza. Le mie mani corrono a cingerle la schiena e la cosa più sorprendente è che lei se lo lascia fare, si abbandona a me. La mia lingua entra a contatto con la sua e si rincorrono bramose, piene di avidità e di tante cose non dette, ma di sentimenti che vanno oltre il confine della conoscenza, i sentimenti dell’amore. Una mano di Nina si appoggia sul mio petto, quasi accanto al cuore, mentre premo di più le mie labbra contro le sue. E il mio cuore ritorna a battere, a correre frenetico, come non faceva già ormai da tempo, perché sto provando sensazioni del tutto nuove rispetto a quelle che provo con la mia attuale moglie, ma mi stanno anche risvegliando sensazioni che provavo tempo fa.

Ed è tutto così magico.

Cerco di dimostrarle tutto quello che sto provando, come mi sta facendo sentire, e in qualche modo ci riesco, ma alla fine questo momento -che aspettavo da tantissimo tempo- viene interrotto da Nina che si stacca bruscamente da me. Perché si è staccata? Non le è piaciuto? Eppure stava ricambiando con tanto ardore.

Allora mi chiedo… Perché?

Faccio un passo per avvicinarmi a lei, per accarezzarle una guancia, ma lei fa un passo verso destra allontanandosi dal muro che l’aveva tenuta ‘prigioniera’ fino a pochi secondi fa. Quello che mi fa più male è che non riesco a decifrare il suo sguardo, non riesco a capire cose le stia passando per la mente.

O forse fa più male lo schiaffo che mi ha appena rifilato. Mi porto una mano sulla guancia che ha appena iniziato a pulsare e la guardo sorpreso.

Mi ha davvero tirato uno schiaffo?

Si, l’ha appena fatto.

 

“Tu… Come… Come ti sei permesso a baciarmi?”- schizza.

 

Io? E’ vero, l’ho baciata, ma ricambiava -eccome se ricambiava.

Ora la colpa dovrebbe essere mia? Certo, l’ho presa alla sprovvista, ma poteva staccarsi subito. Forse c’era il muro dietro di lei, si, ma poteva liberarsi benissimo, eppure non ha opposto nessun tipo di resistenza.

 

“Nina, io-”

 

Provo ad avvicinarmi a lei, ma Nina si allontana ancora di più mettendo le distanze tra di noi. Ed il rifiuto fa male.

 

“Cosa diamine ti è preso?”- urla.

“Ti ho baciata, Nina!”- alzo, di nuovo, la voce anche io. -“E mi sembra che tu abbia ricambiato, e anche bene. Non sei stata certamente indifferente al mio bacio.”

“Non è vero!”- urla scuotendo la testa.

“Anche la tua lingua ha esplorato la mia bocca.”- decreto indignato.

 

Nina mi guarda stralunata, ma non demorde lo stesso.  Se devo ammettere le mie colpe, lo farò. Se devo dirle che la amo immensamente, lo farò. Ma non starò qui a farmi accusare ingiustamente, perché l’ha voluto anche lei.

 

“L’hai voluto anche tu, altrimenti ti saresti staccata.”- l’accuso.

“Hai idea di che diavolo hai combinato?”- mi domanda urlando. La vedo tremare, leggermente, ma cerca di ricomporsi. -“Hai idea di quello che hai fatto? Sei sposato per l’amor di Dio!”

“Importa qualcosa adesso?”- le domando accigliato. -“Sono sposato, allora? Ho sentito il bisogno di baciarti e l’ho fatto. Posso essere stato stronzo e impulsivo, ma ne sentivo il bisogno!”

 

Ho davvero sentito quel bisogno che si è placato soltanto quando ci siamo baciati. L’ho sentito davvero, era come se mi mancasse qualcosa e quel qualcosa l’ho trovato soltanto tra le sue labbra. L’ho trovato in Nina. E dannazione… Io la amo, ma sembra non capirlo. Ormai sono arrivato in un punto di non ritorno, abbandonerei Nikki per lei, se solo lo capisse, se solo mi lasciasse spiegare.

 

“Bisogno?”- trema. -“Tu non puoi farmi questo, non puoi.”

“Perché? Perché non posso?”- le domando muovendo qualche passo verso di lei. -“Dimmelo, Nina.”

“Semplicemente perché non puoi annullare tutte le mie barriere, non puoi distruggere così il muro che mi sono creata. Non puoi rovinare tutto così.”- mi dice con la voce che trema.

 

Ora non vedo più la donna dura di qualche minuto fa, quella che mi ha tirato uno schiaffo, vedo una donna che si sta mettendo a nudo, che sta cercando di allontanarmi, eppure vedo nei suoi occhi che non vuole farlo.

 

“Io… Io sto cercando di andare avanti, sto cercando di crearmi una mia vita, e tu… Tu, adesso, hai di nuovo messo in discussione tutto quello che ho fatto! Tu hai mandato all’aria tutto!”- mormora.

 

Mi sta forse dicendo che con questo le ho fatto cambiare idea? 

Diamine, si!

 

“Distruggi tutto allora.”- mormoro anche io con voce dolce. -“Nina, io ti amo.”

 

L’ho detto, finalmente. Finalmente le ho detto che la amo. Dopo così tanto tempo, tante difficoltà, sono riuscito a dirle quello che provo veramente per lei, perché io amo questa donna. Potrei fare qualsiasi cosa per lei e se mi chiedesse di abbandonare tutto, di andare via con lei, lo farei.

Certo che lo farei!

Ma lei si allontana ancora.

 

“Non sai… Non sai quello che stai dicendo!”- dice, eppure la sua voce si spezza. -“Non lo sai. Tu non provi amore per me!”

“Perché continui a negarlo?”- le domando con la voce che trema. -“Ti amo in un modo che non puoi neanche immaginare!”

“Non è amore questo! Sei confuso, arrabbiato per la tua storia, e sei venuto a scombussolare me. Tu non mi ami, vuoi un rimpiazzo per la tua storia!”

“Tu non sarai mai un rimpiazzo!”- urlo ferito. -“Per me quel bacio è stato come tornare a vivere, perché non lo capisci?”

 

Mi prendo la testa tra le mani, non ci sto capendo più nulla. L’unica convinzione che ho è il mio amore per lei, del resto non so niente.

 

“Ha significato almeno qualcosa per te?”- le domando guardandola negli occhi. -“Dimmi che per te ha significato qualcosa. Ha significato sicuramente qualcosa!”

 

Nina mi guarda ed io la guardo di rimando. Ma non parla, non dice niente.

 

“Se non hai provato niente dimmelo. Trova il coraggio e menti pure a te stessa. Se per te non è stato niente farò finta che nulla sia successo.”- le dico.

 

Non riuscirei mai a farlo, ma se lei non mi ama io… Non posso fare nulla. Tenterò di riprendermela ad ogni costo, questo è poco ma sicuro, e non demorderò, ma se sentirò davvero che lei non mi ama allora la lascerò andare.

 

“Quel bacio è… Non è stato niente.”

 

E il mio cuore si spezza in mille pezzi, ho sperato che ammettesse che abbia significato qualcosa, che provi ancora qualcosa per me, ma non l’ha fatto. Eppure non le credo, continuo ad essere convinto che mi stia mentendo.

 

“Non è vero!”- le dico serio.

“Lo è… Noi non possiamo funzionare, non più.”- mi dice voltandomi le spalle.

 

Vorrei correrle dietro, obbligandola ad ascoltarmi, ma non so che altro fare, che cosa dire. Oltre a dirle che la amo, che per lei farei di tutto, che cosa posso fare? Rimango lì, nel freddo di dicembre, a guardare la donna che amo allontanarsi, forse per sempre. Perché dopo questo niente sarà tutto come prima.

Buon compleanno, Ian.

 

 

 

Pov Nina.

Non so come arrivo a casa, non so nemmeno perché sono ferma in piedi, davanti al divano, a fissare il vuoto. Non riesco a capire a… Decifrare quello che è successo poco fa.

Ian, lo stesso Ian che mi aveva detto anni fa che non mi aveva mai amato, mi ha baciata e mi ha anche detto che mi ama. Io… Non posso crederci. Le gambe cedono sotto il peso del mio corpo e mi trovo seduta sul pavimento freddo di casa mia con Spike alle mie spalle che sonnecchia tranquillamente.

Non riesco a trovare una spiegazione per questo suo comportamento, semplicemente mi ha preso alla sprovvista. Lui, non mi ama, come non l’ha mai fatto. Chi voglio prendere in giro? Questa sera non era ubriaco, ma sicuramente ha assunto qualcosa per comportarsi così.

Lui non si è mai aperto così con nessuno, nemmeno con me. Solo che… Sembrava veramente sincero. Sembrava sincero come non lo era più da tempo. E se fosse vero? No, semplicemente non possiamo.

Lui è sposato e il matrimonio non è una cosa che si può semplicemente gettare nel dimenticatoio. Il matrimonio è un legame forte, per tutta la vita, e se ci si sposa con qualcuno vuol dire che lo si ama immensamente, è un passo troppo importante. Lui non può amare due donne contemporaneamente, semplicemente non può. E’ stato un attimo di sbandamento, molto probabilmente non se n’è nemmeno reso conto. 

Io? Io non so nemmeno cosa pensare. Ho dovuto dire a Ian che non ho provato niente, ma non è vero. Qualcosa ho provato, una sensazione strana che mi ha scaldato il cuore e fatto tremare le gambe. Ma ho baciato un uomo sposato, non mi riconosco più, io… Non avrei dovuto farlo. Come posso guardarmi ancora allo specchio sapendo quello che è successo? Ma è forse una colpa provare ancora qualcosa per lui dopo tutto quello che è successo? Lo trovo sbagliato, ma non mi sento in colpa, neanche un po’. Forse all’inizio si, ma con il passare dei minuti si è dissolto tutto. 

Ma questa cosa non è da Ian, lui non è così impulsivo -così spontaneo. E se avesse ragione? E se mi amasse veramente? Ma perché dirmi tutte quelle cose anni fa? C’è forse una ragione dietro? Non voglio nemmeno saperlo, è meglio così.

Una parte di me vuole sapere davvero la verità, ma sarebbe peggio, perché non potremo fare nulla. Lui è sposato, io sono solo… Nina. Conosco Ian, non mollerebbe mai tutto per stare con me, con una come me. 

 

















 

                                                                                  * * *

















 

 

Questa notte non ho dormito, avevo altro a cui pensare. Non avrei dormito molto comunque visto che è da più di due ore che sono in viaggio. Ho preso il volo alle cinque di mattina e dovrei essere a Toronto circa per la dieci. Devo partecipare ad un servizio fotografico e forse questo mi aiuterà a staccare un po’ la spina da tutto e tutti, per dedicare qualche ora a me stessa. Sono stanca, ho sonno, e pensare a tutto quello che oggi mi aspetta mi fa venire voglia di buttarmi dall’aereo, ma devo sopportare visto che domani sarò già di ritorno. 

Arrivo a Toronto alle 10.14 am e ad aspettarmi all’aeroporto c’è Riawna che, non appena mi vede, mi corre incontro e mi abbraccia forte.

Mi era mancata tantissimo e, sebbene avessi Candice, Phoebe, Claire e Kat, ho sentito la sua mancanza.

 

“Mi eri mancata così tanto!”

 

E’ la prima cosa che mi dice. Le sorrido.

 

“Anche tu, non sai quanto!”- le dico ricambiando il suo abbraccio.

 

Ci incamminiamo fuori dall’aeroporto, non ho nessuna valigia visto che rimarrò qui solo un giorno, ho con me solo una grande borsa con tutto quello che mi serve. Iniziamo a camminare verso lo studio fotografico -lei ovviamente sarà la mia personalissima parrucchiera- e iniziamo a parlare dei bambini, della sua parrucchiera e di tanto altro.

 

“Cosa c’è che non va?”- mi domanda spiazzandomi.

“Cosa?”- le domando stranita.

“E’ da circa cinque minuti che ti domando di andare a prendere un caffè e tu non mi rispondi.”- mi dice sorridendomi lieve. -“Questo vuol dire che c’è qualcosa che non va.”

“Posso dirtelo davanti a una tazza di caffè?”- le domando.

 

Annuisce sorridendomi rassicurante, poi entriamo insieme in una caffetteria. Ci sediamo in un posto nascosto, che non dia all’occhio, e dopo aver fatto le ordinazioni la mia amica mi guarda invitandomi ad iniziare.

Non so se sia una buona idea, non perché non mi fidi di lei, è la mia migliore amica, solo che è così strano raccontare ad alta voce quello che è realmente successo.

 

“Ieri sera abbiamo organizzato una festa, per Ian.”- inizio mordendomi piano il labbro. -“Andava tutto bene, davvero, poi lui è arrivato con sua moglie.”

“Ma non erano in crisi?”- mi interrompe Riawna confusa.

“Ecco, appunto. La festa è continuata ‘tranquillamente’, sebbene mi desse un po’ fastidio vederli insieme. Riawna, non capisco il perché… Sto cercando di andare avanti con Eric, di conoscerlo meglio, eppure mi bruciava il fatto di vederli ancora insieme. Può sembrare egoista, ma ero quasi felice della loro crisi.”- le racconto.

 

Riawna mi guarda stranamente, ma comunque non interviene, magari sta aspettando che io finisca il mio racconto, così continuo.

 

“Sono andata fuori per prendere una boccata d’aria e”- ometto il fatto di essere andata fuori per non vederli più insieme. -“Ian mi ha seguita. Abbiamo cominciato a parlare, ero nervosa, e alla fine ci siamo urlati contro, come sempre. Ma dopo lui ha reagito in un modo che non mi sarei mai aspettata.”

“Cos’ha fatto?”- mi domanda estremamente curiosa, ma con una nota di apprensione.

“E’ strano a dirlo, ma lui… Lui mi ha baciata.”- mormoro abbassando lo sguardo.

 

Riawna rimane in silenzio per minuti interminabili e continua a fissarmi con la bocca spalancata. E’ sorpresa, confusa e tante altre emozioni che non riesco a decifrare, ma questo silenzio mi sta facendo impazzire.

Fortunatamente, dopo un altro po’, si riprende dal suo stato iniziale di shock e scuote la testa.

 

“Tu hai ricambiato, non è vero?”- mi domanda facendomi spalancare gli occhi.

 

Come… Come l’ha capito?

 

“Io-”

“Ti conosco, Nina. Se tu non l’avessi voluto avresti continuato la frase con mille insulti, ma non l’hai fatto.”- mi dice facendomi chiudere la bocca.

“Ma io…”- inizio, ma mi fermo non sapendo come continuare.

“Non dire che non lo volevi, perché l’hai fatto.”- mi accusa bonariamente.

“Mi ha preso alla sprovvista, tutto qui.”- le dico cercando di essere convincente, ma forse voglio convincere solo me stessa. -“Dopo mi sono staccata e abbiamo litigato, di nuovo.”

“A me sembra che tu stia cercando di convincerti che ti abbia preso alla sprovvista, quando in realtà non è così.”- mi dice seria e calma. -“Tu hai ricambiato perché l’hai voluto, altrimenti ti saresti staccata subito. Ti conosco Nina, forse meglio di chiunque altro, e non ti sto dicendo questo per accusarti di qualcosa, sai che non lo farei mai, ma perché ti voglio bene. Devi capire perché l’hai fatto.”

“Vuoi un perché?”- le domando. -“Non lo so neanche io, è tutto così confuso.”

“La situazione o i tuoi sentimenti?”- mi domanda dolcemente.

“Entrambe le cose.”- le dico abbassando lo sguardo. Non so quello che provo, sono così confusa, eppure, quando Ian mi ha baciata per poco -perché ho cercato quasi subito di allontanarlo per non rovinare quello che stavamo costruendo- ho veramente provato qualcosa. -“Io ho provato qualcosa, ma non so spiegarlo.”

“Io non posso capire come tu possa sentirti in questo momento, ma devi certamente fare chiarezza su quello che provi. Provi qualcosa per Ian o è stato solo un momento?”- mi domanda.

 

Fa male ammetterlo, ma non credo sia stato solo un momento -come l’ha definito Riawna- ma qualcosa di più, qualcosa di più intenso, ma non so comunque spiegarmelo.

O semplicemente non voglio ammetterlo ad alta voce, perché dirlo renderebbe tutto reale e io non voglio questo, non voglio permetterlo. Anche se, per via molto ipotetica, provassi qualcosa per Ian, cosa cambierebbe? Il suo è stato un vero sbandamento, lui non mi ama anche se me l’ha detto, mentre io… Anche se ammettessi di amarlo, che cosa cambierebbe? Rimarrei con un pugno di mosche in mano, perché lui ha una moglie, una sorta di famiglia, una donna che ha sposato perché ama, mentre io? Io non ho nessuno, a parte i bambini, e sto cercando di iniziare qualcosa con Eric, qualcosa di serio, non posso fargli questo. Tengo ad Eric e mi piace, molto, forse non è un amore travolgente come quello che provavo -provo?- per Ian, ma è qualcosa, qualcosa di importante.

Lui è interessato a me, l’ho visto da come mi guarda e da come mi sorride, perché ‘tradirlo’ in questo modo?

 

“Anche se provassi qualcosa per lui non potrei fare niente.”- ammetto.

“Questo lo dici tu, magari c’è qualcosa da salvare.”- mi incoraggia.

“E se dicesse di amarmi perché sta confondendo tutto?”- le domando accigliata.

 

E se mi avesse detto di amarmi soltanto perché sono la madre dei suoi figli? Questo spiegherebbe molte cose, troppe cose. Anni fa ha detto che non mi amava, ed ora spunta così. Molto probabilmente ha detto di amarmi perché in qualche modo mi è grato per avergli dato due bambini, ma io non voglio un amore così. Voglio un uomo che tenga veramente a me, non perché sono la madre dei suoi figli.
 

“In che senso?”- mi domanda Riawna confusa.

“Magari lui l’ha detto perché sono la madre dei suoi figli, come se si sentisse in debito con me.”- cerco di spiegarle amareggiata mentre questa idea diventa sempre più concreta nella mia testa.

“E’ una cosa stupida, Neens. Questo ‘ragionamento’ fa acqua da tutte le parti. Un uomo, in modo particolare Ian, non ti avrebbe mai detto di amo per quello. Certo, tu gli hai dato quello che ha sempre voluto, nessuno lo mette in dubbio, ma il concetto amare è molto più complicato di così, e tu lo sai bene.”- mi dice convinta.

“E se cercasse solo un rimpiazzo per la sua storia finita male?”- le domando spaventata.

“Non è il tipo di uomo, mettitelo bene in testa. Ora una domanda te la faccio io… E se ti amasse veramente?”- mi domanda.

 

La cosa mi spiazza, parecchio. E se tutto quello che Ian mi ha detto fosse la pura verità? Lui ha detto che mi ama, e se fosse vero?

Mi prendo la testa tra le mani confusa, non può essere vero.

Sarebbe tutto più semplice.

Se Ian mi avesse mentito sarebbe facile, indolore. Tutto ritornerebbe come prima, nessuno si ricorderebbe niente, ognuno continuerebbe con la propria vita come se nulla fosse successo. Se fosse vero, invece, sarebbe la fine, di tutto. Di tutte le mie convinzioni, di tutte le mie idee, del mio mondo. Ogni mia certezza cadrebbe schiacciata dal peso di quel ti amo e io… Io non so come reagire, per la prima volta mi trovo impotente. Cosa dovrei fare se Ian mi amasse davvero?

Correrei da lui? Il mio cuore dice di si, ma lo voglio davvero?

Buttare all’aria otto, forse più, anni della mia vita per lui… Ne vale la pena?

 
















 

 

                                                                            * * *

















 

 

Entro stancamente all’interno dell’ascensore dell’hotel e schiaccio il numero cinque che mi porterà al quinto piano di questo enorme edificio a cinque stelle. Appoggio la testa sul vetro freddo e sospiro, è stata una giornata davvero stancante. Mi sono dovuta cambiare i vestiti circa una ventina di volte e ho scattato così tante foto che penso di averne perso pure il conto. Finiranno su parecchi giornali e il servizio intero uscirà a febbraio del prossimo anno, non manca poi così molto.

Non appena le porte dell’ascensore si aprono esco e mi dirigo verso la mia camera, la 424. Cerco distrattamente la tessera per aprire la porta e, quando la trovo, la infilo nella serratura apposita e questa si apre. Non vedo l’ora che sia domani, così tornerò a casa dai miei figli, mi mancano tantissimo -oggi ho avuto solamente il tempo di fare loro una telefonata veloce e, per ovvie ragioni, ho telefonato a Edna. 

Mi richiudo la porta alle spalle con un sospiro, poi decido finalmente di accendere la luce. Quando questa illumina la stanza mi cedono quasi le gambe. Come? Perché? Quando? Cosa?

Che cosa ci fa lui qui?

 

“Ti stavo aspettando.”- mi dice solo alzandosi dal letto.

 

Faccio per aprire la porta, per andarmene di qui, ma lui, più veloce di me, mi afferra un polso e mi scosta dalla porta appoggiandoci la schiena per non farmi uscire.

Questo è rapimento -anche se siamo nella mia stanza.

 

“Che cosa… Che cosa ci fai tu… Qui?”- balbetto ancora sconvolta.

“Devo parlarti e anche se non vuoi mi ascolterai comunque.”- mi dice guardandomi negli occhi. Non è arrabbiato, non avrebbe diritto di esserlo, vedo soltanto determinazione nei suoi occhi. -“Me lo devi.”

“Non voglio ascoltarti.”- gli dico. -“Per favore.”

“E invece mi starai a sentire, perché io non credo a quello che mi hai detto ieri sera, non posso e non voglio crederci, quindi mi ascolterai, che ti piaccia o no. Mi sono fatto quindici ore di macchina, forse di più, da Atlanta per arrivare fino qui, ascoltami, almeno.”- mi dice quasi supplicandomi.

 

E’ venuto da Atlanta fino a Toronto in macchina? Ian è venuto qui per me? Ma dove siamo arrivati?

 

“Non ti chiedo nessun favore, solo un piccolo regalo per il mio compleanno. Ascoltami, Nina, poi sarai libera di cacciarmi via.”- continua ancora.

 

Mi ripeto che non devo ascoltarlo, che devo cacciarlo via, ma non ce la faccio. Voglio e non voglio ascoltarlo allo stesso tempo, ma alla fine scelgo la via più facile, lo ascolterò. Voglio sapere quello che ha da dirmi, voglio che mi spieghi per filo e per segno cosa gli è preso ieri sera e perché.

Ho diritto di sapere.

 

“Quando avrai finito te ne andrai.”- decreto con la voce che trema.

 

Ian si stacca da me, lasciandomi così libera, e mi vado a sedere sul letto. E’ distrutto, lo vedo dal suo sguardo, eppure non l’ho mai visto così vivo e determinato. Ha fatto quindici ore di macchina per me, vuol dire che gliene importa davvero qualcosa. Si va a sedere sulla sedia di pelle della piccola scrivania e si passa una mano tra i capelli nervosamente.

 

“Ho passato quindici ore in macchina cercando di crearmi un discorso convincente, ma non ricordo più nulla, davvero. Avevo pensato a delle belle frasi, frasi fatte, ma so che non avresti apprezzato, tu odi quelle cose. Non so nemmeno da dove partire, sinceramente, ma devo farlo.”- inizia così e il mio cuore perde un battito. -“Dannazione se devo farlo! Sono venuto qui per te e non me ne andrò senza di te, questo te lo posso assicurare. Ieri sera è stato… Magico. Non mi era mai passato per la testa di baciarti, eppure l’ho fatto, perché lo sentivo, lo volevo. Ogni fibra del mio corpo voleva baciarti, il mio cuore me l’ha ordinato, così come la mia testa. Per la prima volta, in tutta la mia vita, ogni parte del mio corpo mi ha ordinato una sola cosa e io l’ho fatta e non ne sono pentito. Non voglio che tu sia pentita di questo, perché l’ho voluto io, si, ma l’hai voluto anche tu. Vuoi una confessione, Nina? L’avrai.”

 

E ora sto iniziando seriamente a sudare e il mio corpo trema leggermente. Perché solo il suono della sua voce mi rende così? So, per certo, che qualcosa sta per cambiare.

 

“Sai qual’è stata la prima volta che ho capito di amarti? Quando, dopo la prova delle zanne, mi sei sbattuta contro cadendo rovinosamente a terra. In un’altra circostanza avrei riso, ma lì no, sono rimasto abbagliato da te, come tutti quanti. Eri una ragazzina all’epoca, ma ho sempre saputo che saresti stata la mia, di ragazzina. Mi hai cambiato la vita in un modo che neanche immagini, la mia vita era povera, priva di senso, mentre tu… L’hai resa diversa. Potevo avere milioni di ragazze, eppure ho scelto te. Dalla prima volta che i nostri occhi si sono incontrati ho capito che tu eri speciale e… E lo sei. Ora sei una donna invece, una madre straordinaria, sei matura. Sei diversa dalla Nina che ricordavo, ma la sai una cosa? Ora mi piaci di più. E non per i bambini, loro non c’entrano, ma perché sei tu, veramente. Sei una donna ricca di principi, di amore, e con la testa sulle spalle. Sei testarda, a volte fin troppo, e illumini tutti quelli che ti stanno accanto. L’hai sempre fatto e ora è tutto più ampliato.”- continua, senza mai staccare gli occhi dai miei.

 

E non ha ancora finito, no, lo vedo dal suo sguardo. Mi perdo qualche attimo ad osservarlo attentamente negli occhi e non mente. E’ così dannatamente sincero in questo momento, come lo era una volta -quando stavamo ancora insieme. Ho la gola secca, le mani tremano, forse c’è pure qualche farfalla nel mio stomaco.

 

“Te lo ricordi il nostro primo bacio?”- mi domanda ed io, sebbene la situazione sia veramente seria, non posso non sorridere. -“E’ stato sotto la pioggia, passionale, come nei film, come piace a te. Stavamo litigando e all’improvviso ti ho baciato e tu, sorprendentemente, hai ricambiato. Non me lo sarei mai aspettato, io ti amavo, ma non conoscevo i tuoi sentimenti. Quando ho capito quello che provavi per me sono… Esploso di gioia. Finalmente potevi essere mia, mia e di nessun altro. Ti ricordi quanti ostacoli abbiamo dovuto affrontare? Tutti ci criticavano per la nostra differenza di età, ma abbiamo continuato a lottare e ce l’abbiamo fatta. Te la ricordi la prima volta che abbiamo fatto l’amore? Io ero così preoccupato per te, era la tua prima volta con qualcuno, ma eri tu a rassicurarmi. Avrei dovuto essere io a rassicurarti, ma continuavi a farlo tu e mi dicevi che ti fidavi di me. Non hai idea di com’è stato appartenere a te per la prima volta, fare l’amore con te è stato così diverso da come l’avevo fatto prima. Tu mi hai donato l’unica cosa che veramente ti apparteneva ed io me la sono presa con cura, senza pressioni. E’ stata, forse, la notte più bella della mia vita, ma non per il sesso, ma perché mi hai dimostrato che ti fidavi di me, sopra ogni cosa.”

 

E respira un attimo accaldato e mi accorgo di sentire caldo anche io. Perché mi sta dicendo questo? Mi ricordo anche io tutto, ma è come se… Se volesse rivivere tutto un’altra volta. Mi ricordo bene la prima notte che abbiamo fatto l’amore insieme, è stato magico, quasi surreale. Io ero vergine, non ero mai stata con nessuno, ma lui si è preso cura di me, mi ha aiutata e supportata. Lui non se lo ricorda, ma mi ha rassicurato pure lui e ha fatto tutto con dolcezza, chiedendomi ogni due secondi se sentissi male o se avessi bisogno che lui si fosse fermato. Ho provato dolore, certo, ma nulla è stato più forte dell’amore che provavo per lui.

 

“Te lo ricordi il nostro primo litigio? E’ stato un motivo futile e me ne sono pentito subito. Avevi un ragazzo che ti faceva la corte, un attore del tuo film, ed io, accecato dalla gelosia, ero convinto che tu provassi qualcosa per lui. Non è che non mi fidassi di te, ma avevo paura, paura di perderti veramente. Lui era giovane, io troppo vecchio per te. Ma tu mi rassicurasti per tutta la notte dicendo che la differenza di età non contava nulla per te, che tu mi amavi così. E lì, nel buio della notte, ho capito di amarti più di prima e mi ero promesso che niente e nessuno ci potesse separare. La nostra storia non è stata semplice, ma ce l’abbiamo fatta, poi siamo arrivati ad un punto di rottura. Ti amavo così tanto e volevo legarti a me, così ti chiesi di sposarmi, ma, egoisticamente, non avevo messo in conto che tu, certamente, non ti sentivi ancora pronta, e, quando hai rifiutato, non ho voluto sentire spiegazioni. Non abbiamo parlato per mesi e poi, quando abbiamo ricominciato, abbiamo continuato ad andare a letto insieme. Ogni giorno pensavo che fosse sbagliato, ma non volevo e non potevo separarmi da te, volevo tenerti legata a me.”- va avanti ancora.

 

Mi sta salendo un magone in gola, ma cerco di trattenere le lacrime. Perché mi sta dicendo tutto questo?

 

“Poi ho conosciuto Nikki, era così simile a me. Mi ha portato tutto su un piatto d’argento, stare con lei era la via più semplice, la più facile. Stare con te era complicato, mi dovevo sempre mettere in gioco. Ma lì non ho pensato a me, ho pensato a te. Che vita avrei potuto darti tenendoti sempre legata e me e impedendoti sempre di spiccare il volo? Sapevo delle proposte dei film che avevi rifiutato e che il motivo ero io. Non per essere al centro dell’attenzione, ma so che fu così. Quale motivo avresti avuto per rifiutare? Nessuno, eppure c’ero io a tenerti ancorata ad Atlanta. Così, una notte, ho deciso che lasciarti andare, per il tuo bene, sarebbe stata la scelta migliore. Non hai idea di quanto abbia sofferto, ma ho dovuto farlo, per te. Accanto a me non saresti mai diventata quello che sei ora, se tu te ne fossi andata avresti respirato e saresti cresciuta mentre, accanto a me, non ti esprimevi al meglio. Andavi avanti piano, in ogni cosa, perché sapevi, in cuor tuo, che c’ero io a coprirti le spalle, ma non potevi vivere così. Dovevi prenderti le tue responsabilità, staccarti da me, e vivere la tua vita. Io ti amavo allora e volevo il meglio per te, così ti ho lasciata andare. Pensi che sia stato facile per me dirti tutte quelle cose? Dirti che non ti amavo… Ogni volta che pronunciavo una parola si staccava una parte di me e ogni pezzo della nostra storia andava in frantumi, ma dovevo farlo, per te. Pensi ancora che sia stato tutto un gioco, come l’ho definito io? Assolutamente no. Come pensi che sia andato avanti in questi otto  anni? Certo, all’inizio con l’amore di Nikki, ma poi mi sono accorto che le volevo bene, non l’amavo come amavo te. Ho tentato di comportarmi da bravo marito, e penso di esserci riuscito, ma non l’avrei mai amata con la stessa intensità che avevo per te. Ho continuato ad andare avanti sapendo che avevo fatto la scelta migliore per te e con la convinzione che tu fossi cresciuta, che stessi vivendo la tua vita. Quando Julie mi ha chiamato per dirmi della serie ho accettato senza pensarci due volte, tutto pur di rivederti, almeno un’ultima volta. In tutto questo tempo ho cercato di ripetermi che non ti amavo, che dovevo lasciarti stare, ma io… Io non ce l’ho fatta.”- continua come un fiume in piena.

 

Non riesco nemmeno a parlare.

 

“Continuavo a ripetermi che era sbagliato guardarti di nascosto, perdere tempo a starti dietro, ma non mi fermavo, no, andavo avanti. Quando ho saputo, e visto con i miei occhi, che uscivi con quel principino non ci ho visto più e ora si che posso dirlo: sono fottutamente geloso di lui. Perché tu ricambiavi ogni suo sguardo, mentre a me davi le briciole, ma me la sono cercata, me lo sono meritato. Ma non posso smettere di amarti, Nina, non posso. E ora puoi urlarmi contro, dirmi che non è vero, e magari io me ne andrò, ma avevo bisogno di dirtelo, di dirti che ti amo in un modo che non immagini nemmeno lontanamente. Di Nikki non me ne importa più nulla, ci sto insieme perché devo, non perché voglio. L’unica donna che amo sei tu e puoi darmi del bugiardo, ma non sono mai stato più sincero di così in tutta la mia vita.”- termina alzandosi dalla sedia.

 

Non so nemmeno quello che faccio, me ne rendo conto qualche istante dopo. Gli tiro prima uno schiaffo, forte, in piena guancia, poi lo bacio. Questa volta sono io, contro ogni mia previsione, a baciarlo, ad appoggiare le mie labbra sulle sue, a spingerlo contro il muro. E’ così simile a quello di ieri sera, ma anche così diverso, perché ora lo voglio con tutta me stessa, lo voglio veramente. Perché ho visto nei suoi occhi il sentimento che ci lega ancora e non pensavo che potesse farmi sentire ancora così viva, così amata. E’ stato un piacevole -e anche molto doloroso- viaggio per tutta la nostra storia, mi ha fatto rivivere momenti belli e brutti, ma ho capito quello che prova per me e ora io non posso più nascondere quello che provo per lui, perché lo amo. Ho provato per otto anni a nascondere l’amore che provavo per lui e ce l’ho fatta -oppure credevo di averlo fatto- ma ora sento che non posso più farlo, non dopo tutto quello che mi ha detto e che mi ha fatto capire. E’ stato un modo contorto il suo per farmi intraprendere una strada dalla sua, ma ce l’ha fatta e senza tutto quello che è successo non sarei mai diventata cosa sono ora: una donna. Mi piace come sono diventata, non voglio cambiare nulla di me, eppure sapevo che mi mancava qualcosa, quel qualcosa che può essere riempito solo da Ian.

Un secondo dopo mi ritrovo con la schiena appoggiata al muro, al posto di Ian, che sta divorando voracemente le mie labbra non lasciandomi nemmeno il tempo di respirare. Le nostre lingue, così come le nostre salive, si mescolano tra di loro facendomi sospirare pesantemente. Le mie mani corrono veloci dalla sua schiena fino ad arrivare ai suoi soffici capelli, mi sono mancati tanto, così come mi è mancato tutto di lui. Lo tiro più verso di me, per avere di più, e i nostri corpi arrivano a scontrarsi facendomi provare mille brividi di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. La bocca di Ian è sul mio collo, che succhia leggermente, facendomi così socchiudere leggermente gli occhi, poi scende sull’incavo del mio collo fino alla spalla, alternato tutto da morsi. Abbandono i suoi capelli morbidi e inizio a slacciargli, lentamente, i bottoni della camicia, uno per uno, in una lenta tortura. Ian fa pressione sui miei fianchi e allaccio le mie gambe al suo bacino. Fa qualche passo all’indietro, alla cieca, poi sento una superficie morbida sotto di me, segno che mi ha appena appoggiato nel materasso dell’enorme letto a baldacchino. Una sua mano si insinua lentamente sotto la mia maglietta, mentre io continuo a slacciargli la camicia, alternando ogni tanto il tutto con qualche bacio sul petto che si sta via via scoprendo, e lui si dedica al mio collo. Non mi accorgo nemmeno di non avere più la maglietta, sento solo la bocca di Ian pericolosamente vicina al mio seno. Io, ormai stufa, strappo letteralmente la sua camicia facendo schizzare via i bottoni per tutta la stanza e lo sento ridacchiare contro la mia pelle. Ian armeggia con il gancetto del mio reggiseno e riesce ad aprirlo mentre io lo aiuto a toglierlo, lasciando così il mio seno in bella mostra. Non provo imbarazzo, no, mi ha visto molto più nuda di così, anzi, mi lascio cullare da tutti i suoi tocchi, sentendomi finalmente a casa. La sua bocca tortura piano il mio seno facendomi gemere rumorosamente, ma lui fa finta di niente e continua indisturbato non sapendo quello che mi sta procurando con i suoi tocchi. Io mi dedico alla sua spalla, per poi percorrere tutto il braccio con una scia di baci infuocati che lo fanno tremare leggermente, segno che gli sta piacendo. Non appena solleva la testa faccio incontrare nuovamente le mie labbra con le sue mentre gli accarezzo tutto il petto muscoloso conoscendolo a memoria, in questi anni non è cambiato praticamente per nulla. Mi stacco da lui e gli appoggio un bacio tra la scapola e il collo, il punto in cui sente più piacere, e lo mordicchio facendogli chiudere gli occhi, ma lui questa sera sembra concentrato solo su di me. Ian scende a baciarmi la pancia e lasciandoci qualche morso sopra. Porta una mano lì, all’altezza della cicatrice del taglio cesareo, e la percorre delicatamente particolarmente attento. Arriva ai miei jeans e mi guarda, aspettando il mio consenso -e la cosa mi stupisce perché è ancora convinto che io possa rifiutarlo. Annuisco lentamente, accarezzandogli una guancia, e in poco tempo i miei pantaloni sono giù dal letto in un angolo remoto della stanza insieme al mio reggiseno. Io gli slaccio la cintura, facendola cadere dall’altra parte del letto, e sgancio il bottone dei jeans, ma mi blocco non appena sento le sue dita avvicinarsi , nel mio punto più sensibile. Mi accarezza delicatamente, come per paura di farmi male, e mi fissa con gli occhi liquidi di desiderio, gli stessi occhi che penso di avere anche io. Mi mordo le labbra a sangue quando sento un dito entrare delicatamente dentro di me e avverto un fastidioso bruciore, ma passa subito quando lo muove delicatamente e cattura le mie labbra con un bacio. Continua a torturarmi muovendolo dentro di me mentre non smette di baciarmi e mordermi le labbra ed io faccio lo stesso con lui. Sento il piacere che sta crescendo sempre di più, i miei muscoli contorcersi, ma Ian sembra capirlo e lo sfila delicatamente da me lasciandomi così insoddisfatta. Mi esce un verso di protesta e Ian mi sorride solo baciandomi ancora dolcemente mentre mi sfila le mutandine lasciandomi così nuda e completamente esposta ai suoi assalti. Non resisto, voglio fare l’amore con lui, come lo facevamo un tempo. Aiuto Ian a sfilarsi i pantaloni impaziente, non volendo aspettare oltre.

 

“Mi piace quando sei così intraprendente…”- mormora roco sul mio orecchio.

“Stai zitto e baciami.”- gli sussurro sulle labbra.

“Non sai da quanto aspettavo questo momento.”- sospira contro le mie labbra. -“Sei bellissima, Looch. Sei la donna più bella che abbia mai visto.”

Ti amo.”

 

Non so se sia il momento decisamente romantico e focoso o perché ormai non mi importa più nulla di tenere nascosti i miei sentimenti, ma mi è sfuggito. Finalmente gli ho detto di amarlo e, forse, Ian non aspettava altro perché mi rivela un sorriso in grado di abbagliare tutti. Non è un sorriso passionale, è un sorriso vero, credo di averlo reso felice.

Ti amo anche io.”- mi risponde dolcemente appoggiando la fronte contro la mia.

 

E scivola lentamente dentro di me facendo gemere entrambi sorpresi dalle nuove sensazioni che ci colpiscono trascinandoci in un vortice di piacere. E’ la prima volta dopo otto anni che ritorno a fare l’amore con qualcuno e sono felice che quel qualcuno sia Ian. Rimane per qualche istante immobile dentro il mio corpo, aspettando che si adatti a lui, e mi godo il momento di pace e serenità. E’ strano, è una sensazione che nemmeno ricordavo, ma non vorrei essere da nessun’altra parte se non qui. Muovo leggermente i fianchi e lui, capendo il mio segno, inizia a muoversi lentamente dentro di me mentre le mie mani si ancorano saldamente sulla sua schiena, di tanto in tanto arrivando pure a graffiarla. Continuiamo a baciarci mentre ci muoviamo in sincronia, trovando subito la nostra armonia, come se nulla fosse cambiato, come se questi otto anni fossero spazzati via. Passo una mano sulla sua fronte imperlata di sudore e lui appoggia un bacio sulla mia, mentre le sue spinte si fanno sempre più veloci e incalzanti costringendomi a piantare di più le unghie sulla sua schiena. Il piacere cresce sempre di più obbligandomi a gettare la testa all’indietro e raggiungiamo l’apice insieme, quasi come se fossimo sotto controllo. 

Ian si abbandona contro il mio petto ansante mentre io continuo a tenere gli occhi chiusi e con le dita faccio delle ciocche suoi suoi capelli corvini. Il silenzio regna sovrano all’interno della stanza spezzato soltanto dai nostri respiri leggermente affannosi e ogni tanto da qualche carezza data da entrambi. E sembra quasi un sogno questo e spero, in cuor mio, destinato a non finire mai.

 

 

 

 

                                                                                                                                                               The End.

 

 

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Non inizio nemmeno con i saluti perché ho gli occhi leggermente troppo appannati, mi devo riprendere, almeno un po’. L’ultima parte del capitolo, la dichiarazione, mi ha distrutto perché rivivere ogni cosa, ogni passo della mia storia, mi ha fatto scendere lacrime che non avrei mai pensato di spendere. 

Non avevo mai voglia di finire il capitolo perché ogni cosa che aggiungevo era opportuna per questa storia, per quello che avevo in mente. E’ stato il capitolo più lungo che abbia mai scritto (escludendo il 42 perché erano due capitoli uniti), ma veniva tutto fuori così e non riuscivo a fermarmi ed è strano, ma è stato meglio così.

Perché Ian e Nina dovevano avere il loro momento dopo aver lottato tanto, dopo aver litigato ed essersi urlati contro mille insulti, dopo essersi feriti, baciati, e di nuovo feriti. Dovevano averlo, era semplicemente d’obbligo. Lo meritavano, così come l’avete meritato voi, ma credo che non sia l’ultima sorpresa per voi.

Ebbene si, non ho ancora finito con voi. Potrete amarmi, o odiarmi, ma no, non me ne andrò così tanto presto, ho in mente precisamente due cose che spero vi possano rendere felici:

 

-Ho in mente, se per voi va bene e se, soprattutto, lo seguirete, una serie di Missing Moment con la storia di Ian e Nina quando stavano ancora insieme. E’ una cosa che ho pensato mentre scrivevo questo ultimo capitolo, perché ho bisogno di scene Nian, quindi ho deciso così. Ovviamente, se per voi va bene, potrete dirmi voi i momenti che volete che io scriva e, dopo averli messi in ordine, inizierò a buttarli giù su carta. Potete chiedermi qualcosa, dall’inizio della loro storia, quando si sono conosciuti, primo bacio… Fino alla fine (anche quando sono stati separati lungo i sette anni!). Magari non saranno molto lunghe, ma è pur sempre qualcosa a cui tengo davvero.

 

 

-Questa, molto probabilmente, sarà la notizia che vi renderà più felici ed è la famosa sorpresa che vi avevo già accennato da tempo. La storia non è finita, avrà un sequel. Ebbene si, ci sono ancora tante, troppe, cose ancora da dire, non potevo certamente finirla così. Con il sequel, mi amerete e odierete allo stesso tempo, credo che non abbiate idea di quello che vi aspetta :’)

Ovviamente partirà da questa nottata di fuoco e proseguirà con il ritorno a casa.

 

 

Ecco, dopo avervi detto tutte queste cose, passiamo alle parti importanti. Un ringraziamento va alle 14 persone che hanno recensito lo scorso capitolo, si, siamo ritornate quelle di una volta :)

Un ringraziamento particolare va a chi ha inserito la storia tra le preferite (136 persone), le ricordate (34 persone) e le seguite (157 persone). Un altro ringraziamento va a tutte voi che, oltre ad aver letto, avete commentato raggiungendo la bellezza di 451 recensioni, un record per me (ovviamente non ho contato questo capitolo per ovvie ragioni ahahahah). Quindi si, vi sto ringraziando dalla prima all’ultima per questo fantastico percorso che non è ancora terminato.

Il sequel verrà postato lunedì 7 settembre o martedì 8 settembre, dipende tutto dal tempo che ho a disposizione.

Questo capitolo… Ho adorato scrivere questo capitolo, davvero. Questa è stata la prima scena, escludendo quella dei gemelli, che mi sono sempre immaginata e non è stato affatto difficile svilupparlo.

Nina, nella prima parte del capitolo, rifiuta Ian perché è ancora terribilmente confusa e, credo, che sia una reazione abbastanza plausibile da parte sua. Ian è un uomo sposato, l’ha lasciata e poi la bacia. Quel ti amo urlato l’ha scombussolata ancora di più ed è lì che ha avuto paura. Ha avuto paura che Ian glielo avesse detto preso dal momento, che se lo fosse inventato, che lo avesse fatto per i bambini ed è scappata, letteralmente. Ian, ovviamente, non si è perso d’animo ed è andato fino a Toronto, in macchina, per inseguire Nina (100 punti a Grifondoro!). L’ultima scena, le parole, credo che non abbiano bisogno di nessuna spiegazione :’)

Oh, i miei Nian *___*

 

Avete saputo che Candice è incinta? Io l’ho scoperto poco prima di andare in montagna e sono veramente felice per lei. Lei e suo marito, Joe, sono una coppia dolcissima alla pari di Paul e Phoebe (ormai sapete quanto adori quei due) e di Ian e Nina (o Nina e Austin) quindi è tutto meritato. Non so a che mese sia sinceramente, dalla foto sembra proprio ai primi mesi, ma non vedo l’ora di sapere se sia maschio o femmina anche se, credo, che non lo diranno. Ovviamente spero di no, ma con gli attori famosi non si sa mai.

A proposito di Ian… Vi consiglio, se non l’avete già, di leggere Non solo Damon di Giovanna Burkhart. E’ la biografia italiana di Ian, è una cosa fantastica. Ho letto solo le prime pagine, ma me ne sono innamorata ^^

Niente, ora non ho più nulla da dire, a lunedì o a martedì.

 

PS: Mi piacerebbe sapere anche quali e che tipo di Missing Moment volete :)

 

 

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