Love is our Resistance

di ShanHoward
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Confide in me ***
Capitolo 2: *** Resonates Happiness ***
Capitolo 3: *** Lose Control ***
Capitolo 4: *** Just break the silence ***
Capitolo 5: *** Replaces love and happiness with fear. ***
Capitolo 6: *** Only you can stop the pain ***
Capitolo 7: *** Don't let the sun in your heart decay ***
Capitolo 8: *** I Belong To You ***
Capitolo 9: *** The Love for What you Hide ***
Capitolo 10: *** It's you and me babe, survivors... ***



Capitolo 1
*** Confide in me ***


Eccomi di nuovo a tormentare le vostre vite con le mie storie. Allora, seguito di My Unintended (per chi non l'avesse ancora letta: che cosa state aspettando?). Che dire, spero che anche questa storia possa piacervi e gradirei i vostri commenti anche solo per dirmi che in realtà faccio schifo come scrittrice. Cos'altro dire? Ah si: i Muse non mi appartengono e non vengo assolutamente pagata per scrivere queste storie e cosa più importante, tutto quello che leggerete è solo il frutto della mia fantasia...             Cheers to everyone!!! 

 

Love is our Resistance



 

Confide in me


Era trascorso poco più di un anno dagli ultimi eventi narrati. Spencer e Matt erano felicemente sposati e sempre carichi di lavoro; Chris e Kelly riuscivano sempre a mantenere il controllo dei loro sei figli; Dom acquistava giochi in maniera ossessivo compulsiva; e Will aveva da poco spento la sua prima candelina.
Andava tutto per il meglio e le mie giornate erano un continuo via vai senza sosta. Ma ovviamente la stanchezza contava poco in quel frangente. Non c’erano paragoni con le piccole gioie e soddisfazioni che quel bambino riusciva a darmi.
C’erano i suoi sorrisi, le sue facce buffe, i suoi innumerevoli giocattoli sparsi per casa, le sue tutine colorate…
Ovviamente c’erano anche le notti in bianco, i pannolini, i pianti notturni ed il continuo bisogno di attirare l’attenzione dei più grandi.
Ma era tutto lecito inevitabilmente…
In quel momento ero in casa con Spencer e stavamo conversando amabilmente davanti un buon bicchiere di vino. William giocava nel suo box e noi discutevamo del più e del meno.


“I ragazzi dove sono?” chiesi
“Matt mi ha solo detto che andava a lavoro, come sempre” disse facendo spallucce
“Io credo di aver perduto il cellulare in mezzo ai giochi” sorrisi


Spencer intonò una sonora risata prima di iniziare a raccontare di una situazione da panico accaduta alla sua collega Haley a lavoro. Mentre proseguiva, io mi alzai ed andai a riempire nuovamente i bicchieri ascoltandola interessata.
Feci appena in tempo a restituire il bicchiere a Spence e tornare indietro, sentendo il rumore della chiave girare nella toppa.
Matt e Dom entrarono trionfanti, uno col sorriso l’altro un po’ meno.
Dom corse a scompigliare amorevolmente i capelli di Will, salutò Spencer e si diresse verso il lavandino per mettere su l’acqua per un thè.
Contemporaneamente , Matt salutò la sua compagna e corse ad abbracciarmi lasciandomi un bacio sulla guancia.


“Ciao stellina!” il suo tenero modo di definirmi
“Ciao Bells” sorrisi “come è andata oggi?”
“Tutto bene, una giornata un po’ faticosa in alcuni momenti, ma bene”
“Sono contenta!” affermai sorseggiando


Era il 2 Dicembre  e Chris riteneva che non sarebbe stato giusto festeggiare il suo compleanno dato che Teddi era in preda alla varicella, pertanto aveva tenuto tutti a debita distanza nonostante fossimo più che immuni.
E così, avevo detto a Dom di portargli i miei auguri, ma in quel momento era molto con la testa fra le nuvole e lo lasciai perdere.


“Come sta Chris?” dissi rivolgendomi a Matt
“Oh, bene! Dorme di meno ma è una roccia” ridacchiò
“E la mia di roccia, che cos’ha?” sussurrai indicandogli Dom con il capo


Lo osservò brevemente, fino ad incrociare di nuovo i miei occhi.


“Credo sia solo un po’ stanco, niente di più” fece spallucce
“Allora” aggiunse poco dopo “cosa cucini questa sera?”
“In realtà Dom ha ordinato non so cosa da andare a ritirare in qualche posto. Volete restare?” chiesi ad entrambi


Matt lanciò il suo sguardo da cucciolo bastonato in direzione di Spencer. Dopodiché tentò con il suo sorriso festoso, fin quando lei non annuì.


“Grazie, grazie, grazie!!!” disse ricoprendola di baci


Lei gettò gli occhi al cielo, quasi a voler sottolineare il fatto che Matt si comportava molto spesso da bambino, e nello stesso tempo a lei piaceva accontentarlo nei suoi piccoli capricci.


“Matt, dato che ti sei praticamente autoinvitato, abbi almeno la decenza di offrirti volontario per andare a ritirare la cena” lo ammonì lei prendendo la giacca
“Oh. Già, hai ragione” rispose sorridendo imbarazzato





“Beh, allora torneremo fra circa un’oretta” aggiunse
“Perfetto!” risposi io “prendete l’auto di Dom dato che siete a piedi”


Detto ciò, chiusero la porta alle loro spalle, lasciando che la casa piombasse nel silenzio più totale, fatta eccezione per lo scoppiettio della legna nel camino. Diedi un nuovo pupazzo a William per giocare, non perdendo di vista nemmeno per un attimo Dom. 
Scostò una seggiola e vi ci si abbandonò sopra, con lo sguardo verso il basso. Carezzai i capelli di Will e mi diressi verso il tavolo. Raggiunsi la sedia e mi inginocchiai a terra posando delicatamente le mani sulle sue gambe sottili fasciate da un paio di Jeans bianchi.


“Batterista!” esordii dolcemente


Nulla…non un battito di ciglia, un muoversi di labbra, un leggero movimento…il nulla più assoluto. Praticamente una statua di cera. Sospirai al vuoto, facendo un altro tentativo e prendendo le sue mani fra le mie…


“Batterista…”


Finalmente alzò lo sguardo e puntò i suoi bellissimi occhi nei miei.


“Bambina” pronunciò
“Ehy, sei ancora qui con me allora” dissi sorridendo
“Sempre!”  mi rispose
“Che cosa c’è che non va?”
“Sto morendo di stanchezza e non ho più le mie pillole per il mal di testa” ammise
“Dio Dom, mi hai fatto preoccupare seriamente” dissi scuotendo il capo
“Scusami” sospirò
“Facciamo così” proposi “credo di avere un paio di pillole in borsa, vado a prenderne una, la mandi giù e vai a farti una bella doccia. Ti metti qualcosa di comodo e se ti senti ancora stanco vai a letto, altrimenti resti qui con noi a passare la serata” conclusi
“Direi che è un’ottima idea” sorrise soddisfatto


Mi alzai per prendere le pasticche, le adagiai nel palmo della sua mano e lo baciai sui capelli. Di rimando, si alzò in piedi stringendomi leggermente e lasciando che le sue labbra toccassero le mie. Poi, semplicemente salì le scale per il piano superiore. Ridiscese un’ora dopo, in tuta e t-shirt, da eterno caloroso quale era.
Mi abbracciò da dietro, voltandomi lentamente per poi baciarmi. Gli gettai le braccia al collo ricambiando il bacio. Nel momento in cui ci staccammo, lo guardai negli occhi giusto per accertarmi che si sentisse un pochino meglio.


“Dom”
“Mmh?”
“Stavo pensando a una cosa” riflettei
“Dimmi tutto”
“Beh, ecco…se i ragazzi non hanno già organizzato qualcosa, che ne dici se per il tuo compleanno ce ne restiamo soli io e te?”
“E’ una proposta allettante” sorrise furbo
“Lasciamo Will con Spencer e Matt. Potremmo andare da qualche parte oppure restare a casa, come preferisci tu” dissi schioccando un bacio


Ci pensò su per un paio di minuti fissandomi quasi inebetito.


“Ho un’idea” concluse
“Sono tutta orecchie”
“E se il tuo Dom ti portasse a Nizza?”
“Dici sul serio?” dissi ad occhi spalancati
“Ma certo. Solo ora mi sono reso conto che non ci siamo mai andati”
“Ma così dovremmo stare fuori di più”
“Partiamo il 6 e torniamo l’8, no?”
“Matt non vedrà l’ora di trasformare suo nipote in un mini Bellamy”
“Oh, beh, lo uccideremo al nostro ritorno” concluse baciandomi il naso


Prese in braccio William e lo portò con sé sul divano per giocare un po’, mentre io riordinavo le cose utilizzate per farlo cenare. Introdussi i piatti nella lavastoviglie, cambiai il pannolino a Will e Dom gli mise il pigiamino prima di andare ad aprire, con lui in braccio, a Matt e Spencer.


“Ehy!!! Come sta il mio biondino???” esclamò Matt al limite delle gioia
“Bene grazie, il mal di testa sta passando” rispose Dom


Guardai mia sorella scoppiando in una fragorosa risata al pensiero di quante volte, anni indietro, l’avevo tormentata con tutte le teorie di BellDom che la mia mente concepiva e che leggevo su internet.
Ci giocavo su e ci ridevo, ma mai una sola volta ho pensato che se fossero stati realmente una coppia, li avrei guardati con occhi differenti. Anzi, avrei ritenuto che fossero stati semplicemente fantastici.
Apparecchiando il piccolo tavolino di vetro che risiedeva al centro del salotto tra i tre divani, cenammo a terra sul tappeto che sottostava al tavolo, fino a che Will iniziò a fare i capricci a causa del sonno e Dom me lo porse prendendo il mio posto nello sparecchiare.


“Che c’è? Non puoi portare tuo figlio a letto, Dom?” rise Matt
“No, è che lei è l’unica che riesce a farlo addormentare nel modo giusto” rispose
“Sarebbe a dire?” chiese curioso
“Niente ninne nanne. Niente favole della buonanotte. Niente sonaglietti agitati allo sfinimento”
“Quindi cosa fa? Gli preme un cuscino sul viso fin quando non perde i sensi?” disse Matt ridendo a crepapelle
“Ma nooo. Cretino!” disse tirandogli un cuscino scherzosamente
“Ci sono, ci sono! Lo stordisce con qualche droga! Ahahahah “
“Matt!!!”
“Ok, ok la smetto!” si schiarì la gola ed aggiunse “allora, posso sapere il segreto?”
“Nulla di eccezionale. È lì che lo tiene in braccio e semplicemente, canta! Come ho detto prima, nessuna ninna nanna e nessuna fiaba. Gli basta ascoltare una strofa di quel brano e crolla”
“Wow” rispose estasiato “dovrò documentarmi su qualche canzone italiana, se voglio scoprire il suo segreto”
“Io lo so perché vivo con lei” gli fece la linguaccia
“Beh, dubito che con la tua voce da cornacchia che hai, tu possa riprodurla o usarla per far dormire quel povero bambino” tornò a ridere
“Piantala Matt o ti cacciano da casa e tuo nipote non ti rivedrà più” lo ammonì Spencer


Mezzora dopo li ritrovai seduti sui divani, Dom invece vi era completamente sdraiato sopra.
Feci per occupare il terzo divano ma mi tirò per il polso con il fine di farmi posto vicino a lui.


All’incirca verso le 22:30, il campanello suonò e mi alzai per andare ad aprire.
La figura imponente di Chris troneggiava davanti i miei occhi e non appena entrò, non riuscii a trattenermi dal non abbracciarlo con tutta la forza che avevo.


“Ehy bambolina! Anche tu mi sei mancata!!” sorrise ricambiando l’abbraccio
“Brutto antipatico, sparisci per due settimane e ti meravigli anche!” gli feci la linguaccia
“Hai ragione, hai ragione” ammise


Andai in cucina ed estrassi una piccola torta e la portai in salotto; vi piantai sulla superficie una candela e la accesi.


“Allora, caro il mio Wolstenbeast, tanti auguri!!!” esclamai


Lui soffiò la candela dopo aver espresso un desiderio, e ci ringraziò di cuore per la piccola sorpresa.
Non si aspettava minimamente che a casa avrebbe trovato una torta che lo attendeva; aveva semplicemente risposto alla telefonata di Matt che gli aveva chiesto cortesemente se poteva riportarli a casa data la stanchezza di Dom. 
Chris aveva accettato senza riflettere sul fatto che io avrei potuto ospitarli senza alcun problema.
Scartò i suoi regali a tratti preda dell’imbarazzo, per poi voler fare un abbraccio di gruppo.
Un’ora dopo, esclamò:


“Stamattina sono passato davanti il vecchio appartamento di Ethan”
“Chissà dove lo avranno portato” aggiunse Matt
“Beh, tecnicamente non c’è stato nessun tipo di processo e perciò…” proseguì Chris
“Perciò cosa?” sobbalzai io
“Io non so quale fine abbia fatto, ma di sicuro non è a piede libero tesoro” disse con sguardo calmo
“E chi lo dice? Potrebbe essere ovunque, Chris!” risposi fredda
“Ehy, è successo più di un anno fa e se non ricordo male gli agenti dissero che il minimo che si beccava erano cinque anni”


Annuii con la testa mentre lo ascoltavo con attenzione in contemporanea con la sensazione del tocco della mano di Dom con la mia. Dopo un cambio repentino di argomento, Chris ritenne opportuno tornare a casa.
Eravamo tutti in piedi nei pressi della porta, pronti per congedarci.


“Prima che mi dimentichi” affermò Chris “per il tuo compleanno andremo a Teignmouth ok?”
“A Teignmouth?” chiese
“Ma si, stiamo tranquilli come un tempo, ti va?” propose colmo di entusiasmo


Dom circondò la mia vita con un braccio, al quale io reagii stringendo la sua mano come a voler dire “vai, non ti preoccupare”.


“E’ perfetto Chris” sorrise
“Bene. Allora partiamo il 6 mattina! Buonanotte ragazzi”
“Notte!!!” esclamammo


Salii al piano superiore per un po’ di privacy lasciando Dom a spegnere la tv, le luci e riordinare i giochi.
Comparve all’improvviso dopo venti minuti…


“Il mostriciattolo sta dormen…” si interruppe


Colta di sorpresa asciugai velocemente con la mano la lacrima sfuggita lungo la guancia sinistra.
Entrò in bagno e mi si posizionò difronte.


“Che succede?”
“Nulla”
“Non mi sembra” … “è per il mio compleanno?” aggiunse calmo
“Certo che no Dom, anche se mi dispiace” affermai
“E’ per la storia di Ethan allora…” sospirò


Ricevette un singhiozzo che venne presto soffocato dalle sue braccia che mi stringevano forte al suo petto. Iniziò ad accarezzare i miei capelli, lasciando che mi sfogassi per i successivi cinque minuti, al termine dei quali prese il mio viso tra le mani costringendomi a guardarlo negli occhi.


“Se vuoi piangere tesoro, fallo, ma non ne vedo il motivo” iniziò
“Continuo a darmi la colpa di tutto. È per questo che piango. Perché non ho dato ascolto a nessuno di voi tre; ho agito alle vostre spalle; ti ho mentito; ho preso e sono andata a cercarlo credendo di fare chissà cosa…è tutta colpa mia…”


Un’altra breve ondata di lacrime scosse il mio corpo. Le mani di Dom ormai bagnate…


“Ehy, ehy. Guardami!” ordinò alzando nuovamente il mio viso
“Non è colpa tua! Non. È. Colpa. Tua, ok?” scandì


Annuii lievemente.


“Non sei stata tu a tirare pugni. Non hai rotto sopraccigli. Non hai trascinato nessuno sulla riva di un lago. L’unica colpa, se così si può definire, è aver tentato di proteggere me!” disse con convinzione
“Devi esserne fiera!”
“Va bene” risposi
“Ora ci cambiamo per andare a letto, e cercherai di dormire”


Accennai un piccolo sorriso e ci cambiammo l’uno difronte all’altra nel più totale silenzio, prima di gettarmi verso Dom per ringraziarlo. Baciò dolcemente i miei capelli e mi condusse sotto le coperte addormentandoci  mano nella mano.


Quattro giorni dopo, alle 08:00 del mattino, Dom venne a salutarmi prima di partire.


“Ciao piccola” sussurrò
“Ti amo tanto” risposi baciandolo
“Ti amo anche io” sorrise


Dopodiché, sparì oltre la porta.


Un’ora dopo, mi stavo dirigendo verso casa di Kelly insieme a William. Avevo in programma di andare a trovarli per poi farmi consigliare da Kelly riguardo cosa avrei potuto regalare loro per Natale.
Così, diversi minuti dopo, bussai alla porta di casa Wolstenholme.
Una sorridente Kelly aprì la porta con in braccio un’ancora una semi addormentata Teddi.


“Buongiorno!” dissi piano piano
“Tranquilla, sono tutti svegli” rispose
“Oh, bene!” sorrisi
“Ragazzi! Venite a vedere chi è venuta a trovarci…” urlò


Fu quasi come sentire il boato di una fuga di rinoceronti, ma in realtà erano 5 ragazzini in preda all’euforia di ricevere in casa qualcuno di diverso dai loro genitori. Non appena mi riconobbero, Kelly fece appena in tempo a posare Teddi e strapparmi dalle braccia William, prima che l’intera prole di Chris mi si scagliasse contro. 
Era tutto un “Ciao! Ciao!” , “Prendi in braccio me!”, “Che bella sorpresa”.
Scambiati i saluti, il generale Kelly, intimò al proprio esercito di sedersi a tavola per ricevere le proprie razioni. Una catena di montaggio: ognuno aveva il proprio posto, il proprio cucchiaino, la propria tazza ed i rispettivi cereali …una meraviglia!
Mentre erano tutti con le bocche piene, presi Kelly da parte.


“L’allarme varicella è svanito?” chiesi
“Si, da un paio di giorni” ammise
“Meno male. Povera Teddi…la immagino cosparsa di creme contro il prurito” dissi triste
“Si, un disastro. Peggio di Chris anni fa”
“Senti, oltre che per rivederti, sono venuta per un altro motivo. Ecco, la domanda esistenziale è…che cosa si regala per Natale all’esercito Wolstenholme??”
“Un bel niente!”
“No dai, e poi voglio farlo”
“E poi se non lo facessi tu, lo farebbe il caro Dominic”
“Appunto!” sorrisi “e tu non vuoi che Buster riceva una pelliccia leopardata”
“Oddio no! Direi proprio di no” rise a crepapelle “ ma quest’anno non ha scritto nessuna lettera e santa Claus e non so cosa dirti”
“Ci penso io! Allora, tu intanto dammi qualche dritta sui gusti in generale e…”
“Posso venire con te?”


Mi voltai verso la figura di Ava.


“Se ti fa piacere, anzi ne sarei felice”
“Scusa se ho origliato, ma a parte me ed Alfie, tutti gli altri credono ancora a Babbo Natale” sorrise
“Non preoccuparti, non è successo nulla” la rincuorai
“Che bello! Così posso aiutarti con i regali” disse correndo a prepararsi
“Mamma! Dove va Ava?” chiese Buster
“Oh ecco, a fare compere”
“E perché?”
“Perché io e lei abbiamo una missione da compiere” m’intromisi io
“Wow, che bello!”
“Eh, si. Ma anche tu hai una missione!”
“Davvero? E quale?” chiese curioso con in mano il suo peluche
“Devi scrivere su un foglio quello che vorresti ricevere da Babbo Natale ed appenderlo da qualche parte. Altrimenti non saprà cosa regalarti!”
“E’ vero! Hai ragione, vado subito!”


Attesi altri dieci minuti e me ne andai con Ava al seguito.
Prima di uscire dissi a Kelly di informarmi non appena fosse riuscita a leggere il contenuto della lettera, all’interno della quale Buster aveva sicuramente richiesto più di una cosa.


Appena arrivati Ava volle cogliere l’occasione per scattare una foto a tutti e tre e decise di scattarne una seconda senza Will, nel caso in cui avesse avuto l’approvazione di sua madre per pubblicarla su qualche social network.


“Posso chiamarti zia?” chiese Ava mentre guardavamo dei peluche
“Ma certo che puoi” arrossii felice come non mai
“Te l’ho chiesto perché zio Dom ti ama tanto. Parla sempre di te”
“Grazie tesoro, sono delle bellissime parole” la abbracciai
“Sai, durante le vacanze di Natale di due anni fa quando tu e zio avevate litigato, zio Dom è venuto a portare una cosa per papà ed io ero triste perché mamma non poteva regalarmi quello che volevo per Natale, facendomi scegliere altro. Beh zio Dom mi chiese cosa c’era che non andava, ed io gli chiesi se esisteva un regalo che non avesse prezzo. Sai cosa rispose? Lo ricordo come fosse ieri!” esclamò
“Cosa rispose?” domandai
“Mi disse: i regali senza prezzo sono quelli fatti con il cuore, Ava. Per esempio i biscotti della tua mamma la domenica; il tuo papà che rimbocca le vostre coperte quando torna tardi a casa oppure i baci che dai alla tua famiglia perché sai di volergli molto bene”
“Wow! Hai capito zio Dom” sorrisi
“Ho continuato io aggiungendo anche gli abbracci di papà quando corriamo a salutarlo e la cioccolata calda di zio Matt quando fuori fa freddo…e così gli ho chiesto quale fosse il migliore nel suo elenco e lui ha risposto : la mia bambina!”


Rimasi interdetta per un attimo, prima di dirgli…


“Magari si stava riferendo a te”
“No. Io sono solo Ava. Se c’è una cosa che abbiamo capito tutti in questi anni è che c’è solo una bambina nella sua vita, e sei tu!” sorrise stringendomi


Cercai di trattenere le lacrime di gioia verso Dom e verso quella bambina incredibile.
E così, terminai di descrivere ad Ava quello che avevo intenzione di fare per impiegare la nostra giornata. Avremmo comperato i regali per lei ed i suoi fratelli, quello per il compleanno di Dom,  ed infine saremmo sgattaiolate a casa mia per nascondere tutto. Restammo al centro commerciale fino alle 18:00 e con la scusa di aver dimenticato una busta al negozio vicino, le lasciai i soldi per pagare il regalo di Alfie mentre io andai a comprarle di nascosto uno stupidaggine per il suo compleanno.




Nel frattempo lungo il molo di Teignmouth, i ragazzi stavano ricordando i vecchi tempi mangiando un panino e sorseggiando birre. Nel bel mezzo di una discussione riguardo i periodi scolastici, il cellulare di Chris segnalò l’arrivo di un nuovo mms.


Mms: Noi ci stiamo divertendo, e voi? –A.J.


Non appena visualizzò, Chris scoppiò in una sonora risata suscitando la  curiosità dei suoi migliori amici. Subito dopo arrivò una telefonata dallo stesso mittente del messaggio.
Risate, paroline carine e volarono venti minuti, al termine dei quali Chris tornò a parlare con Matt e Dom.


“Ragazzi scusate, era Ava” si giustificò ridendo
“Tranquillo Chris, non c’è problema” rispose Matt
“Voleva salutarvi e chiedere la mia approvazione”
“La tua approvazione? E per cosa?”
“Vuole pubblicare una foto con la sua nuova migliore amica sui social” rise
“La sua nuova migliore amica? E chi è? E poi si può sapere perché non smetti di ridere?” disse Dom
“Perché sono sicuro che ti piacerà, Dom” rise ancora
“Cosa? Ma sei pazzo?” disse guardandolo in cagnesco
“No, sto dicendo sul serio!!!”
“Ma che fai? Credi seriamente che penserei mai ad una ragazzina? Io non ho parole per descrivere quanto mi sento ferito da queste tue insinuazioni!!!” urlò
“Guarda la foto, cretino!” lo ammonì Chris


Prese il cellulare non riuscendo a trattenere una risata alla vista di me ed Ava che sorridevamo abbracciate tenendo in mano diversi peluche della Disney. Fino ad un’ora prima, c’erano stati momenti nei quali si era sentito in colpa per non aver potuto mantenere fede ai nostri progetti. Ma in quel momento si sentì sollevato all’idea che anche io stessi affrontando in qualche modo la nostra breve separazione.




Io intanto, portai i regali a casa per poi riaccompagnare Ava.
Prima di andare via, Kelly mi disse che il giorno di Natale, mi avrebbe rivelato l’intero contenuto della lettera di Buster. Me ne andai sorridendo e con lo stesso sorriso, misi Will a dormire con me.




Il giorno successivo, e più precisamente nel pomeriggio, il trio di Teignmouth stava tornando a Londra. Le risate in auto, le canzoni urlate, i balletti improvvisati, le gaffe tirate fuori nei momenti di degenerazione…Dom era al settimo cielo insieme ai suoi fratelli di genitori diversi. Gli auguri venivano da ogni dove: dai social, dalla sua famiglia, dai suoi amici di vecchia data e persino da persone che aveva completamente dimenticato.
Aveva solo quel piccolo velo di tristezza perché i miei non erano arrivati per nulla.


“Avrà il telefono scarico, Dom” lo rincuorarono gli altri
“Si, come no” rispondeva atono


Alle 23:00, girò la chiave nella serratura nel più totale silenzio, il labbro inferiore all’infuori a mo’ di piccolo broncio. Non capiva cosa avesse fatto di sbagliato per meritarsi quello.
Solo dopo aver poggiato la giacca di pelle sul divano, si accorse delle piccole candele rotonde situate sulla penisola. Formavano un cerchio, all’interno del quale erano adagiati una piccolissima torta, un regalo ed un biglietto.


“Al mio batterista leopardato…Ti amo da morire”


Sorrise dolcemente maledicendosi mentalmente per aver dubitato di me; e commuovendosi con leggerezza alla vista di quell’orologio che desiderava da diversi mesi.
Percorse così le scale per il piano superiore, ritrovando me e Will nello stesso letto.
Avevo preso quell’abitudine per non sentirmi completamente sola nelle sere in cui i Muse dovevano donare la loro maestria ad orde di persone che come me vivevano per loro.
Prese William e lo portò in camera sua adagiandolo nel suo lettino e rimboccandogli le coperte. Successivamente si cambiò velocemente in bagno, per poi infilarsi sotto il piumone.
Mi lasciò un bacio leggero sulle labbra; poi sul collo; sulla spalla sinistra cercando di svegliarmi.


“Bambina…” sussurrò cercando di svestirmi
“Ehy” mi stiracchiai “che ore sono?”
“Le 23:15” sorrise continuando
“Dom, sto dormendo!!!” lo implorai poco convinta


Sorridemmo subito dopo la mia esclamazione, dovuta alla consapevolezza di aver trascorso anche fin troppo tempo separati, ed al fatto che difficilmente la sottoscritta riusciva a dirgli di no.
Nel silenzio, consumammo il nostro amore sotto quel piumone con tutta l’innocenza e la bellezza che quel momento potesse significare. Raggiunta entrambi la sensazione di appagamento, guardai l’orologio segnare le 23:59, e guardando il suo viso poeticamente arrossato, proferii in un soffio…


“Buon compleanno!”

 

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Capitolo 2
*** Resonates Happiness ***


Sono tornata con il secondo capitolo...spero vi piaccia...è soft e tranquillo, quindi spero di non annoiarvi. Buona lettura...lasciate un commentino, Love u! 


Resonates Happiness

 

Il mattino seguente, la casa era ancora avvolta nel silenzio. Nessun suono o rumore che desse ad intendere che lì dentro vivesse qualcuno.  Poi, all’improvviso, la suoneria di un cellulare interruppe la quiete. Un sospiro ed un voltarsi nel letto, manifestò che qualcuno in realtà c’era sul serio. Dom aprì leggermente gli occhi nella stanza ancora avvolta dal buio; individuò l’apparecchio che continuava a suonare e rispose.
 
 
“Pronto!”
“Ciaooo!” rispose una voce squillante
“Chi è?” chiese frastornato
“Zio Dom, sono Ava!” sbuffò “non mi riconosci?”
“Si tesoro, perdonami” disse “posso fare qualcosa per te?”
“Oh ecco, credevo di aver chiamato Cinzia, ma forse ho sbagliato”
“No, no. Il numero è giusto tranquilla” sorrise
“Ahahahah” ridacchiò lei al telefono “beh, allora digli che saremo lì alle 14:30”
“Ok, va bene. Sarà fatto!” promise
“Perfetto! Ciao, ciao!”
“Ciao” sorrise
 
 
Riagganciando, abbandonò nuovamente il telefono sul comodino dove lo aveva trovato, sporgendosi oltre il mio corpo quel tanto che bastava.
 
 
“Chi era?” dissi muovendomi ancora con gli occhi chiusi
“Nessuno, piccola. Dormi, che è ancora presto” consigliò
 
 
Un’ora dopo, ritrovandomi a dormire contro la schiena di Dom, aprii gli occhi e mi stiracchiai leggermente.
Sentendomi, dischiuse gli occhi anche lui.

 
“Era Ava, prima” pronunciò
“Cosa ha detto?”
“Dice che saranno qui per le 14:30” … “non ho idea di cosa voglia dire però!”
“Cavolo, lo so io! Gli avevo promesso che avremmo fatto l’albero di Natale tutti insieme”
“E allora?”
“E allora non abbiamo un albero di Natale, Dom. Il Natale scorso eravamo ancora in modalità trasloco”
“Ah, giusto” sentenziò
“Non so come funziona qui, ma in Italia è tradizione farlo l’8 di Dicembre ed usiamo alberi finti” continuai
“Capisco”
“Certo…se qualche bel ragazzo di buona volontà si offrisse volontario…”
“Non ci penso neanche!” esclamò “sono in vacanza e voglio godermela”

 
Mi avvicinai per stringerlo ancora di più, carezzando lentamente la distanza compresa tra il suo petto e l’ombelico, ripetendo lo stesso gesto per tre volte.

 
“Peccato Howard,” aggiunsi sussurrando al suo orecchio “avrei saputo come ringraziarti”

 
Dopodiché, presi la prima cosa al volo da indossare e mi diressi al piano di sotto per preparare la colazione.
Circa venti minuti dopo, sentii Dom scendere le scale. Mi lanciò una lunga occhiata scrutandomi da capo a piedi.

 
“Mmm” inspirò profondamente “stai facendo le crêpes per colazione?”
“Si, ne avevo voglia” sorrisi
“Benissimo!” esclamò
“E poi le avevo fatte l’altro giorno, ma tu non c’eri e così le ho ripreparate” conclusi
“Mi fa piacere” … “ah, ho chiamato Matt per uscire poco fa. Andremo noi a comprare l’albero di Natale adatto a questa casa” aggiunse
“Ma come? Non avevi detto di volerti godere le tue vacanze?” dissi fintamente sorpresa
“No, no. Ci ho ripensato!” disse con il boccone

 
Mi voltai verso i fornelli facendomi sfuggire un sorriso e preparando altre crêpes che Dom avrebbe divorato, ed altre per Matt che non avrebbe assolutamente rifiutato.
Ne mangiai un paio al volo, prima di guardarlo divorare la sua colazione con lo stesso entusiasmo con il quale mio figlio agitava i suoi sonaglietti.
Alzò il viso ricambiando lo sguardo d’intesa lanciatogli e sorrise, in quel suo modo che amavo tanto.
Presi del succo d’arancia in frigo e ne versai un po’ in un bicchiere di vetro porgendoglielo.

 
“Non che tu mi rendi la scelta difficile, vestita in quella maniera” disse indicandomi

 
Abbassai lo sguardo su me stessa, notando che stavo indossando solo la sua camicia sopra l’intimo. Poi, presi il piatto con le crêpes, le spolverai  con dello zucchero a velo e lo poggiai sulla penisola. Gli accarezzai dolcemente i capelli lasciandovi un bacio sopra.

 
“Ti avrei ringraziato lo stesso anche senza un motivo preciso”
“Si, ma un motivo in più non guasta” rispose con gli occhi dolci

 
Lo baciai teneramente ed informandolo che avevo sentito l’auto di Matt nel viale, andai di sopra a cambiarmi. Ridiscesi giusto in tempo per vederli entrambi indossare i propri cappotti e salutarmi promettendo di tornare per l’ora di pranzo.
Nel frattempo, io mi sarei dedicata alla casa e a tutto l’occorrente per rendere il pomeriggio di quei bambini un vero spasso.
 
 



 
“Eccoci finalmente!!! È passata un’ora solo per ritrovare questo posto!”
“Dai Dom, ma perché devi sempre lamentarti?”
“Perché a dar retta a te abbiamo perso troppo tempo!”
“Come osi dire che ti faccio perdere tempo? Stiamo facendo acquisti per la mia stellina!”
“Matt, lasciare l’auto in strada e correre in mezzo ad un bosco per sradicare l’albero di Natale giusto, non è quello che si suol dire andare a comperare cose Natalizie!”
“Urla più forte che i Rangers non ti hanno sentito!!! E poi, fidati del tuo Bells. Se fai come ti dico, quella ti ringrazia a vita” sorrise
“Così mi inviti a nozze!!!” rispose beffardo

 
Due ore dopo erano sulla via del ritorno con il sorriso sui volti. Dom fischiettava tenendo il ritmo di una canzone che stavano ascoltando e Matt guidava tamburellando sul volante e cantando a squarciagola.

 
“Allora, dici che andrà bene?” chiese Dom
“Ma si, vedrai. Non credo abbia mai avuto un albero vero in casa”
“Si, hai ragione. Sarà divertente decorarlo tutti insieme!”
“Certo! Mi ha promesso di aiutarmi a decorare le palline con una valanga di glitter!” esclamò gongolando
“No, no, no. Fermi tutti! Ti ha promesso palline che luccicano con i glitter?”
“Ovviamente!”
“A me ha promesso palline leopardate e dai colori sgargianti!” rispose deluso
“Che vuoi farci Dom, sono Matthew Bellamy, è il fascino del frontman” disse altezzoso
“Teoricamente sta insieme a me, pertanto dovrebbe subire il fascino del batterista”
“Hai detto bene Dom…teoricamente”

 
Il ritorno a casa, fu molto carico di pensieri e rimuginazioni. Ognuno tentava di prevalere sull’altro motivando il proprio punto di vista, tanto da rincasare in uno stato di sfida.

 
“Ciao ragazzi” li salutai dando l’ultimo boccone a William
“Fa anche l’amorevole! Brava, brava!” proruppe Matt
“Ma che vi prende?” sorrisi
“Tesoro” iniziò Dom “hai promesso a Matt che avremmo messo delle palline glitterate sull’albero?”
“Si, certo” risposi
“Visto? Ho vinto io Dom! Sei inutile in questa casa! Il fascino del frontman colpisce ancora!” urlò ballando
“Come scusa?” lo apostrofai mettendo il bambino nel girello
“Tranquilla stellina, non dirò nulla a Spencer” ammiccò con un braccio sulle mie spalle
“No, aspettate. Mi sono persa qualcosa? E perché Dom sarebbe inutile mentre tu avresti vinto?”
“Ma è ovvio! Hai fatto una promessa ad entrambi e alla fine hai scelto il tuo Bells” sorrise trionfante
“Veramente ho scelto di mettere ogni genere di pallina che renda l’albero meraviglioso. Ho promesso glitter e stampe leopardate, ma anche ogni genere di idea che venga in mente ai bambini fra poco. Credo che abbiate vinto entrambi, se la consideravate una sfida. E non credo assolutamente che Dom sia inutile” dissi avvicinandomi a lui “è vero, il fascino del frontman influisce e sei sempre il mio Bells, ma si da il caso che sto con il tuo batterista”  sorrisi guardandolo incupirsi

 
Una frazione di secondo dopo, scoppiammo a ridere dell’intera scena appena accaduta.
Così, scaricarono l’albero e lo posizionarono in un vaso in un angolo, aiutandomi a prendere l’occorrente per addobbarlo.
Appesero i festoni e attorcigliarono le luci; ai pupazzi ed alle palline avremmo pensato successivamente. 
Un’ora dopo, il campanello suonò e un’orda di bambini invase il mio salotto.
Tutti pronti con le proprie idee ed i propri progetti.

Nel giro di un’altra ora, alzai lo sguardo verso tutti loro e rimasi a fissarli uno ad uno. 
Chris disegnava bassi e Kelly li colorava; i più piccoli scarabocchiavano; Spencer puntava su figure astratte; io tentavo di scrivere con la manina di Will almeno il suo nome; Dom faceva macchie di leopardo e Matt era un tutt’uno con i brillantini, barricato in un angoletto con il timore che qualcuno potesse copiare le sue idee. Se ne stava lì con la dedizione di chi stava per dare una svolta alla propria vena artistica, con la lingua in fuori e gli occhi concentrati su ogni minuscolo insignificante granello di porporina.
Istintivamente non poté non sfuggirmi un piacevole sorriso, alla vista di tutto quell’amore e passione che ognuno stava mettendo nel proprio progetto, per arrivare al risultato finale.
Verso le 19:00, dopo ore ed ore di decorazioni e di attesa per far si che tutte le palline fossero asciutte, decidemmo di riordinare tutto per bene.

 
“Mamma! William mi ha rubato il pennello!” piagnucolò Buster

 
Inevitabilmente, nel tentare di riprendere le sue cose, Buster strappò il pennello dalle manine di Will che scoppiò in un pianto senza fine. Purtroppo non era riuscito a dormire tranquillo la notte appena trascorsa, e così decisi che avrei tentato di farlo mangiare per poi metterlo definitivamente a dormire.
Alla luce dell’accaduto, stavo preparando il biberon mentre Dom lo teneva in braccio sussurrandogli milioni di paroline dolci con lo scopo di tranquillizzarlo.

 
“Ehy ometto” diceva “va tutto bene. Non è successo nulla!”

 
Il pianto non sembrava cessare così proseguì ancora, o almeno ci provò.
Dall’altro lato del salotto, invece, Chris affrontava Buster.

 
“Hai visto cosa hai fatto?” disse autoritario
“Ma papà, mi ha rubato il pennello!” rispose
“Quante volte ti ho detto che non si strappano gli oggetti dalle mani delle persone?” potevi fargli male e magari lui voleva solo giocarci! Mi auguro che chiederai quantomeno scusa…”
“Uffa!” rispose mogio mogio

 
Si diresse verso Dom per poter porgere le sue scuse a Will che in quanto a capricci, era ancora in alto mare.  
Arrivò a piccoli passi e con lo sguardo tipico dei bambini a cui viene imposto qualcosa che non hanno la benché minima voglia di fare o dire.

 
“Scusa Will” mormorò
“Un pochino in più di convinzione giovanotto!”

 
Ed ecco che al coro dei pianti si unì anche Buster.

 
”Chris non fa niente, lascia perdere!” dissi tranquillamente porgendo il biberon nelle mani di Dom
“Ehy! Pensa a tuo figlio, non cercare di insegnarmi come educare il mio!” tuonò verso di me

 
Restai letteralmente spiazzata ed alquanto umiliata difronte al tono con il quale si era rivolto a me. Persino Matt, che tentava sempre di tenere l’umore di tutti alle stelle, rimase senza parole.
Dom accennò un principio di infervorazione al quale risposi io stringendo piano il suo braccio mentre nel massimo silenzio andavo in cucina per lavare tutti i pennelli che avevamo utilizzato.

Dieci minuti dopo, Matt spezzò la tensione creatasi, affermando che tutte le decorazioni erano perfettamente asciutte e che fosse finalmente arrivato il momenti di decorare quell’albero maestoso.
Dom decise che Will dovesse essere il primo ad appendere il proprio addobbo poiché era il suo primo Natale ufficiale e poi, perché stava iniziando a dare segni di stanchezza. Si avvicinò al camino acceso difronte al quale, su dei fogli di giornale posati sul pavimento, erano adagiate le decorazioni ormai asciutte.
Prese la pallina con su scritto “Will” e si diresse verso l’albero.

 
“Voglio farvi una foto” dissi cogliendo l’attimo

 
Si mise in posa tenendo il piccolo fermo ed in posizione quel tanto che occorreva per scattare un paio di foto. In entrambe erano stupendi, uno teneva in mano la pallina e l’altro sorrideva tenendolo in braccio.
Dopodiché si unì il resto della baraonda pronta ad appendere di tutto sui rami bassi e facendosi aiutare da Matt sulla scala per quelli più alti, mentre io scattavo foto e non finire di ognuno di loro.
Cedetti poi la fotocamera a Spencer che immortalò me Dom e Will, prima di portarlo via e metterlo a letto. Cambiai il pannolino, gli misi su il suo nuovo pigiamino e lo tenni in braccio il tempo necessario a cantargli quella canzone che lo anestetizzava in maniera positiva. Era quasi come se quella stessa canzone gli trasmettesse una felicità e leggerezza innata al punto tale da ammaliarlo e renderlo completamente suo…era proprio figlio nostro!

Mentre gli accarezzavo la testolina, dal piano inferiore sentivo urli e schiamazzi seguiti da risate ed esclamazioni di stupore, segno evidente che avessero spento le luci in salotto ed avevano acceso quelle dell’albero ammirando il risultato. Diverso tempo dopo, poggiai William nel lettino e socchiusi la porta sentendo sbattere quella d’ingresso.
Erano andati via tutti e la casa si era fatta silenziosa. Matt e Spencer sarebbero andati a cena fuori mentre i Wolstenholme avrebbero cenato dai genitori di Kelly. Così, io scesi lentamente la scala sprofondando nel salotto illuminato da milioni di lucine ad intermittenza e dal fuoco del camino che scoppiettava. Dom era inginocchiato a terra e stava sistemando un pupazzetto che evidentemente era caduto in precedenza.
Mi avvicinai cauta alle sue spalle inginocchiandomi e abbracciandolo da dietro, lasciandogli un bacio sulla tempia sinistra al quale rispose stringendole mie braccia ancora più contro di lui.

 
“Che meraviglia!” esordii
“Ti piace sul serio?” chiese con lo sguardo ancora fisso sull’albero
“Certo. E’ veramente uno spettacolo” risposi
“Siamo finiti in mezzo ad un bosco per portarti un vero albero di Natale” sorrise

 
Mi alzai lenta inspirando a pieni polmoni l’odore di resina e mirando la sequenza psichedelica che creavano le luci : rosso, blu, giallo, verde.  Nessuno aveva mai compiuto un gesto così semplice e nello stesso tempo grandioso per me. Eppure, mentre Dom si alzava e si posizionava vicino a me, non riuscii a trattenermi dal pensare a quanto apprezzassi quello che aveva fatto.
Era al corrente che non avessi mai avuto in casa un vero albero e, senza pensarci due volte, Matt lo aveva aiutato a far si che il mio desiderio si avverasse. A questa precisa riflessione, arrossii tremendamente.

 
“Sei così silenziosa” proferì a capo chino “forse non ti piace. Forse ho sbagliato a portarti un abete in casa: terra ovunque e aghi che cadono perennemente. Avrei dovuto chiedertelo ma mi sono fatto trascinare dal pensiero che forse sarebbe potuto piacerti. Sono un disastro, perdonami! Forse avresti preferito un albero finto, forse non ti piace l’odore di legno o quello di resina o il colore delle luci che ho scelto o quello dei festoni o…”
“Lo sai che ti amo?” lo interruppi

 
Si voltò verso di me corrugando le sopracciglia per poi distenderle ed accennando un lieve sorriso…

 
“Ripetilo!”
“Lo sai che ti amo?” obbedii

 
Si aprì in una sonora risata baciandomi e stringendomi a sé dolcemente a mo’ di ringraziamento.
 

“E’ stato un bellissimo gesto il tuo. Lo apprezzo molto” sussurrai stampandogli un bacio
“L’ho fatto con piacere!” rispose
“Hai fame?” aggiunse poco dopo “cucino qualcosa?”
“No, grazie. Sono stanchissima, vado a fare una doccia. Oppure ti aspetto, se vuoi”
“Non preoccuparti, vai”

 
Mentre mi stavo voltando per andarmene, mi afferrò la mano stringendola forte.

 
“Bambina”
“Mhh?” dissi
“Mi dispiace per Chris”

 
Non potei far altro che fare spallucce non sapendo cosa fare né cosa dire se non stringere di rimando la sua mano. Dopodiché mi lasciò andare, con la speranza che quella doccia mi togliesse il nervoso di dosso.
Ma non servì a molto.
Quando Dom salì in camera, infatti, io ero sotto le coperte e stavo ascoltando della musica; e quando entrò nel letto aveva uno sguardo abbastanza combattuto fra rabbia e abbattimento. Ma non proferì alcuna sillaba limitandosi a tenermi la mano mentre navigava su internet con il suo cellulare alternando sguardi nella mia direzione. Poi, al termine dell’ennesima canzone, spensi l’mp3 e lo poggiai sul comodino; mi voltai verso Dom che aveva abbandonato l’Iphone e che mi guardava stringendo le labbra.

 
“Non fa nulla, Dom. Andrà tutto bene!” dissi baciandolo e invitandolo a dormire



 
Diverse settimane dopo, i ragazzi erano sulla via del ritorno da un viaggio durato quattro giorni.
Dom aveva telefonato per dire che sarebbe tornato nel giro di un’ora , così mi apprestai a preparare la cena mentre Will giocava sul plaid a terra. Da un paio di giorni si comportava in maniera strana; piangeva di continuo, mormorava qualcosa di tanto in tanto.
Inizialmente credetti avesse la febbre o qualcosa di simile, ma il suo pediatra mi disse che forse era solo troppo stanco e così mi tranquillizzò. In quel momento ripeteva lo stesso suono dalle prime luci del mattino, ovvero “Boom-boom-boom”.
L’unica cosa a cui pensai era che forse aveva battuto da qualche parte oppure era caduto nel tentativo di alzarsi in piedi.
Esattamente  un’ora dopo, Dom rientrò in casa posando le chiavi e appendendo il cappotto.

 
“Bentornato!” dissi dopo avermi baciata
“Come va?” chiese aiutandomi ad apparecchiare la penisola
“Tutto ok. Il mostriciattolo ha cenato, non ha la febbre né altro ed ora è preda dei suoi giochi”

 
 Siccome la cena si sarebbe rovinata, lo pregai di mangiare subito e poi sarebbe potuto andare a salutare William.
Lui non sembrava essersi minimamente accorto di ciò che gli accadeva intorno tanto era preso da quello che stava facendo, dandoci le spalle nella sua tutina verde. 
Così cenammo in pace uno difronte l’altra, facendomi raccontare da Dom come fosse andato il soggiorno.

 
“Boom-boom-boom! Boom-boom-boom!” ed iniziò a piangere
“Will, tesoro! Smettila per favore!” dissi sbuffando
“Ma che cos’ha?” chiese Dom voltandosi a guardarlo
“Non lo so. Sono due giorni che fa così” risposi
“Boom-boom-boom!” altri pianti
“Will che cos’è Boom-boom-boom?”

 
Per tutta risposta, prese a gattonare dirigendosi verso la porta di legno scuro che aveva davanti, si fermò e tirando su col nasino batté una manina contro la porta.

 
“Boom-boom-boom!” esclamò stavolta

 
Rimasi folgorata dall’ovvietà della cosa, tanto da sorridere come una cretina.

 
“Dom…”
“Dimmi!” rispose
“Credo di aver capito” sorrisi “ho capito quello che dice Will!”
“Ovvero?” chiese spaesato
“Credo si riferisca a te”
“A me? E perché?”
“Per quello che fai, idiota!” aggiunsi teneramente “forse è un modo per dire che gli manca sentirti suonare…gli manca il suono della tua batteria e quindi gli manchi tu”

 
Sorrise annuendo con il capo, fermamente convinto che avessi indubbiamente ragione. Si diresse lentamente in direzione di suo figlio con il cuore a tre milioni di battiti; si piegò sulle gambe e restò ad osservarlo.

 
“Ciao ranocchietta!” lo apostrofò

 
Ebbe quasi un sussulto nel sentire la voce di suo padre che gli rivolgeva la parola, e non appena si rese conto che fosse effettivamente lui, iniziò a ridere agitando le manine contro il cielo per farsi prendere in braccio. Lo stritolò fino all’inverosimile mentre guardavo Dom sorridere verso di me.


Nel giro di cinque minuti, lo portò con sé all’interno della sala e si sedette sullo sgabello con Will sulle proprie gambe; afferrò le drumsticks  e ne porse una a Will.
Battendo su uno dei tamburi produsse ovviamente un suono, che lasciò William momentaneamente spaesato. Batté di nuovo sorridendo leggermente e aspettando che lui avesse una minima reazione.
Ed infatti, si voltò verso di lui scoppiando a ridere, in quella bella, sonora e contagiatrice risata di tutti i bambini del mondo. Più Dom produceva rumore e più Will rideva a perdifiato. Ed io restavo lì a guardarli orgogliosa e più divertita che mai.


Sembrava però che le sorprese non fossero terminate.
Infatti, nel primo pomeriggio del 24 Dicembre, ovvero il giorno seguente, Dom uscì di corsa portandosi il piccolo dietro a cui aveva dimenticato di comprare un pupazzo che amava tanto.  Così io mi distesi sul divano guardando un po’ di tv dopo aver preparato la mia parte di cena da portare da Kelly. Probabilmente mi addormentai perché feci un balzo improvviso al suono del campanello e corsi ad aprire.
Ci fu un momento di circa venti secondi in cui battei le palpebre un miliardo di volte per accertarmi della realtà.

 
“Ciao…Chris” proferii allerta
“Ciao…” rispose in un sussurro
“Ehm, se stai cercando Dom è uscito un’ora fa” dissi con lo sguardo basso
“Beh ecco…in realtà cercavo te” ammise
“Me? Sono due settimane che mi eviti, Chris” ribattei
“Lo so… e mi dispiace. Puoi perdonarmi?” disse porgendomi un mazzo di rose
“Tua moglie lo sa che sei qui?” chiesi fredda
“E’ stata lei a suggerirmelo in realtà. Allora, mi perdonerai?” ripeté


Afferrai il mazzo di rose e lo annusai sorridendo.

 
“Vuoi una tazza di thè?” chiesi
“Certamente!” sorrise conscio del fatto che il mio era ovviamente un si

 
Seduti su quel divano, sembrò che quelle due settimane non fossero mai passate; che io e Chris non avessimo mai avuto alcuna discussione.
Mi spiegò che aveva avuto una pessima giornata quel giorno; non era al massimo della forma; e per di più aveva avuto un diverbio con i genitori di Kelly proprio a proposito del fatto che desse troppe vinte ai suoi figli. E così quella mia affermazione, per quanto innocente fosse stata, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Ascoltai con molta attenzione tutto quello che la sua voce proferiva, mentre continuava a chiedermi scusa in tutti i modi.

 
“Va bene così, Chris. Mettiamoci una pietra sopra” proposi

 
Annuì più che convinto, prima di chiudermi in un suo abbraccio.

 
“Ti voglio bene bambolina! Mi sei mancata tanto!” sorrise
“Anche io Chris. Ti voglio veramente bene” sorrisi ricambiando l’abbraccio
“Senti…sono ormai le sei, vieni a casa con me o aspetti i tuoi uomini?” chiese
“Se puoi attendere un quarto d’ora, salgo a prepararmi” risposi
“Perfetto! Avviso io Dom?”
“Come preferisci” dissi correndo di sopra
 

In poco tempo piombai a casa Wolstenholme venendo travolta puntualmente dalla baraonda; a cui nel giro di un’ora si aggiunsero Spencer, Matt, Dom e Will.
La cena andò alla perfezione, tutte pietanze squisite, persino il dolce a sorpresa cucinato da Matt che provocò un principio di scetticismo tra i presenti. 
Dopodiché, ci spostammo tutti in salotto in attesa del famigerato Babbo Natale; i più piccoli fremevano guardando le finestre, incuranti che avrebbero dovuto attendere la mezzanotte.
Ma Will crollò molto prima e Kelly mi intimò di metterlo a riposare nella loro camera da letto.
E così ci ritrovammo tutti davanti l’albero ed il camino di fronte al quale i piccoli erano in procinto di recitare le proprie poesie ed intonare i cori natalizi.
Io ero seduta sul divano tra Dom che aveva un braccio intorno alle mie spalle ed Ava che aveva la testa sulle mie gambe.

 
“Ragazzi” disse Kelly “allora, che cosa avete scritto nelle vostre lettere?”

 
Un’enorme vociare riempì la stanza di oggetti urlati a squarciagola. Era tutto un insieme di “un elicottero, un peluche, una chitarra, un computer” ecc. ecc.

 
“Buster, tu hai chiesto altro nella letterina?”
“Oh si mamma. Ho chiesto ben quattro cose!” rispose mimando il numero con la mano
“E cosa?” … “preparati!” disse rivolta a me
“Allora…mi sono fatto aiutare da Alfie a scriverne due, nel caso che la prima andasse smarrita” sorrise
“Vuoi che ti dico cosa c’è scritto? Te lo suggerisco nell’orecchio” propose Chris

 
Il piccolo annuì, diede la lettera a suo padre ed attese.

 
“Caro Babbo Natale” iniziò “lo so che la letterina è stata scritta tardi, ma io ci provo lo stesso. Quest’anno voglio solo quattro cose: vorrei che tu mi regalassi un nuovo cartone della Disney. Vorrei una montagna di costruzioni per creare una valigia grande, così il mio papà può portarmi ai suoi concerti”

 
E qui Chris si commosse leggermente dandogli un bacio veloce prima di riprendere a suggerire.

 
“Vorrei che il mio amichetto William abbia un robot come il mio, così possiamo giocare sempre insieme, perché io gli voglio tanto tanto benissimo. E poi vorrei…vorrei un paio di Converse gigantesche così la principessa può darmi un bacio e non sarà più innamorata dello zio Dom” concluse

 
Inevitabilmente la stanza si riempì del fragore delle risate di tutti quanti; persino di Buster che aveva esplicitamente richiesto che suo zio sparisse dalla circolazione. Kelly rideva a crepapelle contagiata dalle risa di tutti noi mentre abbracciava suo figlio.
Quando poi tutti furono distratti da Matt che intonava i fatidici canti natalizi con l’aiuto della chitarra, finalmente a mezzanotte Babbo Natale, nel corpo di Tom, arrivò.
Furono tutti pienamente soddisfatti ed esaltati nel ricevere pressoché  tutto ciò che avevano richiesto. Regalai a Dom un paio di occhiali da sole; e Chris e Kelly un navigatore satellitare; a Spencer tre libri e a Matt un maglioncino ed una sciarpa coordinati con qualche filo glitterato e che stava sfoggiando allegramente davanti a tutti.

 
“Allora…ho saputo che qualcuno ha portato delle rose alla mia ragazza” disse Dom
“Si, dovevo farmi perdonare” sorrise Chris
“Lo so…sono contento che abbiate risolto” disse abbracciandolo
“Già, anche io” ricambiò sorridendomi da lontano

 
Poi Dom si voltò nella mia direzione.

 
“Bimba…torniamo a casa?” chiese
“Ok” risposi “prendo Will ed i cappotti”

 
Mentre salutavamo tutti quanti nei pressi della porta, notai Buster seduto a terra vicino l’albero di Natale. Chiesi a Dom di attendere un attimo porgendogli William che dormiva, e mi avvicinai.

 
“Tesoro…sei soddisfatto dei tuoi regali?”
“Si” rispose
“E non ne desidereresti  ancora uno? Il più importante!”
“Il bacio? Senza le Converse?” chiese facendomi sorridere
“Si…un bacio senza Converse”

 
Annuì con la testolina per poi alzarsi e mettersi di fronte a me.
Io mi piegai sulle gambe e lo guardai sorridendo sporgendomi in avanti; lui compì un balzo nella mia direzione stampandomi un coraggioso bacio sulle labbra stringendomi il viso fra le manine.
Si staccò pochi istanti dopo, fra gli applausi di tutti i presenti avvampando di rossore e scoccando a quel povero di suo zio Dom, una linguaccia di pura soddisfazione. 

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Capitolo 3
*** Lose Control ***


New chapter for u!!! Spero vi piaccia...fatevi sentire =) 
 

Lose Control

 
Tornati a casa, percorsi lentamente gli scalini che portavano al piano superiore con in braccio un William ormai nel mondo dei sogni da molto tempo.
Dom appese i cappotti e salì anche lui dritto filato in camera da letto, mentre io terminavo di rimboccare le coperte del piccolo. Già che c’ero, diedi anche una veloce sistemata ai peluche abbandonati sul divanetto posto vicino al lettino.
Quando entrai in camera, Dom mi stava aspettando sotto le coperte con un grande sorriso anche se stanco; dopotutto la giornata era stata abbastanza lunga per tutti. Andai in bagno per cambiarmi e lavarmi i denti, spazzolai i capelli e raggiunsi Dom a letto.

 
“Che fai, stanotte indossi i pantaloni del pigiama?” chiese nel buio
“Si, fa freddissimo in casa” risposi
“Avvicinati” disse chiudendomi in un abbraccio accompagnato da un sorriso

 
Più tardi, nel cuore della notte, udii un rumore.
Aprii gli occhi di scatto incapace di comprendere se fosse accaduto realmente oppure stessi sognando, ma non avvertendo più nulla tornai a dormire.
Dieci minuti dopo, un rumore di passi seguito dal suono ovattato di una porta che si apriva.

 
“Dom…Dom!” lo scossi leggermente

 
Ricevetti un mugugno soffocato dal cuscino.

 
“Dom, ti prego svegliati!” sussurrai
“Che c’è?” bisbigliò poco dopo
“Ho sentito un rumore di là” affermai
“Dormi, non è niente” suggerì affondando nuovamente nel cuscino

 
Ma ecco che il rumore di un oggetto che cadeva a terra, fece sobbalzare anche lui.

 
“Te l’avevo detto!” mi allarmai

 
Si voltò nella mia direzione quasi a volersi scusare per avermi presa per una pazza sotto l’effetto degli acidi.
Ci guardammo negli occhi per qualche secondo, poi Dom fece il giro del letto ed entrò nella cabina armadio per uscirne con in mano una mazza da baseball.
A quel punto scesi dal letto e lo seguii, ignorando l’occhiata di rimprovero lanciatami.
Lui camminava lento cercando di essere il più silenzioso possibile, ed io ero subito dietro che gli stringevo un lembo di t-shirt. Ci avvicinammo nel silenzio alla stanza dalla quale provenivano i rumori.
Prima di spingere leggermente la porta della stanza, si voltò per sincerarsi che stessi bene, nonostante si fosse accorto che stavo respirando a fatica e che molto probabilmente avessi il battito cardiaco accelerato. Come il suo, d'altronde.
Mentre prendevo un respiro profondo e Dom afferrava più saldamente l’arma, ecco che una figura incappucciata comparve davanti i nostri occhi nel corridoio, indietreggiando.
Sentendosi circondato, allungò velocemente una mano sull’interruttore accendendo la luce, e delle sonore imprecazioni riempirono l’abitacolo.


Con una mano al petto, mi voltai verso il muro cercando di regolarizzare i battiti, e vi rimasi il tempo necessario per avvertire il braccio sinistro di Dom avvolgermi il bacino, tanto da far sì che chiudessi leggermente gli occhi e posassi la tempia sinistra sulla sua spalla.

 
“Tu che cazzo ci fai qui?” disse Dom rompendo il silenzio
“Avevo dimenticato il regalo per Will!” esclamò Matt togliendo il cappuccio
“Alle 02:30? Non potevi passare più tardi?”
“Ho le chiavi di casa e ho pensato di far velocemente e senza svegliarvi”
“Stavo  per abbatterti con una mazza da baseball, Matt! Non puoi piombare qui a notte inoltrata incappucciato e facendo rumore senza tener conto del fatto che potevi essere picchiato, oltre a far venire un infarto a lei!” urlò stringendomi

 
Nel momento esatto in cui Matt cercò di rispondere a tono, mi voltai dirigendomi verso di lui.

 
“Matt, tesoro, non ho voglia né di discutere né tantomeno urlarti contro” proferii “non mi reggo in piedi, sono stanca ed avrò dormito si e no un’ora. Perciò adesso se non ti dispiace vorrei andare a letto. Se torni a casa, ti auguro di fare buon viaggio; altrimenti, le coperte sono nell’armadio nella tua stanza”

 
Detto questo, mi congedai dando un bacio sulla guancia a Matt, lasciandoli a parlare.
Mi addormentai così velocemente che non sentii nemmeno la porta di casa chiudersi  o Dom che tornava ad immergersi sotto il caldo piumone.
Mi svegliai direttamente diverse ore più tardi, sola nel mio letto e fortunatamente molto riposata.
Dal piano inferiore provenivano voci concitate e agguerrite che andavano alternandosi da frasi rassicuratrici ad altrettante provocatorie. Mi stiracchiai nel letto prima di infilarmi sotto la doccia canticchiando una Instant Messenger praticamente nata dal nulla.
All’improvviso, colta da un fulmine a ciel sereno, ricordai di avere un miliardo e più di cose da preparare! Uscendo dalla doccia e vestendomi in fretta e furia, asciugai i capelli e tentai di somigliare ad una padrona di casa come si deve. Uscendo poi dal bagno andai a sbattere contro la figura imponente del mio biondino. Alzai lo sguardo su di lui a mani giunte.

 
“Dom perdonami è tardissimo!” esclamai “farò tutto in fretta, non ho sentito la sveglia”
“Ehy” sorrise “è tutto ok, ho disattivato io la sveglia. Ho sistemato tutto al tuo posto” rispose
“Non dovevi, lo sai!” risposi a capo chino
“Lo so, ma dormivi così beatamente” sorrise dolce

 
Prendendo la mia mano, mi condusse fuori dalla stanza per scendere di sotto.
Notai difronte la camera di Will, un borsone da viaggio molto familiare che mi fece sfuggire un sorriso. Un borsone di quel genere in casa mia poteva voler dire solo una cosa; e cioè che avrei avuto Matt in casa per qualche giorno. Quando i servigi di Spencer erano richiesti altrove, Bells iniziava a soffrire di solitudine, abituato a convivere con Dom da una vita intera, e bussava alla nostra porta professando carenza d’affetto.  
Come potevo biasimarlo? Io ero la prima che diventava nervosa in assenza di Dom; e poi perché era sempre bello convivere con Matt. 
Ricordo ancora di una mattina in cui me lo ritrovai in casa stile “casalinga disperata” armato di brodo, solo perché accusavo un leggero raffreddore e Dom non era in casa. Si faceva sempre in quattro per me, come per tutti gli altri, e lo adoravo per questo. Non chiedeva mai nulla, agiva di testa sua e lo faceva sempre e solo con il cuore.

Quando scendemmo l’ultimo scalino, trovai la cucina immacolata, la tavola perfettamente apparecchiata, il fuoco acceso, William vestito ed il mio Bells dietro i fornelli con Spencer.

 
“Buongiorno dormigliona!” mi apostrofò lei
“Giorno a te, Spence” risposi abbracciandola

 
Erano intenti a preparare il perfetto pranzo di Natale. Infatti, di lì a poco sarebbero arrivati in casa rispettivamente, la mamma di Dom ed il padre di Matt. Vi confesso che ero leggermente agitata; avevo conosciuto e scambiato precisamente due parole con George Bellamy il giorno del matrimonio di suo figlio, e non ero nemmeno sicura che si ricordasse di me.
Ovviamente era difficile separare la famiglia di Matt da quella di Dom; erano praticamente cresciuti insieme e vivevano uno in casa dell’altro da quasi una vita intera. Da Muser quale ero, mi risultava impossibile non immaginare Matt e Dom incontrare Chris nel cortile della scuola; fare tardi la sera e uscire a bere birra e fumare di nascosto. Immaginavo le figure di George e di William rimproverare i rispettivi figli per le malefatte a scuola o per eventuali voti bassi nelle materie.
Sapendo che nella maniera più certa George sarebbe passato a salutare Dom, optai per festeggiare in un unico luogo.

Così, mentre ultimavano di preparare il pranzo, io giocavo con Will per passare il tempo.
Quasi con la stessa accuratezza di un orologio svizzero, un’ora dopo il campanello richiamò tutta la nostra attenzione mettendoci quasi sull’attenti.  Con tutta la compostezza di un maggiordomo, Matt si avviò verso il portone a grandi falcate e respirando frenetico. 
Nonostante non si vedessero praticamente mai ed ognuno viveva la propria vita lontano dall’altro miliardi di km, George aveva ancora una certa influenza su Matt e forse anche su Dom.  
Esitò sulla porta quel secondo in più che suggerì a Dom di farlo al posto suo, evitandogli così il rischio di un infarto.

 
“Mamma!” esclamò Dom
“Auguri piccolo mio! Buon Natale a tutti!!!” sorrise abbracciandoci a turno

 
Porsi Will a sua nonna che desiderava quel momento da giorni; in fondo lo vedeva poco ed aveva tutto il diritto di tenerlo con sé per una giornata.
Mi lasciò un bacio su entrambe le guance, lasciando così che andassi ad accogliere l’altro ospite.

 
“Papà, lei è Cinzia, ti ricordi?” sorrise al mio indirizzo
“Salve signor Bellamy” lo apostrofai
“Mi spiace, non mi ricordo molto di te…”
“Tranquillo, le tornerà in mente” sorrisi

 
Ci sedemmo così tutti a tavola, preparandoci ad affrontare il pranzo con meno ansia e preoccupazione, o almeno così la pensai io.
Captai una raccomandazione di Matt verso suo padre sul fatto di non fargli fare brutte figure, e non potei  fare a meno di provare un leggero moto di tenerezza; anche se George gli aveva promesso che sarebbe filato tutto liscio.
Diversi bicchieri di vino dopo e l’arrivo tempestivo di Chris per il dolce…

 
“Spencer” … “come va la vita con il mio Matthew?” chiese con una mano sulla spalle di Matt
“Alla perfezione, non potrei chiedere di meglio” disse sorridendo
“E tu Dom? Dio, ricordo ancora alla perfezione il giorno in cui siamo partiti tutti insieme per andare a pescare. Io, Matt, tu e tuo padre…è stato bello, finché Matt non ha incendiato la tenda da campeggio”

 
Frecciata numero 1.
Io, che fino a quel momento stringevo la mano di Dom al ricordo di suo padre, mollai la presa. Ma Matt e Dom la buttarono sul ridere, scongiurando una discussione con il solo aiuto di uno sguardo complice.
Il pranzo si concluse alla perfezione e mentre tutti discutevano del più e del meno, io mi apprestai a togliere i piatti dal tavolo lasciando solo i bicchieri con le bevande.

 
“Tesoro, vuoi una mano?”
“No, grazie. Fa tutto la lavastoviglie” sorrisi in risposta alla madre di Dom

 
Poi, nel silenzio più naturale del mondo, mi spostai sul divano per giocare con Will ormai stufo di starsene nel seggiolone. Mi sedetti sul comodo tappeto insieme a lui, giocando con le costruzioni in gomma profumata comprategli da sua nonna, e per una buona ora non mi resi conto di ciò che mi accadeva intorno.
Tutto quello che arrivò alle mie orecchie fu la voce di Matt che diceva a suo padre di stare zitto e che stesse bevendo troppo.
Voltandosi poi di tre quarti sulla propria sedia, George Bellamy ebbe una specie di  lampo di semi lucidità.

 
“Ora mi ricordo di te!” mi apostrofò puntandomi un dito contro
“Finalmente!” sorrisi al suo indirizzo
“Tu sei una delle puttanelle di Dominic!”

 
Frecciata numero 2.

 
“Come, scusa?” risposi secca
“Ma si dai, adesso ricordo alla perfezione. Tu eri al matrimonio di Matt , no?” chiese retorico
“Si, certo. Ero lì anche io” affermai alzandomi in piedi
“E allora non mentirmi bambolina” sorrise ubriaco

 
Quel “Bambolina” fuoriuscito dalla sua bocca mi fece l’effetto più strano ed inquietante che io avessi mai provato. Venivo chiamata molto spesso con quell’appellativo sia da Chris, che lo usava praticamente sempre, che dagli altri di quando in quando. Ma lui, forse a causa dell’alcool ingerito o proprio perché lo pensava seriamente, lo disse in un modo molto sprezzante, quasi derisorio, carico di compassione nei miei confronti, quasi valessi meno di niente.

 
“Una persona che se la spassa con 2/3 degli invitati tu come la definiresti? Hai ballato praticamente con ogni essere che ti respirava  vicino, persino con quel povero bambino di tre anni! Ti sei strusciata, per non dire quasi accoppiata con Dominic per tutto il giorno in quel vestitino blu; non contenta sei rimasta avviluppata a Chris con quegli occhi dolci che farebbero tremare le gambe anche a Dio in persona. Ma ovviamente non ti rimaneva altro da fare che andare a piagnucolare dallo sposo! Matthew Bellamy che si sposa è un ottimo motivo per piangere!” mi fece il verso “le scegli tutte uguali, Dom”

 
Frecciata numero 3, 4, 5, 6…1000!
Ed io lì che tentavo di non farmi scalfire e cercando di risultare impassibile.

 
“Non so se fra tutte queste cose lei ha notato che ero palesemente incinta!” risposi
“Oh beh, quella credo sia stata l’apoteosi della tua performance. La scena di Chris che ti porge un paio di Converse è stampata nella mente di tutti, credo. Neanche la decenza di definirti donna e tenere i tacchi. Credevi di sapere tutto sui Muse,  ti sei intrufolata nelle loro vite e sei riuscita ad abbindolare mio figlio al punto tale da farti trascinare in tour con loro! Non so nemmeno come abbia fatto Spencer a non opporsi  a tutto questo squallore e degrado. In fondo, chi può dargli la certezza che durante quel tour  tu non abbia sfiorato Matt?”
“Io mi fido ciecamente di lei. Mai avuto dubbi” rispose Spencer
“A mio avviso dovresti ricrederti, Spence. Dopotutto, ha approfittato delle vite dei Muse crogiolandosi nel lusso di poter entrare gratis a tutti i concerti e godersi  il soggiorno senza spendere un centesimo. E quando tutto questo non gli è bastato, ha deciso di farsi sbattere dal primo coglione che gli è capitato a tiro. Davvero di classe, cara” concluse

 
Fu in quel momento che gli occhi di Matt, Chris, Spencer e Dom furono puntati su di me. Tutti che attendevano il momento in cui io fossi esplosa o avessi dato di matto. Ed era ovvio che a quel livello fossi già all’inizio della conversazione. Non molto tempo prima avevo dato dimostrazione che sapevo essere alquanto aggressiva quando si mancava di rispetto a coloro che amavo; pertanto Dom si diresse subito al mio fianco.

 
“Sa signor Bellamy, io non riesco a comprendere per quale motivo lei mi odi così tanto; né tantomeno perché abbia dovuto rivolgermi delle parole così colme di disprezzo, ma lasci che le dica una cosa…”

 
Di riflesso, Dom poggiò una mano sulla mia schiena.

 
“In tutta la mia vita non ho mai approfittato di niente e di nessuno. Sono una Muser, e allora? Non mi sembra ci sia mai stato nulla di male in questo, anzi. Essendo stato anche lei un artista dovrebbe saperlo, o forse no. In fondo, lei è venuto in questa casa con il preciso intento di rovinare il Natale prima di tutto a suo figlio, e poi a tutti gli altri qui presenti. Avevo creduto che  passare questo giorno tutti insieme avrebbe fatto felice Matt, ma forse mi sbagliavo. Non so se si sia mai posto la domanda sul perché loro tre sono entrati nella mia vita, perché lei è molto superficiale e non sa osservare, o per meglio dire guarda e recepisce solo ciò che gli fa comodo credere. Ed ovviamente ha ritenuto opportuno venire ad urlare ai quattro venti i risultati delle sue insulse teorie”

 
Da quel punto in poi, i miei toni salirono notevolmente. 
Non un’anima, non una voce si fece sentire. Ad eccezione dei volti sorpresi e preoccupati dei presenti che via via stavo per nominare.
La calma, prima della tempesta…

 
“Mi ha definita un’approfittatrice che sta giocando con le vite e la fama dei Muse, ma non potrebbe sbagliarsi più di così. Dipendo da loro da quando avevo solo 14 anni e non merita di sentire il resto di questa storia che amo da morire. Mi creda, non c’è giorno in cui io non ringrazi Dio per avermi fatto prendere quel volo per l’Inghilterra a causa del senso di amore e complicità che sento nei confronti di quella bellissima donna che è Spencer e che lei dice di sopravvalutare; perché nel caso il suo radar non l’abbia recepito, lei è mia sorella e non le permetto di sfiorarla nemmeno con una sillaba! Ringrazio Tom di avermi dato la possibilità di andare in tour con loro perché è stata l’esperienza più bella, eccitante ed emozionante della mia esistenza. Perché anche io ho un cuore, un corpo e un’anima. Ho avuto modo di conoscere ognuno nei loro momenti migliori e peggiori,  e non hanno affatto deluso le mie aspettative, al contrario ho avuto modo di sentirmi parte della famiglia più divertente e coinvolgente del mondo. Ho conosciuto Matt e tutte le sue folli manie, ma è quello stesso Matt che suona per me quando sono triste e mi prepara il thè; ho conosciuto Chris ed il suo auto ironizzarsi anche nelle situazioni più serie ed il rispetto verso tutti; e poi Dom, il suo cuore, i suoi tormenti e le sue manie di perfezione che condivide con i suoi migliori amici. Ho girato le città più belle d’America dalla costa est a quella ovest; ho assistito ai migliori concerti e feste del momento. Ho litigato, sono stata male e mi hanno anche picchiata, se questo può farla stare meglio. Se suo figlio ha ritenuto opportuno tenermi la mano o abbracciarmi in determinati momenti e situazioni, questi non sono affari suoi. E per quanto riguarda il fatto di essermi fatta sbattere dal primo coglione, beh…non è stato molto gentile, perché quel “coglione” che lei millanta, è il padre di mio figlio, un pezzo della mia anima, il migliore amico di Matt e Chris, ed è proprio qui dietro di me!”

 
Presero tutti un respiro profondo a quella marea di parole che avevo riversato in quella casa e verso quell’uomo.
Erano tutti nella massima allerta possibile, la tensione si tagliava con l’ausilio anche di un respiro. George Bellamy sgranò leggermente gli occhi a quell’ultima affermazione, ed un lieve sorriso increspò le sue labbra, incredibilmente simili a quelle di Matt.

 
“Oh beh, una storia ed un’interpretazione degna di un oscar, tesoro. Riassumendo: hai coronato il tuo sogno di poter conoscere i Muse. Congratulazioni!!! Hai passato del tempo con loro; la piccola Spencer è tua sorella; ed il piccolo è di Dom… Ma non preoccuparti, lui ti tradirà con qualcun’altra, magari nel vostro letto e sarà anche bionda, e lo farà ripetutamente. E tu resterai sola, e la tua bolla di sapone scoppierà. Non posso che ritenermi sorpreso e nello stesso tempo amareggiato; non credevo fosse così coglione da farsi incastrare da una come te”

 
Dall’altro lato della stanza, Spencer lanciò uno sguardo prima a Matt e poi a Chris, invitandoli a comprendere ciò a cui stava pensando. Chris si precipitò nella mia direzione più che convinto di quello che stava per accadere.
Mia sorella, così come tutti gli altri, erano ben consapevoli dell’effetto che mi si scatenava dentro quando qualcuno osava mancare di rispetto a Dom.
Potevano rivolgermi anche i peggiori insulti, ma si accantonavano tutti in un angolino quando c’era in ballo lui.  In fondo, io ero quella che scattava e dichiarava guerra alla minima avvisaglia di tizie di sesso femminile che lo nominavano; figurarsi di uno che lo definiva uno stupido coglione.
Strinsi e riaprii i pugni convulsamente almeno un paio di volte, respirando profondamente e cercando di restare tutta d’un pezzo, ma cedetti.
Scattai velocemente in direzione di George, ma fui bloccata dalle braccia di Chris a cui poi mi aggrappai furiosamente.

 
“Provi a ripetere se ne ha il coraggio! Ma guai a lei se dice di nuovo qualcosa contro Dominic, perché la avverto che la prossima volta non ci sarà Chris a trattenermi dallo spaccargli un bicchiere in faccia!” urlai “esca da questa casa!”
“Ehy, aggressiva la piccola!” esclamò felice del suo intento
“Cristo santo papà, andiamo!” urlò Matt di rimando
“Vado via, vado via. Stavo solo dicendo alla pazza qui presente che conosco bene il padre di suo figlio. E a tal proposito, la mettevo in guardia da eventuali tradimenti futuri. Dico bene?” si rivolse a Dom
“Ho detto che non voglio più vederla in questa casa!” dissi ancora trattenuta da Chris “io non mi preoccuperei dei tradimenti, perché si da il caso che se c’è qualcuno che ha tradito la moglie e abbandonato i figli, quello sei tu George…” conclusi

 
Spiazzai all’incirca tutti i presenti, chiedendo mentalmente scusa a Matt per essere dovuta ricorrere ai vecchi rancori con suo padre. Anzi, ero quasi sicura che non mi avrebbe perdonata con tanta facilità.
I secondi trascorrevano ma sembrava che il tempo si fosse fermato; che tutto fosse rimasto lì sospeso per tempo indefinito ed indefinibile. Per un attimo, credetti di sentire il cuore di Matt scalfirsi mentre indossava il cappotto ed usciva insieme a Spencer per accompagnare suo padre in aeroporto, e mi sentii una completa stronza.
Me ne restai lì ferma immobile ad osservarli andare via uno dopo l’altro.
Chris si offrì volontario per accompagnare la madre di Dom da alcune amiche a Londra con cui aveva già da tempo in programma di cenare insieme per Natale. Salutò veloce con la mano e chiuse la porta, ed io ancora inebetita lì davanti il divano.
Rimasi in quello stato per altri tre minuti fin quando, indietreggiando di un passo, andai a sbattere contro Dom.
Così mi voltai molto lentamente e a capo chino.

 
“Sono una persona orribile…” dissi in un sussurro
“Sai che non è affatto vero” rispose lui
“Non dovevo dire quelle cose brutte…” proseguii “tutti cambieranno idea su di me; Matt non mi parlerà più, tu litigherai con lui a causa mia e…”
“No, piccola. Non è così!” insisté
“Ma ho detto quella frase vergognosa!” piansi
“Ma lui ti ha provocato con affermazioni peggiori! Mi hai difeso e ti sei difesa”
“Non mi tradirai…vero?” chiesi senza più freni

 
Mi alzò il volto con una mano costringendomi a guardarlo.

 
“Non devi neanche portele certe domande. Non penso neanche lontanamente di tradirti, bimba. Sei la cosa più giusta in questo enorme casino che è la mia vita! Non avere paura, perché non accadrà mai. Non dare retta a George, abbiamo trascorso una vita intera discutendo su questo argomento. Le nostre vite sono così belle da quando ci sei tu! Sono grande, grosso e vaccinato, ma cosa farei senza di te?” mi sorrise dolce

 
Io annuii leggermente tirando su con il naso, e lui prese a lavarmi via tutte le lacrime con dei piccoli baci su tutto il viso fino a raggiungere le mie labbra e chiuderle in un dolce bacio dal retrogusto salato. Il tutto si concluse in un abbraccio di puro e semplice amore, con il mio viso contro il suo petto e le sue labbra contro i miei capelli.


Sospirò poco dopo prendendo di nuovo il mio viso fra le mani.
 

“Vedrai che tornerà, bambina” disse fermamente convinto

 
Annuii poco convinta andando a sistemare la casa, più abbattuta ed amareggiata che mai.
La cena fu la più silenziosa della mia vita.
Dom si spostò per telefonare a sua madre ed accertarsi che stesse bene, oltre che per parlare un po’ dell’accaduto; Chris era con la sua famiglia; George era già in volo verso casa sua e Matt era in aeroporto a salutare Spencer.
Io, invece, mi trascinai in direzione del camino abbandonandomi a terra difronte ad esso a gambe incrociate fissando il vuoto.
Non riuscivo a darmi pace per quello che era accaduto; anche se mi ero dovuta difendere in qualche modo e forse avevo scelto la conclusione più sbagliata di tutte. Avevo gli sguardi di tutti ancora impressi nella mente, sopra ogni cosa quello di Matt.

Terminata la telefonata, Dom torno in salotto…

 
“Mamma voleva sapere come stavi. Gli ho detto che l’avresti chiamata domani”




“Vieni a dormire?” chiese inginocchiandosi al mio fianco
“Cosa? Ah, si. Si, salgo fra cinque minuti” risposi baciandolo
“Come preferisci” disse rialzandosi

 
All’una e trenta ero ancora in salotto e stavolta con una coperta sulle spalle.
Mi alzai quasi in un gesto involontario e percorsi il breve corridoio, allungando una mano in direzione della maniglia della porta davanti a me.
La stanza era avvolta completamente dal buio, perciò accesi i piccoli faretti che troneggiavano sul soffitto.
Accarezzai lentamente la superficie del divanetto fino ad arrivare all’oggetto abbandonatovi sopra, ritrovandomi ben presto ad osservare e toccare ogni millimetro di quella dannata Manson nera.
Quanti concerti avevano riempito i cuori di milioni di persone! Quante volte le dita affusolate di Matt avevano sfiorato, urtato, distorto e violentato quelle corde regalando ai presenti delle scene idilliache traboccanti estasi! Quante volte le sue espressioni idiote mi avevano rallegrato le giornate!
Col groppo in gola, costrinsi me stessa ad uscire da quella stanza e scacciare il pensiero di tutto solo per una notte.
Tornai così in salotto a prendere il cellulare e nel medesimo istante, la serratura della porta scattò spaventandomi a morte.
Spuntò da dietro la porta in quel suo cappotto nero, meticolosamente inglese. Lo appese e restò a fissarmi per un po’ mentre io non osavo muovere un singolo muscolo.
Cercai poi di avvicinarmi lentamente fin quando non allungò le braccia, e mi ci fiondai senza ripensamenti.

 
“Matt!” scoppiai pateticamente di nuovo in lacrime
“Stellina mia” mi strinse fortissimo
“Perdonami, mi sento una completa idiota. Non dovevo reagire in quel modo”
“Non hai detto nulla che non fosse vero” rispose stringendomi più forte

 
Poi ci dirigemmo verso il divano, sedendoci.

 
“Perché sei così triste? La colpa è sua, non tua! “ mi rincuorò
“Non avevo diritto di rivangare il vostro passato, Matt. E se ritieni che io e te dobbiamo stare lontani, lo accetterò prima o poi” risposi
“Hai messo in riga mio padre perché ti ha accusata di cose orribili e mi dispiace da morire. Sappi che non credo a nulla di quello che ha detto e il pensiero di credergli non mi ha sfiorato. Non intendo in alcun modo allontanarti, anzi il contrario. Abbiamo entrambi bisogno di essere uniti, e non voglio e non posso privarmi di te.”
“Così come io ho bisogno di te, Bells. Da quando avevo 14 anni che ho bisogno di te, di Chris e di Dom” sorrisi conscia della verità

 
Sorrise di rimando per quella confidenza proveniente  dal cuore.

 
“E hai bisogno anche del mio thè” disse abbracciandomi
“Si, Bells. Il thè delle 17:00 senza di te, fa schifo” risposi con una nota di commozione

 
Poi, si allungò sul divano facendomi sdraiare contro il suo petto ed iniziò ad accarezzarmi i capelli senza malizia alcuna, così come aveva fatto tante altre volte. Soprattutto quella volta che litigai con Dom per un live degli Avenged Sevenfold, o dopo essere stata aggredita, o tutte le volte che trovava automatico farlo. 
Fin quando, io non mi addormentai.
Solo in un preciso momento Matt si sentì osservato, e alzando gli occhi in alto, scorse Dom che sorrideva nella sua direzione con il mento sulla balaustra. Matt fece per spostarsi, ma Dom scrollò il capo invitandolo a restare dov’era.

 
“Matt” lo chiamò
“Si?”

 
Gli indicò una coperta poco distante dalle sue braccia, con la quale Matt ci coprì entrambi.

 
“Non fargli prendere freddo!” sussurrò

 
Così, con un ennesimo sorriso ed un occhiolino in segno di approvazione, Dom tornò a dormire col sorriso sulle labbra per aver spedito quell’sms a Matt due ore prima, in cui lo avvisava che la sua stellina era preoccupata per lui. 

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Capitolo 4
*** Just break the silence ***


Nuovo capitolo tutto per voi...ringrazio le mie due recensitrici che adoro da morire!!! Ho scelto questo titolo perchè il silenzio in alcune parti di questo capitolo la fa da padrone... buona lettura, e recensite pleasee!!! 
Cheers <3 



Just break the silence

 
 
Quella notte dormii il più scomodamente possibile su quel divano, ma l’idea che Matt non era arrabbiato con me, mi diede modo di riuscire a sopportare il braccio addormentato, il collo indolenzito e le spalle doloranti. Ero felice del fatto che ogni cosa fosse al suo posto e che nessun equilibrio fosse stato alterato. Non ero pronta all’idea di poter perdere Matt, ed il solo pensiero mi innervosiva seriamente.
 
Dom scese le scale per andare ad aprire, poiché il campanello stava suonando.
Aprì la porta con un leggero sbadiglio a Tom che lo salutò sorridente, con uno zainetto in mano ed un portatile nell’altra. Si accomodò su uno degli sgabelli della penisola, togliendosi la giacca, mentre Dom si diresse verso il divano. Vi si inginocchiò difronte spostando un poco la coperta e scuotendoci leggermente.

 
“Dormiglioni, è ora di alzarsi!” esclamò

 
Ci stiracchiammo lentamente e tentai di scavalcare Matt con l’aiuto di Dom; lo seguii ancora mezza addormentata e salutando Tom con un cenno della mano.
Dopodiché mi misi dietro ai fornelli pensando ad un qualunque tipo di colazione da preparare.
Alla fine, io e Dom, optammo per dei pancakes per tutti quanti, assecondando il sorriso di Tom che stava già imboccando la via del bagno mentre si leccava i baffi.

 
Matt, intanto, apriva gli occhi cercando di focalizzare al meglio dove si trovasse e per quale motivo si sentisse ancora stanco nonostante la sua insonnia.
Ricordò ogni cosa per filo e per segno, dalle parole di suo padre alla piccola scenata di pianto che mi riguardava.
All’improvviso ricordò anche che di lì a poco sarebbero dovuti partire per un live ed incontrare un paio di giornalisti e di organizzatori di eventi.
Perciò, seguendo l’odore di pancakes e le voci di me e Dom, ritenne opportuno alzarsi e prepararsi psicologicamente a quella lunga giornata.
Nel medesimo istante in cui Matt era in piedi e stava ripiegando la coperta, Tom uscì dal bagno e gli si affiancò curioso.

 
“Allora” … “dormi con lei adesso?” disse dandogli una leggera spallata
“No, tranquillo. È successo una specie di casino con mio padre ieri, sono volati dei bei paroloni pesanti e sai come è fatto. L’ha stuzzicata fino allo stremo e lei gli ha urlato contro difendendo tutto e tutti, rimettendolo al suo posto. Poi sono tornato qui, dopo averlo portato in aeroporto, ed è scoppiata a piangere credendo che ce l’avessi con lei. Ci siamo semplicemente addormentati” rispose calmo
“Dovrei crederti, Bellamy?” sorrise prendendolo in giro
“Certo, idiota! Amo mia moglie, ci mancherebbe. Lei è come uno di quei peluche a cui i bambini si affezionano e dai quali non riescono a staccarsi. Non riesco a farne a meno, la adoro. Ma ciò non toglie che amo sua sorella” rispose
“Mmmh, ok. Non riferirò nulla a Dom” finì di stuzzicarlo
“Piantala!” rise “è stato Dom a dirmi di tornare, brutto cretino!”

 
Intanto Dom stava distribuendo della panna ai lati della montagna di pancakes che io poggiavo sui quattro piatti, quasi come uno chef. Ne prelevò un pochino dal suo piatto e me la spalmò dritta sul naso, deridendomi. Io, gli diedi un’innocente gomitata fra le costole in segno di avvertimento, seguita da una linguaccia. Dopo un tentativo di solletico in cui persi l’equilibrio e fui sorretta dal braccio di Dom, mi voltai per guardarlo in secondo. Lui mi guardò di riflesso per altri dieci secondi fin quando mi sorrise baciandomi il naso, portando via con sé ciò che rimaneva della panna.

 
Matt e Tom erano rimasti lì impalati rimirando la scena dall’inizio, consci che probabilmente noi avessimo la testa da tutt’altra parte e che forse aveva dimenticato la loro presenza.
Poi Matt alzò un braccio nella nostra direzione indicandoci e sorridendo a Tom.

 
“Se anche l’amassi, e non è così, non avrei scampo”

 
Si soffermò un attimo e poi aggiunse orgoglioso…

 
“Voglio dire: guardali! Nessuno riuscirebbe a competere con un amore come quello…”

 
Tom, osservandoci, fece un cenno di assenso confermando quanto Matt aveva appena affermato.
Dopodiché terminammo la nostra colazione fra risate e battute varie, prima che i ragazzi uscissero di casa.

 

 
 
Atterrarono diverse ore più tardi ed ancora leggermente addormentati. 
Salirono tutti e cinque sull’auto che li avrebbe portati alla piccola arena che avrebbe ospitato il loro live per un numero limitato di persone.
Una volta sistemato il tutto, Matt, Chris e Dom, vennero scortati in una sala a parte nella quale avrebbero incontrato alcuni giornalisti che stavano smaniando per una breve intervista riguardo la realizzazione del nuovo album.
Al termine della raffica di domande alle quali Matt si sbizzarrì nel rispondere nelle maniere più strane, ebbero appena il tempo di un pranzo veloce. Dom estrasse il suo Iphone dalla giacca, toccò l’icona e rispose alla videochiamata che ben presto riempì il camerino di rumori e parole.

 
“Ciao Rockstar, come te la passi?” esordii salutandolo
“Ciao piccola, tutto bene. Stavamo pranzando” sorrise
“Vi ho chiamati anche perché ritengo che dovreste insegnare a Will che le cose che gli avete regalato non si usano in quel modo” dissi ridendo

 
Spostai la visuale del telefono sul bambino biondo con gli occhi verdi che seduto a terra, agitava una drumstick di plastica cercando di suonare la chitarra finta che aveva vicino e che poco dopo, tentò di alzarsi in piedi aiutandosi con il divano.
Intanto Dom aveva radunato i suoi amici, che parteciparono con delle sonore risa.

 
“Will, tesoro!” lo chiamai io sedendogli vicino
 

Lui si voltò verso di me sorridendo.

 
“Fai ciao ciao a tutti!”

 
Lui aprì e chiuse la manina con il mio aiuto, non capendo a chi mi stessi riferendo.
Finché non lo aiutai a focalizzare il telefono che tenevo in mano.

 
“Saluta tesoro…di ciao a zio Chris, a zio Bells e a papà!” esclamai

 
Di riflesso, tornò a sedersi a terra per giocare ignorandoci tutti platealmente.

 
“Scusa tesoro, credo che fra qualche minuto devo andare” disse dispiaciuto Dom
“Oh, non preoccuparti. Volevo solo vedervi. Ciao ciao ragazzi…vi adoro!” esclamai

 
Mi arrivò un insieme confuso di saluti tutti all’unisono.

 
“Ciao Bambolina!”
“Ciao tesoro”
“Ciao stellina!” disse Matt trangugiando una banana
“Ciao ragazzi. Buona fortuna!” conclusi con un sorriso

 
Proprio mentre stavo per terminare la videochiamata, una vocina interruppe il lasso di breve silenzio.

 
“Pa-pà”

 
Ci fu quasi un attimo di panico nel quale tutti eravamo molto più che spiazzati.
Restammo in attesa, quasi trattenendo il respiro mentre io mi voltavo verso William che aveva ripreso a cercare di suonare la chitarra con le bacchette.
Evidentemente si sentì osservato e perciò alzò lo sguardo su di me.

 
“Boom-boom-boom…papà”

 
Scoppiai nella risata più emozionante che avessi potuto fare fino a quel momento.
La sua prima parola che avesse un senso, rimbombava ancora nella mia testa.
Mi voltai lentamente cercando di ricompormi e non sembrare una ragazza che non faceva altro che piangere; ma i volti che mi restituì il cellulare, ritraevano tre uomini sorridenti di gioia, e tutti e tre avevano gli occhi lucidi.
Il silenzio che era tornato a regnare fu interrotto dalla voce di Tom che li chiamava per andare al sound check. Così la telefonata  si interruppe di colpo e fummo costretti a salutarci nel modo più veloce possibile.

 


 
Più tardi, a notte inoltrata, Matt e Dom rincasarono senza produrre rumore alcuno.  
Salirono le scale, si salutarono e si divisero. Dal tonfo sordo che udì Dom cinque secondi dopo, intuì che probabilmente Matt aveva deciso di crollare completamente vestito sul letto senza preoccuparsi di fare una doccia.
Sorrise all’immagine di Matt che crollava a peso morto diventando un tutt’uno con il letto sottostante.
Aprì lentamente la porta della camera trovando le piccole abat-jour ai lato del letto che illuminavano la stanza calda ed accogliente; tolse la giacca di pelle e la poggiò sul bracciolo della poltrona vicino la finestra. Si avvicinò ad un lato del letto e lasciò un bacio sui miei capelli, mentre ero intenta a leggere.

 
“Bimba…ti avevo detto di non aspettarmi alzata” disse
“Volevo farlo” sorrisi “e poi devo farti leggere una cosa”
“Ok, va bene” affermò
“Puoi concedermi prima qualche minuto per fare una doccia?” aggiunse poi
“Ma certo” affermai
“Grazie! Torno subito, promesso!”

 
Spuntò fuori dal bagno esattamente dieci minuti dopo, con il viso e la mente molto più scarichi e rilassati di prima. Fece un respiro profondo sedendosi sul letto difronte a me; mi tolse il libro dalle mani ed attese.
Mi alzai dal letto per andare a prendere un foglio allocato all’interno della mia borsa; mi piazzai in piedi davanti a lui, presi un respiro profondo e glielo porsi.

 
“Non so come la prenderai” ammisi un po’ preoccupata

 
Corrugò le sopracciglia non appena lesse l’intestazione della pagina, recante il logo ed il nome del St. Thomas Hospital.
Chiuse poi gli occhi interrompendo la lettura, per poi prendermi la mano e fissarmi pieno di preoccupazione. La strinse forte avvicinandola al viso per baciarne il palmo.

 
“Ti prego” disse “dimmi che non hai contratto qualche brutta malattia”

 
Non attese alcun tipo di risposta da parte mia, decidendo di rialzare il foglio e leggere velocemente ciò che esso conteneva. 
Le sopracciglia si incontravano e distanziavano in una lotta incredibile, con quegli occhi grigio-verde che divoravano parola dopo parola per arrivare il più in fretta possibile al succo della questione e cercare di mettersi l’anima in pace ed affrontare la spiacevole notizia che stava per ricevere.  
Scorse le ultime righe  con l’attenzione e la scrupolosità di un agente della omicidi che cerca l’indizio per risolvere il caso della sua vita.  
Indugiò ancora qualche secondo sul foglio che teneva in mano ormai da circa cinque minuti, corrugando la fronte più di quanto già non fosse.
Poi, lentamente si ridistese lasciando il posto ad uno sguardo un po’ più rilassato e nello stesso tempo incredulo e spaesato.
Si alzò lentamente portando il foglio con sé e depositandolo sul comodino più vicino a noi, dandomi le spalle.
Si voltò di nuovo verso di me, inchiodando il mio sguardo nel suo.
Sostenne quello sguardo senza battere ciglio nemmeno per un impercettibile frazione di secondo.
L’unica cosa in movimento era il suo respiro che faceva alzare ed abbassare il suo petto, e tutto quel silenzio non faceva che uccidermi.

 
“Dom, ti prego…dì qualcosa. Qualsiasi cosa!” lo implorai
“Mi dispiace, non so cosa dirti” rispose
“Oh” proferii “ok. Non fa nulla” aggiunsi triste

 
Feci per allontanarmi ed archiviare la questione che prima o poi sarebbe dovuta tornare ad essere discussa. Passai una mano fra i capelli sospirando e dirigendomi verso il bagno.

 
“Aspetta!” ordinò
“Si?” risposi sempre dandogli le spalle
“Non so cosa dirti perché non trovo le parole. Non trovo le parole per descriverti il mio stato d’animo in questo momento; non trovo le parole per dirti quanto quelle frasi scritte mi stiano scombussolando la mente ed il cuore”

 
Lo ascoltavo rapita mentre a poco a poco mi voltavo per guardarlo.
 

“Non trovo le parole per dirti quanto bella tu sia ai miei occhi in questo momento; non che tutti i giorni tu non lo sia, anzi”

 
Fece un attimo di pausa.

 
“Vuol dire che è tutto ok?”
“Bimba” sorrise dolce “lì sopra c’è scritto che mi farai diventare padre per la seconda volta. Come può non essere tutto ok? In questo momento vorrei baciarti fino allo sfinimento oppure abbracciarti fin quando non ci addormentiamo” disse

 
Percorsi la piccola distanza che ci separava per andare a baciarlo e stringerlo con tutte le mie forze.
Un abbraccio stretto, di quelli che prendono il sopravvento sulle parole e su ogni cosa che sembra superflua.
Seguito da un bacio altrettanto significativo.
Leggevo la gioia nei suoi occhi in quel piccolo velo di lacrime che li stavano riempiendo. Avevo avuto paura all’inizio ma dovevo farmi coraggio in ogni caso.
Ed era andato tutto in modo esemplare.

 
“Posso farti solo una domanda?” mi apostrofò
“So cosa vuoi chiedermi. L’ho scoperto per puro caso, ed io stessa non sapevo cosa dire. Insomma, ero in ospedale per Will e non per me”
“Come scusa?” interruppe momentaneamente l’abbraccio per guardarmi preoccupato
“Tranquillo, è solo che il suo pediatra è stato chiamato in ospedale e perciò tutti i suoi appuntamenti sono stati deviati lì”
“Bene. Vieni, andiamo a letto mentre finisci di raccontare”
“Beh ecco, nel bel mezzo del nostro turno, ho avuto un piccolo giramento di testa forse per non aver pranzato, che non accennava a passare e così mi hanno fatto un veloce controllo. E mi hanno rilasciato questo foglio dove c’è palesemente scritto che sono incinta di circa due settimane” dissi sotto le coperte
“L’importante è che stai bene” rispose spegnendo la luce e coprendoci entrambi.
“Dom, possiamo mantenere la cosa fra noi per un pochino?” chiesi
“Tutto quello che vuoi. Se vuoi aspettare qualche settimana a me sta bene”
“Grazie, lo apprezzo molto. Ti amo” sorrisi nel buio
“Anche io, da morire!” concluse abbracciandomi

 


 
Più tardi, e più precisamente nel pomeriggio, avevo deciso di approfittare della bella giornata di sole invernale per portare Will al parco a giocare un po’.
Di sotto trovai i miei BellDom rilassati sul divano armati di Joystick in mano, patatine, birra e una pila di videogiochi a fargli compagnia.
Mentre terminavo  di riempire la borsa, ecco che in casa piombarono anche Chris, Ava-Jo e Buster, tutti sorridenti e pieni di allegria come da loro consuetudine. Mi guardarono perplessi ed in procinto di uscire, e così li invitai a venire con me.
Salutai Chris, diedi un bacio sulla testa a Matt da sopra il divano e un bacio a Dom che mi avvertì di “stare attenta”.


 
Una volta al parco, Ava mi aiutò a stendere l’enorme plaid a terra e sistemarci sopra tutti quanti insieme. Passammo un bel pomeriggio in totale relax, in mezzo alla natura e divertendoci da impazzire tutti e quattro.  
Dopo circa due ore, riordinammo tutti i giochi e ci preparammo per tornare a casa. Will e Buster si erano addormentati, lasciando me ed Ava a parlare dei discorsi più disparati.  
Caricai i due dormiglioni che stavano iniziando a svegliarsi sui seggiolini e raccolsi la borsa con i giochi che avevo adagiato a terra.

 
“Questa è tua?” chiese un uomo porgendomi una palla
“Oh, si grazie. Deve essermi sfuggita!” risposi sorridendo
“Wow, sono tutti tuoi?” disse dando un’occhiata ai bambini
“Ehm, no. Solo uno” risposi chiudendo la portiera
“Non ti ho mai vista qui. Sei nuova? Oppure sei famosa?” sorrise
“No, vivo qui da un po’” risposi più fredda
“Allora stai insieme a qualcuno di famoso”
“No. Ora dovremmo andare. Ciao “ mi congedai

 
Salii in macchina ed accesi il motore, intimando ad Ava di allacciare bene la cintura e di non preoccuparsi.
Diversi minuti dopo, stavo suonando il campanello  di casa. Ad aprirmi fu Chris a cui scappò un sorriso vedendomi con in braccio sia Will che Buster.

 
“Potevi anche chiamare, uno di noi ti avrebbe aiutata” sorrise poggiando Buster sul divano
“No, no. È stato meglio così” risposi dando Will a Dom “oh, ho portato la cena” aggiunsi
“Abbiamo anche una sorpresa!!!” urlò Buster svegliandosi

 
Sorrisi facendo segno di assenso a Buster che stava correndo a prendere i dolcetti che avevamo preso lungo la strada.

 
“Quelli, dopo cena” lo ammonì Chris

 
Terminato di cenare misi William a dormire e tornai di sotto con tutti gli altri. Seduti sui divani avevamo deciso di guardare un film, mancavo solo io che stavo mettendo i dolci nei piattini.

 
“Allora, che cosa avete fatto di bello in mia assenza?” chiesi
“Oh, abbiamo giocato” rispose Dom
“Si…giocato con i colori” rise Matt sotto i baffi
“Con i colori?” sorrisi
“Si, con i colori. Non possiamo?” aggiunse Chris divertito
“Ma certo. Ognuno fa come vuole” risposi porgendogli il piatto

 
Così, andai a sedermi al lato sinistro del divano con il mio dolce in mano e le gambe allungate su quelle di Dom. Li guardavo darsi gomitate di tanto in tanto; sorridersi, guardarmi e ridere di nuovo.
Inizialmente credetti di avere qualcosa sul viso o cose del genere, ma così non era.

 
“Ragazzi, dovete dirmi qualcosa? Perché mi sento un tantino osservata!!!” chiesi
“Chiedi a Dom!” sbottò a ridere Matt
“Dom, che c’è? E perché indossate dei cappelli?”
“Per questo motivo!” esclamò Dom

 
Chris e Matt tolsero i propri cappelli con nonchalance mostrando solamente dei capelli leggermente arruffati e disordinati; da quello di Dom, invece, sbucarono lentamente ciocche di colore castano scuro. Tolse il cappello con lentezza assoluta e con occhi forse un po’ impauriti.
Il mio stupore, seguito dal silenzio, tennero tutti col fiato sospeso.

 
“Adesso lo uccide, fidati” mormorò Chris divertito

 
 
Allungai la mano per afferrare una di quelle ciocche ed incastrarle fra le dita, quasi a voler avere la certezza che lo avesse fatto sul serio.
Lui mi fissava attento, lasciandomi fare e non muovendosi di mezzo millimetro.
Mi scappò un sorriso al ricordo di alcuni giorni prima, dove stavamo guardando vecchie foto ed io gli avevo confessato la mia predilezione per i ragazzi castani con gli occhi marroni, oltre il fatto che lo adoravo anche quando aveva tinto i capelli di nero un secolo prima. 
Ed ecco il risultato davanti i miei occhi e fra le mie dita.
Lo tenni sulle spine ancora per qualche secondo.

 
“Dì la verità, non vedi l’ora di saltargli addosso!” urlò Matt
“Si Bells, non immagini quanto!!” risposi prontamente

 
Suscitai una risata a tutti i presenti, incluso Dom dopo il suo respiro di sollievo.

 
“Pensi che quell’uomo sia tornato a casa?” chiese Buster di punto in bianco
“Ehm, si tesoro” risposi
“Quale uomo?” chiesero all’unisono Matt e Dom
“Quello del parco!!” rispose il piccolo “quello che ci ha ridato la palla”
“Un uomo che si è avvicinato per restituirmi la palla, nulla di importante Dom” risposi
“Ti ha fatto qualcosa?”  chiese Matt al posto di Dom

 
Presi un respiro profondo e li aggiornai sul fatto che si era avvicinato per ridarmi la palla e che avesse guardato me e poi i bambini, facendomi delle domande.
E soprattutto li tranquillizzai dal fatto che mi avesse seguita, ma ero riuscita a seminarlo.
Arrivai alla conclusione che forse aveva visto Buster ed Ava con Kelly e che molto probabilmente doveva essere un giornalista a caccia di scoop.
Convenendo che avessi ragione, Chris si calmò ed informò i suoi bambini che era ora di tornare a casa e di riposare. Matt si offrì di aiutarmi a sistemare, intimandomi poi di salire di sopra per parlare con Dom che era salito un po’ dispiaciuto.
Assecondai le sue parole ed andai a parlargli trovandolo seduto sul letto.

 
“Dom…sei arrabbiato con me?” chiesi piano
“Mi è quasi preso un colpo prima. Cioè, capisco che alla fine non è successo nulla, però ecco, mi sono sentito uno stupido ad aver tirato fuori questa stupida storia dei capelli quando tu avevi di meglio da dire” ammise
“Ma non potevi saperlo, Dom” mi avvicinai
“Si, lo so. Ma sai com’è…ucciderei chiunque ti respiri vicino e a maggior ragione adesso mi preoccupo anche per le stronzate”
“Non sentirti uno stupido. Sei solo umano e con dei sentimenti, proprio come tutti noi” sorrisi

 
Annuì lentamente in cenno di assenso scoccandomi un bacio tenero; bacio che fu interrotto dall’ingresso di Matt con in mano un cuscino.
Si infilò sotto le coperte ed attese che noi facessimo lo stesso.
Imitandolo, ci stringemmo nel letto cercando di restare il più comodi possibili, così come era già accaduto in precedenza di riuscire a dormirci in quattro.
Non servì nemmeno chiedere il motivo, si girò dandoci le spalle mormorando.

 
“C’era un ragno in camera, ed era mostruoso!” constatò
“Quanto ti adoro Bells!” sorrisi addormentandomi
 
 
/------/
 
 
La sera di capodanno eravamo tutti in fibrillazione.
Spencer era tornata con il volo delle 13:00 e come era giusto che fosse, passò l’intero pomeriggio con Matt.
Avevamo intenzione di starcene tutti insieme per il nostro fatidico conto alla rovescia prima della mezzanotte.  
 
 
Alle 23:30 eravamo tutti e sei di nuovo su quel terrazzo dove tutte le nostre vite avevano preso la giusta direzione; ad eccezione dei Wolstenholme che dalla vita avevano avuto la perfezione assoluta.
Attendemmo la mezzanotte come bambini, a parte il fatto che noi eravamo quasi tutti su di giri.
Matt aveva fatto aggiungere una sorta di tettoia sotto la quale aveva aggiunto un divano dove eravamo ammassati.
Iniziò così ad articolare frasi senza senso sulla vita e sugli alieni che festeggiavano il capodanno ecc. ecc.
Mentre Spencer risaliva le scale aiutata da Kelly per portare i bicchieri e lo champagne, Chris rideva senza motivo preciso, forse per Matt che non riusciva ad accendersi la sigaretta.

 
“E’ ora, forza!” urlò Spencer barcollante
“Dom! Doooom! Alza quel culo dal divano e venite qua!” ordinò Matt ridendo
“Ancora un attimo!” mormorò mentre mi baciava “andiamo a casa” propose provocante
“E smettetela!!! Ahahah” urlò Matt nella nostra direzione

 
Era già la seconda volta che venivamo richiamati, e dovevo ammetter e che avevano completamente ragione.
Non ci eravamo staccati nemmeno per un secondo da quando eravamo andati in un locale e poi dritti a casa di Matt.
Lui aveva bevuto a dismisura e non faceva che accarezzarmi in maniera poco casta, ma era anche vero che a me piaceva e l’avevo lasciato fare senza alcun problema e sotto gli occhi dei presenti.  
Sorreggendosi a me, raggiungemmo  gli altri ed ognuno prese il proprio bicchiere. L’aria fredda che stava soffiando ci rinsavì tutti, io un po’ meno dato che non potevo praticamente bere e pertanto mi ero concessa solo un cocktail.
Quasi senza rendercene conto, il cielo iniziò a riempirsi di milioni di luci colorate che sembravano scontrarsi. Ogni tre secondi, tutto il cielo londinese si illuminava di un boato ed un colore diverso.
Fu Matt a tenere il discorso, brindando all’anno appena terminato e a quello appena iniziato; alla schiera di risate e complicità che ci legava; agli scherzi, all’amore ai figli.
Abbracciata a Dom, non poté non sfuggirmi un piccolo sguardo d’intesa che lui colse al volo baciandomi la fronte.

 
Un altro anno trascorso con le persone che avevano cambiato la mia vita e me l’avevano stavolta che ero solo una ragazzina.
Quella ragazzina cresciuta su a suon delle loro opere; fortificata nell’animo e nel cuore.
Quella ragazzina che svariati anni dopo era riuscita ad incontrarli e far parte della loro quotidianità in maniera del tutto inaspettata.
Sorrisi a quel pensiero sentendomi esattamente dove dovevo e volevo essere.

 
“Non esagerare, ok?” sussurrò Dom al mio orecchio indicando il bicchiere
“Tranquillo, è tutto a posto” lo rassicurai

 
Caracollammo di nuovo sul divano una in braccio all’altro ridendo come due cretini e baciandoci senza sosta. Le mani si intrecciavano lungo i corpi pur cercando di trattenersi il più possibile.
 

“Andiamo a casa, bimba” ribadì stringendomi a lui
“Va bene, andiamo a casa” dissi sorridendo sulle sue labbra

 
Inutile dire che il viaggio di ritorno fu pregno delle stronzate sparate da Dom che non la smetteva di dire che in quel locale mi stavano fissando tutti e che li aveva considerati degli illusi perché non avrebbero avuto un briciolo di speranza.
Mi sentii lusingata di quella confidenza, del fatto che si fidasse di me e di quello che provavo per lui.
Era leggermente frastornato e stava bene, ma ritenne opportuno fari guidare me in caso la polizia avesse fatto storie.
 
 
Non feci nemmeno in tempo a chiudere la porta di casa, che stava già sbottonandomi il vestito.
Aveva una fretta terribile che a me non faceva che suscitare risate. 
Se ne stava lì tutto indaffarato a togliermi e togliersi i vestiti; i capelli scuri arruffati, gli occhi un pochino stanchi ed il sorriso sulle labbra.
Sembrò aver rireso vigore e la sua naturale lucidità, tanto da sollevarmi da terra e sbattermi contro il muro. Le sue mani erano ovunque ed in nessun posto nello stesso momento; le mie erano inchiodate alle sue spalle per sorreggermi come meglio potevo. Il silenzio della casa, interrotto solo dai nostri gemiti.
I nostri respiri si incastravano fra le labbra; i nostri corpi uno solo.
Fino a che entrambi ci sentimmo appagati e raggiungemmo il punto di non ritorno guardandoci negli occhi.
 
 
/------/

 
Poco più di un mese dopo, i ragazzi erano usciti per una serata fra uomini ed io avevo invitato mia sorella a casa per stare insieme.
Avevamo improvvisato una cena al volo finendo inevitabilmente a rincorrere William da una parte all’altra della casa, tenendolo per una mano poiché ancora non riusciva a tenersi in equilibrio per più di quattro o cinque passi.  Una serata esilarante e colma d’affetto, in cui scattai tre milioni di foto a Will e Spencer che sorridevano felici, oltre qualche autoscatto di tutti e tre insieme.
 La serata si concluse verso mezzanotte, salutando mia sorella con il nostro rinomato “I love u”.
Un’ora dopo scesi al piano di sotto, dopo aver sentito le chiavi girare nella serratura proprio mentre stavo telefonando a Dom.

 


 
Nello stesso istante il cellulare di Dom squillò diverse volte, finché trovandolo sul cruscotto, non fece rispondere a Matt.
 

“Stellina, sono Matt” rispose
“Oddio!” una voce dall’altro capo del telefono
“E’ tutto ok?” chiese udendo un tonfo
“Dov’è? Dimmi dov’è!”
“Pronto? Ci sei?” chiese corrugando la fronte
“No, per favore! Non ne ho idea, non lo so!”
“Ma che succede Matt?”
“Non lo so Dom, c’è qualcosa che non va!” esclamò mettendo in vivavoce

 
Al di là della cornetta, regnavano rumori, ordini e minacce.

 
“Dimmi dove cazzo si trova, o giuro che ti faccio del male!”
“Non lo so…” … “non lo so, ti prego!”
“Fagli vedere che non scherziamo!” urlò una terza voce

 
Il rumore di un telefono che cadeva, seguito da delle voci e rumori in lontananza.
In auto regnava il silenzio, un silenzio scandito solo dallo scorrere dei secondi sul display.
Più i secondi passavano e più quel silenzio stava riuscendo a far trattenere i respiri a tutti e tre che stavano cercando di tornare a casa districandosi dell’enorme quantità di auto in strada.
Un urlo atroce ruppe il silenzio facendoli  sobbalzare e spaventare al limite del possibile…
Finché, la linea cadde…

 
“Stellina!!!” urlò Matt
“Piccola! Mi senti?” urlò Dom nello stesso momento

 
Chris, invece, non articolò neanche una sillaba. Si limitò ad un sospiro di determinazione pigiando il piede sull’acceleratore, stringendo le mani sul volante e cercando di tornare a casa il più in fretta che poteva. 

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Capitolo 5
*** Replaces love and happiness with fear. ***


Perdonate l'enorme ritardo ma ho avuto problemi importanti...Dunque, dove eravamo rimasti? Ah si...ad un finale ricco e colmo di interrogativi...Cosa sara accaduto? Leggete e capirete...Cheers ^-^



Replaces love and happiness with fear

 
 
L’auto di Chris imboccava strade dopo strade fino ad arrivare alla destinazione prefissata, premendo l’acceleratore quanto più gli era possibile.
Dom aprì la portiera prima ancora che il suo migliore amico posteggiasse e spegnesse il motore; precipitandosi in direzione della porta d’ingresso semiaperta.
Ogni oggetto era stato buttato nei luoghi più disparati; qualche vetro qua e là, il tavolino del salotto in milioni di frantumi sparsi sul tappeto; ogni cosa era dove non doveva essere.
Il pianto di Will che echeggiava senza essere, però, stridente.
Dom si fece largo in mezzo a quel caos di proporzioni bibliche per correre e fermarsi ai piedi delle scale che conducevano al piano superiore.
Si inginocchiò a terra non avendo la più pallida idea di cosa dire né fare; nella mente le idee prendevano forma e si dissolvevano all’istante, così come gli innumerevoli scenari di ciò che poteva o non poteva essere successo.  Le mani che tremavano mentre sollevava parzialmente quel corpo a lui tanto familiare cercando di accertarsi che fosse a posto e che non fosse arrivato troppo tardi per poter evitare la tragedia.
Non desiderava in alcun modo che la sua felicità venisse interrotta proprio in quel momento.
 
 
“Oddio ti prego, fa che non sia successo nulla” bisbigliò Matt dalla porta sconvolto
“Tesoro sono qui, sono tornato” pronunciava stringendomi e singhiozzando “perdonami ti prego! Andrà tutto bene, te lo prometto. Però tu resisti, devi resistere! Devi resistere! Devi resistere!” proseguiva carezzandomi il viso; la fronte contro la mia; gli occhi chiusi, dondolandosi avanti e indietro.
“Dom, lasciala andare. Devono portarla in ospedale” lo scrollò Chris qualche minuto dopo
“Non posso, non ce la faccio! Non risponde, Matt, non risponde…” esclamò
“Prometto che la seguiamo!” giurò Matt
 
 
Quella stessa scena accadde qualche anno indietro nel tempo,  e suscitò in tutti e tre una strana sensazione dettata dai ricordi. Da quelle stesse parole pronunciate con tanta enfasi e tenerezza, fatta eccezione per quel piccolo dettaglio che vedeva Dom al mio posto, ed io al suo mentre imploravo che si riprendesse in qualche modo.
Lasciò che venissi adagiata sulla barella, avvolta da una coperta e caricata sull’ambulanza chiamata non appena arrivati, e rimase lì in piedi a fissare il vuoto, inebetito.
Chris lanciò uno sguardo in direzione di Matt, che carpì al volo.
Salì sul veicolo lasciandoli entrambi in casa.
 
 
“Ehy” esordì Matt poggiando una mano sulla spalla di Dom
 
 
Dom sobbalzò quasi si fosse reso conto solo in quel momento dove fosse.
Si voltò verso Matt, ma non lo focalizzò a pieno.
 
 
“Ascoltami. Chris è andato con lei. Noi ora prendiamo dei vestiti, prendiamo Will e lo portiamo a casa mia da Spencer. Poi, corriamo in ospedale, ok?”
“…”
“Dom! Ok?” disse scrollandolo
“Io…Io devo…Will…Ospedale”
“Dom, devi essere lucido in questo momento, lo capisci?” spiegò Matt paziente
 
 
Annuì con il capo al suo migliore amico e cercò di dargli ascolto salendo le scale, dirigendosi nella cameretta di suo figlio e mettendo in una borsa tutto ciò che poteva essergli utile. Lo prese in braccio e ridiscese le scale facendo cenno a Matt, che nel frattempo stava avvertendo Spencer  dell’accaduto, cercando di tranquillizzarla.
 
 
/----------/
 
 
Nel medesimo momento, l’ambulanza correva lungo l’asfalto, diretta verso l’ospedale più vicino.
Chris era seduto vicino alla barella sulla quale ero adagiata, armeggiando anche lui con il cellulare per avvertire sua moglie.
Un rumore insistente e fastidioso martellava nel mio cervello, tanto da costringermi ad aprire gli occhi, per rendermi conto che si trattava della sirena dell’ambulanza.
 
 
“Dom?” mormorai
“No bambolina, sono Chris” disse sorridendomi debolmente e stringendomi la mano
“Chris…dove mi trovo? E dov’è Dom?” chiesi stupidamente
“Stiamo andando in ospedale, tesoro. Ti abbiamo trovato in uno stato pietoso.  Non preoccuparti, Matt e Dom ci raggiungeranno il prima possibile. Per ora resto io con te” mi rassicurò
 
 
Diversi minuti dopo, ero ancora su quella barella e stavamo entrando al pronto soccorso.
Mi portarono all’interno di una stanza separandomi da Chris che cercava di restarmi vicino, o comunque di non perdermi di vista. Quei corridoi asettici mi mettevano una grande agitazione; erano spogli, bianchi in una maniera inquietante infondendo il vuoto anziché la positività di trovarsi in un luogo sicuro.
Pregai Chris con lo sguardo di non andare via, ma non ci fu nulla da fare.
 
 
“Dove la state portando?” chiese
“La portiamo al primo piano per tutti gli esami necessari” rispose il medico
“ E poi?”
“Poi, una volta terminato la porteremo in una stanza e dovremmo aspettare gli esiti di tutte le analisi effettuate. Lei è un parente?” chiese circospetto
“Ehm, siamo amici, ero in ambulanza con lei” rispose
“Temo allora che alcune informazioni non le siano dovute”
“Tra poco arriverà il suo ragazzo, non crede che potrebbe essere clemente e dirmi almeno in quale camera verrà trasferita?” domandò implorante
“Assolutamente no! Se lo faccio per lei, poi dovrei farlo con chiunque. Quando avremo finito e sarà presente il suo ragazzo, allora potrà sapere tutto”
 
 
Così, con aria seccata, lasciò Chris come uno stoccafisso nel bel mezzo del corridoio abbandonato a sé stesso; porgendogli senza un grammo di delicatezza la coperta con la quale ero avvolta.
Non sapendo più che cosa fare, si sedette sulla prima sedia che trovò vicino, ed attese che i suoi migliori amici varcassero la porta d’ingresso.
Esattamente un mezzora dopo, Matt localizzò Chris in sala d’aspetto seduto in silenzio con la coperta poggiata sulle gambe.
 
 
“Novità?”
“No, Matt. Ancora nulla…L’ho lasciata che era sveglia ma nessuno mi ha detto più nulla” rispose atono
“E quella?” disse Dom indicando la coperta
“Oh, è quella che era sul divano. Me l’hai passata tu, non ricordi?”
“Si che mi ricordo, ma io mi stavo riferendo alla macchia” disse
“Ah, si quella. Perdeva sangue da una mano, credo. Non hai visto quanti vetri erano a terra?” constatò
 
 
Attesero altri 40 minuti su quelle sedie scomode, sapendo praticamente poco più di niente, basandosi solo su quella telefonata e sul caos in casa.
Il capo basso; le menti impegnate in chissà quale luogo remoto.
 
 
“Chi di voi è il signor Howard?” li apostrofò il medico
“Sono io!” esclamò balzando in piedi
“Bene! Io sono il dottor Brown. Abbiamo effettuato tutti gli esami e le analisi di routine. L’abbiamo trasferita nella stanza 307”
“Ok…” pronunciò debole
“Da quello che ho potuto vedere, la sua fidanzata sta bene, giusto qualche livido ed escoriazione lungo il corpo. Purtroppo quando le ho chiesto di raccontarmi cosa fosse successo, si è agitata ad un livello elevatissimo tanto che ho dovuto somministrarle dei medicinali che la aiutassero a calmarsi e dormire senza pensiero alcuno. Perciò, per poterle parlare dovrà attendere che si svegli da sola e potrebbe volerci  diverso tempo. Nessuno meriterebbe un trattamento come quello riservato a lei questa notte. Povera ragazza!!!” disse in tono di rimprovero
“Guardi che io non l’ho sfiorata” si alterò Dom cogliendo l’insinuazione
“Non ho assolutamente detto questo” si difese l’altro
“Ma i suoi occhi lo hanno detto con molta fermezza!!” esclamò
“Ne incontro a vagonate di ragazze ridotte in quello stato signor Howard, e tutte lo sono per lo stesso motivo!” disse con altezzosità
“Non la sfiorerei nemmeno con un dito” si difese
“Il problema è proprio questo. Dite tutti le stesse parole, e poi…”
 
 
Una mano bloccò l’incedere di Dom verso il medico, cercando di fargli rendere conto che non ne valesse assolutamente la pena. In fin dei conti, Dom, come Matt e Chris, sapevano esattamente dove si trovavano al momento dell’accaduto.
Perciò, si contenne prendendo degli enormi respiri che rallentassero la voglia di spaccare il muso a quel fesso che indirettamente lo aveva accusato di aver alzato le mani su di me o quant’altro, lasciando che il bellimbusto sparisse dietro la porta del reparto.
Di buona lena e scrollando il capo, si diressero tutti e tre verso la stanza indicatagli poco prima.
 
 
Dom’s point of view
 
 
Entrammo lenti, silenziosi ed accorti all’interno della piccola stanza.
Le tende scure tirate; i bip delle macchine che la monitoravano nonostante avessero detto che stava bene. La mia bimba se ne stava lì, in quel letto d’ospedale troppo grande per una come lei. 24 anni, occhi cangianti. Aveva i capelli sparsi sul cuscino, il trucco sbavato; un velo di rossore sulle guance; qualche graffio sul viso; un minuscolo taglio sullo zigomo; una fascia a coprire le nocche della mano sinistra e le braccia con diversi lividi sopra; e nonostante questo, era la più bella del mondo.
Era talmente bella e perfetta da tenermi impalato lì vicino senza respiro per paura che solo sfiorandola avrei rischiato di farla cadere in frantumi.
Chris poggiò una mano sulla mia schiena invitandomi ad avvicinarmi di più al letto.
Feci circa quattro passi per ridurre la distanza fra me e lei, e furono i quattro passi più pesanti e nello stesso tempo liberatori del mondo.
Scostai con le dita una ciocca di capelli, e quel lieve tocco, mi fece sentire più sicuro e calmo di prima. Riuscivo a sentire vagamente nell’aria, l’odore di quello shampoo che odiava, ma che di tanto in tanto usava solo perché era il mio; e questo mi fece sorridere.
 
 
“Povera piccola” disse Matt rompendo il silenzio
“Se solo fossimo arrivati prima…” aggiunse Chris
“Credete che dovremmo chiamare la polizia?” chiesi
“Credo di si Dom.  Devi fargli vedere come è ridotta la casa, ma per sapere con esattezza quello che è successo, dobbiamo attendere che ce lo dica lei” la indicò
“Si…si, hai ragione. Però…” dissi guardandola preoccupato
“Lo sappiamo Dom, lo sappiamo” aggiunse Chris “ce ne occuperemo noi a tempo debito. È giusto che tu stia qui a vegliare su di lei, ed altrettanto lo è il non volerti perdere il momento in sui si sveglia” mi sorrise consapevole
“Già…non ho nessuna intenzione di uscire da questa stanza” ammise arrossendo
“Noi andiamo un po’ a riposare, per te è un problema?” chiese Chris
“Assolutamente no” rispose
“Bene” lo abbracciò Matt “torneremo domattina ok?”
“Perfetto!” lo salutò di rimando
 
 
Una volta usciti entrambi, spensi la luce ed andai ad occupare la piccola poltrona vicino al letto, coprendomi con la coperta che tenevo ancora in mano. Mi sedetti lì e non accennai minimamente a chiudere occhio. Mi limitai a guardarla quasi in trance per tutto il resto della nottata e fino a quando i medici non vennero a controllare le sue condizioni.
 
Matt telefonò verso le 10:00 del mattino informandomi che si stava recando a casa per poter spiegare la situazione alla polizia e vederci un po’ più chiaro sulla questione. Avevano chiamato gli agenti che furono messi al corrente del problema, promettendo di accorrere non appena lei si fosse svegliata.
Le ore trascorrevano incessanti ed io ero alla sesta sigaretta fumata di straforo in finestra senza farmi scoprire dagli infermieri.
Il silenzio, venne interrotto verso le 14:00; la portasi aprì e una vocina rimbombò lungo le pareti.
 
 
“Papà!” urlò William correndo verso me
“Ciao ranocchietta” dissi prendendolo al volo
 
 
Era entrato insieme a Spencer che si soffermò dieci minuti a controllare lo stato di sua sorella, commuovendosi leggermente. Poggiò un peluche sul mobiletto, un bacio sulla sua fronte  e ci lasciò soli andando a sedersi nel corridoio con Matt e Chris. Vidi Matt circondarle le spalle con un braccio e sorrisi consapevole di quanto si amassero.
Lasciai Will a terra che stava facendo un disegno per sua madre; o ciò che si può considerare un disegno fatto da un bambino di un anno e una manciata di mesi.
Una volta terminato, lo aiutai a metterlo ai piedi del letto in modo che lei lo vedesse prima o poi; rimanendo però deluso quando la vide immobile senza accennare ad un minimo movimento.
Mi salì in braccio sistemandomisi in grembo.
 
 
“Papà?”
“Mh?”
“Mamma!” esclamò indicandola
“Si tesoro. Quella è la tua mamma” dissi baciandogli la testolina “sta dormendo”
“Mamma…domme” concluse lui soddisfatto
 
 
Più tardi lo affidai di nuovo alle cure di Spencer che lo portò in giro a svagarsi un po’ prima di tornare a casa. Restai da solo all’interno di quella stanza. Più volte Matt e Chris mi avevano tenuto compagnia riempiendo qualche ora, facendomi sorridere su tutti i progetti bizzarri che avremmo dovuto compiere al suo risveglio. Non ho mai amato gli ospedali, in nessun frangente. Tranne le volte in cui le chitarre di Matt, scontrandosi su di me, mi mettevano una ridarella assurda o quando facevamo a gara sulle sedie a rotelle per i corridoi.
 
Ma stavolta, era diverso…
 
Mi avvicinai con la poltrona più che potevo, e le strinsi la mano per ricordarle quanto mi mancasse e nel medesimo istante, che ero sempre stato lì per lei.
 
 
“Siamo di nuovo io e te, Bimba. Will è al parco a fare una passeggiata con sua zia; Chris è al telefono con Kelly e Matt è andato in macchina a cercare una t-shirt perché si è rovesciato il caffè addosso. Che cretino, il solito vecchi Matt. Non ne fa una giusta” risi “non mi viene in mente nulla di eclatante da dirti, ed il luogo e la circostanza non aiutano affatto. Lo sai benissimo che farei di tutto pur di non entrare in un ospedale. Sono rimasto segnato dopo mio padre e ogni volta mi costa enorme fatica. Non so cosa sia accaduto e spero me lo dirai presto perché stiamo tutti impazzendo; però per favore, ti chiedo solo una cosa: non abbandonarmi! Non lasciarmi come mio padre, ti scongiuro…”
 
 
Sfinito, poggiai la testa sul bordo del letto continuando a stringerle la mano.
Chiusi lentamente gli occhi, giusto  per riposarli qualche minuto e sprofondare in un breve dormiveglia, cercando di restare comunque vigile…
Il respiro che via via diventava sempre più lento e regolare…
 
End of point of view
 
 
“Non ho nessuna intenzione di abbandonarti, Dom!” sussurrai piano
 
Con un enorme sospiro riuscii ad aprire gli occhi e guardarmi un po’ intorno per capire dove fossi.
Notai i fiori ed il peluche poggiati sul bianco comodino alla mia destra, ed il disegno di Will.
Poi, abbassando lo sguardo, vidi quella massa di capelli non più biondi, poggiati sul letto. Allungai la mano sfilandola dalla sua con fatica, frenata dalla fitta di dolore alle nocche, ed immersi le dita fra i suoi capelli.
Lui si voltò lentamente aprendosi in un bellissimo sorriso stanco, rimettendosi in posizione eretta, portando la mia mano alle sue labbra e baciandola.
Mi accarezzò i capelli  e mi lasciò un bacio a fior di labbra ancora in parte incredulo.
Matt e Chris che stavano passando davanti la finestra con tapparelle che dava sul corridoio, vedendomi sveglia, si precipitarono all’interno urlanti di gioia.
 
 
“Stellina mia” mi abbracciò piano “sei tornata fra noi!!!”
“Piano Matt!!!” lo rimproverai “piano per favore!”
“Ops, scusa” sorrise con quel dentino imperfetto
“Chiamo l’infermiera” si offrì Chris stringendomi la mano
 
 
Lei arrivò velocemente facendo uscire tutti quanti, controllando la mia salute ed appuntando qualcosa nella cartella clinica. Una volta lasciatami, vidi Matt, Chris e Dom all’esterno parlottare nervosamente con un dottore e un agente di polizia. Il medico seguì l’agente all’interno.
 
 
“Salve signora, sono felice che si sia ripresa” disse
“Grazie” risposi
“Ciao tesoro, sono il dottor Brown, ti ricordi? Lui è un agente della scientifica” mi spiegò il medico
“Scientifica? Come sarebbe?” domandai perplessa
“Vede, controllando casa sua, la polizia ci ha fatto intervenire ed abbiamo motivo di credere che ciò che le è accaduto sia riconducibile ad un caso che stiamo seguendo” spiegò
“Oh…non so cosa rispondere” ammisi
“Dovremmo solo farle delle domande. Diciamo un breve interrogatorio. In questo modo potremmo aiutarci a vicenda”
“Ok…va bene”
“Perfetto! Faccia entrare il mio collega” si rivolse al medico
 
 
Presi un respiro di sollievo non appena vidi i ragazzi varcare la porta a seguito di un altro agente, ma furono bloccati dall’intervento del dottor Brown.
 
 
“C’è qualche problema?” chiesi cercando di mettermi seduta
“Si, il tizio qui presente crede sia stato Dom a ridurti così!” esclamò Chris esasperato
“Cosa? È uno scherzo? Non è stato lui!!!”
“Non è lucida, è sotto l’effetto dei farmaci!”
“Ho detto che non è stato lui!!!” urlai facendo impazzire i macchinari
“Con noi puoi essere sincera, tesoro!” mi sollecitò lui
“Non si azzardi a chiamarla in quel modo!” minacciarono tutti e tre
“Basta così!!” disse l’agente placando le acque
“Non li mandi via…per favore” lo pregai
“Mi dispiace, ma temo che la loro presenza possa compromettere il suo  interrogatorio. Potrebbe omettere qualcosa, capisce?” disse calmo
 
 
Vedendo la mia reazione, uno di loro iniziò a guardarsi intorno aguzzando l’ingegno.
 
 
“Potremmo farli sedere dietro uno di quei separé  che ci sono nelle stanze con più pazienti; in fondo potrebbe funzionare” propose il secondo agente
 
 
Accolta la sua richiesta, dieci minuti dopo eravamo tutti pronti per affrontare quel maledetto interrogatorio. Io seduta nel letto; i Muse dietro la tendina su degli sgabelli; il medico era andato via sbuffando e gli agenti erano pronti con i registratori e kit vari.
 
 
“Allora” iniziò il primo “cercherò di metterla a suo agio, perché comprendo che questa sia una fase molto delicata. Posso darle del tu, signora Howard?” chiese
 
 
Dom colse il mio accenno di sorriso a quell’appellativo e lo sentii sorridere di rimando.
 
 
“Si” dissi “si, va bene”
“Dunque, io sono Josh e sarebbe positivo per te e per noi, se ci raccontassi come sono andate le cose. Se hai bisogno di un bicchiere d’acqua, basta chiederlo. Ora…cos’è successo?” mi chiese invogliandomi a rispondere
 
 
Presi un enorme respiro, ed iniziai…
 
 
“Era circa l’una…avevo passato la serata in casa insieme a mia sorella Spencer. Non volevo restare sola, visto che i ragazzi erano usciti per una serata fra di loro. Quando è andata via, ho messo il bambino a letto ed ho sceso le scale per andare a recuperare il cellulare in salotto.  Avevo intenzione di chiamare Dom per dirgli che stavo andando a dormire e perciò ho composto il numero. Ha iniziato  a squillare per diverse volte e mentre Matt mi rispondeva, la porta di casa si è spalancata davanti i miei occhi e cinque uomini con delle maschere hanno invaso la casa. Sentivo qualcuno all’altro capo del telefono, ma ero bloccata. Uno di loro mi ha urlato di dirgli dove tenessimo la cassaforte e quale fosse la combinazione, ma ho risposto che non ne avevo idea. Così, mi hanno afferrata per i capelli e puntato una pistola alla tempia minacciandomi di morte, perciò gli ho indicato la cassaforte. Non avevo idea di cosa fare e ho lasciato cadere il telefono come una stupida” mi rimproverai da sola “non la conoscevo sul serio la combinazione…mi hanno dato il calcio della pistola sul viso, ma non potevo dargli quello che volevano; così, esasperati, uno di loro mi ha scaraventata contro lo spigolo del tavolo e… e…
E…ho provato una sensazione ed u dolore terrificanti. Credo di aver urlato talmente forte da sentirmi quasi sfinita in un attimo…
E poi...”
“E poi?” incalzò Josh
“E poi…” proseguii senza respiro facendo di nuovo impazzire le macchine
 
 
Erano passati due minuti ed io non accennavo a rispondere, tanto che Dom, non tradendo alcuna emozione, mi chiamò da oltre la tenda.
 
 
“Piccola? È tutto ok?” chiese
 
 
Non risposi poiché il respiro continuava a mancare e cercai di non darlo troppo a vedere, prendendomi qualche secondo in più. Come avrei fatto a terminare il mio racconto? Con quale coraggio sarei riuscita a raccontare come era terminata quell’orribile nottata?
 
 
“Respira tesoro, respira…” disse Dom calmo riportandomi alla realtà
 
 
Guardai verso la sua figura celata dalla tenda con uno sguardo che racchiudeva tante e tante emozioni, trattenendo a stento il pianto; così decisi di chiudere gli occhi un secondo per poi proseguire.
 
 
“E poi…mi hanno trascinata verso i piedi delle scale. Non smettevano di urlare! Dicevano che se non avessi parlato avrebbero distrutto e portato via ogni cosa che ritenevano di valore, e che mi avrebbero lasciata lì e dato fuoco alla casa. Io non ho parlato, troppo impegnata a riprendermi dal dolore atroce e…da lì, hanno iniziato a violentarmi…”
“A violentarti? E quale di loro?”
“In quattro. Ho cercato di difendermi tentando di graffiare uno di loro al collo, ma gli altri mi hanno tenuta ferma mentre a turno si divertivano ed il quinto faceva da palo. Non facevo che ripetermi di resistere in qualche modo, ma non per me…Tutto ciò a cui pensavo era a mio figlio al piano superiore che dormiva e speravo che non iniziasse a piangere da un momento all’altro; e a Dom, che stava per tornare e non volevo che gli si parasse davanti una così orribile scena” conclusi a capo chino
 
 
Dietro la tenda, Chris guardava il pavimento, Dom scuoteva la testa a destra e sinistra con gli occhi chiusi e Matt aveva un mano davanti la bocca inorridito.
 
 
“Non ricordi altro? Non so, qualcuno aveva cicatrici o roba simile?”
“Credo che uno di loro avesse un tatuaggio arancione al collo. Ma non ricordo bene per via delle maschere che indossavano”
“Ok. Direi che abbiamo trascritto e registrato ogni cosa. Grazie!”
 
 
Non appena terminai l’interrogatorio, un infermiera minuta mi informò che sarei potuta uscire non appena tutti i risultati degli esami fossero arrivati, e mi sollecitò a cambiarmi poiché sarebbero arrivati a breve.  Lasciai che mi aiutasse a cambiarmi all’interno del piccolo bagno, dopodiché uscii e mi diressi verso gli altri. Josh stava riordinando le penne ed i taccuini sui quali aveva preso appunti ed il registratore; io mi avvicinai a Dom mettendogli un braccio intorno alla vita e due dita nel passante dei jeans, segno che lui interpretò come: “Proteggimi!”.
Mise un braccio intorno alle mie spalle stringendomi a sé.
 
 
“Sei stata molto fortunata, sei l’unica sopravvissuta a queste aggressioni” disse Josh
“L’unica? Vuoi dire che…”
“Si…tu sei stata la terza vittima e l’unica che sia ancora in vita” rivelò
 

 
“Grazie per l’aiuto Josh” esordì Dom
“Dovere!” sorrise “ovviamente ti tengo aggiornato sugli sviluppi!”
“Ne sarei felice, e staremo più tranquilli noi”
“Dominic, Dominic…saranno dieci anni che non ti vedo!” esclamò
“Voi due vi conoscete?” chiesi incredula
“Andavamo nella stessa scuola. Josh ha due anni più di me, ed inoltre eravamo più o meno vicini di casa” mi strinse
“Devo lasciarvi ora; ma ci rivedremo, promesso!” si congedò
 
 
Recuperate tutte le mie cose, Matt e Chris vennero a farci compagnia durante l’attesa, cercando di spezzare un po’ la tensione.
Mezzora dopo, la porta si aprì facendo entrare il dottor Brown con i risultati. Vedendo che Dom non accennava a mandare fuori né Matt né tantomeno Chris, prese la cartella ed iniziò la sua esposizione.
 
 
“Dunque…tutti i valori sono nella norma. Ha lividi e graffi che guariranno presto. Per quanto riguarda il tipo di violenza subita, le suggerisco di indossare indumenti comodi o possibilmente larghi, ed evitare sforzi eccessivi per qualche giorno. Mi addolora dirvi, però, che per quanto riguarda il bambino, non c’è stato nulla da fare. Lo scontro con il tavolo è stato determinante e fatale…mi dispiace” terminò
 
 
Silenzio, silenzio totale…
Ancora una manciata di secondi ed il medico si dileguò fuori dalla stanza ritornando alle sue visite quotidiane.
 
 
“E questo che cosa significa?” esordì Chris corrugando le sopracciglia
 
 
Dom, semplicemente, esplose.
 
 
“Significa che non ci sarà un altro Howard in casa, perché a volte la vita fa veramente schifo, Chris!!!” urlò uscendo e sbattendo la porta
 
 
10 secondi per assimilare e digerire la gravità della notizia, e Chris diede un pugno al muro urlando un “Maledizione!!!”, prima di seguirlo.
Io sobbalzai leggermente rimanendo in completo e religioso silenzio, Matt sospirò prendendo la mia borsa e si avvicinò facendomi dono dei suoi occhi azzurri e della sua espressione preoccupata mista a dispiacere.
 
 
“Andiamo a casa!” disse con un braccio intorno alle mie spalle
“A casa?” chiesi allarmata
“Si, io e Chris resteremo con voi fino a domani che verranno ad installarvi il sistema di allarme. Entrambi lo abbiamo già in casa, quindi tua sorella e Will staranno bene” sorrise
 
 
Uscendo dal S. Thomas, li trovammo entrambi vicino l’auto che attendevano il nostro arrivo.
Chris poggiato alla portiera e Dom che soffiava aliti di fumo dalla sigaretta che teneva in mano.
Non appena ci vide, la gettò e salì avviando il motore. Salii in auto e non mi degnò nemmeno di uno sguardo, e la cosa mi fece stare male più di quanto già non fossi.
 Iniziai a pensare che forse avevo sbagliato in qualche cosa o atteggiamento; forse ce l’aveva con me per qualche ragione; forse non ero stata abbastanza forte; forse in qualche modo avrei potuto evitare che accadesse…
 
Voltai lo sguardo verso lui, le mani salde sul volante che di tanto in tanto accennavano ad un tamburellare breve; gli occhi fissi sulla strada; la mascella che si serrava ed apriva; i nervi a fior di pelle.
Sulle note in sottofondo di un brano degli Arctic Monkeys, voltai il viso verso il finestrino notando il cielo di Londra addensarsi di nuvole.  
 
Posteggiata l’auto, scendemmo tutti e quattro muti e distanti. Chris aprì la porta premettendo che lui e Matt avevano provveduto a ripulire ogni cosa da ciò che era successo.
Entrai in quel salotto immacolato mentre Matt alle mie spalle lanciava occhiate verso Dom per invogliarlo ad aiutarmi. Lui si avvicinò cauto e piano piano, mi aiutò a salire al piano superiore; superando la camera di William per arrivare in bagno.
Una volta entrati, si premurò di aprire l’acqua della vasca e di togliermi i vestiti che avevo indosso, non battendo minimamente ciglio riguardo le evidenti condizioni in cui il mio corpo si presentava.
Sapevo che in qualche modo stava male, ma tutto quello che arrivava a me, era un muro invalicabile e tanta tanta rabbia.
Nello stesso clima e silenzio di qualche secolo prima, Dom tolse l’orologio ed in ginocchio, prese a lavarmi i capelli con quel suo shampoo che amavo ed odiavo nel medesimo istante, evitando di mandare il sapone negli occhi.
Dopodiché, mi porse l’accappatoio con il quale mi avvolse, prima di concedermi il mio spazio, dirigendosi verso la porta.  
Una frazione di secondo prima che chiudessi l’accappatoio, l’occhio gli cadde sull’enorme livido che avevo sul ventre, lasciandolo interdetto.
 
 
“Dom…” lo chiamai debolmente
“Si?” il ghiaccio
“Quel livido andrà via…” lo rassicurai
“Si…come nostro figlio” disse trafiggendomi il cuore
“Non…” tirai su col naso “non è stata colpa mia!” sussurrai a capo chino
 
 
Sospirò chiudendo gli occhi per un secondo, tornando sui propri passi.
 
 
“Certo che no! Dio mio, vieni qui!” disse allargando le braccia
“Ti prego Dom, non essere arrabbiato con me” dissi contro il suo petto
“Non ce l’ho con te. Ce l’ho con chi ti ha fatto questo!” rispose
 
 
Prese il mio viso fra le mani lasciandomi un bacio lungo ed intenso  con lo scopo di tranquillizzarmi.
 
 
“Hai bisogno di una mano per vestirti?” aggiunse
“No, posso farcela anche da sola, grazie” dissi calma
“Ok. Vado a controllare che Matt ti abbia fatto una camomilla!” esclamò
 
 
Abbassò la maniglia della pota ed uscì per tre quarti, prima di voltarsi un’ultima volta.
La fronte corrugata che preannunciava un’imminente domanda.
 
 
“Perché non gli hai dato quello che volevano?” chiese
“Gli ho detto dov’era la cassaforte, no?” dissi ovvia
“Ma non la combinazione. Perché?” disse temendo la risposta
“…Perché lì dentro ci sono tutti i tuoi ricordi di tuo padre…”
 
 
Annuì leggermente con la testa chiudendosi la porta alle spalle.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto male gli avevo procurato con quelle parole.
Gli avevo praticamente detto di aver difeso l’onore e la vita di suo padre rischiando la mia di vita; e se da un lato era stato qualcosa di stupido e folle per via dell’imprevedibilità delle conseguenze, dall’altro era grato del fatto che non dovesse organizzare un altro funerale.
Guardandomi allo specchio, la visione di quel livido ed i ricordi di ciò che avevo subito, schizzarono nella mia testa e semplicemente iniziai a lacrimare.
Enormi, grosse lacrime cariche di tutti i sentimenti dell’intero universo. Un pianto angoscioso, volto anche a sfogarmi ora che finalmente ero sola. Un pianto da togliere il respiro e tutte le energie.
 
Dall’altro lato della porta, silenzioso come la notte gelida, Dom ascoltava il mio sfogo che ad ogni singhiozzo gli dilaniava l’anima. Riviveva nella mente ogni singola scena che avevo raccontato, soffermandosi sullo stupro ripetuto,  su suo figlio che non sarebbe mai nato né cresciuto,  e su di me che mi ero salvata per un vero miracolo. Pensò a cosa sarebbe accaduto se fosse rimasto in casa o se fosse tornato quel poco tempo prima che la sfortuna avesse iniziato a giocare in casa nostra. Si chiese se fosse stato in grado di evitare tutto ciò. Era troppo anche per la sua mente, e così scivolò a terra, spalle alla porta e la testa indietro contro il muro.
Sapendo quanto mi intristivo nel vedere qualunque essere di sesso maschile che piangeva, figurarsi se si trattava di lui, cercò di farlo in silenzio bagnandosi tutto  il viso e la t-shirt.
 
 
“La camomilla è…”
 
 
Matt si bloccò all’istante, il sorriso che sparì velocemente dalle sue labbra.
Depose le due tazze sul comodino più vicino e si avvicinò a Dom.
Capì la situazione non appena udì i miei singhiozzi ed intuì che il suo migliore amico, in quel momento si sentiva totalmente inerme difronte a tutto. Matt avrebbe voluto possedere la facoltà di poter sistemare le cose con un semplice schiocco delle dita; punire chi aveva osato stravolgere la sua vita e quella degli altri; far sì che non fosse accaduto nulla di grave e che le nostre vite scorressero al limite della complicità ed ilarità che c’era sempre stata.
Non potendo fare altrimenti, si sedette a terra a gambe incrociate; lasciò un bacio fra i capelli di Dom e con un braccio sulle sue spalle, lo lasciò piangere promettendogli che tutto sarebbe andato bene. 

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Capitolo 6
*** Only you can stop the pain ***


I’m back…come al solito ci ho messo una vita e probabilmente vi sarete stancati di me e di questa storia; ma se così non fosse, vi ringrazio per l’interesse e per la voglia di leggerla. Detto questo, buona lettura e mi raccomando, fatemi sapere la vostra..
Cheers 



Only you can stop the pain

 
Uscii lentamente dal bagno dopo un’ora e dopo aver cercato di ricompormi nel miglior modo possibile.
Il gonfiore agli occhi era scomparso, le mani aveva smesso di tremare e la tensione si stava via via attenuando a causa di quel bagno che fortunatamente e momentaneamente mi aveva rimessa al mondo.  Dom se ne stava vicino la finestra tentando di sistemare un po’ il disordine che regnava in camera, dissimulando quello che aveva provato seduto a terra diversi minuti prima.
Tirò su col naso fingendo uno starnuto che non era mai arrivato.
Sentendo il rumore della porta, si voltò.
 

“Ehy” disse calmo
“Ehy” risposi andandogli incontro

 
Mi diressi lentamente verso il letto, sdraiandomi con molta fatica e trattenendo il respiro a causa di qualche piccolo dolore improvviso.
Lui si avvicinò cauto rimboccandomi le coperte e sedendosi per un attimo a bordo letto.

 
“Tieni” disse porgendomi una tazza “Matt ti ha fatto una camomilla”
“Oh, grazie” risposi riconoscente
“Oramai, però, sarà fredda!” esclamò dispiaciuto
“Non importa, va bene anche così” sorrisi
“Va bene” sorrise di rimando “io vado a cambiarmi, torno subito”
“Ti aspetto!” risposi con convinzione

 
Una decina di minuti dopo, eccolo uscire dal bagno, pronto per infilarsi sotto le coperte.
Lo guardai compiere un gesto dopo l’altro, prima di scivolare cauto al mio fianco. Con un sospiro, tirò su le lenzuola, voltandosi a guardarmi interdetto.
Guardavo la porta della nostra stanza in una sorta di stato ipnotico: sguardo fisso e vuoto, respiro troppo controllato e regolare.

 
“So che quello che ti dirò può suonarti come una frase di circostanza, ma nelle stanze qui vicino ci sono sia Matt che Chris, e qui ci sono io. Perciò, stai tranquilla. O almeno provaci, ok?” disse premuroso

 
Io annuii semplicemente, voltando lo sguardo verso la sua direzione; prendendo a fissare lui anziché la porta. Allungai le dita verso il suo viso sfiorandolo appena ed accennando un piccolo e fugace sorriso di ringraziamento.
Arricciò dolcemente le labbra, per poi darmi un bacio leggero.

 
“Mi piacerebbe dormire abbracciati, ma ho paura che con tutti quei lividi posso darti fastidio. Perciò, devo limitarmi a stringerti la mano. Posso?” chiese retorico
“Ma certo che puoi, idiota!” sorrisi

 
Più tardi, nel cuore della notte, mi svegliai a causa del braccio addormentato.
Tentati con leggera fatica, di girarmi sul fianco destro giusto il tempo per variare un po’ la posizione.
Col massimo silenzio possibile, sospirando, tentai di scivolare di nuovo nel baratro del sonno.
All’incirca verso le tre del mattino, un rumore vagamente simile a quello di un oggetto che viene messo a dura prova per testarne il punto di rottura, mi fece aprire leggermente gli occhi. Scrutai assonnata la stanza, ma mi convinsi di averlo solo immaginato.
Dieci minuti dopo, eccolo di nuovo, e stavolta rivolsi lo sguardo verso la finestra.

 
“Dom! Dom svegliati!” dissi non lasciando mai con gli occhi la finestra
“Che c’è?” chiese sollevandosi sui gomiti
“Qualcosa ha colpito il vetro!”
“Sei sicura? Potrebbe essere solo un’impressione” disse calmo
“No Dom, l’ho sentita sul serio!” esclamai convinta
“Però…tesoro, non c’è nessuno”

 
Furono le ultime parole famose, perché non appena terminò di pronunciarle, un colpo assordante, seguito da centinaia di vetri che si riversavano a terra, ruppero il silenzio che regnava fino a poco prima.
Dom ed io sobbalzammo nel letto completamente spaventati.
Entrarono tutti e cinque con i volti sorridenti, stavolta senza maschere, attenti a sfruttare al meglio la penombra per evitare di essere anche solo vagamente riconosciuti.

 
“Siamo tornati, piccola!” esclamò il primo “Ti trovo in forma!”
“Che cosa volete ancora?” chiesi scendendo dal letto e correndo vicino a Dom
“Quello che non abbiamo ottenuto la volta precedente!” rispose
“O forse preferisci che stavolta ce la prendiamo con il tuo ragazzo?” disse il secondo
“No, vi prego!” li implorai
“E allora parla!” ordinarono

 
Scambiai uno sguardo veloce con Dom riguardo il da farsi.
Stavo cercando di ricordare l’esatta combinazione e forse ci misi quei dieci secondi in più del dovuto, perché uno di loro lo afferrò all’improvviso, puntandogli una pistola alla tempia, mettendolo in ginocchio.

 
“No no no! Per favore, sto pensando!” urlai implorante
“Tempo scaduto, tesoro!” disse togliendo la sicura
“Ve lo dico io!” disse Dom non appena vide uno di loro avvicinarmisi e sfiorarmi i capelli

 
Il primo, scoppiò in una fragorosa risata che riecheggiò nella stanza.

 
“Ah l’amore…l’arma più potente e nello stesso tempo più stupida dell’interno universo. Che gesto eroico da vero cavaliere geloso della sua amata!” e rise ancora ed ancora
“Se vi do la combinazione, la lascerete in pace?” chiese speranzoso
“Oh ma certo…d’altronde ci siamo divertiti fin troppo con lei, giusto?” urlò

 
Tutti gli altri risero al ricordo dell’ultima volta in cui avevano avuto occasione di vedermi.
Io, me ne stavo ferma ed immobile, pensando a tutto e a niente, con gli occhi colmi di lacrime.
Gli porsero carta e penna in modo che potesse scriverci sopra il codice. Una volta portogli il foglio, uno di loro lo colse di sorpresa con un pugno sul viso ed uno sullo stomaco che gli tolse completamente il respiro. Mi divincolai per andargli incontro cercando di aiutarlo in qualche maniera.

 
“Dom! Dom? Dom, mi senti?” dissi dandogli qualche schiaffetto sul viso

“Dom! Dom, svegliati!” ordinai

“Svegliati!”
“Svegliati!”
“Apri gli occhi!”
“Svegliati”

 
Una sensazione surreale e strana si impossessò del mio corpo. Non riuscivo a capire per quale ragione mi sentissi in quello stato. Era come se delle onde si stessero infrangendo contro di me, muovendomi a destra e a sinistra; solo aprendo gli occhi, riuscii a focalizzare Dom davanti a me che mi ordinava di svegliarmi.

 
“Ehy, mi hai fatto spaventare!” esclamò ancora un po’ agitato
“Dom!” dissi guardandolo prima in viso e poi sfiorandogli lo stomaco
“Bimba, sto bene!” disse fermandomi la mano “vuoi dirmi cos’è successo?”
“Erano…erano tornati, e noi stavamo dormendo. Hanno rotto la finestra e poi hanno iniziato a minacciarci, e poi tu…loro ti hanno…e io non sapevo cosa fare, tu non rispondevi e allora…” dissi tra una specie di singhiozzo e l’altro
“E’ stato solo un incubo, tesoro! Guardami, sto bene. Nessuno ha rotto la finestra. Nessuno ti ha minacciata e nessuno mi ha fatto del male” disse abbracciandomi forte
“Tu non mi parlavi…” continuai stringendolo
“E’ stato un brutto sogno” ripeté “eri lì che mi parlavi nella notte ed ho solo pensato che stessi sognando, ma poi hai iniziato a chiamarmi sempre più allarmata ed agitandoti. Dom, Dom, Dom!!! E lì ho capito che era qualcosa di serio e ho cercato di svegliarti. Mi dispiace tesoro, ma era solo suggestione” concluse
“Va tutto bene qui?” chiese Chris spalancando la porta
“Si” risposi “si, tutto bene. Ho avuto un incubo”
“L’importante è che stai meglio” affermò “se avete bisogno, io sono di là” si congedò

 
Dopodiché, ognuno tornò nel proprio letto, cercando disperatamente di poter dormire senza brutti pensieri. Così, chiusi gli occhi, aspettando che il sonno avesse la meglio su di me. 
Verso le 4:00, ero ancora lì nel letto che sbuffavo senza avere un briciolo di sonno, o meglio, mi sentivo stanchissima ma nello stesso tempo avevo il terrore che non appena avessi chiuso gli occhi avrei avuto altri incubi.
Dom era lì che dormiva profondamente, e non avevo la benché minima intenzione di svegliarlo ed interrompere quel sonno più che meritato che da diversi giorni era stato accantonato.
Perciò, molto lentamente, lasciai il letto per teletrasportarmi al piano di sotto a tenere la mente impegnata. Con mia sorpresa, trovai Mr. Insonnia che leggeva con tutta la concentrazione possibile, l’ennesimo libro sulla fine del mondo e sulle cospirazioni. Mi diede un bacio sulla tempia ed io lo lasciai leggere in pace, mentre sprofondavo nel divano, immersa nella melodia proveniente dal mio ipod.

 
 
Diverse ore dopo, io e Dom eravamo in macchina, di ritorno dalla mia prima seduta con il dottor Davis, lo psicologo consigliatomi in ospedale.
Dicevano fosse uno dei migliori, esperto soprattutto in traumi o comunque questioni simili a ciò che mi era accaduto, e perciò Dom non aveva accennato a farselo ripetere due volte. Aveva prenotato il primo appuntamento immediatamente dopo aver avuto la notizia che stavo bene e che sarei uscita molto presto. Era stata una seduta molto impegnativa, avevo dovuto rivelare ogni briciolo di emozione e sensazione che avevo provato quella sera e soprattutto, quelle che stavo ancora provando in quel momento; avevo dovuto mettere a nudo tutte le mie elucubrazioni mentali e rivelarle ad un completo sconosciuto che, a detta degli altri, avrebbe saputo trovare il modo per aiutarmi. 
Avevo espresso il desiderio di far restare Dom durante la seduta, cosa realizzata solo in parte e solo per il tempo necessario per far si che mi trasmettesse un po’ di sicurezza; ma in seguito fu costretto a lasciare la stanza. A parte tutto questo, alla fine ero riuscita ad alleggerire la mia ansia e la mia anima.
In quel momento eravamo diretti a casa di Matt per una piccola cena a cui non volevo prendere parte, ma solo perché ero stanca. Posteggiammo, e scendemmo dall’auto per poi dirigerci verso il portone d’ingresso. Una volta entrati, il calore e l’accoglienza di Spencer e Kelly mi travolsero in un istante, poiché nessuna delle due aveva più avuto occasione di vedermi.
Dopo averle rassicurate ed aver promesso loro di raccontare per filo e per segno ciò che era capitato, mi voltai verso il mio marmocchio che smaniava per salutarmi.

 
“Ciao amore mio” dissi prendendolo in braccio

 
Quando si sciolse un po’, mi abbracciò forte, e per un attimo tutti i miei timori su ciò che sarebbe potuto accadere se il suo pianto avesse raggiunto le orecchie di quegli uomini, svanirono nella sua stretta.
Fui riscossa dal momento magico, nell’istante in cui Will, dimenandosi con le gambe, iniziò a procurarmi fastidio al livido sotto la maglia. Cercai di calmarlo e stringere un pochino i denti, ma essendo piccolo non riusciva a comprendere bene il perché io gli stessi intimando di stare fermo e calmo.
Dopo l’ennesima smorfia di dolore, Dom accorse in mio aiuto.

 
“Ehy ranocchietta, così fai male alla mamma! Vieni, andiamo a giocare”

 
Per tutta risposta, Dom ricevette uno schiaffo da Will sul viso.

 
“Vorrà dire che William questa sera giocherà da solo!” disse mettendolo a terra

 
Con i lacrimoni si diresse in un angolo vicino la porta finestra, palesemente offeso.
A Dom dispiaceva rimproverarlo, ma almeno non era stato troppo brusco, gli aveva solo fatto notare che non doveva reagire in quel modo. Così, approfittando del silenzio di William, mi sedetti a terra su uno scalino per raccontare a Kelly ciò che era accaduto nei dettagli e spiegando come era stata la mia seduta col dottor Davis; dopodiché, mostrai loro l’enorme livido sul ventre che solo Dom, per un puro caso sfortunato, aveva scorto.
Lessi l’orrore e la preoccupazione negli occhi di tutti i presenti: vidi Kelly stringersi a Chris e Matt prendere al volo i piatti mollati da Spencer mentre tentava di apparecchiare la tavola.
Li rassicurai uno ad uno con lo sguardo, occupando in qualche maniera il silenzio che improvvisamente era calato nel salotto. Chris mi scrutò quella manciata di secondi in più per poter affermare con convinzione che stessi dicendo la verità.
Abbozzai un mezzo sorriso nella sua direzione facendogli capire che i miei nervi erano saldi, ora che mi trovavo a casa con loro.
Non capendo con esattezza ciò che stava accadendo, e riscossosi dal momento di tristezza, Will si alzò da terra, fece qualche passo barcollante fino a raggiungermi e poi si bloccò.  
Restammo tutti a fissarlo incapaci di poter prevedere che cosa gli stava passando per la testa in quel momento e soprattutto cosa, di tutti quei termini che erano volati prima, lui avesse appreso e compreso. Mi guardò fisso negli occhi, come se avesse capito che stavamo parlando di qualcosa di brutto e spiacevole; alzò una manina indicando il taglio che si stava rimarginando sul mio zigomo. Tolse lentamente il ciuccio dalla bocca e posò delicatamente le labbra sulla mia guancia per lasciarvi sopra un bacino.

 
“Mamma…bua…” disse staccandosi piano piano

 
Tutto quello che seppi fare, fu sorridergli riconoscente ed abbracciarlo.
Fu il gesto più dolce che potesse fare in quel preciso istante; ovviamente non era assolutamente consapevole di cosa poteva esserci dietro, e notando gli sguardi dei presenti su di noi, capii che anche per loro era stato un gesto caloroso e commuovente.
In quel preciso istante, il suo gesto voleva dire “con un bacino si sistema tutto”.
Proprio come io e Dom gli avevamo insegnato.

 
 
Più tardi, dopo cena, mi congedai per salire di sopra e fare una doccia rilassante; tutti gli altri stavano sparecchiando la tavola e progettando di vedere un film.
Mezz’ora più tardi, Dom fece capolino dalla porta per assicurarsi che stessi bene.
Entrò in camera da letto tutto sorridente e con sguardo a metà tra il divertito e l’implorante, ed io conoscevo fin troppo bene quello sguardo.
Chiuse la porta alle sue spalle e si voltò per chiuderla a chiave ed assicurarsi che nessuno venisse a disturbarci.
Diversi minuti più tardi, Dom scese al piano inferiore ed andò a sedersi silenziosamente sul divano al fianco sinistro di Matt.

 
“Tutto bene?” chiese Matt sottovoce

 
Dom fece spallucce, e Matt ebbe la certezza che ci fosse qualcosa che non andava.
Conosceva il suo migliore amico come le pagine di un libro, ma non uno qualunque…Matt conosceva Dom come uno dei suoi libri preferiti; uno di quelli che rileggi da una vita intera; di quelli che sanno come inchiodarti dalla prima fino all’ultima pagina. Lasciò che il film scorresse, posticipando in questo modo il momento in cui sarebbero rimasti soli per un momento di confidenze, trascorrendo così le due ore del film, evitando di guardarsi. Solo più tardi, dopo aver salutato Chris e Kelly, ed aver sistemato William in camera, Matt uscì fuori in giardino per parlare con Dom. Se ne stava abbandonato sotto il gazebo con indosso la felpa, una sigaretta fra le labbra ed un vento leggero che gli agitava i capelli.
Matt occupò il posto vicino a lui e sospirò.

 
“Allora…cosa mi sono perso?” chiese
“E’ successa una cosa a dir poco incredibile!” rispose
“Che c’è? Hai perso la tua camicia leopardata?” rise scherzando

 
Ma Matt mutò espressione dallo scherzoso all’estremamente serio non appena si accorse che Dom non aveva accennato minimamente a cancellare dal suo viso la sua maschera di delusione e dispiacere.

 
“Scusami” … “raccontami, ti prego!” lo invogliò

 
In un monologo senza fine, Dom raccontò a Matt di come avessimo provato a fare l’amore dopo tutto quello che era accaduto. Raccontò di come stavamo ridendo a crepapelle ripensando a quando, nei primi tempi, dovevamo nasconderci da tutti gli altri; di come avessi ritrovato la tranquillità; di come c’eravamo andati cauti e tutto stava procedendo per il meglio fino a quando, nel bel mezzo di tutto, ero scoppiata a piangere sommessamente e silenziosamente; di come lui avesse tentato di comprendere; di come era stato costretto a fermarsi ed infine, di come fosse scesa un’aria di distacco e vergogna. Così, si era dato una sistemata ed aveva lasciato la stanza udendo i miei singhiozzi e lasciandomi sola.
Matt lo ascoltava attentamente, dispensando poi qualche idea o consiglio; ma Dom non faceva che scuotere la testa scacciando ogni pensiero.
Quando più tardi si separarono per andare a dormire, Matt lo abbracciò forte, e gli intimò di non pensarci perché tutto si sarebbe sistemato. Quella notte, ognuno di noi si addormentò con un pesante macigno sul petto e pieni di domande che frullavano nelle nostre teste. Dom, che si domandava se avesse fatto o meno un gesto sbagliato; io, che mi rimproveravo per non essere stata in grado di sostenere l’atmosfera ed il momento.
Quando entrambi credevamo che peggio della vergogna non potesse esserci nulla, ci sbagliammo di grosso.
Il peggio arrivò nei giorni seguenti quando, per mancanza di comunicazione in riferimento a ciò che era successo, le nostre conversazioni si ridussero allo stretto indispensabile; due parole a colazione, tre a pranzo ed altrettante a cena. Con la registrazione del nuovo album, Drones, iniziarono anche le nottate in studio, i viaggi e le interviste. Pertanto, Dom prese a dormire sul divano per non disturbare, fino al raggiungimento del picco massimo di incredulità.
Mi accorsi che le cose si erano messe più che male quando un giorno, mentre sparecchiavo la tavola con Spencer, semplicemente lo chiamai “Dominic”.

“Dominic”…

Quel nome sempre trovato scomodo pronunciato dalle labbra di chiunque perché non rendeva giustizia alla persona che era; e questo, non perché odiassi il suo nome per intero, ma solo ed esclusivamente perché sin da quando ero venuta a conoscenza della sua presenza in questo mondo, per me era stato sempre e solo Dom; il “mio Dom”.
Sin dai miei 14 anni…sin da subito…sin da sempre…

E adesso, in quel salotto piombato nel silenzio in cui cinque paia di occhi mi fissavano increduli, sembrò che io e lui non avessimo mai avuto una relazione; che non condividessimo una casa, né tantomeno che avessimo avuto un figlio insieme.
Avevano tutti interrotto le proprie attività non appena lo avevo chiamato in quel modo, quasi come se avessi preso una sedia e l’avessi lanciata contro una cristalleria…era sembrato il segnale d’allarme più potente del mondo. 
Nell’arco poi di qualche giorno, altri due nomi sfumarono lentamente tornando alle proprie origini: Matthew e Christopher.
Decisamente, le cose stavano precipitando!!!


Le mie sedute con il dottor Davis aumentarono, e in un paio di occasioni, stillò una sorta di terapia di coppia includendo anche Dom. Mi convinsero del fatto che parlare anche di cose futili sarebbe stata comunque una cosa utile per ristabilire un dialogo pacifico; ma ciò che mi tormentava, era la paura di non riuscire più a recuperare il rapporto che avevamo sempre avuto noi due…quello puro e semplice misto di idiozia, dispetti ed amore che era tutta la mia vita.
Per circa una settimana la cosa sembrò funzionare; non era tornato tutto alla perfezione, ma perlomeno eravamo tornati a parlarci con un po’ più di confidenza…
In quel momento, io ero a letto e mi ero svegliata da poco.
I ragazzi avevano un paio di giorni liberi e Dom aveva proposto qualcosa come “poltrire a letto tutto il giorno”, ed io avevo acconsentito.
All’improvviso un cellulare squillò fra le coperte.
Dietro la porta del bagno, Dom urlò.

 
“Potresti rispondere per favore?” chiese
“Si, un secondo” risposi annaspando nel cercarlo
“E’ solo un sms, credo. Comunque dovrebbe essere il dottor Davis. Dice che doveva assolutamente chiamarmi, ma non ho idea del perché” constatò
“Trovato?” aggiunse cinque minuti dopo

 
Non ricevendo risposta, uscì dal bagno curioso, trovando la stanza vuota.
Uscì e si affacciò dalla balaustra delle scale, vedendomi aprire la porta d’ingresso.

 
“Ehy, tesoro” azzardò “dove vai?” aggiunse preoccupato
“Io…ci ho provato Dominic, sul serio. Ma così non posso farcela” dissi triste

 
Chiusi la porta alle mie spalle lasciandolo con le sopracciglia aggrottate per la confusione.
D’altronde, ero andata via senza una spiegazione. Di nuovo non riusciva a capire se dipendeva da lui o da me; e stavolta non volle assolutamente fare nulla se non restare in casa ed attendere che tornassi. Così, si diresse in camera gettandosi a peso morto sul letto a faccia in giù, lanciando un sospiro. Non sapeva come interpretare le mie parole, come se lo avessi messo in guardia che ero arrabbiata, oppure come se lo avessi lasciato.
Quando l’Iphone si fece sentire di nuovo, alzò la testa per cercarlo e ripensò all’SMS di poco prima.
Sbloccò il telefono e capì il motivo per il quale avevo messo i primi indumenti trovati ed ero uscita da casa lasciandolo solo.
“Ciao bel biondino del mio cuore! Ti aspetto la prossima settimana verso le 22:00 in quel pub che tanto amiamo. Mi aspetto un regalo di compleanno con i fiocchi!!! Un bacio. Kirsten”

 
 
Dall’altra parte della città, Kelly stava aiutando Alfie nei suoi compiti di matematica.
D’un tratto il campanello suonò.
Lasciò il tavolo della cucina per andare ad aprire la porta, per poi sgranare gli occhi verso l’ospite che si trovava in un notevole stato pietoso.

 
“Kelly…”
“Non serve che tu dica altro…vieni con me” aggiunse

 
Raggiunto il salotto, si soffermò sulla porta un momento, prima di apostrofare qualunque cosa.

 
“Chris, c’è qualcuno che ha bisogno di te” disse
“Bambolina!” disse sorpreso spegnendo la play station
“Ciao” sibilai piano

 
Inclinò leggermente la testa per cercare di capire cosa avevo.
Feci il giro del divano per andare a sedermi vicino a lui.
Avevo girovagato a piedi piangendo per circa un’ora cercando di scaricare la rabbia anche se sapevo esattamente dove sarei dovuta andare quando avessi iniziato a calmarmi di nuovo.

 
“Occhioni tristi, che cosa c’è che non va?” chiese dolce
“Christopher…Io…” sospirai “sono venuta a chiederti scusa per non averti detto nulla del bambino”
“Oddio!” esclamò spiazzato “non preoccuparti, non importa”
“Si invece…ti avevo promesso che avresti sempre saputo tutto…”
“Ascoltami” disse abbracciandomi “nonostante ciò che ti è accaduto, tu sei sopravvissuta. Lo so che volevi aspettare e non te ne avrei fatto comunque una colpa. L’importante è che tu stia bene e mi dispiace per come ho reagito in ospedale e sia chiaro, non era perché tu non me l’abbia detto subito; era perché non riuscivo a capacitarmi del fatto che ti fossero accadute cose così terribili tutte in una notte sola. Mi capisci?” chiese

 
Annuii leggermente e grata del fatto che non ci fosse rimasto male per non averglielo detto appena scoperto. Fece portare un thè da Kelly e per circa mezzora cercammo di parlare d’altro; finché non lo vidi prendere un enorme respiro e guardarmi con l’aria di chi ti smaschera in maniera elegante e con discrezione.

 
“Allora…vuoi dirmi il vero motivo per cui sei qui?”
“Il vero motivo?” domandai
“Si, e non rifilarmi la storia che non c’è altro. Credi che non mi sia accorto del fatto che hai chiuso il telefono in faccia a Dom per ben tre volte nell’ultima ora?” disse calmo
“Beccata!” risposi “Comunque la storia del bambino è vera!” affermai
“Mai detto il contrario, bambolina. È solo che ho visto le condizioni in cui sei entrata in casa mia prima, e quello che sei venuta a dirmi non rispecchia affatto il tuo stato d’animo. Per non parlare del tuo telefono che squilla di continuo; e sia chiaro, tu non ignori MAI Dom!”
“Ok…però devi dirmi la verità, Christopher! È uno dei tuoi migliori amici ed è normale che tu voglia proteggerlo in qualche modo ma…ho bisogno di sapere una cosa” ammisi
“Va bene, ti risponderò con sincerità, ma prima vado a posare le nostre tazze da thè” disse sorridente

 
Si allontanò per un paio di minuti scarsi, per controllare il messaggio arrivatogli 5 minuti prima.
“Non lasciarla andare via, per favore. Dom”
Tornò poco dopo con la pazienza e la voglia di aiutare le persone tipica di Chris Wolstenholme.

 
“Sono pronto” esordì
“Credo che Dominic mi tradisca!” lanciai quella bomba spiazzandolo
“Come hai detto?”
“Christopher non mentirmi…Dominic ha un’altra, non è vero?” ripetei
“Come fai a dire una cosa del genere? E poi, non stavate cercando di migliorare le cose?”
“Andava tutto bene, fino a quando non ha ricevuto quel messaggio” risposi piatta
“E chi…”
“Una certa Kirsten… ‘Voglio un compleanno coi fiocchi’” dissi facendogli il verso
“Bambolina, credo che tu ti stia sbagliando!” proseguì ridendo
“Non fa niente Christopher. Lascia stare” dissi alzandomi

 
Prima che potessi uscire dal salotto, Kelly varcò la soglia con Dom al seguito.

 
“Tu che ci fai qui?” domandai
“Sapevo che ti avrei trovata qui” ammise “e ritengo che noi due dobbiamo parlare di alcune cose”
“Vi lascio soli allora”
“No Christopher, puoi anche restare, sappiamo tutti che sei suo complice. Di cosa vuoi parlare Dominic?” dissi al suo indirizzo fintamente interessata
“Ecco…” tentennò per qualche secondo prima di proseguire “ho ricevuto la telefonata del dottor Davis. Dice che non sta vedendo in te alcun miglioramento anzi, il contrario. Ha detto che secondo le sue analisi ed in base alle ultime sedute effettuate, crede che tu debba affrontare un periodo di terapia in una clinica privata; perciò ha prenotato un posto per te per due mesi in una clinica a meno di un’ora da qui e…”
“E cosa? Dove si trova questo posto? Due mesi? Ti ha detto che ne ho bisogno? Beh, io non ci credo!!! Non sarò una bambina saltellante, ma mi sento bene!” mi infuriai
“Tu non vuoi capire!” disse alterandosi
“Esatto! Non voglio capire e non voglio andarci!” dissi andando via
“Dove pensi di andare adesso?” urlò correndomi dietro
“Vado a cercare qualcuno che sappia capirmi!”
“Kelly, porta Alfie di sopra” consigliò Chris in vista della fine del mondo

 
Non appena ruotai la maniglia della porta d’ingresso, tutto il mio sistema nervoso si rilassò alla vista di Matt impalato davanti a me.
Mi gettai letteralmente fra le sue braccia per cercare quel conforto che da diverse ore mi mancava terribilmente.

 
“Oddio Matthew!!! Sono così felice che tu sia qui! Per favore, non lasciare che mi portino via, io sto bene. Diglielo…spiegaglielo!”

 
Sentii la presa di Matt abbandonare lentamente le mie spalle, scostandosi di qualche centimetro per potermi guardare in viso.
Leggevo nei suoi occhi azzurri il dolore, la rabbia, la consapevolezza e la rassegnazione, e capii.

 
“Matthew…” lo implorai “Matt…”

 
Ma di Matt, nemmeno l’ombra di una parola.
Non poteva essere vero! Non riuscivo a crederci! Erano tutti d’accordo!!!

 
Alle spalle di Matt, un auto con i vetri scuri, lasciò uscire il dottor Davis insieme ad alcuni dipendenti della clinica.
Mi voltai verso Dom e verso i suoi occhi.

 
“Hai già deciso tutto!” dissi mentre una lacrima rigava la mia guancia
“No, aspetta!!!” si avvicinò calmo
“Non azzardarti a toccarmi, Dominic!” indietreggiai scoppiando in un pianto isterico
“Lo sto facendo per il tuo bene”
“Posso almeno sapere il perché? O nessuno dei tre vuole prestarsi a cotanto spreco di parole! È forse perché ti sei stancato di me? Perché ti sto rovinando in qualche modo la vita? È perché non mi hai più sfiorata da quella sera in cui sono scoppiata a piangere? È perché non riesco più a fare l’amore con te? O forse perché tu e la tua cara Kirsten, potete finalmente sbarazzarvi di me!” finii
“Dobbiamo parlare anche di questo” proferì poco dopo “non è come credi…”
“Ho sentito abbastanza, Dominic” mormorai
“Signor Howard, dobbiamo andare”

 
Nell’esatto istante in cui si avvicinarono, mi dimenai ed urlai fino allo sfinimento.
Matt mi guardava con gli occhi traboccanti lacrime; Dom si avvicinava lento per poter parlare meglio con il dottor Davis su quello che sarebbe successo, e Chris…Chris non ce la fece e rientrò in casa chiudendosi la porta alle spalle.
Alzai finalmente il viso e lo guardai, non c’era più niente che io potessi fare, niente e nessuno per cui lottare; non avevo più nulla e semplicemente mi arresi.
Fissai i miei occhi nei suoi per trasmettergli le mie ultime parole.

 
“Ti odio, Dominic…” terminai

 
Detto questo, mi introdussero in macchina sbattendo forte la portiera.
Riuscivo a vedere Dom dall’altra parte del vetro, venire distrutto dalle mie parole.
Potevo essere ferita, arrabbiata, nervosa, frustrata, delusa ed ancora pensierosa, ma che potessi odiarlo non era mai stato lontanamente preso in considerazione.
Lo leggevo nel suo sguardo, che con quelle tre parole avevo dato il via alla sua ed alla mia disintegrazione.


 
 
Da quel momento in poi, il percorso fu tutto in salita.
La clinica ad un primo sguardo sembrava molto accogliente: un ingresso degno di un hotel di lusso, alberi altissimi, un laghetto artificiale con un pontile, recinzioni, degli interni accoglienti, personale e medici impeccabili e professionali.
Mi informarono del fatto che per i primi tre giorni non avrei potuto ricevere né visite né tantomeno telefonate da parenti o amici. Per quanto mi riguardava, ne ero felice poiché non avevo intenzione di vedere o sentire nessuno che non fosse mia sorella.
Mi sentivo tradita da tutto e da tutti, e Spencer, da una vita, era il mio appiglio nel mondo e nelle difficoltà. Ero il suo punto fermo e lei il mio, non c’era coppia che potesse batterci.
Fui scortata nella stanza che mi avrebbe ospitata e che dividevo con altre quattro persone.
Tutto sommato era un posto carino e speravo vivamente che il mio soggiorno in quella clinica sarebbe stato utile e confortevole.
La prima settimana fu talmente costruttiva che mi stavo quasi abituando all’idea che avrei dovuto trascorrere lì dentro ancora molto tempo.
Tutti i giorni, appena svegliati, scendevamo al piano terra per la colazione, poi ognuno seguiva delle sedute tenute da psicologi e psichiatri a seconda del motivo per il quale si trovava in quel posto ed il resto del giorno era totalmente libero. Si poteva guardare la tv, leggere o passeggiare in giardino, sempre sotto stretta sorveglianza.
Poi, la situazione cambiò.
Mi accorsi che qualcosa non andava, quando iniziarono a toglierci giorno dopo giorno, tutti i nostri effetti personali, venivamo sballottati da una stanza all’altra senza più quella gentilezza ed educazione dei primi giorni.
Nell’arco di due settimane, mi ritrovai con indosso una divisa sporca e lacera; dividevo la stanza con dieci persone e tutte in notevoli stati vegetativi gravi.
Tutti pieni di lividi, se solo osavi comportarti male; quasi come se volessero farci capire che non era oro tutto quel che luccicava.
Lo feci presente a Spencer durante una delle telefonate che mi venivano concesse.
Neanche fossi in un carcere!”

 
“Non preoccuparti” mi disse lei “vedrai cha andrà meglio, potrebbe essere solo che stanno smistando ancora le persone”
“Non credo, Spence. Qui c’è qualcosa che non va. La donna che ieri aveva il letto difronte al mio, oggi è tornata con un braccio fratturato!” risposi

 
Quando poi gli argomenti terminarono ed io scoprii la triste verità che si celava dietro l’immensa facciata del luogo, era trascorso poco più di un mese.
La mia volontà di non voler vedere nessuno, era stata rispettata, e mia sorella si era accontentata delle nostre telefonate.
Durante una di quelle, si toccò l’argomento a lungo evitato, ed il fatto che la sera seguente erano stato tutti invitati al party di Kirsten.

 
“Tesoro…tu come stai?”
“Non so spiegartelo. Un momento sono triste e quello dopo vorrei spaccare il muso a chiunque mi passi davanti. Ma ovviamente non posso farlo!” risposi
“Mi dispiace” ammise “mi dispiace davvero per tutta questa situazione. Ho litigato con tutti quanti, nei primi tempi. Ti prometto che non appena uscirai, staremo insieme”
“Non avevo dubbi!” sorrisi grata

“Manchi a tutti, lo sai?” domandò mettendo in vivavoce
“Stellina?”
“Matt?!”

 
Dio, quanto mi era mancata la sua voce!!!

 
“Bambolina?”
“Ciao Chris…come state?” chiesi un po’ triste
“Stiamo tutti bene, a dire la verità ora che riusciamo a parlarti va molto meglio” ammise
“Lo so che stai cercando di affrontare la cosa, ma ho bisogno di sapere che non sei arrabbiata con noi o comunque che tu ci voglia ancora nella tua vita!” disse Matt preoccupato
“Mi avete fatta star male, Matt!!! Ma capisco anche il fatto che abbiate agito negli interessi e nella salvaguardia di Dominic” risposi fredda
“A tal proposito” si intromise Chris “lui è qui e vorrebbe parlarti”

“Ehy…lo so che mi odi e che vorresti non avermi mai incontrato, ma per favore, non riagganciare. Sono la più pessima delle persone ed il più pessimo dei ragazzi. Ti ho rinchiusa lì dentro e praticamente non sto vivendo più da allora, perché ci hai tagliati fuori completamente. Volevo solo dirti, che fra qualche giorno usciranno un paio di nuovi singoli del nuovo album e vorrei che tu ne ascoltassi uno in particolare. Lì dentro c’è racchiuso gran parte di ciò che sto passando da quando ho acconsentito a mandarti lì. L’ho inviata sul tuo cellulare…” disse d’un fiato

 
Dall’altro lato della cornetta, io restavo in religioso silenzio, ascoltando il suono della sua voce dopo un lasso di tempo lunghissimo.
Era un mese che non lo sentivo, un mese che gli attribuivo la colpa di tutto, di avermi rinchiusa ed abbandonata lì dentro, nonostante avessi richiesto io stessa di non volerlo vedere.

 
“I tuoi minuti di telefonata sono finiti!!! Riaggancia quel maledetto telefono!!” urlò una voce
“Io…ehm…devo andare” risposi meccanicamente
“Ti prego, bimba, ascoltala!!!” urlò lui altrettanto velocemente

 
Poi, la comunicazione cadde.
Trascorsi le serate successive in una spirale di tormento, alimentati da vortici di pensieri che frullavano senza sosta. Come se non bastasse, le mie ricerche su quel luogo avevano portato i suoi frutti, ed iniziai a spaventarmi.
La mia indole da ficcanaso mi portò a curiosare in giro per i piani saltando così le sedute psicologiche.
Fui colta alla sprovvista da alcuni vigilanti mentre entravo di nascosto in un reparto in cui erano ammessi solo ed esclusivamente gli esperti. Mi misero k.o. e mi svegliarono il pomeriggio seguente conducendomi nella sala dedicata al relax: un salotto molto ampio e pieno di luce, colmo di vetrate che davano sul giardino; diversi tavolini e poltrone; un paio di lunghi divani ed un grande schermo tv difronte al quale un signore anziano, uno dei pochi con cui avevo scambiato un paio di parole e che cambiava canale ogni due tre secondi mandandomi su tutte le furie.
Film, serie tv, musica, arte, quiz…film, serie tv, musica, arte, quiz.
E così via per venti minuti, fin quando decisi di instaurare un minimo di conversazione con il signore in questione in modo da distrarlo e far sì che smettesse di girovagare a vuoto.
In breve tempo mi accorsi che il signor Thompson, non aveva più capacità di percezione della realtà che lo circondava, viveva in un mondo tutto suo, ed era ancora convinto che fossimo in un’altra epoca.
Gli raccontai la mia storia e mi intimò di prendere la vita e le persone con più leggerezza e saggezza.
Cercai di fargli capire che ero molto arrabbiata e che mi sentivo tradita.
Poi, voltai lo sguardo verso la tv e rimasi incantata.
Penombra, un ragazzo ed una ragazza ballavano nello schermo a ritmo di musica; dei droni sorvolavano i soggetti in questione alzando un polverone bianco, e poi finalmente li vidi.
Matt, Chris e Dom, nelle loro tute nere ricoperte da un leggero strato di polvere. Erano magnifici come sempre e come lo sarebbero sempre stati. Le parole scorrevano così come il video e così come i loro volti e le loro voci che avevano sempre avuto impatto nella mia esistenza.
Ero ancora nervosa e nonostante la rabbia, non riuscivo a smettere di guardarli e soprattutto a cercarli nei meandri di quel video.
Poi, arrivò la parte strumentale, poi ancora la strofa…

 
“It’s hurting, babe. Only you can stop the pain!”

 
E tutto si distrusse, lentamente ed inesorabilmente.
Tutti i muri che avevo costruito, tutte le barriere che avevo sopraelevato, tutta la rabbia accumulata, tutto l’orgoglio perpetrato; finendo inevitabilmente nel baratro al punto tale da sentire la mano del signor Thompson stringere la mia.

 
“Andrà bene piccola principessa, tanti amori sono sorti, così come tanti altri ne sono tramontati. Ho conosciuto molte fanciulle piene di speranza e con il cuore puro ed umile come il vostro; hanno resistito e lottato proprio come ora voi state facendo. Le ho viste combattere con le unghie e con i denti nei confronti di amori travagliati ed impossibili. Alcune ce l’hanno fatta, altre le ho viste logorarsi lentamente, troppo deboli per sostenere quell’amore che tanto bramavano. Il vostro uomo vi ha delusa e voi vi siete sentita ferita nell’orgoglio ed usata. Dovete ammettere, però, che le parole di odio da voi rivoltegli, devono avergli logorato l’anima e spezzato il cuore; ed è giusto essere adirati, ma vi ha anche detto di prestare attenzione alla melodia scritta per voi, e questo vuole dire molte cose…
Perciò, mia bella fanciulla, posso dirvi che l’orgoglio e la rabbia non riusciranno mai a competere con lo sguardo di consapevolezza e di appartenenza a colui al quale avete donato il vostro cuore; e questo, perché anche lui ha messo il suo cuore nelle vostre mani. Amatevi, amatevi incondizionatamente e fate l’amore sotto le stelle…e non temete, principessa, il vostro cavaliere arriverà presto” terminò con un sorriso
 
 
Una volta ringraziato, corsi ai telefoni per poter sfruttare i miei 30 minuti giornalieri concessi.
Uno per volta, l’istituto componeva il numero delle persone indicate nei moduli dai pazienti, e si procedeva.
Spencer rispose al secondo squillo, dato che il mio turno era quasi sempre nello stesso orario. Mi parlò di come fosse stato divertente il party di Kirsten e dopo aver udito il mio sbuffo, puntualizzò il fatto che Kirsten altri non era che una parente acquisita di Dom e che non si vedevano da anni. Mi rimproverò del fatto che sia Dom che Chris avessero provato a spiegarmi, ma che io non avevo voluto sentire ragioni.
Ma poco dopo, mi rincuorò dicendo che dopotutto quello che stavo passando, anche lei sarebbe stata sul piede di guerra in ogni istante. Quindici minuti dopo, si rese conto di aver parlato solo lei e senza sosta in un lungo monologo su quanto mio figlio sentisse la mia mancanza, ma nello stesso tempo su quanto tentassero di distrarlo e farlo divertire.
Si interruppe di colpo nel bel mezzo di una frase.

 
“Tesoro…stai piangendo?” chiese
“Spence…sto impazzendo!” esclamai “non tenetemi qui, non ce la faccio più”
“Mio Dio! Tieni duro, manca poco, ce l’hai quasi fatta!” mi incoraggiò
“Non voglio vivere così; non voglio stare qui dentro; non voglio uscire di qui e trovarmi senza posto in cui stare. Lo odio! Odio questo posto; odio le pareti; odio queste stupide stanze; odio queste imposizioni; odio essere maltrattata e odio essere arrabbiata e orgogliosa e testarda e odio me stessa ed i miei comportamenti. Voglio solo tornare ad essere felice” confessai
“Non piangere! Dimmi cosa vuoi e farò in modo di fartelo avere!” giurò “dimmi di che cosa hai bisogno!”
“Spence…” singhiozzai freneticamente scivolando a terra “ho bisogno di Dom! voglio Dom!”

 
 
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In un locale nascosto nei vicoli di Londra, Matt aveva convinto Dom ad uscire e liberare un po’ la mente.
I preparativi per il tour si stavano via via delineando, Dom aveva preso il mio silenzio come un secco rifiuto alle sue richieste e Matt aveva colto la palla al balzo. Ordinarono un paio di birre ed andarono a cercare un posto a sedere dove potessero rilassarsi.
Un paio d’ore dopo, Dom era al terzo bicchiere di Jack Daniel’s e Matt si era fermato alla seconda birra. Impose al suo migliore amico di smetterla di bere e lui stranamente lo ascoltò.
Dopodiché, Matt si alzò per andare al bancone a saldare il conto per poi ritornare.

 
“Dom! Matt!” urlò qualcuno
“Ehy Josh!” sorrise lui riconoscendolo
“Posso unirmi al vostro tavolo?” chiese speranzoso
“Ma certo! Non hai mica bisogno di chiederlo” sorrise Matt
“Allora! Come mai siete qui stasera?”
“Matt mi ha portato a sbrogliare un po’ di pensieri”
“Oh, capisco. E la tua splendida ragazza come sta? Si sta riprendendo un pochino?”
“Diciamo che è lei il centro di questi pensieri che mi tormentano” rispose sorseggiando poco dopo
“Va tutto bene fra voi, vero?” disse preoccupato
“Posso essere sincero con te, Josh?” biascicò
“E’ ovvio, Dom! Ti guardo le spalle da una vita” lo tranquillizzò
“Sta andando tutto a puttane! La nostra comunicazione è deceduta così come la nostra intimità. Il suo psicologo ha tentato di riportarci nella giusta carreggiata, ma non è servito a nulla. Ho dato retta a lui dopo una serie di appuntamenti in privato dei quali lei non è mai venuta a conoscenza, così mi sono convinto del fatto che fargli passare un paio mesi in una clinica, sarebbe potuto servire” ammise triste
“Santo cielo, Dom!” lo abbracciò Josh”
“Il risultato è che adesso è lì da un mese e mezzo, ha bloccato le visite di chiunque e parla solo con sua sorella. Ah già…e mi odia!” terminò
“Sistemerete tutto, Dom. Si dicono molte cose da arrabbiati!” lo consolò Matt
“L’importante è che tu non l’abbia portata al Lafferty’s Institute. Conosco storie su quel luogo da far accapponare la pelle! Ricordo di un ragazzo che stavamo proteggendo nel programma ‘protezione testimoni’; lo affidammo a loro per una seduta psicologica e ce lo riportarono un’ora dopo con tre costole rotte e con il cervello in pappa. Si parla di lobotomie eseguite e non autorizzate, lividi, maltrattamenti fisici se solo notano comportamenti che a loro non piacciono. Non hanno telecamere, fascicoli o documenti che possono incastrarli! Nessuna prova; solo persone sopravvissute e non più le stesse. Indaghiamo da anni ormai. Aspettiamo il minimo passo falso…”

 
Josh era talmente preso dal suo discorso mentre guardava le piccole goccioline di condensa scendere lente dal proprio bicchiere, da non rendersi conto di ciò che gli accadeva intorno. Non appena voltò lo sguardo, tutto ciò che vide fu la sedia vuota sulla quale poco prima, aleggiavano Matt e Dom.


 
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Riflettei a lungo sul discorso del signor Thompson, avevo deciso di voler scappare da quel posto a tutti i costi; stavo solo cercando il momento più adatto. Ed il momento adatto, era quella notte stessa.
Chiesi ad uno degli infermieri che ci seguivano per portarci nelle stanze se potevo andare in bagno.
Il tono autoritario mi ordinò di fare il più veloce possibile. Così, chiusi la porta alle mie spalle assicurandomi che nessuno tentasse di aprirla di nuovo; mi avvicinai cauta alla finestra e la alzai silenziosamente.
Diedi uno sguardo veloce fuori per accertarmi che non ci fossero guardie e poi iniziai a percorrere il cornicione per arrivare alla grondaia e calarmi. Una volta arrivata a terra, cercai di nascondermi dietro un albero e tra i fiori del giardino. Dopodiché, cercai di passare inosservata dalle guardie con i cani che perlustravano l’area giorno e notte. Mi nascosi nei pressi di un altro albero, piegata il più possibile, ma non fu abbastanza.
All’improvviso dalla finestra sopraggiunse l’urlo di un infermiere!!!

 
“E’ scappata! Prendetela!”

 
Milioni di luci vennero accese inondando l’esterno dell’istituto di un bianco abbagliante.
Il fascio di luce mi colpì in pieno costringendomi così a cambiare drasticamente i miei piani.
Avevo intenzione di correre verso l’enorme salice piangente dietro il quale, la rete che faceva da perimetro, aveva un buco procurato da me nei momenti in cui mi rilassavo in giardino. Adesso, invece, preda della disperazione, mi diressi verso l’ingresso principale dell’istituto.
Sentivo i cani abbaiare furenti dietro di me e le guardie incitarli a scappare più veloce; iniziavo a sentirmi braccata ed iniziai a correre.
Quel posto era immenso! Corsi talmente tanto e così a lungo che iniziò a dolermi la milza, ma non potevo arrendermi in alcun modo.
Avevo quasi la certezza che avessero chiamato i rinforzi, infatti, mi arrestai all’istante nel momento in cui, fuori dal cancello, un paio di fari mi vennero puntati dritti in viso in modo tale da impedirmi di vedere.
Posai una mano sul petto cercando di riprendere un po’ di respiro, e preparandomi come minimo ad essere presa per i capelli e rinchiusa in una sorta di isolamento.
Riuscii a distinguere il SUV della polizia che scatenò in me un lamento di sconfitta e delusione, e mi inginocchiai a terra. Delusa da me stessa per essere una debole…

 
“Riportatela dentro!” urlò l’uomo di prima “avrà quel che si merita!!!” tuonò

 
Dall’abitacolo della polizia, scesero in tre fissandomi quasi fossi una pazza scatenata che aveva bisogno di cure molto ma molto serie. Le guardie erano a venti metri da me e tutto quello che feci, fu rialzarmi sulle mie gambe e correre correre e ancora correre.
Corsi oltre quel cancello con l’intenzione di buttarmi…e lo feci…
Mi buttai, con tutta la forza; con tutto il respiro che avevo; con tutta la mente; con la musica che si ripeteva nel mio cervello da una vita e che non era mai cessata; con quella strofa che si ripeteva nella mia mente; con il petto che sussultava e con il cuore che esplodeva.
Mi buttai, mi buttai fra quelle braccia che mi avevano amata e cullata per anni; quelle braccia che picchiavano tamburi di batterie di ogni genere; quelle braccia che non erano e non sarebbero mai potute uscire dalla mia mente.
Mi afferrò al volo alzandomi da terra ed io gli allacciai le gambe intorno.

 
“Portami via, Dom!” piansi nell’incavo del suo collo
“Puoi scommetterci, Bimba!” rispose passando le dita fra i miei capelli

 
Socchiuse lentamente gli occhi, sollevato da quel ‘DOM’ che gli mancava da troppo, troppissimo tempo. Sollevato di quello che stava accadendo.
Poi, guardò con sguardo truce verso l’istituto, le guardie e l’uomo che ancora stava sbraitando dalla finestra del terzo piano.
Si voltò di spalle con me ancora in braccio e seguiti da Matt e Josh, salimmo in macchina per tornare verso casa.

 
“Come sapevi che sarei tornato da te?” sussurrò
“Only you can stop the pain…ricordi?”

 
Mi strinsi forte contro di lui, sorridendo verso quei suoi occhi dolci che tanto avevo atteso di rivedere.  

 

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Capitolo 7
*** Don't let the sun in your heart decay ***


Chiedo umilmente perdono per le attese lunghe degli ultimi capitoli, ma vi giuro che cercherò di essere più puntuale...Detto ciò, spero che il nuovo capitolo vi piaccia...


Don’t let the sun in your heart decay
 
 
Neanche il tempo di percorrere il viaggio di ritorno; posteggiare e scendere dall’auto, che eravamo in procinto di salire le scale per il piano superiore, lasciando una scia di vestiti lungo il percorso quasi a segnalare dove fossimo diretti.
Chiudendo la porta della camera da letto alle spalle con un calcio, Dom mi riprese in braccio, finendo poi per buttarci sopra il letto.
Separati e distanti per oltre un mese, avevamo una fretta inenarrabile.
Con la stessa rapidità con cui chiuse la porta, sfilò ciò che restava dei miei indumenti ed io feci altrettanto. Non facevamo che sorridere complici fra un bacio e fra una carezza e l’altra.
Entrò in me lentamente, assicurandosi che fosse tutto a posto e non ci fosse nulla che non andasse. Gli accarezzai il viso cercando di rassicurarlo, prima di aggrapparmi alla sua schiena, aiutandolo nei movimenti.  Durante l’amplesso più che movimentato , Dom si sollevò trascinandomi  al suo seguito, ritrovandosi seduto sulle proprie ginocchia sostenendo sopra il mio peso.
D’un tratto , sentii la sua mano sfiorarmi i capelli e posizionarsi sul mio viso, costringendomi ad aprire  gli occhi.

 
“Bimba, vuoi che mi fermi?” chiese col respiro affannato

 
Solo in quel momento mi resi conto dell’espressione preoccupata che predominava sul suo viso; i suoi occhi concentrati che si spostavano velocemente dalle mie labbra ai miei occhi e viceversa.
Lo fissai cercando di capire, realizzando qualche secondo dopo, che stavo di nuovo piangendo in silenzio.  
Mi asciugai il viso velocemente e baciandolo, intrecciai le dita fra i suoi capelli.

 
“No, Dom. Per favore, non fermarti!” esclamai

“Sono lacrime di gioia?” chiese
“Si, lo sono!” aggiunsi poco dopo tranquillizzandolo

 
Mi guardò ancora qualche secondo prima di sorridermi e continuare ad amarci in maniera non propriamente silenziosa, fra le mura di quella casa; trasportati dall’eco dei baci, dal rumore dei corpi che si fondevano l’uno nell’altro, dai gemiti e dalle espressioni e sensazioni di appagamento.
Finalmente a casa; finalmente insieme…nonostante il destino avesse tentato di allontanarci, ma noi eravamo stati più forti!

 
 
Il mattino seguente, Dom sarebbe dovuto scappare di corsa per inaugurare il nuovo album con le prime date del nuovo tour. Quasi una settimana di via vai in giro per il Regno Unito, in cui avrebbero riassaporato l’adrenalina delle folle e la frenesia di suonare fino allo sfinimento.
Ero riuscita ad addormentarmi solamente per poco, passando qualche ora  a guardare prima il soffitto poi Dom dormire.
Alla fine avevo deciso di alzarmi e fare una doccia; dopodiché scesi di sotto per sistemare il disordine e a tempo debito, preparargli la colazione.
Lasciò casa alle 7:30 del mattino con le chiavi dell’auto in mano ed un’espressione preoccupata in volto. Voleva restare a casa ma i suoi impegni non potevano permetterglielo, perciò, mi fece promettere di andare a stare da Spencer e di non restare mai da sola.
E così feci…
Mi sistemai nella mia vecchia stanza, aggiungendo all’arredamento qualche oggetto che potesse servire anche a mio figlio. Passai l’intera giornata a parlare con mia sorella di tutto quello che era successo, dal gioco di squadra di Matt, Chris e Dom; fino alla sera precedente quando avevo deciso di scappare  e avevo trovato Dom di fronte a me, fuori da quell’istituto.
Lei mi ascoltò dalla prima all’ultima parola che pronunciai, alternando di tanto in tanto, espressioni che andavano dallo sgomento alla tristezza.
Dopo cena, mi intimò di salire in camera e cercare di dormire a tutti i costi, sottolineando poi, che ero a casa e che sarei stata al sicuro, poiché il peggio era ormai passato.
Sotto le coperte, tentai invano di dormire, trascorrendo ore ed ore nel perenne stato di dormiveglia , rimuginando su un’infinità di cose.
Verso le 2:00 del mattino, ricevetti un sms. Evidentemente il concerto era terminato da un bel pezzo, e solo dopo essersi fatto una doccia ed essersi sistemato, aveva scritto.

 
Ciao tesoro, sono io, spero tu stia dormendo. So che è tardi , ma ci tenevo a chiederti scusa per ciò che è successo questa mattina…non avevo intenzione di spaventarti in quel modo. Chris e Bells, dicono di lasciarti un po’ di spazio, ma non ho resistito a lungo.
Buonanotte, ti amo.
Dom.”

 
Di preciso, quella mattina, era accaduto un piccolo episodio del quale portavo nella mente ancora un vivo ricordo.
Spencer era passata a casa per la colazione e per aiutarmi con i bagagli. Stavamo chiacchierando amabilmente  mentre preparavo la colazione a Dom, ed essendo voltata di spalle, non lo vidi né tantomeno lo udii scendere le scale. Ero intenta a riempire la tazza di thè caldo, quando sentii afferrarmi da dietro, ed anche se avvenne in maniera delicata, mi voltai urlando e facendo cadere la tazza a terra.
Dom era difronte a me che mi rivolgeva uno sguardo sorpreso e spaventato tanto quanto il mio; lui in piedi sconcertato; io a terra con le gambe strette al petto ed il thè bollente a riversarsi sul pavimento.
Non avevo calcolato che ci fosse la remota possibilità che potessi reagire a quel modo, per quella che in realtà altri non era che una piccola sciocchezza.
E tutto ciò mi diede da pensare parecchio e per molto tempo, martellandomi il cervello.
Avrei dovuto reagire!!

 
La sera del ritorno dei ragazzi, una settimana dopo, ero di sopra a leggere un libro e Spencer dormiva già da un’ora.  Dom entrò in camera di soppiatto, tentando di non provocare alcun rumore. La sua testa spuntò da dietro la porta in maniera silenziosa, ed il suo viso mutò in un imbarazzato sorriso quando si accorse che ero ancora sveglia.

 
“Non dovresti essere a letto a quest’ora?” chiese dolce
“Ma io sono a letto!” esclamai sorridendo

 
Sorrise di rimando dirigendosi verso il bagno per darsi una rinfrescata e prepararsi per andare a dormire.
Tornò, infatti, quindici minuti dopo intrufolandosi sotto le coperte.

 
“Mi sei mancata molto, ti ho pensata tanto” disse lasciandomi un bacio sulle labbra
“Anche tu , Dom…anche tu” risposi
“C’è qualcosa che non va?” chiese con gli occhi mezzi addormentati

 
La stanza scese in un silenzio spettrale, nel quale mi presi del tempo per spiegare a Dom che avevo preso una decisione e che non avrei cambiato idea.
Perciò, presi un respiro, e ne approfittai prima che si addormentasse.

 
“Ho deciso di voler vedere un nuovo psicologo” azzardai
“Stai scherzando spero!” disse spalancando gli occhi all’improvviso
“No, non sto scherzando. Non ne ho bisogno per molto, giusto quelle poche sedute che mi permettono di stare meglio a livello mentale” giustificai
“Non so se ricordi con l’ultimo psicologo come è andata” urlò
“Certo che lo so, vuoi anche che mi ricordi che tutti e tre eravate d’accordo a fari rinchiudere? Non credo. Perciò ti chiedo di parlare con qualcuno, magari con Josh, ed assegnarmi a qualcuno di cui si fida. Perché in quella struttura accade l’impensabile e non ho assolutamente voglia di tornarci. In questo momento ho bisogno di dormire e non ce la faccio più” conclusi
“Quante ore hai dormito?” chiese riflettendo
“14, da quando sono tornata a casa”
“Beh, 14 sono molte, tesoro!”
“Forse non hai capito, sono 14 in tutto, Dom”
“Vuoi dirmi che si e no, hai dormito circa due ore per notte? Ma perché non me l’hai detto?” si preoccupò
“Non volevo disturbarti e darti pensiero mentre eri in tour” ammisi

 
Cinque minuti dopo e qualche sospiro nel silenzio…

 
“Facciamo una cosa: domani cercherò di contattare Josh per trovarti qualcuno, ma a due condizioni!” puntualizzò
“Sarebbero?”
“Dovrà essere qualcuno che faccia sedute a domicilio e…dovrò essere presente, sempre!!!”
“Affare fatto, Howard!” sorrisi abbracciandolo
“Non ci penso neanche lontanamente a rispedirti in una clinica. Ti serve solo per stare meglio mentalmente e tornare alla tua solita vita, giusto?”
“Si, esatto. Se faccio delle sedute giornaliere, credo di riuscirci in un paio di settimane!” risposi
“Bene! Sai che non sono propriamente d’accordo, ma ti aiuterò!”
“Grazie Dom, lo apprezzo tanto. È molto importante per me!” lo baciai

 
Il mattino seguente, scesi al piano inferiore e mi soffermai ad osservare le piccole gocce di pioggia che si rincorrevano lungo la superficie di vetro della porta finestra in salotto. Mi diedi del tempo per riflettere sul fatto che avevo preso la decisione giusta per  la mia salute mentale e poter così affrontare la mia vita, proprio come lo era in passato.

 
“Sembra passata un’eternità da quando ti ho trovata spaventata e triste davanti a quel vetro!”

 
Mi voltai lentamente accennando un sorriso, poiché lo avevo riconosciuto intravedendolo con la coda dell’occhio.

 
“Bells!” dissi correndogli incontro
“Ciao tesoro!” mi abbracciò dolce “mi sei mancata”
“Anche tu” risposi stringendolo con un velo di tristezza
 

Si staccò leggermente per guardarmi.

 
“Tesoro, è tutto a posto?” chiese
“Si” dissi poco dopo “è solo che ogni tanto ripenso a quello che è successo…”
“Lo so che pensarci è normale, ma voglio che tu sappia che noi saremo sempre qui per te, di qualunque cosa tu abbia bisogno. Basta solo chiedere, ok?”
“Lo so” sorrisi riconoscente “grazie Matt!”
“Ma figurati…vieni, facciamo colazione” mi invitò

 
Trafficando con gli elettrodomestici e con qualche stoviglia, preparò dei pancakes veloci ed un paio di tazze di thè caldo, poi si sedette su uno sgabello della penisola esattamente difronte a me, fissandomi.
Lo fissai di rimando senza proferire una parola, fino a che, presi un briciolo di coraggio e gli parlai di ciò che avevo deciso e cosa avevo discusso con Dom e soprattutto, quali erano state le sue condizioni.
In un primo momento, smise completamente di mangiare, poi semplicemente si limitò ad ascoltarmi con attenzione, finendo la sua colazione, fino quando terminai il mio discorso.

 
“Non sarò certo io a dirti che stai facendo la scelta sbagliata, e se Dominic ha posto delle condizioni, vuol dire che in parte ritiene che tu abbia ragione. Ma, quello che ci tenevo a dirti, è che non sei l’unica che sta male”
“In che senso?” chiesi ingenuamente
“Nel senso che, anche se non sembra, Dom soffre lo stesso per la tua situazione. Un paio di giorni fa ce lo ha confessato a fine live; non è nulla di grave, ci mancherebbe, ma vorrei evitare ciò che è successo  più o meno un anno mezzo fa” concluse
“Non preoccuparti, Bells, andrà tutto bene!” promisi solennemente

 
Esattamente un paio di giorni dopo, ero agitata mentre attendevo l’arrivo del mio nuovo psicologo, consigliatoci personalmente da Josh.
Ci spiegò che il tizio in questione in realtà era il marito di sua sorella, ma che era molto qualificato e di certo non stava in alcun modo facendo un favoritismo.
Di lì a qualche minuto, ci presentammo nella maniera più spontanea possibile stabilendo un feeling tanto forte da sembrare che ci conoscessimo da sempre. Si chiamava Dean e mi trovai molto meno preoccupata , quando iniziò a pormi le adeguate domande ed io gli fornii tutte le spiegazioni necessarie: quello che era accaduto, la perdita del bambino, la mancanza di sonno , la definitiva perdita del controllo.
Ovviamente, non mancai di raccontagli che avevo superato tutto, in qualche modo, e che in realtà avevo bisogno di una nuova opinione, di parlare con qualcuno che non fossero coloro con cui vivevo a stretto contatto.
Ascoltò con attenzione dall’inizio alla fine del mio sproloquio, osservando di tanto in tanto, anche gli sguardi che Dom mi rivolgeva.
Una volta terminato, aprì un discorso ampio su ciò che aveva in mente di fare durante le nostre sedute, stipulando un programma giornaliero che mi avrebbe portata al ritrovamento del mio equilibrio. Iniziò col prescrivermi delle tisane che mi avrebbero aiutata a distendermi, e se non avessi avuto successo, saremmo passati a qualche farmaco. Così, durante la prima settimana, passai dalle 2 alle 6 ore di sonno, il che per me era un notevole progresso e mi sentivo sinceramente meglio; ed anche Dom sembrava molto meno sempre sul chi va là.

 
Mi sentii talmente meglio, che Kelly decise di organizzare una festa di bentornato per me, e ne fui sinceramente colpita e contenta.
Quando entrai nella loro abitazione fui, come sempre, invasa dall’orda di bambini che volevano abbracciarmi e salutarmi a tutti i costi. Loro erano l’esatto stereotipo di ciò che voleva dire il termine “famiglia”, e chiunque si sarebbe trovato a proprio agio in quell’ambiente caloroso.
Avevano invitato tutti, da Tom fino a Josh e Dean.
Un piccolo buffet preparato con le loro mani, completo di dolcetti fatti con l’aiuto di tutti i bambini.
Un gesto che mi scaldò il cuore.
Fu tutto divertente al punto giusto; nessun imbarazzo, nessuno sguardo di pietà o compassione, solo un gruppo di amici che si ritrovavano a cena insieme, dopo diverso tempo.
Mi sentii veramente bene, al punto tale da non volermene affatto tornare a casa: i bambini giocavano, i ragazzi discutevano sull’automobile che sognavano di avere sin da bambini, e noi donne sistemavamo la casa.
Verso le 23:00, mi avvicinai ad una cameretta per controllare i bambini, e dieci minuti dopo, ero di ritorno in salotto diretta verso gli uomini.

 
“Dom, scusa se ti disturbo, ma devo tornare a casa. William ha la febbre” esordii
“Cosa? Sei sicura?” rispose cercandolo con gli occhi
“Si, ho controllato, 38.5” confermai “se vuoi restare, mi faccio portare a casa”
“No, tranquilla, vengo con te!” sorrise carezzandomi la schiena

 
Cosi, il tempo di radunare le cose di Will, ringraziare tutti e chiedere scusa a Chris e Kelly, ce ne tornammo dritti a casa.
Imboccai velocemente le scale per il piano superiore e mettere Will a riposare, era ormai visibilmente stanco ed esausto, perciò mi premurai che tutto andasse bene.
Dopo circa un’ora, entrai in camera con tutte le intenzioni di fare una bella e sana dormita. Ma si sa, in quel periodo, dormire non era esattamente il mio forte.
 



 
“Mamma”

 
Silenzio…
Notte fonda…
La pioggia che scrosciava contro le finestre, dettava un ritmo regolare, atto ad addormentare anche la persona più sveglia dell’intero universo.
Un suono ovattato proveniente dal baby control, sul comodino…

 
“Mamma…”

 
L’inizio di un pianto piccolo e dolce, ruppe il silenzio.
Mi riscossi dal sonno aprendo lentamente gli occhi e fissandoli sullo schermo del cellulare per controllare l’orario.
Le 03:35…
Udii di nuovo Will che mi cercava piangendo, perciò scostai lentamente il braccio di Dom dal mio fianco, ed uscii dal letto.
Piano piano, mi intrufolai in camera di Will.

 
“Mamma!” pianse ancora
“Ciao biondino del mio cuore!” sussurrai prendendolo in braccio

 
Aveva i lacrimoni agli occhi che si stava strofinando ed il viso arrossato per via della febbre.  Cercai di calmarlo e rassicurarlo, cullandolo dolcemente e cantando la sua ninna nanna preferita.
Una volta riaddormentato, lo rimisi nel suo lettino ed andai a sedermi sulla poltrona posta lì vicino.
Avevo la netta sensazione che si sarebbe svegliato di nuovo, perciò decisi di restare e leggere qualcosa.
Ed infatti, non sbagliavo, si svegliò  altre due volte nel giro di un paio d’ore…

 
“Bimba” sussurrò Dom dalla porta poco dopo
“Ehy, ti ho svegliato…” sorrisi colpevole
“No…è che non ti ho sentita tornare e allora” disse avvicinandosi
“Avrei dovuto fare avanti e indietro e ti avrei dato fastidio” risposi rimboccando le coperte a Will
“Capisco” … “dai vieni qui, ti faccio compagnia” disse invitandomi sulla poltrona
“Dom” protestai
“Hai bisogno di dormire almeno un paio di ore, non fare storie” esclamò

 
Così, dopo aver dato un’ultima occhiata al bambino, andai a sedermi in braccio a Dom sulla poltrona.
Ci coprì entrambi con una coperta, assicurandosi che stessi comoda, dicendomi che William sarebbe stato bene e che avremmo dormito comodi entrambi.
Poggiai la testa sulla sua spalla, e provai a chiudere leggermente gli occhi.

 
“Chi sarebbe il biondino del tuo cuore?” chiese dopo qualche secondo
“Quello che dorme in quel lettino” sorrisi conscia che mi avesse sentita
“Bene…” rispose piatto
“Howard…stai facendo la guerra a tuo figlio?” dissi dolce guardandolo negli occhi
“Faccio la guerra a tutti, quando si tratta di te!” arrossì con gli occhi bassi

 
Sorrisi semplicemente e lo ringraziai con un bacio, lasciando che il silenzio presente in camera, ci concedesse ancora un’ora di riposo.
Più tardi, Dom stava facendo di tutto per non arrivare in ritardo all’appuntamento con Tom e gli altri; io invece, cercavo il numero del pediatra per potergli parlare del bambino.
Nonostante le medicine e la febbre che scendeva, Will continuava a farci trascorrere  notti insonni, facendoci  girare come trottole per tutta casa.  Provammo a metterlo a letto con noi, a farlo giocare fino a stancarsi , e l’unica cosa che funzionò per i successivi quattro giorni, fu farlo dormire in braccio ad uno dei due. Ed ovviamente, la maggior parte delle volte, toccava a me dato che Dom doveva lavorare.
La quinta notte, andammo a letto verso mezzanotte, già pronti in allerta per quando si sarebbe svegliato. Mi svegliai di soprassalto alle 5:00 del mattino, alquanto spaventata ed in ansia.

 
“Dom…Dom!” dissi sedendomi
“Mhh?” rispose
“Non lo sento respirare…non mi ha chiamata!” dissi in allarme
“Vuoi andare a controllare?” chiese retorico
“Vieni con me” lo implorai

 
Effettivamente dal baby control non proveniva alcun suono o rumore, e non era certo un buon segno, per me. Così, mi alzai dal letto seguita da Dom, e spingemmo lentamente la porta della stanza per entrare. Trovammo il baby control spento ed il lettino vuoto.  
William stava dormendo teneramente fra le braccia di Matt, che a sua volta, si era assopito sulla poltrona tenendolo stretto in modo dolce. 
Alzai lo sguardo per rivolgerlo a Dom, che mi cinse la vita con un braccio.

 
“Torniamo a dormire” suggerì “sembra che nostro figlio sia in ottime mani” sorrise

 
Proprio in quel momento, Matt aprì i suoi bellissimi occhi ed alzò lo sguardo su di noi, aprendosi in un dolce sorriso.

 
“Ti voglio bene!” sorrisi lanciandogli un bacio
“Anche io, tesoro…anche io”

 
Tornammo a dormire, e questa volta sul serio.
Spence era fuori città ed ovviamente il borsone di Matt era abbandonato in corridoio, e questo voleva dire che il maniaco del controllo avrebbe soggiornato in casa…
Nei giorni che seguirono, Matt e Dom divennero una sorta di tuttofare; uno mi chiamava ininterrottamente per sapere se William migliorasse; l’altro non faceva in tempo a mettere piede in casa, che subito correva ai fornelli per rendersi utile.  Una sera Bells preparò addirittura una torta e mi promise una piccola sessione acustica, solo perché gli avevo promesso che quella sera avrebbe potuto essere lui a fare il bagnetto a Will.

 
“Bells, fare le foto a mio figlio ricoperto di schiuma e postarle su Instagram, non vuol dire esattamente fargli un bagno” dissi ridendo
“Lo so, ma è troppo buffo con la cresta!” replicò

 
Inutile dirvi che ben presto, tutte quelle attenzioni prolungate nei giorni, iniziarono a stranire Will che diventò quasi intrattabile, così li costrinsi ad uscire ed andare a passare il pomeriggio altrove con Tom o Chris o Morgan…

 
“E se avessi bisogno di qualcosa?” chiese Matt
“Mi arrangerò, non preoccuparti”
“Si, ma se restassimo a casa…” proseguì Dom
“Dom, uscite da qui ed andate dove volete e con chi volete, per favore!” implorai
 

Li spinsi verso il portone, per “cacciarli” con dolcezza.

 
“Hai detto che posso andare con chi voglio?” mi sfidò Dom
“Se non vuoi che metta fine alla tua carriera spezzandoti le braccia…” risposi

 
Scoppiò a ridere fragorosamente con una mano sulla pancia, e l’altra sulla maniglia della porta.

 
“Adoro farti incazzare!!”
“E io tirarti gli oggetti contro!”
“Ci vediamo più tardi. Ti amo, piccola” sorrise
“Io no, Howard…vai via!!!” risposi con una linguaccia

 
Chiusero la porta alle loro spalle e salirono in auto.

 
“A volte mi prende troppo sul serio” disse avviando il motore
“E’ solo gelosa, Dom. Mi sembra abbastanza normale” sorrise Matt
“Ma si, questo lo so. Ma è divertente, mi piace sfidarla”
“Non ho detto che tu non debba farlo. Vorrei solo che ricordassi, che venite da mondi e stili di vita diversi. Non voglio doverti ricordare quella vecchia cena di premiazione” constatò
“Lo so, Bells. Ma giochiamo soltanto” lo rassicurò
“Sei Dominic Howard, non dimenticarlo mai. Crede molto in te ed in quello che le dici. Intesi?”
“Intesi” concluse
“Non voglio che fra voi si rovini nulla…si respira un’aria molto simile a quella di Chris e Kelly, in casa vostra”
“Cosa vorresti dire?” domandò confuso
“Nulla, Dom” sospirò dopo diversi secondi “continua a guidare”


 
Tornarono intorno alle 19:30; io e Will giocavamo in salotto seduti su un plaid. Agitava un paio di drumsticks di gomma, tendando di suonare una chitarra. Così, presi posizione cercando di insegnargli come andassero suonati realmente.

 
“Ascolta, tesoro : io suono qui come zio Matt e tu fai come papà, ok?”
“Papà…Boom-Boom-Boom” urlò entusiasta
“Si, proprio così” sorrisi unendomi alla sua risata

 
Sentii la macchina arrivare ed il suo motore spegnersi.
Dopodiché  la chiave girò nella serratura e Dom vi sbucò da dietro, seguito da Matt.

 
“Bimba, siamo tornati!” esclamò

 
Sorrise al vederci lì a terra in preda al concerto colmo di rumore più energico che avesse mai visto; un miscuglio di rumore e risate a squarciagola, proveniente da alcune delle persone più importanti della sua vita.
Mi fermai di colpo perché non ce la facevo più a ridere…

 
“Look Will, daddy’s home!”  esclamai indicandolo

 
Si alzò in piedi e voltò la testolina quel tanto che bastava a permettergli di focalizzare il tizio in giacca di pelle nera che lo salutava sorridendo, agitando una mano. Non appena riuscì a realizzare chi fosse, mi guardò e barcollando mi corse incontro per trovare rifugio fra le mie braccia. Nascose il faccino nell’incavo del mio collo con le guance rosse di vergogna, tipiche dei bambini strafelici di vederti ma troppo euforici per saltarti in braccio al primo istante.

 
“Daddy” mormorò con la sua vocina, al mio orecchio

 
Sorridemmo tutti quanti alla tenerezza della scena.

 
“Vedi? È proprio questo ciò di cui parlavo prima!” sussurrò Matt a Dom

 
E Dom, semplicemente arrossì…

Poi, mi alzai per andare a dargli una mano ad apparecchiare la tavola, con tutto il peso di Will che non accennava minimamente a volersi staccare da me, facendomi fare tutto con gran fatica.

 
“Tesoro, ci sarà anche Chris a cena” disse Dom indicando il tavolo
“Oh, allora credo che dovrò aggiungere un posto”
“A dire il vero, sono due” rispose dai fornelli
“C’è anche Kelly, allora!” sorrisi
“No, c’è Ava. Aveva dei compiti da terminare, ma ci teneva a rivederti”
“Oh, beh a me fa piacere, lo sai”
“Lo so” sorrise di rimando

 
Nonostante avessi finito per cenare con William in braccio, e lì rimase per quasi tutta la serata, alla fine fu piacevole stare in compagnia come una volta.
Verso le 22:30, mentre discutevamo di un film che avremmo voluto andare a vedere al cinema, mentre stavamo finendo il dolce portato da Chris e Ava, Matt, colto da tenerezza, decise di togliermi Will di dosso che dormiva stringendo la mia maglietta nel pugno. Lo avrebbe fatto Dom, ma con tutto il lavoro che stava svolgendo in casa, non aveva un attimo di respiro.
 
Dopodiché, Ava tirò fuori i suoi quaderni per terminare i compiti; Chris sfogliava una rivista; ed io ne approfittai per lavare le stoviglie e sistemare la cucina dopo il passaggio dell’uragano Bellamy, che se ne stava sulle scale a cercare di sentire se Will non si fosse svegliato dopo averlo messo a letto.

 
“Zia?...” chiese Ava qualche minuto dopo “è venuto a trovarti, poi, quel signore?”
“Quale signore?” dissi corrugando le sopracciglia
“Quello del parco!” esclamò con convinzione
“Ehm no, tesoro. Ultimamente nessuno ha suonato il campanello” risposi
“Peccato, perché è venuto a cercarti a casa nostra…ma questo più o meno due mesi fa”
“Come scusa?” chiesi io interdetta
“Ava, che stai dicendo?” disse Chris alzando gli occhi dalla rivista
“Nulla papà, solo che quello che cerco di dirgli da due giorni! Ero in casa a vedere la tv, quando qualcuno ha suonato il campanello. Credevo fosse la mamma ed invece era questo signore. Mi ha chiesto come stavo e se mi ricordassi di lui, io ho detto di si; e poi mi ha chiesto dove fosse lei” spiegò
“E tu cosa hai risposto?” chiese Chris
“Che probabilmente era a casa sua! Cosa avrei dovuto rispondergli?”
“Aspetta un secondo…gli hai detto dove abitava?” domandò pietrificato
“Certo che si!”

 
Afferrai di colpo il polso di Dom che mi stava aiutando ad asciugare i piatti, e solo allora realizzò ciò che stava accadendo.

 
“E lui che cosa ti ha risposto? Di la verità!” tuonò Chris
“Mi ha detto che sicuramente sarebbe passato a salutarla!” rispose sincera
“Nient’altro, Ava? Sei sicura?”
“No papà, nient’altro. Ha detto solo ‘nel caso non dovessi trovarla, salutami zia Bliss’” concluse
“Oddio!” sussurrò Dom al mio fianco
“Cristo!” disse Matt scendendo le scale

 
Lentamente, Chris mi rivolse uno sguardo preoccupato, che ben presto si tramutò in uno di rabbia mescolato a vergogna. Ci guardammo negli occhi tutti e quattro, e posso giurarvi che nelle menti di ognuno di noi aleggiava lo stesso identico pensiero ed intrico di domande.
Ava Jo aveva agito nella più totale innocenza, non collegando il fatto che molto probabilmente poteva trattarsi dello stesso uomo che insieme ai propri amici, era venuto si a farmi visita, ma in quella tragica e fatidica sera.
Inoltre, era stato lo “zia Bliss” a farci sobbalzare, poiché quell’appellativo era stato adottato ed utilizzato solo da Dom durante la notte di Natale in cui stavamo facendo un gioco tutti insieme. 
Nella mia mente, ripercorsi tutto quanto; in quella di Matt e Dom, c’era l’assurdità di tutta la questione; in quella di Chris, invece, primeggiava la rabbia verso sua figlia per averlo in qualche modo assecondato, ma soprattutto il senso di vergogna verso sé stesso, perché nella serata descritta da Ava, lui si trovava in casa in una delle stanze a sistemare tutti i suoi bassi.
Ed in qualche modo, si sentì responsabile.
Pertanto, si limitò ad un ultimo sguardo verso me e Dom, per poi sollecitare Ava a prepararsi per andare via.

 
“Chris, non c’è bisogno che tu vada via” esordì Dom
“Credo…credo, invece, che sia necessario” rispose spaesato
“Chris, per favore!” dissi andandogli incontro
“Ma non capisci!!!” urlò “Ava, sali in macchina, arrivo subito”

 
La bambina, diede retta a ciò che gli era stato chiesto, ed uscì di casa nel silenzio più totale.

 
“Cos’è che non capisco?” chiesi
“Io…Io…devo andare. È meglio così”

 
Detto ciò, sparì oltre la porta di ingresso.
Solo silenzio, e nulla più.
Un’ora dopo, in quello stesso identico silenzio, me ne stavo seduta nel letto a gambe incrociate, osservando i movimenti di Dom che si aggirava nella stanza, inquieto.

 
“Puoi prestarmi la macchina domani?” dissi quando entrò nel letto
“Si, certo” acconsentì
“Devo parlarne con Josh, devo dirglielo, Dom”
“Non devi neanche chiederlo. Se è lui, bimba, deve marcire in cella per parecchi anni!” si infuriò
“Ti accompagniamo noi, poi passiamo in studio, massimo un’oretta” esordì Matt dalla porta
“Non voglio rovinare i vostri impegni” risposi
“Fammi spazio e non rompere!” esclamò strisciando sotto le coperte
“Matt!”
“Niente Matt! Non ti ho abbandonata quando ti ho conosciuta, e non ho la minima intenzione di farlo adesso!” disse coprendosi “e poi, se non lo facessi, dovrei fare i conti con quello che dorme alla tua sinistra” sorrise
“Sei un coglione, Matt!” proferì Dom dall’altro lato vergognandosi
“Ho ragione, però” rispose
“Si, hai ragione” confermò poco dopo

 
Poi, sprofondammo nel sonno; Dom col braccio intorno alla mia vita, Matt con ¾ delle coperte dal suo lato…come consuetudine.

 
Il mattino seguente, di buona lena, partimmo per la stazione di polizia sperando di incontrare Josh ed andarcene il prima possibile.
Nonostante avessi detto loro di non preoccuparsi, vollero rimanere a tutti i costi per non perdersi neanche un istante.
Trascorremmo più o meno un’ora all’interno di un ufficio insieme a Josh e ad un suo collega, per spiegargli ciò che avevamo scoperto soltanto la sera precedente, e soprattutto, che non volevo che Ava né tantomeno la sua famiglia venisse sottoposta ad interrogatori; anche perché, Ava stessa non era riuscita a collegare i due episodi, perché Chris e Kelly avevano giustificato le mie ferite come una banale caduta.

 
“Cosa accadrà adesso?” chiese Dom
“Nulla, integreremo l’identikit e faremo in modo di trovarli” rispose Josh
“Tutto qui?” proruppi
“So che non è molto per te, ma le informazioni che ci hai dato sono molto molto importanti. Abbiamo già alcune piste in corso. Ti prometto che in massimo 10 giorni avrai mie notizie…siamo già sulla buona strada ed ora lo saremo ancora di più”

 
Annuii in parte rincuorata dal fatto che perlomeno erano sulla buona strada nelle loro ricerche, e che avrei dovuto avere solo un altro pochino di pazienza. Ce ne andammo così, con un peso in meno sulla coscienza; andammo dritti in studio per una breve riunione alla quale, ovviamente, io non presi parte. Rimasi fuori a dare da mangiare a William, fin quando non venni superata dalla figura di Chris che mi ignorò platealmente nonostante lo avessi salutato.
Provai a rifarlo a fine riunione, ma nulla, un “ciao” freddo e striminzito.
Provai ad invitarli tutti a cena due giorni dopo quando Spencer tornò, ma rifiutò ancora, così decisi che non gli avrei più recato disturbo.
Ci rimasi parecchio male, e Dom non mancò di farglielo presente non appena si rividero per un live.

 
“Portami via, Dom. Prendiamoci un weekend lontano da tutti” lo supplicai una sera, sfinita da tutto
“In questo momento non possiamo allontanarci per via della polizia, questo lo sai” disse dispiaciuto baciandomi la fronte

 
I giorni trascorsero, ma di Josh nessuna traccia, iniziai a diventare nervosa e Spencer non faceva che seguirmi per casa trovando miliardi di distrazioni. Anziché in 10 giorni, Josh chiamò Dom nell’arco di 15 giorni, informandolo che avrei dovuto presentarmi lì il mattino seguente, e così tentarono di alleggerirmi  la serata, ma c’era sempre un velo di malinconia che mi attanagliava ogni qualvolta smettevo di fare qualcosa. 
A serata terminata e dopo qualche sorriso strappato, al culmine dei tentativi, Matt e Spencer si arresero e decisero di tornare a casa; io ero fuori in giardino a guardare il cielo stellato.

 
“Non abbatterti, Matt. Non sei tu il problema” disse Dom
“Lo so, lo so. È solo che mi spiace vederla così” rispose mettendo la giacca
“Sai che sei molto importante per lei, ma non me ne volere se ti dico che non è di te che ha bisogno, adesso” si scusò lui
“Ma no Dom, figurati. Ne sono consapevole” concluse con un leggero sorriso

 
Rimasi fuori ancora mezz’ora seduta sotto il gazebo ad ascoltare nientemeno che il silenzio, fino a quando udii il rumore della porta finestra che scorreva, che mi riscosse dal flusso di pensieri.

 
“Hai intenzione di morire assiderata o vuoi rientrare?”
“Non voglio parlare con te!” esclamai
“Non fare la ragazzina!”
“Io faccio quello che voglio!” ribadii voltando le spalle
“Sono salito in macchina appena ho saputo” disse sedendosi vicino a me, poco dopo
“Perché l’hai fatto? Dopotutto mi ignori da due settimane”
“…”
“Cosa ti ho fatto di così sbagliato?” implorai
“Sono io ad averti fatto qualcosa di sbagliato. Sono venuto a dirti che quella sera io ero in casa ma non mi sono accorto di nulla; che ho cercato di spiegare ad Ava la situazione. Mi dispiace, ma non avevo il coraggio di guardarti perché, forse, mi sentivo responsabile per ciò che ti è accaduto. Senza contare il fatto che per dire il nome “Bliss”, come minimo avevamo qualche finestra aperta e lui era lì a due centimetri da casa mia. Mi sento così terribilmente in colpa per tutto; per quel tizio, per averti lasciata sola, per aver discusso con Dom due giorni fa” confessò
“Non hai idea di quanto mi abbia fatto male non parlarti”
“Lo so, e me ne pento amaramente, perché io ti adoro!” confessò
“Tu mi adori?” chiesi sorpresa
“Certo che ti adoro! Come potrebbe esse altrimenti? Mio figlio Buster ti reputa la sua principessa; Ava Jo ti reputa una zia a tutti gli effetti; mia moglie parla di te di continuo ed io…” rise “io…credo di non aver mai conosciuto una come te. Sei la persona più antipatica, idiota, buona ed altruista del mondo. Metti sempre tutti noi prima di te stessa; ho un’affinità con te che non ha eguali, e a volte mi spiace vedere Matt e soprattutto Dom in disparte. So di poter contare sempre su di te e credimi quando ti dico che l’averti conosciuta mi ha cambiato in qualche modo. Ti prego di non vedermi come il bassista dei Muse, in questo momento, perché ti sto parlando dal profondo del cuore” arrossì
“Wolsten?”
“Mh?”
“Non sei mai stato solo il bassista dei Muse, per me!” lo tranquillizzai “c’eri in tutti i momenti positivi e negativi che ho passato; c’eri quando litigai con Matt la prima volta; quando mia sorella mi cacciò di casa; quando al matrimonio di Matt e Spencer avevo bisogno di scarpe comode; quando Ethan mi ha picchiata e quando sono rimasta incinta ed avevo paura di dirlo a Dom. E nonostante tutto quello che è successo, non sei mai andato via. Mio figlio si chiama William Christopher  Howard per due precisi motivi, ed uno di questi, è perché non la voglio una vita senza te, senza il capirci al volo o fare i cretini insieme ed essere quasi inseparabili…ti adoro sopra ogni cosa, Chris, non dimenticarlo mai!!!”

 
Fu la prima volta in cui lo vidi commuoversi ed incapace di sostenere il mio sguardo, fin quando riuscì a trovare un po’ di coraggio e mi sorrise, in quel suo modo dolce che tanto mi ricordava Buster.
Io, la ragazza semplice ed anonima che riusciva ad avere un impatto così forte, nell’equilibrio della vita di Chris Wolstenholme…

 
“Scusate se vi interrompo, ma credo che dovresti provare a dormire un po’. Domani sarà una lunga giornata” suggerì Dom
“Si, ha ragione. Fila a letto” disse Chris “Ah, Kelly ha detto che se vuoi, penserà lei a Will”
“Grazie! Mi farebbe un enorme favore!” esclamai grata
“Ora vado…ti voglio bene, bambolina” disse baciandomi la fronte
“Io di più Wolsten” lo abbracciai stretta “io di più”

 
La serata si concluse così, col cuore più leggero per il ritorno di Chris e la consapevolezza che in qualche maniera, Dom avrebbe sempre vegliato su di me.


Il fatidico giorno arrivò, e fu una corsa contro il tempo per preparare Will e lasciarlo a Kelly, per poi correre dall’altra parte di Londra e presentarmi alla stazione di polizia. Quando arrivammo, ero un completo fascio di nervi, mi invitarono a sedermi su un divano stipato lungo un corridoio. Dom era impaziente quanto me, camminava avanti e indietro in attesa che qualcuno venisse a spiegarci ciò che avrei dovuto fare. Il turno di Josh era già iniziato da mezzora, ma lui era in ritardo, quindi ne approfittammo per prendere un thè dalle macchinette.
Quando infine arrivò, mi fece riempire miliardi di scartoffie, spiegandomi che c’erano stati degli intoppi nell’arresto e proprio per quel preciso motivo, la sua telefonata era arrivata in ritardo di 5 giorni.
Mi spiegò che il mio ruolo sarebbe stato molto semplice e che non avrei dovuto temere nulla; dovevo solo attendere che loro mi chiamassero. E così attesi seduta su quel divano che i minuti trascorressero il più veloce possibile; Dom era vicino a me che mi baciava la mano e non smetteva di guardare l’orologio.

 
“Ho dimenticato di prendere una cosa!” esordì all’improvviso “torno subito”
“Dom! Proprio adesso?” lo guardai impaurita
“E’ importante, vedrai  che ti servirà” disse correndo a perdifiato

 
Dieci minuti dopo, Josh venne a dirmi che era tutto pronto e che sarei potuta entrare e finalmente, togliermi il pensiero. Lo pregai di attendere Dom, ma mi concesse solo altri 5 minuti, così alla fine mi alzai ed entrai nella stanza, e mi promise che lo avrebbe aspettato lui.
All’interno vi era una lunga parete con un vetro enorme oltre il quale vi erano allineati sei individui in attesa di venir in qualche modo “etichettati”.

 
“In base alla sua deposizione, abbiamo cercato in qualche modo di attenerci alle sue descrizioni, e quei sei uomini nell’altra stanza ne sono il risultato. So che quello che le è accaduto mesi fa non è assolutamente bello e che indossavano delle maschere, ma le chiedo di fare l’ultimo sforzo, e per quanto le sia possibile, cercare di indicarci se lì in mezzo ci sia o meno uno dei suoi aggressori” disse l’agente
“…”
“Stia tranquilla, non possono vederla” mi informò educatamente

 
Sfilarono tutti uno dopo l’altro mostrandosi alla luce e nei minimi dettagli, sotto gli ordini delle guardie; la porta si chiuse alle mie spalle e scorsi con la coda dell’occhio Josh che mi ripeteva che avevo tutto il tempo che volevo per riflettere. Fecero fare un passo avanti a tutti, a turno, ed io ero li che riportavo alla memoria l’enorme schianto contro lo spigolo del tavolo ed il conseguente stupro.
Immagini che vorticavano feroci nella mia testa : il tavolo, lo spigolo, le maschere, le urla, il telefono che squillava, le minacce, mio figlio al piano superiore, il calcio della pistola contro il viso, il sangue dal mio zigomo, la violenza subita, quella maschera che mi sovrastava, quella sorta di tatuaggio dal vago colore arancione…fin quando non lo vidi nitidamente davanti ai miei occhi.
Istintivamente, feci due passi indietro spaventata, andando a sbattere contro qualcosa, fino a che arrivò alle mie narici il profumo che usava Dom, e lì mi voltai senza pensarci due volte, poggiando la testa contro il suo petto; le mie mani sul viso a voler cancellare ogni brutto ricordo, le sue, rispettivamente fra i miei capelli e una a circondarmi la vita più stretto che poteva.

 
“E’ lui?” chiese Josh

 
Io annuii contro Dom…

 
“Si…è il numero 5” rispose lui per me, furioso

 
Uscimmo, e ci fecero aspettare che tutti gli indiziati venissero ridati in custodia agli altri agenti. Lungo il corridoio trovammo Matt e Spencer che si tenevano la mano, in trepidazione. Io non riuscii a dire nulla che non andasse oltre le monosillabe, perciò fu Dom a raccontare tutto.
Quando terminai di firmare le ultime scartoffie richieste, Dom mi porse un pacchettino con dentro un maglioncino nero; e non un maglioncino qualunque, bensì l’esatta copia di quello che aveva anche lui. Disse che avrebbe voluto darmelo prima che entrassi in modo da darmi più forza, ma lo aveva dimenticato in macchina.

 
“Sei stata tu!!!Stupida ragazzina! Avrei dovuto ucciderti quando ne ho avuto occasione!!!”

 
Ci voltammo tutti per osservare l’uomo riconosciuto come uno dei miei aggressori farsi strada a suon di insulti mentre veniva trascinato fuori dalla struttura in manette. Trattenni Dom mentre tentava di andargli contro e provare a dargli una bella lezione, invitandolo ad andarcene via.
Quell’uomo del parco apparentemente gentile, era lo stesso che aveva contribuito a lasciare un’altra cicatrice nella mia vita…e come era giusto che fosse, a Matt e Dom, questo non andava giù proprio per niente. 
 
 
Era serata inoltrata quando Dom posteggiò nel vialetto dei Wolstenholme e spense il motore dell’auto. In totale e solenne silenzio, ci dirigemmo verso la porta d’ingresso e suonammo il campanello. Una Kelly sorridente venne ad accoglierci con tanto di Will in braccio mezzo assonnato, seguiti da Chris.

 
“Ciao ragazzi!” disse dolce
“Ciao Kelly, e scusa per il disturbo” disse Dom
“Non è stato affatto nessun disturbo, ci mancherebbe. Volete entrare?” domandò

 
Dom mi rivolse un sorriso comprensivo, che io accolsi.

 
“Preferirei tornare a casa, se non vi dispiace” commentai a capo chino
“Oh, ma certo, lo capiamo!” rispose Chris porgendomi William
“Ti sei divertito con zia Kelly?” gli chiesi
“Si!” disse prontamente
“E vorresti tornarci un altro giorno?” chiesi ancora

 
Mosse la testolina bionda contro il mio collo in segno di assenso, mentre piano piano stava chiudendo gli occhi, ed improvvisamente mi ricordai, che gran parte del senso della mia vita, lo stavo stringendo fra le braccia in quel momento. Quel piccolo bambino che aveva bisogno di me per crescere ed imparare tutte le cose del mondo.
Così, ci congedammo, e promisi a Kelly che l’avrei chiamata il giorno seguente.

 
Un quarto d’ora dopo, Dom aprì la portiera dell’auto per permettermi di scendere con Will in braccio; attesi poi che aprisse anche quella di casa. Una volta entrati, mi diressi in cameretta per mettere il bambino a dormire, udendo il portone chiudersi poco dopo.

 
“Scendo fra poco” gli dissi

 
Più tardi, Dom uscì dalla sala degli strumenti, dirigendosi verso il salotto.
Tolse la giacca di pelle mentre camminava e sorrise sentendo un rumore, consapevole che ero scesa di sotto.

 
“Scusami, ero andato a coprire la batt…Bimba?” disse gettando la giacca

 
Sulle scale poggiata al corrimano con la fronte, i miei nervi avevano ceduto inevitabilmente.
Piegata sulle ginocchia e tenendomi lo stomaco, ero scoppiata in lacrime sotto tutto lo stress a cui ero stata sottoposta, ma anche per il sollievo dal fatto che era tutto finito.

 
“No, no, no…perché piangi?” disse venendomi incontro “tirati su” intimò
“Non lo so” risposi stupidamente
“Ma come non lo sai!” sorrise stringendomi
“…”
“Vieni, mangiamo un po’ di pizza e vedrai che ti sentirai meglio” disse portandomi verso il divano
“Non ho fame, Dom” mugugnai
“Solo un pezzettino, fallo per me” mi supplicò

 
Lo accontentai mangiando controvoglia ed in silenzio, cercando di controllare tutta la tempesta di emozioni che stava prendendo il sopravvento in me.

 
“Bambina, hai freddo?” chiese preoccupato
“No, Dom” mormorai
“Ma tu stai tremando, però” rispose
“Lo so” conclusi

 
Tornò un paio di minuti dopo e mi fece indossare la sua speciale felpa verde che tanto amavo da una vita. Mi tolse le scarpe; poi le proprie e fece in modo che potessimo sdraiarci entrambi l’una sull’altro. La mia testa sul suo petto, la sua mano a tenere la mia.

 
“Amore…” sospirò “so che è stata una giornata difficile per te, e so che piangere è anche una sorta di valvola di sfogo, ma fra tutte queste lacrime che stai versando, spero che ci siano anche lacrime di gioia. Vorrei dirti che sono molto orgoglioso di te, perché sei stata capace di un grandissimo coraggio, in pochi ce l’avrebbero fatta. Ne hai passate veramente di brutte, e puoi ritenerti una sopravvissuta e una battagliera. Hai conquistato ed ottenuto molte cose belle da quando sei venuta a Londra; hai ricominciato una vita dal principio; hai conquistato il cuore di questo batterista rompiscatole e viziato; il tuo adorato Bellamy lo hai sempre intorno, per non parlare di Chris che non ti abbandonerebbe mai.  Sei riuscita a terminare le tue sedute con Dean ed abbiamo capito perché non riuscivi a dormire. E cosa migliore di tutte, ci hai resi entrambi genitori di un bambino eccezionale. Vorrei che non dimenticassi mai tutto questo, e soprattutto, che ti amo ogni giorni di più e non ti cambierei con nessuno per nulla al mondo” concluse
“Ti amo anche io, Dom. Quando sono approdata a Londra, di certo non avrei mai immaginato che la mia vita sarebbe andata così, né tantomeno che vi avrei conosciuti. Credevo che conoscere anche solo uno di voi sarebbe stato quasi un miracolo, ed invece eccomi qui. E ti giuro che non rimpiango nulla…Oggi più che mai, siete tutta la mia vita” risposi
“Non devi bambina, non devi. Incontrarti quel giorno in aeroporto è stata la sorpresa più bella che l’universo potesse farmi. Darei la vita per te, ricordalo sempre”

 
Detto ciò, il flusso dei discorsi si spense, lasciando alla voce della tv il compito di riempire quel perfetto silenzio, alterato di tanto in tanto dallo sfregamento delle dita di Dom sui miei capelli, affinché mi addormentassi.

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Capitolo 8
*** I Belong To You ***


New Chapter, spero vi piaccia...lasciate qualche commento altrimenti mi autocommisero =) 


I belong to you


 

Il rumore della vibrazione di un cellulare, seguito dalla breve suoneria, riscosse Dominic dal suo sonno. 
Aprì lentamente gli occhi per abituarsi alla luce che entrava nella stanza, guardandosi poi intorno in cerca del suo Iphone.
Allungò il braccio e lo recuperò sopra il tavolino che aveva vicino, e lesse.
Era un messaggio di Matt che lo informava che sarebbe passato a breve per sapere come stavo. Rispose al volo, poggiando di nuovo il telefono dove lo aveva trovato, per poi abbassare lo sguardo su di me che gli dormivo ancora addosso, indossando la sua felpa verde.
Sorrise lievemente lasciandomi un bacio fra i capelli.
Era indeciso se svegliarmi o concedermi ancora qualche altro minuto, finendo poi per optare per la seconda idea.
Restò lì ad osservarmi calma ed addormentata, nello stato di quiete più estremo del mondo; il respiro regolare ed il viso rilassato.
Di lì ad una decina di minuti, il campanello suonò. Dom afferrò al volo il telefono e digitò un nuovo sms.

 
“Matt, se sei tu alla porta, usa le tue chiavi per entrare. Non posso venire ad aprirti.”

 
Ancora qualche manciata di secondi, e la porta si spalancò lentamente, mostrando le facce sorridenti di Chris e Matt che cercavano di localizzare il loro migliore amico. Vendendoli in difficoltà, Dom alzò un braccio, facendo notare che si trovava sul divano.

 
“Oh, eccoti!” disse Matt “allora? Come sta?” disse avvicinandosi
“Giudica tu!” sorrise Dom
“Direi che sta meglio!” azzardò Chris sedendosi sul divano a destra
“Si, adesso si. Ieri quando siamo rientrati è crollata per il nervoso, ha pianto per un po', ma ora va tutto bene. Ci credereste mai che dorme da ieri sera alle 21:00?” chiese
“C’è riuscita, finalmente!” sorrise Matt sollevato
“Come avete capito il motivo?” domandò Chris, serio
“I medicinali non duravano a lungo, poi dopo alcune osservazioni, mi sono reso conto di una cosa” spiegò
“Ovvero?” chiesero in coro curiosi
“Riusciva a dormire solo se io ero lì con lei. Perché…” arrossì titubante
“Bastava saperti lì, per sentirsi al sicuro” completò la frase Chris

 
Dom sorrise dolcemente arrossendo e guardandomi con tenerezza.

 
“Bimba?” sussurrò scuotendomi piano “c’è qualcuno che vuole salutarti!” esclamò

 
Feci un profondo sospiro e mi stiracchiai leggermente, prima di aprire gli occhi e visualizzare le facce dei Muse che mi stavano sorridendo curiosi. Affondai di nuovo il viso nel petto di Dom, prima di mettermi a sedere.

 
“Buongiorno ragazzi, come state?” esordii
“Noi bene, e tu?” disse Chris “ti abbiamo portato una scatola di cioccolatini” rise
“Oh, grazie” dissi prendendola “concedetemi 10 minuti e sono da voi” promisi
“Io intanto vado a prendere Will e ti preparo la colazione, ok?” disse Dom
“Grazie” dissi dirigendomi verso il bagno

 
Quando tornai, Will era seduto sul pavimento fra i divani che mostrava un giochino nuovo a Matt; Dom era in cucina.


“Allora, ti va di dirmi come è andata ieri?” disse Chris
“È stata una lunga giornata…sono uscita di casa molto agitata, non avevo idea di cosa mi aspettasse. Quando sono entrata ed ho visto quelle persone oltre il vetro, inizialmente non avevo capito che avrei dovuto controllare se fra loro riconoscessi qualcuno” sorrisi imbarazzata
“Ma ci sei riuscita, no?” mi incoraggiò Matt che voleva ascoltare
“Si…si ci sono riuscita! Ma…” mi soffermai qualche secondo
“Ma cosa, bambolina?” mi esortò Chris
“È solo…che è stata più dura di quanto credessi. Ho dovuto sforzarmi a ricordare tutto dall’inizio alla fine; ma mi ha anche aiutata ad incastrare gli ultimi tasselli di ciò che avevo rimosso o cercato di rimuovere. Ho preso coraggio ed ho affrontato la cosa; è andato tutto bene, ma Dom è testimone di come ho reagito una volta tornati a casa” conclusi
“Tremava come una foglia, ha pianto per mezz’ora, ma è stata anche colpa dell’adrenalina” sorrise
“L’ importante è che hai risolto tutto, tesoro” sorrise Matt
“Posso farti una domanda, un po' personale?” domandò Chris avvicinandosi
“Certo” risposi
“Quando…insomma…quando quelle persone ti hanno fatto del male, hai pensato a cosa sarebbe successo se…” si bloccò non riuscendo a proseguire
“Se non ce l’avessi fatta, intendi?”

 
Annuì in silenzio, in imbarazzo…

 
“A dire la verità ci ho pensato quando mi hanno trascinata ai piedi di quelle scale. Ma ho continuato a farlo anche quando mi hanno addormentata in ospedale. Ho pensato ininterrottamente a come sarebbero andate le cose senza di me. Alla reazione che avreste avuto quando Dom ve l’avrebbe detto; a mia sorella; al figlio che credevo di portare ancora in grembo; a tutti voi. Anche lì in ospedale avevo sempre il pensiero costante che non ce l’avrei fatta, che la fortuna non è mai stata mia alleata nella vita”
“Immagino che non deve essere stato facile per te, pensare a tutto questo. Più di tutto, credo che Will sia stato il pensiero maggiore; insomma avrai pensato a cosa avrebbe passato tuo figlio, come sarebbe cresciuto senza di te, cosa avrebbe fatto…” aggiunse Chris
“Oh, no. Potrà sembrarti brutto da dire, ma vedi, è capitato in un paio di occasioni, che io e Dom discutessimo proprio di questo. Se mai accadesse qualcosa di brutto ad entrambi, William verrebbe affidato a voi due, senza pensarci nemmeno due volte. Non è per questo che mi preoccupo”
“Cosa ti spaventa, allora?” chiese Chris stringendomi la mano
“Se fosse accaduto qualcosa di brutto a me, sapevo già che tutti voi avreste superato la mia morte, in qualche modo e con i tempi giusti; sareste andati avanti con le vostre meravigliose vite avreste continuato a riempire gli stadi e le arene; a fare esplodere i cuori di milioni di persone; a dare un senso ed una ragione per cui lottare; avreste cresciuto Will nel migliore dei modi e con tutto l’amore di cui so che siete capaci. Ma poi ho iniziato a pensare ad una cosa…quando le giornate sarebbero terminate; quando stanchi sareste tornati a casa dopo una lunga giornata; quando avreste chiuso il resto del mondo fuori dalla porta di casa; quando nel buio delle vostre camere da letto, avreste abbracciato le vostre mogli…chi si sarebbe preso cura di quella meraviglia dagli occhi grigio-verde?” domandai al nulla

 
Un singhiozzo soffocato proveniente dalla cucina, mi fece sobbalzare.
Mi alzai con un sospiro, pronta ad affrontare le conseguenze di quella mia esposizione di pensieri, notando l’intervento tempestivo di Chris e Matt nel portare Will a giocare in giardino.
Dom, era poggiato con le mani sulla penisola con il volto bagnato.
Lo raggiunsi lentamente e lo abbracciai da dietro, stringendolo, poggiando la testa sulla schiena, dopo aver lasciatoci sopra un bacio.
Era ancora scosso da piccoli singhiozzi; così lo oltrepassai passandogli sotto un braccio e posizionandomi difronte a lui.
Lo guardai dritto negli occhi, prendendogli il viso fra le mani.

 
“Bimbo…” dissi lasciandogli un casto un bacio sulle labbra “perché stai piangendo?”
“Perché…” la voce che tremava

 
Mi scrutò per qualche secondo con quei suoi occhi grigi, prima di cedere, poggiando la fronte sulla mia scapola sinistra.
Un singhiozzo ancora, che ebbe come risultato quello di farmi poggiare la testa sulla sua, per poi baciargli la tempia mentre gli accarezzavo i capelli.
Lasciai che piano piano i suoi singhiozzi si placassero, dopodiché, allontanai il suo viso per poterlo guardare meglio negli occhi.

 
“Credo tu abbia bisogno di uscire un pochino, a prendere un po' d’aria. Vuoi che ti prendo il giacchetto?” chiesi
“Si, grazie” disse ricomponendosi

 
Tornai un minuto dopo, indossò la sua giacca, prendendo poi il cellulare e mettendolo in tasca. Restò ad osservarmi un paio di minuti, immobile, mentre cercavo di decifrare cosa gli passasse per la testa.

 
“Tornerò più tardi” disse all’improvviso

 
Fece per uscire di casa, quando all’ultimo momento tornò indietro e mi trovai stretta fra le sue braccia, mentre le sue labbra prendevano possesso delle mie, in un bacio lungo ed appassionato al punto tale da stringere con forza i lembi del colletto della sua giacca di pelle.
Quasi a non volermi staccare mai più.

 
“E questo per che cos’era?” sorrisi
“Per nulla di particolare” rispose, chiudendosi poi la porta alle spalle

 
 
Dieci minuti più tardi, mentre finivo la mia colazione, i ragazzi rientrarono tutti sorridenti.

 
“Ehy” mi apostrofò Matt “che ci fai qui da sola? Dom?”
“Gli ho consigliato di uscire a ripulire un po' la mente” risposi
“Oh, bene…”
“Spero soltanto che abbia compreso il senso delle mie parole”
“Ma certo, tesoro” rispose lui
“Devo uscire a far la spesa, restate per pranzo?” domandai
“Per me non ci sono problemi, faccio venire Spencer” disse componendo il numero
“Cavolo, bambolina, io non posso. Ho la partita di Alfie, fuori città” disse dispiaciuto
“Non fa nulla, Chris. Sarà per un’altra volta” feci spallucce
“Perché non vi unite a noi? Vediamo la partita e poi andiamo a cena fuori!” propose

 
Guardai Matt speranzosa, che si aprì ben presto in un sorriso di assenso.
Così ci preparammo, lasciai un paio di sms e un biglietto a Dom per dirgli dove eravamo diretti nel caso fosse tornato presto…


Quando tornai a casa, lui non era ancora rientrato, perciò gettai il biglietto nella spazzatura e provai a chiamarlo…
Segreteria telefonica, per tre volte di fila. Sconfitta, me ne andai a letto.
Il mattino dopo, mi svegliai sola e nessuno straccio di Dom in casa. Non feci altro che chiamare e lasciare messaggi.
Quando giunse la sera, ero a dir poco spaventata.

 
19:30 - “Dom…ma dove diavolo sei? Rispondi, per favore!”
20:40 - “Ti prego…”
22:00 - “Dom…sto impazzendo, rispondimi!!!”

 
Inutile dire che non ricevetti mai risposta a quei messaggi, e che tutto ciò non fece altro che farmi stare peggio.
William era agitato e non faceva che cercare suo padre senza sosta, e pertanto, non era mai contento dei giochi che gli proponevo.
La terza sera non riuscii a prendere sonno agitandomi e cambiando posizione in quantità infinitesimali.
Proseguii così per diverse ore, fino a che non composi il numero di cellulare ed attesi, paziente.
Linea libera…
Uno squillo…
Due…
Tre…

 
“Pronto?” una risposta appena udibile
“Ehy…sono io”
“Tesoro…è tutto ok?” la voce impastata dal sonno
“Oh, si…perché non dovrebbe?” domandai sarcastica qualche secondo dopo

 
Lo sentii sorridere all’altro capo del telefono.

 
“Perché sono le 3 del mattino, e tu sei al telefono con me” rispose dolce
“Hai ragione…” confessai
“Non è ancora tornato, vero?” rifletté sospirando
“No” ammisi tradendo un singhiozzo che colse al volo
“Vuoi che venga da te?”
“Chris…sei a casa tua, sei stanco ed hai il bisogno ed il diritto di dormire come tutti gli esseri umani. Volevo sentire la voce di qualcuno, che fosse diversa dallo squillare a vuoto del cellulare di Dom. Ce la farò da sola, come sempre”
“Come preferisci, bambolina, ma chiuditi bene in casa ed inserisci l’allarme. Ti prometto che domani starò con te, magari porto Buster, almeno Will si diverte. E…tesoro…non piangere, ti prego!”
“Ci proverò, Wolsten. Ci proverò…” risposi asciugando le lacrime

 
 
Conclusa la chiamata, scesi dal letto ed entrai in bagno per sciacquare il viso, e non appena ne uscii, il mio cuore perse una decina di battiti.
Col viso stanco, le mani nelle tasche della giacca, i capelli leggermente spettinati; un accenno di barba; se ne stava lì immobile sulla soglia della porta della nostra camera da letto.

 
“Dominic!” esclamai quasi avessi visto un fantasma
“Piccola!” rispose facendo un paio di passi

 
Il sorriso gli si spense sul volto, subito dopo avergli fatto cenno di non avvicinarsi.

 
“Dove diavolo sei stato?” domandai
“Un po' in giro. Poi sono andato nell’appartamento di Matt. Avevo bisogno di riflettere” disse
“E non hai avuto tempo di far caso alle mille telefonate e cinquecento messaggi che ti ho lasciato su quel fottutissimo cellulare???”
“Bimba…il telefono è morto; non avevo un carica-batterie. Matt non ha un telefono fisso in casa ed io…io…” cercò di giustificarsi
“Hai idea di quante cose orribili sono accadute a Londra in questi tre giorni? Eh?” urlai indicando la tv “ho perso il conto delle volte in cui ho tentato di mettermi in contatto con te! Non avevo idea se fra gli ostaggi della rapina in banca ci fossi anche tu; se fossi fra le vittime di quel terribile incidente d’auto accaduto in centro! Lo capisci? Non sapevo dove tu fossi, dove dovessi cercarti. Se fossi finito in ospedale; se saresti tornato sano e salvo a casa; se semplicemente non volessi parlarmi; se fossi morto e nessuno mi aveva avvertita…se…”

 
In una frazione di secondo era lì che mi stringeva fra le sue braccia, mentre io davo libero sfogo ad una tempesta di lacrime, tenendomi saldamente alla pelle della sua giacca. Mi diede un bacio delicato fra i capelli, scendendo poi, lentamente, verso il collo.

 
“Fai l’amore con me, ti prego!” sussurrò ad un centimetro dal mio orecchio
“Non posso, Dom” lo allontanai controvoglia, lentamente “sono ancora arrabbiata con te!” esclamai
“Capisco” rispose “andrò a dormire nella stanza di Chris” concluse abbattuto

 
Così lasciai che mi baciasse la fronte, prima che entrambi andassimo a dormire ognuno nella propria stanza.
Il mattino seguente, fui svegliata dalle urla di Chris e Matt che inveivano contro Dom.
Li sentivo gridare in continuazione: botta – risposta, botta – risposta.
Decisi così, di lasciare che tutti e tre si sfogassero e cercassero di chiarire e sistemare la questione dell’allontanamento improvviso di Dom.
Li sentii rimproverarlo su quanto fosse stato idiota a non pensare di chiamare nessuno, anche solo per dire che stava bene; sulla sua incoscienza; e su quanto tutti quanti ci fossimo preoccupati a dismisura.
Li raggiunsi un paio di ore dopo, tenendo Will in braccio fresco fresco di bagnetto; e li guardai uno per uno con attenzione, per tastare in qualche modo il terreno.

 
“Vedi Will, erano loro tre che facevano baccano” li indicai sorridendo
“Ranocchietta!” rise Dom, protendendo le braccia “ti abbiamo svegliato? Vieni con me!”
“Ciao, tesoro!” mi abbracciò Matt
“Ciao Bells!” risposi
“Allora…” esordì Chris “dato che di recente si è respirata aria di bufera e negatività un po' in casa di tutti noi e soprattutto in questa, il tuo adorato Chris ha prenotato 10 giorni di totale relax e divertimento in uno chalet in montagna tutti insieme, contenta?”
“Sembra molto divertente, Chris, ma credo che io e Dom non verremo con voi” risposi riflettendo
“Cosa? Perché?” rispose spaesato
“Perché io e Dominic abbiamo ancora delle questioni in sospeso”
“Ma…veramente…”
“Veramente cosa?” dissi alzando il tono della voce
“Dom ha detto che non c’erano problemi” si giustificò guardandolo
“Dai, ne parleremo più tardi” si intromise Dom con tono quasi scocciato
“Vedo che prendi sempre tutto con molta leggerezza!”
“No, è solo che…” proseguì
“Lascia perdere, non voglio nemmeno starti a sentire” lo zittii salendo le scale
“Adesso dove vai?” sospirò
“Dove vuoi che vada? A preparare le fottute valigie!” esclamai in conclusione

 
Finii così di salire le scale ed entrai in camera a raggruppare tutti gli indumenti necessari per il viaggio, mentre Chris, Matt e Dom cercavano di mettersi d’accordo per i turni di guida, dato che a detta di Chris, almeno 5 o 6 ore le avremmo perse guidando.
Due ore e mezza dopo, eravamo fuori casa in attesa che Chris tornasse a prenderci con il furgoncino dei Wolstenholme.
Io e Dom non c’eravamo rivolti la parola per niente, e lo osservavo mentre tentava di instaurare un briciolo di discorso, ma senza successo.
Ci evitammo al punto tale da non voler nemmeno sederci vicini in auto.
Partimmo alla volta della nostra meta, Chris guidava e Kelly e Spencer gli erano accanto; dietro, Dom, Matt e Tom, parlavano senza sosta di videogames e vecchi aneddoti di quando erano teenager. Alle loro spalle, Will dormiva nel seggiolino ed al suo fianco c’ero io, che crollai addormentata dopo un’ora circa.
Terminata, poi, la 4 ora di tragitto ed aver lasciato Tom da sua madre, ci fermammo a mangiare qualcosa in un fast-food, risalendo in auto appena un attimo prima che l’acqua iniziasse a scrosciare sull’auto e ci bagnasse tutti.
Io tornai al mio posto, in modo da poter tenere impegnato William in quell’ultima ora e mezza, prima di arrivare a destinazione.  Più ci avvicinavamo e più entravamo nel vivo della tempesta, fra tuoni, acqua incessante e fulmini che rischiaravano il cielo.
Il più vicino si scagliò ad un centinaio di metri da noi.

 
“Mamma!” disse Will seduto in braccio a me
“Si?”
“Boom!!!” indicò il vetro “è brutto e cattivo?” chiese impaurito
“Oh, no tesoro” replicai cercando di mantenere la calma “boom non fa paura!”

 
Mi guardò dritta negli occhi, mi diede un bacio sulle labbra e sorrise poggiando la testa sul mio petto.

 
“Boom è buono” disse convinto chiudendo gli occhi “boom è papà!”
“Si, amore mio…boom è papà” lo rassicurai asciugando una lacrima invisibile

 
Un minuto ancora ed il cellulare vibrò nei miei jeans.

 
“Tieni duro, bimba…siamo quasi arrivati”

 
Alzai velocemente gli occhi dallo schermo del cellulare per fissarli sullo specchietto retrovisore dal quale, Dom mi stava tenendo d’occhio.
Rimasi a fissarlo ancora qualche secondo, prima di manifestare un leggero sorriso. Quaranta minuti dopo, Dom stava posteggiando seguendo le indicazioni di Chris, che, giusto un paio di anni prima aveva portato i suoi figli in vacanza nello stesso posto.
Sotto la pioggia battente, e con Will avvolto nella coperta, corsi per raggiungere l’ingresso del nostro chalet. Una volta all’interno, rimasi estasiata dalla bellezza e l’accoglienza della casa: tre camere da letto, due delle quali al piano superiore; una cucina spaziosa collegata ad un salone altrettanto grande; un tavolo da biliardo; una vista incantevole e niente di più confortevole ed accogliente del calore e rumore proveniente dalla legna che ardeva nel camino.
Kelly mi indicò la stanza al piano terra, dicendomi che lei e Chris ritenevano più opportuno evitare che Will uscisse dalla stanza e capitombolasse giù dalle scale; così andai a sistemare le mie cose e a mettere mio figlio a dormire in pace.
Una volta terminato, mi gettai sotto la doccia, approfittando del calore sprigionato dall’acqua e dalla stanchezza che avevo in corpo.
Qualche minuto dopo, silenziosamente, Dom mi abbracciò da dietro, baciandomi una spalla per poi voltarmi e costringermi a guardarlo dritto negli occhi.

 
“Basta litigi, basta provocazioni. Non ce la faccio a non parlarti...” sibilò

 
Abbassò lo sguardo lentamente.

 
“Mi dispiace di averti dato così tanta preoccupazione in questi giorni. Volevo restare da solo per un po', ma ho gestito la cosa in maniera totalmente sbagliata. Mi rendo conto che sarebbe bastato un semplice messaggio. Ma cavolo, ero furioso con te!” disse iniziando ad urlare

 
Istintivamente, arretrai verso il muro, aderendovi spaventata.

 
“Con che coraggio riesci a dire che tutti noi supereremmo la tua morte, come se nulla fosse? Tutte quelle stronzate sul proseguire con la nostra musica, sul riempire le arene e gli stadi, sul dare agli altri un motivo in più per lottare… devi smetterla di vederti come se fossi qualcuno di poco conto!” mi sgridò “e sei solo una stupida, se credi di non essere poi così importante. Dio, ero così arrabbiato!!! Non hai idea di quanto mi sia costato, il trattenermi dal lanciarti anche l’oggetto più stupido ed insignificante contro. Volevo che la smettessi con quelle parole…più raccontavi, e più non facevo che immaginarti in un letto d’ospedale o distesa in una bara, immobile...” urlava, urlava ed urlava ancora

 
Si prese qualche secondo…il rumore dell’acqua della doccia in sottofondo. Poi, il suo viso da rosso, riassunse un colorito naturale.

 
“Poi, hai detto quella frase su di me. Hai detto che più di ogni altra cosa, la tua preoccupazione, ricadeva su di me. Come se tutto quello che io dico o faccio dipendesse da te…come se, nonostante ciò che hai subito, tu pensassi solo a me”
“Dom…” mormorai cercando di riavvicinarmi
“Per una frazione di secondo, la mia rabbia è salita leggermente, più per un fatto di orgoglio che per altro. Non riuscivo a credere che potesse essere davvero così; ma, avevi pienamente ragione… probabilmente mollerei tutto, non sarei più in grado di fare nulla, e mi mancheresti da morire ed io…io non voglio sentire la tua mancanza. Io ti amo, e mi spaventa a morte il non saperti più con me” confessò inerme “quelle parole…le pensavi sul serio?”
“Cosa?” sorrisi “che sei la mia meraviglia dagli occhi grigio verdi?”
 
 
Annuì, tirando su con il naso, cercando di trattenere una lacrima.
Abbassò lo sguardo lentamente…lui, più alto di me, ma così piccolo e fragile in quel momento.

 
“Dom, Dom! Calmati, adesso…prometti solo che non sparirai più. Vivere quei tre giorni, è stato orribile per tutti non solo per me. Non ce la farei, non di nuovo!” dissi col suo viso fra le mani
“Si…si, te lo prometto. Te lo prometto, sopra ogni cosa…” rispose baciandomi

 
Ci lasciammo trasportare dal flusso delle emozioni, finendo per fare l’amore e dimenticando tutto ciò che era accaduto.
Il mattino dopo, i ragazzi non vedevano l’ora di poter assaporare l’ebrezza di una buona e sana sciata, ma furono delusi da un violento temporale che fece in modo di far chiudere la pista; concedendoci solo qualche raggio di sole per un paio d’ore e lasciarci esplorare i boschetti circostanti.
Il secondo giorno, mentre giravamo nella piccola cittadina a fondovalle, il vento iniziò a soffiare talmente forte da farci rinchiudere in un piccolo locale al caldo. In breve tempo fummo talmente stanchi e spossati da cenare al volo, per poi filare dritti a casa e riposarci.
All’incirca verso le 4 del mattino, rigirandosi nel letto, Dominic aprì gli occhi e tentò di focalizzare al meglio la mia figura che senza sosta, si muoveva avanti e indietro per la stanza. Non facevo che aprire e chiudere i cassetti, frugare nella borsa, controllare in bagno e ricominciare da capo. Al terzo giro, Dom scese dal letto e mi raggiunse.

 
“Cosa stai cercando?” domandò bloccandomi
“Non ricordo dove ho messo le gocce per le orecchie” risposi
“Sei certa di averle prese?”
“Non lo so” tirai su col naso
“Ti aiuto a cercarla, ma tu devi respirare e rilassarti, ok?” tentò di rassicurarmi

 
Annuii con il capo e lo seguii passo passo mentre cercava in tutti i luoghi in cui io avevo già controllato. 
Alla fine, prendendomi per mano, andammo in salotto per controllare se per sbaglio, non le avessi messe nella borsa delle cose di William.
Arresosi, iniziò a salire le scale e bussò alla porta di Chris, che sbucò di corsa dalla stanza non appena Dom lo informò che non stavo bene.
La stessa sorte toccò anche a Matt e Spencer…

 
“Tesoro, stai bene?” mi chiese Matt semi sveglio

 
Ebbi un improvviso attacco di vertigini che mi fece cadere il bicchiere d’acqua dalla mano, frantumandosi ai miei piedi, ed io, colta dal giramento di testa, vi caddi esattamente con un ginocchio sopra…

 
“Dom…ti prego…sto male” urlai sull'orlo del panico

 
Ci mise circa tre secondi per scendere le scale e precipitarsi lì dov’ero, raggomitolata su me stessa.
In un baleno, era vicino a me e teneva la mia testa sulle proprie gambe. Ma solo dopo aver spostato i capelli di lato, si accorse di quanto stessi soffrendo. Un’enorme macchia rossa ed ustionante, partiva dal mio orecchio sinistro per poi scendere fino alla base del collo.
Quando poi, con l’aiuto di Matt, mi adagiarono sul divano, constatarono che avevo la febbre alta.
Ma cosa avrebbero potuto fare a quell’ora? Dove sarebbero andati? A chi avrebbero chiesto aiuto?
Fortunatamente, Chris e Kelly, conoscevano bene alcune persone della cittadina e pertanto, avevano una precisa idea di dove andare a chiedere aiuto.
Tornarono circa un’ora dopo con un dottore al seguito.
Dopo un’accurata visita, riferì a tutti i presenti che sarei dovuta restare a riposo per qualche giorno e che dovevo assumere medicinali per curare la febbre.

 
“Andiamo, Dom, ti accompagno a comprare le medicine” suggerì Chris
“Vai tranquillo, ci pensiamo noi a lei” assicurarono Matt e Spencer

 
Fece cenno di assenso nella loro direzione ed uscì di casa insieme a Chris.
Quel 39.5 di temperatura corporea non faceva che rimbalzargli in testa di continuo, rimproverandosi di non essere rimasto al mio fianco e mandare qualcuno al suo posto.
Una volta tornati, i suoi tormenti, terminarono.
Pranzò al volo e poi si sedette a terra con la schiena contro il divano a vegliare su di me tenendomi la mano, e lì rimase fino a che non diedi segni di miglioramento. Per tre giorni non mosse un muscolo se non per andare in bagno, misurarmi la temperatura, mettere le gocce nell’orecchio e tamponarmi la fronte con un panno bagnato. Era talmente stressato ed esausto, che Chris e Matt dovettero trascinarlo di peso fino al letto.
Il mattino dopo, fui svegliata da una luce accecante che mi costrinse ad aprire gli occhi lentamente.
Avevo completamente dimenticato il fatto che da tre giorni dormivo sul divano. Avendo il sonno leggero, ogni minimo barlume di luce mi rendeva il sonno difficile, figurarsi una così forte! All’inizio, credevo fossa la tv lasciata accesa per farmi compagnia, ma quando aprii gli occhi, rimasi di stucco.
Mi alzai in fretta, correndo ed urlando.

 
“Dom! Dom! Dom! Dom! Dom! Dom!” urlai
“O mio Dio! Che c’è? Stai bene?” urlò svegliandosi all’improvviso
“Alzati, alzati, alzati!!!” continuai saltando sul letto
“Ti senti male? La febbre è risalita? La casa sta bruciando? Che cosa c’è? Dimmelo!!!”
“No, Dom…nevica!!” esclamai indicando la finestra
“C-cosa?” domandò sgranando gli occhi
“Nevica!” risi, cadendogli a cavalcioni

 
Voltò la testa verso la finestra, focalizzando l’enorme quantità di neve che si era depositata a terra e di quella che ancora stava cadendo. Fissò gli occhi nei miei tentando di risultare severo, ma non ci riuscì. Cedette poco dopo, arrotolando una ciocca dei miei capelli fra le sue dita, aprendosi in un dolce sorriso caloroso. Grato che del fatto che stessi bene.

 
“Mi hai fatto spaventare, lo sai?” disse stringendomi a sé e baciandomi
“Ti chiedo scusa” lo abbracciai
“È tutto ok” sorrise “che ore sono?”
“7:30” dissi sottovoce “aspettiamo le 8 per svegliare Will?” domandai
“Vieni sotto le coperte con me, abbiamo ancora mezz’ora” rise
“Dom!” finsi di rimproverarlo
“Shh…zitta ed amami” rise di gusto coprendoci entrambi con il lenzuolo
 
 
 
Un’ora e mezza dopo, eravamo tutti diretti verso le piste da sci, pronti per goderci la tanto agognata neve. Kelly e Spencer portavano le borse con quello che sarebbe stato il nostro pranzo, dirette verso l’esterno dello chalet. Appena una frazione di secondo prima che aprissi la porta, fui superata da tre ragazzini esultanti ed urlanti, prigionieri nei corpi di tre uomini adulti. Chris non faceva che urlare al mondo intero quanto avesse atteso quel momento; Matt, con tuta improponibile e glitterata, rideva senza sosta lanciando qualche grido di gioia; Dom, superò tutti alla velocità della luce, con la sua tavola da snowboard fra le braccia.
Sorrisi, per lui, e per l’euforia che senza alcun dubbio, avrebbe accompagnato la nostra giornata, e così fu…
Mentre Dom e gli altri si divertivano a sfidarsi l’un l’altro lungo le piste, io scattavo milioni di foto a loro ed anche a Kelly e Spencer che insegnavano a Will come tirare una palla di neve.
Dopo pranzo organizzammo una vera e propria guerra con la neve: volavano cappelli, guanti, urla risate e tanta tanta neve…

 
“Smettila di usare mio nipote come scudo” urlò Matt al mio indirizzo, ridendo
“Ti prego Bells, giuro che non ti infilerò più la neve dietro il collo!!” pregai
“Troppo tardi!” minacciò

 
Presi a correre cercando rifugio verso Dom e Chris, ma si sa, non potevano voltare le spalle al proprio migliore amico. Così finsero di proteggermi, per poi riempirmi la tuta ed il cappuccio di neve, sotto i miei rimproveri.
Risi talmente forte, da piangere e non avere più fiato; e tutto ciò si protese per i due giorni seguenti fra scherzi, risate e vendette.


.... 
 
 
Ci stavamo preparando per partecipare alla fiera che si teneva in paese proprio quel fine settimana.
Non avevamo fatto altro che parlarne nei giorni precedenti, sperando che il maltempo non finisse per rovinare la festa, anche se erano abituati e preparati per ogni evenienza. Finii di truccarmi e guardando l’orologio, mi resi conto del fatto che forse avevo trascorso troppo tempo sotto la doccia, e che ero in lieve ritardo. Uscii dalla camera e trovai Chris in pigiama abbandonato sul divano a fare zapping; Spencer dormiva in camera sua; Kelly cucinava e Matt era in tuta che sfogliava distrattamente un libro, sorseggiando un thè.
Rimasi inebetita ed un po' irritata.

 
“Scusate se disturbo la vostra quiete, ma non avevamo dei progetti per stasera?”
“Bambolina, io sono stanco…non ce la faccio!” Chris
“Tua sorella dorme, tesoro, ed io non ho voglia di stare fra la gente” Matt
“E tu Kelly, ovviamente resti con Chris…perfetto” conclusi io
“Mi dispiace” mormorò lei
“Si, anche a me. Avrei quantomeno voluto saperlo prima” ammisi scocciata
“Dom…tu?” aggiunsi poco dopo
“Io sono con te” sorrise dolce
“Perché non vi prendete una serata per voi? Penserò io a Will” propose Matt

 
Guardai Dom in cerca di una qualunque approvazione, prima di cedere e permetterci di stare fra di noi, senza dover pensare alle esigenze di William per una sera. Così, uscimmo di casa e percorremmo il sentiero in discesa che portava in paese e goderci la serata. Ed infatti, fu tutto stupendo anche solo ad una prima occhiata. Era stracolmo di persone che passeggiavano avanti e indietro, fermandosi o curiosando fra le bancarelle.
C’era così tanta gente che riuscivamo a camminare a stento, in alcuni punti, addirittura una dietro l’altro.
 
 
 
“Ehy” mi apostrofò ad un certo punto
“Mh?” alzai lo sguardo io
“Ci sei rimasta male per gli altri?” chiese con un braccio sulle mie spalle
“Un po' si…infondo ne parlavamo da giorni” risposi
“Mi dispiace…dai, non pensarci…che c’è? Il tuo Dom non ti basta più?” finse un broncio
“Sei un idiota” sorrisi “è ovvio che ti voglio con me”
“Bianco o blu? Scegli un colore” disse all’improvviso
“Mhh…blu! Perché?”
“Aspetta qui” disse sparendo
“Dom, comunque stavamo ancora parlando” urlai al nulla

 
Tornò cinque minuti dopo con in mano una nuvola blu di zucchero filato accompagnato da un sorriso divertito ed al contempo dolce.
Ne prese un pezzo, lo mangiò, e mi spiegò che lo aveva comprato in previsione di una mia eventuale richiesta futura, sapendo quanto ne andassi matta; ed anche per risollevarmi il morale. Dom sapeva alla perfezione quanto tornassi bambina durante le fiere: le luci, le giostre, lo zucchero filato, l’odore di caramelle nell’aria.
Era tutto così magico!

 
Circa un’ora dopo, un’orda di ragazzi urlanti ci accerchiò supplicando Dom di autografare i loro cd o di poter avere una foto insieme. Così, dopo avergli fatto il piacere di scattarne alcune, compresi che la sua fama lo aveva preceduto e mi allontanai lasciando a tutti i propri spazi. Fece un cenno di assenso verso di me, mimando poi uno “scusa” con le labbra.
Poco dopo, mi localizzò e si avvicinò cauto.

 
“Dom…possiamo prendere un gattino?” chiesi quasi avessi tre anni
“No, piccola” rispose
“Un cagnolino?”
“Neanche” sorrise
“Una paperella?”
“Non possiamo, amore…lo sai” ripeté accarezzandomi i capelli
“Uffa…” mi arresi

 
Tenendoci per mano, proseguimmo il nostro giro, fino a che non udimmo urlare, di nuovo.

 
“Dominic! Dominic?”

 
Diressi gli occhi all’indirizzo da cui proveniva la voce, ovvero, dritto davanti a noi.

 
“Santo cielo, che sbadata! Prima ho preso l’autografo, ma ho dimenticato la foto!”
“Oh” rispose spiazzato “va bene, facciamo questa foto”
“Ma con questo telefono, non riesco a farla bene” aggiunse
“Sono più alto di te, potrei scattarla io. Se posso, ovvio” propose
“Ma io vorrei una foto degna di lode…falla scattare a lei” mi indicò

 
La accontentai scattando due foto, una mentre lo abbracciava ed un’altra ancora, mentre lo teneva sotto braccio.

 
“Possiamo farne ancora una? Non vorrei fossero venute male!”
“Non è mica un servizio fotografico!” commentai
“Non sono affari tuoi!”
“Oh lo sono eccome!” la fulminai con lo sguardo
“Ok va bene, basta! Dammi il telefono, la scatto io l’ultima e poi ci separiamo” s’intromise Dom

 
Una volta concessagli l’ultima foto, se ne andò lasciandogli un bacio sulla guancia.

 
“Deficiente” mormorò
“Questo è troppo!”

 
Mi voltai all’istante pronta ad affrontarla, venendo istantaneamente bloccata dalla mano di Dom che afferrò il mio braccio, trattenendomi.

 
“Lascia perdere…non dargli importanza”
“Non gli do importanza, semplicemente ho voglia di picchiarla!” esclamai
“Smettila. Non ne vale la pena; così ti abbassi solo al suo livello”
“Basterebbe anche solo un occhio nero!” mi impuntai
“Lo so…tu hai ragione. Dimenticala e basta, ok? Non facciamoci rovinare la serata”
“Va bene” annuii “ma togliti quel rossetto dalla guancia, altrimenti picchio anche te”

 
Rimase qualche passo indietro, strofinando il viso con un fazzoletto e sorridendo della mia gelosia.
Il cellulare di Dom prese a squillare, ma lui non rispose. Il resto della serata si protese con tranquillità e spiensieratezza, anche se l’episodio accaduto, non era propriamente sparito dalla mia mente.

 
“Guarda, aveva ragione Chris! Hanno saputo che eravamo qui e hanno deciso di proiettare uno dei nostri live per omaggiarci. Vuoi andare a vederlo?”
“Sai che non c’è bisogno di chiederlo” sorrisi
“Lo so!” disse baciandomi le labbra

 
Cercammo un posto che non fosse troppo scomodo, tentando di non cadere, dato che il cinema era quasi completamente buio, fatta eccezione per le piccole luci che segnalavano le file di sedili. Seguii Dom alla cieca, fin quando decise di fermarsi alla fila centrale del secondo blocco; fece accomodare prima me e poi si sedette al mio fianco.
Tolsi la giacca e sprofondai nel sedile in attesa trepidante…
Ancora una volta il telefono squillò, ma riagganciò, non appena lesse il nome di Matt.

 
“Vieni a sederti in braccio a me?” sussurrò

 
Mi alzai lentamente ed andai a sedermi mentre mi cingeva la vita in un abbraccio, approfittando delle luci spente e della pubblicità per baciarci.

 
“Ti sei calmata?” chiese poi
“Si, tranquillo. Anche se ci sono ancora tracce di rossetto sul tuo viso, stupido donnaiolo del cavolo”

 
Sorrise di gusto, buttando la testa indietro, per poi poggiarla sulla mia spalla.
Finalmente, la proiezione iniziò…

Era un montaggio di vari live nel corso degli anni; si partiva da Showbiz fino ad arrivare a Drones. Una specie di diario dei ricordi in cui li vedevo crescere brano dopo brano; da piccoli ed impacciati a dominatori di folle e palchi. Una vera e propria forza della natura.
Ero completamente rapita ed euforica, che per un momento dimenticai persino dove mi trovavo.
Tutto quello che vedevo e sentivo, era l’eco di quella che era la musica che predominava nella mia vita.

Due ore dopo, i titoli di coda occuparono lo schermo…
Come al solito, era finito tutto troppo in fretta, un battito di ciglia.
Ci alzammo tutti lentamente, dato il buio persistente che regnava in sala, talmente fitto da non vedere nemmeno me stessa.
Le uniche luci, i titoli di coda.
Bloccati nel mezzo della scala centrale, mi resi conto che ciò che passava sullo schermo, erano foto dei Muse alternate a stralci di citazioni e titoli delle loro canzoni.
Trattenni Dom per la giacca perché volevo continuare a vedere, mentre lui, qualche scalino sopra il mio, tentava di scrivere un messaggio a Matt.
Io non ci feci per niente caso, talmente rapita dalle immagini.
Le foto terminarono e rimasero solo le frasi…


 
"Knights of Cydonia…Plug in baby…Bliss…
 
Come ride with me, through the veins of History…Bliss…
 
You, could be my Unintended…Bliss
 
Showbiz…Starlight…Bliss"


 
Una luce abbagliante mi accecò gli occhi, fino a sfumare lentamente…


 
"Everything about you is so easy to love…
So…
Bliss…
Will you marry me?"

 
Solo quando le luci brillarono di più, vidi Dom in ginocchio al mio fianco.
Il sorriso più dolce e bello del mondo; quegli occhi grigi a tratti trasparenti, in quell’istante lucidi. Un anello in una mano, un mazzo di rose nell’altra. Matt, Spencer, Kelly, Will e Chris commossi, mi sorridevano dall’entrata della sala.
Tutti i presenti erano in piedi, in attesa. Guardai ognuno di loro con una fitta al cuore, il respiro che non bastava più, le lacrime che salivano mentre cercavo di temporeggiare.
Inevitabilmente, incontrai i suoi occhi, e la risposta riecheggiava da secoli indietro nel tempo, sin dalla prima volta che l’avevo visto.
Così, scossa dai tremiti, lo guardai dritta negli occhi e pronunciai quel “si” che non sembrava arrivare mai, e lo baciai con tutti i sentimenti e le emozioni che mi esplodevano in corpo.
Dopo avermi messo l’anello, sprofondai fra le sue braccia piangendo, mentre un fragoroso applauso prendeva vita tutto intorno. 

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Capitolo 9
*** The Love for What you Hide ***


Nuoco capitolo...vi chiedo scusa se non pubblico da molto, ma la colpa è del mio pc che decide di funzionare una volta ogni 1000 anni. Spero di non annoiarvi, ma soprattutto, spero lasciate un commento con le vostre opinioni... Love u all!



The Love for what you Hide

 
 
“Pronti?” domandò Dom chiudendo il portabagagli dell’auto
“Pronti!” esclamò Chris avviando il motore

 
Il nostro soggiorno in montagna si era concluso, ed eravamo pronti a rimetterci in viaggio per tornare a Londra.
Eravamo tutti felici ed appagati, contenti di quella vacanza sulla neve.
Matt, aveva svaligiato uno dei negozi di souvenir del paese; Chris e Kelly, avevano fatto in modo e maniera di riportare un qualunque regalo ad ognuno dei propri figli, ed io? Io, semplicemente non riuscivo a smettere di viaggiare con la fantasia, dopo che io e Dom ci eravamo fidanzati ufficialmente.
Il ritorno fu più breve del previsto, durante il tragitto non facemmo altro che ridere, scherzare e cantare, fin quando non ci trovammo in una magica Londra, illuminata dalle tenui luci della sera.
Rincasammo ognuno nella propria abitazione, e solo allora la stanchezza si fece sentire sul serio.
Dom, abbandonò le valigie nel bel mezzo del salotto e subito dopo prese Will ed andò a cambiarlo per poi metterlo a dormire.

 
 
“Non vieni?” mi apostrofò dopo aver finito
“Cosa? Ah, si, arrivo subito” risposi
“Io ne approfitto per fare una doccia” disse incamminandosi

 
 
Mezzora dopo, chiuse la porta del bagno e venne ad infilarsi sotto le coperte con me.
Si prese qualche minuto per osservarmi, mentre sospiravo di tanto in tanto tenendo lo sguardo fisso verso il basso.
Ancora un minuto e poi sorrise.
 
 
“Stai di uovo fissando l’anello?” disse divertito baciandomi la spalla
“Non ho ancora realizzato” sorrisi arrossendo
“Sei veramente incredibile” rise “è tutto a posto, stai tranquilla!” aggiunse
“Lo so…scusa” ribattei
“Non devi scusarti. Lo ripeterò ancora se ti fa stare meglio. È tutto vero, è successo realmente; ti ho chiesto di sposarmi in quel cinema, difronte a tutte quelle persone e tu hai accettato” disse calmo “ora possiamo dormire?”
“Si” risposi “ora dormiamo”
 
 
Spense l’abat-jour e si sistemò nel letto, prese la mia mano e ne baciò il palmo, addormentandosi poco dopo, stringendola.
Qualche ora più tardi, venne a sedersi dalla mia parte di letto, accarezzandomi i capelli.
 
 
“Piccola” sussurrò “io sto andando via”
 
 
Aprii gli occhi di scatto e mi tirai su a sedere, stropicciandomi gli occhi; presi l’Iphone per controllare l’orario.
 
 
“Oddio Dom, perdonami! È tardi, avrei dovuto prepararti la colazione” mugugnai
“Non preoccuparti, non è successo nulla” sorrise
“Uff” sbuffai “devi già ripartire!”
“Lo so…mi dispiace” disse alzandosi in piedi
 
 
Presa da un attacco di mancanza d’affetto, mi aggrappai alla sua gamba, come una bambina di tre anni.
 
 
“Voglio venire con te” mugugnai
“Lo vorrei tanto anche io, bimba” sospirò carezzandomi i capelli



“Facciamo così, ti prometto che per la prossima trasferta ci organizzeremo. Non appena ci incontriamo tutti, ne discuterò con gli altri, ok?” propose
“Me lo prometti?” dissi alzando gli occhi
“Te lo prometto!” esclamò dolce
 
 
Dopodiché, mi diede un bacio, ed uscì.
Mi dispiaceva vederlo partire così presto, in fondo, eravamo tornati a casa da meno di ventiquattro ore; ma il suo lavoro prevedeva tutto questo.
Così, mi apprestai a riprendere la mia routine di sempre. Dom chiamava quando poteva, o inviava foto dei posti in cui andavano.
Da lì ad una settimana, mi trovavo nel bel mezzo del traffico, dopo una giornata di via vai per tutta Londra a portare a termine diverse commissioni.
Parcheggiai l’auto davanti casa, presi in braccio Will e con la mano libera introdussi le chiavi nella serratura. Una volta entrati, lo adagiai a terra, ed ebbi giusto il tempo di chiudere la porta, che lo sentii correre veloce.
 
 
“Daddy!!!” esclamò urlante
“Ecco la mia Ranocchietta!” rispose
 
 
Mi voltai di scatto, rendendomi conto solo allora della tv accesa e della bottiglia di birra sul tavolino del salotto.
Un sorriso spontaneo mi illuminò il viso a quella scena, era bello sapere che non ero la sola a cui pesava la lontananza di Dom.
Ripensai a quando eravamo in montagna e Will cadde nella neve spaventandosi a morte; Dom lo aveva preso in braccio e lo aveva rassicurato con un bacio dicendogli che tutto si sarebbe risolto con la sua speciale pozione magica. Tornati allo chalet, gli preparò una tazzina di cioccolata calda e sembrò funzionare alla perfezione.
Ancora qualche secondo e lo adagiò a terra sul tappeto, ed estrasse un pacchetto dalla valigia abbandonata vicino il divano.
 
 
“Tieni, papà ti ha portato un regalino!” disse porgendoglielo
“Siii!” esclamò entusiasta
“Ora, permettimi di salutare la mamma” disse carezzandogli la testa
 
 
Sorridendo, si diresse verso di me, allargando lentamente le braccia.
Percorsi i pochi metri che ci separavano, e gli saltai in braccio letteralmente.
Ci baciammo per qualche secondo, dopodiché mi mise giù e mi guardò negli occhi divertito.
 
 
“Hai per caso litigato di nuovo con Chris?” domandò
“No, perché?” chiesi confusa
“Perché giusto venti minuti prima che tu tornassi, sono arrivate quelle”
 
 
Voltai la testa di lato, e notai un grande mazzo di rose sul tavolo dove di solito mangiavamo. In un primo momento credetti mi stesse prendendo in giro e che fossero, in realtà, da parte sua, ma guardando la sua espressione enigmatica, mi avvicinai al tavolo.
Annusai il dolce profumo, ed estrassi lenta il biglietto incastonato fra gli steli.
Aprii la busta e lessi:
 
 
“Forse sono in ritardo, o forse no. Mi dispiace per tutto ciò che ti è accaduto, ci tenevo a scusarmi per le mie brutte parole e la mia poca educazione. Spero potremmo ripartire da zero.
Un abbraccio,
George B. “

 
 
“Allora? È Chris?”
“No…” risposi “è George” dissi alzando lo sguardo
“George? George Bellamy! Cosa vuole?” domandò alterato
“Ricominciare da zero”
 
 
Un po' interdetto, gli porsi il messaggio e lesse per almeno un paio di volte, calmandosi poco a poco.
 
 
“Cosa farai?” disse poco dopo
“Chiederò a Matt il suo numero, mi sembra giusto parlargli, no?”
“Si, certo, credo che sia la cosa giusta da fare” ammise
 
 
Gli sorrisi dolce, dirigendomi in cucina per preparare la cena.
 
 
“Oh, non preparare nulla, ho ordinato io. La porteranno per le 21:00”
“Perfetto, allora vengo a disturbarti sul divano” sorrisi grata
 
 
Attendemmo il fattorino e cenammo tranquillamente, finendo per guardare un programma tv sulle band più famose degli anni 90.
In breve tempo mi resi conto, di essermi addormentata con la testa sulle gambe di Dom che, ancora nel pieno dell’interesse, guardava la tv.
Poco dopo mi alzai, traballante sulle gambe, mi stiracchiai.
 
 
“Dom, ti spiace se vado di sopra a dormire?”
“No, figurati! Salirò fra poco anche io, tutto a posto?” chiese vedendomi strana
“Non mi sento molto bene, in realtà” confessai
“Qualcosa che hai mangiato?”
“Non so…forse” risposi
 
 
Salii al piano di sopra a cambiarmi. Uscii dal bagno mezzora dopo con il viso più stanco che mai; Dom era nel letto con il volto preoccupato.
 
 
“Sei uno straccio, piccola” affermò mogio
“Ora sto un po' meglio, ma ho sempre lo stomaco sottosopra”
 
 
Ci addormentammo in breve, credendo che la serata fosse finita lì, ma così non fu.
Verso le tre del mattino, iniziai a sentire talmente caldo da svegliarmi. Mi mancava il respiro e non riuscii a capirne il motivo, fino a quando tentai di voltarmi e scorsi con la coda dell’occhio, la testa di Dom. Ci eravamo addormentati abbracciati e la sua testa era poggiata sopra la mia schiena, mentre le braccia mi cingevano. Mugugnava nel sonno e sembrava non riuscire a dormire bene.
Mi voltai lentamente, spostandogli la testa sul suo cuscino.
 
 
“Dom…Dom, tesoro, svegliati” dissi scuotendolo piano



“Dom, apri gli occhi!” esclamai
 
 
All’improvviso, smise di agitarsi e finalmente dischiuse gli occhi, cercando di abituarsi alla luce della lampada.
Si guardò intorno, dapprima spaesato e poi semilucido, mentre io mi tiravo su a sedere.
 
 
“Bimbo” pronunciai carezzandogli il viso “credo tu abbia la febbre”
“Uff” esclamò crollando con la testa sulla mia gamba
“Deve essere colpa di quella dannata cena. Vado a prendere il termometro e qualcosa per abbassare la temperatura”
 
 
Tornai una manciata di minuti dopo, misurai la temperatura e constatammo che forse entrambi eravamo stati vittime di una sorta di intossicazione alimentare. La differenza era che io me l’ero cavata con un mal di stomaco, mentre lui sembrava un vulcano in ebollizione.
Gli diedi un paio di compresse e ci rimettemmo a dormire.
 
 
“Tu come stai?” chiese afferrando la mia mano
“Sto bene, ora dormi” suggerii
 
 
Crollò come un sasso, il naso contro il mio collo ed il sonno finalmente tranquillo.
L’intossicazione, per lui, durò ancora per altri due giorni. Matt, Tom e Chris venero a trovarlo e ci intimarono fortemente di non ordinare più nulla che fosse venuto da quel posto. Tutti loro, in un modo o nell’altro, avevano avuto un’esperienza del genere e ne erano usciti con febbri, dolori addominali e quant’altro.
Ma a parte questo piccolo inconveniente, dimenticammo presto la faccenda e tornammo alla normalità.
I ragazzi correvano in lungo e in largo per interviste e servizi fotografici; io e Spencer li vedevamo molto di rado ed ero riuscita a malapena a chiedere a Matt il numero di George per poterlo ringraziare. Trascorse ancora qualche altro giorno, il cielo londinese era meraviglioso, il sole brillava alto ed un leggero e gradevole vento caldo riscaldava l’aria.
Ero da Spencer e ci stavamo godendo il sole a bordo piscina, quando il campanello suonò: si alzò, sparendo dietro la porta finestra.
Ero talmente intenta a giocare in piscina, da non accorgermi minimamente del fatto che mia sorella non era tornata indietro.
Ridevo, giocavo e urlavo insieme all’eco delle risate di Will.
 
 
“Vi state divertendo senza di me?”
 
 
Alzai lo sguardo e vidi Dom poggiato con una spalla contro il legno del gazebo; sorrideva a braccia conserte guardandoci. Sorrisi di rimando e tirai fuori William dalla piscina, poggiandolo sul bordo. Barcollò per qualche passo per raggiungere Dom, ma prima che potessi uscire anche io, cadde in avanti sbucciandosi un ginocchio. Lui gli corse incontro, cercando di aiutarlo mentre io mi asciugavo.
 
 
“Ranocchietta, non piangere! Vieni, sistemiamo tutto” promise prendendolo in braccio
 
 
Mi lanciò uno sguardo d’intesa, dicendomi poi, che ci avrebbe pensato lui mentre io salivo a cambiarmi.
Non ci misi molto, ed il fatto di sentirlo piangere ancora, fece sì che accelerassi i tempi. Erano usciti tutti fuori ad aiutarlo, sistemandosi sotto il gazebo, armati di cerotti e disinfettante.
Feci appena in tempo a varcare la porta, prima che, zoppicando, William mi venne incontro disperato.
 
 
“Maaaaaaamma!!!” singhiozzò a non finire
“Amore mio, non è successo nulla!” dissi piegandomi sulle ginocchia
“Bua!” pianse indicando il ginocchio su cui regnava il cerotto blu con le macchinine
“Non smette di piangere” disse Chris
“Si sarà spaventato parecchio” aggiunse Matt
 
 
Mi sedetti sul prato, invitandolo a sedersi fra le mie gambe, ma non volle e preferì sedersi a cavalcioni.
Lo rassicurai per qualche minuto e Dom mi porse il ciuccio.
Lo mise in bocca e tutti pianti isterici e le urla cessarono, così da farci riposare le orecchie.
 
 
“Ehy, tesoro, devo parlarti” esordì Dom, un minuto dopo
“Dimmi” dissi dondolando Will
“Ecco…abbiamo appena ricevuto una telefonata: è morto il padre di Ethan e dobbiamo andare alla cerimonia. Sua madre e le nostre si conoscono da quando eravamo ragazzini. Perciò, ecco, volevo solo informarti”
 
 
Passarono circa trenta secondi di silenzio, prima che io rispondessi.
 
 
“Vengo con te”
“Come scusa?” risposero in coro Dom, Matt e Chris
“Vengo con voi. È importante per te e tua madre, Dom, perciò non importa chi siano. E poi, mi fa piacere rivedere tua madre. Tu non hai voglia di rivedere la nonna?” chiesi a Will
 
 
Oscillò la testolina su e giù, mezzo addormentato con la testa sul mio petto.
Avevo preso una decisione e di certo, non mi sarei tirata indietro. Se era importante per Dom, lo era anche per me.
Così, un paio di giorni dopo, eravamo in macchina diretti verso Teignmouth. Chris e Kelly erano partiti il giorno prima, perciò noi cinque avevamo deciso di partire con una sola auto. Matt guidava canticchiando qualche canzone e Dom, al suo fianco, gli teneva il ritmo partecipando all’esibizione; io, Spencer e William, nei sedili posteriori, li osservavamo divertiti.
Qualche ora più tardi, Matt posteggiò e scendemmo.
Ad accoglierci, trovammo sia Marilyn che la madre di Dom, entrambe tristi e provate per la recente perdita; visto e considerando che i loro figli erano cresciuti insieme.
 
 
“Oh ragazzi, finalmente siete arrivati!” esclamò Marilyn venendoci incontro
 
 
Ancora un paio di secondi, e dalla casa uscirono Chris, Kelly e George, che si aprì in un sorriso imbarazzato non appena mi vide; ricambiai il sorriso lievemente teso ed andai a salutarlo. Scambiati i vari saluti e convenevoli, la madre di Dom ruppe il silenzio.
 
 
“Credo che faremmo bene ad avviarci” esordì
“Dista molto da qui?” chiesi
“Una passeggiata di un quarto d’ora” rispose Marilyn
 
 
Lentamente, ci avviammo tutti quanti verso il cimitero, dove si sarebbe tenuta la cerimonia. 
Raggiungemmo il luogo ben presto, e seguii gli altri fra la folla di presenti. La mamma di Dom si fece largo per raggiungere la povera vedova, seduta in prima fila; trovò posto poco dietro, portando William con sé. Io rimasi in fondo, lasciando tutti gli altri a raccogliersi nei loro ricordi e nei loro pensieri.
Non ero altro che un’intrusa che stava lì ad osservarli mentre dicevano addio a qualcuno che aveva fatto parte della loro giovinezza. Una volta terminato il rito, si riversarono tutti verso la signora Cross, per poterle riferire parole di conforto e d’incoraggiamento.
Mi affiancai al gruppo dove si trovava mia sorella ed attirai, per un momento, l’attenzione di Dom.
 
 
“Io mi allontano per qualche minuto” dissi
“Dove vai?” chiese voltandosi
“A trovare tuo padre” risposi arrossendo
 
 
Mi sorrise dolcemente, ringraziandomi con lo sguardo.
 
 
“Will viene con te?” disse prima di lasciarmi andare
“Si, lo porto con me. Ho paura che troppa gente intorno, finisca per innervosirlo”
 
 
Ci congedammo, e mi avviai alla ricerca del padre di Dom.
Il cielo era cosparso di qualche nuvola carica di pioggia, ma non sembrava avesse intenzione di piovere.
Una volta trovata, lo salutai sorridendo verso quella foto, tanto simile a suo figlio, da farmi male. Dieci minuti dopo, posai una rosa vicino i fiori che sua moglie non mancava di portargli quasi tutti i giorni, e presi mio figlio per mano.
 
 
“Andiamo tesoro, hai le manine tutte sporche e la mamma non ha la borsa con sé”
 
 
Visualizzai una fontanella poco distante, incamminandomi verso di essa. Ruotai la manopola e non fuoriuscì neanche una goccia, facendomi sbuffare.
 
 
“Non avrai molta fortuna con lei”
 
 
Alzai lo sguardo e vidi una signora sorridermi; era completamente vestita di nero e teneva fra le mani una borsa. Ricambiai il sorriso ringraziandola e spiegandogli il motivo per il quale mi serviva dell’acqua.
 
 
“Oh, cara, prendi questo” disse porgendomi un fazzolettino imbevuto “ho tre nipoti e non esco mai senza”
“La ringrazio di cuore, ma ho dimenticato di portare la borsa” mi giustificai
“Non preoccuparti, a volte capita” … “vai a trovare qualcuno?”
“In realtà ho già fatto, stavo per andare via” sorrisi
“Capisco! Io ho chiesto 10 minuti di pace, prima di tornare laggiù”
 
 
La guardai meglio, e solo allora mi resi conto della mia poca mancanza di tatto.
 
 
“Lei è la signora Cross, vero?”
“In persona” rispose
“Le mie più sincere condoglianze, mi spiace per la sua perdita”
“Non scusarti, cara…mio marito ed io conoscevamo moltissime persone in questa città, ma il tuo viso, mi sembra sconosciuto solo per metà. Ho come la sensazione di averti già vista, ma non ricordo dove”
 
 
Mi irrigidii per qualche secondo, mentre la signora Cross mi fissava. Fortunatamente, Will interruppe il disagio sedendosi su di un gradino, nascosto da un cespuglio.
 
 
“Ignorami, sono solo elucubrazioni mentali di una povera vecchia” sorrise
“Si figuri” risposi sollevata e pronta per andare via
 

 
“Mamma! Dove sei?”
“Oh, tesoro sono qui!” agitò la mano “mi sono trattenuta a parlare con questa dolce ragazza”
 
 
Sentivo i passi sull’acciottolato che si avvicinavano, e per colpa di un albero, la mia visuale era celata. Ancora qualche secondo, e mi ritrovai a trattenere il fiato non appena lo vidi dinanzi a me. Nulla in lui era cambiato, solo la sua espressione ed il taglio dei capelli. Abbassai lo sguardo verso terra mentre lui, irrigidendo la mascella, mi fulminò con lo sguardo e si sforzò di essere educato.
 
 
“Ciao” disse porgendo la mano
“C-ciao” balbettai io “Ciao, Ethan…”
 
 
/------/
 
 
“Ma dove diamine è finita?” imprecò
“Dom ma non vedi quanta gente c’è? Starà solo temporeggiando per farti rivedere persone che conosci!” lo rassicurò Matt
“Potrebbe essere in quel gruppo giù in fondo, ma ci sono gli alberi e le statue di mezzo. Tranquillo, starà sicuramente parlando con qualcuno” aggiunse Chris
 
 
Dom, sospirò e si arrese…
 
 
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L’ultima frase era rimasta in sospeso per secondi interminabili; lo sguardo di sua madre volava da uno a l’altra e viceversa.
 
 
“Voi, vi conoscete già?” chiese
“Si signora” risposi
“E vi conoscete perché…”
 
 
Nessuno dei due rispose, in attesa che lo facesse l’altro.
 
 
“Lo conosci perché ti sei trasferita da poco?” sibilò gelida
“No signora” abbassai di nuovo lo sguardo
 
 
Passò un lasso di tempo indefinito, e quando riprese a parlare, tutta la dolcezza, l’amore ed il calore, svanirono.
Mutò dal giorno alla notte guardandomi con occhi diversi: gli occhi dell’odio e del disprezzo.
 
 
“Tu sei lei…” pronunciò “tu hai sbattuto mio figlio in galera!” tuonò
“Si, signora” esclamai con orgoglio
“Tu!!!” mi puntò un dito contro “razza di sudicia, stupida ragazzina!” urlò schiaffeggiandomi
 
 
Suo figlio le cinse le spalle con un braccio, per fermarla da qualunque visione o pensiero le stesse scorrendo nella mente. Io, intanto, portavo una mano al viso. Voleva vendetta per suo figlio, nonostante fossi io quella dalla parte della ragione, ma in fondo era comprensibile.
 
 
“Vai dagli altri, mamma, non è necessaria la tua presenza. Lasciaci qualche minuto per parlare, ti raggiungerò fra poco” le promise
“Non voglio più averti davanti agli occhi!”
 
 
In silenzio, incassavo colpo dopo colpo mentre la guardavo allontanarsi.
Avrei voluto e dovuto gridarle che era stata colpa di suo figlio; che lui mi aveva picchiata; che mi aveva trascinata con l’inganno in un lago lontano da tutti; che aveva tentato di abusare di me, ma in qualche modo avevo reagito! Ma nulla di tutto questo le sarebbe minimamente importato, e non era assolutamente il luogo adatto per mettermi ad inveire contro di lei.
 
 
“Perché sei qui?” mi riscosse dai pensieri
“Sono con mia sorella”
“Ah già, è vero, è sposata con Matt” disse piatto
“Si” risposi io “quando…quando sei uscito di prigione?” aggiunsi, poi
“Oh, beh” sorrise perfido “dopo che TU mi hai fatto sbattere in una cella a Salt Lake city, mi hanno lasciato lì per quattro mesi. Mia madre era fuori di testa al pensiero di dover aspettare tanto tempo prima di rivedermi. Ma ben presto la giurisdizione di una città qui vicino, mi permise di trascorrere i miei ultimi sei mesi vicino casa, ed ora sono libero, anche se mi tengono comunque d’occhio”
“Sai che non mi pento di quello che ho fatto, vero?” dissi coraggiosa
“Oh ne sono certo. Sei sempre la solita so-tutto-io, quella che non sbaglia mai”
“Di sbagli ne ho fatti anche io, fidati” dissi piano
“Ti vedo diversa, hai una nuova luce negli occhi, o forse è colpa del vestito sexy che indossi” ammiccò “Dimmi, come va la vita da quando non ci sono più io con te?” mi provocò
“La mia vita è cambiata totalmente, te lo posso assicurare”
“In meglio, spero”
“Certamente!” esclamai
“Mamma!”
 
 
Quasi come un fulmine a ciel sereno, Will si rialzò dal gradino per mettermi in mano un ciuffo d’erba.
Lo presi in braccio, tenendolo stretto il più possibile, non vedevo l’ora di andarmene.
Non appena lo vide, scoppiò in una sonora risata, che risultò alquanto amara mista a sorpresa. Io, invece, iniziai ad essere nervosa seriamente, non potevo prevedere quello che sarebbe successo o cosa mi avrebbe chiesto.
 
 
“E’ tuo figlio?” chiese sorpreso
“Certo che lo è” dissi ovvia
“E brava la mia piccola” affermò gelandomi il sangue
“Ehm, grazie”
“Finalmente sei cresciuta…finalmente sei riuscita a gettare via quella vita insulsa dietro ad individui poco raccomandabili; ad abbandonare quel biondino bugiardo e codardo che non ti meritava affatto. Ti ho lasciata che eri solo una ragazzina incosciente e ora guardati! Sei cresciuta, la tua vita va a gonfie vele…hai anche un figlio!” lo indicò
 
Quell’ultima frase,  mi tenne sulle spine, poiché non riuscivo a decifrare se fosse realmente contento oppure avrei dovuto allarmarmi. In alto, il tempo stava visibilmente peggiorando, le nuvole divennero via via più compatte; finendo di oscurare il cielo, accompagnate da un forte vento che mi spettinò i capelli.
 
 
“E…” aggiunse poco dopo guardandomi “dall’anello che porti al dito, oserei dire che stai per sposarti. E spero che il tuo futuro marito, sia alla tua altezza”
“Sono io, più che altro, che mi preoccupo di essere alla sua di altezza” ammisi
“Lo hai portato con te? Vorrei poterlo incontrare! Dov’è? Chi è?”
“Te l’ho detto, sono venuta con Spencer” dissi sbrigativa
“Avete già scelto la data, suppongo” proseguì ignorando la mia frase precedente
“N-no” balbettai “non ne abbiamo ancora parlato”
“E perché mai? Problemi?” chiese
“Beh, credo che sia perché è stata una cosa recente” dissi
“Quanto? Mesi? Settimane?” azzardò
“Più o meno quindici giorni” ammisi
“Oh bene” sorrise “di solito queste cose vanno per le lunghe. Vuol dire che avrò una seconda occasione per stare insieme a te!” esclamò fiero
 
 
Aggrottai le sopracciglia, interdetta. Dopo tutto quello che gli avevo detto, continuava a credere di avere qualche speranza con me. L’idea mi causò un principio di sgomento, seguito da uno di puro e completo terrore. Una folata di aria gelida annunciò che era tempo di congedarsi.
 
 
“Devo andare” mormorai voltandomi
 
 
Con i capelli al vento, gli voltai le spalle iniziando a camminare, ma una semplice domanda mi frullava nella testa. Mi voltai per guardarlo.
Era ancora lì che mi guardava, perciò, presi coraggio…
 
 
“Ethan…perché fai tutto questo?”
“Mi sembra ovvio, principessa. Perché io ti amo!” esclamò sicuro di sé.
 
 
Voltai di nuovo le spalle senza salutare, tendando di accelerare il passo. Volevo andarmene di corsa, i tacchi mi davano fastidio, il temporale iniziò a preannunciarsi in lontananza, e cosa più importante : dovevo portare via mio figlio a tutti i costi.
Avevo un bruttissimo presentimento, forse dettato dai ricordi.
Se Ethan avesse scoperto la verità e avesse rivisto Dom, sarebbe successo di tutto. Erano presenti talmente tante persone e fortunatamente non avevano avuto modo di vedersi.
Avanzai cercando di localizzare con lo sguardo, dove fossero tutti gli altri.
A metà percorso, mia sorella mi affiancò tranquilla.
 
 
“Ehy, io e Kelly riportiamo le mamme e George a casa. La mamma di Dom deve preparare il pranzo e vorrei aiutarla. Dammi Will, lo porto con me”
“Ok, va bene” dissi porgendoglielo  “fai il bravo”
“I ragazzi dicono che vogliono aspettarti, comunque al massimo tra un quarto d’ora Kelly tornerà a prendervi in auto. Il temporale si avvicina…” sorrise e scappò via
 
 
/---------/
 
 
 
Ethan lasciò che si allontanasse quel tanto che bastava per poterla osservare da lontano. Voleva capire se gli aveva detto la verità, se la sua vita fosse realmente cambiata. Non la vedeva da molto tempo, e quel giorno di certo non si aspettava di ritrovarsela davanti. Era stato solo un mero colpo di fortuna che sua madre si fosse imbattuta in lei. Dopo quella sera a Salt Lake City, le sue speranze erano totalmente crollate, ma quel giorno, era tornata.
Ma cosa ci faceva lì? Era tornata per lui?
Affinando lo sguardo, seguì  la sua figura minuta mentre tentava di farsi spazio fra coloro che si stavano intrattenendo con sua madre, oppure si recavano a depositare fiori sulle tombe dei propri cari. Si sentiva preoccupato e sospettoso, ma tutte le sue paure svanirono non appena riconobbe Spencer.
Era stata sincera con lui e si concesse un sorriso altrettanto sincero.
Le vide passarsi di mano il bambino e…salutarsi?
Perché se erano lì insieme, si stavano separando?
Qualche secondo ancora, e lei riprese a camminare, questa volta verso un’altra direzione; verso qualcun altro che la stava attendendo. Ethan ed il suo respiro trattenuto, la seguirono con lo sguardo; si muoveva a passo svelto quasi avesse voglia di andare via a tutti i costi, prima verso la siepe alta e poi fermandosi poco oltre uno degli alberi secolari che crescevano indisturbati all’interno del cimitero. Forse si era persa e non riusciva a ricordare da dove si passava; perciò, decise di seguirla anche e soprattutto, perché era intenzionato a dare un senso a tutte le domande che avevano preso vita nella sua mente. Iniziò a camminare veloce per poterla raggiungere, stando attento a non farsi scoprire subito.
Quando divennero solamente una decina i passi che li dividevano, agì d’impulso afferrandogli un polso.
 
 
/-------/
 
 
“Ti sei persa per caso?”
“Dio!” esclamai “mi hai spaventata!” una mano al petto
“Sai, ti ho appena vista con tua sorella. Vai da qualche parte?”
“Non credo siano affari tuoi. Mi lasci il polso, per favore?” domandai infastidita
 
 
Qualche secondo ancora e invece di mollare, strinse.
 
 
“Lui è qui, non è vero? Il tizio che ti ha messo l’anello al dito. Non sei venuta solo con tua sorella e Matt; c’è anche lui con voi! Sai, fra la moltitudine di gente presente alla cerimonia, non ho avuto tempo di guardare tutti, ma adesso voglio sapere chi è!” tuonò
“Ho detto che devi lasciarmi!!!” dissi alzando la voce
“Ti vergogni così tanto di me, da non volermi far conoscere il tuo fidanzato? Scommetto che non gli hai nemmeno raccontato di noi. Mi deludi, tesoro” sorrise
“Lasciami per favore!” rimarcai tirando il braccio e voltandomi
 
 
Neanche il tempo di un battito di ciglia, che mi spinse con forza, facendomi rovinare contro un cespuglio di rose poco distante. Mi procurai, inevitabilmente, un taglio semi profondo alla gamba urtando con un sasso.
 
 
“Sei solo una stupida!” urlò
 
 
 Un rumore di passi si avvicinò a me, che ancora carponi, tentavo di alzarmi.
 
 
“Che succede qui?”
 
 
Tirai un sospiro di sollievo misto a preoccupazione, per quella voce così familiare. Alzai lo sguardo e lo vidi tendermi la mano per aiutarmi.
 
 
“Matt!” esclamai con le mani nelle sue
“Aspetta, il vestito si è agganciato ai rovi, ti aiuto”
“Grazie”
“Matt Bellamy…” esordì “l’ombra di mio padre ti riporta da queste parti. Sono contento di rivederti. Visto che sei qui, forse, puoi illuminarmi tu: voglio sapere con chi si sposerà la nostra piccola bambina”
 
 
Matt mi guardò, ed io non feci altro che scuotere il capo, per suggerirgli che lo avevo tenuto nascosto di proposito.
 
 
“Ciao” rispose composto ignorando la sua domanda “non dovresti essere dietro le sbarre? Oppure ti hanno concesso un permesso speciale solo per oggi?”
“Oh no” rise “ho scontato la mia pena. Un annetto, qualche mazzetta alle persone giuste e nessuno ricorda cosa io abbia fatto. A parte lei, ovviamente!”
“Qualunque cosa tu stia facendo, questo non ti dà il diritto di spingerla” lo ammonì
“Mi dispiace, per quello, non volevo” disse falsamente “ma non mi pento di quello che ti ho fatto a Salt Lake, anzi…avrei potuto fare di più, forse”
 
 
Inorridita da quelle parole, indietreggiai di un passo e mi voltai velocemente per andare via, ma andai a sbattere contro qualcosa di duro.
 
 
“Dom…” mormorai
 
 
Una maschera di rimprovero verso di me, ed uno sguardo omicida verso di lui. Aveva ascoltato le ultime parole proferite da Ethan e si stava trattenendo per miracolo. Non si scompose minimamente, mi mise al suo fianco e lo salutò freddamente. Non voleva sapere perché fosse lì con me, né perché non fosse in prigione. Non gli importava di Ethan Cross, Dom era venuto solo per sua madre e per il ricordo del padre di Ethan che portava nel cuore. Si scrutarono in cagnesco e Dom, inconsapevole, fece scivolare una mano intrecciando le dita con le mie. Non appena Ethan abbassò lo sguardo, portò entrambe le mani verso la bocca, tentando di trattenere una sonora, fragorosa e teatrale risata di scherno.
 
 
“Lui? È così che la tua vita sarebbe totalmente cambiata?” rise “vuoi veramente farmi credere che ti sposerai con lui? Ma sei pazza? Non ha fatto altro che farti soffrire!!! Vuoi che ti ricordi la cena della premiazione, oppure la scenata per il concerto degli Avenged Sevenfold? Credevo fossi una ragazza intelligente ma, probabilmente, mi sbagliavo”
 
 
Il silenzio regnava sovrano. Solo il vento, manifestava la propria presenza.
 
 
“Dio santo!” riprese “come ho potuto essere così cieco da non notare che quel bambino è esattamente la tua fotocopia, Dominic! Non poteva essere altrimenti. Non posso dire che tu non ti sia dato da fare…spero lo stesso che il tuo futuro matrimonio vada a rotoli!”
 
 
Detto questo, tornò sui propri passi e sparì.
Imitandolo, ci dirigemmo verso l’uscita dove Kelly era in procinto di parcheggiare. Matt la individuò e vi si diresse incontro, seguito da me e Dom, e Chris per ultimo. Credevo che la mia dose di vergogna fosse terminata per quel giorno, ma così non fu.
A qualche metro dall’auto, una voce attirò la nostra attenzione.
 
 
“Eccola! È lei! È lei che ha rovinato mio figlio” urlò
“Oddio, non ancora!” sussurrai piano
 
Tutti e tre mi guardarono enigmatici…
 
 
“Lasciatemi passare” ordinava a destra e a manca
 
 
Si parò davanti a noi, dopo essere riuscita ad oltrepassare le ultime persone che aveva trovato davanti a sé. Intuendo il pericolo, Dom spostò la sua mano verso la mia schiena per invogliarmi a salire in auto, ma il tentativo fu vano.
Si avvicinò quel tanto che bastava per darmi il secondo sonoro schiaffo che mi mandò la guancia sinistra in fiamme. Tutti i presenti avevano assistito alla scena, e non uno di loro osò muovere un muscolo. Kelly e Chris, avevano gli occhi sgranati; Matt, al mio fianco, era a bocca spalancata.
Carica d’odio e di vendetta, scattai in avanti per restituirle il favore ma, Dom mi afferrò da sotto il braccio destro, portando il suo in diagonale sulla mia spalla, mentre con l’altro braccio mi reggeva in vita.
 
 
“Devi vergognarti! Vergognati!” urlò
“Di cosa? Di cosa dovrei vergognarmi?” urlai di rimando
“Di quello che hai fatto a mio figlio! Eri la sua ragazza e l’hai trattato come un povero stolto! Gli hai rovinato la vita, lo hai fatto arrestare perché non avevi il coraggio di ammettere che sei solo una ragazzina superficiale”
“Lasci che le dica una cosa, signora…io non ero proprio la ragazza di nessuno; o meglio, lo ero, ma indubbiamente non di suo figlio. Non ho mai dato modo di fargli credere una cosa del genere”
“Bugiarda…stupida puttana!”
 
 
La stretta di Dom, si fece ancora più salda.
 
 
“Apra bene le orecchie, perché non lo ripeterò una seconda volta. L’ho mandato in prigione, è vero, e Dio mi benedica per questo! Sa perché Ethan è finito dentro? Lo sa? Perché nonostante i miei rifiuti e gli ammonimenti degli altri, quella sera mi ha letteralmente picchiata e trascinata per i capelli in riva al lago, perché non voleva e non vuole accettare tuttora, che io stia con Dominic!!! Mi ha lasciata lì per terra agonizzante perché avevo scoperto il suo segreto, e tutto ciò che aveva taciuto per anni. Chieda a Chris in quali condizioni mi ha trovata quella sera. Suo figlio non ammette repliche né rifiuti. In questi anni trascorsi tutti insieme, è stato capace di picchiare le persone e spedirle in ospedale. Lei sa cosa ha fatto Ethan quando da adolescente uscì di prigione? Ha minacciato la madre di Dom per ben quattro anni e non ha mai avuto il minimo pensiero di scusarsi con loro. Quella povera donna, così come chiunque altro, non meritava di essere trattata in quel modo. Può insultarmi in tutti i modi o maniere che preferisce, se servisse ad accrescere la sua autostima, ma non permetterò più né a lei né tantomeno a suo figlio di far del male alla mia famiglia”
 
 
La signora Cross, era letteralmente impietrita.
Con i battiti a tremila, mi voltai con tutte le intenzioni di andarmene.
Dom colse al volo l’occasione per spingermi verso l’auto, ma avvertivo ancora la stessa freddezza verso di me.
 
 
“Sali in macchina, hai dato abbastanza spettacolo per oggi”
“Che stronzo!” esclamai salendo sui sedili posteriori, ferita
 
 
Dopo di me, salirono anche Matt e Chris, Dom non voleva starmi vicino e perciò salì davanti.
Avevo i nervi in subbuglio, non sapevo se piangere o no; lui non era da meno, sbattè la portiera con forza e strinse i pugni respirando sonoramente.
 
 
“Dom…” mormorai piano
“Non saresti dovuta venire!” urlò facendomi sobbalzare sul posto
“Ma io…” proseguii con gli occhi gonfi di lacrime
 
 
Le mie parole rimasero sospese all’interno dell’abitacolo, mentre Kelly ingranava la marcia e partiva in direzione di casa. Lacrime calde e copiose iniziarono a solcare le mie guance, lente. Guardavo il paesaggio oltre il finestrino, determinata a non mostrarmi debole davanti a niente e nessuno. La mano destra poggiata sul sedile, tentavo di reprimere la tristezza; in breve tempo, il tocco leggero delle dita affusolate di Matt, si intrecciarono alle mie…non aveva bisogno che io mi voltassi, voleva solo consolarmi e infondermi sicurezza.
Dieci minuti dopo, mentre la pioggia iniziava a scrosciare arrivammo a casa e corremmo verso la veranda a ripararci. Strappai la mia borsa dalle mani di Dom con forza, bussando poi alla porta, ed attesi.
 
 
“Stai congelando” notò lui
“Come se ti importasse qualcosa. E comunque grazie, di ricordarmi sempre quanto stupida io sia”
 
 
Una volta entrata, richiusi subito e rimasi lì ferma, pulendo le scarpe sul tappeto.
 
 
“Oh tesoro, finalmente sei tornata! Oh cielo, cosa ti è successo?” chiese guardandomi
“Nulla, è tutto a posto” risposi non convincendola affatto
“Non importa se non vuoi parlarne, ora vai di sopra a darti una rinfrescata. Le tue cose sono in camera di Dom, e il bagno è la seconda porta a destra” concluse la donna
“Grazie…” dissi a capo chino
 
 
/---------/
 
 
Fuori, intanto, Chris e Matt attendevano che Dom finisse la sigaretta e che si calmasse. Si muoveva a grandi passi lungo la veranda, avanti e indietro, sbuffando. Stanco, Matt prese la parola.
 
 
“Sei il mio migliore amico Dom, ma devo dirtelo: sei stato veramente un coglione!”
“Doveva restare a casa, Matt e tu lo sai” rispose acido
“E credi che lei questo non lo sappia? Credi che non ci abbia pensato? Credi che non abbia avuto addosso un minimo di paura, dopo averti detto che sarebbe venuta con noi? A volte riesci ad essere così ottuso! Perché credi che abbia affrontato tutto questo? Credi che non abbia pensato che qualcosa potesse andare storto? Certo, non poteva neanche lontanamente immaginare di vedere Ethan, così come lo è stato per noi. Sapeva di non voler venire, ma ha deciso lo stesso di farlo, ha preso una decisione che andava oltre la sua volontà; ma lo ha fatto solo per te!”
“Ma perché?” incalzò Dom
“Ehm, non lo so” disse fingendo di pensarci “forse perché ti ama e vuole sposarti, brutto deficiente! O devo ricordarti che ha difeso tutti, compreso l’onore di tua madre?”
“Ma…” tentò di giustificarsi
“Ma un cavolo! Ti ricordo che ha subito abbastanza traumi e provato altrettante sensazioni oggi, perciò, perdonami se ti dico che le tue urla sono state abbastanza fuori luogo. Aveva bisogno di te, non di qualcun altro che le urlasse addosso”
 
 
Con un sospiro, si rassegnò all’idea che Matt aveva assolutamente ragione, anche se dentro di lui, la rabbia dilagava ancora. Scrollando la testa, aprì la porta ed entrò seguito dagli altri due. Non appena mise piede in casa, la furia nelle vesti di sua madre, lo travolse. Sicuramente Kelly aveva raccontato a lei, Spencer e George ciò che aveva visto; una piccola parte, rispetto a tutto quello che era accaduto in precedenza. Volarono insulti, urla, imprecazioni, tutte provenienti dalla figura minuta.
 
 
“E ora se non sali di sopra a consolarla e a chiederle scusa ti garantisco, Dominic James Howard, che ti diseredo!!” tuonò
 
 
Dom, annuendo, sospirò.
 
/-------/
 
 
Il piccolo bagno era accogliente e delizioso, la firma della signora Howard si rifletteva ovunque, ma questo non bastò a far sì che il mio umore migliorasse. Ero furiosa e delusa con me stessa per non essere stata capace di gestire le cose come credevo. Ricordo di aver pensato: “cosa potrà mai non funzionare? Si tratta di una semplice cerimonia. Vai lì, porgi le tue condoglianze, vai a trovare la mamma di Dom e andrà tutto bene”. A quanto pare, però, mi ero sbagliata di grosso. Poche ore a Teignmouth, avevano riportato a galla il mio passato, e tutto ciò mi aveva destabilizzata. Stavo riflettendo su Ethan e sui gesti di sua madre, quando la porta si aprì lenta, il viso di Dom oltre essa.
 
 
“Posso?” entrò senza veramente attendere una risposta
 
 
Chiuse la porta alle sue spalle, poggiandovisi contro, mentre mi scrutava ferma e immobile davanti lo specchio sopra il lavandino. Aveva tolto la giacca, restando in camicia e cravatta. Lentamente, si avvicinò.
 
 
“Sei ancora arrabbiata con me?”
 
 
Feci cenno di si con la testa.
 
 
“Hai intenzione di parlarmi?”
 
 
Feci di no. Lo sguardo fermo e dritto verso il mio riflesso.
 
 
“Visto che non vuoi parlare, lo farò io. Volevo chiederti scusa per come mi sono comportato. Ero così tranquillo quando siamo arrivati, che tutti i pensieri negativi che mi avevano assalito durante la notte, erano spariti. Poi l’ho visto lì, tu eri con Matt spaventata e ho capito che qualcosa non andava. Però mi sono detto di stare tranquillo e che la cosa importante, era portarti via il prima possibile, credevo sarebbe finita lì, ed invece sua madre ti ha mollato uno schiaffo davanti a mezza Teignmouth, e la rabbia è tornata in me più forte di prima. Avevo giurato di proteggerti e per l’ennesima volta non ne sono stato all’altezza, e per dipiù ti ho urlato contro e questo non è giusto; anzi, è essere ‘stronzo’, come mi hai definito tu. Mi è ripiombato addosso tutto in un baleno e con la potenza di mille valanghe. Avevo davanti agli occhi te avvolta nella felpa di Chris; il tuo aspetto quando ti ho aiutata a fare un bagno; i tuoi graffi ed i tuoi tagli sul viso… non potevo e non volevo permettere ad entrambi di rivivere quelle cose”
 
 
A quelle parole, voltai lentamente il viso rivolgendolo  verso di lui. Gli occhi gonfi di lacrime pronte a straripare. Inclinò leggermente la testa di lato, mosso dalla tenerezza che gli stavo facendo, ed allargò le braccia per potermi accogliere.
Mi avvicinai poggiando la testa contro il suo petto, non ricambiando l’abbraccio. Lui se ne accorse e sospirò calmo.
 
 
“Stai facendo la bambina ostinata con me?”  sussurrò dolce
 
 
Annuii e lo sentii stringermi più forte e ridere contro i miei capelli.
Lasciò che piangessi ancora per cinque minuti, finché non alzai il capo e lo guardai dritto negli occhi.
 
 
“Se ti dico una cosa…prometti di non arrabbiarti?” domandai
 
 
Era pronto a ribattere che finalmente era riuscito a farmi parlare, quando si accorse della serietà nei miei occhi. Aggrottando le sopracciglia, spostò un ciuffo di capelli dal mio viso.
 
 
“Sai che puoi dirmi tutto” affermò sincero
“Ecco…vedi…” sospirai “quella non era la prima volta che mi ha schiaffeggiata. Lo aveva fatto già in precedenza quando ho incontrato Ethan”
“Come scusa?”  disse staccandosi da me, ma tenendomi le mani
“Io…” tremai “mi ero allontanata per andare da tuo padre, e sono andata in cerca di una piccola fontana perché Will aveva le manine sporche e ci siamo incontrate. All’inizio era dolce e disponibile, ma non appena Ethan è spuntato fuori, ha notato la nostra reazione ed ha ricordato chi io fossi. E lì è successo, ma non ho reagito perché non mi sembrava il luogo adatto” chinai il capo
“E poi?” domandò
“Ho resistito alle battute e alle frecciatine di Ethan e non appena ha visto Will e l’anello al mio dito, è uscito fuori di testa. Sono andata via prima possibile, ho fatto giusto in tempo a dare William a Spencer, qualche minuto dopo mi è ripiombato addosso, cercando di scoprire a tutti i costi chi avrei sposato. Quando non gliel’ho detto, mi ha spinta, poi siete arrivati voi…” conclusi
 
 
Fece un grosso e sonoro respiro, aveva promesso di non arrabbiarsi di nuovo con me, e non l’avrebbe fatto perché non avevo colpe, ma la rabbia verso Ethan non sarebbe mai svanita. Avvicinò le mie mani, che stava ancora stringendo, alla sua bocca e le bacio entrambe.
 
 
“Mi dispiace, piccola. Mi dispiace davvero tanto” disse sincero
“Sono una sfigata, ma questo lo sai già” commentai
“Sei la mia sfigata, ricordalo sempre…vediamo cosa possiamo fare alla tua gamba” sorrise
 
 
Si inginocchiò ed alzò il mio vestito per controllare la ferita, ma evidentemente la stoffa si era incollata alla mia coscia tramite il sangue, perciò urlai di dolore, mentre il sangue riprendeva ad uscire.
 
 
“Oh cavolo! Scusami, scusami!” si scusò tamponando la ferita
“Non importa” mormorai trattenendomi
 
 
Trafficò ancora un poco, continuando a scusarsi di tanto in tanto. Dopodiché mise un grande cerotto e diede un ultima occhiata, prima di posarci sopra un piccolo bacio.
Alzò lo sguardo su di me e sorrise…
 
 
“Stiamo insieme da tempo e ancora riesco a farti arrossire con così poco?” suonò dolce
 
 
Feci spallucce imbarazzata e indifesa, ma col sorriso.
Si alzò ed uscimmo dal bagno; lui si diresse in camera sua per mettere qualcosa di più comodo, mentre lo aspettavo fuori. Ne uscì dieci minuti dopo, sorridendo nella sua tuta e felpa grigia. Ci dirigemmo verso le scala, diretti verso il piano inferiore, e lo presi per mano. Solo quando la tirai leggermente si fermò, voltandosi enigmatico.
 
 
“Amore” sussurrò piano, quasi preoccupato
“Mh…” risposi a capo chino
“Qualcosa non va?” disse alzandomi il viso
“Puoi baciarmi, adesso?”
 
 
Dapprima aggrottò le sopracciglia interdetto, poi si aprì in un dolce sorriso, stringendomi a sé.
 
 
“Tutte le volte che vuoi, bambina”
 
 
Scendemmo per il pranzo e fu caloroso ed in quantità industriale; il cibo caldo era rinvigorente in completa contrapposizione con il brutto tempo fuori. Parlammo di quello che era successo  e, spiegai a tutti loro come erano andate le cose e che forse, era stata anche un po’ colpa mia per non essermene andata subito. Le loro voci concitate si accavallano una sull’altra, per difendere la mia posizione.
Era un continuo “Non è vero”, “Ma cosa dici?” ecc.
In breve anche la madre di Dom espresse la propria opinione scaldandomi, in qualche modo, il cuore e facendomi sentire tutto il suo affetto.
 
 
“Quella donna dovrebbe farsi un esame di coscienza, prima di poter offendere un amore di ragazza come te!” affermò convinta
 
 
La ringraziai con lo sguardo mentre la aiutavo a sparecchiare.
Più tardi, nel pomeriggio, eravamo tutti in salotto a rilassarci quando  ebbi un ripensamento.
 
 
“Signora Howard, dovrei andare in farmacia a prendere dei pannolini ed un ciuccio nuovo a Will, dato che suo zio Matt lo ha  perso. Visto che le ho consumato diverse cose, se le serve qualcosa, gliela prendo io” sorrisi
“Oh grazie cara, lo scrivo su un foglietto, torno subito”
“Ti accompagno?” Dom
“Non serve, vado con Chris”
“Sicura?”
“Si, tranquillo. E poi almeno ti rilassi un po’, giocando”
 
 
Sorridemmo tutti, perché proprio in quel momento, Will si trascinò dietro il suo zainetto pieno di costruzioni, sedendo a terra e cercando di attirare l’attenzione di suo padre.
Presi il foglietto della signora, la mia borsa ed uscimmo di casa sotto la pioggia.
Percorremmo il breve tragitto ed entrammo, girando per gli scaffali. Stavamo parlando amabilmente, quando vidi Chris avvicinarsi e guardare storto un paio di persone oltre lo scaffale. Lo osservai un secondo e compresi, che probabilmente mi avevano riconosciuta come la ‘rovina famiglie’ della signora Cross.
 
 
“Qualche problema?”
 
 
Le due donne, colte sul fatto, dissimularono e passarono a guardare il mobile accanto.
 
 
“Hai preso tutto?” chiese verso di me
“Si, pago e ti raggiungo in macchina” lo rassicurai mettendomi in fila
 
 
Dieci minuti dopo, salendo in auto, lo vidi teso e in allerta osservando chiunque passasse nelle nostre vicinanze. Apprezzavo la sua protezione, ma l’opinione degli altri riguardo quell’episodio, non valeva nulla in confronto a quella di coloro a cui tenevo di più.
 
 
“Ho bisogno che tu sia concentrato su di me” lo informai
“Su di te? Perché?”
 
 
Avevo tutta la sua attenzione ,ora.
 
 
“Ho promesso che saresti stato il primo a saperlo” lo guardai
“Aspetta!” un ricordo lancinante “stai dicendo che…”
“Che è uno di quei momenti, Chris…”
 
 
Gli porsi una delle buste che tenevo in grembo e sbirciò dentro. Alzò gli occhi lentamente, cercando di capire se l’ipotesi mi rendesse triste o mi riempisse di gioia. Vedendomi in difficoltà, pose una mano sulla mia spalla, sospirando.
 
 
“Va tutto bene?”
“Ho paura, Chris” confessai “ma non come la prima volta”
“E’ normale, bambolina…sai che qualunque sia l’esito, io ti sosterrò sempre, vero?”
 
 
Annuii con la testa e mi abbracciò forte.
 
 
“Andiamo a scoprire se diventerò zio una seconda volta!” sorrise avviando il motore
 
 
Sorrisi mettendo la cintura, un po’ più calma dopo la nostra chiacchierata. Mi sentivo sollevata di averglielo detto, ma dentro di me avevo ancora paura, in un certo senso. Tornammo in casa e mentre le donne preparavano biscotti, Matt, Dom, Will e George guardavano i cartoni in tv. Una volta rientrati, Chris prese posto sul divano con gli altri, io mi offrii volontaria per salire di sopra a sistemare i medicinali in bagno, cogliendo così al volo la situazione e poter fare il test in pace.
Lo feci ed attesi seduta a terra. Impaziente, i minuti sembravano non passare mai.
Una volta scaduto il tempo, inviai un sms a Chris che, con la scusa di farsi prestare un vecchio CD, salì le scale.
Entrò e mi guardò dritta negli occhi e senza proferire sillaba, mi baciò la fronte.
 
 
“Vado a chiamare Dom”
 
 
Qualche secondo e la porta della sua stanza si spalancò…
 
 
“C’è qualcosa che non va?” domandò spaesato
“Forse è meglio se ti siedi” suggerì Chris
 
 
Obbedì.
Feci un gran respiro e mi avvicinai lentamente, fermandomi esattamente difronte a lui, con le mani dietro la schiena. Tentavo di mantenere un minimo di contegno, poiché non avevo idea di cose ne avrebbe pensato.
 
 
“Dom…ricordi quando siamo tornati dalla vacanza e mi hai detto che, dopo aver accettato di sposarti, quando meno me lo sarei aspettata mi avresti sorpreso con un regalo stupendo? Beh, credo che quel momento sia finalmente arrivato”
 
 
Tolsi le mani da dietro la schiena e poggiai il test fra le sue.  Un breve e conciso messaggio : “Incinta 2-3 settimane” .
Rimasi in attesa di una sua reazione, mentre a capo chino osservava l’oggetto che teneva fra le mani; sembrava una statua, lì fermo immobile. Stavo aspettando che iniziasse a stappare Champagne e festeggiare oppure che iniziasse ad imprecare mentre lanciava oggetti dappertutto. Niente di tutto questo, però, arrivò. Solo silenzio… uno strano assordante silenzio.  Iniziai a preoccuparmi seriamente, temevo addirittura che non stesse respirando più. Ma poi, qualcosa effettivamente, accadde… il suo corpo iniziò ad essere scosso da forti tremiti, il respiro era troppo veloce, e capii.
 
 
“Oddio! No, no, no, no, no”
 
 
Mi avvicinai di più, andandomi a sedere sulla sua gamba, abbracciandolo.
 
 
“Dom, ti prego, non piangere”
 
 
Per tutta risposta, poggiò la testa contro la mia spalla e mi stritolò fra le sue braccia aggrappandosi alla mia maglietta. Era una diga che straripava ed io stavo per seguirlo. Lo sentivo singhiozzare contro di me senza sosta, e non ressi.
Anche Chris, fermo vicino la porta, stava trattenendo le lacrime a stento.
 
 
“Hai visto? Sei riuscito a far piangere anche me” dissi mentre gli baciavo i capelli
 
 
Continuammo come idioti per altri due minuti senza dire nulla né tantomeno riuscire a guardarci in viso, finché ripresi un minimo di controllo.
 
 
“Non mi hai neanche detto se sei contento o meno”
 
 
Alzò lentamente la testa, a quelle parole, ed i suoi occhi, in quel momento rossi dal pianto, avevano assunto una sfumatura di verde a dir poco meravigliosa.
 
 
“Il fatto che abbia pianto come un bimbo, non ti suggerisce niente?”
 
 
Mi avvicinai al suo orecchio per non farmi sentire da Chris.
 
 
“Ma tu sei il mio bimbo” sussurrai
 
 
Sorrise e baciò la punta del mio naso.
 
 
“Ricominceremo e andrà tutto bene, vedrai. Lo sai che ti amo da pazzi, vero?” chiese
“Io di più” risposi
 
 
All’improvviso, si fiondò sulle mie labbra incastrandole in un bacio che di puro e casto, non aveva assolutamente nulla.
 
 
“Ho capito, vi lascio soli” rise Chris, uscendo
“Ehy tu!” lo apostrofò Dom “non azzardarti a dire a Matt che ho pianto!” sorrise
“Tranquillo, sarai tu a farlo” esclamò
 
 
Mentre io e Dom riprendevamo a baciarci, aprii gli occhi per una frazione di secondo, e vidi Chris chiudere la porta, mentre mimava al mio indirizzo le parole “Sono fiero di te!”
 
Andava tutto bene. 

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Capitolo 10
*** It's you and me babe, survivors... ***



Buona lettura e commentate please!!! <3 (Chiedo venia per il ritardo astronomico) 


It's you and me babe, survivors...


Aleggiava del silenzio all’interno della stanza.
Ero ancora seduta sulle gambe di Dominic che osservava, con sguardo fisso, un punto imprecisato della parete difronte a noi.
Lo guardavo in religioso silenzio, tentando di non interrompere il flusso dei suoi pensieri.
 
 
“Sei sicura dell’esito?” disse riscuotendosi
“E’ il secondo test che faccio. Stesso risultato per entrambi” annuii
 
 
Sorrise, alzandosi in piedi e girovagando per la stanza, tentando di metabolizzare e valutando cosa bisognasse fare.
Cinque minuti dopo, tornò a posizionarsi davanti a me, fissando intensamente i miei occhi, quasi stesse scegliendo le parole giuste da dire.
Prese la mia mano conducendomi verso la porta. Con sguardo confuso, mi feci trascinare.
Si bloccò all’improvviso, ed inevitabilmente gli finii addosso, scoppiando a ridere di gusto. 
 
 
“Si può sapere che ti prende?” domandai ridendo
“Nulla…stiamo scendendo a dirlo a tutti, vero? O non è questo che vuoi?” rispose
“Ti sto seguendo, quindi mi sembra ovvio che sono d’accordo”
“Ok, sei pronta?”
“No” sorrisi
“Nemmeno io!” esclamò scoppiando nuovamente a ridere
 
 
Erano tutti in salotto davanti il camino scoppiettante a discutere del più e del meno. Entrammo silenziosi come una folata di vento, le nostre mani strette l’una in quella dell’altro, elettrizzati e nervosi al contempo, per la notizia che eravamo in procinto di rivelare. Si schiarì la voce in un suono leggero, ma che ebbe come risultato, quello di far voltare i presenti nella nostra direzione. Attenti e pazienti, attendevano immobili.
Aveva deciso di prendere lui le redini della dichiarazione, io avevo accettato senza alcuno sforzo, perché lo capivo alla perfezione. Leggermente emozionato, mentre cercava di trovare le parole giuste, lo guardavo teneramente; aveva ancora incastrata fra le ciglia chiare, una traccia delle lacrime che fino a qualche minuto prima aveva versato; alcuni capelli erano in disordine per via delle mie mani che li avevano stretti.
Era la cosa più dolce del mondo.
Tergiversava e girava intorno al discorso tentando, invano, di trovare le parole.
 
 
“Dillo e basta, Dom”  sussurrai al suo orecchio
“Ehm, ecco…volevamo dirvi che, aldilà dello spiacevole episodio accaduto questa mattina, che se sarete pazienti abbastanza, fra qualche mese avrete un altro nipote da poter viziare…”
 
 
Diede modo a tutti i presenti di capire a fondo ciò che aveva appena detto.
Un silenzio immobile aleggiò nella stanza. Dom ed io eravamo sulle spine, ma tutto il nervoso iniziò a sparire nell’esatto istante in cui degli affettuosi sorrisi iniziarono a dipingersi sui volti di tutti loro.
Ben presto, il silenzio si interruppe lasciando il posto ad urla di gioia ed abbracci. Accolsi ogni singola stretta o bacio che mi veniva regalato, con la più pura naturalezza del mondo e con il sorriso sulle labbra.
Nessuno di loro però, riuscì a superare la reazione del mio tenero, adorabile, egocentrico Matt.
Non riuscì ad avvicinarsi neanche di un millimetro, rimase fermo immobile davanti il camino, fissando il via vai di persone senza battere ciglio. Solo dopo aver abbracciato Spencer, mi resi conto di quanto in realtà stesse cercando di trattenere le proprie emozioni.
Con un velo di rossore sulle guance, ed un sorriso dolce sulle labbra, avanzai verso di lui, lenta, con le braccia aperte, per poterlo stringere a me. Dapprima, rimase immobile fissandomi mentre mi avvicinavo; quando poi lo circondai con le braccia e poggiai il capo sul suo petto, finalmente si lasciò andare.
Mi strinse anche lui, poggiando il mento sopra la mia testa, trattenendo a stento le lacrime.
 
 
“Tesoro, io…” pronunciò piano
“Lo so, Bells, lo so…ti voglio bene anche io” risposi baciandolo su una guancia
 
 
Mi staccai un momento  per guardare in quell’oceano che erano i suoi occhi, e questa volta, accertandomi che stesse meglio ed avesse riassunto il controllo di sé stesso. Mi sorrise, ma prima di separarsi da me, avvicinò il viso al mio orecchio.
 
 
“Dimmi la verità…” sussurrò  con un sorriso sulle labbra “quanto ha pianto Dom, quando glielo hai detto?”
“Come una fontana!” dissi arricciando il naso “ma non dirgli che te l’ho detto” sorrisi
 
 
Per un momento ebbi seriamente paura che non appena ci fossimo separati, sarebbe corso dal suo migliore amico per prenderlo in giro.
Contro ogni previsione, Matt gli andò incontro, e non servirono cenni o parole per esprimere le reciproche emozioni che stavano provando; si guardarono intensamente, con gli occhi colmi di lacrime, poi si abbracciarono in un modo così fraterno e pieno d’amore, che tutti noi arrossimmo difronte ad un legame tanto forte.

 
 
“Beh, direi di festeggiare, no?”  propose George
“Oh, tesoro, preparerò tutti i tuoi piatti preferiti!” continuò la mamma di Dom
“Sul serio, basterà una semplice cena. Sarei più che felice di aiutarla” proseguii io
“Non dire sciocchezze, cara, è il vostro giorno! Prometto di non esagerare, ma ho voglia di cucinare qualcosa di buono per tutti” sorrise
 
 
Stavo per ribattere, quando Dom mi suggerì di non provare a contraddirla. Era tipico di sua madre, voler cucinare a tutti i costi quando qualcosa la rendeva estremamente felice. 
Così, la lasciammo fare, a patto di farsi aiutare.
In breve tempo, ognuno di noi assunse un ruolo ben preciso: Dom, Matt, Chris e George, uscirono per comprare qualche ingrediente mancante e qualcosa da bere; Kelly si occupava di William; Spencer apparecchiava la tavola ; io aiutavo la madre di Dom in cucina. Ogni tanto ci sorridevamo, incapaci di dire qualunque cosa.
La cena andò a meraviglia, e ben presto mi sentii in leggero imbarazzo per via delle continue parole di incoraggiamento e battute varie. Soprattutto di Matt che, in un momento in cui credette non lo ascoltassi, disse a Dom qualcosa come : “Vecchio scopatore seriale, vuoi spodestare i Wolstenholme?”
Vidi Chris e Dom esplodere in una risata di puro gusto, di quelle da mano sullo stomaco, mista ad un velo di imbarazzo.
 
 
 
Il mattino dopo, mi alzai prima di tutti. Ero agitata alla massima potenza all’idea di dover lasciare Will.
Tom era riuscito ad organizzare le 5 date previste in Inghilterra, in modo che potessi partecipare anche io. Alla vecchia maniera, ci saremmo spostati con un tourbus che avremmo diviso tra noi, ma ovviamente, ciò voleva dire che Will non sarebbe potuto venire con me.
La signora Howard si era gentilmente offerta di occuparsi lei di Will, pregandomi di andare a godermi la mia breve vacanza.
Partimmo prima di pranzo, saremmo dovuti tornare a casa, prendere le valigie ed attendere che Tom passasse a prenderci.
Ma qualcosa andò storto: mentre stavamo recuperando le ultime cose da portare con noi, io e Dom discutemmo in maniera accesa.
Tutto nacque nel momento in cui gli dissi che sua madre mi aveva proposto di trascorrere il periodo della gravidanza a casa sua.
Ciò che lo fece uscire di testa, fu il fatto che io l’avessi presa anche solo in considerazione. Urlammo e ci punzecchiammo fino all’arrivo degli altri; abbandonammo momentaneamente l’argomento, evitando di dare fastidio al resto del gruppo.
In breve arrivammo al tourbus e tentammo di sistemarci come meglio potevamo.
 
 
“Noi tre divideremo la stanza a sinistra, tu e Dom potrete stare in quella a destra” disse Tom
“Grazie” risposi
“Ascolta…” aggiunse avvicinandosi “vi ho visti un po’ nervosi. In camera nostra c’è un letto in più, Dom può dormire con noi nel caso in cui la faccenda diventasse seria” ammise
 
 
Sorrisi imbarazzata, non sapendo cos’altro dire.
Partimmo in un battibaleno diretti verso la prima tappa di quella settimana.
Quando arrivò la sera, ci fermammo per prendere qualcosa da mangiare. In un momento di assoluto silenzio, Matt notò che qualcosa non andava e Dom non poté fare a meno di raccontare la faccenda rendendola di dominio pubblico.
Nel giro di un secondo, mi ritrovai addosso sguardi preoccupati ed indecisi, oltre a qualcuno di rimprovero.
 
 
“Questo è tutto. Ora ditemi che sono pazzo” sentenziò Dom “ditemi che è una bellissima idea e che andrà tutto a meraviglia!” chiese alzando la voce
“Adesso basta!” urlai, battendo i pugni sul tavolo “ho capito, Dom: è stata un’idea del cavolo, ok? Non ne faccio una giusta! Se me l’ha chiesto di sua spontanea volontà, vuol dire che per lei non è di alcun problema. Ma a quanto pare, per te non è così” ribattei alzandomi in piedi
“Smettila di dare la colpa a me!!! Tu, laggiù, non ci vai. Punto!”
 
 
Guardai i volti del resto dei Muse, che mi guardavano imbarazzati.
 
 
“Sissignore” dissi, sprezzante, mimando un saluto militare.
 
 
Feci per andarmene, lasciandoli tutti lì a parlare liberamente tra loro.
 
 
“Bambolina…”
“Mh?” risposi nervosa
“Tieni”
 
 
Mi porse un bicchiere quasi colmo di un liquido nero/rossastro, che bevvi tutto d’un fiato.
Mi voltai e mi diressi verso la mia stanza.
Un attimo prima di riuscire ad aprire la porta, mi ritrovai faccia a faccia con Dom.
 
 
“Che cosa hai bevuto?” domandò
“Nulla”
“Non prendermi in giro!”
“Succo di mirtillo” risposi roteando gli occhi
“Non è vero!” rispose
“E’ succo di mirtillo” ribattei
“Non ti credo!”
“Baciami!”
“Che cosa?”
“Baciami, ho detto!”
“Stiamo litigando, non mi sembra il caso”
“Vuoi sapere cosa ho bevuto? Fallo!”
 
 
E lo fece…quel tanto che bastava a lasciarci entrambi, in poco tempo, senza respiro.
Ci staccammo lentamente, guardandoci dritti negli occhi.
 
 
“Allora?” lo incitai
“Succo di mirtillo” ammise sconfitto
“Bene…ora se non ti dispiace, vorrei andare a dormire”
 
 
Chiusi la porta, lasciandolo lì a rimuginare.
Il giorno seguente, li seguii silenziosamente passo dopo passo. La colazione, la visita del luogo in cui la sera stessa avrebbero suonato e il pranzo. Tutto nei limiti del silenzio; o meglio, parlavo lo stretto necessario. Sembravo più che altro una bambina che lentamente veniva scortata da un luogo ad un altro. Quando arrivò il momento del live, non rimasi nei camerini e non attesi nel backstage; mi sedetti vicino a Tom e lo osservai nel suo lavoro. Per la prima volta, mi resi conto che doveva essere tutto in perfetta sincronia: il suono, le luci, il fumo, i droni e i coriandoli.
Non c’era spazio per nessun margine di errore.
Mi sorrise dandomi una piccola spallata.
 
 
“Ehy…mi spiace che abbiate discusso, ma andrà tutto bene” suggerì
“Già…” risposi a capo chino
“Ma si, vedrai. In fondo, vi sposerete, no? Non ci starai mica ripensando!”
“Oh, no, no, no. Lo amo da quando avevo 14 anni, non potrei mai ripensarci. È vero, abbiamo discusso e ti chiedo scusa, perché sembra sempre che io e lui non facciamo altro che litigare, ma non è così. Noi…”
“Stai tranquilla, posso garantirti che nessuno di noi ha mai pensato una cosa del genere. Nessuno. È vero, ammetto che all’inizio ho creduto saresti stata una delle migliaia di ragazze con cui Dom si divertiva, e quindi non riuscivo a darti molta importanza, e per questo ti chiedo di perdonarmi. Ma, ci sono stati due momenti in particolare che mi hanno aperto gli occhi. Quando mi hanno detto che Ethan ti aveva picchiata a sangue, non volevo crederci. Tu…tu lo hai sfidato per difendere Dom, e nessuno che non fosse innamorato avrebbe fatto una cosa del genere. Di rimando, lui quella sera si è fatto picchiare ed ha picchiato Ethan, per te. L’altro episodio, è stato quando ti ha mandata in quell’istituto; credimi, tutti i giorni veniva da me tremando, con gli occhi gonfi, chiedendosi se tu saresti stata capace di amarlo ancora. Siete cresciuti insieme questi anni, voi due, e nessuno potrà separarvi, neanche uno stupido litigio come quello di ieri sera. Sembrerà infantile dirlo ma, ti voglio bene piccola combina guai”  disse abbracciandomi
“Hai detto ‘migliaia di ragazze’?”
“Fai sul serio?” mi chiese “se è così, hai scelto il Muse sbagliato, tesoro”
“Ti ho ascoltato, Tom” sorrisi “e ti ringrazio molto. Hai detto delle cose molto carine. Ti voglio bene anche io” conclusi abbracciandolo.
 
 
Subito dopo il concerto, dissi a Tom che non sarei uscita a cena con loro; non avevo molta voglia di stare in mezzo alla gente. Mi diede le chiavi del bus, promettendo di spiegarlo lui a Dom, al posto mio.
Cenai velocemente e decisi di mettermi comoda a letto a leggere un libro; era tutto talmente silenzioso da far quasi paura.
Li sentii rientrare verso le 02:00, tentando di essere il più silenziosi possibile. Chiacchierarono, qualcuno fece la doccia, qualcun altro parlò del live, finché si infilarono nei propri letti, sotto le coperte.
Circa dieci minuti dopo, quando stanchi crollarono, si udiva solo un ticchettio di tasti, veloce.
 
 
Sms: Sei sveglia?
Sms: Si
Sms: Sei ancora arrabbiata con me?
Sms: Un pochino
Sms: Posso dormire con te?
Sms: Mhh…forse…
 
 
Poco tempo dopo, aprì lentamente la porta chiudendola alle sue spalle.
Si avvicinò al letto con quel suo sorriso indifeso. 
Mi tirai su sedendomi a gambe incrociate, e lui si sedette difronte a me, in silenzio.
Lo fissai per diversi secondi, trovando le parole adatte da dirgli.
 
 
“Ascolta Dom, mi dispiace per ieri. Non avrei dovuto prendermela così. Ho esagerato” ammisi
“E’ un po’ anche colpa mia. Non avrei dovuto urlarti contro” rispose
“ Non credevo che prendere in considerazione l’idea di tua madre, riuscisse a scatenare un tale putiferio. Mi sembrava un gesto carino il fatto di non far scomodare tua madre, visto che la prima volta è stata così gentile con me. Ho pensato che sarebbe stato di aiuto e bello passare del tempo insieme a lei, evidentemente non è così per te”
 
 
Aggrottò le sopracciglia interdetto, spaesato.
 
 
“Che cosa?”
“Che c’è?” chiesi
“Aspetta…credi che io non voglia che tu trascorra del tempo a Teignmouth con mia madre? Dio, non è per quello! Nella maniera più assoluta. Non voglio che tu vada lì, perché a due isolati da casa di mia madre, c’è casa di Ethan!” esclamò
“Ethan…” sussurrai piano
 
 
La realtà della cosa, mi colpì come un secchio d’acqua gelata. Come una stupida, avevo pensato a mille motivi per i quali Dom non mi volesse a Teignmouth. Avevo  creduto a un semplice capriccio da bambino; al fatto che non volesse che frequentassi sua madre. Avevo valutato anche il semplice fatto di non ritenere Teignmouth una cittadina in cui crescere dei figli, ma di Ethan mi ero totalmente e completamente dimenticata.
Erano trascorsi solo pochi giorni dal funerale, eppure sembrava una vita.
 
 
“Ascolta…” riprese, interrompendo le mie riflessioni “io…io, credo che non ci sia nulla che mi renderebbe più felice, del vederti passare le giornate con mia madre. Will starebbe più tempo con sua nonna, e tu saresti più tranquilla con una persona in più a casa” sospirò “però amore, credimi, so già che rovinerei tutto. Non voglio…mi dispiace. Non voglio doverti chiamare mentre sei a far la spesa, solo perché hai 10 minuti di ritardo. Non voglio uscire a fare una passeggiata fino al molo con te, ed aver paura anche solo di abbassare lo sguardo, per paura di perderti. Non voglio passare notti insonni, pensando che da lui, ci separano solamente due isolati. Non voglio avere attacchi di panico quando sarò fuori con la band, perché avrò sempre il pensiero di quel verme vicino a te. Io…”
“Non importa, Dom” dissi prendendolo fra le braccia “avevo pensato di accettare, perché nonostante le mie preoccupazioni, con te vicino non avrei avuto paura. Ho dato per scontato che saresti venuto con me. Quando tua madre chiamerà di nuovo, gli dirò che non posso andare e saprà capire. E magari verrà lei da noi, a Londra. Voglio che tu sia tranquillo, e non costretto e agitato in un luogo che ti fa stare male”
“Dici sul serio?” sussurrò indifeso con la testa sulla mia spalla
 
 
Afferrai il suo viso fra le mani, e lo guardai dritto negli occhi.
 
 
“Bimbo…non vado da nessuna parte, se tu non sei con me”
 
 
Mi sorrise sollevato, infilandosi sotto le coperte al mio fianco. L’indomani avrei chiamato sua madre e gli avrei spiegato tutto.
Forse aveva ragione Dom; forse, era meglio così. Mi addormentai con la consapevolezza di aver chiarito e fatto pace con Dominic.
 
 
Si svegliò di soprassalto, con addosso la strana sensazione di non avermi più al suo fianco nel letto. Si guardò intorno, cercando a tentoni il cellulare: erano le 6:00 del mattino. La stanza era buia; dalla tapparella sulla finestra, si riusciva ad intravedere una luce fioca, segno che all’esterno, il sole era in procinto di sorgere. Un rumore gli diede il giusto incipit ad uscire dal letto.
Uscì dalla stanza, ed ancora insonnolito, entrò in bagno.
 
 
“Serve una mano?” esordì, ironico
 
 
Ero seduta a terra, tentato di far sparire il senso di malessere che regnava nel mio stomaco; con la fronte poggiata contro la ceramica del water.
 
 
“Siamo già alle nausee? Devo iniziare a cercarti in giro per casa già da adesso?!” disse a braccia incrociate
“Non sei affatto divertente, Howard!” risposi
 
 
Sorrise scuotendo la testa un paio di volte, avvicinandosi piano a me. Si sedette a terra, assicurandosi che non avessi bisogno di qualcosa, tenendomi una mano sulla fronte. Qualche secondo dopo, mi fece sdraiare a terra e poggiare la testa sulle sue gambe; con una mano, accarezzava i miei capelli.
 
 
“Stavo scherzando, prima, acidona” disse dolce
“Lo so, brutto idiota” risposi
 
 
Dopo cinque minuti, mi ero completamente ripresa, ma ero talmente comoda in quella posizione, da non volermi assolutamente muovere.
 
 
“Tutto a posto voi due?” Matt, in tuta, era poggiato alla porta
“Tutto ok, Bells. Puoi prendergli un bicchiere d’acqua, per favore?”
 
 
Tornò pochi secondi dopo porgendomi il bicchiere colmo d’acqua fresca, mentre terminavo di lavarmi i denti.
 
 
“Vai a riposarti, stellina, domani starai meglio”
 
 
E così feci. Mi gettai nuovamente fra le coperte calde, crollando come una bambina a cui è appena stato fatto un bagno.
Mi svegliai diverse ore dopo, con in testa il vago ricordo di Dominic che mi prometteva di poter stare con loro, a patto che però fossi stata meglio. Ero in procinto di mangiare qualcosa, quando udii il telefono squillare.
 
 
“Signora Howard, salve” risposi nervosa “l’avrei chiamata fra poco”
“Buongiorno, bambina mia, come stai?” ribatté “Dominic mi ha detto che sei stata poco bene” disse preoccupata
“Si, è vero…Aspetti, esattamente, quando ha parlato con Dom?” chiesi confusa
“Oh, questa mattina alle 9:30. Ti ho chiamata a quell’ora ed ha risposto lui. Mi ha detto che dormivi perché non stavi bene. A parte sapere se ti senti meglio, volevo dirti che domani pomeriggio inizierò a sistemare la camera di Dominic in modo da poter avere tutto ciò che ti serve. Comprerò qualche pacco di pannolini, libererò qualche cassetto per i tuoi vestiti, faremo spazio per le cose di Will. Troverai tutto pronto per…”
“Come scusi? Tutto pronto? Per cosa? Dom ha detto…”
“Tranquilla cara, penserò a tutto io. Dominic ha detto che verrete a stare a Teignmouth con me”
 
 
Appena dopo l’esibizione, che quella sera era stata fissata per le 19:30, i ragazzi rientrarono nel bus tutti euforici. Matt e Chris andarono a cambiarsi in camera, Tom telefonò a sua moglie come faceva sempre e Dom, invece, si fiondò dritto in bagno, sotto la doccia.
Riuscì a trattenere una breve risata, non appena mi vide che lo stavo attendendo, in silenzio, sotto il getto dell’acqua. Mi guardò enigmatico, fino a quando non si convinse a raggiungermi. Mi era mancato da morire, e ci misi meno di una frazione di secondo a convincerlo del fatto, che lo volevo in quel momento.
Lo facemmo nel modo più silenzioso ed esilarante possibile.
Mentre ci insaponavamo a vicenda, sentii il bisogno di un attimo di serietà.
 
 
“Dom…perché hai detto a tua madre che andremo a Teignmouth?” chiesi
“Perché è quello che faremo” rispose
“Si, ma…voglio sapere perché hai cambiato idea!” proseguii
“Ci ho pensato molto e, non mi va che si debba rinunciare a cambiare un po’ aria; frequentare ambienti nuovi  o perché no, fare una passeggiata al molo, solo perché io sono spaventato. Ci tengo veramente a questa cosa…a te, a mia madre a Will. Ho detto di si, perché non voglio essere egoista. Ci trasferiremo  per un po’, e ti mostrerò tutti i luoghi in cui sono cresciuto; porteremo Will al parco e faremo anche un giro in barca. Lo so che prima o poi, in un giorno o un momento qualunque, lo rincontreremo…ma ti prometto, che non farò nulla che non sia necessario. Prometto tutto questo, solo se tu sarai con me quando tutto andrà bene e, soprattutto, quando e se diventerò odioso” sorrise arricciando il naso
“Te lo prometto” risposi baciandolo
 
 
All’improvviso, la porta si aprì e Tom entrò con disinvoltura, diretto verso il water.
 
 
“Dom e muoviti! Possibile che riesci a monopolizzare sempre il bagno!” esordì Tom
“Ho quasi finito” rispose con una mano sulla mia bocca per non farmi parlare
“Ti ricordo che abbiamo una cena”
“Si, si” disse impaziente “ora vai via!”
 
 
Non appena richiuse la porta, iniziammo a ridere silenziosamente. Uscendo dalla doccia mi resi conto di non aver preso il mio accappatoio dalla valigia.
Iniziai a guardarmi intorno, fin quando anche Dom si accorse dell’inconveniente.
Sentimmo la voce di qualcuno avvicinarsi e, in una frazione di secondo, Dom avvolse entrambi nel suo accappatoio, esattamente un attimo prima che Matt spalancasse la porta.
Un sorriso divertito predominava sulle sue labbra; si avvicinò al lavandino, lavò i denti e finalmente si girò.
 
 
“Oh, scusate. Ho interrotto qualcosa?” disse fintamente sorpreso
 
 
Stretti una difronte all’altro in un abbraccio che più stretto non si poteva, tentavo di contare fino a 10, prima di rispondere.
 
 
“Matt”
“Oh, ma fate con comodo, non mi disturbate affatto”
“Matt…” incalzò Dom
“Tranquilli, sul serio.  Cosa vuoi che sia? In fondo, ho già avuto modo di ascoltare le vostre effusioni; anche se, dall’altro lato del muro. E per giunta in casa mia!! Non ti ricordi, stellina? E io che ti facevo una dolce e pura ragazza” ghignava divertito
“Sai Matthew?” risposi voltata di spalle “puoi fare lo spiritoso quanto vuoi, ma ricorda, che Spencer non sa nulla dello sfortunato giorno in cui mi hai quasi uccisa”
“Io…ehm…” balbettò bianco in volto
“Forse…e dico, forse, potrebbe accidentalmente sfuggirmi di bocca, la prossima volta che ci vediamo”
 
 
Dom abbassò lo sguardo su di me, sorridendo complice. Proprio mentre Matt  tentava, invano, di trovare una scusa adatta, la porta si aprì di nuovo.
 
 
“Se tu e il tuo amico Tom, avete finito di fare i coglioni, dovremmo andare a cena. E per favore Matt, questi giochetti sono divertenti per poco. Lasciateli in pace”
 
 
La provvidenza, nei panni di Chris, scacciò Matt dal bagno  e mi porse il suo accappatoio per poter quantomeno uscire e rifugiarmi in camera.
 
 
“Grazie Chris” sussurrai
“Di nulla, bambolina”
 
 
Poi, rivolgendosi a Dom…
 
 
“Siamo nel ristorante  all’angolo della strada. Sbrigati, Steve e Ben, ci aspettano lì”
“Ricevuto!” rispose lui
“Non fateci aspettare troppo” aggiunse Matt, la cui risata si interruppe all’occhiataccia di Chris
 
 
Steve e Ben, erano due vecchi amici dei Muse, conosciutisi una decina di anni prima, fra i tavoli di un pub a Cardiff. Tra una chiacchierata e l’altra, scoprirono di avere molti interessi in comune, ed in un paio di occasioni, avevano suonato insieme.  Per puro caso, Ben aveva scorto Tom fuori dall’arena prima del Live ed avevano atteso che terminasse, per potersi rivedere dopo tanto tempo.
Io e Dom arrivammo alla porta del ristorante, quando il mio cellulare prese a suonare, e lo esortai ad entrare, dicendogli  che lo avrei raggiunto presto. Salutò i suoi vecchi amici e si accomodò al tavolino, poggiando la giacca dietro la sedia.
Steve e Ben, nonostante la serietà con cui Matt e Chris mi avevano descritta, non facevano altro che inondare Dominic di domande. Quando 10 minuti dopo, nessuna ragazza era ancora al tavolo con loro, si convinsero addirittura del fatto che io non esistessi affatto; era solo un debole tentativo di convincerli del fatto, che Dom se la passasse bene.
 
 
“Eccola!” affermò Chris mentre mi avvicinavo
“Quella?” indicò Steve “non ce la vedo con lui. Ha un faccino da furba”
“Non immagini quanto” sorrise Matt
“Non me la bevo” rispose Ben “ci prendono per fessi, Steve!” azzardò
“Se è veramente lei, ci sarà da divertirsi” sorrise l’altro
“Stai attenta a loro” mi avvertì Dom ridendo una volta giunta al tavolo
“Piacere” dissi io, sorridendo
 
 
Notai che nel nostro tavolo da 6, era rimasto solo un posto libero a capotavola, in fondo. Chris tentò di spostarsi, ma gli dissi che non sarebbe  stato un problema. Per una sera, potevo anche non stare vicino a Dom. Andò tutto liscio come l’olio, finché Ben non decise di farmi il terzo grado, o perlomeno, cercare di smascherare Dom.
 
 
“Allora…sei una groupie dei Muse?”
“Beh no, due su tre sono sposati”
“Ma c’è ancora il caro vecchio Dominic” sorrise “non so se ne sei al corrente, ma è il più tremendo di tutti” ribatté Steve
“Non preoccuparti, lo conosco molto bene” sorrisi a Dom
“Dai Steve” si intromise Ben “non dire così. Ora che anche Matt si è accasato, Dominic avrà una vasta scelta di donne. Voglio dire” disse rivolgendosi a me “francamente non credo che durerà molto fra voi; tu sei una bambina, arrossisci per ogni minima cosa. Le spezzerà il cuore, credetemi”
 
 
I Muse al completo, mi osservarono ansiosi.
 
 
“Grazie Ben, terrò a mente i tuoi consigli”
“Mi fa piacere!” rispose estatico
“Non credo, però, che mi conosciate così bene” aggiunsi tranquilla
“Non conosceremo te, ma conosciamo questi tre artisti; e soprattutto, conosciamo Dom”
“Se ne siete convinti…” risposi mangiando un pezzo della mia pizza
“E’ testarda la ragazzina” sorrise Ben “probabilmente ti avrà rimorchiata in qualche locale”
“No; direi proprio di no” affermai
“E le vostre dolci metà?” chiese Ben
“Kelly è andata con i bambini a trovare sua madre”
“Spencer è a Teignmouth da mia madre; si sta occupando di nostro nipote William” lanciò lì Matt
“Oh, Spencer!” esclamò Steve “dio quanto mi manca! È stata bellissima quella vacanza a Los Angeles tutti insieme. È simpaticissima e molto bella. La adoro!” disse
“Sai Dom, ti ci vorrebbe una come lei; metteresti la testa a posto, ti sposeresti anche, e addirittura potresti avere un figlio. Non che tu non sia bella o simpatica, anzi; ma diciamoci la verità, da quanto state insieme?” disse mimando le ultime parole fra virgolette
“Ad occhio e croce…saranno 4-5 anni” risposi
 
 
Per poco non andò la birra di traverso a tutti e due.
Dom sorrise sotto i baffi, conscio che li stavo distruggendo con la più totale maestria.
Sbiancarono completamente sulle loro sedie, non riuscendo neanche a parlare.
 
 
“4-5 anni?! A-Allora…come vi siete conosciuti?” Steve
“Mhh, pessima domanda” suggerì Dom, dando una gomitata a Chris “ora arriva la stoccata finale. Un gran bel colpo di grazia” rise di cuore
“Oh no” rispose Matt “quando scopriranno proprio tutto tutto, allora sì che avranno voglia di suicidarsi”
“Pronti?” rise Chris “vai bambolina, è il tuo momento”
“Cavoli, è così tremendo?” chiese Ben
“Beh, vedi…hai presente la grande e famosa Spencer? Dolce, carina, piena di talento che qualche anno fa è approdata in Inghilterra e che poi è convolata a nozze con nientemeno che Matthew Bellamy? Ecco…io, sono sua sorella!”
 
 
Trattenevano le più sfiancanti risate, mentre li guardavano cambiare colore dal bianco al rosso e viceversa per almeno tre minuti.
Dopodiché, tentarono delle misere risate imbarazzate anche loro.
 
 
“Dio, quanto ti amo!” esclamò Dom, battendomi il cinque
“Vi ha distrutti, mi dispiace” proseguì Matt
 
 
Proprio in quel momento, Tom rispose al telefono e, una volta riagganciato, chiamò il cameriere chiedendogli qualcosa per brindare.
 
 
“Dato che siamo in vena di festeggiamenti, vorrei fare un brindisi. Ho appena parlato con il mio amico tour manager e sono riuscito ad organizzare ed aggiudicarci un ulteriore tour per il mondo nelle arene” esclamò
 
 
Estremamente entusiasti, ci mettemmo in piedi ed alzammo i bicchieri, attendendo l’annuncio di Tom.

 
“Un brindisi ai Muse, ed al loro nuovo tour di due mesi!”
 
 
Li guardai vuotare i bicchieri uno dopo l’altro, completamente nel panico. Due mesi! Da quando c’eravamo conosciuti, io e Dom non eravamo mai stati lontani per tutto quel tempo. Tentai di dissimulare, ma non mi sfuggì il suo sorriso che andava piano piano spegnendosi mentre ci guardavamo. Sorrisi verso gli altri, per poi abbassare lo sguardo, in attesa della fine del brindisi.
Poi presi la giacca ed andai verso Dom e Chris.
 
 
“Ehm ragazzi…dato che Ben e Steve viaggeranno con noi per i prossimi due giorni, sarà meglio che io vada a preparargli dei letti in cui dormire”
“Noi abbiamo un letto in più” suggerì Chris
“Si ma, non possiamo far dormire l’altro da solo” dissi io “li sistemiamo nella stanza matrimoniale. Io posso stare benissimo nella sala relax” confermai
“Vengo con te” disse Dom
 
 
Uscimmo dal ristorante. Gli altri erano ancora dentro e ci osservavano da una delle finestre che davano sulla strada.
 
 
“Mi sa che abbiamo fatto un’enorme figuraccia” suggerì Steve
“E anche bella grossa” rispose Matt calmo “lei lo ama da secoli e lui l’ha adorata, praticamente da quando è scesa da quell’aereo. E’ molto autoironica e spiritosa, ma spero che tutte le domande e le frecciatine che le avete lanciato, fossero semplicemente per ridere perché, nel caso non ve ne foste accorti, lei indossa un anello. È ancora da decidere la data, ma stanno per sposarsi”
 
 
Videro Dom sistemarmi il colletto del cappotto, e poi darmi un bacio sul naso.
 
 
“Non è tutto, vero?” chiese Ben all’occhiata di Matt
“Il piccolo William, di cui parlavamo prima, è loro figlio” aggiunse Chris
“E non può bere alcol, perché è incinta, di nuovo” concluse Matt
“Maledizione!” esclamarono all’unisono
 
 
Sospirando sconfitti, presero i cappotti ed uscirono per dirigersi tutti sul tourbus. Sedettero in un silenzio tombale sul mini divano difronte alla porta d’ingresso, mentre mi guardavano fare avanti e indietro fra lenzuola e cuscini. Scambiavano qualche battuta con gli altri, e poi tornavano muti al mio passaggio. Dopo averli informati che era tutto pronto, entrai nella mia “camera” e li lasciai a godersi il resto della serata. Chris informò John, il nostro autista, e nel giro di un quarto d’ora, stavamo percorrendo la strada, diretti verso la città successiva. Dom si ritirò verso le 2:00 del mattino, preoccupato del mio stato d’animo, facendomi sedere in braccio a lui e avvolgendoci con una calda coperta. Ci addormentammo così, sopra una enorme poltrona reclinabile, cullati dal motore del bus.
Il mattino seguente, mentre ci fermavamo in una stazione di servizio, Matt intimò al resto del gruppo di non farmi agitare, poiché, il mio viso ed i miei occhi, rivelavano che avessi pianto per diverso tempo.
 
 
“E’ colpa nostra?” chiese Steve
“E’ colpa mia” s’intromise Tom “lei e Dom non sono mai stati lontani per più di due settimane. Questo nuovo tour li distruggerà”
“Soffriranno un po’ è vero, ma vorrei ricordarvi, che un amore come quello, non cesserà mai di esistere” disse Matt, indicandoci
 
 
 
Tre giorni dopo, eravamo tornati a Londra  e un cielo nero come la notte, preannunciava la nostra futura separazione. Con l’auto stracolma di valigie, giochi, vestiti e libri, Dom avviò il motore dirigendosi verso Teignmouth. Trascorremmo le ore in auto cantando a squarciagola e tentando di suonare con ogni oggetto in circolazione. Una volta arrivati, fummo accolti in cortile dagli schiamazzi di Will che correva verso di noi barcollando.
 
 
“Daddy!!!” urlò saltandogli addosso
 
 
Lo prese al volo facendolo roteare un paio di volte, seguendo l’eco delle sue risate.
 
 
“Che fai? Non saluti la tua mamma?” gli chiese
“No!” rispose ridendo e correndo verso sua nonna
“Avrà tempo per stare con sua madre” sorrisi
 
 
Si fermò giusto il tempo di scaricare le valigie, dopodiché lo accompagnai all’esterno. Ci fermammo vicino la macchina, ma nessuno dei due sembrava riuscire a dire qualcosa; io mi dondolavo poggiando il peso da un piede all’altro a capo chino; lui, non faceva altro che far ruotare le chiavi dell’auto intorno al dito indice. Qualche secondo dopo, si avvicinò lentamente, cingendomi i fianchi con le mani.
Un sospiro, si disperse nell’aria.
 
 
“Ehy, bel broncio…non mi guardi?” disse inclinando la testa
 
 
Finalmente ebbi il coraggio di alzare il viso e poggiare il mento sul suo petto, guardandolo dritto negli occhi.
 
 
“Dom” sussurrai con voce rotta
“Niente addii lacrimosi…” suggerì dolce
 
 
Tirai su con il naso, istintivamente a quelle parole. Abbassò un po’ la testa per darmi un ultimo bacio, ma Will ci corse incontro urlando.
 
 
“Nooo. Daddy no!” urlava tirandolo per i pantaloni
 
 
Chissà perché, non sopportava l’idea che Dom mi baciasse.
Si staccò sorridendo.
 
 
“Cerca di stare attenta, ok?” disse avviando il motore “non farmi preoccupare e nel caso dovessi incontrarlo, stai alla larga da lui! Torna a casa e non uscire!”
“Te lo prometto” sorrisi
 
 
Attesi insieme a Will, che la macchina sparisse dietro l’angolo, e finalmente tornammo in casa.
Iniziai a disfare le valigie con cala e a sistemare ogni cosa al proprio posto; tutto, in un assordante silenzio. Le settimane presero a susseguirsi con estrema velocità. Al mattino facevamo colazione, poi la spesa. Se il tempo lo concedeva, portavo Will al parco nel pomeriggio e verso sera, mi rintanavo nella mia stanza. Dom mi mancava terribilmente, nonostante mi telefonasse non appena aveva 10 minuti liberi, oppure mentre finalmente era andato a letto. Tentavo di essere il più sollevata possibile quando ci sentivamo, e lo ero realmente, ma lui era ben consapevole del fatto che piangessi da sola in camera mia, quando nessuno era in grado di vedermi. Evitai di dirgli che, in un paio di occasioni, mi fossi sentita osservata da qualcosa o qualcuno. Non volevo e non potevo farlo preoccupare per qualcosa che molto probabilmente, altro non era che una pura e semplice autosuggestione. Ne parlai invece con mia sorella, quando venne a stare da noi per una settimana; passeggiando insieme, un pomeriggio, mi confessò di aver avuto la stessa identica sensazione. L’argomento, terminò lì.
 Una sera, verso le 22:00, la mamma di Dom era ancora sveglia. Guardava la tv in salotto, quando bussarono alla porta.
Con le sopracciglia aggrottate, aprì il portone quel poco che bastava per far sbucare il suo viso.
 
 
“Salve signora!” … “so che è tardi, ma mi chiedevo se potesse farmi entrare”
“Mi dispiace, Ethan” disse sprezzante “stavo andando a dormire”
“La prego, solo dieci minuti” disse calmo
“Sono desolata. So chi stai cercando ma,non la troverai qui. Ora se non ti dispiace, gradirei che te ne andassi”
 
 
Mezzora dopo, digitava numeri alla svelta, e attese che rispondessero all’altro capo.  
 
 
“Pronto?”
“Dominic…tesoro, ti ho svegliato?”
“Mamma? No, tranquilla, guardavo la tv. Tutto ok?” chiese
“No…Si…Non proprio” sospirò
“Mamma…”
“Quel cafone, maleducato, impostore, ha avuto la faccia tosta di bussare alla porta! È incredibile quanto continui a perseverare nei suoi biechi giochetti. Gli ho detto di andarsene alla svelta se no avrei chiamato la polizia. Quella povera bambina” sbuffò “finirà mai di torturarla?”
“Lo sapevo!” esclamò “è andato via? State tutti bene?” disse
“Ma certo, caro. Ha usato come scusa il fatto di volerle parlare solo per dieci minuti. Da un paio di giorni mi sembrava di intravederlo nascosto da qualche parte a spiarla, e avevo ragione!”
“Che cosa? La spia? Lei lo sa?” disse allarmato
“Credo che lei non ne sia del tutto certa. Forse ha solo creduto di averlo immaginato. Saranno una decina di giorni che la vedo un po’ strana…povero tesoro. Ho avuto la conferma quando gli ho detto che sarebbe stato inutile farlo entrare, perché non l’avrebbe trovata in casa. Ha mormorato qualcosa come ‘Non è ancora rientrata’.”
 
Un sospiro impaziente all’altro capo del ricevitore.
 
 
“Dominic!”
“Mh?”
“Sta bene, non preoccuparti. E tutti e due i tuoi figli stanno bene. È venuta a trovarla Spencer e sono andate a cena fuori, per svagarsi un po’. Le manchi molto sai? Dopotutto, una serata fuori le farà più che bene. Dovrò dirglielo, però…le parlerò con calma e ti prometto che non le permetterò di andare in giro da sola”
“Si, va bene, però…”
“Pazienta, tesoro mio. Mancano solo due settimane” sorrise
“Lo so. E so che non passeranno mai” … “Mamma?” aggiunse
“Si?”
“Grazie…”
“Di nulla. Questa storia deve finire al più presto”
 
 
Il mattino dopo, durante la colazione, la madre di Dom mi raccontò ogni cosa: dalla visita di Ethan, alla telefonata a Dom. Fu allora, che presi coraggio e le raccontai dei miei sospetti. Ci trovammo in completo accordo, nel decidere che non saremmo uscite se non insieme. Almeno in quel modo, le cose sarebbero un minimo migliorate. Ne parlai anche con Dom che si ritenne un briciolo più sollevato.
Un pomeriggio ventoso di qualche giorno dopo, uscii in giardino a riordinare i giocattoli lasciati in giro da Will: macchinine, peluche, costruzioni e dinosauri, erano sparsi sull’erba in un caos tremendo.
Il vento soffiava in raffiche gelide, che preannunciavano un gran bel temporale. Tentai di sbrigarmi come meglio potevo, altrimenti mio figlio avrebbe dato in escandescenze.
Ero voltata di spalle e non mi curai per niente dei rumori provenienti alle mie spalle. Ipotizzai fosse Sam, un cagnolino senza padrone che spesso si dilettava scavando qualche buca in giro per la cittadina. Tutti lo conoscevano e tutti lo sfamavano quando potevano, e lui ne era ben felice. Udii un rumore di foglie calpestate, poi all’improvviso un paio di braccia mi afferrarono. Una mano stretta in vita, un’altra a coprire la bocca e impedirmi di urlare.
Una pioggia pari alla portata di una marea, si impossessò di Teignmouth, una raffica di pugni si scontrò contro una vecchia giacca.
Accecata dal vento e dalla pioggia, urlavo a non finire.
 
 
“Non farlo mai più! Sei uno stupido, un cretino, un deficiente! Non azzardarti a farlo mai più!” tuonavo in preda alle lacrime
“Hai finito?” rideva composto
“No che non ho finito, razza di coglione! Che diavolo ci fai qui?”
“Che accoglienza” rispose serio “hai intenzione di salutarmi come si deve, o preferisci inveirmi contro?” le braccia incrociate al petto
“Ho voglia di sbraitare ancora un po’” risposi secca
“Ok, allora mi siedo a terra e aspetto che finisci di fare il tuo monologo”
“Ah-ah-ah” finsi una risata “il tour in giro per il mondo ti ha reso molto più simpatico di prima, Howard!”
“Ah, davvero? Se vuoi, allora, ne programmo un altro”
“Non pensarci nemmeno” dissi tirandolo per la camicia
 
 
Mi strinse forte, sollevandomi da terra e stritolandomi in un abbraccio e dandomi un bacio da mozzare il fiato. Non mi importava nulla della pioggia, del vento o della possibilità di beccarsi una febbre stroncante, volevo rimanere lì anche per tutta la vita.
 
 
“Ciao Strega!” sorrise
 
 
 Nonostante fossi al settimo cielo per il fatto di riavere Dom con me, quella sera andai a dormire presto, lasciandolo a parlare con sua madre fino a tardi.
Aprii gli occhi dopo quelli che sembrarono solo cinque minuti; mi stiracchiai nel letto alla luce del mattino, voltando la testa dal lato opposto. Dominic era lì che mi guardava sorridendo.
Gli sorrisi di rimando, arricciando il naso mentre lui mi spostava i capelli dal viso.
 
 
“Come mai sei tornato prima?” chiesi sospirando
“Le ultime tre date sono state rinviate, e poi mi mancavi da pazzi. Non potevo continuare a svegliarmi senza te vicino” ammise
“Oh Howard, per decenni non hai fatto altro che svegliarti nel letto con milioni di altre donne” lo sfidai
“Si…ma le altre non si avvicinano neanche lontanamente a te” arrossì
“Diciamo che faccio finta di crederti” gli sorrisi
“Mi dispiace averti spaventata a morte, ieri” tornò serio
 
 
 
Strinsi le labbra e feci spallucce, segno del fatto che ormai era tutto passato.
Il weekend successivo , Teignmouth avrebbe ospitato una enorme fiera, e Dom aveva fatto progetti in modo e maniera, che fossimo completamente soli. Matt, e Chris sarebbero arrivati entro venerdì, dopo aver accompagnato Spencer a casa, di ritorno da Liverpool. La signora Howard e Marylin, si offrirono volontarie per portare William un po’ in giro e poi dritto a nanna. Quando il giorno tanto atteso arrivò, Dom   era una sorta di Matthew Bellamy alle prese con le sue manie di controllo; io, ero tutta ormoni e voglia di caramelle. Verso le 10:00 del mattino, Matt fu informato dalla signora Howard, che io e Dom eravamo già usciti, ma che poteva cercarci in giro. Attraversando il vialetto a piedi, notò una sagoma dietro un albero; strizzò gli occhi un paio di volte, e no vide più nessuno.
Arrivato nei pressi della fiera, ci vide fermi in fila nei pressi di una giostra; ma qualcosa bloccò il suo intercedere. Sbuffando di rabbia, si avvicinò alla bancarella del tiro al bersaglio, afferrando per il colletto della giacca, il soggetto del suo fastidio.
 
 
“Adesso mi hai veramente stancato!” urlò trascinandolo dietro un tendone
“Levati di torno, Bellamy, non sto facendo nulla” rispose tagliente
“Ah no? Mi è giunta voce, che sono settimane che la stai perseguitando. Non credi sia ora di smetterla?”
“Non infrango alcuna legge, e se anche fosse, questi non sono affari tuoi” rispose saccente
“Tu credi?” tuonò “vuoi vederla? Eh? Vuoi vedere dove va e cosa fa? Perfetto! Vieni con me; voglio farti vedere il motivo per cui i tuoi tentativi saranno sempre e solo inutili”
 
 
Si lasciò trascinare tra la folla sotto qualche sguardo curioso, fino ad arrivare nei pressi dell’auto di Matt. Lo costrinse a salirci sopra, avviò il motore ed inserì la sicura alle portiere. Per tutto il giorno lo trascinò da un luogo all’altro, tenendosi a debita distanza e commentando ogni singola scena a cui assistevano. Le giostre, il tiro al bersaglio, il pranzo sul prato mentre guardavamo volare le mongolfiere, lo zucchero filato…
Aveva organizzato tutto nel migliore dei modi, e aveva l’aria molto soddisfatta. L’esatto contrario dello stato d’animo che aleggiava nell’auto ferma all’angolo della strada. Matt lo teneva sotto controllo, mentre lo osservava innervosirsi lentamente. Quello che stava guardando, lo disturbava non poco.
Era sera ormai, e qualcuno aveva avuto la brillante idea di lanciare un paio di lanterne cinesi in aria; io e Dom passeggiavamo mano nella mano diretti verso casa. Condividevamo una bustina di caramelle gommose e ridevamo perché Dom aveva proposto di saltare sul letto a ritmo di musica come ai vecchi tempi. Ci fermammo qualche secondo sul pianerottolo, affinché potesse baciarmi il meno castamente possibile, lontano da tutti.
 
 
“Adesso sei contento?” domandò Matt
“Certo che si…non hai notato che razza di superficiale sia il tuo amico?” rispose
“Su-Superficiale? Non mi sembra sia stato superficiale il bacio che si sono dati poco fa.” Sospirò “ Hanno un figlio, Ethan. Stanno per sposarsi…non c’è riuscita Spencer a separarli, né il crollo nervoso di lei e credimi, tu sei l’ultima persona che potrebbe farcela. Perciò, toglitela dalla testa, basta! Si amano, Ethan, solo questo conta; e ti dirò, sono felice che si siano finalmente ritrovati dopo due mesi in giro. Di rado se ne vede di magia come quella”
 
 
Detto ciò, lo riportò a casa e se ne andò, senza neanche un lieve saluto. Rimuginò a lungo, Ethan, sulle parole dette dal suo ex amico; ma qualcosa nella sua testa, gli suggeriva che non tutto fosse perduto. Sarebbe riuscito ad avvicinarsi in un modo o nell’altro ed avrebbe messo finalmente fine a tutta quella montatura.
Due sere dopo, mentre parlavo con Dom seduta sul letto, ricevetti un sms.
 
 
Sms: Ho bisogno di parlarti
 
 
Voltai lo sguardo verso la finestra e , puntando gli occhi verso il cortile, vidi Ethan sbucare da dietro un albero ed osservarmi. Sbuffando, lanciai il telefono sul letto.
 
 
“Ora ne ho abbastanza!” esclamai uscendo di corsa dalla camera
 
 
Seguendo i miei stessi passi, Dom guardò dalla finestra, per poi precipitarsi verso le sale che portavano al piano inferiore. Correndo, incrociò Matt con una tazza di thè in mano, che lo guardò spaesato.
 
 
“Chiama la polizia, Matt” esclamò
“La polizia! Ma che stai dicendo, Dom?” ribatté
“Di a mia madre di restare in casa con Will, e chiama la polizia” rispose
 
 
Solo nel momento in cui Dom aprì il portone di casa, realizzò il motivo di tutto quel trambusto. La conversazione era già iniziata da qualche minuto, e già qualcuno del vicinato era uscito di casa per capire cosa stava succedendo. Dom, Chris e Matt avevano sceso i tre scalini del portico, e rimasero fermi immobili ad ascoltare le urla di quella discussione.
 
 
“Si può sapere che cosa vuoi da me?” urlavo
“Voglio che esci da questa farsa e torni con me”
“Tornare con te? Ethan, non siamo mai stati insieme io e te!”
“Siamo stati felici, un tempo” affermò
“Diciamo che ci siamo tollerati un po’ di più, ma è stata colpa mia, perché credevo che ci fosse del buono in te”
 
 
Nel frattempo, altra gente si avvicinava, creando una piccola folla lungo la strada ed il marciapiede.
La polizia rimase seminascosta in attesa.
 
 
“Siamo stati molto felici, forse momentaneamente, non ricordi” disse tentando di carezzarmi il viso
 
 
Mi scostai dal suo tocco; stava tentando di farmi passare per stupida davanti a tutti.
Stava dando spettacolo.
 
 
“Non devi toccarmi!” lo avvisai
“La sera della premiazione, però, no la pensavi così o sbaglio?” mi sfidò
 
 
Dom, ai piedi delle scale, contrasse la mascella, infuriato.
 
 
“Vuoi che dica a tutti come è andata a finire quella sera?” risposi a tono
 
 
Il suo ego, parve scalfirsi.
 
 
“Vuoi sentirti dire che ti amo? Perfetto! Ti amo…ma questa non è la verità. Non ho mai voluto nulla da te se non amicizia; e questo è stato sempre messo bene in chiaro. Tu non hai voluto sentire ragioni ed hai continuato ad insistere e importunarmi, nonostante sapessi che ero innamorata di qualcun altro” dissi
“Oh bambina” disse avvicinandosi “le infatuazioni adolescenziali, finiscono, prima o poi”
“E’ proprio questo il punto!” urlai “non è mai passata; non è mai finita! Tu hai fatto del male, Ethan; a me e alle persone che amo, e questo non sarò capace di perdonartelo mai. Perché non riesci a capire che non è di te, che ho bisogno nella mia vita? Perché non vuoi capire e accettare che ho voluto sempre e solo Dom? Che si è trattato e sempre si tratterà solo di lui?”
“Perché ha rovinato tutti i miei piani!” scoppiò in fine
“Quindi, aggredirmi, farmi schiaffeggiare in pubblico da tua madre e minacciarmi, farebbe tutto parte dei tuoi piani? Credi che ti avrei amato dopo essermi fatta picchiare? Non sono un oggetto che puoi prendere e farci ciò che vuoi a tuo piacimento”
“Avrei dovuto accertarmi che morisse spezzandosi l’osso del collo, quando l’ho spinto contro quella maledetta vetrata!” tuonò dandomi uno schiaffo
 
 
Dom corse in avanti, ma venne trattenuto con difficoltà da Chris che gli intimò di aspettare. La folla era aumentata, ed ognuno di loro aveva il volto segnato da espressioni di disgusto verso colui che, fino a qualche ora prima, avevano sostenuto.
La polizia si fece avanti con cautela.
 
 
“Se questo era il tuo scopo, forse hai ragione. Avresti dovuto accertarti che morisse, e a quest’ora staresti scontando il tuo ergastolo” dissi con una mano sulla guancia “fortunatamente per me, ma soprattutto per te,  questo non è accaduto. Avrei reso la tua vita un vero e proprio incubo. Sono stanca, Ethan. Stanca di vederti, di sapere che mi segui notte e giorno da quando ho messo piede in questa casa poco più di due mesi fa. Questa storia deve finire e deve cessare questa notte stessa! Non ho voglia di reagire allo schiaffo, vorrei solo tornare a casa e dormire con Dominic; perché lui è tutta la mia vita e lo sposerò con o senza il tuo volere” affermai con orgoglio
 
 
Mi afferrò il polso strattonandomi con violenza. Gli agenti ci vennero incontro, pronti a svolgere il loro lavoro e ristabilendo l’ordine in strada.
 
 
“Signor Cross, credo sia ora di andare via!” formulò uno degli agenti
“Non me ne vado finché non arrestate lui!” urlò indicando Dom
“Mi dispiace, ma questo non accadrà. È pregato di seguirci…” proseguì
“Io non mi muovo” ribatté
 
 
Il secondo agente estrasse la pistola dalla fondina e gliela puntò contro. Gli intimò che il tempo dei consigli era finito e che la mossa successiva avrebbe avuto come unica conseguenza, l’uso delle maniere forti. Mi strattonò ancora una volta, strappandomi un lembo di manica della maglietta e inducendomi a lamentarmi per il dolore al polso.
 
 
“Adesso basta! Lasciala stare!” urlò Dominic facendomi sussultare
“Perché dovrei?” domandò perfido
 
 
Soppesò le parole cercando di non aggravare la situazione, ma non aveva altra scelta, se non quella di dire la verità.
 
 
“Perché…” respirò profondamente “…perché è incinta” confessò  “lasciala andare o ti spezzo le gambe”
 
 
Vidi tutto come se stesse accadendo al rallentatore: i volti delle persone che spalancavano occhi e bocca per la sorpresa; quelli di Dom che si chiudevano sconfitti; Chris che allentava la presa sulle spalle di Dom; gli agenti che saldavano la loro presa sulle armi ed Ethan che mi guardava fisso, incredulo. Allentando la presa sul mio polso, si inginocchiò ai miei piedi, cingendomi le gambe con le sue braccia; fino a che non scoppiò in un pianto a dirotto, poggiando la testa contro il mio ventre.
Lo arrestarono dopo circa tre minuti, nei quali tutti trattenevamo il minimo briciolo di emozione.
Rimasi talmente immobile e sconcertata, da non capire che dopo quell’affermazione e dopo aver letto negli occhi di Dom la verità, Ethan si era semplicemente arreso. Aveva smesso di credere in tutto, e la fiamma che ardeva da sempre nei suoi occhi, lasciò il posto alla delusione, alla sconfitta, al nulla più assoluto, alla consapevolezza di non poter fare più nulla per me, se non lasciare che vivessi la mia vita accanto a chi, la mia vita, l’aveva cambiata da quando ero solo una qualunque ragazzina.
Non appena fui libera dalla sua stretta, mi resi conto di aver trattenuto il fiato più del necessario, e ripresi a respirare solo nell’esatto istante in cui sentii Dom, tenermi stretta contro il suo petto, mentre venivo colta da un’ondata di brividi.
 
 
“E’ finita, bimba. È finita…Siamo solo io e te, amore…torniamo a casa” sussurrò baciandomi i capelli. 

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