Il giorno che sconvolse la mia vita di SognatriceCullen_182 (/viewuser.php?uid=59186)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Niccolò ***
Capitolo 2: *** Caterina ***
Capitolo 1 *** Niccolò ***
Imprinting 2ff
Cazzo, cazzo, cazzo. Ero proprio in ritardo.
Questa volta non me la sarei cavata tanto facilmente... nè con
il prof, nè con Silvia. Le avevo promesso che non l'avrei
fatta aspettare, e invece...
Ma che palle.
Quanto ci mette 'sta metro?! Ancora una fermata. Dai, dai, dai! Chi la
sentiva, poi.. Che strazio! Il macchinista doveva aver subito un trauma
di qualche genere contro la velocità oltre ai 20 all'ora.
Perchè mi ostinavo a prendere i mezzi, poi...!! Cominciai a
guardare fissamente fuori dal finestrino della metro.
Ecco la banchina di Cadorna. Le porte non si erano nemmeno aperte che
ero già fuori. Corsi fino all'uscita successiva, dove c'erano le
scale mobili. Ma non lo sapevano che a sinistrasi deve tenere libero
per chi ha fretta?!
Aspettai ancora, per troppo tempo, per quello che mi riguardava.
Tamburellai nervosamente le dita sullo scorrimano. Mi osservai attorno
scocciato, pronto a incenerire con lo sguardo chiunque mi stesse
guardando in quel momento.
Che palle! Le scale mobili non erano mai state così lunghe.
Una ragazza mi colpì con la sua ingombrante cartelletta. Stupida
liceale. Mi voltai verso di lei, felice di aver trovato qualcuno da
mortificare con il mio sguardo accusatore.
La guardai... e mi fermai un attimo.
Non era propriamente... bella. Era luminosa. Aveva una corporatura esile e minuta, come un folletto. Le
fitte onde di capelli chiari scuro, quasi miele, le
sfioravano dolcemente le spalle senza superarle. Aveva gli occhi chiari,
azzurri come l'acqua del mare dei Caraibi illuminati dal sole, allegri
e spensierati, illuminati da una luce stranissima, che non avevo mai
visto. Una leggera spruzzata di lentiggini le decorava il naso piccolo
ed elegante, da bambina, leggermente all'insù. I tratti erano
morbidi, dolci, quasi infantili ma al contempo adulti. Avrà
avuto 17 anni, non di più. Da
i capelli le spuntavano i fili delle cuffie
dell'mp3. Chissà cosa stava ascoltando. Non so come mai, ma
avrei dato
di tutto per poterlo senitire con lei. Sorrise leggermente tra sè e sè, provocando
una tempesta dentro di me che non avevo mai provato, nè avevo
mai pensato di poter provare. Ma da quando ero così... sentimentale?
Chi lo sa. Non sapevo nulla, in quel momento. Solo che avevo accanto a
me la creatura più meravigliosa dell'intero Universo. La guardai
di nuovo, senza pensare di poter sembrare scortese.
Era come.. distratta, in un certo senso. Sembrava non badare a nessuno accanto a lei, senza preoccuparsene. Aveva un'aria serena, spensierata anche dietro a quei segni di preoccupatezza e ansietà.
Ridacchiai un poco. Doveva essere in ritardo anche lei. Non avevo mai visto nulla del genere prima d'ora.
"Ehi, ragazzo! Fai attenzione!" disse una voce dietro di me, arrabbiata.
Fui bruscamente riportato alla realtà da un vecchio burbero, e
mi accorsi che stavo inciampando nella fine delle scale mobili. Erano
già finite? Oh, avrei voluto che durassero chilometri, per poter
stare ancora accanto a quella ragazza.
Lei si voltò e si accorse di me forse per la prima volta. Accennò una risata, e mi sorrise.
Poi tornò nel suo mondo, oltrepassò i tornelli, e si diresse verso la sua uscita.
La seguii. Non saprei dire come mai lo feci, ma era semplicemente la
cosa giusta da fare. Senza contare il fatto che mi ero totalmente
dimenticato dove dovevo andare.
La rincorsi, cercando di rimanerle sempre dietro, senza superarla o sarle accanto. Osservai l'abbigliamento.
Aveva dei pantaloni a sigaretta colorati senza cintura e delle all star
bianche pitturate - da lei - con un sacco di colori vivaci (rosso
acceso, giallo, verde prato, arancione..) una giacca azzurra chiara
aderente, dal cui bordo usciva una camicia a rombi bui e bianca, un
pò stropicciata. Una sciarpa morbida di lana colorata le
copriva il collo. Rimasi stupito di me stesso. Non ero mai stato
un grande osservatore... Ma era come se non potessi perdermi nulla di
una come lei.
Fece un pezzo di strada, poi curvò, curvò ancora e
girò a sinistra. Non era difficile capire che si era persa.
Continuava a girare la testa a destra e a sinistra, come a cercare un
luogo familiare, che non trovava. Si fermò tre volte a chiedere
l'indicazione, ma a quanto pare questo non fu granchè d'aiuto.
Se solo avessi saputo dove voleva andare...
Decise che quella era la strada sbagliata - aveva notato il segno M
della metro in fondo alla strada e aveva capito che stava tornando al
punto di partenza - e si girò di scatto, cogliendomi in fallo.
Non mi riconobbe, evidentemente, ma decise che avevo un'aria
affidabile, e camminò verso di me con fare deciso, del tipo:
"Mettiamo in chiaro che non sono qui per perdere tempo, ci siamo
capiti?" e mi chiese con aria impostatamente gentile: "Scusa,
sai dov'è il Teatro Litta? Mi sa che mi sono persa..." e
sorrise come a scusarsi.
Mi persi nella melodia della sua voce. Morbida e roca, decisa ed esitante, dolce e
seria. Avrei voluto sentirla parlare tutta la vita, avere quel suono
nell'orecchio, in modo far sembrare tutto più bello...
Sbattei due volte le palpebre. Dovevo decisamente riprendermi.
Le sorrisi, sperando di vedere in lei quel leggero sussulto che prendeva tutte le ragazze quando gli sorridevo a quel modo.
I suoi occhi si fecero più gentili, ma a parte questo, non notai nessun cambiamento.
"Guarda, devi girare qui a destra. Vedi? - la accompagnai -
Ecco: avanti giusto un pò...C'è un grosso palazzo grigio, che
è sempre il Teatro Litta, ma l'entrata dove c'è anche la
segreteria e quelle cose di questo genere è ancora un po
più avanti. Vedi? Quello."
S'illuminò e mi sorrise grata.
"Grazie, poi il resto lo conosco." Fece una faccia indecisa come a chiedersi se potesse permettersi una domanda.
"Ma tu... Ci lavori?" chiese infine.
"Già... Faccio la maschera quando non vado
all'Università... Il martedì." Non so
perchè glielo dissi, ma ormai non mi stupivo nemmeno più
di tanto: quella ragazza mi faceva fare delle cose che mai avrei
pensato di poter fare.
"Ah, ok!" Sorrise "Allora ciao." Si voltò e accennò una breve corsetta.
"Ciao... A proposito... Sei splendida. Pensavo che magari ti
potesse interessare." Dissi quando ormai era troppo lontana per
sentire. La vidi spegnere l'mp3, ed entrare nel portico. La seguivo
ancora?
Mi squillò il telefono: Silvia.
"No, tu ora mi dici dove cazzo sei!! Oh, ma per te 18.15 cosa
vuol dire?! Sono le 18. 40, genio mio. Dove sei? Ma dico! Cioè,
ma secondo te chi sono?" Sbraitò lei.
Non ottenne risposta, e proseguì.
"La tua ragazza. Ebbene sì. Si da il caso.... Che tu mi
debba almeno un minimo di rispetto! Allora?? Dove sei?!" Riprese
sempre più infervorata.
"In Paradiso..." Risposi stupidamente, senza pensare chi
avevo dall'altro lato, sebbene mi fosse appena stato chiarito il
concetto.
"Amore, se non arrivi qui entro 2 minuti sarà un
inferno! Non hai un'idea di cosa stia facendo il Blocchi... Giuro, sta
volta non la passerai liscia... Stai correndo?" chiese.
"Senti, Silvia: addio. Non me ne frega nulla del Blocchi,
sinceramente. Mi è piaciuto conoscerti. Non credere che tu non mi sia
piaciuta. Ho vissuto dei bei momenti con te. Ma ora devo andare.
Addio" dissi.
"Coosa CAZZO stai dicendo, ma sei imbecille??!? Con CHI sei??
Nico, giuro se non mi dai una spiegazione, io..." Ma non ebbi il
tempo di sentire il resto. Riappesi.
Senza pensare minimamente a cosa avevo appena fatto, cominciai a correre.
Entrai nel teatro.
"Ciao, Niccolò! Come mai sei qui, oggi? Ti manca il
lavoro?" Mi chiese Katia, la segretaria più giovane.
"Ciao, Kat. Mmm... senti, non è hai visto una ragazza...
sarà una liceale... Carina..."
Cercai disperatamente di
trovare una descrizione che non mi facesse sgamare al volo. Ma
purtroppo mi ero dimenticato del fatto che stavo parlando con Katia.
"A-ha!! Hai capito, il nostro Nico! Non si inseguono
così le ragazzine... No, no, no! Ahahaha.."
Scoppiò a ridere lei, come se non trovasse nulla di più
esilarante.
"Si, già... Certo. Senti, ma allora dov'è?" domandai sempre più impaziente.
"Non so se posso dirtelo..." attaccò lei, ma si
fermò davanti al mio sguardo supplichevole "...Ma penso
sia la ragazza che fa teatro qui. Sono andati in teatro a provare con
Jenni, lei e altre sette o otto ragazzi. C'è stato un casino
nella saletta delle prove, quindi sono nel teatro grande fino alle
19.50, perchè poi, sai, alle 20 comincia l'Amleto... Una brava
compagnia, non c'è che dire...Vengono da..."
Dava l'aria di non aver intenzione di fermarsi. Borbottai un "grazie" e cominciai a correre.
Andai sugli spalti a guardare le prove. Prima di cominciare fecero
qualche esercizio. Io non ne capivo assolutamente nulla di teatro, ma
indubbiamente lei era
magnifica. Cominciarono le prove di un qualche spettacolo romantico che
non conoscevo. La ragazza doveva essere una dei personaggi principali.
La musica, sempre più coinvolgente, sembrava fosse dettata dai
suoi movimenti. Si muoveva sul palco come se non avesse fatto altro
nella sua vita. Era...convincente.
Ci credevi. Era sensazionale. La voce, calda e senza nessun accento,
era alta e squillante. Passarono probabilmente 40 minuti senza che me
ne accorgessi.
Ad un certo punto l'insegnante - Jenni, mi ricordai - trillò: " Cate, Mette, ora mi fate la scena del bacio?"
Mi irrigidii un attimo. Lei si girò, sorrise, e annuì.
Venne fuori un ragazzo che prima non avevo notato. Era bello, spavaldo. Un perfetto idiota.
Caterina, mi aggiustai mentalmente il suo nome con il suo corpo, per entrare nel personaggio, probabilmente, guardò verso
il pubblico. Il suo sguardo si fermò un attimo su di me.
Inarcò leggermente le sopracciglia, poi sorrise come chi rivede
un amico che non vedeva da anni. Si voltò verso Matteo.
"Vai, metti pure la musica" disse lei con un piccolo sorriso canzonatorio sulle labbra morbide e sottili.
Partì una musica strana. Trasudava miele da tutte le parti, e mi
faceva schifo. Credo che non avrei mai potuto ascoltare nulla del
genere in vita mia se non fosse stato per... lei. Ovviamente.
Entrò in scena muovendosi sinuosamente, sguardo suadente, e
senza nemmeno avere il vestito di scena, potevo immaginare cosa avrebbe
indossato allo spettacolo finale.
Entrò anche Matteo, con una faccia che se non fosse stato che
sapevo che era tutto recitato lo avrei preso a schiaffi. Ci fu un breve
scambio di battute, poi quel deficente la prese di sprovvista per la
vita - sobbalzai.
Lei disse qualcosa che non capii (troppo preso a cercare tutti i modi
possibili per uccidere l'imbecille), e quando la musica arrivò
al culmine, le loro labbra si unirono, in una danza veloce e brusca,
bisognosa, in un certo senso.
Mi sentii morire. Era... splendida. Non c'era altra definizione.
Quel porco - che stava recitando ben poco - aveva il fiato affannoso, mentre si muoveva sulle sue labbra perfette.
Lei si staccò dolcemente da lui, e gli posò un dito affusolato sulle labbra.
"Ora devo andare" sussurrò piano. "Non dimenticarmi"
"Non potrei mai" dissi in contemporanea al porco.
Uscì di scena come danzando, mentre la musica vibrava nell'aria con la nota finale, e si zittiva.
Jenni battè le mani. "Bravi!! Splendidi! Davvero,
complimenti. Matteo, sembravi davvero preso in quel bacio. Cate, tu
invece sei riuscita a non lasciarti troppo coinvolgere, e rimanere un
po distaccata... Meravigliosi entrambi!"
Pensai che se fossi stato al posto dell'imbecille anche io avrei saputo simulare di essere davvero preso da quel bacio.
"Tks" borbottai.
***
Stavo fuori dal teatro, aspettando di vederla.
"Mi sa che le maschere nelle prove di teatro non servono, sai?" mi disse una voce morbida alle mie spalle.
Mi girai di scatto.
"Ci conosciamo?" Mi chiese con una luce strana negli occhi, e un sorrisetto.
"No... ma vorrei." Dissi, sorridendole a mia volta.
Il suo sorriso si allargò ancora di più. "Cate, piacere. Faccio teatro qui da un anno." Mi disse.
Le porsi la mano. "Nico, onorato. Faccio la maschera qui da due mesi." C'era qualcosa che non quadrava.
"Aspetta... da un anno... e ti perdi? Ancora?!" chiesi leggermente stupito.
Lei strinse dolcemente la mia mano, e fece un sorriso mezzo modesto e mezzo di scusa. " Bè. In realtà no..."
Ci misi un pò a capire cosa stava dicendo. Quando realizzai, sorrisi. Ancora.
Era per parlarmi. Per vedere che la seguivo. Dopotutto, era un attrice.
Ci avviammo fuori dal teatro camminando fianco a fianco, in silenzio.
"La tua ragazza lo sa che sei qui con me, ora?"
La guardai con finta saccenza. "Cosa ti fa pensare che io abbia una ragazza?" chiesi.
Lei mise su un'aria di chi ne ha viste tante, e, calcando molto il gesto, mi squadrò dalla testa ai piedi.
"I tipi come te non stanno soli molto a lungo." Disse con un sorriso furbo.
Cominciammo a parlare delle rispettive vite ed esperienze,
raccontandoci di tutto, sapendo di poterci fidare l'uno dell'altro,
senza problemi. Lei mi poneva delle domande, e io le rispondevo
sinceramente, stupendo me stesso per le risposte che tiravo fuori.
"Qual è il tuo rapporto con il passato, il presente e il
futuro?" Mi chiese lei, guardandomi con molta intensità.
Dovevano essere domande che aveva fatto anche a se stessa, ed era
curiosa di conoscere le mie risposte.
Sospirai. Ci pensai un poco.
"Rimpiango il passato, confido nel futuro, disprezzo il
presente. Vorrei saper vivere l'attimo, ma non lo so fare."
Voilà. E chi lo sapeva? Non io, di certo. Ero sempre stato
piuttosto sicuro di me, ma... dispirezzare il presente? Bè, mi
accorsi, era proprio così.
Lei aspettò un attimo prima di espormi il suo commento, come se
volesse che la risposta arrivasse dappertutto dentro di lei.
Annuì.
"E perchè non sai vivere l'attimo?" mi domandò alla fine.
"Non ne ho idea. Forse è meglio così, sai. Farei tante cose stupide. "
"Cogli l'attimo. Vivi il presente."
Spalancai gli occhi.
"Ora?" chiesi.
"Cosa c'è di più presente dell'ora?" Mi chiese filosoficamente lei.
Le guardai le labbra, e pesai che magari avrei anche potuto farlo.
Dopotutto, non ero proprio l'ultimo arrivato. Anzi, non ero niente
male. Avevo le file di ragazze dietro di me. Magari...
No. Non potevo. Cosa avrebbe fatto? Cosa avrebbe pensato?
"No...No, no. Non posso" Le sorrisi.
"Dai! Che rischi? Cosa vuoi fare di così tremendo?" scherzò lei.
Scossì la testa leggermente, sembre meno convinto. Quel sorriso,
quelle labbra così invitanti.... Scossi la testa più
vigorosamente.
"Dai, ora sono curiosa! Fallo! per favore..." Disse addolcendo la voce. Mi appoggiò distrattamente una mano sul petto.
Pensai al bacio, a teatro. La guardai. Il vento le spettinava i
capelli, ma lei non ci faceva caso. La camicia blu e bianca, sbottonata
fino agli ultimi due bottoni, faceva vedere sotto una canottiera senza
maniche con sopra disegnato un gilet, che aderiva perfettamente al
corpo, al ventre piatto, al seno... Tornai a guardarle il volto. I suoi
occhi erano dentro i miei.
La loro intensità mi fece perdere il filo. Forse...
Mi avvicinai a lei. Le accarezzai lentamente con tre dita il profilo
del viso, la mascella, la guancia, l'incavo del collo, e poi di nuovo
su, e giù, dietro, all'attaccatura dei capelli...
La sua pelle era morbida, delicata. Ormai ero così vicino che
potevo sentire il suo profumo delicato, di shampoo: pesca. Lei aveva
chiuso gli occhi, e mormorava la melodia di una canzone.
"Cosa canti?" sussurrai estasiato.
Appoggiò anche l'altra mano sul mio petto, e si avvicinò
un poco, un passo. Il suo profumo inebriante mi faceva impazzire.
Socchiuse le labbra per mormorarmi la risposta, seducente... Non
interposi altro tempo, altro spazio.
Il tempo si fermò. Eravamo solo noi due.
Sentivo il suo fiato fresco sulle mie labbra... Le presi la vita e
delicatamente l'avvicinai a me. Baciai morbidamente la sua mascella, la
guancia, l'angolo delle labbra... le labbra. Morbide, sottili,
delicate, dolci... Mi vennero in mente diecimila aggettivi per
qualificare quelle labbra che non avevano nulla di umano.
Un bacio casto, infantile, quasi, ma che riuscì a sconvogermi.
Lei rispose al bacio, terribilmente sensuale. Allacciò le sue
braccia sul mio collo, tirandosì su per le punte dei piedi.
Le mie labbra si muovevano con le sue, lente, come danzando,
assaporandoci. Sentì un desiderio urgente premere, ma lo
ignorai, troppo preso da quanto già il bacio mi dava.
Socchiuse leggermente le labbra, per permettermi di entrare, e il bacio
divenne più profondo, più intenso, più deciso.
Mi passò la lingua sulle labbra, e i nostri respiri divennero un
solo respiro, le nostre labbra si fusero, le lingue giocarono fino a
non riuscire a distinguerle.
"Oh, it's what you do to me?" Le cantai nelle labbra, un soffio affannoso.
Ed era quello che sentivo.
Hey there Delilah
What's it like in New York City?
I'm
a thousand miles away
But girl, tonight you look so pretty
Yes you do
Times Square can't shine as bright as you
I swear it's true
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do to me
Oh it's what you do
to me
Oh it's what you do to me
What you do to me
"Mmm... " Canticchiò lei, poggiando la testa sul mio petto,
accarezzandomi distrattamente il braccio muscoloso.
Sorrisi, felice
che anche lei la conoscesse. Poteva essere tutto così perfetto?
Poteva? Mi chiesi, annebbiato dal suo odore prezioso.
Non la
conoscevo... pensai. Ma mi accorsi che non mi importava, che i rischi
che avrei potuto correre sarebbero valsi questo momento con lei, eccome.
La sentii
tirarsi su sulle punte dei piedi e stamparmi un bacio lieve sul labbro
inferiore, quasi sul mento, che mi fece perdere quel minimo di
autocontrollo che avevo ostentato fino a quel momento.
Avevo mai amato prima d'ora? Non vedevo nulla oltre a lei, il suo volto,
il suo sorriso, le sue ciglia chiare, e insieme vedevo tutto con
precisione e nitidezza.
"Ti amo."
"Possibile?" Mi chiese lei.
"Come ti senti?" chiesi.
Rise felice.
"Hai ragione. E' possibile."
La strinsi forte. Il mio cuore e il suo battevano all'unisono, lo sapevo.
Non so cosa mi avrebbe riservato il futuro. Mi bastava essere qui, ora, adesso, con lei.
Non avevo mai amato tanto il presente. La mia vita era stata così vuota... se solo ci pensavo!
"Ti amo. " disse semplicemente.
Le mie labbra
si riunirono alle sue, a sigillare quella promessa, ad assicurarle che
era tutto corrisposto, mille volte di più.
Ti amo, Cate.
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Capitolo 2 *** Caterina ***
Inprintig POV girl
Cavolo! Erano
già le 18.20! Non volevo arrivare di nuovo in ritardo...
Chissà Jenni come l'avrebbe presa! Avevo studiato tantissimo, il
copione, e avevo provato 100 volte con Matte... A volte ufficialmente,
a volte ufficiosamente, pensai.
Accenai un sorrisetto.
Il mio Teo.
Sorrisi solo al pensiero.
Chissà quante volte Katia mi aveva detto di mollarlo. "Non vale
la pena! E' un deficiente! .. Ti tradirà, non è fatto per
storie a lungo termine! .. Porta solo guai! ..Meriti di meglio!"
Chissà quante volte avevo sentito quella tiritera.
La mia Kat!
Aveva 8 anni più di me, ma non avevo mai avuto un'amica migliore
di lei. Era stata lei a consigliarmi il Litta come teatro... Ci
lavorava come segretaria.
Ma la Kat, per quanto fosse la mia migliore amica, non capiva il nostro
rapporto. Non gliene facevo certo una colpa! In effetti agli occhi di
tutti, Teo poteva sembrare solo un
pomposo-tutto-muscoli-niente-cervello, per quanto indubbiamente figo.
Ma stavamo davvero bene assieme. Sarebbe stato
difficile immaginare una vita senza di lui... Chi me lo avrebbe
sostituito? Dove avrei mai trovato una ragazzo che amava il teatro
quasi quanto lo amavo io? In effetti ero stata io a contagiarlo. Era
davvero bravo, e mi rendeva orgogliosa tutte le volte che Jenni si
complimentava con lui.
Ecco la fermata. Scesi velocemente dalla metro, e andai verso le scale
mobili, di fronte a me. Tirai fuori l'mp3 dalla tasca della giacca, e
guardai il titolo della canzone che stava per riprodurre: "But I do,
love you" Si può fare. La lasciai andare, canticchiandomela
mentalmente.
Guardai distrattamente il cellulare. Accidenti! Le 18.25! Mi sistemai la sciarpa al collo.
Cercai di distrarmi con la canzone, ma la mia voce che prometteva a
Matte di trovarci davanti al teatro mi rimbombava nella testa... Non ce
l'avrei fatta. Mmmhm, che nervoso!
Muovevo le labbra al ritmo della canzone che mi aveva messo nell'mp3
proprio lui, cinque mesi prima, per dirmi quello che provava... Quanto
ero stata felice! Proprio io, che non ero nulla di speciale... In
confronto a tutte le altre ragazze con cui usciva normalmente.
Sentii un vecchio alla mia sinistra esclamare un rimprovero, e mi
voltai: un ragazzo era incespicato nella fine delle scale
mobili.
Gli sorrisi divertita, e fui felice di vederlo ricambiare, leggermente
imbarazzato. Lo guardai meglio, e rimasi colpita: era uno schianto.
Vero e proprio.
I capelli scuri, lisci, stavano scompigliati sul suo viso, e gli
solleticavano il collo. I tratti erano forti, decisi, regolari,
bellissimi. La pelle diafana, in contrasto con i capelli, faceva
risaltare le labbra sottili rosee, morbide e provocanti, dove il labbro
superiore si curvava in una V dolce, sotto il naso leggermente
all'insù, piccolo, con la punta arrotondata. Mi ritrovai a
pensare di non aver mai visto un naso più bello di quello in
tutta la mia vita. Il suo sorriso mi abbagliò: era spavaldo, ma
allo tesso tempo cauto, felice. Era... splendido.
La corporatura era forte, muscolosa. Era alto, ben piantato, le gambe lunghe e le braccia potenti.
Non lo guardai negli occhi, come timorosa che potessero risultare devastanti.
Mi ripresi velocemente cercando di non far notare la mia ammirazione.
Mentre accennavo una leggera corsetta su per le scale ripensai a quel
ragazzo meraviglioso. Uscii dalla metro affollata, e mi trovai su un
marciapiede. Sicura, attraversai la strada e girai a destra.
Cambiai canzone. "Hey there Delilah" Bella, bellissima. Prima gli
accordi, poi le parole. La voce è roca, dolce, fantastica. Ooh, it's what you do to me...oh, oh...
Mentre svoltavo,
mia accorsi ch mi stava seguendo. Impossibile non notarlo, malgrado i
suoi sforzi. Risplendeva come una stella solitaria nella notte.
Non riuscii a trattenere una smorfia. Ma l'avevo davvero pensato?! Che schifo!
Gli lanciai un'altra occhiata di sfuggita. Ma mi stava seguendo?! Ridacchiai. Chissà se mi sarebbe stato dietro anche se...
Voltai a destra.
Attraversai la strada. Girai a sinistra. Tutto dritto, in un giro
compicato di quella zona che conoscevo a memoria. Chiesi la strada ad
un paio di passanti. Sbagliai di proposito la strada.
E lui dietro.
Ebbi un idea. Andai verso
la metropolitana, e mi girai di scatto, come chi si è appena
accorta che sta tornando al punto di partenza. E me lo trovai davanti.
In effetti, già che c'ero... assunsi un'aria decisa. Non volevo
farmi mettere i piedi in testa... Ne sembrava capace.
"Scusa,
sai dov'è il Teatro Litta? Mi sa che mi sono persa..." e
sorrisi, continuando ad evitare i suoi occhi. Mi accorsi che lui
cercava i miei. Presi fiato, e alzai lo sguardo.
Mi si bloccò il respiro. Oh. Mio. Dio.
Non azzurri, o castani come li avrei immaginati. No.
Blu.
Nemmeno l'oceano poteva essere così profondo, così... blu.
Brillanti, sfavillanti... Incantevoli.
Il mio cuore accellerò il battito, in estasi. Sembravano in
continuo movimento, pur restando fissi nei miei. Come.. l'acqua. Dove
risplendeva la luce del lampione di notava un leggero schiarimento del
colore. Poi sempre più scuro, fino a diventare nero, nell'iride.
Le folte ciglia scure sbattevano ritmicamente l'una contro l'altra.
C'era una luce entusiasta, e vittoriosa, che brillava. Non avevo mai
visto nulla di più perfetto. Feci fatica a distogliere lo
sguardo, anche se tutto non era durato che qualche secondo.
Mi accorsi che mi stava sorridendo... Non potrei
stare qui a descrivervi le sensazioni che mi faceva provare quel
sorriso. Non potrei star qui a descrivere come il mio cuore perdeva un
battito ogni volta che lo vedevo risplendere su quel volto vapmiresco,
che avrei voluto baciare in ogni suo centimetro.
I miei occhi si addolcirono, mentre mi immaginavo la scena.
Mia madre mi aveva fatto
dono di una straordinaria capacità di saper far trasparire solo
le emozioni che volevo mostrare, che poteva risultare fondamentale a teatro.
E davanti a
lui.
Come minimo gli sarei svenuta davanti, ora, per colpa di quegli
occhi che non avevano nulla di terrestre.
"Guarda, devi girare qui a destra. Vedi?" mi disse, indicandomi la strada che avrei saputo percorrere ad occhi chiusi. "Ecco: avanti giusto un pò...C'è un grosso palazzo grigio, che
è sempre il Teatro Litta, ma l'entrata dove c'è anche la
segreteria e quelle cose di questo genere è ancora un po
più avanti. Vedi? Quello."
Mi illuminai. Lo conosceva! Come minimo c'era stato. Magari amava anche
lui il teatro! Non poteva essere tutto così... wow! O forse,
addirittura...
"Ma tu... ci lavori?" chiesi, domandandomi se poteva avere l'età giusta.
"Già.." confermò lui. "Faccio la maschera quando non vado
all'Università... il martedì" precisò.
Studiava! Bene, bene... Che scema che ero, sembravo mia madre! Il sorriso mi venne spontaneo.
"Ah, ok!" risposi. "Ciao!"
Mi avviai verso il teatro, ripetendomi le tre frasi in croce che ci
eravamo scambiati, e osservandone tutti i più reconditi
significati, canticchiando tra me e me la canzone "Il Fabbricante di
Sogni" dei Modena, che andava in sottofondo.
Passai un momento in segreteria, per salutare Katia.
"Ciao Katee-Kat! Tutti bene? Scusa, vado al volo..." dissi scusandomi.
"Cate, fermafermeferma!! Senti, guarda che oggi devi fare le prove nel
teatro, perchè è caduto un pezzo di soffitto, dove vai tu
di solito.." mi informò lei.
"Oh.. ok!" Feci per andarmene.
Mi voltai verso la strada. Del ragazzo nessuna traccia. Sospirai. Magari, voleva
solo sapere dove stavo andando. Che illusa. E se... Vidi una figura
familiare gesticolare al telefono, un ombra perfetta, dai capelli scompigliati e le gambe lunghe. Si! Esultai dentro di me.
"Kat... Se dovesse arrivare un ragazzo..." Dissi vaga.
"Un ragazzo... di che tipo?" Chise maliziosa lei.
Ridacchiai. Come si poteva descrivere?!
"Un ragazzo... Che non è Matteo?" chiese lei ammiccando. Furbastra che non era altra!!
Le feci una linguaccia. Teo! Me l'ero del tutto scordata! Cavolo...
"Un ragazzo!! E basta. Senti, non dirgli il mio nome. Non... non dirgli che ci conosciamo. Okay?"
Un ricciolo biondo le sfuggì dall'elastico, ma lei non ci fece caso. Bruttissimo segno.
Inarcò le sopracciglia, perplessa.
"Cate, da quando fai la misteriosa?"
Ignorai la domanda. Come potevo spiegarle quanto quell'incontro mi avesse sconvolta?
"Ora devo andare, va bene? Ci vediamo dopo! Un bacio!"
Mi fiondai fuori dalla segreteria. Chissà Matte cosa avrà
pensato... Di solito non ritardo mai più di 5 minuti! Ma tutto
quel gironzolare e "perdermi".. Dopotutto ne era valsa la pena.
Avevo sentito la sua voce.
Limpida, bassa, incantevole. Avrei voluto parlare con lui un giorno
intero, per poter andare a letto con quella musica nell'orecchio! Stavo
sorridendo sognante. Non me ne ero nemmeno accorta... Stavo perdendo il
mio autocontrollo sulle emozioni! Possibile?
Entrai nel teatro.
"Scusa, Jenni, per il ritardo! Ci sono, mi levo le scarpe al volo e arrivo, okay?"
" In fretta!!"
Sentii il passo di Matte dietro di me. Era sempre stato così... pesante??
Non me ne preoccupai. Non ero mai stata brava a notare dei dettagli così piccoli... ma da quando volli vedere tutto quello che potevo vedere di quel ragazzo.. Il mio modo di percepire le cose era cambiato.
"Ciao, amore." sentii la voce di Matteo alle mie spalle.
"Ciao Teo!" dissi. Senza nemmeno accorgermene, non gli avevo nè
detto "amore", è dato un bacio, cose che facevo sempre.
Ora non mi andava, semplicemente.
" Hai fatto ritardo! Cos'è successo? Cioè... tu non
ritardi mai! Avuto problemi? Giuro, se qualcuno ti ha fatto qualcosa,
minchia, lo sbatto al muro e..."
"Ohi!! Teo! Tranquillo!" Gli sorrisi. Che protettivo.. manesco. "Ho
solo perso una metro.. qualche imbecille ha pensato di buttarsi
giù nei binari per farla finita.. ma dico io!!" Alzai gli occhi
al cielo, allargando le braccia come a dire: "Ma ti sembra?!"
Mi guardò con sospetto un secondo di troppo. Ma poi si
tranquillizzò. Cominciai a slacciarmi le All Star, mormorando
una canzoncina che mi era rimasta in testa. Levai la giacca leggera, e
rimasi con la camicia slacciata e la mia canotta preferita, con un
gilet disegnato sopra. Mi sistemai i capelli, e mi voltai verso Matteo,
che aveva passato tutto i tempo a guardarmi, aspettando che dicessi
qualcosa.
Sorrisi gentile.
" Bè?" chiesi.
Sorrise. "Niente. Mi fai impazzire con questa maglietta". Si chinò per stamparmi un bacio sulle labbra, ma io lo fermai.
"Andiamo. Jenni aspetta..." dissi con un sorriso incerto.
Andammo sul palco.
Cominciammo con qualche esercizio con la musica, l'impersonificazione,
quelle cose lì, semplici. Mi bastò lasciarmi conquistare
dall musica, e i movimenti vennero da sè. Giravo, volteggiavo,
recitavo. Ero semplicemente me stessa.
Poi decidemmo di cominciare le prove
dello spettacolo vero e proprio - parti dove io non ero prevista. Ma
comunque dovevo aiutare molto con le scenografie, aiutare i ragazzi con
il testo, e via dicendo.
Cominciai a mettere via un albero, e una bottiglia di vino, quando
Jenni disse:" Cate, Matte, ora mi fate la scena del bacio ?"
Oh, no. Il bacio.
Respirai profondamente. Che vuoi che sia? mi dissi. Dovevo solo...
baciarlo. Posare le mia labra sulle sue. Entrare nel personaggio.
Liberarmi di ogni pensiero che non fosse di Lucy, il mio omonimo in
questo spettacolo. Feci scorrere velocemente lo sguardo sugli spalti,
che mi tranquillizzava sempre.
C'era.. qualcuno? Possibile? Osservai meglio. Prima che riuscissi a
capire chi era, mi sentii pervadere da un senso di tranquillità:
ora tutto andava bene.
Era lui.
Sorrisi, sollevata, felice, rilassata. Ora stavo bene.
Mi girai, pronta a tutto. Lui era lì. Era questo che importava.
"Vai" dissi a
Jenni, che fece partire la musica che conoscevo benissimo. Entrai in
scena, muovendomi sinuosamente, con carattere, sguardo eloquente.
Ci fu un breve scambio di battute, la muscia sempre più
incalzante. Non ero più Caterina Sonzongno, liceale dalle grandi
ambizioni teatrali. Ero Lucy.
Mi avvicinai a Leonard, che come personaggio non poteva essere
più diverso da Matteo. Poi quando la musica giunse al culmine,
lui mi prese per la vita, e io mi accascai fra sue braccia. Le nostre
labbra si unirono nel primo bacio tra Lucy e Leonard, ma probabilmente
l'ultimo tra Caterina e Matteo, pensai con tristezza.
Quesi mesi passati assieme... buttati via? No.
Perchè sapevo che lui non sarebbe stato un brutto investimento. Ci teneva a me. Era li, per me. E io ero li per lui.
Ci staccammo dolcemente. Non avevo pensato per nulla a quel bacio, a
quelle sensazioni... Ero troppo concentrata su un altro ragazzo, altre
labbra.
" Non dimenticarmi" gli dissi, capendo che non era solo Lucy a dirlo.
"Non potrei mai.". Speriamo. Ti ho voluto davvero bene, Matte. Scusa.
Quello, senza che nemmeno me ne fossi accorta, era un addio.
Jenni applaudì entusiasticamente. "Bravi! Splendidi! Davvero
complimenti. Matteo, tu sembravi davvero preso in quel bacio. Cate, tu
invece sei riuscita a non lasciarti troppo coinvolgere, e rimanere un
pò distaccata... Meravigliosi entrambi!!"
Già.. pensai sorridendo appena. Andammo nei camerini per rimetterci le scarpe e rivestirci.
Mi
prese alla sprovvista.
Le sue braccia, forti, mi fecero voltare, e si avvolsero attorno alla mia vita. Opposi una leggera
resistenza per sciogliermi dall'abbraccio, ma le sue labbra trovarono
le mie, calde, e fece entare la sua lingua nella mia bocca, con foga,
mentre le sue mani scorrevano su e giù per il mio corpo, a sfiorare il
seno.
Risposi al bacio meccanicamente, come avevo sempre fatto,
sempre con quell'impressione che fosse tutto.. sbagliato. Non era lui
che doveva baciarmi, in quel momento. No...
"No, Matte." Riuscì a
biascicare, staccando con forza la sua bocca dalla mia. Cominciò a
baciarmi il collo, ignorando la mia protesta. "Matte, io...non..."
Tornò alle labbra, giocando con la mia lingua aggressivamente, senza
ascoltarmi, o forse senza nemmeno sentirmi.
" Ragazzi.. ci siete? Cate? ... Matte?..." chiese una voce dal palco.
Jenni!! Fatela santa!!!! Jenni santa subito!! Pensai sollevata.
"Io vorrei andare casa... ci siete? Devo spegnere le luci, ma voi prima dovete uscire.." spiegò lei.
Matteo si staccò da me, soddisfatto. Ridacchiò.
Fece un passo indietro, e mi guardò sorridendo in modo...
inquietante.
"Scusi, Jenni... Cate voleva giocare un pò" disse sghignazzando ad alta voce.
"Matte, ora basta. Andiamo, va." Dissi severamente.
No, no mi piaceva affatto essere toccata da lui. Non lo potevo
sopportare, dopo averlo visto là fuori, sugli spalti, a
guardarmi nel mio habitat personale.
Quanto
a Teo, sembrava avesse appena fatto una doccia fredda.
Gli occhi azzurri spalancati. Non avevo mai detto di no ad un suo
bacio. Mai. Nemmeno quando dicevo che non lo volevo più vedere.
Lui mi baciava ed io... non resistevo.
Ma ora no. Ora non riuscivo a sopportare quel contatto.
Lo guardai, per vedere se si era ripreso. Identico a prima. La bocca aperta. Una domanda sul viso. Ma chi ho davanti a me? Chi sei, Caterina?
Non lo so, Teo, non lo so proprio.
C'era
silenzio tra di noi.
"Scusa..."
disse Matteo infine. Timoroso e cauto, alzò la mano verso il mio volto,
e mi accarezzò la guancia. Chiusi gli occhi, appoggiandomi alla sua
guancia. "Scusa, scusa, scusa, scusa. Sono un imbecille"
Si avvicinò
lentamente a me, un passo dopo l'altro. Si chinò su di me, ma io mi
allontanai intimorita e ancora scossa dalla mio stesso rifiuto. Non
volevo essere baciata da lui, di nuovo.
Mi si strinse il cuore. Lui era convinto che fosse colpa sua. Non mia.
Scusami, Matte.
"Teo..
Perdonami. Tu non c'entri. E'... è colpa mia. Dovremmo..." presi
un respiro. "Penso che dovremmo finirla qui." dissi seria.
Matteo sembrava non volerci credere. "No.. no, piccola, dai. Scusami... Non dirmi così. No.. Cate io ti.."
Lo interruppi. "Non dirmi che mi ami. Non dirlo, non dirmelo. Ti prego." supplicai. Povero Teo. Mi dispiace così tanto..
Mi guardò interrogativamente.
"Credimi, tu non c'entri nulla... Mi dispiace così tanto, Matte.
Davvero. Suona così.. Brutto. Non credere che non ti abbia
amato, a suo modo. Io..." sospirai. Cosa potevo dire, che non fosse uno
tupido balbettìo? Come potevo spiegargli l'amore? "Ciao, Matte."
"No, Cate!!" mi rincorse. "Tu.. " sembrava avesse un dubbio che non riusciva ad esprimere a parole. "..hai un altro ragazzo?"
Mi si sciolse il cuore. Il mio piccolo Matte... Sorrisi dolcemente.
Gli diedi un bacio veloce sulla guancia e me ne andai, sssurrandogli "ciao". Da Katia. Non doveva
finire così... non doveva... Sentivo che avrei dovuto piangere,
ma non ci riuscivo.
"Che sucede, tesoro?" mi chiese Kat preoccupata.
"Ho mollato Teo.. Ti prego, fingi di essere dispiaciuta per me."
" Ooh, tesoro! Come stai? Non mi sembri in gran forma! Tranquilla,
tesoro, che passa.. passa sempre..." Sembrò rifletterci un
pò su. "Mmm.. non credo di riuscirci.. Considerato chi hai
trovato di rimpiazzo, non riesco a suonare molto spontanea" Furba, la
Kat. Misi su un'aria da finta tonta.
"Cosa intendi dire?"
"A-ha, come no.. Tu non ha proprio idea, di chi io stia parlando, vero Cate? " disse, sarcastica.
Non ce la feci, soppiai di felicità. Il solo pensare a lui era
una gioia infinita. Cominciai a saltellare sul posto come una stupida
tredicenne che ha dato il suo primo bacio.
"Ma allora l'hai visto?? Non è.. terribilmente affascinante??
Ommioddio, mi ha seguita dalla metro fino a qua!! E mi ha guardata
recitare.. Non se ne è andato! E'... Oh, Signore, nemmeno riesco
a definirlo, per quanto è magnifico!"
Mi faceva male la faccia dal tanto sorridere.
Katia si alzò, mi venne incontro. Potevo vedere nei suoi occhi
la mia felicità. Mi diede un abbraccione: "Te lo dico io come
potresti definirlo: sexy fino alla morte!!"
Mi sciolsi dall'abbraccio. "Mi sta aspettando fuori, ci giuro. Come sono?"
Mi sorrise orgogliosa. "Favolosa!"
Le scoccai un bacio sulla guancia, completamente dimentica del motivo
che mi aveva spinta da lei. Sull'uscita mi voltai verso di lei.
"Approvato?"
Scoppiò a ridere. "Approvatissimo! Dovevi vedere il suo
sguardo.. l'hai stregato, bella mia. Vai, e sii sfacciata, che è
tuo!"
Rinnovata di un nuovo entusiasmo uscii.
Era lì, fuori dal teatro, che mi aspettava. Non sapeva che ero passata in segreteria, pensai sogghignando.
Lo raggiunsi. Presi fiato.
"Mi sa che le maschere nelle prove di teatro non servono, sai?" dissi, sorridendo quando lo vidi sobbalzare leggermente.
"Ci conosciamo?" aggiunsi, troppo felice per capire quanto civetta.
"No... ma vorrei." Dopo un primo momento di spavento, il mio cuore si sciolse. Anche io vorrei!!
urlavo dentro di me. Vidi le sue labbra distendersi in un sorriso
felice. Provavo il terribile bisogno di toccargliele, di passare le
dita tra quei capelli spettinati.
Pensai che fosse arrivato il momento delle presentazioni e porsi la mano. Ora lo volevo vedere.
"Piacere, Cate. Faccio teatro qui da un anno" E questa strada la so a memoria. E tu sei bellisimo.
Non parve accorgesi dell'incongruenza. Mi strinse la mano, deciso, delicato.
"Nico, onorato. Faccio la maschera qui da due mesi"
Nico, Nico, Nico. Splendido Nico, come ho fatto a non notarti mai prima?
Improvvisamente parve accorgersi dell' "errore".
"Aspetta.. Un anno.. " Ci stava arrivando, pensai sorridendo. "E ti perdi.. Ancora?!"
Le sopracciglia perfettamente inarcate mi fecero capire il suo stupore.
"Bè. In realtà no." dissi, nascondendo il divertimento.
Lo vidi ancora più confuso. Ci mise un pochino. Vidi il suo
volto distendersi gradualmente in un sorriso di chi finalmente ha
capito. Cominciammo a camminare, senza aggiungere una parola.
Già che c'ero... Facciamogli dire tutto.
"La tua ragazza sa che sei qui.. con me, ora?" chiesi con una punta di
ansietà. Dopotutto, era uno schianto. Era difficile credere che
non ne avesse una. Sarebbe stato stupido credere di non avere
concorrenza.
"Cosa ti fa credere che io abbia una ragazza?" chiese spavaldo.
Volevi sentirti dire che eri un dio? Lo guardai calcando lo sguardo,
mentre lo facevo scorrere dalla testa ai piedi. Uno sguard eloquente
che non poteva essere frainteso.
Ma lui comunque sembrava volerselo sentir dire. Ma avrei fatto un giro
di parole. Non potevo crollargli tra le braccia, anche se la tentazione
era moolto difficile da soffocare.
"I tipi come te non stanno soli molto a lungo."
Scoppiò a ridere, facendomi provare una gioia così
immensa che era dificile da nascondere. Mille campane di cristallo
purissimo che suonavano a festa. Mi morsi il labbro inferiore,
divertita.
"Allora" dissi iniziando un discorso, ignorando il fatto che non mi aveva ancora risposto. "Maschera, eh? e intanto studi."
"Già." confermò lui.
"E cosa vuoi fare?" chiesi incuriosita.
"Non ne ho idea. Intanto studio economia all'università" ammise
lui. Acidenti! Doveva essere molto intelligente. Ormai ero in brodo di
giuggiole. "Devi essere proprio intelligente!"
Liquidò la mia osservazione con una modesta scrollata di spalle.
"E tu, invece? Liceo?" chiese cercando il mio sguardo, che evitai.
Avevo già visto prima l'effetto che mi faceva, e volevo essere
in grado di formulare una risposta.
"Già. Liceo Linguistico indirizzo umanistico." dissi, guardando molto concentrata le mie All star.
"Ehi, nemmeno tu devi essere molto stupida." scherzò lui.
"No, infatti.." dissi modesta.
Alzai lo sguardo, incontrando quegli occhi di zaffiro, che si
incatenarono con i miei. Smettemmo di parlare, e di camminare. Ci
fermammo, e stettimo quello che mi parve un infinità di tempo a
guardarci dentro, l'anima.
Quando poi ci staccammo, mi accorsi che il mio battito cardiaco era
drasricamente aumentato, e il mio respiro si era fatto affannoso.
Avevamo perso la cognizione del tempo e dello spazio.
Cominciai a fargli qualche domanda stupida, a conoscerlo meglio.
"Qual è il tuo rapporto con passato, presente e futuro?" chisi dopo altre mille domande.
Sembrò pensarci un attimo, e poi se ne uscì con una risposta che mi colpì molto.
"Rimpiango il passato, confido nel futuro, disprezzo il presente. Vorrei saper vivere l'attimo, ma non lo so fare."
Alzai le sopracciglia, ammirata.
Chissà quante volte avevo cercato una risposta a quelle
domande... La la sua risposta si addiceva esattamente al mio
pensiero. Espresso in 4 secondi netti. Quel ragazzo era un genio!
Annuii, sentendo quella risposta sostituire le mie mille lunghe
elucubrazioni. Già che c'era poteva rispondere a un'altra delle
mie domande senza risposta.
"E perchè non sai vivere l'attimo?"
"Non ne ho idea. Forse è meglio così, sai. Farei tante cose stupide."
Ah sì? Tipo?
"Cogli l'attimo. Vivi il presente!" lo esortai. Lo vidi sgranare leggermente gli occhi.
"Ora?"
"Cosa c'è di più presente dell'ora?" dissi riportando una
frase del mio prof di filosofia. Anche se forse lui non intendeva
esattamente dire "Bacialo! Cosa aspetti?".
Calò il silenzio tra di noi. Ci fermammo nuovamente. Era perso
nei suoi pensieri, lo vedevo. Feci scorrere il mio sguardo sulla sua
mascella forte, sulle sue labbra da bambino, tra i suoi capelli che
riflettevano la luce fioca del lampione.
Tornai a guardargli il volto.
Mi stava guardando le labbra, poi tornò a guardarmi in faccia, più sicuro.
"No.. no, no. Non posso."
Sì che puoi! Sì che puoi!!
"Dai! Cosa rischi? Cosa vuoi fare di così tremendo?" La misi sul ridere.
Scosse vigorosamente la testa. Ma che cavolo! Ti prego.. Insistetti.
"No, ora sono curiosa! Fallo! Per favore.." chiesi addolcendo il tono
di voce. Feci come un saltello sul posto come una bambina capricciosa
che non può avere un gelato, e nel farlo, mi avvicinai a lui.
Gli posai una mano sul petto muscoloso. Era caldo.. Ti prego, baciami.. Baciami... Bellissimo Nico, baciami!
Lo guardai negli occhi; il mio desiderio era quasi insopportabile.
Sembrò addolcirsi nello sguardo. Mi guardò negli occhia.
La profondità di quello sguardo mi fece girare la testa. Era lo
sguardo sicuro e deciso, ma al contempo timoroso di chi si butta da un
ponte, per salvare la sua donna. Ma sotto al ponte c'ero io. Ci sono io...
Vidi la scena al rallentatore. I suo braccio che si
alzava, mentre piegava le dita morbidamente, che si avvicinavano al mio
volto... Le sue dita calde che sfioravano il profilo del mio volto, i
miei brividi lungo la schiena a quel contatto...
Su e giù, come in una lenta tortura. Socchiusi gli occhi, estasiata. Cominciai a canticchiare Hey there Delilah, mormorando appena le parole tra me e me.
"Cosa canti?" sussurrò lui sulle mie labbra.
Appoggiai anche l'altra mano... Non sarei riuscita a stare in piedi, con il suo respiro profumato sul viso. Mi avvicinai ancora.
Aprii appena le labbra per rispondergli, ma non ebbi tempo per farlo;
le sue labbra erano sulla mia mascella, la guancia, l'angolo della
bocca....
Alla fine riuscii a scopire il sapore di quelle bellissime labbra.
Con le mani, delicatissimo, come se fossi una statuina di porcellana, mi prese la vita, facendo aderire i nostri corpi.
Sempre dolcemente, potevo sentire le sue labbra muoversi sulle mie.
Risposi al bacio, estasiata, sentendo la forza di fare quello, e
nient'altro. Socchiusi le labbra per invitarlo, e lui senza esitazioni
rispose a questo bacio che diventava sempre più profondo e
passionale. Oh, cielo...Nico...
"Oh, it's what you do to me..." sussurrò staccandosi
appena. La conosceva! Gli passai le mani sulla nuca, agiocare con quei
capelli che mi incantavano. Non poteva essere vero, non poteva essere
così perfetto...
Sciolsi l'abbraccio, e mi appoggiai al suo petto forte, sicuro. La mia
casa. Feci scorrere le punte delle mie dita per il suo braccio,
mormorando il motivo della canzone. Mi sollevai a sfiorare le sue
labbra, ancora. Non avrei mai smesso, mai, mai...
"Ti amo." mi sussurrò lui, con una dolcezza infinita che mi fece sorridere.
"Possibile?" chiesi divertita. Conoscevo già la risposta.
"Come ti senti?" rispose, e dalla sua voce capii che stava sorridendo.
Scoppiai a ridere. Inamorata. Di Nico.
"Hai ragione. E' possibile."
Mi strinse tra le sue braccia. Non sarei mai uscita da li.
Nico, Nico, Nico. Gustavo quel nome perfetto, per sentirlo dappertutto.
La mia vita era lì, adesso, con lui. E per sempre.
"Ti amo." dissi.
Non c'era altro da dire. Nient'altro. Ti amo.
Le sue labbra raggiunsero le mie, a sigillare quella promessa d'amore.
Ora, e per sempre.
Ti amo, Nico.
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