Angeli e Demoni

di The Lady of His Heart 23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Lui


Gli angeli che trovi sulla terra sono deboli, fragili. Perché riservargli compassione se non hanno neanche un briciolo di forza per rimanere in equilibrio tra batuffoli leggeri di cotone. Che senso ha salvarli dal loro destino. Sono sempre così puri, così buoni, pronti a farti sentire inferiore. Così rispettosi delle regole che non si rendono conto di cosa si perdono. È per questo che io preferisco essere un demone. Sarò anche dannato per l’eternità, ma posso concedermi piaceri che gli angeli non possono neanche immaginare. Come quella passione travolgente che è l’amore. Per gli angeli, l’amore è inteso come qualcosa di puro e spirituale, per noi demoni è più una questione fisica. Ma per quelli come noi, trovare la propria anima gemella è quasi impossibile. È per questo che siamo così cattivi e spietati, perché al mondo non c’è qualcuno cui possiamo amare e che possa amarci a sua volta. Siamo dannati per l’eternità, costretti a bruciare in una fiamma ardente che ci consuma passo passo. Potrò mai un giorno spegnere questa fiamma che brucia nel mio cuore? La risposta è semplice, devo solo trovarla. E una volta trovata sarò suo e lei sarà mia. Ci apparterremo per sempre.

Lei


Non ho mai creduto di poter innamorarmi di qualcuno. Per una come me trovare l’amore è quasi impossibile. Per noi angeli amare è qualcosa di puro e perfetto, qualcosa che si sente nell’anima; mentre per i demoni l’amore si basa solo ed esclusivamente su un piano fisico. Quando ero una giovane adolescente mi venivano raccontate cose orrende sui demoni e sul loro modo di amare. I demoni maschi si abbandonavano all’istinto ed erano brutali. Quando si lasciavano trasportare dalla passione spesso finivano col sopprimere le loro stesse compagne se troppo deboli. Io voglio amare, ma non in questo modo. Voglio amare ed essere amata, ma dolcemente e col cuore. So perfettamente che non posso accelerare i tempi, e devo lasciare che le cose faccino il loro corso, perciò , lo aspetterò e quando lo troverò io sarò sua e lui sarà mio. Ci apparterremo per sempre.

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Capitolo 2
*** Cap. 1 ***


Capitolo 1
Fin dai tempi della creazione della terra angeli e demoni si diedero infinite battaglie. Decisero infine di darsi tregua e di lasciare che fossero gli umani a decidere da quale parte stare. Una volta all’anno per circa sei mesi, un angelo e un demone vengono spediti sulla terra, sotto sembianze di essere umani, per controllare la situazione. Quell’anno in mancanza di volontari vennero spediti sulla terra due giovani ragazzi dall’aspetto bellissimo e dal sangue nobile. Garreth principe dei demoni e Susan principessa del corpo celeste degli angeli.
Era Agosto e faceva caldo, Susan passeggiava per le strade osservando gli umani con sguardo attento e in parte compiaciuta nel vedere che si comportavano bene. Indossava una piccola camicetta e dei pantaloncini, tutto in tinta bianca. La pelle pallida a sua volta, veniva illuminata da quel sole cocente ma senza scottarsi. Le labbra rosse come il sangue, gli occhi grandi di un colore castano intenso per mimetizzarli con quelli degli umani e capelli lunghi e lisci che gli cadevano sulle spalle. Dolce e innocente, da una bellezza straordinaria. Impossibile resistergli.
Mentre camminava attirava l’attenzione di molti umani, soprattutto maschi, che la guardavano sognanti alla vista di quel corpo così perfetto. Susan si infastidì molto a quelli sguardi e ai pensieri che ne scaturivano. Gli angeli hanno la capacità di leggere nella mente. Questa tecnica è utile per individuare le persone che stavano per cadere in tentazione, e fargli cambiare idea prima che fosse troppo tardi. Mentre passeggiava notò un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria che guardava con occhi sognanti delle paste alla crema. Per compiacere al bambino entrò dentro e ne comprò una. All’interno della pasticceria un calore squisito la inondò rendendo il suo profumo naturale ancora più dolce, quindi ancora più irresistibile. Appena fuori dalla pasticceria, diede la ciambella calda al bambino che con un grande sorriso la prese e gli diede un morso gustandosela per bene. Anche Susan avrebbe voluto assaporare quella ciambella, o qualsiasi altra delizia esposta in quella vetrina, ma gli angeli non sentono il bisogno esigente di mangiare, lo fanno solo se costretti, per non dare nell’occhio quando sono sulla terra. Ancora assorta nei suoi pensieri Susan osservò il cielo.
Tra qualche ora sarebbe diventato buio, e Susan sapeva cosa voleva significare. Sarebbe stata la volta del demone inviato per controllare la situazione. I demoni preferiscono la notte al giorno, ecco perché si aggirano di sera. Susan accellerò il passo per raggiungere il suo appartamento che si trovava parecchio distante da dove era lei adesso. Nel frattempo il calar della sera si faceva sempre più vicino. Girato il vicolo che conduceva al suo appartamento notò un ragazzo seduto sulle scale con in mano una bottiglia di birra. Accanto a lui c’era un altro ragazzo che gli sussurrava delle cose all’orecchio. Susan lesse nella mente del ragazzo e capì che colui che gli stava sussurrando all’orecchio cose orribili era un demone. Decise di intervenire.
“HeY, tu!” urlò Susan rivolta al demone che stava sussurrando quegli orrori a quel povero ragazzo di strada. Il demone interruppe di botto il suo discorso, e il ragazzo spaventato scappò via. Il demone alzò lo sguardo e fulminò la dolce ragazza dal viso angelico. La rabbia di Garreth crebbe quando capì che lei era un angelo. Perché mai si trovava lì, ora era il suo turno. Dal suo petto uscì un ringhio cupo che crebbe facendo tremare il terreno. Susan capì di essere in pericolo e d’istinto cominciò a correre. Garreth la inseguì correndo il più velocemente possibile, ma per quanto si sforzasse la ragazza angelo era molto più veloce di lui. Susan si mise a correre dalla parte opposta al suo appartamento, ma poco importava, la cosa più importante era sfuggire alla rabbia del demone assetato di vendetta che le stava dietro.
Il vento le sfiorava il viso e gli scompigliava i capelli castani. Garreth si era stancato di inseguirla, così allungò la mano per poterla prendere, ma lei riuscì a sfuggirgli. La rabbia crebbe rendendolo ancora più determinato. Non era più un tentativo di vendetta, era diventato un gioco, per un breve istante ci provò anche gusto in quella corsa. Lui era il predatore e lei la sua preda, una preda scaltra che non si sarebbe lasciata prendere da lui. Il sol pensiero lo fece infuriare come lo era prima, e si ricordò del perché la stava inseguendo. Non era un semplice gioco che avrebbe fatto in futuro con la sua compagna, era una vendetta. Era stata lei ad interrompere i suoi piani, ad impedirgli di fare quello per cui era venuto. Si sarebbe vendicato, eccome se lo avrebbe fatto, ma in quell’istante non aveva alcuna idea di come fare per fargliela pagare. Quando si avvicinò un po’ di più a lei allungò la mano provando un secondo tentativo per afferrarla. Questa volta il tentativo riuscì.
La prese per il collo tirandola a se per fermarla. Susan inciampò e cadde a terra. Garreth approfittò della situazione di debolezza di lei per intrappolarla. Gli si scagliò contro con tutta la potenza e la rabbia che aveva dentro. Si posizionò sul corpo debole e fragile della ragazza intrappolandola nella sua morsa. Susan era terrorizzata, la sua mente venne soffocata dalla paura di cosa avrebbe potuto fargli,il suo corpo si pietrificò. Lentamente alzò lo sguardo e incrociò quello del demone. Gli occhi di Garreth erano di un nero intenso, come la notte che ora gli faceva da sfondo, la carnagione scura. Fu immediatamente rapita dalla bellezza del suo viso. Garreth osservò a sua volta il viso di Susan. Era perfetta, proprio come un angelo e la sua carnagione color latte contrastava in modo fin troppo evidente con la sua pelle scura. Garreth si perse nei tratti dolci del suo viso, il naso sottile, gli occhi così intensi,le labbra carnose. Avevano entrambi il fiato corto per la corsa, ma riuscirono ben presto a regolare il respiro. Garreth continuava ad osservare senza sosta il viso della ragazza, senza sbattere neanche le ciglia, come per paura di perdersi anche solo un istante di quel viso celeste. Lentamente avvicinò il suo volto a quello dell’angelo, arrivando a sfiorargli la punta del naso con il proprio. Chiuse gli occhi ed assaporò lentamente quell’odore di vaniglia che emanava. I battiti del cuore di Susan aumentarono all’impazzata. Garreth aprì gli occhi lentamente ritrovandosi davanti le labbra di lei, così rosse, così carnose, così perfette. Si sentì insolitamente eccitato alla visone di quel volto tanto angelico che, per una strana ragione non riusciva ad odiare quella ragazza, non riusciva neanche ad immaginare di poter far male ad una creatura dolce e bella come lei. Susan era confusa, la paura continuava a salire. Garreth si rialzò, lo sguardo ancora puntato su di lei.
“Alzati!” le disse. Era confuso, stanco dalla corsa, non sapeva cosa gli stava succedendo ma sapeva solo che voleva riposare e gli serviva un posto tranquillo. Susan rimase pietrificata a terra senza muovere un muscolo del proprio corpo.
“Allora ti alzi o no?”disse con un tono secco. Susan si rialzò in piedi incerta se quella fosse stata la mossa migliore.
“Che mi farai?” gli domandò tremante. Garreth la guardò con stupore, davvero non lo sapeva, avrebbe voluto fargliela pagare, ma nel momento in cui l’aveva guardata negli occhi tutta la rabbia svanì.
“Portami al tuo appartamento”gli disse solo questo. Susan era scioccata. Un demone nel suo appartamento, mai!
“non se ne parla” gli disse acida in tutta risposta.
“Ho bisogno di un posto tranquillo dove riposare, la corsa mi ha stancato parecchio, e poi se ricordo bene, voi angeli non rifiutate mai una richiesta d’aiuto, a prescindere da quanto possa essere cattiva e spietata la persona che ve lo chiede”disse Garreth con tono soddisfatto del proprio discorso, lui amava avere ragione. Susan era esitante, per sua sfortuna quello che aveva detto era vero, gli angeli non si tiravano mai indietro davanti ad una richiesta d’aiuto. Rassegnata alla fine acconsentì.
“Vedi di non fare scherzi”disse Garreth prima di iniziare a correre verso l’appartamento della ragazza.
“Noi non mentiamo mai!”gli disse Susan, ed era vero, gli angeli non mentono mai. Una volta davanti all’appartamento della ragazza Garreth lo aprì senza neanche chiedergli se poteva entrare. Tipico dei demoni, che erano abituati a prendere tutto ciò che volevano senza chiedere. Avanzò fino al centro della casa osservando sospettoso le stanze. C’era solo una camera da letto e Garreth voleva tanto riposarsi. Susan indietreggiò silenziosa cercando di sgattagliolare fuori dalla porta. Ma, questa volta, Garreth fu più veloce di lei e gli afferrò la mano. Quel contatto era stranamente fresco, diverso dal calore a cui era abituato. Si sentì subito meglio, non aveva più bisogno di dormire. Ad un tratto si ricordò delle storie sugli angeli che aveva letto per informarsi, gli angeli avevano poteri curativi. Il suo sguardo si concentrò sulle loro mani. La mano pallida della ragazza contrastava in modo impressionante con la sua. Intrecciò piano le sue dita tra le sue e si sentì ancora meglio. Susan era imbarazzata, avrebbe voluto tirare indietro la mano, ma non ci riuscì, così si limitò a restare immobile mentre lui giocherellava con le sue dita.
“hai finito?” gli disse piano. Garreth tolse controvoglia la sua mano dalla sua, sentendosela improvvisamente vuota, come se gli mancasse qualcosa, gli mancavano le sue dita. Si sentì sempre più stanco. Capì che lei lo rendeva forte, aveva bisogno di lei, il suo corpo ne aveva necessitava, a discapito della sua mente che rigettava quell’idea assurda. Lei era un angelo cavolo, un angelo, da sempre disprezzati dai demoni. Il cuore e la mente gli pulsavano all’impazzata urlano a gran voce la loro protesta. Non sapeva a chi dei due dare ascolto e si sentì perso. Si fermò a riflettere, e poi trasse la sua conclusione. Come prima cosa doveva rimettersi in forze e per farlo aveva bisogno di lei, poi mente riposava avrebbe ragionato meglio, forse.
“cosa avevi intenzione di fare” gli chiese calmo, proprio non riusciva ad arrabbiarsi con lei.
“non ho intenzione di dividere il mio appartamento con un demone chiaro?”gli rispose sincera Susan. Certo, loro non erano i migliori coinquilini del mondo lo sapeva, ma non gli importava, aveva bisogno di lei per rimettersi in forze, doveva riuscire a trovare il modo di stargli vicino in qualche modo, anche se sedurla non era di certo la scelta migliore, perché l’avrebbe uccisa lo sapeva, e a lui serviva troppo in quel momento.
“senti, so che non è facile per una come te condividere un appartamento con uno come me” gli disse
“ma davvero!” gli rispose sarcastica lei.
“ma non è facile neanche per me” gli disse lui.
“guarda che questo appartamento non è tuo chiaro, ne nostro, è mio! Solo mio!”gli disse in tono arrogante e si meravigliò di se stessa, certo lei era permalosa e super precisina, ma mai arrogante. “e comunque c’è una sola stanza da letto e non mi va proprio di dormire per terra” disse Susan consapevole del fatto che si sarebbe preso tutto lo spazio del grande letto solo per lui.
“e chi ha detto che dormirai a terra” disse Garreth guardandola con uno sguardo confuso.
“ci dormirai tu …?” gli chiese Susan sorpresa del fatto che un demone fosse minimamente generoso.
“non se ne parla, dormirai con me” gli disse con uno sguardo serio in volto.
“no grazie” gli disse Susan, questo era davvero troppo per una come lei.
“guarda che non te lo stavo chiedendo, te lo stavo dicendo” gli disse in tono arrogante. Tipico dei demoni pensò Susan, davvero si era illusa che un demone potesse essere gentile, stupida si disse tra se.
“arroganti come al solito voi demoni, no?” gli disse acida dando voce ai suoi pensieri.
Garreth la ignorò e si diresse verso la camera da letto. Faceva davvero caldo, certo non era paragonabile al caldo delle fiamme degli inferi, ma faceva caldo. Si sfilò la maglia da sopra la testa lasciando scoperte le spalle larghe. Susan lo osservò affascinata. Era rimasta senza parole alla vista di quel corpo forte e perfetto. Quella visione aveva un qualcosa di selvaggio ed attraente che Susan non riuscì a spiegarsi, la bellezza proibita del demone le fece avere un brivido dietro la schiena,ma diverso dagli altri brividi, non era freddo ma bensì lento e caldo. Garrteh si girò confuso verso la ragazza che era rimasta in piedi e a bocca aperta davanti alla porta della camera da letto. Sulle sue labbra si curvò un piccolo sorrisetto ed abbassò lo sguardo mentre si dirigeva verso di lei. Sapeva perfettamente che l’espressione sul suo viso era dovuta alla vista del suo corpo. Negli inferi nessuna donna demone riusciva a resistergli, ricordò quando gli toccavano i muscoli delle braccia e del petto facendogli un sacco di complimenti, le donne lo amavano a tal punto che gli imploravano di passare una notte con loro, e come rifiutare quelle richieste. Quando Susan lo vide avanzare verso di lei d’istinto indietreggiò. Lui la afferrò dal ventre caricandosela in spalla e dirigendosi verso l’enorme letto d’orato. Senza minimamente preoccuparsi di farle male, la gettò sulle lenzuola da una parte dell’enorme letto e si sdraiò dall’altra parte chiudendo gli occhi.
“ma quanto sei prepotente” gli disse infuriata Susan. Lui la ignorò di nuovo e spense la luce. Susan si rigirò nel letto con lo sguardo dritto alla finestra aperta, la luna era così bella, così limpida,per qualche strano motivo non si sentì a disagio a dormire con un demone,anzi si sentiva più al sicuro, per qualche pazza ragione, come se l'istinto le dicesse fidati di lui. Stava quasi per addormentarsi quando … no! si disse. Doveva restare lucida, non sapeva neanche chi fosse, come poteva il suo istinto dirgli di fidarsi di lui, avrebbe potuta ucciderla o abusare di lei, non poteva addormentarsi, doveva assolutamente restare sveglia. Si alzò di scatto e accese la luce. Garreth fu colto di sorpresa da quel suo gesto, possibile che non fosse stanca? Si rigirò nel cuscino per coprirsi gli occhi dal bagliore della luce accecante del lampadario.
“chiudi subito quella luce e rimettiti a dormire” le disse in tono secco.
“posso sapere almeno il nome della persona che mi tiene prigioniera nel mio stesso appartamento?” gli domandò, era il massimo che era riuscita a fare. Garrteh rimase sorpreso per quella domanda, si alzò per sedersi meglio sul letto ed osservarla in volto per poi dirle in modo soddisfatto…
“il mio nome è Garreth, principe degli inferi”. Susan rimase scioccata,non poteva essere lui.
“sei il figlio del Signore Oscuro” così lo chiamavano loro.
“e allora? Sempre meglio che essere figli di Archimede” gli disse. Archimede era il re degli angeli.
“non osare parlar male di mio padre chiaro” gli disse Susan, suo padre era la persona a cui voleva più bene, oltre a sua madre ovvio, e non avrebbe permesso a nessuno, ne tanto meno ad un demone arrogante come lui, di infangare il suo nome.
“Principessa Susan?” Garrteh era senza parole, finalmente aveva davanti a se la principessa degli angeli. Aveva sentito parlare tanto di lei, di come fosse gentile e buona con tutti e della su infinita bellezza, per niente paragonabile neanche ad una stella. Per un breve istante si rese conto di quanto era stato stupido a non capirlo fin dall’inizio.
“in persona” disse Susan in tutta risposta “ed ora che ci siamo chiariti mi spieghi che ci fai qui, sei della famiglia reale, non dovresti spassartela con qualche tuo amico e lasciare questo lavoro a un demone qualunque?” gli domandò cercando di prolungare questa discussione.
“potrei farti la stessa domanda” gli disse Garreth, evasivo come sempre.
“mancanza di volontari e poi io non mi ritiro mai davanti ai miei doveri” disse Susan
“certo, tu sei tutta perfettina” disse Garrth con uno sguardo di disprezzo.
“e con questo che vorresti dire?” disse Susan irritata dall’espressione del suo volto, come poteva disprezzarla se non la conosceva nemmeno.
“che sei sempre cresciuta sotto una campana di vetro che i tuoi ti hanno costruito, non hai mai vissuto veramente” .Fin da piccolo Garreth non aveva mai ricevuto tante attenzioni dal padre, solo la madre si occupava di lui, passava le sue ore ad allenarsi e a spassarsela tra alcol e ragazze e nonostante avesse un sacco di ricchezze non riusciva mai a sentirsi pienamente soddisfatto della sua vita, ecco perché disprezzava la vita degli angeli, perché loro anche se poveri, buoni e umili, potevano contare sull’affetto di un padre che gli voleva bene. Ma lui non gli avrebbe mostrato questa sua timidezza, non poteva permettere di tralasciare molte informazioni al suo nemico, ma il tentativo di missione top-secret fu inutile, appena lo pensò Susan gli lesse nel pensiero.
“guarda che io vivo, non come te che trascorri le tue serate tra donne e bicchieri di liquore” gli disse Susan. Garreth la guardò con sguardo confuso.
“Si, leggo nel pensiero” gli disse stanca di quel silenzio nervoso e imbarazzante. Garrteh alzò un sopracciglio.
“davvero?” gli chiese con un sorrisetto malizioso e stupore nella sua voce.
“Certo. Sai che non posso mentire” gli rispose. Garreth scoppiò a ridere.
“il mio dono ti fa divertire?” gli chiese irritata.
“più che altro mi stupisce,dato che non ci sarà più privacy per me, voglio sapere qualcosa in più di te” in fondo gli sembrava una proposta ragionevole. Vivremo insieme sei mesi mi sembra giusto sapere qualcosa di te pensò tra se Garreth consapevole che lei lo aveva sentito.
“come sei mesi, sei impazzito per caso? Questo non è un bed and breakfast chiaro? È il mio appartamento e questa tua idee di alloggio permanente finirà domani mattina” disse Susan seccata.
“davvero sei convinta che lo farò” disse Garreth con un sorriso malizioso in volto.
“ma io non te lo stavo chiedendo” gli disse imitandolo, poi si rese conto di un particolare che aveva tralasciato. Non riusciva proprio a capire che cosa ci facesse lui lì, insomma era notte, non doveva “osservare”
“Cambiando discorso mi dici che ci fai qui, non dovresti essere in giro per la città in cerca di persone a cui consigliare la cosa sbagliata da fare?” gli domandò Susan seccata.
“perché, preferisci che vada in giro a consigliare alla gente la cosa sbagliata da fare?” disse mantenendo ancora quel suo sorriso malizioso.
“No, solo che …” disse Susan non riuscendo a completare la frase.
“non mi vuoi nel tuo letto”disse Garrteh capendo al volo la situazione. Le guance di Susan si arrossarono e imbarazzata abbassò lo sguardo privandolo della vista dei suoi occhi. “che ti prende”disse Garreth facendosi più vicino per osservarla meglio. Susan si sentì strana in quel moneto, qualcosa dentro di lei lo spingeva ad andare via, mentre qualcos’altro voleva che restasse. Inizialmente pensò che quel sentimento fosse dovuto al semplice fatto che si sentiva in dovere di proteggere tutte quelle persone innocenti che l’avrebbero incontrato, solo successivamente si rese conto che era un bisogno strettamente personale. Aveva voglia di lui, quasi la stessa voglia che lui aveva di lei. Imbarazzata, le sue guance diventarono ancora più rosse. Tentò con disinvoltura, di spostare i capelli davanti al volto per coprirlo. Ma questo suo gesto non sfuggì agli occhi di Garrteh, che lo trovò alquanto irritante, perché gli ostruiva la vista del suo splendido viso celeste. Con una mano gli spostò i capelli posizionandoli dietro l’orecchio e dolcemente fece scorrere il pollice sulla pelle liscia e fresca della sua guancia. Susan scostò il viso imbarazzata. Garreth rimase pietrificato da quel suo gesto, in fondo era stato delicato, ma per quanto si sforzasse non riusciva a capire in cosa avesse sbagliato, per lui gli era sembrata una cosa tanto naturale. Decise di rompere la tensione di quel silenzio rispondendo alla sua domanda.
“oggi non mi va di uscire perché la corsa mi ha stancato parecchio” disse in tutta onestà. Sulle labbra di Susan si estese un breve sorriso ed alzò lo sguardo tenendo ancora gli occhi socchiusi.
“pensavo che il principe dei demoni fosse un po’ più forte.” Disse solo per provocarlo, e ci riuscì.
“ok. Vuoi provocare il demone, perfetto vado! Sentiti direttamente responsabile della prossima persona che commetterà qualcosa di orribile”disse Garrteh rimettendosi la maglia e uscendo dalla camera da letto. Susan si alzò in piedi e corse davanti alla porta della stanza appoggiandosi al muro con entrambe le mani mentre lo guardava uscire. Appena Garrteh se ne fu andato, si rigirò verso il letto e l’osservò, poi gli si avvicinò a passo lento. Passò una mano sulla trapunta nel lato dove il demone si era sdraiato. Era incredibilmente calda, chiuse gli occhi e tirò un respiro profondo. Era rimasta estremamente sorpresa nello scoprire che una piccola parte di lei era in pensiero per quel demone.
Anche gli angeli provano sentimenti?
Si, certo che si.
per un demone?

Non riuscì a trovare una risposata alla sua domanda, sapeva solo che era sbagliato. Si sdraiò dal suo lato del letto, ma era troppo freddo. Si rigirò nelle coperte più volte nervosa e in ansia. Non sapeva dove fosse l’uomo che poco fa dormiva con lei, e si sentì arrabbiata con se stessa. Se non avesse incominciato il discorso a questo punto lui sarebbe rimasto lì, con lei, e per quanto fosse stato sbagliato avrebbe riempito quel vuoto che ora la invadeva. Osservò il cuscino dove Garrteh aveva poggiato il suo volto. Stanca e desiderosa di lui si spostò dall’altra parte del letto per sdraiarsi nel punto dove era stato lui. Era ancora caldo, il cuscino emanava il suo profumo. Si sentì improvvisamente serena, come se ogni tensione del suo corpo si fosse sciolta a contatto con quel calore e si addormentò.

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Capitolo 3
*** Cap.2 ***


2
Garrth intanto camminava per strada senza una meta precisa, ma poco gli importava. Si sentiva perso, la testa gli pulsava e il cuore anche di più. Come poteva essere quello il suo destino? Come poteva lei esserlo. Tirò con rabbia un calcio ad una lattina vuota gettata sulla strada. Suo padre lo avrebbe ucciso per un simile affronto, avrebbe perso il trono, doveva andarsene subito da lei, ma per una strana ragione non ci riuscì. Preso da un attacco di furia istintiva tirò un pugno ad una vetrina di un negozio che si frantumò in mille pezzi facendo scappottare l’allarme di sicurezza. Spaventato dal suono dell’allarme cominciò a correre. Superati parecchi vicoli rallentò il passo. In testa aveva ancora lei. Garreth conosceva benissimo quanto fosse forte e questo pensiero lo spaventava, se per un singolo istante avrebbe avuto fretta e non fosse stato attento le avrebbe sicuramente fatto del male. E se qualcun altro le avrebbe fatto del male? Per il momento il pericolo più grande in circolazione era lui. Ancora immerso nei suoi pensieri, si imbattè in un discorso al quanto intimo e delicato. E se quella semplice attrazione si fosse trasformata in qualcosa di più forte, e lui avrebbe desiderato poterla toccare e farla sua per sempre. Le avrebbe sicuramente fatto del male, lo sapeva. Questo pensiero, questo desiderio di poterla toccare un giorno e di amarla veramente lo bruciava dentro, più di quanto avessero fatto le fiamme da dove era venuto.
Poteva un semplice e innocente angelo ridurlo in quello stato? Proprio lui, per giunta, il possente e forte principe dei demoni. Il suo corpo si riempì di rabbia e rancore. Poteva amarla? Amarla davvero? Sapeva solo che gli serviva, lei era indispensabile per la sua guarigione. Per tutta la sua vita il suo unico obbiettivo era vivere alla giornata, spassandosela con ciò che aveva e che riusciva ad ottenere, non aveva mai pensato di desiderare qualcuno accanto a lui, era un tipo a cui piaceva cambiare, soprattutto ragazza, e spesso. Era un demone in fin dei conti, non c’era da stupirsi. Ma se il suo corpo la necessitava, era davvero disposto ad amarla. Strinse forte il pugno della mano destra. Si, poteva farlo, o almeno poteva provarci.
Chiuse gli occhi e contrasse la mascella. Sapeva di potercela fare, poteva controllarsi, non le avrebbe mai fatto del male. Riaprì gli occhi di scatto confuso da questa sua deduzione. Il destino gli aveva giocato un brutto scherzo, uno scherzo angelico e fatale. Per qualche strane ragione il suo baricentro si era spostato su quella fragile ragazza. Avrebbe quindi fatto il bravo, ma solo con lei, non poteva lasciar incompiuta la sua missione. Riprese a camminare alla ricerca di persone a cui consigliare la cosa sbagliata da fare. Dopo qualche vicolo vuoto riuscì a trovare dei ragazzi che depressi si ubriacavano vicino ad un cassonetto della spazzatura. Si avvicinò a loro a passo sicuro, prese una birra da terra e cominciò a bere. Incoraggiò anche due ragazzi che non lo facevano a farlo e poi gli spinse a farsi un giro in auto a tutta velocità, e a quello più silenzioso di tutti di spassarsela con la prima che avesse incontrato. Mentre parlava con quei ragazzi si rese conto che stava per diventare giorno. Susan si sarebbe svegliata a momenti, così affrettò il passo, voleva essere lì quando si sarebbe svegliata.
Susan dormiva beata nel grande letto dorato, i capelli scompigliati sul volto angelico, le mani intrecciate tra le coperte e il cuscino. Garreth entrò silenziosamente, si sedette sul bordo del letto e osservò fuori dalla finestra. All’orizzonte si intravedeva il sole nascere e con lui l’inizio di un nuovo giorno. Sospirò e poi posò lo sguardo sul viso di Susan. Con la mano gli scostò una ciocca di capelli che gli copriva il viso e la posizionò dietro l’orecchio. Quel viso angelico lo lasciò senza fiato. Era la creatura più bella che avesse mai visto, un diamante che brilla, una stella che splende, il centro della sua gravità. All’improvviso Susan riaprì i suoi grandi occhi e lo osservò con viso attento, poi si rialzò piano e si sedette sul letto per poterlo osservare meglio in volto. Garreth rimase stupito da quel suo gesto, aveva per caso cambiato idea? A Susan bastò un secondo e capì subito che cosa aveva fatto quella sera.
“Ora è il mio turno”disse rialzandosi e dirigendosi verso il bagno per potersi lavare. Chiuse la porta a chiave e aprì il rubinetto della doccia, facendola scorrere finché non fece calda. Il vapore invase la stanza e l’acqua calda le fece bene sciogliendole e rilassandole i muscoli. Ma per quanto l’acqua potesse rilassare il suo corpo, non poteva rilassare la sua mente. In testa aveva solo lui. Con le mani si accarezzò le braccia e la pancia, proprio dove lui l’aveva toccata quando l’aveva presa in braccio. Si sentì strana e sempre più confusa. Non capiva perché tutto questo stava accadendo a lei e non riusciva a spiegarselo, niente e nessuno avrebbe potuto spiegarglielo. Ora però, non poteva pensarci, doveva andar a far del bene. Uscì dalla doccia e si avvolse intorno un grande e caldo asciugamano, poi col fon si asciugò i capelli zuppi d’acqua. Una volta finito aprì la porta e uscì.
Garreth la stava aspettando seduto sul divano in salotto. La tv era accesa, ma lui non gli badava gran che, la sua attenzione gravitava altrove. Quando sentì Susan aprire l’acqua si concentrò a tal punto che riusciva a sentire ogni singola goccia posarsi sul suo corpo e scivolare giù per la sua schiena. Per un brevissimo istante avrebbe voluto essere una di quelle gocce, per poter sfiorare il suo corpo e accarezzarla, scivolando giù fino ai suoi piedi.
Lo distolse dai suoi pensieri il rumore della porta del bagno che si aprì, d’istinto girò lo sguardo verso di lei. La pelle chiara, le labbra rosse, i capelli asciutti che le cadevano sulla spalla e il grande asciugamano che le copriva il corpo. Si alzò dirigendosi verso di lei. Susan entrò in camera chiudendogli la porta in faccia. Garrteh si innervosì per un po’, ma alla fine si rilassò e si diresse di nuovo verso il divano. Voleva un po’ di privacy ovvio, poteva concedergliela, almeno poteva provarci. Lottò con tutte le sue forze contro la tentazione di rompere la porta e osservarla in ogni angolazione possibile del suo corpo perfetto. Ancora prima che potesse agire lei uscì dalla stanza. Indossava dei blue jeas e una maglietta rossa a bretelle.
“allora vai in giro a fare del bene?”gli chiese Garrteh alzandosi in piedi.
“E’ quello che noi angeli facciamo!” disse Susan dirigendosi verso la porta.
“quando credi di tornare?” gli chiese ansioso, il sol pensiero che lei potesse sfuggirgli lo devastava.
“prima che il sole tramonti.” Gli rispose onestamente Susan, e poi uscì.
“ti aspetto qui”gli sussurrò.
Quella calma che ora riempiva la stanza vuota metteva sempre più in evidenza il suo conflitto interiore. Si stava spingendo oltre la sua stessa natura era sull’orlo di un burrone, in billico tra il lecito e l’illecito. Erano trascorsi solo pochi minuti, ma gli sembravano una vita. Decise di sfuttare quel momento di solitudine per riflettere, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò sul divano. Quando si risvegliò notò che era quasi sera e che lei non era ancora tornata, stanco di aspettarla ed ansioso di rivederla andò a cercarla.
Susan camminò per un po’ aiutando tutte le persone che poteva, gente in difficoltà, anziani, bambini e persone di ogni tipo. La sua ultima opera di bene di quella giornata, fu aiutare un bambino che si era perso a ritrovare i suoi genitori . Poi si sedette su un’altalena del parco pubblico e con i piedi si dondolò avanti e indietro. Il movimento ripetuto dell’altalena la rilassò, ma solo per poco. D’ovunque lei guardasse c’era sempre una coppia che rideva, si abbracciava o si baciava. Rimase contenta per tutto quell’amore, ma allo stesso tempo irritata. Una volta finta la sua missione sulla terra sarebbe ritornata nel suo mondo e avrebbe rivisto suo padre e David il suo promesso sposo. Susan non aveva mai conosciuto Devid, il suo era un matrimonio combinata deciso ancora prima che lei nascesse. Sapeva che lo avrebbe sposato, ma non sapeva se lo avesse amato davvero, in fondo non lo conosceva nemmeno. Susan aveva sempre odiato quella forma di amore, quello dovuto perché sotto costrizione, e poi loro erano angeli, potevano innamorarsi davvero di una persona e lasciare che fosse il loro cuore ad unirli e non uno stupido patto stipulato quando lei non poteva nemmeno ribattere o opporsi, perché non era nata. E in quel momento si chiese se quello che stava provando per Garrteh fosse amore vero. Quando stava con lui si sentiva completa e quando non lo era, si sentiva … vuota. Assorta nei suoi pensieri non si rese conto della notte che stava calando. Si rialzò e cominciò a camminare verso il suo appartamento. Mentre camminava incontrò un gruppo di ragazzi che la inseguirono. Leggendogli nella mente intuì che erano le stesse persone con cui era stato Garrteh la scorsa notte. Cercò di evitarli ma se li ritrovava sempre in torno. Qualcuno di loro le fece qualche fischio e altri la chiamarono con nomi poco adatti o sgarbati a una persona come lei. Susan avrebbe voluto correre via, sapeva di essere più veloce di loro, ma nel suo mondo li era stato imparato a camuffarsi con gli umani senza dare nell’occhio, e una corsa a tutta velocità avrebbe di sicuro attirato l’attenzione soprattutto di sabato, quando nel corso della città ci sosta molta gente. Uno dei cinque ragazzi si avvicinò a lei tirandola per il braccio e strattonandola. Le tirò la maglia fino a strapparle una bretella rossa. Susan cercò di difendersi come poteva, sforzandosi di apparire il più naturale possibile, urlando e dimenandosi, tirando calci e pugni. Uno dei ragazzi però con uno spintone riuscì a spingerla a terra. L’impatto con marciapiede fu molto forte, di sicuro le avrebbe lasciato un livido, il pantalone si strappò. Si sentì persa e avvertì una forte sensazione di paura. Teneva lo sguardo basso, quando sentì delle urla agghiaccianti. Rialzò lo sguardo e vide il corpo del ragazzo che le aveva rotto la bretella a terra privo di vita, e gli altri ragazzi che correvano via spaventati. In piedi davanti al corpo del ragazzo ormai morto c’era Garreth.
“muoviti, dobbiamo andare!” le disse con un leggero ringhio nella voce, mentre gli porgeva una mano per aiutarla a rialzarsi. Susan l’afferrò confusa e si rimise in piedi, ma la gamba le faceva male e non era in grado di correre, la polizia sarebbe arrivata a momenti e loro dovevano sparire da li. Garreth se la caricò in spalla.
“Reggiti” le disse e cominciò a correre. Susan si avvinghiò stretta alle sue enormi spalle, incredibilmente calde e forti. Era passata dal freddo del marciapiede asfaltato, al caldo del suo corpo, e non rimpiangeva quella sensazione di calore che il corpo di lui aveva da offrirgli. Mentre Garreth correva a velocità supersonica verso il suo appartamento, Susan realizzò di aver appena assistito ad un omicidio. Il suo istinto d’angelo era tormentato da quel ricordo, anche se una parte di lei gli era grata, perché l’aveva salvata. Ma quel suo folle sentimento di sollievo svanì subito, appena si ricordò che era stato lui stesso ad incoraggiare al male quei ragazzi la sera prima. Garreth era molto veloce, avere lei in spalla lo rinvigoriva, in un lampo arrivarono a casa confondendosi tra le ombre della notte.
Aprì la porta, attraversò il salotto e la depositò dolcemente sul letto, allora notò che stava piangendo. Gli si era bloccato il respiro, gli angeli non dovevano piangere e non dovevano essere tristi, lei non doveva esserlo. Br> “Susan, stai male? Sei ferita?”gli domandò preoccupato. Mentre gli parlava allungò la mano per poterla accarezzare in volto, ma lei l’allontanò con uno schiaffo.
“Stammi lontano!” gli urlò contro. Garreth era pietrificato non riusciva a capire che cosa le fosse preso in quell’istante, in fondo le aveva salvato la vita.
“Hey, mi spieghi che succede, che ti prende adesso?” gli chiese Garreth confuso per quella sua situazione.
“che mi prende? Che ti prende a te, ma non ti rendi conto che hai appena ucciso un ragazzo!” gli urlò conto.
“ti stava violentando, mi è sembrata la cosa migliore” gli disse tentando di giustificare il suo gesto .
“uccidere una persona, per quanto possa essere cattiva, non è mai la scelta migliore, e poi sei stato tu stesso ad istigarlo, la sera prima ricordi” gli disse Susan, ed aveva ragione, era stato lui a dirgli di spassarsela con la prima che avrebbe trovato, certo non aveva tenuto in considerazione che avrebbe potuto fare del male a lei. Garreth sapeva che aveva ragione, ma era troppo orgoglioso per ammettere di avere sbagliato.
“non lo avrei istigato a fare quelle cose se tu ieri non mi avresti fatto innervosire e spinto fuori di casa” gli disse cercando di capovolgere la situazione a suo vantaggio.
“quindi la colpa di tutto questo sarebbe mia! Sei incredibile!” gli disse arrabbiata, era evidente che si era sbagliata, non avrebbe mai potuto cambiare la sua natura, sarebbe per sempre rimasto ciò che era, e cioè un demone spietato capace solo di male.
“senti, ho fatto la cosa giusta ok.” gli disse abbassando lo sguardo e intrecciandosi una mano tra i capelli
“Per chi?” gli chiese Susan mentre sentiva la rabbia salirgli in corpo.
“Per Te!” urlò mentre si faceva più vicino a lei “davvero non riesci a vedere quanto sei indispensabile per me, per qualche strana ragione sei diventata il centro del mio universo, in così poco tempo mi hai rapito completamente e hai rimesso in moto il mio cuore, sentì…” gli prese una mano e se la portò al petto. “visto” le disse infine. Susan non disse niente, si limitò a sentire i battiti del cuore di lui, perfettamente in sintonia con i suoi di battiti. Garrteh abbassò lo sguardo e lascio la mano frustato. Con sua estrema sorpresa la mano di Susan era ancora lì. “quando non sei tornata sono quasi impazzito, così ho deciso di venirti a cercare. Inizialmente ero arrabbiato con me stesso, pensavo che non avrei dovuto permetterti di andartene e che fossi scappata via da me. Poi quando stavo perdendo le speranze ho sentito una strana sensazione, qui nel cuore, poi ho sentito urlare ed ho capito che eri in pericolo e sono corso verso il suono della tua voce. Appena ho svoltato l’angolo ho visto quei cinque ragazzi, tu a terra e … non sono riuscito a controllarmi, la rabbia a preso il sopravvento è stato più forte di me, scusami non volevo che ti toccasse assistere.” Gli disse ed abbassò lo sguardo. Susan si sentì strana, era tutto così nuovo per lei. Certo, quello che aveva fatto era qualcosa di imperdonabile lo sapeva bene, ma non poteva biasimarlo, l’aveva fatto solo per proteggerla, solo per lei. Girovagando nella sua mente, capì che era davvero sincero, che era davvero lei il suo primo pensiero. Non poteva farlo soffrire per uno stupido errore. Con una mano gli accarezzò il volto. Lui, ancora con gli occhi chiusi, alzò la sua mano per toccarla. Susan era ancora molto confusa, abbassò lo sguardo per posarlo sulla sua spalla.
“che cosa ci sta succedendo?” gli domandò ad un orecchio.
“non lo so” gli rispose Garreth avvinghiandola a se con un braccio intorno alla vita. Sul volto di Susan apparve una lacrima. Garreth la scambiò per una lacrima di dolore, così la sollevò e la distese sul letto sdraiandosi accanto a lei.
“la gamba ti fa male?”gli domandò preoccupato.
“un pò”ammise lei. Garreth corse in cucina, aprì il frigo e prese una bustina di ghiaccio che trovò nel congelatore in alto. Poi ritornò da Susan e gliela misi sul livido.
“Va meglio?” gli domandò. Susan fece cenno di si con la testa e lui si rilassò.
“Garreth è sera!” gli disse senza guardarlo negli occhi.
“lo so” gli rispose
“te ne andrai?”gli chiese incerta, non voleva che se ne andasse.
“non vado da nessuna parte, con te in questo stato.” gli disse prendendogli il viso tra le mani. Quella sera Susan si addormentò presto con tutti i vestiti addosso. Garreth gli rimboccò le coperte per tenerla al caldo. Susan si rigirò nel letto agitata, come se avesse paura che lui la lasciasse. Garreth era sveglio seduto accanto a lei e la osservava. Si mise a piovere e iniziò a tirare un vento freddo. Al rumore della pioggia che sbatteva sul tetto, Susan attorcigliò il naso e fece una smorfia. Era ovvio, che quel rumore la infastidiva. Sul viso di Garreth apparve un piccolo sorriso,dolce e malizioso alla stesso tempo. Poi Susan cominciò a tremare, faceva stranamente freddo quella notte. Garreth si infilò nelle coperte e l’abbracciò. Susan fu travolta dal calore che il suo corpo emanava e si fece ancora più stretta a lui, si sentiva calma, rilassata ed incredibilmente al sicuro tra le braccia di quel demone. Anche Garreth si sentì sereno, non gli importava che sarebbero dovuti scappare, perché la polizia avrebbe potuto trovarli, in quel preciso momento la sua prima priorità era lei e nient’altro, gli avrebbe dato tutto quello di cui aveva bisogno, sarebbe stato tutto ciò che lei avrebbe voluto che fosse, solo per renderla felice, l’avrebbe protetta sempre e comunque, aveva trovato una ragione plausibile per non disprezzare più l’amore. E mentre la stringeva a lui, si addormentò.

Note dell'autrice: Continuo se recensite.

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