A stone in the heart

di Raya_Cap_Fee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***



Capitolo 1
*** I ***


A STONE IN THE HEART



 
CAPITOLO UNO

Erzsébet fissò il treno che l’avrebbe portata a Hogwarts e una smorfia di disappunto si disegnò sul volto giovane e pallido “Un treno” disse scettica volgendosi verso sua madre. Griseldis Báthory guardò a sua volta l’Espresso fumante per Hogwarts e scrollò appena le spalle “Ognuno ha i suoi mezzi, Erzsébet” disse la madre con calma. Entrambe erano ferme sulla banchina, fianco a fianco, e nessuno avrebbe potuto mettere in dubbio il fatto che fossero madre e figlia.

“Preferivo la nave” sospirò la ragazza scostandosi dal volto una ciocca dei capelli biondissimi e tenuti sciolti sulle spalle esili. Si voltò verso la madre e dovette sollevare un po’ il volto per poterla guardare bene in faccia “Vi scriverò non appena messo piede a Hogwarts, anyu*disse Erzsébet, il tono deciso.

Griseldis guardò sua figlia in quegli strani occhi verdi ereditati dal padre e stirò le labbra carnose in un sorriso appena accennato “Certo mia cara” si chinò a stringere tra le braccia l’unica figlia avuta dal matrimonio e inspirò il forte odore di camomilla che emanavano i suoi lunghi capelli “Ricordati sempre chi sei, Erzsébet” si sentì in dovere di sussurrarle all’orecchio prima di lasciarla andare.

“Ci rivedremo per Natale” disse Erzsébet dopo aver annuito, convinta. Prese il suo baule e la gabbia che conteneva Fizkò, un piccolo barbagianni che avrebbe usato per comunicare con sua madre. La ragazza rivolse un’ultima occhiata alla donna. Alta e magra, stretta in un lungo giaccone nero che metteva in risalto la pelle chiara e i capelli biondi raccolti dietro la nuca; Griseldis Báthory era il ritratto della perfezione. Gli zigomi alti e gli occhi leggermente allungati rendevano il suo viso altero, quasi severo, ma non per lei. Accennò un ultimo sorriso verso la madre e poi salì sull’Espresso.
 
Capì subito di non sapere dove mettersi, non faceva parte di nessun gruppo e non conosceva nessuno avendo, fino a giugno, frequentato la scuola di Durmstrang. Decise quindi di prendere posto al primo scompartimento vuoto poi, a scuola avrebbe avuto modo di capire a quale Casa essere affiliata e come conseguenza scegliersi degli amici. Trovò uno scompartimento e vi entrò disponendo i suoi bagagli e la gabbia poi, prese posto sulla morbida poltrona di velluto rosso vicino al finestrino e sentì il treno cominciare a muoversi.

Si passò una mano sul volto ed emise un flebile sospiro guardando la stazione di King’s Cross allontanarsi. Le sarebbero mancati i corridoi stretti e freddi di Durmstang, la sua divisa cremisi foderata di morbida pelliccia, il suo dormitorio diviso con Stéphka ma Hogwarts era stata una scelta necessaria dopo la morte di Istvàn Báthory, suo padre.

Qualcuno spalancò la porta dello scompartimento facendola sobbalzare. Due ragazzine dai capelli scuri la scrutarono con attenzione per qualche attimo prima che una di loro si decidesse a parlare “Possiamo?” chiese la più alta, garbata. Erzsébet avrebbe voluto dire di no, ma si ritrovò a fare un brusco cenno del capo in segno d’assenso a quelle due che sembravano appena del secondo anno. Fortunatamente presero posto alle poltrone più lontane lasciandole quindi il suo spazio.

“Lo hai visto? Non pensi che sia bellissimo?” disse la ragazzina più piccola all’altra, seduta di fronte.

“Chi? Weasley?” domandò l’altra con un sopracciglio inarcato e l’espressione perplessa.

“Ma no, Harry!Harry Potter!” esclamò la più piccola. Erzsébet si volse appena a guardare le due. Anche a Durmstrang il nome di Harry Potter era famoso. Due anni prima, una delegazione era partita dalla Scuola in Norvegia per partecipare al Torneo Tremaghi e molti erano stati curiosi di conoscere il famoso bambino scampato al Signore Oscuro.

“Non è un granché” l’aveva descritto Dimitri, un suo compagno, una volta di ritorno.

“Penelope non essere scema. Harry Potter non ti guarderebbe neanche se fossi l’ultima ragazza a Grifondoro!” esclamò la più grande con un sorriso divertito. Erzsébet nascose un ghigno contro il finestrino e si estraneò nuovamente dal discorso delle due che, comunque, non sembravano essere interessate a nient’altro che a fare nomi di ragazzi più o meno carini.

“Ah, eccovi qui! Ciao Penny, Clarice” salutò un nuovo giunto, qualche ora dopo. Erzsébet era appoggiata con la testa al vetro e osservava le brughiere inglesi con vivo interesse sgranocchiando una Cioccorana. Colse il riflesso del ragazzino, amico delle altre due, appena entrato e quando notò che la stava fissando, Erzsébet si girò di scatto a guardarlo. Ted, come l’avevano salutato le ragazzine, arrossì fino alla punta dei capelli biondicci e si sedette dandole le spalle. Il chiacchericcio divenne più fitto “Mia mamma era indecisa se mandarmi a Hogwarts quest’anno, ma papà l’ha convinta che non c’è posto più sicuro di dove c’è Silente” mormorò Clarice, rivolta a Ted che annuì concorde.

“Da quando Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è tornato anche i miei non volevano poi, fortunatamente si sono convinti” aggiunse il ragazzo con un sospiro.

Erszébet fissò lo sguardo sui tre. Non aveva mai sentito discorsi del genere tra gli studenti di Durmstrang, nemmeno tra i più piccoli “Manca ancora molto a Hogwarts?” chiese quindi approfittando di un attimo di silenzio. Penelope e gli altri due la fissarono per un momento cogliendo forse il suo strano accento “Qualche ora, credo”.

Erzsébet fece una leggera smorfia “Tu…Tu sei nuova? Sembri grande…cioè…sei grande…” balbettò Ted fissandole una spalla. Sembrava timido per guardarla in volto. Lei si sistemò meglio contro lo schienale della poltrona e represse una risata “Sì, sono una nuova studentessa” disse semplicemente intrecciando e sciogliendo le dita poggiate in grembo.

“Vieni da un’altra scuola?” chiese Clarice. Erzsébet annuì “Durmstrang” disse con un sorriso a fior di labbra e una punta d’orgoglio. Un gemito soffocato risuonò nello scompartimento.

“D-Durmstrang?” domandò Ted, gli occhi nocciola sgranati.

“Sì, D-Durmstrang” ripetè lei con un sorriso divertito. Ted arrossì di nuovo ma s' intromise Penelope “Quindi tu… tu conosci Viktor Krum!” esclamò in uno strillo entusiasta. Erzsébet sollevò appena le sottili sopracciglia bionde verso l’alto “Beh, sì. L’ho conosciuto” rispose. Durmstrang, d’altronde, era famosa anche per il fatto di aver ospitato Viktor, uno dei giocatori di Quidditch più famosi al mondo.

La discussione di ragazzi carini o meno riprese tra le due ragazzine mentre Ted, mortificato dalla sua presa in giro si era rintanato in un silenzio imbarazzato.

Dopo qualche ora le chiacchere di Penelope, Clarice e Ted si affievolirono. Si alzarono in piedi e presero dai loro bauli una veste nera recante un’ effige rosso- oro.

“Queste sono le divise di Hogwarts” disse Clarice notando lo sguardo della bionda. Erzsébet annuì, aveva anche lei una semplice veste nera nel baule e si disse che forse, doveva indossarla anche lei.

“Il colore rosso-oro indica la Casata dei Grifondoro” disse Ted con coraggio “Immagino che tu sarai smistata insieme a quelli del primo anno…” aggiunse.

“Speriamo di averti con noi…”disse Penelope. Erzsébet non era convinta di voler condividere altro tempo con persone del genere. Troppo chiassose per i suoi gusti.

Si limitò ad annuire ancora una volta poi si alzò e indossò, sopra i suoi vestiti Babbani, la veste scura cucita su misura e nuova di zecca. Il treno si fermò dopo alcuni minuti e parecchi scossoni e nei corridoi il vociare si fece sempre più fitto.

Erzsébet recuperò un Fizkò stranamente silenzioso e il suo baule e uscì in corridoio. Nell’uscire urtò involontariamente una ragazza dai capelli scuri e un viso curiosamente somigliante a un carlino “Ehi, attenta!” strillò stizzita la ragazza guardandola in cagnesco. Erzsébet non fece in tempo a replicare che la ragazza era già avanzata, sparendo alla sua visuale. L’unica cosa che aveva avuto modo di notare era la sua effige verde-argento sulla veste.
 
Scesa dal treno si guardò intorno perplessa. La maggior parte degli studenti si era avviata verso un sentiero che risaliva la collina mentre un gruppo di più piccoli era fermo accanto ad un omone troppo alto, per non essere un mezzogigante. Erzébet inarcò verso l’alto un sopracciglio biondo “Beh, Fizkò….eccoci a Hogwarts…” mormorò.

“Erzasebeta Batthary venga da questa parte! Erzasebeta Batthary venga da questa parte!” gridava l’omone agitando un foglio sopra la testa. La ragazza storse appena le labbra. Si avvicinò all’uomo con capelli e barba lunghi e al gruppo del primo anno. Gli occhi verdi fissi sulla figura del mezzogigante “Erzasebet…” stava per dire quello.

La ragazza sbuffò appena “Sono qui!” esclamò alzando appena una mano “Erzsébet. Non Erzasebeta…” aggiunse in tono seccato. Incrociò gli occhi scuri dell’uomo e quello sorrise, imbarazzato “Nomi strani, nomi strani” si giustificò in fretta prima di rivolgersi al gruppetto del primo anno “Venite tutti con me, forza. Io sono Hagrid!” si presentò battendosi una mano sul petto ampio.

Si unì al gruppo del primo anno verso la riva di un lago e delle barchette. Era così che doveva arrivare a Hogwarts? Rimpianse ancora una volta la grande nave di Durmstrang che li conduceva proprio sui fiordi davanti al castello. Prese posto, ponendosi in grembo Fizkò. Ignorò le chiacchere dei ragazzini che la circondavano. Le capitava molto spesso di estraniarsi da ciò che le accadeva intorno e come in quel caso, la cosa sembrava comunque non turbarla. Gli occhi erano fissi sulla sagoma del castello che si avvicinava. Era molto più grande di Durmstang, questo le era stato detto, ma non immaginava così grande. Esclamazioni di sopresa giungevano anche dai ragazzini tutt’intorno.

Quando finalmente arrivarono a toccare riva, Erzsébet tirò un sospiro di sollievo. Una cosa era viaggiare su una nave di grandi dimensioni e un’altra viaggiare su una barchetta traballante.

“Ora c’avete da essere sottoposti a una piccola perquisizione” disse Hagrid. Infatti, qualcuno mezzo ingobbito e dall’aria acida li stava aspettando “Questo qua è Gazza. C’ha da controllare i bauli” continuò lui.

“Perché?” domandò Erzsébet sospettosa. Qualche testa si voltò a guardarla ma la ragazza alternava lo sguardo da Gazza a Hagrid “Per sicurezza, Erz. A Hogwarts non hanno da entrare oggetti Oscuri” continuò l’uomo. Erzsébet tralasciò il nomignolo affibbiatole e si fece avanti per lasciare il suo baule davanti a Gazza “Stia attento” disse soltanto, preoccupata per i suoi oggetti. Abbandonò, sotto ordine, anche la gabbia con Fizkò.

Tutto il gruppo cominciò ad avanzare dietro Hagrid su per il sentiero e fino a quando non giunsero a delle grandi scalinate Erzsèbet non potè fare a meno di mettere a confronto la sua vecchia scuola con questa. Innanzitutto faceva piuttosto caldo, lì a Hogwarts, e poi tutto era ben curato, sicuro. Sapeva che a proteggere Hogwarts specie dopo il ritorno del Signore Oscuro c’erano incantesimi potentissimi fatti dallo stesso Silente. Erzsébet si sentì confortata da tutta quella sicurezza.

Salirono le scale e i grossi battenti di quercia del portone si spalancarono per lasciarli passare. La Sala d’Ingresso era ben illuminata e lastricata di pietre squadrate e pulite.  C’erano quattro stendardi appesi alla parete di sinistra e, sempre contro quel muro vi erano quattro grandi clessidre contenenti delle gemme colorate. La ragazza si ritrovò a schiudere le labbra per la sorpresa. Non fu la sola perché, intorno a lei, i ragazzini non sapevano più dove guardare “Venite, venite…questo non è niente” disse Hagrid. Un altro grande portone alla loro destra si spalancò rivelando agli occhi dei nuovi giunti la Sala Grande.

Erzsèbet sbattè le palpebre, stupita. Quattro lunghissimi tavoli, affiancati da panche, erano disposti in modo da creare un largo corridoio al centro; di fronte invece, su un gradone vi era un altro tavolo al quale erano seduti gli Insegnanti. Centinaia di candele erano sospese a mezz’aria sulla testa degli studenti a creare luce e il soffitto, appurò con uno sguardo, ricreava un cielo stellato. Tutti gli studenti dal secondo anno in poi erano già seduti. Si guardò brevemente intorno e scorse tra il tavolo rosso-oro, Clarice e Penelope.

La cerimonia di smistamento per lei era una novità. A Durmstrang non esistevano Case, tutti gli studenti erano un solo gruppo. D’altronde i criteri per essere ammessi erano diversi. La frequenza dell’Istituto era riservata ai soli discendenti Purosangue. Hogwarts era diversa, questo lo sapeva.

Avanzò dietro gli altri, spiccando notevolmente in altezza e portamento e si guardò brevemente intorno. Qualcuno la stava guardando con curiosità.
“Benvenuti a Hogwarts miei cari, accogliamoli con un applauso” esordì una voce dal tavolo Insegnanti. Erzsébet aveva avuto modo di vedere Silente sul giornale perciò non ebbe dubbi quando fissò lo sguardo sull’uomo anziano dalla lunga barba candida, gli accesi occhi azzurri e gli occhiali a mezzaluna posti sul naso adunco. Albus Silente era famoso in tutto il Mondo Magico.

Il battito di mani si affievolì quasi subito ed Erzsébet in quel momento notò uno sgabello posto davanti al gradone. Sopra, vi era poggiato un consunto cappello.

“Quello è il Cappello Parlante…” sussurrò un ragazzino all’amico davanti a sé.

“Procediamo con lo Smistamento. Sono sicuro che sarete affamati!” disse Silente gioviale.

Una donna anziana ma ancora evidentemente in forze, con i capelli grigi raccolti elegantemente in uno chignon si schiarì la voce “Anderson Emily” chiamò dalla lista che stringeva tra le mani. Erzsébet osservò con stupore il cappello prendere vita quando fu poggiato sulla testa di una ragazzina bionda e lentigginosa “Tassorosso!” esclamò il Cappello con voce squillante. Erzsébet aggrottò la fronte mentre uno scroscio d’applausi provenne dal tavolo dai colori giallo-nero.

In base a cosa quel Cappello smistava le persone?

Ben presto fu il suo turno “Báthory Erzsébet” esclamò la donna. Erzsébet si staccò dal gruppo e avanzò verso lo sgabello a tre piedi. Prese posto silenziosamente mentre la donna calava il cappello sulla sua testa “Serpeverde!” strillò quello avendole appena sfiorato i capelli biondi. Il tavolo verde-argento esplose in un applauso mentre un coro di protesta si alzò da un tavolo bronzo-blu.

La neo-Serpeverde si avvicinò al tavolo e prese posto al fianco di un ragazzo di colore “Benvenuta nella miglior Casa di Hogwarts!” esclamò quello al suo fianco. Qualcun altro si complimentò con lei ma fu solo alla fine dello Smistamento che Silente spese due parole per spiegare la situazione della non evidente undicenne.

“Tra il tavolo di Serpeverde, questa sera c’è una nuova studentessa del sesto anno…” disse il Preside soffermando lo sguardo sulla sua figura “Erzsébet proviene dalla Scuola di Durmstrang che voi conoscerete sicuramente”. Qualcuno al tavolo di Serpeverde si voltò per guardarla meglio.

“Spero siate gentili con lei e aiutarla a integrarsi. Ora mangiate, parlerò dopo” aggiunse per poi andare a sedersi.

“Durmstrang?” chiese una ragazza seduta di fronte a lei. I ricci castani le incorniciavano un volto dal colorito olivastro.

“Báthory…ma certo!” disse il ragazzo al suo fianco, accennando un sorriso. Erzsébet si voltò a guardarlo curiosa.

“Zabini Blaise” si presentò inchinando appena la testa rasata in segno di rispetto “Enchantèe” disse. Erzsébet sorrise appena “Io non sono francese, Blaise”

“Ovviamente no ma il francese fa elegante. Ungheria, giusto? Ho sentito parlare della tua famiglia”

Erzsébet rimase sopresa poi, lentamente, annuì.

“Ehy, Draco! Non vuoi conoscere la nostra nuova amica?” disse Blaise rivolto ad un ragazzo seduto poco più in là. Erzsébet fissò lo sguardo sui capelli biondissimi e il viso appuntito che si girò nella loro direzione. Sembrava essere stato interrotto nel bel mezzo di un racconto divertente.

Draco guardò la neo-Serpeverde del sesto anno e stirò le labbra sottili in un sorriso che sembrava quasi un ghigno “Allora esistono ancora Purosangue degni di questo nome, Blaise” disse il biondo fissandola.

Blaise ridacchiò “Erzsébet, ti presento Draco Malfoy”.



 
 Note dal testo:
*Anyu dall’ungherese mamma
Hagrid commette volontariamente degli errori nel parlare.


Note d'Autrice: Ecco qua, se siete giunti alla fine di questo capitolo vi ringrazio davvero tanto! :) E' un idea partorita dalla mia mente su di giri e spero che possa piacervi man mano che andrò avanti con i capitoli. E' la prima volta che mi cimento nella di sezione di Harry Potter sebbene la bazzichi spesso. Il personaggio di Erzsébet è ispirato ad un personaggio realmente esistito (e non per buoni motivi) si dicesse fosse una strega per cui...beh..ecco la discendente. Mi scuso per eventuali errori presenti nel capitolo e a proposito...se qualcuna/o di voi volesse farmi da beta mi contatti via messaggio privato o tramite la recensione (che spero vogliate lasciare). Cercherò di essere il più fedele possibile agli avvenimenti narrati nel libro ma con un Nuovo Personaggio ci saranno anche dei cambiamenti (Infatti tra le note c'è What if?). Ora non voglio dilungarmi troppo. Al prossimo capitolo, se vorrete!
Il rating potrebbe cambiare!
Raya_Cap_Fee

 
 

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Capitolo 2
*** II ***


A STONE IN THE HEART


 
CAPITOLO DUE

A cena terminata tutti si alzarono in piedi per uscire dalla Sala Grande “I nuovi vengano da questa parte per favore!” strillava una voce femminile al loro tavolo. Erzsébet la riconobbe come la ragazza che aveva urtato sul treno. Sul petto, oltre all’effige recante il serpente, aveva una spilla di Prefetto.

“Ehy tu! Ragazzino! Ti ho detto di metterti in fila insieme a tutti gli altri!” strillò ancora la ragazza. Erzsébet scambiò uno sguardo con Blaise “Dovrei andare con lei?” chiese indicando con un cenno del capo la ragazza-carlino.

“Oh non serve, ci sono anch’io” rispose una voce che non apparteneva a Zabini. Erzsébet ancora seduta si voltò a guardare Draco Malfoy, in piedi dietro di lei, e notò che anche lui aveva la spilla di Prefetto.
“Pansy diventa isterica ogni anno con i nuovi” commentò perplesso Blaise, alzandosi. Erzsébet lo seguì e fu affiancata dal biondo serpeverde. Era poco più alto di lei ma non grosso da poterle incutere timore.

“La nostra Sala Comune è nei sotterranei della scuola” le disse Draco varcando la soglia della Sala Grande “Ricordo che a Durmstrang non ci sono Case, è così?”

Erzsébet annuì guardando Blaise precederli in compagnia di un ragazzo allampanato, una zazzera nera scompigliata al posto dei capelli “Noi a Durmstrang siamo organizzati diversamente” rispose poi guardandosi intorno.

“Mio padre voleva mandarmi lì…” disse Draco, le mani affondate nelle tasche della tunica nera. Erzsébet osservò il suo profilo “Malfoy hai detto?” ripetè il cognome del ragazzo per ricordare qualcosa.

A suo tempo, la famiglia Báthory l’aveva costretta a studiare le famiglie Purosangue del Mondo magico, se non altro le più influenti. Draco sembrò irrigidirsi appena ma poi annuì. Alla ragazza non veniva in mente nulla riguardante la famiglia Malfoy se non…

“Lucius Malfoy è tuo padre?” disse rallentando appena il passo fino a fermarsi lungo il corridoio di pietra leggermente in discesa. Draco si voltò a guardarla, fermandosi a sua volta, le labbra leggermente arricciate “Sì”.

Erzsébet ricordò il viso stampato sulla Gazzetta del Profeta; il volto appuntito e i capelli talmente chiari da sembrare biondi come quelli del figlio.
“Ora è ad Azkaban, vero?” domandò la ragazza, gli occhi verdi fissi in quelli grigi e freddi del ragazzo.
Draco non rispose, era inutile se conosceva già la risposta.

“Mi dispiace, Draco” aggiunse allora Erzsébet “La decadenza è una triste sorte per una famiglia Purosangue”.

Riprese a camminare, ormai erano soli nel corridoio. Sentiva Draco procedere appena dietro di lei ma sembrava non essere più in vena di chiaccherare.

“E’ qui” disse d’un tratto lui fermandosi davanti ad una liscia parete di pietra. Erzsébet si fermò e tornò indietro per guardare insieme a lui, la parete umida.
Obscuritae” disse Draco e una porta di pietra scivolò di lato rivelando un corridoio dal quale provenivano delle voci “Questa è l’entrata alla nostra Sala Comune. La parola d’ordine per questa settimana è quella che mi hai sentito dire. Ogni sabato a mezzanotte, la parola cambia. Se non la ricordi non entri” aggiunse in fretta Draco guardandola appena.

Gli fece un cenno con la mano ed Erzsébet entrò per prima. La sala Comune Serpeverde era piuttosto piccola. Un camino di pietra occupava la maggior parte della parete di destra e davanti vi erano alcuni troni di pietra sui quali sedersi a godere del tepore delle fiamme. C’erano anche divani e poltrone normali, ora tutti occupati. Erzsébet sollevò lo sguardo al soffitto umido dal quale pendevano lanterne dalla luce verdognola. L’insieme della stanza era freddo, impersonale ma le piaceva.

“Siamo sotto il lago per questo è tutto piuttosto umido” sentì la voce di Draco al suo fianco. Era talmente vicino che il petto di lui le sfiorava la spalla e un brivido le percorse la schiena.

“Erzsébet! Vieni qua!”

Blaise Zabini le stava facendo segno di avvicinarsi a uno dei troni in pietra.

“Erzsébet, ti presento Theodore Nott e Pansy Parkinson” continuò il ragazzo di colore quando fu abbastanza vicina. Theodore era il ragazzo con cui l’aveva visto allontanarsi, aveva un'aria volutamente trascurata che lo rendeva quasi attraente. Pansy Parkinson invece era la ragazza-carlino.
“Buonasera” esordì lei, educata. Aveva l’impressione che tra le file dei Serpeverde non vi erano che Purosangue e forse capì perché il cappello l’avesse mandata lì.

Pansy la osservò con malcelato malcontento ma rispose al saluto sebbene fosse concentrata su qualcuno alle sue spalle, Theodore invece si alzò per baciarle una mano.

“Ho sentito parlare molto dei Báthory” disse Nott con un sorriso freddo. I Báthory erano una delle famiglie più influenti nell’est Europa, tra le sue file annoverava parecchi maghi e streghe potenti e votati a una magia tutt’altro che tradizionale.
Erzsébet era abituata ai commenti sulla sua famiglia, alle adulazioni, al rispetto e al timore che ne derivavano. Annuì appena e poi prese posto a sedere davanti al camino. Alcuni della sua famiglia erano sostenitori del Signore Oscuro, quasi tutti in realtà.

Fissò gli occhi verdi sulle fiamme del camino e sospirò appena. Suo padre, István Báthory era stato ucciso in circostanze misteriose nella loro tenuta di campagna. Era un sostenitore di Voldemort sebbene non troppo convinto. A lei non importava, il suo cognome le bastava.

“Stai bene, Draco? Mi sembri più pallido del solito” sentì Pansy rivolgersi al biondo Serpeverde che aveva scacciato da una poltrona un ragazzino del secondo anno per potervi sedere.

“Sto bene. Dove sono Tiger e Goyle? Devo parlare con loro” rispose il ragazzo. Erzsébet si voltò appena a guardarlo ma Zabini interruppe il suo silenzio “Cosa ti ha portato qui a Hogwarts? Di questi tempi Durmstrang è senz’altro una scuola migliore per i giovani maghi”.
Sentì su di lei lo sguardo di tutti i presenti. Perché abbandonare Durmstrang, la scuola nota per la Magia Oscura, per andare nel covo dei uno dei nemici di Voldemort quale Silente?

“Mio padre è morto e mia madre voleva tornare qui in Inghilterra dove è cresciuta. Non voleva avermi troppo lontana e così…” fece spallucce, incurante “Una scuola vale l’altra. Quello che dovevo imparare l’ho già imparato” aggiunse poi con un sorriso mesto. Era stata una delle migliori streghe a Durmstrang se si escludeva Pozioni.

“In piedi, tutti quanti” esordì una voce adulta all’improvviso. Erzsébet guardò l’uomo appena giunto. L’aveva visto al tavolo degli Insegnanti: Difesa contro le Arti Oscure. Una nuova materia per lei.

Si mise in piedi come gli altri.

Severus Piton li guardò uno per uno con gli occhi neri e l'espressione distaccata “Non ho molto da dirvi se non…” si interruppe uno dei nuovi prese a sussurrare al suo vicino nell’orecchio. Una smorfia si disegnò sul volto dalla carnagiane giallastra di Piton “Silenzio!” esclamò irritato.
“Tenetevi fuori dai guai, arrivate in orario alle lezioni e ricordate sempre alle altre Case chi è quella di Serpeverde” continuò infine con un ghigno. Theodore Nott sorrise a sua volta dondolando il capo.

“Ora tutti nei dormitori. Tu, Draco, fermati un attimo devo parlarti” disse Piton e poi soffermò lo sguardo su Erzsébet “Ah, signorina Báthory… benvenuta a Serpeverde” aggiunse muovendo la bacchetta. Sulla veste nera di Erzsébet si disegnò l’effige della serpe verde-argento.


 
Il mattino successivo, Erzsébet si svegliò di buonumore nel suo nuovo dormitorio. Si prese del tempo per guardarsi intorno. La stanza, che condivideva con una certa Rosalie MacBride, era quadrata e non c’erano finestre. Sul muro di fronte ai loro letti vi era uno stendardo verde-argento recante l’effige dei Serpeverde. Lei non conosceva molto della storia di Hogwarts e avrebbe dovuto rimediare ben presto. Emise un flebile sospiro e si mise a sedere al centro del letto singolo.
“Sei già sveglia?” domandò qualcuno con voce impastata. Erzsébet sollevò lo sguardo dai propri piedi per posarlo sulla figura coperta dalle lenzuola di Rosalie. Non era certa che sarebbe stata una compagna degna di Stéphka.

“Direi che è ora di alzarsi piuttosto” mormorò in risposta la ragazza ungherese mettendosi in piedi.


 
Più tardi, uscì da sola dalla Sala Comune dei Serpeverde per recarsi in Sala Grande per la colazione. Ricordava il tragitto percorso con Draco solo la sera precedente e non fu difficile raggiungere le scale che risalivano dai sotterranei. Era un luogo bizzarro per porre degli studenti.
 
Erzsébet entrò nella chiassosa Sala Grande e si diresse verso il tavolo dei Serpeverde. La volta della sala, quel giorno, era l’imitazione di un cielo azzurro. Prese posto al fianco di Pansy Parkinson e di un’altra ragazza  che la salutarono con un cenno del capo. Visto che nessuna delle due sembrava propensa a parlare, lei lasciò che lo sguardo si soffermasse sugli altri studenti della scuola.

 Il tavolo dei Grifondoro, dall’altro lato della sala, era il più rumoroso e gli occhi verdi della Serpeverde si soffermarono su un volto che molte volte aveva visto sui giornali. Harry Potter, il Prescelto, il Sopravvissuto. Mille nomignoli per un ragazzo di sedici anni a suo parere solo fortunato.

“Guardi Potter, Erzsébet?” esordì la voce di Blaise al suo orecchio. La ragazza sobbalzò voltandosi di scatto verso il ragazzo che prese posto sulla panca, alla sua sinistra. Fece una leggera smorfia e spezzò un panino al burro con le sottili dita “E’ famoso anche in Ungheria, Potter. Ero curiosa di osservarlo dal vivo” mormorò facendo galleggiare la mollica in un tuorlo d’uovo.

“Beh, avrai molte occasioni di ritrovarti davanti Potterino. Ah, guarda. Piton sta distribuendo gli orari. Dove si è cacciato Draco?”

Ma Erzsébet smise di ascoltare Zabini e tornò a guardarsi intorno. I Tassorosso sembravano i più pacati, i Corvonero aveva tutti l’aria un po’ altezzosa…
“Báthory, i tuoi orari” la voce melliflua del professor Piton la scosse dai pensieri e allungò una mano verso il foglio che le porgeva.
“Ovviamente, i piani di studio di Durmstrang erano diversi.Dovrà mettersi in pari, avrà senz’altro delle lacune in alcune materie…”

“Professore?” fece per chiedere Erzsébet, a Piton già vicino a Blaise.

“Si?”

“Perché dovrei studiare Difesa contro le Arti Oscure?” chiese la ragazza, perplessa, alzando gli occhi verdi dall’orario.

“Domanda interessante…” rispose Piton per poi allungare il foglio verso Zabini e passare avanti.

“Voi a Durmstrang studiavate Arti Oscure no?” domandò il ragazzo al suo fianco. Erzsébet annuì bruscamente, risentita per la non risposta dell’insegnante.


 
Alla fine del primo giorno di lezioni, Erzsébet si ritrovò semi-distrutta mentalmente. Le materie in cui aveva delle lacune erano parecchie, in altre era in vantaggio, in altre ancora non si sentiva affatto a proprio agio. Come Erbologia. Sospirò sommessamente, seduta nella Sala Comune deserta dopo la cena. Il fuoco era quasi spento e faceva piuttosto freddo. Erzsébet si strinse nel mantello e si disse che era ora di andare a dormire. Si alzò per dirigersi verso la porta di legno chiaro del dormitorio femminile quando, un rumore di passi da quello maschile la inchiodò sul posto.

Una chioma biondo chiaro, quasi bianca, insieme ad un volto pallido e un paio di occhi grigi fecero capolino dalla porta del dormitorio. Malfoy non sembrava averla notata mentre riuchiudeva la porta dietro di sé e si avviava verso l’uscita.

“Draco?” chiamò Erzsébet, incuriosita. Il ragazzo si voltò di scatto, spaventato, una mano che impugnava già la bacchetta. Si rilassò non appena la vide “Ah, sei tu” mormorò rinfoderando l’arma. Sembrava agitato.

“Dove stai andando? C’è il coprifuoco” disse la ragazza. A Durmstrang aveva imparato la disciplina.

“Io ho da fare una cosa, tu fai finta di non avermi visto” e fece per voltarsi.

“ Ma Draco…” protestò ancora una volta e Malfoy sembrò stizzirsi “Va a dormire ho detto”.

Erzsébet alzò il mento, in segno di sfida “Non se non mi dici dove stai andando” ribattè incrociando le braccia sotto il seno. Draco era fermo a guardarla, l’espressione scocciata “Senti, io sono un Prefetto e devo pattugliare i corridoi. Tu vai a dormire o domani dirò a Piton che eri in giro per il castello” sbottò voltandole le spalle. Erzsébet strinse le labbra poi si voltò verso il dormitorio e vi entrò sbattendo volutamente la porta.


 
I giorni passavano in fretta senza che Erzsébet se ne accorgesse. Lo studio e il colmare le lacune del piano di studi fin’ora attuato impegnavano tutto il suo tempo libero. Non era una ragazza ossessionata dalla scuola come la mezzosangue Granger ma ci teneva a fare la sua figura e a non deludere le aspettative della madre nei suoi confronti.

Griseldis Báthory le aveva mandato il primo gufo una settimana dopo il suo arrivo a Hogwarts. La lettera raccomandava di comportarsi degnamente, come le era sempre stato insegnato, di non cacciarsi nei guai e di stringere amicizia con le persone giuste. L’ultimo punto aveva lasciato Erzsébet perplessa. Era a Serpeverde, la Casa dei Purosangue e dei Maghi Oscuri. Erano persone giuste? Certo che sì, a suo parere.

“Erzsébet! Puoi fermarti un attimo?” si sentì chiamare in un giorno di metà settembre mentre si dirigeva a Pozioni. Si voltò in fretta verso Pansy Parkinson e attese. Pansy accennò un sorriso e le porse un foglio.

Da quando la Serpeverde aveva avuto modo di conoscere la reputazione dei Báthory si era avvicinata a Erzsébet con l’evidente intento di farsela amica, senza riuscirci.

“Cos’è?” chiese la bionda fissando il foglio.

“E’ l’autorizzazione per le visite a Hogsmeade. Hai presente dove siamo arrivati in treno? Una volta al mese ci è concesso di uscire dalla Scuola. Devi far firmare questo foglio a tua madre o altrimenti non potrai venire. C’è tempo però, almeno fino a ottobre”

Erzsébet lesse il foglio e poi annuì ficcandolo nella sua copia di Pozioni Avanzate “Grazie, Pansy”.

 
Entrò nell’aula di Pozioni con qualche minuto di ritardo ma il Professor Lumacorno non sembrò farci caso. Era solito considerare Erzsébet un solo gradino più in basso di Harry Potter ma molto più in alto di quanto non considerasse Draco Malfoy. Prese posto proprio al fianco del biondo ossigenato e si rivolsero un cenno silenzioso come saluto. Erzsébet ce l’aveva ancora con lui per quella sera nella Sala Comune ma lui, sembrava semplicemente pensare a tutt’altro.
“Miei cari ragazzi e ragazze…” cominciò Lumacorno, gioviale guardandoli uno a uno “…prendete il vostro libro a pagina cinquantatre. Oggi vorrei che vi cimentaste nella preparazione della Pozione Invecchiante. Alla Casa con la migliore Pozione saranno assegnati cinquanta punti!”.
Erzsébet accese il fuoco sotto il proprio calderone e poi aprì la propria copia del libro, nuova di zecca. Le pozioni non le piacevano ma fortunatamente, Lumacorno stravedeva per lei e la sua famiglia.

“E tua zia Dorizka, mia cara? Lavora ancora all’Organizzazione Mondiale per il Quidditch?” le chiese Lumacorno mentre Erzsébet era intenta a tagliare le radici di una pianta fino ad ora sconosciuta.

“La zia ha deciso di prendersi un periodo di riposo in Cile. Gli ultimi campionati di Quidditch l’hanno sfibrata” rispose la ragazza con sufficienza. Era almeno il decimo membro della sua famiglia di cui Lumacorno chiedeva informazioni. Al suo fianco, Draco sbuffò e Erzsébet non seppe se era dovuto a quanto aveva detto o al fatto che la sua Pozione non aveva assunto il colorito arancione richiesto.

“Capisco, capisco” disse Lumacorno lanciando un’occhiata all’interno del suo calderone dove la Pozione Invecchiante aveva assunto un color cioccolato. Il Professore sollevò gli occhi acquosi e le rivolse un sorriso quasi triste. Non era per nulla il colore giusto, poi Lumacorno si allontanò verso Potter e la Mezzosangue Granger.

“Erzsébet, come sta il tuo gatto? Fa parte ancora del Comitato Internazionale per la Sicurezza dei Maghi?” la prese in giro Draco con una perfetta e bassa imitazione di Lumacorno. La ragazza sollevò lo sguardo dal calderone e guardò di sbieco il ragazzo biondo. Era evidente che non apprezzava il fatto di essere messo da parte.

Erzsébet sorrise mestamente, detestava le adulazioni di Horace Lumacorno e le sue cene.



Note d'autrice: Et voilà! Capitolo due arrivato, spero vi sia piaciuto. Devo ringraziarvi per le otto recensioni al primo capitolo :) Non me lo sarei mai aspettato visto la quantità di storie presenti in questa sezione. Inoltre ringrazio: Fifilla995, Potter_Bieber, Rinie e I_LOVE_BOOKS che hanno inserito la storia tra le preferite; Clouds_Jas, Cuordimenta, Delta_Mi, Drachen, MalinaM, micprofile, Potter_Bieber, Rinie e Valepassion95 che hanno inserito la storia tra le seguite e poi ringrazio rondinesincera che l'ha inserita tra le ricordate. Siete davvero una sorpresa, spero di non deludervi e soprattutto spero che vogliate lasciare la vostra opinione.
Un bacione e un augurio di una buona festa delle donne!
Raya_Cap_Fee

 
 

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Capitolo 3
*** III ***


A STONE IN THE HEART


 

CAPITOLO TRE

Erzsébet riuscì a perdonare definitivamente Malfoy nei primi giorni d’ottobre. Dopo cena, la maggior parte dei Serpeverde era comodamente sistemata tutt’intorno nella Sala Comune e Pansy Parkinson e Hannah Dervine erano impegnate in una conversazione quasi comica per le orecchie dell’ungherese.

“Il mio futuro marito dovrà essere un Purosangue, di quelli aristocratici nel vero senso della parola” stava dicendo Pansy lanciando un’occhiata in direzione di un Draco interessato a studiare il soffitto della stanza con aria persa.

“Non c’è modo di mantenere il sangue più puro di così…” aggiunse Hannah annuendo appena. Era una ragazza del terzo anno con i capelli rossicci e il viso tondo.

“I Báthory considerano un solo modo per mantenere intatta la linea di sangue puro… " disse Erzsébet con calma sfogliando con le sottili e pallide dita il libro Storia di Hogwarts “… ed è quello di sposare un altro Báthory” concluse sollevando gli occhi verdi dalle pagine ingiallite per posarli sul gruppo di Serpeverde seduto davanti al camino. Pansy Parkinson si volse a guardarla, il viso da carlino atteggiato in una leggera smorfia. Era evidente che non avesse gradito la sua intromissione nel discorso.

Hannah fissò la bionda per un attimo poi tornò a guardare Pansy che tentava di celare, con un sorriso finto, il suo fastidio “Certo, ognuno ha i suoi metodi. Personalmente non potrei mai sposare mio cugino Carl, sai che tragedia sopportare la sua voce nasale!” aggiunse con una risata isterica la ragazza-carlino.

Erzsébet si strinse nelle spalle “I miei genitori erano cugini, così come i miei nonni, miei zii e come tutti prima di loro” aggiunse. Era una tradizione della famiglia. Nessun Báthory aveva mai sposato nessun’altro che non fosse un altro Báthory. Probabilmente presto sarebbe toccato anche a lei fidanzarsi con il cugino Pàl (tanto bello quanto stupido) o Istók (freddo ma parecchio interessante).

Pansy la stava guardando con un’aria appena disgustata. Nonostante tutto non riusciva a trattenere sempre la sua natura da vipera.

“Vuol dire che sposerai uno dei tuoi cugini?”

“Sì” rispose asciutta. La cosa non la turbava, era la mentalità con la quale era cresciuta.

“Che cosa orribile…” commentò Hannah.

“E perché?” si intromise all’improvviso Draco “Anche tra i Malfoy vi sono stati matrimoni tra consaguinei. Credo sia una scelta legittima vista la feccia che comincia a girare”. Il volto pallido era atteggiato in una smorfia di disappunto.

“A quanto ne so, i Malfoy hanno anche sposato dei Mezzosangue” disse Blaise con un sorriso dall’angolo più lontano della Sala. Draco si voltò di scatto a fulminare l’altro Serpeverde con uno sguardo irritato. Erzsébet guardò i due ragazzi “Le mele marce possono capitare anche agli alberi più sani. Vanno solo potati” disse tranquilla chiudendo il libro e soffermando lo sguardo su Blaise. Era intervenuta a favore di Draco.

“Quindi qualcuno della tua famiglia è stato potato?” chiese Zabini, interessato. Erzsébet sorrise “No. Noi Báthory applichiamo le nostre regole, sempre”.


 
A metà Ottobre, Erzsébet in compagnia di Theodore Nott si preparava in sala comune per la sua prima visita a Hogsmeade “E cosa c’è?” stava chiedendo a Nott le attrattive del piccolo villaggio.

“Niente di speciale, ma bisogna pur uscire da qui ogni tanto…” rispose con voce fredda il ragazzo moro. Aiutò Erzsébet a indossare il lungo giaccone nero foderato di pelliccia d'ermellino e le scostò i lunghi capelli biondi su di una spalla indugiando più del dovuto. La ragazza arricciò appena le labbra “Comincia ad avviarti, ho dimenticato di prendere una cosa nel dormitorio” se ne liberò con una smorfia.
Detestava i finti atti di gentilezza, li trovava volgari.
Attese che Nott scomparisse alla sua vista poi vide Draco sbucare dalla porta del dormitorio maschile facendola voltare di scatto. Sembrava irritato e…stanco.

“Ci incontriamo spesso così, non trovi?” costatò Erzsébet piegando le labbra in un mezzo sorriso. Draco si accorse di lei e le lanciò un’occhiata “Già... ” rispose sistemandosi la borsa con i libri sulla spalla.

“Tu non vieni al villaggio?” chiese la ragazza.

“No, la McGranitt mi ha messo in punizione. Quella vecchia megera…” borbottò il Serpeverde. Erzsébet sorrise “Peccato”

Fece per avviarsi verso l’uscita ma la voce di Draco la fermò “Erzsébet, non prendere niente dalle mani di nessuno”.

La ragazza si volse a guardarlo, incuriosita. Sembrava una delle raccomandazioni che faceva sua madre quando era piccola “Va bene, Draco” rise, uscendo.


 
Più tardi con Blaise e Theodore, Erzsébet uscì da una locanda che si chiamava 'I Tre Manici di Scopa' e si rese conto di cosa volessero significare quelle parole pronunciate da Draco qualche ora prima. Gli studenti mormoravano su di una certa Katie Bell che era stata maledetta da una collana ricevuta da mani sconosciute, all’interno del locale dal quale erano appena usciti.

“Non è morta, è già qualcosa. Quante storie” commentò l’insofferente Theodore con le mani nel giaccone e il mento affondato della sciarpa verde nel tentativo di proteggersi dall’aria gelida. Erano già piuttosto vicini a Hogwarts “Silente non dovrebbe provvedere meglio ai suoi studenti?” chiese d’un tratto Erzsébet, irritata. Se Hogwarts, definito il posto sicuro, era attaccato così facilmente non osava immaginare…

“Chissà…forse era diretta proprio a lui. O magari a San Potter…che ne pensi, Blaise?” domandò Theodore con un sorriso maligno.

Da quando lo aveva conosciuto, ormai un mese prima, Erzsébet aveva imparato ad apprezzare sempre meno la presenza di Theo. Si volse a guardarlo con sufficienza.

“Potter era ai Tre Manici non lo hai visto? Io non avrei perso tempo a maledirlo con una collana” ridacchiò Blaise. L’ungherese emise un sospiro e accellerò appena il passo per distanziarsi dai due zoticoni Serpeverde. Era turbata dalle parole di Draco, non potevano essere state una casualità.

“Voi siete molto amici di Draco?” chiese quindi voltando il capo biondo verso Blaise. Il ragazzo annuì stringendosi nelle spalle e lo stesso fece Nott.

“Lui…com’è?” aggiunse poi incerta. Era troppo chiedere se c’entrasse lui con quanto era appena successo. Quella era stata Magia Oscura.

Blaise aggrottò appena la fronte scura “Com’è, in che senso?”

“Non sembrate avere molto in comune…”

“Oh, io e Draco abbiamo in comune genitori Mangiamorte” disse Theodore quasi allegro. Sì, Lucius Malfoy era un Mangiamorte. Era per questo motivo che era ad Azkaban no?

“E nient’altro, Theodore?” domandò Erzsébet in direzione del moro “Tu hai seguito le orme di tuo padre e lui no?” continuò. Possibile che un sedicenne, ancora studente di Hogwarts fosse entrato in servizio per il Signore Oscuro?

Nott sorrise scuotendo la testa “No, io non ancora ma Draco…”

“Stai zitto, Theo” lo rimbeccò Blaise. Erzsébet si fermò. Volse gli occhi verdi in direzione di Blaise “Perché dovrebbe tacere, Zabini?” chiese impettita. Cosa credeva, che non fosse degna di tali confidenze?

“Draco ha la tendenza a credersi più importante di quello che è. Io non starei a sentire le sue chiacchere in merito al compito che gli avrebbe affidato il Signore Oscuro…” disse Blaise, si interruppe poi improvvisamente accorgendosi di aver appena rivelato ciò che voleva tenere nascosto. Erzsébet stirò le labbra in un sorriso e sentì la pelle del viso protestare al gelo “Draco dice di aver ricevuto un compito dal Signore Oscuro?”

“Io non gli credo. Che se ne fa il più grande Mago del nostro tempo, di un ragazzino senza ancora un diploma?” disse Theo con disprezzo. Erzsébet inarcò un sopracciglio “E’ in questo modo, che siete amici di Draco? Dandogli del bugiardo alle spalle?”

“Te l’ho detto. Per Malfoy non è una novità farsi più grande di quel che è. Non sono bugie le nostre”.

Erzsébet li guardò allibita poi, si rimise in cammino verso Hogwarts.


 
La Serpeverde non vide Malfoy a cena e suppose che fosse ancora in punizione da qualche parte nel castello. Voleva parlargli, voleva chiedergli se c’entrasse qualcosa con l’incidente a Katie Bell di Grifondoro. Decise che forse avrebbe potuto chiedere alla McGranitt dove trovarlo.

“Professoressa McGranitt?” chiamò la ragazza una volta fuori dalla Sala Grande, dopo la cena. La donna si voltò nella sua direzione “Sì? Cosa c’è mia cara?”

“Draco ha con sé alcuni dei miei appunti di Pozioni. Ha portato la borsa con sé in punizione oggi ed io ne avrei bisogno…” mentì fingendosi agitata. Era sempre stata brava a mentire.

“Draco è nell’Aula di Trasfigurazione a ricopiare alcuni miei registri. Puoi andare a recuperare i tuoi appunti e a dirgli che per oggi può bastare” rispose la McGranitt con un mezzo sorriso.

“Non so proprio cosa gli prenda, a quel ragazzo quest’anno…” Erzsébet la sentì aggiungere poi mentre riprendeva a camminare.

 
Raggiunse l’Aula di Trasfigurazione e vi entrò senza tante cerimonie. Draco alzò di scatto la testa dalla cattedra mollando la piuma ed Erzsébet incrociò i suoi occhi grigi. L’ambiente era illuminato da qualche candela sospesa a mezz’aria “Buonasera, Draco” esordì lei con calma chiudendosi la porta alle spalle.

“Erzsébet…”

Rivolse gli occhi verdi sul ragazzo e stirò le labbra pallide in un sorriso “La McGranitt ha detto che per oggi può bastare” riferì avvicinandosi alla cattedra. Draco fissò per un attimo i registri e poi cominciò a sistemare in fretta “Era ora. Non ho mica tempo da perdere io…cosa vuole che me ne importi di Trasfigurazione…” borbottò il ragazzo, forse più rivolto a sé stesso che alla Serpeverde.

Erzsébet allungò le dita pallide per posarle sull’avambraccio destro di Draco. Lui alzò gli occhi grigi “Cosa c’è?” chiese, alzandosi in piedi. La superava di qualche centimetro “Quanto c’entri, con quello che è successo al villaggio oggi?” domandò Erzsébet,seria.

Draco divenne ancora più pallido e distolse lo sguardo “Non so di cosa tu stia parlando”

“Davvero?” aveva la netta sensazione che stesse mentendo.
 Draco si liberò della presa sul braccio e afferrò la tracolla con i libri.

“Katie Bell è quasi morta oggi. Qualcuno alla locanda le ha dato una collana da portare ad Hogwarts. Probabilmente era sotto la Maledizione Imperius” spiegò Erzsébet, gli occhi fissi sul profilo irrigidito di Malfoy “Inavvertitatemente però, Katie l’ha sfiorata e ci è quasi rimasta secca”.

Draco fece un sorriso “Peccato. Ma non vedo come questo episodio si colleghi a me. Come vedi, Erzsébet, io ero qui” indicò la cattedra.

“Mi hai detto di non prendere niente da mani sconosciute, anche se dubito avrei potuto oppormi…”
L’espressione di Draco mutò appena.

“E Zabini e Nott dicono cose strane su di te…” continuò la ragazza alzando il mento per guardarlo meglio in viso.

“Blaise e Theo non tengono mai la bocca chiusa” rispose lui irritato scrutando in viso la ragazza. Erzsébet notò che lo faceva lentamente, spostando gli occhi grigi da una parte all’altra del suo volto.

“Tu non c’entri niente quindi?”

“No”

Le sapeva ancora di bugia ma costatò che, forse, Draco aveva le sue buone ragioni. Decise di lasciar perdere. Accennò un sorriso “Non ti piace la Trasfigurazione, Draco?”
Lui sembrò disorientato dall’improvviso cambio di discorso ma sembrò rilassarsi. Sollevò un angolo delle labbra sottili “Non direi”.

“A Durmstrang era divertente” disse recuperando dalla tasca della tunica la propria bacchetta “Guarda qua”.

Un momento dopo, Draco vide la testa della ragazza mutare. I capelli biondi e mossi si accorciarono, il volto si riempì di peluria rossiccia, le spuntarono i baffi, le crebbero un paio di orecchie a punta e un naso triangolare e umido, negli occhi verdi spuntò una pupilla verticale. In meno di tre secondi Erzsébet Báthory era diventata un’umana con la testa da gatto. La ragazza sorrise, mettendo in mostra una serie di denti piccoli e quattro canini “Questa è una trasformazione buffa. Ce ne sono di meno piacevoli” disse la ragazza, il tono più acuto, quasi un miagolio.

Draco la fissò in silenzio. Si avvicinò a Erzsébet e si chinò alla sua altezza in modo da guardarla dritta in faccia “Questo è il tuo gatto? Quello che lavora al Comitato Internazionale per la Sicurezza dei Maghi?” scherzò. Erzsébet sorrise e con un colpo di bacchetta tornò se stessa.

“Andiamo?” propose lei. Ormai stava per scattare il coprifuoco. Draco annuì e la seguì in corridoio. D’un tratto però, Erzsébet lo vide fermarsi “Senti, prendi la mia borsa e portala in Sala Comune. Io raggiungo i sotterranei più tardi, devo controllare una cosa”

La Serpeverde assunse un’ espressione perplessa “Ma…”

“Devo pattugliare i corridoi” fu la risposta sbrigativa e consueta di Draco. In quel momento qualcosa volteggiò sopra le teste ed entrambi alzarono gli occhi.

Ooooh, Dracuccio e Bettuccia in giro per i corridoi….uuuh

“Pix!” esclamò irritato Draco. Erzsébet fece una smorfia guardando il Poltergeist. A Durmstrang non avrebbero mai permesso di essere infestati da una simile feccia.

Dracuccio e Bettuccia hanno un appuntamento romantico?Uuuuuhh

“Smettila Pix. Vai via…” disse Draco afferrando Erzsébet per una mano. Lei lo seguì ma il Poltergeist non sembrò demoralizzato Ohhh Dracuccio e la Bertuccia si tengono per mano!

Erzsébet si voltò di scatto “Bertuccia? Mi hai appena dato della Bertuccia? Brutto…” fece per prendere la bacchetta ma Draco la fermò “Pix, vai via o giuro che ti faccio perseguitare dal Barone Sanguinario fino alla fine dell’anno” minacciò.

Pix li guardò, il ghigno si spense sulle labbra e sembrò quasi imbronciato “Va bene,va bene. Non c’è bisogno di disturbare il Barone…per favore

“Sparisci” disse Erzsébet.

Pix volteggiò e sfrecciò ululando lungo il corridoio fino a scomparire. Erzsébet era incredula e irritata “Bertuccia…mi ha dato della Bertuccia…” ripetè con una smorfia. Sentì Draco accennare un risolino e si volse di scatto “Non lo trovo divertente, Dracuccio” gli strappò dalle mani la tracolla con i libri e si avviò verso i sotterranei senza dargli la possibilità di parlare oltre.

Entrò nella Sala Comune e lanciò la borsa di Draco sulla prima poltrona libera che si trovò davanti. C’era ancora qualche Serpeverde a riscaldarsi intorno al fuoco o a giocare a scacchi nell’angolo.

“Ehy, tu!” si rivolse a Goyle. Il ragazzo dal collo taurino abbassò lo sguardo dal soffitto quando vide una ombra stagliarglisi di fronte “Umh?” rispose, interrogativo.

“Prendi la borsa di Draco” disse Erzsébet per poi allontanarsi verso il proprio dormitorio. Trovò un gufo appollaiato sul suo letto. Come era arrivato lì?

Si avvicinò al rapace e dopo una leggera carezza recuperò la lettera poggiata sulle lenzuola verdi. Inarcò le sopracciglia nel vedere chi le scriveva.

Istók Báthory.


Note d'Autrice: Ecco a voi il capitolo tre. Ne sono piuttosto soddisfatta e spero che a voi piaccia. Cerco comunque di rimare fedele al sesto libro, con gli avvenimenti e i momenti in cui questi accadono e spero la cosa non disturbi insomma. Vorrei ringraziare Luna_Lovegood26 che ha inserito la storia tra le seguite e inoltre ringrazio chi di voi ha recensito lo scorso capitolo. Mi fa davvero piacere :)
Un bacione e al prossimo capitolo.

Raya_Cap_Fee

 
 

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Capitolo 4
*** IV ***


A STONE IN THE HEART


 
CAPITOLO QUATTRO
 
Mia cara Erzsébet,
Ho saputo dalla Zia Griseldis che hai cominciato a frequentare Hogwarts. E’ così? Io ti scrivo da Varsavia in questo momento. La vita dopo la scuola è molto più emozionante, le mura di Durmstrang sono un ricordo lontano per me, a te mancano? Certo, tu sei ancora giovane e devi ancora diplomarti. Sono certo che l’Inghilterra non ti dispiaccia, non la trovi molto simile all’Ungheria?
Mia madre mi ha appena scritto che per Natale vuole averci tutti riuniti nel castello di Csejthe*. Spero che tu e la zia veniate. E’ tanto tempo che non ti vedo, Erzsébet… quanti anni sono passati, tre? Sarai cresciuta ormai e sarai sicuramente una donna. Non voglio annoiarti oltre, sono sicuro che avrai molto da fare nella nuova scuola.

 Ti lascio con la speranza di rivederci presto.

 
Tuo, Istók.
 
 
Erzsébet rilesse più volte la lettera di suo cugino trattenendo il fiato. Non le aveva mai scritto prima. Lanciò un’occhiata al gufo, ancora appollaiato sul suo letto, gli occhi gialli fissi su di lei. Sospettava di dover scrivere una risposta a Istók o non se ne sarebbe andato. Si alzò per recuperare una pergamenta pulita, piuma e calamaio e si sistemò al tavolino, grata dell’assenza della sua compagna di stanza.
Istók era stato formale come sempre, mai che si sbilanciasse più di tanto a parlare di sé. Prese un respiro e scrisse la sua risposta.
 
Carissimo Istók,
mia madre ti ha detto il vero. Sono a Hogwarts adesso e alloggio in un sotterraneo (sono nella Casa dei Serpeverde). Oltre a questo, la scuola non è male anche se sento la mancanza di Durmstrang. Qui ci sono molte persone che lì non avrebbero avuto il permesso nemmeno di lucidare il pavimento. Sono molto avanti in alcune materie mentre in altre sono un po’ indietro…niente che non si possa recuperare in fretta però. L’Inghilterra mi piace, la mamma ha comprato un castello nel Galles, c’è molto verde e tu sai che l’adoro.
Non so ancora nulla dei progetti per il Natale ma spero che la mamma accetti. Sarebbe bello rivedere tutti, una volta tanto. Siamo una famiglia tanto grande che potremmo occupare tutto il castello! Come sempre la tua memoria non pecca. Non ci vediamo dal compleanno di nonna Hélène e credo che ormai anche tu sia cresciuto, Istók.

Ti lascio con la penna ma non con il pensiero.


 
Tua, Erzsébet.
 
 
Emise un sospiro e rilesse per essere di sicura di non aver commesso errori o non essere sembrata maleducata o eccessiva. Conosceva Istók quel tanto da sapere che non avrebbe gradito. Quando fu soddisfatta si alzò in piedi e legò la lettera alla zampa del rapace “Mi spiace non darti riposo. Istók è esigente, lo sai” sussurrò all’animale per poi aprirgli la porta per permettergli di volare via.
 


Nei giorni successivi Erzsébet si chiese sempre più spesso perché quell’improvviso interesse di Istók nei suoi confronti. Certo, erano tre anni che non si vedevano né si sentivano e, a parte qualche sporadica notizia sul suo conto riportatale da sua madre, non sapeva molto sul suo conto. Decise di scrivere a Griseldis per chiedergli i progetti per il Natale e la motivazione per cui Istók le aveva scritto. Un sospetto l’aveva ma non era troppo presto per fidanzarsi ufficialmente?

Nell’ora buca prima della lezione di Incantesimi, agli inizi di Novembre, si ritrovò a fissare il parco della scuola da una finestra del terzo piano, la mente persa nei ricordi che aveva di Istók.

“Sei pensierosa oggi?”

Erzsébet si volse verso Draco, fermo al suo fianco e si strinse appena nelle spalle “Ogni tanto bisogna pur pensare, no?” accennò un sorriso e alzò gli occhi verdi verso il Serpeverde. Erzsébet si era accorta che tendeva a perdonare Draco in tempi molto brevi e non era da lei, sempre pronta a portare rancore per settimane.  Si appoggiò con la schiena alla parete di pietra e il Serpeverde fece altrettanto.

“E tu? Mi sembri piuttosto pensieroso negli ultimi giorni…inoltre non ti vedo quasi mai, se non a lezione” disse Erzsébet. Sentì su di sé lo sguardo di Draco ma non si voltò per accertarsene.

“Ho da fare” rispose lui. L’ungherese stirò le labbra in un sorriso “Una ragazza?” chiese, scherzando.

“Non direi. Ho qualcosa di più importante da fare”.

Erzsébet si volse a guardarlo. Non gli aveva più chiesto nulla su Katie Bell né gli aveva fatto cenno a quanto gli avevano detto Blaise e Theo sul presunto compito affidatogli dal Signore Oscuro. Involontariamente gli occhi verdi scesero a guardare l’avambraccio sinistro di Draco coperto dalla camicia e dalla tunica nera. Il Serpeverde si accorse di quell’occhiata e si irrigidì appena “Capisco…” commentò la ragazza infine. Mentire su una cosa del genere per Draco avrebbe potuto rivelarsi pericoloso perciò Erzsébet si chiese se non fosse vero. Draco aveva davvero il Marchio? Era davvero entrato nella cerchia del Signore Oscuro? Aveva davvero compromesso così il suo futuro?

“E sta procedendo bene? La cosa che hai da fare?” chiese tornando a guardare in volto Draco. No, a giudicare dall’espressione che gli si disegnò sul volto, non stava andando bene.

“Non ti riguarda”

Una risposta evasiva, degna di chi nasconde qualcosa. Fissò gli occhi grigi, per qualche secondo poi si staccò dal muro. L’ora libera era quasi giunta al termine “Fai parte della mia Casa, Draco. Ciò che combini riguarda anche  me” disse Erzsébet d’un tratto “Se è qualcosa più grande di te, qualcosa che non puoi gestire, ricorda che c’è sempre chi può tenderti una mano senza morderla” continuò tranquilla.

Sentì nuovamente su di sé lo sguardo di Draco mentre, insieme, avevano ripreso a camminare per il corridoio deserto. Se metteva a confronto il Draco che aveva conosciuto appena due mesi prima con quello che ora le camminava al fianco notava qualche differenza evidente. La pelle, già di per sé pallida, aveva assunto una strana tonalità grigiastra, gli occhi erano velati da ombre scure ed era visibilmente meno trofio e più nervoso. Qualcosa di agitava in lui, Erzsébet ne era certa.

“E chi? Blaise o Theodore? Sarebbero pronti a deridermi. O Tiger e Goyle? Talmente stupidi e lenti che, se potessero, andrebbero all’indietro. O magari Pansy? Sempre pronta ad alitarmi sul collo quanto io sia il Principe dei Serpeverde?” si sfogò Draco, beffardo.

Erzsébet volse gli occhi verdi nella sua direzione “Principe dei Serpeverde eh?” commentò con un ghigno “Puoi sempre trovare altri aiutanti. Il Professor Piton per esempio. Ho notato che ha sempre un occhio di riguardo per te, Draco”

Il ragazzo si irrigidì appena e strinse le labbra in una linea sottile “No, Piton…no”. Erzsébet accennò un sorriso divertito “Beh, allora se proprio vuoi fare da solo…fai da solo” fece spallucce.

Draco la guardò brevemente poi, raggiunsero l’aula del professor Vitious. Erzsébet si guardò intorno scorgendo il solito famoso trio a pochi metri di distanza “Non ci sarà la partita di Quidditch tra pochi giorni? Mi sembra di aver sentito Millicent parlarne…” domandò in direzione di Draco. Aveva preso posto al suo fianco nel banco e Erzsébet notò lo sguardo di Pansy, appena entrata, farsi di fuoco.

“Quidditch…con te si parla proprio di tutto eh?” disse Draco “Comunque hai ragione…ma quest’anno non so se avrò tempo per la squadra”

“Tu giochi a Quidditch?”

A quella domanda Malfoy accennò un ghigno  “Sono un Purosangue, è ovvio che io pratichi Quidditch. Tu no, Erzsébet?”

La ragazza si umettò brevemente le labbra “Io detesto le scope”. Draco fece un risolino poi si zittì quando il professore entrò in aula.


 
 
La tanto attesa prima partita della stagione di Quidditch arrivò pochi giorni dopo: Grifondoro contro Serpeverde. Erzsébet, seduta a colazione nella Sala Grande, continuava a lanciare occhiate incuriosite ai suoi compagni di Casa e al tavolo dei Grifondoro piuttosto vivace. Personalmente, le vicende sportive non le interessavano molto. La zia Dorizka doveva sempre trascinarla di forza ai campionati mondiali.

“Perderanno. Hanno come allenatore quel buono a nulla di Potter…” disse Blaise, come sempre seduto al suo fianco. Erzsébet voltò appena il capo verso il Serpeverde “Non si dice che sia il miglior giocatore degli ultimi cento anni?”

“Il più giovane, Erzsébet. E’ stato il più giovane ad entrare in una squadra di Hogwarts negli ultimi cento anni” la corresse Zabini trangugiando con appetito delle salsiccie. La ragazza arricciò appena le labbra per il tono usato “Scusa, Blaise” ribattè acida.

“Ruberò il boccino a Potter ne sono sicuro…”

La Serpeverde si voltò verso un ragazzo seduto appena più in là, James Harper*.

“Blaise, ma non era Draco il Cercatore della squadra?” chiese allugando il collo per scorgere la testa bionda di Malfoy “Dov’è?”

“E’ malato. Non giocherà”

“Malato? Ieri sera stava benissimo” rispose Erzsébet. Malfoy nascondeva qualcosa di questo era certa.

“Che t’importa…” fu la laconica del ragazzo al suo fianco.

Già, che le importava?
 
 
Poco più tardi seguì il resto della scuola fuori dal castello per recarsi al campo da Quidditch. Si accomodò sugli spalti dietro gli anelli della squadra di Serpeverde. Blaise le aveva fatto indossare una sciarpa verde argento, in tono con tutte le altre ma lei non si sentiva soddisfatta. Frugò nella tasca della tunica ed estrasse la sua bacchetta (legno di faggio e corde di cuore di drago, dodici pollici, flessibile) la puntò contro la sciarpa e un attimo dopo quella si era trasformata in un sottile serpente dalla pelle verde brillante.

Pansy Parkinson al suo fianco fece uno scatto.

“Non dirmi che ti fanno paura i serpenti, Pansy..” mormorò Erzsébet con una lieve nota ironica nel tono mentre accarezzava la testolina piatta dell’animale che le strisciava sulle spalle.

“Certo che no” rispose piccata l’altra rimanendo però rigida “Sei brava con gli incantesimi non verbali eh?”.

Erzsébet non rispose puntando gli occhi verdi sul campo da gioco.

“Probabilmente a Durmstrang ti hanno insegnato un sacco di trucchetti non è così?” continuò Pansy. Ormai, da quando l’aveva vista con Draco più spesso del dovuto, la ragazza-carlino aveva smesso di voler essere sua amica. La neo-Serpeverde sospettava una bella cotta non corrisposta per Draco Malfoy.

Erzsébet stirò le labbra in un sorriso forzato mentre un certo Zacharias Smith di Tassorosso annunciava l’entrata dei giocatori in campo “Trucchetti, certo” rispose infine sfiorando con la punta del naso la testa del serpente.
 
 
Con il trionfo di Grifondoro alla partita l’umore dei Serpeverde sembrava più cupo che mai. Mentre, durante la cena, qualcuno dall’altro lato della sala intonava ancora ‘Perché Weasley è il nostro re’  al tavolo verde-argento si disperdevano le critiche verso Potter e compagnia.

Draco non c’era ed Erzsébet decise di ritirarsi prima del dolce nel silenzio della Sala Comune. Mentre scendeva nei sotterranei udì una voce poco lontana, dietro l’angolo. Una voce che conosceva “Davvero ti importa della partita, Tiger? Credimi, questo è più importante del Quidditch…”

“Almeno potevi uscire da là dentro per ora di cena” rispose la voce cupa di Vincent.

Erzsébet svoltò l’angolo e i tre si immobilizzarono nel vederla. C’era anche Gregory Goyle, ovviamente.

“A Hogwarts vanno di moda i terzetti eh?” esordì con un mezzo sorriso scostandosi i capelli biondi dal volto “Non mi sembri malato, Draco. Harper è stato un’idiota e si è fatto scappare il boccino sotto il naso”

Draco divenne di una strana tonalità rosso-grigiastra per l’imbarazzo di essere stato scoperto “Mi sono ripreso”

“Certo” rispose lei con sufficienza lanciando un’occhiata a Tiger e Goyle “La cena non è ancora finita, stanno per servire il dolce. Siete in tempo per mangiare un po’” disse rivolta ai due. Non sapeva davvero come Draco, piuttosto intelligente, potesse circondarsi di tipi così.

Entrambi i ragazzi lanciarono un’occhiata a Draco e con un sommesso ‘Grazie’ di Goyle rivolto a lei si allontanarono ciondolanti.

Erzsébet li seguì con lo sguardo fin quando quelli non svoltarono l’angolo e poi si volse verso Draco “Beh, vedo che alla fine hai deciso di fare affidamento su qualcuno. Speravo almeno che ti servissi di qualcuno…come dire…più sveglio” avanzò verso Draco ancora fermo a pochi metri.
“Loro si assicurano solo che nessuno entri” rispose Draco fissandola dall’alto di quei pochi centimetri in più.

“Che entri dove?”

Draco accennò un sorriso “Troppe domande, Erzsébet. Tieniti fuori”.

La ragazza fece a sua volta un mezzo sorriso “Sono curiosa, lo ammetto” sussurrò fissando gli occhi grigi del ragazzo.

“La curiosità alle volte uccide sai, Erzsébet?” disse Draco marcando il suo nome. Il sorriso non sparì dal volto della ragazza che, anzi, si ritrovò a dover reprimere un risolino divertito. Il Serpeverde ne sembrò irritato.

“E’ una minaccia, Draco?” mosse un passo verso di lui, incuriosita e divertita allo stesso tempo “Credi di poter minacciare me? Una Báthory?”

“La famiglia non è sempre una garanzia per un mago…”

Alle narici di Erzsébet giunse un leggero profumo di muschio e aghi di pino “Tu mi sei simpatico, Draco. Cerchiamo di andare d’accordo va bene?” alzò le sottili sopracciglia bionde.

“Va bene. Ma non fare troppo domande”

Erzsébet piegò leggermente il capo “Bene. Ora vieni, dovrei avere ancora un sacchetto di Api Frizzole prese da Mielandia e, la prossima volta, cerca di farti vedere alla partita di Quidditch…” lo prese per un gomito e si avviarono verso la Sala Comune.

Salazar” disse Draco davanti alla parete umida e quella si aprì lasciandoli entrare nella sala vuota. 


 
“Tornerai a casa per le vacanze di Natale?” chiese Erzsébet a Draco poco più tardi. Entrambi seduti sulle poltrone più vicine al fuoco si riscaldavano.

“Non lo so…probabilmente sì” non ne sembrava affatto felice, anzi.

“Probabilmente io andrò in Slovacchia. Una riunione di Báthory in piena regola…” disse lei. Griseldis non le aveva ancora risposto ma sapeva che ormai era deciso.


Note dal testo:
*Csejthe- Castello situato nell’attuale Slovacchia appartenuto a Erzsébet Báthory (quella vera). Nel 1611 la contessa vi fu murata viva in seguito alla condanna capitale.

*James Harper- Cercatore di Serpeverde sostituto di Draco nel sesto libro. Il nome James è stata una mia libertà.



Note d'Autrice: Capitolo Quattro arrivato! E' stato particolarmente difficile ma ne sono abbastanza soddisfatta in verità. Spero che a voi piaccia. Come avrete modo di costatare anche più avanti il personaggio di Erzsébet è molto legato al nome della sua famiglia. Considera l'essere una Báthory la chiave per ottenere tutto ciò che vuole e non mancherà di farlo notare ancora. Vorrei ringraziare Bianca987 e FredeGeorgeWeasley che hanno inserito la storia tra le preferite e saphira2, Strix e elenaP che l'hanno inserita tra le seguite. Lo fate un favore a quest'autrice e le lasciate una piccolissima opinione? :)

A presto,

Raya_Cap_Fee 
 

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Capitolo 5
*** V ***


 A STONE IN THE HEART





CAPITOLO CINQUE
 
Novembre lasciò spazio a Dicembre e insieme ad esso giunse, sul castello di Hogwarts e dintorni, anche la tanto amata neve. La mattina del primo Dicembre, al suo ingresso nella Sala Grande, Erzsébet si ritrovò ad ammirare i dodici alberi di Natale disposti tutt’intorno lungo le pareti e decorati con nastri e fiocchi di ghiaccio.

Il Natale era uno dei periodi dell’anno che più amava e perciò, con l’avvicinarsi delle imminenti feste, si sentiva più buona. Griseldis le aveva risposto che sarebbero state a Csejthe per tutte le vacanze natalizie e la cosa le aveva messo una strana agitazione addosso.

Anche il resto del castello di Hogwarts era stato addobbato a dovere durante la notte: ghirlande di agrifoglio e lamé erano state avvolte intorno alle balaustre delle scale, candele perpetue erano state accese all’interno delle armature lucenti e mazzi di vischio erano stati appesi al soffitto dei corridoi.
Erzsèbet si ritrovò perciò costretta a cambiare più spesso direzione per evitare che qualcuno riuscisse a bloccarla sotto uno dei mazzi di vischio.

“Incredibile…” mugugnò stizzita quando l’ennesimo ragazzo cercò di farla capitare accidentalmente sotto il vischio. Di questo passo sarebbe arrivata tardi a lezione di Trasfigurazione.

Alla fine però, riuscì a raggiungere indenne l’aula della McGranitt e prendere posto accanto alla ben nota Millicent Bulstrode di Serpeverde.
“Sarà dura arrivare in tempo per le lezioni, no, Millicent? Con tutto il vischio che c’è nei corridoi...” cominciò a dire Erzsèbet senza pensare. Millicent si volse a guardarla con espressione scettica e l’ungherese accennò un sorriso “Forse non sarà un problema proprio per tutti, eh?” aggiunse allora conscia della gaffe appena compiuta. Millicent non era tanto apprezzata dal genere maschile.

 La McGranitt annunciò che presto avrebbero affrontato il tema della trasfigurazione umana. Draco Malfoy si voltò appena a guardarla e lei accennò un sorriso.  In quel campo  lei era molto più avanti rispetto agli studenti di Hogwarts. Lanciò un’occhiata sprezzante a Hermione Granger, seduta al banco alla sua sinistra e al fianco di Harry Potter. Stavolta Erzsébet avrebbe fatto guadagnare a Serpeverde molti punti.


 
“Mia cara, sei disponibile per la festicciola di Natale che organizzerò nel mio studio?” le chiese Lumacorno quando, pochi giorni più tardi la incrociò per il corridoio dopo la lezione di Difesa contro le Arti Oscure.

“Emh…”

“Ci saranno un po’ delle mie vecchie conoscenze sono sicuro che ti divertirai. Puoi portare qualcuno con te se vuoi”

Erzsébet arricciò appena le labbra e si guardò intorno lungo il corridoio gremito di studenti. Aveva forse scelta?

“Ci sarò, professore”.

I baffi da tricheco di Horace Lumacorno si piegarono all’insù insieme alla sua bocca a formare un sorriso soddisfatto “Molto bene mia cara. Ti farò sapere il giorno e l’ora esatti il prima possibile” aggiunse lui prima di allontarsi. La Serpeverde fece una smorfia di disappunto e si avviò nuovamente, con la cartella piena di libri a pesare sull’esile spalla, per il corridoio. Qualcuno era fermo di fronte a lei sotto un mazzo di vischio. Era un ragazzo dai capelli ricci color caramello, gli occhi scuri e divertiti. Un altro ragazzo la urtò all’improvviso facendola sbandare e la Serpeverde finì proprio a sbattere contro il petto di quello fermo sotto il vischio.

“Ehi…stai attenta dolcezza”

Erzsébet fissò la targhetta con il nome sulla tunica nera: Cormac McLaggen, un Grifondoro. Si fece indietro ma lui la trattenne per le braccia indicando con un cenno del capo il vischio sopra le loro teste “Lo sai che porta sfortuna non baciarsi sotto il vischio?” disse lui con voce strascicata e un sorrisetto divertito. Fece per chinarsi sul suo viso ma lei lo anticipò “Stupeficium!”.

I presenti in corridoio si voltarono incuriositi nella loro direzione. Cormac era caduto all’indietro, svenuto, e l’amico che l’aveva spinta tra le sue braccia fece sparire il ghigno divertito.

“Hai ragione, Cormac. Non baciarsi sotto il vischio porta sfortuna” si rivolse Erzsébet al corpo inerte del Grifondoro e poi lanciò un’occhiataccia verso l’altro: Hayden Gringott. Fece per schiantare anche lui ma una voce la fermò “Signorina Báthory non si possono schiantare gli studenti nei corridoi”. Era la McGranitt.

“Ha tentato di baciarmi contro la mia volontà, professoressa” protestò lei.

“Meno cinque punti a Serpeverde e…” guardò verso Gringott “Meno cinque punti anche a Grifondoro. Recupera McLaggen…non capisco perché ci sia bisogno di tendere agguati alle ragazze, signor Gringott…”.


 
E nei giorni successivi fu tutto un evitare di Schiantesimi e Crucio per Erzsébet. Non riusciva davvero a concepire il grado di disperazione dei ragazzi di Hogwarts.

“Andrà a finire che mi beccherò una punizione…” borbottò Erzsébet sola nel corridoio che conduceva al settimo piano nell’ora prima di cena. Passò davanti a una liscia parete di pietre squadrate e le parve di cogliere un rumore. Si volse di scatto pronta a cruciare qualcuno quando si rese conto che quella specie di rumore, come se qualcuno stesse rovesciando oggetti, proveniva proprio da dietro la parete.
Fissò le pietre con aria perplessa. Aveva sentito dire che Hogwarts nascondeva molti segreti, lo stesso Silente diceva di non conoscere tutto il castello.

“Ehy! Che stai facendo?” una voce burbera le fece distogliere lo sguardo dala parete.

“Tiger?” domandò sorpresa nel trovare il Serpeverde solo in quei corridoi.

“Ah…sei tu. Che ci fai qui?”

“Tu piuttosto che ci fai qui?” ribattè Erzsébet e Tiger grugnì qualcosa in protesta. Un rumore più forte giunse da dietro la parete ed Erzsébet colse lo sguardo irritato di Vincent.

“Dov’è Draco?” chiese lei all’improvviso, sospettosa “E’ qui che scompare?”

“Non sono affari tuoi” disse Tiger estraendo la bacchetta. Erzsébet accennò un sorriso “Va bene, va bene” alzò le mani in segno di resa. Avrebbe potuto compiere qualsiasi incantesimo prima che Tiger si accorgesse anche solo di quello che stava accadendo ma era un Serpeverde così come lei.

“Vorrà dire che scenderò a cena. A più tardi, Vincent” salutò lanciando un’ultima occhiata al muro.


 
Il giorno dopo tornando dalla Biblioteca incrociò Draco Malfoy. Stava uscendo dalla porta dei bagni del secondo piano con aria piuttosto afflitta “Ah, Draco! Ogni tanto ti si vede in giro eh?” esordì lei riponendo nella tracolla dei libri gli appunti di Aritmanzia. Draco si fermò e si voltò verso di lei “Erzsébet…”

Era più grigio del solito e la Serpeverde colse un leggero tremore della mani “Va tutto bene?” chiese, la fronte aggrottata. Draco prese un profondo respiro “Sì. Fatti gli affa…”

“Smettila” lo interruppe lei seria, avvicinandosi. Lui fece una smorfia e si portò una mano a stringere l’avambraccio sinistro come se gli facesse male. “Smettila di dirmi gli affari miei, Draco” ripetè con le labbra strette ferma a un passo da lui “Dimmi cosa c’è che non va oppure vado a denunciarti da Piton”. Lui sorrise, quasi divertito dalla prospettiva.

“Erzsébet…”

Lei lo interruppe nuovamente cercando di afferrargli il braccio sinistro ma Draco fu più veloce e le bloccò i polsi lungo i fianchi.

“E’ così difficile per te non mettere il naso negli affari altrui?”

“Cosa ti sta facendo, Draco?” chiese lei a voce bassa. Draco sembrò stupito e il respiro gli si accellerò appena, come se fosse spaventato.

“Niente…io…”

“Tiratene fuori. Stai mettendo a repentaglio il tuo futuro…”

“Ora come ora, Erzsébet, io non ho un futuro” sussurrò lui. La ragazza fissò gli occhi verdi in quelli grigi dell’altro Serpeverde e vi colse tutta l’amarezza e lo spavento. Era chiaro che c’entrasse il Signore Oscuro. Sentì un nodo alla gola perché, in quel caso, per il giovane Malfoy c’erano davvero poche possibilità di uscirne indenne.

“Cosa ti ha chiesto di fare?”

“Guarda…” disse il Serpeverde facendo finta di non aver udito la sua domanda. Erzsébet lo imitò e alzò lo sguardo verso il soffitto dove se ne stava immobile un altro grande mazzo di vischio.

“Ho sentito che porta sfortuna non baciarsi sotto il vischio…” accennò un sorriso Draco. Probabilmente era venuto a conoscenza di McLaggen e lo stava usando per distrarla. Ci stava riuscendo. Draco la teneva ancora per i polsi nonostante ora la presa fosse più debole. Le era appena ad un passo di distanza e poteva sentire il profumo di muschio e aghi di pino raggiungerle le narici. Draco Malfoy era attraente, su questo non aveva avuto dubbi sin dalla prima volta che l’aveva visto.

“Già, porta sfortuna…” replicò lei. Non avvertiva nessun bisogno di Schiantarlo né di allontanarlo da sé ed era un problema. Prima che potesse pensare oltre Malfoy si era chinato su di lei poggiando le labbra fredde sulle sue appena dischiuse.

La Serpeverde sentì qualcosa smuoversi all’interno del suo stomaco e contro ogni sua logica si ritrovò ad avvicinarsi ancora di più a Draco senza interrompere il contatto. Inspirò forte il suo profumo mentre lui abbandonava la presa sui polsi per alzare le mani ai lati della testa.

Erzsébet strinse tra le dita la tunica del ragazzo all’altezza del petto e chiuse gli occhi rispondendo al bacio.

Quello che, per tradizione sotto il vischio, doveva essere un bacio per evitare la sfortuna si trasformò in qualcos’altro.

Le sembrò di cadere in una specie d’oblio dei sensi, non percepiva più intorno a sé le mura di Hogwarts bensì solo le mani, il corpo e le labbra di Draco Malfoy. Che cosa le succedeva? Aveva baciato altri ragazzi, quasi sempre per gioco, a Durmstrang ma stavolta c’era qualcosa di diverso. Erzsébet si staccò appena dalle labbra di Draco e, con il cuore che le batteva a mille, chinò leggermente il capo per nascondere il lieve rossore che le aveva invaso le guancie solitamente pallidissime. Lasciò cautamente la presa sulla tunica di Draco mentre lui si schiariva la gola con un colpetto di tosse.

“Beh, siamo salvi dalla sventura no?” ruppe il silenzio la ragazza alzando di nuovo gli occhi verdi verso il viso dell’altro Serpeverde. Lui ricambiò il suo sguardo, sembrava accaldato “Mi porterai fortuna, Erzsébet?” chiese poi sottovoce ostentando un sorrisetto beffardo agli angoli delle labbra sottili.

“Può darsi. Ma non credo che la fortuna possa bastarti, Draco”

In quel momento Erzsébet colse un movimento in fondo al corridoio e aguzzò la vista “C’è Mrs Purr, vuol dire che…”

“…che sta arrivando anche Gazza. Vieni, andiamo via” concluse Draco prendendole una mano e guidandola nella direzione opposta, lontana da Mrs. Purr e dal Maghinò Gazza. Erzsébet si lasciò trascinare per le scale e successivamente per i sotterranei. Ogni tanto lanciava un’occhiata a Draco che sembrava essersi calmato. Con il suo gesto inaspettato l’aveva distratta “Allora, il tuo compito si trova al settimo piano?” tornò alla carica mentre erano prossimi all’entrata della Sala Comune.

Il più giovane dei Malfoy sembrò sorpreso e le lanciò un’occhiata sospettosa  da sotto le sopracciglia bionde “Cosa sai del settimo piano?” chiese, brusco.

Erzsébet poteva definire Draco Malfoy un po’ instabile emotivamente.

“C’è qualcosa che dovrei sapere? L’altra sera ho visto Tiger lassù e l’ho collegato a te…” fece spallucce passandosi una mano a ravvivare i capelli biondi come sempre sciolti sulle spalle “…da dietro la parete proveniva un rumore strano. Come se qualcuno stesse rovesciando degli oggetti…come se fosse arrabbiato” continuò a voce bassa fissando Draco nelle iridi grigie.

“Erzsébet…”

La ragazza alzò le mani in segno di resa “Va bene, Draco. Me ne starò zitta ma sappi che è quasi impossibile tenermi nascosto qualcosa. Io ti ho avvertito” concluse lei con un mezzo sorriso. Era abituata ad ottenere sempre quello che voleva e, in quel caso, voleva sapere cosa stesse combinando Draco Malfoy per ordine del Signore Oscuro nella sua scuola.


Entrarono nella Sala Comune trovandola mezza vuota e Erzsébet si ritirò nel suo dormitorio. Si sdraiò supina sulle coperte verdi del suo letto singolo a baldacchino e fece un sospiro di sollievo. Il cuore aveva finalmente ripreso a battere normalmente sebbene sentisse ancora un certo calore diffuso per tutto il corpo. Chiuse gli occhi e le parve di sentire ancora nelle narici il profumo di Draco…

“Erzsébet?”

La Serpeverde riaprì gli occhi e guardò Rosalie, la sua compagna di stanza, appena entrata in camera.

“Ciao…” rispose lei, laconica. Sentiva la mancanza di Stéphka, la sua migliore amica ancora a Durmstrang. Erano diventate amiche sin dalla prima traversata verso la Scuola. Entrambe aristocratiche e un po’ altezzose non avevano faticato a trovare la giusta sintonia per potersi definire migliore amiche.

Incrociò le mani dietro la nuca e guardò Rosalie affaccendarsi a rimettere a posto i libri. Era mingherlina, dai lunghi e mossi capelli castani, un paio di occhi scuri e un volto ovale con una spruzzata di lentiggini sul naso leggermente all’insù. Erzsébet, in quei tre mesi, non aveva mai davvero tentato di diventare sua amica. Non aveva sentito la necessità di creare un legame che non sarebbe stato altro che fittizio ma, visto che non aveva ancora trovato una degna sostituta di Stéphka a Hogwarts, era il caso di tentare un approccio quantomeno civile.

“Rosalie?”

L’altra ragazza sollevò lo sguardo dal libro di Antiche Rune, sorpresa “Sì?”

“Lumacorno mi ha invitato alla festa di Natale che si terrà nel suo ufficio. Mi ha detto di invitare qualcuno…chi credi che debba portare con me?” domandò l’ungherese mettendosi a sedere.

Rosalie strinse tra le piccole mani il libro e si mise a sedere sull’altro letto “La festa del Lumaclub?” chiese incerta aggrottando la fronte.
Erzsébet annuì.

“Beh, sei amica di Blaise…”

“Credo che faccia già parte del gruppo”

“Theodore Nott?”

“Con un genitore Mangiamorte e rinchiuso ad Azkaban? Non farei di certo una bella figura…”

“Quindi anche Draco Malfoy è escluso?” domandò Rosalie, incuriosita. Erzsébet era conscia della situazione sociale di Draco in quel momento e se alla festa di Lumarcorno ci fosse stata qualche vecchia conoscenza dei Báthory la notizia sarebbe subito giunta a Griseldis.

Si umettò le labbra e annuì “Anche Draco è escluso”.

L’altra Serpeverde fece una leggera smorfia “Non rimangono molti Serpeverde che siano adatti a te, Erzsébet. Potresti provare con qualcuno della squadra di Quidditch magari Urquhart?”

“Urquhart, il capitano?”

“Forse è un po’ troppo stupido…oppure potresti andarci da sola, no?” disse poi Rosalie alzando le sopracciglia “Voglio dire tu…tu sei una Báthory no? Hai davvero bisogno che qualcuno ti accompagni ad una festa?”.



Spazio Autrice: Chiedo scusa per il ritardo e, nonostante la stesura del capitolo sei sia ancora a metà, ho deciso di pubblicare comunque il capitolo cinque essendo passato un po' di tempo. Allora, in questo capitolo siamo già a Dicembre e nel prossimo ci sarà la festa del Lumaclub e la partenza per le vacanze natalizie da parte di Erzsébet. Comunque, parlando di questo capitolo Erzsébet ha scoperto dove Draco trascorre il suo tempo e a chi si è affidato (Tiger e Goyle) per fargli da palo. Spero che comunque il capitolo vi sia piaciuto! Per il prossimo spero di fare presto e pubblicarlo quanto prima! Vorrei ringraziare Fifilla995 e Saphira2 che hanno inserito la storia tra le preferite e PrincipessaLes e RachelElizabethHolmes che l'hanno invece inserita tra le seguite. Vi ringrazio!
Alla prossima!

Raya_Cap_Fee

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Capitolo 6
*** VI ***


A STONE IN THE HEART

 


 
CAPITOLO SEI

Con l’avvicinarsi delle vacanze natalizie Erzsébet si ritrovò immersa più che mai in compiti e pensieri. La festa di Lumacorno era per quella sera e lei aveva seguito il consiglio di Rosalie decidendo di andarci da sola. Cercava di portarsi avanti con i compiti per evitare di esserne sommersa durante il soggiorno a Csejthe ma non era affatto facile.

Emise un sospiro e sollevò lo sguardo dal libro di Difesa contro le Arti Oscure per guardarsi intorno in Biblioteca. C’erano molti più studenti di quanto si aspettasse, per la maggior parte Corvonero, chini sui libri e con le piume strette in mano a macinare centimetri su centimetri sulla pergamena. Si passò una mano tra i capelli biondi e si appoggiò con la schiena alla sedia di legno. A occupare i suoi pensieri, più del previsto, c’era anche Draco Malfoy.

Spesso, quando lo guardava si rendeva conto di ritornare con la mente a quel bacio scambiato sotto il vischio, al suo profumo, alle sue mani immerse nei capelli. Si ritrovava troppo spesso a ripensare a quel momento e non era proprio un bene.

Ormai stanca di leggere e studiare Erzsébet ripose il libro nella tracolla e si alzò per dirigersi ai sotterranei. Era quasi ora di prepararsi per la festa di Lumacorno e lei doveva ancora scartare il grosso pacco che stamattina era arrivato da parte di Griseldis Báthory, sua madre.

 
Quando raggiunse il dormitorio, pochi minuti più tardi, Rosalie stava leggendo con interesse una lettera che accartocciò, arrossendo, non appena Erzsébet mise piede nella camera “Ciao…” squittì riponendo la palla di pergamena sotto al cuscino. L’altra Serpeverde la guardò appena incuriosita poi decise che non erano affari suoi e non fece domande. Erano diventate almeno degne compagne di stanza che si scambivano qualche frase amichevole. Era già molto per i suoi standard.

“Sono tornata prima per vedere cosa mi ha mandato mia madre. Le ho scritto della festa e sarà sicuramente un vestito…” disse Erzsébet curiosa recuperando da sopra il proprio baule il grosso pacco.

Rosalie la affiancò mentre lo scartava e si lasciò sfuggire un verso incredulo quando vide l’abito riposto nello scatolo. L’ungherese sorrise soddisfatta e accarezzò con le dita sottili il tessuto morbido e lucido “Mia madre ha sempre buon occhio” commentò con un sospiro.

 
Un’ora più tardi Erzsébet lanciò un’occhiata critica alla sua immagine riflessa nel grande specchio in camera. L’abito era lungo e si allacciava dietro il collo mediante un piccolo strappo, era stretto intorno al busto ma le lasciava scoperta gran parte della schiena candida con una scollatura tonda. Il tessuto nero con scaglie dorate sembrava scivolarle addosso come acqua.

“Beh...ti sta benissimo, Erzsébet, davvero” disse Rosalie mentre l’ungherese si rimirava allo specchio alla ricerca di qualcosa fuori posto. Aveva acconciato i capelli tirandoli indietro sulla fronte lasciandoli ricadere tutti in onde morbide dietro la schiena. La Serpeverde infine non trovò nulla da modificare e, indossate le scarpe nere con il tacco, rivolse un cenno a Rosalie “Allora sarà meglio che vada” annunciò stirando le labbra in flebile sorriso.

“Allora a dopo. Divertiti”.


Erzsébet scese in Sala Comune e si accorse che anche Blaise era già pronto e teneva a braccetto una ragazza dai capelli corvini e l’aria soddisfatta. Stavano parlando con qualcuno seduto sul divano dall’aria più grigia che mai: Draco Malfoy.

“…a quanto ne so Piton li ha messi in punizione, Draco” stava dicendo Blaise quando si accorse di lei “Erzsébet!” esclamò poi il ragazzo di colore con un mezzo sorriso. L’altra ragazza e Draco volsero lo sguardo verso la sua figura e lei accennò appena un sorriso “Vedo che sei pronto anche tu, Blaise”. Infatti, il Serpeverde era elengatissimo nel completo nero che indossava. Lei sentiva su di sé lo sguardo di Draco ma non si voltò per accertarsene “Allora vado…” disse.

“Dov’è il tuo accompagnatore?” domandò la compagna di Blaise con un mezzo sorriso dall’aria altezzosa.

“Sono abbastanza importante anche da sola” commentò lei e uscì con la risata divertita di Blaise nelle orecchie.


 
 
Lo studio di Lumacorno era gremito di gente più o meno importante nel Mondo Magico, camerieri giravano senza sosta porgendo vassoi con stuzzichini o calici tra una chiacchera e l’altra. Quando Erzsébet fece il suo ingresso, il professore Lumacorno la intercettò “Mia cara, eccoti qui! Ah ma sei meravigliosa, permettimi di dirtelo”

“Grazie” rispose lei fingendo un'espressione gentile.

“Vieni, voglio farti conoscere qualcuno dei miei amici…”

 
Così l’ungherese fu sballottata da un personaggio all’altro come un trofeo ed ebbe un po’ di pace solo quando alla festa si presentò anche Harry Potter in compagnia di Lunatica Lovegood.
“Scelta singolare” pensò Erzsébet vista la reputazione della Corvonero a Hogwarts.

“Erzsébet…” una voce profonda e strascicata la fece distrarre dal guardare Harry Potter. Si voltò e scorse un viso pallido “Sanguini…sei diventato mondano adesso?” si rivolse al vampiro che qualche volta aveva visto durante la sua infanzia in Ungheria.

“Una vita mondana rimane comunque una vita noiosa quando si ha l’eternità a disposizione” rispose laconico guardando con interesse un gruppo di ragazze all’angolo nello studio.

“Ah, chi non si lamenterebbe? Vivere in eterno, che noia” ribattè sarcastica lei stringendo tra le mani il calice ormai vuoto.

“Tuo zio Vladimir? Riesce ancora a nutrirsi per bene senza destare sospetti?”

Erzsébet volse gli occhi verdi verso il vampiro e sorrise “Direi di sì. Il Ministro Romeno continua a graziarlo giustificandoli come atti necessari alla sopravvivenza”. Sanguini ghignò scoprendo i canini, fece per aggiungere qualcos’altro ma Gazza irruppe nello studio trascinando per l'orecchio un imbarazzatissimo Draco. Erzsébet schiuse appena le labbra, sorpresa, e lanciò un’occhiata a Piton, anch’egli alla festa.

Cos’era successo?

“L’ho beccato che vagava furtivo nel corridoio al piano di sopra. Lui insiste di essere stato invitato alla festa” disse Gazza, evidentemente orgoglioso di se per aver sopreso uno studente fuori dal dormitorio.
Draco fece una smorfia e divenne ancora più rosso.

“Oh, Draco…è pur sempre una festa di Natale e conoscevo tuo nonno dopotutto. Lascialo andare, Gazza, suvvia” mormorò Lumacorno stendendo un sorriso forzato sotto i baffi da tricheco. Erzsébet incrociò lo sguardo di Draco per un attimo e capì che non era affatto contento della decisione. Il Serpeverde si scostò malamente da Gazza e lo guardò con una smorfia prima di sistemarsi il completo scuro che indossava “Grazie, Professore” disse in direzione di Lumacorno.

Sanguini, al fianco della ragazza ungherese, mormorò qualcosa di molto simile a ‘ragazzini’  e Erzsébet lo ignorò volutamente. Posò il calice vuoto sul vassoio di un cameriere- che riconobbe come Neville Paciock di Grifondoro – e si volse appena verso il vampiro “Se ti va di rivedere mio zio vieni pure a Csejthe. Questo Natale saremo tutti lì” continuò in tono piatto. Chinò leggermente il capo a mo di commiato e si allontanò dal vampiro per incrociare la figura di Draco. Voleva sapere cos’era successo.

 
Lo vide fermo accanto alle tende di velluto rosso delle finestre. Piton quasi lo sovrastava mormorandogli qualcosa in fretta.

Erzsébet inarcò le sottili sopracciglia. Severus Piton le sembrava fin troppo arrabbiato per un episodio di simile importanza.

Li vide poi allontanarsi e fece per seguirli quando qualcuno la prese per un braccio “Mia cara Erzsébet, voglio presentarti ad un mio caro amico, vieni”.

Ancora Lumacorno. L’ungherese assottigliò le labbra e si trattenne dallo scrollarsi di dosso quella mano grassa. Voleva seguire Draco non fare la conoscenza di persone che non le sarebbero mai servite.

“Certo, professore” si costrinse a rispondere nel tono più gentile che conoscesse. Lanciò un’occhiata alla porta giusto in tempo per vedere Harry Potter guardarsi intorno furtivo e uscire a sua volta dallo studio.


 
Quando la festa terminò, due ore più tardi, Erzsébet tirò un sospiro sollievo e si avviò in fretta verso i sotterranei. Tutto quello che voleva era partire al più presto da quel manicomio che era a Hogwarts. Mai, a Durmstrang, qualcuno l’aveva esibita come un trofeo conquistato. Raggiunse la Sala Comune dei Serpeverde prima degli altri, la forcina che aveva usato per trattenere i capelli dietro la nuca, stretta tra le dita sottili della mano destra.

Sibilò rabbiosa la parola d’ordine e attaversò l’ambiente della Sala Comune in tutta fretta. Un movimento però attirò la sua attenzione e si fermò di scatto, voltandosi. Draco si tirò su da una delle sedie in pietra davanti al focolare e la guardò.
“Draco…” disse lei trattenendo il respiro. I capelli le erano ricaduti davanti al volto e si affrettò a scostarli con la mano.

“Sei tornata” mormorò lui avvicinandosi. Era ancora evidentemente arrabbiato. Erzsébet inclinò leggermente il capo e lo osservò “Stavi aspettando me?” chiese sopresa. La rabbia per la brutta serata sembrò d’un tratto scemare.

Draco la guardò a sua volta “Volevo sapere se Lumacorno ti avesse detto qualcosa”

La ragazza sbattè le palpebre “Non che io abbia sentito…T’importa?” domandò “Cos’è successo, Draco? Volevi davvero imbucarti a quella stupida festa?”

Il Serpeverde sorrise amaramente e poi scosse lentamente la testa “Non ho il tempo per pensare alle feste, Erzsébet”.

Lo disse con uno strano tono e l’ungherese lo avvicinò silenziosa “Gazza mi ha beccato mentre mi avviavo al settimo piano…se solo Piton non avesse messo in punizione Tiger e Goyle e poi dice di volermi aiutare…” aggiunse Draco, irritato.

“Piton vuole aiutarti?”

“Non dirmi che non lo sai, Erzsébet” mormorò lui con un mezzo sorriso “Piton è un Mangiamorte”.

Sgranò appena gli occhi, sorpresa e schiuse le labbra “Silente lo sa?”

“Certo che lo sa” ridacchiò “Ma è convinto che sia dalla loro parte”. Erzsébet aggrottò la fronte “Allora perché non ti fai aiutare davvero da lui, Draco?” domandò e il ragazzo assunse un'espressione ancora più irritata “No” sibilò.

Nella Sala Comune calò il silenzio. Non riusciva a comprendere l’ostinazione di Draco “Domani tornerai a casa?” chiese lei d’un tratto. Lui annuì “Devo” rispose.

Poi le si avvicinò “Forse non tornerò, chi lo sa” aggiunse poi lui. Erzsébet sollevò gli occhi verdi verso il Serpeverde “Che vuoi dire?”

“Dico che, forse, non mi darà altro tempo”.

Sentì qualcosa serrarle lo stomaco “Non dire questo, Draco” sussurrò “Sei un Purosangue”

“Forse sono uno di quei rami che vanno potati”. Si era avvicinato di molto e ora distava appena un metro da lei. Lo fissò per un lungo momento “Draco…” fece per dire ma l’interruppe “Sei una ragazza interessante, Erzsébet” disse lui con un sorriso appena accennato. Mosse ancora un passo e le scostò dietro l’orecchio una ciocca dei capelli biondi provocandole un brivido lungo la schiena scoperta.

“Draco…” disse ancora lei. Non poteva permettere che lui la baciasse ancora. Già passava troppo tempo a pensarci. Certo, avrebbe potuto scostarsi facilmente ma non lo fece.

La mano di Draco scese ad accarezzarle in un tocco leggero tutto il braccio e poi le sue dita si serrarono appena a trattenerla per un polso “E sei anche estremamente bella” sussurrò ancora lui chino sul suo orecchio. Erzsébet deglutì, il respiro appena accellerato solo da quella vicinanza fisica. Si morse appena l’interno della guancia e fece per fare un passo indietro ma Draco rafforzò la presa sul suo polso tirandola a sé.

In un attimo, l’ungherese, si ritrovò le labbra premute contro quelle di Draco Malfoy. Per la seconda volta a distanza di pochi giorni le sembrò che il resto del mondo scomparisse.

Schiuse le labbra e si premette contro il corpo del Serpeverde artigliandogli i vestiti all’altezza del petto. Un mugolìo di protesta giunse appena dalla gola di Draco quando lei gli morse appena un labbro prima di interrompere il contatto, durato appena qualche secondo. Sentiva uno strano calore invaderle tutto il corpo “Scrivimi, Draco” sussurrò sfiorandogli con le dita il profilo del mento.

Fissò per un attimo gli occhi grigi del ragazzo e poi si costrinse ad allontanarsi in fretta scomparendo oltre la soglia del dormitorio femminile.


Quella notte Erzsébet dormì male e la mattina, quando ripose le ultime cose nel baule, era più nervosa del solito. Salutò a malapena Rosalie e non scese nemmeno in Sala Grande per l’ultima colazione prima della partenza.

Si sentiva tradita da sé stessa. Aveva permesso nuovamente a Draco di avvicinarla così, senza quasi nessun pudore.

Quando raggiunse insieme agli altri –tenendosi ben lontana da Draco- la stazione di Hogsmeade trasse un sospiro di sollievo. Si sarebbe infilata in uno scompartimento di qualche Serpeverde del primo anno, qualunque posto lontano da Draco era un bene.

 
Griseldis Báthory l’attendeva già sulla banchina del binario 9 ¾ quando l’Espresso di Hogwarts si fermò alla stazione di King’s Cross.
Anyu!” esclamò in ungherese la ragazza richiamando a sé l’attenzione della donna. Griseldis le rivolse un mezzo sorriso e la strinse in abbraccio affettuoso “Erzsébet” sospirò. La Serpeverde ispirò forte il profumo della madre prima che lei la scostasse dolcemente “Andiamo?” disse. Erzsébet annuì e le afferrò un braccio.

L’ultima cosa che vide, prima di avvertire il famigliare risucchio all’ombelico della smaterializzacione, fu la testa di Draco Malfoy volta nella sua direzione.


 
Spazio Autrice: Un ritardo un po’ imperdonabile, lo so…chiedo venia ^.^” Spero comunque che questo capitolo non vi abbia deluso troppo. Il prossimo sarò più incentrato sulle vacanze Natalizie. Avremo modo di conoscere meglio la famiglia Báthory e il “famoso” Istók. Vorrei ringraziare Bianca987, porcalum, One_Little_Dream per aver inserito la storia tra le ricordate e Veritaserum00, dreamdesi e di nuovo Bianca987 e One_Little_Dream. Mi farebbe moolto piacere se lasciaste una recensione…anche piccina picciò <3
Buona Domenica,

Raya_Cap_Fee

 
 
 

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Capitolo 7
*** VII ***


A STONE IN THE HEART


 
CAPITOLO SETTE 

Erzsébet aprì gli occhi solo quando sentì di essere arrivata a destinazione. Non amava particolarmente la smaterialiazzazione. Ispirò profondamente l’aria freddissima e subito si sentì rinvigorita.

“La tua roba è già al castello. Ho mandato un elfo domestico a prendere i tuoi bauli” mormorò Griseldis sistemandosi il cappotto nero. Erzsébet sollevò lo sguardo al cielo e accennò un sorriso. La neve era in arrivo.

“Vi ringrazio, anya” mormorò lei in risposta, guardandosi finalmente intorno. Davanti a loro due, si ergeva un castello in pietre grigie, quasi nere, piuttosto piccolo ma dalle numerose finestre. Il castello di Csejthe. Si voltò verso il villaggio a valle, nulla sembrava essere cambiato in quel luogo. I Babbani non avevano fatto alcun tipo d’innovazione. Rimanevano sempre a vivere in quelle loro catapecchie di pietra come se nulla fosse.

L’ungherese si sistemò con eleganza il mantello e tornò a voltarsi verso il castello. Chissà chi dei Báthory era arrivato.

“Sbrighiamoci, Erzsébet. Prima che qualcuno ci veda” disse Griseldis avviandosi su per il sentiero. In realtà la ragazza non credeva che qualcuni dal villaggio potesse vederle scomparire in quello che, ai loro occhi, era un castello semi-distrutto dal tempo e pieno di rovi.
Ah, Erzsébet aveva sempre adorato gli incantesimi d’illusione lanciati dai maghi sulle loro abitazioni.

Seguì la madre in silenzio, dopo essersi sistemata una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Istók, per esempio, era già arrivato?

Anya?” richiamò la madre “Siamo le prime ad arrivare?” domandò poi. Griseldis scosse la testa bionda e accennò un sorriso “Qualcuno già c’è, Erzsébet, ma Istók e Pál arriveranno stasera per cena. Sta tranquilla”.

La Serpeverde trasse un profondo respiro. Sua madre riusciva sempre capire cosa la preoccupava.


 
Raggiunsero il grande portone in legno scuro e quello si aprì ancora prima che avessero la possibilità di annunciarsi.

“Bentornate a casa, mie signore” esordì la voce gracchiante di un’elfa domestica, invitandole ad entrare. Erzsébet chinò lo sguardo sulla creatura e arricciò appena le labbra in una smorfia. Non le erano mai piaciuti gli elfi.

“Le nostre cose sono state sistemate, Fedora?” domandò Griseldis facendosi scivolare di dosso il cappotto per appenderlo poi all’ingresso.

“Sì, mia signora. La padrona ha fatta sistemare tutto prima del vostro arrivo”.

Erzsébet imitò la madre e si tolse il cappotto. Si guardò intorno mentre il calore all’interno cominciava a scioglierle le membra. L’ingresso era ampio, un grosso lampadario di cristalli pendeva dal soffitto, illuminando il tutto di una luce aranciata. I tappeti erano rossi e alle pareti facevano capolino moltissimi ritratti di famiglia, tutti rigorosamente animati.
“Griseldis, mia cara sorella! Oh, ma guardati, Erzsébet, sempre più bella!” esordì una voce dalla cima delle scale. La ragazza sollevò lo sguardo e ispirò profondamente.

Zia Doriczka era una delle donne più belle che avesse mai visto.

“Zia, è un piacere rivedervi” mormorò lei in risposta, osservandola nel mentre che si avvicinava a loro. I capelli biondi e folti le incorniciavano un volto dai tratti fini e appena abbronzato dal sole delle sue numerose vacanze. Era alta e sottile ancora più di Griseldis e gli occhi, di un castano caldo e dal taglio allungato, la facevano assomigliare più che mai a una graziosa volpe.

Doriczka Báthory, la madre di Istók, abbracciò Griseldis e poi passò a stringere Erzsébet “Mia cara ragazza…” le sussurrò all’orecchio. La Serpeverde fu quasi stordita da quell’abbraccio troppo profumato e si limitò a sorridere “Sarai stanca, non è così?” le chiese Doriczka prima di voltarsi verso l’elfa domestica, ferma lì di fianco “Fedora, vai di sopra e prepara un bagno a mia nipote. Erzsébet, mia cara, vai di sopra con lei”.

“Grazie, zia” mormorò la Serpeverde in risposta. D’altronde desiderava rilassarsi in una vasca dopo il viaggio in treno da Hogwarts. Lasciò Griseldis e Doriczka e seguì su per le scale di marmo l’elfa.

Era stata apportata qualche miglioria al castello. I numerosi spifferi erano spariti, i corridoi stretti erano più illuminati da lampade e le camere arredate in modo più moderno.

“Qui, signorina Báthory”.

Fedora aprì una delle numerose porte lungo il corridoio est e Erzsébet entrò. La camera era ampia e al centro spiccava il grosso letto a baldacchino dai tendaggi verde-argento. In verità, nella stanza c’erano solo quei due colori.

La zia Doriczka aveva preso sul serio il suo ingresso nella casata dei Serpeverde a Hogwarts.

Il suo baule era aperto ai piedi del letto, vuoto. Le sue cose erano state sistemate nel grosso armadio di legno di fianco alla piccola finestra. Erzsébet si avvicinò a questa mentre, in bagno, sentiva Fedora armeggiare con i rubinetti della vasca. Aprì appena la finestra e guardò in direzione del villaggio. Sembrava ancora più piccolo e insignificante da lassù.

“Il bagno è pronto, signorina Báthory”

Erzsébet volse gli occhi verdi sull’elfa. Era magra e abbigliata con una tunica nera dalle tasche bianche piuttosto consunta, gli occhi a palla erano blu e le orecchie grandi flosce ai lati del volto scarno.

“Preparami l’abito per la cena e poi lasciami sola” mormorò lei in risposta, senza dare alcun segno di ringraziamento per il lavoro accuratamente svolto.

 
 
Un’ora più tardi, Erzsébet si vestì dell’abito che l’elfa aveva lasciato sul letto. Non si meravigliò del fatto che il vestito fosse più che formale anche per una cena in famiglia. Si guardò allo specchio appeso alla parete e si scostò indietro i capelli ancora da sistemare.

Il vestito era nero, stretto al limite dell’umano intorno al busto con la gonna ampia e lunga fino a terra. Dalle maniche, appena a sbuffo sulle spalle, fuoriusciva del pizzo bianco così come dal colletto.

Era uno stile antico ma era sempre richiesto e apprezzato dai Báthory. Erzsébet tornò a dare le spalle allo specchio e nello stesso istante di sentì attraversata da qualcosa di ghiacchiato.

La ragazza fu scossa da un brivido profondo e una voce fredda esordì nel silenzio della stanza “Erzsébet” disse. Lei aprì gli occhi e si ritrovò a un nulla dal volto gli occhi acquosi della sua ononima antenata.

“Zia Erzsébet” soffiò lei chinando appena il capo. La contessa Báthory si fece più indietro e il vestito in stile ‘600 ondeggiò intorno alla sua figura quasi trasparente.

“Sei cresciuta” affermò il fantasma scrutandola. Erzsébet si sentì appena a disagio, la sensazione di gelo non era ancora passata.

“E sei degna del nome dei Báthory con quell’abito e quel viso” continuò la contessa sfiorando con le dita uno dei pilastri intagliati del baldacchino.

“Grazie” rispose lei, semplicemente.

“Inoltre porti il mio nome…Sono grata a Griseldis e a tuo defunto padre, per questo”

Erzsébet chinò appena il capo “Anch’io”.

Nella stanza riecheggiò una breve risata della contessa, conosciuta anche al mondo dei Babbani.

“Dimmi, ho saputo che sei a Hogwarts ora, come ti trovi in quella scuola frequentata da tutti?”

Erzsébet si strinse appena nelle spalle esili “Bene, ho le mie compagnie di amici”

“Mezzosangue?”

Stavolta fu la ragazza a sorridere “Certo che no, zia Erzsébet”. Nel dire questo la sua mente ritornò involontariamente a Draco, al bacio che meno di ventiquattr’ore prima si erano scambiati all’interno della Sala Comune dei Serpeverde.

Non arrossì ma si sentì turbata. Non avrebbe dovuto dire a Draco di scriverle, come avrebbe giustificato a sua madre e soprattutto a sua zia il ricevere lettere da un ragazzo?

L’aveva detto senza pensare, per il semplice fatto che era preoccupata per la sorte di quel ragazzo di diciasette anni al servizio del Signore Oscuro.

“Qualcosa ti turba, Erzsébet?”

Ancora una volta la ragazza rabbrividì. Una mano della contessa era a contatto con la pelle del suo viso, gelida. Lo sguardo era concentrato sul suo volto e un sorriso quasi crudele le increspava le labbra sottili.

“No, sono solo impaziente di rivedere la famiglia” mentì. Era sempre stata brava a mentire.

La contessa sorrise e allontanò la mano dal suo volto “Bene, io andrò a salutare Istók. E’ appena arrivato da Varsavia”.


 
Quando il campanello che annunciava la cena suonò nella stanza, Erzsébet ispirò profondamente e con le mani pallide si lisciò il vestito. Era nervosa, oltre ogni previsione.Aprì la porta della camera e percorse il corridoio deserto, dalle lampade ora per metà spente, e raggiunse la cima delle scale con il cuore in gola.

‘Calma, Erzsébet’ si ripetè mentre, stando bene attenta a non inciampare, scese una ad una le scale.

Dal salotto alla sua destra sentiva provenire numerose voci. Quanti dei Báthory erano giunti in quelle ore?
Prima di entrare sospirò di nuovo e rilasciò le braccia lungo i fianchi, imitando una posizione di rilassatezza.
 
“Eccola qui, la nostra Streghetta sempre più grande!” una voce maschile, che riconobbe come quella dello zio Vladimir, fu la prima ad annunciare la sua presenza in salotto. In un attimo sei paia di occhi si erano puntati su di lei.

Erzsébet sollevò, quasi stancamente, le labbra in un sorriso “Zio Vladimir, è un piacere rivedervi. Vi trovo in ottima forma” esordì lei provocando un sorriso da parte del vampiro.

“Ah, mia cara ragazza” ribattè Vladimir alzando un calice nella sua direzione. Fu allora che Erzsébet si concesse di guardarsi meglio intorno. Griseldis, Doriczka e Vladimir erano in piedi a pochi passi da lei. Lo zioGyorgy, marito di Doriczka e fratello di suo padre, era accanto al camino affiancato da due ragazzi: Istók e Pál.

Erzsébet si avvicinò al camino, lo sguardo diretto esclusivamente allo zio.

“Zio Gyorgy…” salutò, rispettosa. Gyorgy Báthory sorrise e le prese una mano, baciandola “Come stai, mia cara Erzsébet?”

La ragazza chinò appena il capo “Molto bene”

“L’aria dell’Inghilterra sembra giovarti”

“Mai quanto quella di casa, zio” rispose lei con un sorriso prima di decidere a voltarsi verso i due cugini.

Fu costretta a sollevare lo sguardo per poter incontrare gli occhi blu di Istók. Era cresciuto dall’ultima volta che l’aveva visto, le spalle gli si erano allargate, i tratti del viso si erano induriti e i capelli corvini tagliati corti erano scomposti, come se l’unica cosa che avesse fatto per sistemarli fosse stata quella di passarci le dita. Era un uomo ormai, nonostante avesse soltanto ventidue anni.

“Istók…” salutò, gli occhi verdi fissi in quelli dell’altro. Il ragazzo chinò appena il capo “Erzsébet. E’ un piacere vederti…” le diede del tu così come usavano tra loro.

Anche la voce era cambiata, profonda e piacevolemente roca. Le labbra di Istók si curvarono appena in un sorriso, più di circostanza che sincero, e poi distolse lo sguardo da lei per guardare il fuoco. Fu allora che Erzsébet si ricordò anche di Pál.

Spostò appena gli occhi verdi e incrociò quelli nocciola di Pál, i cui genitori non erano arrivati.

“Mio caro Pál…” disse in tono caldo, come a volersi scusare di aver avuto occhi solo per Istók. Con la coda dell’occhio notò proprio quest’ultimo irrigidirsi.

“Erzsébet!”

Pál si mosse e l’abbracciò, affettuoso come suo solito. Nella famiglia Báthory era quello da considerarsi più strano. Sempre sorridente, affettuoso, sincero.Era diverso da loro eppure perdeva enormemente al confronto dell’altro cugino presente nella stanza. Più gracile, meno prestante, con i capelli castani tagliati sulle orecchie e gli occhi grandi.
Lei lo trovava simpatico. Tutto qui.

Sorrise al cugino quando la lasciò andare “Ci manchi a Durmstrang. Quei corridoi non sono più gli stessi senza di te” disse Pál, all’ultimo anno nella scuola di Magia di Durmstrang.

“Hogwarts non è male, Pál”

“Mezzosangue e feccia dappertutto”

Erzsébet rise.


 
Sembrava che zia Doriczka avesse già fatto in modo di farla sedere a fianco di Istók, durante la cena, spedendo Pál all’altro capo. L’unico con il quale avrebbe potuto scambiare qualche battuta. Istók non era il tipo da discussioni futili, a quanto ricordava. Prese posto al fianco del cugino e si sentì quasi troppo piccola, per i suoi gusti, al confronto.

“Avevi ragione, Istók. Sembra che questi anni ti abbiano cambiato” mormorò mentre del roastbeef apparì nel piatto. Si volse verso il cugino e incrociò il suo sguardo, distaccato “Sei cambiata anche tu, Erzsébet” rispose lui, fissandola.

Inspiegabilmente, stavolta, si sentì arrossire e distolse lo sguardo dal volto di Istók. Guardò i membri della famiglia seduti a tavola, tutti vestiti dei loro abiti migliori e si sentì, dopo tanto tempo a casa.

“I complimenti, una volta, ti rendevano più sfacciata” mormorò Istók. Erzsébet tenne lo sguardo sullo zio Gyorgy fin quando quello non prese la forchetta, dando così inizio alla cena.

“E sembrava che la cosa non ti piacesse tanto, Istók”

“Ti sbagli”

La ragazza lanciò un’occhiata al cugino. La stava ancora fissando.

“Gli anni ti hanno davvero cambiato allora” ribattè, stirando le labbra in un sorriso.


 
Spazio Autrice:Ecco a voi il capitolo sette. Non so se sia stato all’altezza delle vostre aspettative, io ne sono piuttosto soddisfatta in verità. Ringrazio molly95 e Cruciatus96 che hanno inserito la storia tra le preferite. Scusate le noti brevi :)

Un bacione e al prossimo capitolo, dove continueranno queste vacanze natalizie e…chissà che non arrivi un gufo per Erzsébet.

Raya_Cap_Fee

 

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Capitolo 8
*** VIII ***


A STONE IN THE HEART




 

CAPITOLO OTTO  

Le feste a casa Báthory non erano certo da considerarsi rumorose e a Erzsébet, più che abituata allo stile di famiglia, la cosa non dispiaceva affatto. Niente schiamazzi, niente urla, niente bambini piccoli e viziati a torturarti il vestito o a richiedere attenzioni. A casa Báthory vigeva la disciplina tutto l’anno. Compreso il Natale.

Per questo, dopo la consueta cena della vigilia –durata poco più di un’ora- ogni componente della famiglia scelse il proprio angolo della casa dove rintanarsi. Gli zii si trasferirono in salotto, per bere qualche bicchierino di Whiskey Incendiario, le zie e sua madre scelsero invece una sala al piano superiore.

Erzsèbet, dal canto suo, desiderava più che mai un po’ di tempo per rilassarsi e per questo si rintanò nella grande biblioteca al secondo piano. Tra la morte di suo padre, il nuovo ambiente, la nuova scuola, i corsi e Draco Malfoy, la sua vita sembrava essere più stravolta che mai dopo anni di routine. Si accovacciò sulla poltrona di velluto rosso davanti al camino acceso e, con un sospiro, recuperò dal tavolinetto lì di fianco un libro sulle creature magiche pericolose del Perù.

Le mancava un po’, suo padre. Non era mai stato particolarmente affettuoso con lei, niente abbracci e baci stravolgenti, ma ricordava che nulla lo rendeva più felice del fatto di saperla un’ottima strega, specie per i tempi che correvano. Erzsébet, fin da piccola, aveva mostrato una particolare propensione all’essere indipendente e a cercare di creare quanto meno problemi possibili. E ci era riuscita fino ad allora. Fino al suo arrivo a Hogwarts. Emise un flebile sospiro e aprì il libro, salvo per poi richiuderlo con uno scatto quando la prima pagina rischiò di tagliarle l’indice. Imprecò sottovoce e si portò il dito sanguinante alle labbra.

“Credo che mio padre si diverta a lasciare in giro libri come quello”

La voce roca di Istók esordì alle sue spalle e lei voltò appena il capo per guardarlo. Il ragazzo si fece avanti e le si portò di fianco al bracciolo, chinandosi appena verso di lei con un sorriso mesto a increspargli le labbra.

“Zio Gyorgy ha dei passatempi tutti suoi allora” mormorò lei con una vena di sarcasmo che non sfuggì alle orecchie dell’altro. Il sorriso si accentuò appena e poi sporse una mano verso di lei “Permetti?”

Istók era sempre così formale, non si sbilanciava mai troppo. Nemmeno con i membri della sua famiglia. Erzsébet lanciò un’occhiata al proprio dito e poi annuì, porgendo la mano a suo cugino. Bastò un semplice tocco di bacchetta e la pelle del polpastrello tornò rosea e priva di tagli.

“Grazie” disse, fissandolo. Fece per ritirare la mano ma Istók la trattenne stringendole appena la presa sul polso sottile “Credi di poter passare un po’ di tempo con me, Erzsébet?” chiese Istók, gli occhi blu resi neri dalla scarsa luce. Lei trattenne per un attimo il respiro nel sentire il suo nome.
Le era sempre piaciuto il modo in cui Istók accarezzava la r. Chinò appena il capo e una ciocca dei capelli biondi le finì davanti agli occhi.

“Istók…”

“Lo sai cosa succederà tra noi. Ed è inutile negare che la prospettiva ti piaccia. Ti ho osservata, quando mi guardi”

Egocentrico megalomane. Ecco cos’era Istók Báthory. Esattamente come lei, d’altronde.

“Potrei dire lo stesso di te, cugino” ribattè liberandosi dalla presa. Tornò a sistemarsi sulla poltrona, scostandosi la ciocca di capelli del viso, e poggiò la testa allo schienale. Aveva sempre sentito una certa attrazione per Istók, era vero, ma non aveva intenzione di farglielo credere troppo.

“Io non lo nego, cugina” sottolineò il ragazzo prendendo posto sulla poltrona di fianco alla sua, oltre il tavolino “Ti ho sempre trovata interessante”. Seguì qualche minuto di silenzio e poi fu la ragazza a parlare “Mi ha sorpreso ricevere una tua lettera”.

“E’ stata mia madre a dirmi di scriverti”

Se non altro Erzsébet sapeva che Istók non le avrebbe mai mentito. Lui diceva sempre la verità anche se alle volte risultava scomoda. Lei lo capiva e per questo si limitò a fare un leggero cenno del capo.

“Lei sa che la scelta tocca a te, Erzsébet, ed è inutile dire che voglia me come padre dei prossimi Báthory”

La Serpeverde sentì qualcosa smuoversi dentro. Per la prima volta si ritrovò a non essere d’accordo con quella regola di famiglia. Istók le piaceva, certo, ma da quando aveva baciato Draco Malfoy qualcosa era cambiato in lei. Arrossì inconsapevolmente e Istók lo notò, nonostante la sola luce del camino a illuminarla.

“Ormai sei quasi adulta, certe cose non dovrebbero farti arrossire”.

Quella sottospecie di rimprovero la irritò e puntò gli occhi verdi in direzione di Istók, in segno di sfida “Non ti do il permesso di  rivolgerti a me in questo tono, cugino. Se credi di essere la scelta più ovvia nel mio futuro faresti meglio a ridimensionare il tuo ego smisurato” disse, saccente. Si alzò in piedi e senza controllare l’espressione di suo cugino uscì in corridoio sbattendo la porta.

Non era una stupida, sapeva bene a quali cose si fosse riferito Istók ma non era di certo la prospettiva di essere insieme a lui ad averla fatta arrossire! Con le dita pallide si sollevò appena la gonna del vestito per camminare più spedita verso la sua camera ma un’ombra le si parò davanti e lei sobbalzò. La mezza risata di Pál la raggiunse e lei espirò con forza dalle narici. Avrebbe preferito avere intorno un gruppo di marmocchi piuttosto che imbattersi nei suoi due promessi sposi uno dopo l’altro.

“Pál…” mormorò con tono di rimprovero mentre la lampada, che il cugino aveva spento per mettere in atto il suo piano, tornò a illuminare quella parte di corridoio.

“Scusami, Erzsébet. Credevo fossi zia Griseldis”

“Probabilmente, se fossi stata mia madre, saresti stato cruciato nell’immediato” ribattè lei guardandosi alle spalle. Istók era rimasto in biblioteca.

“Cos’è quella smorfia, cugina? Istók ti ha fatto arrabbiare? Non sarebbe la prima volta”

Pál era decisamente fuori dagli schemi di quella famiglia. Quasi sempre allegro e gioviale. Il contrario di tutti loro insomma.

“Nostro cugino parla troppo e troppo a sproposito” rispose lei lanciando un’occhiata al ragazzo di fronte a lei. Era meno bello dell’altro cugino ma se non altro sapeva essere più delicato.

“Ah, lo so, ma lo capisco d’altronde. Visto che sei diventata una strega degna di nota non vuole che io ti tolga dalle sue grinfie…e tantomeno zia Dorizka” sorrise Pàl circondandole le spalle esili con un braccio. Non le piaceva tanto essere toccata in quel modo da chiunque, tuttavia, per non ferire il secondo cugino su due non disse nulla.

“La popolazione maschile di Durmstrang sente la tua mancanza in modo deplorevole, devo dire. Sentir parlare della propria cugina in certi termini mi ha fatto saltare qualche nervo più di una volta”

Erzsébet accennò un lieve sorriso e alzò appena il mento verso il cugino “Spero tu li abbia cruciati”

“Senz’altro, mia cara, da Halloween non ti nomina praticamente più nessuno”

La Serpeverde sorrise appena più apertamente e poi sospirò. Pàl le tolse il braccio dalle spalle e la guidò in un piccolo salottino, attiguo alla sua camera da letto.

“Parlami meglio di Hogwarts” disse Pàl versando, in due bicchieri del whiskey incendiario costosissimo. Erzsébet scosse appena le spalle mentre si sedeva su un divanetto di pelle “Mediocre”. A parte Draco.

Pàl sorrise e gli porse un bicchierino. Alle donne Báthory non era permesso bere alcolici, tantomeno alle ragazze, ma la Serpeverde accettò di buon grado sapendo che a offrirglielo era Pàl e che quindi nessuno l’avrebbe saputo.

“La zia Griseldis non avrebbe dovuto portarti lì”

Erzsébet scrollò ancora una volta le spalle e, in un unico sorso, buttò giù il contenuto del bicchierino. Il liquore le bruciò giù per la gola ed emise qualche colpo di tosse. Pàl ridacchiò e le porse la bottiglia per riempirlo di nuovo.
“Non c’è alcuna ragione per cui dovresti rimanere lì ancora per il resto dell’anno. Torna a Durmstrang”

“Lo sai che non è possibile…”

Pàl rimase in silenzio e lei, incerta, si versò un altro bicchierino di liquore.

“Zia Griseldis non vuole proprio più tornare in Ungheria eh?” domandò il ragazzo in tono nostalgico. Erzsébet scosse la testa “Vuole avermi vicina e vuole stare lontana dai posti che le ricordano mio padre. L’Inghilterra andrà bene. Non è poi così male solo…mediocre”. Alzò lo sguardo in direzione di Pàl e lo trovò a fissarla metidabondo. Buttò giù il secondo bicchierino e fece una smorfia “Non reggerò questa roba…”.

Pàl accennò un sorriso e le si sedette di fianco, sfiorandole le spalle con le proprie “Almeno ti vedrei più sciolta, Erzsébet. Sorridi troppo poco per essere così bella”. La ragazza chinò gli occhi verdi sulle proprie mani, che stringevano ancora il bicchierino di cristallo, e si morse appena il labbro inferiore.

“E’ anche vero che hai ben pochi motivi per farlo” aggiunse Pàl stendendo i piedi sul tavolino di legno e incrociandoli all’altezza delle caviglie. Si allentò poi la camicia nera sul collo e buttò la testa all’indietro per guardare il soffitto.
Erzsébet non rispose, la testa che le girava appena, ma si tolse le scarpette e imitò il cugino nella posizione “A Hogwarts c’è chi sta aiutando il Signore Oscuro per il suo ritorno…” disse poi nel silenzio. Voleva conoscere l’opinione di Pàl in merito. Sapeva così poco della vita dei suoi cugini e con Pàl era più facile parlare.

“Anche a Durmstrang ma dopo il ritrovamente di Karkaroff hanno paura”

“Quelli che lo appoggiano sono quasi tutti i Serpeverde”

Pàl sorrise “Le Case di Hogwarts, dividere gli studenti così la trovo una cosa pessima. Non si fa altro che metterli gli uni contro gli altri…”. La ragazza avvertì gli occhi castani di Pàl sul suo profilo “Credi che la nostra famiglia appoggerà il Signore Oscuro?” chiese lei alla fine e l’altro aggrottò la fronte “Non credo, anche se proveranno a convincerli. I Báthory stanno bene così come stanno. Abbiamo una discendenza di sangue puro ed è l’unica cosa che conta, cugina” rispose Pàl. Erzsébet avvertì qualcosa sfiorarle la testa e si accorse che era la testa di Pàl.

“Perché lo chiedi a me?”

“Tu non indaghi mai, Pàl, e ti apprezzo proprio per questo” ribattè lei, evasiva. Se la sua famiglia non appoggiava il Signore Oscuro lei non avrebbe potuto appoggiare o aiutare apertamente Draco Malfoy. Non le importava di quel mago che tormentava Harry Potter ma le importava di Draco e del fatto che, se avesse fallito nel piano, Voldermort l’avrebbe ucciso.


 
 
La mattina di Natale, quando la Serpeverde entrò nella sala per la colazione, trovò metà della famiglia già seduta e un paio di nuovi zii che, nella sua vita, aveva visto pochissime volte. Stavolta, approfittando della distrazione della zia Dorizka, prese posto in mezzo a sua madre e zio Vladimir.
“Buongiorno” disse allungandosi per lasciare un leggero bacio sulla guancia di Griseldis.

“Hai l’aria stanca, Erzsébet”

“Non ho dormito molto bene, anyu” rispose guardandosi appena intorno.  Fece colazione in silenzio, rabbrividendo appena per il cibo dello zio al suo fianco, poi si alzò in piedi insieme agli altri. Sebbene non ci fosse alcun addobbo, nessun particolare spirito festaiolo, i Báthory si scambiavano i regali. Affiancando sua madre Griseldis si diresse verso il salotto. Istók le passò di fianco, senza degnarla di uno sguardo, per andare a sua salutare i suoi genitori. La Serpeverde si sentì appena irritata ma la sua espressione non cambiò.

Si riunirono tutti intorno al tavolo del salotto, per scartare e, mentre Erzsébet stava per ricevere il primo regalo dallo zio Gyorgy, si udì un tonfo contro la grande finestra. Tutti si voltarono per osservare la scena. Due corvi torturavano un gufo di media taglia che, appesa alla zampa, teneva una lettera.

“Maledetti corvi…” mormorò Dorizka avvicinandosi alla finestra “Via! Via! Stupeficium!”. I corvi furono sbalzati indietro e il gufo, una volta aperta la finestra, rotolò dentro.

“Povero piccolo” mormorò la zia allungandosi per recuperarlo. Fece per prendere la lettera ma l’animale protestò ruotando gli occhi gialli per la stanza e agitandosi.

“Non è per te, Dorizka” intervenne Griseldis. La zia lasciò quindi l’animale che, con sua grande sorpresa le si avvicinò beccandola delicatamente sulla spalla “Per me?”. Con un dito accarezzò per un attimo la testa del gufo sconvolto e poi prese la lettera. Qualcuno era ritornato a prestare attenzione ai regali mentre, qualcuno come sua madre e Istók la stavano fissando.

Erzsébet studiò la busta e il suo cuore ebbe un sussulto nel leggere, in un angolo e piccolissime, le iniziali D.M.

“Chi ti scrive, mia cara?” domandò Griseldis. La ragazza non sollevò lo sguardo. Prima doveva calmarsi. Assottigliò appena gli occhi verdi e riprese a respirare con calma “E’ Stépka” mentì. Sua madre la guardò per un attimo negli occhi e poi annuì. Erzsébet non si voltò invece verso Istók “Vado a leggere cosa vuole e a risponderle” disse, cercando di mascherare l’impazienza.

“Tornerò a minuti, scusatemi”

Si voltò e uscì dal salone a passo calmo. Draco le aveva scritto. Appena chiusa la porta dietro di sé, con una mano a tenersi la gonna del vestito e un’altra a stringere la lettera, cominciò a correre per le scale verso il piano superiore. Superò quasi di corsa l’elfa domestica, che la guardò sbigottita, non desiderando altro che leggere le parole di Draco.



Angolo Autrice: Torno dopo un bel po’ con un nuovo capitolo. Tutte le mie storie sono state un po’ in pausa a causa di problemi ma adesso conto di riprendere ad aggiornare con regolarità come prima. In questo capitolo conosciamo meglio i cugini della nostra Erzsébet e il loro rapporto. Arriva anche la lettera di Draco. Chissà cosa le dirà xD Il prossimo capitolo sarà ambientato ancora a casa Báthory e quindi nel dieci ritorneremo a Hogwarts e dall’amatissimo Draco <3 Un bacione a tutte voi e un ringraziamento speciale a Blakey e SweetSmile che hanno inserito la storia tra le seguite. Aspetto le vostre recensioni.
 
Raya_Cap_Fee

 

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Capitolo 9
*** IX ***


A STONE IN THE HEART



 
CAPITOLO NOVE
 
 
Erzsébet,

non so nemmeno perché ti sto scrivendo questa lettera ad essere sincero. Forse mi sei sembrata l’unica a cui potesse importare qualcosa di me, in questo momento. O forse mi sbaglio e mi rispedirai indietro il gufo senza aver nemmeno letto.
Quindi, nel caso in cui tu stia leggendo questa lettera, voglio darti ragione. Ho l’acqua alla gola, Erzsébet, e ho bisogno di aiuto per quello che devo fare.T
Buon Natale.
Draco
 
 
La strega fissò quella breve lettera e una ruga di preoccupazione le solcò la fronte. Aveva l’impressione che Draco avesse voluto aggiungere qualcos’altro –lo testimoniava la sbavatura dopo il punto che non si era preoccupato di correggere- e allora perché non l’aveva fatto? Stava chiedendo aiuto a lei?

Rilesse ed emise un leggero sospiro. Doveva rispondergli ma…la sua famiglia. Se la sua famiglia l’avesse saputo non aveva idea di quello che sarebbe successo. O meglio, un’idea ce l’aveva ma non voleva pensarci. I Báthory sapevano essere terribili.

 Inspirò profondamente dal naso e ripiegò la lettera di Draco. Il gufo l’aveva raggiunta nella stanza e ora la guardava, appollaiato al fianco di Fizkò, in attesa che rispondesse. Non lo fece. Si alzò in piedi e rimise alla zampa del gufo la lettera. La ceralacca era rotta e Draco si sarebbe accorto che non gli aveva risposto di sua volontà. Si sentì meschina e, per la prima volta, si pentì di essere così egoista.

Draco le piaceva. Riusciva a ricordare perfettamente i suoi baci e come si era sentita. Ed era sbagliato.

“Riposati un po’ e poi torna a casa” si rivolse al gufo dandogli una breve carezza sulla testa.
Aveva detto a Draco di chiedere aiuto e l’aveva fatto. Alla persona sbagliata.
 
 Ritornò in salotto dopo essersi calmata un po’ ma nessuno fece domande. Era ovvio  che le avessero creduto, d’altronde perché avrebbe dovuto mentire alla sua famiglia?  


 
Quando ritornò nella sua stanza, a sera, il gufo era sparito e con lui la possibilità di rimediare a quello che, per tutto il giorno, le era sembrato un grosso errore. Che cosa avrebbe pensato Draco?
Si era ripetuta che non gli importava ma non era vero.  Si morse un labbro e si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Qualcuno bussò alla porta.

“Avanti” mormorò lei, sedendosi meglio. Pál fece il suo ingresso, due bottiglie di burrobirra incastrate per il collo tra le dita di una mano.

“Erzébet, Erzsébet…” disse lui con un tono di rimprovero “Una volta eri una festaiola”

La Serpeverde guardò il cugino e socchiuse appena gli occhi. Cosa ci faceva lì?

“Non è vero” ribattè inarcando appena un sopracciglio. Pál sorrise e si fermò davanti a lei tendendole una bottiglia “Sei strana oggi. Più del solito”. Una delle qualità di Pál era quella. Capiva sempre quando c’era qualcosa che non andava. Lei scrollò appena le spalle e accettò la Burrobirra senza ribattere.

“Cosa ci fai qui?”

“Mi era sembrato che avessi bisogno di compagnia”

“Istók potrebbe irritarsi”

Pál rise e bevve un sorso dalla sua bottiglia, sedendosi sul letto accanto a lei “Beh, almeno ammireremmo qualche espressione sul suo faccino”. Lei si appoggiò con la schiena a una colonna del baldacchino e guardò il cugino. Era la seconda sera che trascorrevano insieme.
“Ovviamente posso andarmene se ti dispiace per Istók”

“No. Rimani”

Lui la guardò e sollevò un angolo delle labbra in un sorriso “Vuoi parlarmi, Erzsébet, dirmi quello che succede?”

Erzsébet scosse la testa e bevve. Non poteva parlare nemmeno con Pál riguardo a Draco Malfoy.

“Vorrà dire che parlerò io allora” ribattè suo cugino.


 
Quando l’orologio in corridoio battè le due di notte, Pál si alzò a sedere in mezzo al letto “Immagino di dover tornare nella mia stanza”
Erzsébet sdraiata su un fianco e con indosso ancora il vestito della cena annuì. Suo cugino era stato di parola. Aveva parlato per tutto il tempo e, nonostante sulle prime fosse stata un po’ scostante, si era ritrovata a ridere più di una volta.
Era riuscita a dimenticare la lettera di Draco. Chissà come aveva passato il Natale…

“Pál?” mormorò chiamando il cugino

 “Mhm?”

I loro sguardi si incrociarono alla luce della luna che filtrava dalla grande finestra “Grazie”. Pál sorrise e si allungò verso di lei, che avvertì il suo respiro sul viso “Buonanotte, Erz” mormorò scostandole dal viso una ciocca di capelli. Lei non si scompose e continuò a guardarlo.
Pál si avvicinò e le sfiorò una tempia con le labbra.

“Buonanotte, Pál” sussurrò nel mentre che lui si alzava dal letto. Le rivolse un breve sorriso e poi uscì di soppiatto. Erzsébet  si voltò supina ed emise un sospiro.

Sapeva che nel suo futuro non c’era spazio per nessun uomo che non fosse un Báthory. Forse si era sbagliata nei confronti di Pál, nell’accantonarlo per Istók.Strinse forte le palpebre cercando di immaginarsi al fianco di uno dei due ma, tutto ciò che vide, fu il viso di Draco Malfoy.


 
 
Erzsébet Báthory era cresciuta avendo tutto ciò che voleva e per questo non si era mai lamentata. Sapeva di essere fortunata e sapeva che il merito era tutto della sua famiglia. Eppure, nei giorni che seguirono l’arrivo della lettera di Draco, era certa di desiderare qualcosa che non avrebbe mai potuto avere: la libertà di stare con chi voleva davvero.

E lei voleva Draco Malfoy.

Magari era una cosa temporanea, una cotta passeggera, ma per una volta desiderò di essere una strega comune senza il peso dell’essere una Báthory sulle spalle. Quella mattina si svegliò con gran mal di testa e la voglia di cruciare chiunque l’avesse disturbata.

Peccato non potesse cruciare Istók, l’unico seduto al tavolo, intento a fare colazione. Si sedette al suo fianco con un sospiro, ancora in pigiama. Se sua madre l’avesse vista…
“Bel completino, Erz” mormorò Istók. Non le sembrava nemmeno che l’avesse guardata. In realtà indossava un pigiama con pantalone e maglia a maniche lunghe, blu scuro e semplicissimo.

“Cosa ti porta a fare colazione a quest’ora, Istók? Non è troppo tardi per te?”

“Ho dormito più del previsto”

Erzsébet allungò una mano verso il pane ma suo cugino la precedette e le porse la sua fetta, già ricoperta di marmellata alle fragole accuratamente spalmata. Rimase sorpresa da quel gesto ma l’accettò mormorando un ringraziamento.Rimasero in silenzio un po’, mentre Istók si preparava un’altra fetta di pane. Era sicura che avrebbe potuto benissimo usare la magia per essere più veloce ma non sembrava avere alcuna fretta.  Lo guardò di sottecchi.
Un po’ come lei aveva la capacità di apparire bellissimo anche appena sveglio, al contrario di Pál.  Almeno non sarebbe stato traumatico svegliarsi al suo fianco.

“Mi stai fissando, Erz”

Lei non distolse lo sguardo e si limitò ad addentare la sua colazione. Nonostante non si fossero più trovati da soli dopo la spiacevole chiaccherata in biblioteca, non avevano smesso di studiarsi a vicenda.

“Anche tu mi fissi”

Lui alzò gli occhi blu dalla marmellata e incrociò il suo sguardo “Bene”

“Bene”.

Mangiarono guardandosi a vicenda e, quando Erzsébet si alzò, Istók la trattenne per un lembo della maglietta. Lei inarcò un sopracciglio, aveva sempre questa mania di toccarla quando stava per andarsene.

“Erzsébet?”

Era nervosismo quello che aveva udito nel suo tono? Istók era una delle persone più sicure di sé che avesse mai conosciuto. Sembrava che niente potesse scalfirlo o intaccare l’espressione che decideva di mantenere.

“Sì?” 

Lui alzò appena il capo per guardarla e lei aspettò “Verresti con me in città, oggi pomeriggio?” chiese lasciandole il pigiama, sicuro che non sarebbe scappata. La Serpeverde sbattè un paio di volte le palpebre, sicura di non aver capito bene.

“In città? Io e te da soli?”

 Istók sorrise lievemente “Certo”.

“Dovrò chiedere il permesso a mia madre”

“Sarà d’accordo”. Certo che lo sarebbe stata.

Erzsébet si morse appena il labbro inferiore “Verrò”

“Molto bene. Sono contento” disse Istók e, per una volta, le parve vero.
 
 
Quel pomeriggio perciò, Erzsébet si ritrovò in compagnia di Istók lungo le strade affollate della città più vicina. Doveva ammettere che quella di uscire un po’ dal castello era stata una buona idea visto le poche attenzioni che i Báthory prestavano al Natale.
E lei amava il Natale.

Era una città interamente Babbana per cui le decorazioni non erano granchè, ma lei si accontentò. Nevicava e faceva freddo ma ciò non demoralizzava le famiglie a passeggiare tra i negozi illuminati o a pattinare nella grande pista al centro della piazza. La Serpeverde si strinse appena nel lungo cappotto nero –reso impermebile da un incantesimo di Istók- e un sorriso aleggiò sulle labbra.
“Ti è sempre piaciuto il Natale” commentò la voce di Istók e lei si voltò a guardarlo. Anche lui indossava un cappotto nero e un cappello di lana a coprirgli la testa, in quel modo la sua pelle bianca e gli occhi blu spiccavano in maniera inequivocabile. A quella semplice affermazione lei sorrise appena, e lanciò un’occhiata fugace alla pista di pattinaggio dove alcuni Babbani schiamazzavano. Certamente, non aveva nessuna voglia di mischiarsi a loro.

“Vuoi pattinare?”

Lei sorrise ancora e guardò il cugino “Cos’hai, Istók? Quasi non ti riconosco”

Sembrava aver perso un po’ della solita boria che lo distingueva dalla massa. Ricordava bene le parole che si erano scambiati in biblioteca e forse lui stava cercando di scusarsi. Istók rimase serio “Volevo scusarmi per…quello che ho detto. Non avevo alcun diritto di parlarti come a una ragazza comune, Erzsébet. Mi dispiace”

Lei lo scrutò in volto qualche istante e poi scrollò le spalle “Ti ho già perdonato. Non serve umiliarti”

“Non mi sto umiliando. Mi sto scusando perché sono stato maleducato”

“Va bene allora”

“Tu sarai una donna importante nella mia vita, Erz. Non voglio offenderti in nessun modo, mai”

La strega trattenne il respiro a quelle parole e si girò completamente verso Istók “Parli sempre come se fossi sicuro della mia scelta” parlò e fu poco più di un mormorio. Lui la sentì lo stesso perché rispose “Noi due ci somigliamo troppo per non sceglierci”.

Quella frase la colpì allo stomaco con la forza di un bolide. Era vero. Chinò appena la testa e si guardò la punta degli stivali. Erano entrambi egoisti, pieni di sé, calcolatori. Si meritavano a vicenda.

Scostò con la punta della scarpa un po’ di neve. Non aveva idea di come avrebbe funzionato il loro matrimonio. Sarebbe stata felice?

Lo amava? No. Ne era attratta? Molto.

“Erzsébet?” la chiamò lui e il suo tono era basso, quasi dolce. Lei alzò la testa e tirò su con il naso, rimanendo in silenzio. Istók la guardò in viso “Vieni, ho un posto da farti vedere. Sono sicuro che ti piacerà” disse cogliendola di sorpresa.
 
 
Quando rientrarono, era già buio e non incontrarono nessuno nel mentre che risalivano le scale principali. Erzsébet si sentiva strapiena di dolci e cominciava ad avvertire un lieve mal di stomaco. Istók l’avera portata in una pasticceria Babbana e, per quanto i dolciumi non fossero quelli di Mielandia, aveva davvero apprezzato. Tutto.

“Credo che portarmi in un luogo pieno di dolci sia stato estremamente meschino, Istók” sorrise lei sbottonandosi il cappotto. Lui, a sorpresa, ricambiò il sorriso “Zia Griseldis mi ha detto che vai matta per i dolci. Babbani e non”

“Mia madre farebbe bene a non rivelare in giro dettagli così poco eleganti sul mio conto. Penserai che sono una che si abbuffa e che tra qualche anno somiglierà a un troll di montagna in quanto a stazza”

Istók ridacchiò e lei si lasciò sfuggire un altro sorriso. Non aveva mai visto, da quando ricordava, suo cugino sorridere così spesso.

“Non credo, Erzsébet”

La strega alzò appena il mento, quando si fermarono davanti alle porte della sua stanza. Raramente avevano scherzato tra loro e tantomeno senza Pál a spronarli. “Credo proprio che andrò a farmi in bagno fin tanto che riesco a entrare in una vasca” mormorò ed entrambi sorrisero ancora.

“Buonanotte allora”

“Buonanotte, Istók”

Lui si avvicinò e le punte delle loro scarpe si sfiorarono “Posso baciarti?”
Le si strinse lo stomaco a quella richiesta improvvisa e schietta. Nessuno tra Istók e Pál l’aveva mai baciata. Guardò bene il ragazzo di fronte a lei. I capelli neri erano un po’ arruffati da quando si era tolto il cappello e qualche ciuffo gli sfiorava la fronte. Gli occhi blu sembravano appena più scuri ora che la guardava.

Voleva che la baciasse?

Deglutì e d’istinto gli guardò le labbra “Sì” si ritrovò a rispondere dopo un attimo. Le mani calde di Istók si appoggiarono ai lati del suo collo e i pollici  le accarezzarono il mento. Erzsébet sentì un brivido percorrerle la schiena mentre alzava appena la testa. Il ragazzo era così vicino che non riusciva a distinguere nient’altro che il suo volto e il suo profumo. La Serpeverde chiuse gli occhi quando le labbra di Istók si posarono sulle sue, calde e morbide. Lei schiuse appena le sue e un sospiro sfuggì dalle labbra dell’altro, che gli passò un braccio intorno alla vita per attirarla a sé.

Gli strinse il maglione all’altezza del petto, avvertendo sotto i palmi la solidità di quel torace e ricambio il bacio, inebriata. Prima di Hogwarts le era capitato di fantasticare spesso su Istól, doveva ammetterlo.

E fu proprio lui a staccarsi per primo, quando entrambi rimasero a corto di fiato. Una mano le accarezzò un fianco mentre si scrutavano a vicenda “Credo che dovresti andare, ora” sussurrò lei con voce roca. Istók annuì e si chinò sul suo orecchio “Se anche diventassi un troll di montagna, Erzsébet, io ti vorrei lo stesso. Ti vorrei sempre” le sussurrò.
In altre occasioni di sarebbe infuriata per il fatto che avesse davvero preso in considerazione l’idea che diventasse un troll, ma non quella volta. Prima che potesse ribattere lui le aveva già voltato le spalle e si stava incamminando al lato opposto del corridoio. Entrò nelle sue stanze si appoggiò con la schiena alla porta, portandosi le mani nei capelli biondi.


 
Angolo Autrice: Eccomi tornata con un enorme ritardo ma siate clementi. Non è stato un periodo facile e con tutte le storie in corso è stato un po’ difficile dedicarmi a tutte. Tuttavia, eccomi qui con il capitolo nove. Mi è piaciuto un sacco scriverlo e…potete ammirare la stronzaggine di Erzsébet in tutto il suo splendore. Non è forse così? Ammettetelo pure. Sono consapevole che c’è ben poca Magia ma..tornerà. Lo prometto. E tornerà anche Draco, vedrete xD Intanto ammiratevi Istók ahahah. Alla prossima e lasciatemi una piccola opinione se vi va, quelle sono sempre importantissime per me.
Raya_Cap_Fee

 

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Capitolo 10
*** X ***



 
CAPITOLO DIECI
 
Dopo il bacio che aveva scambiato con Istók, Erzsébet sapeva che parte del suo futuro era stato segnato. Più volte, nei giorni successivi si ritrovò a maledirsi per essere aver ceduto così facilmente a quel contatto che per un lungo periodo di tempo aveva desiderato ma che poteva costarle la possibilità di scegliere.


Il giorno di Capodanno, il castello di Csejthe era pieno zeppo di Maghi e Streghe provenienti da ogni parte del mondo, questo da un lato confortava la Serpeverde poiché non era tenuta a partecipare alle conversazioni con la sua famiglia o a incontrare i suoi cugini dietro ogni angolo. D’altro canto, doveva ammetterlo, Istók non aveva provato più a baciarla né tantomeno aveva accennato all’argomento le poche volte in cui erano stati da soli. 

“Erzsébet, mia cara, fatti aggiustare il nastro nei capelli” sentì sua zia Dorizka richiamarla in un angolo del salotto. Il mormorio piuttosto concitato degli ospiti non era riusciuto a coprire quelle parole. Erzsébet si avvicinò alla zia e quella prese ad armeggiare con il nastro nero che si intrecciava con l’acconciatura dei suoi capelli biondi e sottili.

“Ti vedo distratta, negli ultimi giorni” le sussurrò all’orecchio la zia mentre lei guardava il paesaggio innevato oltre la grande finestra.

“Sono solo nostalgica. Mi manca papà” rispose in tono distaccato. La zia Dorizka finì di raddrizzarle il nastro e le appoggiò le mani sottili sulle spalle guardandola dritta in faccia. L’abito blu cobalto le fasciava il corpo magro e armonioso “Oh, cara, manca a tutti noi”

Erzsébet annuì soltanto. Suo padre era una parte dei pensieri che gli affollavano la mente. Una mano le accarezzò la guancia e la zia sorrise “Cerca di non pensarci e divertiti. Guarda, credo che Istók ti stia cercando” e la voltò verso l’ingresso dal quale era appena entrato il ragazzo, elegantissimo nel completo nero.

La Serpeverde dubitava che la stesse cercando, tuttavia, quando i loro sguardi si incrociarono oltre i capanelli di persone che facevano avanti e indietro Istók prese ad avanzare nella sua direzione.

“Sono molto contenta che voi due vi siate avvicinati” le sussurrò Dorizka. Poi la lasciò e si allontanò per parlare con un’anziana signora dalla pelle incartapecorita e un buffo cappelli di piume.

Il ragazzo le giunse di fronte e lei spostò lo sguardo “Erzsébet” la chiamò lui, salutandola. Lei lo guardò in silenzio e poi accennò un sorriso “Tra pochi giorni si ritornerà alla vita normale, eh?” esordì lei tenendo le mani intrecciate sullo stomaco. Il cugino le era così vicino che avvertiva il suo profumo pizzicarle le narici.

“Già”

“La Polonia sarà piuttosto fredda”

“Anche l’Inghilterra”

Si guardarono brevemente poi lei scrollò le spalle. Erzsébet cercava di risultare poco coinvolta ma in realtà i palmi delle mani cominciavano a sudare e una morsa leggera le stringeva lo stomaco. E se lui avesse chiesto la sua mano? E se avesse detto del bacio a zia Dorizka o a Pál? O peggio, a sua madre?

“Istók…” cominciò quindi ma le parole le vennero presto meno e così strinse le labbra. Lui inclinò appena la testa di lato e gli occhi blu la scrutarono. Poi accennò un sorriso.

“Sta’ tranquilla, Erzsébet. Non farò o dirò nulla che tu non voglia. Vieni, tra poco sarà mezzanotte e si apriranno le danze” le porse una mano e la guardò da sotto le sopracciglia scure “Vuoi ballare con me?”

Erzsébet fissò il cugino per un lungo momento, non riconoscendolo in quell’atteggiamento permissivo ma non potè fare a meno di sentirsene sollevata. Gli sorrise e accettò il suo invito. Mentre si dirigevano verso il centro del salotto la musica della piccola orchestra cominciò a risuonare tra le fredde mura di pietra.

 
Quando, poco più tardi, si festeggiò l’arrivo del nuovo anno, Erzsébet era al fianco di sua madre. L’atmosfera festosa aveva coinvolto la maggior parte degli invitati e Pál, ma come sempre i Báthory avevano un modo tutto particolare di accogliere il nuovo anno. L’unico abbraccio che Erzsébet aveva concesso era stato a sua madre Griseldis, e per il resto della famiglia si era limitata ad un sorriso e frasi costruite.

 
 
Due giorni dopo Capodanno, Griseldis, le annunciò che nel pomeriggio sarebbero partite alla volta dell’Inghilterra per mettere a posto gli ultimi dettagli e comprare qualcosa prima del suo ritorno a Hogwarts. A Erzsébet la prospettiva di lasciare il castello non dispiaceva ma tornare a Hogwarts era tutt’altro conto. Il tarlo del sottile  dispetto che aveva compiuto ai danni di Draco non aveva mai realmente abbandonato i suoi pensieri, e si chiese cosa sarebbe successo. Non che avesse paura di qualche ritorsione da parte del Serpeverde ma lui si era fidato  tanto da mandarle una muta richiesta d’aiuto, che lei aveva ignorato.

Seduta nella biblioteca dello zio Gyorgy, emulò un profondo respiro e abbandonò il libro di Erbologia in grembo, scostandosi dal volto pallido una ciocca di capelli. La tranquillità in quel posto era tutt’altra storia al confronto di ciò che accadeva nel mondo Magico, ma ai Báthory non importava. Ai Báthory non importava di nessuno che fosse al di fuori della famiglia, no?

Erzsébet abbandonò il capo contro la poltrona di velluto, affondando appena nell’imbottitura, e alzò gli occhi al cielo. Raggelò nel trovare gli occhi scuri dell’altra Erzsébet Báthory, la contessa.

Le dita si contrassero intorno alla copertina del libro.

“Sei pensierosa, Erzsébet”

La voce sottile, il tono distaccato e l’espressione rigida della contessa le avevano sempre fatto un certo effetto. Ed era certa che il fantasma avrebbe percepito la menzogna, nel caso avesse risposto in un modo diverso dalla verità. La Serpeverde si schiarì la gola e ripose il libro sul tavolino.

Di certo non poteva dire alla sua antenata di stare a torturarsi per Draco Malfoy.

“E’ così” rispose quindi. Non era la prima che glielo faceva notare.

“E dimmi, cara, cos’è che ti preoccupa?” ribattè la contessa scendendo dal soffitto per poi adargiarsi a pochi passi dal camino, le mani incrociate all’altezza dello stomaco. Erzsébet seguì i suoi movimenti “Credo che ci siano molti pensieri a gravarmi sulla testa”

L’altra sorrise in maniera quasi impercettibile “Non hai di certo di che preoccuparti visto che la famiglia ti copre le spalle”

Erzsébet spostò lo sguardo sul focolare e contrasse appena le labbra.

“O è forse la famiglia che ti da dei grattacapi?”

Quell’insinuazione, fatta in un tono aspro, ebbe il potere di farle contrarre lo stomaco “Certo che no”

“Ne sei sicura, Erzsébet?”

“Io non…”

“Mi credi una sciocca?”

Si ritrovò il volto della contessa a pochi centimetri dal suo, le pupille nere quasi inghiottivano le iridi lattescenti. Erzsébet deglutì e poi alzò in mente “Non ho nessun problema con la mia famiglia, contessa. Non ho idea di cosa state insinuando”

“D.M”

Due lettere quasi sibilate che le fecero venire la pelle d’oca.

“Io ho occhi dappertutto, cara piccola Erzsébet. Se credi di poter fregare me…”

La frase venne interrotta dalla porta che si apriva ed entrambe si voltarono di scatto verso quella direzione. Istók dalla soglia lanciò un’occhiata perplessa “Cosa succede?”

La contessa si allontanò appena e a Erzsébet parve di ritornare a respirare normalmente.

“Nulla” rispose la contessa in tono pacato.

Istók guardò entrambe, nuovamente, e gli occhi blu lessero il suo turbamento “Vorrei parlarti, Erzsébet. Vi dispiace, zia?”

“Certo che no”

Erzsébet si alzò in piedi in fretta ma prima che potesse raggiungere il cugino un altro sibilo da parte della contessa le gelò il sangue “Non credere che finisca qui. Ti terrò d’occhio e saprò come vendicarmi nel caso ti venga in mente di opporti in qualunque modo alle regole dei Báthory”.

La Serpeverde si affrettò a recuperare il suo libro e poi si allontanò alla contessa. Come sapeva della lettera? Sospettava davvero qualcosa? La capacità della sua antenata nello scoprire segreti e sotterfugi non era mai stata in dubbio ma quanto poteva essere pericolosa per lei? A chi l’avrebbe detto?


Istók, ancora sulla soglia, le porse una mano che lei si affrettò a prendere e insieme richiusero la porta. La ragazza tirò un sospirò e il cugino chinò appena la testa “Di cosa stavate discutendo? Sei turbata e hai le mani gelide”

“Nulla d’importante. Voleva solo che tenessi ben in mente certe cose. Lo sai com’è” mormorò lei in risposta muovendo qualche passo nel corridoio. L’altro aggrottò appena le sopracciglia “Vale a dire?”

Lei scrollò le spalle “Lasciamo stare”

“Stai bene?”

Si voltò appena sorpresa verso di lui e incrociò i suoi occhi. Si sentì inspiegabilmente arrossire “Volevi dirmi qualcosa?” eluse la domanda.

“Volevo solo salutarti, devo essere a Varsavia prima di pranzo”

“Oh”

Istók sorrise appena “Ci rivedremo per le vacanze spero. Posso scriverti qualche volta?”

Si fermarono in fondo al corridoio, l’uno di fronte all’altra. La natura era stata generosa con entrambi in merito all’aspetto fisico, su questo non c’era dubbio, ma non bastava di certo quello.

“Ne sarò lieta” rispose comunque. Non poteva rifiutare né, a dire la verità, Istók l’aveva più irritata. Le piaceva dopotutto. Lui sorrise più apertamente “Grazie”. Si ritrovò anche lei a distendere le labbra e l’inquietudine che le aveva messo addosso la contessa sembrò scivolare via.

“Mi stai ringraziando perché ti permetto di scrivermi? Quasi non ti riconosco, Istók”

Per un attimo le sembrò quasi che l’altro arrossisse “Le cose cambiano”

“E’ vero” sussurrò.

Quella volta Istók non le chiese il permesso e si chinò a baciarla stringendola a sé. Era un bacio diverso, più consapevole, eppure Erzsébet non si scostò da quello sfregamento prima dolce e poi deciso di labbra. Gli posò le mani sulle braccia e muovendosi insieme a lui lo fece appoggiare con la schiena al muro.

Istók sussurrò qualcosa d’incomprensibile quando lei insinuò la mano sotto al maglione grigio, sfiorandogli la pelle dell’addome “Cosa stai dicendo?” domandò lei nel momento di respiro che si erano concessi dal bacio. Lui sorrise “Se questo è il risultato di anni  di velata indifferenza tra noi…”

Erzsébet lasciò scorrere le dita sulla pelle liscia, avvertendo sotto i polpastrelli le linee dei muscoli “Istók…”

“Erzsébet”

La serpeverde di tirò indietro di scatto e si voltò di scatto verso la voce che non apparteneva di certo a suo cugino. Griseldis Báthory li stava guardando da metà corridoio, le braccia abbandonate lungo i fianchi ma un’espressione poco felice sul bel viso.

Erzsébet stavolta arrossì furiosamente. Istók si staccò dal muro, schiarendosi la gola, e si passò una mano tra i capelli neri “Sarà meglio che vada. Erzsébet, ci sentiamo presto” disse in modo che solo lei potesse sentirlo poi si allontanò verso Griseldis, il passo sicuro come al solito “Zia cara, è stato un piacere avervi qui”

“Ci credo, Istók” rispose lei con un cipiglio severo che si distese però quando Istók aggiunse qualcosa sottovoce che lei non riuscì a sentire. Griseldis sorrise e poi il ragazzo si allontanò.

Incrociò gli occhi della madre e fece per dire qualcosa ma lei l’interruppe “Lascia stare, Erzsébet. Non me lo aspettavo ma sapevo che sarebbe finita così tra voi due, prima o poi. Siete fatti troppo l’uno per l’altra”.

Già, lo pensavano proprio tutti.


 
 
Appena due giorni dopo Erzsébet prese posto ad uno degli scompartimenti del sesto anno dell’Espresso per Hogwarts, con lo stomaco attorcigliato e mille pensieri a oscurargli il cervello. Erano successe talmente tante cose, era talmente confusa per Istók. Quando aveva salutato Pàl non aveva avuto voglia di baciarlo e questo voleva dire pur qualcosa ma non era certa.

Tutti la spingevano tra le braccia di Istók e forse era giusto che fosse così.

Sospirò e si adagiò contro il sedile mentre fuori il paesaggio scorreva incessante. Aveva deciso che si sarebbe tenuta alla larga da Draco Malfoy. Come se qualcuno avesse udito i suoi pensieri e fosse deciso ad intralciare la sua decisione, la porta dello scompartimento si aprì di scatto e lei si ritrovò ad incrociare le iridi grigie di Draco.

Era dimagrito e gli occhi esprimevano parte dell’inquietudine che lo attanagliava. Era solo, così come lei fino a quel momento, e si guardarono in silenzio per qualche attimo. A Erzsébet il cuore aveva preso a battere all’impazzata. Senso di colpa per quella lettera ignorata, sollievo per vederlo lì, i suoi occhi…

“Draco” soffiò lei. No, non avrebbe potuto ignorarlo. Lui si irrigidì e una smorfia gli storse le labbra sottili. La stava silenziosamente accusando e lei si sentì in dovere di spiegargli, di fare qualcosa ma Draco scomparì chiudendo di nuovo la porta.

Erzsébet si alzò in piedi e quando si affacciò nel corridoio lui era già qualche passo lontano “Draco! Draco, ti prego, aspetta!”.

 
 
 
 
Angolo Autrice: Scusate il ritardo ma davvero in questo periodo non ho avuto voglia di scrivere niente ahahah xD Perciò perdonatemi davvero e spero che questo capitolo vi piaccia. Spero che non odiate Istók…io lo adoro forse un po’ troppo per i vostri gusti ma state tranquille che ora torna in scena Draco xD Erzsébet, poverina, pagherà la sua stronzaggine. Ringrazio coloro che dall’ultima volta hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite e vi invito a lasciarmi una piccola opinione. Me lo fate sto regalino di Natale? <3
A proposito
vi auguro Buone Feste <3
Un bacione,

Raya_Cap_Fee

 
 

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