Veleno...(?)!

di Sherlock Holmes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Consapevolezza ***
Capitolo 2: *** Stanza 256 ***
Capitolo 3: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 4: *** Il miglior medico di Londra ***
Capitolo 5: *** Come come come...? ***
Capitolo 6: *** Sconcerto... giustificato ***
Capitolo 7: *** Mulini a vento ***



Capitolo 1
*** Consapevolezza ***


Nausea insopportabile.
Crampi allo stomaco; crescenti.
Bocca, ormai, totalmente asciutta.
Gambe tremanti.

I sintomi erano, sciaguratamente, fin troppo chiari, ai miei occhi…

Io, Sherlock Holmes... ero stato avvelenato.

Quanto tempo avevo prima di lasciare questo mondo infame? Una; due ore al massimo?
Sudai freddo, sentendo, nel mio animo, la gravità di ciò che stava per accadermi…
Le mie mani fremettero a causa del terrore che stavo provando.

Sì. Io ero terrorizzato. Incredibile...

Per tentare di riprendere il controllo di me stesso, andai a poggiare la mia schiena contro al muro del Grand Hotel, e cercai di respirare regolarmente. Non riuscendoci, alzai lo sguardo al cielo, dirigendolo poi verso le finestre dell’albergo più lussuoso di Londra.

Sapevo, inconsciamente, perché mi trovavo proprio lì, in quel ferale momento della mia esistenza.

Avevo un conto in sospeso.
Già.
Un conto in sospeso con una certa Donna che, prima della mia morte... dovevo assolutamente saldare.

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Capitolo 2
*** Stanza 256 ***


Tenendomi lo stomaco con la mano sinistra, cercando così (inutilmente ed infantilmente, ad esser sincero) di arginare il dolore sempre più intenso, salii la gradinata del Grand Hotel, che mi portò fino al secondo piano dell’albergo.
Fino alla stanza 256.

Deglutii a fatica.
Il momento era giunto.
Di certo, dato il mio trapasso imminente, non avrei avuto altre occasioni…
Sì.
Dovevo farlo.
Subito.

Così, ormai deciso, racimolai le mie forze; e… bussai alla porta traghettata con il numero 256.

Attesi meno di un istante.
Irene Adler spalancò l’uscio della sua camera.
E i suoi occhi verdi incontrarono i miei.

Ah, Dio… Dovevo essere impresentabile…! Pallido come un cencio; le labbra completamente disidratate…

Non appena La Donna mi vide, un sorriso le si dipinse sulle labbra.
Era… lieta di vedermi?
 - Buon… Buon pomeriggio, Irene…- articolai, a fatica.
Forse, solo in quel momento si accorse del mio pallore… Difatti, il suo viso mutò espressione.
- Sherlock… Ma che ti è successo?- mi chiese, preoccupata, prendendomi delicatamente il braccio e facendomi entrare nella sua stanza.
A quel contatto, il mio cuore aumentò repentinamente i suoi battiti…
- Non… credo di avere molto tempo…- esalai.
Irene fece tanto d’occhi.
- Che… significa, Sherlock?-
Dovevo dirglielo. Senza mezzi termini.
- Irene…-
Le presi la mano, tenendola fra le mie, tremanti.
- Io… Io ti amo.-

Tre parole.
Tre parole che mi parevano pesanti come macigni si rivelarono semplici ed, addirittura, naturali da dire… anzi, da dirle.

La fissai con intensità, cercando nel suo sguardo un rifiuto od una approvazione…
Beh, non trovai né l’uno né l’altra.
Semplicemente, Irene si sporse verso di me… annullò la distanza fra noi…
E mi baciò. Con passione estrema.
Allontanò le sue labbra dalle mie solo dopo un secondo bacio; dolce.
- Ce ne hai messo di tempo, Sherlock, per ammetterlo…!-
Mi sorrise, gaia, per poi baciarmi una terza volta.
- Anticipo la tua richiesta… o vuoi esprimerla…?- mi chiese.
Ovviamente, sapeva che desideravo conoscere ciò che lei provava veramente verso me…
- Stupiscimi, gioia…- esalai, debolmente.
Lei mi carezzò la gota, senza cancellarsi il sorriso dal volto.
- Io amo te, Sherlock. Te e solo te…- mi sussurrò – Uh, e adoro quando mi chiami “gioia”.- aggiunse, teneramente.
Fece per baciarmi, ma… una smorfia di dolore mi si dipinse in viso; il che la fece desistere.

Fu un attimo.
E la consapevolezza colpì la mia amata come un fulmine.

- Ho… appena capito perché… mi hai… rivelato il tuo amore per me… solo ora…- esalò La Donna, portandosi una mano alle labbra.
Io annuii.
- Sto… morendo, Irene.- sibilai, mestamente, fissandola tristemente. – Mi hanno… avvelenato.-
Lei scosse la nuca, disperata.
- No, Sherlock. Tu non morirai.- affermò, seria.
Afferrò in immediato il suo soprabito dal pouf, con un movimento fluido.
- Vieni con me.- fece.
Mi prese poi la mano, trascinandomi fuori dalla sua stanza.
Giunta con me di fronte all’ingresso dell’hotel, prese il mio viso fra i suoi palmi.
- Io ti salverò, Sherlock Holmes.- mormorò, puntando i suoi occhi nei miei – E questa è una promessa.-

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Capitolo 3
*** Corsa contro il tempo ***


- Da quanto ti senti male, Sherlock?- fece Irene, in un sussurro.
- Ehm… da… un’ora, all’incirca…- esalai, nascondendo malamente una smorfia derivata da un nuovo, intenso crampo allo stomaco.
La mia amata sospirò, fissando il paesaggio londinese scorrere velocemente, fuori dal finestrino.
La vettura di piazza su cui eravamo saliti sferragliava, nella corsa sfrenata che stava portandoci… ehm… dove?
- I-Irene… dove… stiamo andando?- le domandai.
Non ero riuscito ad udire le indicazioni che la mia adorata aveva mormorato al vetturino…
La mia gioia mi fissò, preoccupata per le mie condizioni, che stavano evidentemente peggiorando.
- Siamo diretti dal miglior medico di Londra, Sherlock…-
Mi carezzò la mano; stretta nella sua.
- Quindi… Da chi?- chiesi, immaginando la risposta...
Irene si lasciò andare ad una risata nervosa.
- Non è ovvio?-
Carezzò il mio viso, imperlato di sudore.
- Da John Watson.
Ti sto portando dal tuo… biografo personale, caro.
Non lo ricordi…?- fece, sarcastica, con il sottile intento di strapparmi un sorriso.
Beh, le devo dare il merito: riuscì nell’arduo intento.

 

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Capitolo 4
*** Il miglior medico di Londra ***


Quando raggiungemmo Cavendish Place, il mio colorito era ormai virato al verdognolo.
- Resisti, Sherlock…- sussurrò la mia amata, con un debole sorriso d’incoraggiamento.
Smontammo dalla vettura di piazza in tutta fretta (almeno per quanto le mie condizioni me lo permettessero) ed Irene bussò concitatamente al portone della residenza dei coniugi Watson.
- Dottore!- chiamò La Donna.
John Watson si sporse dalla finestra e, vedendoci, aggrottò le sopracciglia, perplesso nel trovare di fronte al suo uscio Irene… accompagnata dal sottoscritto.
- Vuole aprirci o preferisce veder morire il suo migliore amico sopra i gradini del suo ingresso?- fece, sarcastica, la mia musa.
A quelle parole, il dottore annullò la distanza che lo separava dall'ingresso, e ci fece entrare.
- Che è accaduto?- chiese Watson, in ansia…
Io non resistetti ulteriormente.
Crollai sugli scalini di casa Watson, scalini che dividevano il primo piano del secondo, avvertendo il dolore allo stomaco farsi insopportabile.
Il dottore, ormai terrorizzato, si chinò su di me, cercando ferite inesistenti…
- E’ stato avvelenato…- fece Irene, in un sussurro.
- La prego: mi aiuti a portarlo nel mio ambulatorio; presto…!- fece Watson, concitatamente, alla mia amata.
- Ce… Ce la fac-cio…- esalai, reggendomi al corrimano.
Irene mi carezzò la gota, sorreggendomi.
- Sì, Sherlock.
Ce la farai.-

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Capitolo 5
*** Come come come...? ***


- Fuori la lingua, Holmes…- m’impose Watson.
Lo feci.
Era ormai mezz’ora che mi visitava!
Il dottore storse appena le labbra, per poi fissarmi intensamente.
Ero senza speranza? Ad un passo dalla morte?
- Holmes…- iniziò, in un sibilo – E’ più che certo che qualcuno abbia attentato alla sua vita avvelenandola…?–
Aggrottai la fronte, sinceramente perplesso.
- P-Perché… tale d-domanda?- feci, avvertendo nuove fitte lancinanti al ventre…
Il dottore sospirò, unendo le sue mani.
- Perché non credo che lei abbia ingerito veleno.- fece, fissandomi.
Strabuzzai gli occhi.
- C-Come?- esalai, sconcertato.
Watson prese posto su una seggiola di fronte a me.
- E… questi dolori, a-allora?- sbottai, avvertendo un nuovo dolore allo stomaco – Me li sto immaginando, forse?!- aggiunsi, con amaro sarcasmo.
- No, affatto.- mormorò il dottore, sporgendosi appena verso di me – Le sto dicendo semplicemente che la sua vita non è affatto a rischio, perché… non l’hanno affatto avvelenata, Holmes.- concluse, stringendosi appena nelle spalle.
Un insopportabile sorrisino gli si dipinse in volto, non appena notò il mio sbigottimento.
- Dovrebbe esser lieto… non scioccato!- esclamò il mio Boswell.
- M-Ma…- biascicai, in modo del tutto inconcludente.
- Holmes, lei ha solamente preso una brutta indigestione.- decretò Watson.
No.
Incredibile.
Impossibile!
- Le assicuro che è così.- fece il dottore, sorridendo affabilmente – Mangia di rado, Holmes, a causa della sua vita frenetica e dei suoi numerosi casi.
Raramente, dunque, esagera nel cibarsi.
Stavolta, però… è accaduto.-
Watson afferrò un bicchiere dal tavolino del brandy; vi versò un po’ d’acqua e vi aggiunse una polverina bianca.
- I-Indigestione?- ripetei.
- Brutta, ma tale, sì.-
Mi allungò il bicchiere, che afferrai.
- Solo… una… indigestione…- mormorai, come in trance, per poi bere un sorso di quella bevanda ora lattiginosa.
Watson, con un nuovo sorriso stampato sulle labbra, annuì; e lo fece con (forse giustificata, questa volta) saccenza.

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Capitolo 6
*** Sconcerto... giustificato ***


Fissai insistentemente il fondo del bicchiere che, fino a poco prima, aveva contenuto il rimedio di Watson.
- Mi chiedo il perché del suo immenso sconcerto, Holmes…
Insomma: dovrebbe festeggiare! Non morirà oggi…!- fece il mio Boswell, con un mezzo sorriso.
Deglutii, e sollevai il mio sguardo su di lui.
- W-Watson… Credendo di star per morire… ho confessato a Irene Adler di… amarla.- esalai.
Il dottore, di tutta risposta, mi sorrise nuovamente.
- …E le ci voleva un sentore di morte, per dichiararsi, Holmes?-

Mai avevo detto a Watson che ero innamorato della Donna!
Era…  davvero così evidente, dunque, il mio amore per Irene?

- A quanto pare, Holmes… il terrore dell’oblio le è servito per sciogliersi. E per fare il Grande Passo.-
Watson si alzò dalla sedia, ignorando la mia occhiataccia.
- Sa cosa mi diverte?- mi chiese con sarcasmo il dottore – Ora che ha confessato il suo amore, con miss Adler non potrà più tornare indietro…! Nessuna via di fuga per Sherlock Holmes, stavolta!- esclamò, andando a chiamare Irene, ancora in ansiosa attesa per la mia sorte.
“Ah, Watson… Io non vorrei comunque tornare indietro.
Amo Irene Adler. E sono contento di averlo rivelato all’interessata.
Perché?
Perché ora la mia vita cambierà. In meglio.
Ho l’amore... Avrò dunque la felicità.
Finalmente.”



 

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Capitolo 7
*** Mulini a vento ***


La mia Irene, invitata da Watson, entrò nell’ambulatorio dove mi trovavo.
Non appena mi vide, vivo e con colorito tornato ad essere roseo, senza alcun indugio corse ad abbracciarmi.

Solo dopo essersi tranquillizzata contro il mio petto ed avermi baciato la gota, mi parlò, con un luccichio di lacrime negli occhi.
- Ti ho salvato, Sherlock… Visto?- mi sussurrò all’orecchio.
- Beh… Me lo avevi promesso…- mormorai, con un lieve sorriso.
Watson tossicchiò.
- Salvato dai mulini a vento, forse…- sibilò il dottore.
Lo fulminai con lo sguardo.
Irene, non comprendendo appieno, aggrottò le sopracciglia.
- Non farci caso, gioia…
Watson straparla a causa della tensione che gli attanagliava le viscere… Ha avuto così timore di non riuscire a salvarmi!- mentii.
Il dottore, dopo un’occhiata eloquente al sottoscritto, alzò le mani, e decise, saggiamente, di lasciarmi un po’ da solo con la mia amata.
- Mi hai salvato, Irene, sì…- le ribadii, semplicemente, non appena Watson richiuse la porta dietro sé.
Sorrisi dolcemente, e baciai le sue morbide labbra.

In fondo… era la verità.
Irene mi aveva salvato.
Non dalla morte; certo…

Ricambiando il mio amore, lei mi aveva salvato da una vita mesta e vuota.
Mi aveva salvato dalla solitudine.
E, per questo motivo… le sarei sempre stato grato.




N.d.A.:
 Pubblicando l'ultimo capitolo di questa mia fic, auguro a tutti i miei lettori... Buone Feste!

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