Non voleva la donna che non sei, voleva una sirena

di Shirokuro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L’allegro titolo della tragedia solitaria ***
Capitolo 2: *** L’acqua era fredda, lei no ***
Capitolo 3: *** Come acqua fra le dita ***



Capitolo 1
*** L’allegro titolo della tragedia solitaria ***


Ci sarebbero un sacco di cose da dire su questa Raccolta. Vorrei dire un sacco di cose - raccontarvi del mio amore per la SeitaRin e per Wakasugi, cosa penso del mio operato, di come abbia finito per fare quest'icon con qUESTA FANART HHH ed altre cazzate simili. Mi soffermerò solo su qualcosina, per essere corretta; magari il resto nei prossimi angoli d'Autrice.
Inizialmente avevo intenzione di pubblicare la prima one-shot solo quando avrò finito di scriverle tutte e quattro (non credo che il game over se si accetta Seitaro valga come finale) per aggiornamenti regolari e mi ero detta che sarebbe stata la prossima pubblicazione, ma mi sto molto impegnando nello scrivere una fan fiction su Mary from Ib e sono certa che non riuscirei mai a completare le ultime due prima di questa che invece voglio postare il prima possibile. Quindi stasera posto la one-shot basata su Yaobikuni e tra due settimane quella su Forever Deep.
Sinceramente, non sono molto sicura del risultato, anzi, la trovo molto scialba come fan fiction e penso che non renda onore al mio amato Seitaro - moribondo, ma sempre lui è - e l'ho conclusa un po' così. Però mi rifarò con la prossima, che spero valga di più. Ho semplicemente voluto scrivere di questo personaggio confuso, fino a poco fa impazzito e forse parzialmente rinsavito dopo la caduta. Spero che la gradirete, è molto breve e non credo per nulla pesante od esagerata. Quindi vi auguro una buona lettura ed anche se in anticipo di un pochettino, buone feste!

 
L’allegro titolo della tragedia solitaria
   Aveva sempre avuto un buon odore, Rin. Addirittura il suo sudore gli piaceva. Anche le sue emozioni – la gioia, l’ansia, la felicità, il terrore, l’incertezza – avevano un loro profumo, un meraviglioso profumo, ma non aveva mai avuto l’occasione di carpirlo da così vicino. Il suo viso non era mai stato così prossimo al proprio. Non stava mentendo. Anche ora che si trascinava a stento, voleva averla accanto – perché diamine non mi sono lasciato aiutare. Non poteva parlare, non aveva nemmeno le forze necessarie per piangere. Avevano fatto la stessa fine di Yuta e Yuka, indipendentemente da cosa volesse.
   Ma lui la voleva davvero al suo fianco, riusciva a pensare solo questo. Forse mentre la sua mano sinistra stringeva forte la spalla della bionda, aveva desiderato qualcosa di più. Cavolo, Rin. Perché devi essere così dannatamente bella? si tormentava. Voleva sentire il calore della sua pelle ancora per un poco. Non riusciva a trattenere la gioia del solo pensiero. Sei anche adorabile.
   Poteva ancora vedere l’incerta immagine di come stesse per piangere mentre le ordinava di togliere l’ascia dal suo petto. Le dita insicure, tremolanti, tentate dal fermare le lacrime che le offuscavano la vista. Aveva mormorato una preghiera a nessuno: «Ti prego... fai che non muoia... non voglio... ti prego, cazzo!» Che stupido, si rimproverò. Non doveva essere lui quello spaventato dalla solitudine?
   Provò ad immaginarsi al posto di Rin: Yuka e Yuta erano cadaveri nella villa ed ora lui si aggiungeva al necrologio. Da sola, senza nessuno a cui fare inutili domande, senza qualcuno che la riprendesse se sbagliava, senza di lui a svegliarla nel caso svenisse per la fame o la tensione crescente della situazione. Come era riuscito a rovinare tutto? Tutto crollato come un castello di carte. Il fante – Yuta – aveva seguito il dieci del proprio seme – Yuka –, trascinando con loro il re – Seitaro – ed abbandonando la regina – Rin –, ancora nelle mani ferme del Destino.
   Ripensò alle storie che aveva letto nella dimora. Erano tutte tristi. Mi spiace, Rin. Dannazione se gli dispiaceva. Ora sarebbe morta anche lei. Sarebbe impazzita come tutti, come lui? Sarebbe semplicemente morta di fame? L’avrebbero ritenuta colpevole degli assassini? Sarebbe riuscita a scappare? Qualcuno l’avrebbe creduta? Come aveva potuto andarsene, ammattire in quel momento?
   Era stato così felice in quel secondo in cui era stato in grado di sconfiggere le inibizioni e cingerla negli arti... si era ritenuto completo, eppure ora si ritrovava a fare i conti con la morte. Perché aveva deciso di rivelarle le sue paure! Come si era ritrovato quell’ascia in mano? Come aveva potuto inseguirla per la vecchia villa?
   Una fitta alla testa: inutile emicrania.
   «Mi... di... spiace, Rin...» di averti lasciata sola. Di essermi innamorato di te. Di averlo capito al momento sbagliato. Di averti abbandonata. Come mi dispiace, diamine.
   Ed ora eccolo, a fare l’antagonista del romanzo drammatico. La nostra è una storia, uh? Allora chiamiamola Valzer. Come una danza che non sarebbe mai riuscito a fare. Aveva spesso fantasticato sul proporglielo, ma non era riuscito a dar voce al suo stupido impulso - lo era veramente. Ma prima di uccidere il suo sguardo vivo e coraggioso, voleva vederla ballare. Come nei libri.
   Aveva letto di galanti cavalieri che corteggiavano con sadico doppio fine, ma anche di giovani sinceri mossi solo dal desiderio innocente di avere quel piccolo ma dolce onore. Si sarebbe divertito a vederla inciampare e dare la colpa a lui, alla polvere, alla gravità, alla tensione, al fatto che non aveva mai avuto bisogno di ballare e che era stupido farlo allora – ma avrebbe continuato a provare per dimostrare che in fondo era capace ed evitare la totale figuraccia col rivale. Sarebbe stato esilarante, sarebbe stato bello.
   Era stanco, constatò mentre il respiro veniva a mancare e l’acqua era finalmente davanti a lui; non riusciva più a tenere a freno i suoi pensieri ed accennò un sorriso accorgendosene. Avrebbe ancora pianto volentieri, ma sapeva che gli restava solo da morire. E che avrebbe rivisto Rin.

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Capitolo 2
*** L’acqua era fredda, lei no ***


(ora spiegatemi perché nessuno si degna a fare icons 100x100 su Mermaid Swamp e devo sempre ridurmi a farle io all'ultimo o perché non me le preparo prima)
In un modo o nell'altro, ci sono. Questa seconda one-shot è basata su Forever Deep ed è da lei che è nata la Raccolta. Inizialmente doveva essere solo una flash di circa quattrocento parole che poi bho, è diventata una one-shot e visto che così da sola mi sembrava inconcludente mi son detta di scriverne una per ogni finale. Allora. Innanzitutto, ho da dire che dopo questa non ho idea di quando uscirà la terza one-shot. Ho già scritto le prime righe. Il problema è continuarla. Inoltre ripeto che non ho toccato le ultime due one-shot per via di un'altra fan fiction ancora sigh. Comunque arriveranno, questa è l'unica promessa che voglio e posso promettere.
Come ho già fatto, ho strutturato la storia nel seguente modo: presente, serie di flashback, presente. In questo caso sono solo due ricordi ed all'inizio ed alla fine ci sono le riflessioni di Seitaro - il tutto intriso di fluff assurdo e slince of life, abbandonando per buona parte la nota angst ma eeehi sono io. Non credo sia un capolavoro, ma credo che sia apprezzabile e nonostante tutto piacevole. Eh, mai laif. Infine finissimo, senza ulteriori indugi, questa sarà l'ultima storia nella quale metterò l'angolo all'inizio (causa: non posso spoilerare sulla mia stessa fan fiction tipo e questo scroll è fastidioso sebbene lo usi per agevolare chi visualizza da cellulare); nel senso, nella prossima storia che pubblicherò una storia differente da questa l'angolino sarà certamente in fondo alla pagina, ma fino alla quarta one-shot lo metterò all'inizio. E null'altro, buona lettura.


 
L’acqua era fredda, lei no
   La pelle attraversata da carezze glaciali ed i brividi che ne conseguivano erano in totale contrapposizione con la triste sensazione di calore che sentiva agli occhi, con quel bruciore fastidioso che voleva essere notato da Seitaro. Sembrava chiedesse disperatamente di chiuderli, per impedire il contatto con l’acqua sporca della maledetta palude. Ma non lo avrebbe fatto, non li avrebbe serrati i suoi occhi azzurri. Se proprio doveva, voleva morire con l’immagine di Ofelia riflessa nelle iridi accese di desolazione.

   Rin era bella. Era sempre stata una ragazza stupenda; snella, bionda, non si poteva definire altissima ma era nella media, sembrava morbida ed era gradevole alla vista. L’unica pecca era il suo carattere, quel suo modo di fare per nulla educato. Era proprio manesca, era incredibilmente volgare. Però si compensava col suo essere dolcissima. Ogni volta che si trovava in evidente difficoltà, il suo viso si accendeva di quell’espressione inconfutabilmente disperata, che anche un cane avrebbe compreso. Seitaro si avvicinava e senza essere domandato le spiegava l’esercizio arcano o qualunque fosse la sua perplessità. Lei arrossiva, semplicemente, scattando verso il ragazzo alla fine della lezione e gridandogli che sapeva già, per poi allontanarsi rossa in volto ma naturalmente grata. Era stata in una di quelle occasioni che nacque il fastidioso ricordargli di aver già i capelli bianchi alla sua età.
   «Fattelo un pacchetto di cazzi tuoi! So perfettamente chi sono questi... questi tizi, Capelli Grigi! Sì, proprio così, Capelli Grigi: Seitaro Wakasugi è un vecchiaccio diciottenne» gli gridò in faccia senza pudore o pietà – perché evidenziare precisamente gli anni che aveva non se l’era mai spiegato, comunque –, sebbene il sangue si stesse concentrando nella zona delle guance. Non era la prima volta che gli capitava di vederla così, ma si infastidì comunque. «Volevo solo aiutare».
   «Non me ne faccio nulla della tua inutile carità!» sibilò, noncurante degli sguardi di cui si era fatta protagonista. Si alzò, mettendo in mostra la sua poca grazia e sopratutto le gambe snelle, bianche, coperte solo a metà dai leggings blu sotto gli short. Che scocciatura doveva essere l’autunno per lei. Fece qualche metro fino alla porta della sala, dove indugiò. Voltò il capo il necessario per lasciar intravedere l’angolo della bocca rivoltò incerto verso il basso. Non avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco: oltre ad essere doloroso e tipicamente tedesco, non era sicuro che proprio Yamazaki, quella ragazza così svergognata ed irrispettosa, l’avesse ringraziato dopo la scenata appena fatta.

   Ma nonostante tutto restava deliziosa. Anche ora, che lottava per quei pochi istanti di vita istintivamente e non volontariamente, nel suo cercare aria dove non ce ne era, era semplicemente stupenda. Gli occhi chiusi, lasciando alla vista solo le lunghe ciglia nere e lucide di lacrime che risalivano verso la superficie densa e non si facevano notare.
   Lasciò le sue dita delicate, scorrendo l’avambraccio per quel secondo necessario a non perderla, avvicinandola della misura del gracile polso.

   Rin era sincera, tranne che con se stessa. Seitaro non aveva mai sopportato ciò, le causava apparenti e spessi sbalzi d’umore; in realtà si vergognava – sì, Scimmiazaki – di quello che aveva appeno detto e lo riformulava cercando di ravvivare il personaggio del quale necessitava e che credeva di interpretare. Quello che non sapeva era che nei suoi enormi occhi cerulei, il ragazzo leggeva di come realmente si sentisse e conosceva la verità su ogni singola sfumatura della sua personalità, vantava di essere depositario indiretto delle sue emozioni. E per lui era un onore, essere l’unico a condividere quelle schegge della reale Rin Yamazaki. Comunque, tempo fa, si decise ad emulare il suo “nascondere”: nessuno avrebbe mai saputo del nascente desiderio di quell’estate di un anno prima. Anzi, quella era l’intenzione.
   «Sei, ta, ro, kun!» Dannato Yuta.
   «E quel “-kun” cosa dovrebbe rappresentare?» Dannato lui e la sua naturale capacità a leggergli dentro.
   «Stavo provando i nomi con cui potrebbe chiamarti Rin quando ti dichiarerai a lei ed accetterà con le lacrimucce agli occhi, saltandoti al collo e baciandoti appassionatamente, sospirando sul tuo viso pallido come un ovvio“ti amo, ti ho sempre amato... Seitaro-kun!” e tu spalancherai gli occhi, per poi ridere candidamente perché non ti ha chiamato con uno di quei soprannomi idioti. Il tutto con il crepuscolo chiaro dietro di voi!»
   «No» disse semplicemente Wakasugi. Avrebbe potuto argomentare quella risposta monosillabica con tante motivazioni: innanzitutto, non aveva la benché minima intenzione di svelare alla scimmia manesca una cotta probabilmente passeggera... no, ma cosa pensava, non poteva piacergli Scimmiazaki. Ecco, aveva trovato: punto primo della lista, a lui – probabilmente – la bionda non piaceva. Un secondo punto che non filava nel discorso dell’amico era la frase che dovrebbe dirgli; Rin si vergognava a rispondergli al telefono – l’aveva seriamente sperimentato, mosso dalla folle curiosità; aveva chiesto a Yuka di chiamarla mentre erano in una tesissima sezione di studio e li sobbalzò, prima di maneggiare senza alcun criterio fisico-logico il dispositivo... probabilmente aveva impiegato due minuti a rispondere –, figurarsi se si sarebbe azzardata a pronunciare affermazioni tanto audaci! Il terzo punto era quel inutile “Seitaro-kun”, dato che Capelli Grigi era oramai il suo titolo ufficiale. E poi, ultimo punto della lista di motivi per i quali non sarebbe mai successo nulla di simile, non ci sarebbe stato nessun crepuscolo con Scimmiazaki.
   «Ma ti piacerebbe che non ti chiamasse Capelli Grigi, vero?» Dannato, dannazione, maledetto Yuta. Era proprio l’unico aspetto corretto di quella visione degna da... sì, giusto! Degna di uno
shoujo.
   «Hai letto i fumetti per ragazze di Yuka, ammettilo!»
   «Non nego, Seitaro. E confesso che mi hanno parecchio preso. Soprattutto quelli che si svolgono durante le vacanze estive, non so se ci intendiamo». No, non si intendevano affatto, ma il ragazzo represse il pensiero, limitandosi ad incalzarlo a velocizzare il passo per non far tardi a lezione. «Certo,
Seitaro-kun».
   Nemmeno lui era sincero. Forse aveva avuto il tempo per pensarci davvero; aveva avuto tutto il tempo che il mondo aveva potuto concedergli, era stato lui a ridursi a quel triste momento. Ora si pentiva di un sacco di momenti che la vita gli aveva donato – lei, così cattiva ed ipocrita, aveva fatto un dolce regalo a Seitaro –, usandoli per litigare; una parte di lui, però, era felice di aver potuto scoprire tutto della ragazza, provocandola ed incoraggiandola a sfogarsi con lui. Avvolse i fianchi di Rin mentre continuavano a scendere lentamente nell’acqua della palude. Questa volta non l’avrebbe tirata su – avrebbe seguito i suoi desideri, anche questa volta, sinceri.

   Ridusse gli occhi a due fessure, oramai impotente. La pelle della ragazza era oramai fredda, ma sentiva il cuore battere nel petto ora vicino al suo. Voleva morire con Ofelia negli occhi e la sua bellissima eroina era proprio lì, lasciando andare il respiro e gridando senza dar voce al dolore che affiorava nei polmoni. Seitaro lo sentiva e capiva. Sorrise e quando Rin era vicina alla fine come lo era lui, approfittò della debolezza fisica e le stampò un bacio sulla fronte. 
   Ora sarebbe davvero morto: con la dolce e bella Ofelia dalle guance calde e purpuree negli occhi.

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Capitolo 3
*** Come acqua fra le dita ***


Come acqua fra le dita
   Le mani della Fine lo avevano portato in fondo alla palude sporca, lo avevano abbracciato, avevano percorso la ferita che si faceva sempre più insensibile allo stomaco, gli avevano aperto il passaggio per un luogo dal quale non sarebbe mai più potuto tornare.
   Seitaro. 
   Echi lontani e vicini che si confondevano nei sensi poco ricettivi. Se non l’avesse sentito, forse avrebbe perso la coscienza di chiamarsi come quel grido lo invocava. Una voce soffocata dalla pressione dell’acqua sul suo corpo. C’era quella, che lo riportava a sensazioni piacevoli, e c’erano le ombre tentatrici. «Vieni qui,» gli sussurravano, «è più semplice, naturale!» e per qualche istante si lasciò cullare dalla corrente. Non pensava a niente, se non a quell’unica parola che continuava a sentire in lontananza. Seitaro, Seitaro, Seitaro ed ancora, come rifiutasse la risposta in quel silenzio che non poteva rompere e che non avrebbe disturbato. Una voce rotta dall’ironia del Destino avrebbe pensato.
   E lui? Lui come si era rotto? Come aveva fatto un manichino come lui a difettarsi e finire nelle mani della madre Fine? Madre, perché la sua nascita è sempre stata la morte che lo aspettava. Come dicevano in vita? Ah, sì. Tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine. Magari era stato il Destino infame che aveva spezzato il grido apparentemente instancabile che ancora si introduceva nel profondo della palude a prenderlo e rigirarselo fra le dita fino a quanto non si era incrinato, per poi buttarlo via. Cosa era cambiato?
   Seitaro!
   Ancora. Iniziava seriamente a preoccuparsi. Aveva capito che lo stava chiamando, ma non ricordava nessuno da disperarsi tanto per lui, né cosa avesse mai fatto per meritarsi tante attenzioni. Non ricordava nulla. «Ignorala, come hai sempre fatto». Sentiva che le ombre mentivano. Dentro di sé lo sapeva, lo percepiva, che non avrebbe mai ignorato qualcuno che gli chiedeva aiuto con quella meravigliosa voce – non importava se ora non la sentiva chiaramente, era certo fosse stupenda. Se l’avesse lasciata adesso, presagiva che non se lo sarebbe mai perdonato. «Se vai da lei, la tua morte non sarà delicata come lo è ora!»
   «Non ci saremo noi acque ad alleviare il tuo dolore, ci saranno solo il sangue e la polvere» si aggiunse un’altra voce. Quindi non era solo una, eh? Tanti suoni che si amalgamavano in un fastidioso miscuglio. E poi l’acqua che si spostava, penetrata da un corpo solido. Le mani del ragazzo si strinsero istintivamente, cercando di afferrare qualcosa – un bastone, forse. Gli occhi chiusi si aprirono un poco. Vide acque scure ritirarsi, le orecchie si riempirono di quel suono ovattato – le dita serrate facevano male, pareva stesse cercando di consumare la propria pelle per punizione, ora più che quando stava emulando la presa attorno a qualcosa di inesistente – e poi raggi di un Sole morto, freddo, che pareva verde, che veniva oscurato da capelli biondi, da una mano tesa. Socchiuse la bocca, tentato dalle lacrime.
   Cosa ci faceva lì? Cosa era successo? Era tutto sparito, era tutto sfumato, anche il ricordo di chi stava cerando di recuperarlo; rimanevano mere sensazioni, come il sfiorarsi le braccia, un finto lamento la notte, situazioni che sapeva impossibili. Ma non riusciva, non ricordava nulla, nemmeno quale fosse il nome di quella ragazza che aveva afferrato la camicia blu – come requisendola, perché propria; o forse ad appartenerle era lui, che si faceva trascinare. Quelle dita estranee si strinsero attorno al colletto, lo strattonarono, tentarono di riportarlo in superficie. Le labbra della ragazza dagli occhi stanchi si muovevano rabbiosamente, eppure stampata sul volto niveo c’era un’espressione rassegnata. Seitaro riconobbe in lei la voce, l’ombra delle emozioni che si portava appresso. Con i polmoni in fiamme, tento di dire Rin, credendo che quella parola breve e senza significato apparente in quel momento potesse essere il suo nome. «Fa male, vero? Eh? Non senti la frustrazione?» Sentiva di nuovo le voci maligne. E sentiva il calore che lo circondava, avvertiva un abbraccio senza speranze. Perduto. Aveva perso tutto, in quel gioco crudele. Come se le dita avessero attraversato la sostanza della quale era fatta la vita e le avesse permesso di andarsene, nella stessa maniera in cui fa un liquido. Come se la vita fosse fatta di capelli biondi.
   Più doloroso di un suo pugno. Pensava di star sorridendo – se non ridendo – nell’esanime visione della Fine.

 
Soundtrack(s); Up All Night (album, One Direction)Come se ti avessi sempre conosciuta, ma la meraviglia è che ti ho incontrata! Ah, amo Francesco, secondo me dovremmo incoronarlo Dominatore Assoluto dell'Universo. Ma ehi ci si rivede! //si nasconde// Dovevo pubblicare mesi fa, ma nope. Nope perché ad Aprile il vecchio PC è puff! morto ed avevo finito di scrivere questa cosa a Marzo. Poi l'altroieri sono riuscita ad accendere il dannato durante un momento di collera assoluta perché il nuovo computer mi aveva perso tutta la tesina di Scienze motorie ed Arte quando il giorno dopo avevo l'orale (NON HO ANCORA CAPITO COME SONO UN DIO LE DONNE QUANDO SONO INCAZZATE FANNO PAURA RICORDATELO S E M P R E) ed in tutta fretta ho trasferito qualcosina sul telefono (anche la fan fiction su LiEat aaaaaaa come sono felice cielo come sono felice) inclusa questa cosa. Ora devo ammettere solo una cosa: non ricordo nulla di questa breve one-shot. Cioè, quando accade, ovvero quando Seitaro si butta nella palude e Rin cerca di recuperarlo senza successo nonostante Yuuta fosse contrario (il finale è Secrets, non l'avreste mai detto eh?) e che il bastone che cerca di afferrare ad un certo punto è l'ascia con cui ha inseguito Rin. Poi?? MEnte vuota? non ricordo null'altro. Ed a rileggerla mi pare un po' strana, non so se mi piace. Btw non ho note da aggiungere perché non le ricordo? Se qualcosa non è chiaro, potete interpretare come volete o chiedere. Grazie per aver letto (se conoscete Mermaid Swamp, grazie anche di esistere!) e spero abbiate apprezzato la fan fiction eeee nulla, basta, ci vediamo con l'ultima one-shot (mille volte più allegra di quanto possiate pensare).

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