Imprevisti

di genesisandapocalypse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** In famiglia ***
Capitolo 2: *** Ritorno ***
Capitolo 3: *** Fastidio ***
Capitolo 4: *** Cucinare ***
Capitolo 5: *** Bisticci ***
Capitolo 6: *** Osservare ***
Capitolo 7: *** Pensieri ***
Capitolo 8: *** Gelosia ***
Capitolo 9: *** Dolce ***
Capitolo 10: *** Risultati ***
Capitolo 11: *** Ruota di scorta ***
Capitolo 12: *** Dibattiti ***
Capitolo 13: *** Spiegazioni ***
Capitolo 14: *** Uscite ***
Capitolo 15: *** Evitare ***
Capitolo 16: *** Ragione ***
Capitolo 17: *** Botte ***
Capitolo 18: *** Baci ***
Capitolo 19: *** Fregarsene ***
Capitolo 20: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** In famiglia ***



 
Imprevisti.

IN FAMIGLIA.
 
Alla mia famiglia, che alla fine somiglia un po’ ai Miller, con meno componenti e, soprattutto, meno femmine,
A R, che, oltre le prese in giro giornaliere, adoro con tutta me stessa,
Al mio smalto nero perché, yeah, mi fa così metal.
 
Prova un profondo odio per il rumore, Venere.
Come il rumore assordante che si sente tra le vie affollate di Sydney, tra i clacson delle macchine, le urla degli abitanti e gli abbai dei cani. O come quello nei concerti, ‘ché diamine!, lei va a sentirci il cantante, la band o quel che sia, mica le urla da indemoniati dei fan.
Oppure come quello che la sta facendo urlare di frustrazione sul cuscino premuto con forza sulle orecchie e le sta facendo smuovere con nervosismo le gambe sul letto, quel rumore fastidiosissimo che si aggiunge alla musica rap a tutto volume nella stanza accanto alla sua, quella di sua sorella Nieves, e alle urla isteriche di sua sorella Kendra e il suo nuovo amichetto Harry, il vicino di casa.
Se lo chiede perché, se lei ama da impazzire il silenzio, la tranquillità e la pace, si è dovuta trovare una famigliola con tanto di batterista casinista come vicina. Ovviamente non bastavano quattro sorelle, una più fastidiosa e problematica dell’altra, nella sua vita, assolutamente no!, il vicino musicista e rumoroso mancava.
Si alza dal letto, frustrata, e osserva l’orologio, che segna le otto di sera. Sbuffa, avvicinandosi alla finestra e aprendola di poco, giusto per far ventilare la stanza chiusa da un po’ troppo tempo. Il rumore arriva persino più forte e Venere riesce a scorgere, dalla finestra di fronte alla sua, un braccio estremamente peloso e muscoloso e una gamba stretta in dei jeans neri che si muove al ritmo della musica.
Stringe i pugni e li sbatacchia in aria con nervosismo, poi ci rinuncia e corre in bagno per farsi una doccia, perché a lei non piace farsela la mattina, di fretta.
Si perde nei suoi pensieri per una buona mezz’ora e, sinceramente, non ha tutta questa voglia di uscire dalla doccia, perché lo scrociare dell’acqua è l’unico rumore presente e ovatta tutti gli altri.
Spegne l’acqua e si avvolge con l’asciugamano color pesca, poi prende la spazzola e il phon e inizia ad asciugarsi i capelli lunghi.
Finito il lavoro, esce dal bagno e sospira, felice, perché non c’è più nessun tipo di rumore. Nieves ha smesso di ascoltare depressa musica rap, probabilmente per le urla di sua madre, Kendra ha smesso di giocare con l’amichetto e, sembrerebbe, persino il batterista ha posato le bacchette.
Abbassa le persiane e si infila l’intimo e il pigiama, poi affina l’orecchio e sente delle voci al piano di sotto. Si avvicina alla porta, curiosa, e la apre.
«Grazie per aver tenuto Harry, signora Miller,» dice una voce allegra e buffa al piano di sotto. Venere si sporge di poco dalle scale e può intravedere il braccio muscoloso e peloso che aveva visto dalla finestra. Immagina che, il ragazzo, sia venuto a prendere il fratellino e spera vivamente che, una volta tornati a casa, non riprenda a suonare.
«Figurati, Ashton, è un piacere – risponde sua madre, Tatjana Herrmann in Miller, con un enorme sorriso sul volto gentile e amorevole, mentre poggia la mano sulla spalla minuta di Kendra, con il viso illuminato dalla gioia – è bello che siano diventati amici, questi due,» aggiunge divertita, mentre il ragazzo scompiglia i capelli ricci e biondi di Harry, che ridacchia.
Venere si sporge giusto un poco di più e riesce a scorgere la schiena delineata e muscolosa, le spalle larghe e le gambe strette in pantaloni neri e aderenti.
Ha un fisico niente male, da dietro, a dirla tutta. E, una piccola parte di lei, spera che anche il davanti sia decente.
«Uhm, sì, l’ho visto in faccia, niente male, direi,» mormora una voce alla sua sinistra, facendola sobbalzare.
Naomi, sua sorella minore, ha le braccia incrociate posate sulla ringhiera delle scale e gli occhi gelidi, sempre terribilmente apatici, che vagano sulla schiena del ragazzo.
Venere strabuzza gli occhi, poi li affina.
«Ma come…»
«Purtroppo siamo sorelle, Venere, ti conosco più di quanto immagini – borbotta, girando gli occhi verso di lei e osservandola senza emozioni – e poi hai pensato ad alta voce, cretina,» aggiunge, avviandosi verso la stanza e chiudendosi alle spalle la porta di legno bianco.
Venere affina gli occhi e ringhia infastidita, poi torna ad osservare la schiena del ragazzo che, però, non c’è più.
«Ragazze, è pronto!» urla sua madre, entrando in cucina e portandosi dietro Kendra.

«Harry è così carino, mamma,» commenta la piccola Kendra, facendo sorride istintivamente Igor, appena tornato dal lavoro, che osserva le sue sei donne sedute al tavolo, prima di accomodarsi in mezzo a sua moglie e Venere.
Osserva la sua piccola, otto anni di schiamazzi e risatine, unica testa mora tra le bionde.
«Quant’è carino, precisamente?» chiede Lilian, primogenita, prima di portarsi alle labbra un pezzo di pane imbrattato d’olio. Kendra sorride a dismisura e allarga le braccia per cercare di imitare una quantità.
«Così!» esclama, facendo ridacchiare tutti.
«Oh, allora toccherà che stia attento, non vorrei che mi fregasse la mia bambolina,» scherza Igor, facendo arrossire Kendra, che scuote la testa, smuovendo i capelli lunghi, e gli manda un bacino con le labbra sporche di sugo.
«No, papà, nessuno mi porta via da te,» esclama ridacchiando, facendo fare un suono sdolcinato e commuovente a Lilian, che si porta le mani all’altezza del cuore e addolcisce lo sguardo.
«Finalmente una di noi ti considera, pa’, » scherza lei, ridacchiando alla smorfia indispettita del padre.
«Ma va’, che tu da piccola eri uno zuccherino!» borbotta lui, piccato, mentre Tatjana gli posa una mano bianca sul braccio scoperto per via delle maniche corte e sorride amorevole.
«Probabilmente lo eravamo tutte, tranne Naomi, che è l’apatica della famiglia – sussurra scherzosamente, portandosi una mano a coprire un lato delle labbra, quello esposto a Naomi, che ridacchia e alza gli occhi al cielo – quindi vedi di goderti questo periodo con Kendra, che poi cresce e diventerà crudele e spietata come noi,» aggiunge, facendo la linguaccia al padre che fa un’espressione fintamente terrorizzata.
«Non portare sfiga, Lil! – dice sua madre, ridacchiando – che voi bastate e avanzate, pure Kendra no, eh!» aggiunge, facendo ridacchiare la piccolina e ghignare le quattro sorelle maggiori.
«Sai pa’, a Venere piace il fratello maggiore di Harry,» dice Naomi, d’un tratto, facendo sgranare gli occhi alla nominata, che inizia a tossire perché strozzatasi con l’acqua.
Lei non sopporta quando Naomi si inventa le cose.
«Cosa diamine dici? Non è vero!» grida, arrossendo a dismisura. Lilian sbotta a ridere e la deride indicandola con l’indice.
«Beh, è un ragazzo bellissimo, Venere,» commenta Tatjana, sorridendo sotto i baffi.
«Ma non mi piace, è Naomi che si inventa le cose!» sbotta, allargando le braccia e agitandosi più del dovuto.
«Per favore, prima ti ho beccato a fantasticare sul suo aspetto,» ride Naomi, guardandola con malizia e divertimento. Venere è rossa e, sinceramente, nessuno sa dire se per l’imbarazzo o il nervosismo.
«Ma cosa vi fanno questi vicini? Hanno altri figli?» chiede Igor, un po’ più preoccupato, perché Venere ha diciotto anni e, beh, altre esigenze.
«Hanno un’altra figlia femmina, si chiama Lauren,» risponde sua moglie, osservando divertita la preoccupazione del marito, che sospira, tranquillizzandosi.   Dovrà tenere d’occhio solo due di loro cinque, per fortuna.
«Allora con lei non penso ci siano problemi,» borbotta, alzando le spalle e sorridendo.
«E perché no?» chiede Nieves, entrando nel discorso e osservando il padre con gli occhioni azzurri e incuriositi.
«Semplicemente perché è femmina e nessuna di voi è maschio,» dice, sorridendo alla figlia.
«Però io sono lesbica, va bene lo stesso?»
E il silenzio avvolge la cucina, mentre Igor osserva a bocca aperta sua figlia di soli quattordici anni. Da quando in qua è lesbica?
Cioè, i suoi poster di Zac Efron e Justin Bieber dicono il contrario, che siano una copertura?
Poi, la risata divertita di Lilian risveglia ognuno dai propri pensieri. Sbatte più volte la mano sul tavolo e circonda con l’altro braccio Nieves, che si lascia andare in una risata a sua volta.
Girandosi ognuna verso l’altra, si danno il cinque.
«Ci sono cascati alla grande!» urla Lilian, continuando a deridere ognuno dei presenti, che ancora sono in silenzio.
«Ma andatevene entrambe,» borbotta Igor, iniziando a ridere anche lui dello scherzo di Lilian e Nieves.
 
Natasha sospira stancamente, passandosi una mano fra i capelli castani.
Ha appena finito di fare shopping con Luke e, sebbene dovrebbe essere lei ad andare da un negozio all’altro spendendo a più non posso, perché insomma, è femmina, è stato Luke a girarsi ogni singolo negozio per trovare degli inutili pantaloni neri, due futili felpe, tre canotte senza senso e un capello di lana da idiota.
Non lo sopporta, il suo migliore amico, quando la costringe a fare shopping.
Perché lei, in realtà, lo odia lo shopping.
Le bastano le magliette che compra sua madre, o i pantaloni che frega a sua sorella Louise, o, ancora meglio, le felpe che frega a suo fratello Jacob.
Cosa se ne fa del resto?
Comunque, il giorno dopo ha scuola e non le va mica tanto. Sospira, ‘ché questo significa iniziare  studiare, significa avere gli sguardi astiosi delle sgualdrine che vanno dietro al suo migliore amico e significa anche che, quest’ultimo, ri inizi ad indossare quella schifosa maschera che, ormai, ha dall’inizio del liceo.
Insomma, non lo capisce proprio perché Luke non si voglia mostrare per quel che è davvero. Farebbe un figurone, conquisterebbe tutte, avrebbe una marea di amici, eppure continua a mostrarsi come un coatto senza scrupoli né sentimenti. E Natasha proprio non capisce perché attira tanto, così.
Sospira nuovamente, prima di beccarsi una cuscinata da Louise.
«Mi dici cosa cazzo hai da sospirare, eh?» sbotta sua sorella, la delicatezza e la femminilità in persona.
«Domani inizia la scuola, capisci?» borbotta Natasha, divertita, prima di ricambiare la cuscinata e osservare sua sorella mandarle uno sguardo truce e infastidito.
«Certo che capisco, stronzetta, sembrerebbe che domani inizi l’università, eh! – dice, incrociando le braccia fine all’altezza del seno – pensi davvero di poter mettere a confronto l’università con il liceo? Sono io quella a dover sbuffare, sorella!» borbotta, alzando gli occhi al cielo.
Natasha ridacchia, prima di avvicinarsi alla scrivania e sedersi di fronte al computer, accendendolo.
Gira su Facebook perché la noia dell’ultimo giorno di vacanza è disumana, poi si blocca sul profilo di Luke e mette a confronto le foto con lei e quelle con i suoi amici cazzoni e drogati.
Da un sorriso sereno e luminoso si passa ad un ghigno impassibile e scontroso.
No, seriamente, non lo capisce proprio. Perché deve cambiare atteggiamento? Cosa c’è di tanto figo nel comportarsi così schifosamente con gli altri?
E poi, lo odia quando tortura Calum Hood.
Insomma, perché ce l’ha tanto con quello lì? È un ragazzo tranquillo, che gira sempre alle calcagna di Michael Clifford e non ha mai intenzione di fare male a qualcuno, poi arriva Luke e sbem, gli fa fuoriuscire la bestia interiore che alla fine è in un po’ tutti.
E poi, non comprende, Natasha, perché deve trattare come un burattino Naomi, che è anche la sua migliore amica.
Ma perché? Prima la bacia, se la fa, la illude, e il giorno dopo è come al solito, la guarda a malapena e le passa davanti con l’ennesima puttanella sotto il braccio.
Stronzo.
Ma Natasha proprio non ci riesce ad avercela con lui, perché è il suo migliore amico, perché lei lo conosce sul serio, alla fine.
Entra nel profilo di Naomi e osserva l’immagine di copertina che, a Natasha, piace da impazzire, ‘ché ricorda una foto di qualche rivista di moda.
Mostra tutte e sei le donne di casa.
L’origine tedesca di Tatjana, con lunghi capelli biondi e occhi di un azzurro acceso, si riflette benissimo su quattro delle cinque figlie, tanto bionde e con gli occhi così azzurri da poter essere definite pure Ariane.
L’ultima, Kendra, per la gioia di Igor, ha i capelli mori come lui e gli occhi verde scuro come la nonna paterna.
Natasha un po’ le invidia, a loro, che sono tutte così belle. Ma come potrebbe essere altrimenti, alla fine, con dei genitori così?
Senza accorgersene, sua sorella le si è appostata dietro.
«E questa sarebbe la famiglia di Naomi?» chiede, indicando con l’indice lo schermo. Natasha annuisce e si gira lentamente verso di lei.
«Mortacci! – impreca – Jacob!» urla dopo, ghignando divertita e scambiandosi un’occhiata con Natasha.
Entrambe pensano che, Jacob, sia single da un po’ troppo.
 
Genesis è appena arrivata di fronte a casa di suo cugino, la sua nuova casa.
È estremamente ansiosa, non per niente, non viene in Australia da un anno e, beh, prima era per le vacanze, mica per trasferirsi definitivamente.
Osserva sua madre accanto a lei, che sembra essere rinata grazie all’aria australiana e come darle torto? È casa sua, quella vera, si intende.
Ha il viso sciupato che sembra illuminarsi appena la porta si apre e ad accoglierli è zia Joy che corre in contro a sua sorella, mentre zio David circonda Genesis con le braccione e la sbaciucchia tutta.
I suoi zii le sono mancati da morire.
Joy e David si scambiano di posti e Joy stringe a sé sua nipote.
«Oh, mia Genesis, quanto mi sei mancata!» esclama ridacchiando, per poi afferrarle le valigie.
«Oh no, zia, faccio io!»
«Non pensarci nemmeno, tesoro, sarai stanca… e poi Mali e Calum ti stanno aspettando dentro,»  sorride amorevole e Genesis ricambia, grata.
Non vedeva l’ora di scapparsene dal Brasile, da quella casa che sapeva di tradimento e abbandono. Suo padre ha abbandonato entrambe, sia lei che sua madre, e come potrebbe esserne felice? Ma lei non ha versato nemmeno una lacrima, perché era sua madre ad aver bisogno di un’ancora e lei è dovuta essere la sua forza.
E lo è stata.
Ma, alla fine, non è mai stata abbastanza forte e, una sera, ha dovuto chiamare zia Joy perché la disperazione, in quella casa, era troppa.
Entra in casa e subito una furia l’avvolge e troppi, decisamente troppi capelli le nascondono il viso.
«Genesis!» urla entusiasta Mali, saltellando su sé stessa e travolgendo con la sua gioia la cugina.
Mali è così, un insieme di bellezza, gioia, allegria, sorrisi e capelli.
Genesis ridacchia e si stacca poco dopo dall’abbraccio esorbitante di Mali, che è sempre così allegra, e alza gli occhi sulla figura di suo cugino.
Si fionda tra le sue braccia e ispira il suo profumo, il profumo di casa.
«Mi sei mancata, Genesis,» dice al suo orecchio.
«Anche tu, Cal, tremendamente,» risponde lei, chiudendo gli occhi per assaporare meglio il momento.
Si staccano dall’abbraccio e si scambiano un’occhiata emozionata.
Mali è appena corsa tra le braccia di Bethany, sua zia.
«Come stai? – le chiede premuroso Calum, posandole una mano sulla spalla – anzi, come state?» si corregge, lanciando un’occhiata alla zia.
«Io bene, almeno credo, ma passerà – borbotta, alzando le spalle e sorridendo un poco – chi mi preoccupa è mamma, alla fine lei lo amava, o forse lo ama ancora,» gli risponde, affinando le labbra.
«Ora è a casa, pian piano si riprenderà,» borbotta Calum e Genesis annuisce, perché è così, ora sono a casa.
«E Casper?» chiede, poi, illuminandosi.
Calum ridacchia per l’uso del soprannome inventato da lui stesso tre anni prima.
«Sta in stanza, sai, non voleva rovinare l’intesa familiare con la sua ingombrante presenza,» lo imita, ridacchiando.
Genesis sorride e si catapulta verso la stanza del proprio cugino, aprendola di scatto.
«Casper!» urla entusiasta, buttandosi addosso al ragazzo che, fino a poco prima, era comodamente sdraiato sul letto. Lo stringe a sé e ridacchia sul collo di lui.
«Ma che cazzo? – lo sente imprecare, sorpreso – oh, Genesis!» aggiunge poi, gridando e stritolando fra le braccia l’amica.
Si staccano poco dopo e, finalmente, Michael può incontrare gli occhi neri di lei.
«Come stai?» chiede lei, sedendosi a gambe incrociate sul letto.
«Una meraviglia, nemmeno ti immagini!» risponde sorridente, osservando il viso delineato di Genesis dal basso e sistemandosi le proprie braccia sotto la testa.
«Mi sei mancato!» dice lei, che alla fine Michael è il suo più grande amico ed è impossibile che uno come lui non ti manchi.
«Anche tu!» ribatte lui, con un verso sdolcinato e prolungato all’inizio. Calum entra nella stanza e si siede accanto a loro.
È felice, lui, perché finalmente potranno passare più tempo insieme, loro tre.
Insomma, Genesis si è trasferita in Australia, da loro.
Il problema, però, è che sua cugina, è troppo, troppo bella.
È così bella che ha quasi paura di sapere cosa Michael stia pensando.
Ed è così bella che ci scommette, il giorno seguente dovrà andare in giro per i corridoi con il fucile per assicurarsi che nessuno la tocchi. E probabilmente dovrà farlo per il resto dell’anno.
Se poi si aggiunge che quel coglione di Hemmings ci proverà sicuro, lui sente il nervosismo avvolgerlo, perché no, tutti, ma lui no.
Lui la userebbe per i suoi sfizi e poi la mollerebbe come tutte. La userebbe per fargli un dispetto e poi, divertitosi, la mollerebbe esattamente come ha fatto il padre di Genesis con sua madre.
E Genesis ha sofferto abbastanza, non ha intenzione di vederla stare male per la sua nemesi per eccellenza.
Si rimbocca le maniche ed è pronto a fare la strage, se serve.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccomi con una nuova storia, spero vi piaccia. Beh, cosa ne pensate?
Riuscirete ad inquadrare meglio i personaggi più in là, soprattutto Naomi a cui ho dato molto meno spazio, e anche Natasha, perché insomma, non è che ha parlato tanto di sé stessa. Poi avrete la possibilità di conoscere meglio i ragazzi.
Sotto troverete le immagini delle protagoniste e non (aggiungo che le VERE protagoniste sono Venere, Naomi, Natasha e Genesis, le altre sono più delle comparse)
Non ho nient'altro da dire, solo un BUON NATALE, perché non sono sicura di aggiornare prima (probabilmente non lo farò) e divertitevi, 'sti giorni.
Bye bye,

Judith.
 
 

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Capitolo 2
*** Ritorno ***



 
Imprevisti.

RITORNO.
  

 
A F, ‘ché le poche volte che lo incontro è sempre una gioia,
A L, che quando soffre lui, soffro io,
Ai Green Day, perché fanno musica che spacca, cacchio!
 
Naomi è già davanti a scuola. Scende dalla macchina di Venere e, senza nemmeno salutare quest’ultima, troppo occupata a sistemarsi la gonna della divisa e ad aggiungere un po’ di rosa sulle guance chiare, si incammina velocemente verso la figura di Natasha.
Appena le è a qualche centimetro, si apre in un enorme sorriso bianco e avvolge con le braccia la migliore amica, che la supera di gran lunga in altezza.
«Mi sei mancata, Nat,» dice, e sarà giusto un mese che non la vede, perché la castana è andata in vacanza a Los Angeles, impaccata di soldi com’è, ed è tornata due giorni fa, ma a lei è mancata sul serio, anche se un mese è decisamente poco.
«Ah, anche tu, ‘Omi!» risponde Natasha, sorridendo melensa, prima di staccarsi dall’abbraccio.
«Com’è Los Angeles?» chiede Naomi, sedendosi sul muretto solito e portandosi un ciuffo scappato dalla treccia dietro l’orecchio. A Natasha le si illuminano gli occhi e scopre i denti bianchi con un sorriso.
«Splendida, davvero, è un sogno! – dice, portandosi le mani ai lati delle guance – mi sentivo la protagonista di qualche fiction hollywoodiana – aggiunge, ridacchiando e girando gli occhi nuovamente all’entrata del cortile – dobbiamo andarci insieme, un giorno!»
«Seeh, tra dieci anni, quando mio padre non mi tratterà più come una bambina,» borbotta Naomi, incrociando le braccia.
A volte, Igor, è un po’ troppo protettivo.
«Oh, suvvia, non sarà mica così esagerato, hai diciassette anni, d’altronde!» ribatte Natasha, arricciando il naso e beccandosi un’occhiataccia da Naomi.
«Seriamente? A Lilian ha vietato di andare a Perth – dice lei, alzando gli occhi al cielo – Perth, capisci? Stiamo ancora parlando dell’Australia e Lilian ha ventidue anni!» aggiunge, esasperata, mentre Natasha ridacchia, coprendosi la bocca con la mano sinistra per evitare che la migliore amica gli lanci qualcosa appresso.
«Uhm, d’accordo, allora ne riparleremo quando saremo entrambe diplomate, che ne dici?» borbotta, prima di sorridere alla figura lontana del proprio migliore amico, appena entrato con passo strascicato dal cancello arrugginito.
Naomi, senza nemmeno accorgersene, si sistema la treccia sulla spalla destra, poi si liscia la gonna, accavalla le gambe e infine passa due dita sotto gli occhi per assicurarsi che nessun residuo di mascara sia colato.
Infine sfodera il miglior sorriso al mondo, perché Luke Hemmings si sta avvicinando a loro.
Natasha si butta letteralmente tra le braccia del biondo, venendo stretta con forza, che poi si sono visti il giorno prima, ma ormai vivono uno dell’altro e non possono stare per più di un giorno senza vedersi.
Luke le bacia con forza la fronte, forse per far notare a tutti i ragazzi presenti che Natasha sarà anche semplicemente la sua migliore amica, ma è intoccabile.
Le accarezza un fianco con dolcezza e sorride, come emozionato, appena il profumo di fragola l’avvolge tutto. Che ci può fare, se ama – ovviamente in modo fraterno – Natasha con tutto sé stesso?
Si staccano dopo qualche minuto a tenersi stretti e Natasha sorride a dismisura, sedendosi sul muretto accanto a Naomi, che sta ancora aspettando il suo turno.
«Abbassati un po’ la gonna, tu, che sennò fai arrapare tutti ‘sti depravati! – borbotta Luke, portando le mani ai lati della gonna e tirandola giù di poco, perché odia che Natasha mostri le gambe lunghe e toniche – e non puoi andare in giro con questa scollatura!» aggiunge, allacciando due bottoni in più, anche se la camicia era allacciata abbastanza da coprire tutto. Natasha gli sposta le mani con un misto di fastidio e divertimento, ‘ché Luke è così protettivo, a volte, poi qualche voce profonda dall’altro lato del cortile richiama sonoramente il biondo, che si alza e lancia un’occhiata a tutta – o quasi – la squadra di soccer. Bacia sulla guancia Natasha e dedica un’occhiata a Naomi, prima di andarsene.
Una sola e insignificante occhiata.
La bionda sente gli occhi bruciare e la voglia di spaccare qualcosa, ma stringe i denti, abbassa gli occhi e incrocia le braccia, richiudendosi in un guscio, pregando mentalmente che la sua migliore amica non se ne esca con qualche frase, o con qualunque tipo di parola.
E, per fortuna, Natasha rimane in silenzio.
Quando, due minuti dopo, decide di alzare lo sguardo e puntarlo di fronte a sé, Calum Hood la sta osservando, derisorio.
 
Ashton si porta una mano fra i capelli ricci e sbuffa sonoramente, allungando il passo, che già è in ritardo il primo giorno nella nuova scuola e non gli va di sentire nessuna dannata ramanzina.
Arriva, finalmente, davanti l’aula di letteratura inglese e bussa, perché sua madre gliel’ha urlato contro, che se non si comporta bene, quest’anno, ce le prende di brutto.
Un “avanti” arriva da dentro la porta e lui apre con lentezza, ‘ché un po’ si sente a disagio, in una scuola che non è la sua, con nuove persone e professori con diversi metodi.
Fa un passo dentro e si richiude la porta alle spalle, facendo un timido sorriso alla professoressa, accigliata, che si sistema meglio gli occhiali rettangolari sul naso e imita un sorriso.
«E tu saresti?» chiede, con voce acuta e arcigna, incrociando le braccia sotto il seno. Ashton si gratta la nuca e arriccia il naso.
«Ashton Irwin, signora, e mi scusi  per il ritardo, sono nuovo e n…» la mano della professoressa si alza di scatto, aprendogli un palmo di fronte al viso, stoppando la sua parlantina.
«D’accordo, Ashton, non ho voglia di sentire tutta la storia, sei scusato perché è il primo giorno di scuola, ma che non succeda più – sorride gentilmente, ‘sta volta, facendo sospirare Ashton – e ora accomodati a quel banco vuoto vicino alla finestra, probabilmente Michael Clifford è uscito da casa giusto – si controlla l’orologio d’argento al polso – ora!» Ashton ringrazia, sedendosi sul banco vuoto e poggiando la borsa a tracolla, con il logo dei Blink-182, nella sedia vuota accanto a sé. Da quel che ha capito, un certo Michael Clifford, probabilmente, dovrebbe occuparla, ma tanto di lui non si vede nemmeno l’ombra.
La professoressa spiega qualcosa che, a lui, non interessa minimamente, perché la letteratura non gli è mai andata giù, quindi preferisce girare lo sguardo per la classe indifferente, prima che gli occhi si incollino sulla figura delicata di una ragazza bella quanto letale.
Sa chi è, la vista uscire dalla casa accanto alla sua, e poi è così uguale alla madre che è impossibile non riconoscerla. Venere Miller, la secondogenita dei suoi vicini di casa. Ha già capito che tipo è, da come la sera prima la vedeva sbraitare per il troppo rumore, da come si tiene ritta sulla sedia, scacciando la mano del suo presunto ragazzo, che cerca in tutti i modi di accarezzarle i capelli biondi, da come guarda la professoressa con altezzosità.
Poggia il gomito sinistro sul banco e, di conseguenza, poggia il viso sul pugno chiuso, facendosi scappare un risolino silenzioso alla vista di tanta serietà. Cosa ci trova di bello, nel silenzio, nella perfezione, nella fama, quella lì? Insomma, non che lui abbia mai provato la sensazione dell’essere “famoso” a scuola, cioè, in realtà sì, perché era famoso per essere un casinista o perché aveva problemi ad arrivare a fine mese, almeno fino a che sua madre non ha incontrato Warwick, ed è solo per lui che ora, Ashton, si ritrova a Sydney, ma mai è stato famoso per bellezza, intelligenza o bravura in qualche sport, quindi non crede di poterla capire bene, ma cacchio, non ha senso essere così seri.
Rabbrividisce nell’immaginarsi così, serio, silenzioso, famoso. Pff, non gli si addice proprio, anche se sua madre sarebbe felice.
Senza nemmeno accorgersene, gli occhi affilati di Venere lo stanno trapassando e Ashton sorride divertito, prima di girare lo sguardo, ma semplicemente perché la porta si è aperta di scatto e un ragazzo dall’aspetto stanco poggia le mani sulle ginocchia, respirando a fondo.
«Clifford, aspettavamo proprio te!» borbotta la professoressa, incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo.
«M-mi scu-scusi prof, ma h-ho perso il b-bus,» dice, affannato, alzandosi di scatto e rivolgendo un sorriso leggero alla donna che gli sta di fronte. Poi, senza tentennare, si incammina al suo banco, accomodandosi accanto ad Ashton.
«Ehilà, tu sei il nuovo?» chiede, sorridendo a trentadue denti. Ashton annuisce di poco e sorride a sua volta, ‘ché è il primo che gli rivolge un sorriso, nella scuola.
«Piacere, sono Michael, ma chiamami Casper – dice allungando una mano, che Ashton stringe con forza – che sennò non mi giro!» aggiunge, divertito.
«Ashton Irwin,» dice il riccio, squadrando con sorpresa i capelli bianchi – ovviamente tinti – in una vaga imitazione del cantante dei Green Day, Billie Joe.
Che tipo strambo, si ritrova a pensare.
 
«Stai scherzando, spero! Come cazzo fa a non piacerti Fifa?» urla per il corridoio Michael, facendo ridacchiare Ashton e girare un po’ di teste.
«Semplice, a me non piace proprio il calcio, Casper,» dice il riccio, alzando le spalle, mentre il tinto finge un piagnucolio e singhiozza falsamente.
«Basta, Irwin, la nostra quasi-amicizia finisce qui!» scherza, posandosi con drammaticità una mano sulla fronte, facendo ridere Ashton, che trova Michael così teatrale.
Non pensava che un tipo come lui, tanto strambo sia d’aspetto che di personalità, potesse far ridere così tanto.
Si stanno avviando a mensa, ‘ché hanno avuto anche arte insieme, l’ultima lezione prima del pranzo, e Ashton è così felice che Michael abbia voluto a tutti i costi farci amicizia, mentre gli altri gli hanno a malapena offerto un sorriso.
Michael, però, ad appena un passo dalla mensa, ripiena di ragazzi, si blocca di colpo e sospira, con gli occhi che, magicamente, si sono trasformati in due cuoricini palpitanti.
«Ehm, Casper?» lo richiama Ashton, non capendo il motivo del suo blocco. Michael, però, nemmeno lo sente, perché al solito tavolo a qualche metro dal suo, dove si siede sempre Naomi Miller, si stanzia la figura slanciata di Natasha Wood, la ragazza più bella che lui abbia mai visto.
«Ehilà? Casper, ci sei?» riprova Ashton, scoccandogli due dita di fronte agli occhi e meritandosi uno sguardo confuso.
«Hm? Cosa?» balbetta il tinto, sbattendo più volte le palpebre. Ashton ridacchia, guarda di fronte a loro e forse capisce perché, Michael, s’era incantato.
«È bellina, eh!» commenta, dandogli una pacca sulla spalla, prima che Michael gli lanci un’occhiataccia. Ashton si muove con nonchalance dentro la mensa, ricevendo qualche sguardo confuso o curioso, poi si avvicina al bancone e si fa servire del purè e una sottospecie di bistecca in miniatura. Il tinto è subito dopo di lui e, con decisione, lo guida verso il solito tavolo, prima che Ashton, con un braccio, l’afferri di colpo e lo blocchi, esattamente di fronte a Natasha Wood, che li guarda con curiosità.
Michael sente il cuore battere all’impazzata e le gote colorarsi di un rosso acceso, la gola seccarsi e le gambe tremare, prima di accorgersi che Ashton Irwin sta parlando amabilmente con Naomi Miller.
«E come ti trovi qui, quindi?» chiede Naomi, gentilmente, sorridendo flebile alla figura del riccio, che lancia un’occhiata a Michael.
«Mah, bene dai, poi se trovi ragazzi amichevoli come lui,» e tenendo con una sola mano il vassoio, cinge con il braccio le spalle dell’amico, che arrossisce nuovamente, perché ora Natasha lo sta guardando e sta sorridendo amichevole.
«Uh, sì, ehm…» si passa con nervosismo una mano dietro la nuca, abbassando lo sguardo, mentre sente la risatina di Natasha e si fa scappare un sorrisino leggero.
«Sono felice, Ash – dice Naomi, sorridendo – dai su, che farai amicizia subito, tu!» aggiunge, inforchettando un pezzo di carne e portandoselo alle labbra.
Ashton annuisce e poi saluta entrambe, prima di spingere delicatamente Michael, ancora un po’ imbambolato. Si fermano a un tavolo che Michael gli ha indicato con il dito tremante.
«Diamine, Casper, sei cotto a puntino eh!» scherza Ashton, sedendosi e stappando la bottiglia d’acqua frizzante. Michael si siede e sbuffa, dedicandogli un’occhiata arcigna, ma non fa in tempo a ribattere che le altre due sedie strusciano con forza e un ragazzo e una ragazza dalla pelle ambrata si accomodano.
«Ehi, Casper!» dice la ragazza con un forte accento ispanico, dando un sonoro bacio sulla guancia pallida del nominato, poco prima che la sberla del ragazzo becchi la spalla del tinto.
«Ehi, come è andato il primo giorno qui?» chiede Michael, rilassandosi un poco, mentre Ashton osserva con attenzione i due ragazzi che si assomigliano vagamente.
«Dai, è andato bene, un po’ pesante ma bene!» borbotta la mora, prima di girare gli occhi verso il riccio, che sorride gentilmente.
«Ah, giusto, ragazzi, lui è Ashton, è nuovo – dice Michael, dando una pacca sulla spalla del riccio, che fa un cenno con la mano – Ashton, loro sono Calum e Genesis.»
Gli sorridono entrambi e poi, in modo così tranquillo che nemmeno se ne accorge, stanno scherzando rumorosamente, come vecchi amici.
 
Genesis lo trova simpatico, ad Ashton. Abituata come non mai ad essere circondata sempre e solo da Calum e Michael, è strano, per lei, ritrovarsi a parlare con uno nuovo.
È un ragazzo gentile, simpatico e confusionario, forse un po’ troppo.
Non fa che parlare, sparare battute e ridere. Ha una risata così adorabile e coinvolgente, che anche se ride per una battuta triste, una di quelle che solitamente fa Michael, alla fine ridono sia lei che Calum.
«Dai su, spiegatemi un po’ come funziona ‘sta scuola!» dice il riccio, poi, agguantando la bottiglia d’acqua e bevendone un sorso.
Michael sospira, poi guarda Calum, che alza le spalle divertito, prima di iniziare a parlare.
«Quelli lì – e indica il tavolo più grosso, al centro della mensa, pieno zeppo di ragazzi grossi e palestrati e ragazze strette in tute striminzite – è il tavolo dei giocatori di rugby, definiti i più fighi e ‘ste cose qui, condiviso con le cheerleader,» e Ashton riesce a scorgere la figura di Venere Miller, lì in mezzo, composta accanto al probabile ragazzo, un gigante dallo sguardo poco sveglio.
Venere è così seria, persino quando il gruppo esplode in risatine, che quasi non sembra umana, a parere di Ashton.
La vede osservare i componenti del suo tavolo con quella che sembra indifferenza, però la nota quella sfumatura di ribrezzo, sul fondo, che fa sembrare gli occhi più scuri di quel che sono.
Se lo chiede perché, se non prova né amicizia né amore per qualcuno lì in mezzo, ci stia ancora. Poi però si ricorda che, chi vuole la fama, si scorda dei sentimenti.
«Lì, invece, ci sono i giocatori di soccer, allo stesso livello dei rugbisti, sì, ma fanno sempre meno campionati, perché da queste parti il rugby è più considerato – e sono giusto a un tavolo più in là, sempre grosso e sempre ripieno di bamboline niente male, secondo Ashton, che sorride leggermente, perché forse iniziare a farsi piacere il calcio non sarebbe male – ci dovrebbe essere anche Calum, lì in mezzo, ma lui odia quella gente,» continua Michael, osservando l’amico moro che alza le spalle indifferente.
«E come mai?» chiede Ashton curioso, osservando lo scozzese, che non lo avrebbe mai immaginato come giocatore di soccer, tanto mingherlino che sembra.
«Sono dei mentecatti, trattano le ragazze come niente e, poi, odio Luke Hemmings con tutto me stesso e già vederlo agli allenamenti mi basta,» borbotta, senza degnarsi di abbassare un minimo la voce, ‘ché tanto tutti sanno dell’odio primordiale tra Luke Hemmings e Calum Hood.
«Chi, scusa?» chiede Genesis, osservando quella squadra di fusti, con probabile mancanza di cervello. Calum indica con un cenno del capo il biondo, che ha ai lati due gallinelle e che si sta passando con nonchalance una mano fra i capelli biondi.
«E perché lo odi?» chiede Ashton, subito dopo, perché, anche se maschio, a lui il gossip piace da morire.
«Perché è un coglione, semplice,» borbotta, osservando come il biondo, dall’altra parte della mensa, passi una mano con lussuria sulla coscia scoperta dell’amica da compagniaaccanto.
Affina lo sguardo e gli viene da vomitare, a pensare di conoscere uno come a lui. Lo vede avvicinarsi con velocità al volto della brunetta e parlarle a una distanza micragnosa, poi, come se richiamato, si ritrova ad alzare gli occhi verso il moro.
E ci scappa l’occhiata più combattiva tra tutte.
Fuoco contro ghiaccio, nessuno sa dire chi brucia di più.
Luke ghigna divertito, prima di fare l’occhiolino a Calum e girarsi completamente verso la bruna accanto a lui, senza distogliere lo sguardo dalla nemesi, perché si diverte a vedere le sue smorfie schifate.
Calum sembra ringhiargli contro, mentre le narici si allargano leggermente e gli occhi si affinano ancora di più. Tutto, di lui, sembra gridare il suo fastidio.
Vede Hemmings poggiare le labbra su quelle laccate di rosso della ragazza, in modo tanto volgare da far venire da vomitare persino ad Ashton, che un santo non lo è mai stato, però Calum non ha nessuna intenzione di abbassare lo sguardo da quello divertito del biondo e si ritrova costretto a farlo solo perché, a qualche tavolo di distanza, Naomi Miller si è alzata di scatto e sta attraversando con furia la mensa.
Calum scuote la testa lentamente e lancia l’ultima occhiata di ribrezzo al biondo di fronte a lui, che sta ridendo come un pazzo, perché adora, Luke, le uscite di scena melodrammatiche.

 
***
 Ehilà,
come va?
Allora, iniziamo con una BUONA VIGILIA DI NATALE a tutti, pensavo di non riuscire ad aggiornare e invece ce l’ho fatta.
Beh, cosa ne dite del capitolo?
Adoro la piccola parte tra Luke e Natasha, perché la loro amicizia mi sta molto a cuore.
Qui ho dato tanto spazio ad Ashton.
Poi il nostro Michael è bello cotto, eh?!
E Calum è un giocatore di soccer, ma odia la squadra e, soprattutto, odia Luke Hemmings.
Poi, magari, si capirà anche il perché.
Bah, non so che altro dirvi, solo, fatemi sapere cosa ne pensate.
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 3
*** Fastidio ***



 
Imprevisti.

FASTIDIO.
 
Al mio cane, perché è fastidioso in maniera rara, a volte, ma alla fine gli voglio bene,
A mia madre, perché pure lei non scherza, quando si arrabbia,
Alla scuola, che mi da fastidio e basta, non ha nulla di positivo, per me.
 
Si è chiusa in bagno da più di dieci minuti.
Non ha pianto, ovvio, ormai è abituata, ma ha stretto forte i pugni e ora le fanno male le mani.
Natasha l’ha pure cercata, ma tanto lo sa meglio di tutti che la bionda preferisce la solitudine, quando è arrabbiata.
Mancano circa altri dieci minuti alla fine del pranzo e Naomi decide di uscire, ‘ché tanto non ha senso perdere tempo a piangersi addosso, ‘ché Luke è un coglione e basta.
Si sciacqua il viso con l’acqua gelida e si guarda allo specchio per qualche secondo, chiedendosi cos’è che non va in lei per non piacere al ragazzo. Scuote la testa velocemente e pretende di riprendersi, perché in queste condizioni non ci può stare. Poi, finalmente, esce dal bagno.
«Hallelujah!» mormora una voce accanto a lei, facendola girare di scatto.
Calum Hood le è di fronte, la sta osservando con gli occhi più scuri che lei abbia mai visto. È appoggiato con la schiena, leggermente ricurva, al muro, mentre le braccia tatuate sono incrociate e le maniche della camicia sono tirate su fino al gomito, dando bello spettacolo dei muscoli tesi e delle vene.
«Saranno ore che sto qui ad aspettarti,» aggiunge, tirandosi ritto con una pressione leggera del fondo schiena e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
Naomi aggrotta la fronte e affina gli occhi, chiedendosi perché Calum Hood, quel Calum Hood, le stia davanti, dicendole che la stava aspettando.
«Ehm, cosa?» borbotta stranita, osservando il moro inclinare la testa verso destra e schiudere le labbra in un gesto quasi provocatorio.
«Hai capito bene – mormora, avvicinandosi di un passo e sovrastandola in altezza – ti sto aspettando da un’eternità.»
«E chi ti ha chiesto di farlo?» soffia Naomi, irritata dai modi di fare del ragazzo, quasi come se le stesse facendo un favore. Calum ridacchia divertito, forse dall’acidità della ragazza o forse per la situazione particolare.
«Mi piace il tuo caratterino, Miller,» dice, alzando un angolo delle labbra e facendo arrossire leggermente Naomi, dandole un po’ di colore sul viso etereo e bianco.
«Dimmi cosa vuoi e basta, Hood,» dice la ragazza, incrociando le braccia e alzando gli occhi al cielo.
Calum sta zitto per qualche secondo, forse perché non sa bene come iniziare il suo discorso, sospira e punta lo sguardo su un punto indefinito tra il fianco e la pancia di Naomi. Poi, con furia, scontra gli occhi neri con quelli di ghiaccio della bionda, sorridendo sghembo.
«Lo vuoi far cadere a tuoi piedi, vero?» chiede, senza aggiungere il nome, che tanto lo sanno entrambi di chi stanno parlando.
Naomi spalanca gli occhi e fa un leggero passo indietro, sentendosi colpita in pieno, poi si stringe meglio le braccia attorno al corpo e affina gli occhi felini già di proprio.
«Se anche fosse?» il suo è più un sussurro, ma Calum lo capisce benissimo e allarga il proprio sorriso.
«Potrei aiutarti,» risponde, mordendosi subito dopo il labbro inferiore.
«Tu? E come, sentiamo?» Naomi alza gli angoli della bocca delineata, in una sorta di sorriso divertito, osservando attentamente ogni battito di ciglia del ragazzo.
«Non c’è niente di più fastidioso del ragazzo che più odi insieme a colei che ti striscia dietro come un verme,» dice, alzando le sopracciglia in gesto fulmineo.
Naomi quasi si sente offesa, ad essere ritenuta un verme, ma non fa in tempo a urlargli contro o a tirargli uno schiaffo, che in lei la scena le si presenta nitidamente. D’altronde, il moro non ha tutti i torti.
Luke odia così tanto Calum Hood che la vorrà sua a tutti i costi, pensando di star facendo un dispetto al moro, quando, in realtà, sta semplicemente facendo un favore alla bionda.
«Ci sto,» grida, allungando una mano, che il moro afferra prontamente.
Calum le sorride, mordendosi il labbro per evitare di scoppiare in una risatina soddisfatta.
Poi, senza nemmeno salutarla, si avvia con passo lento verso l’aula di informatica.
La campanella segna la fine del pranzo.
 
Genesis si passa nervosamente una mano fra i lunghi capelli neri, poi entra nell’aula di letteratura e si guarda attorno. È la prima ora che ha senza Michael o Calum e non le piace granché ritrovarsi da sola.
Ci sono poche persone, in classe, e questo le da tempo di tranquillizzarsi, perché il disagio maggiore, per una come lei, sarebbe incamminarsi di fronte a un’intera classe.
Non ci vuole molto, prima che si riempia, perché ormai la campanella è suonata da un pezzo.
La professoressa Jones entra con sette minuti di ritardo, ma Genesis non si lamenta mica, ‘ché meno fa lezione meglio sta.
Nessuno ha avuto la decenza di sedersi vicino a lei e, con tutta la sincerità del mondo, non sa se definirlo bene o male. Insomma, fare amicizia è sempre bello, ma a lei bastano Calum e Michael.
E Ashton, che non può considerarlo proprio amico, ma ci si avvicina.
La Jones inizia a spiegare il programma che faranno nell’anno, ma a Genesis interessa poco, ‘ché sarà già tanto che studierà poco più dell’indispensabile.
Apre un quadernino e prende una penna, scarabocchiando sopra scritte senza senso o disegnini intrecciati, almeno fino a che la porta non si apre con poca delicatezza e la figura di quello che, a mensa, ha identificato come Luke Hemmings, entra nella classe con strafottenza e nonchalance.
«Hemmings, già ritardo il primo giorno? E non siamo nemmeno alla prima ora, non ti basta un’ora per pranzare?» ringhia la professoressa, dimostrando già, a Genesis, un odio profondo per il ragazzo.
Luke si limita a lanciarle un sorrisetto beffardo, senza replicare, ‘ché non ha voglia di subirsi i continui borbottii dell’insegnante. Si gira e osserva, con gli occhi ghiacciati, l’aula, lanciando un occhiolino a una biondina sul fondo.
Genesis alza gli occhi al cielo e, dopo, li riporta sul quadernino per finire una specie di albero intricato, chiedendosi cosa si trova di bello in un tizio che si da tante arie e, in più, ha le sopracciglia arcuate.
Insomma, sono persino tanto folte da far invidia a uno yeti, ma si scherza?
E nemmeno a farlo apposta, sente la sedia strusciare con forza, emettendo uno stridio fastidioso. Lancia un’occhiata al biondo, ‘ché solo lui può essere, e lo nota stravaccarsi sulla sedia con la grazia di un elefante.
Sospira, ‘ché le sfighe tutte a lei, ma non ha intenzione di farci amicizia, o conoscenza, quindi continua il suo disegno.
Sta uscendo proprio bene, in più!
«Carino,» mormora una voce accanto a lei, facendola sussultare sul posto. Genesis si gira di poco, intravedendo lo sguardo del biondo puntato sull’albero che sta crescendo pian piano, ramo dopo ramo, con una cura che mai ha messo.
«Grazie,» borbotta, quasi infastidita, riportando gli occhi sul foglio.
«Io non avrei tutta questa pazienza,» dice lui, permettendosi di alzare lo sguardo sul viso delineato della ragazza.
E chi se ne frega!, vorrebbe esprimere Genesis, ma si morde il labbro inferiore e sorride leggermente, sperando che basti.
«Sì, insomma, quanto diamine ci hai messo a fare foglia per foglia?» e non capisce se vuole istaurare una conversazione o vuole semplicemente disturbarla.
«Poco,» mormora.
Luke rabbrividisce, forse per la freddezza della risposta, ma sorride, perché non ha nessun’intenzione di  abbandonare così. Sarà la solita finta tosta che, alla fine, esattamente come le altre, cadrà ai suoi piedi.
«Comunque io sono Luke,» riprova, poi, ricevendo in risposta uno sbuffo irritato e un’occhiataccia.
«E tu sei?» aggiunge, assicuratosi che no, la ragazza non ha intenzione di rispondere.
«Fatti gli affari tuoi,» brontola lei, stringendo con forza la penna nera.
«Oh, bel nome – commenta divertito, poggiando i gomiti sul banco – ma non è un po’ lungo? Sì, insomma, quando qualcuno ti vuole chiamare non ci mette un po’ troppo?»
«Ma dico, scherzi?» chiede, rinunciando a continuare il disegno e posando la penna sul banco, voltandosi verso di lui.
«No, insomma, e se qualcuno stesse affogando? Il tempo di dirlo tutto che è già bello che morto,» e Genesis non sa bene se ridere o piangere, perché mister simpatia la sta facendo esasperare.
«Oh mio Dio,» borbotta, passandosi le mani fra i capelli.
E Luke ride.
 
Venere si passa per l’ennesima volta la mano sulla gonna di un blu scuro, poi, con uno sbuffo, scaccia di botto la mano grande di Ethan, che sta vagando da più di tre minuti e mezzo, record per lui, sulla coscia, coperta solo dalle calze, della bionda.
È proprio un viscido, secondo lei, e se ci sta “insieme” è solo perché è detto e ridetto che capo cheerleader e capitano della squadra di rugby stiano insieme.
Chi è lei per replicare?
E poi è carino, dai. Forse un po’ scemo, sempre in cerca di sesso e con gli atteggiamenti un po’ troppo rudi, per i gusti della bionda, ma poco le importa, perché non si fa mica intimorire, che Venere, oltre a una bellezza eclatante, un caratterino niente male e uno sguardo tanto affilato quanto un coltello, ha anche un cervello e non ha paura di usarlo.
E Ethan, col tanto che è grande e grosso, è intimorito dalla propria ragazza, perché sì, con lei non si può scherzare più di tanto.
Venere appunta con calma la spiegazione della professoressa, prendendo i punti più importanti e trascrivendoli sul foglio a quadretti, perché la fisica non è facile e o la studi sul serio, oppure non la capirai mai.
Gira di poco lo sguardo, poi, perché Ashton Irwin, il famoso vicino di casa, divide anche questa lezione con lei.
E anche adesso, la sta fissando come se la trovasse la cosa più esilarante al mondo. Venere non se li è mai fatti problemi, o film mentali, ma si ritrova a chiedersi se qualcosa in faccia, magari, la ha.
O forse il ragazzo è solo tardo.
Affina gli occhi e smuove le labbra in un “la smetti?”, a cui, ovviamente, il ragazzo risponde con una risatina divertita, che la fa solo più infastidire.
Ashton Irwin è strano.
È strano perché suona la batteria ogni giorno, almeno così ha potuto notare nelle tre settimane che si è trasferito accanto a lei.
È strano perché ha un cespuglio di capelli ricci e castani, sempre trattenuti da una bandana colorata.
È strano per gli occhi che, giusto alla prima ora, che il tempo era soleggiato, erano di un verde acceso, mentre all’ultima, che il cielo si è un po’ scurito, sono di un castano chiaro.
È strano per la camicia fuori dai pantaloni e con le maniche tirate su fino a metà braccio, poco più su del gomito, lasciando in bella vista tanti, troppi peli e le vene pulsanti.
È strano per la cravatta mal messa, per la barba sfatta e per i braccialetti neri sparsi su entrambi i polsi.
Alza gli occhi dalle sue braccia e li incrocia con quelli di lui, cangianti, che sembrano sorridere persino quando lui è più serio del preside McKnight – che a serietà non scherza proprio.
Ashton le sorride, ora, e Venere non sa bene dire se con gentilezza o divertimento, quindi si limita ad alzare un sopracciglio e a girarsi nuovamente verso la professoressa, di  cui ormai ha perso il segno.
Non si gira più verso il riccio, almeno per i prossimi venti minuti, fino a che la campanella non segna la fine della giornata scolastica e Venere si lascia sfuggire un sospiro, perché di tenere a bada le mani di Ethan proprio non le andava.
Si avvia fuori dalla porta e, senza nemmeno salutare quello che, in teoria, sarebbe il suo ragazzo, si fionda nel giardino, sperando di trovare sua sorella al volo e di andarsene al più presto.
Si siede sul cofano della sua macchina e osserva la miriade di ragazzi che escono dall’edificio.
Poi, finalmente, Naomi appare in mezzo alla folla.
 
L’allenatore gliel’ha detto che hanno più tempo per cambiarsi, perché tanto stanno ripulendo il campo, ‘ché c’è stato l’Open Day.
Calum si sta vestendo con calma, ‘ché ancora sono quattro gatti, nello spogliatoio, e non ha bisogno di correre. Si infila la tuta e gli scarpini, poi infila il cambio nel borsone e si assicura di chiuderlo per bene nell’armadietto, perché è già successo che qualche burlone – di nome Luke Hemmings – si sia divertito a sue spese.
E poi, proprio il biondo, entra nello spogliatoio con calma, la solita strafottenza sul viso e un angolo delle labbra più alzato.
Calum lo guarda di sfuggita, alza gli occhi al cielo e sbuffa, ‘ché non riesce a sopportare nemmeno di respirare la stessa aria della nemesi, che intanto si è perso nell’osservare il moro legarsi il laccio degli scarpini.
Poi, Samuel Logan, forse il più rincretinito tra tutti, con una risatina da coglione si rivolge al capitano.
«Hemmings, com’è andato il primo giorno? – chiede, dando una pacca sulla spalla sinistra – già fatto conquiste?» aggiunge, ridendo, ‘ché è una cosa così figa avere tante ragazze che ti strusciano dietro.
«Non immagini nemmeno, Logan,» risponde, ghignando, alzando per un attimo lo sguardo sulla figura dell’amico, che continua a ridere come un ebete.
«Oh, racconta, racconta!» e quasi tutta la squadra si riunisce attorno al capitano, perché tutti vogliono scoprire i segreti da rimorchiatore esperto – tranne Calum, che si siede sulla panca più lontana e beve un sorso d’acqua, evitando di sbottare a ridere.
«Ho giusto avuto una sveltina dopo pranzo con Kimberly Coleman, Emily Sanchez ha dichiarato il suo amore e, quindi, ci ho dato dentro pure con lei, giusto cinque minuti fa – inizia, con qualche risata o fischio di sottofondo – e, all’ultima ora, ho beccato una ragazza, una nuova, non è di qui, si vede,» dice, sorridendo sghembo agli amici.
«È una figa rara ed è una di quelle toste, sapete? – continua, alzando le spalle – una di quelle che ti da filo da torcere per un po’, ma tanto lo so che cadrà ai miei piedi in massimo una settimana, come tutte, del resto,» aggiunge, ridendo, poggiando i gomiti sulle ginocchia e incurvando la schiena.
«E come si chiama?» chiede Max Greenland, sistemandosi con una mossa i capelli scuri.
«Non lo so, non me l’ha voluto dire,» dice Luke, alzando le spalle.
«Ma almeno com’è fatta?» chiede Max nuovamente.
«Alta, magra, con un culo da paura e due tette perfette, ha i capelli lunghi e neri e gli occhi scurissimi, con la pelle mulatta – dice, muovendo le mani come a disegnare il corpo – ha due labbra a canotto che ti fanno venire voglia di fartela con forza e un accento ispanico che la fa diventare ancora più sexy!» e Calum si alza di scatto, perché collega tutto.
Si slancia con forza verso il biondo, prendendolo dal colletto e alzandolo, sbattendolo con forza all’armadietto più vicino. I ragazzi si allertano, allontanandosi di poco dal teatrino.
Luke, che per un momento ha avuto un attimo di confusione, si ritrova a sorridere sghembo al moro, pronto a scattare.
«Cosa c’è, Hood, volevi provarci tu? – dice, alzando il mento per prendere un poco più d’aria, ‘ché se anche non vuole farlo notare, la stretta del ragazzo non è delicata – mi ‘spiace, ma tanto lo sai che tu sei solo la ruota di scorta – aggiunge, declinando la testa verso destra – al massimo, quando avrà finito con me, le cercherò di mettere una buona parola, che dici?» Calum lo sbatte nuovamente sull’armadietto, facendogli fuoriuscire un gesto strozzato, che Luke sarà una branda, sì, ma Calum nemmeno scherza.
«È mia cugina, pezzo di merda – sbraita, avvicinando di più il viso a quello del biondo – se solo t’avvicini, ti spacco la faccia!» grida, dando l’ennesimo strattone.
Il biondo tace, osservando il ragazzo a occhi sgranati.
«Che cazzo sta succedendo qui? – urla l’allenatore, appena entrato nello spogliatoio – Hood, Hemmings, staccatevi immediatamente, quest’anno non voglio nessun tipo di scherzo da voi due mezze cartucce, sono stato chiaro?» e con un ultimo sguardo, Calum lo lascia di colpo, avviandosi verso il campo.

 
***
Ehilà,
come va?
Allora, passato un bel Natale?
Eccoci con un nuovo capitolo, cosa ne pensate? Possiamo già farci un'idea dell'intera storia, qui.
C'è l'inizio con Naomi e Calum, una sorta di scommessa.
Poi arriva Genesis, piuttosto acida, che non vuole dare confidenza a Luke.
C'è Venere, così seria, che pensa che Ashton sia strano.
E, alla fine, una bella litigata tra Calum e Luke, perché già si odiano.
Vabbuon, fatemi sapere sevi è piaciuto.
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 4
*** Cucinare ***



 
Imprevisti.

CUCINARE.
 
A me, che oggi ho preparato un gulasch da far impazzire,
A mio fratello, perché cucina in modo impeccabile,
A mia madre, perché alla fine è lei la cuoca di casa.
 
«Scordatelo!» esclama Natasha, sdraiata a pancia sotto sul letto e con le gambe che si muovono nervosamente su e giù, il gomito sul materasso e la mano a tenere il cellulare. Sta osservando la sua pagina di Facebook, ‘ché lei è fissata con i social network.
«Dai, cosa ti costa?» la supplica Luke, dall’altra parte della cornetta.
«Mi costa un pomeriggio a fare la cosa che più odio al mondo, Luke – borbotta, cliccando un “mi piace” sull’ennesimo post – e in più, ci siamo andati ieri al centro commerciale, diamine, che altro devi comprare?» ringhia frustrata, sbattendo l’altra mano sul materasso, alzando gli occhi al cielo.
«Devo solo prendere un paio di scarpe – brontola e Natasha è sicura che sta corrugando la fronte e si sta mordendo il labbro – e poi è per uscire insieme, dai, ti porto al Jinky,» e Natasha lo odia proprio, perché si trova a sbuffare e a pensare che la proposta è allettante.
«Ma paghi tu! – grida, infastidita – e voglio la coppa più grande!» aggiunge, mentre dall’altra parte sente la risata cristallina di Luke.
«E ci faccio mettere più panna del normale – dice lui, facendo sorridere Natasha – che a te piace da impazzire – aggiunge, mentre Natasha si alza dal letto e si avvicina allo specchio – fatti trovare direttamente davanti alla gelateria tra mezz’ora, pidocchia,» e Natasha sbuffa, perché quando se ne esce con nomignoli orribili come quelli, lo vorrebbe uccidere.
«D’accordo, d’accordo, fammi andare ora, che sennò arrivo in ritardo.»
«Tipico!» commenta Luke, ridacchiando.
«Ma smettila, cretino!» borbotta lei, chiudendogli la chiamata in faccia.
E, giusto quaranta minuti dopo – è in ritardo, ma Luke doveva aspettarselo – entra nel centro commerciale e si avvia al terzo piano, dove, solitamente, si trovano fast-food, ristorantini, bar e gelaterie – tra cui il Jinky.
E Luke è già lì, seduto al tavolino di metallo di fronte.
Ha due coni, in mano, e quando la vede, ne sventola uno in sua direzione.
«Scusa del ritardo,» dice lei, posando la borsa e sedendosi accanto a lui, dandogli un enorme bacio a schiocco sulla guancia.
«Che novità – scherza lui, offrendole il cono – cioccolato, tiramisù, cocco e stracciatella con doppia panna, va bene?» e Natasha nemmeno si meraviglia che il suo migliore amico sappia i suoi gusti a memoria, ma lo trova comunque una cosa adorabile. Si sbilancia e gli lega la mano, quella libera dal gelato, dietro il collo, spingendolo verso di sé e baciandolo sullo zigomo più volte.
«Ti adoro!» dice, una volta staccata.
Luke ride, prima di iniziare a mangiare il proprio gelato – fragola, cioccolato e biscotti.
«Beh, com’è andata a scuola?» chiede la castana, girandosi a guardare l’amico.
Luke alza le spalle e sgrana gli occhi, ‘ché non le va davvero di dirgli ciò che ha fatto, ma Natasha insiste, ‘ché lei, tanto, lo sa.
«Beh, ho seguito la lezione, ho salutato compagni di corso e, sì, uhm, c’è stata qualche ragazza che ha attirato la mia attenzione, sai.»
«Ah sì, tipo quella sgualdrina all’ora di pranzo, come scordarmene?» borbotta Natasha, alzando gli occhi al cielo.
«Uhm, sì, lei…»
«E poi chi?»
«Cosa?»
«E poi chi altra, Luke? Pensi che vada a credere che sia solo quella?» gira gli occhi azzurri sul viso imbarazzato del biondo, che svia lo sguardo.
«Beh, uhm, ci sono state Kimberly Coleman, sì, ed Emily Sanchez,» aggiunge, quasi sofferente, continuando a mangiare il gelato per attutire la voce.
«E cosa ci hai fatto?»
«Un bacetto, niente di più.»
«Luke!» ringhia la castana, sbattendo una mano sul tavolino e facendo sussultare l’amico.
«E va bene, va bene – borbotta, alzando una mano in segno d’arresa – una sveltina è meglio come risposta?» continua. Natasha non può fare a meno di sospirare, ‘ché proprio non lo capisce.
«Quando ti innamorerai, Luke, ti pentirai di tutto ciò.»
«L’amore non fa per me, Natasha.»
 
Michael è appena uscito dal parrucchiere, giusto per darsi una ritoccata alla tinta bianca e Genesis non fa altro che passargli una mano fra i capelli.
Calum gli ha inviato più messaggi, a insaputa della mora, spiegandogli il fatto negli spogliatoi, e non può dire, Michael, di essere tanto tranquillo. Insomma, Genesis è la sua migliore amica, e se Hemmings ne ha parlato così volgarmente, può voler dire solo un cosa.
Lui se la vuole fare e basta.
E non c’è da stupirsi, perché insomma, si sta sempre parlando di Luke Hemmings, ma diamine, una come Genesis non può essere vista solo a livello estetico.
Lei ha ben altro, all’interno.
Scrolla le spalle e sospira. Deve stare tranquillo, perché la mora ha la testa sulle spalle e ne è sicuro che non farà niente di azzardato.
Genesis gli dà una botta sul braccio, facendolo sussultare e girare di scatto.
«Cosa?» chiede il tinto, osservando l’amica sbuffare e alzare gli occhi al cielo.
«Allora, per prima cosa devi ascoltarmi e non fantasticare su chissà chi – borbotta, portandogli di fronte un dito affusolato – e seconda cosa, ho voglia di un gelato,» aggiunge, prendendolo per un polso e tirandolo con sé fino alla gelateria del centro commerciale.
Il Jinky è buono, ci vanno tutti. E, ogni tanto, qualche sconto ci scappa, soprattutto se il cliente è abituale.
Anche se Michael non ci è mai riuscito, ‘ché ci va poco, forse perché preferisce la pizza, al gelato.
Insomma, lui è uno da salato.
«Fior di latte, frutti di bosco e nocciola – dice Genesis al gelataio, emozionata, ‘ché in Brasile costano così tanto, essendo prodotti a minor quantità, che lei ne avrà mangiati due in tutta la sua vita – e tanta panna, per favore,» aggiunge.
Michael va sul semplice – cioccolato fondente, stracciatella e fragola –, pagando per entrambi.
Si siedono a un tavolino lì di fronte, di metallo, e Genesis mangia talmente tanto veloce, che a Michael tocca bloccarla più volte per evitare un soffocamento.
Poi, «L’amore non fa per me, Natasha,» e Genesis la riconosce la voce, che l’ha sentita per tutta l’ora di letteratura.
Si gira lentamente, quel che basta per scorgere la figura di spalle del biondo. Ha la schiena un po’ ricurva, i gomiti poggiati sul tavolino e la testa bassa. La curiosità preme per l’espressione del viso, ma la reprime, che non potrebbe passargli davanti senza essere notata.
Sente, poi, Michael iniziare a tossire, come se si fosse strozzato. Si gira di scatto e lo trova a battersi dei pugni sul petto, per poi respirare un poco e continuare a tenere gli occhi sulla figura della ragazza accanto al biondo, che come ha fatto a non notarla prima?
Michael le osserva il profilo delineato, sotto gli occhi attenti di Genesis, a cui non ci vuole molto a capire.
Natasha è splendida, agli occhi di Michael. Ha i capelli castani che ricadono lungo la schiena, la pelle che vaga sul color pesca, due perenni rossi sulle guance, qualche lentiggine sul naso, le labbra morbide e due pozze d’acqua al posto degli occhi.
E, ogni volta che la vede, a detta di Calum, gli iniziano a brillare gli occhi. Non che ci sia da meravigliarsi, lei è così bella che è sempre un’emozione vederla.
«E lei chi è?» chiede Genesis, sorridendo beffarda, dandogli una gomitata sul braccio.
Michael arrossisce.
«Hm, la migliore amica di Hemmings,» sussurra, che sono a poco da loro e non gli va mica di farsi notare.
«E ti piace, suppongo,» aggiunge Genesis, ridacchiando. Michael la guarda con occhi fintamente sconvolti, scuotendo la testa con velocità.
«No, ma che dici? – borbotta, poi, passandosi una mano tra i capelli – sì, insomma, non è il mio tipo, sta troppo a contatto con quel tipo,» aggiunge, facendo una smorfia, ‘ché Genesis riconosce, perché la fa ogni volta che mente.
«Sì, proprio – dice, facendo scoccare la lingua sul palato – e io sono bionda,» commenta, rigirandosi leggermente per dare un’altra occhiata alla ragazza.
«Beh, è bella.»
«Ma non mi pia…»
«Attento che mi accechi.»
«Cosa?»
«Il naso, ti sta crescendo, quasi quasi me lo inficchi in un occhio,» scherza.
E Michael sbuffa, che lui le bugie proprio non le sa dire.
 
Diamine, l’arrosto è una cazzata” e “sono un’ottima cuoca, io” ha detto Lilian, giusto due ore e un quarto prima.
Venere la vorrebbe uccidere, mentre apre la finestra della cucina per far uscire il fumo nero, ‘ché l’arrosto è abbrustolito e non è rimasto niente di buono.
Nieves sta ridendo a crepapelle, mentre deride la sorella maggiore, perché non è affatto brava a cucinare, ma la convinzione è una brutta bestia.
Lilian sta brontolando qualcosa come “andava tutto bene, mi sono solo distratta” ma tanto lo sa, Venere, che, semplicemente, non avrà mai un futuro da cuoca.
Sorride leggermente, mentre sventola con la mano l’aria in direzione della finestra, sperando che il fumo se ne vada più in fretta.
Naomi corre giù per le scale e quasi inciampa, poi entra in cucina e osserva quasi tutte le sorelle in preda a borbottii o risatine.
«Che cazzo è successo?» chiede, corrugando la fronte e mettendosi le mani sui fianchi.
«Lilian ha pensato bene di cucinare – inizia Nieves, asciugandosi le lacrime fuoriuscite dalle risate e dal troppo fumo – e questo è il risultato,» aggiunge, indicando la stanza divenuta ormai grigia.
Per fortuna che Tatjana e Igor non ci sono, che sennò sono cazzi.
Sentono i passi delicati di Kendra e Nieves si butta fuori, evitando alla piccolina di entrare dentro la cucina, ‘ché a otto anni, tutto quel fumo, non fa mica bene.
«Sei proprio messa male, eh?» ridacchia Naomi, andando a ispezionare il cadavere di un arrosto ormai nero.
Lilian sbuffa e incrocia le braccia al petto, rivolgendo un’occhiata arcigna alle due sorelle, in preda a una ridarella isterica.
«Smettetela, non siete affatto carine,» brontola, imbronciata.
Alla porta bussano con furore e la secondogenita esce dalla cucina, avvicinandosi alla porta, aprendola, senza nemmeno guardare dallo spioncino.
Ashton Irwin, con un’espressione preoccupata in viso, le sta di fronte. È accompagnato da una donna, conosciuta come Anne Marie, la madre del riccio, che la guarda ansiosa.
«Oh, tesoro, abbiamo visto il fumo, è tutto ok?» chiede gentilmente la donna.
Venere sorride e annuisce, passandosi una mano tra i capelli.
«Sì, signora, è tutto ok – dice, gentilmente,  dando un’occhiata veloce dietro di sé – è solo che mia sorella Lilian ha pensato bene di cucinare – aggiunge, mentre sente i passi di Lilian accorrere alla porta – e beh, non è mai stato il suo forte!»
«Smettila, tu! – borbotta la primogenita, scansandola di lato – è stata solo una dimenticanza, so cucinare, io!» aggiunge, prima di rivolgere un sorriso alla donna di fronte a loro, divertita.
«Oh sì, hai detto la stessa cosa anche l’ultima volta – dice Naomi, arrivando dalla cucina – anche la bistecca è stata scordata in padella?» incrocia le braccia e osserva la sorella maggiore sbuffare, con un sorrisetto bastardo in viso, ‘ché Naomi si diverte così tanto a prendere in giro le sorelle.
Anne non può fare a meno di sorridere, alla scena, e Ashton si deve coprire le labbra con una mano per evitare di sbottare a ridere con forza.
«Beh, ragazze, se volete Ashton può darvi una mano – dice gentilmente Anne, posando una mano sulla spalla del ragazzo e tirandolo avanti – è un ottimo cuoco!» aggiunge, mentre il ragazzo sgrana gli occhi e guarda la madre sorpreso e imbarazzato.
«Oh no, non credo ci sia bisogno,» inizia Venere, ‘ché di ospitarlo pure in casa non ne ha granché voglia.
Ma l’occhiata tra Lilian e Naomi dice tutto.
Insomma, Ashton è un figo e Venere è solo troppo orgogliosa.
«Ma assolutamente sì!» grida la maggiore, acchiappandolo per un braccio.
«Abbiamo davvero bisogno di te, Ashton,» aggiunge la minore, sorridendo beffarda a Venere, che le guarda a occhi sgranati.
Ma che si aspettava?
Le sorelle sono delle infami.
 
A Naomi scappa da ridere, forse perché Venere sta con gli occhi puntati sulla schiena di Ashton da più di venti minuti, anche se lui sembra non farci caso, continuando a cucinare e a sparare qualche battuta ogni tanto, durante la conversazione con Lilian.
«Quanto manca? Io ho fame,» e dalla porta della cucina entra a piccoli passi la figura di Nieves, che si porta le mani a legare i capelli in una coda alta.
«Manca poco, cinque minuti, se volete potete mettere la tavola,» dice Ashton, girandosi leggermente verso la piccola nella stanza e sorridendo gentilmente, al che Nieves si ritrova ad arrossire brutalmente, ‘ché lei non ci aveva nemmeno fatto caso, al ragazzo.
«Oh, d’accordo,» borbotta, sotto gli occhi divertiti di Naomi, a cui non scappa niente.
In pochi secondi, grazie a Naomi e Nieves, la tavola si prepara e, senza farlo apposta, c’è persino un posto in più.
Igor è a una cena di lavoro e, ovviamente, Tatjana è andata con lui.
Venere vorrebbe, ma proprio non ci riesce a togliere gli occhi da una schiena così delineata.
Un po’ è arrabbiata, ‘ché avere Ashton in casa non le fa piacere. Proprio perché è strano e l’ha guardata a lezione come se la reputasse uno scherzo della natura.
Poi, vabbè che le battute che fa fanno davvero ridere e lei si sforza in maniera disumana per non far spuntare nemmeno un sorriso, ma lei non ce lo vuole.
E vabbè che la stanza è ripiena di un profumino delizioso, ma lei continua a non volercelo.
Naomi la guarda beffarda, come se pensasse davvero che le piaccia, a Venere, quel tipo.
No che non gli piace.
Nemmeno fisicamente.
Bugiarda!, le dice qualcosa nella sua testa.
Insomma, a essere bello è bello, tanto che se ne è accorta persino Nieves, che se non è Justin Bieber lei nemmeno lo calcola.
Però, dai, lei non vuole trovarlo bello.
È strano, quando sorride sembra un criceto ed è troppo trasandato, con i pantaloni che gli stanno tre volte e una canotta a scoprirgli le braccia pelose e, sì, decisamente mascoline. Poi i capelli ricadono sulla fronte e non hanno un verso preciso e la barba è mal fatta, o forse non fatta proprio.
E poi, diamine, è rumoroso. Da come ride – e la risata è talmente contagiosa che a Venere tocca mordersi la lingua per non seguirlo – a come suona, a come parla e persino quando cammina, che sbatte i piedi con prepotenza.
A lei piace il silenzio, la tranquillità e l’eleganza, cose che mancano ad Ashton, quindi.
«Oh, eccoci, è pronto!» dice il ragazzo in questione, afferrando la pentola e portandola a tavola.
Pasta al ragù.
«Bene, penso che mi tocca andare, adesso,» aggiunge, poi, portando le mani lunghi i fianchi e sorridendo gentilmente a Lilian.
«Ma no, come? Hai cucinato tu e te ne vai? – fa Naomi, allontanando una sedia dal tavolo, guarda caso accanto a Venere, e indicandogliela – mangia con noi, sarebbe davvero maleducato mandarti via,» dice, rivolgendo un’occhiata a Lilian, che annuisce e lo spinge delicatamente sulla sedia, ghignando da dietro la sua schiena.
«Ma sì, figurati, siediti caro!» dice lei, facendolo sedere quasi con forza.
«Ma non mi sembra il caso, sì, insomma…»
«Mangia e basta!» dice Lilian, prima che una furia dai capelli scuri entri in cucina e sorrida alla vista della sorella maggiore.
Poi si siedono tutti a tavola, ed è lì che Kendra lo nota.
«Oh, ma tu sei quello che piace a Venere?» di lì succedono un po’ di cose.
Come Naomi che si strozza con l’acqua e mischia le risate con il tossire.
Come Lilian che si porta una mano alla bocca e rischia di morire dal ridere da un momento all’altro.
Come Nieves che non aiuta la situazione, aggiungendo un “ma allora sei tu Ashton?”.
Come Venere che sgrana gli occhi e si irrigidisce fino all’ultimo, prima di divenire rossa dalla rabbia.
O come Ashton che guarda la bionda al suo fianco con occhi confusi e un sorrisetto divertito sul viso.
«Ma cosa dici Kendra? – borbotta, agitandosi – non è affatto vero!»
«Ma se l’ha detto Naomi l’altra volta!» dice la piccola, stranita.
«Sì, esatto, Naomi, non io – aggiunge, versandosi dell’acqua nel bicchiere – e sai che a Naomi piace dire bugie.»
E lì Ashton ride, ‘ché proprio non la capisce.
 
***
Ehilà,
come va?
Allora, eccoci con un nuovo capitolo, a cui ho dato spazio a Natasha.
Insomma, Luke sa a memoria i suoi gusti - ed è una cosa adorabile secondo me. Che poi si imbarazza, con lei, di parlare del suo essere così, come dire, puttaniere.
Forse perché capisce che, agli occhi di lei, non fa bella figura come invece succede con i suoi amici.
Poi c'è un momento tra Genesis e Michael, dove la ragazza ciocca la sua cotterella.
E Lilian fa schifo a cucinare. Poverina, presa in giro dalle sorelle.
Io, Ashton che sa cucinare, ce lo vedo proprio.
E i bambini sono così ingenui, a volte, eh? Come con Kendra, che forse ha detto qualcosa di troppo.
Vabbuon, non so che dire, spero che domani passerete un buon capodanno.
Fatemi sapere cosa ne pensate,
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 5
*** Bisticci ***



 
Imprevisti.

BISTICCI.
 
A mio fratello, anche se gli ho dedicato lo scorso capitolo, con cui bisticcio sempre,
A mia sorella, con cui non bisticcio mai,
A F, ‘ché i bisticci, con lei, non so nemmeno cosa siano.
 
Il secondo giorno gli sembra quasi più palloso del primo.
Lui non ci voleva tornare, a scuola.
Sbadiglia per l’ennesima volta, ‘ché svegliarsi presto è un trauma, per lui. Poi, appena nota che dieci minuti buoni li ha, tira fuori il pacchetto di Marlboro e ne prende una, accendendosela.
Gli sembra un’eternità che non fuma, il giorno prima ne avrà fumate due scarse e il pomeriggio nemmeno è uscito, ‘ché di accompagnare Michael dal parrucchiere non ne aveva granché voglia.
Aspira con forza e si guarda attorno, osservando attentamente i presenti nel cortile, ‘ché se l’allenatore lo becca a fumare, è morto.
Per fortuna, di lui, non c’è traccia. Sarà dentro da minuti, ormai.
Michael non è arrivato e Genesis è andata in segreteria per ritirare la divisa per ginnastica.
Di Ashton non si vede nemmeno l’ombra.
Si sente quasi un coglione, a starsene seduto da solo, ma non è arrivato nemmeno qualcuno come Jack Salligan o Vincent Jones, gli unici, in quella squadra del cacchio, che riesce a sopportare e con cui si scambia qualche chiacchiera, talvolta.
Si è scordato le cuffiette e non fa che struggersi per questo, ‘ché mai errore più grande ha fatto. E mo’, a letteratura, che cazzo fa?
Sbadiglia di nuovo, poi si passa stancamente una mano sul viso e infine prende un altro tiro dalla sigaretta.
«Tu non fai soccer?» una voce accanto a lui lo fa sussultare. Si gira di scatto, ritrovando la figura minuta di Naomi a qualche passo.
Aggrotta la fronte e piega leggermente la testa verso destra.
«Uhm, sì, perché?» chiede, poi, portandosi nuovamente la sigaretta alle labbra.
«Non credo che fumare ti faccia bene, in questo caso,» l’ammonisce lei, avvicinandosi di qualche passo e osservando con occhi attenti come la sigaretta venga stretta tra le labbra carnose del ragazzo, che si alzano in un sorrisino divertito.
«Anzi, penso che non ti faccia bene e basta,» aggiunge, alzando gli occhi cerulei su quelli corvini del ragazzo, che la stanno ispezionando da cima a fondo.
«Se volessi farmi del bene, non farei tante cose,» commenta Calum, con una punta amara nella voce.
«Ad esempio?» chiede la ragazza, osservando gli occhi del ragazzo socchiudersi leggermente e i denti stringere con forza il labbro inferiore.
Ad esempio aiutarti, pensa.
Non è sicuro, però, di volerle rispondere, si avvicina a passo strascicato fino ad esserle a qualche centimetro di distanza.
Prende l’ultimo tiro dalla sigaretta, prima di buttarla a terra. Poi si avvicina ancora di più fino a esserle così vicino da poter sentire distintamente il profumo di arancia sui capelli rigorosamente legati in una treccia.
«Quando inizieremo il nostro giochetto, amoruccio?» mormora, cambiando discorso, e ad ogni parola fuoriesce un po’ di fumo bianco, arrivando dritto sul viso di Naomi, ‘ché non storce il naso, non tossisce, non si scosta nemmeno.
A lei, l’odore del fumo, piace.
Naomi passa gli occhi ad osservare la mascella spigolosa e possente, passa poi al collo lungo e ritto. Ha dei bei lineamenti, Calum, a detta di Naomi.
Porta di nuovo lo sguardo in quello scuro del ragazzo e alza le spalle, sorridendo.
«Il prima possibile, zuccherino,» risponde, girandosi di poco a osservare il resto del cortile.
Sa che Luke è da qualche parte, lì, perché lo ha visto arrivare prima che qualcosa gli dicesse di avvicinarsi a Calum. E lo vede, insieme al resto della squadra di soccer, con le mani incrociate sul grembo e lo sguardo su di loro, sprezzante.
E Calum se ne accorge, perché non può fare a meno di avvicinarsi e circondarle un fianco con il braccio scuro, avvicinandola ulteriormente.
Naomi arrossisce leggermente, ‘ché comunque un po’ di imbarazzo c’è, almeno da parte sua, ma si sbriga ad entrare nella parte e a seguire il ragazzo, circondando il busto magro di lui, alzando il viso verso l’alto e incrociando lo sguardo con quello del moro, sorridendogli subito dopo.
Stanno così qualche secondo, o forse qualche minuto, senza parlare, ‘ché non sanno che dirsi, con Calum che ghigna beffardo e le osserva ogni tratto del viso.
Poi, «è entrato,» dice e, lentamente, passandole ogni dito sulla schiena, le stacca il braccio da dietro.
 
Non ha potuto far altro che ridere, quando Kendra ha detto quella frase apparentemente così innocente.
Non si aspettava, in realtà, ‘ché fosse stato già argomento dei vicini, e soprattutto che Naomi abbia pensato che a Venere piacesse. Insomma, piuttosto sembra che lo odi.
Ridacchia di nuovo, al pensiero che una bellezza eclatante come Venere abbia fantasticato su di lui quando era venuto a riprendere Harry – perché sì, Naomi gliel’ha detto poco prima che lasciasse casa loro, mentre lo accompagnava alla porta.
Si sistema meglio la tracolla sulla spalla e controlla il cellulare, sospirando, perché è ancora presto e lui, effettivamente, è in anticipo. Quando entra nel cortile può intravedere Calum intrattenere una conversazione con Naomi stessa, preferisce non disturbarli, perché mica lo sa, cosa sono quei due.
La squadra di soccer è, come ha notato il giorno prima, a un angolo e urla e schiamazza già di prima mattina.
Qualche ragazza gli sfila davanti, qualcuna gli fa pure un occhiolino, ma lui è più interessato a Venere, che scaccia la mano di Ethan con uno sbuffo e gli borbotta qualcosa che, a distanza, Ashton non può comprendere.
La osserva portandosi in dietro i capelli biondi con un movimento del collo, sorridere falsamente all’ennesima cheerleader che si è unita al gruppo e girare gli occhi verso la sorella, guardandola con un pizzico di ansia.
L’ha notato giusto la sera prima che, le Miller, sono unite come non mai, persino Naomi e Venere, che sembrano volersi mangiare vive il più delle volte.
E ha notato anche che, Venere, sotto lo sguardo arcigno, la serietà  estrema e l’orgoglio esagerato ha un cuore enorme e un amore sconfinato per la famiglia.
L’ha vista persino sorridere, la sera prima!
Ed è questo, forse, che lo spinge a sorriderle allegramente appena gli occhi azzurri di lei incrociano i suoi.
E lo vede, che non sa bene cosa fare, la ragazza, se ricambiare o meno. Ci spera, che venga fatto un minimo atto di umanità da Venere. E giusto quando sembra tentennare un sorriso, Ethan le gira il viso verso il suo e la bacia appassionatamente, non notando nemmeno il naso arricciato della bionda.
Ashton ride e gira lo sguardo, perché quel tizio gli fa un po’ di ribrezzo, poi, al suono della campanella, si avvia in classe di corsa.
Fisica, di nuovo. Vorrebbe spararsi.
Si siede al tavolo che anche il giorno prima ha occupato, poggiando un gomito sul banco e il mento sul palmo aperto, osservando attentamente la miriade di ragazzi che entra dalla porta.
E entra Venere, che tiene per mano – non proprio felicemente – il proprio ragazzo. Si siedono al banco dall’altro lato della classe, poco prima che la professoressa entri, decisamente trafelata.
Inizia a spiegare dopo un po’, mentre Ashton lascia andare lo sguardo per la classe.
A lui, fisica, fa schifo.
Dovrebbe suonare un po’, nel pomeriggio, che il giorno prima non l’ha fatto. E forse è da un po’ che nemmeno canta, dovrebbe ri iniziare.
Non canta da quando è a Sydney, per l’esattezza, e uno come lui più di tanto non può resistere.
Il cellulare gli vibra e Ashton, senza farsi vedere, lo tira fuori dalla tasca e apre il messaggio.
Se tipo ci provo, un giorno di questi?” e ridacchia, a bassa voce, ‘ché Michael è così timido.
Solo quando si tratta di Natasha, da quel che ha capito.
Non capisco perché tu ancora non l’abbia fatto, Casper!” risponde, riponendo subito dopo il cellulare nella tasca, ‘ché la professoressa si è girata per spiegare qualcosa faccia a faccia con gli alunni.
E appena si gira, un altro messaggio arriva.
Ho semplicemente paura.
 
È l’ora di pranzo e Naomi si siede al solito tavolo, assieme a Natasha.
«Com’è l’amore?» si gira di scatto verso l’amica e la osserva con gli occhi affinati e confusi.
«Perché questa domanda?» chiede, incuriosita, ‘ché Natasha mai le ha fatto una domanda simile.
Natasha alza nuovamente le spalle, gira gli occhi verso l’entrata della mensa, senza osservare nessuno in particolare, poi torna con gli occhi sul piatto e fa una smorfia strana.
«Uhm, non lo so, credo per curiosità – mormora – o forse mi sono rotta le palle del solito amore fraterno, voglio sentire anch’io la passione, o il cuore battere all’impazzata per qualcuno,» aggiunge, poco dopo, con più sicurezza, alzando gli occhi sul viso di Naomi, che la guarda sorridendo leggermente.
Ma non fa in tempo a rispondere che delle sedie vengono sollevate e avvicinate al loro tavolo.
«Ehilà, non vi dispiace se ci accomodiamo qui, vero?» la voce squillante di Ashton fa sobbalzare le due, che alzano il viso su quello allegro del ragazzo.
Calum, pesantemente, si siede accanto a Naomi, sorridendole beffardo.
«Dobbiamo iniziare a mangiare insieme se vuoi che funzioni,» le sussurra, avvicinandosi di poco.
Natasha guarda confusa gli sconosciuti che si stanno sedendo al suo tavolo con nonchalance, poi si gira a guardare Naomi con occhi confusi.
«Oh, uhm, credo che vada bene,» risponde la castana, osservando come l’amica si scambi sguardi complici con il famoso Calum Hood.
«Comunque io sono Ashton,» le sorride il riccio, allungando una mano nella sua direzione. Natasha sorride a sua volta, afferrando la mano e stringendola leggermente.
«Natasha.»
«Io sono Calum,» dice poi il moro affianco di Naomi, allungando una mano e sorridendo leggermente, con un pizzico di freddezza, ‘ché comunque sempre della migliore amica di Luke Hemmings si tratta.
Si gira, poi, verso l’ultimo componente del tavolo.
Michael Clifford, o almeno così si ricorda.
«Uhm, io sono… Casper – balbetta, allungando una mano in sua direzione e sorridendo lievemente – o Michael, decidi tu,» aggiunge e Natasha lo trova adorabile, tanto che si ritrova a sorridere a dismisura di fronte a tanta timidezza.
Poi, «scusate del ritardo,» e una figura femminile si lascia cadere sulla sedia con poca delicatezza, accanto a Michael, che le sorride gentile.
Natasha scruta la ragazza con curiosità, nota una leggera somiglianza con il moro e guarda come sorride dolcemente all’amico accanto.
Si gira verso di loro e le guarda confuse, prima di sorride e allungare una mano nella loro direzione.
«Scusate tanto, io sono Genesis» dice.
«Naomi Miller,» e sembra soffermarsi qualche secondo di troppo nell’osservarla, prima di girarsi verso la castana, che le dice giusto un “Natasha” leggero.
E poi Ashton sembra cercar di far trovare a proprio agio le ragazze, sparando battute che fanno ridere tutto il gruppo.
Natasha ride, che alla fine li trova simpatici. Ascolta con piacere le battutine cretine di Ashton, le poche parole che dice Michael e l’accento ispanico di Genesis, che è adorabile.
Naomi e Calum si limitano a stare vicini, mentre il moro si aggiunge con facilità ai discorsi dei ragazzi e la bionda ascolta sorridendo.
«E come mai ti fai chiamare Casper?» chiede, poi, Naomi.
Michael alza le spalle e lascia che a rispondere sia Genesis.
«Semplicemente perché assomiglia a un fantasma,» dice lei, alzando le spalle e sorridendo.
E Natasha nota che è vero, perché ha la pelle chiarissima, gli occhi di un pallido grigio-verde e i capelli tinti di bianco. Se poi si aggiunge pure il piercing al sopracciglio con, ovviamente, le palline bianche, finisce il quadro.
Eppure non può fare a meno di trovarlo carino, sebbene sia un po’ inquietante.
Forse perché quando sorride le guance si imporporano un pochino e danno un po’ di colore al  viso.
E beh, Michael sorride spesso.
Poi, «Natasha!» e tutti sussultano con forza, ‘ché non si erano accorti della figura possente di Luke Hemmings a pochi passi da loro.
 
Gira gli occhi su ognuno dei presenti con astio, prima di posarli su Natasha e affinarli di più, facendole capire il proprio fastidio.
«Posso parlarti un attimo?» aggiunge, allungando una mano verso di lei.
La castana annuisce leggermente, un po’ timorosa, poi lo segue in silenzio.
Sono lontani di qualche metro quando il biondo, innervosito, si gira di scatto verso la castana, incrociando i loro occhi.
«Beh? – mormora, portandosi le mani ai fianchi – che cazzo significa quello?» aggiunge, dando maggiore enfasi all’ultima parola e indicando, senza timore, il tavolo dove, seduta, c’è la persona che meno sopporta.
Sa di essere osservato, ma poco gli importa.
«Uhm, non lo so, insomma, si sono seduti e… non vedo quale sia il problema, Luke,» un po’ è nervosa pure lei, ‘ché non le sono mai piaciute le scenate del suo migliore amico.
«Dov’è il problema? – chiede, sarcastico, alzando poi gli occhi al cielo e aprendo le braccia – ah, non lo so, forse che stai seduta allo stesso tavolo di quella merda di Calum Hood? E in più c’è persino Michael Clifford, un coglione di prima classe?» borbotta, senza alzare troppo la voce.
Natasha sbuffa e incrocia le braccia, affinando lo sguardo.
«Luke, solo perché tu li odi non significa che lo debba fare anch’io – dice, affilata – e sono pure ragazzi per bene, quindi vedi di finirla con questa stupida scenata!» aggiunge, girandosi e cercando di avviarsi verso il proprio tavolo, senza che il biondo glielo permetta.
Le afferra il polso e la gira nuovamente verso di sé.
«Quelli, per bene? – il tono derisorio – ma per favore, si saranno seduti lì per farmi un dispetto!» e Natasha si indispettisce, ritirando il polso con furia.
«Non gira tutto attorno a te, sai, Luke? – ringhia, arrabbiata – smettila di pensare che tu sia al centro del mondo – aggiunge, portandosi le mani sui fianchi – e in più, non sono tutti come te, non credo che siano seduti lì solo per farti un dispetto, questo è il tuo genere, non il loro!» non grida, ma le parole le dice tanto taglienti da far rabbrividire il biondo.
Poi Natasha si gira e si incammina velocemente verso il proprio tavolo, lasciando il ragazzo da solo, che si porta la mano tra i capelli e abbassa lo sguardo.
Natasha si siede con poca delicatezza, sbattendo le mani vicino al vassoio e grugnendo infastidita.
Luke e l’odio per ogni tipo di persona si avvicini troppo a lei.
Luke e l’odio per Calum Hood. 
Che palle!, si ritrova a pensare, mentre i ragazzi stanno in silenzio, osservandola.
«Tutto bene?» chiede, poi, Naomi, al che Natasha annuisce e basta.
Anche se lo sa che, quella di prima, si può definire una litigata, ‘ché il biondo c’è rimasto male e si nota da come sbatte un pugno sul proprio tavolo, incurvandosi e ringhiando qualcosa di incomprensibile, ma decisamente aggressivo, ai compagni, che abbassano lo sguardo.
Luke è fastidioso, protettivo e ragiona in modo insensato.
Probabilmente l’ha pure offeso, con le ultime frasi, però quando è troppo è troppo… anche se un po’ si pente, ‘ché di litigare con lui proprio non le va.
Ma ormai quel che è fatto è fatto.
E poi Ashton ricomincia con varie battutine e, dopo un po’, trova pure il modo di ridacchiare, anche se il pensiero che Luke è arrabbiato le gira per la testa senza lasciarla stare un attimo.
Naomi, intanto, l’ha capito il nervosismo di Natasha, probabilmente dovuto alla sottospecie di litigio con Luke, ma non ci fa tanto caso, ‘ché tanto Ashton e Michael si stanno impegnando per farla distrarre.
Si sente stringere e si gira ad osservare il profilo di Calum, il naso retto, la bocca carnosa e sporgente, i capelli che ricadono sulla fronte. Ogni tanto si apre in un sorriso, dovuto a qualche frase divertente.
La mano di lui, poggiata delicatamente sulla sua spalla, fa pressione per spingersela più vicino.
Le si avvicina all’orecchio e Naomi arrossisce, ‘ché lui sembra così naturale, come se fossero così intimi da sempre.
«Sta guardando a questo tavolo – le soffia all’orecchio, delicatamente – ora non so se per Natasha o per te, ma tu ridi,» e Naomi ci mette qualche secondo per capire che, quello che deve fare, non è altro che fingere una risata.
E forse le viene pure naturale, perché Ashton sbotta a ridere con il tempismo perfetto e, beh, non c’è niente di più divertente della risata del riccio.
Luke Hemmings gli ridà le spalle, ‘ché proprio non li sopporta.
 
***
Ehilà,
come va?
Ecco a voi con un nuovo capitolo.
C’è il nostro adorato Calum all’inizio e un momento con Naomi, ‘ché devono iniziare il loro giochetto, no?
Poi Ashton, che ancora ride al ricordo della sera prima, e Venere, sempre tanto gelida.
Si siedono tutti insieme allo stesso tavolo, per idea di Ashton.
E poi c’è la litigata tra Luke e Natasha, ‘ché il ragazzo è così protettivo, a volte persino fastidioso. Mi chiedo cosa succederà tra i due!?!
Vabbuon, vado molto di fretta, quindi vi saluto,
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 6
*** Osservare ***



 
Imprevisti.

OSSERVARE.
 
A S, che mi osserva sempre e non si lascia sfuggire nulla,
Alla mia paranoica preferita, che lo è perché, probabilmente, osserva troppo,
A me, che non la faccio mai passare liscia, ‘ché i miei occhi vedono tutto.
 
Venere sbadiglia, prima di aprire la porta dell’auto e uscire.
Naomi è già scappata, senza lasciarle il tempo di dirle qualcosa, o di chiederle del tipetto moro che il giorno prima, all’entrata, stava abbracciando.
Insomma, a casa si è chiusa in camera e chi l’ha vista più. Venere non ci ha nemmeno pensato ad entrare, ‘ché ha quasi paura di trovarci la peggio sporcizia.
Si sa che Naomi non è il massimo dell’ordinato.
Guarda in giro per il cortile, individuando quasi tutti i soliti gruppi presenti. E, per grazia di Dio, non vede Ethan. Di sbaciucchiarlo, proprio non ne ha voglia.
Con gli occhi sempre prontamente vigili segue la figura di Naomi muoversi sinuosa tra la massa di gente, fulmina chi la guarda un po’ troppo e la vede dirigersi a passo svelto verso Natasha, che, al contrario degli altri giorni, ha lo sguardo basso.
Sposta gli occhi poco più il là e, a qualche metro di distanza dalle due, può notare lo strambo tipo moro che aveva visto spiaccicato a Naomi il giorno prima.
Ha la pelle ambrata, i tratti orientali, due occhi neri e a mandorla, socchiusi leggermente, circondati da un leggero solco d’occhiaie. I capelli corvini sono scombinati e ricadono sulla fronte disordinatamente. Una sigaretta tra le labbra carnose e le braccia mollemente abbandonate sul grembo.
Non può certo dire che Naomi non ha buon gusto, ma a passare da Luke Hemmings a quel tipo ci vuole.
Insomma, non hanno niente in comune.
Ogni tanto l’ha visto spararsi qualche battuta sprezzante con il biondo, dando spettacolo dell’odio che cova per quest’ultimo.
E in quel momento, senza nemmeno un minimo di discrezione, osserva Naomi con occhi tanto languidi da far salire i nervi a Venere, ‘ché comunque sua sorella rimane intoccabile.
Storce il naso e grugnisce un po’, ‘ché non le va proprio giù lo sguardo di quel tipo, poi sente un braccio circondarle le spalle e si gira di scatto verso la figura al suo fianco.
«Oh, non guardarlo così, è un ragazzo per bene alla fine,» borbotta la voce squillante, seppure siano solo le otto e un quarto di mattina, di Ashton.
Si chiede se la perseguita, il tipo.
Venere si trova a storcere il naso una seconda volta, quando il profumo forte del ragazzo le arriva alle narici. Non che non sia buono, ma forse è un po’ troppo prepotente.
In più, tanta vicinanza, a mala pena la concede a Ethan.
Si scrolla con una mossa il braccio di lui dalle spalle e incrocia le braccia.
«Sarà, ma vedesse di tenere le mani al loro posto, ‘ché sennò gliele trancio – borbotta, lanciando un’altra occhiata al moro, forse per evitare di guardare negli occhi il riccio accanto a lei – o probabilmente lo farà Lilian, ‘ché è quella più feroce, in famiglia,» aggiunge, sorridendo lievemente.
Lilian la potrebbe considerare la protettiva della famiglia, peggio del padre.
«Non la toccherà con un dito, te l’assicuro – dice lui, sorridendo alla vista di tanto amore – è un ragazzo per bene – aggiunge, sistemandosi meglio la bandana tra i capelli – piuttosto dovresti tenere d’occhio Hemmings.»
«E perché?» chiede, scontrando gli occhi azzurri con quelli cangianti di Ashton, che, stranamente, tendono più al caramello, questa mattina.
«Tu fallo e basta,» dice, scrollando le spalle e socchiudendo gli occhi.
Venere affina le labbra in una linea retta, lancia un’altra occhiata al moro seduto sul muretto di pietra e con le spalle ricurve in avanti.
Lo guarda grattarsi con distrazione il collo e aspirare dalla sigaretta, poi, con uno scatto, Venere porta gli occhi sulla figura più lontana di Luke, immerso tra i giocatori di soccer.
Non ride, non scherza, ha lo sguardo basso e i pugni un po’ chiusi, le nocche che, si può notare anche a distanza, sono intrise di sangue secco e rovinate. Aggrotta la fronte e si chiede cosa l’abbia portato a distruggersi il dorso della mano, ‘ché non le ci vuole molto per capire che si sia procurato il tutto da solo.
«Le ha fatto qualcosa?» chiede, poi, tornando a guardare gli occhi caramello di Ashton. Lui alza le spalle, unisce le labbra e le pressa l’una verso l’altra, infine scuote la testa.
Poi, «Venere,» e Ethan, purtroppo, è arrivato.
 
Luke non ha risposto ai suoi messaggi.
Luke le ha chiuso tutte le chiamate in faccia.
Luke non l’ha degnata di un saluto e nemmeno di uno sguardo, appena arrivata.
Luke la sta decisamente ignorando.
Natasha porta gli occhi sulle proprie scarpe e sente il cuore battere più forte e farle quasi male per la troppa potenza con cui pompa dentro la gabbia toracica, quasi a volerla rompere.
Insomma, si è pentita amaramente di aver detto quelle parole al ragazzo con tanta furia, ‘ché l’ha ferito e se n’è accorta. Non è facile averlo sempre che gironzola intorno e vieta di parlare con quello e quell’altro, ma forse ha esagerato, ‘ché lei lo sa che Luke è terribilmente sensibile.
Che poi non ha detto nemmeno granché, ma il ragazzo è anche estremamente suscettibili e orgoglioso.
La campanella suona e Natasha si alza di scatto, ‘ché è l’intervallo e lei ha tempo per cercare il proprio migliore amico e, magari, scusarsi.
Esce dall’aula a passo svelto, guardandosi attorno e avviandosi verso il cortile, che sicuramente lo trova lì.
Naomi è già fuori, circondata da Calum Hood e i suoi amici, con cui sembra trovarsi più che bene, per cui le va incontro frettolosamente e dedica un leggero sorriso agli altri.
«Hai visto Luke?» chiede, poi, rivolgendosi alla bionda, che si irrigidisce leggermente e scuote la testa.
«È lì,» a risponderle è Genesis, che le sorride gentilmente e indica un punto del cortile con il dito affusolato.
Natasha la ringrazia velocemente, prima di girarsi e individuare velocemente il ragazzo, avviandosi a grandi passi verso di lui.
Non può fare a meno di notare come, appena il ragazzo la vede, si alzi di scatto e si avvii verso l’entrata della scuola, sotto le domande stranite dei compagni di squadra.
Ma Natasha non si scoraggia.
«Luke – grida, cercando di raggiunge il biondo che, però, finge di non sentirla – Luke, dannazione, fermati!» urla nuovamente, avvicinandosi man mano sempre di più, fino ad acchiapparlo per un polso e a girarlo con tutta la forza che ha in corpo, ritrovandosi a fronteggiare uno sguardo duro e una mascella contratta.
«Che vuoi?» ringhia lui, staccando di colpo la presa di lei con uno strattone. Natasha si blocca per qualche secondo, osservando gli occhi azzurri dell’amico che, però, trasmettono tanto risentimento.
«Io…io… insomma, mi stai evitando come la peste!» dice lei, poi, alzando le braccia al cielo e osservandolo con occhi affinati.
«Sì – mormora lui, incrociando le braccia – non vedo quale sia il problema,» aggiunge, poi, girando lo sguardo.
«Come qual è il problema? – rimane ad osservarlo con le labbra schiuse, prima di sbuffare – il problema è che sei il mio cazzo di migliore amico e, ok, ti ho detto cose brutte, ma così tanto da farti arrivare a ignorarmi?» lo chiede con tono amareggiato, osservandolo stringere i denti e sbattere le palpebre più volte.
Annuisce una volta sola, facendole capire che sì, l’ha ferito.
«Ma… insomma Luke, io non…»
«Natasha, lascia perdere – dice lui, alzando una mano per bloccare sul nascere la frase – torna dai tuoi amici,» dice, girandosi e iniziando a camminare verso i bagni.
«Luke, cazzo tu sei mio amico,» dice, seguendolo.
Luke si blocca e si gira, guardandola.
«Che senso ha sprecare tempo con me, Nat? Io, che sono molto peggio di tutti loro, che ho tutt’altro genere – dice, sorridendo falsamente e abbassando lo sguardo – non gira tutto attorno a me, no? Io non sono al centro del mondo, non sono al centro del tuo mondo,» e sembra aver finito di parlare, perché incrocia le braccia e non ha il coraggio di alzare gli occhi.
«E questo che significa?» Natasha è confusa, ha quasi paura di sapere la risposta.
Insomma, per un po’ di parole acide sta succedendo il finimondo.
«Vai dai tuoi amici, Natasha,» dice, alza gli occhi e la guarda.
Natasha lo vede quello sguardo, è lo sguardo di chi sta perdendo qualcosa.
Sente il cuore che trema e si slancia verso di lui, eppure il biondo si sposta.
«Vai dai tuoi amici, Natasha, loro sono meglio di me,» si gira e la molla lì, da sola.
Sola.
 
Naomi sente il braccio di Calum stringerle la vita con delicatezza, sebbene la figura di Luke non sia presente nei dintorni.
Sente distrattamente le chiacchiere degli amici, continuando a guardare l’entrata della scuola, ‘ché la visto come il biondo sia scappato da Natasha.
Poi, «Hemmings ha tutte le nocche spaccate, ve ne siete accorti?» dice Michael, girandosi verso di loro e osservando Calum annuire.
Naomi aggrotta la fronte e si gira di scatto.
«Cosa?» chiede, ‘ché non è sicura di aver sentito bene.
«Hemmings ha tutte le nocche spaccate, è impossibile non notarlo, c’è il sangue secco sopra,» dice Michael, osservandola con gli occhi chiari e attenti.
«Oh io… io non l’ho notato,» borbotta, sentendosi quasi in colpa, perché insomma, si tratta di Luke, il suo Luke, e lei non si accorge di cose del genere?
«Cosa sarà successo?» chiede Genesis, passandosi una mano fra i capelli neri e osservando con aria confusa la squadra di soccer dall’altra parte del cortile.
«Penso che centri qualcosa con Natasha – borbotta Ashton, dondolando sui talloni – sì, insomma, avete visto com’è scappato appena si è avvicinata a lui? Poi ieri avevano tipo litigato, o sbaglio?» Naomi si stupisce di tanto senso di osservazione nel ragazzo, che sembra così poco attento, a volte, un po’ perso nel suo mondo.
Ashton la guarda in segno d’assenso e lei annuisce leggermente.
Poi Calum sembra allarmarsi, perché le tocca con più forza un fianco e poi le indica un punto.
Natasha sta camminando verso di loro, lo sguardo basso e le guance segnate dalle lacrime che continuano a scorrere interrottamente.
Naomi si alza di scatto, giusto in tempo per accogliere tra le braccia la castana, che ogni tanto è scossa per via di qualche singhiozzo.
Sembra che quasi tutto il cortile stia in silenzio, perché nessuno è abituato a vedere la figura sempre tremendamente allegra di Natasha piegarsi per coprire le lacrime.
‘Ché poi, in situazioni così, Luke dovrebbe esserci e, invece, non c’è, e questo lascia tutti stupiti.
«Che diamine è successo?» le chiede Naomi, lanciando un’occhiata confusa ai ragazzi accanto a lei.
Michael sembra il più allarmato, stringe i pugni e osserva la castana, ansioso di sapere chi l’ha ridotta a questo stato.
«Sono stata una stronza!» mormora lei all’orecchio dell’amica, forse in un tono troppo alto perché, comunque, la sentono tutti.
Genesis stringe le labbra con forza, impietosita da tale scena. Calum storce la mascella e affina gli occhi, dispiaciuto.
Ashton osserva il tutto con occhi pensierosi, ma comprensivi.
«L’ho ferito e ora lui se n’è andato,» aggiunge, staccandosi da Naomi per sedersi sul muretto di pietra, passandosi le mani sotto gli occhi e ripulendosi del mascara sciolto.
«Cosa vorresti dire?» chiede Naomi, impaurita dalla possibile risposta.
Natasha boccheggia più volte, non vuole dirlo ad alta voce, ‘ché poi sembra troppo vero.
«Luke se n’è andato,» dice al suo posto Ashton, avvicinandosi leggermente e, con dolcezza, posando una mano sulla spalla della ragazza. L’accarezza piano, mentre si morde il labbro inferiore, dispiaciuto.
L’aveva capito che qualcosa non andava, nei due, giusto il giorno prima, dopo che era tornata con sguardo torvo al tavolo e aveva notato come il biondo avesse lo sguardo basso, ferito.
Natasha annuisce leggermente, continuando a guardarsi le scarpe.
«Oh,» e non sa proprio che dire, Naomi, perché in ben sette anni di amicizia, Luke e Natasha non hanno mai litigato.
Non da chiudere, comunque.
Sempre e solo bisticci che si sono risolti dopo un’ora senza parlarsi.
«È per colpa nostra?» chiede Calum. Natasha non sa bene se annuire o negare, ‘ché da una parte sì, è loro e della grandiosa pazzia di sedersi allo stesso tavolo, ma da una parte è stata lei con la sua boccaccia.
Alla fine nega, perché di dare la colpa agli altri non ne ha voglia.
Poi si ritrova un fazzoletto sotto il naso e alza leggermente lo sguardo.
Michael Clifford le sta sorridendo in modo tanto dolce che, per un attimo, riesce persino a ricambiarlo.
 
Genesis entra nella classe con qualche minuto di ritardo, sebbene il professore non sia ancora arrivato, e subito nota quali posti sono liberi o meno.
E, con uno strano piacere, nota che, Hemmings, non ha un compagno di banco.
Si avvicina con spavalderia e si siede, incurante dello sguardo di fuoco che le manda il biondo. Sistema la tracolla sulla sedia e si gira a guardarlo, sorridendogli.
«Ciao!» dice, osservando il viso del biondo.
«Ciao,» sbuffa a bassa voce il ragazzo, girando gli occhi verso la finestra. Non ha decisamente la voglia di parlare che aveva due giorni prima.
E Genesis non può fare a meno di far cadere gli occhi sulle nocche, notando che, sì, Michael aveva ragione, sono spaccate e intrise di sangue incrostato.
Sembrano ferite reduci da tanti, troppi pugni su un piano duro.
Probabilmente il ragazzo lo nota, lo sguardo, perché ritira le mani sotto il banco con uno scatto. È in quel momento che Genesis alza gli occhi e li incrocia con quelli del biondo.
«Cosa hai fatto?» gli chiede, poi, acchiappando una mano e tirandola nuovamente sopra il banco, ispezionando più da vicino le ferite.
Luke vorrebbe ritirarla nuovamente sotto, ma Genesis ha la presa ferrea, che aumenta quando anche l’altra mano va a tenere fermo il braccio.
«Niente,» borbotta il ragazzo, distendendo le dita.
Gli fa ancora male.
«Certo,» esclama la mora, con un velo di sarcasmo.
Luke sbuffa, cercando di ritirare la mano quando, Genesis, ci passa delicatamente un dito sopra.
Non gli fa male, no, ma gli sembra di far assaggiare alla ragazza un po’ della sua amarezza.
«Cosa hai fatto?» ripete la ragazza, alzando gli occhi e scontrandoli con quelli di Luke, che sbatte le palpebre più volte, mordendosi poi il labbro, già leggermente screpolato di suo.
«Ho preso a pugni il muro,» dice e non sa nemmeno perché lo fa, ‘ché insomma, non sta mica parlando con Natasha.
Già, Natasha.
«E l’hai anche buttato giù, immagino,» commenta lei, ripassandoci un dito sopra.
A Luke sembra quasi un massaggio.
Ridacchia leggermente, alzando le spalle.
«Mio fratello è arrivato in tempo,» dice e Genesis non può fare a meno di sorridere.
«Cos’è successo che t’ha fatto turbare così tanto?» la ragazza non si schifa del sangue, sa che, quando toglierà il dito da sopra, quello che sta ancora accarezzando il dorso del ragazzo, lo troverà rosso, ma poco le importa.
«Niente,» borbotta il ragazzo, seguendo con occhi persi il movimento circolare delle dita di Genesis, che alza un sopracciglio e lo guarda male.
«Ormai hai iniziato a dirmi la verità, non vedo perché smettere ora,» dice, paziente.
Luke alza le spalle, ne studia il volto delineato e poi sorride leggermente.
«Sei la cugina di Calum Hood, con te non dovrei nemmeno parlarci,» dice, mordendosi l’interno guancia.
Genesis lo guarda e sorride. Lo sa che è per colpa loro se lui e Natasha hanno litigato, non è stupida, non lo è nessuno di loro.
«Il fatto che sia legata a Calum non significa che ti debba odiare a mia volta,» dice, sorridendo e passando per l’ennesima volta il dito affusolato sulla ferita chiusa.
E Luke non capisce se si sono messe d’accordo, lei e Natasha, perché hanno detto praticamente la stessa cosa.
Sbuffa, la guarda e annuisce.
«E Calum non ti urlerà contro?» le chiede, poi, mordendosi un labbro con forza.
Genesis non lo sa, sinceramente, cosa farebbe Calum.
«Forse, chi lo sa? O forse no, Calum è sempre stato uno controllato,» dice, alzando le spalle e sorridendo.
Luke annuisce, poi si gira a guardare fuori dalla finestra.
È ovvio che non si comporterebbe allo stesso modo, Calum non è come lui.
«Hai intenzione di dirmi cos’è successo da farti fare del male?» chiede Genesis nuovamente, osservando il profilo preciso del biondo.
Il naso all’insù, il labbro inferiore sporgente, le ciglia lunghe e bionde, gli occhi che riflettono la luce del sole.
«Tutto,» ed è una semplice parola che contiene così tanto.
Genesis ferma il dito, assottigliando gli occhi e capendo solo in quel momento che, la figura dello sbruffone, sia solo un’enorme maschera.
O forse se n’è accorta pure prima, perché se solo due giorni prima ha cercato di non calcolarlo minimamente e l’ha odiato con tutta sé stessa, ora si ritrova ad accarezzargli il dorso della mano e a parlarci con tanta tranquillità da sembrare ben più che conoscenti.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, che inizia con l'arrivo di Venere. Qui si capisce come la nostra bionda sia protettiva nei confronti di Naomi.
Ashton è un osservatore, capisce meglio degli altri usando semplicemente lo sguardo.
Diciamo che Luke si è offeso per paroline dette con, forse, un pochino di acidità ma nulla di più, e ha mollato Natasha da sola. Ma questa litigata farà capire tanto del nostro biondo, un po' più in là.
E poi Genesis ha cambiato totalmente comportamento, nei confronti del biondo. 
Vabbuon, non ho nulla da dire, ditemi solo cosa ne pensate.
Ciaaao,

Judith.

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Capitolo 7
*** Pensieri ***



 
Imprevisti.

PENSIERI.
 
A S, che pensa troppo spesso,
A D, che pensa troppo bene,
A chi si lascia sovrastare dai propri pensieri.
 
È passata una settimana e un giorno e Luke ancora non le parla.
L’ha chiamato e non ha risposto, l’ha messaggiato e ha semplicemente visualizzato – dannate spunte azzurre di Whatsapp che fanno rimanerci peggio – e, quando ha provato ad andargli incontro due giorni prima, lui è scappato di nuovo.
Non la degna di uno sguardo, a parte quando si ritrova al tavolo con Naomi, Genesis, Michael, Calum e Ashton.
Allora lì non le stacca gli occhi di dosso, dando giusto qualche sbirciata alla figura della bionda spiaccicata a Hood, che non fa altro che accarezzarle i fianchi coperti, le spalle o, ogni tanto, le guance.
La guarda quasi con preoccupazione, tenendo sotto controllo ogni gesto dei ragazzi.
L’ha visto più volte fulminare Michael e si è chiesta il perché, visto che il tinto è un ragazzo amorevole e tranquillo. La riempie di sorrisi e delicate carezza sulle braccia.
Ogni tanto, quando gli scappa pure un complimento, Natasha non può che arrossire furiosamente.
E forse Luke se n’è accorto, d’altronde, sebbene non le parla, la conosce ancora più di sé stesso.
Sa quando trova più carino un ragazzo di un altro, sa cosa significa quando arrossisce e sa che, quando si passa una mano fra i capelli ripetutamente, è perché è nervosa.
E, stranamente, quando è con Michael, ovvero a ogni dannato pranzo da una settimana, non si da pace con la chioma, passandoci le dita in mezza continuamente.
Ha la fortuna di essere più piccola di un anno, ‘ché ad averlo pure in classe poi con il cacchio che riusciva a seguire.
Sbuffa, ‘ché Naomi ancora non è arrivata e non vede nessuno degli altri ragazzi.
Sono simpatici, le piace frequentarli.
Ashton ride spesso e fa ridere gli altri, capisce pure troppo e osserva attentamente quel che lo circonda, mascherando la sua attenzione con uno sguardo indifferente.
Genesis è allegra, divertente ed è un uragano, nel modo in cui cammina, in quello con cui parla e per come si comporta.
Sembra inflessibile.
Calum è un po’ più chiuso, guarda tutti con circospezione, ogni tanto tira qualche battuta qui e là, che però sono le più divertenti che abbia mai sentito, e quando serve di fare un discorso serio, lui è il primo a starci, facendo scoprire una certa maturità.
E poi, ovviamente, c’è Michael. È premuroso, troppo premuroso, ed estremamente dolce, arriverebbe a fare un complimento a chiunque, persino la persona più orribile sulla terra.
Tranne su Luke, su di lui non c’è mai nulla di carino da dire, secondo loro.
È bello, con l’aspetto enigmatico e bizzarro. Il soprannome, Casper, è tremendamente azzeccato con l’aspetto, e forse anche con il modo di essere.
Per carità, con loro è una gioia, ride – non quanto Ashton – scherza, 
GIOCA, balla, salta, non sta fermo e zitto un attimo, ma appena lo vedi solo, allora sembra sparire, chiudendosi in sé stesso.
Un colpo di tosse la riporta alla realtà e si ritrova ad osservare il soggetto dei suoi pensieri.
«Ti ho chiamata due volte,» le dice, sorridendo, mentre Natasha si ritrova ad arrossire furiosamente.
Si muove agitata sul posto e sorride.
«Oh, scusami tanto – borbotta, accarezzandosi i capelli – ero sovrappensiero,» aggiunge, mordendosi il labbro inferiore e osservando il ragazzo sedersi accanto a lei.
Lo vede tentennare, portarsi un braccio sul collo e grattarsi furiosamente, prima di alzare gli occhi su di lei.
«Si tratta di Luke, non è così?» le chiede, piano, come con la paura di ferirla.
Beh, in realtà si era ritrovata a pensare a lui, ma non ha il coraggio di dirglielo, quindi annuisce e basta.
Si ritrova il braccio di Michael sulle sue spalle e poggia una mano sul suo petto quando, con uno strattone, la stringe a sé. Arrossisce di nuovo, prima di affondare il viso nell’incavo del collo, perché profuma così tanto che non riesce proprio a staccarsi.
«Tranquilla, si sistemerà tutto – borbotta lui – sì, insomma, penso che sia un coglione raro, ma non così tanto da lasciarti scappare,» aggiunge, accarezzandole la schiena.
Natasha pensa che, se solo lui le parlasse ancora, questo sarebbe un avvenimento da raccontare.
Quando si staccano, lei gli sorride apertamente e gli bacia la guancia con forza, imprimendo tutta la sua gratitudine.
«Grazie, Michael,» e a lui sembra quasi strano essere chiamato con il nome, ma da lei è detto così bene.
Quando gira gli occhi verso il cancello, cercando una chioma riccia o bruna, ciò che trova sono solo due occhi glaciali che lo stanno fulminando.
Ops.
 
«Quindi ci stai,» dice il moro, passandole una mano su e giù per il fianco sinistro, incurante degli sguardi curiosi dei ragazzi.
Naomi annuisce, mordendosi l’interno guancia perché il respiro di Calum le sbatte sul viso.
Poi infila l’indice tra i loro volti, alzando le sopracciglia di scatto.
«A una condizione!» borbotta, osservando Calum farsi più attento e alzare un sopracciglio nero.
«Tutto quello che vuoi,» le mormora, sorridendo appena.
Naomi sente un brivido percorrerle la schiena e freme quando la mano del ragazzo preme con più forza, affondando le dita affusolate nella carne, ‘ché poco prima gli ha inficcato una mano nella camicia.
Eppure non si è lamentata.
Calum le sorride beffardo e Naomi ha la certezza che l’ha sentito, quel dannato brivido. Arrossisce un poco, ‘ché è imbarazzante, ma poi scuote la testa e riprende il discorso.
«Ovviamente Natasha è invitata,» gli dice, guardandolo negli occhi corvini.
Calum annuisce, sorridendo.
«Che Natasha è invitata è sottinteso – le dice – sennò Michael cosa fa?» ridacchia, facendo sorridere di conseguenza Naomi, perché anche lei l’ha notata la smisurata felicità di Michael ogni qual volta ha a che fare con Natasha.
«Serve altro?» le chiede, poi, giusto per avere certezza che sia finita lì.
«Uhm, sì – fa lei, portandosi una mano al mento e puntando gli occhi azzurri verso il soffitto – dovrai portarmi a ballare, ovviamente,» sorride, poi, posando le mani attorno al collo di lui e facendolo sorridere a sua volta.
«Ovviamente,» mormora lui, pur sapendo di non essere una spada nel ballo.
Ma poco importa, ‘ché Naomi che balla con lui – per lui – è qualcosa di grandioso.
«E far ingelosire Luke in maniera drastica,» ah, già, Luke.
«Ci divertiremo, tranquilla,» borbotta, prima di affondare il viso nel collo di lei, aspirando l’aroma d’arancia, forse per non far vedere quel pizzico d’amarezza sul viso.
Le lascia un bacio delicato e alza la faccia, ritrovandola rossa d’imbarazzo.
Sorride e allontana le mani, prima di darle una leggera spinta verso l’aula di storia.
«Vai, che sennò farai tardi,» le dice. Lei annuisce, sorride e gli volta le spalle, iniziando a camminare con passo insicuro.
La osserva con attenzione, trovandola sensuale persino nell’inciampare tra i propri piedi.
«Ehi tu!» di “ehi tu” c’è ne sono a milioni, non ci fa nemmeno caso, perché insomma, mica deve essere per forza lui.
Eppure, la mano gli afferra la spalla e lo gira verso di sé.
«Ehi tu, smettila di sbavare dietro mia sorella,» no, ha sbagliato. L’ “ehi tu” era diretto a lui.
E a dirigerglielo è stata niente meno che Venere Miller.
Sussulta, capendo solo dopo qualche secondo la frase che gli è stata detta.
«Uhm, no, io non stavo sbav…»
«Ma per favore, non prendermi per il culo, si vede lontano un miglio che gli muori dietro – dice lei, portando le mani sui fianchi – contieniti, diamine, è mia sorella!» aggiunge, alzando gli occhi al cielo.
Insomma, Calum non sa proprio cosa dire, non è uno che si fa intimorire facilmente, ma Venere ha uno sguardo tanto affilato che, stranamente, non riesce a replicare.
«Non sono qui per scambiarmi qualche sguardo con te, ciccio – borbotta, incrociando le braccia – sono qui per sapere che intenzioni hai con Naomi, perché se vuoi solo portarle a letto io giuro che…»
«No, woh, aspetta! – Calum porta le mani di fronte a sé, bloccando il discorso di Venere – non ho nessuna intenzione di farle del male, ma non siamo quel che pensi,» aggiunge, abbassando le braccia.
Venere alza un sopracciglio biondo di scatto.
«Ah no? E che cosa siete, allora? – chiede, alzando gli occhi al cielo nuovamente – pensi che non l’abbia visto quel bacio sul collo? E le carezze smielate?»
«Sì ma, beh, è… è solo una messinscena, la nostra – le dice, sicuro che, tanto, Venere non direbbe nulla – sai, per far ingelosire Hemmings,» aggiunge, grattandosi la nuca.
Si blocca, lei, ‘ché diamine è la cosa più strana che abbia mai sentito. Non per niente, sa di ‘ste scommessine stupide, ma da sua sorella non si aspettava qualcosa del genere.
Lo osserva con attenzione, affilando gli occhi. Calum deglutisce.
«Sei fottuto, amico,» gli dice, prima di dargli le spalle e andarsene.
Dire che è sbigottito è un eufemismo.
Ma poi, fottuto per cosa?
 

ENTRA in classe con due minuti di ritardo, ‘ché Genesis l’ha trattenuto più del dovuto, raccontandogli l’evento del giorno prima, con Luke Hemmings.
Gliel’ha detto con sicurezza, ‘ché sa bene, lei, che di Ashton si può fidare.
Non lo odia, lui, a quello.
Insomma, non vede perché.
L’ha capito che è un coglione, che si diverte insultando Calum, che è geloso di Natasha da far schifo e che odia Michael, semplicemente perché, ora come ora, sta decisamente troppo vicino alla – ex – migliore amica.
Si diverte a spese di Naomi, da quel che sa, o almeno si divertiva, ‘ché lei stessa ha rivelato che è da dicembre che non le parla, non la chiama e, più brevemente, non la usa.
È capitato, a Naomi, di tirare fuori qualche storiella, non andando nello specifico, ma in sintesi facendo capire che, beh, Luke e lei si sono dati da fare spesso, molto spesso, ma il giorno dopo il biondo non se la filava di pezza, chiamandola la settimana successiva solo se non era riuscito a pescare qualcuna.
Sì, ok, è coglione, lo ripete, ma proprio non riesce ad odiarlo.
Sarà per quelle ferite sulle nocche, che fanno capire molto più di quel che altri intendono, o vogliono intendere, sarà per le occhiaie leggere che contornano gli occhi, reduci del poco dormire, o sarà per il sorriso falso che indossa sempre, e che indossava anche prima di litigare con Natasha.
Insomma, Ashton non è stupido, per niente, lui certe cose le capisce, e se Luke Hemmings è un coglione lo è per qualche motivo del cazzo.
Intanto, si siede al solito banco e, con piacere, nota che Ethan manca, ‘ché proprio non lo sopporta. Dannazione, sembra un idiota!
Poi come se niente fosse, Venere, arrivata leggermente in ritardo, si siede esattamente accanto a lui.
La faccia perennemente scocciata, le sopracciglia quasi congiunte e il nervosismo enigmatico addosso, che si nota in ogni movimento più rigido del solito.
Non si gira nemmeno a guardarlo, ma Ashton sorride beffardo e gli viene tremendamente da ridere, ‘ché nemmeno è l’unico posto libero, ma semplicemente la ragazza ha messo a dura prova la sua perfezione, decidendo che, sedersi accanto a un nessuno, non sia poi tanto brutto.
«Oh, principessa, hai deciso di fare la compassionevole con il rango sociale minore?» scherza, piegando di poco la testa e osservandola con divertimento.
Venere si trova ad alzare gli occhi al cielo e a sbuffare, prima di lanciargli un’occhiata arcigna.
«Non iniziare, Irwin, semplicemente non mi andava di sedermi da sola,» borbotta, tirando fuori il quadernino a righe per appuntarsi ciò che, la professoressa, sta scrivendo con cura alla lavagna.
Ashton se ne frega.
«Tutte scuse – dice, ridacchiando – ammettilo che volevi guardarmi più da vicino, insomma, sono un dannato figo,» ridacchia di nuovo, e cazzo, la sua risata è così trasportante – l’ha già detto? – che sorride leggermente.
«Vai convinto, Irwin,» risponde lei, passandosi una mano tra i capelli biondi e portandoseli all’indietro.
Ashton osserva attentamente il movimento e, diamine, avrebbe proprio voglia di accarezzarglieli, ‘ché sembrano di seta.
Deve incrociare le dita con forza, per evitare di farlo.
«Dov’è il tuo Ethanuccio?» le chiede, osservandola storcere il naso e ridacchiare, girando gli occhi leggermente verso di lui.
«Per grazia di Dio sta bello che a casa,» borbotta, prima di posarsi una mano sulle labbra di scatto e sgranare gli occhi, ‘ché non dovrebbe far capire alla gente che, in realtà, lei non lo sopporta.
«Oh, io intendev…»
«Si vede lontano un miglio che non lo puoi vedere, Miller, pensi davvero di imbastirmela?» le chiede, avvicinandosi di poco con la sedia e poggiando i gomiti sul banco.
Venere arriccia il naso di nuovo, girandosi verso di lui.
«Quanto?» gli chiede, un po’ preoccupata.
«Abbastanza, almeno per me – dice, soffiando su un ciuffo riccio che gli ricade sulla fronte – cioè, oltre ad essere un figo, un simpaticone, tremendamente dolceromanticogentile, unottimo amico, sono anche intelligente, sai? A me non sfugge niente,» è che proprio non ce la fa, a non ridacchiare un minimo, perché Ashton, in fondo, lo trova simpatico, ‘ché è così teatrale.
Ma molto in fondo, sia chiaro.
«Idiota,» borbotta lei, riportando gli occhi sulla lavagna, mordendosi un labbro per evitare di ripetere la risatina.
 
Cammina per il corridoio con lentezza, ‘ché non ce la fa ad affrontare l’ennesima 
LEZIONE di letteratura.
Lui la odia, letteratura, ma c’è quasi più delle altre materie.
Si guarda attorno, ogni tanto scambia uno sguardo con qualche ragazza, altre volte saluta con un sorriso falso qualche ragazzo visto già, magari alle feste o a qualche partita di chissà che cosa.
Becca Samuel Logan e gli rivolge una pacca sulla spalla, perché quel tipo lo adora così tanto che, alla fine, gli sta simpatico.
Poi un, «ehi, Hemmings!» lo richiama, facendolo girare di scatto.
La cugina di Hood, di cui ancora non sa il nome, sta camminando verso di lui, sorridendo a trentadue denti e smuovendo la mano per aria, cercando di richiamarlo.
Diamine, è figa!
Ha un corpo spettacolare, ‘ché nemmeno le cheerleader possono battere, dei capelli neri e lunghi, splendidi e due occhi che sembrano scavare nell’anima.
Per non parlare delle labbra a canotto, ‘ché quando parla a Luke piace da impazzire.
Ha anche un bel sorriso, a dirla tutta, rassicurante, gentile, allegro.
Sorride a sua volta, appena prima che lo raggiunga, perché la presenza di lei lo delizia.
«Ehi, Fatti-gli-affari-tuoi!» esclama, facendole inarcare le sopracciglia nere velocemente.
«Ancora così mi chiami?» dice, affiancandolo e continuando a camminare verso la classe.
Luke alza le spalle, la osserva con la coda dell’occhio e sorride beffardo.
«Non me l’hai ancora detto il tuo nome,» ribatte, entrando nella classe ancora vuota, se non per qualche ragazzo qui e lì.
Si siedono all’ultimo banco, insieme, senza che nessuno dei due faccia storie.
«Giusto,» borbotta lei, ridacchiando, posando la borsa sul tavolo e portando i capelli su una spalla, lasciando l’altra libera.
«Quindi – le chiede, girandosi verso di lei – hai intenzione di dirmelo?» aggiunge, inarcando un sopracciglio biondo, rendendolo ancora più arcuato di quanto non lo sia già.
Genesis fa finta di pensarci, portandosi una mano sotto il mento e alzando gli occhi al soffitto, con un’aria pensierosa, poi scuote la testa con vigore, sorridendo beffarda.
«No!» esclama, facendo sbuffare il ragazzo, che le lancia un’occhiata arcigna e si chiede quando riuscirà a scoprirlo.
La classe inizia a riempirsi, mentre Genesis tira fuori il materiale, aspettando la professoressa, anche se sa benissimo che non seguirà nulla.
Volge lo sguardo sulle nocche del ragazzo, accorgendosi che, sebbene sia passata una settimana, sono ancora spaccate e il sangue sembra fresco.
Sospira, gli tira la mano verso di sé e tocca la ferita, sentendolo sussultare. Probabilmente fanno persino più male di prima, essendo state aperte due volte, perché sì, l’ha capito che ha ripreso a pugni il muro.
E chissà se solo per la seconda volta.
Luke, ‘sta volta, non cerca di ritirare la mano, si rilassa sotto il movimento circolare della ragazza e osserva piano il dito, accorgendosi che, rispetto all’altra volta, lei ha lo smalto nero sulle unghie curate e lunghe e un anello all’indice, di argento.
«L’hai rifatto,» borbotta lei, incrociando i propri occhi con quelli di lui.
Consapevolezza.
«Sì,» è poco più di un sussurro, come se dirglielo gli costa il doppio, o forse non vuole ammettere che anche lui ha i suoi demoni.
«Quando?» accarezza il dorso con premura, mordendosi un labbro e osservando il biondo fare una sorta di sorriso.
«Uhm, ieri,» borbotta, passandosi l’altra mano tra i capelli, dopo aver sospirato pesantemente.
Genesis non glielo chiede il perché, ‘ché tanto non glielo direbbe, sebbene lei crede di immaginarlo.
Crede, non ne è certa.
«Dovresti smetterla, non ti aiuta certo,» lo rimbecca, affinando gli occhi neri, mentre il biondo svia lo sguardo, mostrandosi vulnerabile per la prima volta in vita sua.
Ovviamente di fronte a una persona.
Alza le spalle, mentre Genesis allontana la mano, non prima di avergli lasciato una carezza sul piccolo pezzo di dorso non distrutto.
La professoressa è entrata.
Lui sente i pensieri sovrastarlo.

 
***
Ehilà,
come va?
Scusate per il ritardo ma la scuola mi ha proprio preso, e poi ho perso l’immaginazione per un po’.
Allora, Luke e Natasha non si parlano da una settimana, e non possiamo assolutamente dire che la castana non ci stia male.
Però Michael è pronto a consolare tutti!
Calum e Naomi si scambiano qualche parola in corridoio e Venere attacca il moro.
Poi c’è Ashton, a cui non sfugge nulla, perché è uno che legge tra le righe, che proprio non riesce ad odiare Luke.
Insomma, gli è impossibile.
E Venere si apre un po’ di più, perché il riccio è un simpaticone raro.
Finiamo in bellezza con Genesis e il biondo, che sono diventati amici e, beh, il nostro bastardo continua a farsi del male.
Vabbè, non so che altro dire, a parte che non so quando riuscirò ad aggiornare nuovamente.
Buona settimana.
Bye, bye,
Judith.

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Capitolo 8
*** Gelosia ***



 
Imprevisti.

GELOSIA.
 
A S e alla sua gelosia per chiunque è “suo”,
A L e alla gelosia che appare ogni tanto,
A me, che non riesco a essere gelosa nemmeno di lui.
 
È sabato.
Finalmente, cazzo!, si ritrova a pensare Genesis, sorridendo tra le coperte del suo letto.
Sono giusto le undici di mattina e lei si sente così bene, il cielo è tanto azzurro da sembrare innaturale e non c’è traccia di una nuvola, né bianca né grigia.
Il sole le illumina metà viso, mentre si districa del lenzuolo e si alza in piedi con un balzo, legandosi i capelli in una coda veloce, perché le danno fastidio e fa decisamente caldo.
Si incammina frettolosamente verso la cucina per fare colazione, cosciente che Calum, intanto, sta ancora dormendo, che David e Joy sono al lavoro, che Mali è chiusa in camera a registrare una nuova canzone e che sua madre è andata a fare la spesa.
Ha voglia di uscire, sinceramente, però Michael starà dormendo, ancora, e con il cacchio che si smuove di casa prima delle quattro di pomeriggio.
Poi userà la scusa che, la sera, dovranno uscire e lui si deve riposare, ‘ché faranno tardi di sicuro.
Sbuffa, finisce con calma la scodella ripiena di cereali al cioccolato e poi si avvia verso la propria stanza, sbuffando. Si sta annoiando, in casa.
Un’illuminazione le fa acchiappare il cellulare velocemente e cercare tra la rubrica un nome, trovandolo poco dopo.
Di chiamarlo non ha voglia, pure perché non vuole svegliarlo, non sa se è un dormiglione o meno.
Dimmi che sei già sveglio, almeno tu” gli scrive, quindi, senza nemmeno firmarsi. Si da il caso che, lui, ancora non lo sappia il suo nome.
Lo sono, tu dimmi chi sei, però” le risponde, poco dopo, senza firmarsi nemmeno lui.
Genesis sorride leggermente, si prende una ciocca della coda tra le dita e la ri gira, prima di risponde.
Non ti dirò il mio nome, se è quello che stai cercando di scoprire” risponde, posando poi il cellulare per andare a rovistare nell’armadio cosa mettersi.
Fa caldo, fosse per lei girerebbe in costume, ma alla fine prende un paio di pantaloncini di jeans neri e un top bianco che le scopre l’ombelico e il piercing a quest’ultimo.
Diamine, speravo ci cascassi, Hood” risponde lui, facendo ridacchiare la mora delicatamente. Si passa il lucidalabbra, prima di mandargli un altro messaggio.
Non faccio di cognome Hood, Hemmings” gli scrive, posa il telefono alla scrivania e prende l’eyeliner, avvicinandosi, poi, allo specchio accanto all’armadio.
Se lo passa su un occhio con precisione, prima che il telefono squilli due volte, facendole intendere che le sono arrivati due messaggi.
Fa lo stesso” detta il primo, “ho voglia di un gelato” dice il secondo.
A pensarci meglio, pure lei ne vorrebbe uno. Con il caldo che fa, beh, non le farebbe mica tanto male.
Sai che anch’io? Peccato non sappia dove diamine sia una gelateria, da queste parti” mente, lo sa bene dov’è. Si passa l’eyeliner sull’altro occhio e, dopo, lo ripone all’interno della trousse.
Si guarda allo specchio un’ultima volta, prima di prendere le converse totalmente nere.
Fatti trovare tra un quarto d’ora davanti al centro commerciale, sai dov’è?” Genesis sorride, prende la borsa e ci butta dentro le chiavi, il portafoglio e qualche altra cacchiata, prima di rispondere un “” sbrigativo e uscire di casa, che ci metterà dieci minuti buoni.
Arriva lì che sono già passati tredici minuti e, per fortuna, Luke sta già davanti all’entrata.
«Hood,» borbotta lui, sorridendole.
Genesis alza gli occhi al cielo e sorride leggermente.
«Non faccio di cognome Hood, Luke, siamo alla seconda,» dice, entrando nel centro commerciale, seguita dal biondo, che si passa una mano fra i capelli.
«Lo so bene, ma se non mi dici il tuo nome, come dovrei chiamarti?» borbotta, avviandosi con decisione verso il Jinky, infilandosi le mani in tasca.
La mora ridacchia, si gira verso di lui e alza un sopracciglio.
«Genesis,» gli dice, guardandolo aggrottare la fronte e osservarla confuso.
«Chiamami Genesis, se proprio vuoi,» aggiunge, sorridendo e girando il viso verso la gelateria, a qualche passo da loro.
Luke sgrana gli occhi e, poi, sorride soddisfatto.
«Bel nome,» le borbotta, prima di avvicinarsi alla cassa e ordinare il solito gelato – fragola, cioccolato e biscotti.
Genesis ridacchia e, infine, prende il suo – fior di latte, frutti di bosco e nocciola, senza scordarsi di tanta panna.
Si siedono a un tavolino di metallo e Genesis inizia a divorare il gelato, incurante dello sguardo divertito del biondo.
 
Ashton ha accettato la richiesta di Naomi di uscire un po’, perché Calum ha solo sbuffato e riattaccato, perché la mattina odia muoversi, e Michael non ha risposto direttamente.
Alla fine il riccio era l’unico disponibile.
La sera si ritroveranno tutti insieme e, Naomi, deve assolutamente comprarsi qualcosa di tremendamente sensuale, ‘ché deve far ingelosire Luke Hemmings di brutto.
Natasha, invece, vuole essere attraente e basta, non sa mica perché.
Stanno tutti e tre a girare per negozi, e se anche la castana, lo deve ammettere, nota la differenza tra Ashton e Luke, si sforza a tirare fuori un sorriso.
Sì, insomma, il biondo già le avrebbe fatto girare trenta negozi, l’avrebbe riempita di buste, ‘ché da solo non sarebbe riuscito a portarle, e non avrebbe fatto altro che costringerla a provarsi vestiti su vestiti, consapevole che, tanto, non avrebbe comprato nulla.
Invece, Ashton, poco interessato a svuotare il portafoglio, le osserva divertito mentre si innervosiscono per qualche gonna troppo stretta o per una scollatura esagerata.
Sono appena usciti da Zara, Naomi con una busta e Natasha con zero.
Continua a non piacerle, lo shopping.
Si stanno avviando a prendersi un gelato, ‘ché Naomi ne ha voglia, e devono solo arrivare di fronte a H&M.
Ashton ha appena fatto una battuta sulla commessa volgare dell’ultimo negozio, quando gira il viso e individua una chioma nera che ormai ha imparato a conoscere.
Non ci sarebbe nulla di problematico, se non fosse che, accanto a lei, c’è la persona meno amata dal gruppo.
Acchiappa le ragazze dalle braccia e si gira, mentre Naomi e Natasha gli lanciano delle occhiate stranite.
«Cosa diamine fai, Ashton? – borbotta la bionda, guardando il ragazzo sorridere nervosamente – e di là il Jinky,» aggiunge, girando leggermente il viso, ma la visuale le viene coperta dalla spalla del ragazzo, spostata un po’ per evitare che li veda.
«Sì, ma… beh, prima voglio andare al negozio di musica – dice, spingendo con più forza sulla schiena delle due – vi ho aiutato tutto il giorno, ora tocca a me,» le ragazze si trovano ad annuire, sebbene siano un po’ titubanti.
Insomma, ha fatto uno scatto piuttosto strano.
Appena sono dentro, chiede a Naomi di cercare i Green Day e a Natasha i Paramore, mentre lui, deciso, si muove verso il Pop.
Che poi nemmeno gli piace chissà che, ma gli serve una scusa.
Afferra il telefono e, veloce, manda un messaggio a Genesis.
Dannazione, sparite dal Jinky, sto al centro commerciale con Naomi e Natasha, non posso mica trattenerle per molto” le scrive, frettolosamente, volgendo lo sguardo, ogni tanto, a osservare una delle ragazze.
Genesis non ci mette tanto a rispondere, ‘ché lei ha una suoneria così forte che la sentirebbe ovunque.
D’accordo, ce ne stiamo andando, grazie dell’avvertimento, Ash!” finisce con una faccina sorridente e, il riccio, riesce a respirare.
Diamine, se l’avessero beccati Naomi e Natasha, sarebbe successo il finimondo. Non per tanto, Naomi sarebbe stata gelosa e Natasha pure, in un altro senso rispetto alla bionda, nulla di più, ma la voce sarebbe arrivata agli altri due e, beh, non serve un genio per capire come sarebbe andata a finire.
Calum è uno calmo, controllato, razionale, ma se si tratta di Luke Hemmings non ci vede più.
Michael non è uno che la lascia passare liscia, sa il fatto suo ed è pronto a spaccare la faccia al biondo, se serve.
Probabilmente, Ashton, è l’unico che l’ha accettata – oltre a essere l’unico a saperlo – la strana amicizia tra Genesis e la nemesi per antonomasia di Calum Hood.
Sa che porterà grandi guai, ma la mora si lascia sfuggire un sorrisino ogni volta e Ashton non può evitarle la felicità.
Sospira nuovamente, si gira e cerca con gli occhi cangianti le ragazze, prima di avvicinarsi a loro e dire che, se vogliono, possono andare al Jinky.
Non ha trovato nulla di interessante, dice.
 
Venere sbadiglia, prima di alzarsi dal letto e stropicciarsi gli occhi con delicatezza.
Sono le undici e mezza, ma lei ha comunque sonno.
Si avvia in cucina per fare colazione e, all’interno, trova Lilian e Nieves a scherzare e ridacchiare divertite. Per cosa proprio non lo sa.
«Buongiorno,» borbotta, portandosi una mano fra i capelli biondi e osservando la sorella maggiore lanciarle un enorme sorriso.
«Ehilà, signorina Irwin, cosa le va per colazione?» Venere alza gli occhi al cielo e sbuffa, perché sarà più di una settimana che la chiama così, dopo la cena insieme ad Ashton e le parole poco discrete di Kendra.
«Finiscila, Lil, non sono la signorina Irwin,» borbotta, sedendosi, afferrando la scatola di biscotti già sul tavolo.
Lilian sorride, porgendole la tazza di latte freddo – che quello caldo perde il sapore, a parere di Venere – prima di lanciare un’occhiata divertita a Nieves.
«Già, non lo sei – borbotta quest’ultima, girando con non curanza il cacao zuccherato nel latte – ma lo vorresti essere,» aggiunge, ghignando beffarda.
Venere le lancia un’occhiataccia, che se ci si mette anche la penultima è bella che finita.
«Non farti influenza da tua sorella, Nieves – brontola, inzuppando un biscotto al cioccolato nel latte – Lilian ti porta sulla cattiva strada,» aggiunge, sbadigliando nuovamente, prima di portarsi il biscotto alle labbra.
Lilian sbotta a ridere, Nieves alza un sopracciglio e sorride beffarda.
«Non preoccuparti di lei – dice, scostandosi i capelli biondi dal viso – piuttosto pensa a Naomi, che è uscita con il tuo amoruccio,» Venere sgrana gli occhi e alza la testa di scatto, poco prima abbassata ad osservare le briciole galleggianti nel latte.
Aggrotta la fronte, scuote la testa e affina gli occhi.
Insomma, dovrebbe darsi una calmata, quella, perché già è a quota tre in meno di un mese dall’inizio della scuola. Anche se uno c’è da un anno, ma dettagli.
Sbuffa, quando nota dell’occhiata tra il divertito e il soddisfatto della più piccola, mentre adocchia Lilian trattenere una risatina.
«Smettetela… - ringhia, spostandosi un ciuffo con le dita, stizzita, prima di sussurrare un – e dove sono andati?» mordendosi un labbro, perché, appena sente distintamente Nieves ridere, si pente.
Ma che diamine le frega a lei di Ashton e Naomi? Facessero quello che gli pare.
Lilian alza le spalle e fa una faccia fintamente inconsapevole, mentre Nieves si sbriga a posare la tazza nel lavandino e a salire le scale, per avviarsi verso la propria stanza.
Lilian la segue poco dopo, non prima di averle detto che, Kendra, è dai vicini.
Naomi torna a mezzogiorno e quarantasette e, sì, si aspettava di tutto, tranne una Venere imbronciata con le mani poggiate sui fianchi, di fronte alla sua stanza.
«Dove sei stata?» le chiede, il tono ansioso e piccato, la fronte corrugata e gli occhi affilati.
Naomi la osserva e non sa se ridere o meno, mentre apre la porta e butta con poca delicatezza le buste sul letto.
«Al centro commerciale – le dice, stranita – perché?» chiede, lanciandole un’occhiata.
Dalla porta della camera di fronte alla sua non può fare a meno di scorgere gli occhi divertiti di Lilian e Nieves e, ok, capisce tutto, cercando di trattenere un risolino.
«E con chi?» Venere fa un passo nella stanza e piega la testa di lato.
«Uhm, con Ashton,» e Natasha, ma questo non glielo dice.
«Non pensi d’esagerare? – il tono di Venere è quasi piccati, inacidito – prima Hemmings, poi il moretto e ora anche Ashton?» Naomi improvvisa un colpo di tosse, ‘ché non può rovinare tutto.
«Uhm, sì, sai com’è, è un gran figo,» borbotta, mentre sente Venere avvicinarsi e guardarla male.
«E da quando lo trovi figo, tu?» chiede con voce un po’ più acuta. Naomi scorge Lilian tapparsi la bocca.
«Sei gelosa, Venere?» la prende alla sprovvista, se ne accorge dagli occhi sgranati e la faccia confusa.
Forse lo è, ma non lo sa ancora.
Venere scuote la testa, affina gli occhi e scocca la lingua sul palato.
«Di quell’idiota? Ma per favore!» commenta, prima di darle le spalle.
Lilian si affretta a socchiudere la porta per evitare di essere vista e Naomi aspetta di sentire il tonfo della porta di Venere, prima di iniziare a ridere.
Povera, ingenua sorella.
 
«Era gelosa? Sul serio? Pensavo stesse con quel coglione di Harrison,» Calum si porta una mano fra i capelli, mentre osserva il suo riflesso allo specchio.
Mancano meno di due ore e si devono incontrare tutti fuori dalla discoteca.
Eppure, Naomi ha pensato bene di chiamarlo, ‘ché le andava di parlare.
«Te lo giuro, Lilian e Nieves stavano soffocando, mancava solo Kendra con la sua innocenza infantile – dice, divertita, la ragazza, facendo sorridere a sua volta il moro, più per la voce leggermente acuta rispetto al solito che per ciò che ha detto – poi quel coglione di Ethan è solo una messinscena, non l’hai notato?» aggiunge, la sente trafficare con chissà cosa, mentre lui apre l’armadio e ispeziona con attenzione i vestiti.
«Sinceramente no, non mi aspettavo fosse una messinscena – borbotta, afferrando i soliti skinny jeans neri, non ha tutta ‘sta fantasia – ma, d’altronde, non vado mica a guardare Venere, io – aggiunge, mordendosi un labbro con forza, forse per evitare di farsi sfuggire tra le labbra una frase che, comunque, non riesce a trattenere – preferisco la sorella,» sente il silenzio di sottofondo farsi pesante.
Non può fare a meno di pentirsi, perché dovrebbe ricordarsi che è tutta una scenata, la loro, che devono far ingelosire Luke.
Non c’è nulla di vero.
«Oh,» le esce dalla bocca, dopo un po’, mentre Calum gira gli occhi verso lo specchio e incontra la propria figura. Le labbra rosse per i morsi, gli occhi a mandorla socchiusi e le sopracciglia aggrottate.
«Devo andare, ci vediamo dopo,» borbotta lui, spegnendo la chiamata.
Sospira, si porta nuovamente una mano tra i capelli scuri e chiude gli occhi.
Non avrà detto granché, ma sicuro che Naomi avrà capito, effettivamente, quel che c’era da capire.
È un coglione, si è lasciato andare, si è fatto sopraffare da lei.
Ma che può farci? Dannazione, è stupenda!
Ha il viso d’angelo e gli occhi di ghiaccio, un sorriso splendente e i capelli di grano.
È molto più che bella, è esattamente come la sorella.
Ammaliatrice.
E anche se Venere non se l’è mai filata di pezza, forse perché, semplicemente, più grande di lui, Naomi ha quel fascino tale da competere con la maggiore.
A volte vorrebbe uccidere Hemmings il doppio di quanto non lo voglia già. Insomma, potrebbe averla tutta per sé, potrebbe assaggiarne le labbra in continuazione e farla sua persino nel bagno della scuola, per quanto Naomi gli sta sotto, ma no, manco se la fila.
Che diamine, cos’ha al posto degli occhi? Due biglie?
Scuote la testa, non dovrebbe pensarci troppo.
Dovrebbe solo pensare a far ingelosire quel coglione del biondo e, poi, cercarsi qualcun’altra con cui sfogare i suoi istinti da maschio.
Ma non riesce proprio a comparare qualcuno con lei.
Mannaggia a lui e a quando ha deciso di farle quella dannata proposta.
Non poteva starsi zitto? Insomma, fare finta di niente, fregarsene, lasciare che Luke giocasse con il cuore della ragazza? No, il paladino della giustizia, è dovuto diventare. Lui, che è sempre stato un egoista del cazzo.
Sbuffa, si infila velocemente i pantaloni e ritorna ad osservare l’armadio, prima di afferrare una canotta azzurra e smanicata. La indossa e, infine, prende le converse totalmente nere.
Si sistema i capelli con una mano e, alla fine, si osserva di nuovo.
Cosa gli manca, a lui? Il biondo l’ha sempre avuta vinta, ha sempre avuto tutte le ragazza ai suoi piedi, persino quelle che, prima, avevano detto di sì a Calum.
Hemmings gli ha fregato persino le cesse, ‘ché tanto lui è sempre stato più bello e popolare, Calum è giusto la ruota di scorta.
E sta succedendo nuovamente, solo che, adesso, lui ne è consapevole, pure perché era già detto che Luke sarebbe stato il vincitore. Era programmato.
Ma anche se non lo fosse stato, Calum ci sarebbe rimasto bruciato lo stesso.
Lui non vince mai, contro il biondo, e forse è per questo che lo odia, perché perde sempre e Hemmings si diverte a giocare sporco.
Vorrebbe solo che, per una volta, fosse lui a uscirne felice.
Si tratta di Naomi, poi, mica una delle tante. Per lei arriverebbe a far tutto, anche bruciarsi da solo, perché è esattamente ciò che sta facendo.
Solo che se n’è accorto troppo tardi, ‘ché la sua non era compassione.
Venere ha ragione, è fottuto, cazzo.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo.
Genesis è una a cui piace uscire e Luke andava benissimo.
Le due ragazze si sono portate appresso Ashton, l’unico disposto a farsi un giro di mattina.
L’unico che accetta – e sa – dell’amicizia tra Luke e Genesis.
Poi ci sono nuovamente le sorelle Miller – a parte Kendra – e Lilian e Nieves si divertono a sfottere Venere.
Infine un Calum che parla troppo e una Naomi che capisce esattamente ciò che c’è da capire, per (s)fortuna.
Vabbuon, vado di fretta, non ho altro da dire.
Spero vi sia piaciuto, ditemi cosa ne pensate e, qualunque errore, perdonatemi, ma ho letto solo una volta e pure in fretta.
Ora vi lascio.
Bye bye,
Judith.

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Capitolo 9
*** Dolce ***



 
Imprevisti.

DOLCE.
 
Al cioccolato, perché è buono e, sì, dolce (anche se preferisco il fondente amaro),
Alla mia C, che è dolce da diabete,
Alle coppiette tanto sdolcinate da far schifo.
 
«Ti scongiuro, Venere, ti prego! – incrocia le mani e guarda con occhi languidi e lucidi la sorella, che ha le braccia incrociate e nessuna intenzione di accompagnarla – sono tua sorella!» piagnucola, osservando la bionda alzare gli occhi al cielo ed emettere un sospiro.
Ma perché a me?, si chiede, infastidita.
«No, Naomi, come te lo devo dire? – borbotta, mentre sente le risatine di Kendra, che osserva la scena dalla sedia accanto alla mamma – no, non ci vengo in discoteca con te!» aggiunge.
Vede Igor sorridere soddisfatto, ‘ché tanto lo sapeva, l’infame, che Venere non ci sarebbe andata in discoteca, e beh, se non ci va la secondogenita, allora nemmeno Naomi, perché è troppo piccola.
Tatjana le guarda divertita, sicura che, Igor, faccia male a gridare vittoria, ‘ché Naomi sa bene come sfruttare le sue carte.
«Oh, e dai! Ti sto chiedendo un favore, quando mai lo faccio?» dice, sbattendo una mano sul tavolo e venendo fulminata dagli occhi gelati di Venere, che scuote la testa.
«Non ho nessuna intenzione di venire in discoteca, Naomi, tanto meno per tenere d’occhio te!» ribatte, infastidita, osservando con la coda dell’occhio Nieves e Lilian sussurrarsi e, sì, ha quasi paura di sapere cos’hanno da dirsi.
Lilian, poi, si schiarisce la voce e manda un occhiolino beffardo a Naomi.
«Na’, ma che per caso ci viene pure Ashton? Al massimo potresti andarci con lui, da sola, sai, è maggiorenne no? È responsabile, non credi pa’?» si gira verso Igor e scorge il sorrisetto divertito di Tatjana e quello sospettoso del padre.
Venere sussulta, si altera e guarda male Naomi, che, beh, vanta di una certa furbizia e attacca subito.
«Oh, sì, hai ragione – dice, posandosi un dito sul mento – nessuno va con lui, potrei andarci io, insomma, gli faccio compagnia,» aggiunge, girando gli occhi verso il padre e ammiccando, mentre sente Venere agitarsi sulla sedia.
«Non vedo il problema,» dice Igor, poi, quando Tatjana gli tira una gomitata e fa intendere con uno sguardo di stare al gioco.
Naomi sorride, riconoscente per finta, scoccando un’occhiata divertita a Lilian e alzando le sopracciglia di botto.
«Perfetto, la compagnia di Ashton è piuttosto gradevole, sai, lo vado subito ad avvertire!» e si sta per alzare, ma Venere la blocca dal braccio e si gira a fulminarla.
«Non mi sembra una buona idea! Pa’, non puoi permetterle di andare insieme ad Ashton, da sola!» dice, girandosi verso Igor, che trasforma la risatina in una smorfia stranita.
«E perché mai? Ashton è un ragazzo d’oro, non la toccherebbe nemmeno con un dito,» alza le spalle con disinvoltura e osserva Venere fremere di rabbia.
La vede respirare più volte con forza, chiudendo gli occhi, prima di aprirli e lanciare un’occhiata di sfida al padre.
«D’accordo, allora vado con loro!» urla, poi, alzandosi e avviandosi verso la propria stanza.
Non possono fare altro che ridere, mentre Naomi si avvicina al padre e l’abbraccia, dandogli un sonoro bacio sulla guancia, prima di precipitarsi da Ashton per chiedergli il passaggio.
«Diavolo, cosa le sta facendo quel ragazzo?» chiede, poi, girandosi verso la moglie, che sorride dolcemente e posa una mano sul suo braccio.
«Le sta facendo provare delle emozioni vere, Igor, giusto questo,» dice, sentendo la solita risatina infantile e ingenua di Kendra, il sospiro di Lilian e il “aw” di Nieves.
Igor scuote la testa e si dice che, Ashton, è davvero un bravo ragazzo, che non le farà del male ed è inutile spaventarsi.
In più, ormai Venere ha diciannove anni e non può più trattenerla.
 
Ha totalmente perso di vista Venere, che è scappata in bagno, ma poco le importa.
Ha sentito Natasha, che già dovrebbe essere dentro insieme a Calum, Genesis e Michael. Si intrufola tra la folla, seguita da Ashton e, dopo ore, individua un angolo pieno di divanetti occupati.
E riconosce le chiome nere dei cugini, avvicinandosi con un sorriso, dopo aver fatto un cenno ad Ashton.
Quando è vicina, può notare con felicità la vicinanza estrema di Natasha e Michael, quest’ultimo le tiene il braccio sulla spalla e ne carezza, ogni tanto, la pelle scoperta di questa.
Genesis sorride, esplosiva come al solito, salutandoli allegramente, mentre Ashton si siede sull’ultimo divanetto libero e lascia, volontariamente, Naomi in piedi, che si ritrova a osservare Calum con occhi rapiti.
Si è totalmente scordata della telefonata di prima.
Calum è bello, nella canotta azzurra, che entra in contrasto con la pelle ambrata, e gli skinny jeans che gli fasciano alla perfezione le lunghe gambe toniche. Le braccia incrociate fanno risaltare i muscoli e le vene pulsanti.
Sbatte gli occhi più volti, per calmarsi a tale visione, prima di sorridergli e allungarsi per dargli un bacio sulla guancia.
Lui le passa le mani sui fianchi e l’attira a sé, facendola sedere sulle sue gambe e accarezzandole con delicatezza le cosce.
«Non c’è posto,» si giustifica, sussurrandole all’orecchio.
Naomi si gira, sorridendogli, prima di passargli una mano sulla guancia e baciarlo sulla tempia, facendogli chiudere gli occhi.
Iniziano a chiacchierare tutti quanti insieme, tra le battute di Ashton, la risata contagiosa di Michael, le uscite di Calum e Genesis e il sarcasmo di Natasha.
Poi lo individua tra la folla, riconoscibile ovunque con la chioma bionda che, sotto le luci soffuse della discoteca, diventa quasi bianca. Si agita sulle gambe di Calum, prima di abbassarsi verso di lui e accostargli le labbra all’orecchio.
«Ho visto Luke,» dice, sentendolo irrigidirsi contro di sé, prima di farla alzare velocemente e portarla verso la folla, senza nemmeno avvertire gli altri.
Si mischiano tra la gente, con il moro che le stringe la mano con forza, ‘ché si potrebbero perdere nel caso, mentre osserva attentamente ogni persona, prima di trovare il biondo, che balla insieme a una tipa dai troppi piercing e una malizia sconfinata.
Si avvicina, il tanto da essere visti, ma non per essere scontati, e si gira a guardare Naomi, arrivandole a pochi millimetri dal viso.
La prende per la schiena e l’avvicina a sé, fino a farle sentire il proprio petto a contatto con il suo, iniziando a muoversi con il bacino sulle note di una stupida canzone da quattro soldi che, no, non è proprio nel suo genere, ma ‘sti cazzi.
E Naomi gli circonda il collo con le braccia e socchiude gli occhi, sentendo il respiro di Calum sbatterle sul volto, accaldandola di più di quel che già è.
Si muove in sincronia con lui, ogni tanto fa passare una mano fra i capelli scuri del ragazzo, alla fine la incrocia con quella di lui, lasciando ricadere un braccio lungo il fianco e rabbrividendo quando il moro ricambia fortemente la stretta.
Calum alza gli occhi un attimo, incrociandoli con quelli del biondo, furiosi, e sogghigna leggermente, cercando di non farsi vedere.
«Ci guarda,» le dice, stringendola di più.
Naomi freme, emozionata.
«Cosa facciamo, ora?» gli chiede, mordendosi un labbro e sentendo il moro fare un movimento di bacino decisamente più provocatorio di prima.
Le sorride, iniziando ad avvicinarsi lentamente, e Naomi trema, ma non fa in tempo ad assaporare le sue labbra che, semplicemente, si ritrova tra le braccia un altro.
«E ora mi sono rotto il cazzo!» sbotta Luke, affondandole la mano nei capelli e poggiando le sue labbra su quelle di lei, baciandola con furore.
Nel mentre, Luke, ghignando nel bacio, poggia gli occhi sulla figura di Calum, che si gratta la nuca con forza, prima di stringere le labbra e sospirare.
Ha vinto di nuovo.
 
Ashton è sparito, totalmente, Genesis è andata a ballare con un tipo tutto pompato che l’aveva adocchiata da inizio serata e Naomi e Calum sono spariti da minuti interminabili.
Michael si ritrova a osservare, sotto le luci tiepidi della discoteca, il profilo preciso di Natasha, sentendosi andare le guance a fuoco, ‘ché solo la sua vicinanza lo emoziona.
Natasha è dolce, in ogni cosa.
È dolce nell’aspetto, con le lentiggini leggere sul naso, che è dritto e preciso, con il rossore perenne sulle guance e il profilo perfetto.
Sono dolci le labbra rosee, a cuore, e sono dolci le sopracciglia arrotondate. Sono dolci gli occhi azzurri, allungati, che non trapelano mai la tristezza.
Sono dolci le forme tondeggianti del corpo, non c’è nulla di spigoloso e fuoriuscente.
È dolce di carattere, dimostrandolo attraverso i sorrisi gentili, dati a chiunque, attraverso le carezze spontanee e gli abbracci improvvisi, che da a tutti. È dolce negli sguardi amorevoli e nella risata melodica.
Natasha è dolce anche nei gusti, preferendo il cioccolato alla pizza o una maglia rosa a quella rossa.
Ed è proprio lei che, con dolcezza, passa una mano tra i suoi capelli e l’avvicina a sé, baciandogli la tempia.
‘Ché poi parlano da solo due settimane, ma si sentono così bene, l’uno insieme all’altra.
Non che per Michael sia una sorpresa, lui già se lo aspettava, ma la ragazza quando mai era andata a pensare di sentirsi a suo agio tra le braccia del tinto?
Lui le passa le braccia attorno alle spalle e la stringe di più, affondando il naso tra i capelli castani, che profumano di vaniglia.
La sente sospirare tra le sue braccia e sorridere sul suo collo, facendo passare un brivido lungo la sua schiena e facendola ridere, ‘ché l’ha sentito.
«Ti faccio quest’effetto?» chiede, continuando a sghignazzare, prima di alzare leggermente il viso e trovarsi quello del ragazzo a pochi millimetri, che si passa la lingua sulle labbra e sorride.
«Oh, questo non è niente – dice, sovrastando la musica – mi fai molto di più, tu!» aggiunge, accarezzandole la schiena, lasciata scoperta dal vestito leggermente scollato.
Natasha lo osserva, con occhi incuriositi, ogni tanto si ferma ad osservare la cicatrice in mezzo alle sopracciglia folte, poi alza un angolo delle labbra.
«Cioè?» chiede, poi, avvicinandosi un poco e passandogli un dito sulla mascella, seguendo i suoi tratti e facendolo fremere.
«Hm, tu mi… mi – non sa che dire, ha quasi paura, e poi il “massaggio” che gli sta facendo Natasha, seguendo le linee del viso, lo emoziona troppo – sento il cuore battere più forte, a volte mi fai mancare il respiro e tremare le gambe,» e non vuole aggiungere altro, perché poi dice troppo.
Non sembra che, comunque, lei voglia sentire altro.
Le basta, perché è esattamente ciò che prova lei, quando lo ha vicino, sebbene lo conosce da davvero poco.
Gli sorride, arrossendo ancora di più e guardandolo negli occhi, con i suoi che brillano, felici.
Gli accarezza di nuovo la guancia, con un dito, per poi passare sulla mascella e allungarsi fino alle labbra, tracciandole con delicatezza e osservandone il rossore naturale.
Michael le lascia un bacio sul polpastrello, quasi involontariamente, vedendo Natasha mordersi il proprio labbro inferiore, sorridendo.
«E tu? Provi qualcosa?» le chiede, parlando tra le dita di lei, che annuisce e si lecca un labbro, improvvisamente si sente la gola secca.
«Tutto ciò che senti tu,» gli dice e, sì, sente sempre il cuore batterle forte, ma, appena, con un enorme delicatezza, Michael scosta le sue dita per avvicinarsi fino al suo viso, allora lì lo sente esplodere.
E appena lui poggia con dolcezza le labbra sulle sue, lì lo sente riconformarsi, prima di prendere velocità estrema e fare quasi male, mentre le farfalle nello stomaco sembrano colpire con forza, quasi fossero tori, le pareti.
Michael la stringe di più e, sì, si sente proprio bene.
 
Vorrebbe proprio maledirla, a quell’infame di sua sorella, che l’ha costretta a venire in discoteca – che poi si è fatta trascinare lei – e l’ha mollata da sola a un divanetto rosso, circondato da persone non del tutto pudiche e sobrie.
Ha voglia di tornare a casa, ma non sa dov’è Naomi, e nemmeno Ashton, e, di certo, non si alza da quel divanetto nemmeno ammazzata, perché intrufolarsi tra la massa di gente sudata, ubriaca e, magari, anche fatta, non le va proprio.
Si passa una mano fra i capelli biondi e, subito dopo, sposta lo sguardo felino sulla poltroncina libera accanto a lei, che per grazia di Dio nessuno si era premurato di occupare… fino a quel momento.
Ashton Irwin, vestito con degli skinny jeans neri e una canotta smanicata, che lascia intravedere le braccia muscolose, le sta sorridendo a denti scoperti.
«Ehilà, Venere, come mai tutta sola?» chiede, allungando le gambe e sfiorando, involontariamente, quelle della ragazza.
«Non sono affari tuoi,» borbotta, infastidita dalla presenza troppo allegra, per i suoi gusti, del riccio, che ridacchia e si allunga leggermente verso di lei.
«Perché non vai a ballare? Una come te, lì in mezzo, troverà subito compagnia,» aggiunge, dopo qualche minuto di “silenzio”, per quanto si può definire silenziosa una discoteca.
Venere si agita sul posto e punta gli occhi azzurri in quelli cangianti di Ashton. Cosa intende?
«Mi stai dando della facile? Guarda, non ho nessuna intenzione di andare a letto con qualcuno, tantomeno con qualcuno di quelli lì!» sbraita. Ashton alza le mani in segno d’arresa e sorride leggermente.
«Non intendevo darti della facile – dice, riabbassando le mani – solo che, secondo me, troveresti qualcuno con cui divertirti, al posto di stare qui da sola a fremere dalla voglia di andartene,» aggiunge, alzando le sopracciglia con tranquillità.
Venere sbuffa, alza gli occhi al cielo e poi si gira verso Ashton nuovamente.
«Non ho nessuna intenzione di divertirmi con gente del genere,» dice, alzando le spalle e sperando che il riccio ci perda le speranze, invano.
«D’accordo, allora vieni a ballare con me,» e quello di Ashton sembra più un ordine, che una proposta.
Il ragazzo le sta porgendo la mano e uno dei sorrisi più belli che abbia mai visto, ma lei non ha intenzione di dargliela vinta, sebbene sia una bella proposta.
«No, grazie,» borbotta con acidità, incrociando le braccia, come a voler bloccare ogni sua prossima prova.
«E dai, non fare la frigida!» borbotta Ashton, beccandosi un’occhiata astiosa dalla ragazza.
«Ho detto di no!» dichiara, con un pizzico di nervosismo nella voce. Ashton ride e si alza in piedi, guardandola.
«D’accordo, se non con le buone…» e si sbilancia in avanti tanto velocemente che Venere non se ne accorge, se non dopo circa un minuto di troppo, di ritrovarsi tra le braccia di Ashton.
Incredula, guarda il ragazzo a bocca aperta, mentre si aggrappa meglio alla sua schiena.
«Ma tu sei pazzo! – sbraita, infuriata – mettimi immediatamente giù!» e Ashton ride, mentre inizia a incamminarsi tra la folla, urlando qualche “permesso” qui e là. Venere continua a sbraitargli di metterla giù, ma il ragazzo non ne ha le intenzioni.
E giusto quando sono nel bel mezzo della pista, dove qualcuno si è girato a guardarli, che all’ennesimo “mettimi giù” urlato, Ashton la poggia con poca delicatezza accanto a lui, ridendo, perché la smorfia di Venere, un misto tra sorpresa e rabbia, è seriamente buffa.
«Ma sei pazzo?» grida, spostandosi subito dopo più vicino al riccio perché, dietro di lei, una coppia sta ballando in maniera sconcia. Li guarda schifata e poi si gira verso il castano, che non fa altro che ghignare divertito.
«Oh, smettila, che ti divertirai!» dice lui, iniziando a muoversi a ritmo di musica in maniera orribile.
Perché non è ballare, il suo.
Seppure ci prova, non ci riesce proprio a non ridere, alla vista di tanta goffaggine, e alla fine la ragazza si libera in una risata cristallina.
«Ah, ma allora ridi?» dice lui, sorridendo a trentadue denti. Venere cerca di ricomporsi e alza le spalle, lasciando che un sorrisino le rimanga sul viso.
«Dai, balla un po’!» ulula Ashton, muovendosi con più forza. E Venere, di tornarsene da sola al divanetto non ne ha, pure perché sarà occupato.
Non trova altra via e, alla fine, dopo qualche sbuffo, si ritrova a muoversi a ritmo di una musichetta orribile, stringendo le spalle del riccio per evitare di cadere, che lei così non ci ha mai ballato.
Alla fine non è così male.
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, sfornato tutto ieri!
Cosa ne pensate?
Iniziamo con Naomi che supplica Venere e i Miller che, come al solito, fanno cascare la secondogenita in trappole assurde.
Naomi e Calum che ballano insieme, fino a che Luke non se la porta via.
C’è il mio adorato momento tra Natasha e Michael.
E, infine, un Ashton che obbliga Venere a ballare!
Comunque, non ho nient’altro da dire, spero vivamente che vi sia piaciuto.

Bye bye,
Judith.

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Capitolo 10
*** Risultati ***



 
Imprevisti.

RISULTATI.
 
A chi ottiene risultati positivi, qualunque situazione sia,
A chi li ottiene negativi, sempre e comunque, 
A chi non li ottiene, che nemmeno ci prova.
 
L’ha accompagnata a casa, poi, da sola, ‘ché Naomi era andata a dormire da Natasha, o almeno così le aveva scritto per messaggio.
Ed è stato divertente, perché Ashton si è messo a cantare a squarciagola ogni canzone che gli passava per la testa e Venere non ha potuto fare a meno di notare che, sebbene urlasse un po’ troppo, storpiando le parole a suo piacimento e cambiando melodia o, addirittura, facendo versi strani quando gli sfuggiva il testo, il ragazzo ha una voce splendida.
E poi l’ha fatta ridere da impazzire, anche se, adesso, sveglia sul suo letto, non può che sentirsi male, quasi in colpa, perché ha dato troppo di sé e, no, assolutamente, a lei non piace mostrarsi.
Che poi Ashton, appena arrivati, le ha pure aperto la portiera – cosa che Ethan non ha mai fatto – e, sebbene sono vicini e gli basta guardarla dalla sua porta, l’ha accompagnata fino all’entrata ‘ché “non sia mai sbuchi qualche ladro e io non faccia in tempo a salvarti” e, sì, era una scusa idiota, ma a Venere ha fatto tremendamente piacere sentire la sua mano sulla schiena fino all’ingresso.
E Venere si sente andare a fuoco nel pensare alle labbra tiepide di Ashton che le scoccano un bacio sulla guancia, prima che si giri e le dia le spalle, senza vedere il sorriso imbarazzato e, sì, anche felice di lei.
Si alza dal letto con un nervosismo tremendo, ‘ché poteva pensarci due volte a lasciarsi andare talmente tanto.
Che poi, a farla rodere di più, è che non se ne è pentita sul serio, vorrebbe solo che fosse così.
Ma come fa a pentirsi di una serata felice come quella passata?
Scende dal letto con un movimento veloce, che quasi la fa cadere, prima di uscire dalla camera per dirigersi in cucina e notare, con disappunto, che sono le undici di mattina e, beh, lei non è mai stata una dormigliona.
Ovviamente, come ogni domenica mattina, la famiglia è riunita attorno all’isola della cucina – a parte Naomi – e Venere ha quasi paura di sentire le battutine di Lilian o le domande imbarazzanti di sua madre.
«Buongiorno tesoro,» le dice Igor, appena la nota alla porta, con lo sguardo metà assorto. Venere sorride appena, prima di sedersi accanto a Kendra, che le stampa un bacio sulla guancia.
E, «non ci dici niente?» Lilian attacca subito, ‘ché mica può aspettare troppo, mentre spalma la marmellata ai frutti di bosco sul pane tostato.
Venere la guarda di sfuggita, prima di acchiappare la brocca di cioccolata calda a occhi bassi e versarsela nella tazza azzurra.
«Non ho niente da dirvi,» borbotta, infastidita, senza alzare gli occhi dalla propria bevanda.
«Ah no? Nemmeno se ti sei divertita o meno ieri?» chiede Nieves, studiandola con gli occhi azzurri, lasciando che le labbra color pesca si alzino in un sorrisino beffardo.
Igor si fa sull’attenti, che non sia mai si perda qualche dettaglio di troppo, mentre Tatjana sorride divertita e amorevole, perché le vede le gote leggermente più rosate del solito, su Venere.
«Uhm, nulla di che,» mormora in risposta la secondogenita, nascondendo il proprio sorrisino nella tazza, che si porta alle labbra.
«E con Ashton? Ti sei divertita?» chiede Lilian, passandosi una mano tra i capelli biondi e corti e lasciando che il gomito si poggi sul tavolo.
«Mah, ci sono stata poco e niente,» dice, alzando le spalle con finta, fintissima nonchalance, mentre ripercorre gli avvenimenti con il riccio nella testa.
Che c’è stata poco e niente è la menzogna del secolo, ‘ché c’è stata spiccicata, nel vero senso del termine, perché quando hanno ballato non ha potuto fare a meno di circondargli le spalle con le braccia e sentire i petti che si scontravano il più delle volte.
«Ah, quindi quel piccolo, innocuo e leggero bacio sulla guancia non te l’ha dato per qualche avvicinamento tra voi due?» Igor sente il viso infiammarsi, mentre guarda Venere che sgrana gli occhi e tossisce.
«Mi avete spiato? – urla, poi, guardando le due sorelle ridere, mentre Kendra le osserva divertite – voi, brutte str-»
«Piano con le parole!» urla, sovrastandola, Tatjana, portando le mani alle orecchie di Kendra e osservando Venere che inizia una serie di insulti poco delicati verso le sorelle.
E Lilian e Nieves, ovviamente, non possono che ridere.
 
Sta correndo per la strada, incurante degli sguardi della gente e delle sue condizioni.
È che Luke non c’è cascato e, alla fine, se l’è solo portata a letto, senza volere niente di più, di nuovo.
Ci sperava sul serio, ma gliel’ha detto, giusto venti minuti prima, che, beh, “bella serata, ma ora puoi anche andartene” e fa male, dopo tutti gli sforzi, pensare di non essere abbastanza.
Che poi ha passato una delle migliori serate esistenti, perché, forse solo per lei, non è stato sesso e basta, c’era molto di più. Ogni movimento era dettato da una passione esagerata e ci ha sperato, che fosse così anche per lui, quando le ha mormorato con tono basso un “voglio farti scordare del tutto di Hood, babe” e, ok che Calum comunque non se lo toglieva dalla testa, perché era presente come se fosse stato lì, ma a lei quella frase era sembrata così vera che ci ha sperato, che glielo facesse scordare.
E invece no, è stata una stupida, una ingenua, a credere che Luke potesse cascare nella trappola, amarla, dedicarsi a lei e basta.
Apre la porta di casa e si fionda in camera sua, sentendo qualche urlo inferocito nella cucina e qualche risata di troppo, ma poco ci fa caso, ‘ché tanto sarà Venere e la solita sfuriata.
E forse ha fatto tutto poco silenziosamente, perché quando entra in camera tutti si sono zittiti e, ci scommette, l’hanno notata, e con lei hanno notato anche il suo dolore.
La porta si apre nell’esatto momento in cui Naomi esplode nuovamente in lacrime e le facce confuse delle sorelle – a parte Kendra – fanno capolinea nella stanza.
Lilian si fionda sul letto, abbracciandola stretta e accogliendo i singhiozzi, mentre Nieves si siede delicata all’altro lato del letto e Venere, dopo aver chiuso la porta, si siede di fronte, a gambe incrociate, osservando il viso contorto di Naomi.
«Cos’è successo, bocciolo?» chiede premurosa Lilian, cullandola tra le braccia mature, mentre Naomi si asciuga le lacrime con la manica, sebbene queste non smettano di scendere.
«Sono una stupida,» mormora, a voce strozzata, mentre Venere capisce che, Natasha, non l’ha nemmeno vista la sera prima e…
«Da chi sei andata a dormire, ‘Omi? – chiede, osservandola con gli occhi affilati – voglio la verità,» aggiunge, prima che la ragazza possa dire qualche cretinata.
«Io, io, n-non – sospira, portandosi la mano sul viso e asciugandosi nuovamente le lacrime – da Luke,» aggiunge, e, Venere, non può che chiudere gli occhi e sospirare.
Chissà come sta il moretto, pensa.
«E?» chiede Lilian, stringendola.
«Pensavo che, finalmente, fosse disposto a iniziare qualcosa tra di noi, dopo la scenata di gelosia ma… ma niente, mi ha scopata e poi mi ha buttata fuori di casa sua, come se nulla fosse…» sentono tutte e tre salire il veleno fino al cervello, violentemente, e Venere si immagina già che, il giorno dopo, tocchi farci una bella chiacchierata, con il biondo.
 «Che stronzo!» dice Nieves, chiudendo i pugni.
«Un pezzo di merda!» aggiunge Lilian, sconcertata.
«Spero che proverà atroci sofferenza quando si innamorerà per la prima volta,» aggiunge Venere, schifata da lui.
Naomi si ritrova a sorridere, perché ama così tanto le sue sorelle.
«E il moretto? – chiede, poi, la secondogenita, facendo corrugare la fronte alle altre – insomma, è carino, lui, eh!» aggiunge, mentre Naomi sente andare in fiamme le guance e nemmeno sa perché.
«Ma chi, Calum? Lui, beh, lui è solo un amico,» borbotta, passandosi una mano fra i capelli.
«Un amico piuttosto intimo, non dici?» ribecca Venere, alzando un sopracciglio biondo e facendo arrossire furiosamente Naomi, che proprio non si riesce a spiegare la sua reazione.
«Non proviamo niente l’uno per l’altra, Venere, siamo solo amici,» dice, con un sussurro, mentre la secondogenita lancia uno sguardo alle altre due, spiegandogli che avrebbe raccontato tutto dopo.
«Questo è quello che pensi tu, ma hai mai pensato a ciò che pensa lui?»
No, non ci ha mai pensato.
 
E Genesis era incazzata da morire, quando lo ha chiamato, costringendolo a uscire di casa in dieci minuti, con i capelli cascanti sulla fronte e i vestiti sgualciti della sera prima infilati di fretta.
E Genesis era incazzata da morire, appena era arrivata al parco con la fronte corrugata e gli occhi affinati.
E lo è ancora, mentre lo guarda dall’alto, in piedi di fronte a lui, seduto su una panchina diroccata, e ha le mani sui fianchi fini.
«Sei uno stronzo,» gli sussurra, affilata, con le parole che sembrano infilzarsi nella sua carne lentamente.
«Sei qui per difendere tuo cugino? Sappi solo che Naomi è più mia che sua, non aveva nessun diritto di prendersela – borbotta, infastidito, mentre Genesis sente il sangue salire al cervello e un’incredulità da far paura – e poi è tutta una cazzata per farmi ingelosire, l’hanno capito persino i muri!» aggiunge, lo sguardo che si sposta verso il resto del parco.
«Naomi non è un cazzo di oggetto, non lo possiedi tu e tanto meno Calum, ma te la sei portata a letto solo per sfizio, ‘ché lo so che non sei minimamente interessato a lei,» grida, arrabbiata, incrociando le braccia.
«E cosa posso farci? L’amore non fa per me, lei lo sa e sempre lei continua a venirmi dietro,» ribatte, allargando le braccia e sprofondando ancora di più nella panchina.
«Da quel che so sei stato tu ad andarle a fare la scenata,» dice, evitando accuratamente di dar voce ai suoi pensieri sulla cazzata che l’amore non fa per lui.
Luke sbuffa, osserva gli alberi ma non lei.
«Senti, a me quel teatrino stava andando sulle palle, ok?» sbotta, poi, piegandosi in avanti e incrociando gli occhi cerulei con quelli scuri di lei, che scuote la testa, infastidita.
«Sei proprio un egocentrico, Luke – borbotta, facendo scoccare la lingua sul palato – tu non vuoi perdere, mai, e ti diverti a prenderti gioco degli altri, dei sentimenti altrui – aggiunge, sorridendo senza allegria – e sai che c’è? Continua così, poi se rimarrai solo non ti lamentare mica!» si sistema la borsa sulla spalla e gli sta già per dare le spalle, prima che il biondo si alzi di scatto e la guardi con occhi enigmatici.
«E con questo cosa intendi dire?» le chiede, soffiando tra i denti bianchi e inclinando di poco il volto, seppure Genesis non si faccia intimorire da tale scena.
«Che sei uno stronzo, una emerita testa di cazzo – gli grida contro, puntandogli un dito in mezzo al petto – e Natasha t’ha lasciato solo proprio per questo, perché vuoi essere al centro del mondo, sempre, e se ne accorgeranno anche gli altri, un giorno, e addio il Luke circondato da gente, facciamo parte a quello lasciato in disparte, che tutti odiano, perché si diverte a prendersi gioco della gente – sputa furiosa ogni parola, che ha preso in giro anche suo cugino, troppo spesso per lasciar passare – e sai cosa? Che inizierò proprio io, ciao Luke!» gli da le spalle, poco attenta al boccheggiare del biondo, ferito dalle parole.
Un braccio gli circonda il busto e lei si sente stringere da dietro. Ma no, non ci vuole cascare nella trappola del ragazzo, non vuole farsi fregare anche lei.
Sente le braccia rafforzare la presa, il viso di lui che si pianta sul suo collo e, sì, si sente andare a fuoco e quasi ci casca, ma poi si riprende.
«Lasciami, Luke,» soffia, infuriata, cercando di staccarselo di dosso, ricevendo l’effetto contrario.
«Ti prego, ti prego, non lasciarmi anche tu,» le sussurra sul collo, facendola rabbrividire, ‘ché sente il respiro di lui sulla pelle.
«Hai fatto tutto da solo, Luke… sei tu che distruggi gli altri, capisci? E io non voglio che mi farai del male,» lo prende dai polsi e cerca di staccarlo.
«Non ti sto prendendo in giro, davvero! Ti prego, Genesis… n-non lasciarmi anche tu!» le dice, la voce meno ferma e il volto che piomba ancora più a fondo nel collo.
E sì, davvero, Genesis ci sta quasi per cascare, ma non è stupida, ‘ché le stesse cose avrà detto a Naomi, a Natasha, a tutti gli altri.
Ma Luke distrugge le persone, di conseguenza distrugge sé stesso.
E nemmeno  se ne accorge.
«Devo andare, Hemmings – gli dice, strattonandosi via – mi dispiace, l’hai voluto tu,» e non si gira, che ha quasi paura.
E lo lascia lì, solo, di nuovo.
 
Louise sbuffa per la settima volta nel giro di un’ora, mentre Jacob osserva di sottecchi la sorella minore, chiedendosi il perché del sorriso a trentadue denti.
È che Natasha non è felice… è decisamente molto di più.
E non può fare a meno di farlo notare con lo sguardo sognante, mentre gira il caffè-latte che, oramai, si sarà miscelato per bene, e ogni tanto sospira, a bocca aperta e tremendamente sorridente.
E Louise non può fare a meno di sbuffare per l’ottava volta, ‘ché le da così tanto fastidio l’espressione da ebete sul viso della sorella. Poi, nemmeno la capisce. Insomma, è andata in discoteca, e poi? Che cazzarola ha fatto, in più? Mah, sembra innamorata.
Ah, che schifo, non ci vuole nemmeno pensare a una Natasha innamorata, già come parlava di Luke, il suo – ex? – migliore amico era tutto rosa e fiori, se si innamora cosa le diventa?
Jacob affina di più gli occhi quando Natasha prende il cellullare e sorride ancora di più, rispondendo al messaggio che le è appena arrivato, come una undicenne alla prima cotta.
E ha paura, ‘ché mica può permetterle di avere un ragazzo.
Ha soli diciotto anni, è troppo piccola, per lui.
E, «Chi è?» le chiede, quindi, allungando un poco il collo e cercando di scorgere un nome, invano, ‘ché Natasha gli ha bloccato lo schermo davanti.
«Nessuno,» dice, con la velocità di un raggio e la faccia di chi è stata beccata a fare qualcosa di illegale e pericoloso.
Louise inarca le sopracciglia e la guarda, sospettosa, ritrovandosi a maledire di aver pensato, effettivamente, giusto.
«È il tuo ragazzo?» le chiede, allora, facendola sussultare sul posto e facendole scuotere la testa con veemenza.
«Ma no, cosa dici?» ridacchia, colta sul fatto, mentre Jacob la osserva smuoversi nervosamente sulla sedia.
«E allora chi è?» chiede, sospettoso, ‘ché lui non è proprio uno sveglio, ma non gli sfugge mica il comportamento strano della sorella minore. E poi Louise è sospettosa quanto lui, basta a fargli credere di avere ragione.
«Uhm… è… Naomi, ovvio, no?» borbotta, fingendo ovvietà con un movimento di spalle e uno sguardo a dir poco rimbecillito.
«Ma per favore, tu e Naomi non vi scrivete mai, vi telefonate solo – borbotta Louise, passandosi una mano fra i capelli castani, nel mentre un sorriso beffardo le si apre sul viso – chi è? E dai, posso capire che non vuoi dirlo a Jacob, ma a me!» aggiunge, aprendo le braccia e sistemandosi meglio sulla sedia di legno.
Jacob le lancia un’occhiataccia, piccato, prima di girarsi di nuovo verso Natasha e socchiudere gli occhi.
«Non ho molto da dire, Natasha – borbotta, alzandosi e prendendo la tazza bianca – a parte che devi dire, a questo, che gli spezzo le ossa, poco mi importa chi sia!» Natasha si sente andare a fuoco e Louise sorride divertita alla gelosia del fratello, che posa la tazza nel lavandino e se ne esce dalla cucina.
«Ok, dai, su, se n’è andato – cinguetta Louise, eccitata – dimmi chi è, ti prego!» quasi scongiura, osservando la sorella arrossire e mordersi il labbro inferiore.
«Si chiama Michael,» mormora, sorridendo a trenta due denti, al ricordo della sera prima, ‘ché mica si sono fermati al primo bacetto, eh!
«E?» Louise la spinge a continuare, con un movimento delle mani.
«È casinista, si sente solo lui, a volte, e mangia in maniera disumana, facendomi quasi vergognare, è suscettibile, l’ammetto, ed è forse quasi troppo dolce, per una come me, ha le mani ruvide e rovinate perché suona la chitarra 25 ore su 24 e la barba ispida, ‘ché non si rade mai, e dei capelli terribilmente egocentrici… però mi piace, e anche tanto,» borbotta, poi, facendo quasi strozzare Louise dalla descrizione, ‘ché tutti si aspettava, meno che uno del genere.
«C’è altro?» chiede, guardandola da sopra a sotto.
«Oh, beh, ci siamo baciati, ieri,» e Natasha arrossisce di nuovo, al ricordo.

 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, cosa ne pensate?
Abbiamo il ricordo di Venere alla sera prima e le sorelle Miller che si divertono a stuzzicarla.
C’è Naomi che, beh, è stata fregata nuovamente.
Una bella litigata tra Genesis e Luke, quest’ultimo che viene mollato costantemente da solo e Genesis che non ha voglia di soffrire ancora.
Infine una rimpatriata tra i fratelli Wood che fanno il terzo grado alla minore.
Uhm, devo scappare, ho un po’ di roba da fare, ma vi prego di dirmi cosa ne pensate e, soprattutto, di perdonarmi gli errori, ‘ché non ho riletto!

Vabbuon, vi lascio.
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 11
*** Ruota di scorta ***



 
Imprevisti.

RUOTA DI SCORTA.
 
A chi si sente la seconda scelta,
A chi fa sentire gli altri una seconda scelta,
A chi ha la fortuna di essere sempre e solo la prima.
 
È che è seriamente arrabbiata, mentre guarda  la tipa strusciarsi sul biondo che, però, ha tutto tranne un’espressione felice, eppure continua a sorriderle, falso, portandole una mano sulla coscia, molto, troppo vicino alla zip dei pantaloni.
Magari il giorno prima ci ha pure pianto, ma ora freme, furiosa, che continua a non filarsela, a usarla, sebbene il suo amore illimitato. In più, lui, si permette persino di farle scenate di gelosia per portarsela solo che a letto.
Ci sperava, però, che con Calum cambiasse qualcosa, essendo la nemesi per antonomasia del biondo… e si sbagliava, di nuovo.
Si guarda attorno, gli occhi lucidi e le braccia incrociate, poi, senza nemmeno farlo apposta, scontra la figura di spalle di Calum, intento a fumare e a chiacchierare con Ashton e Michael. Non ci pensa due volte a dirigersi verso di lui con furore, e, appena arriva a destinazione, acchiappa la manica della camicia di Calum e lo gira verso di sé, spaventandolo quasi da tanto impeto.
Calum strabuzza gli occhi, sussultando, lasciando che la sigaretta scivoli dalle dita, ma poco gli interessa, ‘ché davanti a sé ha la passione in persona e, questa, nemmeno se ne accorge.
Naomi si spinge verso il moro e unisce le loro labbra con forza, mettendogli una mano dietro la nuca e l’altra sulla spalla, tirandoselo contro.
Calum rimane per qualche secondo fermo, con gli occhi chiusi, quasi strizzati, e le mani sollevate in aria, prima di poggiarle su di lei, una sulla guancia e l’altra a circondare la schiena. Ricambia il bacio con più passione e prepotenza della ragazza, perché forse aspettava quel momento da un po’ troppo.
Si sentono fischi ed urla acclamanti, ma loro non ci fanno caso, troppo impegnati in uno scambio di lingue – o forse di anime – e Calum lo sa che, quel bacio, non è certamente perché la ragazza prova qualcosa per lui.
Assolutamente no. 
Lo sa che Naomi ha avuto quello sprizzo di follia solo per far ingelosire quella merda con le gambe. Eppure si lascia andare, tanto da sentire le bombe nello stomaco e nel petto, le orecchie ovattate e la mano che scorre con dolcezza sulla guancia, sul collo, tra i capelli biondi di Naomi.
E lo sa che, a fine di quel bacio, sentirà il mondo sgretolarsi tra le mani, ma fa finta di niente.
Naomi avvicina ancora di più il moro a sé, perché lo vuole sentire tutto, ogni singolo muscolo. Si avvicina così tanto da poter sembrare parte di lui. Lo bacia vorace e, senza nemmeno accorgersene, a Luke non ci pensa, ‘ché Calum la bacia con un misto di delicatezza e ardore che la fa impazzire.
Il cuore le martella nel petto e, giusto per un attimo, ha paura che le esca di fuori. Lo stomaco è sottosopra e non è sicura di poter definire, qualunque cosa stia svolazzando nella sua pancia, farfalle, a lei sembrano più giganteschi draghi sputa fuoco. 
Si staccano da quel bacio senza allontanarsi di un millimetro, giusto per riprendere un po’ di fiato e concedersi uno sguardo ed un respiro. Calum ha gli occhi brillanti e lucidi, mentre ricambia lo sguardo con tanta di quell’intensità da far tremare Naomi.
Non ha la forza di staccarsi e continua ad unire le loro fronti, ansimando e tenendo la mano sulla guancia bollente di lei, fregandosene degli sguardi attoniti ed esterrefatti dei loro amici.
Naomi avvicina di poco le labbra, giusto per dare un altro bacio e sentire ancora il sapore di tabacco nella bocca del moro. Calum ricambia il bacio con più dolcezza, stringendosi nelle spalle portando anche l’altra mano sull’altra guancia, circondandole il viso, pauroso di doversi staccare e di dover finire quel momento che lo sta riempiendo di gioia.
Quando si staccano, definitivamente, Naomi si allontana di poco, quel che basta per far vedere la differenza tra un corpo e l’altro, continuando a tenere gli occhi di ghiaccio fissi in quelli caldi e infuocati di Calum.
Poi il viso del ragazzo si contorce in un’espressione enigmatica.
Lo vede guardarla un altro secondo, di sfuggita, prima di abbassare lo sguardo verso terra, stringendo le mani a pugno, una dentro l’altra, mentre si gira piano e si inizia a incamminare verso l’entrata, senza dire niente.
È che a Calum scoppia la testa, si sente la ruota di scorta, nuovamente, e di pensare che, dopo essere stata con il biondo va da lui, probabilmente per l’ennesimo rifiuto, fa quasi male.
 
Luke si è ritrovato a rabbrividire, di fronte alla scena patetica fatta da Naomi, che si è slinguazzata con Hood per bene, facendo quasi vedere le tonsille.
Non è geloso, ma è che a lui è sempre piaciuto pensare di essere l’unico a poter sovrastare una ragazza, facendola sua in tutti i modi, vedendola sbavare perennemente per lui.
Certo, lo ha ripetuto più volte, non sa cos’è l’amore, perché non fa per lui, ma il sesso sa bene cos’è, e gli piace, di questo ne è sicuro.
Insomma, se l’è presa troppo, Naomi, lo sapeva già come sarebbe andata a finire! Sperava sul serio che ci sarebbe stato, a fare una relazione? Lui? Nah, non è il suo genere.
Che poi pure Genesis si è arrabbiata, solo perché protettiva nei confronti di quel coglione di Hood, come se non lo sapesse già cosa la bionda provasse per lui.
Oh, dai! Si notava che era tutta una scenata, solo che, probabilmente, Genesis non lo sapeva.
Dio, quanto odia quel moro del cazzo, gli ha tolto tutto! Natasha, Naomi, Genesis.
Entra in classe che il suo nervosismo si vede a distanza di miglia, forse per gli occhi affinati, la mascella contratta o i pugni chiusi – su cui qualche cicatrice è ancora visibile, ma poche sono aperte.
È che non ha voglia di starsi a sentire le lagne su chissà quale autore del cazzo che, a lui, non interessa minimamente. E non ha voglia di sentirlo perché, probabilmente, uscirà fuori quel sentimento presente in quasi tutte le poesie al mondo: l’Amore.
Ok, Luke non dubita della sua esistenza, assolutamente, è solo che non pensa di meritarselo, lo vede così difficile per uno come lui.
Non sa nemmeno cosa si sente, quando si prova dell’amore verso qualcuno.
Scuote la testa, cercando di ritornare in sé, che è rimasto per troppi secondi bloccato all’uscio della porta e lo stanno osservando tutti, con espressione stranita, a parte una persona.
E chi potrebbe essere mai, se non Genesis, che ha deciso che, l’indifferenza, è la migliore arma?
Si avvicina a lei e osserva come, il suo posto, è bellamente occupato da una borsa.
«Posso sedermi?» le chiede poi, mordendosi il labbro inferiore e osservando come gli occhi di Genesis si raggelino, ancora fissi sul proprio foglio.
Scuote le spalle, sente qualche fastidio in un po’ di punti del corpo, ma un fastidio interno, mica lo sa cos’è.
«Non vedi? – soffia lei, inasprita – è occupato,» aggiunge, senza osare portare gli occhi su di lui.
«Da una borsa?» ride, con una punta di sarcasmo e senza allegria, che lei lo vuole cacciare, in pratica.
«Meglio di te è!» ringhia.
Luke si porta una mano tra i capelli, prima di acchiappare la borsa e posarla a terra, con delicatezza, mentre si siede con furia, facendo stridere la sedia per terra.
E Genesis è già pronta ad alzarsi e andarsene, guardando fisso davanti a sé, se non fosse che una mano gli circonda il polso e la tira a sedere, di nuovo.
«Smettila, porca troia, Genesis! – ulula Luke, stringendo la presa – e guardarmi, al posto di scappare!» ma lei non ha intenzione di farlo, ‘ché ha quasi paura di cascarci, di affogarci, in quegli occhi.
Che, la sera prima, mica c’era rimasta tanto indifferente al suo allontanamento.
Scuote la testa, portando gli occhi neri sul foglio e cercando di staccare il proprio polso dalle dita dell’amico che, però, stringe ancora di più e si avvicina a lei.
Sospira, Luke, che gli fa male essere trattato come se fosse l’ultima persona sulla terra a essere voluta.
Allunga le dita fino a incrociarle con quelle di lei e mica lo sa cos’è la morsa allo stomaco – probabilmente ha semplicemente fame.
Le prende con l’altra mano il viso, facendo pressione per girarlo verso di sé, cercando di scontrare i loro sguardi.
Genesis ha gli occhi bassi, però, e sente Luke sospirare nuovamente, ferito, stanco.
«Genesis – mormora, piano – Genesis, ti prego, guardami,» aggiunge, e forse è che lo dice in modo quasi disperato, perché si ritrova a guardarla davvero negli occhi e, senza farlo nemmeno volontariamente, sorride.
«Non ho intenzione di prenderti in giro – le dice, ritornando serio – non voglio farti del male, Genesis, credimi,» ma lei non ce la fa.
Anche suo padre diceva così.
Si scosta, come bruciata, mentre la professoressa fa la sua trionfale entrata e, per la prima volta, sospira di sollievo.
 
A Natasha sarebbe proprio piaciuto andare a fare una bella chiacchierata con Luke, magari urlargli contro per ore, facendogli capire quant’è stato coglione a usare nuovamente Naomi, non facendo soffrire solo lei.
L’ha visti, poi, gli occhi di Calum, distaccati, con un muro di fronte a evitare che qualcuno legga in essi, ritrovando ogni tipo di debolezza che, probabilmente, aleggia in lui da sabato sera.
Ha sbagliato, con quel bacio melodrammatico, Naomi, che lui l’ha capito che è solo per risentimento dell’ennesimo “no” detto schietto. Ma lo sapeva, ci scommette tutto, che lo sapeva, ‘ché va avanti così da un anno sebbene Natasha abbia fatto la predica al ragazzo più e più volte.
Davvero, quel povero moretto le fa pena, che sembra avere il mondo contro, per qualsiasi cosa.
Si stringe nelle spalle, spostando gli occhi, poi, proprio sulla figura del soggetto dei suoi pensieri.
Calum ha le spalle ricurve, stanche, che si stringono verso l’interno. Ha le braccia lasciate mosce sul banco e non muove nemmeno il piede a tempo di musica immaginaria come farebbe di solito.
E le fa pena, sul serio, più lui che Naomi, perché, ripete, ha sbagliato lei a baciarlo in modo così passionale, usandolo per far ingelosire Luke – che poi non si ingelosisce, è inutile provarci.
La campanella suona e, sospirando, non può che essere felice per la fine delle lezione, ‘ché mica ce la fa a sopportare altre ore di scuola.
Esce dalla classe, non prima di essersi fermata di fronte al moro, svegliandolo dal suo sogno, dandogli un bacio sulla guancia.
«Cammina, Cal, Michael ci aspetta fuori,» gli dice, sorridente, mentre il ragazzo la guarda con occhi affilati.
«Al massimo aspetta te, fuori, a me non fila per niente!» ribatte, facendo ridere la castana, che si avvicina e lo abbraccia – cosa che non fa tanto spesso, ma è come se ne sentisse il bisogno – le braccia di Calum la stringono a sé, circondandole i fianchi.
«Cos’è? Ti faccio pena perché Michael non mi fila?» scherza il moro, staccandosi dall’abbraccio.
«Ti pare! – ride Natasha – uno non può volere un abbraccio e basta?» dice, poi, piccata, guardando Calum scuotere la testa e avviarsi verso l’uscita.
In pochi minuti sono nel cortile, con gli occhi trasparenti di Michael che li osserva avvicinarsi, un sorriso delicato sul volto pulito.
E Natasha non sa proprio come salutarlo, che la mattina non si sono visti e, beh, bacio o no?
Calum ride, vedendola struggersi all’interno, tirando una sberla sulla spalla dell’amico, che nemmeno lo guarda, a lui. Si allontana, poi, verso Ashton, rimasto seduto sul muretto che, beh, dopo ore di scuola mica ha voglia di stare in piedi.
E Natasha si blocca di fronte a Michael e sorride, arrossendo, osservando timidamentel’amico – se così lo può chiamare – che le si avvicina per niente titubante, prendendole il viso tra le mani e baciandola con forza, premendo le labbra carnose su quelle di lei, che si aprono in un sorriso, ricambiando il bacio con sempre meno timore.
Ashton ride, lo sentono urlare un “prendetevi una camera, cazzo” e questo non fa che farli sbottare in una risata durante il bacio, ma Michael non ha voglia di staccarsi da lei, ‘ché, non sa come, le labbra di Natasha sanno di fragola.
E sono dolci, tremendamente dolci, così come lei.
Si staccano dopo un po’ e Michael non può fare a meno di stringerla a sé e di ridacchiare sul suo collo, facendola rabbrividire.
«Non sapevo proprio come salutarti,» borbotta Natasha, poi, imbarazzata, facendo ridere nuovamente il ragazzo.
«E meno male che ci sono io, allora!» risponde il ragazzo, prendendole una mano e intrecciando le proprie dita.
Si sporge per un altro bacio, più delicato e meno profondo dell’altro.
A farli staccare, poi, è un ringhio grottesco a pochi passi da loro e, nel sapere la provenienza, a Michael viene da ridere.
Luke Hemmings è nervosetto. 
 
Sta leggendo “I passi dell’amore” di Nicholas Sparks per l’ennesima volta e ormai ha persino smesso di lacrimare ogni volta.
L’aria sta iniziando a freddarsi, questi giorni, e lei ne è felice, perché di andare a scuola con la camicia quando fa caldo non le piace per niente. E in più, quando fa freddo tendono a mettere più freni a Naomi, così evita di ritrovarsi in discoteca nuovamente, ad annoiarsi seduta su un divanetto ad un angolo o a venire costretta da Ashton Irwin a ballare.
Non che non si sia divertita, ma è stato piuttosto imbarazzante ritrovarsi le occhiate stranite dei compagni di scuola, che frequentano la discoteca, addosso. Insomma, si sa che vedere Venere Miller ballare, divertirsi e, soprattutto, ridere non è una cosa da tutti i giorni, ma era abbastanza fastidioso.
Che poi è abbastanza strano che Ethan non abbia detto nulla, a proposito… ma poco gli frega.
Qualcuno si è seduto accanto a lei e vorrebbe proprio sbraitargli contro, perché il parco è vuoto e ci sono miliardi di panchine disponibili.
«Tanto muore,» la voce squillante di chi, oramai, pensa la perseguiti le arriva alle orecchie. Venere alza gli occhi al cielo e chiude il libro di botto, ‘ché ormai sarà inutile continuare a leggere, lo sa.
«Che cosa fai, mi perseguiti?» brontola lei, riponendo il libro nell’enorme casacca pervinca che ha appresso.
Ashton ridacchia e si stravacca meglio sulla panchina, allungando le gambe, esattamente come aveva fatto in discoteca, e mettendo le braccia incrociate dietro la testa, alzando gli occhi verso il cielo lucente.
«No, passavo di qui e ti ho visto, così ho pensato, perché non venirle a rompere l’anima? Ne sarà felice,» scherza e Venere si costringe a non sorridere.
«Non penserai mica che, dopo l’altra sera, siamo diventati qualcosa tipo… amici, vero?» borbotta lei, ‘ché, ok, si è divertita, gli è piaciuto, ma no, non può sciogliersi per qualche sorriso e cretinate rare, non vuole assolutamente aprirsi con qualcuno, affezionarsi, non vuole mostrare la vera sé, e Ashton ha iniziato a prendersi troppa confidenza – anche se, poi, a lei non fa che piacere, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo.
Ashton diventa serio in poco tempo, continuando a osservare il cielo con un cipiglio severo, poi, senza guardarla, sbuffa.
«Smettila di essere così seria – borbotta, incrociando le braccia sul petto e raddrizzando il viso – non sei più bella, se fai così, sai?» aggiunge, girandosi verso di lei.
Nessun sorriso spunta sul suo viso.
«Dovresti iniziare a divertirti, a vivere la vita, invece di assicurarti sempre di essere perfetta– Venere vorrebbe replicare – che poi, la serietà, non è sinonimo di perfezione, anzi,» si gratta con una mano il mento e smuove gli occhi verso il parco.
«Io non voglio essere perfetta…»
«Invece sì, lo si nota da come ti muovi, dal fatto che non ridi mai, imitando chissà quale prototipo di bellezza, lo si nota da come vai bene a scuola e da come trovi qualunque cosa differente da te imperfetta – dice, sorridendo leggermente, senza allegria, abbassando lo sguardo sui suoi anfibi – e anche dal fatto che stai con quello scimmione e si vede lontano un miglio che ti fa ribrezzo, o aggiungiamo il fatto che odi tutte le tue compagne di squadra? Eppure ci stai insieme, solo perché così va fatto, per essere perfetti,» aggiunge, alzando gli occhi cangianti sul viso etereo di Venere, contratto in una smorfia di concentrazione e nervosismo.
«La perfezione non è nella serietà, nella menzogna e nella falsità, Venere,» si alza dalla panchina e la osserva per qualche minuto, dove il silenzio è l’unico rumore del momento.
Venere osserva la maglietta di Ashton, che di alzare gli occhi non ne ha voglia.
«Sai quand’è che ti ho trovato perfetta?» chiede, poi, infilandosi le mani nelle tasche dei jeans e continuando a osservare la bionda, che scuote la testa, curiosa.
«Quando ti ho visto ridere per la prima volta.»
Ed esattamente come è arrivato, se ne va.

 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, che ne dite?
Abbiamo il primo passionale e lungo bacio fra Calum e Naomi.
Poi c’è Luke, che prova un approccio con Genesis, sebbene questa non ne voglia sapere, perché ha paura di rimanerci ferita.
C’è Natasha e il suo monologo interiore, un piccolo discorso con Calum e il bacio con Michael, che ha fatto innervosire ancora di più il nostro biondo.
Infine, in un parco, c’è Venere che legge un libro e Ashton che sembra stalkerarla.
Allora, cosa ne pensate?
Fatemi sapere!
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 12
*** Dibattiti ***



 
Imprevisti.

DIBATTITI.
 
A chi ha sempre da ridire,
A chi interviene nonostante non c’entri nulla,
A chi sta in silenzio e ascolta, meglio di chi parla.
 
Lo sa tutta la scuola che Venere ha mollato Ethan Harrison, perché sì, le voci girano velocemente, soprattutto sui vip.
Gli ha semplicemente detto che non ha mai provato nulla, per uno come lui, decerebrato, rozzo, ignorante, e sarebbe inutile continuare a mentire per seguire il prototipo dato da film, telefilm e cazzatine del genere.
È l’ora di pranzo e Venere sta sistemando le ultime cose nell’armadietto, ogni tanto sbuffa perché le nota le occhiate maliziose dei ragazzi a pochi passi da lei, che ora possono permettersi di squadrarla, non essendo più campo minato.
È pronta ad accollarsi a sua sorella, in mensa, ‘ché non le va per niente di stare in mezzo al solito gruppo, che già hanno iniziato a guardarla male tutte ed è seriamente fastidioso.
Infila l’ultimo libro e chiude l’armadietto, sussultando subito dopo perché, accanto a lei, Ashton Irwin è poggiato al muro con una spalla.
Ha le gambe e le braccia incrociate, un sorriso sghembo sul viso che lascia intravedere due fossette e un sopracciglio alzato, coperto leggermente dai ciuffi ricci che ricadono sulla fronte, troppo lunghi per essere trattenuti dalla bandana nera.
«Ma è possibile che tu appari sempre all’improvviso?» mormora Venere, portandosi una mano sul cuore e socchiudendo leggermente gli occhi. Ashton ridacchia, allegro, e si rizza in piedi, alzando le spalle.
«Quindi l’hai lasciato, eh?» chiede, sorridendo beffardo.
Venere sbuffa, alza gli occhi al cielo e annuisce piano, a fatica.
«Scommetto che l’hai fatto perché te l’ho detto io – gongola, mentre la bionda gli da le spalle e si incammina verso la mensa – l’hai fatto per me, vero?» aggiunge, attirandola a sé e passandole un braccio sulle spalle minute, stringendola al suo fianco.
Venere gli lancia un’occhiataccia e sbuffa nuovamente, evitando di farsi scappare un sorrisino per l’espressione di lui.
«No che non l’ho fatto per te – borbotta, infastidita – l’ho fatto per me, al massimo,» aggiunge, girandosi a guardarlo.
Ashton le sorride, intenerito.
«Ma se non ci fossi stato io non l’avresti fatto, vero?» e Venere gli lancia un’occhiata arcigna, sospirando.
Che poi ha ragione ma non lo ammetterà.
«Hai fatto bene, comunque,» le dice, poi, posandole la mano sulla testa e scuotendola con delicatezza. Venere si scosta e si sistema i capelli, evitando di far notare il sorrisino divertito.
Sono arrivati, ormai, di fronte alla mensa.
«Staccati ora, che sennò penseranno tutti che l’ho mollato per te,» mormora, scivolando via dalle sue braccia.
«Ma tu l’hai mollato per me!» dice lui, giocoso, acchiappandola per un braccio e riportandola sotto di sé. Venere ringhia, infastidita, prima di scivolare via nuovamente.
«Vai convinto, Ashton!» gli dice, girandosi di poco verso di lui, mentre entrambi si incamminano dentro. Miliardi di occhi indiscreti si posano su di loro e ad Ashton viene proprio da ridere, mentre la guarda muoversi sinuosa con la coda dell’occhio.
Si morde un labbro, appena viene beccato dalla bionda a scrutarla.
«Diamine, Irwin, contegno,» scherza, afferrando il vassoio che si è fatta riempire, prima di girarsi a osservare la sala per trovare il tavolo di Naomi.
«Chi cerchi?» le chiede lui, dopo aver ridacchiato alla frase della bionda.
«Mia sorella,» gli risponde, guardandolo di sfuggita.
«So io qual è il tavolo, seguimi,» e, sgusciando tra la gente, si ritrova di fronte a un tavolo rotondo e più piccolo a quello a cui è abituata.
Seduti vi sono un tipo dai capelli bianchi e Natasha, l’amica di Naomi.
«Ehi, abbiamo un ospite!» li fa staccare dal bacio appassionato, facendoli sussultare entrambi.
Natasha sbatte le palpebre più volte, prima di sorridere a Venere leggermente.
«Come mai qui?» le chiede, mentre Ashton si siede poco delicatamente e la forza a imitarlo.
«Non mi andava di starmene con le arpie, oggi,» alza le spalle e sorride, abbassando lo sguardo verso lo spezzatino dall’aspetto poco invitante.
Poi appare Naomi, che la guarda a occhi sgranati e le sorride.
«Ora tu mi dici tutto – le urla, puntandole un dito contro – voglio sapere come ci è rimasto quell’energumeno quando l’hai mollato,» aggiunge, strisciando con la sedia per avvicinarsi a lei, che la guarda divertita.
 
E Calum non c’è, al loro tavolo.
Non lo vede dalla mattina prima, quando l’ha baciato sotto gli occhi dell’intero istituto, Hemmings compreso.
Le è piaciuto, però, il bacio.
Calum è bello, passionale, intrigante, e lei se ne sta accorgendo piano piano.
E ora muore dalla voglia di rivederlo, di ribaciarlo, di sentirlo accanto a sé.
Ma non c’è.
Naomi se ne frega, di ogni minima cosa, dal fatto che Ashton ci stia provando spudoratamente con sua sorella al fatto che la sua migliore amica non le abbia rivolto un sorriso e preferisca sbaciucchiarsi con il tinto.
Si alza, perché si è stancata, ‘ché senza Calum la noia arriva prima.
E ha intenzione di trovarlo.
Finisce in giardino, scorgendolo lì, la sigaretta stretta tra le dita che sta per essere portata alle labbra già schiuse, lo sguardo perso a osservare oltre il cancello, una gamba distesa e l’altra piegata, la schiena poggiata interamente all’albero sotto cui sta.
Si avvicina piano, attenta a non fare troppo rumore, e quando lo raggiunge si siede accanto a lui, cercando di non far caso al fatto che, Calum, non l’ha degnata di uno sguardo.
Si sistema la treccia al lato e si schiarisce la voce.
«Perché mi eviti, Calum?» glielo chiede con un sussurro, inclinando di poco il viso per osservarlo meglio.
Lo vede deglutire, tentennare con lo sguardo e portare di nuovo la sigaretta alle labbra, aspirando violentemente, come a volerla finire con un tiro.
Sputa il fumo e, semplicemente, non le parla.
«Non mi rispondi nemmeno?» il tono più acido e il nervosismo che cresce.
Silenzio, ancora.
«Calum, cazzo, mi dici cos’hai?» e niente, non la guarda nemmeno, sta zitto, con la mascella contratta e i denti digrignati.
Si slancia su di lui fino a salirgli a cavalcioni sopra e costringerlo a guardarla in faccia, tenendogli il mento tra le dita.
Gli occhi di Calum sono scuri e indispettiti.
«Allora? Vogliamo stare qui tutto il giorno?» sputa, arrabbiata.
Calum sbuffa, distoglie lo sguardo per qualche secondo, prima di ripuntarlo su di lei.
«Perché sei venuta a cercarmi? Luke t’ha ridato il due di picche?» le dice, facendola rabbrividire per il gelo in ogni parola.
Lei aggrotta la fronte e lo osserva.
«Che c’entra? No, ti sono venuta a cercare per sapere per quale motivo mi stai evitando!» risponde, confusa.
«Vuoi sapere perché, Naomi? Eh? – lo grida, il viso che si è avvicinato di qualche centimetro – allora prima rispondi alla mia domanda – la voce impregnata di rabbia – mi hai baciato per far ingelosire quel coglione, vero? Ci sei andata a letto, ti ha cacciato e vai che andiamo a rifugiarci da Calum, no?» la voce velenosa e le mani di lui che si sono incollati ai fianchi di lei, stringendoglieli quasi a farle male.
«Cosa? No, io… non… Calum,» non sa che dire, balbetta qualcosa e lo osserva a occhi tristi.
Calum ride, una risata che di allegro non ha niente.
«Ecco perché, Naomi, tu mi hai fatto sentire una cazzo di ruota di scorta!» ulula, gli occhi feriti e la vena che pulsa sul collo.
E Naomi che si sente in colpa.
«Io… non volevo, davvero – borbotta, a pochi passi – non era mia intenzione ferirti, Calum,» gli porta una mano sulla guancia e l’accarezza piano, guardandolo con più dolcezza e capendolo, che lei sa bene cosa vuol dire venir feriti, sentirsi la seconda scelta.
«Ma, Cal, credimi se ti dico che a Luke non ci ho pensato nemmeno un attimo, nel bacio,» la mano che passa tra i capelli e un sorriso che spunta sul visino.
E Calum la guarda, allentando la presa prepotente sui fianchi e mordendosi l’interno guancia, dopo aver passato gli occhi sulle labbra di lei.
«E non voglio pensarci più, a lui,» ridacchia, lo osserva ed esulta interiormente quando lo vede sorridere maliziosamente, ma non fa nulla, la guarda e basta.
«Quindi mi chiedo se tu non voglia baciarmi, Cal, sai, per aiutarmi,» gli passa le dita sulle labbra e socchiude gli occhi.
«In realtà vorrei farti molto di più – le dice, spingendosela contro e alzando leggermente il bacino verso di lei, che sgrana gli occhi, sorpresa – ma posso accontentarmi – si avvicina lentamente, sorridendo, con gli occhi puntati nei suoi – per ora…» e a Naomi sussulta quando la mano di Calum striscia fino al fondoschiena, stringendoglielo possessivamente.
Eppure non fa in tempo a dire nulla, che le labbra di lui stanno già giocando con le sue.
 
Michael cammina nei corridoi con tranquillità, un sorrisetto da ebete sul volto e le mani nelle tasche.
È felice, ‘ché Natasha è sua, finalmente, dopo qualche mese a strisciarle dietro in totale silenzio e anonimato.
La può guardare da vicino, le può parlare, la può far ridere e, soprattutto, può toccarla, accarezzarla, baciarla.
E nel pensarlo, Michael si sente ancora più felice.
Niente potrebbe rovinare la sua giornata.
«Clifford,» ecco, appunto. Mannaggia a lui e alla sua precocità.
Si blocca in mezzo al corridoio, sul viso un’espressione preoccupata e le spalle irrigidite.
Si gira piano, lentamente, insultandosi da solo e pregando che, Hemmings, non sia interessato a una sospensione, perché sono in mezzo al corridoio di scuola, no? Perché mai dovrebbe rischiare e prenderlo a pugni?
Lo vede avanzare verso di lui con gli occhi affinati e le braccia lungo i fianchi.
Fa spuntare un sorrisino flebile e lo guarda a occhi sgranati, facendolo quasi rabbrividire, che a Luke gli occhi di Michael fanno impressione, tanto sono chiari.
«Ehi, Hemmings, come ti va la vita?» ci scherza su, gli da un colpetto al petto con un pugno appena gli è vicino, ricevendo solo un’occhiata agghiacciante.
«Sì, direi proprio bene – borbotta, rispondendo al posto suo – anch’io, dai, sto una meraviglia,» è che si sente un po’ in soggezione con gli occhi glaciali su di lui, indispettiti.
E, «te lo credo, chi non starebbe una meraviglia a sbaciucchiarsi Natasha?» ringhia, infastidito, inclinando la testa di lato e osservandolo sgranare gli occhi ancora di più, leccarsi il labbro e volgere lo sguardo altrove.
Affina le labbra e le pressa tra loro, poi alza le spalle e guarda Luke con un’espressione divertita.
«Beh, sono il fortunato di turno, allora, non sei contento per me Hemmings?» gli chiede, dandogli una pacca sulla spalla sinistra, cercando di buttare tutto sullo scherzo.
Luke ringhia e si scosta dalla manata del ragazzo, guardandolo truce, poi si schiarisce la gola e scrocchia il collo con un movimento secco verso destra.
«Casper, veniamo al dunque – lo guarda sussultare nel sentire il proprio soprannome, mai detto dalle labbra del biondo – è mio dovere avvisarti che se tu osi torcerle un capello, io ti ammazzo, sono stato abbastanza chiaro?» si avvicina al tinto che, però, non ha voglia di intimorirsi.
«Davvero, Hemmings? Ma non siete più amici, o sbaglio? Chi sei tu per venirmi a fare la predica? Piuttosto proteggila da te stesso, sei tu quello che ferisce la gente! – il sorrisino è sparito, ora anche Michael è nervoso e, sebbene Luke lo superi di qualche centimetro, il tinto lo osserva con altezzosità e sfida – io non ho intenzione di farle nulla, non sono come te, sbaglio?» vede il biondo arretrare di qualche passo, lo sguardo ferito, che si abbassa di botto.
«Io… non le ho mai fatto del male,» mormora, incrociando le braccia, come scudo alle cattiverie che gli vengono inflitte.
Di nuovo.
Lui è sempre quello che sbaglia.
Michael lo guarda passarsi una mano tra i capelli biondi, prima che alzi il viso e gli lanci uno sguardo fermo e, più a fondo, anche ferito.
«Non stiamo parlando di me, comunque – sputa, furioso – sei te che ci stai insieme e io ti sto solo avvertendo che, Clifford, ferire Natasha non è la cosa migliore che puoi fare!» e Michael sta per replicare, di nuovo, che non ne ha intenzione, ma viene bloccato.
«Perché Natasha è davvero perfetta, chiaro? È splendida, troppo buona per gente come me o come te, è una di quelle che si sa far rispettare, ma non sempre, ed è emotiva, parecchio – gli dice – non merita di soffrire per nessuna ragione al mondo, quindi, se solo la becco a piangere per colpa tua, Clifford, ti vengo a cercare!» lo guarda un’ultima volta, prima di girarsi e tornare indietro.
Michael sta fermo qualche minuto.
«Hemmings!» lo richiama, poi, facendolo girare leggermente.
Sorride, addolcendo lo sguardo.
«Ti vuole ancora bene, sappilo,» gli dice, prima di dargli le spalle e scomparire tra la folla.
Luke è solo per l’ennesima volta, ma un sorriso gli spunta in volto.
 
Si aspettava di tutto, Natasha, ma non la chiamata improvvisa di Genesis Cruz, cugina di Calum Hood, migliore amica del suo, direbbe, ragazzo.
Genesis e lei sono amiche, un poco, non troppo, nel giusto. Quelle che si salutano e parlocchiano ogni tanto, quelle che si danno man forte nelle discussioni con gli amici maschi, quelle che si sorridono in ogni situazione.
Ma nulla di più.
E chi se l’aspettava, quindi, la chiamata di Genesis?
E chi se l’aspettava, poi, di ritrovarsela nella propria camera, sdraiata sul proprio letto con una risatina sulle labbra e una mano scomparsa nel pacchetto di patatine classiche?
Non di certo Natasha, sicuro.
Però le ha fatto piacere, che ha tanta voglia di tirar fuori ogni suo pensiero sul bacio di Naomi e Calum, su Luke e i suoi modi di fare, su Michael e su qualunque cosa le venga in mente.
«Ma, quindi, da quant’è che stai con Michael?» sul viso di Genesis c’è spuntato un sorrisino malizioso e divertito, che fa andare a fuoco Natasha.
«Io, uhm… da sabato?» alza le spalle e affonda la mano nel pacco di patatine, sorridendo a dismisura al ricordo del loro primo bacio.
«Sempre se stiamo insieme, insomma,» è che mica lo sa, non le ha ancora chiesto nulla.
Genesis alza gli occhi al cielo, sorridendo.
«Certo, che ti pensi? Lui, se bacia una, ha solo quell’intenzione!» ridacchia, la osserva arrossire ancora di più e portarsi le mani a coprirsi il viso.
«Dio, è così bello!» dichiara.
Genesis le sorride e le tira una manata.
«E ha anche un bel culo!» le dice, facendole alzare il viso, gli occhi sgranati e sbalorditi.
«Ma Genesis, cosa dici? – e ci scommette, la mora, che è gelosa – Calum lo ha decisamente meglio,» ride anche lei, facendo stupire la Cruz.
«Ma scherzi? Oh mio Dio, no! È mio cugino,» esclama, tirandole un cuscino in faccia.
«Se non lo fosse lo penseresti anche tu!» dice, puntandole un dito contro e affinando lo sguardo, divertita.
«Oh, ti prego, ci sono culi migliori!» inarca un sopracciglio e la guarda divertita.
«Non ne ho mai visto uno migliore di quello di Calum, Genesis, e mi chiedo come faccia Naomi a preferire Luke a lui!» alza le braccia al cielo e ha il naso arricciato.
«Luke non scherza, Natasha!» tira fuori, prima di mordersi la lingua.
Natasha la guada male e inarca un sopracciglio.
«Scherzi? Dai, non può competere con il culo di Calum!» non ne vuole proprio sapere, per lei o Calum o nessuno.
«Oddio, d’accordo! Calum è il migliore, va bene?» Genesis, esasperata, lascia cadere ogni forma di protesta, facendo ridere la castana, divertita.
«Dai su, Luke però è bello!» Genesis, però, non è tanto disposta a parlarne.
«Ma noi non stavamo parlando di Michael?» borbotta, infilandosi in bocca una patatina.
Natasha si gira verso di lei, incrocia le braccia e la osserva.
«Credi che non mi sia accorta come ti guarda? Sono la sua migliore amica, d’altronde, lo conosco meglio di me – e la mora la guarda, cercando di imprimersi in faccia un’espressione confusa – oh, ti prego, Genesis, non prendermi in giro, hai conosciuto Luke, vero?» non c’è rabbia nel suo volto, non è delusa, gelosa, preoccupata.
È solo curiosa.
Sì, «no,» le dice, scuotendo violentemente la faccia, non ha voglia di dirle nulla, ‘ché poi tocca fare presente anche della litigata.
«Genesis,» la richiama.
«Oh, d’accordo! – grida, perché Natasha mette soggezione, ed è anche tremendamente petulante – ma non volevo dirtelo perché ci hai litigato e, non lo so, non mi sembra il caso,» borbotta, incrociando gli occhi scuri con quelli cerulei di lei.
«Genesis, se ci sei amica io ne sono felice, lui ha bisogno di qualcuno di sano, accanto a sé,» le dice, addolcendo lo sguardo e sorridendole.
«Ci ero,» mormora, portando lo sguardo al soffitto.
«Cosa?» è che non ci crede che si è fatto sfuggire pure una come lei.
«Abbiamo litigato, dopo che si è portato a letto Naomi – le rivela la mora, pressando le labbra tra loro – ero arrabbiata, ok? Avevo paura potesse ferire anche me,» si gira verso di lei e la guarda come per scusarsi di non essersi presa cura di lui.
«Ho visto come ti guarda – le risponde l’altra, scuotendo la testa – non ti farebbe del male, non a te – aggiunge, sorridendole – è come se fossi stata la sua ancora, capisci?» Genesis annuisce, poi, un po’ incredula.
«Quindi ti prego, siilo ancora,» la prega.
E Genesis annuisce di nuovo.
Si fida di lei.
 
***
Ehilà,
come state?
Ci ho messo anni per scrivere ‘sto capitolo, non mi usciva un cavolo!
Abbiamo Venere e Ashton. Finalmente la bionda ha lasciato il tipo, un bel passo avanti, no? 
Poi Naomi si è accorta che Calum la evita, e vai che lo va a cercare e scappa un altro bel bacino.
Un bel Luke protettivo.
E infine Natasha e Genesis che parlano di culi – da ringraziare la mia adorata verdazzurro_ per avermi dato l’ideona – e Natasha che non si fa sfuggire le occhiate di Luke.
Beh, dovrei correre a studiare, quindi non posso restare.
Se ci sono errori, scusatemi davvero, ma l’ho appena finito e non posso rileggerlo!
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 13
*** Spiegazioni ***



 
Imprevisti.

SPIEGAZIONI.
 
A chi non spiega nulla,
A chi ne ha abbastanza delle scuse,
A chi, una spiegazioni ogni tanto, servirebbe.
 
È passata una settimana dal primo bacio con Naomi e, ora, Calum si sta avviando verso scuola, una sigaretta tra le labbra e l’aspetto stanco, con le palpebre che rischiano di chiudersi da un momento all’altro.
Sarà che si è addormentato tardi, forse per l’euforia, sarà che ha messaggiato con Naomi fino a mezzanotte e passa, sarà che per una volta si sente lui, il vincitore, ma adesso rischia di crollare per il sonno.
Si appoggia al cancello della scuola,appena arriva, e chiude gli occhi per qualche secondo, prima di imporsi di alzarsi che, poi, non riuscirebbe più a muoversi.
Si incammina a passo strascicato verso il suo solito posto, sul muretto graffiante, senza nemmeno assicurarsi di ritrovare qualcuno o meno.
È solo.
Ashton non c’è, Michael e Natasha nemmeno, Genesis gli ha esplicitamente detto che sarebbe entrata alla seconda ora, ‘ché odia la professoressa di matematica e rischierebbe di litigarci.
Naomi arriva sempre a meno dieci. Guarda lo schermo del cellulare e controlla l’orario, nota che mancano pochi minuti al suo arrivo.
Aspira l’ultimo tiro dalla sigaretta esattamente quando la macchina grigio topo di Ashton appare a poca distanza dai cancelli della scuola e si ferma a un parcheggio.
E, ok, si aspettava tutto, ma non che da essa uscissero, oltre alla testa riccia dell’amico, anche quelle biondissime delle sorelle Miller.
Venere si guarda attorno quasi con agitazione, prima di irrigidirsi ulteriormente quando Ashton le passa un braccio sulle spalle. Le  basta girare il viso verso di lui e guardarlo sorridere per rilassarsi.
E questo, a Calum, non sfugge.
Naomi, invece, si incammina velocemente verso di lui, come se non avesse aspettato altro, mentre si sistema la borsa sulla spalla e saluta distrattamente con la mano qualche compagna di corso.
Calum si alza in piedi, seppure la stanchezza sembri togliergli l’equilibrio, mentre osserva con attenzione la figura snella di Naomi che gli arriva sempre più vicino.
Anche lei è stanca, anche lei ha le occhiaie, eppure riesce ad apparire bella lo stesso.
Ed eccola che gli è a pochi centimetri, con le braccia che si aggrappano al collo di lui e le labbra che, in qualche secondo, sono su quelle del moro, assaporando il sapore di tabacco e di Calum. 
Naomi si stringe a lui e si fa cullare dalle mani del ragazzo, che passano sulla sua schiena lentamente, prima  di spingersi un po’ troppo giù, sino ad accarezzare le natiche, coperte dai pantaloni della divisa.
Le sembra ossessionato, Calum, con il suo sedere.
Ridacchia sulle labbra del ragazzo e si stacca, tirandogli una sberla sul braccio.
«Siamo in un luogo aperto, evita! – gli dice, facendolo ridere – pervertito!» aggiunge, prima di poggiare la testa sulla spalla di lui e sbadigliare sonoramente.
Ne è sicura, si addormenterà a storia, che già è noiosa di suo, se poi si aggiungono le poche ore di sonno.
Si stacca da Calum nell’esatto momento in cui Michael urla qualcosa a squarciagola che, con tutto la buona volontà, il moro non ha assolutamente capito.
Mano nella mano con Natasha, si avvicina con un gran sorriso beffardo e le sopracciglia che si alzano e si abbassano velocemente.
«Ma dagliela una strizzatina, già che ci stai, no?» e Naomi arrossisce, mentre Natasha ride e tira uno schiaffo al ragazzo che, beh, dovrebbe tenere un po’ di più la bocca chiusa.
Calum ride, ristringendo Naomi a sé.
«Pensa alla tua ragazza, Casper,» gli dice, prima che Michael gli lanci un occhiolino e afferri Natasha dai fianchi, tirandosela contro e dandole un bacio a stampo.
«Ci penso sempre a lei,» Natasha arrossisce, Naomi sospira intenerita, Calum lo guarda male, che vabbè che lui non scherza con la dolcezza, ma Michael quasi esagera.
«Tappati la bocca e smettila di vomitare cuori e amore, Casper, che potrei ucciderti,» e Genesis appare dal nulla, lo sguardo nervoso e la fronte corrugata.
«Ma tu non dovevi entrare in seconda?» le chiede il cugino,  bloccando sul nascere le proteste di Michael.
«Mamma mi ha buttato giù dal letto, è stata irremovibile,» borbotta, incrociando le braccia e sedendosi, pregando nell’arrivo di Ashton perché, in mezzo a le due sottospecie di coppie, potrebbe scapparci il morto.
 
E Genesis ci ha pensato parecchio, per circa una settimana, a quello che le ha detto Natasha.
Ha avuto il pensiero fisso di dover parlare con Luke, di doverlo perdonare, di fidarsi, perché se la sua migliore amica è così convinta che non ha intenzione di farle male, chi è lei per replicare?
Natasha lo conosce certamente da prima di lei, lo conosce meglio di lei.
È quasi finita la prima ora e sente il cuore avere le palpitazioni a pensare che mancano meno di cinque minuti alla seconda ora.
Letteratura.
E con chi la ha? Ovviamente Luke.
È abitudine del biondo sedersi accanto a lei, guardarla per quasi tutta l’ora con la speranza che lei gli rivolga una qualsiasi parola, cercare di avere un approccio e venir zittito con un ringhio, ma ormai Genesis si è decisa e tocca smetterla con questo mutismo.
La campanella suona e si alza di scatto, sotto gli occhi dei presenti che la guardano sorpresi. Si prepara velocemente ed esce dalla classe, incurante della professoressa – che d’altronde già la odia – infastidita dal suo comportamento.
I corridoi si riempiono velocemente, lei fa quasi fatica a fare lo slalom tra tutti i vari studenti, arriva, poi, finalmente di fronte alla classe e, beh, ogni suo pensiero di perdonare Lukesvanisce nell’aria.
Sarà che di fronte a sé ha il biondo intento a slinguazzarsi l’ennesima, ingenua vittima, e mica lo sa perché si impietrisce di fronte alla scena, mentre guarda la mano del ragazzo stringere i capelli della bionda di fronte a sé, con prepotenza, quasi a farle male, mentre la costringe ad alzare la testa verso di lui.
La bacia vorace, cattivo, senza un minimo di gentilezza, e Genesis non lo capisce il fastidio che prova all’altezza dell’ombelico, mentre lo guarda strizzare gli occhi come per concentrarsi di più sul bacio che suoi propri pensieri.
Incrocia le braccia e continua a fissare la scena, con un cipiglio severo e deluso, da cosa non lo sa.
Respira, probabilmente, troppo forte, facendo uscire violentemente l’aria dal naso, perché il biondo si stacca e si gira verso di lei, incuriosito, prima che lo sguardo si trasformi in intimorito e mortificato.
Fa un passo verso di lei, quasi spintonando la ragazza accanto a lui, prima che Genesis si giri, dandogli le spalle e iniziando a camminare a passo svelto verso il bagno, poco le frega che manca poco all’inizio della lezione e le converrebbe stare in classe.
Sente la voce del biondo richiamarla con agitazione, ma non ha voglia di starlo a sentire.
Poi si sente afferrare per un polso e venire quasi spinta sul muro duro, incastrata tra esso e il corpo slanciato del biondo, che si ritrova a pochi centimetri di distanza, con un’espressione preoccupata e agitata in volto.
«Giuro che non è come pensi,» le dice, incastrando gli occhi azzurri con quelli di lei, infastiditi.
Genesis storce il naso e si dice, mentalmente, che non hanno senso le loro reazioni.
«Perché mi stai dando delle spiegazioni, Luke?» gli chiede, poi, cercando di tirar su un’espressione tranquilla, che poco riesce.
Luke boccheggia più volte a vuoto, con le sopracciglia aggrottate e gli occhi persi, ancora immersi in quelli pece della ragazza.
«Io – mormora, prima di mordersi un labbro – non lo so,» aggiunge.
«E allora staccati, non hai nessun motivo di scusarti,» poggia i palmi sul petto di lui e cerca di staccarselo, invano.
«No, aspetta! – la blocca, facendosi forza per incastrarla meglio tra lui e il muro – non… non andartene, ti prego,» la prega, incurante degli sguardi incuriositi degli studenti per il corridoio.
«Cosa vuoi ancora? Ti ho già detto che non mi devi spiegazioni, Luke,» ringhia lei, cercando di premere con ancora più forza sul petto del ragazzo, che per farla smettere le acchiappa le mani e le stringe tra le sue.
«Io… - vorrebbe dirle tante cose, davvero, ma si morde il labbro e si fa uscire un flebile – mi manchi, Genesis – incrocia le dita con quelle di lei – e continuerò a dirtelo fino a che non lo capirai, non voglio farti del male, non voglio ferirti, fidati!» e, sì, Genesis non ce la fa più a dirgli di no, a dirgli di lasciarla perdere.
Inizia a crederci alle sue parole, e perché non fidarsi di ciò che le aveva detto Natasha?
Gli sorride, alla fine, che si è stancata di evitarlo.
Manca pure a lei.
«Mi fido,» gli dice, alla fine, facendo illuminare gli occhioni azzurri del ragazzo, che si slancia in avanti e la circonda con le proprie braccia, stringendosela al corpo con forza.
Genesis ci è abituata con gli abbracci, sì, ma non si era mai sentita tanto bene, prima d’ora.
 
È ora di pranzo e Venere sta tirando fuori qualche spiccio dal proprio portafoglio, prima di rigettarlo con poca grazia nell’armadietto.
Ha voglia di cioccolato e deve per forza andare alle macchinette per prendersi qualcheschifezza grassa e ipercalorica.
Si gira e fa in tempo a bloccarsi, prima di finire addosso a un petto troppo grosso e troppo muscoloso.
Ethan Harrison, l’energumeno che si è trovato a essere il suo fidanzato per un po’, ha la faccia dura e indispettita, le sopracciglia aggrottate e un broncio che farebbe invidia a un bimbo a cui è stata appena tolta una caramella.
Venere sta zitta per qualche secondo, indecisa sul da farsi, prima di sorridere nervosamente e girare gli occhi per cercare, da qualche parte, l’aiuto di qualcuno.
Sospira, poi, ‘ché non c’è nessuno.
«Ehilà, Ethan,» lo saluta, ridacchiando, prima di passarsi una mano fra i capelli biondissimi e cercare di sviare il grosso corpo dell’atleta che, nemmeno a dirlo, le blocca il passaggio.
«Mi hai lasciato per quell’idiota?» le chiede, brusco, facendole sbattere le palpebre più volte per la confusione.
Venere lo guarda, storce la bocca e scuote la testa.
«Chi, scusa?» chiede, ingenuamente.
In realtà un’idea l’avrebbe pure, perché mica è stupida, ma non vuole darla vinta allo scimmione, e certamente non ha intenzione di mettere  in mezzo Ashton.
«Non fare la stupida, sai bene di chi parlo,» sbotta il ragazzo, lanciandole un’occhiata innervosita e cattiva.
Venere aggrotta la fronte, di nuovo, con finta ingenuità.
«No, proprio non capisco,» gli dice, scuotendo la testa più volte, facendo, se possibile, arrabbiare ancora di più Ethan, a cui una vena inizia a pulsare sul collo con forza.
«Quel coglioncello con le bandane – sbotta, aprendo le braccia – Aron Hirin  o Axel Finrin, insomma, come cazzo si chiama.»
«Ashton Irwin – lo corregge lei, storcendo le labbra con disapprovazione – si chiama Ashton Irwin e non è un coglioncello,» incrocia le braccia e si chiede per quale motivo lo sta difendendo, essendo lei stessa a pensare che, Ashton, è un coglione vero e proprio.
«Oh, lo difendi pure? Hai così tanta intimità con quello? – ringhia lui, arrabbiato, avvicinandosi di qualche passo – mi tradivi con lui?» aggiunge, inclinando di poco il capo verso sinistra.
Venere non si scompone, continuando ad avere lo sguardo fermo e altezzoso.
«Ciò che dici non ha fondamento, non è successo nulla tra noi due, è solo un amico – gli dice, alzando un sopracciglio biondo – ti ho lasciato perché, a dirla tutta, non ho mai provato un minimo di sentimento, per te, capisci? Era solo da seguire il solito stereotipo della cheerleader e del capitano della squadra di rugby,» sorride falsamente e cerca di nuovo di sorpassarlo, invano.
«Cosa cazzo dici? Sei proprio una stronza!» le urla addosso, facendola indietreggiare per il fastidio di tanta vicinanza.
È lì che, magicamente, come solo lui riesce, appare Ashton, in modo tanto silenzioso e tranquillo che fa quasi sussultare Venere quando, dietro la schiena di Ethan, appare il suo viso.
«Vedi di calmarti, Harrison – gli dice, mettendogli una mano sulla spalla e tirandolo indietro, per allontanarlo da Venere – non stai facendo chissà che bella impressione sui passanti,» aggiunge, sorridendo leggermente e afferrando Venere da una mano, tirandosela sotto il proprio braccio.
Si sente un po’ più sicura, accanto ad Ashton, che osserva Ethan con un ghigno beffardo in volto.
L’energumeno li guarda, infastidito.
«Vattene, stronzo, non stavo parlando con te,» gli ringhia contro, innervosito ancora di più dal sorrisetto sul viso di Ashton.
«Oh, ma lo so, solo che non è tanto carino urlare contro una ragazza, sai? – Ashton alza le spalle e sorride nuovamente – e io non sono uno che lascia passare,» aggiunge, più duramente, attaccandosi contro una Venere piuttosto divertita dalla calma di Ashton.
«Te la fai con lui, lo so, è per questo che mi hai lasciato,» grida Ethan, poi, girando gli occhi verso la bionda, che sussulta appena il dito di lui si conficca sul suo petto con forza.
La mano viene scacciata prontamente da uno schiaffo di Ashton.
«Evita – gli dice, affinando gli occhi – pensala come ti pare ma ora vattene, non le farai cambiare idea, se ti ha lasciato ci sarà un motivo,» aggiunge.
E sarà che una professoressa sta passando lì accanto, perché Ethan non era di certo delle migliori intenzioni, ma finalmente rimangono soli.
E Venere si slancia fino a combaciare le labbra con la guancia di lui, andandosene prima di poter arrossire fino alla punta dei capelli.
 
È arrivato per primo, tanto che è tutto vuoto e nemmeno Samuel Logan che è sempre in anticipo, è lì a gironzolargli attorno, per chiedergli delle ultime conquiste.
Che poi, a parte la bionda che si è slinguazzato poco prima della lezione di letteratura – a cui è arrivato in ritardo, ma per una buona causa – di quel genere di conquiste, non ne ha avute granché, nell’ultima settimana.
Ha avuto molto meglio, però, una conquista vera e propria.
Genesis si fida di lui, ora, e Luke non vuole deluderla, non vuole ferirla, sul serio, sebbene non sappia perché non prova lo stesso menefreghismo che avrebbe con chiunque altra ragazza.
E pensare che se la voleva solo scopare, all’inizio. Poi si è ricreduto, che Genesis non è una da una botta e via, Genesis è una che va assaporata fino in fondo, in tutti i sensi possibili esistenti.
Dalla porta entra il resto della squadra, Calum Hood compreso, intento a parlare con Jack Salligan. Lo osserva di striscio, notando la somiglianza con la cugina nella pelle scura e negli occhi a mandorla e profondi.
Poi, «Hemmings,» lo saluta Samuel, tirandogli una pacca sulla spalla e sorridendo, lasciando intravedere i denti ingialliti dal fumo e leggermente storti, ‘ché non ci ha mai pensato a un apparecchio.
«Logan,» lo saluta a sua volta, sorridendo leggermente, prima di indossare lo scarpino, legandoselo stretto con un doppio nodo.
«Ma quindi è vero?» gli chiede l’amico, senza specificare cosa, facendogli alzare di scatto il viso, con le sopracciglia bionde corrugate e lo sguardo confuso.
«Cosa, per l’esattezza?» chiede, rizzandosi con la schiena e scrocchiando il colo verso destra.
Samuel lo guarda, ridacchiando sotto i baffi, prima di passarsi una mano tra i capelli e guardarsi attorno, notando di avere l’attenzione di quasi tutti.
«Ti hanno visto spiccicato con una figa, oggi, alla seconda ora,» dice, qualcuno borbotta qualcosa, altri annuiscono in segno di assenso, altri sorridono, ‘ché magari erano presenti e l’hanno visto loro stessi.
Luke fa un’espressione stranita e aggrotta la fronte.
«Beh? Mica è la prima volta,» borbotta in risposta, facendo ridacchiare il ragazzo di fronte a sé.
«Sì, giusto – mormora, prima di fare un passo verso di lui – ma mica era una qualsiasi, sì, insomma, alla fine ci sei riuscito, no?» adesso, Luke, è sicuro di avere gli occhi di tutti addosso, ma ancora non ha ben capito perché è così strano.
Non è uno a cui le ragazze mancano.
«Spiegati, Logan, perché proprio non ti seguo,» brontola, indispettito da tanto mistero.
«Intendo, sei riuscito a farti Genesis Cruz, no? Quella strafiga di cui ci hai parlato il primo giorno di scuola,» e Luke aggrotta la fronte, scuotendo la testa.
«Genesis? No, cos…» ma non fa in tempo a finire la frase che si ritrova a gemere di dolore, appena la schiena sbatte con forza sul muro. Il colletto della maglia è stretto dalle mani di qualcuno, infastidendolo sul collo.
Apre gli occhi azzurri e si ritrova a osservare quelli carbone ardente di Calum Hood, che così arrabbiato non l’aveva mai visto.
E, «cosa cazzo hai fatto tu?» ringhia, a pochi centimetri dal suo viso.
Luke deglutisce a fatica, non è uno che si spaventa, ma Calum Hood non ha le migliori intenzioni e lo capisce solo a guardarlo.
«Assolutamente nulla,» gli risponde, aggrottando la fronte e sperando che il moro gli creda.
Nella stanza l’unico rumore presente è il respiro pesante di Calum.
«Ma cosa dici? Ti hanno visto tutti, oggi, che te la tenevi appiccicata al muro,» e non ha mai odiato, prima d’ora, Samuel Logan, ma si ricrede appena la frase esce dalle labbra fine.
Calum lo risbatte al muro con forza, ringhiando.
«Io ti ammazzo!» gli grida contro.
«Ti ho detto che non ho fatto nulla – ulula di conseguenza il biondo – non so cosa si dice in giro, ma non ho sfiorato tua cugina con un dito!» osserva il moro, che tiene gli occhi incollati ai suoi e sembra osservargli dentro.
Poi lo sente allentare la presa, fino a lasciarla del tutto.
Non avrebbe mai pensato che Hood arrivasse a credergli.
Luke respira, deglutisce e si scambia nuovamente una lunga occhiata d’intesa con il moro, nel mentre che l’allenatore chiama tutti a entrare nel campo e rimangono loro, per ultimi, ancora con gli occhi incastrati.
«Sappi solo che se ti avvicini a Genesis, ti spacco la faccia – Calum gli punta un dito contro con rabbia – e chiederò spiegazioni a lei, se la tua versione non va, sei fottuto, Hemmings,» poi gli da le spalle, facendogli notare la tensione del corpo e le mani chiuse a pugno.
Luke sospira, passandosi una mano fra i capelli.
Poi ride e nemmeno ne sa il motivo.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccomi con un nuovo capitolo che, davvero, ci ho messo un millennio, non riuscivo proprio a concentrarmi per scrivere.
Allora, abbiamo un incontro mattutino di fronte alla scuola tra Calum, Naomi, Natasha e Michael e l'arrivo di una Genesis infastidita.
Poi Genesis che si è detta di dover perdonare il caro Luke.
Poi Venere e l'energumeno Ethan, l'arrivo di Ashton che glielo scolla di dosso.
Infine, Luke e Calum; Samuel Logan non è uno che sa starsene con la bocca chiusa.
Non ho tanto da dire, aspetto che siate voi a dirmi cosa ne pensate di questo capitolo.
Bye bye,

Judith.

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Capitolo 14
*** Uscite ***



 
Imprevisti.

USCITE.

 
A chi è pigro e preferisce l’accogliente casa, come me,
A chi non ha voglia di starsene rinchiuso tra quattro mura,
A chi esce perché sennò soffoca.
 
Genesis sa perfettamente di avere gli occhi di qualcuno posati su di sé, sebbene stia dando le spalle alla porta.
Si gira, aiutata dalla sedia con le ruote, guardando con espressione confusa il proprio cugino, mollemente appoggiato allo stipite della porta, con le braccia incrociate e un cipiglio indispettito e innervosito in volto.
«Sì?» chiede, alzando un sopracciglio bruno e aspettando pazientemente che inizi a parlare.
Calum si mette dritto dandosi una spinta con il fianco, osservando attentemente la cugina guardarlo con curiosità e con un leggero velo di timore.
«Hai qualcosa da dirmi, Genesis?» chiede, la voce tagliente e gli occhi che si affinano lentamente, fino a diventare due fessure nere.
La mora lo guarda, alzando entrambe le sopracciglia e affinando le labbra, prima di scuotere la testa con vigore.
«Uhm, no?!» alza le spalle e lo guarda, confusa, forse anche un po’ intimorita, ‘ché spera solo non intenda quel qualcosa, o quel qualcuno.
Luke.
«Sicura, Genesis? – chiede, avvicinandosi di qualche passo – proprio nulla? Io non ne sarei molto convinto,» lo sguardo di lei si perde per la stanza, mentre sul viso un’espressionefintamente sorpresa e un sorrisino stranito.
«Non so di cosa tu stia parlando, Cal – borbotta lei, incrociando le braccia, prima di portare per pochi secondi i suoi occhi in quelli del moro – forse intendi il tre a matematica? Oh, beh, non pensavo fosse così importante,» ridacchia, ‘ché poi nemmeno l’ha preso il votaccio, ma cos’altro potrebbe dire?
Calum sbuffa, guardandola male, prima di fare due passi e ritrovarsi di fronte a lei. Si porta le mani sui fianchi e indurisce la mascella.
«Le voci girano in fretta, Genesis, lo sai? – ringhia lui – soprattutto su Hemmings, non so perché ma è uno dei più nominati della scuola – aggiunge, osservando la mora deglutire con preoccupazione – e, stranamente, ‘sta volta hanno affiancato il tuo nome accanto a quello del coglione, quindi mi chiedo se tu ne sappia qualcosa, di questa storia.»
Genesis scuote la testa, stringendo le labbra in due linee precise.
Non può che essere preoccupata, sa l’odio che prova Calum nei confronti di Luke.
«Smettila di mentire, sei amica di quello stronzo? – apre le braccia e quasi urla, se non fosse che sua madre sta dormendo e poco gli va di svegliarla – o peggio, ti stai sentendo con lui?» è quasi un sussurro velenoso, come se a dirlo potrebbe realizzarsi e lui non vuole.
Genesis sospira, poi si passa una mano sul viso e, infine, alza gli occhi su di lui.
«Non mi ci sto sentendo in quel senso, Cal, non c’è nulla tra di noi se non amicizia,» lo vede arrossire da quella che sembra rabbia.
D’altronde sarà pure amicizia, ma si tratta sempre di sua cugina con la sua nemesi per antonomasia.
«Quello è un coglione, Genesis, ti ferirà! – sbotta, aprendo le braccia e alzando gli occhi al cielo – non capisci? Ti farà del male, lui non sa fare altro!» aggiunge, a denti stretti.
Genesis si alza, arrabbiata, ‘ché non le piace che qualcuno giudichi le sue azioni. Sa bene cosa fa, sa bene con chi ha a che fare, l’ha testato lei stessa e ha notato che Luke non vuole farle nulla, se non starle vicino.
È che ha bisogno di qualcuno che lo tenga a galla, lei è disposta a farlo.
«Ma cosa ne vuoi sapere? Lo giudichi tanto senza nemmeno conoscerlo! – dice, infuriata, alzando le braccia al cielo e guardandolo con gli occhi infuocati – so quello che faccio, Calum, e Luke non ha intenzione di farmi nulla!»
«Questo è quello che pensi tu! È un manipolatore, ti farà pensare di non volerti fare del male e alla fine ti porterà tra le sue lenzuola, poi chi si è visto, si è visto! Ti farà soffrire, lo capisci? Così come ha fatto con Naomi!» urla lui, di conseguenza.
«No, questo è quello che pensi tu, invece! Lui non mi farà del male e se anche fosse, io nonsono Naomi, chiaro? Non sono una cazzo di sottona, ho un cervello!» ribatte.
Calum sta zitto qualche secondo, prima di fare un’espressione mista tra lo stupito e l’amareggiato.
«Vorresti dire che Naomi è stupida?» rabbia, la sua voce è intrisa di rabbia.
E Genesis vorrebbe rimangiarsi tutto, ma non può, annuisce e basta, perché sì, lo pensa.
Calum ride, amaro.
Si gira e si avvia verso la porta.
«Quella stupida sei tu! Io ti ho avvertito, poi non venire a piangere da me, non ci sarò,» sbotta, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Genesis si pente, sì, ma solo di averlo detto ad alta voce.
Poi si butta sul letto e soffoca un grido di frustrazione tra i cuscini.
Che rabbia!, pensa.
 
È sulla solita panchina, con in mano il solito libro, ormai quasi finito, e la sua adorata borsa pervinca accanto.
Sente qualcuno sedersi accanto a lei e non ha nemmeno bisogno di alzare gli occhi per capire chi è, le basta sentire il forte profumo di dopobarba e intravedere degli anfibi nerissimi e rovinati.
«Cosa vuoi, Ashton?» chiede, non staccando gli occhi dalle pagine e sentendolo ridacchiare leggermente.
«Chiederti di uscire,» gongola Ashton, passandole un braccio sulle spalle.
Venere quasi si strozza con la propria saliva, si gira ad occhi sgranati e alza le sopracciglia con uno scatto.
Non è sicura di aver sentito bene.
«Scusa?» è sconcertata, decisamente sconcertata.
Dai, si aspettava tutto, tranne che Ashton, il suo totale contrario, una tra le persone più fastidiose che abbia mai conosciuto, sempre ridente, casinaro, punzecchiante – e forse anche bello, ma questo non lo ammetterebbe mai, nemmeno nella propria testa – le chiedesse di uscire.
«Hai capito bene! – borbotta lui, poi allarga il sorriso – andiamoci a prendere un caffè!» aggiunge, spingendosela contro con una pressione della mano.
Venere scuote la testa, non vuole uscirci – crede – con un’idiota del genere, dalla risata contagiosa e rumorosa, dalla parlantina, dalla fissa per la musica metal a tutto volume e dalla mania di apparire in modo silenzioso e inaspettato.
«Mi ‘spiace, ma non bevo il caffè,» risponde, perché alla fine non le va di dire un “no” secco, perché simpatico, Ashton, lo è, seppure spavaldo, schietto, stressante e strano.
E poi l’ha aiutata con Ethan.
«Allora, una tazza di the?»
«Non mi piace il the.»
«Una coca-cola!»
«Scherzi? Sai quanto fanno ingrassare?»
«Uhm, un frappé al cioccolato? Quelli piacciono a tutti!»
«No, a me no.»
«Menti!»
«Forse.»
«Allora facciamo un bicchiere d’acqua, cos’hai da dire in contrario?» e Venere sbuffa, perché ha un insistenza da infastidire. Alza gli occhi al cielo e apre le braccia frustrata, buttando il libro nella borsa.
«Oh mio Dio! – esclama, guardandolo truce – sei qualcosa di… qualcosa di terrificante! – aggiunge, a voce alta – d’accordo, ci sto, portami a bere questo dannato bicchiere d’acqua,» dice, stremata da quel botta e risposta avvenuto.
Ashton sorride divertito e soddisfatto, si alza di scatto e le porge la mano, che Venere, ovviamente, rifiuta, troppo orgogliosa che è. Ashton ride, le da le spalle e inizia a camminare, sapendo perfettamente che Venere gli sta dietro.
Non farà nessuna finta, non se ne scapperà a gambe levate.
Ci scommette, Ashton, perché fa tanto l’orgogliosa ma ha dimostrato più volte un minimo di interesse nei suoi confronti.
«Almeno mi dici dove mi porti?» chiede, allungando di un passo per arrivargli di fianco.
«Tu dove vuoi andare?» si gira verso di lei e le sorride a trentadue denti, tipico di Ashton.
Venere osserva le fossette alle guance, prima di alzare le spalle.
«Per me è uguale,» risponde, passandosi una mano fra i capelli biondi e sistemandoseli all’indietro.
Ashton le passa un braccio sulle spalle e la stringe a sé, ha come una mania esagerata per il contatto dei loro corpi. Si è tolta dalle sue braccia più volte, ma stranamente si sente bene, con la mano di lui che le cade sulla spalla destra e le dita che giocherellano con il lembo di pelle scoperta per via della maglietta a maniche corte.
«Comunque grazie, sai, per ‘stamattina, con Ethan,» mormora Venere, poi, abbassando lo sguardo verso il terreno e evitando accuratamente gli occhi cangianti di Ashton.
«Figurati, non ti avrei mai lasciato in difficoltà – le risponde, sorridendo – oh, ecco un bar, andiamo!» attraversano la strada ed entrano in quel bar che, Venere, non ha mai notato.
Si siedono a un tavolino di legno, un poco più appartato, notando che, sebbene sia sconosciuto, è piuttosto pieno.
Ashton si alza, dopo aver dato un’occhiata al menù scritto con pennarello indelebile sulla parete di una colonna.
«Cosa vuoi?» le chiede, posandole una mano sulla spalla.
«Un frappé al cioccolato!» risponde, ghignando beffarda.
Ashton la guarda con un sopracciglio inarcato, prima di ridacchiare.
«Ah, ora ti piacciono? – Venere ride, poi gli fa segno con una mano di andare a prendere le ordinazioni – d’accordo, vado, vado!» ed è quando se ne va che si lascia andare in un sorriso genuino e sente le guance arrossarsi.
 
Natasha si passa una mano fra i capelli castani e lunghi, mentre ha gli occhi incollati nella sua figura riflessa allo specchio.
Non è la prima volta che esce con Michael, no, ma ogni volta è come se lo fosse, è sempre emozionata e ha il terrore di non essere abbastanza bella.
Si sistema il vestitino a fiori e si gira per osservare se le copre abbastanza il fondo schiena, ‘ché non vuole assolutamente mostrare troppo.
Sente il campanella trillare e qualcuno aprire la porta.
Sgrana gli occhi, afferra la borsa velocemente e si fionda all’ingresso, ritrovando un Michael tra l’intimorito e l’imbarazzato e Jacob, suo fratello iperprotettivo, con le braccia incrociate, gli occhi affinati e la bocca aperta già in procinto di chiedere e minacciare.
«E tu chi sei?» ringhia, osservando il ragazzo passarsi una mano tra i capelli tinti e abbassare lo sguardo verso il parquet.
«Uhm, sono Michael – borbotta, alzando gli occhi per poco – Michael Clifford, il ragazzo di Natasha,» aggiunge, sorridendo nervosamente.
Jacob grugnisce, si avvicina lentamente e lo ispeziona da cima a fondo.
Natasha sospira e si passa una mano fra i capelli, prima di sentire Louise scendere le scale rumorosamente, come solo lei sa fare, e ritrovarsi a osservare la scena con una risatina divertita.
«È lui?» le chiede, indicandoglielo.
Natasha annuisce leggermente, sorridendo sotto i baffi.
«È strambo, non pensavo ti piacessero i tipi così,» osserva suo fratello fare il terzo grado al ragazzo, che si dondola sui talloni e osserva ovunque tranne che in faccia a Jacob.
«Ti avverto, moscerino, se tu le stacchi un solo capello, io ti sfracello!» gli dice, puntandogli l’indice in mezzo al petto.
Michael deglutisce, è che non sa bene che fare, quando ha citofonato non si aspettava di ritrovarsi di fronte al fratello.
Louise si avvicina a gran passi e spinge Jacob con forza, prima di sorridere a trentadue denti e porgere la mano a Michael.
«Oh, piacere di conoscerti! – trilla – sono Louise, la sorella di Natasha, e lui è Jacob, mio fratello – indica il ragazzo accanto a sé che ha ancora il broncio – lascialo perdere, sembra cattivo, ma è un bonaccione!» sussurra, guardando il fratello di sottecchi.
Jacob la sente, le lancia un’occhiataccia e le ringhia qualcosa, ma prima che possa dire qualcosa Louise lo prende per un braccio e scappa via, urlando un “lasciamo soli i piccioncini”.
Natasha si avvicina a Michael con il viso chiazzato di rosso e lo sguardo imbarazzato.
«Dio mio, Michael, mi dispiace!» borbotta, passandosi una mano sul viso.
Michael ride, ‘ché è stata la cosa più strana della sua vita, ma diavolo se gli viene da ridere.
Si avvicina a lei e le circonda il viso con una mano, prima di poggiare le labbra su quelle della ragazza.
Natasha gli circonda il collo con le braccia e si lascia trasportare dal bacio che, man mano, diventa sempre più profondo e meno delicato.
Michael le passa un braccio dietro la schiena e la tira più a sé, con l’altra mano le carezza una guancia.
Si staccano, ognuno con un sorriso sulle labbra rosee.
«Andiamo?» le chiede lui, afferrandole una mano.
Natasha annuisce, si sistema la borsa sulla spalla e lo segue fuori dalla casa, chiudendosi la porta alle spalle.
«Hai una bella famiglia,» borbotta lui, sorridendole.
Natasha arrossisce di nuovo, al ricordo di Jacob e il suo terzo grado.
«Sì, mi vogliono bene… pure troppo,» ridacchia, girandosi verso di lui e osservandone il profilo.
«Ho ben notato – stringe la mano di lei – sai, anche Hemmings ti vuole tanto bene,» si ritrova a dire, poi, girandosi un poco verso di lei.
Natasha si acciglia, lo osserva con la fronte corrugata e l’espressione sorpresa e confusa.
«Cosa vorresti dire?» chiede, stranita.
«Che tuo fratello non è l’unico ad avermi fatto il terzo grado, Natasha – si gira verso di lei del tutto, bloccando la loro camminata – Hemmings è venuto da me e mi ha detto cose splendide… oltre alle minacce, ovvio,» la castana lo osserva con occhi curiosi e leggermente infastiditi.
«Vuoi dire che quell’idiota ti è venuto a disturbare?» chiede, posandosi le mani sui fianchi.
«Sì, cioè no, no, insomma Natasha non è questo il punto – le prende una mano e la costringe a guardarlo – ci tiene tantissimo a te, gli manchi da morire, dagli una seconda chance!» le stringe la mano e la guarda con occhi inteneriti.
«Ma tu non odiavi Luke?»
«Lo odio ancora, ma so che manca anche a te!» e Natasha non può che annuire, prima di fiondarsi tra le braccia del proprio ragazzo.
Poteva chiedere di meglio?
 
Lo osserva prendere l’ultimo sorso del proprio caffè, prima di posare la tazzina e alzare gli occhi cangianti su di lei, sorridendo.
L’ha fatta parlare a forza, quasi, e ha parlato di tutta la sua vita, della sua famiglia, della scuola, di Ethan e di tante piccole cose che Ashton ha ascoltato come se fossero super interessanti.
Non ha mai ricevuto un’attenzione del genere, spesso tutti preferiscono darla al suo aspetto, mai a ciò che dice, mai alla sua vita.
Ashton invece non ha fatto altro che riempirla di domande, aspettare pazientemente la risposta e poi commentare con qualche battuta, facendola ridere.
Non si sta assolutamente pentendo di essere uscita con lui, perché la sta facendo divertire e cose c’è di meglio?
«Parlami di te, ora,» dice, allontanando il proprio bicchiere e poggiando i gomiti sul tavolo, prendendosi il viso tra le mani.
«Non ho tanto da dire,» borbotta lui, ridacchiando con un tono che non ha la solita allegria.
Venere aggrotta la fronte e lo osserva confusa.
«Invece scommetto che hai tanto da dire,» Ashton alza gli occhi verso di lei e sorride sotto i baffi, prima di sospirare.
«Sono nato a Perth, ma non mi ricordo tanto di lì, io e mia madre ce ne andammo quando avevo due anni, ho girato quasi tutta l’Australia, sai, non siamo mai stati ricchi, a volte non potevamo mangiare, altre ci hanno buttato fuori di casa e abbiamo dormito in macchina, mia madre mi ha cresciuto da sola ed è stata una faticaccia – ride, senza allegria – penso di provare un forte rancore verso mio padre, ci ha lasciati soli, ma ora mamma ha trovato un uomo che le vuole davvero bene, Warwick, e beh, adesso ho una sorella e un fratello e una nuova casa qui a Sydney,» apre le braccia e sorride a trentadue denti, nascondendo quel dolore che mai nessuno ha notato.
Venere lo guarda a occhi inteneriti, cosa che non le capita quasi mai, prima di trasportare la sedia fino al fianco di lui e allungare una mano sulla sua guancia.
«Sei sempre così allegro, chi si immaginava potessi avere un passato del genere?» mormora.
Ashton sfugge al suo sguardo, mentre incrocia le proprie mani e si morde un labbro.
«È passato, Venere, ora sto bene,» le dice, poi, alzando gli occhi e incrociandoli con quelli di lei.
«Mi dispiace,» Ashton aggrotta la fronte e scuote la testa, prima di fare un risolino.
«E di cosa? Non è colpa tua!» Venere scuote la testa.
«Penso che sia ora di andare,» aggiunge lui, allungandole una mano.
Venere lo guarda, prima di alzarsi a sua volta e, nel momento esatto in cui Ashton sta per riabbassare la mano, sicuro che non ricambierà la stretta, incrocia le loro dita e tiene lo sguardo basso.
Si sta spogliando della sua maschera? 
Ashton sorride, stringe di più la mano di lei e, poi, la trasporta fino all’uscita del bar.
Stanno in silenzio per diversi minuti, camminando per le strade, ammaliati dal suono del vento.
«Cosa ti piace, Venere?» le chiede.
«In generale o qualcosa in particolare?» Ashton alza le spalle e si gira verso di lei.
«In generale, qualunque cosa,» le risponde, infilandosi la mano libera nella tasca.
«Mi piace il silenzio, è perfetto per pensare, e le cose programmate, il cioccolato, quello mi piace davvero tanto, e il the ai frutti di bosco – si guarda in giro, il venticello fresco sembra traversarle i vestiti – e mi piace la storia, la trovo interessante, è bello sapere cosa è successo prima di tutto questo – apre le braccia e indica il paesaggio – ah, poi mi piacciono le pantere, sono degli animali splendidi e… uhm, non lo so? Ora come ora non mi viene nient’altro,» borbotta.
Si è accorta di aver detto quasi troppo di sé, lei, che è sempre così chiusa, che ha paura di rilevarsi, ma è come se con Ashton sia sicura.
Sono entrati nella via di casa loro.
«E a te?»
«A me piace il casino, non per niente suono la batteria, è perfetto per non pensare, mi piace il caffè, soprattutto il suo odore, e la panna, ma non quella dolce – si gratta il mento – e poi mi piace la musica, quella metal o quella rock, e mi piace ridere, mi piace far ridere – si gira verso di lei con un sorriso smagliante – e mi piace l’azzurro – la guarda negli occhi e sta zitto per qualche secondo – e gli imprevisti, quelli come te,» sono arrivati di fronte alle proprie case e Venere non sa che dire.
Cosa significa?
Lo guarda a bocca schiusa e occhi sgranati.
Cos’è, una dichiarazione?
È che forse non si aspettava di sentire il cuore pompare tanto velocemente da farle quasi male e non si aspettava di sentire lo stomaco ribaltarsi e le mani tremare, per questo slega le loro dita e si incammina velocemente verso la propria porta.
 
***
Ehilà, 
come va?
Iniziamo con il bisticcio tra Genesis e Calum.
Poi abbiamo Ashton che chiede di uscire a Venere che, dopo un bel po' di insistenza, accetta e, nell'ultima parte una specie di dichiarazione e Venere che scappa.
Infine, Michael alle prese con i fratelli Wood e che mette da parte, per una volta, l'orgoglio.
Spero vi sia piaciuto, cosa ne pensate?
Bye bye, 

Judith.

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Capitolo 15
*** Evitare ***



 
Imprevisti.

EVITARE.
 
A chi evita qualcuno  per paura,
A chi si fa evitare da tutti e rimane in solitudine,
A chi preferisce evitare il sentimento per antonomasia.

 
Genesis arriva che Calum è già entrato.
È arrabbiato con lei e lei lo è con lui, ma Genesis è così orgogliosa che, alla fine, sarà lui a tornare a parlarle, probabilmente alla fine della giornata scolastica.
Guarda l’orologio sul cellulare e nota che mancano ben dieci minuti all’inizio delle lezioni, quindi si avvia con calma verso una parte poco affollata per sedersi su un muretto, nel mentre che osserva da lontano la squadra si soccer – ovviamente non al completo – dove Luke sta ridendo per qualche battuta appena detta.
Sorride pure lei, di rimando, senza motivo, mentre lo guarda passarsi una mano tra i capelli, con il corpo ancora in sussulto per la risatina. Ha gli occhi luminosi dal divertimento e il colore azzurro sembra risplendere ancora di più.
Svia lo sguardo appena, quello del biondo, entra in contatto con il suo.
Abbassa il viso e finge di controllare il cellulare, che non le va di essere beccata in fragrante a studiarlo da lontano, come se fosse una quattordicenne alla prima cotta.
Non sa nemmeno per quanti minuti fa finta di osservare lo schermo del telefono, senza davvero guardare qualcosa, prima che due piedi entrino nella sua visuale.
Alza il volto di scatto, trovando due occhi divertiti e maliziosi e un sorrisino allegro.
«Mi osservavi?» Luke si allunga fino a poggiare le mani sulle ginocchia, arrivando alla sua altezza e a pochi centimetri dalla faccia di Genesis, che non può che deglutire rumorosamente, sentendosi sotto pressione, sarà per lo stomaco che si sta contorcendo o per le mani che hanno iniziato a sudare.
«No, non direi – si riprende subito, sorridendo anche lei – credi di essere sempre al centro dei miei pensieri?» alza un sopracciglio.
Luke si sofferma nell’osservare i lineamenti di lei, o il movimento delle labbra carnose, colorate di un tenue pesca, che sembrano richiamarlo con forza, quasi tocca farsi violenza interiore per non cedere.
«Non credo… è così e basta, inutile che neghi,» ribatte lui, mordendosi il piercing e rimettendosi dritto.
Genesis si alza, sistemandosi la tracolla sulla spalla e sbuffando, con un sorrisino a incorniciarle il volto.
«Ma finiscila, egocentrico che non sei altro!» borbotta, dandogli una sberla sul petto.
La mano di lui scatta sulla sua, afferrandola e incrociando le dita, tirando la ragazza verso di sé e circondandole la vita con l’altro braccio, fino a far toccare i loro petti.
Genesis sente il cuore iniziare a pompare e l’aria farsi più calda del solito, nel mentre che incrocia gli occhi neri con quelli di Luke.
E Luke la osserva con uno sguardo addolcito, mentre sente il proprio respiro affannarsi e stringe le dita con quelle di lei in una stretta ferrea ma gentile.
«Perché mi guardi così?» il silenzio viene spezzato dalla voce leggermente tremolante di Genesis, che osserva attentamente i denti di lui andare a giocherellare con il piercing.
Luke alza le spalle e porta gli occhi su un punto indefinito alle spalle di lei.
«Così come? Non ti guardo in nessun modo!» borbotta, poco sicuro di sé stesso.
Genesis rimane in silenzio, alzando la mano libera e portandogliela sulla guancia, accarezzando la barbetta incolta.
«Da quant’è che non te la tagli?» cambia discorso, facendo finta di niente, mentre sente il braccio di lui stringerla ulteriormente.
«Un paio di giorni, non ne ho granché voglia – ridacchia, tornando a guardarla negli occhi – perché? Dici che sto meglio senza?» aggiunge, alzando le sopracciglia di scatto.
«No, assolutamente, tienitela – gli dice lei, sorridendo apertamente – non so, ti da l’aria da cattivo ragazzo,» aggiunge, passandogli la mano, per l’ennesima volta, tra i peli biondi sulla mascella, giocherellandoci con le dita e graffiando delicatamente la pelle con le unghie lunghe e dipinte di nero.
«E a te piacciono i cattivi ragazzi?» le chiede, avvicinando di poco il viso a quello di lei.
«Da impazzire!» ridacchia, facendo strisciare la mano sul collo fino alla spalla.
Ride anche lui, prima di slanciarsi in avanti per schioccare un bacio sulla guancia di lei, in sintonia con il suono della campanella.
 
Naomi osserva con attenzione il broncio di Ashton, le sopracciglia corrugate e l’ennesimo sbuffo fuoriuscire dalle sue labbra, mentre gli occhi cangianti sono puntati sul viso basso di Venere, intenta a giocherellare con l’insalata nel piatto, ancora intatta.
Non spiccica parola, sua sorella, e nemmeno alza gli occhi dal proprio cibo, come se non volesse scontrarli con quelli di qualcun altro.
Naomi alza un sopracciglio e si chiede, confusa e curiosa, se sia successo qualcosa tra i due, che uno sembra voler parlare a tutti i costi con lei e, quest’ultima, sembra voler evitare per sempre il ragazzo, come se avesse paura di lui.
È quasi preoccupata di vedere la propria sorella così fragile.
Si morde il labbro inferiore ed è quasi tentata a tirare una gomitata a Venere e chiederle che succede, ma ben sa che, di fronte ad Ashton e agli altri, non risponderebbe assolutamente.
Sente la risata di Michael per chissà cosa, Genesis che chiacchiera amabilmente con Natasha e la mano di Calum che si serra sulla sua.
«Cos’hai?» le bisbiglia a un orecchio, accarezzandole, con il pollice, il dorso della mano.
Naomi si gira verso di lui e gli sorride, prima di stampargli un bacio a fior di labbra.
«Niente, sono solo preoccupata,» borbotta, infiltrandosi tra le braccia di lui e nascondendo il viso nel collo di lui, che le poggia un bacio leggero sulla tempia.
«Per cosa?» le chiede, stringendola nell’abbraccio con forza, incurante che Natasha e Michael stiano facendo battutine sul loro conto.
«Per Venere e Ashton, credo sia successo qualcosa,» borbotta al suo orecchio.
Calum porta gli occhi sulla sorella maggiore, osservando le spalle curve, gli occhi timorosi e fissi sull’insalata ancora intatta, le guance rosa per l’imbarazzo e le labbra strette in una linea fina, poi sposta lo sguardo sull’amico, imbronciato e accigliato, con gli occhi cangianti puntati su Venere e le braccia incrociate.
Ridacchia, perché Ashton imbronciato è terribilmente buffo, poi posa il mento sulla testa di Naomi e si piega leggermente per riuscire a parlare senza farsi sentire dai due.
«Nulla di preoccupante, ‘Omi, sarà sfuggita qualche parolina di troppo,» Naomi non dice niente, mentre sente le mani di Calum passarle per la schiena e quasi si addormenta.
Si mette dritta, poi, girandosi verso di lui e sporgendosi di poco per poterlo baciare leggermente, circondandogli il viso con le mani e accarezzandogli la pelle liscia e la guancia senza un minimo di barba.
Calum le circonda la vita con il braccio e sorride nel bacio, prima di staccarsi per l’ennesimo versaccio di Michael.
Alza al cielo gli occhi neri e ridacchia, mettendosi dritto e portando la mano a intrecciare le dita con quelle di Naomi.
«Dio mio, smettila di essere così molesto, Casper!» borbotta Naomi, passandosi una mano fra i capelli, stranamente sciolti, e ridacchiando a sua volta, lanciandogli un’occhiata arcigna.
«E come faccio? Ci manca poco che vi fate sul tavolo,» ridono tutti, persino Ashton e Venere sembrano imitare un sorriso divertito.
Naomi arrossisce, rifiondandosi tra le braccia di Calum per l’imbarazzo, mentre quest’ultimo ride sguaiatamente, sebbene sappia che non c’è nulla di volgare nei loro modi di fare… a parte le sue solite palpate.
«Smettila,» Natasha gli tira una botta sul braccio, anche lei ridacchiando, prima che Michael si giri verso di lei e la guardi melenso, unendo le loro labbra in un bacio veloce e amorevole.
«Pure tu non scherzi, però, eh!» fa Genesis, alzando un sopracciglio e infilandosi un pezzo di pane in bocca.
Michael ridacchia e stringe a sé Natasha.
Calum osserva il proprio migliore amico con divertimento, mentre Naomi si scioglie dalle sue braccia e si sistema, mettendosi seduta e girandosi a osservare i lineamenti del moro, come la mascella marcata e il naso dritto, o le labbra carnose e delineate.
A volte si chiede come ha fatto a non accorgersi di lui prima, perché Calum non è uno che può passare facilmente inosservato.
E poi è bello… ma cosa aveva al posto degli occhi?
Non si pente minimamente di aver accettato quella proposta.
 
La massa di ragazzi che esce dall’istituto e si sparge per il giardino le intralcia la ricerca.
Natasha è ferma al muro, alzata, perché seduta non riuscirebbe a trovarlo.
Ha appena salutato Michael con un bacio melodrammatico, quasi come a risucchiarne tutto il coraggio per ciò che le tocca da fare ed è inutile che continua a rimandare.
Tocca che lo fa! 
Vede quasi tutta la squadra di soccer uscire, rumorosa, qualche gallinella ridacchiare al loro passaggio e, finalmente, Luke esce un po’ di fretta, con i capelli scombinati e la bocca schiusa.
Si slancia di scatto verso di lui, con le mani che sudano e i denti che vanno a rosicchiare il labbro inferiore, una strana paura e la testa in confusione.
Lo raggiunge che sta già chiacchierando con alcuni della sua squadra, ridacchiando qua e là.
Nel momento in cui è abbastanza vicina a tutti loro, Luke si gira di scatto, come se qualcuno gli avesse detto che sta arrivando, guardandola con confusione, sorpresa e qualcosa che, Natasha, non riesce bene ad identificare.
Si ferma di fronte a lui con gli occhi spaesati e la bocca schiusa, pronta a dire tutto ciò che deve dirgli, ma sente la gola secca e la paura allargarsi e quasi divorarla.
E se non la volesse più?
Insomma, l’ha mollato solo e con delle parole quasi cattive, perché mai dovrebbe accettare le sue scuse e tornare a esserle amico?
Luke si gira velocemente verso la squadra e, con un movimento della mano, la caccia via, prima di rigirarsi verso di lei e guardarla con pazienza.
«Luke,» borbotta lei, dopo minuti di silenzio, portandosi una mano fra i capelli lisci e sentendo il panico assalirla.
Oh, insomma, perché diavolo non riesce a calmarsi?
«Natasha,» biascica lui, incrociando le braccia e osservandola confuso.
La ragazza prende un profondo respiro, passandosi una mano sul viso e girando, per un attimo, gli occhi in tutte le direzioni immaginabili, in cerca di un appiglio.
Alla fine, le tocca rigirarle verso quelli di lui, aggrappandosi a quel colore tanto familiare.
«Luke, mi dispiace tanto! – sbotta, aprendo le braccia e osservando l’amico di fronte a sé – non avevo intenzione di ferirti, tu… tu non sei affatto peggiore di loro, ok? Non sei inutile, non… Luke, io ti voglio troppo bene e mi manchi così tanto, ti prego… ti prego torna – unisce le proprie mani e lo guarda supplicante – so che potresti ridermi in faccia, perché, insomma, che senso ha? Ti ho fatto stare male, ma… giuro Luke, mi manchi troppo, tu sei e sempre sarai al centro del mio mondo e mi dispiace davvero tanto di averti fatto pensare il contrario!» Luke la sta guardando a occhi sgranati e bocca schiusa.
Non pensava ci fosse più occasione per poter tornare a parlare con Natasha, ormai troppo presa da Clifford per pensare a lui, eppure…
È sorpreso – oltre che felice – e non sa bene che fare.
Si passa una mano fra i capelli, abbassa gli occhi e si morde il labbro inferiore.
L’ha ferito, in un certo senso, sì, ma come darle torto? Ha fatto la sua parte anche lui. Solo che ci era rimasto davvero male, si era sentito il peggiore al mondo e totalmente inutile.
Ma ora lei gli ha chiesto scusa e lui perché mai dovrebbe rifiutare? Cazzo, le è mancata dannatamente tanto anche lei.
«Dì qualcosa,» fa lei, dopo minuti di silenzio insopportabili.
Ma a Luke, le parole, sembrano quasi inutili.
Si limita a sorridere, a slanciarsi in avanti e a circondarla con le proprie braccia, sprofondando il viso tra i capelli di lei e aspirando il suo odore.
Da quant’è che non la tiene stretta a sé? Da quant’è che non sente il suo profumo? Da quant’è che non giocherella con i capelli castani di lei?
«Dio mio, Natasha, mi sei mancata terribilmente!» gli biascica all’orecchio, dondolando un po’ su sé stesso.
E a Natasha viene quasi da piangere, tant’è felice.
 
Venere è rinchiusa in camera da ore, Lilian ha persino provato a richiamarla ma tutto ciò che ha ricevuto è stato un borbottio incomprensibile.
E ora, attorno al tavolo della cucina, le sorelle si ritrovano a chiedersi cosa abbia.
«Ma… insomma, cos’è successo con Ashton?» Nieves aggrotta la fronte e si gira ad osservare Naomi, che alza le spalle e scuote la testa.
«Te l’ho già detto, non ne ho la minima idea! – le dice – so solo che lei non ha alzato il viso dal piatto e non ha nemmeno parlato, mentre Ashton se la guardava tutti accigliato,» Lilian osserva la terzogenita con un’espressione persa, nel mentre che si porta un dito al mento.
Kendra le osserva discutere senza ben sapere cosa succede, colorando distrattamente il disegno appena fatto.
«Tocca indagare, immediatamente,» si catapulta verso le scale, seguita dalle sorelle, confuse.
Si stanzia di fronte alla stanza di Venere e inizia a bussare con forza, facendo tremare il legno.
«O apri questo porta, Venere, o la butto giù! – grida, tirando quasi dei pugni, mentre Nieves si porta la mano di fronte alle labbra per coprire la risatina – mi hai sentito? Apri questa porta, immediatamente!» ci vogliono giusto qualche altre minacce, ma poi, finalmente, la porta si apre e appare Venere con i capelli scombinati e la faccia smunta.
Lilian si spaventa, portandosi una mano al cuore e facendo ridacchiare Nieves.
«Diavolo, Venere, che ti è successo?» riceve un grugnito in risposta.
Venere da le spalle a tutte e rientra in camera, senza chiudere la porta, e alla fine la seguono tutte e tre – a Kendra viene proibito, viste le condizioni di Venere.
Si siedono sul letto, con Venere che guarda uno spazio vuoto tra la scrivania e la libreria.
«Hai intenzione di dirci che succede, sorella?» sbotta Nieves, osservandola con un cipiglio severo.
Venere scuote la testa, non ha voglia di dire i suoi dilemmi da ragazzina.
«Che, per caso, c’entra qualcosa Ashton?» Venere sussulta, si gira verso Naomi e la fulmina.
«Cosa?» grida, presa alla sprovvista.
Che può dire? ? Ma scherziamo? Poi chissà che dibattito inizia.
Insomma, non sa nemmeno lei perché sta così.
«L’hai evitato in tutti i modi, a pranzo,» alza un sopracciglio e osserva la sorella mordersi il labbro inferiore e abbassare lo sguardo, colpevole.
Venere proprio non lo sa, perché lo evita così tanto. Ha paura, forse, non ha mai provato sentimenti del genere, era tutto perfetto, prima, poi arriva Ashton e tutto si scombussola.
«Cos’è successo?» chiede Lilian, delicata, posandole una mano sulla coscia.
«Mi ha chiesto d’uscire, ieri – borbotta, alzando le spalle e sorridendo leggermente al ricordo – e, insistente com’era, ho accettato, e sono stata benissimo – ammette, mordendosi un labbro – poi mi ha detto che gli piaccio,» e le guance si colorano dall’imbarazzo.
«Ebbeh?» fa Nieves, chiedendosi dove sia il problema.
Insomma, perché doverlo evitare? Si vede che piace pure a lei.
«Ebbeh, c’è che non capisco più un cacchio, prima stavo una pacchia, senza veri sentimenti per qualcuno e non dipendevo da nessuno, poi arriva lui e tutto va a farsi fottere,» sbotta, aprendo le braccia di colpo.
«E tu vorresti mandare a puttane l’unico rapporto che ti fa provare qualcosa di genuino? Sveglia Venere, pensavi sul serio di poter vivere una vita perfetta e senza sentimenti? Ashton sarebbe capace di darti tanto, perché non ammetti che ti piace e, al posto di dargli il due di picche per una stupida paura, non gli dimostri che c’è qualcosa anche da parte tua?» le ringhia contro Lilian, incrociando le braccia e facendola sussultare.
Venere la osserva un poco, sbatte gli occhi e poi si morde nuovamente il labbro.
Annuisce, che sa che quello che ha detto Lilian è vero.
Perché continuare a mentire?
A lei piace Ashton, non c’è più nulla da fare, si è infiltrato nel suo cuore in modo lento e enigmatico, di nascosto, senza essere visto, come un’ombra, e sa che non ne uscirà facilmente. 
***
Ehilà,
come va?
Allora, per cominciare, scusate del ritardo, ci ho messo ben nove giorni per aggiornare, ma ho avuto tre compiti di seguito e, poi, indovinate? Una bella influenza che mi ha reso tanto malata quanto intontita. 
Abbiamo un momento tra Genesis e Luke, che sembrano molto affiatati.
Poi ci sono quasi tutti intorno a un tavolo, Calum e Naomi, Michael e Natasha, Venere ad occhi bassi e Ashton a occhi infasitiditi.
C'è Natasha che chiede perdono a Luke, che ovviamente non glielo nega e l'abbraccia, perché è mancata pure a lui.
E, infine, i dilemmi esistenziali di Venere e la strigliata delle sorelle Miller.
Beh, vi lascio, mi tocca scrivere l'altra storia!
Bye bye,
Judith. 

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Capitolo 16
*** Ragione ***



 
Imprevisti.

RAGIONE.
 
A chi vuole sempre avere ragione,
A chi, quando ha torto, l’ammette,
A chi pensa di sbagliare sempre.
 
Si veste con velocità, ‘ché vuole fare una bella colazione e prima si sbriga a scendere, più tempo può metterci. Si infila, infine, le scarpe e corre di sotto, con la tracolla in spalla e la giacchetta in mano.
Butta il tutto sul tavolo, mezzo vuoto, con Lilian che la squadra da sopra a sotto.
Le dona un sorriso, prima di dirigersi verso la dispensa e acchiappare la scatola di biscotti al cioccolato, mentre Lilian le versa il latte nella tazza.
«Con chi vai?» chiede, poi, la maggiore, intanto che si risiede e che riprende a sorseggiare il proprio latte macchiato.
«Da sola, ho le chiavi appresso,» borbotta, alzando le spalle.
Ormai è un abitudine andare con Ashton, ma un conto è con Naomi appresso, che smorzerebbe il silenzio con le chiacchiere, un conto è soli, con l’imbarazzo visibile a occhi nudo.
Lilian annuisce, sebbene non sia del tutto convinta dell’opzione. È che non vede l’ora di vederli slinguazzare di fronte a sé.
Finisce il latte e si alza lentamente, sistemandosi la tracolla in spalla e la giacca sottobraccio, poi saluta Lilian con un bacio sulla guancia ed esce di casa.
E lo giura, avrebbe preferito tutto a un Ashton appoggiato alla propria macchina, con gli occhi che, dal cellulare, sfrecciano verso di lei.
Lo vede agitarsi e mettersi dritto, scrollando le spalle più volte, prima di infilarsi il telefono in tasca e passarsi una mano tra i capelli.
«Uhm, ciao,» borbotta, con gli occhi sgranati per lo stupore e le labbra strette in una linea.
Si sente andare a fuoco, ‘ché si aspettava di poter correre e non beccarlo, e invece se lo ritrova davanti. Ma tra tutti i giorni, proprio quello per uscire di casa prima?
«Ciao,» mormora in risposta, facendo due passi – un po’ traballanti – e avvicinandosi a lui.
Ashton, veloce, fa il giro della macchina e apre la propria portiera, pronto a salire, mentre Venere, che si impone di non scappare come una deficiente, sale nell’auto con mani tremanti e guance rosse.
E il viaggio non è mai stato tanto silenzioso.
Poi è un attimo e si bloccano accanto alla strada.
Venere fa scattare la testa, girandosi verso di lui.
«Non siamo arrivati,» borbotta, guardandolo sospettosa.
«Lo so,» risponde lui, tenendo strette le dita sul volante.
«E allora perché ci siamo fermati?» è quasi un sussurro. Aggrotta la fronte ma più per paura che per confusione.
Ashton, poi, si gira di scatto verso di lei e la guarda con l’espressione più seria che Venere gli abbia mai visto. Le sopracciglia sono inarcate verso il basso e le labbra chiuse e affinate.
«Non si può continuare così, Venere!» sbotta, aprendo le braccia di scatto.
E.. beh, che si aspettava? Prima o poi avrebbe dovuto parlarci con Ashton.
«Cazzo, Venere, io non so se ho fatto qualcosa di sbagliato o detto qualcosa di esagerato ma.. ok, ti ho praticamente ed esplicitamente detto che mi piaci, perché sì, cazzo, mi piaci – e Venere sente il cuore che corre nel petto, mentre sussulta a quelle parole e quasi ha paura di svenire – mi piaci da impazzire e come puoi non parlarmi più per questo? Dio mio, Venere, nemmeno ti abbia dichiarato amore eterno e cose simili! Io.. io.. ok, magari non ti piaccio, non ricambi.. so che non sono proprio il tuo genere e che tu sei di classe ma posso darti tanto e.. ok, va bene, non c’entro un cazzo con te ma mi piaci sul ser..» e giura, lo vorrebbe far finire di parlare, perché la sua voce le inizia a piacere davvero tanto, ma sta dicendo tante di quelle cretine che proprio non può.
E si slancia, fino ad afferrare la base del collo di lui con una mano e a tirarselo contro.
E lo bacia.
Ma sul serio, lo bacia.
Ashton rimane per qualche secondo bloccato, sconcertato, mentre sente il cuore pompare nel petto e le mani che, con volontà propria, corrono al corpo di Venere senza una precisa meta, passando ovunque con agitazione.
Ricambia il bacio e non può che sorridere, assaporando Venere fino in fondo, perché.. da quant’è che aspettava questo momento?
E non sa bene come se la ritrova a cavalcioni sopra, con le sue mani a stringerle i fianchi e quelle di lei a passare tra i suoi capelli, ma gliene frega poco, perché cazzo!, la sta baciando sul serio.
 
«E quindi con.. uhm, coso?» le gambe oscillano avanti e in dietro, senza toccare terra. Il muretto è decisamente troppo alto per lei.
Si gira verso Luke e lo guarda con le sopracciglia inarcate verso il basso, segno di smarrimento, prima che una scintilla di comprensione attraversi i suoi occhi.
«Michael?» chiede, ridacchiando.
Luke annuisce, sebbene ancora non gli sia andata giù la storia. Insomma, aspirava a molto meglio per Natasha.
«Oh, va una meraviglia! – dice lei, entusiasta, sorridendo apertamente – mi piace così tanto! È bello, intelligente, simpatico, mi fa ridere da morire, a volte è un po’ molesto ma forse anche questa parte di lui mi piace – arrossisce, non è abituata a dire a Luke queste cose, nessuno dei due si è mai innamorato prima di ora e parlare apertamente dei propri sentimenti non le era mai capitato – insomma, non posso lamentarmi affatto, è tutto ciò che desideravo,» aggiunge, posandosi le mani sulle guance, sentendole andare a fuoco tanto è l’imbarazzo.
Luke la guarda male per qualche secondo, chiedendosi se non sia sotto l’effetto di qualche maledizione, ma poi le osserva gli occhi e che può fare? La sua migliore amica è cotta.
E tocca che se lo fa andare bene.
«Mi piacerebbe che vi conosceste, voi due,» borbotta poi Natasha, sorprendendolo.
Lui e Clifford?
Pff, e cosa potrebbe mai farli essere amici? Non hanno niente in comunque.. a parte Natasha.
«Non trovo come, non c’è nulla che possa accomunarci,» mormora, incrociando le braccia e alzando le spalle.
Natasha ridacchia, scuotendo la testa e girandosi a guardare il cancello della scuola, alla ricerca di una testa bianca che, come al solito, non vedrà fino a cinque minuti prima delle lezioni.
«Sai.. anche lui suona la chitarra – dice, poi, girandosi verso di lui – e canta pure!» Luke aggrotta la fronte.
No, non ci crede.
Clifford che suona e canta? Ma quando? Quello ce lo vede più a mangiare di fronte alla play.
«Non ci credo!» sbotta, aprendo le braccia e sgranando gli occhi.
Natasha ride. Ci scommetteva tutto che non ci avrebbe creduto.
Annuisce secca.
«Invece sì! – ribatte lei, dandogli una spinta e sorridendo soddisfatta – ma al posto di parlare di Michael, perché non mi illumini su una cosa?» inarca un sopracciglio e trasforma il sorrisetto in un ghigno.
Luke aggrotta la fronte e la guarda, con un cenno della mano le chiede di continuare.
«Ci vedo male o c’è del tenero tra te e Genesis?» e Luke quasi si strozza.
Cosa?
No, non ci crede, non può averglielo chiesto. Quando l’ha notato? Dove? Perché? È colpa di quel coglione di Hood, che avrà spifferato tutto quel che è successo negli spogliatoi? O gliel’avrà detto Genesis stessa?
Spera, sinceramente, nell’ultima opzione.
«Uhm.. n-no, perché?» balbetta. Da quando lui balbetta?
Natasha ride divertita, prima di dargli una spinta.
«Si vede lontano un miglio che ti piace, Luke, non mentire a me!» gli dice.
Luke deglutisce.
È così? Gli piace Genesis? Non è solo attrazione fisica quello che sente per lei?
Sì, insomma, ha un corpo splendido, ma lo hanno tante altre.. e allora perché lo ritiene il migliore tra tutti? E le labbra, che l’attirano molto di più di quelle delle altre? Per non parlare dei capelli, da quand’è che nota i capelli, nelle ragazze? E gli occhi così neri e così belli, da quando gli piacciono gli occhi? Lui preferisce le tette, o no?
Poi è così allegra, solare, simpatica, dolce, altruista, forte, grintosa, gentile e.. e.. e niente, lui non ha mai guardato al carattere, non se ne fa nulla del carattere.
cazzo, no!, l’amore non fa per lui, non può provarlo!
Finirà per ferirla, perché lo fa sempre, e lui vuole questo? Vuole ferirla?
Scuote la testa con forza e si gira verso Natasha.
«No, no non può piacermi, io non sono fatto per questo, Nat – dice, fermo, scendendo dal muretto e afferrando lo zaino – l’amore non fa per me, Natasha, ne abbiamo già parlato.. finirò per ferirla e non voglio farlo, non a lei,» e se ne va.
Natasha alza gli occhi al cielo e si chiede com’è possibile che non riesca a notare che, con tutto quello che prova, non riuscirebbe a ferirla in nessun modo, a Genesis.
 
Afferra l’accendino e, con una mossa, anche la sigaretta, da cui aspira violentemente.
È stanco, ha dormito decisamente poco e le due ore consecutive di soccer non l’hanno aiutato per niente.
Scrocchia il collo con un movimento veloce, nel mentre che gli occhi individuano la figura di Naomi, che si sta avvicinando a lui con le labbra strette in una linea e i capelli, legati nella solita treccia a spiga, che sobbalzano sulla spalla a ogni passo.
Gli arriva di fronte e, senza nemmeno salutarlo, si mette le mani sui fianchi e affina lo sguardo, indispettita.
«Buttala,» soffia, guardandolo male.
Calum aggrotta la fronte, prima di inarcare un sopracciglio e ridacchiare sconcertato.
«Cosa?» chiede, stranito.
«La sigaretta – la indica con un dito – buttala, ho detto,» ripete, con tono deciso e duro.
Calum inarca, se possibile, ancora di più il sopracciglio, e ride, tra lo sconcertato e il divertito.
Scherza?
«E perché dovrei?» borbotta, prendendo un altro tiro dalla sigaretta e soffiando il fumo sul suo viso, con una risatina che echeggia in sottofondo.
Naomi non storce il naso, sì sa, il fumo non la infastidisce, ma vedere Calum fumare sì. Non dovrebbe farlo, gli fa male e non l’aiuta nel soccer, che senso ha?
«Lo sai perché, buttala, Calum, e vedi un po’ che puoi fare, con questo schifo di fumo,» ringhia, sporgendosi in avanti per guardarlo meglio negli occhi e trasmettergli la sua fermezza.
Calum sbuffa, ma non la butta, e allora a Naomi tocca fare in un altro modo.
«D’accordo, facciamo così – sbotta, incrociando le braccia – ogni volta che vuoi fumare mi baci, almeno quando sei in mia presenza,» e Calum ghigna, perché gli va molto più che bene.
Si alza in piedi e la guarda con occhi lussuriosi e desiderosi, prima di buttare la sigaretta lontano, senza ripensamenti.
«Ci sto!» e l’afferra dai fianchi, tirandosela addosso e circondandole la vita con le braccia.
Passa gli occhi pece da quelli cerulei di lei alle labbra color pesca, con quel sorrisetto sghembo che proprio non se ne vuole andare e le dita affusolate delle mani che punzecchiano il centro della schiena, accarezzandola con lentezza e facendola fremere.
Naomi sorride di conseguenza.
Che dire, ha avuto una buona idea.
Porta una mano sulla guancia liscia di lui e con un braccio gli circonda le spalle, lo accarezza lentamente, nel mentre che si passa la lingua sul labbro inferiore, piano, studiando l’eccitazione negli occhi di Calum.
È in quel momento che lui si sporge, fino a premere le sue labbra su quelle di lei con forza, prima di infiltrarci la lingua.
Porta una mano sulla guancia di lei e spinge ancora di più il suo viso verso il proprio.
Si staccano dopo poco e si guardano negli occhi per qualche secondo.
Naomi sorride di nuovo, prima che Calum le dia un altro bacio a stampo, veloce, frettoloso. E dopo ne seguono altri, con gli occhi aperti il giusto per vedere le labbra dell’altro e i corpi che si avvicinano sempre di più.
«Hai firmato la tua condanna – mormora Calum tra un bacio e l’altro – ti bacerò fino a strapparti il respiro,» aggiunge, ridacchiando sulle labbra di lei.
Naomi lo segue, circondandogli le spalle con le braccia e alzandosi sulle punte per avvicinarsi ancora di più.
«Penso che ne valga la pena,» soffia, mentre le mani di Calum scendono giù fino a sfiorarle le natiche – coperte dai pantaloni.
«Ma smettila di palparmi ogni qual volta ne hai l’occasione, sembri un maniaco,» dice, poi, e Calum ride, eppure la strizzata di turno gliela da, perché è un po’ fissato, lui, con le curve perfette.
E Naomi le ha tutte, le curve, solo che per quelle superiori gli tocca aspettare.
 
Perché l’ha fatto?
Non può crederci, ha davvero cacciato via una tutta tette?
E se Natasha avesse ragione?
No, no, si sta facendo troppi film mentali.
A lui Genesis non piace, prova solo affetto, come quello che prova per Natasha, no?, magari un po’ di meno – o forse un po’ di più?
Sì, insomma, ok è bella e tutto il resto, ma a lui non piace, a lui non può piacere.
Ogni tanto ha voglia di baciarla, altre persino di prenderla seduta stante, ma è ovvio che questo significa solo attrazione.
Lui non può provare veri sentimenti per qualcuna, non è portato, non ne è capace.
«Che fai qui tutto solo?» un braccio fino gli circonda le spalle larghe e si ritrova a specchiarsi nella dentatura bianca e perfetta del soggetto dei suoi pensieri.
Genesis profuma di rose e questo non fa che farlo innervosire ancora di più perché, cazzo, luinon può farsi piacere un profumo talmente tanto. Le rose nemmeno gli piacciono, poi, quindi perché diamine non riesce a parlare, troppo impegnato ad aspirare il profumo dai capelli che gli svolazzano sul viso?
«Uhm, è ricreazione,» si riprende, dopo poco, sebbene ciò che dice ha senso fino a un certo punto.
Genesis annuisce, guardandolo confusa.
«Sì, lo so, mi chiedevo perché sei solo,» ridacchia, mentre lo guarda deglutire e svagare lo sguardo.
Luke alza le spalle, aggrotta la fronte e si gira, trovando un po’ di coraggio, per incastrare i suoi occhi con quelli di lei.
Che dirle? Lo è dopo aver cacciato una zoccola solo perché è cotto di lei? No, che dice? A luinon piace Genesis, ancora che si fa questi film mentali? È solo entrato in paranoia, perché Natasha parla troppo a volte.
«Non so, non mi andava di stare con i soliti,» borbotta, sorridendo appena.
Genesis sorride a sua volta, prima di togliere il braccio dalle spalle di lui – ‘ché le sta venendo un crampo.
«Allora non ti dispiacerà un po’ della mia compagnia, no?» Luke sorride, scuotendo la testa e allungando una mano – senza nemmeno accorgersene – per incrociare le sue dita con quelle di lei, come a legarsela vicino, per non farla scappare.
«Se proprio insisti puoi anche rimanere,» dice, ridacchiante, con Genesis che arrossisce nell’osservare le loro mani intrecciate e sorride con quello che, se visto bene, è imbarazzo.
«Ho saputo che tu e Natasha avete fatto pace,» inizia lei, poi, alzando gli occhi neri verso di lui.
Luke sorride smagliante, ne è così felice, le era mancata da morire.
«Sì, abbiamo parlato e risolto!» Genesis sorride a sua volta.
Del resto, il sorriso di Luke è contagioso.
«Finalmente, non vi si poteva più vedere divisi – fa, alzando gli occhi al cielo – è come se io e Casper litigassimo, Dio mio, non sopravvivrei un giorno,» borbotta, sgranando gli occhi.
Sono migliori amici da anni, da quando aveva otto anni ed era venuta per la seconda volta in Australia, con un inglese schifoso e una timidezza da far paura.
Ma Michael faceva così tanto ridere – giusto con la sua goffaggine e la sua sbadataggine – che Genesis l’aveva iniziato ad adorare, fino a preferire lui a Calum, che vabbè che è suo cugino, ma non fa ridere quanto Michael.
Luke la osserva sorridere al nulla e non può che farsi più vicino, ritrovandosi a strusciare la propria coscia con quella di lei e incastrare le braccia con disinvoltura.
Sarà che sentirla parlare così di Clifford gli fa venire una sottospecie di voltastomaco, uno strano nervosismo e una sorta di acido in bocca.
Che cacchio è?
Le passa un braccio attorno alla vita e se la stringe a sé, senza motivo, ma perché ne ha semplicemente voglia.
La sente stringerlo a sua volta, inficcando la testa tra il suo collo e la sua spalla e strusciando con il naso fino a farlo rabbrividire, e sorride tra i suoi capelli, risentendo quel profumo di rosa che gli piace sempre di più.
Genesis sorride sulla sua pelle e rilascia un bacio leggero, ma abbastanza potente da farlo fremere.
E Luke s’accorge, appena streccia le loro dita per avvolgerla meglio, che forse – ma forse proprio – Natasha ha ragione.
***
Ehilà,
come va?
Eccovi a voi un nuovo capitolo.
Ho voluto, finalmente, far contente chi shippa Venere e Ashton, con un bel bacio. I
Poi abbiamo la chiacchierata tra Natasha e Luke, che non si sono detti nulla per troppo tempo, ed ecco che la castana infligge.
Ci sono Calum e Naomi, la bionda a cui non piace l'idea di un Calum fumatore e lui che accetta la proposta.
Infine il momento tra Luke e Genesis.
Bye, bye,
Judith. 
 

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Capitolo 17
*** Botte ***



 
Imprevisti.

BOTTE.
 
A chi le prende,
A chi le da,
A chi sta a guardare e non fa nulla, il peggio tra tutti.
 
È sabato e Natasha non aspetta altro che arrivino le otto, perché Michael corre a prenderla e poi vanno dritti alla discoteca, a riempirsi la bocca di birra fresca e risate e a perdere un po’ i sensi, perché dai, ogni tanto ci sta tutto.
Si spiega la gonna passando la mano velocemente e distrattamente, osservando il trucco per l’ennesima volta, sperando di essere perfetta agli occhi di tutti – di Michael – e a controllare che nessun punto nero sia sfuggito al suo sguardo d’aquila.
Louise le ha ripetuto più volte che, se Michael l’ha accettata di prima mattina, vestita con la divisa della scuola e le occhiaie che le arrivano sotto i piedi, allora è inutile che si fa tutte queste pippe mentali, ma lei come può non farsele? Michael potrebbe benissimo averlo già conquistato, ma come è sicura che non se ne vada, trovando una più bella e perfetta? Del resto, non è uno a cui le ragazze mancano.
Ha tutto, Michael.
Bellezza, simpatia, intelligenza, charm, dolcezza, altruismo.
Chi non lo vorrebbe?
Si passa una mano fra i capelli perfettamente lisci, portandoseli all’indietro, prima di risistemarli sulle spalle e per finire pettinarli fino ad avere la linea di mezzo.
Diavolo, proprio non trova pace.
Guarda l’orologio e si accorge che sono ancora le sette e cinquanta, e lei ha il tempo per fare una veloce chiamata a qualcuno e, stranamente, opta per Genesis, invece che per Naomi.
«Pronto?»
«Giuro, mi sto impanicando, a Michael piacciono quelle truccate acqua e sapone? O preferisce stile modella? E le gonne? Vanno o bene? Poi mi sono messa un top nero, a lui il nero piace no? Ci si veste sempre, ma lascio scoperto l’ombelico, non è che poi pensa che sia troppo volgare? Aiutami, ti prego!» Genesis rimane interdetta per un po’, prima di collegare tutto e capire che a parlare non è altra che Natasha.
Ridacchia silenziosamente, come può farsi tutti questi problemi? Michael è tanto cotto che persino con un sacco della spazzatura e i capelli sporchi di una settimana la troverebbe bella.
«Dio mio, Nat, stai tranquilla! – le dice – a Michael vai bene così come sei, non ha bisogno di chissà cosa, rilassati e respira!» Natasha segue il suo consiglio, si siede sul letto e sospira.
«Ho sempre paura di non piacergli,» dice, mordendosi il labbro inferiore.
«Ma ti prego! Sei splendida, non hai motivo di pensare di non piacergli, Michael ti adora,» la castana si ritrova ad arrossire involontariamente, sorridendo leggermente al pensiero.
«Dici?»
«Dico! – esclama – e vorrei rimanere qui a sentire ogni tuo dramma, ma Calum mi sta bussando alla porta da ore quindi ci vediamo dopo e, stai tranquilla, Nat, gli piacerai, come al solito,» la saluta, richiudendo la chiamata.
Natasha sospira, prende la borsa e, nell’esatto momento, il telefono le squilla. Michael è già sotto casa sua e lei sente il cuore palpitare.
Corre di sotto senza nemmeno salutare, chiudendosi la porta alle spalle e osservando Michael alla guida di una macchina che, beh, non aveva mai visto prima.
Un prestito, probabilmente.
Si avvicina a guance rosse e sorriso sulle labbra, apre la portiera e si siede, girandosi a guardare il proprio ragazzo.
Lo ritrova a osservarla ad occhi sgranati e lucidi, con le labbra serrate in quello che non è né un sorriso né una smorfia e la mano stretta sul volante.
Natasha si sente andare a fuoco, si copre le ginocchia nude con le mani e si stringe nelle spalle.
«Cosa c’è?» chiede, la voce flebile e il solito timore che, dopo settimane, ancora persiste.
Michael scuote la testa, aprendosi in un sorriso luminoso e avvicinandosi a lei per lasciarle un bacio.
«Sei bellissima.»
 
«Dio mio, Hood, in quella pista sembravate due cani in calore,» Calum gira di scatto il viso, ritrovandosi a fronteggiare l’ultima persona gradita sulla faccia della terra.
«Cazzo vuoi, Hemmings?» Luke ride, incrociando le braccia e avvicinandosi di poco al ragazzo.
«Nulla, ero solo uscito a prendere un po’ d’aria, sai, vi ho visto strusciarvi e mi è venuto davomitare,» Calum gli rifila un’occhiataccia da far paura, prima di prendere un altro tiro dalla sigaretta.
«Ti rode, Hemmings?» alza un sopracciglio e sputa il fumo.
«Di cosa? Che ti sei beccato i miei scarti?» e ride, mentre Calum sente il sangue salirgli al cervello e respira furiosamente per rilassarsi.
«Stai attento a come parli, Hemmings,» sputa, aspirando dalla sigaretta quasi a finirla.
«Ho detto solo la verità, Hood – Luke persiste – e dimmi una cosa, com’è portarsela a letto e sentirla gridare il mio, di nome, al posto del tuo?» Calum chiude i pugni e si gira verso di lui, avvicinandosi velocemente e buttando la sigaretta a terra.
«Hai finito?»
«Di fare cosa? Un paio di domande? – ride, si stringe nelle spalle e affina lo sguardo – del resto, ti sto solo aprendo gli occhi, Hood, credi davvero che lei mi abbia scordato? Tu sei solo un passatempo,» Calum si porta le mani alle orecchie e preme con forza, scuotendo la testa.
«Non è vero, sta zitto, sei uno stronzo!» gli grida contro, facendolo ridacchiare divertito.
«Non sono stronzo, sono sincero, è diverso – si porta le mani sui fianchi e ghigna, cattivo – tu sei la ruota di scorta,» e forse non doveva dirlo, perché Calum esplode e in pochi secondi si ritrova sopra di lui, con il pugno che sbatte con forza sulla mandibola e Luke che non riesce ancora a capire cosa stia succedendo, intontito maggiormente dalle botte.
Il fatto è che tutti hanno un limite e Calum l’ha superato da tanto.
Luke si risveglia, ritrovandosi a dargli una spinta fino a ritrovarsi in vantaggio, sopra di lui a scaricare l’odio di anni, con Calum che cerca di parare i colpi e si smuove per ribaltarlo.
Calum da un colpo di bacino fino a sbatterlo a schiena per terra, prendendo del fiato e risalendo su di lui, ‘ché la rabbia persiste.
«Sei un pezzo di merda!» gli grida, tra un colpo e l’altro.
Luke si scuote, spingendolo via fino a farlo finire a un metro da lui.
Struscia fino a poggiare la schiena al muro, mentre si pulisce il sangue dalle labbra con un movimento.
«Sei spregevole! – soffia Calum, sputando del sangue poco dopo – mi fai schifo! Sei un fottuto stronzo! – il tono più forte, Luke lo guarda di sfuggita – mi dici che minchia ti ho fatto? Non mi lasci mai in pace, cazzo!» gli ulula contro, passandosi una mano fra i capelli.
Luke si stringe le braccia al petto, continuando a sputare sangue ogni tanto.
Cosa gli ha fatto? Ah, bella domanda.
Non lo sa mica perché ce l’ha così tanto con lui, non se lo è mai chiesto.
Solo che Calum ha sempre avuto tutto e a lui non è mai andato bene. Calum ha sempre avuto amici, una bella famiglia, persone che lo hanno sempre amato per ciò che è.
Lui no.
Lui ha solo cani che gli scodinzolano intorno, nessuno che c’è sul serio.
Persino Natasha ha preferito Calum a lui, l’ultima volta.
«Dimmelo! Che cazzo ti ho fatto, io!» la voce digrignante di Calum gli arriva alle orecchie, facendogli alzare gli occhi verso di lui e incrociare le braccia.
Che ne sa? 
«Hemmings, porca troia!»
«Non lo so, ok? Non lo so perché cazzo ce l’ho con te! – apre le braccia e lo guarda a occhi infuriati – ti ho solo visto circondato di persone sincere e vere e mi sono sentito male, perché nel guardarmi intorno io non le avevo! – gli grida – ero invidioso, geloso, che cazzo ne so? So solo che ho iniziato a odiarti perché avevi tutto.. e io nulla,» e si porta una mano alle labbra, sgranando gli occhi, ‘ché non può credere di aver detto sul serio tutto ciò.
Calum lo guarda, affinando la bocca e con l’impressione di non avere più parole.
E Luke si sente male, sotto gli occhi scrutatori del moro. Si porta le gambe al petto fino a nascondere il viso tra di esse per la vergogna.
Sente qualche rumore e spera vivamente che sia Calum che se ne è andato, ma gli tocca ricredersi quando alza il volto e se lo ritrova ad accomodarsi accanto a lui, con l’espressione di chi non ha nulla da ribattere.
Poggia la testa sul muro e porta gli occhi lontano, prima di ridacchiare senza motivo.
«Perché ridi?» chiede Luke, quasi innervosito.
Dio, gli ha appena rivelato che è invidioso di lui.
«Siamo sulla stessa barca, Hemmings – fa il moro, girandosi a guardarlo – tu nemmeno immagini quanto voglia essere te,» e Luke sgrana gli occhi, incredulo.
Come può volerlo? Lui è una persona orribile, Calum no.
«Davvero?»
«Davvero.»
«E perché?»
«Dico, me lo chiedi pure? Hai la schiera di ragazze sognanti ai piedi, ti basta schioccare le dita e li hai tutti ai tuoi comandi!» Luke si passa una mano fra i capelli e fa una smorfia.
«Non è così bello, sai? A volte vorrei stabilità e sincerità e nessuno di loro me le da – si stringe nelle spalle e si chiede com’è possibile che stiano parlando così tranquillamente – e poi, beh, non ti coverebbe, avresti sempre alle calcagna quel coglione di Logan, ma dico, scherzi?» Calum si ritrova a ridere e a scuotere la testa.
«Allora posso capirti – fa, ridacchiando – quello è un accollo!» Luke annuisce, con un sorrisino sulle labbra.
Il silenzio li avvolge per qualche minuto.                                    
«Prima non dicevo sul serio.»
«Quando?»
«Prima.. a Naomi piaci davvero, ero io il vero passatempo,» gli sorride e si gira a guardare il viso deformato della – ex? – nemesi.
«Mi dispiace, Hood,» e Calum non può che sorridergli, ‘ché forse non è così male come pensava.
Aveva solo bisogno di essere capito, aveva solo bisogno di capirlo.
«Dispiace anche a me, Hemmings,» e si chiede se non sia un inizio.
 
«Subito in piedi! C’è un’urgenza!» grida Venere, con il fiatone, dopo che si è corsa mezzo locale per trovarli.
«Che succede?» chiede Genesis, alzandosi lentamente.
«Il moretto e il biondino se le stavano dando di santa ragione nel parcheggio,» e si vede sfrecciare tutti da davanti agli occhi, prima di iniziare a correre con loro.
Naomi sente il cuore palpitare e la paura si impossessa di lei.
Sa come sono entrambi, sa quello che può succedere e già se li immagina in una pozza di sangue a continuare a darsele fino allo svenimento.
Per questo, quando apre la porta e punta gli occhi su di loro, non può evitare che bloccarsi e aggrottare la fronte.
Sì, perché insomma, tutto si aspettava, tranne che Calum Hood e Luke Hemmings si scambiassero battute e ridessero tranquillamente, come due vecchi amici, con qualche piccola botta e goccia di sangue di troppo.
«Ma che cazz…?» Michael guarda i due con la fronte aggrottata e le labbra in una smorfia.
Si girano di scatto fino a ritrovarsi tutti quanti davanti, con le espressioni incredule. Ridono entrambi, prima che Naomi si slanci fino a finire inginocchiata vicino a Calum, afferrandogli il volto con le mani e girandolo in tutte le direzioni per osservare meglio le ferite.
«Dio, stai bene?» chiede, accarezzandogli una guancia.
Calum annuisce, sorridendo teneramente.
Luke li osserva per qualche secondo, prima di portare l’attenzione sul resto dei presenti e incrociare gli occhi neri di Genesis.
Deglutisce, poi, appena capisce la cazzata che ha fatto. È così arrabbiata che non si meraviglierebbe se lo uccidesse seduta stante.
La vede scuotere la testa, prima di girarsi e rientrare nel locale.
Boccheggia più volte, cercando di non far notare la sua agitazione. Che deve fare? Il panico prende possesso di lui e si ritrova a muovere gli occhi da una persona all’altra, ma nessuno sembra dargli tanta corda, ancora troppo impegnati a guardarli con l’espressione più stupita al mondo.
«Va da lei,» la voce di Calum gli arriva come un mormorio, ma lui ha ben capito. Vede il moro sorridergli, prima di dargli una pacca sulla spalla.
Luke annuisce, sorridendo a sua volta, prima di alzarsi – un po’ dolorante – e correre dentro il locale, cercando di zoppicare di meno.
Si gira mezzo locale, prima di ritrovarsi nel bagno delle donne, indifferente alle occhiatescandalizzate di alcune ragazze.
I suoi occhi scontrano subito la figura di profilo di Genesis, con la fronte aggrottata e gli occhi infuocati di rabbia.
«Genesis,» soffia, piano, facendo qualche passo e sentendo la porta chiudersi.
Fa un sospiro, costatando che sono totalmente soli.
«Sei una testa di cazzo! – si gira verso di lui e gli punta un dito contro – mai una volta che fai qualcosa di buono! Come ti è saltato per la testa di spaccare la faccia a mio cugino?» urla, avvicinandosi di qualche passo fino a conficcargli il dito nel petto.
«Io..»
«Tu un cazzo! Dio mio, ma quando mai la smetterai? Ti senti così bene nel distruggere gli altri? Cosa ci guadagni?» Luke sente il dito che spinge tra i pettorali e cerca di trattenere gli occhi in quelli di lei, sebbene sia faticoso, perché le parole che gli stanno venendo dette sono come coltelli.
«E sai che c’è? Ti ho già dato una possibilità, ma penso che non te ne darò una terza – e lui sente il cuore palpitare con forza, mentre sgrana gli occhi e boccheggia – mio cugino non avresti dovuto toccarlo, Luke,» e lo sorpassa, pronta ad andarsene.
«Non provare a uscire da quella porta! – gli grida lui, avvicinandosi e afferrandola dai fianchi – non ci pensare nemmeno,» le si mette davanti e la spinge fino al muro, con gli occhi che tremolano di fronte al suo sguardo di fuoco.
Non può permetterle di andarsene di nuovo, di lasciarlo solo, non riuscirebbe a reggerlo.
«Lasciami andare, Luke, o giuro che..»
«Giuri che?»
«Giuro che ti faccio fuori, fammi passare, ora!»
«No! Con il cazzo che ti lascio passare, con il cazzo che ti lascio andare via da me!» le grida, afferrandole i polsi e portandoglieli sopra la testa.
«Non puoi andartene nuovamente, capisci? Non puoi mollarmi di nuovo solo, non riuscirei a sopportarlo, Genesis!» ringhia, a un passo dal suo viso.
Genesis aggrotta la fronte, cercando di nascondere il rossore e ignorando il cuore che le sbatte con forza nel petto.
«Lasciami,» ripete, tra i denti.
«No!» e potrebbe farla arrabbiare anche di più, perché Genesis non è una delle solite, ma non può più aspettare.
Le afferra con le mani i lati del viso e preme le loro labbra, spingendosi fino a incastrarla tra lui e il muro.
E giura, non gli è mai piaciuto un bacio così tanto.
 
Si ritrovano seduti sul letto del moro, lei che sta bagnando un pezzo di cotone con l’alcol e lui che le osserva ogni tratto del viso con l’occhio meno chiuso, quello con cui riesce a vedere abbastanza nitido.
Naomi si avvicina fino a piegarsi per ritrovarsi faccia a faccia con lui, mentre con una mano gli tiene il viso dal collo e con l’altra passa il cotone sulle ferite, attenta a non premere troppo e a evitare di fargli ancora più male.
Toglie velocemente il cotone appena lo sente gemere di dolore, prima di riportarlo con ancora più delicatezza sul viso.
«Scusami,» sussurra all’ennesimo mugolio.
Calum scuote la testa, cercando di sorridere sebbene il labbro inferiore sia più gonfio del normale. Le passa una mano sui capelli e la guarda con tanta intensità che Naomi si sente andare a fuoco.
«Tranquilla,» le dice, accarezzandole una guancia.
Naomi sorride a sua volta, prima di sporgersi un minimo per combaciare le loro labbra.
Calum lo sente il dolore, ma proprio non può evitare di afferrarla più stretta fino a costringerla a sedersi a cavalcioni su di lui e di circondarle il viso con una mano,intrufolandosi meglio con la lingua nella bocca della ragazza.
Naomi si spinge su di lui con forza, facendolo sussultare.
Calum alza il bacino fino a farlo scontrare con quello di lei più volte, prima di passarle una mano su tutta la schiena e sentirla fremere e rabbrividire. Sorride involontariamente, del resto gli piace fare un certo effetto sulle persone, specie se si tratta di Naomi.
Si ritrova ad afferrarla con un braccio e a capovolgere la situazione, fino a farla sdraiare completamente sul letto.
Le mani ai fianchi del viso di lei e le gambe ai lati del suo sedere, si stacca dal bacio per poterla guardare negli occhi con intensità, un sorriso a incorniciargli il volto e le labbra che sembrano pregare di essere baciate di nuovo.
Naomi si slancia fino ad avvolgergli il collo con un braccio, riportando il viso di lui a pochi centimetri del suo, collegando nuovamente le labbra.
Sente il ventre infuocarsi e incrocia le gambe sul bacino di Calum, fino a spingerlo verso di sé per sentire la sua erezione. Si lascia sfuggire un sospiro e si accorge di volerlo a tutti i costi, subito.
Si accorge di volerlo come non ha mai voluto nessuno.
«Naomi – mormora lui, staccandosi di poco – se non mi fermi ora, non ci riuscirai più,» le mani che sono finite sotto la sua maglietta e vagano fino al reggiseno.
«E chi ti ha detto di fermarti,» dice lei, inficcando le dita tra il colletto della sua maglietta per graffiarli la pelle delicatamente.
Calum ride, prima di sfilarle la maglietta.
Per poi passare ai pantaloni, al reggiseno, alle mutande, e a ritrovarsi nudo, pronto a prenderla del tutto, ad averla fino all’ultimo.
È quasi agitato, nel pensare che sta davvero succedendo.
Scende a baciarla di nuovo, portandole una mano sul seno e accarezzandolo con gentilezza.
«È quello che vuoi?» le chiede, a pochi centimetri dalle sue labbra.
È quello che vuole? Sì, lo è.
Si perde per qualche secondo a osservare il corpo nudo di Calum, il busto liscio e asciutto, le gambe possenti – grazie al soccer – ai lati delle sue, il membro che è già pronto a entrare in lei e i tatuaggi scuri sulla pelle.
Sorride, poi, afferrandogli il volto con le mani fino a premere le loro labbra insieme.
«Sì, è quello che voglio,» gli dice, sicura di sé.
«Una volta fatto non potrai più tornare indietro, Naomi,» Calum riprova, non vuole che se ne penta, non vuole allontanarla da lui, a costo di aspettare secoli per un passo del genere.
Ma Naomi è sicura, perché vuole appartenere a Calum del tutto.
«Non ho intenzione di tornare indietro, Calum,» e lo vede sorridere smagliante, prima che con una spinta finisca in lei.
Ora si sente totalmente completa.
 
***
Ehilà, 
Eccoci con un capitolo più lungo del solito.
Abbiamo Natasha, complessata fino all'ultimo perché vede in Michael un dio greco e ha paura che possa andarsene con qualcun'altra.
Poi ci sono Calum e Luke in una litigata-rissa. Si ritrovano a spaccarsi la faccia a vicenda, prima di sedersi uno vicino all'altro e a ridere come due vecchi amici, lasciando tutti interdetti. 
Abbiamo, poi, Genesis che si incazza. Ma Luke non la lascia mica andare via. Ed ecco che scappa il bacio, sperando che Genesis non reagisca tanto male.
Infine, Calum e Naomi sono arrivati a un punto di non ritorno. 
Si vogliono davvero moooolto bene, quindi è stato un gran passo per entrambi.
Vi lascio, ora, che ho sonno, ma spero vi sia piaciuto.
Bye bye,

Judith.  

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Capitolo 18
*** Baci ***



 
Imprevisti.

BACI.
 
A chi li reputa qualcosa di troppo intimo, per darli a chiunque,
A chi li reputa una cosa da niente e li da a tutti,
A chi li sogna ad occhi aperti, senza riceverli.
 
Bussa a casa Hood con forza, impaziente, pronto a fare strage se è possibile, ‘ché l’ha mollato lì come un coglione, senza riservagli altro che un’occhiataccia furiosa, un po’ come se le avesse appena strappato la lingua o detto qualche insulto.
Invece l’ha solo baciata, senza riuscirsi più a staccare, forse per il fatto che quelle labbra l’ha desiderate per così tanto che, una volta avute, chi le voleva più lasciare?
E non è che ci è rimasto male perché orgoglioso, quello l’ha saputo mettere da parte in più occasioni, ma, beh, si è appena accorto di essere totalmente cotto di lei e come può farsela sfuggire dalle dita, dopo che l’ha appena riconquistata? E soprattutto, ora che sa cosa si sente a baciare qualcuno che piace sul serio e non la solita gallinella di passaggio?
Ad aprirgli è niente meno che Naomi, che lo guarda con occhi straniti e con aria confusa, mentre Luke aggrotta la fronte e si chiede se, il moro, non sia riuscito a farsela. Del resto, le gambe nude e la maglia lunga e tipicamente maschile dicono tanto.
Hood appare dietro di lei, rivolgendogli un’occhiata sconcertata, prima di sorridere leggermente, un po’ imbarazzato perché, beh, nessuno dei due si è ancora abituato davvero alla pace.
«Hemmings?» fa, spingendo Naomi, con delicatezza, all’interno della casa, sussurandole un “ci penso io, qui”. La guarda avviarsi verso il salotto, con un po’ di fondoschiena che appare dalla maglia.
«Dimmi tutto,» cerca di aumentare leggermente il sorriso, magari per farlo rilassare un attimo, ‘ché Luke ha le spalle irrigidite – che sembrano più grosse del normale – e gli occhi sgranati.
«Io, uhm, cercavo Genesis,» e, nemmeno a farlo apposta, Calum si lascia scappare un ghigno malizioso.
«È in camera sua, sembra abbastanza silenziosa da ieri, mi chiedo cosa sia successo tra voi due,» Luke deglutisce, del resto è il cugino di lei, cosa dovrebbe dirle?
Scuote la testa, alzando le spalle e affinando le labbra, facendo ridacchiare di gusto il ragazzo di fronte.
«Sì, certo..» apre la porta maggiormente, accogliendolo a entrare, prima di indicargli il piano superiore.
«Seconda porta a sinistra – lo guarda, facendogli un occhiolino – e tranquillo, è solo un po’ testarda, ma le passa, magari se la baci di nuovo,» Luke arrossisce senza nemmeno farci caso, prima di sorridere al ragazzo e salire le scale due a due.
Bussa alla porta indicatagli e aspetta con ansia il permesso, che non tarda ad arrivare.
Quando entra, non può evitare di mordersi il labbro, che, ok, si aspettava tutto, ma non Genesis con addosso solo una maglietta lunga giusto poco sotto il sedere. Deglutisce a vuoto, prima che la ragazza si accorga di lui e sussulti.
«Cosa ci fai qui?» sbotta, digrignando i denti.
«Sono venuto a parlarti,» borbotta, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi.
Genesis incrocia le braccia e aggrotta la fronte.
«Non ho nulla da dirti,» sputa velenosa, mentre il ragazzo le arriva di fronte, cercando di non far cadere gli occhi sulle gambe nude.
«Ma io sì,» e la guarda, imprimendole tutta la sua sicurezza.
«Sbrigati, non ho tutto il tempo,» Luke sbuffa, alzando gli occhi al cielo, prima di mettersi le mani sui fianchi.
«Smettila, cazzo, sei insopportabile – ringhia – si può sapere perché te ne sei andata, ieri?» le chiede, furioso.
«Cos’è, ti ho scalfito l’orgoglio? Non sei abituato ai rifiuti? Mi dispiace tanto se non ti ho aperto le gambe come speravi, ma non sono così e lo sai bene,» fa schioccare la lingua sul palato e Luke sente il sangue salirgli al cervello.
«Hai una così bassa opinione di me? Pensi davvero che ti abbia baciata per portarti a letto e che sia qui per orgoglio?» le urla contro, poi, prima che Genesis annuisca decisa.
Luke spalanca le labbra e gli occhi, ferito.
«Beh, sorpresa, non è assolutamente così! – grida, arrabbiato – ti ho baciata perché mi piaci da impazzire, cazzo!, e non per portarti a letto – aggiunge, puntantole un dito contro – ed ero qui per te, non per l’orgoglio, ma sai che c’è? Tu rimani della tua opinione, ma se davvero mi credi tanto stronzo, beh, ti sbagli, non rovinerei mai un’amicizia per un cazzo di sfizio,» e si gira, che è così arrabbiato che vuole solo uscire da lì.
Ma, inaspettatamente, si ritrova le labbra incollate a quelle di Genesis, così, senza nemmeno accorgersene.
E la mano che scivola sulle gambe nude e l’altra che le spinge la nuca verso di lui.
 
Venere si porta le mani fra i capelli e grida di frustrazione, pronta a lanciare qualcosa alla finestra di fronte alla sua, perché il casino è troppo.
Ashton ha pensato bene di iniziare a suonare la batteria, in un modo terribilmente forte e rumoroso, esattamente quando lei ha aperto il libro di storia, che dovrebbe iniziare a studiare, visto che mancano giusto sei giorni al compito.
Si alza dal letto con uno scatto, prima di precipitarsi alla finestra e spalancarla.
«Ashton!» urla, cercando di sovrastare il frastuono. Lo chiama più volte, perché il casino che sta facendo il ragazzo è esagerato.
Poi, con rabbia, scaraventa addosso al vetro un libro duro, che fa un tale frastuono da far smettere il riccio.
«Ashton!» urla di nuovo, prima che una faccia appaia dalla finestra. Il ragazzo le sorride, tra il divertito e il felice, ‘ché vederla è sempre un motivo di gioia, soprattutto dopo il loro primo – e per ora ultimo – bacio.
«Oh, Venere, ciao!» la saluta, poggiandosi al legno con le braccia.
Venere sbuffa, affinando lo sguardo, prima di passarsi una mano fra i lunghi capelli e sospirare con forza.
«Smettila di suonare la batteria – gli sbotta contro, guardandolo truce.
Ashton aggrotta la fronte, prima di affinare le labbra – sto cercando di studiare per il compito della prossima settimana,» aggiunge, tra i denti.
Il ragazzo ridacchia, spostandosi i ciuffi di capelli ricci con una mano dentro il cappuccio, prima di passarsi la lingua sui denti superiori.
«Lo sai che non lo farò,» e Venere sospira, ‘ché lo sa bene, prima di mettersi le mani sulle guance e sentirle più calde del solito.
«Dio mio, sei così fastidioso! – si lamenta, facendolo ridacchiare – fai un frastuono esagerato, diamine!» continua, levandosi le mani dal viso e lanciandogli un’occhiataccia.
«Smetto solo a una condizione,» fa lui, alzando un sopracciglio con divertimento e osservandola malizioso.
Venere si fa attenta, incrociando le braccia e aggrottando la fronte.
«Smetto solo se vieni qui da me, sennò, beh,» acchiappa una bacchetta e la fa girare sulle dita velocemente, incantando Venere che, come fa, proprio non riesce a capirlo.
Poi si acciglia, borbottando qualche insulto.
«Devo studiare, Ashton,» dice, scuotendo la testa più volte, mentre il ragazzo si rizza e le lancia un’occhiata divertita.
«Oh, ma per favore, abbiamo una settimana,» le dice, alzando gli occhi al cielo.
Lei sbuffa nuovamente, deve davvero studiare, ma lui non sembra dell’intenzione di lasciarla in pace.
«D’accordo, l’hai voluto tu – le dice lei, afferrando anche l’altra bacchetta – ti conviene chiudere per bene la finestra e magari andare in un’altra stanza, suonerò più forte del normale,» Venere ringhia frustrata, prima di sbottare con un “ok, d’accordo, arrivo.
E Ashton sorride soddisfatto.
Venere, in poco più di dieci minuti, si ritrova a bussare alla porta del ragazzo, che le apre con un sorriso a trentadue denti.
«Entra,» la invita lui, aprendo maggiormente. Si chiude la porta alle spalle, mentre Venere gira gli occhi ovunque, osservando le pareti gialline ripiene di foto.
Ashton l’afferra da una mano, poi, per portarla nella sua stanza.
Le pareti totalmente rosse, i mobili neri e un letto a una piazza e mezzo vicino al muro. A un angolo, vicino alla finestra che porta alla sua stanza, vi è una batteria totalmente nera, grossa e piena di pezzi.
«Mi piace, sebbene sia disordinatissima,» borbotta lei, prima che delle mani grandi le afferrino i fianchi velocemente. Si ritrova a essere totalmente circondata da delle braccia scoperte e grosse, che le stringono la vita, mentre il viso di Ashton si poggia sulla sua spalla e le loro guance si sfiorano.
«A me piaci tu, sebbene sei petulante,» ridacchia alle suo orecchie e Venere si sente andare a fuoco, prima di imbronciarsi.
«Ehi, io non sono petulante!»
«Oh sì! Decisamente,» e lei è già pronta a dirgli ribattere che, no, non lo è, ma lui la gira di scatto e scontra i loro nasi. E, beh, non riesce a far uscire nemmeno un fiato, quando incrocia gli occhi cangianti di Ashton e sente una stretta al ventre.
Sente il respiro di lui sbatterle sulle labbra, mentre, con lentezza, gli circonda il collo con le braccia.
«Baciami,» gli sussurra, facendo cadere lo sguardo sulla bocca semiaperta di lui, che non se lo fa ripetere due volte e, sorridendo come un bambino, ricongiunge le labbra nel loro secondo bacio.
 
«Cazzo,» si fa uscire, come un brontolio, Calum dalle labbra.
Le mani di Naomi giocano con lui da minuti interminabili, costringendolo a un piacere continuo, quasi doloroso, mentre le sue labbra scorrono sulla mascella di lui, amplificando il godimento.
Calum si morde il labbro inferiore con forza, sebbene gli faccia ancora male, ‘ché alla fine ha fatto a botte giusto la sera prima, con lo stesso ragazzo che sta alla stanza accanto, probabilmente a pomiciare sua cugina, ma poco gli importa, tanto se si piacciono entrambi e, con il biondo, ha fatto pace, cos’ha da lamentarsi?
«Naomi,» geme, quando lei lo costringe a sdraiarsi sul letto totalmente e scende con le labbra lungo il suo corpo, seguendo con la lingua i contorni dei tatuaggi.
Viene con un gemito roco, facendola ridacchiare divertita.
Si sdraia accanto a lui, posandogli un bacio sulle labbra che fa risuonare con uno schiocco per la stanza. Calum le circonda la vita con le braccia, respirando ancora con un po’ d’affanno e a bocca schiusa, e lei, alla sua vista, non può che sentire un calore al basso ventre.
«Dio, sei bellissimo,» si lascia sfuggire, prima di arrossire furiosamente, perché, cazzo, lei non è una che dice queste cose, soprattutto a un Calum post orgasmo, che la sta guardando con occhi languidi.
«Anche tu,» si avvicina per baciarla appassionatamente, strusciando con la lingua sul palato e afferrandole la nuca con una mano, mentre si sdraia su di lei e la incastra con le gambe, non permettendole di muoversi.
Scende a baciarle le guance e il collo con baci a schiocco e veloce, mentre la sente ridacchiare per il possibile solletico che le sta facendo.
Le afferra una mano, incrociando le loro dita e continuando a baciarla ovunque.
«Mi fai il solletico,» grida lei, ridendo, mentre Calum le sorride sulla pelle, staccando leggermente le labbra da lei per passarle lentamente sfiorandola appena, sentendola rabbrividire appena raggiungel’incavo dei suoi seni.
Le lascia un bacio tra la valle e risale veloce, leccandole maliziosamente la bocca.
Naomi si sente bene quando, poi, lui la stringe ancora più a sé, e si sente bene appena la lingua di lui si intrufolare tra le sue labbra.
Non avrebbe mai pensato di poter provare sentimenti simili per qualcuno oltre al biondo, eppure, ora, quello che pensava di provare per Luke sembra solo un’ombra fievole al sentimento che le procura anche solo il pensiero di Calum.
E non lo sa, davvero, non lo sa per niente se questo è amore, se è questo ciò di cui raccontano i film romantici, se è questo quello che prova Natasha per Michael o Luke per Genesis, non lo sa se, poi, lui prova lo stesso, se Calum sente il cuore battere all’impazzata, le mani sudare, il basso ventre bruciare continuamente e il sorriso che non si riesce a spegnere.
Sa solo che Calum c’è e le va bene così, ora.
«A che pensi?» le chiede, ricongiungendo i loro sguardi.
Naomi sorride, scuotendo la testa, perché non le va di dichiararsi così, di punto in bianco.
«E tu?» fa lei, quando, per minuti, sta in silenzio, osservandola e basta.
«A te,» e lei arrossisce, portandogli le mani sulle guance e accarezzandogliele con i pollici.
«Ti rivoglio,» gli dice, poi, e Calum non aspetta altro, si struscia su di lei, prima di abbassarsi i boxer e lanciarli nella stanza e prima di far fare la stessa fine alle mutandine di lei.
Si sistema con calma, senza fretta, strusciando i loro centri e vedendola sospirare impaziente, mentre gli stringe i capelli tra le dita e lo guarda furente per il suo gioco.
«Smettila,» dice, dandogli una sberla sul braccio e facendolo ridere.
«Di fare cosa?» ed entra con forza, facendole alzare gli occhi al soffitto, prima di uscire tanto lentamente da farla sentire male.
«Di giocare con me,» e si fa sfuggire un gemito quando, Calum, ripete il movimento.
Stringe gli occhi e stringe le dita attorno al braccio di lui, sentendo i muscoli flettersi per sorreggersi.
Calum ride, appena la vede boccheggiare in cerca d’aria, quando rientra in lei fino alla fine.
«Dio mio,» si fa sfuggire,  prima che Calum, stanco anche lui del suo “riscaldamento”, si abbassi a baciarla con furia e inizi a giocare sul serio.
 
È sera, Luke ha appena chiamato Natasha e ora, con un sorriso a trentadue denti, si sta avviando con fretta verso casa della sua migliore amica, pronto a raccontarle tutto.
Del resto, anche lei deve dirgli qualcosa, da come ha capito.
Ci arriva in dieci minuti, forse perché gli Hood abitano decisamente più vicino a lei, rispetto a Luke.
Natasha gli apre e gli sorride apertamente, abbracciandolo di slancio, e Luke, se non fosse così entusiasta e perso nei suoi pensieri, noterebbe quella luce abbagliante che sprigiona la risata della castana.
«Dio, come stai?» chiede lei, ricordandosi per un attimo della serata prima, in cui l’ha visto sanguinante e non ha fatto in tempo a fare nulla che lui era già sparito.
«Una pacchia, direi, e tu?» le chiede, seguendola nella stanza.
Si siede sul letto di Louise, che è fuori con qualche compagno di università, e osserva la ragazza buttarsi sul proprio letto e guardarlo con occhi luminosi.
«Anch’io, direi,» dice, sospirando.
«Cosa dovevi dirmi?» chiede lui, poi, alzando di poco il viso.
Natasha sbianca, è così sicura di volerglielo dire? Del resto, Luke è parecchio impulsivo, potrebbe fare un casino assurdo. Però è il suo migliore amico, può nascondergli una cosa del genere?
«Uhm, dimmi prima tu,» Luke si siede a gambe incrociate e sorride di più, stringendosi nelle spalle.
«Io e Genesis ci siamo baciati,» le dice, mentre Natasha è costretta a sedersi per la sorpresa, sgranando gli occhi e guardandolo stupefatta.
«Seriamente?» e Luke annuisce, contento come mai gli è successo, mentre Natasha si alza e gli corre in contro, abbracciandolo.
«Lo sapevo – grida, ridacchiando – vi piacete così tanto, non poteva non succedere! – aggiunge, dandogli un enorme bacio a schiocco sulla guancia – e lei come l’ha presa?» chiede, staccandosi e sedendosi al suo fianco.
«Ieri sera male, se ne è andata, ma oggi sono andata a casa sua e le ho parlato, assicurandole di provare davvero qualcosa per lei e, alla fine, mi ha baciato,» Natasha si morde l’interno guancia, che ci voleva proprio che il suo migliore amico si prendesse una sbandata per qualcuna come Genesis per mettergli la testa a posto.
Si era abbastanza rotta della sua fama da puttaniere e delle sue sveltine giornaliere.
E, poi, Genesis non è solo una forza della natura, ma è anche bellissima e sua amica, cos’altro può desiderare di meglio per lui?
«Ne sono felice, Luke, davvero tanto,» gli dice, allungando una mano e poggiandola sulla spalla di lui.
Luke annuisce e si morde il labbro inferiore, prima di girarsi a guardarla, aggrottando la fronte.
«Sì, ma tu che dovevi dirmi?» e Natasha deglutisce.
Dirgli la verità? No? Cosa potrebbe succedere?
Sospira, si passa una mano fra i capelli e gli lancia un’occhiatina.
O la va, o la spacca.
«Uhm, sai, beh, sto con Michael da un po’ e mi piace davvero tantissimo – si ferma, mentre Luke, con un segno della testa, la invita a continuare – e, beh, sai, quando due persone che si piacciono stanno insieme, succedono delle cose,» Luke la guarda male, non è sicuro di aver capito bene.
«Ovvero?»
Natasha sospira, incrociando le dita e abbassando lo sguardo.
«Io e Michael l’abbiamo fatto,» forte e chiaro.
Tiene gli occhi bassi, fino a che, costretta dal silenzio, li rialza e si accorge che quelli di Luke sono spalancati.
«Cosa?» grida, alzandosi in piedi di scatto, Natasha lo segue e si avvicina a lui, posandogli una mano sul braccio.
«Calmati.»
«E come posso farlo? Dio mio, ti ha sverginata, oddio! – si posa le mani sul viso e scuote la testa, mentre Natasha arrossisce per la parola usata – tu, così pura, toccata da quel mezzo tinto gay.»
«Oh, fidati, non è affatto gay, se solo sapes..»
«Zitta, zitta, non voglio sapere nulla – strizza gli occhi e si passa le mani sulle orecchie, mentre Natasha ride e lo abbraccio – dio mio, spero solo che non faccia cazzate, o glielo strappo, il gingillo,» e Natasha ride più forte.
Alla fine non è andata tanto male.
 
***
Ehilà,
come va?
Eccomi con un nuovo capitolo, cosa ne pensate?
Abbiamo l’inizio con Luke che corre dalla sua Genesis e abbiamo il loro secondo bacio.
Poi, ecco Venere e Ashton e, anche per loro, un bel secondo bacio.
Ecco Calum e Naomi, in un’altra giornata tra le lenzuola, ‘ché lui se l’è tenuta a casa. Naomi si accorge di provare cose molto profonde per Calum e, lui, non ha bisogno di un esame di coscienza per accorgersi che è cotto totalmente di lei.
Infine abbiamo un discorso tra Natasha e Luke. Lei l’ha fatto con Michael e Luke ne è rimasto traumatizzato.
Spero vivamente che vi sia piaciuto, vi lascio.
Bye bye,

Judith. 

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Capitolo 19
*** Fregarsene ***



 
Imprevisti.

FREGARSENE.
 
A chi se ne frega apertamente di cosa dicono gli altri,
A chi frega troppo e si distrugge,
A chi importa solo di alcuni.

 
Sono appena arrivati di fronte a scuola, la macchina è stata appena spenta e se ne stanno seduti senza saper bene cosa fare, con Venere che osserva il suo gruppo di cheerleader, sempre alle calcagna dei giocatori di rugby, e Ashton che osserva Venere, le studia la forma delle labbra, le sopracciglia bionde inarcate verso il basso, gli occhi che, con la luce del mattino, sembrano ancora più chiari.
Allunga una mano e le accarezza i capelli, intrecciando le dita tra le ciocche e portandoseli alle narici, chiudendo gli occhi appena il profumo lo inebria.
Venere si gira di scatto verso lui, sorridendo appena nota ciò che Ashton sta facendo.
«Sembri un maniaco, lo sai?» ridacchia, facendogli aprire le palpebre di scatto.
Ashton ha le iridi particolari, un giorno castane, un giorno verdi, un giorno gialle.
Cangianti, così dice la scienza.
A lei piacciono da morire, ha sempre pensato che gli occhi azzurri fossero i migliori, ma si è dovuta ricredere.
«Chi ti dice che non lo sia?» scherza lui, portandole una mano ad accarezzarle il viso etereo.
Venere sorride, prima di girarsi nuovamente verso il cortile e incontrare la figura gigante di quello che, in teoria, è il suo ex ragazzo.
«Sei sicuro, Ashton? Lo sai che potrebbe non fartela passare liscia?» e continua a chiedergli se davvero, lui, voglia farsi vedere con lei, mano nella mano, magari.
Eppure si ritrova a chiederselo da sola. Lei lo vuole? 
Lei vuole farsi vedere con lui, insieme? È pronta a far parlare di sé, magari in modo negativo perché, su, dal giocatore di rugby all’anonimo ragazzo tutto ridere e scherzare?
Lei è pronta a tenere la testa alta sotto gli sguardi crudeli di quelle che sarebbero le sue compagne di squadra? È pronta a sentire le parole sussurrate del resto degli studenti?
«Non mi importa nulla di lui, facesse quel che vuole, io voglio mostrarti a tutti come mia,» e Venere si gira, bruciata com’è dalle parole sincere del ragazzo.
È pronta? Assolutamente sì.
Allunga la mano fino a legare le sue dita con quelle di lui, sorridendogli leggermente.
«E allora cosa stiamo aspettando?» mormora, mentre gli occhi di Ashton si illuminano e lui, che ha resistito pure troppo, si spinge fino a far combaciare le loro labbra.
Escono dalla macchina che Venere sente il cuore batterle forte e, appena Ashton la affianca di nuovo, inizia ad andare così veloce che, per un attimo, crede possa uscirle di fuori.
Intreccia le loro dita ed è pronta ad affrontare tutto, perché ne vale la pena, ‘ché non si era mai sentita così felice, prima.
E appena entrano nel cortile, il vociare smette e lei si blocca. È sempre stata al centro dell’attenzione!, perché, ora, si sente così a disagio?
Ashton si gira verso di lei e le stringe di più la mano.
«Rilassati,» le borbotta a pochi millimetri dall’orecchio.
Venere si risveglia, prima di scrollare le spalle e ricominciare a camminare con Ashton al fianco, che sorride divertito alle facce stupefatte dei compagni, perché tutto, tutto si immaginavano, tranne che Venere potesse andarsene con un tipo sconosciuto e dall’aspetto tanto strambo, un casinaro di prima categoria che meno studia, meglio sta.
«Ci guardano tutti,» dice Venere, infastidita e a disagio.
«E bisbigliano chissà cosa, ma che ci frega?» Ashton alza le spalle e si avvicina a un muretto, sedendosi e portandosela tra le gambe.
«È fastidioso! – sbotta lei, girandosi a osservare le proprie compagne di squadra – e Ethan non ha una bella espressione,» gli occhi cangianti del riccio, maliziosi e divertiti, si dirigono in fretta verso il ragazzo a pochi metri da lui, mentre le labbra si incurvano in un ghigno beffardo.
«Vogliamo dargli il colpo di grazia?» si alza in piedi, afferrandola dalla vita e stringendola il più possibile.
Venere sussulta, prima di negare velocemente con la testa.
«Oh, ma dai! Da quand’è che Venere Miller si fa intimorire per così poco?» e lo sa che non c’è niente di meglio che puntare sull’orgoglio.
Vede gli occhi cerulei della ragazza illuminarsi di una luce sfidante e, con una risatina a risuonarle nelle orecchie, Ashton si lancia fino a far combaciare le loro labbra, circondandole il volto con le mani dalle dita affusolate e premendo con la lingua per infilarsi nella sua bocca.
Venere quasi si scorda del resto della gente. A lei, del resto, perché dovrebbe importare?
Sta con Ashton, del resto cosa le frega?
 
Luke Hemmings si sente un po’ a disagio, sotto le occhiate stranite della gente. Del resto, è così strano saperlo con una ragazza seria?
Cammina a passo svelto, evitando di fermarsi a osservare i gruppi di persone che bisbigliano sul suo conto, incuranti di quale potrebbe essere la sua reazione.
Mancano dieci minuti all’inizio della seconda ora e lui si sta dirigendo svelto verso la classe dove dovrebbe andare Genesis, perché ha ancora voglia di vederla, ha ancora voglia di baciarla, di starle accanto, di toccarla.
Si ferma appena arriva e guarda dentro, ma della ragazza non c’è nemmeno l’ombra, quindi si lascia cadere sul muro con un fianco e incrocia le braccia, impaziente dell’arrivo di lei, incurante di poter fare ritardo alla sua lezione.
E forse un po’ si pente, di essere arrivato tanto presto, perché una ragazza si sta dirigendo a passo svelto verso di lui e, beh, ne ha un po’ paura.
«Luke,» dice, lasciva, toccandogli un braccio.
Il ragazzo si agita, allontanandosi di scatto. Non è molto abituato a rifiutare, soprattutto per situazioni così.
Le dedica un sorriso timido e indeciso, mentre alza gli occhi per guardarsi attorno e sperare nell’arrivo di Genesis, di cui, però, non c’è nemmeno una traccia.
«Mi chiedevo, carino, è da un po’ che non ci divertiamo, io e te,» borbotta lei, maliziosa, mentre una mano cerca di poggiarsi nuovamente sul braccio di lui che, però, si scosta nuovamente.
«Perché, quando l’abbiamo fatto?» chiede, inarcando le sopracciglia verso il basso e ridacchiando sconcertato.
È sicuro che l’abbiano già fatto, perché l’avrà fatto con quasi tutte, eppure non si ricorda granché il viso della ragazza di fronte, certamente non saranno stati insieme più di un paio di volte.
«Come no? Sono Kimberly, non ti ricordi di me?» e Luke scuote la testa, alzando gli occhi al cielo, prima di posarli sul fondo del corridoio per cercare una testa nera.
«Sì, fa niente – dice lei, smuovendo la mano per aria, mettendo in bella vista le unghie finte – beh, potremmo comunque andare nel ripostiglio adesso, non credi?» aggiunge, cercando di metter su uno sguardo sexy.
«No, non credo,» ribatte lui, allora, non vedendo l’ora di scollarsela da dosso.
«Oh, ti prego, so che lo vuoi quanto me,» si sistema la camicetta, lasciando in bella vista il decolté a cui, però, Luke non sembra far caso.
«No, assolutamente, quindi ti consiglio di andartene,» fa, rivolgendole un’occhiataccia e affinando le labbra.
«Ma dai, cos’è, una brutta giornata? – continua, imperterrita – potrei migliorartela!» ammicca, avvicinandosi nuovamente.
«Non sarai te a migliorarla, gallina – la voce ferma di Genesis arriva alle orecchie di entrambi, facendo illuminare gli occhi di Luke – e se ti consiglia di andartene, c’è un motivo,» le ringhia contro, prima di afferrare la nuca di Luke e spingersi fino a far combaciare le loro labbra.
«Cosa?» sbotta la ragazza di fronte ai due.
Genesis si stacca da Luke con un sorriso, prima di girarsi verso di lei e lanciarle uno sguardo acido.
«Vattene, bellezza, che qui non c’è trippa per gatti, o cagne, vedi tu come intenderla,» e Luke ride, circondandole la vita con un braccio e lasciandole un bacio tra i capelli.
«Che significa?» chiede, ancora, Kimberly, imbronciandosi.
«Dio mio, perché sei così stupida? Significa che Luke non te lo da, quindi è inutile che te ne stai qui a disturbare un romantico momento tra noi due,» e, per sfortuna, la ragazza si mette a ridere e non li lascia perdere.
«Smettila di parlare come se fossi la sua fidanzata, tesoro, sei solo l’ennesima,» dice, cattiva, mentre Luke si imbroncia e la stringe di più.
«Sei tu, tra le tante, lei di certo non è l’ennesima,» ringhia, facendo sorridere soddisfatta Genesis, che alza un sopracciglio e con un movimento della mano la invita ad andarsene.
Kimberly, finalmente, sparisce dalla loro vista.
«Inizia a togliere a tutte le troiette la convinzione che possono ancora averti – gli dice, girandosi verso di lui e circondandogli il viso con le mani – io non ti condivido con nessuno, sia chiaro,» e ride, prima che Luke si slanci per baciarla appassionatamente.
«Non ho l’intenzione di condividermi con nessun’altra, stai tranquilla,» le sussurra sulle labbra, prima che la campanella disturbi il loro momento.
 
È l’ora di pranzo e Michael si sta strafogando come pochi, sporcandosi le labbra di sugo e facendo ridere di gusto Natasha, seduta accanto a lui.
Gli circonda il braccio con le mani e lo guarda infilarsi l’ennesimo trancio di pizza – quello che ha appena fregato a lei, che non ne ha voglia – e qualche rumore di apparente piacere gli scappa dalle labbra.
«Dio mio, sei rivoltante!» ride             Natasha, storcendo il naso.
Michael si gira verso di lei e sorride con gli occhi, prima di avvicinarsi di scatto e darle un bacio sporco.
Natasha si lascia scappare un verso schifato, sebbene la sua espressione dica tutto il contrario, prima di leccarsi le labbra e togliere il sugo lasciato dal proprio ragazzo.
«È per questo che ti piaccio,» dice lui, a fatica per via della bocca piena. Natasha ci mette un po’ per capirlo, prima di ridacchiare nuovamente e poggiare la testa sulla spalla di lui.
«Smettila di parlare a bocca piena, fai schifo!» e Michael ride, cercando di tenere le labbra serrate per evitare che il cibo venga sputacchiato qua e là.
Ingoia l’ultimo boccone e si pulisce il sugo con le mani, prima di avvicinarle al viso di Natasha, che si scosta schifata e lanciando un urletto.
«Non ci provare, ti uccido,» gli grida contro, bloccandogli le mani dal polso e sgranando gli occhi.
Michael ride indisturbato, prima di fare forza per avvicinarsi ancora di più al viso di lei, che scosta verso sinistra, senza riuscire a reprimere una risata di divertimento.
«Dai, vieni qui! – le dice Michael – non ti sei nemmeno truccata, oggi, un po’ di rossetto non ti fa male,» Natasha continua ad allontanarsi il più possibile, tenendo ben lontane le mani di Michael.
Però lei, rispetto al proprio ragazzo, è troppo mingherlina e tanta forza non la ha, per questo Michael riesce a slanciarsi e riempirle le labbra, il mento e il naso di sugo al pomodoro, mentre Natasha arriccia tutto per il disgusto.
«No! – grida, prima che le dita del ragazzo traccino anche le guance – che schifo! Smettila, ti odio!» aggiunge, mentre la risata del tinto le riempie le orecchie.
Riesce ad avvicinarsi maggiormente, fino a far finire le proprie labbra sulle tracce di sugo e, tramite miliardi di baci e qualche leccatina qui e lì, gliele toglie quasi definitivamente.
Alla fine afferra un fazzoletto e glielo sfrega sulle macchie rosse, ridacchiando.
«Sei terrificante,» borbotta lei, prima di afferrare il cellulare per osservarsi in viso, riflettendosi sullo schermo e togliendo i residui con il fazzoletto tolto dalle mani di Michael.
«Oh, ti amo,» e Natasha si gira di scatto, con gli occhi sgranati e le labbra schiuse, perché non ci crede che le ha detto proprio quello.
Da quant’è che stanno insieme? Poco, dai, ma l’amore ha davvero un tempo?
Michael si morde il labbro inferiore con forza, che non ci crede gliel’ha detto così, su due piedi, dopo averle fatto uno scherzo amorevole.
Gliel’ha detto perché è così, alla fine.
Ma lei? Lei cosa prova? Del resto, è Michael quello che le va dietro da un anno e passa, guardandola da lontano e desiderandola con tutto sé stesso, lei è arrivata tutto di un tratto, può davvero provare qualcosa di forte dopo così poco tempo?
Non ha il coraggio di alzare gli occhi per vedere l’espressione sul viso etereo di Natasha, quindi continua a guardare il suo piatto ormai vuoto e a torcersi le dita con forza, quasi a volersi far male appositamente.
Poi sente le mani di lei posarsi sulla sua spalla e scendere lentamente tra le sue dita, intrecciandosi. La sente avvicinarsi e può vedere la coscia coperta dalle calze e dalla gonna.
Alza gli occhi e incontra quelli della ragazza, lucidi, prima di sentire il suo fiato sbattergli sulle labbra.
Una delle mani di Natasha finisce sulla sua guancia, accarezzandogliela leggermente, prima che le loro bocche si uniscano in un bacio gentile e delicato.
«Mi sto innamorando di te, Michael,» glielo bisbiglia, come se fosse un segreto.
E Michael sente il cuore battergli forte.
Lo preferisce di gran lunga, una verità così, al “ti amo” detto a pappardella e non sentito.
E la bacia di nuovo, perché ne ha bisogno.
 
Calum si sta infilando lo scarpino, mentre osserva l’entrata nello spogliatoio di Luke Hemmings, con un sorriso a incorniciargli il viso e gli occhi sullo schermo del cellulare.
Non può dire di non esserne geloso, perché Genesis è comunque sua cugina e lui le vuole un gran bene, ma non può negare di esserne felice, ‘ché lo sono sia Genesis che Luke e, sebbene sia stato la sua nemesi per anni, ora può dire che sono sulla buona strada per essere amici.
Samuel Logan entra con il solito sorriso sghembo, prima di incontrare lo sguardo del moro e fargli un occhiolino che non lo tranquillizza affatto.
«Allora, Hemmings, com’è farsela con la cugina di Hood?» dice, il tono tanto tagliente da far rabbrividire Calum, che l’ha ben capito qual è la sua intenzione e soffoca una risatina.
Luke sussulta, si infila il telefono in tasca e alza gli occhi sul viso pieno d’acne di Samuel, prima di storcere la bocca.
«Non penso siano affari tuoi, Logan,» borbotta, rivolgendo un’occhiatina di striscio al moro che, con un movimento fulmineo delle sopracciglia, gli fa intendere di avere il suo stesso pensiero.
«Giusto, al massimo lo sono di Hood, no?» e si gira a guardarlo, sperando in qualche sua mossa che, però, non arriva.
Calum si lega il laccio anche dell’altro scarpino, prima di stiracchiarsi e incontrare gli occhi confusi del ragazzo.
«Che c’è?» chiede, alzando un sopracciglio nero e rimettendosi seduto composto.
Luke incrocia le braccia e poggia la schiena sugli armadietti, guardando a sua volta Samuel e reprimendo una risatina.
«Hai sentito quello che ho detto?» chiede Logan, aprendo le braccia e sbattendo gli occhi più volte.
Calum annuisce, sbadigliando rumorosamente e alzandosi dalla panca.
«E non dici nulla?» sbotta, con voce stridula, il ragazzo.
Calum ride, si avvicina a Luke e gli da una pacca sulla spalla, guardandolo con divertimento.
«Vedi di non farmi diventare zio troppo presto, Hemmings, che un bimbo che frigna in casa proprio non lo voglio,» scherza, facendo ridere il biondo, sotto gli occhi sgranati e l’espressione stupefatta di Samuel.
«Dovresti essere tu, quello attento, io a Genesis non l’ho minimamente toccata – si stacca dagli armadietti e sorride malizioso – di te non si può dire il contrario, che giusto l’altro giorno, con la Miller..» e Calum non è uno che arrossisce facilmente, ma si ritrova a guardare Luke con l’espressione sconcertata.
«Ci avete sentiti?» balbetta.
«Dannazione, Hood, io non so se sei una bestia tra le lenzuola, ma le sue urla si sentivano fino alla fine della strada,» e ride, dandogli una gomitata amichevole.
Calum si passa le mani sul volto, prima di scuotere la testa e sorridere.
«Che cazzo significa questo?» sbotta Logan, indicandoli con entrambe le mani.
«Che Calum si fa la Miller?» dice, sarcastico, Luke, incrociando le braccia e alzando le spalle.
«No, intendo, da quand’è che siete amici?» aggiunge, osservandoli a bocca aperta, nel mentre che gli ultimi rimasti entrano in campo, senza degnarli più di tanto di qualche sguardo.
Troppe sorprese, quella mattina.
«Oh, giusto! – Calum annuisce, poggiando un braccio sulla spalla di Luke – uhm, beh, non c’è metodo migliore di prendersi a pugni, no?» scherza, alzando le spalle.
«O di scambiarsi la ragazza,» azzarda Luke, dando una pacca sul petto di Calum, che annuisce lentamente e alza entrambe le sopracciglia.
Samuel, davvero, tutto si aspettava tranne questo.
Tranne che, i due nemici per eccellenza, si ritrovassero a scherzare insieme sfottendolo apertamente.
«La prossima volta, Logan, stai attento a quello che dici – fa, poi, Luke, staccandosi dall’armadietto e iniziando a camminare verso di lui con passo lento – cercavi di mettermi nei guai solo per ridacchiare un po’? Questa potresti pagarla cara,» e con una spallata, esce dallo spogliatoio, seguito dalla figura ridacchiante di Calum.
«Coglione!» gli dice, prima di uscire anche lui.

 
***
Ehilà,
come va?
Eccoci con un nuovo capitolo, cosa ne pensate?
Abbiamo un momento tra Ashton e Venere. Lei che ha avuto paura di presentarsi mano nella mano con uno diverso, lui che la vuole presentare come sua.
E sti cazzi di Ethan.
Poi ci sono Genesis e Luke. Lui che viene "assalito" da una delle solite e lei che la caccia in malo modo, perché ormai è proprietà privata, il bel biondino.
La dichiarazione di Michael dopo un bel momento pieno d'amore e sugo e Natasha che si accorge di starsi innamorando di lui e che non è solo un invaghimento.
Infine Samuel Logan che ci rimane fesso, perché Luke e Calum sono già belli che amici.
Vado di corsa, quindi non posso scrivere altro, spero che comunque vi sia piaciuto.
Bye bye,
Judith.

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Capitolo 20
*** Epilogo ***



 
Imprevisti.

EPILOGO.
 
A tutti voi, che avete seguito questa storia,
Ai 5SOS, che non posso far a meno di ringraziare, perché mi danno tanto,
Alle mie favolose donne immaginarie, perché sono state importanti per i ragazzi, in questa storia.
 
Venere entra in casa e non dice nulla, come suo solito, mentre sorride incoraggiante al ragazzo che le sta stringendo una mano un po’ troppo forte.
Gli accarezza le nocche con il pollice, fermandolo per chiudere la porta.
Si slancia a baciarlo, poi, afferrandogli la nuca e spingendoselo contro, perché le labbra di lui sono troppo invitanti, sarà che le ha leccate talmente tante volte, tale è l’agitazione, che le ha rese più gonfie.
Sente le chiacchiere lontane del resto della famiglia che fanno da sottofondo al loro bacio, poi si stacca e sorride apertamente, osservando il viso del ragazzo con gli occhi socchiusi.
«Sei agitato?» gli chiede, quando lo vede deglutire e inarcare le sopracciglia verso il basso.
Ashton scuote la testa e fa una risatina falsa.
«Assolutamente no,» le mente, e Venere lo sa, basta accorgersi degli occhi che corrono da una parte all’altra dell’ingresso.
Sa che è agitato, la mano gli sta sudando da morire – e lei che, fino a poco fa, si schifava di un contatto del genere – e sta troppo, davvero troppo zitto.
«Andrà tutto bene, Ashton,» e gli sorride nuovamente, ribaciandolo con dolcezza, prima che un tossire li faccia staccare imbarazzati.
Quando si accorgono entrambi che è semplicemente Naomi, sospirando tranquillizzandosi.
«Ragazzi, capisco il vostro affiatamento, ma di là il pranzo è pronto e Lilian non vede l’ora di vedervi insieme – dice, indicando con un dito la cucina – quindi, che ne dite di entrare, così possiamo mangiare? Sapete, ho una certa fame,» Ashton ridacchia, prima di annuire e farsi trasportare da Venere fino alla cucina.
Ormai sono due mesi che stanno insieme e Venere ha voluto far felice tutti dando la bella notizia. Tatjana, poi, ha insistito subito per farlo venire a pranzo.
Del resto, lo diceva lei, Ashton è un così bel ragazzo.
Appena il riccio mette piede nella stanza, ci sono urli e acclamazioni, provenienti da nient’altro che Lilian, Nieves e Tatjana, che li fanno arrossire imbarazzati.
Igor, seduto compostamente sulla sedia a capotavola, non può che indurire la mascella e affinare lo sguardo.
Sarà bello, bravo e buono quanto pare alle donne di casa, ma è comunque un ragazzo e, sì, ok, Venere e grande e vaccinata, ma è ancora una bimba, per lui.
Kendra ridacchia, saluta con la mano il riccio e si gira a osservare il padre, non capendo tale disagio.
«Papà, perché sei arrabbiato?» chiede, innocentemente, facendo sussultare l’uomo – e il ragazzo.
Tatjana lo incenerisce con uno sguardo, prima di prendere Ashton sotto braccio e farlo accomodare.
«Su, Ashton, siediti – dice lei, sorridendo amorevolmente – è già tutto pronto, non vorrei che ti sciupassi,» ridacchia, mentre Lilian continua a lanciare occhiate soddisfatte a Venere, che non riesce a trattenere uno sbuffo divertito.
«Ashton – inizia il padrone di casa, squadrandolo da sotto gli occhiali rettangolari – allora, ragazzo, cosa fai per vivere?» e Venere si sbatte una mano in fronte, scuotendo la testa, che non ci crede gliel’abbia chiesto sul serio.
Ashton si blocca, posa la forchetta e il coltello nel piatto e gli rivolge un’occhiata enigmatica e spaventata, prima che Lilian parli.
«Dio, pa’, lascialo perdere – dice, dandogli una gomitata – così spaventi l’unico ragazzo in grado di sopportare Venere – e rivolge un sorrisino divertito a quest’ultima, che da una gomitata al ragazzo già pronto a ridere e incrocia le braccia – non so te ma io non la voglio più in mezzo ai piedi!» e Nieves ride, annuendo per darle ragione.
«Con la sua mania del silenzio..» dice quest’ultima.
«E la fissa di sistemare la stanza ogni giovedì..» la segue Lilian, arrotolando uno spaghetto nella forchetta.
«Lo sbraitare a destra e manca per la musica ad alto voluto,» ribatte la più giovane.
«Vogliamo parlare di quando si mette il profumo? Ci intossica, secondo me lo fa a posta, magari spera in una nostra morte prematura,» aggiunge Naomi, ridacchiando follemente alla faccia sconvolta della secondogenita.
«Finitela!» sbotta, schiaffeggiando il tavolo.
Ashton ridacchia, sotto lo sguardo infuocato della ragazza, prima di prenderle una mano e stringerla.
«Dico, ma come fai a sopportarla?» e Lilian ama fare domande a trabocchetto e sa che Venere vorrebbe ucciderla, ma lo fa per lei, ‘ché già se la immagina la risposta del ragazzo.
E magari Igor riesce a calmarsi.
Ashton alza le spalle, sorridendo gentilmente alle ragazze.
È in soggezione, sotto gli occhi inquisitori di ben sette persone.
«A me piace così com’è,» balbetta, prima di portarsi alle labbra la mano di lei, che, per una delle prime volte nella sua vita, arrossisce a dismisura.
Si sentono vari borbottii e sospiri sognanti tra le altre ragazze, prima che Venere, sebbene sia piuttosto imbarazzata a farlo davanti alla propria famiglia, si sporga per far combaciare le loro labbra.
E anche a lei piace così com’è, Ashton.
 
Genesis sente il corpo spezzarsi dal piacere, mentre accarezza e graffia la schiena larga di Luke, che si sta muovendo velocemente dentro di lei.
Luke è sudato, rosso in viso e ha i capelli bagnati che cadono sul viso. La bocca è schiusa e Genesis, davvero, non ha mai visto visione più bella.
Una mano di lui finisce sul suo seno, stringendolo appena e facendole sfuggire un singhiozzo strozzato, cosa che lo fa sorridere tra il divertito e l’amorevole.
La prima volta – che poi lo era in tutto e per tutto per Genesis – è stata tanto delicata e lenta che Luke, al pensiero, si sente male.
Ma male in senso buono, perché non si era mai goduto così tanto il corpo di qualcuna, voleva andare sempre di fretta e arrivare all’apice del piacere il prima possibile, incurante della propria partner.
È l’ha capita, la differenza tra il sesso e l’amore, perché con Genesis è tutta un’altra cosa.
Quella volta ha sentito il cuore battere nella cassa toracica con forza, quasi a voler uscire fuori, non è riuscito a reprimere il sorriso nemmeno per un attimo e non ha avuto bisogno di preliminari per eccitarsi, gli è bastato baciarla a lungo.
Da non crederci, cosa gli fa quella ragazza.
La bacia vorace, mentre pensa a come le ha asciugato le lacrime di dolore la volta prima, passandole le labbra per tutte le guance e aspettando pazientemente che si calmasse.
Al pensiero del primo gemito di lei, non riesce a placare il piacere ed esplode in un singulto, seguito subito dal sospiro di Genesis.
Si butta di schiena accanto alla ragazza, respirando e  boccheggiando per riprendere aria, prima di afferrarla per la vita e premersela conto, facendo scorrere una mano sulle curve di lei.
Le bacia una spalla nuda, prima di tornare a guardarla in viso, osservando i capelli sconvolti che le coprono il seno e le guance. Glieli scosta lentamente, portandoglieli sulla schiena, poi fa intrecciare le loro gambe e sorride spensierato.
«Sei così dannatamente bella – le dice, accarezzandole un braccio e sporgendosi per baciarla sulle labbra – e sei mia, tutta mia!» aggiunge, allargando il sorriso e passandole le mani sulla schiena, per stringerla più  a sé.
Genesis sbuffa, alzando gli occhi al cielo, non potendo evitare di lasciarsi sfuggire una risatina.
«E tu sei così possessivo,» borbotta, al pensiero che, sì, lei non è sua di parola, ma di fatto.
Non parla con un maschio – a parte Michael, Ashton e Calum – da quando si sono messi assieme, perché è sempre schivata da tutta la popolazione del sesso opposto.
E ha saputo persino che sono volate minacce, di cui lui, però, fa finta di nulla.
Luke è geloso, non se lo immaginava così, ma lo è.
Ed è protettivo, non la lascia sola un attimo.
È presente, fedele e, sì, anche tremendamente romantico.
Troppo, considerato che al loro primo mesiversario l’ha portata in riva al mare e le ha dato la felpa, con la scusa che tirasse vento.
Non c’era nemmeno un soffio, di quel cacchio di vento.
Ma Genesis non si è di certo lamentata, ha tenuto la felpa perché aveva il suo profumo addosso e, non c’è nulla da fare, a lei gli piace da impazzire l’odore di Luke.
E a fine serata, ovviamente, ha tirato fuori una scatola di cioccolatini.
Genesis sorride al ricordo, prima di stringersi sul ragazzo e affondare il naso nel collo di lui.
È sudato, sì, ma non le frega nulla.
Non sa come, riesce a profumare in qualunque dannata situazione e, ci scommette, persino dopo una maratona riuscirebbe a inebriarla con quell’odore così buono.
Lo sente posare un bacio sulla sua tempia e sorride sulla sua pelle.
E lei, davvero, aveva così paura che la facesse soffrire?
Non può, chi ama non ferisce.
E Luke la ama, ci scommette la sua stessa vita.
 
Natasha affonda il cucchiaio nella ciotola di gelato, prima di riservare un’occhiataccia gelosaa Jacob, che dovrebbe essere suo fratello, non l’amante del suo ragazzo.
Sì, diamine, ormai passa più tempo con lui, alla playstation, che con lei, magari su un letto, nudi.
E, davvero, non dovrebbe essere gelosa. Si tratta di suo fratello, che non è gay – e tanto meno lo è Michael – ma allora perché diavolo stanno spiccicati?
Sono diventati come Cip e Ciop, migliori amici di una vita, fratelli non di sangue.
Louise ride e le tira una gomitata.
«Dio, smettila – le dice – dovresti essere felice che vada così e non in un altro modo – aggiunge, alzando le spalle – pensa se a Jacob non piacesse? Si ritroverebbe all’ospedale, ora, il suo adorato fantasmino,» e Natasha alza gli occhi al cielo, senza evitare, però, di darle ragione.
È così, è una buona cosa che Jacob adori così tanto il suo ragazzo ma, davvero, non può evitare di indispettirsi di fronte a tanta affabilità.
Insomma, lei voleva passare un bel pomeriggio a letto, con del cioccolato e magari solo una coperta a coprirli, non a guardare l’ennesimo videogioco sull’enorme schermo del proprio salotto con Louise a farle compagnia, avvolta solo dalla confusione che stanno facendo i due maschi di casa.
«Ma guardali! – esclama la minore, indicandoli con tutte e due le mani – davvero, non mi stupirei se scoprissi che vanno a letto insieme!» e quasi lo urla, sperando di venire sentita, ma sono entrambi così tanto presi da non fare caso alle sue parole.
Louise scoppia a ridere, guardandoli per un secondo.
Non può darle torto, ma questa gelosia innata per il proprio fratello non la capisce.
Dai, su, si tratta di Jacob, non di una troietta beccata in discoteca.
«E va bene, ci penso io!» le dice, poi, dandole una pacca sulla spalla. Si avvicina alla TV e, con fare molto tranquillo, la spegne, sotto le proteste di Michael e gli insulti di Jacob.
«Tu, fila in camera tua – dice, puntando un dito contro Jacob – e tu, fila dalla tua ragazza,» aggiunge, affinando lo sguardo e mettendosi le mani sui fianchi.
E ormai Michael ci vive, in quella casa, e ha imparato a obbedire a Louise com’è giusto che sia, perché è un po’ la leader, tra tutti e tre.
Sottomette persino Jacob, che oltre a essere maschio, è persino il primogenito.
Natasha sbuffa, si alza e cammina verso la cucina, abbandonando il gelato nel frigo, prima di avviarsi nella propria camera.
Michael la raggiunge poco dopo, grattandosi la nuca con imbarazzo e sorridendo divertito all’espressione inferocita della propria ragazza.
Corre verso di lei e l’afferra dai fianchi, buttandola sul letto insieme a lui, stringendola per non farla scappare, mentre la sente scalciare e mugolare contro la sua maglia.
«Quanto sei bella quando diventi gelosa – le dice lui, ridacchiando – sebbene non è normale che tu lo sia di tuo fratello – aggrotta la fronte e la guarda confusa – cioè, posso capire di Louise, ma di Jacob! E dai, non sono gay, lo sai!» sbotta, allentando la presa per poterla guardare in viso.
Natasha affina gli occhioni azzurri, imbronciandosi, prima di alzare un sopracciglio.
«E chi me lo assicura? Magari sei bisex!» e lei lo sa bene, che non lo è, ma stuzzicarlo le piace da morire, specie quando lo invita lei a casa propria e passa il tempo più con il fratello che con lei.
«Ma dico, scherzi? – urla Michael, guardandola a occhi sgranati – ti prego, non che abbia qualcosa contr.. ok, forse sì, insomma, hanno le idee confuse! – e apre un braccio, stringendola di più con l’altro – cioè, o ti piace la fragola, o ti piace la banana, non ci vuole molto,» e, ok che dovrebbe essere arrabbiata, ma Natasha non può fare altro che ridere all’espressione di Michael.
Michael sorride apertamente, mentre la guarda arricciare il naso e socchiudere gli occhi, poi, sebbene la risata cristallina di lei sia un toccasana per le sue orecchie, si abbassa e la bacia, avvolgendole le braccia sulla schiena e accarezzandole la spina dorsale.
E vorrebbe che l’attimo si bloccasse, per poterla baciare per sempre.
 
«Dio mio, dovevi sentirli – dice Naomi, ridendo e poggiando la testa sulle gambe del proprio ragazzo – erano diabetici!» aggiunge, facendo ridacchiare Calum, che le passa una mano fra i capelli biondi.
«Ammettilo, vedere tua sorella così presa ti ha destabilizzata,» scherza, abbassandosi un poco.
Naomi ride, poi sgrana gli occhi e scuote la testa.
«Di più! – esclama, battendo le mani – mi ha addirittura traumatizzata,
Cal!» scherza, prima di tirarsi su per poi mettersi a cavalcioni sul ragazzo e circondargli il collo con le braccia, lasciando che qualche risatina fuoriesca dalla sua bocca.
«Quanto sei teatrale!» Calum inarca le sopracciglia verso il basso e sorride divertito, portando le sue mani sui fianchi, prima di darle un lungo bacio appassionato.
«Tra poco arrivano gli altri,» dice lei, ridacchiando, prima che il ragazzo possa toglierle la maglietta, già alzata fino all’ombelico.
Calum sbuffa, allontanandosi dalle sue labbra, prima di ridere.
«Non so resisterti,» le rivela, poi, alzando le spalle e stringendo le dita sulla carne tenera di lei.
Naomi ride, annuendo, perché lo sa, Calum non può fare a meno di lei e, se avesse la possibilità, la prenderebbe pure tre volte a sera.
E sa anche che, però, manca poco all’arrivo degli altri, quindi proprio non conviene.
Si abbandona sul corpo di lui, facendo sì che i loro visi siano a poca distanza, prima di sorridere apertamente e dargli un bacio leggero sulla punta del naso.
Calum se le sente proprio sulla lingua, pronte a uscire, quelle due paroline che hanno un significato enorme, troppo grande per i suoi gusti, almeno per quelli prima di Naomi.
E apre la bocca, boccheggiando, mentre le carezza una guancia con le nocche ed è pronto a parlare, ma, proprio quando un “ti” gli esce soffocato, il campanello li fa sobbalzare.
Calum corre ad aprire, mentre Naomi sente ancora il cuore batterle all’impazzata perché, davvero, le sembrava proprio quella frasetta. E, ok, magari sta fraintendendo, magari voleva solo dirle qualche cazzata delle sue, ma magari no.
Venere e Ashton si stravaccano sulla poltrona, lei sulle gambe di lui, mentre Luke preferisce il pavimento, accomodato tra le gambe lisce e nude di Genesis, che sta seduta tranquillamente nella parte di divano libero, mentre le dita affusolate passano tra le ciocche bionde del ragazzo.
Passano venti minuti prima che Michael e Natasha arrivino, lui con ancora le tracce del rossetto chiaro di lei su tutto il collo.
Nessuno sembra farci caso, a parte Luke, ovviamente, che viene distratto solo da un bacio dato alla svelta dalla mora, ‘ché ormai ha imparato a conoscerlo.
Naomi si coccola nuovamente tra le braccia di Calum e non lo lascia più, mentre le battute allegre di Ashton fanno sbottare a ridere quasi tutti, nella stanza.
E le sembra come se quelle pareti siano un po’ troppo strette per tutto l’amore contenuto in quelle mura, tra i baci di Genesis sulla tempia del proprio ragazzo e i sorrisi innamorati sul viso di Luke; tra le carezze distratte di Venere e gli sguardi languidi di Ashton; tra la stretta di Michael attorno alla vita di Natasha e la risata di quest’ultima.
Naomi si sente andare a fuoco, appena le labbra del proprio ragazzo raggiungono la sua guancia, mentre le mani di lui si stringono sulla sua vita.
E giura, vorrebbe dirgliele lei, ‘ché se le sente proprio, ma Calum, appena si gira, la bacia profondamente e a lungo.
E, «ti amo,» la batte sul tempo, mentre lei sente il cuore battere all’impazzata e un sorriso nascere sul suo viso.
C’è tanto amore, in quella stanza.
C’è tanto amore, tra lei e Calum.
«Ti amo anch’io,» sorride, gli accarezza una guancia e lo bacia di nuovo.
E non è mai stata tanto felice, prima.

 
***
Ehilà,
come va?
Beh, che dire? Mi si stringe il cuore a finire così, ma, davvero, non avrebbe senso continuarla, perché ormai sono felici tutti e otto.
Ho amato scriverla, perché mi sono accorta di essere migliorata grazie a questa FF, dopo la mia prima storia.
Ho adorato raccontare i loro dilemmi, i loro pensieri, far capire i loro sentimenti.
Ringrazio ognuno di voi che, silenzioso o meno, ha seguito questa Fan Fiction, spronandomi magari a continuarla.
Spero davvero che vi sia piaciuta e che non venga mollata nel dimenticatoio, che sia, magari, quel genere di storia che viene riaperta dopo un po’, per rileggerla e per ri immergersi dentro, lasciandosi trasportare fuori dalla realtà.
Non ho tanto da dire, non sono mai stata brava con le parole, quindi vi lascio e vi do un enorme bacio a tutti voi!
E, magari, ci si becca alla prossima, hm?
Con taaaaaantissimo amore,

la vostra Judith.

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