Mission impossible: protocollo cioccolato

di Saratrix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il 22 Dicembre e l'inizio dell'Inferno ***
Capitolo 2: *** Il 23 Dicembre e l'ideazione del protocollo cioccolato ***
Capitolo 3: *** Il 24 Dicembre e il successo del protocollo cioccolato ***
Capitolo 4: *** Il 25 Dicembre e le conseguenze del protocollo cioccolato ***



Capitolo 1
*** Il 22 Dicembre e l'inizio dell'Inferno ***


Hogwarts, 22 Dicembre 1973
 
I Malandrini: Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso – Remus Lupin, Peter Minus, Sirius Black e James Potter. I quattro Grifondoro più conosciuti di tutta Hogwarts per i loro scherzi, le loro battute e le continue punizioni che la McGranitt assegnava loro. James Potter era il classico ragazzo popolare: bello, carismatico, divertente e giocava perfino nella squadra di Quiddich della sua Casa come Cercatore; non passava giorno che non cercasse di fare innamorare Lily Evans la sua anima gemella – a detta del ragazzo – che, prima o poi, sarebbe capitolata ai suoi piedi in un modo e nell’altro. Sirius Black invece era il ruba cuori del gruppo: il più affascinante di tutta Hogwarts, a detta di molte ragazze, e aveva una vasta gamma di alunne – che andavano dal primo al settimo anno – ai suoi piedi; come se non bastasse aveva anche il fascino del cattivo ragazzo da quando venne smistato in Grifondoro, rompendo l’antichissima tradizione di famiglia che vantava generazioni su generazioni di grandi, potenti e famosi maghi e streghe tutti rigorosamente Purosangue e Serpeverde. Remus Lupin invece era la “mente” del quartetto: calmo, intelligente, coscienzioso, maturo e con ottimi voti nella maggior parte delle materie; come tutti anche lui aveva i suoi segreti e i suoi punti deboli, come prima cosa era un licantropo – da quando aveva quattro anni – e quindi a ogni luna piena era costretto a uscire di nascosto da Hogwarts per potersi trasformare senza rischiare di fare del male a nessuno, poi il suo tallone d’Achille era il cioccolato: non poteva farne a meno, era così dolce e cremoso che per lui è sempre stato una tentazione troppo grande per poter resistere – e come biasimarlo! Infine c’era Peter Minus: lui si poteva definire come il piccolo, ottuso e timido ragazzino che stava sempre insieme agli amici, più forti di lui, ma senza i quali sarebbe perso.

Le vacanze natalizie erano iniziate da un paio di giorni e Remus, Sirius e James quell’anno rimasero a Hogwarts, con l’intenzione di trascorrere tutto il tempo nella loro Sala Comune, a crogiolarsi sui divanetti davanti al fuoco facendosi delle scorpacciate di dolci – ovviamente rubandoli dalle cucine del castello –: insomma il Natale perfetto se si aggiunge anche il fatto che loro erano gli unici della loro Casa a essere rimasti a scuola quell’anno e quindi avevano la Torre di Grifondoro tutta per loro!

«Uffa! Peter è tornato a casa e ora non abbiamo più nessuno da poter comandare!» disse Ramoso buttandosi a peso morto su una delle poltrone rosse di fronte al camino.

«Lo so, Jamie, e per giunta siamo a corto di idee per gli scherzi e di vittime visto che Mocciosus è partito!» sbuffò Felpato, coricato su un sofà e con i piedi sopra un bracciolo. «Avete sentito che passerà il Natale a casa della Evans? Mi dispiace fratello, ma credo che questo round l’hai perso.»

Severus Piton – alias Mocciosus – era il loro bersaglio preferito, fin dalla prima volta che lo avevano incontrato tre anni prima sull’Hogwarts Express. Per James soprattutto dato che lui era il sempre con sua Lily: erano sempre insieme e lei lo difendeva sempre con loro, per Merlino! E, come se non bastasse, avrebbe passato le feste – di nuovo – a casa Evans, con grande gioia dei genitori della ragazza che lo consideravano un ragazzo bravo, intelligente, maturo ed educato: l’ideale per loro figlia!

«Sirius, Sirius, Sirius, caro il mio Sirius,» iniziò James scuotendo la testa «Mocciosus può vincere tutti i match che vuole, ma sarò io ad aggiudicarmi l’ultimo e più importante di tutti!»

Remus alzò lo sguardo dal libro di Pozioni, che aveva preso in prestito dalla biblioteca quella mattina, e lo appoggiò sul tavolo che aveva davanti, alla destra del rotolo di pergamena sul quale stava svolgendo i compiti che il professor Lumacorno aveva assegnato loro per quelle vacanze – una pergamena su una delle pozioni che avevano studiato in quei primi quattro mesi di scuola – «Invece di starvene lì a chiacchierare e a far niente, che ne dite di salire in dormitorio, prendere i libri e iniziare a fare i compliti che ci hanno dato?»

«Eddai, Moony! Le vacanze sono appena iniziate, abbiamo ancora moltissimo tempo per farli.»

Lunastorta scosse la testa, sapendo che, alla fine, avrebbe passato ai due amici i suoi lavori per poterli copiare appena prima che suonasse la campanella – come tutte le volte. Si prese dalla tasca dei calzoni una tavoletta di cioccolato e quella, sfortunatamente, era l’ultima che gli era rimasta, ma tanto tra poco sarebbe sceso a cena e si sarebbe preso per sé un po’ di dolci al cioccolato. Poche volte nella vita gli era capitato di rimanere senza il suo oro marrone e quelle rare volte sua madre gli ricordava sempre – imbarazzante – come si mettesse a urlare, piangere, battere i pugni e usare la magia involontaria finché non glene si metteva un pezzo tra le mani.

«Hey Lunastorta! Vieni a giocare a Gobbiglie, dai!»

Giocarono per tutto il pomeriggio, festeggiando con della Burrobirra, con dei dolcetti di Mielandia e con alcuni ricordi che avevano preso da Zonko alla prima uscita a Hogsmead. Fantasticarono su i regali che avrebbero ricevuto tra pochi giorni e su quali scherzi si sarebbero potuti inventare per far passare un allegro Natale alla loro carissima professoressa McGranitt che, nonostante gli mettesse in punizioni ogni due per tre, voleva loro un gran bene: alla fine si era affezionata a quelle piccole pesti e ne avrebbe sentito la mancanza! Alla fine, quando fu ora di cena, si diedero una sistemata – la partita di Gobbiglie era finita nel caso, ergo James e Sirius si “picchiavano” e si facevano il solletico a vicenda e Remus cercava di dividerli: non era l’ideale presentarsi a cena tutti spettinati, con le camicie sgualcite e le cravatte sulla testa – e scesero nella Sala Grande dove, visto che quell’anno erano rimasti davvero in pochi al castello, c’era solo un gande e lungo tavolo centrale dove mangiavano sia i professori sia gli alunni di tutte e quattro le Casate.

Per cena gli elfi avevano preparato un sacco di pietanze, vassoi stracolmi di cibo erano in bella mostra sulla tavola e ogni volta che si prendeva qualcosa, quello magicamente ricompariva così che non mancasse mai nulla. La neve scendeva dal soffitto incantato  e scompariva appena prima si cadere sulle loro teste, le candele rosse, verdi e oro fluttuavano nell’aria, rilasciando un dolce aroma che cambiava da persona a persona a seconda di quali odori rappresentassero maggiormente per quel soggetto il Natale; James sentiva l’odore dei biscotti all’arancia e alla cannella che sua madre gli preparava tutti gli anni, Sirius lo strano e speziato odore che aveva la pietra incastonata nel braccialetto che, due anni fa, Ramoso e Lunastorta gli aveva regalato per Natale, Remus la fragranza della torta che sua madre gli cucina al cioccolato – ovviamente.

Cenarono tutti insieme allegramente e sembrava che non ci fossero studenti e insegnanti seduti a quel tavolo, ma ragazzi e adulti che celebravano una delle più belle feste dell’anno e che il loro unico obbiettivo fosse solo divertirsi. La professoressa McGranitt – santa donna, nemmeno lei sapeva come riusciva a rimanere mentalmente stabile con i Malandrini che ne combinavano sempre una delle loro – assegnò subito a James e a Sirius i posti alla sua destra e alla sua sinistra e a Remus quello di fronte a lei, in modo da tenerli sempre sott’occhio: anche se a Natale sono tutti più buoni, quei tre sono sempre un’eccezione e, se lo sentiva, avrebbero combinato qualcosa di grosso.

Arrivati a fine pasto ci sarebbe dovuto essere, come di consueto, il buffet dei dolci. Appunto, ci sarebbe dovuto essere. Infatti quando tutti ebbero finito quello che avevano nei loro piatti ed erano già con l’acquolina in bocca al solo pensiero dei dessert che quel giorno avevano cucinato gli elfi del castello, il professor Silente si alzò in piedi e, battendo le mani per richiedere l’attenzione di tutta la tavolata, augurò la buonanotte a tutti i presenti, congedandoli. I tre Malandrini si fissarono stupiti – Remus più che altro shoccato. E i dolci dove erano finiti? Quel vecchio pazzo che si ritrovavano come preside voleva davvero mandarli a letto senza dolce?

«Professore, scusi ma i dolci?» chiese James.

L’uomo sorrise al giovane studente e gli rispose: «Mio caro ragazzo, questa sera, mi dispiace, ma non ci sarà nessun dessert e sarà così fino alla mattina di Natale. Gli elfi stanno preparando una montagna di torte, pasticcini, biscotti, cioccolatini e qualsiasi altra cosa possa venire in mente per quel giorno e quindi, onde evitare un tremendo mal di pancia e una grande dose di diabete, ahimè, non possiamo mangiare alcun dolce.»

Nessun dolce fino a Natale. Silente aveva appena detto che sarebbero dovuti stare un giorno senza i biscotti al cioccolato degli elfi domestici. I Malandrini credevano che il loro Preside stesse scherzando. Non era uno scherzo. Nelle menti dei tre ragazzi rimbombavano le parole del professore “Non possiamo mangiare alcun dolce”. E continuarono a risuonare anche quando erano dentro i loro pigiami e al calduccio sotto le coperte del loro dormitorio. Come tutti gli studenti di Hogwarts anche Ramoso, Felpato e Lunastorta – specialmente quest’ultimo – avevano acquisito, col tempo, la conosciutissima “dipendenza dai dolci hogwartsiani” che porta i soggetti afflitti da questa sindrome a pretendere per tutto l’anno scolastico di trovarsi a colazione, a pranzo, a merenda e a cena una montagna di dessert. Come uscirne? Impossibile, a quell’epoca – e ancora oggi – non era stata trovata una cura e l’unico modo esistente è dare i M.A.G.O. nella speranza di passarli.

James, Sirius e Remus erano nei loro letti da circa quindici minuti e il silenzio regnava nella stanza anche se nessuno stava dormendo, troppo provati da quello che era successo poco più di un’ora prima.

«Secondo voi riusciremo a resistere?» chiese il giovane Black, rompendo quell’inquietante e pesante atmosfera che si era creata.

«Non so Sir, sarà dura riuscirci: credo la prova più difficile che abbiamo mai affrontato finora.» disse Potter girandosi sulla schiena e fissando il tetto del suo baldacchino. «Tu che ne pensi Rem?»

Sentitosi tirato in causa, il mannaro si riscosse dai suoi sogni a occhi aperti – nei quali lui veniva incoronato Re di Cioccolandia e nuotava in un mare di cioccolato fondente fuso – e balbettò qualcosa che ricordava vagamente un “sono d’accordo”. Nessuno disse altro per una buona mezzora e tutti e tre cercarono di addormentarsi per racimolare le forze necessarie che l’indomani sarebbero servite per reprimere i loro dolci desideri.

Dento di sé, Remus, sapeva già da allora che non sarebbe resistito mezzo secondo: il cioccolato era la sua linfa vitale e non riusciva a starne senza per più di un’ora, cosa peggiore aveva finito le sue scorte prima di recarsi a cena, sicuro che ne avrebbe potuto prendere un po’ senza farsi notare dalla McGranitt e dagli altri professori al banchetto. Peccato che Silente e gli elfi avevano avuto la brillante idea di vietare i dolci fino alla mattina di Natale, e mancava ancora un lunghissimo, interminabile giorno. I suoi due migliori amici, però, non erano a conoscenza della sua dipendenza da cioccolato – che da ora in poi chiameremo Cioccomania e Cioccolatite – e questo poteva mettere in serio pericolo la loro – già bassa – pazienza e la sua vita se avesse iniziato a comportarsi come una ragazzina in pieno ciclo mestruale appena lasciata dal fidanzato, cosa che succede sempre in quei casi. Il problema era il modo in cui avrebbero reagito i suoi compagni alla notizia del suo problemino cioccolatoso, infatti il ragazzo era sicuro al novantanove percento che avrebbero iniziato a prenderlo in giro per l’eternità e che si sarebbe ritrovato solo e senza amici. Ma comunque aveva pur sempre l’un percento di possibilità di avere ancora i due al suo fianco in futuro, cosa sicuramente impossibile se invece avesse taciuto e negando una spiegazione – logica – per il suo comportamento.

Lunastorta prese un grosso respiro, raccolse tutto il coraggio da Grifondoro che aveva in quel momento e disse, di getto: «Soffro di Cioccolatite.» Nessuna risposta arrivò dagli altri letti, ma era sicure che fossero ancora tutti svegli in quella stanza così continuo: «Se non mangio del cioccolato divento isterico, scorbutico e lunatico: ne sono completamente dipendente e non resisto più di un’ora senza mangiarne un po’, figurarsi un giorno! Normalmente ho sempre una scorsa, per le emergenze, ma Fato beffardo l’ho finita prima di andare a cena e ora non ho niente

Detto ciò Remus, per la vergogna, si tirò le coperte fin sopra la testa, come se potessero proteggerlo dalle reazioni che avrebbero avuto James e Sirius i quali si fissarono a occhi aperti nel buio della notte.

L’indomani sarebbe stata una giornata molto difficile e, i due Malandrini lo sapevano, avrebbero dovuto escogitare un piano se non volevano passare quarantotto ore infernali.



NOTE DELL'AUTRICE:
Okay, ecco la mia fanfiction per questo Natale!
Si tratta di una piccola long di quattro capitoli e ne posterò uno al giorno. Quest'anno ho deciso di dedicarmi ai Malandrini e in particolar modo al nostro caro Remus e alla sua dipendenza dal cioccolato. Potrete avere la fortuna di vedere Sirius in azioni alla Matrix, James che elabora piani di guerra infallibi e Remus che... mangia il cioccolato.

Bene, spero che decidiate di lasciarmi una recensione, anche piccolina, per farmi sapere cosa ne pensate di questo piccolo capitolo iniziale!
Ah, vi lascio qua sotto il link della mia pagina facebook che ho aperto da poco! Se vi va, andate a mettere un bel "mi piace" per rimanere sempre aggiornati sui miei ultimi lavori e sulle mie fan art! :D
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Capitolo 2
*** Il 23 Dicembre e l'ideazione del protocollo cioccolato ***


Hogwarts, 23 Dicembre 1973
 
La mattina seguente non poteva cominciare peggio: come già preventivato, a colazione non c’era traccia di dolci – o meglio di cioccolato – e l’umore di Remus Lupin è sceso sotto le suole delle scarpe del ragazzo e, a subirne le conseguenze, sono stati i suoi amici che si beccarono fino a ora di pranzo urla, pianti, strepitai e sì anche pugni e calci. A nulla valsero i tentativi di Ramoso e Felpato di distrarlo facendogli leggere uno dei suoi libri preferiti, ingaggiando un’improvvisata lotta con i cuscini e una campagna di palle di neve in giardino della scuola; l’unico pensiero del mannaro era il cioccolato e non c’era modo di fargli cambiare idea.

«Jamie, non possiamo andare avanti così.»

«Lo so Sir. Lunastorta è insopportabile: peggio di una ragazza in pieno ciclo mestruale. Dobbiamo pensare a un piano perché sarà impossibile resistere anche domani se è in questo stato.»

Detto questo i due amici scesero a pranzo, dove trovarono un cupo Moony con lo sguardo fisso sulle uova fritte che aveva nel piatto che stuzzicava con i denti della forchetta. I Malandrini passarono il pasto in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri e gli unici accenni di comunicazione erano le mute, significative occhiate che si lanciavano James e Sirius tra un boccone e l’altro. Questo non passò inosservato alla McGranitt che fissò i suoi alunni cercando di capire a cosa stessero pensando. Un momento, ma queste tre pesti sanno pensare?, si chiese Ma certo, altrimenti come farebbero a ideare quei loro piani diabolici, il cui unico intento è farmi avere un diavolo per capello? Sicuramente stavano combinando qualcosa, la donna ne era sicura e non sbagliava mai – anni d’esperienza nel riconoscere quando un alunno aveva in mente di infrangere le regole della scuola – a tal punto da poter scommettere qualsiasi cosa, anche una cena con Albus o il suo cappello verde con le cuciture dorate se necessario! Continuò a seguire i tre ragazzi con lo sguardo anche quando si alzarono da tavola continuò a fissare il punto in cui erano spariti dopo aver attraversato il portone della Sala grande con un’unica certezza: in un modo o nell’altro, avrebbe scoperto cosa avevano in mente.

Arrivati nella Sala Comune di Grifondoro, Potter e Black si sedettero su due delle poltrone di velluto rosso posizionate davanti al grande camino acceso e guardarono il loro compagno salire le scale, senza dire niente, che portavano al loro dormitorio. Dovevano pensare a un piano, anche alla svelta se non volevano finire per diventare pazzi ma sembrava che non ci fosse via d’uscita: gli elfi di Hogwarts sorvegliavano i dolci di Natale e sarebbero sicuramente finiti nell’ufficio del Preside – non che questo fosse una novità – o, nel peggiore dei casi, sparati da un loro incantesimo a gambe all’aria. Alla fine erano proprio gli elfi a bloccare sul nascere ogni loro idea. Arrivare alle cucine era la parte più semplice – Mantello dell’invisibilità e Mappa del Malandrino e il gioco è fatto – ma i piccoli cuochi non potevano mica schiantarli tutti in un secondo, no?

Ma… un secondo… schiantarli significa metterli al tappeto, metterli al tappeto significa farli svenire! Ecco come potevano fare: era talmente ovvio!

L’illuminazione colse James Potter come un galeone conquista un folletto della Gringott e il ragazzo balzò letteralmente in piedi sulla poltrona, con un’espressione entusiasta e malandrina dipinta in volto. Era un piano geniale: l’unico modo che avevano per uscire da quella tragica situazione.

«Che hai Ramoso?» gli chiese Sirius.

«Felpato, amico mio, ho la soluzione al nostro problema! Ma prima, dimmi, hai ancora quella bomboletta di Gas Senzasogni che avevamo preso da Zonko alla gita a Hogsmead?» Il moro parve pensarci un po’ su prima di annuire, ricordandosi di averla nascosta nel doppiofondo del suo baule. «Ottimo, allora abbiamo tutto quello che ci serve!»

Potter spiegò all’amico la sua idea e l’altro non poté fare a meno di ammettere che aveva avuto un’idea brillante. Come ho fatto a non pensarci io?, si chiese. I due giovani Grifondoro corsero su per le scale, facendo i gradini due a due, che conducevano al dormitorio maschile della loro Casa, aprirono di scatto la porta e si buttarono a peso morto sul letto di Remus, dove il ragazzo stava tranquillamente leggendo Lo gnomo che inventò la cioccolata – tanto per non pensare alla sua Cioccolatite…

«Ma siete impazziti?» sbraitò il giovane Lupin.

Black sbuffò e gli prese, non senza proteste del mannaro, il libro dalle mani per scaraventarlo contro il muro dall’altra parte della stanza. «Zitto Moony e ascolta che idea fantastica ha avuto Messer Ramoso.»

Quando il piano fu spiegato nei minimi particolari Lunastorta era diviso in due. Da una parte, la sua – dannata – coscienza, gli urlava che quella “missione” era una vera e propria follia: era impossibile pensare di riuscirci, ma soprattutto era inconcepibile pensare che non sarebbero stati puniti perché alla fine Silente e la McGranitt avrebbero scoperto che erano loro gli artefici del sequestro di dolci avvenuto nella scuola. Ma dall’altra parte, il suo istinto – ovvero la sua Cioccolatite –, gli sussurrava suadente all’orecchio di prendere parte a quella folle impresa, di sopprimere la sua coscienza e di pensare solamente a riempirsi lo stomaco di cioccolato, per le punizioni ci sarebbe stato tempo. In quel momento il ragazzo poteva sembrare il personaggio di uno di quegli strani cartoni animati babbani, con un angioletto che gli dava buoni consigli fluttuante su una spalla e il diavoletto che cercava solo di metterlo nel sacco sull’altra; alla fine però, si sa, si dà sempre retta al diavoletto.

«Allora? Ci stai?» chiese Sirius con una luce malandrina a illuminargli gli occhi, la sua caratteristica che tutti conoscevano.

Remus sospirò, scacciando con un gesto stizzito della mano l’angioletto immaginario che scomparì in una nuvola di fumo azzurro e annuendo. «D’accordo. Mettiamo in atto questo piano.»

E così, dopo cena, quando tutti gli abitanti di Hogwarts stavano dormendo tranquilli nelle loro stanze e i corridoi del castello erano illuminati solamente dalla lieve luce lunare, Ramoso, Felpato e Lunastorta erano nella loro Sala Comune. La Mappa del Malandrino nella mano di Remus, il Mantello dell’invisibilità in quella di James e la bomboletta di Zonko in quella di Sirius, i tre sacchi con l’incantesimo senza fondo sulle spalle di ognuno di loro. L’orologio suonò la mezzanotte.

Potter fissò i compagni da dietro i suoi occhiali, le iridi che brillavano alla luce prodotta dalla punta della sua bacchetta. «Messeri, il protocollo cioccolato ha inizio.»




NOTE DELL'AUTRICE:
Eccomi qua con il secondo capitolo!
Scusatemi se non ho aggiornato prima, ma sono dovuta andare a prendere gli ultimi regali per amici e famiglia e non sono riuscita a postare prima.
Da domani entreremo nel vivo dell'azione, riusciranno i nostri Malandrini a mettere in atto il protocollo cioccolato? Be'... chi mai può dirlo...
Comunque a me piace un sacco quando nella Mappa del Maladrino esce la scrita "Messer Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso" , in particolar modo amo quel "messer" che mi fa un po' di stupenda galanteria d'altri tempi e adoro mettere quella piccola apposizione davanti ai loro soprannomi.
Bene, per oggi è tutto. Il prossimo aggiornamento sarà domani. Io vi ricordo di lasciare una bella recensione e di passare dalla mia pagina facebook (link qua sotto) per lasciare un bel "mi piace" in modo di rimanere sempre aggiornati sui miei lavori, se vi piace come scrivo/disegno/edito.
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Capitolo 3
*** Il 24 Dicembre e il successo del protocollo cioccolato ***


Hogwarts, 24 Dicembre 1973
 
Arrivare alle cucine fu la parte più semplice: non incontrarono nessuno sulla strada a parte il fantasma del Frate Grasso che, sonnambulo, fluttuava nell’aria borbottando qualcosa su un certo piccione al foro di sua madre; dei professori non c’era nemmeno l’ombra. Lentamente entrarono nelle cucine e trovarono gli elfi già indaffarati nel preparare la colazione per quel giorno, James fece un segnale con le dita a Sirius che tolse la sicura alla bomboletta di Gas Senzasogni e la lanciò nel centro della cucina. I Malandrini si coprirono bocca e naso con l’orlo dei loro maglioni mentre la stanza veniva invasa da una densa coltre di fumo viola scuro e dagli acuti strilli degli elfi che, spaventati, cercavano di correre al riparo come potevano ma senza alcun risultato e si accasciavano al suolo uno dopo l’altro.

I tre Grifondoro uscirono dai loro nascondigli e quando Remus vide la “strage” che avevano appena compiuto si mise le mani tra i capelli, la sua coscienza stava partendo alla riscossa nella speranza di farlo ragionare. «Ma che cosa abbiamo fatto? Verremo espulsi per questo, poco ma sicuro visto che abbiamo appena infranto metà del regolamento scolastico! È la fine, è la fine…»

Sirius si appoggiò a un piano di lavoro incrociando le braccia al petto. «Andiamo, Moony, non ti vorrai tirare indietro proprio adesso, vero? Sicuramente non ti sarai scordato perché siamo qui; stiamo facendo questa pazzia per il cioccolato che tu ami tanto, Lunastorta, quindi vedi di non frignare e di non fare il bambino innocente proprio adesso. Dovevi pensarci prima.»

Il giovane Lupin sospira ma riconosce la verità nelle parole del suo amico: oramai era troppo tardi per poter tornare indietro e non aveva una Giratempo a portata di mano per poter cambiare il passato. E poi, come il ragazzo gli aveva ricordato, stava facendo tutto quello per il suo cioccolato, il suo amore più grande e unica certezza nella vita.

«Forza Messeri, sbrighiamoci a prendere tutto e a tornare nel nostro dormitorio: la fortuna è stata dalla nostra parte all’andata, ma una volta ho sentito la McGranitt, Lumacorno e Silente che parlavano e il Preside ha detto che più volte gli è capitato di alzarsi la notte e scendere in cucina per prendersi un sorbetto al limone. Non fate domande e commenti.» aggiunse quando vide che gli altri due stavano aprendo la bocca per dire qualcosa. «E poi il Gas non dura molto: abbiamo sì e no quindici minuti e dobbiamo prendere più dolci possibili, perciò muoviamoci.» concluse.

In poco tempo le cucine di Hogwarts furono sprovviste di dolci di ogni tipo, il contrario era per i sacchi che i tre Malandrini si erano portati dietro che sembrava quasi stessero scoppiando nonostante l’incantesimo Senza Fondo. Quando ebbero finito di “prendere in prestito” – come Remus continuava a ripetersi per cercare di alleviare il senso di colpa che gli stava opprimendo il petto – si misero tutti sotto il Mantello dell’Invisibilità di James e, con la Mappa del Malandrino in mano, uscirono dalle cucine per ritrovarsi nel buio dei corridoi del castello. Stavano per salire l’ennesima rampa di scale, l’ultima che gli separava dalla Torre di Grifondoro, quando Remus tirò due lievi gomitate ai suoi compagni e indicò loro due puntini sulla mappa. Albus Silente e Minerva McGranitt. Stavano camminando l’uno a fianco dell’altra verso la loro direzione. I ragazzi, velocemente, si appiattirono contro un muro e i loro respiri divennero talmente bassi che non capivano neanche loro se, effettivamente, stessero ancora facendo entrare e uscire l’aria dai loro polmoni.

«Albus cosa dovevi dirmi d’importante?» sentirono chiedere dalla professoressa di Trasfigurazione mentre la coppia entrava nel loro campo visivo, stavano a dieci metri dalle scale su cui si trovavano loro.
«Sai Minerva, ho pensato molto ultimamente.» cominciò l’anziano professore e, dal suo tono di voce, a Remus venne in mente il discorso sdolcinato che suo padre aveva fatto a sua madre per i loro quindicesimo anniversario di nozze. «E sappiamo bene entrambi che il Mondo Magico è, ancora una volta, sull’orlo di una guerra e che questa volta sarà molto più dura in quanto i poteri oscuri che aveva acquisito Grindelwald non erano nulla in confronto a quelli che Tom Riddle – che ora sta iniziando a farsi chiamare Lord Voldemort – si sta conquistando.»

Minerva si fermò per pochi istanti, prima di riprendere a camminare guardando dritto davanti a sé e mettendo il piede sul primo dei gradini delle scale. «Lo so, Albus, lo so. Non c’era bisogno di dirmelo.»
Silente sospirò e riprese a parlare «Lo so anch’io, ma non sapevo come iniziare il discorso.» oramai erano a metà scala, proprio davanti ai tre giovani studenti che li stavano fissando allibiti. «Minerva, sai cosa significhi per me e sai i rischi che si corrono in guerra, soprattutto due persone nelle nostre posizioni.»

La professoressa McGranitt si era fermata a guardare il collega, gli occhi accesi da una strana luce, potente e determinata. «Albus, se vuoi dirmi di stare lontana dal campo di battaglia solo perché hai paura di perdermi, allora ti consiglio di lasciar perdere perché non mi impedirai di combattere. Voglio stare al tuo fianco, sempre. Sia sul lavoro, che durante i duelli che… nella vita di tutti i giorni.» La donna si era fermata in cima alle scale, piazzandosi di fronte all’uomo che si trovava ancora due scalini più in basso di lei e lo fissava negli occhi, determinata come non mai.

Il Preside sorrise dolcemente e con la mano destra accarezzò la guancia dell’altra che sembrò bearsi di quella carezza. «Non volevo vietarti di prendere parte alla guerra, sapeva che non ci sarei riuscito: sei troppo testarda. Solo… stai attenta Minerva, ti scongiuro. Morirei se ti accadesse qualcosa.»

Lei ricambiò il sorriso e appoggiò la fronte sulla spalla dell’uomo, lasciandosi stringere. «Starò attenta, te lo prometto, ma tu fammi la stessa promessa: non riuscirei nemmeno io a vivere se ti succedesse qualcosa. Ti amo troppo per sopportare la tua mancanza, Albus.»

Silente le depositò un lieve bacio tra i capelli, liberi dalla crocchia che di solito li imprigionava. «Te lo prometto anch’io. Perché pure io ti amo troppo per stare senza di te, Minerva.»

Passarono svariati minuti da quando i due professori se ne andarono, mano nella mano, a quando i Malandrini ripresero coscienza di sé, troppo scioccati da quello che avevano visto per reagire. Non si dissero niente, limitandosi a proseguire per la loro strada, diretti verso il loro dormitorio. Quando arrivarono – finalmente – a destinazione, si buttarono sui loro letti con i sacchi di dolciumi sulle ginocchia.
«Ragazzi, oggi ne abbiamo fatte – e viste e sentite – ti tutti i colori: meglio andare a dormire.» disse James, ancora non del tutto sicuro di aver assistito a qualcosa di realmente accaduto o se era tutto frutto della sua povera mente malata.

«Mmm… sì, ma prima di andare a letto potremmo anche, che ne so, mangiarci un dolce, dopo tutta la fatica che abbiamo fatto per prenderceli. Solo uno.» borbottò, quasi a se stesso, Remus.
 

Quando il sole iniziò a illuminare i corridoi di Hogwarts, la scuola era già nel subbuglio più totale. Tutto il personale – elfi, fantasmi e abitanti dei dipinti compresi – correvano in ogni angolo del castello alla ricerca dei dolci scomparsi. Gli spettri fluttuavano in aria, passavano tra le pareti e in due secondi controllavano dozzine di aule, i maghi e le streghe nei quadri passavano da un dipinto all’altro passandosi informazioni e cercando – per quanto potevano dalle loro posizioni – di notare qualsiasi cosa di sospetto, i Prefetti e i Caposcuola rimasti per le vacanze correvano per i corridoi seguendo i professori che capivano sempre meno quello che era successo, mentre gli elfi – poveri – continuavano a piangere disperati e a scusarsi per l’accaduto.

«Albus, Minerva, abbiamo controllato in ogni angolo dei sotterranei, ma non abbiamo trovato niente.» comunicò il professor Lumacorno.

«Il risultato delle ricerche mie e di Pomona è lo stesso: niente di niente in tutto il resto del castello.» annunciò l’insegnante di Incantesimi della scuola.

Minerva sospirò sconsolata e fece vagare lo sguardo sugli studenti che, lentamente, entravano nella Sala Grande per la colazione. Cos’è successo? Possibile che nemmeno a Natale si può stare tranquilli in questo castello?, si chiese Dolci che si volatilizzano nel nulla, questa è proprio bella!, pensò amaramente. Assottigliò lo sguardo, facendolo scorrere velocemente e febbrilmente su tutto il tavolo. All’appello mancavano solo tre studenti: James Potter, Remus Lupin e Sirius Black. Beccati e questa volta non sarebbero riusciti a farla franca. Si liberò in un sorrisetto – un po’ sadico forse – perché lo sapeva che avevano in mente qualcosa quelle tre pesti.

«Tutto bene Minerva?» le chiese Albus al suo fianco.

«Sì Albus, benissimo. Credo di aver scoperto l’identità dei nostri tre ladri di dolci a strisce rosse e oro



NOTE DELL'AUTRICE:
Okay, chiedo umilmente perdono per l'orario, ma oggi sono stata in giro tutto il giorno per comprare gli ultimi regali che mi rimanevano e ho avuto pochissimo tempo per scrivre, perciò scusatemi se il capitolo non è molto lungo.
Domani spero di riuscire ad aggiornare con l'ultimo capitolo, ma in caso non ci riuscissi, vi chiedo scusa in anticipo ma è Natale e non credo avrò molto tempo per accendere il computer e scrivere. Ma farò del mio meglio!
Finalmente ecco il momento Alubus/Minerva. Non so voi, ma io adoro questa coppia! Secondo me è fantastica, voi che ne pensate?
Okay, ringrazio tutti queli che passeranno per leggere, ma soprattutto quelli che decideranno di lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensano!
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Un bacio e a domani,

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Capitolo 4
*** Il 25 Dicembre e le conseguenze del protocollo cioccolato ***


Hogwarts, 25 Dicembre 1973
 
Era la mattina di Natale e tutti gli studenti si alzarono presto per scartare i regali, farsi gli Auguri e festeggiare una delle più belle feste dell’anno. Rosmerta, Zonko, Madama Piediburro e i commessi di Mielandia, appresa la notizia di ciò che era successo nella scuola il giorno prima si presentarono a colazione e ognuno di loro portava con sé dolci di ogni tipo per la gioia di alunni e professori. Il castello era sotto una grande cupola di allegria e spensieratezza, si festeggiava in ogni angolo dai sotterranei alla Torre di Astronomia e niente sembrava più bello in quel momento. Erano tutti a festeggiare nella Sala Grande, con balli e canzoni. All’appello mancavano solo tre studenti – di nuovo – e i loro nomi erano James Potter, Sirius Black e Remus Lupin. Minerva McGranitt era in piedi in un angolo con un calice dei spumante in mano che stava pensando a quale crudele punizione avrebbe potuto dare a quei tre irresponsabili alunni della sua Casa, magari avrebbe potuto costringerli  passare tutti i fine settimana fino alla fine dell’anno scolastico a pulire la scuola con Gazza, oppure avrebbero potuto aiutare Horace tutti i pomeriggi a sistemare gli inventari della scuola.
«Minerva, vuoi dei biscotti allo zenzero?» chiese Albus che si era avvicinato alla donna.

«Sì, grazie.»

I due colleghi – e amanti – parlarono  del più e del meno, finché ad un certo punto il portone della stanza si aprì e fecero la loro comparsa Felpato, Lunastorta e Ramoso, sofferenti e che si tenevano le pance. A quella vista i nervi della professoressa di Trasfigurazione dovettero affrontare la prova più difficile di tutte: non liberarsi in un’enorme, maligna risata pensando che si stavano meritando totalmente tutti quei dolori. Magari questa volta imparano a rispettare le regole, si disse.

Come andò a finire questa storia, mi state chiedendo?

Be’, i nostri tre eroi passarono il resto delle vacanze di infermeria e, dopo innumerevoli tentativi, Albus Silente riuscì a convincere la professoressa McGranitt che non c’era bisogno di espellere i ragazzi per una “bravata giovanile”  ma che una bella punizione sarebbe stata più che sufficiente. Così James si ritrovò costretto ad aiutare il professor Lumacorno con i suoi esperimenti e a sistemare il suo laboratorio ogni Lunedì e Venerdì, Sirius dovette pulire gli spogliatoi e sistemare il campo da Quiddich dopo ogni allenamento e partita e a Remus venne affiancato il compito di seguire Hagrid nelle sue “escursioni” nella Foresta Proibita quando aveva qualche lavoretto da fare fino alla fine dell’anno scolastico.

Insomma alla fine i Malandrini passarono due settimane infernali a letto tra dolori lancinanti allo stomaco e voglia di rimettere quando sentivano anche solo nominare un qualsiasi dolce. Felpato e Ramoso giurarono a loro stessi che non avrebbero mai più toccato un dolce nella loro vita – giuramento che venne subito infranto al primo banchetto a cui presero parte dopo la fine delle vacanze –, mentre la Cioccolatite di Lunastorta parve non risentire minimamente di tutto questo: infatti assillò talmente tanto la povera Madama Chips con le sue richieste dolciarie che la povera infermiera, alla fine, cedette e accontentò l’alunno che si buttò a capofitto sulla tavoletta di cioccolato che gli era stata data.

E se pensate che questa esperienza convinse i ragazzi a non intraprendere più folli missioni del genere, be vi sbagliate di grosso! Infatti potrei stare qui per ore a narrarvi cosa successe nell’operazione Hogsmead, oppure come Peter Minus rischiò di rimetterci un arto nel protocollo San Valentino, ma anche del grandissimo successo che ebbe la missione festa. Insomma ci sarebbero ancora milioni di storie che potrei raccontarvi, ma per il momento ci tocca lasciarci per poter dare tempo al tempo perché arriverà il momento in cui si parlerà di nuovo delle altre loro imprese, ma nel periodo di Natale quella che si ricorda è senza dubbio il protocollo cioccolato anche a distanza di anni.



NOTE DELL'AUTRICE:
Okay eccoci giunti alla fine di questa storia. Scusate se non ho aggiornato ieri, ma sono stata molto impegnata soprattutto perché non avevo considerato l'arrivo degli zii di Torino che se ne sono andati alle dieci di sera e c'era ancorada sistemare tutta casa. Alla fine a mezzanotte sono crollata sul letto, troppo stancaper poter anche solo pensare di riuscire ad arrivare alla scrivania e accendere il computer per scrivere.
Ora non ho altro da dirvi se non che spero vi sia piaciuta questa piccola fanfiction e che magari in futuro scriverò anche le altre missioni dei Malandrini. Ma per il momento tra i miei prossimi lavori ci saranno:
-Let it snow, una Lucius/Harry di un solo capitolo - probabilmente una One-shot, sempre per la serie "durante le ore di Greco mi annoio quindi scriviamo i nomi dei personaggi di Harry Potter su dei biglittini ed estraiamo a sorte per vedere su quale coppia scrivere una fanfiction".
-Rose Piton, una Sevemione che sto scrivendo da molto e che sto per ultimare.
-Albus Potter e Percy Jackson e l'impresa eccezionale, una cross-over tra Harry Potter e Percy Jackson che sto già pubblicando sulla mia pagina Instagram ma che metterò su EFP solo quando avrò già scritto un notevole numero di capitoli in modo da poter garantire aggiornamenti costanti e periodici.
Bene, questo è tutto e vi chiedo di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
Un bacio e a presto

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