Credi nell'amore a prima vista?

di Jade_Horan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo, your hurt. ***
Capitolo 2: *** 1. My sweet escape ***
Capitolo 3: *** 2. Lost boy ***
Capitolo 4: *** 3. Wherever you are ***
Capitolo 5: *** 4. All I really want ***
Capitolo 6: *** 5. Infinity ***
Capitolo 7: *** 6. Chance ***
Capitolo 8: *** 7. I don't know why ***
Capitolo 9: *** 8. So out of reach ***
Capitolo 10: *** 9. Twisted Dream ***
Capitolo 11: *** 10. Alright ***
Capitolo 12: *** 11. Goodbye ***
Capitolo 13: *** 12. I miss you ***
Capitolo 14: *** 13. Beside You ***
Capitolo 15: *** 14. Forget about the stupid little things ***
Capitolo 16: *** 15. Sorprese ***



Capitolo 1
*** Prologo, your hurt. ***




Credi nell'amore a prima vista?
 

Prologo, your hurt.
“I can take away your hurt,
Heartbreak girl”
-5Seconds Of Summer, Heartbreak girl
 

Alex era una ragazza come tante, una ragazza semplice.
Come ogni sabato si alzò presto la mattina, verso le otto meno un quarto.
Si stiracchiò ed indossò qualche indumento preparato la sera prima. Infilò il telefono in tasca e le cuffie nelle orecchie, mettendo qualcuna delle sue canzoni preferite ad un volume non troppo alto.
Dopo aver indossato un paio di converse color vinaccia si precipitò giù per le scale per andare a comprare la colazione.
Pettinò in fretta i suoi lisci capelli color caramello con le dita e si avviò verso la caffetteria più buona di tutta Sydney.
Ancora leggermente assonnata, si accorse di aver dimenticato gli occhiali da sole. Quel giorno faceva molto più caldo del solito ed il sole impediva ad Alex di vedere perfettamente, ma la ragazza decise di non tornare indietro per prenderli e di continuare per la sua strada.

 
~
 
Entrò nella caffetteria, inspirando il delizioso profumo amaro dei caffè che venivano serviti ed il dolce odore dei cornetti appena sfornati.
Sorrise, e come di suo solito si avviò al bancone dove lavorava il cugino, ovvero il suo migliore amico. Il ragazzo era in prova, ma probabilmente sarebbe stato assunto, dato che aveva portato in caffetteria moltissimi nuovi clienti.
«Buongiorno cugina, sempre puntuale come al solito!» rise il ragazzo, scompigliandole i capelli.
«Cody, io ho un nome!» lo rimproverò, ridendo e sistemandosi i capelli. Il ragazzo le mandò un bacio con la mano ed andò a prepararle il suo solito cappuccino senza zucchero.
La ragazza lo bevve con calma, assaporando il gusto leggermente amaro che tanto amava. Comprò qualcosa per la madre ed il fratello piccolo, salutò il cugino e si avviò nuovamente a casa.


Era una giornata di maggio come tante, ma lei la trovava meravigliosa. Il sole era più cocente che mai, e la gente si attrezzava per andare al mare.
Alex amava le belle giornate, sentire il sole riscaldare la pelle, rinfrescarsi facendo qualche bagno al mare.
Insomma, era una ragazza come tante: amava il mare, il sole, uscire in compagnia e divertirsi.

Alex era sempre stata una ragazza molto timida, poco brava nelle nuove amicizie, impacciata con i ragazzi.
Le persone che tenevano davvero a lei si contavano sulle dita di una mano: oltre i genitori, il fratello e suo cugino Cody, Alex non aveva nessuno.
Ma a lei andava benissimo così. “Meglio soli che male accompagnati”, non è così?
Alex era stata vittima di bullismo alle elementari e alle medie, e si era trasferita spesso in diverse città per colpa del lavoro del padre.
Si era stabilita a Sydney dal primo anno di liceo e li si trovava davvero bene. Poteva vedere suo cugino molto più spesso, era riuscita a superare la fase della sua vita dove tutti la consideravano solo il genio della scuola.
Alex era una persona diversa, oramai. Si godeva tutto ciò che di positivo la vita le aveva regalato, come il sole, la musica e l’amore che le donavano le persone che le volevano bene. Spesso usciva con il gruppo di amici del cugino, che ormai era diventato anche il suo gruppo di amici, ed aveva anche legato molto con loro.

La ragazza, camminando per le strade di Sydney, si ritrovò a pensare al suo passato, quella mattina.
Alex non aveva mai trovato qualcuno che la sopportasse quanto il cugino: si ricordò di quando,nel periodo delle elementari, Cody la veniva a trovare, consolandola e ricordandole di restare forte. Loro si dicevano qualunque cosa, erano cresciuti insieme. Si ricordò di quella volta in cui Cody l’aiutò a traslocare nella nuova casa, alla fine della terza media. Alex avrebbe cambiato vita di nuovo, ma in positivo stavolta. Si ricordò di quando provarono a cucinare una torta per il compleanno della loro nonna e combinarono un vero e proprio disastro: Cody fece cadere dodici uova a terra, e quella fu la cosa meno disastrosa di tutte!
Alex ripetè per l’ennesima volta a se stessa che Cody sapeva davvero quali fossero i veri valori della vita: l’amicizia era uno di quelli. Sarebbe stato capace di acchiapparsi una pallottola al posto della ragazza.
Si, ne era convinta, nessuno le voleva bene quanto lui.
Nessuno l’aveva consolata tanto quanto lui, nei momenti più duri.
Nessuno l’aveva fatta sentire così bene e così al sicuro, così protetta e così in pace con se stessa.

Nessuno, nemmeno Jason.

La ragazza provò una strana fitta al cuore, sentendo il suo nome ripetersi all’infinito nella testa, rivivendo tutte le illusioni, le bugie e le prese in giro.
Jason era stato il suo primo vero e proprio ragazzo, ma non aveva fatto altro che farla soffrire, giocando con i suoi sentimenti, spezzandole il cuore più e più volte.
Si erano lasciati e rimessi insieme. Litigavano ogni giorno, e lui era arrivato quasi a metterle le mani addosso.
Fu quello il giorno in cui Alex decise di voltare pagina e di chiudere la storia definitivamente.
Jason uscì dalla vita di Alex.
Cody le era stato vicino più di ogni altra persona, in quei momenti, consolandola e rassicurandola come solo lui riusciva a fare.

Ma ormai era troppo tardi.
La ragazza non aveva più avuto il coraggio di innamorarsi, considerando l’amore solo un alternarsi di dolore, sofferenze e illusioni.
Per lei fu difficile riattaccare i pezzi del suo fragile cuore, ma con il loro aiuto fu molto più facile.

“I can take away your hurt, Heartbreak girl...” era quella la canzone che stava ascoltando.

Per un momento Alex dimenticò di tutto ciò che il suo passato aveva di negativo: le prese in giro, gli insulti e i bulli delle medie; l’essere “quella nuova”, “il genio della scuola” e “la secchiona”; l’essere sempre quella troppo timida per farsi degli amici, o quella depressa e sola. Dimenticò tutto ciò che, dopo tutto il tempo che era passato, la faceva ancora star male.
Dimenticò tutto quello che era andato storto nella sua vita, perché la musica le faceva quell’effetto.
Perche loro le facevano quell’effetto.
La musica la faceva sentire bene, la musica la faceva sentire forte. La musica era capace di confortarla come nessun’altro, forse nemmeno Cody, riusciva a fare. La musica era il posto in cui si rifugiava ogni volta che qualcosa andava storto, ed era capace di tirarla su ogni volta che il mondo le crollava addosso. La musica era la sua vita, la sua salvezza. La musica era la sua felicità.
Ma la loro, di musica, era quella che Alex amava di più. Era incredibile come la facessero stare bene, anche solo con un piccolo gesto.

Cantando a bassa voce, Alex continuò a guardarsi intorno, sentendosi molto meglio.
Immergersi nei ricordi non era mai bello, per lei. Ogni momento positivo veniva sempre associato ad uno più brutto, ed in un attimo lei veniva catapultata nel suo triste passato.
Era incredibile tutta la positività che la musica riusciva a darle, era incredibile come loro riuscissero a donarle sempre un sorriso.
Erano solo una band, ma riuscivano a farla sentire speciale.
Loro non erano una band qualunque, per lei.

Perché loro riuscivano a far stare meglio quella ragazza dal cuore spezzato.


 
Note d'autore, se così posso definirmi~
 
Ciao a tutto il fandom di questi quattro ragazzi normali. AHAHAHAHAH, ho detto normali, che battuta :')
Okay, scusate la mia pazzia. :(

Sono Jade_Horan, Martina nella vita reale(?), potete chiamarmi come volete, ogni volta che volete:)

Volevo dire un paio di cose riguardanti la storia: 
1. Alex non è la solita protagonista che si taglia le vene perchè non si piace. Anche se, come tutte le ragazze, odia ciò che vede allo specchio e si fa molti problemi su cosa la gente pensa di lei, è una ragazza molto forte, che ha saputo reagire e risollevarsi:) il passato è difficile da dimenticare, ma lei è quasi riuscita a superare quei momenti, anche grazie a loro♥:)
2. La storia è molto importante per me:), non so quanti capitoli durerà, ma di sicuro non più dei 25
3. Ogni capitolo sarà basato su una frase di qualche canzone dei ragazzi, (o almeno un pezzo del capitolo), in questo caso Heartbreak girl.
4. E' una delle mie prime storie, quindi spero vi piaccia :)

Dimenticavo di dirvi che potete trovarmi su facebook!
Don't worry, be hippie ♥
~Jade

 
ASPETTATE UN SECONDO!
Volevo solamente dire che la parte grafica della storia è stata revisionata,
per cui se trovate qualcosa di diverso è normale. Inoltre, questi primi capitoli sono
indubbiamente più brutti rispetto agli ultimi, poichè li ho scritti davvero molto tempo fa.
Ciao! (stavolta davvero!)
~Jade

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Capitolo 2
*** 1. My sweet escape ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
1. My sweet escape
 
“I find my sweet escape when
 I'm alone with you

-5Seconds Of Summer, Disconnected

 
Cantando a bassa voce, Alex continuò a guardarsi intorno, sentendosi molto meglio.
Immergersi nei ricordi non era mai bello, per lei. Ogni momento positivo veniva sempre associato ad uno più brutto, ed in un attimo lei veniva catapultata nel suo triste passato.
Era incredibile tutta la positività che la musica riusciva a darle, era incredibile come loro riuscissero a donarle sempre un sorriso.
Erano solo una band, ma riuscivano a farla sentire speciale.
Loro non erano una band qualunque, per lei.

Perché loro riuscivano a far stare meglio quella ragazza dal cuore spezzato.


 
~


«Sometimes you’re so close to perfection, I gotta get it through your head that you belong with me inste.. ahi!» Alex sentì un fortissimo dolore alla caviglia, inciampando e candendo a terra in men che non si dica.
La ragazza maledisse la sua sbadataggine, credendo di aver fatto una figuraccia.
Guardò in faccia la persona con cui si era scontrata, accorgendosi che fosse un ragazzo. Non notò il vestito che indossava, ne il colore dei suoi capelli, poiché il sole le faceva vedere poco e male.
«Scusami tanto, andavo di fretta, mi sono distratta un attimo e…» cominciò lei, imbarazzata.
«non preoccuparti, è stata colpa mia, dovevo stare più attento» il ragazzo le prese entrambe le mani e la aiutò ad alzarsi.
Alex fece fatica ad appoggiare il piede, facendo una piccola smorfia di dolore. «Tutto ok?» si preoccupò. Si tolse gli occhiali da sole e li appoggiò sullo scollo della semplicissima t-shirt bianca.
Per un secondo gli occhi del ragazzo incontrarono quelli di Alex, ne rimase incantato.
Alex annuì semplicemente ritrovandosi di fronte a lui, a pochi centimetri dal suo viso, ancora con le mani intrecciate alle sue.
Si accorse di essere piuttosto bassa rispetto a lui. Riuscì a vedere meglio alcuni dettagli del suo viso e il suo cappello nero, da cui usciva qualche piccola ciocca di capelli ricci di cui non riusciva a distinguere il colore.
Strinse gli occhi in due fessure, per vedere meglio, ma con scarsi risultati.
Lui fissò per poco le loro mani, ancora intrecciate. Il ragazzo avrebbe giurato di aver visto arrossire Alex, quando i loro occhi si incontrarono per la seconda volta.
Anche lui si sentì in imbarazzo, cosa piuttosto rara per un ragazzo così socievole. Si lasciò scappare una risata nervosa, che Alex trovò assolutamente buffa e adorabile.
Lui prese la busta di Starbucks – che era caduta sull’asfalto producendo un suono davvero poco rassicurante – e la porse alla ragazza «spero solo che i cornetti siano tutti interi» le fece un sorriso radioso, mostrando delle adorabili fossette. «Vado di fretta, scusami ancora per la caviglia. Buona colazione!» le regalò ancora quel bellissimo sorriso e corse via verso il parco principale di quel quartiere di Sydney, indossando di nuovo gli occhiali da sole.

Alex rimase meravigliata dal sorriso del ragazzo. Cercò di ricordare meglio la forma del suo viso, i suoi lineamenti, il colore dei suoi occhi o dei suoi capelli.
Il dolore alla caviglia si faceva sentire, ma lei non ci faceva tanto caso.
Nella sua mente c’era altro.
Il suono della sua risata, la dolcezza dei suoi gesti ed il calore delle sue mani.
Aveva una strana sensazione, all’altezza del cuore, e non riusciva a smettere di sorridere.
Conosceva quella voce, conosceva quel sorriso e quelle fossette.
Ne era sicura, al cento per cento. Avrebbe saputo riconoscerlo anche in mezzo ad altri cento.

«Ashton» sussurrò tra se e se, pensando subito dopo che fosse stupido e senza senso. Si girò impulsivamente verso la direzione in cui era andato, ma non lo vide più. «Ash..» sembrava quasi che lo chiamasse sperando che da un momento all’altro tornasse da lei.
non è possibile”, aggiunse nella sua testa, mentre continuava a cercarlo con gli occhi “non può essere lui. I ragazzi sono in tour, sono in America, in Europa, d’ovunque tranne che qui. Ed Ashton con loro. E poi avevi il sole in faccia, Alex, come poteva essere lui?”.
Fece qualche passo, per tornare a casa, ancora con moltissima confusione nella mente.
Una fitta alla caviglia le fece quasi perdere l’equilibrio, il dolore continuava ad aumentare, e la caviglia era leggermente gonfia.
Strinse i denti e si avviò a casa, cercando di ignorare il dolore alla caviglia e pensare ad altro, cosa che non fu poi così difficile.

 

~

 
non può essere lui…” Continuò a recitare nella mente sempre la stessa frase, come se fosse una noiosa poesia.
Per tutto il tragitto dalla caffetteria a casa sua il suo pensiero fisso era quel bellissimo sorriso ed il calore che la mano di “Ashton” aveva lasciato sulla sua.
Alex continuò a fissarla per tutto il resto del tragitto, lasciandosi abbandonare alla sua mente da sognatrice.

Per tutta la durata della colazione stette con lo sguardo perso ed un sorriso da ebete sul viso, tanto che la madre dovette chiederle se si sentisse bene per circa tre volte.
Beh, in effetti la sua caviglia non era proprio a posto: si era gonfiata molto di più ed era abbastanza dolorante. Alex, che aveva seguito un corso di pronto soccorso, mise una pomata sulla parte gonfia della caviglia e fece una fasciatura piuttosto stretta, che andava dal tallone alla fine della caviglia. Somigliava un po’ a quei calzini invernali di cui non sai mai descrivere la lunghezza, poiché superano la caviglia ma non coprono la gamba. Una fasciatura un po’ anti-estetica, forse, ma ad Alex in quel momento non importava molto.


Dopo la colazione la ragazza tornò in camera stringendo forte il suo cuscino preferito e saltellando come una dodicenne cotta di un ragazzo che finalmente l’ha considerata.
Aprì la finestra, «buongiorno, Alex!», disse felicemente, guardando il bellissimo paesaggio.

Si buttò a peso morto sul letto matrimoniale che aveva in camera, cominciando a fissare il soffitto e sorridere, pensando a tutto ciò che era successo solamente una mezz’ora prima.

La sua camera rispecchiava molto il suo carattere romantico.
Alex amava i letti matrimoniali, soprattutto se non li doveva condividere. Il suo era ricoperto da una leggera coperta color azzurro pastello, un paio di morbidissimi cuscini dello stesso colore ed un enorme pupazzo a forma di pinguino che aveva fin da piccola. Le pareti della camera erano dello stesso azzurro pastello del letto, mentre una sola di quelle pareti era ricoperta di foto e poster con precisione millimetrica. Sembrava una carta da parati, mentre in realtà era solo opera della pazienza e della passione di Alex. C’erano foto di ogni tipo, scattate da lei stessa, prese dai giornali, stampate da internet. Sulla parete c’era qualunque cosa, ma le cose che saltavano subito all’occhio erano le gigantografie delle città preferite di Alex: Dublino, Parigi, Berlino, Roma, ma soprattutto Londra: la parete era piena zeppa di cabine telefoniche rosse, foto fatte dal London Eye e gigantografie del Big Ben.

Purtroppo Alex non era mai andata in nessuna di quelle favolose città, mentre il suo sogno più grande era vederle tutte.
Beh, in realtà il suo sogno più irrealizzabile era diventare una cantautrice e fare un tour mondiale.
Le sarebbe bastato anche un tour Europeo, ovviamente, o anche semplicemente esibirsi davanti al bar che c’era sotto casa sua, ma il suo sogno più grande era quello: viaggiare, cantare, comporre musica e suonare la chitarra. Tutte queste quattro cose, le cose che amava fare di più, avrebbe voluto che diventassero il suo lavoro.
Ma a volte, i sogni più importanti andavano solamente riposti in un cassetto minuscolo, nascosto negli angoli più remoti della mente, e lasciare che siano semplicemente sogni.
Ma lei no, lei non era come tutti gli altri.
Lei si era arresa mille volte, davanti alle prese in giro, davanti alla sua immagine riflessa nello specchio, davanti ai problemi di cui era sommersa e gli insulti che la facevano sentire sempre più umiliata.
Lei si era arresa mille volte, ma non aveva mai smesso di sognare.
Alex metteva l’anima in ogni singola nota che intonava. Metteva amore, impegno e concentrazione in ogni singolo accordo che componeva con la chitarra. Chiudeva gli occhi quando lo riteneva necessario per concentrarsi, chiudeva la porta per isolarsi dal mondo ogni volta che cantava in camera sua.
Per lei, cantare, era l’unica dolce via di fuga che aveva quando la triste realtà la faceva sentire oppressa.
Per lei cantare era un modo per sentirsi libera, un modo per rialzarsi, un modo per sentirsi sicura di se.

Era stata vittima di bullismo, aveva sentito il mondo crollarle addosso, era stata illusa da un ragazzo, aveva sentito il suo cuore sbriciolarsi in mille, minuscole, parti.
Aveva visto la maggior parte delle persone di cui si fidava voltarle le spalle, aveva dovuto cambiare vita per l’ennesima volta.
Ma stavolta, decise di lasciarsi alle spalle il passato.
Alex era cambiata, in positivo.
Era andata avanti, aveva trovato qualcosa che la facesse sorridere in modo sincero, senza aver bisogno di fingere, di recitare, di mentire.
Alex aveva superato il periodo più brutto della sua vita, durato fin troppo tempo.
E tutto questo grazie alla musica.

E grazie ad Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings e Michael Clifford.
I 5 Seconds Of Summer, per lei, erano stati un’ancora di salvezza.
Loro erano l’aria che respirava, ciò che pensava prima di andare a dormire, il primo pensiero non appena apriva gli occhi il giorno dopo.
Quattro “normalissimi” ragazzi che facevano dei video su youtube l’avevano fatta nuovamente innamorare della vita, e di tutto ciò che c’è di buono e bello nel mondo.
Come la musica, la felicità, l’amicizia.
Non aveva mai visto un’amicizia più bella della loro. Loro condividevano tutto. Loro cantavano, suonavano, raccontavano un po’ le loro giornate. Loro la facevano morir dal ridere ogni volta, le tiravano su il morale, le asciugavano quelle lacrime che, oramai, non rigavano più il suo viso.

La ragazza non poteva più far a meno di loro.
 Non poteva più fare a meno della risata di Luke, dell’energia di Michael, della dolcezza di Calum e... beh, per descrivere Ashton non riusciva a trovare un solo aggettivo.
Persino “perfetto” non le sembrava abbastanza per descrivere ciò che pensava di lui.
Non che lo preferisse agli altri tre, ma lui aveva qualcosa che l’aveva colpita fin dalla prima volta in cui aveva sentito parlare di quei “5 Seconds of Summer”.
Amava la sua espressione concentrata mentre suonava, la sua splendida voce, il suo continuo giocare con le bacchette della batteria, le sue mani enormi, i suoi occhi incredibilmente verdi e le sue meravigliose fossette.
Era la classica “cotta adolescenziale per un ragazzo impossibile/famoso”, ci passavano tutti prima o poi.

Eppure era passato qualche anno da quando seguiva quella band, e più il tempo passava più si innamorava di loro.
Ormai la band era conosciuta in tutto il mondo, ed Alex non avrebbe potuto essere più fiera dei suoi “quattro idioti”: aprivano i concerti di band celebri come gli One Direction, erano famosi in tutto il mondo per la loro musica, avevano anche cominciato ad incidere un album.

Sapeva tantissime cose su di loro, come se li conoscesse, come se fossero suoi amici.
Calum. Il ragazzo dolce, il ragazzo dagli intensi occhi a mandorla ed un sorriso da far sciogliere chiunque. Sapeva della sua irritazione quando lo scambiavano per un asiatico, del suo amore per il Liverpool, per il calcio, Katy Perry e la pizza. Era uno di quei ragazzi che sorridono sempre e che hanno i piedi per terra.
Era sicura che fosse uno di quelli che sanno consolare solo con un piccolo gesto, poiché ci riusciva anche attraverso uno schermo.

Michael era strano. Ecco come le era sembrato la prima volta che lo vide in uno dei loro video di Youtube. Con quella frangia incredibilmente lunga, quell’aria misteriosa, quei capelli che cambiavano colore nel giro di un mese. Alex amava la sua voce, la considerava incredibilmente particolare. Sapeva che odiava il suo secondo nome, Gordon, e che invece amava le passeggiate sulla spiaggia, le gomme da masticare, Dragonball Z e, ovviamente, la musica. Michael era parecchio fuori di testa, secondo lei. Beh, un po’ come gli altri tre, ma solo lui era capace di filmare dei video in cui attacca qualcuno con una banana.

Luke era semplicemente un ragazzo incantevole, con quel piercing al labbro da “ragazzo cattivo”, gli occhi azzurri e i capelli biondi. Un principe azzurro moderno, insomma. Una chitarra ed un motorino al posto della spada ed il cavallo bianco. Incredibilmente dolce e divertente, le era quasi sembrato il più serio del gruppo. In quel gruppo, però, nessuno poteva essere definito “serio”.
Luke, però, era molto responsabile e prendeva sempre le cose seriamente.

Ashton. Il ragazzo che ride per ogni singola battuta, anche per quelle più pessime. Quello che preferisce far cantare di più agli altri, nonostante è consapevole di avere una bellissima voce. Quello che, quando suona la batteria, ci mette anima e cuore, come se non dovesse far altro per sopravvivere. Quello che ogni singolo istante ricorda alle fans di amarle come non ha mai amato nessuno in vita sua, quello che le ringrazia infinitamente ogni singolo giorno per aver permesso al suo sogno di realizzarsi. Era quello che Alex amava di lui, più di qualunque cosa: la faceva sentire importante, amata.

Era quello il bello del rapporto tra i 5 Seconds of Summer e le loro fans: loro affermano che le fans gli hanno cambiato la vita, ma in realtà sono loro che l’hanno cambiata alle fans.

Alex, credeva che fossero solamente una cosa passeggera, che se ne sarebbero andati, ma in realtà tutti se n’erano andati mentre loro erano sempre rimasti al suo fianco.
L’avevano tirata su nei momenti più difficili.
Le avevano dato la forza di sorridere, il coraggio di reagire.
Erano la sua unica, dolce, via di fuga in una giornata dove tutto andava storto.


 
Note d'autore~
Ciaaaaao!
Sono sopravvissuta a 4 giorni intensissimi pieni di esami, crampi e lividi sulle gambe (esatto, sono inciampata come un'idiota su un cuscino, gente, UN CUSCINO!, e cadendo ho sbattuto sullo spigolo del letto ed ora ho una cosa orrenda sulla gamba color violaceo slavato che è più grande del ginocchio ç.ç) Oggi ho fatto le prove invalsi, e non capisco perchè debbano esistere... 
Ma, siccome dei miei esami non ve ne importa nulla, volevo parlarvi di questo capitolo!
Insomma, sono ancora i capitoli iniziali, il bello deve ancora venire! E nel prossimo capitolo scoprirete se "Ashton" era davvero Ashton, e soprattutto vedrete un po' cosa succede nelle loro giornate (o almeno, io immagino che siano così v.v)

Non vi anticipo altro perchè ho detto decisamente troppe cose, :)
Ringrazio le tre anime pie che hanno recensito lo scorso capitolo! :) ♥
Ringrazio chi legge silenziosamente, chi ha aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha letto tutto questo insopportabile e chilometrico angolo "autrice" :)


Ricordate che potete trovarmi su facebook!
A presto!
Jade~♥ 

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Capitolo 3
*** 2. Lost boy ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
2. Lost boy
 
 “I need to find you, […] ‘cause
without you I’m a lost boy”
-5Seconds Of Summer, Lost Boy

 

Miachel infilò le chiavi nella serratura, aprendo la porta nel modo più silenzioso possibile.
Aspettava di trovare tutto come al solito, ma al posto della classica routine pre-esibizione, aveva trovato un Ashton triste, seduto sul divano con uno sguardo perso ed un espressione malinconica sul volto.

Non lo aveva mai visto così già, prima di un’esibizione.
Di solito era sempre quello più entusiasta di tutti: la sua voce e il suono della sua batteria si sentivano fino all’altra parte della casa. Urlava come un matto, suonava la batteria in modo buffo e non era quasi mai serio.
Ashton aveva sempre affermato che lo trovasse divertente, ma lo faceva sopratutto per tirare su Luke che –  essendo nervoso prima delle loro esibizioni – doveva trovare qualche distrazione e farsi quattro risate. Ashton era sempre pronto a dedicargli una “She Looks so Perfect” cantata come se fosse suo nonno.
Ma Michael quella mattina non sentì né la risata di Luke, né Calum che – dalla doccia –  urlava imprecando per il baccano che Ashton faceva.
Sotto sotto, però, si divertivano un mondo a sentirlo cantare e suonare come un pazzo, mischiare le loro canzoni con altre ed intonare Midnight Memories degli One Direction ogni due attimi senza un preciso motivo.
Ma Miachel, quella mattina, udiva solo il suono dello scorrere dell’acqua e Calum che canticchiava qualcosa da sotto la doccia.

«Hei, amico, a cosa pensi?» Michael fece sobbalzare il ragazzo, che non si era nemmeno accorto della sua presenza.
Era passato un minuto, ed Ashton non aveva ancora risposto.
Seduto sul divano, torturandosi le mani in modo nervoso e ripetitivo, rispose con voce flebile. «A niente...» mentì, immerso nei suoi pensieri.
«Dimmi la verità, Fletcher!» disse l’altro con un tono divertente, puntando un dito contro Ashton, che accennò una risata. «Dai, seriamente Ash. Di solito sei dietro la batteria a cantare!»
Ashton assunse esattamente la stessa espressione leggermente triste di qualche secondo prima, e Michael, intuendo che qualcosa andava storto, si sedette accanto a lui.

Passò qualche minuto, in cui Michael non smise nemmeno un secondo di fissare il ragazzo, cercando di capire cosa avesse.
Ashton sospirò rumorosamente, e finalmente si decise a dirgli la verità. «Ho incontrato una ragazza, stamattina...»
«E...?» Michael lo intimò a continuare, mettendosi più comodo sul divano.
«Beh, in realtà le sono andato addosso…» Ashton accennò una risata d’imbarazzo «…stava cantando Heartbreak girl, aveva una voce incantevole»
Passò qualche altro minuto, in cui Michael stette ad osservare Ashton con la testa leggermente inclinata verso sinistra. Assumeva sempre quella posizione quando era concentrato, e cercava in tutti modi di capire cosa Ashton stesse urlando, anche se non aveva più proferito parola da qualche minuto. Cercava in tutti modi di capire cosa gli era successo, ma non ci volle molto per capire che Ashton era semplicemente innamorato.
Aspettò ancora un po’, prima di pronunciare la domanda.
«che cosa c’è di diverso, in lei?» Ashton capì che il suo amico aveva già intuito tutto. Si conoscevano da tanto tempo, ormai, ed ognuno sapeva tutto dell’altro, anche se non si dicevano niente. Il ragazzo con i capelli blu notte assunse un’espressione ancora più seria e concentrata, aspettando che Ashton continuasse a parlare.
«Non lo so... era così... adorabile, semplice…» sorrise, pensando a lei «…ed imbranata, un po’.» aggiunse, lasciandosi scappare una risata leggermente nervosa. «Era davvero...» Ashton non riuscì più a trovare altre parole per descriverla.
Non faceva altro che sorridere come un idiota, pensando a lei. Eppure non riusciva a capire perchè una semplice fan lo avesse colpito così tanto.
«Ehi, Fletcher, ti sei innamorato?» Michael rideva in modo buffo, con un’espressione idiota sul viso, pizzicando ripetutamente la guancia al biondo.
Due adorabili fossette spuntarono sul viso di Ashton, divertito dalla faccia davvero poco intelligente del chitarrista.
«Ehi, Gordon, quando la smetterai di dire cazzate?» Ashton rispose con lo stesso tono di Miachel, facendolo ridere di gusto, nonostante odiasse il suo secondo nome.
«Ash si è innamorato!» cominciò ad urlare, ridendo a crepapelle, guardando Ashton di tanto in tanto. Il batterista gli lanciò parecchie occhiatacce, ma sotto sotto era divertito dalla situazione.
Aveva una strana smorfia sul viso, per non far vedere che stesse ridendo. Non aveva mai saputo resistere all’espressione idiota di Michael, fin dai primi giorni in cui era entrato nella band.
Improvvisamente si lasciò scappare una delle sue risatine strane, quelle acute e contagiose. Michael sorrise compiaciuto, era riuscito nel suo intento.

Aveva l’impressione che Ashton volesse starsene un po’ per conto suo, perciò con una scusa lo lasciò solo.
«Aspetta...» sussurrò l’amico, attirando l’attenzione di Michael «…non so cosa mi abbia fatto questa ragazza. Non faccio altro che pensare a lei da ore e…»
«Non l’hai mai vista prima? Non è di queste parti? Puoi invitarla a vederci, oggi.»
«…e non so nemmeno come si chiama! Eppure è così dolce!» Ashton ignorò completamente il suo amico, continuando la frase che aveva interrotto prima.  Guardava un punto fisso, in alto, e sorrideva in modo davvero divertente, come se qualcuno gli avesse fatto una strana magia. «E’ così… oddio, le ho parlato solo per pochi minuti e…»
«Ashton! Ash! Ho capito!» Michael gli mise le mani sulle spalle, scuotendolo un po’, facendolo smettere di parlare. Ashton scosse la testa, e fissò Michael negli occhi.
Si guardarono e si misero entrambi a ridere, data la situazione comica.
In realtà Ashton rideva per un motivo poco preciso, mentre Michael rideva per la risata del biondo.
 
Se c’era qualcosa di più contagioso del morbillo, quella era la risata di Ashton. Michael ne conosceva circa venti, tutte differenti tra loro, da quella appena accennata a quella esagerata e senza controllo. Calum la definiva “la risata isterica più isterica che avesse mai sentito”.

Risero così tanto che ad un certo punto Michael dovette bere un bel po’ d’acqua per riuscire a smettere.

«Michael, tu ci credi nell’amore a prima vista?» chiese Ashton, diventando improvvisamente serio.
«Prima non ci credevo, adesso si» gli disse, facendogli l’occhiolino ed andandosene, lasciando Ashton da solo, ancora immerso nelle sue mille domande.


Un lento arpeggio, una voce dolcissima ed una chitarra. Era questo il suono che adesso si sentiva in casa, accompagnato dallo scorrere dell’acqua. “Amnesia”, “If you don’t know”, “Wherever you are”, “the only reason” erano queste le canzoni che Ashton stava intonando. E non riusciva a capire perché quella ragazza lo avesse reso talmente strano da fargli prendere la chitarra di Luke, e fargli suonare canzoni lente e malinconiche.
La chitarra non era il “suo” strumento, ma in certi momenti era più adatta della batteria.
Era bellissimo quando, nonostante attorno a lui ci fossero altri rumori, cominciava a suonare e cantare, e tutti i pensieri volavano via.
C’erano solamente lui e la sua batteria.
Ma quella mattina, steso sul divano, cantando “Amnesia” con la chitarra, la sua voce aveva assunto una sfumatura di tristezza, dovuta ai suoi mille pensieri e alle sue mille domande senza risposta.

Pensò a lei, ai suoi splendidi occhi, alla sua bellissima voce.
Ne aveva conosciute di cantanti o attrici famose, belle, con dei fisici da paura, ma nessuna di queste lo aveva mai incantato quanto lo aveva fatto lei.
Nemmeno tutte loro messe insieme avrebbero potuto competere contro di lei.
La sua voce, così angelica e dolce. Il suo sorriso, semplice e adorabile.
Quelle sue labbra ne troppo carnose, ne troppo sottili, di una deliziosa gradazione di rosa che le rendevano perfette.
Quei suoi capelli lisci che le incorniciavano il viso dai tratti delicati, quelle mani così piccole rispetto alle sue.

Non potè immaginare qualcosa di più bello, dolce e perfetto di quella ragazza.
Nemmeno una batteria nuova, nemmeno uno di quei tanti premi che ricevevano le star famose, nemmeno il triplo dei soldi che avevano, nè il triplo della fama.
Non era quello che voleva. Non erano i soldi, i premi, la fama.
Ashton voleva amore. 
Ashton voleva essere amato per la persona che era, per i suoi pregi e per i suoi difetti.
Ashton voleva essere amato per davvero. Amato come lo amava la musica, come lo amavano le sue fans, i suoi amici ed i suoi genitori.

Calum interruppe i suoi pensieri, entrando nel soggiorno con un asciugamano attorno al bacino ed un altro sulla testa, mentre asciugava i capelli frettolosamente. «Ehi Ash, devi fare la doccia? Tra un po’ andiamo...»
Ci fu qualche secondo di silenzio. I due si guardarono negli occhi, Calum gli sorrise.
Aveva subito notato che aveva qualcosa che non andava, ma non voleva chiedergli cosa, aveva già troppi pensieri nella mente.
Calum lo conosceva bene, sapeva quando voleva stare solo, e quando invece non voleva restare solo anche se diceva il contrario.
Ashton annuì, posando la chitarra e cominciando a preparare tutto per l’esibizione.

Si sarebbero esibiti in un parco, con un paio di chitarre e la famosa cassa di legno di Ash, quella che suona come una batteria.
Ashton amava le esibizioni all’aperto, quasi più di quelle sugli immensi palchi dove si erano esibiti.

Prese il telefono ed entrò su Twitter, ignorando – per la prima volta nella sua vita – i messaggi delle sue fans, a cui cercava sempre di rispondere.
Riscrisse quel tweet una marea di volte, cancellandolo e riscrivendolo da capo.
In un attimo di coraggio premette quel tasto e pochi secondi dopo già migliaia di persone lo avevano letto e retwettato. Si diede dello stupido più di una volta ed ormai l’avevano visto così tante persone che non aveva affatto senso cancellarlo.
Lo rilesse, sperando con tutto il cuore che quella straordinaria ragazza, prima o poi, l’avrebbe visto.


“Stamattina sono andato addosso ad una ragazza, lol. Volevo chiederle scusa, sono davvero un idiota :)
Comunque, #5SOSFAM, siete pronte per la nostra esibizione live a Sydney? Io ne sono entusiasta! Facciamolo!”


«Ashton, sbrigati! Non vorrai mica venire in infradito?» lo rimproverò Luke, tutto indaffarato ad aggiustarsi il ciuffo.
«Si, Lukey, solo un secondo» fece un altro paio di Tweet e si aggiustò in fretta i suoi ricci ribelli.
Dopo essersi dato un’ultima occhiata allo specchio si infilò un paio di calzini ed un paio di scarpe, ed era così distratto che non si era accorto che un calzino fosse grigio, mentre l’altro era nero.

A cosa era dovuta quella distrazione?
Ovviamente a lei.
Si chiese se avesse già visto il tweet, se l’avrebbe rivista quello stesso pomeriggio e se mai avrebbe avuto la possibilità di stringerla a se.
Eppure non sapeva nemmeno il suo nome, ma aveva bisogno di trovarla.
Aveva bisogno di trovarla, scusarsi per la caviglia e per esserle venuto addosso, dirle quanto fosse speciale, invitarla ad uscire, abbracciarla, sussurrarle qualcosa di dolce davanti ad un tramonto.
Aveva bisogno di trovarla, sorriderle e sapere qualcosa in più su di lei. Il suo nome, le sue passioni, il suo cibo preferito, i suoi passatempi.
Aveva bisogno di trovarla, perché senza di lei era un ragazzo perso.


 

Note d'autore.~
 
Ciao gente! Ho deciso di pubblicare questo capitolo dato che ho appena finito gli esami :)
Ah, che bello, ora si che mi sento libera! *tira un sospiro di sollievo*
La mia tesina poi era sulla libertà, quindi è tutto in tema, lol. 
Gli scritti sono andati moooolto meglio delle mie aspettative, e l'orale è andato bene, credo, spero. (sono una ragazza con poca autostima, ç.ç)
Spero che il capitolo vi piaccia, ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo e chi legge silenziosamente :) (invito queste persone a recensire, mi rendereste davvero davvero davvero felice.)

Un bacio!
Jade~♥

 

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Capitolo 4
*** 3. Wherever you are ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
 

3. Wherever You Are
 
 “Torn in two, and I know I shouldn’t tell you but 
I just can’t stop thinking of you, Wherever you are”

-5Seconds Of Summer, Wherever You Are.

Alex camminava oramai distrattamente nel suo parco preferito da qualche ora.
Era tutto perfetto come al solito, gli alberi ricoperti di petali lilla annunciavano l’inizio della stagione calda e la fine degli odiosi sbalzi di temperatura.
Passò per l’ennesima volta sulla sua amata collinetta piena di margherite, camminò accanto ai bambini che si dondolavano sulle altalene, attraversò il ponte che portava all’altra sponda del lago.

Si sedette sulla riva, osservando qualche anziano pescatore che si godeva la tranquillità di quel luogo, sperando di riuscire a prendere qualche pesce.
Portò lo sguardo altrove, più precisamente, sul suo riflesso, che traspariva nell’acqua stagnante.
Il suo viso era inevitabilmente più largo, per colpa dei leggermi movimenti dell’acqua, ma riusciva a vedere chiaramente  i suoi occhi chiari, velati leggermente dalle lacrime.

Li guardò meglio. Erano una tempesta di emozioni e colori diversi. Erano grigi, azzurri, e a tratti quasi verdi. Erano tristezza, confusione, delusione. Erano pieni di sfumature. Erano di un colore strano, indefinibile, ma delicato. Erano così tristi e fragili che, guardandoli, si aveva la sensazione di poterli distruggere con un solo sguardo. Erano particolari (e addirittura meravigliosi, secondo Ashton Irwin), mentre Alex li definiva solamente “chiari”. I suoi occhi facevano uscire fuori tutte le sue emozioni, ed era per questo che Alex non si concentrava mai sul loro colore, dimensione e forma, ma solo su ciò che traspariva da essi.
Alex non riusciva a capire nemmeno se le piacessero o no, ma – dato che erano davvero poche le cose che le piacevano di se stessa – non li considerava un suo grande pregio.
Proprio come non amava i suoi capelli lisci color caramello, il suo naso sottile e leggermente all’insù, le sue labbra carnose, tinte di una delicata tonalità di rosa. Proprio come non amava il suo corpo, che era perfettamente nella norma, ma che lei vedeva eccessivamente enorme. Forse perché, ormai, la società considerava dei pantaloncini di taglia 42 un capo d’abbigliamento da “obesa”.

Distolse lo sguardo dal suo riflesso, lo poggiò su ogni cosa che si trovava in quel meraviglioso parco.
Gli alberi meravigliosamente in fiore, i prati immensi, le persone di ogni genere e di ogni età.
Quel parco, per lei, conteneva una grandissima quantità di ricordi, belli e brutti, ricordi che voleva dimenticare, e ricordi che invece amava rivivere nella sua mente. Ricordi di Jason, ricordi del periodo in cui si rifiutava fin troppo spesso di mangiare, ricordi del periodo in cui Cody le fece capire che il cibo non era suo nemico, ricordi dei baci di Jason e delle litigate con lui.


Alex rimase a pensare, fissando l’immensità del cielo e la bellezza degli alberi.
Possibile che davanti ad un tale spettacolo lei fosse triste per dei cantanti?
Era già un miracolo vedere tutta quella infinita bellezza, era già un miracolo essere vivi, respirare e sentire il proprio cuore battere.
Era già un miracolo essere parte del mondo, trovarsi in un posto così bello, avere delle persone che ti vogliono bene per ciò che sei davvero.

Ed è per questo che Alex si sentì ancora più giù, poiché c’erano persone che avevano molte più ragioni per essere tristi come lo era lei, eppure continuavano a sorridere ed andare avanti.
Le persone senza cibo ne acqua, quelle senza genitori, quelle vittime di gravi malattie, quelle perseguitate e giudicate da tutti solo per religione e colore della pelle. Gli insulti e i problemi che aveva avuto in passato erano niente, messi accanto ai veri problemi della vita.
Ma Alex proprio non riusciva a trovare una ragione per essere davvero felice. Forse nemmeno Cody e la musica, in quel momento, avrebbero potuto consolarla.
Solo il tempo, avrebbe potuto placare la sua tristezza.
Magari tra un paio di giorni avrebbe già digerito la cosa, oppure sarebbe servito più tempo.

Alex si sentì sprofondare quando scoprì che lei non aveva mai incontrato Ashton Irwin, e che era tutto uno dei suoi soliti infantili filmini mentali da premio oscar.
Era stata tutta “colpa” del tweet, ma soprattutto della sua maledettissima immaginazione.
Ciò che aveva scritto Ashton era probabilmente era solo una bellissima coincidenza, o magari – pensò Alex –, stava seriamente impazzendo e quel tweet era solo frutto della sua immaginazione.

Ricordò di quanto era entusiasta quando lesse quelle parole. Ricordò delle inevitabili lacrime di gioia che le scorrevano sul viso, al di aver incontrato la persona che la faceva sorridere nei momenti più bui.
Ma quella volta non era affatto diversa dalle altre. Si era solamente illusa, per l’ennesima volta.
I suoi occhi si fecero nuovamente lucidi, anche se era stanca di piangere e starci così male.

Si chiese perché doveva sempre essere così incredibilmente stupida e fragile. Si chiese perché non si decideva a crescere, passarci sopra, essere forte.
Ed invece no, restava li, facendosi cullare dal leggero rumore delle onde del lago, da quello delle foglie degli alberi, dal suono dei suoi pensieri.


“Stamattina sono andato addosso ad una ragazza, lol. Volevo chiederle scusa, sono davvero un idiota :)
Comunque, #5SOSFAM, siete pronte per la nostra esibizione live a Sydney? Io ne sono entusiasta! Let’s do it! :)”


Quel maledettissimo tweet.
C’erano sette miliardi di persone nel mondo, insomma, Ashton avrebbe potuto cadere addosso a chiunque!
Ed invece no, Alex era stata così stupida da illudersi di essere quella ragazza.

Ma adesso che senso ha ripensarci all’infinito e darsi ancora della stupida? Si chiese la ragazza.
Si asciugò le lacrime, cercando di non farle più uscire.
Basta. Aggiunse tra se e se.


Non le andava proprio di tornare a casa, sconsolata, e di chiudersi in camera sua a guardare il soffitto, e magari a rimpinzarsi di gelato o cose dolci che la facessero tirare un po’ su.
E proprio in quell’istante le venne voglia di uno di quei buonissimi coni gelato che andava sempre a prendere al chiosco con Jason. Ignorò quest’ultimo particolare e, infilandosi le cuffie nelle orecchie, si avviò verso la parte del parco in cui era situato il chiosco.

Non prese scorciatoie, camminò con calma, voleva tentare di rilassarsi. Ascoltò un po’ di musica, scattò un paio di fotografie e prese il suo gelato.
Guardò la gente che prendeva il sole, le persone che si sorridevano, le ragazze della sua età con grandi gruppi di amici o con i fidanzati, i bambini che si rincorrevano e le coppiette felici che si abbracciavano in quella splendida giornata.  Pensò di essere l’unica persona triste in quel parco pieno di sorrisi.
Camminò per un’altra ora. Il suo gelato era ormai finito ed il suo morale era ancora a terra, anzi, sotto terra.
Avanzò ancora, arrivando quasi alla fine del parco.
Nemmeno tutta quella bellezza riuscì a tirarla un po’ su.
Nemmeno “Wherever you are”, che risuonava nelle sue orecchie da qualche minuto.
Sentiva il suo cuore strappato in due, non riusciva a smettere di pensare a loro, ovunque loro fossero.

Beh, Alex sapeva dove si trovavano i ragazzi. Erano a Sydney, Ashton l’aveva scritto, magari erano tornati per una pausa da quell’incredibile tour negli stadi che stavano facendo assieme agli One Direction.
Ma Sydney era grande, enorme, ed Alex si era illusa che, nella città, ci fosse solo il parco di quel quartiere mezzo sconosciuto in cui abitava. Si era illusa che quell’esibizione live a Sydney di cui Ashton parlava nel tweet fosse in quel parco.
Si diede della stupida per l’ennesima volta, per essersi illusa così tanto.
La canzone era appena finita, quando una piccola folla e un leggero rumore di sottofondo attirò la sua attenzione.

 

Note d'autore~
*si nasconde per la vergogna*
 
Insomma, Ashton Irwin, vuoi smetterla di essere così dannatamente sexy? çwç

Allo
ra, chiedo scusa umilmente per i miei peccati.
1~ Intanto non aggiorno da secoli, vi chiedo umilmente di perdonarmi, in più il capitolo è corto e orribile.
Scusate davvero, fa davvero pena. Il prossimo dovrebbe essere più carismatico(?)
2 ~ Insomma, è un po' confuso, ma spero si sia capito che questa è la reazione di Alex al tweet di Ashton. Lei si era illusa che quell'esibizione Live di cui parlava sarebbe stata nel suo amato parco figo, ed invece no, o almeno così crede... *dan dan daaaan* infatti, come si capisce dall'ultima frase, forse lei si sbagliava. O forse no?
Spero che recensirete(?) questo capitolo nonostante faccia così pena :(
Tiratemi anche dei pomodori in faccia (i hate tomatoes ç.ç), ma almeno ditemi se c'è qualcosa che posso migliorare...

Inoltre, oggi sono ben QUATTRO ANNI dall'audizione del mio lou♥. Sono così fiera di lui,aw.
E pensare che esattamente tredici giorni fa l'ho sentito cantare, e mi ha salutata. Vi giuro che non avevo le allucinazioni, ma Louis Tomlinson ha salutato il mio anello, ed era esattamente di fronte a me. 
E.... *rullo di tamburi* tra 3 giorni è il mio compleanno, e tra sei giorni il mio amato Lukey farà diciotto anni. Ed Ashton è un non-più-adolescente. E gli One Direction faranno 4 anni come band. Il che vuol dire che il tempo passa, e che loro stanno crescendo, e che anch'io sto crescendo ç.ç
Fate fermare il tempo, please, fatemi tornare indietro, fatemi diventare parte di questa famiglia da prima.
Perchè, nonostante succedono cose strane e pazze (come i litigi per 'Larry') io amo la famiglia degli One Direction e quella dei 5Seconds of Summer più di me stessa.

Detta questo, vi mando un bacio ed altre scuse!
Jade~♥

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Capitolo 5
*** 4. All I really want ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
   
4. All I really want
-“Cause All I really want is you!”
5 Seconds Of Summer, She looks so perfect
 

Ashton Irwin continuava a salutare distrattamente le ragazze che aveva attorno, sforzando di fare qualche sorriso sincero e di essere divertente e solare come al solito.
Una piccola folla di fans si era riunita attorno a loro, cominciando a tempestare la band di foto, nonostante non avessero ancora cominciato a suonare.
I vari componenti della band sistemavano i loro strumenti, mentre Ashton continuava a tamburellare distrattamente le dita sulla sua cassa di legno, segno evidente di nervosismo.

Il suo sguardo vagava tra la folla, ma nessuna delle ragazze – per colpa degli occhiali da sole che indossava – non riusciva a capire cosa stesse cercando Ashton.
Perché era chiaro che stesse cercando qualcosa, o meglio, qualcuno.



Michael Clifford, era seduto su una panchina, accanto al batterista.
Lo vedeva stranamente nervoso e preoccupato. Ma vedeva anche qualcos’altro, qualcosa di davvero insolito per uno come Ashton, talmente insolito da non riuscire nemmeno a capire cosa fosse.
Forse era semplicemente ansia. Ma Michael aveva la netta sensazione che c’entrasse il cuore, in quella faccenda.

Il ragazzo dai capelli blu mormorò qualcosa al suo orecchio, ma il biondo non la afferrò chiaramente. «Non c’è?» sussurrò nuovamente, e stavolta Ashton capì.
Il ragazzo scosse la testa sconsolato, guardando la folla di ragazze che aumentava sempre di più, attendendo di scorgere quel suo sorriso gentile, quei suoi occhi chiari o quel suo viso angelico.



Nel frattempo, un Luke Hemmings piuttosto nervoso era seduto accanto ai suoi migliori amici, con una chitarra in mano, giocando insistentemente col suo piercing, per tentare alleviare la tensione.
Guardava la folla aumentare ed i bodyguard che si facevano in quattro per mantenere l’ordine.
Apprezzava tutto ciò che aveva era intorno.
Apprezzava il lavoro dei bodyguard, dei menager, degli elettricisti, dei tecnici delle luci, dei tecnici del suono, e di tutto il resto della enorme crew che li accompagnava nei loro concerti.

Ma, stavolta, in quell’esibizione, era tutto più semplice, un po’ come qualche anno prima.
Niente spettacoli particolari, niente luci, niente incredibili fuochi d’artificio, niente palcoscenici spettacolari, niente microfoni.
Solamente loro, le loro voci, le loro fans, e la loro musica.

Come agli inizi, come ai “vecchi” tempi.

E, nonostante avesse “soltanto” diciotto anni, Luke Hemmings sentiva di aver vissuto il doppio delle esperienze di qualunque altra persona normale.
I concerti, le persone che aveva conosciuto, i fans, i premi, i viaggi e tutto il resto. Erano davvero una valanga di emozioni e di ricordi che portava sempre con se, e che mai avrebbe dimenticato.

Arrivato il momento giusto, il biondo tentò in modo impacciato di fare una specie di “discorso d’introduzione” della band, anche se – in realtà – non serviva a molto, dato che erano una band di fama mondiale, ormai.  «Siamo i 5 Seconds Of Summer» cominciò, e, immediatamente, si levarono applausi ed urla di approvazione talmente forti che Luke non riusciva a continuare. Si lasciò scappare una risata divertita, guardando i suoi amici, che avevano avuto esattamente la stessa reazione.
«Non credo che ti lasceranno parlare, amico.» disse Ashton, facendo ridere un po’ tutti.
Luke aspettò che la gente finisse di ridere, e continuò il suo discorso, parlando brevemente di quello che avrebbero fatto quel giorno a breve.



E mentre Luke continuava col suo discorso, Ashton continuava a scrutare la folla, e a perdersi nei suoi pensieri.

Per Ashton, proprio come per Luke, era ancora strano essere una band “famosa”.  Era strano vedere le proprie fans, i propri album, le proprie canzoni inedite alla radio, le proprie date diventare “sold-out”.
Era strano vedere come, il suo sogno, da una semplice ambizione era diventata piano piano realtà.
Il sogno di Ashton era sempre stato riuscire a sfondare nel mondo della musica, rendere la sua più grande passione un lavoro, farsi conoscere, stare a contatto con la gente, cantare, suonare e fare musica, perché in quello aveva un talento naturale.

Ashton avrebbe fatto il suo lavoro per tutta la vita.
Nonostante la fatica, la sveglia presto la mattina, le interviste ed i paparazzi, i pregiudizi, gli insulti e tutti i “raccomandati!” che ricevevano, Ashton credeva che ne valesse davvero la pena.


Ashton, proprio come i suoi tre migliori amici, non avrebbe voluto cambiare nemmeno un briciolo della sua vita, poiché la considerava davvero perfetta.


Ma, quel giorno, qualcosa era cambiato.
C’era qualcosa, o meglio, qualcuno, che aveva completamente stravolto i suoi piani.
Qualcuno che aveva fatto scattare uno strano meccanismo nel suo cervello ed una strana sensazione nel suo cuore.

Per la prima volta dopo parecchio tempo, Ashton si ritrovò a voler amare ed a voler essere amato.


Forse era quello il famoso colpo di fulmine di cui tutti sempre parlano?
Forse era quella la sensazione che si provava quando si parla di amore a prima vista?


Ashton non conosceva le risposte alle sue domande. Sapeva solamente che, nell’amore a prima vista, proprio non ci credeva.

Ma qual giorno qualcosa era cambiato, ed Ashton si ritrovò a crederci, nell’amore a prima vista, nonostante quello che provasse per la ragazza di cui non sapeva neppure il nome non si poteva di certo definire “amore”.


Lasciò perdere i suoi pensieri e le sue riflessioni, tentando di concentrarsi sul discorso che Luke stava facendo, del quale non aveva seguito nemmeno una parola. Si accorse che Calum, per qualche strano motivo probabilmente legato al discorso, aveva cantato una piccola frase di “She looks so perfect”, per poi farla continuare alle fans.  
«Would you wanna run away too?»
«’Cause all I really want is you!» urlarono le ragazze di rimando, ed i quattro componenti della band risero divertiti, proprio come le fans.


Ashton si concentrò sulle parole che le ragazze avevano cantato.
Perché, nonostante fosse li, con i suoi migliori amici, la sua cassa per suonare, ed una folla pronta a sentire le loro canzoni, tutto ciò che voleva realmente in quel momento era lei.


 
 

Note d'autore~
Spero che la caramellosità di Ashton vi abbia addolcite perchè, proprio come lo scorso capitolo, anche questo mi fa davvero vomitare çwç

Perdonatemi, è davvero brutto :c

L'incontro tra Ash e Alex avverrà nel prossimo capitolo, non preoccupatevi, non c'è da aspettare molto ;)
Scusate se ho aggiornato così tardi, ma ero in un luogo in cui internet è più inesistente del molise in un programma dedicato alle previsioni del meteo.
Insomma, i molisani non sanno mai che tempo fa! çwç
No, okay, sto seriamente impazzendo. E' colpa di Irwin, e del suo sorriso. Voglio abbracciarlo, basta. Oddio, piango. çwç

Volevo ringraziare tutte le anime pie che hanno recensito la storia, dalla prima all'ultima, siete davvero deliziose e le vostre recensioni sono davvero importanti, per me.
Ringrazio anche chi legge silenziosamente, e ringrazio i 5Seconds Of Summer per avermi dato una ragione in più per sorridere la mattina, appena mi sveglio.♥

Okay, loro non leggeranno mai questo ringraziamento, ed è tristissimo çwç
Comunque, vi auguro tanti unicorni ed una buona "fine-domenica" :)
Jade~♥

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Capitolo 6
*** 5. Infinity ***




Credi nell'amore a prima vista?
 

5. Infinity
Ed ero presente, davvero. E questo mi è bastato
per farmi provare quella sensazione di infinito”

-Ragazzo da Parete, Stephen Chobsky

 
Le prime note di “Wake me up when september ends” dei Green Day risuonarono nella testa di Ashton, facendolo sorridere appena.

Di solito non cantavano mai quella canzone nelle esibizioni live, ma quella volta avrebbero fatto un’eccezione.


Quella canzone era una delle prime che avevano cantato assieme.
Una delle loro prime canzoni da band.

Era una di quelle canzoni che avevano provato nel piccolo garage di Michael, in quei primi giorni in cui Ashton era entrato a far parte dei 5 Seconds of Summer.
Quei primi giorni in cui, all’inizio, si era sentito davvero a disagio. Forse per essere l’unico ragazzo che non giocava a Fifa, o per essere il più grande, ma soprattutto per essere “quello nuovo” del gruppo.
Quei primi giorni in cui, dopo il disagio iniziale, era riuscito a legare con i tre ragazzi, che in men che non si dica, erano diventati i suoi nuovi migliori amici.


Ashton si concentrò sulle note della canzone e, al momento giusto, cominciò a tamburellare le sue dita sulla cassa, rilassandosi leggermente grazie al suono che essa produceva.


Quella canzone per loro stava a significare tante cose.
Era un’insieme di emozioni incredibili, era il loro piccolo segreto.
Era quella canzone che – fino a quel momento – era rimasta chiusa nel loro piccolo garage, senza essere mai stata ascoltata da un pubblico.


Ma quello, per tutti, era un giorno speciale.
Era il giorno in cui i 5 Seconds Of Summer avevano deciso di “festeggiare” i loro risultati.
Erano stati nominati per i VMA’s awards, ed il loro album era diventato primo nelle classifiche di paesi come l’Italia, che avevano visitato qualche tempo prima.
Paesi incredibilmente distanti dall’Australia, paesi di cui a stento sapevano la capitale o la collocazione geografica.
Paesi in cui non avrebbero mai immaginato di fare un tour.

Quel giorno era speciale, perché – dopo una serie ininterrotta di interviste, concerti ed esibizioni – erano finalmente tornati a casa.


Ed i loro risultati, il loro ritorno a Sydney, la loro felicità, meritava di essere “celebrata”.

Ma non con una bottiglia di Champagne in una suite d’hotel, come facevano tutti gli altri cantanti famosi, ma con una di quelle giornate che loro amavano definire“come ai vecchi tempi”.


Un po’ come quando i loro video raggiungevano più visualizzazioni delle aspettative.

Esibizioni all’aperto, foto con quelle che un tempo erano poche fans, pomeriggi interi a cantare e suonare nel garage, questi erano i loro “festeggiamenti”.

Strimpellavano qualcosa dei Green Day, dei Blink 182, e di altre grandi band che loro ammiravano.

E mai avrebbero pensato che, un giorno, sarebbero riusciti a suonare le loro canzoni inedite in pubblico.
Sembrava ancora un sogno, per i quattro, e cantare quella canzone significava davvero molto per loro.


Si sentiva tutto l’amore che metteva Calum, nella prima strofa della canzone.
O magari – pensò Ashton – è solo una mia impressione.


Il pubblico sembrava apprezzarla, arrivati al primo ritornello, ed Ashton si ritrovò nuovamente ad osservare tutte quelle persone.
Alcune mimavano le parole della canzone con le labbra, altre riprendevano con delle telecamere, altre commentavano a bassa voce, altre ridacchiavano per qualche svariato motivo.

Ma Ashton si accorse che non gliene importava più di tanto, perché stava di nuovo pensando a lei.


Pensava a lei, magari tra le ragazze del pubblico, tra le prime file, sorridente.
Pensava a lei, immaginando i suoi occhi grigi puntati su di lui.
Pensava a come sarebbe stato bello poter tentare di attirare la sua attenzione, sorriderle, o semplicemente osservarla per tutta la durata dell’esibizione.



Ed il ritornello della canzone era passato, proprio come la seconda strofa cantata nuovamente da Calum.


Un mare di adolescenti, alcune bambine più piccole, e persino qualche adulto. Non c’era niente di diverso nella folla, era sempre la stessa, ed Ashton aveva persino imparato a memoria la posizione di qualche ragazza.
Erano davvero numerose le persone che erano li, attorno a loro.


Ma Ashton avrebbe potuto riconoscere quella ragazza anche in mezzo al triplo di quelle persone.

E, proprio quando quel pensiero balenò nella sua testa, notò – tra tutta quella gente – un paio di converse color vinaccia.
Ma non furono quelle, a fargli alzare di scatto lo sguardo, ma la fasciatura che si intravedeva attorno alla caviglia.

Il suo sguardo si posò in fretta sul viso della ragazza, incorniciato dai suoi capelli color caramello, illuminato da uno splendido sorriso.
Un sorriso da cui traspariva tutta l’emozione che stava provando, tutta la felicità, l’incredulità e la sensazione di contentezza che aveva nel petto, all’altezza del cuore.


Guardò incredulo la ragazza, come se fosse solamente frutto della sua immaginazione.
Non poteva credere che fosse davvero li, a qualche metro di distanza da lui.
Ma Ashton non aveva idea di quello che stesse provando lei, di tutti i pensieri che si scontravano nella testa, di tutte quelle sensazioni troppo forti da provare tutte assieme.
Come quella di credere che sia tutto un meraviglioso e bellissimo sogno.

Eppure, anche Ashton aveva la stessa sensazione.
Vederla, dopo averla aspettata così tanto.

E per “tanto” non si intende “tanto tempo”, perchè il tempo non contava, in quella situazione.
Contava solo quanto desiderasse vederla.


E, fissandola con un sorriso da ebete sulle labbra, la ragazza si avvicinava ancora e ancora, fino ad arrivare tra le prime file.

Era maledettamente vicina a lui, per la seconda volta nella stessa giornata, ed Ashton non potè far a meno di pensare all’episodio della mattina stessa.
Doveva scusarsi, farsi perdonare. Magari poteva offrirle un caffè, oppure un cappuccino, dato che quella mattina aveva distrutto i suoi.

Guardandola, Ashton sentì il cuore farsi più leggero, e mille farfalle vorticargli nello stomaco.
E sapeva che avrebbe dovuto smettere di fissarla, ma proprio non ci riusciva.

Perché per Ashton non c’era altro che lei, il suo sorriso, e quella lacrima di gioia che era scesa lungo la sua guancia.
E lui avrebbe voluto lasciare la sua cassa, e la sua esibizione, per correre ad abbracciarla ed asciugarle quella lacrima.
Voleva correre da lei, e dirle che la considerava la ragazza più dolce che avesse mai visto.
E voleva dirle che nella sua mente non c’era che lei e l’immagine della sua mano leggermente tremante che aveva salutato Luke, non appena lui aveva compiuto lo stesso gesto nella sua direzione.


In pochi attimi, Ashton si ritrovò a sorridere come non aveva mai fatto.
Si scambiò uno sguardo complice con Michael, ed il ragazzo ebbe la conferma di ciò che era successo.

Aveva giù intuito qualcosa, dai suoi comportamenti: insomma, Ashton aveva fissato una persona in particolare tra la folla, seguendola con lo sguardo, ed aveva cominciato a sorridere come un ebete, era palese!


Il ragazzo in questione, nella seconda parte della canzone, sembrava una persona totalmente diversa da quella ansiosa e strana che era qualche minuto prima: era sorridente, solare, felice.

Era davvero felice, era l’esempio vivente della felicità.

E la sua felicità era speciale, contagiosa e soprattutto sincera.

Perché Ashton sapeva trovare il positivo in qualunque cosa, e sapeva sempre esserne felice.
Esserne pienamente felice, esserlo al cento per cento, esserlo con ogni singola cellula del suo corpo.

E per lui, la sua felicità, proprio come tutto ciò che si poteva definire “suo”, andava condivisa.

Era per questo che Ashton cercava di far sorridere quella ragazza che tanto l’aveva affascinato. Voleva semplicemente farla essere felice, condividere la sua felicità con lei, e farle provare quella sensazione che aveva avuto lui non appena l’aveva vista.

Era per questo che Ashton cantava qualche assolo in modo divertente, o si muoveva a tempo in modo buffo, o faceva di tutto per far sbagliare i suoi amici nei loro assoli.


Scatenò centinaia di risate, persino da parte dei freddi Bodyguard, o dagli adulti “obbligati” dalle loro figlie a restare li.



Terminata la canzone, i ragazzi vennero sommersi d’applausi.
Applausi che tutti e quattro amavano ricevere.
Era pur sempre il loro sogno.

Ed i quattro si lasciarono sommergere dagli applausi, e con uno sguardo d’intesa, allargarono le braccia, tutti e quattro nello stesso momento.
Guardarono il cielo, e scoppiarono a ridere.
Stavano ricevendo gli applausi come se fossero pioggia, pronta ad inzupparli dalla testa ai piedi.

E nessuno, tra il pubblico, sapeva poiché la band stesse in quella posizione a mo’ di “prendere il sole”, poiché quello era un altro dei loro piccoli segreti da garage.

Come quando facevano finta di essere sommersi dagli applausi, alla fine di un concerto nella Wembley Arena, osservando i fuochi d’artificio e gli spalti pieni di persone.


Erano piuttosto ambiziosi, qualche anno prima, ma mai avrebbero immaginato che tutto quello sarebbe divenuto realtà.



E per Ashton furono davvero troppe, meravigliose, sensazioni.
Il ricordi, il presente, i loro risultati, l’essere tornati a casa, la ragazza che lo stava osservando, la felicità, la loro prima canzone “da band”, ed ancora i ricordi.

Troppe cose si erano affollate nel suo cuore, e quasi aveva voglia di piangere per la contentezza.
Era uno di quei momenti in ad Ashton veniva da piangere, pensando a quanto era stato fortunato ad avere degli amici così, e ad avere tutto il resto.
Perché, in quel momento, si era sentito davvero la persona più fortunata al mondo.
Ashton si era sentito infinito.


Ashton tolse gli occhiali da sole, fermandoli sullo scollo della sua t-shirt.
I quattro ragazzi tornarono alle loro posizioni precedenti e, scambiandosi uno sguardo ricco di significato, capirono che tutti e quattro provavano la stessa sensazione di “infinito”.


Il suo sguardo passò dai suoi amici a quella ragazza tanto speciale.

La guardò meglio, nei suoi semplicissimi shorts di jeans e nella sua, se possibile, ancora più semplice t-shirt bianca. La guardò, finchè i loro sguardi non si persero l’uno nell’altro. E quello fu di sicuro il momento più magico dell’intera giornata, per entrambi. Un insieme di sfumature verdi e marroni in un mare di grigio e azzurro.


Ashton aveva visto quel bellissimo sorriso svanire piano piano, venendo sostituito da uno più timido.
Le guance della ragazza si tinsero di rosso, quando lui le sorrise con la stessa timidezza che aveva dimostrato lei.

Ed Alex, in quell’istante, capì che Ashton Irwin stava guardando proprio lei, e non un’altra ragazza.
 
Ashton la vide spostare lo sguardo verso altro, ma qualche istante dopo tornò a perdersi nel suo con lo stesso imbarazzo di pochi secondi prima.


Ed era come se ci fossero solamente loro due, in mezzo al nulla.

Ed Ashton, in quel momento, si sentì nuovamente infinito.

 
 
Note d'autore~
Ciao a tutti :)

Ultimamente si, lo ammetto, sono fissata con le gif di Ashton che ride.
Perchè, detto tra noi, è troppo dolce! çwç

Volevo dire che questo capitolo è "speciale": ho tentato di raccontare ciò che succede dal punto di vista di Ashton. Perchè credo che sarebbe stata una cosa troppo soggettiva descrivere ciò che prova Alex vedendoli, perchè ovviamente descriverei ciò che ho provato io precisamente un mese ed un giorno fa.
Invece ho cercato di descrivere ciò che prova un Ashton piuttosto "immaginario", poichè non credo affatto che una delle loro prime canzoni sia stata "wake me up when september ends" dei Green Day. Ma ho pensato di aggiungerla perchè è grazie a lei che ho scritto il capitolo. E quindi, dato che Alex ha provato migliaia di emozioni diverse ma intense, ho pensato che anche Ashton avrebbe dovuto provarne altrettante.
Per questo ho aggiunto il fatto che la loro esibizione era come "ai vecchi tempi", che la loro prima canzone era stata quella dei green day, che la posa finale era simile alla "pioggia d'applausi" che facevano finta di ricevere nel garage di Mikey nei loro primi giorni da band.
E dato che tutti dicono che Ashton è emotivo, ho cercato di aggiungere tutte queste piccole cose che, messe insieme, l'hanno fatto sentire "infinito".♥

Ed a proposito di "infinito", questo capitolo per me è speciale. Perchè scriverlo mi ha emozionata molto, anche se magari non è uno dei miei migliori. Come avrete notato non ha una canzone dei ragazzi come titolo, ma una citazione di "ragazzo da parete", di Stephen Chbosky, più conosciuto come "noi siamo infinito". (ho comprato e finito il libro ieri, e mi è piaciuto tantissimo. Lo consiglio a chiunque abbia voglia di commuoversi, chiunque si sia sentito "inifinito" almeno una volta e chiunque voglia provare qualcosa di incredibile.♥)

Grazie mille per aver letto fin qui, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio tutte quelle che leggono la storia, tutte quelle che l'hanno aggiunta tra le preferite, le ricordate  o le seguite, e sopratutto chi recensisce ogni capitolo con pazienza e devozione.
Siete importanti, per me, ognuna di voi.

Grazie mille, dunque.

Vi auguro tutta la felicità contagiosa che ha provato Ashton nel capitolo, tutta l'emozione di Alex e tutta la magia che hanno provato guardandosi negli occhi.
Vi auguro di sentire quella sensazione di infinito di cui ho parlato nel capitolo.
Vi auguro il meglio, insomma.

E, per citare "ragazzo da parete", concluderei con un:

 
Con affetto,
Jade
 
 

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Capitolo 7
*** 6. Chance ***




Credi nell'amore a prima vista?
 



6. Chance
“She took a chance and didn't look back:
she was so tired of wishing on the stars.” 

-5 Seconds Of Summer, Social Casualty.

 
Alex si sentì una proprio come un oggetto, in quell’istante. Più precisamente, si sentì come una pallina in un flipper.
Veniva scaraventata da una parte all’altra di quell’immensa folla, e a stento riusciva a capire in che direzione stesse camminando.

Il perché di tutto quell’ammasso di gente? Insomma!, tutte le presenti volevano fare una foto con i 5 Seconds of Summer!
Ed era ciò che stavano facendo i quattro ragazzi, a parecchi metri di distanza da lei.


Ed ovviamente anche Alex avrebbe voluto abbracciarli, poterli avere faccia a faccia, e ringraziarli di persona per tutto ciò che avevano fatto per lei.
Ma, ad Alex, andava bene così. Anzi, andava più che bene. A lei sarebbe andato bene anche vederli di spalle, per pochi attimi, ma avere la consapevolezza che fossero davvero loro.


Alex si sentiva già troppo fortunata, e doveva metabolizzare tutto. Ed aveva ancora paura di svegliarsi nel suo letto, nonostante i pizzicotti non l’avessero svegliata, nonostante sapesse che era tutto vero.


E la consapevolezza di aver realizzato il proprio sogno era improvvisamente balenata nella mente di Alex, ma lei proprio non riusciva a crederci.
E la sua mente, ormai, non ragionava più. Era il suo corpo a muoversi, senza consultare il cervello.

E le veniva da piangere per la gioia, perché era tutto maledettamente straordinario.
E si sentì felice, fortunata, ed ancora felice.

Si sentì la persona più felice al mondo.

Ed aveva ancora il sorriso stampato sulle labbra e le guance umide, mentre avanzava distrattamente tra le persone.
Si aggiustò meglio i capelli, si sistemò gli occhiali da sole e controllò che avesse ancora la borsa in spalla ed il telefono in tasca. Sentì i continui tentativi da parte delle altre ragazze di attirare la loro attenzione.
Sentì il respiro mancarle, poiché la folla si faceva sempre più numerosa ed opprimente. Ma non poteva mollare, non poteva abbandonare un’opportunità del genere.

Ma non perché li volesse vedere a tutti i costi, o perché non le bastasse ciò che aveva visto nelle due ore che si erano appena concluse, ma semplicemente per il fatto che era un’opportunità che non poteva lasciarsi andare.


Ma, nel giro di cinque minuti, Alex si ritrovò ai margini della folla, sul lato destro, dopo aver ricevuto parecchi spintoni.


Riuscì a prendere un po’ d’aria, quando si allontanò dalla folla.
Si sedette a terra, osservando quel fiume di gente. Si chiese come avrebbe potuto avanzare tra tutte quelle persone.
Prese aria lentamente, per placare quella sensazione di oppressione che aveva provato in mezzo alla folla.

Era sfinita.

E voleva quasi arrendersi e allontanarsi da li, poiché a lei andava già bene così.


Ma i suoi quattro angeli, Calum, Luke, Michael ed Ashton, erano davvero poco distanti da lei, e non li avrebbe mai più rivisti in futuro. Non avrebbe mai più potuto incrociare quegli occhi verdi come l’erba appena tagliata, come le foglie degli alberi in estate,  ma – allo stesso tempo – marroni come la terra o come il cioccolato.
Quegli occhi che – giuro che non è stata un’allucinazione!, pensò – avevano incrociato proprio i suoi, più volte, nella stessa giornata.


Fu quello a convincerla. Fu quello a farle venire il coraggio di addentrarsi nuovamente tra tutte quelle persone. La possibilità di riuscire, per un ultima volta, ad incrociare i suoi occhi. O magari di sorridergli, o di salutarlo con la mano, o di mimargli un “grazie” con le labbra.

Può darsi che si ricordasse di lei, e del fatto che si fossero scontrati quella mattina.

Non viaggiare troppo con la fantasia, Alex.



Si alzò e corse velocemente verso la folla, per recuperare il tempo perso qualche minuto prima.
O la va, o la spacca! Si era detta, addentrandosi nella folla. E non le importava se fosse una cosa stupida, o una cosa da sognatori.
Lei doveva prendere quell’occasione al volto, crederci fino in fondo, e smettere di essere sempre quella seduta in panchina.
Doveva almeno tentare, poiché ne sarebbe valsa la pena, in ogni caso.
Doveva almeno provarci, in modo che – se non ce l’avesse fatta – una volta tornata a casa, sarebbe stata felice di averci provato, al posto di rimpiangere il fatto di essere partita già sconfitta.


E fu per questo che Alex, con una nuova speranza nel petto, si fece spazio per tre minuti abbondanti tra gomitate involontarie, spintoni e persone incollate l’una all’altra.
Avanzava piuttosto velocemente, e benedì il suo essere piccola e svelta, cosa che di solito non amava di lei.


E, ancora con i brividi sulle braccia e l’emozione a mille, si accorse di essere nuovamente vicina a loro.
Riusciva a scorgere i capelli blu di Michael, che le sembravano sempre più vicini.
 
Ma lei era sempre come una pallina di un flipper, e veniva ancora spinta di qua e di la come una piuma.


Ed in un attimo, a stento se ne accorse, i suoi occhiali da sole erano a metri di distanza da lei, poiché una gomitata involontaria l’aveva colpita in pieno viso, facendo volare la montatura.
Ignorò il leggero dolore allo zigomo e, sconsolata, si allontanò dal suo obbiettivo per recuperare i suoi preziosi occhiali.



Maledì per l’ennesima volta chiunque avesse fatto volare i suoi occhiali e, ad un certo punto, non li vide più.
«Porca di quella miseria!» imprecò. Niente da fare Alex, hai perso. Sia gli occhiali, sia la possibilità di vederli.
 
I ragazzi, infatti, stavano facendo delle foto con tutta la folla, dicendo che – non appena avessero ritrovato Michael, il quale era misteriosamente "sparito", – se ne sarebbero andati. 

Ed Alex trovò dolce la tristezza negli occhi di Calum, quando si era ritrovato a dire quelle parole.
Poiché nonostante fosse evidentemente sfinito, nonostante volesse tornare a casa, lui avrebbe preferito restare li per tutta la mattinata a scattare fotografie e firmare autografi.



«Cercavi questi?» una voce attirò l’attenzione di Alex. La ragazza non fece nemmeno in tempo ad accorgersi della strana familiarità della voce,che davanti comparirono i suoi occhiali da sole.
«Oh mio dio grazie! Li cercavo da ore e…» cominciò, afferrandoli e – non appena alzò lo sguardo per guardare il ragazzo che aveva raccolto i suoi occhiali – le parole le morirono in gola.

Quei capelli blu, che qualche minuto prima le parevano piuttosto vicini, adesso erano davvero vicini.
E lei aveva parlato con Michael Gordon Clifford per la durata di un paio secondi senza nemmeno accorgersene, ed ora lo aveva davanti a lei, in tutta la sua bellezza.
E nessuno se n’era ancora accorto, troppo occupati a posare per la foto che Calum stava facendo alla folla.


Sul volto di Alex si aprì un bellissimo sorriso, nonostante una lacrima aveva appena cominciato a scorrerle lungo la guancia.
«Ciao!» disse lui, per spezzare la tensione. Era così felice di averla trovata. Ashton l’avrebbe ringraziato a vita.
«I-io…» Alex non sapeva davvero cosa dire. Mille pensieri le invasero la mente, e c’erano così tante cose che avrebbe volute dirgli che non riusciva a formulare una frase di senso compiuto.
Era intrappolata da quegli occhi in cui si era persa migliaia di volte, ma era talmente diverso vederli da così vicino. Alex, se possibile, sorrise ancora di più.
«Vuoi un abbraccio?» chiese lui, sorridendole, aprendo le braccia.

Alex rise, prima di fiondarsi tra le sue braccia, stringendolo come se come se non dovesse più esserci un domani.
«Che abbraccio, piccola!» ridacchiò lui, mentre le accarezzava la schiena.
Alex era in punta di piedi, ed aveva avvolto le proprie braccia attorno al collo del cantante.
Ed il suo profumo, la sua risata, il suo modo di stingerla a se, la fecero sentire la persona più fortunata al mondo.

E riuscì a sentirsi, se possibile, ancora meglio di prima.
Erano successe decisamente troppe cose, in quella giornata, troppe emozioni da vivere assieme.

E quelle emozioni stavano scivolando lungo le guance di Alex, sottoforma di lacrime silenziose.

Michael aveva sciolto pian piano l’abbraccio, sorridendo dolcemente, non appena la vide.
«Dai, non piangere, non voglio vederle quelle lacrime» disse, accarezzandole le guance umide.
«E’ pura felicità, Michael.» riuscì a dire, sforzandosi di smettere di piangere. «Ed i-io… v-volevo ringraziarti.» disse, quasi sussurrando.
«E di cosa, piccola?! Sono io che devo ringraziare te per essere venuta a vederci.» Alex rise leggermente all’affermazione di Michael, cercando di metabolizzare il fatto che lui fosse davvero di fronte accanto a lei.
«No, sono io che devo ringraziare te… per aver recuperato i miei occhiali da non so dove, per avermi salvato la vita, per essermi stato accanto e per avermi fatta sorridere quando il mondo mi crollava addosso. Hai fatto davvero tanto per me, davvero. Grazie.» aveva cominciato di nuovo a piangere, ma, insomma!, aveva un’ottima ragione per farlo! Ed in quel momento Alex sperò solamente di aver trasmesso a Michael almeno un briciolo di tutto l’amore con cui pronunciava quei “grazie”.
«Ehy, non far piangere anche me.» ridacchiò lui, stringendola di nuovo a se. «Sei davvero troppo dolce, grazie, davvero.»

Alex fu colta alla sorpresa da quel secondo abbraccio. Ed improvvisamente si ritrovò con la testa appoggiata sul suo petto e le mani attorno ai suoi fianchi. Lo strinse a se, inspirando il suo profumo.
Era diverso da come lo immaginava, ma le piaceva  tantissimo.
E chiuse gli occhi, sorrise e cercò di memorizzare ogni singolo istante passato con lui.
«Vieni, ti porto dagli altri.» sussurrò, prendendola per mano.
«G-gli altri?»
«Si, hai capito bene. Ma voglio prima sapere il tuo nome, dato che tu conosci il mio.»
«Alex.» sussurrò lei, confusa. Fissò ancora incredula il ragazzo che la teneva per mano, molto più alto rispetto a lei, con i capelli che al sole assumevano un colore simile al turchese.
Sentì il calore della mano del ragazzo intrecciata alla sua, il rumore del suo cuore che batteva sempre più velocemente, le grida di eccitazione delle ragazze per l’ennesima foto di gruppo che stava improvvisando la band a pochi metri da lei.

E, mentre Alex cercava di rendersi conto se fosse tutta una sua incredibile allucinazione, Michael si convinceva sempre di più che Alex ed Ashton fossero due nomi perfetti, insieme.


Note d'autrice ♥
devo per caso smetterla con queste gif? Si, dovrei, o altrimenti le persone muoiono, qui.
Me in primis.

Questo capitolo è piuttosto normale(?), no okay, sapete che io ho un autostima inferiore alla voglia di Michael di smettere di tingersi i capelli, quindi devo smetterla di dirvi che ne penso del capitolo.
Poi volevo cambiare un po' la parte grafica(?) della storia, ad esempio voglio mettere i titoli delle frasi delle canzoni da cui è tratto il capitolo... :)
Poi volevo dirvi che ho creato un account di facebook, in modo da poter essere aggiornate sulle mie storie o parlare con me del più e del meno, ma anche delle cose importati. Chiunque voglia una mano, o voglia dire qualcosa, io sono qui per te! ♥
Ash che suona la batteria è dannatamente sexy, quindi devo smettere di fissarlo.
E, per i fan di Harry Potter, mi farebbe piacere che leggeste questa One Shot su Scorpius e Rose, la quale potrebbe diventare una long, se a qualcuno piace l'idea di fondo: "Il profumo dell'Amortentia". ♥


Che dirvi?! Spero che lasciate una recensione col vostro parere qui sotto :)
Spero che la storia vi sia piaciuta, grazie per aver letto fin qui. ♥

Love ya, thank you so much.

Jade~♥

 

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Capitolo 8
*** 7. I don't know why ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
 
7. I don’t know why
“Everytime I see you I don’t know why my heart begin to race…
everytime I leave you I don’t know why my heart begin to break”

-
5 Seconds Of Summer, Voodoo Doll

 

Lo sguardo di Ashton vagava distrattamente tra la folla. Si sentiva in un continuo Deja-vu. Ormai aveva persino memorizzato la sequenza delle persone in fila.
Osservava la folla proprio come faceva qualche ora prima. Con la stessa strana ansia nel petto e le farfalle nello stomaco.
Avrebbe fatto qualunque cosa per riuscire a vedere di nuovo quelle converse color vinaccia.


Ashton guardò Calum, mentre scattava una foto. Ora la stava mostrando a Luke, sorridendo e, un attimo dopo, aveva guardato la folla esclamando felicemente di essere venuto bene.
Il batterista rise di gusto, assieme a Michael – che era seduto proprio accanto a lui – e riuscì persino a sentirsi più rilassato.
E per i minuti successivi non potè far altro che pensare di avere gli amici migliori di sempre.



Non aveva idea del perché tre ragazzi d’oro come loro fossero capitati proprio a lui. Benedì il giorno in cui aveva preso coraggio e fatto l’audizione. Pensò che senza quei ragazzi, senza la band, non sarebbe stato l’Ashton che era adesso, non avrebbe vissuto una vita come quella che aveva adesso.
Ma non si riferiva alla fama, ai soldi o al successo. Si riferiva al fatto che, senza quei tre, non avrebbe mai conosciuto il significato della parola “amicizia”.
La vera amicizia, quella che si dimostra nei piccoli e nei grandi gesti, in ogni occasione, in ogni sguardo ed in ogni parola. Quella che, nonostante qualche alto e basso, torna più forte di prima. Quella che, Ashton, considerava più importante della sua stessa vita.
Ed i suoi amici c’erano sempre, per lui. E c’erano anche quando Ashton diceva di non aver bisogno di aiuto. Perché loro conoscevano Ashton quanto lui conoscesse se stesso.
E si erano sempre detti tutto, qualunque cosa, anche le cose più strane, anche quelle più assurde. Condividevano tutto. Le ansie, le paure, i momenti di gioia e quelli di tristezza.

Si capivano al volo, erano uniti e si volevano bene. Erano perfetti, insieme. L’uno completava l’altro.

E non avevano vergogna di ammettere di volersi bene più di quanto ne volessero a se stessi. Non l’avevano mai considerata una “sentimentale cosa da femminucce”.



Ed Ashton, quel giorno, aveva avuto l’ennesima conferma che la loro amicizia era più forte di qualunque altro.
Glielo stavano dimostrando Calum, Luke e Michael, proprio in quell’istante.
Proprio mentre lui osservava la folla, ripensando a quello che era successo qualche decina di minuti prima.

 
Calum e Luke proprio non riuscivano a capire perché Ashton volesse rimanere per così tanto tempo a scattare foto e firmare autografi. Se ne sarebbero dovuti andare un ora prima, ma lui aveva insistito per l’ennesima volta di restare li ancora per “dieci minuti”. Ed Ashton, anche quella volta, aveva rivolto uno sguardo di supplica a Michael, e lui l’aveva appoggiato, insistendo per rimanere. Ed il cantante ed il bassista lo stavano per accontentare per l’ennesima volta, perché in fondo, non gli costava nulla, anzi, gli faceva piacere restare ancora un po’.
Ma proprio non riuscivano a capire il perché dello strano comportamento di Ashton, che andava avanti da quella mattina.

 
Ed il ragazzo continuava a ripetersi nella mente che prima o poi sarebbe arrivata. Prima o poi sarebbe riuscito a scorgerla tra la folla, e ad incrociare il suo sguardo, per un’ultima volta. E magari sarebbe anche riuscito a sorriderle, o a salutarla con la mano. Voleva lasciarle un bel ricordo di quella giornata, per l’ultima volta.
Ed Ashton si era sentito davvero stupido a voler restare li per una ragazza di cui non sapeva il nome. E magari a lei era tornata a casa per pranzare, dato che ormai era ora di pranzo.


Dopo uno sguardo di intesa Calum e Luke si erano messi davanti a lui, con sguardo piuttosto severo, chiedendogli spiegazioni con gli occhi.
Ed il biondo abbassò lo sguardo, imbarazzato, incapace di dire qualcosa. E Michael giurò di averlo visto arrossire. Ed Ashton non si era mai vergognato di qualcosa, davanti a loro. Ne tantomeno era mai arrossito. Insomma!, erano i suoi migliori amici! Erano come dei fratelli, per lui!
Eppure proprio non riusciva a dire cosa provasse per quella ragazza. Perché, forse, nemmeno lui capiva con esattezza cosa provasse per lei.
E dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio: «Ash si è innamorato», aveva sussurrato Michael.
E Calum e Luke, un attimo dopo, avevano addolcito lo sguardo. Ed avevano evitato di fare le solite battutine sarcastiche, poiché avevano notato che stavolta era diverso.
Avevano notato che quella ragazza avesse totalmente sconvolto i piani di Ashton, anche se non avevano la minima idea di chi fosse, ne di come si chiamasse. Sapevano solo che era in mezzo alla folla, e questa era la cosa più importante.


Loro avevano compreso subito ciò che provava, senza aggiungere niente, senza fare domande.
Ed ora, ora che Ashton era seduto sulla sua cassa, accanto a Michael, nervoso, con una folla infinita di persone attorno e due dei suoi migliori amici alle prese con milioni di “Selfie”, non potè far altro che pensare di avere degli amici fantastici.
Perchè loro stavano intrattenendo il pubblico proprio per lui. E stavano “sprecando” il loro tempo per lui. Per far si che vedesse una ragazza.

Ashton considerava la faccenda tremendamente assurda, ma anche dolce. Si, era davvero dolce, da parte dei tre, fare qualcosa del genere per lui.

E la voce di Michael continuava a ripetersi nella sua testa ininterrottamente.

“Ash si è innamorato”.

Era vero? Era davvero definibile amore quello che provava per lei?

Eppure si sentiva perso,quando non la vedeva. Ed aveva sentito una voragine al posto del cuore, quando l’aveva vista piangere. E si era sentito una persona orribile, vedendo la fasciatura che aveva alla caviglia. Ma si era sentito anche incredibilmente bene, quando aveva incrociato il suo sguardo, quando le aveva sorriso, o semplicemente quando la aveva di fronte a lui.

Forse, quello che provava per lei, era davvero quell’attrazione strana che la gente chiama amore a prima vista?


Ashton non aveva nessuna risposta, a quelle domande.
Aveva un’unica certezza, una sola. Ogni volta che la vedeva, non sapeva spiegarne il motivo, sentiva che il suo cuore cominciasse a correre, fare capriole e saltare nel petto come se stesse impazzendo.
Ed ogni volta che lei se ne andava, lui si sentiva immensamente vuoto.

«Ash!» esclamò Michael all’improvviso. «Ash l’ho vista!» sorrise, entusiasta.
«Dove?» il batterista parve illuminarsi. I suoi occhi brillavano di una luce nuova, ed il suo sguardo si era subito poggiato nella direzione in cui stava guardando l’amico. Un lieve sorriso si aprì sul suo volto, fino ad espandersi in uno dei suoi soliti sorrisi a trentadue denti.
E Luke e Calum non ci misero molto a capire ciò che stava succedendo. Ed annunciarono che a breve sarebbero andati via, e che quelle erano le ultime foto della giornata.
«Vado da lei, la porto qui. Promesso.» disse Michael, serio, alzandosi. «Oggi la vedrai di nuovo, Ash, tant’è vero che mi chiamo Michael Gordon Clifford.» corse via.
E, sentendo il suo secondo nome pronunciato da lui, Ashton capì che l’amico era davvero serio.

Ed il sorriso si allargò ancora di più sul suo volto.
Ed Ashton corse accanto ad i suoi amici, per scattare insieme quelle ultime foto, e per dimostrargli tutta la sua gratitudine.
Ed il suo sorriso era contagioso, ed in quelle foto sembrava persino che anche il sole sorridesse.
E si erano abbracciati, subito dopo le ultime foto.

Ed Ashton aveva avuto la milionesima conferma di avere gli amici migliori che potessero capitargli sulla faccia della terra.


Note d'autrice ♥
Ciao, aw.
Mia mamma è pazza, ed ha organizzato delle vacanze all'ultimo minuto, quindi devo pubblicare il capitolo all'ultimo minuto. Non l'ho ricontrollato bene, quindi scusate eventuali errori, scusate se il capitolo fa schifo, scusate se ho aggiornato tardi.
Spero che vi sia piaciuto, proprio come la quotidiana (?) gif spaccacuore di Irwin qui a sinistra, che poi sorride come un qualcosa di troppo dolce ed aiuto io non ce la faccio, devo abbracciare quel ragazzo oddio :( çwç  uioedhfvo ♥

Va bene, lo sclero. ma guardate i suoi occhiali  e poi chiude gli occhi oddio. Ringraziate queste gif, sono loro che mi fanno scrivere aw.
AHAHAHAH, no vabene, sto impazzendo.

Ringrazio tantissimo chi ha recensito questa storia, perchè ho ben 43 recensioni, e per me sono davvero tante, e vi voglio così tanto bene *^* ♥ No, vi amo, tutti, basta. Quindi, ringrazio Marianne, Yeli, Letizia, She loves writing, Giada, Nike_Blazer_Malik_22, Greta, Alice e tutti quelli che l'hanno aggiunta tra le seguite, le preferite o le ricordate.
In più, ricordatevi che sono su  facebook, e che, per i fans di Harry Potter, c'è una One Shot comunemente chiamata(?) "Il profumo dell'Amortentia". ♥

Jade~♥

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Capitolo 9
*** 8. So out of reach ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
 
8. So out of reach

 
“But here's something that you should know: She’s so out of reach.”
-5Seconds Of Summer, Try Hard.


Michael Clifford stringeva un panino in una mano ed il suo I-phone nell’altra.
Ashton gli aveva mandato uno dei suoi chilometrici messaggi, uno di quelli che gli riservava solo quando era nervoso. C’era scritto di ciò che gli era successo qualche minuto prima, quando la folla aveva cominciato a sparpagliarsi ed essere incontenibile. In effetti, qualche ragazza si era inevitabilmente accorta della mancanza di Michael, e molte lo avevano persino visto, nonostante fosse piuttosto nascosto. La folla sembrava essersi raddoppiata e, mentre i bodyguard cercavano di tenerle testa, Michael aveva incontrato lo sguardo del batterista per due attimi e, dopo aver preso Alex per mano, era semplicemente corso via. In effetti la sua idea di andare da lei, a qualche metro di distanza dalla folla, non era stata molto intelligente. Ma aveva fatto una promessa ad Ashton e Michael Gordon Clifford mantiene sempre le sue promesse, soprattutto se si tratta del suo migliore amico.

«Sembra che la folla sia impazzita» aveva detto Michael, a bocca piena, riassumendo in poche parole ciò che Ashton aveva scritto in cinque pagine di messaggio.

Alex non era riuscita a trattenere una ristata.

«Lo trovi divertente?» chiese nuovamente lui, facendola ridere ancora di più. Ingoiò il boccone. «Ho capito, io sono divertente»

Adesso anche Michael rideva di gusto.

Era davvero felice, in quel momento. Gli altri sarebbero arrivati a breve, e sia Alex che Ashton ne sarebbero stati più che felici.
Ed era la loro felicità che lo rendeva così fiero di se stesso. Perché si, Michael, guardando Alex, si sentiva davvero una bella persona. Non aveva idea del come mai quella ragazza tenesse così tanto a lui, non aveva idea di quanto lui potesse essere importante per lei, ma era contento di averla abbracciata, di averla resa felice, di averle dato qualcosa di speciale.
Insomma, anche lui aveva degli idoli, aveva una minima idea di come ci si potesse sentire. Ma essere l’idolo di una persona era davvero una cosa strana per lui, nonostante questo succedesse da qualche anno, ormai.
E chiunque avrebbe potuto notarlo: Alex era davvero la persona più felice al mondo. Michael l’aveva capito grazie a quella luce che aveva negli occhi e a quel sorriso che stava spuntando sempre più spesso sul suo viso. La ragazza era riuscita a calmarsi un po’, nonostante fosse chiaro che non si era ancora abituata ad averlo accanto.


Michael continuò a mangiare il suo panino, e a leggere tutta la sfilza di domande che gli stava ponendo Ashton. A volte sembrava una mamma premurosa. Ma era giusto preoccuparsi, dopo essersi persi, con una folla del genere. C’erano le varie domande – le classiche “dove sei?” e “stai bene?” – nel messaggio, ma ce n’erano moltissime che chiedevano di Alex. Se se ne fosse andata, se stesse ancora li, se fosse a suo agio, se si era spaventata per la folla, che tipo era, se fosse simpatica, gentile e timida, o se invece sicura di se, sfacciata e casinista.
Michael non riusciva proprio a smettere di ridere, dato che la sesta e la settima pagina del messaggio erano tutte dedicate di nuovo alle domande “da mamma”. Ed immaginava un Ashton tutto nervoso, dietro al telefono, che aspettava una risposta torturandosi le dita.  

Michael tese il proprio panino ad Alex, chiedendole se ne volesse un morso. Lei gli sorrise e lo afferrò, staccandone un pezzo con le dita. Il chitarrista notò che le tremavano le mani. La considerò una cosa davvero dolce. In effetti la ragazza stava tremando come una foglia, nonostante non facesse freddo. Si sentì quasi in colpa, Michael, poiché voleva che lei si sentisse a suo agio. Non aveva ancora ben capito se la sua presenza la rendesse solamente nervosa ed imbarazzata, o se invece le facesse provare qualcosa di positivo.


Il ragazzo le sorrise, prima di posare di nuovo lo sguardo sul suo telefono. C’erano cinque nuovi messaggi da parte di Ashton, in cui diceva di aspettare impazientemente una risposta. E l’ultimo, il più divertente, era scritto tutto in maiuscolo, e chiedeva se fossero ancora vivi. Michael rise di gusto, e – rispondendo a metà delle domande di Ashton con una semplice frase – disse che si trovavano nel solito posto, senza dire nulla su Alex. Voleva che fosse una specie di “sorpresa”.


Il “solito posto” era semplicemente quella parte del parco in cui i quattro si rifugiavano sempre. Vi si rifugiava Michael, da solo, quando ancora odiava Luke. E vi si rifugiava Luke, assieme a Michael, una volta diventati amici. Ed anche Calum, insieme agli altri componenti della sua “band-senza-un-batterista”, amava rifugiarsi in quel luogo. Ed Ashton si sentì parte di quella band, della sua band, quando varcò la soglia di quel posto. un posto tutto loro, che usavano per incontrarsi e parlare dopo la scuola. Ed era rimasto loro quando cominciarono a fare video su YouTube, quando vennero contattati dagli One Direction per aprire i loro tour, quando divennero famosi, quando pubblicarono il loro primo disco, quando vennero nominati per numerosi premi, quando fecero un tour, quando la loro prima tappa divenne Sold-out dopo poche ore.
E quella parte del parco, separata dal resto semplicemente da una siepe, conteneva tutti quei segreti che non avevano mai avuto vergogna di rivelare. Quel luogo aveva nell’aria le loro parole, i loro sogni, le loro risate. Era parte di loro. Quel posto aveva qualcosa di magico, e tutti e quattro erano d’accordo sul fatto che fosse speciale. Era il loro piccolo segreto. In quel posto ci erano cresciuti. Quel parco aveva visto tutti i cambiamenti dei capelli di Michael, i primi accenni di barba di Luke, i primi tatuaggi di Calum, ed il modo in cui Ashton si era velocemente inserito nella band. Ed in quel posto ci avevano passato pomeriggi interi, stesi sul prato, con i piedi immersi nell’acqua fresca del lago, con la chitarra in mano o con un foglio di carta ed una matita pronti a scrivere una nuova canzone. Ci andavano da secoli, ma ogni volta – soprattutto per Michael – era emozionante come la prima volta. Gli alberi, il lago, il profumo di fiori, ed il cielo che sembrava sempre essere azzurro. Era un posto speciale.

Ma Michael era felice di condividere quel luogo con Alex. Perché si  lei era abbastanza fuori dal comune per quel posto speciale.



Il rumore delle foglie, che si scontravano tra di loro per via del vento, era l’unico suono che si sentiva oltre al masticare di Michael.

Il ragazzo inviò il messaggio e qualche secondo dopo gli arrivò la risposta.
Già immaginava tutta la fretta che Ashton aveva messo nello scrivere quel messaggio. E proprio non voleva essere al posto degli altri due.
«E’ Ashton» disse Michael tranquillamente, e per poco Alex non si strozzò.
«A-Ashton?»
«Si, mi ha inviato ben otto messaggi chilometrici con tanto di domande» si schiarì la voce e… «Michael! Michael! Oh mio dio sei vivo!» imitò, con una voce piuttosto buffa ed anche straordinariamente simile a quella di Ashton. Alex rise di gusto, per poi porgere di nuovo il panino a Michael. «Puoi finirlo se vuoi» disse lui, col suo tono di voce normale.
«No grazie, mangialo tu. Devi crescere sano e forte!» disse Alex, ridendo ancora di più. Suo cugino glielo diceva sempre, in quel periodo in cui aveva smesso di mangiare. E lei rideva a crepapelle per il suo tono di voce, e si sforzava di mangiare qualcosa.  Ed anche Michael rideva, senza un preciso motivo, ma la risata di Alex era davvero contagiosa.  Non fece altro che pensare che lei ed Ashton, insieme, sarebbero stati davvero perfetti. Nonostante non si conoscessero ancora, nonostante non sapeva molto di Alex, aveva quel presentimento, e Michael si fidava spesso del suo istinto.

«I ragazzi arriveranno a breve» disse, con un sorriso stampato sulle labbra.
«M-michael i-io…» Alex si bloccò. Michael notò che stava tremando più del solito, e che era difficile per lei continuare a parlare. Aveva il respiro leggermente pesante e la voce talmente tremante che quasi lo spaventò. Il ragazzo la invitò a continuare con lo sguardo «…v-volevo ringraziarti. Davvero, grazie. Ma… io mi sento un po’…»
«A disagio» la precedette, con tono triste. Abbassò lo sguardo. Si sentì tremendamente in colpa, nonostante forse non era colpa sua. Ma nemmeno di Alex. Non era colpa di nessuno, in effetti, ma Michael si sentiva lo stesso la causa di quel disagio.  Sentì Alex sospirare.
«Una specie di disagio… insomma, non capisco perché state rimandando un bel pomeriggio tranquillo all’hotel, solo per un abbraccio ad una fan. Insomma, a me va benissimo così, vi ho visti, ti ho incontrato, a me va bene. Io sto bene. Ma voi siete stanchi, tu sei stanco, ti si legge in faccia, ed io preferisco che voi vi riposiate un po’, prima che ricominci il tour. Ed io dovrei anche andare, avvisare mia madre e…»
«Alex…» la interruppe. La ragazza era sul punto di piangere, e la voce le si era spezzata proprio prima che Michael parlasse. Non sapendo che fare, la strinse in un abbraccio «…è il tuo sogno. Ed io voglio che oggi si avveri, okay?» usò il tono più dolce possibile, accarezzandole leggermente i capelli. La strinse un po’ più forte e lei ricambiò.

Era il terzo abbraccio che le dava, ma lei ci metteva sempre così tanta forza che sembrava potesse sgretolarti. Ma nonostante fosse forte, era una stretta piacevole. Ed era come se negli abbracci ci mettesse ogni singolo battito del cuore. Era come se ti abbracciasse col corpo e con l’anima. E sapeva trasmetterti tutta l’emozione che provava. Ti abbracciava con tutta se stessa, e te lo faceva capire.
Michael capì che Alex stesse piangendo non appena la sentì tirare leggermente su col naso. «Ehy, non piangere, è tutto okay.»
«Grazie di tutto, Michael. Grazie davvero.» la ragazza sciolse l’abbraccio, ed incontrò lo sguardo del cantante. Michael gli stava sorridendo, e la vide ricambiare il sorriso, mentre con la mano si asciugava le guance.


Nel giro di qualche minuto quelle lacrime sparirono, e i due stavano parlando del più e del meno. Ed era strano intrattenere una conversazione così lunga e così tremendamente normale per tutti e due, ma non era affatto difficile. Le parole uscivano con poca fatica dalla bocca, proprio come le risate di entrambi. Michael le aveva persino letto il messaggio di Ashton, tralasciando le domande su di lei, e ora stavano ridendo a crepapelle. E Michael fu sicuro che quel “disagio” si stesse affievolendo. Le sue mani tremavano ancora, ma ormai non aveva più paura di dire qualcosa, o di fare una battuta, o di ridere per le sue.
Era più tranquilla, e si vedeva che stava davvero bene. Michael capì che lei stava piano piano cominciando a considerarlo più una persona “normale” che un cantate famoso. Poiché nelle interviste, o nei programmi televisivi, o sui giornali, puoi dare impressioni del tutto differenti da quello che sei realmente. Ma Michael era sicuro che la ragazza lo apprezzasse sia per quello che era davvero, che per quello che era su un palco.
Ed era per questo che lui la considerasse perfetta, per Ashton. Era tremendamente gentile, pensava prima agli altri che a se stessa. Sapeva trovare solamente il positivo delle persone, ed apprezzava tutto ciò che aveva attorno, perché la vita è troppo breve per non godersi ogni singolo secondo. Era diversa da tutte le altre, era fuori dal comune.


Alex stava ancora ridendo come una bambina, quando il ragazzo sentì dei passi. Si girò leggermente, e vide un familiare ciuffo scuro e delle Vans nere che cercavano di non fare rumore. Incrociò lo sguardo di Calum, sorridendo. Era così felice di vederlo. Vicino alla siepe trovò Ashton e Luke. Tentò di fare un sorriso rassicurante al batterista, ma lo vide troppo occupato nell’osservare Alex. Aveva un sorriso contagioso e notò che anche le sue mani tremavano. Sperò con tutto il cuore che, nonostante il tremolio, quel sorriso fosse fatto di pura felicità. Calum continuava ad avvicinarsi, ed intimò Michael a fare silenzio con un cenno della mano.

«Sei tesa?» chiese Michael, riferendosi chiaramente ai ragazzi.
«Sono terrorizzata» rise lei, diventando mano a mano seria. Fissava un punto nel vuoto adesso, davanti a se, verso il lago.

Calum si sedette proprio accanto a lei e, «non dovresti esserlo» sussurrò, facendola girare di scatto verso di lui.
 
Note d'autrice ♥
 
Oggi c'è anche Mikey nella gif, perchè il suo sorriso è troppo tenero e sto morendo di diabete. Sono troppo dolci quei due, basta.

Anyway, domani parto (di nuovo, gn) e vado in liguria dai parenti per cinque giorni. Qualche giorno fa invece ero sempre dai parenti, ma in paesini sperduti fighi pieni di alberi e amache. Ho trovato tutta la mia pace li, oddio. Chitarra, amaca, guardare gli alberi e tra le foglie c'è il cielo. Era magico. E le zanzare erano carinissime, si facevano uccidere bene bene, ne ho uccise sei con una manata sola :3 Ho ventiquattro (davvero, ventiquattro bolle contate) pizzichi di zanzara sulla gamba destra. Che poi io sono hippie, e non uccido gli animali, ma le zanzare si.

aw♥, è stato davvero bello. Spero di trovarmi bene anche in liguria, dai. :)
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Come sempre, grazie a tutti quelli che recensiscono/recensiranno/hanno recensito la storia!♥,


pinguini a tutti :*
Jade~♥
 

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Capitolo 10
*** 9. Twisted Dream ***




Credi nell'amore a prima vista?
 

 
9. Twisted dream
  “If all of this was just some twisted dream
I’d hold you closer than I ever did before”

-5 Seconds Of Summer, Amnesia

Ashton era visibilmente nervoso. Calum l’aveva notato non appena si stavano avvicinando a destinazione. Faceva scrocchiare le nocche ripetutamente, si passava le mani fra i capelli di continuo e, per la prima volta da quando lo conosceva, gli chiese un «come sto?». Calum era davvero intenerito da tutta quell’insicurezza, ma si sentiva davvero impotente. Come poteva aiutarlo? Non era mai successo che Ashton fosse così nervoso per qualcosa che non fosse un’esibizione. Insomma, era solo una… ragazza. Eppure Ashton dava l’impressione di dover andare all’altare.  Calum voleva davvero dargli una mano, e pensò che cercare di sdrammatizzare fosse la cosa migliore da fare. Dargli qualcosa su cui parlare, distrarlo o cose del genere. Gli disse che non doveva preoccuparsi di ciò che indossava, ne di come stessero i suoi capelli, poiché alla ragazza sarebbe sicuramente piaciuto così com’era. Gli diede una pacca sulla spalla e gli disse qualcos’altro di rassicurante, appoggiato da Luke. E Calum non sapeva che Ashton, grazie a quei gesti, si sentisse un po’ meglio, nonostante da fuori sembrasse ancora tes0 e preoccupato. Il moro e Luke fecero di tutto per cercare di affievolire l’ansia che aveva all’altezza dello stomaco, ma durante il tragitto Ashton aveva solamente mandato messaggi a raffica, e le sue dita sembravano scrivere addirittura più velocemente del solito.


Calum e Luke si erano lanciati parecchie occhiate, durante il viaggio. Spesso tristi, ogni volta che sentivano Ashton sospirare. A volte, invece, erano confuse. Perché nessuno dei due sapeva cosa fare, ed entrambi si sentivano davvero a pezzi al pensiero di non poter fare nulla per lui.  Non capitava mai che Ashton stesse in silenzio per più di mezz’ora, ne che camminasse davanti a tutti, da solo. Di solito era quello che si infilava in mezzo alle conversazioni, anche se non gli riguardavano, ma che se la cavava sempre con un sorriso; era quello che si lamentava quando rimaneva da solo a camminare sul marciapiede; era quello che spezzava la tensione, che faceva sorridere gli altri, che sapeva sempre come consolarli. E Calum e Luke si sentirono davvero dei pessimi amici, non riuscendo a colmare quel silenzio che si era creato. Il moro aveva provato a camminare accanto a lui, appoggiandogli una mano sulla spalla per rassicurarlo. Ashton sorrise appena, mostrando le sue fossette, ma poi accelerò leggermente il passo, facendo rimanere Calum indietro.


Solo a metà del cammino Ashton prese parola. Disse di essere mortificato del fatto che si fossero messi nei guai per colpa sua, del fatto che non stessero in un hotel a rilassarsi. E poi li ringraziò. E fu in quel momento che Calum e Luke si guardarono complici, sorridendo, sentendosi un po’ meno pessimi. «Non ringraziarci, Ash.» disse Calum.
«Si invece, Cal. E lo sai.» si girò verso di loro, sorridendogli appena, per poi tornare a scrivere qualcosa sul suo telefono. E Luke e Calum si sentirono più leggeri.



 
***



«Come va, Ash?» chiese il moro, ricevendo un’alzata di spalle. Si erano fermati, ed Ashton non capiva il perché. Era confuso, e la sensazione di farfalle nello stomaco era molto più accentuata. Erano davvero arrivati a destinazione? I secondi passavano, e si sentiva sempre più nervoso. «Siamo arrivati» sussurrò Calum. Ashton ci mise poco a riconoscere il loro solito posto. Ma non era silenzioso come sempre. Si sentiva una risata, chiaramente femminile, provenire dall’altra parte della siepe.  Ed Ashton, in quel momento, si sentì un po’ più leggero. Lei era li. Ed i loro amici avevano fatto tutto quello per lui. E lui avrebbe dovuto fare i salti di gioia, non avere un’espressione triste e preoccupata come quella che aveva avuto per tutta la durata del viaggio.

Ashton si ritrovò a sorridere meravigliosamente, girandosi verso i due amici. «grazie, ragazzi.» sussurrò «I-io davvero.. non so come…»
«Andiamo, Ash, ci farai arrossire!» sdrammatizzò Luke, facendo ridacchiare gli amici.
«Grazie.» Ripetè nuovamente, serio, ma col sorriso sulle labbra.  Era sempre stato piuttosto sentimentale, Ashton, ed in quel momento si era sentito talmente importante che non potè far altro che stringere i due amici in un abbraccio, nonostante non fosse esattamente una cosa molto mascolina da fare. Ashton non aveva idea di quanto poteva essere essenziale per i suoi amici, ma in quel momento ebbe la sensazione di essere parte delle loro vite, come loro erano parte della sua, e si sentì davvero al settimo cielo. Ed era davvero commosso dal fatto che i suoi amici erano stati capaci di fare qualcosa di così grande ed importante, per lui. Ashton, però, in quel momento avrebbe solamente voluto sorridere e gridare dalla felicità, perciò non ci pensò nemmeno lontanamente a commuoversi.

Sciolsero l’abbraccio. Non c’era più nulla da aggiungere, i loro tre sorrisi bastavano. I tre attraversarono la siepe che separava il loro piccolo “rifugio” dal resto del parco. I capelli blu di Michael confermarono che fosse li e la figura piccola – proprio come Ashton la ricordava – di Alex era proprio accanto a quella del chitarrista. Ashton riusciva a vedere i lisci capelli biondo cenere che le ricadevano sulle spalle, la borsa appoggiata tra lei e Michael, e la sua t-shirt bianca. Riusciva a sentire la sua risata, che lo aveva davvero incantato come poche cose sapevano fare. Era piacevole, sentirla, ed avere la consapevolezza che fosse davvero lei. Si vedeva che era a suo agio, ed Ashton provò una strana felicità all’altezza dello stomaco, all’idea che avrebbe contribuito a realizzare il suo sogno. Non riusciva a capacitarsi del perché una ragazza straordinaria come lei sognasse uno come lui, ma se poteva renderla felice, voleva farlo.

E si sentì strano, quando la guardò girarsi leggermente verso Michael, riuscendo a scorgere qualche particolare del viso. Come il sorriso, la guancia e parte dei lineamenti. E la considerò nuovamente bellissima. Nonostante l’avesse vista già altre due volte, nell’arco della giornata, quei particolari lo stupirono come se la vedesse di nuovo per la prima volta. E Ashton aveva occhi solamente per lei. Non si era nemmeno accorto di quanto gli alberi fossero cresciuti, dall’ultima volta che aveva messo piede in quel posto, o di come l’aria fosse piacevolmente fresca. La sua attenzione era rivolta solo e unicamente a lei.


Calum si stava avvicinando a passo felpato verso i due, quando Michael si girò di scatto. Lo vide, e sul suo viso spuntò uno splendido sorriso. Si scambiarono un cenno. La risata di Alex, intanto, si era affievolita, fino a diventare silenzio. «Sei tesa?» sussurrò Michael, alla ragazza. Ashton, invece, sentiva che il momento si stava avvicinando. Il momento che stava aspettando da un po’, ormai. E fu in quell’istante che Ashton si lasciò prendere dal panico, non sapendo minimamente che cosa fare, ne che cosa dire. Si accorse di stare mordendo l’interno della guancia con un po’ troppa potenza non appena sentì il sapore metallico del sangue e, in quel momento, si diede dello stupido una decina di volte. Doveva solamente rilassarsi, non era poi così difficile.

«Sono terrorizzata» ridacchiò lei. E, sentendo la sua voce, Ashton si sentì nuovamente meglio.

Calum, intanto, aveva preso posto accanto a lei, attirando la sua attenzione. «Non dovresti esserlo»  sussurrò. Se persino Luke aveva sentito una sensazione strana allo stomaco, in quel momento, nessuno osò immaginare cosa stesse provando Alex. Ashton la vide girarsi di scatto, portarsi una mano davanti alla bocca, e sorridere. Sorrideva in modo talmente contagioso che si ritrovò a sorridere anche lui. Proprio come Calum, Michael e Luke. E Calum era li, di fronte a lei, con le braccia aperte. «Che fai, non mi abbracci?» chiese, ridendo. Lei non se lo fece ripetere due volte, e si fiondò fra le sue braccia, avvolgendo le sue attorno al suo collo.
Calum rideva, mentre la abbracciava. Sembrava una stretta forte e confortevole. Ashton sentì il cuore battere così forte da poter uscire dal petto. Avrebbe abbracciato anche lui con la stessa forza e con lo stesso sorriso sulle labbra? La risposta probabilmente era affermativa. E allora perché si sentiva così nervoso? Insomma, era solo un abbraccio! Ma quella ragazza lo confondeva completamente, ed Ashton era felice, nervoso e confuso al tempo stesso. Non aveva idea di cosa stesse provando, e non avere il controllo di se lo rendeva strano. Non succedeva da tempo, sentirsi così bene solo grazie ad una ragazza.

Solo in quell’istante si accorse che Michael lo stava osservando. Non lo aveva ancora ringraziato. Si guardarono dritti negli occhi. Due verdi completamente diversi, proprio come i loro caratteri. Ma, insieme, creavano una combinazione unica, proprio come la loro amicizia. Ashton e Michael si stavano sorridendo a vicenda, adesso. Il biondo cercava di comunicargli quanto fosse felice e quanto gli fosse riconoscente. Il chitarrista, invece, cercava di rassicurarlo ed incoraggiarlo, ma, allo stesso tempo, di trasmettergli la sua felicità. Non c’era niente di più bello, per il ragazzo tinto, che vedere i propri migliori amici sorridere. Ed essere, anche solo in piccola parte, ragione dei loro sorrisi, lo faceva sentire davvero bene.  “Vai, Ash!”, mimò con le labbra, arricciando il naso. Ed Ashton, in quel momento, si sentì davvero più sicuro di se.


«Che abbraccio, dolcezza!» esclamò Calum, portando di nuovo l’attenzione di tutti su loro due. Alex rise. I due sciolsero l’abbraccio, ed Ashton percepì tutta l’emozione che stava provando la ragazza. Fu come un brivido, che lo pervase da cima a fondo. Il suo sorriso era contagioso, i suoi occhi brillavano di una strana luce. La vide girarsi verso Luke, di scatto, col sorriso sulle labbra. Ed in quel momento le sembrò ancora più bella di tutte le altre volte. E guardò prima Luke, incredula, e poi Ashton. Il sorriso di lei svanì, non appena incontrò il suo sguardo, e le guance di entrambi si tinsero di un rosso intenso.  Michael era stato il primo, ad accorgersene. E più i secondi passavano, più li considerava perfetti, insieme.
Fu Ashton a sorriderle, timidamente, per poi vedere anche il viso di lei aprirsi in un meraviglioso sorriso.

Alex, dopo qualche secondo, si girò verso Michael. I sorriso che avevano entrambi sul volto era troppo incredibile da descrivere. Lui si alzò in piedi, tendendole una mano, che lei afferrò prontamente. «Non ci posso credere» sussurrò, guardandolo negli occhi. Anche lui sembrava piuttosto emozionato, e non ci pensò due volte a stringerla a se. «Grazie davvero, Michael» continuò lei.
«Non ringraziarmi, Alex.» Ashton, in quel momento, spalancò gli occhi dallo stupore.  

Alex.

Alex. Alex. Alex. Gli risuonò in testa come una splendida musica. Alex. Gli piaceva maledettamente. Eppure era solamente un nome, ma suonava così dannatamente bene. Ma, i suoi pensieri, vennero interrotti proprio dalla ragazza: tutti l’avevano chiaramente sentita tirare su col naso. Sciolsero l’abbraccio, e fu in quel momento che Ashton notò qualche piccola lacrima scorrerle sul viso. «Scusate» rise, nervosa, per poi asciugarsi le lacrime. Ashton la considerò dolcissima, e non aveva idea del perché si stesse scusando.
Luke le si avvicinò «non piangere, tesoro.» sussurrò, abbracciandola da dietro.
«Luke!» esclamò, a bassa voce, con un tono dolcissimo. La sua schiena aderiva al petto del biondo, che la stringeva a se. «Ti voglio bene» disse, chiudendo gli occhi.
«Anch’io te ne voglio.» rispose, posandole un bacio sui capelli.

Michael lanciò un occhiata ad Ashton. Era il momento giusto. Doveva avvicinarsi. Ma sentiva le gambe tremare esageratamente, ed il cuore martellargli forte nel petto. “Andiamo Ash, rilassati, è solo… una ragazza.”  E, in qualche modo, riuscì a coordinare i movimenti delle gambe, e camminare come un qualsiasi essere umano che si rispetti.

Calum, intanto, aveva raggiunto Michael, proprio come aveva fatto il batterista. E Luke si era allontanato dalla ragazza, sorridendole. E lei aveva ricambiato il suo sorriso.


Ed era successo tutto così in fretta, per Ashton. Se l’era ritrovata a qualche centimetro da lui, proprio di fronte. Ed ora poteva notare tutti quei bellissimi particolari a cui, per lontananza o fretta, non aveva mai potuto far caso. Di come il colore dei suoi occhi fosse così luminoso e particolare, di come i suoi capelli le incorniciassero il viso alla perfezione e di come il suo sorriso la rendesse ancora più bella. E si ricordò, in pochi attimi, della sensazione che aveva sentito la mattina stessa quando era tornato a casa; quella, invece, che aveva provato vedendola arrivare da lontano, ed avvicinarsi a lui tra la folla; quella che aveva provato mentre si era sentito infinito, con i suoi amici, sommerso dagli applausi delle fans. E tutto quello che stava provando, in quel momento, era davvero troppo incredibile da descrivere. Lei era troppo incredibile da descrivere.


E gli sembrava davvero un sogno, averla li di fronte a lui. Uno di quei sogni confusi, che finiscono proprio sul più bello, uno di quelli che ti lasciano con una strana sensazione di malinconia non appena ti svegli. Ma se quello era davvero uno di quei sogni, non voleva svegliarsi con l’amarezza di non averla avuta tra le sue braccia. E non ci pensò nemmeno due volte ad avvicinarsi e a stringerla a se come non aveva mai fatto prima d’ora. E si sentì in paradiso, quando le braccia di lei si allacciarono attorno al suo collo, stringendolo un po’ più forte. E non avrebbe mai immaginato che quell’abbraccio fosse così intenso e magico. Non abbracciava solamente col corpo, ma anche con l’anima. Ed Ashton non poteva credere alla dolcezza del suo profumo, che sapeva di vaniglia, ma anche di un qualcos’altro che non aveva mai sentito in vita sua. Profumava di vaniglia, ma anche di lei. E quel profumo aveva scacciato via anche la più piccola preoccupazione. Non sentiva nient’altro che lei, le sue braccia attorno al suo collo, la sua pelle a contatto con la sua ed i suoi capelli solleticargli il viso.

Ed aveva aspettato così tanto quel momento che nemmeno si era accorto che stava succedendo davvero, e che non era frutto della sua immaginazione. E la sentì tirare su col naso, di nuovo, facendolo sciogliere un piccolo “aw”. Prese ad accarezzarle la schiena, per poi sciogliere leggermente l’abbraccio. Prese il suo viso tra le mani e «Basta piangere, voglio vederti solamente sorridere, okay?» sussurrò, dolcemente. Le sorrise, cercando di essere il più rassicurante possibile. E lei, con gli occhi lucidi, ma col sorriso sulle labbra, annuì in fretta, per poi tornare ad essere stretta tra le braccia del batterista.

Ed Ashton non capiva cosa gli fosse successo, ne con quale coraggio era riuscito sfiorare la sua pelle, ne per quale motivo si stessero stringendo a vicenda come se fosse la cosa più naturale al mondo. Ma i loro corpi sembravano essere stati fatti per essere così vicini, e combaciavano alla perfezione, nonostante la differenza d’altezza. E non era affatto confuso, non era affatto un sogno.

«Ehy, non ce lo consumare, ci serve ancora il batterista.» ridacchiò Michael. Alex si allontanò di scatto, cominciando a ridere contagiosamente.

Ed Ashton, in quel momento, pensò che non era affatto un sogno confuso, ma solamente la realtà.
 


  “If all of this was just some twisted dream
I’d hold you closer than I ever did before”

-5 Seconds Of Summer, Amnesia

“Se tutto questo fosse solo un sogno confuso, ti stringerei più forte
di quanto io abbia mai fatto prima.”


 
 

Note d'autrice
 

Ciiao! Sono tornata, con moltissimo ritardo, ma almeno sono qui çwç
Scusate se il capitolo fa davvero vomitare, spero che il bacio di Ash vi possa addolcire un po'. Sto fissando quella gif da decisamente troppo tempo, forse per le sue mani, le sue fossette o i suoi occhi. Guardate quegli occhi. Oddio, ed i capelli. E' perfetta. Ma poi le mani enormi. Le mani. LE MANI. L E  M A N I.*^* basta, le adoro.
Scusate se questo capitolo fa un po' pena, ma ultimamente non ho molta ispirazione per scrivere. Sta per cominciare una nuova fase della mia vita e non mi sento abbastanza pronta per affrontarla, mi è venuto una specie di blocco e non riesco a scrivere bene. Non che prima scrivessi tutto 'sti capolavori, ma almeno qualcosa di accettabile riuscivo a farlo
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, potete scrivermi qualunque cosa in una recensione. Consigli, cosa ne pensate, qualunque cosa. Anche i fatti vostri, u.u, basta che mi dite cosa ne pensate di questa storia.

Spero che voi, personcine(?) che leggete silenziosamente vi farete avanti e scriverete una recensione, anche solo per dire "ehy, io la leggo, sappilo". Mi sentirei
davvero più motivata :3

Grazie a tutti quelli che hanno letto fin qui, i love you so much♥.

Jade♫~

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Capitolo 11
*** 10. Alright ***




Credi nell'amore a prima vista?
 

10. Alright
 
“Never wanna let you go, know you make me feel alright.
that’s what I like about you”

-5 Seconds Of Summer, What I like about You


Quel posto era davvero magico. Aveva qualcosa di meravigliosamente straordinario che non riusciva proprio a spiegarsi, Michael. Ma, quel giorno, se possibile, gli sembrava ancora più magico.

Era forse merito di Ashton e Alex, seduti in riva al lago da quelli che erano ormai una trentina di minuti? Forse.

 Sembravano a proprio agio, entrambi, superato l’imbarazzo iniziale. Erano dolci, assieme. Michael poteva notare tutte le volte in cui entrambi scoppiavano a ridere per le stesse battute, e – se Luke e Calum facevano un po’ di silenzio – riusciva persino ad ascoltare ciò che si dicevano. Non poteva smettere di osservarli, e si stupì del suo essere così felice, ogni volta che si scambiavano sguardi teneri o sorrisi che cercavano di nascondere. E solamente pochi minuti prima Michael aveva potuto notare di come Ashton avesse circondato la ragazza con un braccio, attirandola a se. E lei aveva appoggiato la testa sulla sua spalla, sospirando, dicendogli che le sembrava ancora tutto un sogno. Adesso, invece, stavano parlando del più e del meno. Alex guardava davanti a se, in un punto impreciso del lago, sorridendo a volte. Ashton la guardava incantato, rapito da ciò che diceva, nonostante si parlasse di cose davvero ordinarie. Ma era come se si sentisse partecipe della sua vita, e persino sapere la strada che faceva per andare al suo negozio di musica preferito gli interessava immensamente. La osservava col sorriso accennato sulle labbra, ed una strana luce negli occhi, che veniva accentuata ogni volta che Alex sorrideva. Le spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e lei smise di parlare bruscamente, guardandolo con la coda dell’occhio. Lui si scusò, giustificandosi dicendole che voleva vederle meglio il viso. Ed Alex era arrossita visibilmente, quando aveva distolto lo sguardo sorridendo imbarazzata. Sembravano due quattordicenni impacciati, alle prese con la loro prima cotta. Michael si ritrovò a ridacchiare felicemente, continuando ad osservarli. Qualche minuto dopo aveva intravisto persino un bacio sulla fronte, ma proprio in quel momento Calum e Luke avevano deciso di fare gli idioti e passargli in continuazione le mani davanti agli occhi, lamentandosi che guardare le coppiette felici fosse un passatempo da femminucce depresse.



Un buon quarto d’ora dopo, Luke e Calum erano andati al bar li vicino per prendere un paio di panini, dato che stavano morendo di fame e che non potevano aspettare altro tempo.
Alex ed Ashton continuavano a parlare, ancora l’uno vicino all’altra, ancora col braccio di Ashton che le circondava il fianco e la ciocca di capelli ribelle che ogni volta le sfuggiva, coprendole il viso. E non sembravano accorgersi di tutto il resto. Era come se fossero in un mondo tutto loro, dove tutto ciò che succedeva attorno non importava, perché l’attenzione di uno era dedicata solo e unicamente all’altra.


Michael scosse la testa, sorridendo. Era la prima ragazza, dopo una marea di tempo, che riusciva a far provare qualcosa di così forte ad Ashton. Ce n’erano state altre, Michael le ricordava tutte, ma mai nessuna gli aveva fatto quell’effetto. Ma di solito, come accadeva un po’ a tutte le persone famose, l’amore e la distanza erano in continuo conflitto. Ed era sempre stata quella la ragione per cui le storie di Ashton non erano mai durate più di tanto. Il ragazzo non riusciva ad essere in tour, affrontare quella vita caotica e piena di impegni, cercare di incastrare i giorni liberi con quelli in cui era occupato e trovare un po’ di tempo per dedicarsi alla propria ragazza. Ed era triste vedere come ogni volta Ashton si abbatteva, dando la colpa solo a se stesso, se una storia non finiva nel migliore dei modi. Era questo che – adesso – preoccupava Michael.

Tra un paio di giorni sarebbero tornati in America, per finire le ultime tappe del tour. Sarebbero riusciti, Alex ed Ashton, a stare insieme nonostante la distanza? Ed anche se non si sarebbero messi insieme, cosa più plausibile rispetto alla prima opzione, Ashton cosa avrebbe fatto? Perché, insomma, era chiaro come il sole che Ashton si fosse affezionato a lei. E, a dir la verità, anche a Michael avrebbe fatto piacere rivedere Alex.


Tutto dipendeva solamente da loro due, e dalle loro decisioni. Sapevano entrambi a cosa andavano incontro. Ashton poteva anche essere il ragazzo più perfetto della terra – agli occhi di Alex –, ma era pur sempre il batterista dei 5Seconds of Summer, un ragazzo che affronta tour, interviste ed esibizioni. E di questo, Alex, ne era pienamente consapevole. E sapeva anche che sarebbe stato difficile mantenere una relazione a distanza. Ma erano entrambi abbastanza maturi per calcolare i pro ed i contro di una possibile relazione, quindi Michael doveva solo mettersi da parte, e sperare semplicemente che entrambi fossero felici, o con o senza una storia.


Si ritrovò a ridere, dato che stava davvero pensando troppo e che tutti quei punti interrogativi gli avrebbero dato alla testa. Decise di non pensarci, ma che comunque ne avrebbe parlato con Ashton, prima o poi.
Prese il suo I-phone dalla tasca dei jeans, entrò su twitter, guardando qualcosa tra i commenti dell’esibizione di qualche ora prima. C’erano parecchie foto, e vedersi da fuori era sempre piuttosto strano. Insomma, la folla era proprio come la ricordava, proprio come il parco ed i suoi amici. Ma vedere anche lui, nelle foto, gli faceva comunque uno strano – anche se positivo – effetto. Inoltre, lesse un tweet di una ragazza che faceva il conto alla rovescia per la loro esibizione a Los Angeles, la penultima tappa del tour. Mancavano esattamente cinque giorni a quel concerto, ed il loro volo era già stato prenotato. Sarebbero partiti ben tre giorni prima del concerto, per partecipare ad un importantissimo programma televisivo di cui Michael, in quel momento, non ricordava nemmeno il nome.




«Michael!» lo chiamò Alex. Il ragazzo tinto alzò lo sguardo, guardandola. «Che ci fai tutto solo?, vieni qui.» Michael ridacchiò, per poi tornare a guardare il suo telefono. «Dico davvero, andiamo vieni!» Il ragazzo dai capelli colorati guadò Ashton dubbiosamente, che lo guardò in cagnesco. “Non ti serve il mio permesso idiota, vieni!” mimò con le labbra, facendo ridere Michael a crepapelle. Raggiunse i due, sedendosi accanto ad Alex.
«Luke e Calum?» chiese Ashton.
«A comprare un panino»
«Sono via da un po’, sono le quattro e mezza.» disse, guardando lo schermo del suo telefono.

Ora che ci pensava, anche Alex aveva parecchia fame. La ragazza si stese chiudendo gli occhi. Il prato verde, leggermente più rigoglioso di quello che avrebbe dovuto essere, profumava come non mai. Inspirò profondamente quel profumo che tanto amava e – una volta riaperti gli occhi – poggiò lo sguardo proprio davanti a lei. Il cielo era azzurro, le nuvole bianche e tutto sembrava essere perfetto. Gli alberi che li circondavano facevano da ottima “cornice” al quadro. Tra le foglie si intravedeva il cielo, ed Alex amava vedere come la luce filtrasse in modo diverso tra una foglia e l’altra, di come i rami fossero intrecciati tra loro e di come l’azzurro entrasse in forte contrasto col verde.

Michael sbadigliò rumorosamente, stendendosi accanto ad Alex. Ashton fece lo stesso.

«Hai sonno?» la voce di lei ruppe il silenzio.
«Un pochino.» rispose Michael, mettendo le mani sotto la testa a mo’ di prendere il sole.
«Vuoi andare a dormire?»
«No, resto qui.»
«Se lo fai per me, davvero, preferisco che andiate a riposarvi.»
«Non preoccuparti, è tutto okay.» la rassicurò, ma Alex sospirò rumorosamente, sentendo il senso di colpa crescere sempre di più nello stomaco.

Anche Ashton era stanco, ed aveva davvero fame, ma non voleva andarsene di li per niente al mondo. Quelle ore, con lei, erano passate così velocemente che quasi gli sembrava di averla abbracciata solo qualche secondo prima. Era stato uno dei pomeriggi più belli della sua vita, eppure nel corso di quei vent’anni gliene erano accadute così assurde da sembrare irreali. Ma lei era altrettanto fuori dall’ordinario, ed altrettanto “irreale”, agli occhi di Ashton. Beh, non era solo merito di Alex se quella giornata era stata così speciale. Era anche per l’essere tornati a casa dopo tanto tempo, per aver fatto quell’esibizione meravigliosa, per gli obbiettivi raggiunti e per quella sensazione di infinito, che lo aveva fatto sorridere solo al pensiero. Girò leggermente la testa, osservando Alex con la coda dell’occhio. Il verde dei suoi occhi brillava alla luce del sole, che li rendeva ancora più chiari. I capelli erano sparpagliati sull’erba in modo disordinato, facendola apparire spensierata come una bambina. Un sorriso sincero le addolciva il volto, che agli occhi di Ashton sembrava davvero privo di imperfezioni. E poi ripensò all’esibizione, al fatto che ce ne sarebbero state altre, e al fatto che era stato davvero bello – almeno in quelle ore – essere un ragazzo come tanti. Ma lui non era affatto così. Aveva un tour da finire, una decina di interviste da fare, e chissà quante altre cose organizzate all’ultimo momento. E tutto quello in America. Lontano da Sydney. Lontano da lei.

Ashton, guardandola, si chiese come mai i sentimenti dovevano sempre essere così maledettamente complicati e assurdi. Si chiese perché aveva scelto di innamorarsi di una persona così irraggiungibile, come Alex. Perché si, stare con lei sarebbe stato davvero assurdo e surreale, e sinceramente non ne vedeva nemmeno una misera possibilità. Ma lui sapeva che prima o poi sarebbe arrivato il momento di lasciarla andare.
Ashton si chiese come mai l’amore fosse così complicato e assurdo. Si chiese come mai doveva lasciar andare una persona che lo faceva stare così bene. Perché con lei si sentiva il re del mondo. Si sentiva capace anche di poter far cambiare la direzione del vento, e persino di eliminare ogni forza di gravità. Con lei sentiva di poter fare qualunque cosa, possibile ed impossibile. Tutto sarebbe potuto essere realizzabile se solo lei gli fosse stata accanto. Ed era questo che Ashton amava di lei. Lei lo faceva stare maledettamente bene, anche stando in silenzio, guardando il cielo. Anche solamente essendo accanto a lui. E quando lo sguardo di lei incrociò il suo per qualche attimo, quel pomeriggio, Ashton capì che non avrebbe mai potuto lasciarla andare, poiché era troppo importante per lasciarsela sfuggire.


 

Note d'autrice...
 
Mi scuso davvero davvero davvero tanto. Prima di tutto sono in ritardo stratosferico, ma in questi ultimi tempi mi è davvero passata l'ispirazione, come si può dedurre dal contenuto penoso del capitolo. L'ho scritto e riscritto mille volte, e questa schifezza è la cosa migliore che ne è uscita fuori. Spero che mi perdonerete, davvero, anche se non ho nessuna scusa. Il capitolo fa pena e sono in ritardo di secoli. Ma c'è stata la prima settimana di liceo, e tutta la parte pre-liceo che sinceramente mi ha fatto passare persino la voglia di mangiare la pizza(?), dato che ero terrorizzata. Però tutto sommato è andata bene, e come prima settimana non mi è sembrata affatto male. La gente della mia classe non è completamente okay, (dato che ci sono una decina di coatti/tamarri/truzzi, come volete definirli su trentuno persone). Si, in classe siamo trentuno. Vabene. Per farmi perdonare vi ho messo la gif, che sono davvero troppo troppo teneri quei quattro çwç, ma davvero, non so come chiedervi scusa. E' davvero pessimo, ed è anche un capitolo di passaggio! Quindi è ancora più merdoso! Scusate, davvero, il prossimo sarà più carino. O almeno spero. Scusate ç___ç. Ringrazio chi ha letto fino qui, e chi recensirà questo capitolo. Ringrazio chi ha recensito quello di prima (9 RECENSIONI CAZZO, NON LE MERITO, DAVVERO, NO. vi voglio troppo bene.♥ ç_ç), ovvero Marianne_13, Yeli_, Letizia25, Nike_Blazer_Malik_22, Sweetmelodies, Ilovepizzaand5sos, _KyokoEliseHiyori_39, Ale_15 e She loves writing. Vi amo, davvero, siete state carinissime! Soprattutto per quella cosa del "hey, io la leggo!", davvero mi avete fatto sorridere come non mai e non meritate questo capitolo schifoso. Vi adoro!, alla prossima...♥

Jade♫~
 

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Capitolo 12
*** 11. Goodbye ***




Credi nell'amore a prima vista?
 
11. Goodbye

“I don’t know how to say goodbye…”
-5 Seconds Of Summer, Wrapped around your finger


Ashton guardava Alex attentamente, come se potesse svanire da un momento all’altro. Cercò di imprimere nella mente il modo in cui muoveva i capelli o quello in cui scoppiava a ridere all’improvviso. Cercò di memorizzare quante più cose su di lei, poiché sapeva che le sarebbe mancata tantissimo, e che sarebbe stato impossibile rivederla. Cercò di stampare l’immagine del suo sorriso nella testa, proprio come la sensazione di quando si guardavano negli occhi distogliendo lo sguardo qualche secondo dopo. Cercò di imprimere nella mente la morbidezza della sua pelle, la dolcezza del suo modo di fare ed il suo essere perfetta anche con i capelli spettinati, col trucco leggermente sbavato o con le lacrime che le rigavano il viso.  Ora si stava sistemando i capelli, Alex, che Michael le aveva accuratamente spettinato. Erano le sei passate, ed i ragazzi si sentivano tutti come davanti ad un bivio: da una parte c’era la stanchezza di tutte quelle ore di viaggio, di un tour e di tutto il resto, ma dall’altra c’era una ragazza che aveva donato loro i propri sorrisi, la propria felicità, il proprio cuore e la propria anima. Alex aveva donato ai ragazzi tutta se stessa, e loro si sentivano davvero in colpa ad andarsene così.

Luke aveva chiesto scusa almeno un centinaio di volte dopo aver proposto ai ragazzi di andare all’hotel, ma aveva le palpebre talmente pesanti che si stava addormentando sulla spalla di Calum senza nemmeno accorgersene. Il biondo si stava stropicciando gli occhi, prima di ricevere l’abbraccio di Alex. «Scusa ancora piccola, davvero.»
«Non ti preoccupare» Ashton cercò di imprimere nella mente anche il suono della sua voce. Aveva la voce più dolce e straordinaria che avesse mai sentito, una voce che sapeva essere deliziosa anche solamente pronunciando un monosillabo. Ashton dovette resistere all’impulso di chiederle di cantare qualcosa. Non l’avrebbe mai più vista, è vero, ma gli sembrava davvero fuori luogo chiederle di cantare, in un momento come quello. Ma in verità Ashton si sentiva talmente strano da non riuscire nemmeno a pensare senza fare una confusione immensa.

Ashton le aveva chiesto scusa per tutto. Per il cappuccino rovesciato, per la caviglia, per esserle venuto addosso. E l’aveva anche abbracciata quando lei gli aveva detto di non dover assolutamente scusarsi, poiché lui le aveva cambiato la vita, rendendola più felice. Ed Ashton avrebbe voluto risponderle che anche lei aveva stravolto completamente il suo mondo. Voleva dirle che la sua voce era meravigliosa, che era bellissimo parlare con lei e che non si era mai sentito così amato e apprezzato. Avrebbe voluto dirle che era straordinaria, che avrebbe voluto rivederla, uscire con lei, passare intere giornate insieme a parlare, abbracciarsi, ridere, o semplicemente stare insieme ed esserci l’uno per l’altra, anche in silenzio. Avrebbe voluto parlarle della sensazione che aveva provato una volta averla vista in mezzo alla folla. Avrebbe voluto fare tutto ciò che quel briciolo di sanità mentale che aveva nel cervello non gli consentiva di fare. E questo non vuol dire che Ashton non fosse una persona intelligente, anzi. Questo stava a significare che Ashton era follemente innamorato di Alex, e che finalmente sembrava essersene accorto davvero.


«E’ stato il giorno più straordinario della mia vita, davvero» la dolcezza della voce di Alex interruppe di nuovo il silenzio «grazie per tutto». Era sull’orlo delle lacrime, tutti se n’erano accorti, compreso Luke, che cominciò ad accarezzarle la schiena. Luke ed Alex si strinsero ancora un po’, e tutti la sentirono chiaramente tirare su col naso. «Scusami.» sussurrò.
«Sta zitta, altrimenti piangeremo anche noi.» disse, facendole abbozzare un sorriso. E, la cosa straordinaria, è che quella di Luke non era una battuta umoristica, come invece avrebbe dovuto sembrare. C’era un’incredibile serietà nella sua voce. La ragazza sciolse l’abbraccio, guardando Luke negli occhi. Ashton notò di come Alex osservava attentamente ogni singola sfumatura di quell’azzurro intenso, ma anche ciò che c’era dietro al colore. Alex ti leggeva dentro, trovava un qualcosa di vuoto e ti dava un pezzo di se per colmarlo.
«Non posso ancora crederci, davvero.» disse, sorridendogli.
«Sono una persona reale, te lo giuro, puoi anche toccarmi la guancia.» rise Luke, prendendole una mano e portandola al proprio viso. «e puoi persino darmi i pizzicotti» esclamò lui, per poi riceverne uno. Scoppiarono tutti a ridere, cosa di cui un po’ tutti avevano bisogno, in quel momento.

Da quell’istante sembrò più un arrivederci che un addio. Alex passò ad abbracciare Calum, che le accarezzò i capelli. Lo ringraziò per tante di quelle volte che il moro ne perse il conto. Cercò di tranquillizzarla, di stringerla più forte a se e di rendere quel loro ultimo abbraccio il più speciale possibile. Abbracci come quelli restavano impressi per sempre nel cuore di una persona, e Calum si sentiva incredibilmente importante in quel momento perché – per qualche straordinario motivo – lui era l’idolo di quella ragazza, e lei ne meritava altri cento di quegli abbracci. «Andiamo, non ringraziarmi»  
«E’ stato incredibile. I-io…»
«Non devi aggiungere altro» disse, sciogliendo leggermente l’abbraccio. Puntò i propri occhi a mandorla su quelli di lei, asciugandole le lacrime. «Sorridi, adesso» rise, ottenendo l’effetto desiderato. Le asciugò ancora le lacrime e la strinse per un’ultima volta a se «E’ tutto okay.»
Michael era sbucato davvero dal niente, in quel momento. «Ehy, bel moro, lascia spazio al buon vecchio Clifford, che è qui che aspetta da un quarto d’ora. Quanto la fate lunga con questi abbracci!, mica è un addio!» rise, separandoli. Scoppiarono tutti a ridere, compresa Alex, mentre veniva presa alla sprovvista dall’abbraccio di Michael. La ragazza cominciò a sussurrargli qualcosa all’orecchio, qualche ringraziamento speciale. E Michael la stringeva a se, dicendole di stare in silenzio, e che non voleva piangere davanti a tutti.

Ashton, intanto, non sapeva davvero cosa fare. Non sapeva nemmeno cosa era giusto e cosa era sbagliato. Non sapeva nemmeno se la terra girasse intorno al sole, o se fosse il sole a girare attorno alla terra.  Non sapeva nemmeno come doveva sentirsi in quel momento, se triste, se felice, se entrambi o se nessuno dei due.

Ashton Non era mai stato bravo con gli addii. Li odiava, con tutta l’anima. E quell’addio proprio non gli andava giù. Più di tutti gli altri.

Alex aveva nuovamente tirato su col naso, e Michael le stava accarezzando la schiena, dicendole qualcosa di rassicurante.
«Alex, devo dirti una cosa.» disse il ragazzo tinto, attirando l’attenzione di tutti. Il suo tono era incredibilmente serio, e per un attimo Ashton pensò che stesse per dirle qualcosa di assurdo e surreale.
«Dimmi.» disse lei, sorridendo, con una punta di curiosità nella voce.
«Non devi ringraziare me. Non è grazie a me che sei qui. Non è grazie a me che i tuoi occhiali sono ancora nella tua borsa, ne è grazie a me che quest’oggi ci hai conosciuti.» lanciò un’occhiata ad Ashton, che abbassò lo sguardo. E da lì Alex capì. Capì che era stato Ashton. E capì anche che lui teneva a lei. Ma non “teneva” nel senso “amava”. Sapeva di essere importante, per lui, almeno in quel momento. «Ash è quello che ha insistito per conoscerti.» continuò Michael, mentre Alex gli sorrideva, per poi voltarsi verso Ashton. «Voleva farsi perdonare per stamattina, ci ha raccontato del fatto che ti ha praticamente distrutto la colazione.» Calum e Luke risero di gusto, osservando la scena.

Ashton si sentiva davvero in imbarazzo, mentre Alex avanzava verso di lui. Passo dopo passo, fino a che non furono uno di fronte all’altra. «Ashton?» lo chiamò lei, facendolo involontariamente sorridere. Gli piaceva il suo nome, detto da lei. Incontrò il suo sguardo, perdendosi in quegli occhi che non avrebbe mai dimenticato. Il loro colore, la loro lucentezza, e ciò che riuscivano a fargli provare. Si soffermò per un po’ sulle labbra di lei, reprimendo l’impulso di baciarla, le quali erano curvate in un sorriso timido. La bionda si alzò sulle punte dei piedi, chiudendo gli occhi, per poi posare le proprie labbra sulla guancia di Ashton. «Grazie davvero»  sussurrò, quando incontrò di nuovo il suo sguardo, con le guance arrossate dall’imbarazzo. Ashton la circondò con le braccia, e la strinse a se senza tanto preavviso. Sentì le braccia di lei avvolgergli il collo, stringerlo un po’ più fortemente, ed il suo profumo inebriargli i sensi. Tentò di abbracciarla non solo col corpo, ma anche con i sentimenti. Cercò di trasmetterle, senza le parole, ciò che provava per lei. Ciò che stava provando in quel momento. Cercò di stampare nella mente il profumo dei suoi capelli, la morbidezza delle sue labbra, e tutti i piccoli gesti che si erano scambiati nell’arco della giornata. E sperò con tutto il cuore che anche per lei avessero la stessa importanza. Cercò di farle capire tutte quelle cose, solamente stringendola a se. Perché Ashton era convinto che negli abbracci si dovesse donare un pezzo di se, ma in quel momento le stava dando tutto se stesso, non solo un pezzo. Ed era sempre più convinto di esserne innamorato perso, poiché non riusciva ad immaginare come sarebbe stato il giorno dopo senza di lei. Non riusciva proprio ad immaginare un futuro senza di lei.

Ashton fece combaciare le loro fronti, solleticandole il viso con i ricci scompigliati. Lei ridacchiò, facendolo sentire stranamente bene, nonostante in quel momento non fosse fin troppo felice. «Non dimenticarti di me troppo presto, okay?» le aveva sussurrato lui.
«Non lo farò mai, Ash.» disse, lasciando che un’ultima lacrima le solcasse il viso. «Non mi piacciono gli addii.» sussurrò, con voce debole, abbassando lo sguardo. Voleva davvero smettere di piangere, e pensare solo a ciò che le era successo. Ma più pensava a tutte quelle emozioni, a tutto ciò che aveva provato nell’arco di una sola giornata, più le veniva da piangere. Ci avrebbe messo parecchio tempo a metabolizzare tutto.

Ashton le aveva asciugato le lacrime, e tolto quel poco trucco che le si era sciolto. Le aveva sorriso dolcemente, e stretta a se un’ultima volta, con la triste sensazione che quella sarebbe stata davvero l’ultima.

L’aveva vista raggruppare le sue cose, e mettersi la borsa in spalla, mentre Michael sorrideva. Non aveva idea del perché sorridesse, ma in quel momento non gliene importava davvero niente. Gli interessava solamente passare quegli ultimi minuti – se non secondi – con lei. Aveva intrecciato la propria mano con la sua, aiutandola ad attraversare la siepe, e quei pochi metri che separavano il parco dalla strada, sulla quale era parcheggiata un’enorme auto nera.

La guardò, mentre si mordeva il labbro per trattenere le lacrime. Non l’avrebbe mai dimenticata.



Tutto ciò che successe dopo fu davvero confuso. I ragazzi erano dovuti salire il più velocemente possibile sull’auto, senza nemmeno aver avuto il tempo di salutarla un’ultima volta. Ashton aveva abbassato il finestrino, giusto in tempo per osservarla con la coda dell’occhio, prima che l’automobile mettesse in moto. I ragazzi abbassarono tutti finestrini, cominciando ad urlare che le volevano un mondo di bene e che era stato bellissimo conoscerla. Sporsero le mani fuori dai finestrini, salutando nella sua direzione, mentre l’auto cominciava a partire. Michael urlò che quello non era un addio, una sola volta, a pieni polmoni, sperando che l’avesse sentito.

E lei li salutava con la mano, ridendo e piangendo allo stesso tempo, mentre li vedeva allontanarsi sempre di più, finchè non furono troppo distanti per riuscire a vederli.

Erano di nuovo lontani da lei. E a breve sarebbero andati chissà dove, chissà a quanti chilometri da lei. Ma Alex era felice, immensamente felice. Un po’ come quando si finisce di leggere un bel libro. Si è tristi perché è finito, ma si è felici perché è stato bellissimo ed emozionante leggerlo. Ed Alex non vedeva l’ora di cominciare un nuovo libro, sperando che fosse altrettanto bello come quello che aveva appena finito di leggere.


Ed Ashton, che ormai osservava distrattamente le macchine sfrecciare sull’asfalto, accompagnato dal dolce russare di Luke, giurò a se stesso che se non avrebbe avuto l’occasione di rivedere Alex, avrebbe per sempre ricordato ciò che quella ragazza era stata capace di fargli provare in così poco tempo. Perché quello era di sicuro amore a prima vista, ed Ashton, in quell’amore, ci credeva più di ogni altra cosa al mondo.

 

Note d'autrice :)

Beeeeene. Sono qui, ancora viva YEAH :D
E' stata una settimana piuttosto traumatizzante. Tantissimi compiti, siamo sommersi. Ma non è questo il problema principale, ma gli incontri che ho fatto. Le persone che meno avrei voluto vedere le ho incontrate tutte nella stessa ora. Ma sono successe anche alcune cose positive, come per esempio la stesura di questo capitolo, che è un po' meno pessimo dell'altro, ed il fatto che sto riuscendo a fare amicizia con gli amici di mio fratello, cosa che ho sempre avuto il terrore di fare. Cioè, "fare amicizia" è un parolone, ma almeno riesco a starci senza tremare/svenire/morire d'infarto o cose del genere :) (si, sono una ragazza piuttosto problematica u.u). Parlando del capitolo, Ash è proprio dolcino, aw. Di solito non mi piace molto ciò che scrivo, ma adoro fare i punti di vista di Ashton, perchè insomma, posso decidere cosa pensa e mi piace fargli pensare cose tenere *^*. No, okay, sto impazzendo, scusatemi. Inoltre, volevo salutare Letizia, che è di una simpatia davvero incredibile, ed ha la risata più contagiosa del pianeta. Quindi, organizzo un qualcosa(?) che possa far incontrare Ash e Leti, in modo che possano scatenare una gara di risate contagiose, fino a che non mi esce lo stomaco dal corpo(?). Ti voglio bene♥♥♥♥,aw. Inoltre, Ringrazio tutte quelle che hanno recensito lo scorso capitolo. Vi adoro :3
in effetti avrei dovuto pubblicare questo capitolo nel Weekend, ma sarò occupata. Sapete, esco con Ashton. (quella linguetta, aw AHAHAHAHA. E Michael che parla tutto tranquillo, help). Dimenticavo, Michael è essenziale in questa storia, u.u, quindi si merita di essere nella gif in cui di solito c'è solo Ash (niente è fatto a caso, ricordatelo, aw.) NO OKAY, LO FACCIO PER SENTIRMI UNA PERSONA ENIGMATICA, E NON LO SONO. AHAHA, o alemno credo. Sono piuttosto folle, riservata e parecchio strana, ma non credo di essere misteriosa o enigmatica. Va bene, sto sclerando troppo in quest'angolo autrice. E' per colpa degli incontri inquietanti che si fanno in autobus, çwç (ovvero gli incontri di cui parlavo prima..... :c) ANYWAY, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ah, e - cosa più importante - 69 recensioni. Fisso quel numero con insistenza (e non perchè è un numero "pèrvì hìhìhìhì" lol), ma perchè, cazzo! (perdonate il linguaggio, lol), SESSANTANOVE RECENSIONI. Ma siete impazzite?! Oddio, vi amo! ("no, quella impazzita sei tu" "taci, coscienza") scusate ancora. Maledetti incontri sull'autobus. Maledetta ora di Educazione fisica dopo Latino. Maledetto "cervello" che mi ritrovo.

VI AMO, DAVVERO, NON SMETTERO' MAI DI RINGRAZIARVI♥

Jade~

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Capitolo 13
*** 12. I miss you ***




Credi nell'amore a prima vista?
 

12. I miss you
 
“I cannot sleep, I cannot dream tonight…
I need somebody…”

-Blink182, I miss you


Alex aveva davvero caldo, quel pomeriggio. Era ormai passata un’abbondante mezz’ora da quando si era stesa sul letto, ed era ancora lì, a fissare il soffitto bianco, sbuffando di tanto in tanto e guardando impazientemente l’orologio per qualche insensato motivo che nemmeno lei riusciva a capire. L’aria era davvero più calda e afosa rispetto a quella di qualche settimana prima, ed anche quella fastidiosa sensazione che si ha quando fa troppo caldo contribuiva alla stanchezza di Alex. Sentiva le palpebre farsi pesanti in continuazione, ed avrebbe tanto voluto chiudere gli occhi e riposare, ma il rumore dei suoi pensieri – proprio come un fastidioso mal di testa che la tormentava da ore – la tenevano sveglia. Ogni cosa sembrava stressarla, dagli insetti che entravano dalla finestra aperta, al brusio delle persone che – approfittando del finesettimana – si trovavano in spiaggia a prendere il sole. Alex, però, di andare al mare non ne aveva molta voglia. Eppure la spiaggia la aveva a qualche isolato di distanza da casa. Alex nemmeno si riconosceva più, si sentiva vuota, incompleta, e purtroppo sapeva a cosa era dovuta quella sensazione.

Girò leggermente il viso verso la sinistra, osservando con la coda dell’occhio – per l’ennesima volta – le foto che erano attaccate alla parete.
Ashton Irwin le sorrideva in modo sincero e contagioso in ogni fotografia, proprio come facevano Luke Hemmings, Michael Clifford e Calum Hood.

Ogni volta che le guardava sperava che quelle fotografie riuscissero ad alleviare un po’ quel vuoto, ma, nonostante il suo immenso amore per quelle foto, ciò sembrava non accadere.


Gli scatti, che adesso Alex stava guardando più attentamente, erano indubbiamente belli. Le fotografie sembravano tutte attentamente studiate nei minimi dettagli, mentre invece erano del tutto spontanee. Tutto, in quelle fotografie , poteva essere definito bello: i soggetti, ciò che c’era dietro, la spontaneità degli scatti e la sensazione che si provava guardandoli, quella felicità che sembrava uscire dalle fotografie ed entrarti nel petto. Era bello il modo in cui sorridevano tutti quanti, in ogni singola foto. Non c’era niente di finto, studiato, programmato. Erano fotografie completamente “a caso”, e forse anche quello contribuiva al loro essere bellissime.   Anche la luce era perfetta, illuminava tutto al punto giusto, senza variare nessun colore.   Ma quelle fotografie non erano solamente belle da vedere. Avevano un significato tutto loro, un significato più profondo della semplice bellezza. Quelle non erano semplice fotografie, erano lunghissimi attimi immortalati in immagini. Erano momenti che Alex aveva realmente vissuto.

Insomma, quelle fotografie non erano fotografie qualunque. Erano speciali. Non erano scatti fatti durante interviste, servizi fotografici o concerti: poteva davvero definire quelle foto sue.  
Quelle fotografie erano speciali perché erano state scattate da lei e o da Calum – proprio quel Calum! –  che si era rivelato un bravissimo fotografo.
Quelle fotografie erano speciali perché, oltre ai 5Seconds Of Summer, c’era anche lei.



L’immagine di una se stessa davvero felice la osservava sorridendo da una delle tante fotografie, mentre un Michael Clifford estremamente dispettoso le stava lanciando delle foglie addosso. Nella fotografia successiva una Alex con una buffa espressione innervosita guardava con sguardo di sfida un Michael Clifford decisamente più divertito. E, quella dopo ancora, ritraeva una vera e propria “lotta di foglie” che Alex ricordava bene. Era partita da lei e Michael, coinvolgendo gli altri, che in cinque minuti si erano ritrovati completamente ricoperti di foglie verdi e di petali di fiori.

Alex si ritrovò a sorridere, osservando quegli scatti, sorriso che si fece più malinconico quando, qualche foto più in la, aveva visto l’immagine di Ashton Irwin che abbracciava una ragazza davvero simile a lei, in riva al lago. Ma quella ragazza, ancora faticava a crederci!, era proprio lei. Ed era incredibile avere la consapevolezza di essere il soggetto di quella foto, ed ancora le sembrava di sentire il calore delle sue braccia,  la morbidezza delle sue labbra premute contro la sua fronte e quei piccoli brividi che le scorrevano lungo la schiena.

Una giornata come quella Alex non l’avrebbe mai dimenticata. All’inizio ne era gelosa, e custodiva segretamente quei momenti nel suo cuore. Ma poi non era più riuscita a trattenersi, ed aveva scritto tutto ciò che era successo su una specie di lettera, che non avrebbe mai avuto un destinatario. Qualche tempo dopo aveva raccontato la vicenda a Cody, il quale aveva ascoltato tutto con un enorme sorriso sulle labbra. Era davvero contentissimo per lei, nonostante la criticasse sempre scherzosamente per il suo amore “esagerato” per quei quattro ragazzi.


Una debole lacrima rigò il viso di Alex, ed il sorriso si spense piano piano dal suo viso.   Quando raccontava quell’episodio, Alex sembrava davvero la persona più felice del mondo. Ma adesso, che ripensava a quei momenti, c’era un’altra sensazione, totalmente diversa dalla felicità, che si stava facendo pian piano spazio negli angoli più profondi della sua anima.  I ragazzi le mancavano davvero tantissimo, e la consapevolezza che non li avrebbe mai più rivisti faceva aumentare quella sua tristezza. Ed Alex si sentiva ancora peggio, poiché si sentiva egoista. Insomma, aveva incontrato i 5 Seconds Of Summer, ci aveva parlato per un’intera giornata, e non le bastava? Alex sapeva che era sbagliata, completamente sbagliata, quella sua tristezza, ma sentiva che stesse crescendo sempre di più, lasciandole una sensazione di vuoto nello stomaco.

Non c’era istante in cui non pensava a loro, a ciò che avevano fatto per lei, a come si era sentita bene assieme a loro. Ed ora, senza di loro, si sentiva così persa. Come se le mancasse qualcosa di tremendamente importante, qualcosa come l’ossigeno. Ripensava alla tenera voce di Calum che le diceva di rilassarsi ed essere tranquilla, a tutto ciò che Michael aveva fatto per lei, ai sorrisi che le aveva regalato Luke… a quelli che le aveva regalato Ashton.

Se c’era una parte della storia che proprio non aveva raccontato a nessuno era proprio lui. Ashton era di sicuro un dettaglio importantissimo della storia, forse il più importante, ma era l’unico che voleva davvero tenere tutto per se. Il suo cuore era l’unico a conoscere la verità, poiché la mente non era poi così lucida quando pensava a ciò che le era successo. Il suo cuore era l’unico ad essere a conoscenza di quella sensazione forte, all’altezza del petto, che aveva provato quando si era scontrata con Ashton; l’unico a sapere dei suoi battiti accelerati nel momento dell’addio.

Ed anche in quel momento, mentre asciugava le lacrime che si erano silenziosamente fatte spazio tra le sue ciglia, per poi scivolarle lungo le guance, Alex aveva ancora la sensazione di farfalle nello stomaco, contentezza, confusione, malinconia ed ancora confusione. Quella sensazione che si ha solamente quando si è innamorati. Alex era sempre più convinta di esserlo.

E le sembrava assurdo il fatto di essersi innamorata di Ashton – proprio quell’Ashton! –, per infiniti motivi. Innanzitutto, anche se era stato tremendamente bello essere un ragazzo normale per un intero pomeriggio, Ashton era tutto tranne che un ragazzo comune. Inoltre, era più che impossibile anche solo il pensiero di rivederlo, come avrebbero mai potuto stare insieme? Eppure, per la prima volta, Alex si era sentita speciale per qualcuno. E si diede della stupida perchè come avrebbe mai potuto essere speciale per Ashton?, lei, una ragazza che di speciale non aveva proprio niente.

Ma Alex già sapeva che avrebbe ricordato quella giornata soprattutto per ciò che le aveva fatto sentire Ashton Irwin, per cui non aveva più senso perdere la testa e pensare a domande che nona avrebbero mai avuto la risposta che Alex avrebbe voluto. E, insomma, quelle domande erano anche piuttosto ridicole. “Sono importante per Ashton? – si chiedeva – Lo sono stata almeno per quel pomeriggio?, si ricorda ancora di me?”. E la cosa triste della faccenda era che la risposta alle domande, evidentemente, era un no chiaro come il sole.


Alex si asciugò le ultime lacrime,voleva smettere di pensare a quanto le mancassero, voleva smettere di pensare alle parole che le aveva sussurrato Ashton – che le risuonavano nella mente come una dolcissima tortura –, voleva smettere di pensare e basta. Voleva che le passasse la sensazione che le opprimeva lo stomaco, voleva che le passasse il mal di testa e voleva riuscire a voltare pagina e a pensare nuovamente a ciò che c’era di positivo, perché di cose positive lei ne aveva tante.

Si alzò dal letto, andò in bagno. Si legò i capelli, osservando a lungo la sua immagine allo specchio senza pensare a nulla. Provò a sorridere al suo riflesso, quasi come per rassicurarsi da sola, ma ne uscì solo una smorfia non troppo sincera. Si lavò più volte il viso con l’acqua fresca e tornò ad osservare il suo riflesso. Una grande quantità di goccioline d’acqua le stava bagnando la maglia che usava come pigiama, ma non le importava più di tanto.  Alex fissava semplicemente il suo riflesso, cercando di leggervi qualcosa dentro.

Aveva paura. Paura di innamorarsi di qualcosa di impossibile. Di affezionarsi troppo. Paura che tutto ciò che temeva fosse già successo. Alex aveva paura del futuro e del presente. Alex aveva paura che si stesse solo illudendo e che quel “«Non dimenticarti di me troppo presto, okay?»” fosse solamente una cosa detta al momento, e già accantonata in un angolino della mente. Alex aveva paura che Ashton facesse così con tutte le ragazze che incontrava, aveva paura che in realtà lui la odiasse, ed aveva paura di tante altre cose che di verosimile non avevano proprio nulla, perché era evidente che Ashton tenesse a lei, ed anche molto.

Questo, Alex, doveva solamente capirlo.

 
 
Note d'autrice :)
Si, anche Niall è felice. :) Sinceramente, non avrei mai creduto di riuscire ad aggiornare questa storia prima di Natale, e sono felicissima di essere qui. Per prima cosa volevo davvero scusarmi con tutte quante le meravigliose persone che ho conosciuto qui nel mondo di efp. Vi ho praticamente ignorate, e vi chiedo scusa. Ho davvero fatto tutto il possibile per trovare qualche ritaglio di tempo per aggiornare, o per leggere qualche storia qua e la, e so che sono stata davvero un disastro e sono davvero in un mare di guai. Devo leggere una marea di capitoli di storie bellissime, che in questi mesi mi sono davvero mancate. Non ho potuto leggerle con calma e non  ho avuto nemmeno il tempo di scrivere recensioni come si deve. Quindi, vi chiedo davvero scusa. Specialmente a Letizia, Yeli e Marianne, ma un po' a tutte le altre autrici che non hanno una mia recensione da un po'. Sono davvero ingiustificabile, sia per i miei numerosi ritardi nel leggere e recensire che in questo immenso ritardo nell'aggiornare. Inoltre, questo capitolo è anche un capitolo di passaggio, quindi di emozionante non ha proprio nulla. Spero vi sia piaciuto comunque, e spero che possiate apprezzare di più i prossimi capitoli. Ci sono una marea di cose, adesso, nella mia vita che l'hanno stravolta come un'uragano, ed io mi sono trovata in una situazione in cui non sapevo mai cosa fare. Non sapevo come incastrare gli orari, sono stata sommersa dai compiti, dal cambio di stagione, dalle interrogazioni e le verifiche che ancora non sono finite. Domani ho un'interrogazione in scienze, quindi auguratemi buona fortuna ;) ahaha, no dai, non me la merito. Come non mi merito le settantacinque recensioni. Davvero, sono troppe. Sono davvero lusingata, e non avrei mai immaginato di riceverne così tante. Siete davvero le persone migliori sulla faccia della terra, voi tutte che recensite. Vi adoro, sappiatelo. Scusate ancora i miei infiniti ritardi, e la schifosità(?) del capitolo.


La canzone del capitolo è dei blink182, ma i ragazzi ne hanno fatto una cover :), inoltre, nel caso non dovreste saperlo, quello nella gif è Niall Horan degli One Direction mi pare un paio di anni fa ad una partita di calcio :)


Vi lascio qualche link, se vi va di seguirmi su Twitter, Instagram, di farmi qualche domanda su Ask e di chiedermi l'amicizia su Facebook perchè, si, sono una persona molto social.
(AHAHAH in realtà no, ma voglio essere moderna u.u :')♥)  

Ah, ho riattivato una vecchia pagina facebook sugli one direction, se vi va cliccate mi piace, giusto per sfizio :D 


Un bacione, vi voglio bene.


Jade_Horan 

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Capitolo 14
*** 13. Beside You ***


 
Credi nell'amore a prima vista?

 

13. Beside you
 
“I wish I was, I wish I was… beside you.”
-5Seconds Of Summer, Beside You


Alex stringeva tra le mani quel foglietto dalla superficie liscia ed il colore azzurrino, col cuore che batteva forte nel petto e gli occhi lucidi dalla gioia.  Ancora non poteva minimamente crederci.
Ripensò a quando – qualche attimo prima – aveva notato la sua borsa appoggiata in bilico sulla scrivania. Ripensò al momento in cui era caduta e a quando aveva preso tra le mani il bigliettino azzurro che era uscito fuori dalla borsa, fluttuando per qualche secondo nell’aria, trasportato dalla leggera brezza serale che entrava dalla finestra aperta, ed appoggiandosi delicatamente sul pavimento della stanza. Ripensò a come lo aveva preso, con aria curiosa, e di come aveva frettolosamente letto ciò che vi era scritto sopra:

“Chiamaci ogni tanto, ci mancherai.
Ti vogliamo bene,

-Mike.”


Fissò la scritta ancora per qualche secondo, incredula, con le mani che tremavano leggermente e la mente offuscata da miliardi di pensieri. Lo aprì di scatto, leggendo una ad una le cifre scritte a penna sul foglietto, che assieme componevano quello che era senza dubbio un numero telefonico. «Ti amo, Michael Clifford!» esclamò Alex in preda alla gioia, afferrando frettolosamente il telefono.  Sentiva il sorriso farsi spazio sul suo volto e la felicità travolgerla completamente, per poi sostituirsi subito a tutta quella tristezza che aveva provato nello stesso giorno, osservando le fotografie appese alle parete. In quel momento, i ragazzi le sembravano di nuovo vicini come in quegli attimi. Cominciò a ridere, fissando con le lacrime agli occhi il numero scritto sul foglio azzurro. Come aveva fatto a non trovarlo prima?! 

Le mani le tremavano sempre di più, mentre componeva il numero. Lo ricontrollò più e più volte, ed esitò per un attimo prima di premere il tasto della chiamata.

Era decisamente troppo euforica ed emozionata, sentiva lo stomaco sottosopra e la voglia di salire sul tetto e gridare a gran voce di essere la persona più felice sulla faccia della terra. Non aveva idea di chi avrebbe risposto, dall’altra parte della cornetta, non aveva idea se i ragazzi si ricordassero ancora di lei, ne se a loro facesse piacere ricevere una sua chiamata. Ma – pensò – per quanto fosse tremendamente assurdo, Michael Clifford aveva deciso di lasciarle un numero per contattarli, e non era stata una cosa completamente casuale.

Senza più esitazioni di alcun genere, Alex avviò la chiamata e portò il telefono all’orecchio. Passarono alcuni secondi, prima che lei potesse sentire il telefono squillare libero. Era passato quasi un minuto, un minuto che le sembrò lunghissimo, un minuto che le fece nascere mille dubbi nella mente e mille domande a cui non aveva risposta. Era passato quasi un minuto quando una voce, all’improvviso, la fece tornare alla realtà – ed era davvero grandioso poter definire tutto quello reale.


Dall’altra parte dell’oceano, il telefono aveva smesso di squillare non appena il cantante dai capelli blu notte aveva accettato la chiamata.
–Pronto?–  aveva risposto Michael, il quale non aveva idea di chi potesse essere capace di chiamare a quell’ora della notte. Il suo tono di voce era assonnato ed anche preoccupato che ci fosse un’emergenza. Dopotutto, Calum e Luke erano dall’altra parte dell’hotel, perciò non aveva idea se stessero bene o no. Dall’altra parte della cornetta, però, non si sentiva assolutamente nulla. –Pronto?– ripetè.
–M-michael?– il ragazzo tinto riconobbe subito quella voce. Un sorriso sincero si fece spazio sul suo viso, affievolendo immediatamente la preoccupazione ed il sonno. 
–Alex! Oh mio dio sei davvero tu?– esclamò felice, urlando. Michael sentì la ragazza scoppiare in una fragorosa risata, che fece allargare ancora di più il suo sorriso. Era immensamente felice, sia per lei, che per Ashton che per se stesso. Insomma, doveva ammettere che Alex era mancata anche a lui, non solo al batterista. –come mai chiami alle tre del mattino?– chiese successivamente, per poi sbadigliare.
–Le tre del mattino? Oh mio dio, scus…–
–…ma cosa me ne importa! – la interruppe –Mio dio! Come stai?– Michael si sedette su quel letto d’albergo di Los Angeles, con la schiena appoggiata al muro, le gambe incrociate ed il sorriso ancora stampato sul volto. Non gli importava se avrebbe svegliato qualcuno. Alex aveva chiamato, ed era quella la cosa più importante. La sua sorpresa era andata a buon fine.
–Benissimo! V-volevo… ringraziarti. Io non so davvero come…–
–…andiamo Alex, basta con questa storia! Devi smetterla di ringraziarmi ogni volta! Credevo che non avresti mai trovato il numero, sono passati una marea di giorni! Volevo che fosse una sorpresa, per questo non te l’ho detto…–
–E’ stata la sorpresa più straordinaria di sempre. Grazie davvero Mike.– Michael si sentì sollevato nel sentire quel soprannome. Si sentì più leggero, come quando non doveva preoccuparsi sempre di come appariva, come quando poteva camminare per strada tranquillamente, senza che nessuno lo fermasse e gli chiedesse una foto o un autografo. Non fraintendete, a Michael piaceva davvero tanto la sua vita, ma a volte gli mancava essere un ragazzo normale, e con Alex si sentiva davvero se stesso.
–E voi invece, come state?– chiese lei, ancora incredula. Insomma, Michael Clifford si ricordava di lei. In quel momento, dall’altra parte del mondo, anche lei si era seduta sul letto – poiché le gambe non riuscivano più a reggerla per quanto le tremavano –, con la schiena appoggiata al muro e col sorriso stampato sul volto. Il cuore non aveva rallentato i battiti, però si sentiva bene, si sentiva a suo agio, proprio come in quel pomeriggio al parco passato assieme alle quattro persone più straordinarie che avesse mai incontrato. Si sentiva come se stesse parlando con un vecchio amico, non solo con Michael Clifford dei 5 Seconds Of Summer.
–Oh… le solite cose. – rispose lui –Viaggio in aereo, intervista, albergo, concerto e di nuovo albergo. Questo era il penultimo. Domani è l’ultimo giorno, finalmente torniamo a casa. Beh, più o meno. Abbiamo ancora un sacco di interviste già prenotate una volta che torneremo in Australia e…– Alex sentì qualcosa muoversi accanto a Michael, e poi un borbottare di parole imprecise. «Mike cosa fai sveglio a quest’ora?» Alex giurò di aver sentito, in lontananza, la voce di Ashton Irwin, assonnata, certo, ma bellissima come sempre, dall’altra parte della cornetta.

–Ash sta zitto, sto parlando con Alex– lo riprese Michael, aspettando la sua reazione, dandogli le spalle ed osservando il paesaggio di Los Angeles che si vedeva dalla finestra, con un sorriso furbo stampato sul volto. Era felice, nonostante fosse un po’ egoista da parte sua, che Ashton si fosse svegliato. Sarebbe stata una bellissima sorpresa anche per lui, che ormai da giorni chiedeva se Alex avesse chiamato. Lo aveva visto persino scrivere frasi su un foglio, che portava sempre con se, frasi chiaramente dedicate a lei e raggruppate in delle strofe sottoforma di una canzone. Perciò si, Michael era davvero felice che Ashton si fosse svegliato.


Il batterista fu colpito da quella frase come se fosse una pugnalata, ma non avrebbe mai immaginato che un colpo così fatale potesse essere anche così dolce e piacevole. «Come?! Alex ha chiamato?» Ashton aveva quasi urlato, incredulo, mettendosi immediatamente a sedere. Sentì la testa girargli per il movimento troppo brusco, lo stomaco fare una capriola, e la mente riempirsi di mille dubbi, che ruotavano tutti attorno ad un unico pensiero fisso: Alex aveva chiamato, e lui voleva sentire la sua voce.

Michael dava le spalle al batterista, e continuò a parlare con la ragazza, con una smorfia soddisfatta sul viso che Ashton non poteva vedere. –Ho svegliato Ash urlando.– esclamò ridendo, senza ricevere nessuna risposta. –Alex…? Ci sei?– Ashton era diventato nervoso, sentiva il cuore battere davvero troppo velocemente e le mani cominciare a tremare. Se solo ne avesse avuto il coraggio, avrebbe potuto prendere il telefono e salutarla, dirle che gli mancava, dirle che non vedeva l’ora di rivederla e che di sicuro si sarebbero rivisti. Poiché quello al parco non era stato un addio, Michael aveva ragione. Ashton ci mise poco a capire che era grazie a Michael che forse avrebbe potuto rivedere Alex, e che era stato lui a darle il proprio numero. Quella fu l’ennesima conferma che Michael Clifford era l’amico migliore del mondo, e che era molto fortunato ad averlo.

–S-si… credo di si.– aveva risposto lei, facendo sobbalzare Ashton dallo stupore. Il batterista riusciva a sentirla, nonostante il telefono non fosse in vivavoce. La sua voce era tremendamente dolce e bella come la ricordava, e le era mancata davvero troppo.
–Vuoi che te lo passo?– Michael dovette mordersi il labbro per non ridere, sapeva di star mettendo in difficoltà l’amico che, dall’altra parte del letto matrimoniale che dovevano condividere, non sapeva se sperare o meno in un “si”.
–No!– esclamò la ragazza, quasi urlando. –C-cioè… si.– replicò confusa.
–Ash, non vuole sentirti– ridacchiò il ragazzo tinto, girandosi verso di lui, ricevendo una smorfia triste da parte del riccio. «So che mi stai facendo uno scherzo e che non è davvero lei. Dici a Luke e a Calum di finirla con questa cosa. E sappi che non è divertente.» concluse, dando a sua volta le spalle al chitarrista, tirando le coperte verso di se «e sappi che non condividerò mai più un letto matrimoniale d’albergo con te, Michael Gordon Clifford, poiché ci tengo al mio spazio vitale» Michael fu felice di sentire la risata di Alex, dall’altra parte della cornetta. Fu felice di sapere che stesse bene. Michael coprì per qualche secondo il proprio I-phone con la mano, girandosi verso l’amico. «Ash, è davvero Alex. Non potrei mai prenderti in giro su una cosa così importante.»
«Quindi… davvero non vuole parlarmi?» chiese, con aria triste.
«Credo che sia troppo nervosa per parlare con te, e poi hai sonno, torna a dormire che domani è l’ultimo concerto.»
«Oh, finalmente!» esclamò, anche se quel “finalmente” non lasciava trasparire tutta la felicità che provava davvero. «Maledettissimo tour.»

Chiuse gli occhi, Ashton, ma proprio non ce la faceva a dormire. Sentì Michael ed Alex parlare per quella che sembrò essere un’ora e mezza. Michael le raccontò filo e per segno di tutte le loro cavolate, di ciò che avevano fatto in America e di una particolare figuraccia fatta da Luke, quando era caduto sul palco di un concerto importante. Sentì anche la sua voce ed il suono della sua risata riempire dolcemente il silenzio di quella pensierosa stanza d’albergo. Sentì lo stomaco contorcersi, la mente riempirsi di mille domande, ed il cuore battere all’impazzata. Si chiedeva se Alex avesse già dimenticato ciò che le aveva detto, se avesse già dimenticato tutto l’amore che aveva cercato di trasmetterle quando l’aveva guardata negli occhi, avvicinandola al proprio viso e facendo sfiorare le loro fronti. Si chiese se avesse già dimenticato il suo continuo spostargli i capelli dietro l’orecchio, il suo sorridergli e le sue parole dolci sussurrate tra una carezza e l’altra. Si chiese se tutto quello era stato sufficiente per farle capire che lui l’amava con tutto se stesso, che lui teneva a lei più di ogni altra cosa.

Ed ora sentiva la sua mancanza, Ashton, sentiva il desiderio di essere accanto a lei e di poterla stringere a se, di addormentarsi con lei in quel letto d’albergo in cui ora non riusciva a chiudere occhio, nonostante la chiamata si fosse conclusa da ormai qualche decina di minuti. Sentiva il bisogno di essere accanto a lei, di sentire la sua testa sul suo petto, di intrecciare le proprie dita alle sue e di sentire nuovamente le sue labbra sfiorargli la guancia. Sentiva il bisogno di dirle tutto ciò che provava, di regalarle uno di quei baci mozzafiato da film drammatico e di farle provare qualcosa di straordinario.

E sperava con tutto se stesso che, presto, l’avrebbe rivista. Nonostante non sapesse assolutamente come comportarsi, ne cosa fare, ne come fare a dirgli ciò che provava, voleva con tutto il cuore rivederla, poiché Ashton non aveva mai amato qualcuno così tanto come amava lei. Quella ragazza aveva stravolto Ashton completamente, lo aveva fatto sentire piacevolmente nuovo e diverso fin dal primo istante in cui aveva incontrato il suo sguardo. Nessuna l’aveva mai fatto sentire così amato, così bene, così felice. E ad Ashton mancava quella felicità, quell’amore.
Essere accanto a lei, in quel momento, era il suo unico desiderio.


Note d'autrice :)
Finalmenteeee!
Buon Natale in anticipo a tutti! Come avrete notato - o almeno spero - ho cambiato il banner! :) Il capitolo è carino, anche se lo potevo migliorare, però l'idea di fondo mi piaceva... :P ♥
Spero sia piaciuto anche a voi, insomma... mi scuso ancora per il ritrdo, ma ormai lo faccio in ogni capitolo!, ho davvero moltissime cose da fare! La gif è carinissima*^*!
Di solito ho sempre una marea di cose da dire negli angoli autrice, ma stavolta non sono di tante parole... >.<
Vi auguro, quindi, un buon Natale, uno straordinario 2015 ed un bellissimo fine 2014 ♥ 
Per me è stato un anno davvero ricco di alti e bassi, di emozioni e di tristezze, confusioni, euforie e felicità... però devo ammettere che è stato uno dei più belli - se non il più bello- della mia vita, per cui mi mancherà... :)♥
Auguri e buone vacanze a tutte, vi adoro, grazie per aver recensito sempre e per essere sempre così dolci e premurose nei miei confronti, vi voglio davvero tanto bene!♥


Buon Natale ancora,
Jade~

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Capitolo 15
*** 14. Forget about the stupid little things ***



(vi prego, leggete le n.d.a oggi, sono importantissime!♥)

Credi nell'amore a prima vista?
 

14. forget about the stupid little things
“I wish that I Could wake up with amnesia,
and forget about the stupid little things”

-5Seconds Of Summer, Amnesia


 
Alex era davvero felice, quella sera. Inspirò a pieni polmoni l’aria fresca della notte, guardando in alto. Il cielo era limpido, totalmente privo di nuvole, trapunto di milioni di stelle che Alex da piccola provava sempre a contare, assieme a Cody. La ragazza girò il viso verso destra, notando sorridendo che il ragazzo era nella stessa identica posizione in cui era lei qualche secondo prima. «Ehi Cody, ricordi quando contavamo le stelle da piccoli?» domandò lei, col tono di voce un po’ sognante, dondolando leggermente, con le mani appoggiate sulla corda che teneva la sua altalena attaccata al robusto ramo dell’albero che li proteggeva dal vento. «Certo che lo ricordo. Ti addormentavi sempre sulla mia spalla ed ogni volta dovevo portarti in braccio a casa!» rise «però alla fine eri decisamente più dolce mentre dormivi». Alex rise, il cugino non era un tipo nostalgico, si aspettava una risposta del genere.
«Grazie»
«Smettila di ringraziarmi, è tutta la sera che lo fai!» rise lui, esasperato. «Jhon ha detto che se sabato prossimo puoi suonare di nuovo, e stavolta non costringermi ad usare le cattive maniere!» Alex scoppiò in un’altra risata contagiosa, Cody si unì a lei. Era da tempo che Alex non si sentiva così viva. Il cugino le aveva fissato una serata ad un pub non troppo conosciuto vicino al centro, e lei ne era rimasta all’oscuro fino alla sera stessa. Si ricordava di quanto avesse voluto prendere Cody a schiaffi, nel momento in cui glielo disse, me ormai non poteva più tirarsi indietro e gli schiaffi non sarebbero serviti a niente. Ora come ora – si disse – perché non provarci? E fu così che accordò la chitarra, mise qualcosa di carino e – nervosismo e ansia a parte – salì su quel piccolo palco.

Raramente, Alex, aveva provato una sensazione così strana e bella allo stesso tempo. Era qualcosa di completamente nuovo, per lei, e nonostante qualche piccola insicurezza all’inizio, a fine serata aveva fatto un successone. Persone su persone le avevano fatto i complimenti, e lei si era sentita davvero completa. Cantare la faceva sentire viva, e farlo davanti a quelle persone la faceva sentire come se per la prima volta avesse preso in mano la sua vita e ne avesse fatto ciò che voleva. Tutto era andato nel verso giusto. Quella sera, Alex capì ciò che voleva davvero fare nella vita. E, senza Cody, probabilmente non ce l’avrebbe mai fatta.

Alla fine della serata, erano andati a mangiare qualcosa. Alex aveva deciso di rimanere dal cugino a dormire, ragione per cui entrambi erano sulle altalene del suo giardino.
 
«Sta tranquillo, ci sarò di sicuro» sorrise lei, cogliendo di sorpresa il ragazzo. Cody non aveva mai visto Alex così determinata. Si sentì davvero bene, in quel momento. Sua cugina aveva davvero troppo talento per essere chiusa tra le quattro mura di una stanza. I due si sorrisero, per poi continuare a guardare il cielo, un po’ come quando erano bambini. Seduti sulle stesse altalene, sotto le stesse stelle, con la stessa aria sognante e lo stesso affetto che provavano l’uno per l’altra.
«Andiamo a dormire» le disse lui, con dolcezza, stampandole un bacio sulla guancia. Cody non era mai stato un tipo troppo dolce,perciò la ragazza sorrise sotto il tocco delle sue labbra.

 
***

 
Lo specchio rifletteva una persona diversa. Felice. Alex si sentì rinata, per l’ennesima volta, quella sera. Si lavò il viso, indossò una vecchia maglia che le aveva prestato Cody – che le stava comunque enorme – e sciolse i capelli dalla treccia in cui li aveva sistemati. Cody si era già addormentato, stava russando come un ghiro. Erano pur sempre le due e mezza di notte!, la mattina dopo avrebbe dovuto lavorare.
La ragazza si infilò piano nel letto matrimoniale del cugino, facendo la massima attenzione per non svegliarlo. Lo schermo del suo cellulare si illuminò, per poi far apparire un messaggio.

Da Ashton: “Come stai?”

Alex avrebbe voluto rispondere subito, ma la batteria era scarica ed il telefono si spense proprio nell'istante in cui digitò la prima lettera. Facendo attenzione a non svegliarlo, prese il telefono di Cody. Ormai sapeva il numero di Ashton a memoria, per tutte le volte che lo aveva scritto in giro per paura di perderlo in qualche modo. Con il cuore in gola ed un sorriso a trentadue denti stampato sul viso, gli rispose.

“Ash sono Alex, ti scrivo col telefono di Cody. Comunque, sto da dio!, tu?”  

Ashton sorrise, dall’altra parte del mondo. Sorrise di cuore. Ed Alex non aveva idea di quanto lo rendesse felice parlare con lei, di come ogni volta che sentiva il suo nome era come se qualcosa gli esplodesse nello stomaco. Non aveva idea di quanto si sentisse bene quando le faceva una battuta e lei gli rispondeva dicendo che non aveva mai riso tanto. Alex non aveva la più pallida idea di cosa Ashton provasse per lei, e a dirla tutta nemmeno il ragazzo immaginava che lei ricambiasse. Erano entrambi troppo ciechi per non accorgersene, ma si sa, l’amore a volte fa questi scherzi.



Ormai Alex aveva finito di parlare con Ash da un po’. Erano quasi le quattro del mattino, eppure lei proprio non riusciva a dormire. Si sedette sul davanzale della finestra di Cody che, essendo molto largo, le impediva di perdere l’equilibrio e cadere. Quella notte era così bella che, prima di dormire, Alex voleva ammirarla ancora, persa tra i suoi pensieri. Lo avrebbe mai immaginato, qualche anno prima, che sarebbe arrivato davvero? Che sarebbe arrivato il giorno in cui si sarebbe finalmente dimenticata di tutto? Del suo stupido passato, del suo stupido ex ragazzo, di quei stupidi bulli delle medie, delle sue stupide insicurezze e della sua poca autostima? Avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe realizzato tutti i suoi obbiettivi, tutti i suoi sogni, per poi porgersene degli altri, più ambiziosi, ancora più irraggiungibili? Ed avrebbe mai immaginato che ciò che un tempo le sembrava irraggiungibile, presto, sarebbe diventato così vicino da poterlo sfiorare con le dita? Alex ci aveva perso ogni speranza in quel sogno, ma ora che tutto era incredibilmente reale, ne fu davvero felice. Sarebbe cambiata. Sarebbe diventata una persona migliore, più determinata, meno razionale. Avrebbe vissuto davvero, d’ora in poi, come quando aveva cantato davanti a quelle persone. Avrebbe voltato pagina, lasciato alle spalle ciò che la tormentava tutti i giorni, impedendole di essere davvero felice. Avrebbe lasciato alle spalle tutti quei problemi, tutti quei ricordi, dando peso solo alle cose belle, e a quegli errori che le avevano insegnato a migliorarsi.

Si ricordò di quando, a quattordici anni, sperava che un’amnesia le avrebbe fatto dimenticare tutta quella moltitudine di piccole cose che avrebbe voluto non aver mai vissuto. Era stata così sciocca!, le sarebbe bastato solo aprire gli occhi. Ma ormai non aveva più senso piangere sul latte versato, ormai ad Alex del suo orribile passato non gliene importava più nulla. Da quel giorno, sarebbe cambiata ogni cosa. Alex, adesso, era una persona nuova.


 
Note d'autore~
 
Ebbene si, non sono mortaaaa! (so che non dovrei scherzare sul fatto che sono praticamente sparita per mesi, ma è meglio prendere le cose sul ridere, no?).
Questo capitolo è, in poche parole, il "continuo" dei primi capitoli iniziali. Mi spiego: nei primi capitoli ho parlato dell'amore che Alex ha per il canto, e del suo rapporto con suo cugino. I primi capitoli io li ho scritti a tredici anni, quindi fanno davvero davvero pena. (la storia io la inventai moltissimo tempo fa, mi fermai tipo al terzo capitolo, e poi mi venne voglia di continuarla e di conseguenza pubblicarla). Nonostante questi capitoli non mi piacciano per niente, fanno comunque parte della storia ed ho quindi deciso di ricollegarli a questo: Alex non aveva mai superato a pieno ciò che le era successo in passato, ed in questo capitolo finalmente ha trovato il coraggio di voltare realmente pagina e di diventare una persona nuova. C'è un'altra cosetta che dovrei dirvi (ehehe): direi che durante questa mia assenza ho passato un periodaccio, sia per come stavo io, sia con la scuola che con gli amici che con i miei genitori. Insomma, mi è venuto un blocco molto intenso, e penso che si sia notato comunque durante la lettura del capitolo che proprio non è andato via del tutto. Ma sono contenta di essere almeno riuscita a scrivere qualcosa su Alex ed Ash, dato che ormai è da quasi un anno che stanno aspettando di baciarsi quei due poverini! (e non scherzo, il primo capitolo della storia l'ho pubblicato a fine giugno del 2014, credo, il che mi fa comprendere quanto abbia ritardato ogni volta nel pubblicare i capitoli, per cui vi chiedo nuovamente umilmente perdono per il mio straordinario talento nell'essere un completo disastro.) 

detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e che ci metterò meno tempo di prima a pubblicare il prossimo :')
Infine, ringrazio coloro che hanno recensito/letto la mia storia (e ovviamente chi la recensirà in futuro ahah) e
Letizia e Yeli, che sono sempre carinissime con me e niente, le adoro.♥

Vi lascio qualche mia storia recente da leggere, un bacio♥!
Jade~

Chuck vs. le piccole cose (Chuck, serie tv)
Inaspettato & I tasselli del puzzle (originali)
Heart's on fire (originale)

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Capitolo 16
*** 15. Sorprese ***



(vi prego, leggete le n.d.a oggi, sono importantissime!♥)

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15. Sorprese

Ashton era nervoso. Stringeva tra le mani il suo I-phone, indeciso su cosa fare. Ormai non poteva più tirarsi indietro, aveva già sistemato ogni cosa. Controllò per l’ennesima volta l’ora, supponendo che – con un po’ di fortuna – il suo tempismo sarebbe stato prefetto. Lesse e rilesse il messaggio. Troppo freddo? Troppo poco chiaro? Si, forse doveva aggiungere qualcosa. Lo cancellò e lo riscrisse come minimo una ventina di volte, ma alla fine tornò esattamente com’era prima che lo modificasse. Riguardò l’orologio: a Sydney dovevano essere le otto e mezza del mattino. Era il momento giusto.

Il pollice del cantante esitò per qualche secondo, prima di premere il tasto “invio”. Ormai il messaggio era inviato, forse lei l’avrebbe letto a momenti, forse no, forse sarebbe stato un disastro. Probabilmente sarebbe stato un disastro. Ashton cominciò ad essere nervoso: il silenzio della stanza era scandito dai suoi respiri colmi d’ansia, torturava i ricci biondi scuotendoli continuamente con le dita.
“Cazzo Ashton è solo uno stupido messaggio!”, si diceva, ma sapeva bene che non era proprio esattamente così. Ne era sicuro: aveva fatto la più grande stronzata della sua vita. Più leggeva il messaggio, più si pentiva di averlo mandato. Era un idiota.

I tre minuti a seguire furono abbastanza confusi: una notifica. Un messaggio. Un grido di entusiasmo. Michael che entrava in camera canzonando l’amico ed il suo sorrisetto da ebete. Ashton che gli lanciava un cuscino in faccia intimandogli di andarsene. La risposta di Alex sullo schermo. “Che genere di sorpresa?”.

 
***
 
 
Erano quasi le otto e venti, quando Alex si svegliò. Scostò leggermente le coperte azzurro-pastello, mettendosi seduta, a gambe incrociate, con la schiena appoggiata allo schienale del letto matrimoniale della sua stanza. Le pareti ricoperte di poster e fotografie, l’enorme armadio con le ante a specchio, la finestra socchiusa e le tende semi-aperte che creavano un’adorabile luce soffusa. Alex si ricordò con quanta dedizione aveva curato la sua stanza, in ogni singolo dettaglio, durante tutto il periodo del liceo. Era una vera e propria fissazione, per lei.

Forse per la prima volta nella sua vita, Alex fu felice di vedersi allo specchio. Con la mano destra, tanto piccola da sembrare quella di una bambina, si stropicciava leggermente l’occhio, sporcando la palpebra con un po’ di trucco, probabilmente la sera prima non l’aveva tolto del tutto. Si osservò attentamente, beandosi di quella sensazione. Per lei la sua immagine era sempre stata una nemica, ma da ormai un paio di giorni aveva cominciato ad accettarla, e persino ad apprezzarla! Sembrava aver notato solo adesso le mille sfumature dei suoi occhi chiari, e la dolcezza del suo sorriso al mattino. La sua pelle chiara le sembrava meno imperfetta, le erano persino cresciuti i capelli, e se ne accorgeva solo adesso! Non succedeva spesso che Alex sorridesse a se stessa, ma doveva ammettere che la faceva sentire decisamente meglio.

E come di routine “buongiorno, Sydney!”, esclamò a pieni polmoni, aprendo le enormi finestre che davano sul vialetto. Canticchiando una vecchia canzone di una pubblicità si buttò a peso morto sul letto, fissando il soffitto. Non aveva idea di cosa fare, quella mattina. In quel preciso istante, lo schermo del suo telefono si illuminò, accompagnato dalla solita suoneria dei messaggi. La ragazza allungò impacciatamente una mano verso il comodino, afferrando il dispositivo bianco e portandolo esattamente di fronte al viso, con le mani tese verso l’alto.

Un sorriso radioso le spuntò sul viso non appena vide il nome di Ashton sullo schermo. Le tremarono un po’ le mani. Lesse il messaggio. Cinque parole. Diciotto lettere. Una sorpresa.
Non ebbe neppure il tempo di reagire che il telefono le scivolò tra le mani, provocandole un improvviso dolore all’altezza dello zigomo. Alex scoppiò a ridere per la sua immensa imbranataggine, mentre rispondeva al messaggio. La risposta arrivò quasi subito:

“Guarda sotto il letto”

 
***


Alex si accorse effettivamente della situazione quando un passante la guardò divertito: con una mano teneva ben fermo – o almeno ci provava – un panetto di lievito congelato (perché ovviamente quando il ghiaccio serve non c’è mai!) sullo zigomo leggermente gonfio, nell’altra stringeva una serie di lettere, con un buffo movimento della spalla cercava di sistemarsi la borsetta a tracolla e nel frattempo controllava dietro ogni panchina se ci fosse qualcosa. Arrossì un po’ dall’imbarazzo, ma finalmente trovò la terza lettera, dietro l’ultima panchina. Si sedette, ancora col fiatone: nell’euforia del momento, dopo aver letto la seconda lettera, aveva percorso l’intero viale correndo, impaziente di trovare quella dopo. Aprì il messaggio (o almeno ci provò, dato che le tremavano le mani) e quando finalmente ci riuscì, buttò il lievito ormai sciolto sul marciapiede, ricevendo un’occhiataccia da un’anziana. Fece un respiro profondo, cercò di placare quell’immensa e istintiva emozione e sorrise sempre di più, man mano che leggeva.

“Terza e penultima lettera: siamo quasi giunti alla fine di questo folle gioco.
Spero vivamente che tu stia leggendo queste parole.
Prima del prossimo indizio, ti avviso: la prossima lettera sarà un po’ diversa dalle precedenti.

Beh, cosa aspetti, fa quello che faresti ogni mattina, come se questo gioco non fosse mai esistito,
è l’unico modo per trovare l’ultimo pezzo del puzzle.

Buona fortuna,
-A.”

 
 ***

 
La fine l’aveva lasciata perplessa. Parecchio perplessa. Erano passati circa cinque minuti da quando aveva letto le ultime righe e continuava a fissare quelle frasi con un miliardo di pensieri ad annebbiarle il cervello: insomma, pensò, era già tanto che in quel momento sapesse come si chiamava!. Era davvero troppo chiedere di fingere che quel gioco non fosse mai esistito.
Per qualche momento, Alex fu tentata di chiamare Ashton, ma sapeva che avrebbe fatto la figura della stupida. Insomma, cosa avrebbe fatto quella mattina se non fosse mai accaduto niente? Forse avrebbe dovuto chiedere consiglio a…

Alex ripose velocemente le lettere nella borsa, raccolse il panetto di lievito da terra, lo buttò nel cestino e cominciò a correre verso la sua meta: sapeva con certezza dove andare.


 
Note d'autore~ 
Rieccomi con un nuovo capitolo! Ci metto sempre un po' prima di aggiornare, lo sapete ormai, ma cercherò di essere più puntuale, anche perchè il prossimo capitolo è praticamente pronto per essere pubblicato, perciò appena arrivo a qualche recensione cercherò di aggiornare il prima possibile. Non so se ve l'ho già detto ma sto avendo una marea di problemi col mio pc ormai decrepito, percui devo sempre ritagliarmi un'oretta di tempo per scrivere o pubblicare dato che devo farlo sul computer dei miei.
Il prossimo capitolo sarà la seconda parte di questo, infatti si chiamerà "Sorprese #2" e (proprio come questo) non sarà 'ispirato' da una canzone dei ragazzi come tutti gli altri. 
Diciamo che in questo capitolo ho cercato di abbracciare uno stile che mi è sempre piaciuto e che da un bel po' di tempo volevo fare mio e aggiungere in qualche storia, pensavo che questo fosse il momento adatto. Non so se mi spiego, però solitamente non utilizzo elementi come le anticipazioni, o quelle frasi corte e puntate, nonostante mi piacciano molto e rendano - secondo me - il capitolo più interessante e diverso. Questo era, quindi, una specie di "capitolo sperimentale", nonostante il risultato non mi piaccia particolarmente, ci tenevo ad insierire elementi nuovi e diversi (tipo le parti """"comiche/divertenti"""", come il lievito e il telefono in faccia :') non so se succede solo a me, ma è una cosa praticamente di routine ormai. Inoltre non so se a voi e mai successo che - quando il ghiaccio non c'è - mettete qualsiasi altra cosa che sia nel congelatore: ecco, io metto sempre il lievito, quello piccolo e quadrato. Lo dico perchè non so se sono l'unica povera malcapitata che fa questa cosa o se succede anche ad altri ahahah)

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto eee niente, vi
 lascio qualche mia storia recente da leggere, un bacio♥!
Jade~

Chuck vs. le piccole cose (Chuck, serie tv)
Inaspettato I tasselli del puzzle (originali)
Heart's on fire (originale)

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