All I Want for Christmas is...

di JustAHeartBeat
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...Make her smile forever ***
Capitolo 2: *** …The extirpation of the carrots all over the world ***
Capitolo 3: *** ...Just a skate on the head ***
Capitolo 4: *** ...Nothing, Nothing At All. ***



Capitolo 1
*** ...Make her smile forever ***


Ecccomi quiii!
Mi avevate dato per dispersa eh! Ed invece no! Vi avevo promesso la puntualità e sto aggiornando ora, alle 23:40 del giorno 24! Mahahaha. Tempismo, sei mioo. *risata malefica*
Okay, la smetto di cazzeggiare.. Bene, che dirvi di questo capitolo? Ah si, non uccidetemi ma in questo non ho potuto inserire la Jaminique, lo so.. mi volete accoltellare nel sonno.. ma.. non lo fate, vi prego!! No, scherzi a parte, facciamo così, vi prometto che il prossimo sarà interamente Jaminque con contorni vaghi di altre coppie, okay?
Beeene, ora mi dileguo!
Buona lettura e buon Natale a tutti!
Bacionissimi(?)
JustAHeartBeat

(secondo anno)
…Make her
smile forever
 
“Roxanne, obbligo o verità?” Fred Weasley, seduto sulle spalle di un James leggermente scocciato, ammiccò alla sorella, malizioso. Roxanne sbuffò. Ma proprio quel giorno Fred doveva mettersi a fare il deficiente? Va bene che lo era sempre, faceva parte del suo DNA, ma proprio un giorno tanto importante per lei? Ad ogni modo non si sarebbe tirata indietro.. lei era la figlia di George Weasley, no?!
Cugini e fratelli Potter-Weasley, con l’aggiunta di amici e parenti di amici (che comprendevano anche il pesciolino del cugino del nipote del nonno di John), erano seduti il cerchio, appiccicati l’uno accanto all’altra, tutti attorno ad una piccola bottiglietta di vetro, parzialmente squagliata da un lato, ma abbastanza simmetrica da poter essere utilizzata per giocare tutti assieme, come tutti gli anni. Era ormai una tradizione, quella. 
Roxanne cercò di non incontrare lo sguardo di Nicolas, il nuovo membro della squadra di Quidditch, un anno più grande di lei, che l’aveva invitata ad Hogsmeade soltanto qualche giorno prima, l’unico ragazzo che le facesse venire i capogiri, o almeno l’unico che lo facesse non per la puzza. Era terribilmente bello, Nick, con quella carnagione caffellatte, perfettamente liscia ed omogenea, con quel fisico snello, anche se privo di qualsivoglia muscolo. Okay, forse non era il più bello della scuola, Roxanne lo doveva ammettere, ma c’era qualcosa in lui, forse il suo modo di arrotolarsi tra le dita affusolate la manica della divisa quando era teso pe una partita, forse il suo frequentare la biblioteca scolastica per leggere milioni di libri sulle pozioni e far saltare per aria il calderone ad ogni lezione, o forse erano quei riccissimi capelli corvini, che il ragazzo si ostinava a pettinare, con nulli o scarsi risultati, o ancora le labbra, quelle due labbra carnose e morbide persino alla vista, che le facevano mancare un battito.
“Obbligo” rispose, gonfiando il petto in un gradasso atteggiamento davvero poco femminile, portandosi impacciatamente una ciocca di capelli, insolitamente sciolti, dietro all’orecchio. Mpf, nei film funzionava sempre, perché lei era sembrata una cane con la rabbia e le pulci? Qual era il problema?
“Mh, obbligo eh? Dunque…ti obbligo a saltare dieci volte attorno a Nick.. a gambe unite”  le disse Fred, negli occhi un lampo di malcelata crudeltà, se avesse potuto (o se non fosse sembrato troppo sospetto, punti di vista) sarebbe scoppiato a ridere in una quelle risate malefiche tipiche del cattivo dei cartoni animati babbani, per intenderci. Sapeva quanto fosse importante per la sorella quel giorno, aveva passato addirittura un’ora in bagno per farsi bella per quel.. coso, le voleva davvero bene, ma davvero non poteva permettere che Nido-Di-Passeri le mettesse le mani addosso. Non era geloso, non lo era assolutamente, insomma, non era mica il tipo di fratello-orso-geloso, lui. Okay, forse un po’ lo era. Ma solo un pochino.
Roxanne spalancò gli occhi, scioccata, lui sapeva quant’era importante evitare le figure d merda quel giorno. Fratello bastardo. Si alzò da terra, spolverandosi agilmente la polvere di diversi secoli di storia, per poi, testa alta e passo veloce, raggiungere il ragazzo. ‘Roxanne, hai fatto cose peggiori, non saranno tre saltelli a fargli cambiare idea’. Postagli accanto, gli sorrise, e poi iniziò a saltare, tra le risate generali. Un elefante sarebbe stato più elegante. Uno. ‘Fred, la befana ti porterà tanto carbone quest’anno’. Due. Tre. Quattro. ‘Perché sta ridendo, non deve ridere!’. Cinque. ‘Merlino e Morgana che bel sorriso’. Sei. Sette. Otto. ‘Okay, sono molto affascinante così’. Nove. ‘Fred Weasley, sai che passerò un bel po’ di tempo con papà e con le pasticche vomitose, proteggiti’. Dieci. Roxanne, concluse i suoi dieci salti in bellezza: cadde a peso morto sul povero ragazzo, che non sapendo come proteggerla dalla caduta e non farsi male, optò per i l lasciar correre, venendo letteralmente spiccicato dal peso della ragazza. ‘Fred Weasley. Ti odio.’
Roxanne sorrise impacciatamente. “Io.. ehm.. non volevo.. cioè…scusa.. davvero..” balbettò, senza però preoccuparsi di alzarsi. “Rox, non fa nulla, davvero, ma leveresti il tuo gomito dalle mie costole, temo di averne rotte almeno due” fu la risposta di Nicolas, che, seppur imbarazzato per l’improvvisa vicinanza della ragazza, volendo evitare conseguenze indesiderate al suo buonissimo profumo, l’aiutò a sollevarsi. Roxanne, in un primo momento, desiderò con tutto il cuore che una voragine la inghiottisse, poi, in un secondo momento, desiderò che suo fratello venisse ricoperto da cima a fondo di cacca di Schipodo Sparacoda .
“Vai, Roxanne, tocca a te girare la bottiglia” le ricordò John, il miglior amico di sua cugina Lily. Era un ragazzino molto carino, John, poteva avere massimo undici anni Era bassino, più basso di Lily di un paio di centimetri, aveva un paio di grandi occhioni color castagna, i capelli erano spighe di grano bionde cenere. Andava forte ad incantesimi, ma se lo si lasciava all’aperto con un manico di scopa, il massimo risultato che si sarebbe ottenuto sarebbe stato un giardino pulito e privo di foglie. Il Quidditch non era il suo sport.
Roxanne diede un colpetto di bacchetta alla bottiglia e quella prese a girare velocemente, il vetro tintinnante come unico suono nel raggio di metri. McGrow. Dominique. James. Rose. Albus. Hilary. La bottiglia continuò imperterrita a compiere il suo giretto circolare, indisturbata, ignara di essere la fonte dell’attenzione generale. Scorpius. La bottiglia cessò di ruotare.
“Bene, Scorpius, sembra che tocchi a te: obbligo o verità?” esclamò Roxanne, approfittando della penitenza appena vinta per sedersi accanto a Nick. Fred, alla vista del braccio del ragazzo che passava sopra alle spalle della sorella, ridusse gli occhi a fessure. ‘Io dovevo farti cambiare idea, non darti un alibi per palpare mia sorella’. Si morse il labbro per non prenderlo a parolacce.
“Verità” fu la semplice risposta del ragazzino che, a dispetto dell’aria indifferente, si stava torturando le mani sotto il mantello dell’uniforme. Era la prima volta che giocava ad un gioco come quello, neppure gli avevano fatto la domanda e già si sentiva fregato.
“Dunque, una domanda facile al novellino.. perché odi il Natale?” gli chiese, sinceramente curiosa, portando le braccia ad incrociarsi sul petto, ed accavallando le gambe. Bella domanda. Scopius si era sempre vergognato della realtà. Era consapevole che la risposta a quel quesito avrebbe aperto una notevole porta sul passto ed avrebbe senz’altro modificato l’atmosfera spensierata ma d’altronde, accettando di giocare aveva firmato una specie d contratto con la bottiglia, come in tutti i giochi simili magici. “Io.. suppongo che l’odiare il natale sia stata una conseguenza diretta degli invitati al cenone..” rispose vago, abbandonando l’aria di nonchalance, ed abbassando il cpo, quasi a coprire gli occhi pieni di timore ed il cuore pieno di dolore represso, senza aspettarsi di essere capito, loro avevano tutti una bellissima famiglia, ed immaginava la cena alla Tana come un epico momento familiare ed intimo (nel limite della portata della famiglia), non si aspettava che capissero quanto fossero orribile le cene con suo nonno e gli amici di suo padre, anime avviluppate in veli di rancore. Aveva passato tutta l’infanzia a fare inchini a rispettabili colleghi di Draco, tutte persone che il camice lo indossavano persino a Natale e che iniziavano col farti i complimenti, proseguendo col diagnosticarti patologie sconosciute, concludendo col donarti un pacchetto pieno di rimpianti. Perché ecco cos’era il natale in casa Malfoy, una tavola imbandita di rammarico, colma  di depressione e frustrazione.
Eppure, al contrario delle sue aspettative, annuirono tutti complici. Scorpius spalancò gli occhi.? A rispondere al suo sguardo, fu l’ultima persona che si sarebbe aspettato: Rose Weasley, si alzò da terra, e gli sorrise, per la prima volta in vita sua, gli sorrise.  “Beh, perché pensi che sia passiamo ad Hogwarts il Natale? Mamma e papà lavorano, e se non lavorano hanno ben altre faccende da sbrigare. Salvare il mondo dai gatti sugli alberi non deve essere facile, dopo tutto.” Gli sussurrò, arrossendo per l’inaspettata confessione. Che poi. Carota sarebbe potuta essere anche quasi, e ribadiamo quasi, simpatica, se si fosse applicata un pochino. Scorpius le sorrise di rimando, mozzicandosi il labbro quasi se il suo inconscio lo stesse rimproverando. Si, sarebbe stata senz’altro simpatica. O almeno lo sarebbe stata solo per le prossime dodici ore. Ma d’altronde a Natale si è tutti più buoni, no?!
Caro Babbo Natale, perché non fai in modo che Carota sorrida in eterno? Così sembra quasi innocua!
Il giorno dopo Scorpius capì che quel sorriso era stato il primo.. ed anche l’ultimo. Ah, maledetta luna e maledette donne!

 

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Capitolo 2
*** …The extirpation of the carrots all over the world ***


Buonasera a tutti!
Ed ecco qui, come promesso, con il primo capitolino (perché di capitolini si parla) delle Missing. Sono indecisa riguardo ad una cosina: preferite tutti i capitoli una coppia diversa o soltanto la Rose/Scorpius?
Vi spiego, stavo pensando di scrivere il primo capitolo su Rosie e Scorp, il secondo su James e Dominique, il terzo su Hilary ed Albus ed il quarto su Ron ed Hermione, ma nel caso doveste preferire soltanto questa coppia, fatemelo sapere ;)
Beene, vi lascio alla lettura!
A prestissimissimo,
Bacionissimi(?)
JustAHeartBeat


 
All I Want For Christmas is

(Primo anno)
…The extirpation of the carrots all over the world

“E’ NATALEE!” fu l’urlo di una vocetta acerba ed ancora terribilmente stridula, riverberante nel litico dormitorio freddo ed umido. Un bimbetto biondo di massimo undici anni si rigirò tra le coperte candide, già adeguatamente arrotolate attorno al suo corpo, il cuscino di piuma d’oca schiacciato sulla faccia a soffocare i suoi piagnistei contrariati. “Mh, Abush laami ooie” fu la prima ‘frase’che riuscì ad articolare, biascicata in tono lamentoso, ad occhi chiusi, mentre trascinava la coperta lanosa del suo letto a baldacchino, dalle tende ancora chiuse, lungo il suo corpetto, raggomitolato in posizione embrionale, sino a coprirsi la faccia al disopra del guanciale. Abush, il quale nome era in realtà Albus, scoppiò a ridere, scostando le tende di smeraldo in modo tale da far filtrare la luce delle torce accese nel ‘rifugio’ del compagno di Casa.
Era un ragazzino smilzo e bassetto, dai disordinatissimi capelli neri di pece e gli occhi verdi scuri. Era praticamente un Harry Potter in miniatura, con la differenza che, sul nasino leggermente allungato, al posto di piccoli occhiali con lenti a fondo di bottiglia, vi erano rade e leggere lentiggini.
“Oh, Scorp, vuoi alzarti?!” sbuffò, scoprendo l’amico, che, colto dall’improvviso freddo dei sotterranei portò le gambe al petto, stringendo gli occhi quasi a voler fingere d’essere ancora addormentato. Poi, arrendendosi all’evidenza, li riaprì rivelando due acquose iridi d’un grigio chiaro, quasi la sfumatura del cielo nuvolo, quando è appena smesso di piovere ed il terriccio bagnato profuma di muschi e licheni, quella sfumatura che assume la mattina presto, poco prima dell’alba. “Secondo te, Severus?!” fu l’acida risposta di Scorpius Malfoy, farfugliata con voce ancora impastata dal sonno. Buttando una gamba dietro l’altra fuori dal materasso, si alzò in piedi barcollando a destra ed a sinistra, braccia tese in avanti come se si aspettasse di colpire il mobilio dell’intera stanza. Albus lo ignorò, prendendo a camminargli accanto, un sorrisone enorme disegnato sul volto paffuto. “Ma hai capito, Scorp? E’ Natale! Oggi è Natale!” continuò a ripetergli tutto felice, prendendo a camminargli di fianco. “Si, Al, l’ho capito.” Rispose, infilando lentamente la felpa nera poggiata mollemente sopra il suo baule, raffreddato ed insonnolito come tutti i giorni. Al lo prese come un ‘Buon Natale anche a te’ e, zampettando, lo seguì nella Sala comune.
Seduta ad aspettarli su una delle poltrone smerigliate poste davanti al caminetto, a braccia e gambe conserte, v’era una ragazzina piccolina e tondetta, dai lunghi capelli di pece raccolti in due trecce laterali. Era bassina, Hilary Nott, era molto più bassa rispetto alle sue compagne, ed anche leggermente sovrappeso rispetto alla media dei ragazzini della sua età, ma allo stesso tempo, aveva gli occhi più belli che Albus avesse mai visto, ed anche i più difficili da descrivere. ‘Ha gli occhi azzurri’ aveva pensato a primo impatto, quando la McGranitt aveva chiamato il suo nome, durante lo Smistamento. ‘No, ha gli occhi verdi’ si era corretto pochi attimi dopo, quando lo aveva raggiunto alla tavolata verde-argento, saltellando teneramente, contenta del giudizio del vecchio cappello sgualcito e polveroso. ‘Ci rinuncio’ era stato il pensiero che gli aveva solcato la mente quando Hilary, seduta accanto a lui, gli aveva porto la mano, presentandosi. Soltanto giorni dopo, certo di voler trovare un modo per descrivere quegli occhi, si era rivolto al più aggiornato e fedele dei propri vocabolario: sua cugina Rose. La rossa lo aveva informato, con uno sbuffo, che “Il termine che stai cercando, Albus, è glauchi, occhi glauchi, come Atena, descritta da Omero nei suoi poemi!”. Glauchi. Albus non aveva idea che esistesse un termine così. Albus si era sentito un ignorante. Rose doveva smetterla di fare il dizionario della situazione.
“Oh, alla buon’ora! Pensavo che vi avesse inghiottito il letto!” esclamò, saltando giù dal divano ed andargli incontro. Indossava già la divisa scolastica, lo stemma della propria Casa le brillava sul petto, fiero. “No, Scorpius era stato inghiottito dal sonno. BUON NATALE!” le riferì il moro, terminando la frase con un urlò,per poi catapultarsi ad abbracciarla. La ragazza, stretta tra le braccia dell’amico, era interdetta ed a disagio, nessuno l’abbracciava mai, da tempo, neppure sua madre, suo padre, nessuno. Stretta tra le braccia di chi al confronto era un estraneo si sentì calda, nonostante il freddo, si sentì a casa, come non faceva da tempo, si sentì protetta, come mai prima d’ora. ‘Grazie’ pensò, ma non lo disse. ‘Grazie’. Non venne sbuffato in una nuvoletta di condensa, ma rimase comunque in quella stanza, il suo eco urlato tra le quattro mura, espresso solo da un battito mancato. “A-Anche a te..a voi.” Rispose, con un sorriso grato. “Nah, lascialo stare, oggi non è dell’umore giusto.” La informò ancora, Albus, sciogliendo l’abbraccio.
“Certo … Zabini? La tua ignoranza è molto divertente, per tua informazione il gene dei capelli ‘mandarino’ come li chiami tu è dovuto a livelli molto alti di feomelanina, ed a livelli molto bassi di eumelanina[1], non all’eccessiva assunzione di arance. Comunque, dov’è Albus? Non mi sono fatta sette piani di scale per parlare con te di cose che neppure afferreresti.” Una voce minuta ma al contempo altezzosa e fastidiosamente calma li raggiunse, facendo ridere di cuore il diretto interessato e sbuffare pesantemente il migliore amico. “Già odio il Natale di mio, poi ci si mette anche Carota..” mugolò, scocciato, incrociando le braccia al petto. Fantastico. Avrebbe passato una bellissima giornata ad essere corretto da un topo da biblioteca ascoltando l’etimologia di qualsiasi parola pronunciasse. Hilary sbuffò una risata. Okay, si sarebbe divertita.
Rose Weasley, comunemente nota alle Serpi come Lenticchia o Carota entrò a testa alta nella Sala comune, passo controllato, ritmo cadente. Nessuno avrebbe potuto stonare più con quell’ambiente umidiccio, freddo ed angusto. Scorpius si sorprese esterrefatto nell’osservare il corpicino sinuoso fasciato da uno sgargiante vestito scarlatto, dai contorni di finta laniccia bianca, si fermò a guardarle la vita, evidenziata da una spessa cintura in pelle di drago, o i capelli disordinati, sciolti sulle spalle, a formare tante piccole spirali, anch’essi rossissimi, o la carnagione pallida puntinata da miliardi di efelidi chiare, e si sorprese a pensare che anche la stonatura con l’ambiente smeraldo , ipocritamente perfetto non fosse poi terribile. E’ scesa nei sotterranei. Dalla torre è scesa nei sotterranei. E gli sembrava una bella cosa, davvero. Gli sembrava una cosa dolce. Poi però..
“Auguri a tutti!” disse, rivolta ad Hilary ed Albus, con ilarità, poi, mantenedo il sorriso falso adottato con la ragazzina aggiunse: “Wow! Barbie… che tinta hai usato stamattina?”, un ghignetto malefico ad incresparle le labbra. Scorpius, con disappunto, alzò gli occhi al cielo, prendendo a fare il conto alla rovescia partendo da cinque .
Caro Babbo Natale, ti prometto che l’anno prossimo sarò la persona più brava su questo pianeta, ma tu, per cortesia, te lo chiedo in ginocchio, estirpa tutte le carote nel mondo, ti prego.










[1] Spiegazione precisa sulle cause del rutilismo J [Fonte: http://www.enricopantalone.com/Rutilismo.htm]

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Capitolo 3
*** ...Just a skate on the head ***


Okkkayyyy, fermi tutti!
Sto aggiornando!
Con qualche secondo di ritardo (ore 00:00), ma lo sto facendo!
Va bine, oggi non vi dico nulla perchè sono cotta come una zucchina(soltanto che mi dispiace per la lunghezza ridotta del capitolo, ma davvero sono tornata a casa dalla cena di famiglia poco fa e son stata tutto il giorno fuori), vi dirò tutto domani con l'altro capitolo, o forse modificherò le note iniziali..chi lo sa!
Ad ogni modo ora vi dico buona lettura, buona notte, e buon stao Stefano!
Bacionissimi(?)
JustAheartBeat



(terzo anno di Rosie, quarto di Dominique)

Just a skate on the head
 
“Merlino, James! Ma dove diavolo siamo?” urlò una ragazzina sui quattordici anni, i capelli perlacei sciolti al vento a volteggiare  assieme alla brinata brezza mattutina di quel giorno; gli occhi di ghiaccio bendati dalla cravatta del cugino; l’esile corpo acerbo avvolto in un lanoso vestito corto di un chiaro albicocca; le gambe snelle fasciate da una pesante calzamaglia bianca.
Una risata cristallina alle proprie spalle l’avvisò della presenza di James, che seppur silenzioso e cauto, la stava guidando da mezz’ora a quella parte verso una meta a lei ignota. “E’ il mio regalo di natale!” le aveva detto quella mattina quando con la grazia di un assassino seriale l’aveva scortata  via dal tepore del castello, fuori, nel candido gelo delle stradine di Hogsmeade.  
“Oh, Domi! Sono venti minuti che me lo chiedi! Capisci che da me non otterrai alcuna risposta a parte il ‘lo vedrai dopo’?” le rispose, per quella che gli parve milionesima volta, senza però perdere il sorriso che gli illuminava il volto da tutta la mattinata. L’avrebbe fatta felice, ne era sicuro. La ragazza, per tutta risposta,gli fece una grande e rumorosa pernacchia. Già, anche lei aveva i suoi momenti maturi …
Continuarono a camminare in silenzio lungo la via principale del paesino di montagna. Dominique, ormai abituata all’essere guidata da qualcuno, aveva ripreso il suo abituale passo svelto, occasionalmente velocizzato dall’impazienza, testa alta ed  entrambe le mani arpionate sulle mani del cugino, delicatamente poggiate sui suoi fianchi quasi inesistenti. Delle volte la bionda desiderava ardentemente una costituzione sinuosa quanto quella di Rosie, insomma..perché la cugina, per inciso più piccola, aveva già tutte le curve al loro posto (seppur più accentuate e più tonde del normale) , e lei doveva essere secca come una  prugna?
James iniziava davvero a faticare per stare al passo della ragazza, ed a pentirsi di non averla portata a forza sul manico di scopa. Le strinse la vita costringendola a rallentare, poi, comprendendo da un anormale cumulo di neve sporca di essere quasi arrivato a destinazione, lasciò la presa per prenderle la mano.
“Domi, siamo quasi arrivati, un attimino e potrai aprire gli occhi” le sussurrò all’orecchio. La ragazza tremò quando il sospiro caldo del ragazzo venne a contatto con il suo collo latteo, pressoché ghiacciato. Non ebbe la forza di replicare, perciò annuì flebilmente, strizzando  gli occhi per non farsi prendere dall’adrenalina pre-sorpresa. Battito uno. James si separò da lei, poté solamente sentire il tepore del corpo del cugino allontanarsi ed il fruscio delle sue scarpe di cuoio che sprofondavano nella neve alta e vaporosa, lasciando impronte più o meno simile alla scarpa a seconda della velocità del passo, rovinando quei meravigliosi mucchietti naturali di manto d’inverno.
“Jamees, ho paura. Cosa mi vuoi fare?” gli chiese a quel punto lei, che, presa dall’ansia, aveva iniziato a tremare impercettibilmente, veniva ricoperta da tanti piccoli brividi ad espandersi a macchia d’olio, recependo il vento gelido molto più di quanto non avesse fatto prima. Alla fine, Jamie non le faceva mai regali così, ci doveva per forza essere qualche scherzo sotto!
Il volto del ragazzo venne acceso da un piccolo sorriso quando, intento a fare il meno rumore possibile, nel tentativo di accettarsi dell’effettiva sicurezza del suo regalo, la vide lì, la sua cravatta ancora sugli occhi, immobile, esattamente come gliel’aveva allacciata lui, stretta nel mantello di lana che le aveva regalato zio Bill il Natale precedente, a tremare come una fogliolina, una di quelle piccole e verdi, di quelle che appena nate lottano contro le tempeste per non scivolare a terra, fidandosi del ramo d’appartenenza. Ecco cos’era Dominique, in quel momento: una piccola foglia che lottava contro i propri timori, fidandosi di lui. Si stava fidando di lui. Nonostante sapesse bene quanto fosse difficile farsi guidare dall’unica persona al mondo in grado d’inciampare stando seduta, lei si stava fidando. E l’innocenza ad imporporarle le guance essendosi accorta della frase ambigua appena pronunciata? Merlino e Morgana, James le avrebbe volentieri baciate entrambe per poter appurare con certezza la consistenza di quel velo di visibile immatura morbidezza.  ‘Cosa mi vuoi fare?’ . James non le voleva fare nulla. Nulla, a parte farla ridere per sempre. Nulla, a parte poterle confessare la sua cotta secolare. Nulla a parte poggiare le labbra sulle sue, quelle tonde e piene, quelle perennemente stese in sorrisi mozzafiato . Nulla a parte tenerle la mano fino farla fondere con la sua. Nulla a parte … nulla, non le avrebbe fatto nulla.
“Puoi aprire gli occhi, Dominique” le sussurrò, distante, ma allo stesso tempo vicinissimo.
Dominique aprì le palpebre, rivelando al mondo il colore del cielo in Agosto, quello luminoso e sereno, senza una nuvola, senza un ostacolo, soltanto libero, felice, un  colore soltanto suo. Poi successe, o meglio, poi successero tante cose: prima di tutto, James si ritrovò spiaccicato sul duro suolo di ghiaccio di quella che era una vera e propria pista circolare, nata dalla gentile natura da un laghetto di più o meno 40 metri di diametro, la ragazza sopra di lui ad urlare ringraziamenti sconnessi dei quali il povero ragazzo afferrò solamente le parole ‘Merlino’, ‘Mutande di Barnaba il Babbeo’ e ‘ti voglio troppo bene’ ; poi la ragazza si alzò e, senza curarsi del ridente cugino ‘ferito’ si diresse verso il centro del cerchio di gelo,dove due piccoli stivaletti bianchi leggermente rialzati da un tacchetto, poggiati elegantemente su d’una sottile lama argentea, facevano bella mostra di sé. Per tutte le mutande leopardate di Piton. La ragazza, colta un attimo di lucidità, si girò verso il cugino con l’intendo di ringraziarlo, ma poi, nel vederlo sfrecciare da una parte all’altra del laghetto, su un altro paio di bellissimi pattini, perse il lume della ragione. Ed in quel momento successe l’ennesima cosa: Dominique, s’innamorò di suo cugino. Merda.
Caro Babbo Natale, quest’anno non ti chiedo molte cose, ma fammi cadere dal cielo un pattino in testa. Ora. Qui. In questo instante. Ti prego.

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Capitolo 4
*** ...Nothing, Nothing At All. ***


 
Okay, lo so, sono in ritardo … perdonatemi ragazzi, ieri son stata tutto il giorno fuori casa (inizio compatire il povero Babbo Natale XD). In compenso, però, il capitolo è più lungo del previsto e … mi sono impegnata davvero molto per finire queste Moments degnamente, per tanto non mi andava di pubblicare ieri un capitolo che vi avrebbe fatto schifo ed  ho preferito aspettare e correggerlo.
Beene, oggi vi lascerò anche le note di fine capitolo per i piccoli avvisi su ‘Qualche lentiggine di troppo’ e cosine così.
Ci vediamo giù! (mi mancava troppo scriverlo *risata malefica*)
Cieuu
 
(quarto anno di Rosie e Scorp..a casa Weasley)

nothing, nothing at all…
 
RONALD BILIUS WEASLEY! Porta immediatamente qui le chiappe!!” l’urlo dell’alterata voce femminile rimbombò su per la tromba delle scale, facendo tremare pareti e quadri, percorrendo gli scalini ad uno ad uno, come un piccolo spiffero caldo, perforando i timpani del povero coniuge Weasley, tranquillamente adagiato sulla poltrona della propria camera da letto, intento ad ispezionare in lungo ed in largo una copia del Cavillo, alla disperata ricerca di un articolo sui risultati della partita Holyhead Harpies- Cannoni di Chudley. Questo alla magnifica melodia si alzò dalla sedia di scatto, dal morbido rifugio beige, tanto velocemente da sembrare una saetta scarlatta, tanto obbediente da poterlo paragonare ad un soldato sull’attenti. Oh, accidenti alle mogli. “Arrivo Mione!” le rispose, correndo a nascondere in fretta ed in furia il giornale sotto il materasso, prendendolo a calci furtivamente. Miseriaccia che stress, ma il Natale non dovrebbe essere un giorno di festa?!
Ron, alzando gli occhi al cielo, percorse la stanza da letto addobbata da mille e mille coppe e riconoscimenti, e finendosi di allacciare la cravatta bianca dello smoking lindo e perfettamente stirato, uscì dalla porta di liscio ebano, per raggiungere la moglie al piano inferiore, passo trascinato quasi fosse vittima di un imperius, vittima invece della soffocante vita coniugale.
Il salotto della casetta campagnola era di medie dimensioni e, per l’occasione, talmente immacolato da sembrar falso. La pianta della stanza era rettangolare, circondata da muri bianchi, colmi e stracolmi di fotografie di tutti i gusti e dimensioni di Rose e Hugo Weasley a tutte l’età; adagiato nel punto medio di una delle dimensioni più grandi, v’era un caminetto in pietra, molto rustico ed accogliente, nel quale scoppiettavano piccole fiammelle blu. Ron sorrise, non avrebbe mai potuto descrivere l’amore e l’affetto che ormai provava per quelle fiammelle, ricordo vivido di trent’anni di vita, sempre presenti nei suoi anni ad Hogwarts e negli anni a venire.. peccato che lui non riuscisse a produrle, o meglio, non aveva mai voluto provare, preferiva di gran lungo guardare le mani candide di Hermione crearle, farle nascere e scoppiettare, piegarle a movimenti soffici e sinuosi, costringerle a danze di propria invenzione, come aveva sempre fatto, e come avrebbe continuato a fare. Proprio davanti al camino, v’erano state posizionate quattro poltrone scarlatte di ampia capienza, con tutto l’intento di clonare l’ambiente caldo che aveva abbracciato entrambi i coniugi per sette anni, che non avrebbero mai abbandonato i loro ricordi. Sul pavimento piastrellato in cotto d’un pesca leggermente aranciato, era stato adagiato un tappeto dai fini ricami zigzaganti.
“Oh, ce ne hai messo di tempo! Rosie ed Hugo arriveranno a momenti, Ginny li ha trattenuti un po’ di più. Per quanto riguarda ai nostri colleghi saranno qui per le otto in punto, ed io non ho ancora finito di cuocere il tacchino, ed il pudding è un disastro!” esclamò, la donna, chiaramente soggetta ad una crisi nervosa, senza neppure prendere una pausa per respirare, percorrendo il salotto a grandi passi, diretta ad una grande cesta di panni da lavare. 
Hermione Weasley, nonostante i trentanove anni suonati, conservava ancora lo stesso identico fascino guerriero di quando ne aveva diciassette, anzi, il suo essere una donna matura ed autonoma, non aveva fatto altro che aggiungere stile alla classe che già aveva ai tempi di Hogwarts. Nulla, in sua moglie, sembrava esser variato d’una virgola: i capelli crespi avevano acquistato ancora più volume di quanto già non ne avessero prima, ma la donna, col tempo, aveva imparato a domarli con la magia, stringendoli spesso in strette crocchie sul capo; il fisico flessuoso manteneva la sua morbidezza, ma le forme erano più sviluppate, rispetto ad anni prima, ed erano mature e piene, facendole abbandonare quel fascino acerbo che l’accompagnava in giovinezza, ma donandole quello mature che s’addice ad una bella donna. La sua bella donna. Il volto aveva lasciato da tempo la morbidezza e la tondezza infantile, ed i lineamenti erano più severi ma comunque ammorbiditi dalla dolcezza della sinuosità del volto d’Hermione. Il carattere poi, il carattere era lo stesso, aggiungendo le alterazioni dovute allo stress dovuto ai figli, al Natale, alle feste, ai regali, alla spesa, alla casa, al ... Okay, diciamo che di cose a cui pensare ne aveva, Hermione.
“Oh, Herm, lo sappiamo entrambi che cucinare i dolci non è il tuo mestiere! Il tacchino però profuma da morire.” Le rispose, con un’allegra scrollata di spalle, per tentare di raggiungerla. Tentare. Hermione, aveva infatti ostacolato il suo passo incalzante, tirandogli addosso un enorme orsetto peluche, accompagnato da un: “Grazie, Ron, come al solito sei molto confortante. Ah, stupidi cucchiai!” sull’orlo delle lacrime. Si sedette sul bracciolo di una delle poltrone rosse, cesta poggiata in grembo, testa bassa, tirando su col naso.
Terribilmente piccola. Terribilmente, incredibilmente piccola dei suoi trentanove anni di età. Ecco cosa vide Ron, immobile nel bel mezzo della stanza, col peluche in mano. La guardò trattenere le lacrime, tirando su  col naso, la guardò strofinasi il volto ancora privo di trucco, la guardò torturarsi il grembiule bianco e sporco di giornate intere di pulizie interminabili, la guardò stringere la cesta di vimini nelle manine piccole, torturarne debolmente il bordo, la guardò tremare impercettibilmente, gusto il poco che bastava per dar movimento all’elegante vestitino dalle maniche corte e velate, e rivide la guerriera ferita, rivide Hermione Granger, bacchetta sguainata a combattere a favore d’una rocca che l’aveva accolta per tanto tempo, troppo per non esser considerata casa. La vide fragile, minuta, più di quanto in realtà non fosse, rivide le sue debolezze, e si sentì un verme. La donna s’abbandono alle lacrime, la guerriere aveva perso la battaglia. Singhiozzava, sommessamente, e lentamente, sobbalzando con un regolare ritmo cadente ma lento, quasi lo volesse regolare lei, quasi non sopportasse quella decisione presa dal suo corpo. Fu abbastanza per spaventare il coniuge. Mai, mai, mai, in vent’anni di vita coniugale, aveva visto Hermione piangere, e mai più lo avrebbe fatto, la sua era una promessa. Non era davvero sopportabile.
Le si precipitò accanto, per poi sfilarle la cesta  dalle gambe e gettarla sul divano davanti a loro. “No, Ron..sono..i…panni…pu..li..ti”, singhiozzò, non riuscendo a collegare con la voce, fioca e precaria, le parole e spesso anche le singole sillabe, allungando il braccio come se il gesto le permettesse di riafferrare la cesta, le lacrime a solcarle ancore il volto. “Shh.. Mione, non fa nulla, dopo li riprenderai, sono intatti, ora ascoltami” le sussurrò, accovacciandosi alla sua altezza, per poterle circondare le spalle tremolanti col proprio braccio, carezzando con l’altra mano, il suo braccio teso, in un silenzioso incoraggiamento ad abbassarlo. Lo accompagnò nel suo viaggio verso il basso, coprendone la superficie con piccole carezze a fior di pelle. “No, Ron..io..devo..” ma le deboli proteste di Hermione, biascicate tra singulti strozzati, furono immediatamente messe a tacere dal coniuge, che con tutta la delicatezza concessagli dalla natura, le posò un indice sulle labbra, in un invito a farlo continuare. La donna acconsentì, tin un tremante segno d’assenso. “Mione, miseriaccia, non sono bravo con le parole, lo sai benissimo, ma ascolto in maniera divina ormai, ti prego, dimmi che è successo.” Riprese, sedendosi sul divano accanto a lei, per poi farla poggiare sulle proprie gambe, in modo tale di poterla guardare meglio in viso e stringerla contemporaneamente. La donna deglutì, passandosi una mano sul viso per scacciare via le lacrime che lo solcavano, poi, respirando affannosamente ed a scatti, mormorò: “Io..Ron, pensavo che..funzionasse..che funzionassi..pensavo che..le cose.. sarebbero andate.. come nei film..la moglie che..” si prese una pausa, per asciugarsi ancora una volta gli occhi arrossati, accoccolandosi al petto del marito, poi continuò: “..aspetta a casa..il marito.. con la torta..invece..sono un disastro” riprese a piangere, le labbra impastate di lacrime, il capo chino sulla spalla del compagno, tra l’incavo del suo collo, una manina ad arpionargli la camicia, stropicciandola lievemente,i sussulti delle spalle a scuoterle ritmicamente il capo, bagnandogli così in punti diversi lo smoking nero. “Shh, no, non sei un disastro, miseriaccia, sei la donna più fantastica che esista, dico, ci vedresti qualcun altro a cucinare una cena di Natale dopo un addestramento Auror? Qualcun altro a sopportare me e la mia insensibilità quotidianamente?” le rispose,inclinando il capo per indirizzare il soffio appena percettibile all’orecchio di Hermione, accarezzandole al contempo la schiena. “Più fantastica è un orrore, Ronaldgli rispose la donna, abbandonando per un attimo il pianto per trasformarlo in un gemito di disapprovazione. Ron scoppiò a ridere, portando anche le labbra della moglie a stendersi in un sorriso. “Ti amo” fu la risposta del rosso, risposta banale, frase detta e stra-detta, letta in tutti i romanzi rosa possibili, nello stesso contesto, nella stessa posizione, ma una cosa la rendeva davvero speciale.. il suo mittente. Ronald Bilius Weasley  non diceva ‘ti amo’, il suo Ron parlava con i gesti, non se la cavava neppure un po’ con le parole, Ron preferiva un bacio, preferiva intrecciare le proprie dita con quelle della donna, preferiva poggiare la fronte alla sua, abbracciarla, ma i ‘ti amo’ erano davvero rari! “Non ce n’è bisogno, sono parole, le parole si perdono nel vento, ed io voglio che tu lo sappia sulla pelle, che tu lo capisca, che lo ricordi, che lo porti nel cuore” le aveva detto una volta poi, per completare il quadro romantico, si era gettato a capofitto nelle salsicce al centro della tavola. Hermione non le avrebbe mai scordate, però, quelle parole. “Ti amo anch’io, Ron” gli rispose, smettendo istantaneamente di piangere. Rimasero così per quello che parve loro un tempo infinito.
“Dai, ora bisogna prepararci ed asciugarci la faccia! E, per inciso, quando torno da lavoro, mi prepari una teglia di lasagne, il che è nettamente preferibile!” esclamò, alzandosi in piedi, per aiutarla a sua volta. Hermione, una volta in piedi gli si fiondò sulle labbra, affondando le mani nell’incendio dei suoi capelli. Lo strinse a se, appropriandosi della sua bocca, lambendola, mordendola, amandola. “Ho un regalino per Natale, caro Babbo..” gli mormorò, ancora ad un soffio da lui. “Oh, Oh, Oh… lo verrò a prendere, befana!” gli rispose per poi iniziare a correre via dalle mani della moglie..e del suo peluche. “BEFANA?? Ma io ti disintegro! Brutto sterco di Troll!” l’uomo scoppiò a ridere, schivando per un pelo l’orsacchiotto che, ancora una volta, gli aveva tirato addosso. ‘Me la farà pagare..me lo sento’.
Caro Babbo Natale, okay, so di essere davvero troppo cresciuto per una letta, ma era solo per comunicarti, con tutto il rispetto possibile, che..è giunta davvero l’ora di andare in pensione, no?! Ad ogni modo tranquillo, spargi voce a tutti che qui, i Weasley sono a posto, io sono a posto! Vedi, non mi serve più nulla: ho tutto, ho davvero tutto qui con me. Befana compresa.

 
 
 
Ed eccomi qui!
Ragazzi, questa raccoltina è terminata! (*scoppia a piangere tragicamente*) ma voi non vi preoccupate, so che starete morendo dal dolore (…vero??), ma tranquilli, Lunedì si torna in scena(?) con ‘Qualche lentiggine di troppo’, e vi libererete di me moolto difficilmente (si, è una minaccia *risata malefica*) !
Biine, quanto amo Ron ed Hermione? Si, lo so che molte di voi mi staranno già uccidendo, so che molte amano le Dramione ma io..non ce la faccio, perdonatemi, da terribile tradizionalista amo questi due piccini(?) assieme, e non credo che potrei cambiare idea molto facilmente!
Ad ogni modo smetto di rompervi le pluffette e vado a ninna!
A Lunedì!
Bacionissimi(?)
JustAHeartBeat
Ps: vorrei ringraziare con tutto il cuore InsurgentRose, Elena, Lit, Chiara, Fancy, Alvistork e lenemckinnon per aver recensito questa raccolta, davvero, non sapete quanto vi sia riconoscente e quanto vi adori, ho davvero bisogno del vostro appoggio e voi non me lo negate, davvero, grazie.
Pps: Okay, sto modificando il capitolo davvero troppe volte XD, comunque modifichero la lista delle sante ragazze (che adoro con tutta l'anima) se qualche utente nuovo recensirà, ovviamente! (...sta volta me ne vado davvero...almeno credo...)

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