Cambiamenti

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Quando Jensen si chiuse la porta alle spalle, non si guardò indietro. Benchè dietro di lui si lasciava pezzi del suo cuore sparsi ovunque.
Uno: non voleva voltarsi. Avrebbe sentito troppo dolore.
Due: Jared, in quel momento, non meritava nemmeno quello.
La porta di casa loro si chiuse con un tonfo sordo e per un tempo che Jared non avrebbe mai potuto quantificare, restò  seduto sul divano con la testa ancora nascosta tra le mani. Per vergogna. Per senso di colpa. Per dolore. Ma soprattutto per la consapevolezza che aveva perso Jensen. Per sempre.
“Ma che succede??!” fece una voce, poco dopo.

*****
L’incontro….


Quando si incontrarono Jared, era ancora all’ufficio ricerche del Bureau, ma sapeva che quel lavoro gli avrebbe cambiato la vita. Perché la sua vita erano le ricerche, il sapere e il poter e voler fare partecipi gli altri di ciò che sapeva. Ci si stava impegnando con tutto se stesso e i risultati, lo sapeva, sarebbero arrivati. Magari non presto. Ma sarebbero arrivati. 
Jensen, invece, aveva appena iniziato a cantare e a farsi notare in un piccolo locale con piano bar. Ma il suo talento vocale non passò inosservato e la gente cominciava a prenotare quando sapevano che c’era lui ad “allietare”  le serate.
Fu così che si conobbero. Una sera. 
Jared era nel locale in cui avrebbe cantato Jensen, con dei suoi colleghi per festeggiare la sua promozione a responsabile dell’ufficio. E Jensen quella sera scelse la chitarra come suo strumento d’accompagnamento, anche perché se la cavava decisamente meglio con quella che con gli altri strumenti. Tutti quelli che erano nella saletta, lo applaudirono subito, non appena lo videro sistemarsi sullo sgabello e prepararsi per il piccolo spettacolo.
Jared fu sorpreso da una tale accoglienza, anzi, sembrava quasi le persone lo stessero aspettando.
“Finalmente!!” fece, entusiasta, una voce femminile accanto a lui e Jared non potè ignorarla.
“Mi scusi…non sono del posto..” si giustificò, “…ma chi è?!” chiese indicando Jensen che stava finendo di sistemare microfono e chitarra.
“Si chiama Jensen Ackles…è bravissimo ed è un vero peccato che non riesca a trovare qualcuno che lo….diciamo…sponsorizzi!!” spiegò decisamente delusa la ragazza. “E poi, e questo è un commento prettamente personale, è tanto bravo quanto inaccessibile!!” ridacchiò rassegnata.
“Impegnato?!” chiese giusto per fare conversazione.
“No, liberissimo… ma sfortunatamente, per noi signore, non c’è possibilità!!” rivelò facendogli l’occhiolino. Jared la guardò e per un istante non capì. Solo quando vide la ragazza strizzargli l’occhio intese.
“Oooh!!” e subito dopo si rimise al suo posto perché le luci si erano fatte soffuse, segno che il cantante era pronto ad esibirsi e poi anche perché non voleva disturbare oltre.
Dopo pochi accordi, la voce di Jensen, senza ombra di dubbio, una bellissima voce, riempì il locale.

Sick and tired of getting older ( Malato e stanco di diventare vecchio
I keep getting lost trying to find my way ( Continuo a perdere, cercando la mia strada
Looking for love in every corner( Cercando l’amore dietro ad ogni angolo 
night after night (Notte dopo notte
but every street light looks the same  ( ma ogni lampione sembra lo stesso

So I'm taking the chance,  (Così, mi prendo la mia possibilità                                                                                                              
 walking away,  ( cammino a piedi                                                                                                                                                                
 breaking the rules ( infrangendo le regole
nobody here can tell me what to do ( qui, nessuno può dirmi cosa fare.

I'm out on my own, making my way ( Sono qui fuori da solo, per la mia strada
trying to be someone that  ( cercando di essere qualcuno                                                                                                                            
I can be proud of one day ( di cui un giorno sarò fiero
I’m out on my own, doing it my way ( Sono qui fuori per conto mio, per la mia strada

I gotta be tough, gotta be stronger ( Devo essere un duro, devo essere forte
and take the time to understand ( e prendermi il tempo per capire
This city can’t get any colder ( La città non può essere così fredda
stab you in the back ( ti pugnala alle spalle                                                                                                                                                                      
while shaking your hand ( mentre ti stringe la mano


La canzone era palesemente una romantica “dichiarazione di guerra” del cantante contro le avversità che deve superare un semplice artista che vuole dimostrare il suo talento e forse era solo la voglia, di chi aveva scritto la canzone, di cantare il suo voler andare avanti e dimostrare ciò di cui si è capaci. La voce graffiante ma indiscutibilmente dolce di chi la stava interpretando, davano al testo e al semplice accompagnamento acustico un tocco del tutto personale. 
E sì!! Jensen era decisamente bravo e indubbiamente….bello. Bellezza che veniva risaltata dalle luci che gli ondeggiavano addosso. Un unico spot e qualche piccolo faretto ai bordi del semplice palco, lo rendevano quasi trascendente. 
Quando l’applauso riempì il vuoto lasciato dall’ultimo accordo, Jared si riprese dai suoi pensieri e si unì al coro per un bis. Il cantante, che sembrava quasi intimorito da una tale approvazione di pubblico, acconsentì timidamente. Ringraziò e andò avanti con altre canzoni, alcuni soft, altre più allegre ed accettò anche una dedica. Una ragazza che stava festeggiando il suo secondo anno di matrimonio con il giovane marito. Jensen non potè non accontentarla e solo per loro cantò “Future Days” dei Pearl Jam. Quale miglior canzone di una in cui si dice che i migliori giorni sono quelli in cui, chi si ama non può fare altro che vedersi insieme per altri giorni futuri.
La serata finì e alcuni dei clienti si avvicinarono al cantante per complimentarsi e Jared non resistette e fece lo stesso. Si congedò dai suoi amici, con una scusa e che sarebbe tornato con un taxi e quando fu solo, si avvicinò a Jensen che stava staccando i vari jack dagli amplificatori.
“Dì la verità!! I Pearl Jam, te li sei preparati!!” disse con falso tono accusatorio. Jensen si voltò verso di lui e gli sorrise per niente offeso da quell’uscita.
“No. Ma sapevo che in sala c’era una coppietta in aria di anniversario e Future Days è sempre una buona scelta!!” confessò con aria furbesca.
“Da quello che ho sentito stasera, hai molti fan adoranti e….molte fan addolorate!”ironizzò senza calcare troppo nè il tono nè l’approccio.
“Non mi lamento. Vuoi unirti a loro?!” chiese ironico l’altro.
“Ci sto pensando.”
“ E di quale fanclub faresti parte!?” chiese con una sincera curiosità stringendo gli occhi sul suo interlocutore occasionale.
 Jared sorrise perchè sapeva, aveva capito che cosa Jensen volesse sapere, dato quella specie di abbordaggio che stava provando a mettere a segno.
“La musica non mi dispiace. Ma quella buona, come ho visto tu sai fare, mi piace ascoltarla nella tranquillità di casa mia. Poi, magari si vedrà se sarò un adorante o disperato!” e questo lo disse con un tono decisamente ammiccante.
Jensen colse l’allusione e sorrise sinceramente al ragazzo che aveva di fronte.
Perché no?!, si disse. Era stata una bella serata, il pubblico era stato più che caloroso. Perché non finire in bellezza?!
“Ho visto che i tuoi amici sono andati, quindi mi sa che ti serve un passaggio?!” 
“Al dire il vero, non abito lontano e se non sei stanco, potremmo farci due passi?!” e questo decisamente spiazzò Jensen. Il ragazzo, anche se aveva fatto il primo passo non sembrava interessato solo a “concludere” la serata. Sembrava quasi gli stesse chiedendo un appuntamento. Ma la cosa sorprendente fu che a Jensen , la cosa faceva davvero piacere. Aveva già notato Jared durante la serata, ma non poteva immaginare più di tanto. Infondo quelli come loro, non è che  si portino dietro un insegna luminosa. Anzi , a volte, sono più discreti di chiunque altro etero.
“Con vero piacere!” gli disse tendendogli la mano. “Jensen.” Disse stringendogliela.
“Jared. Io sono Jared!” rispose e ricambiando la stretta.

Circa un quarto d’ora dopo, i due ragazzi erano per strada, a chiacchierare come chi già si conosceva da tempo. Jensen aveva in spalla la sua chitarra e Jared, invece, a volte sembrava non poter staccare gli occhi dagli occhi dell’altro. Un verde smeraldino di un brillante quasi ipnotico, si accendeva ogni volta che Jensen rideva e lo guardava con più intensità. Quando Jared gli disse dove abitava , Jensen propose un'altra strada.
“Lo so che è più lunga, ma è una bella serata. Ti va di camminare ancora?!” chiese quasi con aria timida.
“Mi va. Decisamente, mi va!!” e strada dopo strada ci misero quasi tre ore per arrivare a casa di Jared che era distante dal club appena mezzora a piedi. 
Quando si salutarono lo fecero stringendosi la mano e poi, quando entrambi, sembravano non voler spezzare quel contatto, si guardarono sorridenti. Si baciarono. All’inizio fu un bacio leggero, soffice, quasi timido. Le labbra si sfiorarono appena eppure per loro fu come essere investiti da un onda anomala in piena potenza. Jensen gli mise una mano sul viso per continuare a baciarlo e per assaporare meglio la delicatezza con cui Jared gli offriva le labbra. Il giovane gli portò le mani sui fianchi per avvicinarlo a sé, o forse per trovare il coraggio di avvicinarsi a lui, senza esagerare. E quando entrambi sentirono il calore dei loro corpi vicini, non poterono fare altro che lasciarsi conquistare da un abbraccio che partì simultaneamente da tutti e due. 
Divenne un bacio lungo. Un bacio languido. Un bacio intimo e dolcissimo. 
Ma restò solo un bacio.
Dopo quella sera, Jared e Jensen, passarono molto tempo insieme. Sembravano quasi inseparabili. O Jared lo aspettava fino a chiusura del locale o era Jensen ad andarlo a prendere a lavoro. Passavano ogni momento possibile insieme a parlare, a fare piccole escursioni – quando era possibile -. 

Stavano bene insieme, si sentivano bene insieme, anche se ancora non si erano decisi a fare il grande passo, quello verso una conoscenza più….fisica. Non per paura o per cosa, ma solo perché prima volevano conoscersi. 
Si erano baciati…diamine!!, se si baciavano!!! Sembrava non potessero farne a meno. A volte avrebbero preferito restare senza fiato piuttosto che lasciarsi le labbra. Però…però ancora non andavano oltre. Erano diversi e pure si completavano. Avevano vite diverse che sembravano comunque incastrarsi alla perfezione. Le loro ambizioni era differenti, ma tutte portavano ad una sola conclusione: sentirsi felici e appagati. 
Durante un week-end, che erano riusciti a far combaciare con i loro impegni, affittarono un piccolo bungalow vicino ad un lago e lì, finalmente, tutto avvenne, nel modo più romantico che potesse accadere. Di fronte ad un camino acceso, nella penombra che la luce calda delle fiamme scoppiettanti del piccolo focolare offriva loro come sottofondo per i loro sospiri ansimanti e i loro richiami appassionati. Si amarono, si appartennero, si completarono nel modo più profondo e intimo. I baci dolci accarezzavano la pelle accaldata portandole un lieve sollievo. Le mani sfioravano delicatamente ogni parte del corpo che fremente chiedeva di essere torturata da quel tocco gentile. Le loro voci si univano in una melodia soffusa che altro non era che i loro nomi detti insieme. Fin quando, il piacere, atteso, cercato e voluto, non li stremò e concesse loro pace, lasciandoli abbracciati, davanti al fuoco del camino.
Da quel giorno in poi, tutto sembrò prendere nuova forma. Le loro vite. Il loro stare insieme. I loro stessi sentimenti. 
Tutto sembrò essere più chiaro e una sera quando Jensen salì sul palco per esibirsi, come al solito Jared era tra il pubblico, pronto ad applaudirlo, ma questa volta non sapeva, non aveva la minima idea che il compagno avrebbe iniziato la sua esibizione con una dedica del tutto personale. 
“So’ che di solito siete voi a chiedere una canzone particolare o a lasciare che io scelga per voi, ma permettetemi, stasera, che sia io a fare una dedica.” Chiese mentre un applauso pregno di curiosità, nel sapere chi fosse, finalmente , il fortunato,  gli diede il benestare.
“Ok!!” iniziò respirando profondamente per prendere coraggio. “Ci siamo conosciuti qui. Qui, ci siamo parlati per la prima volta e nelle tre ore che abbiamo passato insieme parlando, ridendo e camminando…si, perché cavolo, quando abbiamo camminato quella sera!!!” ricordò , facendo ridere tutti mentre invece Jared cominciava a sudare freddo, sentendosi al centro di una tacita attenzione.
“Io mi sentivo quasi fuori di testa, mentre tu eri così…tranquillo e sicuro che stessimo facendo la cosa giusta. Ed è stato così. Da quella sera non ci siamo più lasciati. Abbiamo cominciato a condividere le nostre vite, i nostri sogni. Tutto….” e la sua voce cominciò ad incrinarsi. Cercando di riprendere il controllo, la schiarì e continuò. “Io credo di non avertelo mai detto e dopo tutto questo tempo è imperdonabile da parte mia. Così te lo dico adesso. Ti amo, Jared! Tu sei tutto quello che mancava nella mia vita e questa è per te, per dirti o…cantarti, ciò che sei per me!!”, disse mentre i primi accordi già addolcivano l’applauso scoppiato subito dopo la dolce dichiarazione:

I love the way you hear the words unspoken (Amo il modo in cui ascolti le parole non dette
It's like you read between the minds (Il modo in cui leggi le nostre menti
You know before the silence has been broken…(prima che il silenzio venga spezzato
You don't know what I'm going through ( Tu non sai quello che provo                                                                                                                                
 when silence is all I give to you(quando il silenzio è tutto ciò che ti do

So hear me if you're out there(Perciò ascoltami se sei lì
Take these words and try to understand(Prendi queste parole e prova a capire
That I want you and I need you (che ti voglio e che ho bisogno di te                                                                                                                
to take the hand of a quiet man(Di prendere la mano di un uomo tranquillo


I melodiosi arpeggi e il ritmo dolce della canzone piano piano andarono scemando, mentre invece, un gioioso applauso riempì tutto il locale non appena Jensen ringraziò. Si alzò in piedi e dopo aver poggiato la chitarra sullo sgabello, scese dal piccolo palco e andò verso Jared, che senza parole, lo vedeva avvicinarsi, tra gli sguardi curiosi degli uomini e sognanti delle donne.
“Tu non puoi farmi questo!!” gli disse il giovane palesemente emozionato. I dolcissimi occhi chiari che Jensen adorava fissare anche quando erano chiusi e addormentati accanto a lui, brillavano di una luce quasi eterea.
“Ti ho solo detto che ti amo!” si giustificò con aria innocente il maggiore mentre gli metteva una mano sul fianco e lo attirava a sé.
“E posso dirti che ti amo anch’io ?!” 
“Mi piacerebbe tanto!” gli rispose mentre i loro volti si facevano sempre più vicini.
“Ti amo, Jensen. Ti amo davvero tanto!” si dichiarò prima che il compagno annullasse lo spazio tra di loro e lo baciasse incurante dell’entusiasmo che era  appena esploso intorno a loro.

La rottura……

Passarono quasi sette anni da quella sera. Jensen aveva un nuovo lavoro in un locale più prestigioso. Jared, ormai, era responsabile di tutto il settore ricerche e a volte teneva anche delle conferenze per i giovani agenti federali. Tutto sembrava andare per il meglio. Sembrava.
Jared entrò nella stanza come una furia. Sprizzava entusiasmo da tutti i pori. Gettò il giaccone sul divano e corse diretto nella camera degli ospiti che ormai era diventata una sorta di sala prove per Jensen. Il lavoro come cantante, in un prestigioso night club di Los Angeles, l’aveva talmente coinvolto, che avevano deciso che quella stanza, per lo più, inutile, sarebbe stata ottima per provare quello che avrebbe cantato dal vivo. Non gli interessava il successo, a lui piaceva cantare. Tanto. E Jared adorava la sua voce calda, dolce , ma con un che di graffiato. E Jensen nel giro s’era fatto un nome e quando c’era lui in scena, il club aveva sempre il pienone.
 Il giovane si precipitò nella stanza e abbracciò quello che era il suo compagno da circa 7 anni. Fu talmente l’impeto che ci mise in quell’abbraccio, che stavano quasi per cadere dallo sgabello su cui Jensen era seduto.
“Wooooow!!!!” esclamo piacevolmente sorpreso Jensen. “Quanto entusiasmo!!! E non stavo nemmeno cantando!!!” scherzò.
“Prepara le valigie, piccolo!” disse Jared, anche se quel vezzeggiativo era dovuto più al fatto che Jensen, nonostante fosse più grande di lui di quasi 4 anni, era più basso. Alto, ma comunque più basso. In effetti era Jared ad essere sproporzionatamente alto, o per lo meno, questa era la giustificazione del maggiore.
“Valigie!!??”
“Si va a Chicago!!”
“Cosa…come ?? Chicago??!” chiese, mettendo giù la chitarra. “E che ci andiamo a fare a Chicago in questo periodo. A gelarci il culo!!?” scherzò il maggiore.
“Non ti preoccupare di quello. So io come riscaldartelo!!” fece molto poco allusivo.
“Ah! Ah!, che ridere!!” lo rimproverò scherzosamente Jensen. “No. Sul serio!! Perché Chicago?!”
“Il Bureau mi ha assegnato un nuovo ufficio. Dovrò metterlo su dal niente, archivio compreso. Sarà grandioso!!”
“Un attimo, aspetta!!” lo fermò mentre il suo tono cominciava a mutare nell’entusiasmo. “Ma di quanto tempo stiamo parlando, Jared!?”
“Sarà un dipartimento dell’FBI, Jensen.  Penso tra i due …tre anni…forse…”, ma non andò oltre.
“Cosa??!!!” esclamò ora del tutto scioccato. “Starai via per più di tre anni?!”
“No. È questa la notizia !! Ci metteranno a disposizione un appartamento tutto nostro, Jensen. Ci trasferiamo!!” disse come se fosse la cosa più bella del mondo per entrambi. Ma non lo era e lo stava per scoprire.
Jensen lo guardò stranito e per un po’ il suo cervello andò in panne. 
Spostarsi. Di nuovo. Ancora. Per la quarta volta!!! 
“Dimmi che non  hai già accettato, Jared. Ti prego dimmi che questo….che questa cosa è qualcosa di cui dobbiamo parlare insieme??!!”
“Non potevo rifiutare….” disse ancora entusiasmato prima di rendersi conto dello sguardo profondamente deluso del compagno.
“Oh mio Dio!!!” esclamò esasperato Jensen.
“Jensen che c’è??!” chiese non capendo quello stato d’animo.
“Che c’è??! Tu mi chiedi “che c’è??” !!” e sembrò quasi esplodere a quel punto. “C’è che non voglio lasciare di nuovo il mio lavoro. C’è che non ho voglia di spostarmi ancora e ricominciare tutto daccapo. L’ho già fatto, Jared. Per te. L’ho fatto già svariate volte. Ho mollato  tutto e ti ho seguito. Mi sono lasciato alle spalle una città che adoravo. Lavori che mi davano soddisfazione e devo attraversare l’intero paese per passare qualche giorno con la mia famiglia, ma ogni volta che devo farlo, mi dico che è perché ti amo. Ma ora…ancora….di nuovo!!” fece esausto da quello che aveva appena confessato.
“Jensen, io non posso…”
“Mi dispiace, Jared. Ma questa volta proprio non ce la faccio a ricominciare tutto. Non puoi chiederlo e io non voglio farlo!” confessò dolorosamente, mentre usciva dalla camera. “Non posso mettere di nuovo la mia vita in una scatola e sballarla in un’altra città. Per quante altre volte mi chiederai di ricominciare ??!!” lo guardò quasi incredulo che Jared lo fissasse come se non avesse senso quello che gli stava dicendo. “Jared…io davvero…ti amo..lo sai…ma..non voglio. Non questa volta. Non ce la faccio. Questa volta io…io resto qui, ma tu va se devi….se vuoi!” concluse poi, per dare qualcosa su cui pensare al giovane compagno. Andò verso il soggiorno e prese la giacca e si preparò per uscire.
“Dove vai?!” chiese mortificato Jared cominciando a pensare che forse aveva fatto un passo falso. Dentro di sé ripensò a tutte le volte che Jensen lo aveva seguito senza un fiato…ma dannazione!, questa volta era la ….svolta!!
“Credo che tu abbia molto su cui riflettere. Io devo prendere un po’ d’aria e poi credo che mi fermerò da Misha stanotte. Ci vediamo domani!!”
“Jensen!!” provò a richiamarlo Jared anche se fu un richiamo quasi impercettibile.

Jensen se ne andò e per un po’ girò a vuoto per le strade della città, cercando di capire che cosa stesse succedendo, provando a spiegarsi come mai Jared proprio non c’avesse nemmeno pensato a consultarlo prima di prendere una decisione del genere, così radicale!!
 Quasi senza rendersene conto, si ritrovò a casa di Misha, il suo “capo”. In verità un suo caro amico. Era il proprietario della catena di locali in cui Jensen ormai da tempo si esibiva, da quando erano arrivati in città dopo l’ennesimo trasloco richiesto dal lavoro di Jared. 
Misha era sposato con una donna magnifica, Vicky, e avevano due bimbi meravigliosi e tremendi!!! Ma soprattutto i due “sposi” si erano davvero affezionati a Jared e Jensen, tanto che a volte gli affidavano anche i loro due figli. Bussò alla porta di casa loro e fu la donna ad aprirgli.
“Jensen, ciao!!, come mai da queste parti!!?” chiese sorridendogli sinceramente, anche se un attimo dopo si accorse che c’era qualcosa di buio sul volto del ragazzo. “Che c’è, dolcezza?!” e poi azzardò. “Problemi in paradiso!?”
“Diciamo che ormai è quasi un inferno!” rispose sconsolato, Jensen. “Ti chiedo scusa….so che è tardi…che voi magari …”, ma mentre parlava o per lo meno cercava di mettere insieme una frase decente,  i due , vennero raggiunti di Misha.
“Amico!!! Che ci fai qui?!” chiese anche lui e poi lo sguardo che la moglie gli lanciò, lo incuriosì. “Jensen?!” richiamò l’amico vedendo il suo imbarazzo e il suo dispiacere.
“Avrei bisogno di un divano per stanotte!” ammise mortificato il giovane, tenendo gli occhi bassi. Marito e moglie si guardarono addolorati e capirono che c’era davvero qualcosa di grosso sotto. I due ragazzi non erano mai arrivati ad una cosa del genere.
“Oh!! Tesoro. Entra, vieni!!” fece dolcemente compassionevole Vicky, mentre gli metteva una mano sulla spalla e lo invitava ad entrare, mentre Misha gli chiudeva la porta alle spalle. Cenarono insieme, o per lo meno, i due piccoli birbanti mangiavano, Misha e Vicky, passarono il tempo a guardare Jensen che spostava e rispostava un pezzo di carota nel suo piatto.
“Ok!! Monelli!, per voi è tempo di nanna!” fece la madre rivolta ai due bambini che salutarono con un bacio schioccante sulla guancia di quel loro zio stranamente triste e corsero verso la loro stanza. “Per voi, invece…” fece rivolta ai due adulti, “…è ora di fare quattro chiacchiere!!” e raggiunse i figli, dopo aver lasciato un bacio sulla testa del giovane amico. “Si risolverà tutto, vedrai!” cercò di rassicurarlo. Gli voleva davvero bene. E voleva bene anche  a Jared e gliene voleva da quando una sera, mentre i due ragazzi erano a cena da loro, vide Jensen imbracciare la sua chitarra e mentre West, mezzo addormentato, era tra le braccia di Jared, il maggiore cominciò a suonare per il piccolo ospite. 

Tell my stories to the one I loves….. (Racconto le mie storie a quelli che amo                                                                                    
There’s too much in my mind..(C’è ancora tanto nella mia mente..                                                                                                          
You like what you see when you look at me( Ti piace quello che vedi quando mi guardi                                                        
‘Cause you think that I do what I do for you...(Perchè pensi che quello che faccio lo faccio per te                                                                                                                                                                                
 Don’t  you wonder why ?( Non ti chiedi perché ?                                                                                                                                                                  
 If  you like I'll take the blame for all the things that you have done ( Se ti va mi prenderò le colpe di tutte le cose che hai fatto..                                                                                                                                                                                                                                    
Don’t you wonder why ?( Non ti chiedi perché ?


Quella immagine di loro due così vicini, Jensen che cantava dolcemente per far addormentare West e Jared che lo teneva stretto come se volesse che nessuno o niente potesse far del male al bambino, le toccò il cuore e si ritrovò inesorabilmente conquistata dai due ragazzi.

“Vieni di là, Jensen. Andiamo a berci qualcosa di più forte della birra!!” e fece strada. Jensen gli raccontò quello che era successo. Della delusione per il comportamento di Jared. Della confusione che sentiva nella decisione così improvvisa che lui stesso aveva preso.
“Che devo fare, Misha?!...non voglio ricominciare tutto dall’inizio un'altra volta…ma non voglio..nemmeno perdere Jared..” ammise sconsolato mentre si passava le mani sul viso stanco.
“Non posso dirti cosa fare, amico. Questa è una decisione che devi prendere solo tu. Io da amico posso aiutarti a vedere altre strade ma poi devi essere tu a decidere quale percorrere.” gli disse amichevolmente. Non si trattava di decidere quale canzone andava meglio per una serata. Si trattava di una decisione che avrebbe sconvolto due vite legate profondamente e purtroppo doveva essere una decisione solo di Jensen.
“Io però ne vedo solo due. Andare e avere Jared. O restare e perderlo.” Constatò Jensen.
Misha rimase per un po’ in silenzio. Poi fissò indeciso, l’amico.
“Che c’è?!” fece Jensen quando si sentì osservato.
“E se le strade fossero tre?!”
“In che senso?!”
“Ascolta, ma non farti strani film in testa perché è un idea tutta mia e non so se può andare in porto!” lo avvisò prima di esporgli che cosa aveva in mente.
“Non ti seguo, Misha!”
“Ho un amico a Chicago, un caro amico, che fa il mio stesso lavoro, anzi i suoi locali sono anche più esclusivi dei miei. Potrei provare a fargli un colpo di telefono e vedere se può inserirti nelle sue serate. Che ne dici?!”
“Tu pensi che…insomma…” non sapendo davvero che cosa dire ad una simile prospettiva.
“Jensen…non fissarti adesso. Devo chiamare prima e poi se la cosa risulterà fattibile, prenderai la tua decisione.” ci tenne a precisare e poi: “Anche se…” 
“Anche se ?!”
“Potrebbe significare vederti andare via!” ammise Misha, dispiaciuto e triste.
“Misha…io….senti..magari..”
“Lascia stare, Jensen. L’amore di una vita, vale più di tutto il resto!” e questo glielo disse sorridendogli sinceramente.

La mattina dopo, quando ebbe lasciato i suoi amici e averli ringraziati per il loro sostegno, Jensen aveva una nuova speranza nel cuore e si decise a tornare a casa da Jared. Aprì la porta del loro appartamento e si accorse subito che tutto era ancora come l’aveva lasciato la sera prima. 
Tranne che per una cosa. Una maglietta. Non era sua e non era di Jared. 
Si guardò in giro e quando capì che il compagno non c’era, si decise ad andare verso la loro camera. Ma il suo cuore stranamente palpitava furioso, e lui non ne riusciva a capire il perché, anche la sua mente pompava velocemente riempiendosi di mille punti interrogativi. 
Aprì la porta della loro camera da letto e tutte le sensazioni che in quei pochi passi lo avevano stranito presero forma. 
Il cuore gli si fermò in petto. Il respiro in gola. 
La capacità di reagire si annullò all’improvviso. L’unica cosa che lo tenne in piedi, fu lo stipite della porta dietro di lui che fece da sostegno alla sua schiena quando vi ci impattò contro.

“Jared?!” riuscì solo a mormorare, stringendosi un pugno sulle labbra, come per soffocare l’incredulità per quello che aveva davanti agli occhi. O forse la nausea che sentiva salirgli dallo stomaco.
Il giovane, ancora a letto, nudo, aprì lentamente gli occhi a quel richiamo anche se silenzioso. 
“Jensen?!” rispose biascicando il nome. Confuso da come Jensen lo fissava quasi disgustato e decisamente ferito, il giovane si guardò intorno e quando vide il corpo nudo accanto al suo, si tirò su di scatto. “Oh mio Dio!!” si ritrovò quasi a gridare. “Jensen….Jensen non è….” 
“Come…tu…”, ma non voleva crollare. Ingoiò la rabbia che sentiva dentro, ignorò il dolore che gli stava distruggendo cuore e anima e si costrinse a parlare. 
“Puoi partire tranquillo. Non ha più niente che ti costringa a restare, adesso!” ed uscì dalla camera da letto. Jared si infilò velocemente i jeans, mentre nella sua mente ancora confusa la frase che Jensen gli aveva appena detto, continuava ad esplodere sempre più rumorosamente.
“Jensen…aspetta…aspetta…ti prego…lascia che ti spieghi!!” gli urlò dietro, ma Jensen, nel soggiorno,  stava prendendosi poche cose ed era pronto ad andarsene.
“Spiegarmi cosa, Jared!!” gli urlò contro. “Che ti è bastato un “pensaci” per farti fare questo….un “pensaci”, Jared!!” riferendosi al fatto che quando la sera prima si erano separati, era quello  che Jensen gli aveva solo chiesto di fare: pensare. “Dio!! quanto mi fai schifo in questo momento….non so nemmeno se ti odio per quanto mi fai schifo!!” disse dolorosamente deluso e nauseato da quello che aveva visto.
“Per favore…lo so….Mi sono ubriacato…ho fatto un casino…ma per favore, ascoltami….ieri sera io…” cercava di spiegare il giovane mentre provava ad avvicinarsi al compagno furente che invece si allontanava sempre di più da lui e non solo fisicamente.
“Sai quale è la cosa più buffa e tragica di tutta questa storia?!” gli chiese retoricamente mentre cercava di nascondere le lacrime che gli bagnavano il viso. “E’ che ero tornato per dirti che sarei venuto con te a Chicago!!” e dopo quella frase, Jared sbiancò. 
Il senso di colpa lo uccise. Il dolore che vedeva sul volto del compagno tradito lo uccise. E lo uccise sapere che aveva perso Jensen. Forse per sempre!
“Quando torno, non voglio più trovarti qui.”
“No, aspetta…”
“ Ti voglio fuori da questa casa.”
“Per favore, fammi….”
“ Ti voglio fuori dalla mia vita. Per sempre!!”
“No, amore mio, ti supplico….”, ma a quell’accorata preghiera, Jensen, rispose con uno schiaffo violento e deciso, che colpì in pieno il volto del giovane che a causa del contraccolpo si ritrovò seduto sul divano.
“Non osare chiamarmi così. Tu non sai che cosa significa amare. O non mi avresti fatto questo!!” lo redarguì duramente.

……Quando Jensen si chiuse la porta alle spalle, non si guardò indietro. Benchè dietro di lui si lasciava pezzi del suo cuore sparsi ovunque.
Uno: non voleva voltarsi; avrebbe sentito troppo dolore.
Due: Jared, in quel momento, non meritava nemmeno quello.
La porta di casa loro si chiuse con un tonfo sordo e per un tempo che Jared non avrebbe mai potuto quantificare, restò  seduto sul divano con la testa ancora nascosta tra le mani. Per vergogna. Per senso di colpa. Per dolore. Ma soprattutto per la consapevolezza che aveva perso Jensen. Per sempre.
 “Ma che succede?!” fece una voce poco dopo che Jensen andò via. Jared girò lo sguardo stravolto verso la voce. 
Per la miseria!! Come aveva potuto fare una cosa del genere?
E poi nemmeno si ricordava il nome di quella ragazza.


N.d.A:  Lo so capitolo lungo e anche il prossimo più o meno sarà così, ma non mi andava di spezzettare questa storia. Perdonatemi.
Se vi va di seguirla , tra qualche giorno arriverà il secondo capitolo conclusivo con tutte le spiegazioni sulla storia.
Link delle canzoni comprese.
Da Cin Buon Natale!!

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***



Jensen passò un tempo imprecisato nel locale di Misha, in cui si sarebbe dovuto esibire quella sera.
L’amico l’aveva trovato già nel retro quando andò ad aprire e gli era venuto quasi un colpo quando lo vide uscire dal magazzino con una bottiglia in mano. Il giovane aveva il volto stravolto, deluso, ferito e di certo la bottiglia di whisky che aveva tra le mani non lo avrebbe aiutato. Lo convinse a smettere di bere e spiegargli che cosa fosse successo e quando Jensen finalmente sputò il rospo, Misha non fece molto.
Lo abbracciò e lasciò che Jensen piangesse il dolore, la rabbia, il tradimento e tutto quello che di amaro avesse dentro.

Quando capì che almeno una parte del temporale era passato, gli preparò un caffè molto forte. Jensen lo bevve e poi quasi sorridendo sembrò rendersi conto di quello che era successo.
“Da non crederci. Sette anni di vita insieme fottuti da una scopata!!!” e Misha lo guardò. Raramente Jensen era gratuitamente volgare e questo voleva significare solo lo stato d’animo dell’amico.
“Dov’è lui, adesso?!” gli chiese cercando di tenere sempre un tono basso e calmo per tenere Jensen calmo. Agitarlo, insistendo o spronandolo in qualche maniera non sarebbe servito a niente.
“Non lo so e non lo voglio sapere. Oramai non mi interessa più!!” confidò prima di bere ancora altro caffè, anche se sapeva che stava mentendo e lo sapeva anche Misha.
“Senti! Perché non te  vai da qualche parte. Per stasera troverò una scusa o magari mi inventerò una serata “Instrumental”!!?” suggerì Misha.
“No, grazie. Ma se sto qui e lavoro, evito di pensare a quello che troverò...o non troverò... quando tornerò a casa.” E non diede possibilità a Misha di replicare che si alzò e andò verso gli strumenti. 

Il locale cominciò a riempirsi come ogni volta che c’era Jensen. E anche quella sera fu così, tranne che per il cantante che era letteralmente a pezzi. Ma non si diede per vinto. Salì sul piccolo palco e iniziò con le sue canzoni che stranamente quella sera erano molto malinconiche, alcune rabbiose e altre tristi. Cantava quello che sentiva, come si sentiva e in qualche modo la gente lo capì, ma applaudì lo stesso, perché comunque sia le sue esibizioni furono molto toccanti.
Poi, ad un certo punto, quasi con terrore, Jensen, vide entrare Jared nel locale e Misha andargli incontro. Vide i due parlare animatamente anche se con discrezione e capì che Misha stava chiedendo a Jared di andare via e che il giovane non voleva. 

Così decise di intervenire lui. A modo suo.
“Questa canzone credevo di non doverla mai cantare, non per qualcuno che pensavo non mi avrebbe mai fatto aver voglia di cantarla!” fu la dedica abbastanza criptica che però parve avere il suo scopo. Cominciò a suonare, ma era talmente arrabbiato o forse distrutto da tutto quello che sentiva dentro che sbagliò anche un accordo e dovette ripetere un di paio battute musicali con una serie di giri armonici per riprendere il tono giusto.

I don't want to hear what you have to say  ( Non voglio sentire quello che hai da dire
I've heard it all before every single phrase ( Ho sentito tutto prima di ogni singola frase
Wipe away the tears drowning out my days (Asciuga le lacrime annegando nei mie giorni
Give me back the years that you took away (Ridammi gli anni che ti sei portato via

Believe me when I tell you that it's over (Credimi quando ti dico che è finita
There's just some things that time can't erase ( che ci sono poche cose che il tempo non può cancellare
I'm getting tired of looking back over my shoulder ( sono stanco di guardarmi indietro
So i'm walking away, I'm walking away ( Così andrò via.

I forgive and I forget ( Perdono e dimentico
For the last time, for the last time ( per l’ultima volta
And I'll take what I can get (Mi prenderò quello che potrò
For the last time, for the last time ( per l’ultima volta

I don't want to know what you're doing here ( Non voglio sapere cosa ci fai qui
It's nothing you can do I'm not afraid of fear (Non c’è niente che puoi fare e io non ho paura della paura
I've seen it all before, bruises on my bones ( Ho già visto tutto, ci sono i lividi sulle mie ossa                                                                 The hero in this war is not gonna make it wrong (L’eroe di questa guerra non ha intenzione di sbagliare

Believe me when I tell you that it's over ( Credimi quando ti dico che è finita
I'm never coming back this way again (Non tornerò mai più indietro
I'm getting wiser, I'm getting older (Sto diventando saggio, vecchio
So i'm walking away, I'm walking away ( Sto andando via



Jensen cantò la canzone con rabbia, ma con una forza particolare che era la forza che ha, chi sa di dover ricominciare ancora, nonostante non volesse farlo. Cantò piangendo sulle ultime parole e sebbene riuscì a finire anche l’ultima frase, il ringraziamento che concesse al suo pubblico divenne quasi un singulto nervoso quando incrociò le lacrime di Jared prima che il giovane ormai sconfitto, abbandonasse il locale.

****
Il riavvicinamento.....

Da quella sera passarono circa tre anni.
Jared andò via la sera stessa per Chicago e Jensen continuò a lavorare con Misha, anzi l’amico gli propose di entrare addirittura in società. Infondo se il locale andava alla grande era anche grazie alle sue performance canore.
Una mattina, mentre Jensen sistemava alcune cose nel locale una voce squillante gli arrivò alle spalle.
“Sei sempre un bel vedere. Anche di spalle!!”
Jensen si girò di scatto verso quell’apprezzamento improvviso. “Megan!!??”, la sorella di Jared. Che ci faceva lì?
“Che cosa diavolo ci fai da queste parti, dolcezza!!?” le chiese sorridendole di cuore e abbracciandola sinceramente. “Mio Dio!! Ti sei fatta ancora più bella!!” le disse ancora guardandola dai piedi ai capelli e abbracciandola ancora. Megan ricambiava con gioia.
Gli era mancato Jensen e quando si era vista arrivare a casa sua, Jared che gli aveva confidato tutto, prima di consolarlo e provare a capirlo e giustificarlo, gliene cantò di tutti i colori. Solo le lacrime di quel suo fratellone, riuscirono a farla calmare.
“Sono qui per degli aggiornamenti di lavoro e dato che oggi, gli incontri saranno di pomeriggio, ho deciso di passare a vedere come te la cavavi! Ti vedo un po’ troppo magro per i miei gusti. Stai bene?!” notò, anche se il fisico di Jensen poteva ancora fare invidia a molti.
“Bene…io…io sto bene…” balbettò e poi cercò di riprendersi. “Meg…piccola…non dirmi che sei in qualche albergo strano. Sai che puoi sempre chiamarmi, che puoi contare su di me ..anche se…” ma non finì, perché Megan gli mise una mano sul volto come a voler significare che aveva capito.
“Lo so, Jensen. Lo so. Ma non sono qui da sola!” ammise senza mai smettere di guardarlo e rise quando vide lo sguardo perplesso e incuriosito dell’ex cognato.
“Oh!! E chi è il tipo a cui devo spezzare le gambe se non si comporta bene con te!!?” scherzò.

Megan rise a quella gelosia. “Non è come pensi. Io sono con….”, stava per dirlo, ma qualcuno alle spalle di Jensen finì per lei.
“Ciao, Jensen!”
Bang!!! 

La voce di Jared rimbombò nella testa di Jensen quasi fino a fargli male. Però, se era male quello che sentiva, perché il suo cuore aveva preso a battere all’impazzata, milioni di immagini di loro due gli passavano davanti a gli occhi come flash. E perché c’era anche della felicità nell’aver sentito quella voce ?
Jensen si girò. Guardò il ragazzo che aveva davanti. 

Maledizione!!, perché sei ancora maledettamente così!!

E questo fu quello che entrambi pensarono quando i loro sguardi si incrociarono di nuovo dopo tanto tempo.
Jared aveva i capelli un po’ più lunghi dell’ultima volta. Anche lui era dimagrito, ma i suoi occhi erano ancora brillanti di mille sfumature ambrate e dorate. I suoi occhi. Nonostante tutto. Nonostante il modo in cui era finita tra loro, gli occhi di Jared riuscivano a ipnotizzarlo ogni volta.
“Ciao, Jared!” rispose al saluto e azzardò anche a porgergli la mano. O forse lo fece per poterlo toccare e sentire quello che avrebbe provato. Se lo avesse provato ancora. E fu così. Per entrambi. E anche se non volevano ammetterlo, entrambi, sentirono una feroce scarica elettrica attraversarli non appena le loro mani si incrociarono.
Questa volta fu Jared a fissarlo discretamente.
Gli era mancato. Dio!!, se gli era mancato Jensen.
E se si era maledetto ogni giorno per lo sbaglio assurdo che lo aveva costretto a lasciarlo. Megan, quando vide che i due continuavano a fissarsi e a osservarsi ammutoliti, li lasciò da soli. Forse da soli, qualche parola avrebbe trovato il coraggio di uscire!!
“Ti trovo bene!” fece Jared.
“Anche tu….stai bene. Hai accompagnato Megan?!”
“Sì.  Avevo delle ferie arretrate  e ne ho approfittato!” ammise e Jensen, senza sapere come o perché, se ne uscì con una domanda assurda.
“Per venirmi a salutare ?!” e non appena la pronunciò, se ne pentì. Che cosa avrebbe fatto se Jared gli avesse detto di no. Che era solo un caso che fosse lì.
“Sì.” fu invece la risposta immediata del giovane. “Volevo rivederti! Mi sei mancato!” ammise senza timore.  In un primo momento Jensen si sentì spiazzato da quella sincerità, poi, però, si ritrovò a sorridergli. Si ritrovarono a sorridersi entrambi. E quella eccitante elettricità che c’era tra loro anche quando stavano insieme, sembrò cominciare a sfrigolare di nuovo.

E mentre tra i due sembrava calare una sorta di tregua, una vocina squittente ma dolcissima fece il suo ingresso nel locale. Un bimbo da un foltissimo caschetto biondo trotterellò fino alle gambe di Jared, aggrappandosi a lui non appena lo vide.
“Daddy!!!” esclamò come se avesse trovato il tesoro.
Jensen restò a bocca aperta e completamente ammutolito, mentre vedeva Jared abbassarsi un po’ e prendere in braccio il bambino che gli mise le braccia paffute intorno al collo, mentre il ragazzo gli dava un bacio sulla fronte.
“Tu….sei…..lui è tuo….” questo fu tutto quello che riusciva a dire Jensen, mentre spostava gli occhi da Jared al bambino e poi di nuovo su Jared. Non poteva essere!!
“Si, Jensen. Sono padre e lui è mio figlio, Jordan !” disse guardando il bambino che non smetteva mai di sorridergli.

Jensen era sconvolto. Non sapeva che dire o solo che fare. Fu Jared ad interrompere il flusso dei suoi pensieri, ma quello che gli disse lo mandò ancora di più nel panico. 
“Jordan ha circa tre anni!” confessò e a quel punto Jensen capì il perché di quel chiarimento.
“Oh mio Dio!!... lui….quella sera…tu e …..” ma le parole non riuscivano a venire fuori come lui voleva. 
Era troppo! Decisamente troppo. 
Non solo Jared lo aveva tradito e con una ragazza. Ma da quel tradimento ne era nato anche un bambino. Cioè, non che il piccolo ne avesse colpa, ma era come un faro sempre acceso su quello che era successo tra loro. 
Come aveva potuto solo pensare di poter rimettere le cose a posto con Jared, ora che aveva saputo anche del bambino??!!
“Mi….mi dispiace…io …io devo andare. Ho da fare…devo…io devo….” cominciò a balbettare mentre prendeva confusamente le sue cose dal bancone del locale e velocemente cercava di andare via. 
“Jensen…aspetta…non…” provò a fermarlo Jared.
“E’ stato un piacere rivederti…ma …insomma…non è ….non è il caso….” e scappò via e per poco non travolse Misha che era appena entrato nel locale.
“Jensen!!????” lo chiamò Jared sperando di fermarlo e così fece anche Misha, ma lui non diede retta a nessuno dei due e continuò la sua corsa.
“Dove sta andando ?!” chiese Jared a Misha che non era proprio convinto di rispondere. “Misha, dove sta andando??!” fece rincarando con il tono della voce e passando il bambino nelle braccia di Megan che era accorsa quando aveva visto letteralmente fuggire via Jensen.
“Di certo starà andando a casa!” ammise. Sapeva che in quei momenti particolari, Jensen si rifugiava a casa sua e si immergeva nella sua musica. E quando vide Jared che stava per uscire, lo richiamò.
“Jared ??!! Liberty Road, al 205.” rivelò.
“E che diavolo c’è al 205 di Liberty Road?!” chiese Jared ricordando che era una zona lontana da quella che era casa loro.
“Casa sua.” confessò Misha.
“Come …ha venduto casa nostra?!” chiese spaesato il giovane.
“Davvero credi che avrebbe continuato a vivere nella vostra casa?!” gli suggerì e in effetti era così. Jensen non era durato tre mesi in quella casa dopo che si erano lasciati. Troppi ricordi. Troppo dolore. Troppa rabbia. L’aveva quasi svenduta pur di liberarsene e ricominciare da un'altra parte.
“Grazie, Misha!!” fece il giovane mentre usciva dal locale.
“Jared non fare più stronzate!!” gli gridò dietro l’amico e poi rivolse un enorme sorriso al bimbo che lo guardava. Misha lo vide un po’ perplesso, era comunque uno sconosciuto per il piccolo, e allora passò all’attacco.
“Che ne dici, amico! Ce lo facciamo un bel gelato ?!” domandò con una voce dolce e accattivante. Il piccolo Jordan guardò la zia che gli sorrideva e poi, come se fosse stato attratto dagli occhi blu di Misha, gli si lanciò tra le braccia. “Buonoooo dilato!!!” esclamò a parole sue.
“E gelato sia!!” lo accontentò il nuovo amico. “E speriamo che vada bene anche a quei due testoni!!”, ma questo lo disse ammiccando verso Megan che non potè che essere d’accordo.


L’amore ritrovato...

Ci volle circa mezzora perché Jared raggiungesse il nuovo indirizzo di casa di Jensen. Quando parcheggiò, non ci pensò due volte a bussare alla porta e quando vide che Jensen non apriva, cominciò a chiamarlo.
“Jensen, aprimi….lo so che sei qui….andiamo, apri la porta!!! Se credi che me ne vada dopo il modo in cui ci siamo squadrati qualche minuto fa…te lo scordi, amico!!” diceva o alla porta o alla finestra appena vicina ad essa. 
Jensen da dentro la casa, lo sentiva. Sentiva Jared chiedergli di aprire, ma la paura di quello che poteva ricominciare e poi finire di nuovo, gli impediva di aprigli.
“Jensen, non me ne vado. Questa volta non me ne andrò senza avere la possibilità di parlare. Non farò due volte lo stesso errore!! “
Niente!!
“Cazzo!!! Jensen , apri la porta o giuro che la butto giù!!!” si ritrovò a gridare. Poi, quando si accorse che stava attirando l’attenzione del vicinato, decise di darsi una calmata. Se avessero chiamato la polizia, lo avrebbero portato via e non avrebbe risolto nulla.  Così si avvicinò alla porta, appoggiò una mano sul legno liscio e lo chiamò ancora.
“Jensen, per favore! Aprimi. So che mi stai ascoltando e so che sei dietro la porta!” e lo era. Jensen, fronte appoggiata alla porta, lo stava ascoltando. 
“Non ho mai smesso di amarti, Jensen. Non ho mai smesso di pensare a te. Ma ho sbagliato. Sono stato uno stronzo ad ubriacarmi quella sera e a fare quello che ho fatto. Lo so. E io per primo ancora non me lo perdono. Ma non posso cambiare il passato, non posso cambiare quello che è successo. Ho un figlio che me lo ricorda ogni singolo giorno della mia vita. Un figlio che non posso incolpare per un mio errore, ma che mi dà la forza di andare avanti, quando a volte andare avanti senza di te, è quasi impossibile!” gli confidò con la voce colma di emozione. Emozione per quello che provava ancora per lui, per suo figlio, per quell’amore che non aveva mai smesso di sentire dentro di sé.

Jensen, invece, dall’altro lato della porta, piangeva. Le lacrime non ne avevano voluto sapere di rimanere fuori da quella storia. Aveva pianto quando aveva trovato Jared a letto con quella ragazza, aveva pianto quando gli aveva dedicato quella canzone che aveva sancito la loro rottura definitiva. E piangeva ora, perché, come Jared, sapeva di amarlo ancora. Che non aveva mai smesso e come Jared, sapeva che il bambino era un ricordo perpetuo di un errore passato. Ma Jared aveva anche ragione. Quel bambino era innocente, non aveva colpa di niente. Se volevano cercare di capire se potevano ricominciare, Jordan, non era la scusa per non provarci. 
Mise la mano sulla maniglia e prendendo un profondo respiro, aprì.
Fu un attimo e i loro occhi, lucidi di lacrime per quello che il giovane aveva detto e il maggiore ascoltato, si legarono di nuovo. Di nuovo trovarono quel posto solo loro dove scoprire le loro anime.
Jared non si mosse, allungò solo una mano verso Jensen.
“Ti amo. Ti prego, lasciami entrare!” fu la richiesta disperata.

Jensen non riuscì a rispondergli ma allungò la mano verso quella di lui e gentilmente lo tirò in casa. Quando la porta si fu chiusa alle loro spalle, Jared sentì quasi come istintivo abbracciarsi a Jensen, che benché, all’inizio fosse ancora timoroso, non riuscì a non contraccambiare. Gli portò le braccia al collo e lo strinse a sé. Forte. Quasi disperatamente. Sembrava, volesse, con quell’abbraccio, riavere tutti quelli che non avevano più avuto. Poi, come un esplosione, la passione divampò. 
Un bacio, e poi un altro e poi ancora e poi ancora  e ancora un altro, fin quando le labbra quasi cominciarono a fare male. Le mani frenetiche accarezzavano i volti, i capelli, le schiene contratte dal volersi stare vicini. Le braccia non lasciavano mai andare il corpo che stringevano per la paura di perdersi di nuovo.  L’urgenza di appartenersi si fece pressante, dolorosa, a tratti smaniosa. La voglia di sentire di nuovo quella completezza non solo fisica che per anni era stata il fulcro di quel loro stare insieme, si palesò di nuovo prepotente nei loro gesti. 

Fecero l’amore!

Lo fecero con una passione che sembrò esaltarsi ancora di più quando la dolcezza dei loro movimenti prese il sopravvento sulla frenesia di quel loro ritrovarsi. Jensen lasciò che Jared lo facesse suo. Si legò al suo amore per cancellare il dolore della separazione, la sofferenza di un errore. Si donarono l’uno all’altro per ristabilire ciò che non era mai svanito, ma solo evitato. L’amore!
Si strinsero forte fino quasi a gemere, quando l’estasi sopraggiunse. Si strinsero ancora perché niente doveva più dividerli. Nemmeno il piacere che provavano stando insieme.

Nel letto, ancora uno di fronte all’altro, con gli sguardi felici di quell’amore ritrovato, finalmente riscattato, fu Jensen a spezzare il silenzio dei loro respiri.
“Parlami di lei, della madre di Jordan!” chiese senza mostrare rancore o alcun tipo di risentimento.
“Non siamo mai stati una coppia , se è quello che intendi!” rispose il giovane.
“Voglio solo capire, Jared. Credo di averne il diritto!” disse mentre gli accarezzava il viso leggermente turbato.
“Hai ragione, scusami. Si chiamava Chelsey e lei è…morta!”
“Che cosa ??”
“Ha avuto delle complicazioni cardiache durante il parto e non ce l’ha fatta!”
“Mio Dio!!...mi ….mi dispiace…credimi!”
“Si, Jensen, ti credo. Lo so che sei sincero!” lo rassicurò. “Lei riuscì a contattarmi in qualche modo quando scoprì che era incinta e rimase allibita quando gli rivelai che ero gay e di tutto il casino che era stata quella sera. Mi disse che era sola e che non voleva niente se non qualcuno con cui affrontare almeno la gravidanza a causa della sua situazione clinica. Ero sconvolto anche io da quella paternità così inaspettata, ma non riuscii a dirle di no. Avevo fatto già lo stronzo con te. Lei e il bambino che aspettava sembravano essere una sorta di riscatto e non una sentenza.”
“Ti sei preso cura di lei!” gli disse riconoscendo nel gesto del compagno, il buon cuore di cui si era innamorato. 
“Sì, ma non servì a tenerla vita. Ebbe un infarto durante il travaglio. Jordan è vivo per miracolo!!” finì di raccontare. “Dovette stare per qualche settimana in ospedale per i controlli del caso. I dottori volevano assicurarsi che non avesse la stessa patologia della madre.”
“E lui….”
“No. No, fortunatamente lui sta bene. È sano come un pesce!!” disse sorridendo e poi sembrò ritornare triste.
“Che c’è?!” gli chiese Jensen,  prendendogli la mano.
“In ospedale mi chiesero che cosa volessi fare con il bambino. Un assistente sociale mi disse che dato la mia….situazione personale…avrei potuto scegliere un'altra strada. Più facile, a suo dire!!” ricordò con sarcasmo.
“Ma come….” 
“Mi disse che il mondo in cui viviamo è altamente cinico e che forse una vita, in una famiglia più stabile, sarebbe stato meglio per il piccolo.”
“Ma che figlio di…” sembrò davvero infuriarsi. Dove stava scritto che un genitore è da considerarsi tale solo se rispetta tutti i canoni previsti dalla comunità? Da quello che gli avevano insegnato i suoi, essere genitori, significava esclusivamente amare sopra ogni cosa il proprio figlio. Renderlo capace di affrontare il mondo e renderlo consapevole che qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe avuto qualcuno da cui tornare. E Jared di certo rappresentava quei valori.
“Mi aveva quasi convinto. Ma il giorno che dovevo firmare la rinuncia alla patria potestà, mi passò accanto un infermiera. Aveva una culla da portare nella nursery e dentro c’era Jordan. Non sapeva di quello che stavo per fare e si fermò vicino a me. Guardai il bambino che agitava le manine e istintivamente gli avvicinai un dito e lui vi si aggrappò forte, quasi non volesse lasciarmi andare.” confidò emozionandosi a quel ricordo. “Non ci riuscii, Jensen. Non riuscii più a lasciarlo andare e lo portai con me. Era mio figlio. È mio figlio. Capii che avevo perso tutto, avevo perso te. Non volevo perdere anche lui.” Finì il suo racconto asciugandosi una lacrima leggera che gli aveva illuminato gli occhi chiari.

Jensen, lo guardò. Amò di nuovo quella sua dolcezza. Amò ancora quel suo modo di amare e confidarsi. Amò ancora , di nuovo, Jared. E forse, confidò a se stesso,  non aveva mai smesso di amarlo.
“Posso perdonarti l’avermi tradito e l’averlo fatto in quel modo. Posso perdonarti l’avermi fatto soffrire come un miserabile, ma credimi, Jared,  non avrei mai potuto perdonarti se avessi abbandonato tuo figlio.” gli confidò tirandosi e mettendosi a sedere. Jared lo seguì. “Hai idea di che cosa siano i figli per quelli come noi?, di cosa passano le migliaia di coppie gay per avere la gioia di una paternità o di una maternità?, di tutte le stronzate burocratiche e bigotte che devono affrontare ?, e tu?...tu volevi rinunciarci??!!” gli fece presente, mettendogli una mano sulla spalla.
“Jordan sarà un figlio amato, è già un figlio amato e se noi glielo faremo capire nel modo più semplice e sincero possibile, crescerà felice e soddisfatto come chiunque altro!” promise, ma si sentì leggermente in imbarazzo quando Jared lo scrutò sorpreso da quelle sue parole. 

Il giovane lo fissò, incredulo di quello che aveva sentito. Forse si era sbagliato, forse Jensen preso dal discorso aveva detto qualcosa che non voleva?? Doveva saperlo, non poteva fare finta di non aver sentito!!
“… “Noi”…tu hai detto.. “noi” ??” chiese quasi con timore.
Jensen deglutì. Era passato tempo da quella maledetta sera. La sua mente aveva avuto modo di elaborare tutto, il suo cuore aveva avuto modo di guarire, la sua anima aveva avuto modo di capire che fin quando Jared era lontano non poteva sentirsi completa. E ora Jared era lì, di nuovo, con lui. 
Non poteva essere altro che un “noi” quello che dovevano essere.
“Si, Jared. Ho detto “noi”, se tu vuoi!” ammise mentre gli lasciava una carezza leggera lungo le braccia strette intorno ai suoi fianchi.
“Io…io non posso crederci…non speravo di…”
“Ti amo, Jared. Ora so che non ho mai smesso, nonostante tutto. E se tu vuoi ricominciare, io sono pronto. Pronto a ripartire da zero.  Con te e con Jordan.”
“Ti amo, ti amo….ti amo!!” fu la risposta a quella nuova promessa o proposta o qualsiasi cosa era, ma che comunque sembrava un sogno che si stava avverando. Si abbracciarono, felici di quella ritrovata serenità. Di quella inattesa e insperata prospettiva di vita insieme, come una famiglia.

La sera, Jensen parlò con Misha e Vicky che entusiasti di come si era risolta la cosa fra i due ragazzi, li abbracciarono raggianti, anche perché oramai Misha sembrava aver trovato un nuovo complice nell’abbinare i gusti più strani. Oltre a West anche Jordan sembrava felice di mettere insieme i sapori più assurdi nelle cose da mangiare. 
Jensen si allontanò dal loro tavolo per fare il suo numero, ma stranamente un suo amico che ogni tanto suonava con lui, gli rubò il posto lasciandolo stranito.
“Christian…ma che…”
“Tranquillo amico!! E’ solo per questa canzone. A quanto pare c’è una dedica per te stasera!!” gli sorrise ammiccante. Jensen guardò verso Jared. Lo vide che gli veniva incontro e che Christian gli passava il microfono.  
“Io non so cantare, non bene come te…” disse avvicinandosi a Jensen. “…così ho chiesto ad un vecchio amico di farlo per me.” fu il prologo di quello che stava per succedere. “Un sera mi dedicasti una canzone e fu l’inizio di tutto. Un’ altra canzone, purtroppo , mise fine a quello che c’era tra noi. O almeno così pensavamo. Oggi, siamo di nuovo insieme e spero davvero con tutto il mio cuore, che questa volta, questa canzone faccia in modo che sia per sempre.” Non disse altro, ma si sporse piano verso Jensen e lo baciò, mentre Christian iniziò a suonare.

Broken glass on the floor by my bed ( Vetri rotti ai piedi del mio letto                                                                                
 Lying next to books I've never even read ( accanto a libri che non ho letto                                                                      
 Wide awake, all the mess that I made (Ben sveglio, vedo tutto il casino che ho fatto
Everything I've taken you're the one who paid (Di tutte le cose che ho preso tu sei l’unico che ha pagato                            
Forget what I have done… ( dimentica quello che fatto                                                                                                     
Just let me do (Lasciami fare                                                                                                                                                  
Everything I can 'Cause everything I do is for you… ( perchè tutto quello che faccio, lo faccio per te
You're the lighthouse when I'm lost at sea (Tu sei il faro quando mi perdo in mare                                                                                                           
You're my band-aid when I bleed ( Tu sei il mio cerotto  quando sanguino                                                                                        
Am I hypnotizing you, like you're hypnotizing me… ( Io sono legato a te come tu a me


E come continuava a cantare la canzone, i due, ancora legati in un dolcissimo abbraccio, sancivano stretti, uno tra le braccia dell’altro, il loro amore, mentre tutti, intorno a loro, applaudivano tra la felicità e la commozione per quell’amore ritrovato. 


                                                                                                                                                                                          “…Io ora ho il tuo amore,                                                                                                                                                                                           che prende anche il mio                                                                                                                                                                      e riempie gli spazi vuoti tra me e te…”                                                                                                             (Changes, di J. Savoretti)


N.d.A. : Ok! Questa storia è stata ispirata da due motivi:
1. Il nostro Jensen nelle ultime  con, ci sta regalando dei momenti musicali davvero bellissimi ( chi di noi non si è incantata durante la sua performance di “Wild Mountain Thyme” al Torcon 2014!!?).
2. Dopo aver ascoltato una canzone suonata dal vivo, con sola chitarra, da un cantante che non conoscevo fino a qualche tempo fa: Jack Savoretti. Non ho potuto fare a meno di amarlo e amare le sue canzoni.

La canzone che principalmente mi ha ispirata è quella che Jensen canta a Jared quando lo lascia. Questo il video: 
https://www.youtube.com/watch?v=5QaB5RXE6_Q
Vi prego...fate come ho fatto io: chiudete gli occhi, fate partire il video e immaginate Jensen sul palco che canta e Jared in un angolo che ascolta e capirete da dove è nato tutto. 
Fatemi sapere!!
Canzoni citate: Breaking the rules / Between the minds / Wonder / For the last time/ Broken glass. 
Naturalmente tutte di J. Savoretti.  

Spero tanto che questa storia vi sia piaciuta e se è così, consideratelo un mio piccolo regalo di natale!!
Cin

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