Riflesso

di Nahash
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Abitudini ***
Capitolo 2: *** Sensazioni difettose ***
Capitolo 3: *** Preoccupazioni ***



Capitolo 1
*** Abitudini ***


Note: Salve a tutti fanciulline e fanciullini, questa volta vorrei proporvi una nuova cosa che è quella di una Fan Fiction interattiva.
Come funziona? Semplice... voi leggete questo primo capitolo, se vi piace lo commentate oppure lo leggete e basta e se avete idee, perché desiderate che la storia vada in un certo modo, mi contattate qui tramite messaggio privato o su facebook e mi date la vostra opinione. Sia chiaro che questo non è un modo per scrivere con prompt (non che ci sia nulla di male, ma non è l'intento di una storia interattiva) né con le idee degli altri lettori, semplicemente è un modo per essere tutti insieme in comunione con il fandom (?) un modo semplice che possa farci fangirlare tutti insieme(?) interagire, scambiarci opinioni e quanto altro.
Ovviamente interazione con me, ogni commento, non è volto ad aumentare il numero delle recensioni o altro, perché come vi ho detto, basta un vostro piccolo cenno, ovunque voi vogliate, per dirmi qualsiasi cosa inerente alla storia. Tra l'altro, se una vostra idea o consiglio o suggerimento, verrà preso in considerazione (perché questo spetta all'autore alla fine) verrà creditato nelle note del capitolo dove viene fatto presente. Quindi, come vedete, sarà semplicemente la gioia di condividere con me e con il fandom, la vostra idea, come fossimo tutti una grande famiglia ** Spero che l'idea possa piacervi e stuzzicarvi e spero che questo primo inizio vi piaccia abbastanza da poter dar via a questo progetto, quindi chiunque è interessato, me lo faccia sapere con un segnale, in qualsiasi modo desideri ùwù
Sia chiaro che non si tratta di votazioni o altro, non vi sto chiedendo di scrivere votazioni o preferenze all'interno delle recensioni, se qualcuno lascerà la propria opinione deve essere tale, ma questo non gli vieterà di condividere con me quello che pensa riguardo:la storia, i pairing o alcune vicende che potrebbe suggerire e non significa che mi donerà idee per la storia, perché io non ce le ho, no, non è così, come ho già detto si tratta semplicemente di condividere un qualcosa che ci piace come il fandom di KnB e ho pensato che una bella FanFiction fosse l'idea. Tutte le idee, poi, saranno prese in considerazione e non saprò effettivamente neanche io quale metterò in atto. Qesto per farvi capire che si tratta di un qualcosa, come ho già detto, per il semplice piacere di condivedere e interagire. Ps: sentitevi liberi di chiedere, recensire (positivamente o negativamente) non commentare e leggere solamente, sentitevi liberi di fare ciò che volete, perché come vi ho già detto è un modo per condividere la nostra passione del e sul fandom! Ovvio che gli avvertimenti di adesso sono quelli più semplici in base anche a ciò che ho scritto io per iniziare. Naturale è che ship, pairing e tutto il resto possono variare nel corso della storia, proprio perché è un progetto interattivo .3

Altra piccola nota e giuro che poi non vi scoccio più xD Chiedo perdono se c'è qualche refuso, ho riletto il tutto e spero non ce ne siano, ma non fustigatemi se ne trovate >_< anzi se me li volete far notare ve ne sarei più che grata. <3

Lo specchio sarebbe dovuto essere il suo migliore amico, eppure non era così.
Quella riflessa doveva essere soltanto una bellissima immagine, invece lui vedeva unicamente degli occhi arrossati e delle lacrime che gli rigavano il volto.
Cercava di darsi un decoro, un contegno, non poteva fare altro e lo faceva sempre, sforzandosi per il semplice fatto che era giusto così.
Non poteva presentarsi a scuola in quelle condizioni, cosa avrebbe raccontato? Aveva delle occhiaie paurose e la migliore soluzione sarebbe state truccarle, come faceva per i  servizi fotografici.
Per gli allenamenti si sarebbe sciacquato il viso e se qualcuno avesse posto qualche domanda, avrebbe potuto benissimo dire che la stanchezza delle ore scolastiche, il poco dormire della notte scorsa e il lavoro degli ultimi giorni lo avevano semplicemente provato un po', ma in fondo delle occhiaie non erano niente, chi si sarebbe preoccupato di così poco? Bene o male, chi più e chi meno, ce le hanno tutti.
L'ultima cosa da fare, dopo aver coperto tutto per bene, era cercare di avere un'espressione come al solito, più o meno solare, più o meno idiota. Così, davanti allo specchio, come sempre, si mise a fare tutte le smorfie possibili, ma nessuna gli sembrava adatta, così sbuffando, si dispiacque un po' e improvvisamente l'idea arrivò a capofitto nella sua testolina.
Si portò due dita alle estremità della bocca e le tirò verso l'alto: il sorriso era davvero un'espressione semplice che poteva sviare chiunque.
«Così, andrà bene di certo! Non se ne accorgerà nessuno.» Si disse tra sé e sé cercando di dare anche un'intonazione piuttosto squillante alla sua voce, così da rendere il tutto ancora più di credibile.
Le ore di scuole erano filate via lisce e un po' noiose. Non appena sentì lo squillante rumore della campanella si diresse al bagno per darsi una rinfrescata al viso e accertarsi che non avesse più un filo di trucco.
«Così dovrebbe andare bene.» Era già la seconda volta che diceva qualcosa di simile a se stesso, ma non ci diede troppo peso, forse quel giorno, doveva rassicurarsi più del dovuto, più dei precedenti.
Gli allenamenti procedevano per il meglio, lui era il solito ragazzo della generazione dei miracoli e nessuno sembrava essersi accorto del suo stato, anzi sembrava il solito Kise allegro e pimpante e a volte anche fin troppo sbruffone visto le sue innate capacità.
Qualcuno però, sembrava aver visto aldilà di quello che poteva essere l'apparenza, qualcuno che lo aveva lasciato giocare, senza fare domande, pensando che probabilmente avesse bisogno di sfogarsi, perché troppa sfacciataggine, troppa finta ostentazione non la sopportava.
Si era avvicinato al biondo; mentre questo si stava fregando con l'asciugamano i capelli inzuppati dal sudore.
«Allora? Che cosa hai fatto per esserti ritrovato quelle occhiaie?» Aveva usato il suo modo di sempre, quello un po' diretto e burbero, ma era evidente che fosse preoccupato, solo che non voleva darlo a vedere, né tantomeno farlo pesare.
«Senpai...» Kise era sorpreso, colto in fallo dall'altro, eppure pensava di essere stato perfetto, di non poter essere smascherato. Come ho fatto a essere così ingenuo, sapevo che se ne sarebbe accorto. Aveva serrato i pugni in una morsa che videro protagonista la stoffa dei suoi pantaloncini, con il capo chino, nascosto dall'asciugamano. Si fece coraggio, prese un bel respiro e tirò su il capo sfoggiando uno dei suoi più bei e fittizi sorridi.
«Nulla Senpai, nulla di che, sta notte non sono riuscito a dormire bene e il lavoro delle ultime settimane mi ha stressato.» Sorrideva e gesticolava come al solito, cercando di darla a bere anche all'altro, sottovalutando o meglio volendo sottovalutare la sua astuzia.
«Questa storia la puoi vendere ai giornalisti, ma non di certo a me.» Sembrava aver messo su uno sguardo severo, di rimprovero, tutto per il biondo che si ostinava a fingere. Non era Kise il capitano, spettava al capitano, secondo il moro, tenersi tutto dentro, anche il dolore di una sconfitta dopo tanta dura fatica. Ai suoi giocatori invece, spettava tutta la felicità di giocare a basket e una vita felice al di fuori di quella squadra. Questo era ciò che si aspettava e ciò che voleva, per questo Kise si sarebbe dovuto aprire con lui o quantomeno, piangere se lo desiderava, senza troppe cerimonie, senza troppe spiegazioni, perché qualcuno che doveva resistere ed essere forte c'era già.
«Senpai...» Disse solamente in un sussurro, certo di non poter andare avanti con quella pantomima.
«Se non vuoi dirmi che succede, fa pure, lo rispetto, ma non farti più vedere in questo stato pietoso intesi?» Sembrava più un ordine imperioso quello, piuttosto che un aiuto, ma Yukio Kasamatsu era troppo serio e timido per sedersi accanto all'altro e aiutarlo nel semplice modo che tutti conoscevano. Non era da lui. Kise dal canto suo, gli rispose con un dolce e flebile sorriso, ma sta volta sincero.
Fu quel sorriso, che diede la spinta a Kasamatsu per non insistere, felice che l'altro avesse inteso la sua muta offerta di aiuto; mentre per quanto riguardava Kise, le semplici e brutali parole del Senpai, gli diedero quantomeno la spinta per non buttarsi ulteriormente giù.
 
Note [parte due] Cosa c'è di tanto misterioso che nasconde Kise? Sarà veramente il suo Senpai a scoprire cosa cela il biondino (?) Chissà... avanti, sotto a chi tocca, non abbiate timore di dire cosa pensate o ciò che volete condividere *__*

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Capitolo 2
*** Sensazioni difettose ***


Note:Salve a tutti, cari fanciullini/e di questo fandom. Ecco a voi il secondo capitolo di questa storia interattiva. Per ogni spiegazione a riguardo la Fan Fiction denominata, appunto, interattiva, basta leggere le note esplicative nel primo capitolo ù.ù
Ps: Se vi piace questa idea delle Fan Fiction interattive, anche un'altra autrice del fandom Ita rb, ne sta scrivendo una con la sua: Il recinto delle belve.
 
 
Dopo gli allenamenti di basket, la corsa verso l'agenzia era stata pressoché destabilizzante e il rientro a casa, non fu da meno. Sospirò non appena mise piede dentro l'appartamento, gettando le chiavi all'interno di un piccolo recipiente, finemente intrecciato, in vimini.
La prima cosa che fece, quella subito dopo essersi tolto le scarpe, fu allentarsi il nodo della cravatta e andarsi a sedere sul divano. Si lasciò completamente andare, reclinando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi, come se volesse riposarsi un attimo e sperare che quel momento di pace durasse in eterno, che non finisse mai: senza i bagliori delle luci, le grida della gente, gli schemi di basket, eppure amava tutto quello, ma pian, piano, qualcosa si stava muovendo per far si che tutta la sua vita andasse in malora.
Si sentiva molle e pesante, ma leggero al tempo stesso, era la testa a essere leggera, fluttuante eppure aveva un cerchio intorno a questa, che lo stava facendo impazzire. Ryota non aveva mai avuto un alternarsi così repentino e violento di emozioni, tanto da sentirsi mancare e un momento dopo, improvvisamente carico, sorpreso da un'ansia senza pari, mai subita fino a quel punto. Eppure, quella sensazione non gli era sconsciuta, poiché, spesso, a causa di: partite, compiti scolastici e servizi fotografici, spesso si era sentito agitato, ma mai così, mai a quel modo ─ quella era, invece, una morsa ferrea fatta di terrore e angoscia.
Trasalì, quando il bussare incessante alla porta gli avvolse le orecchie ─ quanto avrebbe voluto rimanere inerme, lì su quel divano a godersi quell'unico momento di pace.
Sospirò, stanco, ancora una volta e facendo leva sulle sue ginocchia, si alzò in piedi e si diresse verso la porta, sperando che non ci fosse nessuno che non conoscesse già.
«Senpai, che ci fai qui a quest'ora?» Era sorpreso di vederlo, non capiva perché il capitano della sua squadra si fosse spinto fino a casa sua. Non tentò di fingere, ormai aveva capito che con Yukio era impossibile, più volte, lui stesso gli aveva detto di come fosse incapace di fare l'attore.
«Volevo vedere se, finalmente, ti eri tolto quelle brutte occhiaie, devi essere in forma quando giochi, devi mostrarti al meglio.» Parlò molto velocemente il Senpai, perché il suo imbarazzo non lo avrebbe portato molto lontano e non poteva dire apertamente che fosse preoccupato per il giocatore.
«Sia chiaro che non lo faccio per te, lo avrei fatto per chiunque della mia squadra.» Spiegò.
Il biondo non sapeva come reagire, quel suo modo di fare lo incoraggiava, ma quelle parole: devi mostrarti al meglio, non facevano che essere una nenia che si ripeteva da troppi anni ormai.
«Posso entrare? Sono sicuro che è da qui che è partito tutto.» Kasamatsu sembrava fermo sulle sue azioni, come al solito; mentre Kise sembrava agitarsi sempre di più a quelle parole. C'era qualcosa in quelle pronunciate dall'altro che gli faceva salire l'agitazione per tutto il corpo, fino a soffermarsi sulla gola in una morsa serrata.
«Prego Senpai, entra pure.» Bisbigliò appena, era in imbarazzo, la casa era un po' in disordine e lui, con tutto quello che aveva da fare, non aveva mai il tempo per rassettarla come avrebbe dovuto.
«Ecco qual è il problema!» Esclamò Kasamatsu convinto.«Il disordine ti sta destabilizzando.» Non ci credeva neanche lui, sebbene avesse cercato di metterci tutta la certezza di questo mondo, ma doveva capire in qualche modo cosa passasse per la mente del biondo o quanto meno cosa gli fosse successo.
«Dici, Senpai? Credi davvero che sia il disordine?» Era incredulo, sopratutto non credeva che l'altro potesse pensare una cosa così assurda, ma non voleva contraddirlo più di tanto, in fondo si era scomodato per arrivare fino a casa sua e gli sembrava scortese dire di no.
«Sì, quindi avanti, prendi qualcosa per rassettare e per togliere la polvere in eccesso.» Cercava di mostrarsi sempre lo stesso, senza sembrare troppo preoccupato, probabilmente per non uscire dall'immagine che gli altri si erano creati di lui, quella della forte roccia che effettivamente era, seppur sensibile. Aveva, poi, il timore che nel vederlo troppo preoccupato, Ryota non si sarebbe esposto a raccontargli i suoi problemi.
«D'accordo Senpai.» disse incerto. Era stanco, molto stanco e mettersi a pulire, di certo, non era tra le prime cose da fare, ma non si poteva mai sapere, magari l'altro aveva ragione, magari così avrebbe allontanato i pensieri, almeno per un po'.
«Torno subito Senpai.» Si mosse in direzione del ripostiglio per prendere tutto il necessario e ritornare subito dopo con tutto l'occorrente.
«Passami uno straccio, così ti aiuto.» Kasamatsu mostrò la mano libera in modo che l'altro potesse passargli un panno, con il quale si sarebbe cimentato anche lui nelle pulizie.
«Bene, io comincio da questo mobile.» ne indicò uno vicino a lui e cominciò subito a darsi da fare, mentre Kise annuiva e si destreggiava con altro e vista la polvere accumulata, era evidente, che l'altro non si era impegnato molto nelle faccende domestiche.
Si stava anche concentrato e impegnando per far lucidare al meglio i vetri della grande porta finestra. Preso com'era, la sua mente cominciava a rilassarsi un po', ma improvvisamente vide qualcosa, per un brevissimo istante, vide qualcosa. Chiuse gli occhi e li riaprì, doveva aver avuto una sorta di allucinazione per il troppo stress accumulato. Si passò un braccio sulla fronte, come se dovesse portare via del sudore che effettivamente non c'era.
«Tutto bene?» Chiese il moro.
Colto di sorpresa Kise si voltò. «Sì, tutto bene.» sorrise appena. Diamine, ma come faceva ad accorgersi sempre di tutto?
Alla fine di quelle pulizie, Kise era esausto, forse Kasamatsu ci aveva visto giusto, che stancandolo del tutto, lo avrebbe aiutato a non pensare o quanto meno a distrarsi; eppure la pace di Ryota durò ben poco, perché l'ansia cominciò a rimontargli di nuovo nel petto. Cos'era tutta quella paura che lo angosciava? Non voleva proprio dirlo cosa lo turbasse tanto, per questo si limitava ad annuire a ogni domanda o affermazione del Senpai, sorridendo semplicemente, senza strafare, sperando che questo non s'insospettisse troppo. Sapeva che era un'idiota a pensare di farla franca davanti a lui, ma finché nulla usciva dalla sua bocca, tutto sarebbe andato liscio, augurandosi di non scoppiare prima: doveva mantenere la calma, fare come aveva sempre fatto, non farsi sopraffare dall'ansia, non doveva.
«Ora che abbiamo rassettato almeno questa stanza, per adesso ti lascio stare...» lo guardò con un cipiglio curioso, certo che l'altro gli stesse nascondendo qualcosa. Cominciava a pensare cose assurde, quando si trattava di Kise non era mai certo di nulla, solo che combinasse guai o che si era cacciato lui stesso in qualche guaio, ma forse si trattava solo di problemi di cuore, ma quella fu un'idea che si scacciò subito dalla testa, lo vedeva palesemente, che Kise era terrorizzato. Per quanto l'altro si sforzasse, si percepiva chiaramente nei suoi occhi quel barlume di terrore che di tanto in tanto li attraversava.
«... ora però, vorrei vedere i tuoi resoconti scolastici, sai bene che chi non passa gli esami non può giocare giusto?» Lo aveva praticamente incastrato in un angolo, voleva in qualche modo portarlo a pensare a tutt'altro, così che magari potesse rilassarsi o semplicemente comprendere che l'altro giocatore del Kaijo non corrispondeva a una minaccia.
«Senpai...» Si accigliò appena, non gli andava per nulla prendere l'argomento scuola. Proprio quel giorno aveva ritirato un compito in classe pessimo. Non aveva né la voglia, né il tempo per studiare e quel voto disastroso ne era la prova.
«Non voglio sentire storie!» il suo tono era perentorio, non voleva sentire lamenti o capricci a riguardo.
Kise, alzò gli occhi al cielo, sbuffando lievemente, dirigendosi verso la sua camera da letto. Quella, era l'ennesima stanza in disordine: non aveva sistemato nulla, le lenzuola erano scomposte e sgualcite e alcuni suoi libri erano stati agitati distrattamente sulla scrivania.
Prese al volo i fogli degli ultimi test. Il voto che, grande, si manifestava in alto era un misero sessanta, cerchiato più volte. Sbuffò nel rivederlo, non riusciva a studiare bene in quei giorni e per giunta, non era mai stato un tipo a cui lo studio faceva fare i salti di gioia.
Sapeva, che adesso si sarebbe dovuto sorbire la ramanzina del Senpai, ma era meglio assecondarlo se non voleva dirgli cosa stava succedendo.
Tornò nella sala principale, cercando di tenere nascosto il foglio fin che poteva, per poi porgerglielo e non guardarlo in volto. Gli occhi di Kasamatsu si sgranarono appena, per poi mutare espressione all'istante e accigliarsi, per poi scagliare il suo sguardo, verso il biondo, che in un attimo era diventato piccolo, piccolo dalla vergogna. «Hai spiegazioni in merito?» Gi domandò seccato. I suoi giocatori, non solo dovevano essere abili e forti, ma dovevano andare bene anche a scuola, perché la squadra, non si poteva permettere di perdere membri improvvisamente con il pericolo di perdere qualche partita.
«Semplicemente non ho studiato.» Kise fece spallucce, per darsi immediatamente dell'idiota. Non era da lui quell'atteggiamento, non con il suo Senpai, ma l'ansia che stava accumulando, lo faceva essere aggressivo e sgarbato; infatti Kasamatsu stesso, si stupì di quella reazione, tanto da fargli alzare un sopracciglio, scocciato.
«Come sarebbe a dire che non hai studiato? Sai benissimo che se non superi i test, non ti permetteranno di giocare.» Era arrabbiato, perché quella risposta era stata strafottente e menefreghista e non ricordava il biondo così superficiale da non considerare neanche il Basket.
«Hai ragione Senpai...» Disse, mentre stava per rialzare le spalle, fermandosi subito dopo per rimanere immobile. «...non ho potuto studiare, semplicemente.» Voleva sbrigarsi a farlo uscire da lì, sapeva che prima o poi, se avesse continuato, qualcosa sarebbe potuto uscire dalla sua bocca.
«Ho capito che non hai studiato, non ripeterlo un'altra volta.» Il suo tono era deciso, era sicuro di voler vederci più chiaro in quella faccenda.
«Ho avuto da fare.» Rispose schiettamente cercando ancora una volta di eludere la questione.
«Kise smettila e dimmi cosa succede!» Ancora una volta, si era mostrato deciso e sicuro.
«Nulla Senpai, nulla...» Sbottò improvvisamente, dandogli le spalle, al che, l'altro, lo afferrò per il braccio per farlo voltare. Non lo afferrò forte, né tantomeno strinse la presa, era solo un modo per fargli comprendere, che non voleva parlare con la sua schiena, ma con lui e che quell'atteggiamento non gli piaceva per niente.
«Ora calmati e parla.» Rispose perentorio.
«Ho semplicemente avuto da fare: ho lavorato molto, seguito le lezioni a scuola e mi sono distrutto agli allenamenti... amo il basket e preferisco stare in palestra piuttosto che studiare tutto il giorno.» Sospirò. Era stanco e spossato, lo si vedeva chiaramente.
«Domani non venire agli allenamenti...» Prese a parlare serio. Doveva agire a quel modo, per il bene della squadra e per quello di Kise, perché non gli piaceva vederlo ridotto in quello stato.
«...non mi serve un giocatore che non si regge in piedi, né che non sia abbastanza concentrato e un pomeriggio a casa non ti ucciderà e sopratutto ti permetterà di recuperare quello che ti sei lasciato indietro.»
Yukio Kasamatsu era il capitano della Kaijo, pertanto aveva il dovere di comportarsi in un certo modo, per qualsiasi evenienza si sarebbe preso le sue responsabilità, spiegando le ragioni della sua scelta.
«Ma... Senpai...» Era sconcertato, così sconcertato che fece delle lunghe pause per pronunciare solamente quelle due parole.
Cominciava a sentirsi dannatamente in colpa, sia verso sé stesso, che verso gli altri. Si sentiva un'idiota, perché non riusciva a venire a capo di quella situazione e di rimando l'umiliazione cominciava a crescere prepotente e, inoltre, come se non bastasse, a poco, a poco stava mandando a monte tutto. Non voleva farsi terra bruciata intorno, non poteva permetterselo, eppure era convinto, di fare il gioco di qualcun'altro e questo non doveva permetterlo, ma la sua ansia agiva per lui.
«Niente ma, lo sto facendo solo per il tuo bene.» Asserì il moro, sospirando appena, dispiaciuto per l'altro.
«D'accordo.» Ryota era triste e amareggiato, adesso aveva solo voglia di sprofondare in qualcosa di molto lontano, probabilmente onirico, un luogo dove lui non era Kise Ryota, dove non rischiava nulla e nessuno lo conosceva. Un posto dove poteva essere sinceramente sé stesso, libero da ogni costrizione.
«Mi raccomando, vedi di rimetterti in sesto.» Quello fu l'ultima raccomandazione di Kasamatsu, prima di avviarsi verso la porta. Kise lo seguì per accompagnarlo all'uscita, per educazione e rispetto. Yukio si rimise le scarpe e dopo averlo salutato con un cenno della mano, se ne andò, lasciandosi dietro di sé l'altro e i suoi incubi.
Ryota sostò sulla porta per un poco, sospirando per lo scampato pericolo. Era riuscito a non dirgli nulla. Non avrebbe potuto farlo, l'orgoglio glielo impediva e sopratutto non voleva che gli altri provassero compassione per lui, anche se la preoccupazione di Kasamatsu, lo avrebbe distrutto ugualmente. Non voleva pesare alle sue spalle, eppure senza dire niente, lo stava facendo lo stesso, ma forse, quelli erano semplicemente problemi del Senpai che si prendeva troppo a cuore i suoi compagni, ed era proprio quello che ammirava e rispettava di lui.
Si diresse verso il bagno, aprendo un mobiletto, cercando tra i vari flaconi quello di un ansiolitico. Ricordava, che una volta, prima di un servizio fotografico, era terribilmente nervoso e non poteva permettersi di apparire malconcio, così si era procurato il medicinale, sotto prescrizione del medico ovviamente, mentendo sul fatto e ingigantendo la cosa.
Contò una decina di gocce più o meno, queste scivolarono sotto la lingua, stanziando lì, fin quando non si furono assorbite del tutto.
Raggiunse il letto a passi lenti, per poi sdraiarsi su questo e lasciarsi andare al magico potere dell'ansiolitico, che ormai faceva parte di lui, almeno in quel momento.
Ora, sentiva tutto più distante, i pensieri si erano fatti meno persistenti e tutto gli appariva ovattato. Era stanco. Ryota chiuse gli occhi e si lasciò andare, sperando che Morfeo gli potesse servire bei sogni.
Prima di cedersi completamente al dio onirico, un pensiero gli attraversò la mente, come il sorriso malinconico che gli apparve sul volto.
Il Senpai ha ragione, non sono proprio in grado di fare l'attore.
 
~
 
Note [Parte due] Come potete vedere, miei cari adorati ù.ù la situazione si complica sempre di più e Kise non vuole saperne di sfogarsi con qualcuno e dire cosa gli accade!
Secondo voi, come si svolgeranno le cose(?) mh... chissà, chissà se Yukio non insisterà sui suoi passi, oppure se interverrà qualcun'altro. Chi pul dirlo(?) ù.ù
Bene. I base ai principi della ff interattiva, ditemi pure la vostra opinione o pensiero e sopratutto comunicatemi tutto quello che vi passa per la testa. Ovviamente sempre se volete <3

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Capitolo 3
*** Preoccupazioni ***


Note [1] Salve a tutti, non so quanto tempo effettivo sia passato dall'ultimo aggiornamento e non so neanche quando avverrà il prossimo dopo questo. Mi dispiace, sopratutto per chi magari è curioso, ma non perdete la speranza ok? Perché quando un briciolo d'ispirazione cosmica mi coglio, io aggiorno XD
Mi sono accorta che dovrei sistemare il secondo capitolo, perché così non è che mi faccia impazzire >__> sistemerò pure quello quando ne avrò la forza.
Detto questo, buona lettura fanciullini, spero vi piaccia!

 
Quei tranquillanti avevano fatto davvero effetto,  talmente tanto da non riusciva a svegliarsi. Kise non aveva sentito il rumore della fastidiosa sveglia che tutti i giorni lo buttava giù dal letto.
Il telefono era squillato più volte quella mattina, tra noiose vibrazioni dei messaggi e l'acuta suoneria che più di una volta si era fatta sentire: Kise proprio non ne voleva sapere di svegliarsi.
Era mezzo giorno, minuto più minuto meno, e lui era appena riuscito ad aprire gli occhi che si stropicciò appena, per poi stiracchiarsi e sgranchirsi un po' da quel torpore.
Prese il cellulare e vide i numerosi avvisi: Kasamatsu gli aveva inviato tre messaggi e non sembrava molto contento della sua assenza.
«Oh, senpai!» Si lagnò, pronunciando le sue prime parole della giornata.
Il più grande si era lamentato della sua assenza, perché non gli aveva ordinato di non andare a scuola, ma di non presentarsi agli allenamenti.
Kise eluse le domande del sempai e rispose semplicemente che stava poco bene e che ne strava approfittando per rimettersi in forma. La verità, però, era che il biondo cominciava ad avere davvero paura, non capendo quali sfortunati eventi stessero colpendo la sua vita.
Si rimise a dormire, poi, per non pensare, per non sentire quella brutta sensazione d'ansia.
 
 Il giorno seguente non trovò nessuna minaccia, di nessun tipo, così si decise di farsi forza, pensando che, forse, era stato soltanto uno stupido a cadere vittima delle sue paure.
Si lavò, si sistemò e tornò il Kise perfetto  di sempre, mettendo su quel sorriso che lo contraddistingueva.
Come al solito a scuola si destreggiò tra compagni che volevano attirare la sua attenzione e compagne che volevano semplicemente scambiare una parola con lui: stranamente quel giorno percepiva tutto quel calore come un disagio,perché qualcosa stava cambiando dentro di lui, ma aveva deciso di non darlo a vedere.
Si avviò verso l'entrata, quando Kasamatsu si stava avvicinando minaccioso verso di lui.
«Come ti senti?» Gli chiese semplicemente per vedere se Kise fosse stato davvero malato oppure aveva messo su soltanto una messinscena.
«Bene, Senpai. Oggi mi sento molto meglio!» Gli disse sorridendo, mostrando una vera e propria faccia da schiaffi che stava mettendo a dura prova la pazienza del più grande.
«Ti tengo d'occhio e oggi ti aspetto agli allenamenti...» Kasamatsu non avrebbe accettato un no come risposta, lo avrebbe trascinato per i capelli se avesse dovuto ─ Il giorno di punizione era passato, pertanto, Kise, sarebbe dovuto tornare alle solite abitudini, ovvero, si sarebbe dovuto presentare agli allenamenti senza storie.
Il biondo si limitò ad annuire per poi allontanarsi senza dire niente, Yukio era davvero stanco di vederlo così evasivo. Era preoccupato e seccato allo stesso tempo e se Ryota aveva un problema, gliene avrebbe potuto parlare, senza tutto quel mistero a meno che non si fidasse di lui.
Durante gli allenamenti si era comportato bene, ma non eccelleva più del solito. Giocava bene a Basket, quello era chiaro, ma si vedeva perfettamente che c'era qualcosa che non lo faceva agire come al solito.
Il capitano della Kaijo lo aveva osservato e per rispetto di tutti non aveva detto nulla, ma non appena gli allenamento terminarono, chiamò da parte il biondo cercando di cavargli qualcosa dalla bocca: non si poteva andare avanti così.
«Ti decidi a dirmi che c'è che non va?»
«Nulla...» Rispose facendo spallucce.
Kasamatsu sospirò stanco di dovergli andare sempre dietro per cercare di aiutarlo.
«Se non mi vuoi dire cosa ti preoccupa, non farlo, va bene, ma sappi che i tuoi problemi non devono ricadere sul futuro della squadra.»
«Certo lo so, Senpai, non accadrà.»
«Ne sono certo...» Rispose il moro, lasciando che il biondo si allontanasse, non lo avrebbe assillato più, ma lo avrebbe tenuto d'occhio, almeno sul campo da Basket e in quanto suo capitano, si sarebbe potuto lamentare esigendo sempre il meglio dai suoi giocatori.
 
Kise, ripercorrendo la strada di casa, cominciava a sentirsi di nuovo spaventato poiché adesso era solo e si sentiva vulnerabile.
I pensieri avevano preso a rifarsi ossessivi e le varie ipotesi che qualcuno poteva avercela con lui lo stavano letteralmente mandando al manicomio.
Aveva cominciato a pensare di aver fatto un torto a qualcuno, oppure era solo una persona che voleva avvicinarlo e che, timidamente, non era in grado.
Era talmente soprapensiero che urtò una ragazza. «Mi scusi tanto...» Era davvero mortificato, glielo si poteva leggere in faccia, ma lei non sembrò essere così preoccupata della situazione, anzi, non gli rispose neanche a tirò dritto, semplicemente.
Kise si portò una mano tra i capelli, ravvivandoli, massaggiandosi, poi, le tempie. «Dove ho la testa...» sussurrò tra sé e sé.
Era davvero scosso e doveva calmarsi, perché in un momento come quello avrebbe potuto prendere tutto, qualsiasi cosa, per una tragedia.
Quello che si ritrovò in casa, al suo ritorno però, non era poi così roseo e non era possibile, non andare in incandescenza: il salotto era in subbuglio e non come lo aveva lasciato, lui, la sera prima, ma un vero e proprio caos, tutto era stato buttato alla rinfusa, e poi; si incamminò verso la camera da letto e lì, la situazione era ancora più tragica.
La sua biancheria era stata buttata fuori dal suo cassetto: il pensiero che qualcuno l'avesse toccata, esposta e chissà cos'altro, lo faceva sentire, in un certo senso, violato.
Come se non bastasse, sul letto, che precedentemente era stato sistemato, c'era la sagoma di un corpo, segno evidente che qualcuno si era steso lì.
Kise passò una mano sulla forma lasciata, sentendo che era ancora calda, traccia che l'intruso si era intromesso in casa sua da poco o che l'aveva appena lasciata.
Kise si guardava intorno spaventato a morte, pensando immediatamente al peggio, quello che lo stava perseguitando era uno stalker.
Non sapeva chi potesse essere né perché si fosse accanito così con lui, ma era evidente che c'era stato qualcuno e che quella persona era la stessa che faceva percepire la sua presenza da giorni.
Doveva chiamare qualcuno, o sarebbe impazzito. Non poteva più tenersi tutto per sé, doveva agire in qualche modo, ma invece di andare immediatamente alla polizia, non riuscendo a compiere quel numero o pensando che lo avrebbero preso per un pazzo, riuscì a chiamare una sola persona.
«Aomenicchi!» Il tono della sua voce era spaventato e lo stesso Aomine si allarmò sentendolo in quello stato.
«Kise, che c'è?» Gli domandò per sondare il terreno: voleva capire se la cosa fosse seria, o se il biondino avesse travisato qualcosa, tanto da spaventarlo.
«Devi venire a casa mia, per favore.» Sembrava quasi supplicarlo.
«Cosa è successo?» Gli chiese a quel punto cominciando a pensare che la cosa fosse seria.
«Non posso spiegartelo, devi vederlo...» La sua voce cominciava a tremare, era sull'orlo del pianto, quasi indubbiamente segno evidentedei primi cedimenti a causa della tensione o della paura crescente.
«Arrivo!»
Aomine decise di assecondarlo e di vedere cosa stava succedendo, nel sentirlo in quello stato non voleva lasciarlo da solo, sopratutto se la cosa era davvero seria, in caso contrario si sarebbe lamentato con Kise, poi, ma non gli sembrava quella la situazione: più volte aveva sentito Kise lagnarsi per sciocchezze o per continuare a giocare a Basket con lui fin quando non l'avrebbe sconfitto, ma mai lo aveva sentito spaventato, non ricordava nemmeno se ci fosse stata una volta in cui aveva visto Kise spaventarsi o colto dal panico, per questo decise d'intervenire, perché gli sembrava una cosa seria.


Note [2]  Come avete potuto vedere Aominecchi ha fatto il suo ingresso all'interno della storia *^*
Questa è sempre una ff interattiva, come già scritto negli altri capitolo precedenti, quindi per qualsiasi opinione, desiderio o commento, non esitate e scrivetelo come se non ci fosse un domani ù.ù
 

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