Più bella di una stella

di LallaMatta4e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Resto nel letto ancora un po’.
Non posso continuare così, ma non ci riesco. Lo so.
E’ da tre giorni che sono sdraiata su questo letto del cavolo. Tre giorni in cui non ho fatto che dormire. Dormire, dormire e ancora dormire. Il mio corpo si rifiuta di vivere. Ma sarà il mio corpo o la mia mente?
Angela e Sofia sono venute tutti i giorni a trovarmi, una più preoccupata dell’altra. Non vorrei fargli perdere tempo, e questo gliel’ho anche detto, ma loro sono così cocciute… Beh, si vede che sono le mie migliori amiche. Si preoccupano per me, in ogni situazione. Sono due tesori.
Drin.
Ecco, o è Angela o Sofia.
Allungo la mano verso il telefono di casa, sul comodino imparte a me, e rispondo con voce assonnata.
-Tesoro! Sei ancora a letto?!-. E’ Angela.
-Mmh…- grugnisco io.
-Ma non hai fame?! Mangi solo se ci siamo noi?!-.
-No, te l’ho detto che non voglio mangiare- rispondo io -e poi, ormai non me ne importa più niente-.
-Così non va bene, però!- esclama lei –e il lavoro? Ci pensi?!-.
-Non mi interessa più!- ribatto io.
-Ma tesoro mio… a tutti capitano le delusioni d’amore…-.
-Lo so. Ma io non sono tutti!-.
-Okay, forse sarai un caso a parte… ma devi riniziare a vivere!- cerca di convincermi lei.
-No!- grido io, scocciata –non dovresti nemmeno preoccuparti di me! Devo morire!-.
-Ma cosa stai dicendo?!- dice lei, alzando un po’ la voce. –non lo farò mai! Figurati! Il mio angioletto!-.
-Allora perché a lui non gliene frega niente di me?!-.
-Perché è un idiota! Mica ti deve rovinare la vita quel bastardo…-.
Infatti. Quell’idiota di cui parla Angela è Gabriele, il mio ex. L’ho scoperto mentre era a letto con un’altra. Mi sono messa a urlare come una pazza e poi l’ho mollato, naturalmente. Da quella volta, non l’ho più sentito.
Almeno, lui ha cercato di parlarmi. Al telefono o per posta elettronica, ma io non gliela perdonerò mai. Due anni buttati nel cesso. Ma la cosa che mi chiedo è perché? Cosa gli ho fatto? Eravamo così felici insieme...
Evidentemente per lui no. Ma quanto ci voleva a dirmelo? Doveva per forza farsi sgamare mentre era con un’altra? Resto zitta, fissando l’orologio da parete di fronte a me. Le otto e venti.
-Ma te non devi andare al lavoro?- chiedo ad Angela, dopo una pausa.
-Non provare a cambiare argomento, signorina!- replica lei.
-Ange, guarda l’orologio! Sei in ritardo!-.
Silenzio.
-Porca merda!- urla lei.
Mi immagino già la scena: lei comodamente seduta sul suo divano quando…
-Tesoro, devo andare!- esclama terrorizzata –questa volta Silvio non me la perdona! Scusa ancora!-.
Silvio è il nostro capo. Uomo affascinante di mezza età. Alto, moro con occhi neri talmente profondi, che appena ti fissano intensamente non puoi non abbassare lo sguardo.
Purtroppo non tollera il ritardo e, visto che Angela adora arrivare sempre qualche minuto dopo, l’ha presa un po’ in antipatia. Ma dato che adesso ha superato ogni limite, la ucciderà veramente.
-Certo, vai pure! Fai una corsa!- esclamo io, sorridendo.
-Okay… poi ne riparliamo stasera d’accordo? Verrà anche Sofia!- dice lei, trafelata.
Scommetto che adesso si starà preparando, di fretta.
-Sì, va bene!- rispondo io –Ciao bella!-.
-Ciao!- mi saluta lei.
Detto questo, chiudo con un sospiro.
Angela ha ragione.
Non posso continuare così, a farmi servire in tutto e per tutto. Non sono più una bambina. Devo darmi una svegliata. Devo dimenticarlo, anche se è “una parola”.
Tiro fuori i piedi dalle coperte e li infilo nelle ciabatte imparte al letto. Poi mi dirigo verso la cucina.
E’ tutta incasinata: stoviglie da lavare, pentole in giro… Okay. Devo sistemare tutto. Prima però mi faccio una doccia, ne ho proprio bisogno.

E’ pomeriggio, sono le quattro.
Ho sistemato le varie stanze: camera mia, la cucina e il salotto, poi mi sono lavata e vestita (cosa che non facevo da secoli) e mi sono cucinata il pranzo. Purtroppo sono riuscita a fare solo una pasta asciutta al pomodoro, perché avevo il frigorifero completamente vuoto. E infatti sono appena tornata dal supermercato. Per mia sfortuna, ho incontrato la mia vicina di casa per strada. Mi ha fatto mille domande del tipo “perché non ti sei più fatta vedere” eccetera. Una vera noia. Mi sono dovuta inventare che avevo la febbre e non potevo muovermi dal letto.
Adesso sono seduta sul divano, con la tv accesa. Non fanno niente di bello a quest’ora. Così la spengo, con una rapida scrollata di spalle.
Ad un certo punto sento che c’è qualcuno che mi sta citofonando.
Mi alzo, dirigendomi verso il campanello. –Chi è?-.
-Tesoro, ce ne hai messo di tempo per rispondere!- grida Angela.
-Scendi subito!- aggiunge Sofia.
-Perché?- chiedo io.
-Andiamo a fare compere!-spiega Sofia.
-Umh…- mormoro io –e se vi dicessi che non ho voglia?-.
-Ma tu sei completamente tuonata!-esclama Angela –come si fa a non avere voglia di un po’ di shopping?-.
-Dai, scendi! Ci divertiremo!-cerca di convincermi Sofia.
Mi faccio pensierosa. Poi accetto. Ho bisogno di pensare a niente. E poi, ho bisogno di qualche vestito nuovo. E anche qualche paio di scarpe…
-E va bene-.
-Ti adoro, Vero!- esclama Sofia.
-Su, corri!- dice Angela.
-Okay- confermo io –due secondi che mi metto le scarpe e la giacca-.
Dopo cinque minuti, sono giù da loro.
Sofia ha le guance arrossate per il freddo e i capelli biondi le ricadono sulle spalle seminude, mentre Angela indossa praticamente metà armadio. Sciarpa, guanti, berretto, giacca e un paio di pantaloni marroni.
-Angela, i tuoi calzoni si intonano con i capelli!- commento io, divertita.
Da quando in qua Angela veste il marrone?
-Eh, purtroppo ho l’urgenza di un negozio d’abbigliamento! Ormai nel mio guardaroba è restato poco o niente! Sono stata costretta a indossare questi orribili pantaloni!- spiega lei.
-Sì, ma non sei un po’ troppo pesante?- domando, alzando un sopracciglio.
-Quello che le ho detto io!- si intromette Sofia.
-Beh, almeno non vado in giro con una scollatura vertiginosa!- ribatte Angela, guardando male Sofia.
-Ho i capelli che mi coprono!-ribatte lei.
Io e Angela scoppiamo a ridere.
-Allora, io ho i capelli troppo corti e non arrivano a coprirmi le spalle, va bene?-.
-Vabbè dai… andiamo sì o no?- propongo io, cercando di porre fine al litigio.
E così, ci avviamo verso l’auto di Angela e in quindici minuti arriviamo in centro.
La città è tutta illuminata, perché tra un mese sarà natale. La gente sta già pensando ai regali e si veste ormai come se fosse inverno inoltrato. E’ vero, fa freddo. Però vestirsi come è vestita ora Angela mi sembra un po’ esagerato.
-Allora? Dove andiamo?- chiedo io.
-Ho bisogno di un paio di pantaloni, maledizione!- esclama Angela, nel panico.
-Calma!- la riprende Sofia –adesso ci andiamo… vediamo… dove possiamo andare?-.
-Gucci?- azzardo io.
-Potrebbe andare…- mormora Angela, scrutando i negozi.
-Guess?- aggiunge Sofia.
-Sì, però troviamoli ‘sto negozi!- dice Angela.
-Sìììì!- urliamo io e Sofia, esasperate.
Angela è impaziente. Li desidera così tanto quei dannati pantaloni!
-Bene- affermo io, allargando le braccia come per fermarle –adesso con un po’ di calma iniziamo a cercare negozi decenti. Abbigliamento, calzature, accessori e così via, va bene?-.
Sofia e Angela annuiscono con convinzione.
E così ci diamo la pazza gioia e iniziamo a visitare ogni tipo di negozio. Chanel, Gucci, H&M, Armani, D&G, Liujo, Zara, Carnevali, Guess, Sephora, Calvin Klan… Di tutto e di più. E il bello è che Angela non è riuscita a trovare nemmeno un paio di pantaloni carini! Io e Sofia siamo riuscite a riempire tre borse enormi cariche di vestiti, scarpe, gioielli, profumi, trucchi… E Angela in tutto questo tempo ha trovato solo qualche cosina da Sephora e Calvin Klan! Un reggiseno rosso fiamma bellissimo con un po’ di pizzo (ha detto che le tornerà utile nei momenti “piccanti”), un profumo e qualche ombretto presi da Sephora.
-Possibile che non hai trovato nessun abito decente?!- esclama Sofia.
Angela fa spalline. –Sono una tipa difficile io-.
-Non l’avevamo notato!- diciamo io e Sofia, con un sorriso.
In ogni negozio che entravamo, guardavamo subito i pantaloni e sceglievamo insieme i più belli… Solo che quando andavamo nelle cabine di prova scoprivamo che: o non c’era la sua taglia, o avevano un “difetto”, o non c’era il colore che voleva lei, o costavano troppo… Insomma, per Angela ogni scusa era buona.
Alle otto e mezza sono finalmente a casa. Lancio le borsine sul divano dopodichè mi ci butto io.
Oddio. Sono morta. Ho camminato tantissimo oggi pomeriggio. Sarà perché ero abituata a stare nel letto giorno e notte…
Ho comprato: due paia di pantaloni, un paio blu scuro e l’altro viola (visto che quest’anno va di moda), un maglione blu con il collo alto, tre paia di reggiseno: uno bianco, uno blu e uno nero, poi un po’ di trucchi e smalti e un paio di stivali bellissimi: neri, lunghi fino al ginocchio, con la punta appuntita e il tacco di cinque centimetri.
Avevo proprio voglia di comprare roba! E infatti, non ho proprio badato a spese: ho pagato di tutto, oltre mille euro!
Poi riguardo i pacchi di roba uno sopra l’altro.
Oh, mio Dio. Ma sono matta? Mille euro? Mille euro? La prossima volta che mi proporranno di andare in centro a fare shopping, ci penserò due volte.
Stasera invece mi chiama Sofia.
-Ciao! Oggi non ci siamo risparmiate proprio niente, eh?-.
-Già! Hai presente quanto ho speso?- esclamo io, stupita.
-Sì! Perché? Io no?- afferma Sofia.
-Oddio… La prossima volta che verrò con voi in centro passeranno mesi- mormoro io, sconsolata.
-Immagino valga lo stesso per me- conferma Sofia.
-Cavolo, che nervoso! Angela non ha speso praticamente niente! Ma come diavolo fa?!-.
-Esatto! O saremo noi le fanatiche?-.
-Ma no… Spero…- borbotto io, insicura.
Silenzio.
-E te come va con Daniele?- chiedo io, cambiando argomento.
-Benissimo! L’altra sera, quando mi ha invitata a casa sua è stato semplicemente…- racconta Sofia, eccitata.
-Fantastico?- suggerisco io.
-Altro che! Molto di più!-.
Io rido, divertita. -E che avete fatto?-.
-Abbiamo cenato (ha cucinato lui!) poi ci siamo guardati un film e poi… beh, è successo…- dice lei, leggermente imbarazzata.
Quando tocchiamo quell’ argomento Sofia si vergogna quasi sempre. Ma insomma, mi sembra una cosa assolutamente normale. Che c’è di male? Ma lei è fatta così. Non ci puoi fare niente.
Io sorrido. –Bene, sono contenta per voi!-.
-E indovina- continua lei –tra una settimana facciamo cinque mesi!-.
-Wow! Sono davvero felice per te!- commento io, colpita.
E pensare che con Gabriele ci sono stata due anni.
-Chissà cosa avrà progettato per quel giorno!-.
-Boh!- faccio io, alzando le spalle.
-Ora scusa ma devo preparare la cena altrimenti non mangio più!-.
-Sì, giusto. Devo farlo anche io!-.
Lei scoppia a ridere. –Bene. Allora ci vediamo domani, vero? Vieni al lavoro?-.
Ad un tratto mi faccio triste. Dovrò riniziare la vita di sempre.
-Penso proprio di sì-.
-Okay, a domani allora!- mi saluta lei.
-Ciao! Buona notte!-.
-‘Notte!-.
Detto questo, chiudo la chiamata e poi vado in cucina, pronta per farmi la cena.
Questa volta vado a dormire abbastanza presto, altrimenti domani non riuscirò ad essere puntuale.
Non accendo la televisione, mi metto a leggere qualche capitolo del libro che sto leggendo adesso. L’ho appena iniziato. E’ Sai tenere un segreto? di Sophie Kinsella. Me l’hanno consigliato Angela e Sofia. Insieme a tutti gli altri della mitica Sophie. Questo è l’ultimo che mi manca tra tutti i suoi libri. Angela è stata la prima a scoprirli… e così ha tramandato la passione a tutto il gruppo!
Leggo appena due capitoli, perché subito crollo dal sonno.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***



Oggi è Giovedì.
Purtroppo sono stata costretta a mettere la sveglia alle sette, perché devo andare al lavoro. A proposito: io lavoro insieme ad Angela e Sofia, che ci occupiamo di creare pubblicità. In tv, sui giornali… Da tutte le parti purché si tratti di pubblicizzare un prodotto. Ultimamente non abbiamo avuto nuove idee, anche perché Silvio per adesso, non ci ha dato nessun “ordine”. Per cui ora restiamo tutto il tempo in ufficio, senza avere niente di preciso da fare. Ovviamente insieme a noi tre, ci sono altre persone. Come Luisa, la segretaria di Silvio (e anche amante purtroppo, ma questo la moglie di Silvio non lo sa), oppure Edoardo (che è da mesi che sta facendo il filo ad Angela, ma lei anche se per ora è single, non ne vuole sapere), Michele (dicono che mi corre dietro, ma io stento a crederci) e Filippo.
Alle sette e cinquanta, salgo sulla mia auto e metto in moto. In meno di dieci minuti, sono all’entrata dove c’è Luisa che accoglie sempre con un monotono sorriso chi entra.
Questa volta però il sorriso di Luisa è più acceso. –Veronica! Che ti è successo?-.
Okay. Dovrò raccontare delle balle come ho fatto con Emilia, la mia vicina di casa.
-Oh- mi mostro stupita –ho avuto l’influenza-.
-Mi dispiace!- esclama lei –ma ora è tutto a posto, vero?-.
Annuisco, convinta. –Sì, sì. Tutto bene-.
-Magnifico! Silvio proprio ieri ha chiesto di te!-.
-Davvero?-.
Mi pare strano che si interessi a me. Non le basta più Luisa? Non dirmi che adesso ha deciso di cambiare…
-Sì!- conferma Luisa –aveva in mente qualcosa su una pubblicità… roba nuova, insomma-.
-Ah- affermo io, facendomi pensierosa.
Che avrà in mente, adesso?
-Sarà meglio andargli a parlare al più presto- mi consiglia lei.
-Certo! Vado subito!-.
Detto questo, giro sui tacchi e mi avvio verso l’ufficio di Silvio. Mi starà aspettando, spero.
Arrivata davanti alla porta, busso due volte.
-Avanti- risponde lui.
Apro, con cautela.
Il viso di Silvio s’illumina. –Veronica!-.
Io gli faccio un timido sorriso. –Buongiorno-.
-Come stai?-.
-Adesso meglio, grazie- dico io, avvicinandomi alla sua scrivania.
-Che avevi?- chiede lui, interessato.
-L’influenza- mento io –ora però è tutto passato-.
-Siediti, siediti pure- mi dice, indicandomi la sedia di fronte a lui.
Io mi siedo, incerta.
Da quando in qua tutta questa gentilezza?
Resto silenziosa, aspettando che mi dica qualcosa.
-Vorrai sapere perché ti volevo vedere- annuncia lui, guardando il monitor del computer davanti a lui.
-Sì- ammetto io.
-Ho ricevuto un’e-mail da degli importanti signori- spiega lui –che mi hanno chiesto se potevo pubblicizzare i loro prodotti-.
Lo fisso, senza capire.
-Ho voluto aspettare il tuo ritorno per darvi delle notizie- prosegue lui –la prima: da domani ci sarà un nuovo arrivato-.
Lo guardo, stupita. –Veramente?-.
-Sì. E’ un ragazzo sveglio. Si chiama Luca-.
Oddio. Un nuovo arrivato. Un nuovo arrivato!
-Sei senza parole?!- mi prende in giro Silvio.
-Ehm…- balbetto io –è che mi sembra strano… siamo in sette qui, e non mi sembra che manchi qualcosa-.
-No, assolutamente! Però uno in più non guasta mai- commenta lui, toccandosi il mento –specialmente a questi livelli-.
Lo guardo, con aria interrogativa. –Non capisco-.
-E’ un esperto lui di queste cose-.
Resto zitta, fissando il vuoto.
Quanti anni avrà? Sarà carino?
Oh Dio, perché mi sto facendo tutte queste stupide domande che con il lavoro non centrano niente?
Poi ritorno alla realtà. Sbaglio, o dal suo tono di voce sembrava ci fosse altro?
-Poi- procede Silvio –l’altra notizia è che avevo intenzione di affidare a voi l’incarico di creare la pubblicità per quei nuovi prodotti-. Fa una piccola pausa, poi riprende: -Che sarebbero della biancheria intima da donna: reggiseno, mutandine e calze-.
Non ci posso credere. A noi? A noi cinque comuni mortali un incarico così importante?
Ma che sto dicendo? Anche Silvio è un umano. Saranno tutte queste notizie improvvise che mi stanno dando alla testa.
-E Luca vi aiuterà con l’impresa-.
Lo osservo, sbalordita. Non ho la forza di dire nemmeno una parola.
-Mi raccomando- dice Silvio –conto su di voi-.
-E quanto tempo avremo?- domando io, speranzosa.
-Uhm…- mormora Silvio –diciamo… un mesetto mi sembra più che sufficiente-.
-Cosa?!-.
Impossibile. L’ho detto davvero? Ero talmente agitata, che non sono riuscita a frenare e… l’ho detto.
-Ci sono problemi?- chiede lui, stringendo gli occhi.
-Oh, no- borbotto io –nessuno-.
-Bene- conclude lui –puoi dirlo anche agli altri-.
Io annuisco, poco convinta. Dopodichè mi alzo e, dopo aver salutato, esco dalla stanza.
Okay. Tocca a me ora.

Angela, Sofia, Edoardo, Filippo e Michele non hanno fatto i salti di gioia appena ho riferito.
-Quello è matto!- esclama Angela.
-Come faremo?- chiede Sofia, terrorizzata all’idea –io non voglio perdere il posto!-.
-Non lo perderai- affermo io, con determinazione –ce la faremo-.
-Sicura?- mi chiede Filippo, dubbioso.
-E poi avremo l’aiuto di questo Luca!- aggiungo poi.
-Speriamo sia veramente bravo come ha detto Silvio- ammette Michele.
-Già- conferma Angela.
-Prima di tutto- dico io –dovremo cercare di farci venire in mente qualcosa… ma qualcosa di veramente originale-.
-E non la minchiata di sempre- aggiunge Edoardo, .
-Esatto- approvo io –quindi… qualcuno ha qualche idea?-.
Guardo gli altri. Ci siamo tutti riuniti nell’ufficio mio e di Angela.
Angela e Sofia sono sedute sul divano, Michele e Filippo sono in piedi, io sono seduta sulla sedia dove c’è la mia scrivania, mentre Edoardo è seduto sulla sedia davanti a me.
Silenzio.
-Okay- mormoro io –nessuno-.
-Ma scusate… ditemi voi qualcosa di bello per pubblicizzare un paio di mutande, il reggiseno e le calze!!- protesta Angela.
Io alzo le spalle. –Forse adesso non ci verrà in mente niente, ma col tempo…-.
-Col tempo un cazzo!- ribatte Edoardo –scommetto che tra un mese non sapremo ancora cosa fare!-.
-E dai- dico io –non essere così pessimista-.
-Non sono pessimista, sono realista!-.
-Okay- finisco io –ne riparleremo nei prossimi giorni quando ci sarà anche Luca, d’accordo?-.
Per fortuna tutti annuiscono. Poi, tutti tornano nei propri uffici.
Io sospiro, fissando il computer di fronte a me.
-Secondo me, ci vorrà un miracolo- mormora Angela, scoraggiata.
-Non lo so- ammetto poi.
-Ma come?!- esclama Angela, alzandosi –non eri la ragazza sicura e determinata di cinque minuti fa?-.
Io le sorrido. –Dovremo pensare a qualcosa-.
-Boh- mormora lei, sedendosi sulla scrivania imparte alla mia –so solo che adesso guardo la mia posta-.
Io resto zitta.
Ed io? La mia posta elettronica? Avrò ancora il coraggio di aprirla?
-Dai- dice Angela –guarda anche te la tua-.
Io alzo un angolo della bocca. –Non ne sono così sicura-.
-Ma perché?- chiede lei, stupita –non ci vuole tanto! Leggi e poi elimini!-.
-Una parola!- ribatto io.
Lei mi guarda strano. –Tesoro. Prima o poi dovrai affrontarlo-.
Già. Ma preferisco il più tardi possibile.
Poi decido. Okay. Ne aprirò solo qualcuna. –Va beh. Ne apro due o tre-.
Appena mi si carica la pagina di internet, inserisco la mia password dopodichè apro la posta ricevuta.
In tutto sono venti messaggi. Tra cui: dodici di pubblicità, uno di mia mamma che chiede mie notizie e gli altri sette sono di Gabriele.
Prima di tutto elimino quelli di pubblicità senza neanche leggerli, poi apro quello di mia mamma:

Ciao tesoro, tutto bene? Ti volevo invitare domenica mattina a pranzo. Ci sono anche i nonni e Francesca con Claudio. E’ un ritrovo di famiglia, insomma. Verrai? Mi raccomando, fammi sapere. Un abbraccio, mamma

Decido di risponderle subito, altrimenti dopo non ho più voglia.

Ciao mamma. Io sì, tutto bene e voi? Comunque per domenica va bene. A che ora devo essere lì? Baci, Veronica

Okay. Ora devo aprire la posta di Gabriele. Cosa mi avrà detto? Di sicuro si sarà scusato. Ma io ho già stabilito che non lo perdonerò.
Inizio a leggerle.

Scusa per quello che ti ho fatto. Non volevo, davvero. E’ stato un momento di debolezza, mi perdonerai mai? Rispondi per favore, Gabriele

Non mi hai ancora detto niente. Allora? Hai deciso cosa fare con questo povero deficiente?

E’ notte fonda, ed io non faccio che pensarti. Ho sbagliato, è vero. Ma resto comunque speranzoso e aspetto tutta la notte, e domani e dopo domani ancora. Aspetterò in eterno. Veronica, per favore ascoltami. Non potrai dimenticare tutto quello che abbiamo passato. Eravamo contenti. Allora perché rovinare tutto questa nostra felicità con una piccola distrazione? Ripeto, è stata solo una volta. Un momento di debolezza. Mi scusi? Ti prego, rispondi. Ti amo ancora, Gabriele

Ti sto continuando a chiamare sul telefono di casa, sul cellulare ma tu non rispondi mai. Sei davvero così incazzata? Perdonami!

Ormai quella non la rivedrò più. Non sapevo nemmeno come si chiamava. Mi perdoni? Rispondi!


Poi una voce mi fa tornare alla realtà.
-Che dice?-.
Guardo Angela. –Una schifezza. Uno più sconvolgente dell’altro-.
-Fa vedere- dice lei, alzandosi.
Poi guarda lo schermo del computer di fronte a me, cliccando di qua e di là. Io non ho il coraggio di rileggerli e non voglio nemmeno leggere gli ultimi due.
Così distolgo lo sguardo.
-Oddio- commenta Angela –che bastardo!-.
Io annuisco, assente.
-Cancellali!-.
Poi scuoto la testa. –Non importa-.
-Non gli rispondi?-.
Resto zitta.
Dovrei farlo? Mandarlo a quel paese?
-Forse- rispondo –che dici?-.
Lei annuisce, convinta. –Ovvio che sì! Digli vaffanculo, anche!-.
Poi ci ripenso. –Chiedo anche a Sofia-.
E così esco dalla stanza e mi dirigo verso l’ufficio di Sofia e di Filippo.
Busso alla porta e, senza aspettare una risposta, entro.
Trovo Sofia seduta sulla sedia della sua scrivania, intenta col computer.
Per fortuna Filippo non c’è.
-Ciao! Qual buon vento?- scherza Sofia.
Io le sorrido e poi vado subito al dunque. –Ti volevo chiedere un consiglio-.
Lei si fa seria e mi guarda negli occhi. –Dimmi-.
Io mi siedo sulla sedia di fronte a lei. –Gabriele mi ha scritto un sacco di mail dicendomi cose tipo “perdonami”. Cosa gli dico? Rispondo?-.
-No- mi suggerisce Sofia –almeno, io non lo farei. Chissene frega di lui. Devi dimenticarlo, cancellarlo da tutto. Dalla mente, dal cellulare, dalla posta elettronica…-.
-Uhm…- mormoro, poco convinta.
Magnifico. Angela dice di mandarlo a fanculo mentre Sofia dice di cancellare tutto. Cosa devo fare?
-Angela invece mi ha detto di mandarlo a quel paese- spiego io.
-Ah- afferma lei –cosa pensi di fare te?-.
-Non ne ho idea- rispondo io, incerta.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***



Da oggi ci sarà anche Luca. Il famoso Luca. “Il ragazzo che se ne intende” come ha detto Silvio. Dovrebbe avere fiducia in lui. Dovrò prendermelo in simpatia. Si sa mai che un giorno… Okay. Niente strane idee. Non pensiamo già a queste cose. Adesso basta pensare a lui da questo punto di vista. Anzi, spero proprio che sia un cesso. Basso, grasso, brufoloso, con gli occhiali e, addirittura, più inganfito di me (il che è tutto dire).
Questa mattina ho deciso di arrivare in ufficio un po’ prima delle otto. Lui arriverà di sicuro per le otto, se non più tardi.
Così alle sette e quaranta sono all’entrata, davanti alla faccia assonnata di Luisa.
-Dormito bene?- la stuzzico io.
-Per niente. Ieri era il compleanno di mio fratello e siamo stati fuori fino alle due di notte- mi racconta Luisa.
Io allargo gli occhi, sbalordita. –Spero vi siate divertiti-.
-Sì, almeno quello- mi sorride lei
-Comunque- dico io –volevo chiedere… sai per caso a che ora viene quello nuovo?-.
-Chi?- chiede lei –Luca?-.
Io annuisco, con disinvoltura. Devo sembrare tranquilla, rilassata, come una cosa assolutamente normale.
-Ah- afferma poi –Silvio non mi ha detto niente. Però penso per le otto come tutti-.
-E in che ufficio starà?-.
-Nel vostro. Tuo e di Angela- mi risponde lei –ieri ho aggiunto la nuova scrivania e il computer. Sono davvero carini-.
Non può essere vero. Non deve essere vero. Proprio da noi doveva stare? Con tutte le stanze che ci sono! Proprio nella mia?
-Okay- chiudo io –grazie mille-.
-E di cosa?!- esclama Luisa.
Io le sorrido soltanto, poi mi volto e mi dirigo barcollante verso l’ufficio che da oggi non sarà solo mio e di Angela.
Appena entrata, mi guardo attorno. Soprattutto guardo la sua scrivania. E’ nuova di trinca, con un computer che sembra più bello del mio. Non è giusto. Quando io sarò ad aspettare che si accenda, lui sarà già alla pagina di Google. E poi, esteticamente è stupendo. Schermo piatto, tastiera nera e mouse senza fili. No! Lo voglio io! Adesso vado da Silvio e protesto. Il mio pc non ha lo schermo piatto, ha una tastiera gialla scolorita e il mouse è vecchissimo. Che pena.
Mentre sono intenta a curiosare i vari cassetti (purtroppo vuoti) della scrivania, sento un rumore dietro di me.
Oddio.
Mi volto, tremante. Non dirmi che è lui…
Ed eccolo. E’ lui. Luca. Quello nuovo. E’ lì, di fronte a me che mi sta guardando strano. Alto, magro, capelli corti mori, con gli occhi azzurri. Porta gli occhiali. Ma non gli stanno male. Affatto.
-Oh- dice lui, in imbarazzo –scusa. Non credevo ci fosse qualcuno…-.
-Non… non fa niente- balbetto io, diventando rossa come un pomodoro.
Lui fa un leggero cenno col capo.
-Ehm- borbotto. Devo cambiare argomento, come se niente fosse. –Comunque io sono Veronica-.
-Sì, me l’ha detto la ragazza all’entrata. Come si chiama? Luisa?-.
Wow. Si è già dimenticato come si chiama? Ma se l’avrà vista cinque minuti fa?
Io annuisco. –Sì, Luisa-.
Lui resta silenzioso.
C’è una pausa terribilmente imbarazzante.
Poi mi guardo intorno sconcentrata. Oh, Santo. Sono seduta sulla sua sedia, con i cassetti della sua scrivania aperti. Oddio. Che faccio? Dico che la sua scrivania è la mia? No, vede i mie fogli. E poi lo verrà sicuramente a sapere.
-Mi avevano detto che c’era anche un’altra, oltre a te- dice lui, distrattamente.
-Sì, infatti- rispondo io –si chiama Angela. Ma non è ancora arrivata-.
Lui resta assente, annuisce soltanto.
Certo che me lo aspettavo diverso questo Luca. Pensavo fosse un ragazzo pimpante e allegro… E invece mi sembra così distante.
Resto a fissarlo ancora un po’ mentre sta lì, davanti alla porta che si guarda attorno con aria curiosa.
Okay. Ora devo dirglielo. Ma come?
“Ah… scusa… questa in realtà è la tua scrivania… mi ero seduta qui un attimo…”. No, non potrebbe andare. Poi mi guarderebbe come se fossi un’aliena. E di sicuro non è un buon inizio.
-Scusa- dice lui –qual è la mia scrivania?-.
Non posso farlo. Non posso dirglielo.
E invece devo.
Bene. Calmati. Non si arrabbierà. Sarà semplice, una leggera scrollata di spalle e via…
Senza avere il coraggio di dire qualcosa, indico il banco davanti a me con un senso di colpa incredibile.
Lui resta zitto e inarca la sopracciglia destra. Di sicuro starà pensando “Che fa ‘sta qua alla mia scrivania?”.
Io non dico niente. Abbasso lo sguardo, soltanto.
Lui si avvicina a me, silenziosamente.
Quando rialzo lo sguardo, me lo trovo a due metri da me.
Non so che dire. Non so cosa fare. Quei suoi occhi color cielo mi stanno mettendo nel panico. Non riesco a reggere e così riabbasso il viso. Mi sento una merda.
-Posso?- chiede lui, indicando il suo posto.
Io annuisco, vergognandomi. Dopodichè mi sposto, e mi avvicino alla mia scrivania che è imparte alla sua.

Per tutto il giorno non ci siamo più rivolti la parola.
Lui era così indaffarato: usava il computer, usciva dalla stanza, rientrava, riandava al computer… Sempre così.
Quindi anche volendo, non avrei potuto parlargli. Anche se non mi è nemmeno passato per la testa. In effetti anche io ero abbastanza occupata. Soprattutto mi scervellavo per trovare un’idea per quella maledetta pubblicità… Ma purtroppo, non mi è venuto in mente niente. Ho chiesto anche ad Angela, ma pure lei era nelle mie stesse condizioni.
Oggi Sofia l’ho vista solo un paio di volte durante la pausa pranzo e basta. Anche lei era sempre presa dalle sue cose. O era al telefono, o parlava con Filippo… Insomma. Oggi penso che sia stata una giornata abbastanza lavorativa per tutti. Così alla sera, quando arrivo a casa, mi butto sul letto. Non ho nemmeno la voglia di farmi la cena. Sono le otto e non ho fame. Decido di accendere lo stereo. Non so perché, ma ho voglia di ascoltarmi il cd di L’Aura. E così faccio.
Mentre va la musica, prendo il libro che avevo sul comodino. Sono arrivata quando Emma scopre che lo sconosciuto dell’aereo è il suo capo.
Ogni tanto mi scappa una risatina mentre volto le pagine.
E’ sempre così. Quando leggo un libro che mi appassiona mi capita sempre di ridere, piangere oppure rimanere delusa. E tutti i libri di Sophie Kinsella sono semplicemente fantastici!
Quando richiudo il libro, mi accorgo che sono le undici. Oddio: ho letto per tre ore!
Meglio andare a dormire.
Mi infilo sotto le coperte e spengo la luce.
Ma non riesco ancora a chiudere gli occhi, che sento che il mio cellulare sta squillando.
Guardo il numero: sconosciuto.
Chi sarà?
Rispondo con la voce assonnata.
-Ciao Veronica!-. Incredibile. E’ Luca. –Scusami se ti chiamo a quest’ora, ma ho trovato per terra alcuni tuoi fogli-.
-Sei ancora in ufficio?- chiedo io, stupita.
-Sì… avevo parecchie cose da sbrigare- risponde lui -comunque… sono… ehm… penso siano degli appunti per la pubblicità che dovevamo creare-.
Oddio. Sono degli scarabocchi.
-Sì. Ma non preoccuparti, penso che entro qualche giorno riuscirò a farmi venire in mente qualcosa…- cerco di spiegare, imbarazzata.
-Proprio per questo ti ho chiamata- mi interrompe lui –secondo me, hai avuto delle ottime idee-.
Sta scherzando?
-Ah!- affermo io –non so… a me non sembra…-.
-Vedi- continua lui –magari modificando qualcosa… Ma l’idea sarebbe quella-.
-Ma sono delle cavolate!- faccio io, con una risatina. –ce ne sono di idee migliori!-.
-E invece vedrai che uscirà bene- continua lui, determinato –ne sono più che sicuro-.
-Come vuoi-.
-Poi ne parliamo un’altra volta con gli altri, okay?-.
-Certo. Così vediamo cosa ne pensano…- dico io, con aria di sfida.
E capirà che è una vera cavolata.
-Bene- finisce lui –scusa ancora per l’orario…-.
-Niente- rispondo io, pronta.
-Ci vediamo domani!-.
-Sì, ciao!- lo saluto io.
E così chiudo la chiamata.
Adesso spengo il cellulare. Voglio dormire.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***



E’ ormai passata una settimana da quando Luca è qui. E a me sembra un’eternità.
Abbiamo parlato. E anche tanto. Ho scoperto un sacco di cose su di lui. Come quella che era un secchione a scuola, oppure che colleziona ogni frase che gli ha colpito (le ha raccolte in un quadernetto che porta sempre con sè), oppure che vive in un appartamento condiviso con il suo migliore amico che si chiama Stefano… E insomma. Tante altre cose.
Per il nostro progetto abbiamo deciso di chiedere a una modella di indossare le mutandine, il reggiseno e le calze, come avevo fatto nei miei appunti (purtroppo l’ha vinta Luca!). Ne abbiamo trovata una molto carina. La ragazza ideale. Alta, magra, bionda con degli occhi azzurri belli almeno come quelli di Luca.
E le abbiamo fatto molte foto. Alcune sono uscite veramente bene. Però dobbiamo trovare ancora una frase carina. E… Beh, devo dire che siamo a buon punto. Se penso che abbiamo ancora due settimane abbondanti di tempo!
Stamattina arrivo in ufficio un po’ più tardi del solito. Alle otto e dieci, per la precisione. Per fortuna Silvio non si è accorto di niente.
Fino alle dieci resto in ufficio senza avere nulla da fare. Lui, Luca, resta sempre seduto là, alla sua scrivania. Computer acceso, fogli sparpagliati sul banco (somiglia a qualcuno!) e telefono che squilla ogni minuto. Insomma, lavora veramente sodo. Non si permette nemmeno un minuto di pausa.
Io invece ho il computer acceso alla pagina di Google che sto cercando immagini di qualche attore (o attrice) famoso… Dopo aver controllato la mia posta elettronica, naturalmente. Mamma mi ha scritto. Dice che le va benissimo. Per cui domenica, cioè dopodomani, sono a pranzo da lei.
Invece tutte le mail che mi ha scritto Gabriele (erano almeno venti!) non le ho nemmeno lette.
Comunque. Oggi è venerdì. Che bello. Stasera posso stare sveglia fino a tardi. Anche domani. Penso che uscirò… con Sofia e Angela, credo. Oppure…
-Veronica?-. Una voce mi distrae dai miei pensieri.
E’ Angela.
-Sì?- la guardo, con aria interrogativa.
Sembra che anche lei non sappia cosa fare, ha l’aria proprio annoiata. –Allora… con Gabriele?-.
Oddio no. Una volta che non ho proprio pensato a lui.
Finalmente ero riuscita a dimenticarlo.
Con la coda dell’occhio, vedo che Luca alza lo sguardo.
Okay. In questi giorni in cui l’ho conosciuto più a fondo ho deciso che voglio conquistarlo. Quindi devo farlo ingelosire.
-Uhm… non gli ho ancora risposto… te che dici?- le chiedo.
-Mandalo a fanculo!- esclama lei.
-Per posta elettronica? Sarei troppo buona…- dico io, sorridendo tra me e me.
-Forse hai ragione. Perché non lo chiami o, meglio ancora, ci esci con lui così gli dici tutto in faccia?-.
-E cosa dovrei dirgli?- faccio io, cercando di guardare Luca. Bene. Si sta godendo la scena, anche se non lo vuole far notare. –Che l’ho sorpreso con un’altra lo sa già…-.
Perfetto. L’ho detto. Ho gettato l’amo. Adesso vediamo se abbocca.
-Beh, prova a parlargli. Sfogati…-.
-Uhm, non so. Secondo me non ha senso- continuo io –ormai l’ho dimenticato. Che motivo avrei di rivederlo? Per rovinare tutto quello che ho riparato? Ormai le ferite che mi ha procurato sono state curate…-.
Angela scoppia a ridere. –Grande Vero! Finalmente. Così ti voglio… dimenticalo quel bastardo! E stasera ci andiamo a divertire!-.
No, stasera voglio aspettare che me lo chieda Luca.
-E se facessimo domani sera invece?- oso io.
-Certo! Va benissimo!- annuisce lei.
Perfetto. Ora non mi resta che aspettare.
E’ mezzogiorno e mezzo. E’ iniziata la pausa pranzo.
Voglio mangiare qui, oggi. Meglio fare vedere che ci sono.
-Vero, oggi stai qui a mangiare?- mi chiede curiosa Sofia.
Io annuisco, convinta. –Sì, non ho voglia di uscire. Preferisco stare qui direttamente-.
E così faccio. Mangio in ufficio, un panino al volo. E, come nei miei piani, c’è anche Luca che mi fa compagnia. Di solito lui mangia qui, così non perde tempo.
Angela e Sofia sono andate come sempre al ristorante sotto. Cosa che avrei dovuto fare anche io, come tutti i giorni.
Siamo in ufficio.
C’è un silenzio di tomba.
Io mangio il mio panino, lui mangia il suo tramezzino. Per i primi dieci minuti siamo tutti e due intenti a mangiare.
Poi lui attacca. –Bella giornata oggi, eh?-.
Alzo lo sguardo, sorpresa.
Guardo verso la finestra. E’ vero. Oggi c’è il sole. Non fa caldo ma nemmeno freddo.
-Già- affermo io.
Lui fa un leggero cenno col capo.
Silenzio.
Quel maledetto silenzio imbarazzante in cui il tuo cuore inizia a battere impazzito. Cerchi di trovare qualcosa di intelligente da dire, ma non ti viene in mente niente.
-E…- prosegue lui, incerto. Poi fa una pausa e si schiarisce la voce. –Che ne dici se stasera usciamo per approfittarne?-.
Ha abboccato. Lo sapevo! La mitica Veronica ha colpito ancora!
Okay. Adesso devo dargli una risposta. Sì o no?
-Io…- balbetto, non trovando le parole –cioè… a me andrebbe bene-. Dico poi, tutto d’un fiato.
Lui annuisce, distrattamente. –Ti passo a prendere a casa tua per le otto e mezza, okay?-.
-Sai dove abito?- faccio io, alzando un sopracciglio.
Non mi pare che sappia il mio indirizzo. E infatti, è così. Io faccio una leggera risatina e poi glielo do, scrivendoglielo su un foglietto.
-Scusa- mormora lui, imbarazzato –dove ho la testa?-.
-Tranquillo- lo rassicuro io –succede a tutti-.
Lui mi sorride. Poi gli porgo il foglietto.
-Pensavo... Ti va se andiamo al ristorante?- dice lui, prendendo il foglio.
–Sì! Perfetto!- esclamo io.
Quello che mi sembrava perfetto prima ormai non lo è più. Adesso ho il terrore di come presentarmi.
Sono le sette e sono appena entrata in casa.
Non so cosa indossare. Da sola non ce la faccio. Devo chiedere aiuto a Sofia e Angela.
-Tesoro, sono lì tra cinque minuti!- mi risponde Angela, al telefono.
-Grazie Ange!- dico io, con un sorriso.
Anche Sofia accetta con piacere.
Benissimo. Ho le mie migliori amiche a casa. Pronte a consigliarmi. Non sono abbandonata.
-Allora- fa Angela, aprendo l’armadio di camera mia –io direi qualcosa di professionale e sexy allo stesso tempo-.
-Tipo un tailleur?- propone Sofia, seduta sul mio letto. Io sono in piedi, di fronte a lei che la guardo con aria poco convinta. –Non mi convince molto-.
-Quindi opto per un vestito intero- conclude Angela.
Io rimango a fissarla, lasciando che faccia i suoi progressi.
Man mano che passa il tempo, tira fuori dal mio guardaroba un abito nuovo. Dopo una mezz’oretta guardo il letto pieno di vestiti. Saranno una ventina, minimo.
-E quale dovrei indossare?-.
-Ora ne decidiamo uno insieme-.
-Ma sono tantissimi!- protesto io.
Angela scuote la testa, decisa. -Vedrai che uno lo troveremo-.
-Va bene- confermo io, prendendone uno a caso. Poi lo guardo bene e lo riconosco subito –oddio questo fa schifo! L’ho messo al funerale di mio nonno!-.
-Non mi sorprende- dice Sofia, stringendo gli occhi.
Ne prendo un altro. –L’ho usato a una recita qualche anno fa-.
-…l’ho comprato a una svendita, l’avrò indossato una volta…-.
-…questo me l’ha regalato mia sorella, a Natale… Ovvio che non l’ho mai usato, c’è disegnato Babbo Natale!-.
-…è uno dei tanti vestiti disgustosi di mia mamma quando era giovane…-.
-Okay! Basta! Ho capito!- grida Angela, buttandosi sul letto, (ormai ripulito dall’enormi quantità di vestiti che c’erano prima) sfinita.
-Ma scusa- afferma Sofia –te in tutto questo tempo hai tenuto questi vestiti in fondo all’armadio senza mai indossarli una volta?-.
-Ehm- mormoro io, imbarazzata –no… cioè…-.
Sofia alza gli occhi al cielo. –E quando siamo andati a fare compere l’altro giorno non hai pensato di rifarti il guardaroba?-.
-Infatti ho comprato un casino di roba!- ribatto io –pantaloni, maglioni, stivali…-.
-E un abito intero?- chiede speranzosa Sofia.
-No…- rispondo io, abbassando il capo.
-Bene- ci interrompe Angela –vorrà dire che gliene presteremo uno noi-.
Io sorrido. –Grazie mille! Siete due tesori!-.
-Sì, però…- balbetta Sofia –io per queste occasioni non è che ne abbia poi molti…-.
-Per cui te ne troverò io uno- dice Angela –ora faccio un salto a casa mia e ne prendo alcuni, va bene?-.
–D’accordo!- annuisco io, sorridente.
-Adesso ti sistemo io e poi quando arriva Angela scegliamo il vestito- dice Sofia, alzandosi in piedi.
Perfetto. Entro un’ora dovrei riuscire a fare tutto.
Angela non aggiunge altro, ed esce dalla stanza di corsa salutandoci.
-Ci vediamo dopo!- esclamo io.
Quando sentiamo la porta d’ingresso chiudersi con un tonfo, Sofia sospira. –Bene. Ora… manca da fare: la doccia, una bella pettinata ai capelli e… truccarsi-.
Io annuisco. –Okay. Corro in doccia allora-.

Sono passati trenta minuti. Io sono pronta. In mutande e reggiseno (quello che ho comprato qualche giorno fa), con i capelli lisci piastrati da Sofia e truccata come piace a me. Un filo di matita nera interna agli occhi, il mascara e il lucidalabbra.
Però manca solo una piccolissima, insignificante cosa: il vestito.
Angela non è ancora arrivata ed io e Sofia la stiamo aspettando, impazienti. Ogni due minuti guardo l’orologio mentre Sofia tamburella i piedi nervosamente.
-Ma quando arriva?- mi lamento io, girando per la stanza.
Sofia alza le spalle. –Non ne ho idea-.
Finalmente suona il campanello. Io mi precipito ad aprire.
In pochi secondi Angela arriva con in mano una decina di vestiti. -Era ora!- grida Sofia, alzandosi, scattante.
-Cos’hai trovato?- le domando io, ansiosa.
Angela appoggia i vestiti sul letto. –Guarda quelli che ti piacciono di più e poi provateli-.
E così uno alla volta, li seleziono.
Alcuni mi stanno troppo grandi (Angela è un po’ più carnosa di me), altri non mi piacciono il colore oppure il modello, così alla fine ne rimangono solo tre.
-Allora quali scegli?- chiedono Sofia e Angela, curiose.
Io li guardo, indecisa. C’è né uno molto carino lilla, un altro un po’ scollato rosso e l’ultimo che resta è color pisello. –Oddio… io sono più sul lilla-.
-Io invece su quello rosso- dice la sua Angela.
-Quello verde è meglio eliminarlo- suggerisce Sofia.
-Sì- confermo io –quindi… lilla o rosso?-.
-Riprovali- dice Angela.
Guardo l’orologio. Sono le otto e quindici. –Va bene. Ho ancora qualche minuto-.
Indosso prima quello rosso e poi quello lilla.
-Allora?- domando fiduciosa, girando su me stessa per far vedere meglio il vestito.
-Ti stanno bene tutti e due- risponde Sofia, guardandomi da capo a piedi.
Anche Angela sembra d’accordo.
-Devi scegliere quello che ti piace di più- consiglia Angela.
-Beh, sugli stivali neri direi che sta meglio il rosso- mormoro.
Sofia e Angela annuiscono. –Allora va bene quello rosso!-.
-Bene- chiudo io –ora devo solo mettermi gli stivali e sono pronta-.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***



Alle otto e mezza, arriva Luca. Appena sento il campanello suonare due volte di fila, mi spavento.
Che sia così impaziente?
Dopo aver ringraziato Sofia e Angela, mi precipito giù. Ha parcheggiato davanti alla porta d’entrata.
Lo vedo che è seduto sul sedile di guida, che picchierella le dita sul cofano e guarda di fronte a sé, con aria assente.
Faccio un sospiro. Ce la devo fare.
Così faccio alcuni passi avvicinandomi all’auto argento.
Busso sul finestrino, cercando di attirare la sua attenzione.
Lui si gira, sorpreso. Il suo volto si illumina con un sorriso.
Io apro la portiera e salgo. –Ciao!-.
-Ciao!- mi saluta, raggiante –che bella che sei!-.
-Oh- arrossisco io –grazie-.
Silenzio.
Nessuno dei due dice altro.
Luca mette in moto, e parte in quarta.
Io mi giro verso il finestrino, guardando fuori.
Restiamo silenziosi ancora per un po’, poi tutte e due nello stesso istante diciamo:
-Allora dove…-.
E lui: -Cosa…-.
Io scoppio a ridere, seguita da lui.
Mi volto verso di lui, con un sorriso. –Prima te-.
Lui mi rimanda il sorriso. –No, prima te-.
Okay. Diamogliela vinta.
–Dicevo… dove mi stai portando?-.
-In un ristorante davvero carino- risponde lui, guardando la strada.
Io annuisco, distrattamente. –E tu cosa mi volevi dire?-.
-Niente- borbotta lui.
Io alzo il sopracciglio destro, insoddisfatta. –No, qualcosa era-.
-Okay- ammette lui –era per attaccare discorso, visto che questi silenzi carichi di nervosismo non mi piacciono proprio-.
Io rido, divertita. –Sinceramente, nemmeno a me-.
-Abbiamo qualcosa in comune- mi sorride, compiaciuto.
Beh, penso che a nessuno piaccia sentirsi a disagio… Ma vabbè, lasciamo perdere.
-Eccoci arrivati- conclude lui, spegnendo il motore. Mi guardo intorno.
C’è un locale là davanti tutto illuminato con una scritta enorme “Ristorante Las Vegas”.
-Sarebbe quello?- chiedo io, indicandolo.
-Sì- conferma lui –andiamo?-.
Appena entro, capisco subito l’atmosfera che c’è.
Elegante. I camerieri hanno tutti la stessa divisa e corrono per le innumerevoli sale con in mano almeno due vassoi carichi di cibo dall’aspetto invitante.
Poi annuso l’aria. C’è profumo di pesce, di carne, di verdure… Di tutto e di più.
-Desidera?-. Sento una voce alle mie spalle.
Mi giro. C’è un cameriere che sta parlando con Luca.
-Sì, ho prenotato un tavolo da due nella sala all’ultimo piano- risponde Luca, con le mani dietro la schiena.
Sala all’ultimo piano? Che sia diversa dalle altre?
-Oh, subito- afferma lui –seguitemi-.
Luca mi fa segno di superarlo, come fa un vero gentiluomo. –Prima le donne-.
Io gli sorrido, leggermente a disagio.
E così saliamo le scale, lucidate alla perfezione.
Quando arriviamo sopra, mi accorgo che la sala è piuttosto piccola, con un solo unico tavolo al centro apparecchiato per due persone.
Oddio, che posto è questo?
-Su, avanti- mi incita Luca.
Oh, non mi ero accorta che mi ero fermata.
Il cameriere sposta le sedie, cortesemente. Io faccio ancora alcuni passi e mi siedo, sentendomi lusingata.
-Il menu per l’ospite- afferma dopo qualche minuto.
Io lo afferro, confusa.
Il menù dell’ospite? Che ci sarà di strano?
Quando lo apro, mi rendo conto che è diverso dai soliti. Non ha scritto i prezzi.
-Tutto bene?- mi chiede Luca, gentilmente.
-Oh, sì- rispondo io, sconcentrata.
-Bene- afferma lui –scegli pure quello che vuoi ordinare-. Io annuisco, fissando le scritte.
Ma quanta roba c’è? Sono tre pagine solo per gli antipasti!
Poi volto le pagine, sbalordita. "Primi piatti" c’è scritto con una calligrafia perfetta. In tutto sono venti pagine.
Tre per gli antipasti, sei per i primi, otto per i secondi, due pagine per i dessert mentre l’ultima è per le bibite.
Non ci posso credere. Che ristorante è mai questo?
Dopo quindici minuti sto ancora leggendo la pagina dieci.
Ho deciso: un po’ di verdure alla griglia, una pasta asciutta all’aragosta e da bere… da bere non lo so.
-Cosa prendiamo da bere?- chiedo, dopo una lunga pausa.
Luca fa spalline, con lo sguardo fisso sul menu. –Come preferisci te-.
-No, scegli tu- ribatto io.
Lui sospira, rassegnato. –E va bene. Ti va un po’ di vino?-.
Io annuisco, convinta. –Benissimo-.
Quello che avevo pensato anche io.
Ecco che arriva il cameriere. –Avete deciso?-.
-Sì- gli risponde Luca, chiudendo il menù –per me delle verdure grigliate e… la pasta al pesce. Tu?-.
-Ehm- dico io, arrossendo –anche io. E… la pasta all’aragosta-.
Possibile che con tutti i pasti che ci sono abbiamo scelto gli stessi?
Lui ride, divertito. –Bene. E poi da bere il vino… rosso va bene?-.
Io alzo lo sguardo. –Sì, perfetto-.
Cos’è? Siamo telepatici?
Il cameriere scrive tutto su un blocchetto rosso e poi, con un leggero cenno col capo, ritira i menù dopodichè scende le scale velocemente.
Restiamo in silenzio ancora un po’.
Non so proprio che dire. Mi sento a disagio qui… Non sono mai entrata in un ristorante così chic. Con Angela e Sofia andavamo sempre nella solita pizzeria oppure in un fast food.
-Allora- fa lui.
Io lo guardo.
-Avevo progettato una cosa per il nostro progetto. Però non ne sono sicuro-.
-Cosa?- chiedo, interessata.
-Tipo: “Noi donne amiamo vestire sempre bene, anche quando sappiamo che gli uomini non ci possono vedere” qui si vede che una ragazza cammina per strada, poi c’è come una pausa: “anche se alle volte non è così” e si vede che è in una stanza e inizia a spogliarsi e… e si vede che… sì, beh insomma… c’è l’uomo sdraiato sul letto…-. Qui inizia a balbettare.
-E lei indossa la biancheria che dobbiamo pubblicizzare, giusto?- lo aiuto io, sorridendo.
-Sì- conferma lui, tornando serio –calze, mutandine e reggiseno-.
-Uhm- mormoro io, facendomi pensierosa –potrebbe essere una buona idea-.
-Poi dobbiamo parlarne anche con gli altri…- mormora lui.
-Certo, certo- dico io -però scusa... Non abbiamo già fatto alcune fotografie alla modella?-.
Lui annuisce. -Sì, la mia era solo un'idea-.
Sento dei passi alla mia sinistra e vedo che lo stesso cameriere di prima arriva con in mano due vassoi.
Le nostre verdure.
Con un rapido gesto, mi appoggia il piatto sotto il naso.
Mmh, che buon profumino. E sembrano veramente buone!
Prendo il tovagliolo e me lo appoggio sulle ginocchia, poi afferro la forchetta alla mia destra.
Anche Luca sta facendo lo stesso.
-Buon appetito- esclamo.
-Altrettanto- dice Luca, cordiale.
Non resisto più. Metto in bocca la forchetta con la zucchina con sopra il formaggio.
All’inizio sa di sottiletta, poi pian piano sente più di zucchina. Mentre mastico chiudo gli occhi per deliziare ancora di più il sapore.
-Com’è?- mi chiede Luca, con un sorriso divertito.
Oddio. Non è che si notava troppo?
-Mmh- faccio io, deglutendo –buonissimo-.
Appena finiamo l’antipasto, arrivano le nostre paste all’aragosta. Anche quelle sono semplicemente squisite.
-Toglimi una curiosità- dico io, quando tutti e due abbiamo finito di mangiare.
-Anche due- mi prende in giro lui.
Io faccio una leggera risata, poi riprendo: -Ma te frequenti sempre questi ristoranti?-.
Lui appare sorpreso. –Se devo essere sincero, no. L’ho fatto solo stasera…-.
Lo sguardo, non capendo. –Perché stasera?-.
-Perché c’eri te- mi risponde lui, avvicinandosi con la testa verso di me, come se mi stesse svelando un segreto.
Io gli mostro un timido sorriso, diventando sempre più rossa.
Oddio. Si può essere così cretina? Come si fa a non avere capito…
Okay. Un respiro.
Bene, Vero. Ce la puoi fare.
Però pensandoci… Se ha detto così… Forse… No. Se vuole qualcosa di più è lui che deve fare il primo passo, non io.
-Vuoi un caffé o, che ne so, un dolce?-.
Ecco, ha cambiato discorso. Lo sapevo che un momento così bello poteva durare solo alcuni secondi.
Io scuoto la testa, delusa. –No, grazie. Sono a posto così-.
Lui fa un leggero cenno col capo, vago.
Chissà cosa vorrà dire?
Silenzio.
-Andiamo?- propongo io, dopo una piccola pausa.
Lui annuisce, alzandosi.

Siamo fuori.
C’è una lieve brezza. Io mi strofino le braccia, infreddolita.
-Hai freddo?-.
Appena mi giro verso Luca, vedo che mi sta offrendo la sua giacca.
Oddio. Che carino che è.
Non faccio in tempo a rispondere, che subito me la appoggia dolcemente sulle spalle.
–Mi sento come una principessa-.
Lui mi sorride. –Forse è quello che sei-.
Non posso. Non posso. Non posso. Non posso.
Non posso continuare così! Adesso è troppo. Mi sta facendo troppi complimenti in troppo poco tempo.
Non dico niente, imbarazzata.
Non ho la forza di dire una parola. Non ci riesco.
-Sei rossa- commenta lui, con un sorriso compiaciuto sul volto.
-Magari perché un uomo di fronte a me è così scortese da farmi arrossire- ribatto io, reggendo a fatica il suo sguardo.
Maledetto lui e i suoi dannati occhi azzurri.
-Non sai che per conquistare una donna occorre farle mille complimenti?- mi sussurra all’orecchio.
Okay. Adesso basta. Che gran faccia tosta che ha. Ma come si permette? Non ce la faccio più.
Resto zitta, guardandolo in tono di sfida.
Non ci riuscirà. Non riuscirà a farmi abbassare lo sguardo. Non riuscirà a farmi arrossire. Non…
Troppo tardi. Non so come, ma mi ritrovo la sua bocca sulla mia.
Maledetto… in questi due secondi ne ha approfittato per…
Ma non voglio fermarlo. Strano da dire, ma mi piace. Non mi viene spontaneo bloccarlo oppure staccarmi da lui. Anzi, resto lì. Attaccata a lui con la bocca, con il respiro affannato.
Sento le sue mani entrare sotto il mio cappotto e stringermi i fianchi.
Non ho più freddo. Al contrario, quasi ho caldo.
Restiamo così, attaccati in un forte abbraccio per almeno cinque minuti filati.
Poi mi allontano leggermente con il viso per guardarlo negli occhi. I suoi meravigliosi occhi blu. Blu come il mare d’estate, blu come il cielo d’inverno. Profondi e sinceri. Che mi stanno fissando come un cucciolo che ha bisogno di coccole.
Non resisto, gli prendo la parte inferiore del viso tra le mani e lo avvicino alla mia bocca.
E ci baciamo ancora.
Questa volta è un vero bacio, anche con la lingua. Questa volta restiamo così per innumerevoli minuti. Questa volta sembriamo due ragazzini al loro primo bacio. Questa volta mi piace ancora di più di quella precedente. Questa volta… questa volta è semplicemente fantastica. Come lui, se non di più.
Adesso però è lui che si stacca. –Sei bellissima-.
Ed ecco che rinizia. Non potevamo continuare a baciarci come due secondi fa?
Io sorrido, vergognandomi un poco.
Ma perché mi devo vergognare? Se ha detto che sono bellissima!?
Nemmeno Gabriele mi faceva così tanti complimenti. E in una sola serata!
Rimaniamo ancora qualche minuto abbracciati. Le sue mani intorno ai miei fianchi che si congiungono dietro la mia schiena, stringendomi forte. E le mie intorno al suo collo con la mia testa appoggiata alla sua spalla sinistra.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***



Quando apro gli occhi non capisco niente. La testa mi gira in un modo assurdo. Anche se sono sdraiata, mi sembra di correre. Correre e girare. Girare su me stessa, fare le capriole e i salti mortali.
Appena mi rendo conto che sono sul letto in camera mia ed è sabato mattina, mi torna in mente ieri sera.
Oh mio Dio.
Ieri ho baciato Luca. Sì, lui! Quel fico della madonna!
Ancora non me ne rendo conto. E’ accaduto tutto troppo velocemente. Non me ne sono quasi resa conto. Ieri mi ha chiesto di uscire e ci siamo baciati. Anzi. E’ stato lui per primo. Si è avvicinato e… ed è successo. Il bello che io me ne sono resa conto dopo. Quando ormai eravamo già bocca contro bocca. Ma io ero troppo intenta a fare i miei stupidi pensieri.
Faccio un grosso sospiro.
Sono felice, ma anche intontita.
Com’è possibile che una settimana fa lo conoscevo appena, pensando a quanto fosse carino, e proprio ieri mi ha baciata? Com’è possibile, dico? Insomma. Non è passato neanche tanto tempo da quando ho rotto con Gabriele.
Tutt’altro. Beh. Meglio, no? Così almeno l’ho dimenticato, quel bastardo.
Il suono del campanello mi distoglie dai miei pensieri mattutini.
Oddio. Chi sarà alle dieci di mattina?
O Angela o Sofia.
Mi alzo dal letto, stropicciandomi gli occhi.
Poi mi dirigo verso il citofono, curiosa.
-Chi è?-.
-Aprimi subito!-.
Quando riesco a realizzare che la voce arrabbiata è quella di Gabriele, mi prendo un colpo.
-Che vuoi?- sbotto, irritata.
-Voglio parlarti!- mi risponde lui.
-Perché mai?-.
-Dobbiamo chiarire-.
-Oh, stai tranquillo. E’ tutto chiarissimo-.
A me piace Luca, lui ormai è storia vecchia.
-No, devo parlarti- continua lui.
-Io invece ti ho detto che non ce né bisogno!- insisto io.
-Aprimi- ripete lui, sempre più arrabbiato.
-No- faccio io, con aria di sfida.
-Cazzo, Veronica! Apri questa porta del…- grida lui, fuori di sé –del cavolo. Altrimenti giuro che la sfondo!-.
Sospiro.
Che faccio?
-E va bene- finisco io –ma solo due minuti-.
Dopodichè gli apro.
Oddio mio. Sono in camicia da notte!
E va beh. Non m’importa.
Sento suonare il campanello della mia porta.
Faccio alcuni passi verso l’entrata, giro la chiave e la apro leggermente.
La figura di Gabriele compare nella mia vista come uno schiaffo. Veloce ma forte.
E’ sempre lo stesso. Alto, con i ricci scuri davanti al viso. Sono scompigliati, come piacciono a lui. I suoi occhi verde smeraldo mi fissano.
Non dico niente. Abbasso lo sguardo.
Non me la sento di fare spazio nella mia mente dei nostri ricordi. Quando eravamo ancora insieme. Proprio non me la sento.
-Mi fai entrare?- chiede lui.
Annuisco, senza guardarlo.
E così mi sposto, facendolo passare. Poi richiudo la porta.
Restiamo tutti e due in silenzio.
Lui si guarda attorno, curiosando di qua e di là mentre io tengo lo sguardo basso.
-Allora?- faccio io, attendendo una sua risposta.
Lui aspetta ancora un po’, dopodichè parla. –Sono venuto qui per parlare faccia a faccia. Dato che né al telefono, né per mail rispondi-.
Mi fissa, stringendo gli occhi.
-Beh- inizio io –se sei venuto qui per dirmi perché non ti rispondevo, la risposta te la puoi trovare anche da solo-.
-Okay- dice lui –hai ragione. Ho sbagliato-.
Almeno questo lo ammette.
-E ripeto: è stato un momento di debolezza, cribbio!-.
-Sai che quando uno perde la mia fiducia, la perde per sempre?- spiego io.
-Sì, lo so. Ma tutti possono commettere degli errori!- incalza lui.
-Ma non così grossi!- ribatto io, indignata –sei andato a letto con un’altra! Riesci a capire cosa hai combinato? Hai rovinato una storia di due anni! Due anni! Renditi conto!-.
-Non l’ho rovinata-.
-No, appena!-.
-L’ho solo…- dice lui -come dire? Variata-.
-Variata?!- ripeto io, allibita.
Lui annuisce. –Sì. Nessuno ha detto che per questo si deve cancellare tutto quello che abbiamo trascorso prima…-. Fa una pausa e mi si avvicina. –insieme-. E mi prende la mano con dolcezza.
Io mi stacco dalla sua presa, con un rapido gesto. –Sì, invece. L’ho detto io!-.
-Perché?- chiede lui –vuoi davvero cancellare tutto?-.
Silenzio.
Ripenso a quello che abbiamo passato.
Le sere passate al cinema, o in pizzeria, o semplicemente a casa mia. Seduti davanti alla tv. Le sue braccia intorno a me, che mi stringeva in modo affettuoso. Ed io che mi appoggiavo a lui, come una bambina.
Non posso farmi prendere dai ricordi. Non mi aiuta di certo.
-Sì- mormoro.
-Sicura?-.
Gabriele sembra aver colto la poca convinzione che sentivo dentro di me.
–Sì, ti ho detto- ripeto, più sicura, guardandolo negli occhi.
–Capisco…-.
Abbasso lo sguardo, sentendomi un po’ in colpa. Non posso mentirgli.
–Ascolta- dico.
Sento il suo sguardo fisso su di me. –Cosa?-.
-C’è…- faccio io –una cosa…-.
Mi prendo una pausa.
Sospiro, non trovando le parole.
Fisso le mie ciabatte. Sono rosse, leggermente scurite da tante le volte che le ho indossate.
-Cosa c’è?- mi chiede lui, insistentemente –c’è… Cosa? Un altro?-.
Ecco. Azzeccato in pieno.
-Prendiamola così-.
In mezzo secondo cambia espressione. All’inizio era venuto qui arrabbiato (più con sé stesso che con me), e ora sembra più… Deluso.
-No, aspetta- dice lui –non ho capito. Sei con un altro?-.
Annuisco soltanto, non avendo la forza di aggiungere altro.
Silenzio.
-Ah- fa lui dopo una piccola pausa, con un filo di voce –mi sembra giusto-.
Resto zitta.
-Beh, allora io vado- afferma, dirigendosi verso la porta.
-Ciao- sussurro, con lo sguardo fisso sui miei piedi.
-Ciao- mi saluta lui.
Sento sbattere la porta.

Mi sento talmente in colpa che mi si è chiuso lo stomaco.
Oggi non faccio colazione. Così decido di cambiarmi, e andare a farmi un giro per la città. E’ sabato. I negozi saranno pieni, però non m’importa. Esco comunque. Per fare due passi, soprattutto.
Appena metto piede fuori casa capisco che si congela.
E va beh. Io la mia passeggiata la voglio fare comunque.
In pochi minuti il mio naso sembra un pomodoro talmente fa freddo e le mie mani diventano due pezzi di ghiaccio.
Eppure mi sono vestita pesante.
Berretto in testa che mi tiene i capelli in ordine (non avevo voglia di pettinarmi perfettamente come tutte le mattine), maglione di lana col collo alto, giaccone che mi arriva un po’ sopra le ginocchia, un paio di jeans abbastanza caldi e gli stivali alti.
Pure la gente che ho intorno sembra aver freddo.
E che tempo strano.
Ieri c’era il sole e faceva pure caldo. Oggi invece il cielo è coperto di nuvole e fa un freddo cane…
Bene. Ho deciso.
Vado da Nicola, il mio migliore amico. Lui potrà aiutarmi in una situazione simile. Lui i ragazzi li conosce sicuramente meglio di me.
Mezz’ora dopo sono a casa sua. Seduta in salotto, a bere il caffé che ha appena fatto.
-Allora? Cosa ti è successo?- mi chiede, incuriosito.
Così gli racconto tutto.
Da quanto sono stata male per colpa di Gabriele a quando ho conosciuto Luca e poi ci sono uscita insieme. E poi tutto quello che mi è successo oggi.
Lui resta zitto facendosi pensieroso mentre io lo guardo, fiduciosa.
-Secondo me- fa lui, d’un tratto –dovresti ascoltare il tuo cuore. Lui saprà darti la giusta risposta. Se continuare con Luca o riprovare con Gabriele-.
Io fisso il pavimento, non sapendo cosa dire.
-Il fatto però non giustifica il comportamento di Gabriele. Ma se decidi di perdonarlo…- continua poi, lasciando la frase in sospeso.
-Non so più chi scegliere- dico io –prima ero così sicura di Luca, la sua bellezza, la sua dolcezza, i suoi complimenti, la cena di ieri… E oggi cosa succede? Quel… cretino viene da me per chiedermi di perdonarlo! Come se niente fosse! Come se io in tutto questo tempo non avessi trovato un nuovo ragazzo!-.
Oddio. Ho alzato un po’ troppo la voce.
-Lo so- afferma lui, dopo una piccola pausa –però te devi scegliere… Anche se è difficile. "Ascolta il tuo cuore e nel silenzio troverai le parole" dice una canzone di Laura Pausini-.
C’è un attimo di silenzio in cui nessuno dei due dice una parola.
Poi io cambio argomento. –E te come va con Lucia?-.
-Oh- mormora lui, preso in contropiede –bene dai-.
-Me la devi far conoscere!!-.
Lui mi sorride. –Certo-.
Resto ancora un po’ a chiacchierare con Nicola dopodichè torno a casa.
Ho preso la mia decisione. E non vedo l’ora di dirlo a Luca, Gabriele, Angela e Sofia.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***



Appena sono a casa prendo il telefono e invito Angela e Sofia a pranzo. Devo raccontare tutto alle mie due migliori amiche. La cena di ieri, il bacio e quello che mi ha detto oggi Gabriele.
E la mia decisione che ho preso subito dopo la visita a Nicola.
Bene. Sofia e Angela possono. Le aspetto all’una.
Appena metto giù il telefono di casa, mi squilla il cellulare. Corro in camera a prenderlo.
Sul display "Luca chiamata" lampeggia impazzito.
Rispondo, senza esitazioni.
-Ciao bella!- mi saluta lui, pimpante.
Io sorrido, compiaciuta. –Ciao!! Come stai?-.
-Bene: mi sono svegliato che avevo ancora il sapore di te in bocca-.
Quanto è dolce.
–Mi sono divertita molto ieri sera- dico, con un sorriso stampato sul volto.
-Anch’io- fa lui –non vedo l’ora di passare un’altra serata così-.
-Sì, pure io-.
-Ehm… stasera sei… libera?- balbetta lui.
Cavolo, devo uscire con Angela e Sofia… In teoria. No dai, non posso. E’ da tanto che non esco più con loro. E ieri me l’ha chiesto Angela…
Ci sono!
-Perché non vieni a casa mia dopo pranzo che ci sono anche Sofia e Angela?- dico tutto d’un fiato.
Lui si fa pensieroso. –Quelle che lavorano con noi?-.
-Sì- rispondo io, speranzosa –ti va?-.
-Ma sì, perché no?- dice lui –a che ora?-.
-Per le… tre va bene?-.
-Perfetto- conferma lui.
-Benissimo!- esclamo, entusiasta.
-Allora ci vediamo!-.
-Sì, ciao!- lo saluto io.
-Ciao!-.
Okay, perfetto. Oggi le mie migliori amiche pranzano da me, poi si aggiungerà Luca così lo faccio conoscere bene anche a loro. E sarà un giorno fantastico.

Per festeggiare decido di cucinare da Dio. Preparo delle lasagne al ragù, le scaloppine e infine, come dolce, una torta al cioccolato.
All’una arrivano Angela e Sofia, puntuali.
Appena sento la porta aprirsi, corro in sala.
-Benarrivate!- grido entusiasta, appena le vedo.
-Ciao!- mi salutano loro, sorridendo
Sofia si è fatta i ricci. Sta davvero bene. Indossa una gonna nera lunga e una dolce vita bianca. Invece Angela è pettinata come sempre, dato che non ha molta scelta perché ha i capelli corti. Anche lei porta un maglione col collo alto e dei pantaloni grigi.
-Dai, devi raccontarci tutto!-. Angela non sta più nella pelle.
-Sì! Quando siamo a tavola però!- dico io, con un sorriso. E così iniziamo a mangiare.
All’inizio non tirano fuori quell’argomento. Commentano il cibo, la cottura, il sapore, poi mi raccontano qualcosa.
Poi, d’un tratto, arriva la domanda di Angela: -Ma allora cos’è successo con Luca?-.
Io abbasso lo sguardo, guardando il piatto che ho sotto il naso. Mi sento le guance in fiamme.
Mi prendo una pausa, faccio un bel respiro e inizio a raccontare tutto nei minimi dettagli.
Alla fine, alzo lo sguardo.
Sofia sta fissando anche lei il suo piatto ormai pulito, invece Angela mi sta scrutando con una strana espressione.
-Mmh- fa Angela, stringendo gli occhi –cosa hai deciso allora?-.
-Io…- inizio a balbettare, imbarazzata –non so… cioè… lo so. Però ho paura che… beh…-.
-Veronica- afferma Angela, facendosi seria. Io la guardo negli occhi, speranzosa. –non preoccuparti. Dì quello che pensi, non ti giudicheremo. Siamo tue amiche. L’ultima cosa che abbiamo intenzione di fare è darti degli ordini. Giusto, Sofi?-.
Sofia alza il viso, guardandoci. Poi annuisce, con convinzione.
Okay. Adesso glielo dico. Una frase, diretta e chiara.
-Io ho ormai preso la mia decisione: scelgo Luca-.
L’ho detto, sì! L’ho detto!
Angela si illumina con un sorriso. –Lo sapevo, è la scelta migliore-.
Anche Sofia sembra dello stesso parere. –Sì, pure per me-.
Bene dai, sarebbe stato peggio se avessi sentito: “Invece secondo me, non avresti dovuto scegliere lui”.
Il resto del pranzo prosegue splendidamente. Ridiamo, scherziamo, e vola in un lampo.
Sono le tre e un quarto e Luca non è ancora qui.
Che mi abbia tirato il bidone?
Alle tre e mezza sentiamo suonare il campanello.
Mi precipito giù, senza nemmeno aprirgli.
Sulla porta d’entrata lo vedo. Appoggiato al muro che fissa la strada di fronte a lui, assente.
–A cosa stai pensando?- gli chiedo, con un sorriso.
Lui si gira di scatto, sorpreso. –Ciao!!-. Poi si avvicina a me lentamente e mi da un leggero bacio sulle labbra.
Io arrossisco, non me l’aspettavo.
–Ehm… entri?-.
-Certo- conferma lui.
Dopo cinque minuti siamo tutti seduti in salotto. Ci fissiamo senza dire una parola.
Che silenzio imbarazzante.
-Ehm… allora…- cerco di tirare fuori un argomento –tiro fuori la torta?-.
Luca alza lo sguardo, sorpreso. –Hai fatto una torta?-.
-Sì- rispondo, imbarazzata.
Non è che ci voglia un genio.
-Quale?- chiede, interessato.
-Al cioccolato-.
Alza le sopracciglia. –La mia preferita!-.
-Davvero?- dico, sorridendo.
Lui annuisce, convinto.
-Okay… ehm… vado a prenderla- balbetto io.
-Ti aiuto!- esclama subito Angela, alzandosi.
Insieme ci ritroviamo in cucina.
-Le cose non stanno andando molto bene- fa lei, a voce bassa per non farsi sentire.
Io resto zitta, annuisco solamente.
-Sembra di stare in un mortorio!- continua, in tono che non ammette repliche.
Sul mio volto compare un piccolo sorriso divertito e imbarazzato allo stesso tempo. –Non so cosa farci. È che mi sento così imbarazzata…-.
-E noi no? Non lo conosciamo nemmeno bene!! Ci parliamo qualche volta al lavoro e basta- protesta Angela.
-Beh, nemmeno io lo conosco benissimo-.
-Di sicuro più di noi!-.
-Okay, okay- concludo, alla fine –vedrò di rimediare…-.
-Bene- afferma, dopo una piccola pausa –ora, ti prego, fa qualcosa!!-.
-Sì!- annuisco io.
Poi mi giro, prendo la torta che avevo lasciato sul tavolo e torniamo in sala, dove troviamo Luca e Sofia che si guardano attorno, non sapendo cosa dire.
Io tossisco, cercando di catturare la loro attenzione e, quando finalmente si accorgono che siamo tornate, appoggio la torta sulla tavola, al centro.
-Uh, che bell’aspetto che ha!- commenta Luca.
-Speriamo mi sia uscita bene- rispondo, sorridendo.
Detto questo, la taglio a spicchi, distribuendola una fetta per uno.
La prima che la assaggia è Angela. –Buonissima!- dice, masticando.
-Sì, sì- conferma Sofia.
Ma il commento che più mi ha fatto arrossire è stato quello di Luca:
-Dove hai imparato a cucinare così bene?-.
O forse è la persona che l’ha detto, che mi ha fatto arrossire.
-Uhm… autodidatta… qualche ricetta qui, qualcuna là…- spiego, modesta, tra un boccone e l’altro.
Il pomeriggio prosegue abbastanza bene.
Parliamo del lavoro, degli hobby (scopro che Luca adora leggere, che coincidenza!), di musica, insomma: di tutto e di più.
Ma la domanda di Angela mi arriva come una coltellata:
-Luca, cambiando argomento, sai che Michele ha un debole per Veronica?-.
La guardo malissimo.
Cos’ha intenzione di fare?
Lui alza il sopracciglio destro, sorpreso. –Ah sì?-.
Io abbasso lo sguardo, sentendomi le guancie bruciare.
-Non l’avevi notato?!- continua Angela, con il suo tono sfacciato.
Lui resta silenzioso alcuni istanti, poi chiede, rivolto a me:
-E tu?-.
Lo guardo, non capendo. –Io cosa?-.
-Tu- fa lui –lo sapevi?-.
-Sì- rispondo, ma subito mi affretto ad aggiungere: -Ma francamente, a me non importa un bel niente!-.
Ecco che sorride. Il suo sorriso. Il suo fantastico sorriso. –Tranquilla, mica è un problema se un altro ti va dietro… Nessuno può resisterti-.
Oddio. Anche in pubblico dice queste cose?
-Basta che alla fine l’abbia vinta solo io- aggiunge, dolcemente.
Gli sorrido, imbarazzata.
Angela e Sofia (soprattutto Angela) mi stanno guardando con aria romantica, come per dire “che dolce”.
Ed io non so cosa dire, non so cosa fare.
-È tardi- dice poi a un tratto Luca, guardando l’orologio.
Solamente adesso riesco ad alzare lo sguardo.
-Sono le sei, devo andare…- dice, in imbarazzo.
-Okay- mormoro, con un piccolo sorriso.
-Ciao a tutte allora- saluta, alzandosi.
-A domani- dico io.
-Ciao!- salutano anche Angela e Sofia.
Prende la giacca e poi si avvicina a me lentamente.
Lo guardo persa nei suoi occhi.
Si abbassa e mi sussurra all’orecchio:
-A domani bellissima-.
Poi mi da un bacio sulle labbra e si allontana sorridendomi.
Io mi paralizzo all’istante.
Fa un cenno col capo ed esce di casa.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***



Oggi sono al pranzo di famiglia.
La mattina mi sveglio ancora un po' assonnata.
Indosso un tailleur scuro: camicia viola e pantaloni neri.
Appena entro in casa di mamma e papà, sento un gran casino. Il babbo sta apparecchiando, la mamy cucina e Fra e Claudio sono in salotto sul divano.
-Permesso?- mormoro nel trambusto generale.
-Vieni tesoro!- esclama subito la mamma.
-Oh, ciao bella! La giacca appendila pure dietro la porta!- mi saluta papà, poi rivolto alla mamma dice, alzando un po' la voce: -Miriana! Dove hai messo le posate?-.
-Sono tutte nel lavastoviglie!- risponde la mamma.
Intanto mi avvicino al divano.
-Ciao Vero! Tutto bene?- dice Francesca, girandosi verso di me.
-Sì grazie e voi?-.
-Sì dai... allora cosa mi racconti?-.
-Uhm, niente di particolare- rispondo, sedendomi accanto a lei.
-Dai! Qualcosa ci sarà! Con Gabriele?-.
-Ehm- faccio io, non sapendo cosa rispondere -Non...- poi mi fermo, faccio un bel respiro e dico d'un fiato: -Non stiamo più insieme-.
Lei si blocca di colpo. -Cosa? E perchè mai? Non eravate insieme da due anni?-.
Annuisco, alzando le spalle. -Sì, ma sai... quando uno perde la fiducia che aveva nell'altro...-.
-Capisco- afferma, facendosi pensierosa -ma che è successo?-.
-Non so se me la sento di parlarne proprio ora che ho deciso di voltare pagina-.
-Giusto. Ma dimmi solo una cosa... sei single ora?-.
-No-.
-Chi è??-.
-Un...-. Tipo? -mio collega-.
-Come si chiama? Quanti anni ha? Com'è?-.
Ecco che inizia la raffica di domande che mi aspettavo.
-Luca, un anno più di me ed è...- cerco una parola che lo descriva per non entrare nei dettagli e poi mi arrendo a "stupendo".
Lei scoppia a ridere. -Stupendo come?-.
-Francesca... non è che stai un po' esagerando?- si intromette Claudio, suo marito.
-Ssh! Cose tra sorelle!- lo rimprovera lei.
-E' pronta!- la mamma grida la cosa più bella che potesse dire.
Io mi alzo di scatto seguita da Francesca e Claudio. Ci sediamo in salotto dove c'è un tavolo preparato perfettamente.
-Vino?- mi chiede papà con la bottiglia in mano.
-Sì grazie, poco però- rispondo.
-Tu?- domanda a Francesca dopo averlo versato a me.
-No, non ho voglia, grazie- risponde lei, con una strana espressione in viso.
Da quando in qua Francesca non beve?
La mamma entra con un vassoio carico di verdure e affettati.
-Mamma! Quante cose hai preparato?!- esclamo io, stupita.
-E questo è solo l'antipasto...- dice papà sorridendo.
-Ma no che va bene così- protesta la mamma.
Io scuoto la testa.
Ho preso da lei la mia testardaggine, inutile negarlo.
Ogni volta che finiamo qualcosa, arriva dell'altro.
Quando arriviamo al dolce (le pastine che hanno portato Francesca e Claudio), cala il silenzio.
-Vi dobbiamo annunciare una cosa, io e Claudio- fa Francesca, leggermente intimidita.
Tutti li guardiamo, interessati. La mamma sposta gli occhi sempre più velocemente da Francesca a Claudio, e viceversa, preoccupata.
-Noi- continua lei -aspettiamo un bambino-.
Adesso il silenzio cala ancora di più. Se si potesse dire meno di zero, lo direi.
Nessuno sa cosa dire, restiamo in silenzio per almeno due minuti di fila.
-Wow- commento io, prendendo coraggio -che bello!-.
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
Ancora silenzio.
-Ma insomma! Si può sapere perchè non dite niente?- grido io.
Nessuna risposta.
-Non è morto nessuno! Anzi, sta per nascere un bambino! Voglio dire, che male c'è? Mi sembra una bella notizia!- aggiungo, disperata.
-Sì, ma quando i tuoi genitori non approvano non è più una bella notizia- dice Francesca, dopodichè scoppia a piangere e scappa in bagno, sbattendo la porta.
La mamma e il papà sono impietriti.
Io non dico altro e mi precipito da lei.
-Francesca!- urlo dando pugni alla porta. -Sono Vero!-.
Lei mi apre.
Ha le guance rigate dalle lacrime.
Entro lentamente. -Ascolta, sono solo stupiti, molto molto stupiti. Cerca di capirli-.
-Okay, ma almeno dire qualcosa! Una parola!- ribatte lei, tra un singhiozzo e l'altro.
-Dai, calmati- mormoro io, porgendole un fazzoletto.
Lei lo afferra. -Non è semplice-. Poi si soffia il naso.
Ad un certo punto sentiamo bussare alla porta. Ci giriamo.
-Sono la mamma-.
Apro la porta.
-Tesoro, scusaci. Veramente. Non volevamo. E' che proprio non ce l'aspettavamo. Ci perdoni?- dice lei, con dolcezza.
-Non vi da fastidio? Nel senso...- borbotta Francesca.
-Ma neanche per sogno!- la interrompe la mamma -Anzi, siamo felicissimi! Che bello... un nipotino...-.
Io sorrido.
Questa volta anche Francesca mostra un sorriso sulle labbra. Timido, ma pur sempre un sorriso.
La mamma l'abbraccia forte.
Questo è volersi bene.




*Scusate davvero per il ritardo. E' che ero piena di impegni.
Spero che questo nuovo capitolo vi piaccia. Recensite, miraccomando.
Posterò presto il prossimo. ^_^
Intanto volevo fare dei piccoli ringraziamenti.
A tutte le persone che hanno letto e seguito fino ad adesso la mia storia e che mi hanno aiutata con i consigli, l'appoggio e tutto il resto.
Grazie. Non sarei arrivata fino a questo punto, senza di voi.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***



Oggi è un altro giorno e cosa più importante: un giorno di lavoro. Quindi mi sveglio presto.
Appena arrivo mi blocco di colpo: hanno messo gli addobbi di Natale!
Nella sala d’attesa c’è un piccolo alberello con le palline colorate. Invece sopra i mobili ci sono statue d’angioletti o di babbo Natale.
Non me l’aspettavo. Anche perché mi ero proprio scordata del Natale. Con tutte le cose successe ultimamente… Mi avvicino al bancone dove trovo Luisa con un enorme sorriso compiaciuto in faccia.
-Luisa! L’hai fatto tu??- esclamo, stupita.
-Sì, ancora sabato-.
-Che bello! Sei stata bravissima!- commento, ancora con la bocca spalancata dallo stupore.
-Grazie- mormora lei, imbarazzata.
Forse tutti questi complimenti le hanno dato alla testa.
Ad un tratto, sento dei passi dietro di me. Mi giro senza dire niente e mi ritrovo Luca a due metri di distanza da me.
-Ciao!- saluto, meravigliata.
-Ciao- dice lui, con un sorriso splendido sul volto. –Chi li ha messi questi begli addobbi?-.
-Io- mormora Luisa.
-Wow- fa lui, guardandosi intorno –la stanza sembra un’altra-.
Restiamo così ancora per qualche secondo, poi io e Luca, con un’occhiata d’intesa, ci avviamo in ufficio.
Quando entriamo ci accorgiamo di essere soli. Angela non è ancora arrivata e nemmeno gli altri, sembra.
Lui si avvicina a me, lentamente. Io gli sorrido.
Mi prende il viso con dolcezza e mi bacia con altrettanta dolcezza. Restiamo così per alcuni minuti dopodichè mi rendo conto che le sue mani sono finite sui miei fianchi, solo un po’ più in giù.
-Tutto bene?- mi sussurra all’orecchio.
Io annuisco, leggermente in imbarazzo.
-Cos’hai fatto ieri?-.
-Uhm… pranzo di famiglia- borbotto.
Lui alza la sopracciglia. –Chi c’era?-.
-Mia sorella, suo marito e i miei- rispondo –tu che hai fatto?-.
-A parte pensare a te?-.
Faccio una smorfia. –Non sarò mica così importante?-.
Lui fa di sì con la testa. –Altrochè-.
Io scoppio a ridere, divertita.
-Comunque- fa lui –niente di speciale. Solo qualche lavoretto…-.
-Per la pubblicità?-.
-Anche-.
-Poi?-.
-Ho cucinato-.
-Davvero?-.
-Sì, non mi credi?-.
-Mica tanto- rispondo, ironicamente.
-Beh, allora domani sera vieni a cena da me e ne avrai la prova-.
-Okay- faccio io, sorridendo –a che ora?-.
-Per le otto e mezza?- propone lui.
-Aggiudicato-.
Strano da dire ma in tutto questo tempo siamo restati così, appiccicati a parlare come se fosse una cosa assolutamente normale.
Poi uno strano rumore alle nostre spalle ci interrompe.
Ci giriamo e troviamo Angela sulla porta.
Ops.
-Ehm... ciao- dico io, imbarazzata.
-Ciao- fa lei, con tono leggermente di rimprovero.
Okay. In teoria non dovrebbero essere abbracciati due colleghi di lavoro, però qualche fuori regola ci può stare.
Luca si stacca di colpo e questo un po’ mi spaventa.
Angela si dirige verso la sua scrivania, scuotendo leggermente la testa ma, noto con mio grande stupore che un sorrisetto complice compare sulle sue labbra.
Così anche noi andiamo ai nostri posti e accendiamo i computer.

La giornata procede benissimo. Tra una pausa e l’altra dove io e Luca ne approfittiamo per darci qualche piccolo, innocuo bacino.
Soprattutto durante la pausa pranzo. Restiamo soli, io e lui. Mi sembra di tornare indietro nel tempo. Lui alla sua scrivania che sgranocchia il suo tramezzino ed io qui con il mio panino. Lo guardo di sottecchi cercando di non farmi notare. Missione non riuscita. I nostri sguardi si incrociano e, sentendoci in imbarazzo, ci sorridiamo arrossendo un poco.
-Come ai vecchi tempi- ho il coraggio di dire.
Lui annuisce, sorridendo. –Già, neanche tanto lontani-.
Io faccio un leggero cenno col capo, perdendomi nei miei pensieri.
Ancora mi ricordo la mia sfacciataggine nel mio intento di farlo ingelosire. Che stupida… Però devo ammettere che ci sono riuscita.
-Tesoro, ci sei?- mi chiede con un dolce sussurro.
Io alzo lo sguardo, stupita. E’ davanti a me, vicinissimo.
Ancora una volta non mi sono accorta che senza fare rumore, si è avvicinato. O forse sarò io che non sento i rumori intorno a me.
Annuisco, incantata.
Lui non dice niente. Poi molto lentamente allunga una mano verso il mio viso, mi accarezza e poi inizia a giocherellare con i miei capelli. Io resto lì, senza pronunciare una parola. Sono rapita in quegli occhi bellissimi e mi godo le sue carezze come se fossero la cosa più preziosa del mondo.
Questa volta decido di prendere io l’iniziativa e, senza nessuna esitazione, mi avvicino a lui con la bocca. Lo bacio. Con una passione che a momenti non so nemmeno io da dove arriva. Con calma gli prendo tra le mani il mento e lo accarezzo. Poi passo al collo e ritorno su, ai capelli.
Poi d’un tratto si stacca. E mi guarda negli occhi.
-Perché?- mormora.
Io resto a fissarlo, con aria interrogativa.
In quei pochi secondi mi passano per la testa mille pensieri.
Mi starà mollando? Starà dicendo che ci ha ripensato e si è pentito?
-Perché i nostri baci sono come una droga? Quando inizi, non riesci più a fermarti…-.
Io gli sorrido. –Perché mai dovremmo finire?-.
Gli riprendo il viso tra le mani e lo bacio, quasi con foga. Lui mi segue per qualche istante, poi si stacca ancora.
-Che c’è ancora?- sbotto, delusa.
-Non stiamo facendo le cose con un po’ troppa fretta?-.
-Perchè? Cos’è successo?-.
-Niente, era una semplice domanda-.
-Io sono sicura di quella che ci sta succedendo- dico, con convinzione –e tu?-.
-Anche io-.
Silenzio.
Non sapendo cosa dire, guardo l’orologio. L’una e cinquanta.
-Che ore sono?- mi chiede.
-Ancora dieci minuti-.
Sospira, rassegnato. –Bene, l’ultimo bacio e si ritorna a lavorare-.
E detto questo, mi bacia.
Questo sì che è un bacio lungo. Restiamo così per almeno cinque minuti. Ma interi. Senza nemmeno una pausa.
Sento il suo respiro nel mio. Il suo profumo del dopobarba. Le sue mani che si stanno intrufolando sotto la mia camicetta e che ora mi accarezzano la schiena.
Sono i cinque minuti più belli della mia vita.
Peccato però che quei cinque minuti sono passati in un lampo.
Guardo nuovamente l’orologio. Sono le due, quindi ci tocca tornare al lavoro.
Sbuffando, ci stacchiamo.
E’ sera, ma per fortuna non troppo tardi. Lo so che sono già le sette, però a me non interessa: devo andare a vedere per i regali di Natale.
Esco rapidamente dall’ufficio, salutando tutti con dei semplici baci sulla guancia. Decido di lasciare l’auto al parcheggio riservato a noi colleghi. Andrò in centro a piedi, tanto è qui vicino.
Okay. Forse non prenderò tutti i regali, però qualcosina, magari. O anche solo per vedere cosa c’è, per farmi un’idea.
Vedo i primi addobbi lungo la via principale e fanno, come dire, “splendere” la città. Sembra molto più luccicante, più festosa.
Attraverso la prima via guardando le vetrine dei negozi.
Abbigliamento, scarpe, borse, gioielleria, profumeria, di tutto e di più.
Ma la cosa più brutta è che non ho nemmeno la più piccola idea su cosa prendere e a chi.
Di sicuro ci sono Angela, Sofia, Nicola e Luca. Poi anche i miei genitori, Francesca e Claudio. E, volendo, ci potrebbe stare anche Luisa. Beh, allora dovrei aggiungere anche Michele, Filippo ed Edoardo.
Oddio, no. Ce ne sono troppi. Cioè, lo so che basta il pensiero, però non è che mi escano soldi da tutte le parti.
Così decido di stringere la lista. Adesso ci sono solo: Angela, Sofia, Nicola, Luca, i miei genitori e Francesca e Claudio.
Poi vedremo, magari c’è qualcosa a poco prezzo.
Entro nel primo negozio che mi capita.
Non ho nemmeno guardato le vetrine, non m’importa. Entro e basta.
Faccio dieci passi guardandomi attorno. E’ un negozio di borse.
Mi giro e vedo una ragazza alta, bionda e terribilmente magra che urla:
-Gabriele! Ne ho trovata una!-.
Un’altra innamorata di un Gabriele. Poverina, speriamo che non sia come…
Non ci posso credere.
E’ QUEL Gabriele.
Oh, Santo.
Corro dietro uno scaffale, dato che qui (purtroppo) non ci sono i camerini.
Sono vicino a me, però per fortuna non mi possono vedere.
-Quale?- sento la voce di Gabriele che chiede.
-Questa! Guarda che bella!- fa la ragazza.
-Non è un po’ troppo… uhm… come dire?-.
Non riesco a trattenermi, sbircio. Sono troppo curiosa.
Oddio. Cioè quella sarebbe la borsa bella?
E’ piccolissima. Probabilmente non mi ci sta nemmeno una mano.
-Secondo me per tua madre andrebbe benissimo- continua lei.
Che cosa?! Sua madre?!
Ma se odia le cose piccole! Io sì che la conosco bene.
Altro che questa sfigata che vuole scegliere il regalo per la madre del suo ragazzo e non sa nemmeno i suoi gusti.
Che nervoso! Mi verrebbe voglia di andare là e mollarle una sberla!
-Forse… forse è un po’ piccola- balbetta Gabriele.
-Ma stai scherzando?! E’ perfetta! Io ne ho tantissime così e sono tutte comodissime-.
Allora dev’essere proprio matta, altro che sfigata.
-Sì ma io…- cerca di dire Gabriele, in imbarazzo.
-Basta, ho deciso. Gliela prendo- conclude lei, alzando il mento.
-Tesoro, io… penso che…-.
Ma lei è già alla cassa. -Quanto costa questa?-.
Ma si può?! Non sa nemmeno quanto costa. Lei la sceglie, e non guarda nemmeno il prezzo!
Dio, fermami tu.
-Sono quaranta euro- risponde la cassiera, con aria annoiata.
Quaranta? Per una borsa così!?
–Perfetto- dice, tirando fuori il portafoglio.
Gabriele le è subito dietro. –No! Gaia! Mia mamma…-.
Ha dei problemi, quella. Non si rende nemmeno conto che per una borsa di quel tipo, quaranta euro sono una truffa.
Gaia porge le due banconote da venti alla signorina.
Ah-ah. Così impara ad ascoltarlo.
-Scusi?- una voce dietro di me mi fa sussultare.
-S… sì?- mormoro, girandomi.
-Vuole che l’aiuti a cercare la borsa che desidera?-.
Una ragazza piuttosto in sovrappeso, con i capelli nero cenere, mi è davanti che mi guarda con aria alla “dopo questa rompi palle, mi mangio un altro panino”.
-Oh, ehm…- cerco di trovare qualcosa di inteligente da dire –non serve, grazie. Stavo solo guardando-.
-Va bene- e detto questo, si volta e si allontana.
Mi rigiro verso la cassa, per vedere a che punto sono Gabriele e la sua nuova ragazza.
Ho deciso di darle un soprannome. Gaia la sfigata, ovvero (in una parola) la Sfigaia.
Si stanno dirigendo verso l’uscita.
Li seguo, senza farmi troppo notare.
-Sono sicura al mille per mille che è la scelta migliore- afferma Gaia, sorridendo.
Gabriele alza le spalle. –Speriamo avrai ragione, anche se conoscendo mia madre…-.
Lei si ferma e si gira verso Gabriele. -Non ti fidi di me?-.
-Certo che sì, però…-.
Gaia gli prende il viso tra le mani e lo bacia, prima che potesse aggiungere altro.
Non so cosa dire, cosa fare. Resto lì, impotente.
La soluzione la trovo dopo cinque minuti, quando vedo che dopo un lungo bacio con la lingua, Gabriele sta iniziando anche a toccarle il sedere.
Me ne vado. L’unica soluzione.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Quando torno a casa sono molto soddisfatta di me. Ho trovato un regalo a tutte le persone del mio elenco… tranne, beh… tranne a Luca.
Cioè il regalo più difficile da fare. Mi farò consigliare da Angela e Sofia, anche se la mia idea era un profumo.
Ad Angela ho preso un paio di pantaloni blu scuro, con la speranza che le piacciono e che li metta.
Per Sofia invece ho scelto una borsa stupenda (in quel negozio dove ho incontrato Gabriele e la sua nuova ragazza; poi ci sono rientrata e ho scoperto che è proprio un bel negozio).
A papà ho comprato una sciarpa di lana (quelle che piacciono a lui) e a mamma invece un bel maglioncino.
Per Nicola la scelta è stata difficile, ma alla fine sono riuscita a trovargli qualcosa: il nuovo cd dei Coldplay, il suo gruppo preferito.
A Francesca e Claudio ho preso un set di posate per la nuova casa che prenderanno (ne approfittano del bambino per trasferirsi in una casa più grande).
E domani andrò a cena da Luca. Spero vada tutto bene. Anzi, più che bene.

Mamma mia se sono agitata. Ho il cuore che mi batte a mille, a momenti tremo e non capisco niente.
Sono quasi le otto e sono appena uscita dalla doccia.
Penso mi metterò dei jeans, d'altronde è solo una cenetta a casa sua. Devo essere provocante, ma non eccessivamente.
Dopo aver scombussolato l'armadio, scelgo una maglia aderente nera con lo scollo a V, i jeans blu e delle scarpe con il tacco.
Guardo l'orologio, terrorizzata. Spero di non essere in ritardo.
Perfetto, sono le otto e venti. Mi sa proprio che qualche minuto di ritardo ci sta.
Così faccio veloce; mi catapulto in bagno, mi metto il fondotinta, la matita nera per gli occhi, l'ombretto bianco e il rossetto rosso fiamma.
Prendo la borsetta nera, ci metto dentro il cellulare, il portafoglio e delle mentine di scorta. Poi cerco le chiavi di casa e della macchina (dove cavolo sono?).
Alle otto e quaranta esco di casa. Ci si impiega cinque minuti fino a casa di Luca per cui sarò là con un quarto d'ora di ritardo, se sono fortunata e non c'è traffico.
Appena arrivo sotto casa sua, cerco un parcheggio vicino ma, purtroppo, sono tutti occupati quindi sono obbligata a parcheggiare a cento metri di distanza.
Quando (finalmente!) suono il campanello, mi accorgo che mancano cinque minuti alle nove.
Oddio, sono leggermente in ritardo.
Lui mi risponde dopo cinque secondi e mi dice di salire fino al secondo piano.
-Scusami tantissimo! Ma c'era un po' di traffico e poi non riuscivo a trovare parcheggio e...- dico appena lo vedo aprire la porta di casa sua.
Ma lui non mi lascia nemmeno finire di parlare, si avvicina, mi bacia sulla bocca e mi sorride. -Non preoccuparti, l'importante è che sei venuta-.
Io ricambio il sorriso, leggermente imbarazzata.
Appena entro, mi toglie il cappotto e mi dice:
-Ceniamo?-.
-Okay- confermo, guardandomi attorno.
Ha una casa piccola, ma bella. Il divano davanti alla tv da cinquanta pollici poi, mi attira tantissimo.
Ha cucinato la pizza. Ottima scelta.
-Wow- commento io, sedendomi a tavola -l'hai fatta tu?-.
-Sì- mi risponde lui.
Appena si siede anche lui, iniziamo a mangiare. Parliamo di cose abbastanza noiose (come il lavoro) poi, quando abbiamo finito la cena, lui si alza molto lentamente, io lo guardo rapita dai suoi movimenti. Poi mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio:
-Ti faccio vedere la casa-.
Beh, tutto qui? Mi aspettavo di meglio.
Io annuisco alzandomi.
Mi mostra la sua camera da letto, la cucina e il bagno.
Poi mi fa vedere anche il mega balcone. E' bellissimo. E poi questa sera ci sono così tante stelle...
Lui mi guarda e sorride. -Ti è piaciuta la cena?-.
-Sì, sì. Sei davvero bravo a cucinare-.
Piano, piano, fa alcuni passi verso di me, mi abbraccia e poi mi bacia.
E mi sento così bene. Mi vengono le farfalle alla pancia a ogni carezza che mi fa. Sul collo, sulle braccia, sulla schiena, e sulla pancia, soprattutto.
Senza fare nessun movimento, alzo gli occhi al cielo. E' proprio una bellissima notte stellata.
Cerco di contare le stelle come in Ma le stelle quante sono. Ma a dieci perdo subito il conto.
Scuoto leggermente la testa, pensando a quanto sono cretina.
-A cosa stai pensando?- mi chiede lui, in un sussurro.
Gli dico la verità?
Ma sì, so benissimo che un rapporto deve essere basato sulla sincerità e sulla fiducia. Cosa che Gabriele non ha fatto con me.
-Tentavo di contare le stelle- gli rispondo, chiudendo gli occhi.
-Contiamole allora- afferma lui.
Non riesco a capire se sta facendo sul serio o cosa.
-Ma non qua- aggiunge, staccandosi lentamente da me.
Lo guardo nella penombra, con aria interrogativa.
-Aspetta- dice poi, prendendomi per mano –ti va di fare una pazzia?-.
Io scoppio a ridere. -Cioè?-.
-Ti porto in un posto perfetto per riuscire a guardare tutto il cielo stellato-.
Io sorrido, divertita. -Mi fido di te-.
Cos'ha intenzione di fare?
Mi tira il polso verso l'appendiabiti, prende le giacche, chiude casa e scendiamo fino alla sua automobile. Appena ci siamo davanti, mi apre la portiera e mi fa gesto di entrare.
Quando sale anche lui, gira la chiave e partiamo.
Guardo fuori dai finestrini, confusa.
Dove stiamo andando?
C’è scuro. La strada è illuminata da qualche lampione qua e là. Non riesco a capire in che zona della città vuole andare.
Resto in silenzio, non sapendo cosa dire.
Alla fine parcheggia in un posto davvero strano. Non c’è anima viva. Sembra isolato dal mondo. E infatti non lo avevo mai visto prima. Davanti a noi c’è un immenso prato.
Lui scende, così decido di farlo anch’io.
Ma cosa ha intenzione di fare?
Resto immobile, avvolta nel mio cappotto nero.
Lui apre il baule e tira fuori un telo. Poi lo appoggia sul cofano della macchina. E mi guarda, sorridendo.
Allargo gli occhi e apro leggermente la bocca.
Oddio. Non dirmi che vuole farlo veramente... Vuole contare le stelle!
-Non mi credevi!? Adesso ne hai la prova!-. E detto questo, si siede sopra il telone.
Io resto a fissarlo ancora qualche secondo, paralizzata.
Poi decido. E va bene.
Mi sdraio imparte a lui, incerta.
Non è che si sta prendendo gioco di me?
Due minuti dopo mi ritrovo appiccicata a lui. Lui mi circonda le spalle, con il braccio destro.
Silenzio.
Non voglio chiedergli niente, ho paura di rovinare questo momento magico. Voglio godermi l’atmosfera, abbracciata a lui.
-Okay- fa lui, ad un tratto. Poi indica la stella più a sinistra che possiamo vedere. –uno, due, tre, quattro, cinque, sei…-. Man mano che conta, sposta il dito verso destra. –sette, otto, nove, dieci, undici…-.
Adesso mi aggiungo anche io. –Dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette, diciotto, diciannove, venti, ventuno…-.
E continuiamo così fino arrivare a cento. –Novantanove, cento…-.
Poi mi fermo. –Basta. Non ce la faccio più-.
Lui si gira verso di me e mi guarda fisso negli occhi. –Di già? Io sarei andato avanti anche all’infinito pur di star con te-.
Io gli sorrido. –Beh, possiamo stare insieme anche senza contare le stelle-.
Lui si avvicina a me con il viso e mi bacia.
Io non mi oppongo. Anzi.
Dopo un po’, mi metto su un fianco, in sua direzione. Così lo fa anche lui.
All’inizio ci guardiamo dritto negli occhi. Poi lui mi attira a sé, ed io mi attacco a lui con l’intero corpo. Sembriamo un’unica persona talmente siamo vicini. E che scomodo questo cofano. Se ci fossimo sdraiati su un letto qualunque sarebbe stato meglio. Però non ci saremmo goduti questo bellissimo panorama. E poi siamo soli. Siamo in un posto “fuori dal mondo”.
-Ho freddo- ammetto poi dopo qualche minuto.
Lui capisce subito. Così, senza dire niente, si alza. Apre un’altra volta il baule della macchina e tira fuori una coperta.
Lo aveva già programmato?
Ma no, come faceva a sapere che volevo contare le stelle?
Oppure ha colto l’occasione…
Uhm, lasciamo perdere. Adesso voglio solo godermi questo momento.
-Con questa no- mi bisbiglia risalendo sopra il cofano, accanto a me.

E’ mezzanotte.
E noi siamo ancora qui, anche se devo ammettere che ho un po’ freddo. Anche se sono scaldata dalla coperta e dai nostri respiri.
Ma non m’importa. In questo momento possono perfino cadere i meteoriti là fuori, che non me ne fregherebbe niente.
-Hai voglia di tornare a casa?- mi chiede lui, in un bisbiglio.
-No, tu?- rispondo io.
-Nemmeno-.
-Possiamo rimanere così per sempre?- chiedo io, sorridendo.
Mi guarda, facendosi serio. –Ne saresti veramente capace?-.
–Certo, tu?-.
-Anch’io-. Colgo un lampo di sincerità nei suoi occhi.
Poi esco con la testa dalla coperta, per vedere fuori.
Anche lui fa lo stesso.
Le stelle sono ancora là, ancora più scintillanti di prima.
-Che belle le stelle- commento.
-Già-. Poi fa una pausa. –ma sei più bella tu-.
Rido, divertita. –Ancora di più di una stella?-.
-Ancora di più- ripete lui, fissandomi gli occhi.
Io sorrido.
Non mi sono mai sentita così bene in tutta la mia vita.
Mai.
-E sono sincero- aggiunge -più bella di una stella- mi dice. E me lo ripete altre mille volte, in dolci sussurri.
Più bella di una stella, più bella di una stella, più bella di una stella, più bella di una stella...
Io lo guardo un’altra volta in quegli occhi stupendi. Mi viene voglia di fare tante cose, di abbracciarlo, di baciarlo, di coccolarlo, di dirgli tante parole dolci…
Ma l’unica cosa che riesco a fare è afferrargli il mento tra le mie mani e attirarlo a me. E poi lo bacio. Con passione, con ardore, con un’infermabile voglia.
Anche lui mi bacia nello stesso, identico modo.
Ed io mi sento la ragazza più felice del mondo.
Ma la cosa più importante è che mi sento bella, bellissima, la più bella del mondo, mi sento veramente più bella di una stella.

*Scusate per il ritardo, ho avuto qualche problema di tempo. Spero vi piaccia questo capitolo. Lasciate tanti commenti,
baci,
LaLLa

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


All'una inoltrata, decidiamo di tornare a casa sua, adesso fa davvero troppo freddo.
E' martedì, dovremmo essere ognuno nelle proprie case, nei propri letti, dovremmo dormire in questo momento e svegliarci alle sette per essere al lavoro alle otto e mezza. Quante cose che dovremmo fare. E quante cose che non stiamo facendo.
Adesso so solo che voglio finire di godermi la notte con Luca.
Quando rientriamo in casa, mi sento a casa mia. E questo mi fa uno strano effetto. E' la prima volta che la vedo e già la riconosco come la mia casa? Dovrei essere pazza.
-Amore- per la prima volta mi chiama così e per la prima volta mi sento sussultare -dormi con me stanotte?-.
Io mi giro verso di lui, e gli sorrido. -Se vuoi, a me va benissimo-.
-Certo che voglio-.
Ci togliamo le giacche, le buttiamo sul divano e lo seguo fino alla camera da letto.
Il letto è matrimoniale, staremo comodi.
-Oh- faccio io, toccandomi con la mano destra la bocca -non ho la camicia da notte-.
-Ti presto un mio pigiama, okay?- fa lui, aprendo il cassettone davanti al letto.
-Grazie- dico io, arrossendo leggermente.
-Figurati- mi dice e, quando l'ha tirato fuori, me lo porge -è il più piccolo questo-.
Io lo ringrazio e lo afferro.
Mi tolgo la maglia, poi i pantaloni e me lo infilo. Anche lui fa lo stesso.
Quando ci infiliamo sotto le coperte sono le due.
-Amore- mormoro io, felice di chiamarlo così -domani cosa facciamo?-.
-Dormiamo fino a tardi, mi sembra ovvio-.
-E il lavoro?-.
-Anche se saltiamo un giorno, non muore nessuno-.
-Okay- concludo io.
Silenzio.
Siamo tutti e due uno affianco all'altro, supini che guardiamo il soffitto.
-Sono così felice di essere qui con te- sussurra lui dopo qualche minuto.
-Anche io, non sai quanto- dico e mi giro verso di lui.
Lui fa lo stesso. Poi mi abbraccia e mi bacia. Mi bacia dappertutto. Parte dalla bocca, poi scende al collo, mi alza la maglia e mi bacia e mi accarezza la pancia.
Mi fa il solletico, ma mi piace da morire.
Intanto che mi fa le carezze sulla pancia, gli accarezzo dolcemente i capelli.
-Voglio che questa notte non finisca più. Voglio restare qui per l'eternità- dico io, guardando il soffitto mentre lui continua a baciarmi e a accarezzarmi.
-Anche- fa lui, e mi da un bacio sulla pancia -io- me ne da un altro -vorrei- me ne da un altro ancora -che non finisse mai-.
Qua alza lo sguardo e mi fissa negli occhi. Io lo guardo e lo bacio, ancora, ancora e ancora.
Passiamo tutto il tempo fino alle quattro di mattina a coccolarci e a farci le carezze.
-Amore, adesso dormiamo?- gli dico, dolcemente.
-Va bene- mi risponde lui -buonanotte mio dolce amore, ci vediamo domani-.
-Buonanotte amore... a domani-.
Detto questo, mi giro dall'altra parte e chiudo gli occhi.
Non riesco a dormire. I ricordi di stanotte e di ieri sera mi tornano alla testa, mi tormentano.
Aspetto ancora dieci minuti, poi sussurro, piano:
-Amore... sei sveglio?-.
Silenzio.
Okay, sta già...
-Sì- mi risponde lui.
Io resto zitta poi mormoro: -Io non riesco a dormire...-.
-Sssh- mi zittisce lui dolcemente.
Silenzio.
Poi sento che le sue braccia mi circondano e mi abbracciano forte, sento il suo corpo sfiorare il mio. Le sue gambe legarsi alle mie. Il suo respiro che soffia sui miei capelli.
-Va meglio ora?-.
-Sì- rispondo io, pensando a quanto è fantastico -ora mi sento molto meglio-.
Lui resta zitto, poi mi dice: -Buonanotte mia dolce, piccolissima, bellissima stella-.
Io sorrido. -Buonanotte anche a te, amore mio-.

Driin, driin.
Apro velocemente gli occhi, cerco il cellulare nella borsa e guardo il display.
Mi sta chiamando Angela.
Ma che ore sono?
Le nove e mezza.
-Angela- rispondo, con voce assonnata.
-VERONICA! Dove sei??- grida lei.
Mi guardo attorno. Dove sono?
Dio, da Luca.
-A...- balbetto.
-A?- mi incalza lei.
-A casa di Luca- dico tutto d'un fiato.
-Stai scherzano?!-.
-No, è tutto vero- rispondo, sorridendo.
Mi giro verso Luca, è girato dall'altra parte che dorme tranquillamente.
E' vero, non è un sogno, per fortuna.
-Ah... Comunque io volevo dirti un'altra cosa-.
-Dimmi- affermo io, appoggiando la schiena al cuscino.
-Io...- mormora lei -sono...-.
Silenzio.
-Lesbica-.
-CHE COSA!?-.
-Sì, è stato un colpo anche per me quando l'ho scoperto-.
-E quando l'hai scoperto?!-.
-Ieri sera, sono stata a un pub per solo omosessuali e ho capito che a me piacciono le donne... Infatti era un periodo che non trovavo più un ragazzo. Non mi piaceva nessuno!-.
Dio, sono sconvolta.
-Ah- sbotto io, non sapendo che dire -ehm, wow-.
-Veronica?-.
-Sì?-.
-Io sono sempre io, sono sempre la tua migliore amica, ti vorrò sempre bene, ricordalo- mi dice, con tono profondo.
-Ma certo, Ange. Lo so!- esclamo io.
-Ecco... ho solo cambiato “gusti”, tutto qui. Anzi, forse è da quando sono nata che sono... ehm, lesbica... però me ne sono accorta solo ieri... meglio tardi che mai, però-.
-Sì, sì- faccio io, annuendo -ma quindi... hai trovato qualche ragazzo... ragazza ieri?-.
Mi ci dovrò abituare.
-Oh, sì! Una! Molto carina, anche- mi risponde lei, entusiasta -è alta, bionda con gli occhi neri. E due belle tette!- e detto questo, scoppia a ridere.
Oh, Dio.
-Bene dai, sono contenta... e come si chiama?-.
-Licia- risponde subito lei.
-Quanti anni?-.
-Venticinque-.
Lei ne ha vent'otto, uno in più di me, quindi penso che vada bene.
-Mmh- mormoro -bene, bene. Tu sei lì in ufficio?-.
-Sì- risponde lei -vabbeh allora ci sentiamo, okay?-.
-Certo-.
-Allora ciao Vero! Divertitevi una volta che potete! Ah, ah, ah!-.
Che scema.
-Va bene, ciao Ange!-.
E detto questo, chiudo la chiamata con un sospiro.
Angela lesbica.
Non me l'aspettavo proprio. Non da lei.
Poi chiudo gli occhi e mi riaddormento. Sono ancora stanchissima.

-Amore?-.
Apro l'occhio destro, poi quello sinistro.
Mi volto.
-Ciao stellina- mi sussurra lui.
-Ciao amore- lo saluto, con un sorriso.
Che bello vederlo di prima mattina.
-Dormito bene?- mi domanda, dolcemente.
-Sì grazie, te?-.
-Anche io-.
-Sai che ore sono?- gli chiedo.
-Mezzogiorno e mezzo-.
-Però... abbiamo dormito!- esclamo io, in senso ironico.
-Già... hai fame?-.
-Un po'-.
-Vado a preparare una pasta- dice lui, alzandosi.
-Ti aiuto-.
-Ma no, resta qui te-.
-Okay, intanto posso farmi una doccia?-.
-Ma certo! Fai come se fossi a casa tua-.
-Grazie amore-.
-Figurati-.
E detto questo, anche io mi alzo e mi dirigo verso il bagno.
Mi guardo allo specchio.
Dio, se sono spettinata. Sono orribile.
Meglio farmi una doccia alla svelta, così poi pranzo.


*Volevo rigraziare tutte quelle persone che hanno seguito, e che (spero) stanno seguendo ancora adesso questa fic, che l'hanno aggiunta tra i preferiti, che hanno recensito anche solo una volta, o che hanno letto solo il primo capitolo...
Grazie davvero, senza di voi non sarei qui. *_*
Al prossimo capitolo,
LaLLa

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Appena apro la porta di casa mia, quasi non ci credo.
Angela è lesbica. Lei. Lei.
Okay. Facciamo un bel respiro.
E poi, non ci vedo nulla di male. E' normale... è che sono così scossa...
Drin.
Il citofono.
Mi precipito a rispondere. -Chi è?-.
-Veronica per favore aprimi-.
Impossibile.
E' Gabriele. Ancora. Gli apro senza dire niente.
Dopo pochi secondi, suona anche al campanello di casa mia.
Apro la porta lentamente. E' lì, davanti a me. E, non ci posso credere, ha gli occhi lucidi.
-Cos'hai?- gli chiedo, in un sussurro.
-Sto malissimo, Veronica- mi risponde, piano.
-Che è successo?-.
-Gaia... la mia... fidanzata- balbetta lui -è così... non so. Non so nemmeno perchè mi ci sono messo insieme. E, cosa più importante, non so perchè sono venuto da te-. L'ultima parola la pronuncia in modo più marcato.
Io resto zitta e lo fisso, con la bocca semiaperta per lo stupore.
-Posso entrare?-.
Dopo qualche istante siamo seduti sul divano.
-Ho una vita di merda- dice lui, disperato -al lavoro sono sempre assente, non mi riconoscono più. I miei stanno passando un brutto periodo, penso si separino. E sto con una che nemmeno mi piace-.
Abbasso lo sguardo, non sapendo cosa dire.
-E sai perchè non mi piace Gaia?-.
Silenzio.
-Perchè sono ancora innamorato di te-.
Silenzio.
-E mi dispiace da morire di averti delusa-.
Silenzio.
-Veronica?-.
Alzo piano lo sguardo.
Lo guardo in quegli occhi verdi stupendi.
-Io... ti amo- dice, poi mi prende il collo dolcemente, mi attira a sé e mi bacia.
Io non faccio niente per fermarlo. Continuo a baciarlo, senza dirgli niente.
A un certo punto sentiamo un rumore dietro di noi.
Mi stacco subito e mi giro per vedere chi è.
Silenzio.
Non ci posso credere.
Silenzio.
-Sei una persona disgustosa, Veronica. Tu... mi fai schifo- mi dice Luca, con la mia giacca in mano. La appoggia sul divano delicatamente, dopodichè si gira e si allontana verso la porta.
Non posso lasciarlo andare. Mi alzo e corro verso di lui.
-Luca! Fermati!- grido per le scale.
Non so se è sceso a piedi o ha preso l'ascensore.
Penso la prima, dato che l'ascensore è fermo.
Così inizio a correre verso l'uscita. Per fortuna sono solo al terzo piano.
Lo vedo che sta per aprire la porta.
-Luca!- lo chiamo, urlando.
Lui non dice niente, continua a camminare senza nemmeno girarsi.
Faccio una corsa per raggiungerlo. Quando gli sono vicina, gli afferro il braccio. -Luca. Io non provo niente per lui-. Ma nel momento stesso in cui lo dico, mi accorgo che non lo penso veramente. Non sono abbastanza convinta.
Luca si volta soltanto, ma non mi dice niente.
Mi guarda. Con i suoi occhi color cielo. Gli occhiali leggermente abbassati del solito.
-Mi dispiace-.
-Tu l'hai baciato- mormora lui, con un tono che non ammette repliche.
-Lo so, e ti dico che mi dispiace, Dio Santo!- esclamo io, disperata.
-Ti dispiace, ma non te ne sei pentita-.
-Non è vero- balbetto io, indecisa.
Dentro di me sento che sto dicendo un sacco di balle.
Ma dentro di me sento anche che non sono perfettamente sicura di tornare con Gabriele.
-Sei sicura?-.
Silenzio.
-Vedi? Non lo sei. Perchè mai dovrei perdonarti, poi? Non ti scusi nemmeno! Tu non sei convinta di quello che mi hai appena detto!- grida, arrabbiato.
Mi faccio schifo.
Sì, lo ammetto, è tutto vero. Ed è per questo che mi sento una vera merda.
-Ciao Veronica- afferma, dopodichè si gira e si avvia verso la macchina.
Silenzio.
Non ho nemmeno la forza di salutarlo.

Quando rientro in casa, vedo Gabriele ancora seduto sul divano che sta guardando di fronte a lui, senza fare niente.
-Vai via, per piacere- mormoro, piangendo.
-Scusa per quello che ho fatto, non volevo farti litigare con lui. Non so nemmeno chi preferisci tu... per cui sono davvero spiacente. Scusami, davvero- mi dice Gabriele, girandosi.
-Va bene, ora vai. Voglio stare sola-.
Lui si alza e se ne va.
Io mi butto sul letto, continuando a piangere come una disperata.
Mi sento davvero una merda.



*Un grazie speciale a tutte le persone che mi hanno aggiunto ai preferiti (_Hysteria, B r o K e n, Cherasade e pirilla88) e anche a quelle che stanno seguendo questa fic.
Mi avete dato la forza per continuare. Grazie davvero del sostegno. Un bacio. Alla prossima, LaLLa.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Ho pianto per cinque ore filate. Ripensando ai miei sbagli, a quello che ho fatto, a quello che ho detto, a quello che ho fatto credere, a quello che sono. E la conclusione è: sono una merda.
Come ho potuto baciare Gabriele? Come ho potuto farmi scappare Luca? Perchè non gli ho detto che lo amo, anziché starmene zitta come una stupida?
Così adesso lui se né andato, ferito e tradito. E io sono qua, sdraiata sul mio letto, con il fazzoletto in mano, le guance rosse, le lacrime che scendono come un fiume in piena e il cellulare appoggiato sul comodino. Ha squillato una decina di volte, ma io ero troppo a pezzi per rispondere.
Dopo qualche minuto, lo prendo e guardo il display.
Nove chiamate senza risposta.
Schiaccio su: apri. Sono tutte di Gabriele.
Con un sospiro chiudo il motorola.
E ti pareva. Figurati se Luca ha provato a chiamarmi.
Così decido di chiamarlo io.
Uno squillo, due squilli, tre squilli, quattro squilli, cinque squilli...
Poi sento la sua voce registrata:
Ciao, ora non ci sono. Lascia un messaggio dopo il bip.
-Ciao Luca- dico, subito dopo aver sentito il classico “bip” -scusami. Sono stata un stronza. Io non volevo. Veramente. Spero che riuscirai a perdonarmi... magari col tempo. Ci vediamo. Ciao-.
Stupida, stupida, stupida.
Perchè non gli ho detto che lo amo? Perchè non ho detto qualcosa di più convincente?
Non lo so nemmeno io.
Avrei voluto. Dio, quanto avrei voluto. Ma semplicemente non ci sono riuscita. Quel “ti amo” che volevo dirgli non è uscito.
Forse non sono veramente innamorata di lui...
Forse dovrei riprovare con Gabriele...
Forse...
Non lo so.
Sono così confusa.
Una bella tazza di caffè mi farebbe bene.
E poi chiamo Angela e Sofia. E dopo anche Nicola.

-Baciare quel bastardo!?- grida Angela appena ho finito di spiegarle.
-Lo so, ho sbagliato. Sono una merda- ammetto, abbassando la voce.
-Ma dai, Vero. Non dire così- dice poi, cambiando tono di voce -a tutti capita di sbagliare. E a tutti capitano i momenti di confusione. Stai tranquilla, presto ti arriverà la risposta-.
-Grazie Ange- mormoro io.
-Figurati- risponde lei, dolcemente.
-Adesso scusa ma devo andare-.
-Okay, ci vediamo domani! Ciao tesoro!- mi saluta lei.
-Ciao bella-.
E ora chiamo Sofia.
Lei non fa molti commenti, ripete solo “mi dispiace Vero” oppure “vedrai che passa”.
Okay. Diciamo che non mi è molto d'aiuto, ma d'altronde non posso prendere niente. Aiutare vuol dire sacrificio. E forse adesso non sarà il momento per lei, magari non ha tempo o è occupata.
Bene. Ora manca solo Nicola.
Mi risponde quasi subito. -Ciao Vero! Come stai?-.
-Potrebbe andare meglio, molto meglio- dico, con un sospiro -te?-.
-Io bene, grazie... ma che ti è successo?-.
-Hai presente Gabriele, il mio ex?-.
-Certo-.
-E hai presente anche Luca?-.
-Ovvio, Vero! Non soffro mica di amnesia!-.
Io faccio una leggera risata, senza entusiasmo. -Ecco. Prima è venuto qui Gabriele, mi ha baciato e indovina chi c'era dietro di noi?-.
-Cazzo, Luca?!-.
-Proprio così- rispondo io, alzando un angolo della bocca -era venuto a portarmi la giacca che avevo dimenticato a casa sua e in quel momento eravamo seduti sul divano-.
-Che sfiga- commenta lui.
-Già. E poi se n'è andato senza dirmi niente. E, Dio, avrei voluto dirgli qualcosa di molto più convincente, avrei voluto dirgli che lo amavo, e non solo che “mi dispiaceva”- spiego, confusamente.
-Aspetta, aspetta. Tu gli hai detto solo “mi dispiace”?!- esclama lui, stupito.
-Sì- confermo io, abbassando lo sguardo -mi sento una merda. Forse non lo amo veramente, altrimenti gli avrei detto sicuramente qualcos'altro!-.
-Capisco... e poi se n'è andato?-.
-Sì-.
-Dio, mi dispiace così tanto, Vero... non sai quanto. Però... non è che ti piace ancora Gabriele?-.
-Può essere... il fatto è che non lo so! Lui mi ha detto che mi ama e che vorrebbe tornare con me... e poi l'ha dimostrato anche coi fatti... però io non so proprio che fare. Se tornare con lui o andare a scusarmi con Luca e cercare di farmi perdonare davvero-.
-Sì, sì. Ho capito- dice lui, prendendosi una pausa. Poi ricomincia: -Forse la cosa che dovresti fare è cercare di chiarirti la mente. Perchè ho capito che tu piaci ancora a Gabriele, ma non si può intromettere ancora nella tua vita. Però tu avresti dovuto dirgli qualcosa di più a Luca, se davvero ti piacesse. La situazione è un po' complicata... ed è per questo che devi fare ordine. Vero, il mio unico consiglio è ascoltare quello che senti dentro. Ripeto, ascolta il tuo cuore. La sai solo tu la risposta, nessun altro-.
-Dio, Nicola, quanto ti voglio bene. Sei un tesoro, davvero- mormoro, quasi commossa.
Lui scoppia a ridere. -Ma di niente, piccola. Questo ed altro per la mia migliore amica-.
-Grazie veramente, sei un angelo- dico, sorridendo.
Okay. Ho capito cosa devo fare.
Devo prendermi una pausa. Devo rilassarmi. Devo non pensare a niente. 




*...(Rullo di tamburi, grazie xD)
Ed eccolo, il capitolo 13!
Comunque. Sono davvero commossa...
Un grazie speciale a quelle nove meravigliose persone che hanno aggiunto questa fic tra i preferiti
(_Hysteria, B r o K e n, Cherasade, clodiina85, marikina, pirilla88, Raffuz, sholove e Trappy)
ed a Leslie, che l'ha messa tra le seguite e recensisce ogni volta.
Grazie mille, davvero. Non sapete quanto mi rendete felice.
Al prossimo capitolo. ^^
Baci, LaLLa.

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