In your skin

di Inco001
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 2: *** Ottave sconosciute ***
Capitolo 3: *** Una giornata da dimenticare ***
Capitolo 4: *** La vecchia beata esistenza? ***
Capitolo 5: *** Non è ancora finita ***
Capitolo 6: *** Facciamo il punto ***
Capitolo 7: *** Troppo presto ***
Capitolo 8: *** Meglio soli che mal accompagnati ***
Capitolo 9: *** Interludio di normalità? ***
Capitolo 10: *** Quidditch! ***
Capitolo 11: *** Scuse ***
Capitolo 12: *** Le sfide di Harry Styles ***
Capitolo 13: *** La cosa giusta ***
Capitolo 14: *** Segreti ***
Capitolo 15: *** Verità che non andrebbero svelate ***
Capitolo 16: *** Il sonno ***
Capitolo 17: *** Una serie di imbarazzanti momenti ***
Capitolo 18: *** Vediamo chi crolla prima ***
Capitolo 19: *** Morire lentamente insieme a te ***
Capitolo 20: *** Il potere della paura ***
Capitolo 21: *** Corpi impazziti ***
Capitolo 22: *** Alleanza eccezionale ***
Capitolo 23: *** Piano fallito ***
Capitolo 24: *** Un buon amico ***
Capitolo 25: *** Fantasmi per la pace ***
Capitolo 26: *** Qualcosa di più? ***
Capitolo 27: *** Destino ***
Capitolo 28: *** Ambiguità ***
Capitolo 29: *** Una luce nel buio ***
Capitolo 30: *** Le non conseguenze di un bacio ***
Capitolo 31: *** Quando un segreto viene a galla... ***
Capitolo 32: *** Stesso dolore, stesso amore ***
Capitolo 33: *** Cuore di rabbia va all'attacco ***
Capitolo 34: *** Immagini di felicità ***
Capitolo 35: *** Insieme ***
Capitolo 36: *** Un racconto che finisce ***
Capitolo 37: *** Fiori e tempeste - Parte 1 ***
Capitolo 38: *** Fiori e tempeste - Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Come tutto ebbe inizio ***



 
 
 
 
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Come tutto ebbe inizio (o perché non si può dormire in pace neppure in biblioteca)

Quel 13 settembre una pioggerellina leggera stava portando via l'ultimo sole dell'anno. Harry Styles era al riparo tra le mura di Hogwarts e la pioggia solo un vago sottofondo per i suoi sogni.
Harry aveva l'abitudine di passare i pomeriggi nascosto nella Biblioteca, a volte per studiare, altre per farsi una dormitina in santa pace. Sapeva che in teoria la Biblioteca non era un posto per dormire, ma a sua difesa andava detto che c'era molta più tranquillità lì che in dormitorio. Dunque non era inconsueto sorprendere il Serpeverde appisolato fra una libreria e l'altra, giusto di tanto in tanto.
Proprio quella Domenica era possibile trovarlo a sonnecchiare su una poltroncina tra la sezione “Creature Magiche in Estinzione” e “Vita e Comportamenti dei Folletti del Nord America”. Solo che Harry Styles non voleva essere trovato...
 
 
 
La finestra era spalancata sul giardino. Una leggera foschia sabbiosa tingeva l'orizzonte nel punto dove la macchina era sparita qualche minuto prima. Harry fissava lo sguardo in quel punto e ignorava Lei che continuava chiamarlo.
«Harry... Harry...», sibilava. Ma lui non voleva guardare. Non voleva guardare in basso!
Eppure Lei non smetteva di chiamarlo, continuava a ripetere il suo nome mentre Harry piangeva perché non voleva guardare, non voleva, ma il collo aveva già iniziato a piegarsi, la testa a muoversi. Era impossibile resisterle, non c'era alternativa. E piangeva ancora, Harry piangeva tutte le sue lacrime, ma tutte le sue lacrime non sarebbero bastate per non vedere.
Ancora pochi istanti e l'avrebbe vista. Ancora pochi istanti e avrebbe iniziato ad urlare.
Uno...
Due...
Tr-
 


 
«Bohm!»
Il tonfo svegliò Harry di soprassalto, soffocandogli l'urlo in gola.
Il Serpeverde si rizzò dritto sulla poltrona e scrutò la penombra attorno a sé, quasi aspettandosi di vederla emergere dal buio. Ma poi si rese conto che quello non era più un incubò, era solo la realtà.
Allora asciugò il sudore dalla fronte e strinse gli occhi nel tentativo di fendere l'oscurità di quell'angolo di biblioteca. Trovò la fonte del rumore che l'aveva svegliato pochi metri più in là: alcuni grossi tomi erano caduti per terra e la polvere che avevano sollevato volteggiava ancora nell'aria.
Il colpevole di quel misfatto era un ragazzo che si stava giusto accingendo a raccogliere i libri da terra, ma nel farlo i suoi occhi si accorsero della presenza di Harry.
«Ehi! Non ti avevo visto!», esclamò quello sorpreso, «Cosa ci fai qui?», chiese.
Harry mise da parte l'agitazione rimastagli dal sogno e ricambiò lo sguardo dello sconosciuto con uno molto più ostile. Avrebbe voluto suggerire al ragazzo di farsi cortesemente i fatti suoi, ma quello non gliene diede il tempo perché in pochi secondi gli venne in contro e disse: «Scusa, che maleducato, non mi sono presentato. Io sono Liam Payne, di Grifondoro, sto cercando un libro per una ricerca» e gli porse la mano, mentre le sue parole cordiali cozzavano con quelle aspre che passavano nella mente di Harry.
Ora che l'altro si era avvicinato Harry poteva vederlo bene e vedeva altrettanto nitidamente il suo sorriso disgustosamente gentile, che faceva uno strano effetto addosso ad un ragazzone tanto... grosso, non gli vennero in mente altri aggettivi.
Per quanto restio, Harry non trovò una ragione valida per non stingergli la mano -e avrebbe voluto averla-, quindi la strinse svogliatamente e si presentò.
«Io sono Harry Styles, di Serpeverde e stavo dormendo», Liam Payne non doveva necessariamente sapere che gli aveva fatto un favore interrompendo il suo incubo...
L'altro rise, evidentemente aveva colto la frecciatina -forse quei muscoli non gli avevano compromesso del tutto le facoltà intellettive- e poi disse: «Scusa se ti ho svegliato, ma non sono in grado di stare in una stanza senza fare cadere qualcosa, sono proprio un imbranato», disse grattandosi la nuca.
Harry trovava stupide le persone che si auto-criticavano, soprattutto se non lo facevano per falsa modestia. Ed era palese che quel Liam Payne fosse davvero un imbranato. Liam Payne... Ad Harry quel nome ricordava qualcosa, ma cosa?
«Comunque», riprese il Grifondoro, stranamente in vena di chiacchiere, «perché dormi in biblioteca?», nella sua voce non c'era critica, solo curiosità.
«Mi illudevo che fosse un posto tranquillo», commentò Harry acidamente, «e speravo che nessuno dovesse venire a fare una ricerca su...»
«Sui folletti della California», concluse l'altro.
Lo sguardo di Harry fu più chiaro di ogni parola. Liam rise ancora, con una risata profonda e sincera. «Non ho scelto io l'argomento!», si giustificò il Grifondoro, «è stato il nostro insegnate!»
«Ti deve odiare parecchio...», Harry invece odiò sé stesso per stare dando corda a quel tipo.
«Ah, in realtà è per una punizione...», soffiò Liam.
«Non mi sembri tipo da punizioni...» “Harry, adesso basta!”, si rimproverò mentalmente, “non socializzare col nemico!”.
«Infatti non lo sono!», disse Liam Payne, vagamente risentito.
«E quindi?»
«E' colpa di Louis se sono finito in questa situazione! E in teoria la ricerca dovevamo farla assieme, ma lui è misteriosamente sparito quando gli ho chiesto di iniziare...», borbottò. Harry dovette trattenersi dal sorridere davanti all'espressione del Grifondoro.
«Bell'amico che hai...», commentò.
«E' fatto così, ma è un bravo ragazzo», spiegò Liam, sorridendo mentre si perdeva in chissà quali ricordi. Harry iniziava ad essere frastornato dall'idiozia di quel tipo.
«Senti, Liam Peyne, se sei da solo non è il caso che inizi questa ricerca al più presto?», chiese e il messaggio subliminale era lampante.
«Ahh, vuoi che me ne vada? Non mi sopporti proprio, eh?». Ma nessuno gli aveva insegnato che le cose tra le righe devono restare tra le righe?!
Harry rise istericamente e si costrinse di nuovo a tacere.
«Credo che tu abbia ragione, però», concesse il Griforndoro. “E adesso perché diavolo mi sta dando ragione?!”, «se Louis non mi aiuta ci metterò davvero tanto tempo e vorrei finire entro sera, visto che devo assistere alle selezioni per la squadra...»
Harry si astenne dal chiedergli di cosa stesse parlando, non voleva certo che l'altro si mettesse a raccontargli la storia della sua vita.
Intanto Liam era tornato agli scaffali, aveva sistemato alcuni volumi caduti e gli altri li aveva tenuti in mano.
«Direi che questi mi basteranno...», commentò e Harry non sapeva se parlasse da solo o con lui. Nel primo caso era pazzo, nel secondo... era pazzo comunque a credere che a lui potesse interessare.
«Harry Styles», richiamò la sua attenzione, «E' stato bello conoscerti! Sei uno forte!», affermò Liam con un sorrisone raccapricciante.
Harry cercò di non farsi sfuggire un'espressione allibita. In tutta la sua vita nessuno gli aveva mai detto che era "forte"... Capì di non esserci riuscito quando Liam si mise a ridere e: «Sei forte per quella faccia», spiegò.
«Spero di rivederti ancora in giro!», continuò subito dopo il Grifondoro, «e se ti va puoi venire a vedermi giocare al campo da Quidditch, sono quasi sempre là!».
Dette quelle cose se ne andò salutandolo con la mano. Harry non fu in grado di dire una parola.
Harry ebbe l'illuminazione solo quando Liam aveva lasciato la stanza da un pezzo: quello con cui aveva appena parlato era Liam Payne, Settimo anno, Grifondoro, nonché celeberrimo capitano della squadra di Quidditch della sua Casa.

Harry decise di dimenticare quello strano incontro dal momento che a lui non importava nulla di Liam Payne, chiunque egli fosse, né tanto meno gliene fregava qualcosa di vedere una partita di Quidditch. Voleva solo essere lasciato in pace, solo quello.

 
 

La pioggia continuava a cadere fuori dalla mura del castello e continuava a non essere un problema di Harry Styles. Il problema di Harry era la paura di chiudere gli occhi e ritrovarsi di nuovo sopra quel balcone e il dover conciliare ciò con il terribile bisogno di dormire che lo fiaccava da giorni.
La notte i sogni non lo lasciavano in pace e aveva sperato che almeno dormendo di giorno sarebbe andata meglio. Ma non sembrava essere destino, perché questa volta non fece neppure in tempo ad addormentarsi che...
«Ehm, scusa...», bisbigliò una vocina. Harry la ignorò.
«Scusa...», Harry pensava solo: “vattene!
«Scusa... stai dormendo?»
Scherziamo?! «No, faccio finta... Certo che dorm- dormivo», sibilò a denti stretti, mentre si costringeva ad aprire gli occhi.
Il suo disturbatore, questa volta, era una disturbatrice, una ragazzina smilza con i capelli biondo chiaro e la pelle pallida, e anche il suo volto era familiare... Quella sensazione stava diventando frustrante.
«Scus-»
«E piantala di scusarti», lo trovava fastidioso, quasi quanto i sorrisi di Liam Payne.
«Scu- ehm...»
«Che cosa vuoi?», prima glielo diceva, prima se ne andava.
«Ecco...», la ragazza da bianca divenne bordeaux, il che non fece che irritarlo ancora di più, «Io... mi sono persa...», ammise lei.
Harry alzò gli occhi al cielo. «E che anno frequenti?», chiese.
«Quarto...», solo uno in meno di lui, sembrava più piccola.
«Quarto anno e ti perdi ancora?», domandò con tono velenoso. Evitò di fare presente che lui era al quinto e si perdeva ogni volta che entrava o usciva dalla Biblioteca.
La ragazza gli lanciò una strana occhiata, c'era una luce quasi divertita nei suoi occhi che Harry non riuscì a comprendere. Ma in fondo non era affar suo.
«Dovevo trovale materiale per una ricerca...», spiegò la ragazza, anche se le sue parole non centravano affatto con quello che aveva negli occhi.
«Spero non sui folletti della California...», borbottò Harry.
«Ehm, no?», ora aveva tutte le buone ragioni per guardarlo stranita.
«Bene... Comunque se prendi quel corridoio», e Harry indicò quello a destra, «dovresti arrivare nella sala principale», “forse”, aggiunse nella sua testa, non ricordava mai se fosse quello a destra o quello a sinistra.
«Grazie... Senti, qui non passa molta gente, vero?», chiese la ragazza. “Pure lei ha voglia di fare conversazione?
«Di solito no», Harry infuse nella frase tutta la sua irritazione.
«Quindi pensi che oggi non passerò tanta gente, giusto?», “Ma che cavolo vuole...?
«Per Merlino, come faccio a saperlo? Mi auguro di no», lo disse sinceramente. Harry non si fece domande sull'espressione agitata della ragazza, non gli interessava.
«Adesso io mi rimetto a fare quello che stavo facendo», dichiarò il riccio. “E tu te ne vai”, intendeva.
«Certo, anche io devo andare». Ancora quell'espressione strana...
«Fantastico». Prima ancora che la ragazza se ne fosse andata il Serpeverde si era già voltato dall'altra parte.
«Ciao Harry...», lo salutò quella. Ma il ragazzo non la degnò di uno sguardo, né si preoccupò di come facesse a conoscere il suo nome, mentre quella se ne andava a spalle basse imboccando il corridoio di sinistra.


 
 

Harry era ancora in biblioteca e anche nel dormiveglia aveva l'impressione di sentire la pioggia infrangersi contro i vetri della Biblioteca. Ma forse quello era solo un sogno più piacevole degli altri... Sogno destinato a finire, perché Harry fu svegliato di nuovo, questa volta da un fischiettio allegro.
Harry si rizzò in piedi con i nervi a fior di pelle e il peso insopportabile delle ultime notti insonni a gravargli sulle palpebre. D'un tratto tutta la la stanchezza e l'irritazione scaturita da quella giornata gli pareva troppo. Ed era decisamente troppo vedere un ragazzo venirgli incontro fischiettando.
Harry lo fissò truce, ma questo non fermò l'avanzata del nuovo arrivato che gli si piazzò di fronte ed interruppe il suo movimento fischiettato, ma solo per parlare:
«Hey, ciao», gli disse con tono affabile, «Per caso hai visto Liam Payne passare da queste parti?»
Harry sbatté le palpebre un paio di volte. Se il giorno prima qualcuno gli avesse fatto la stessa domanda avrebbe impiegato almeno qualche ora per ricollegare quel nome alla relativa persona. Ma grazie al fortuito incontro di poco prima ci mise solo un istante a collegare le due cose.
Il ragazzo dovette fraintendere il suo silenzio, perché si sentì in dovere di aggiungere: «Liam Payne, alto, tanti muscoli, l'avrai sicuramente visto giocare a Quidditch! Dovevamo venire a prendere dei libri da queste parti, ma credo che sia già-»
«Sei Louis?», la domanda sfuggì spontanea dalle labbra di Harry. Se ne pentì all'istante.
Il ragazzo lo guardò sorpreso, poi sorrise divertito. Qualcosa gli disse che aveva appena indovinato...
«Louis Tomlinson in persona. Il solo e l'unico!», esclamò pavoneggiandosi decisamente più del necessario. “Buffone”, pensò Harry. Ma lo stemma di Grifondoro sulla sua camicia parlava da sé.
Tale Louis Tomlinson continuò a fissare Harry per molti secondi, prima con aspettativa, poi essa lasciò il posto ad un'espressione spazientita.
«Questo sarebbe il momento in cui tu ti presenti», osservò il Grifondoro.
«E invece io credo che questo sia il momento in cui te ne vai», ribatté Harry.
Louis Tomlinson sembrò preso in contropiede da quella risposta velenosa.
«Oh, oh, ma cos'abbiamo qui...», lo studiò da testa a piedi e il suo sguardo si soffermò qualche secondo di troppo sul petto di Harry, dove svettava lo stemma verde-argento, «...Una piccola serpe acida e anche maleducata?»
«Senti», fece Harry infastidito da quel tono, ma sforzandosi di mantenere la calma, «Non ho voglia di discutere. Fai un favore ad entrambi e lasciami in pace», concluse.
«Prima dimmi il tuo nome», insisté il Grifondoro, che sembrava essersi legato la questione al dito.
Harry prese qualche secondo per riflettere... Non aveva esitato a rivelare il proprio nome a Liam Payne poco prima, per quanto l'avesse fatto a con poca voglia, eppure non aveva nessun desiderio di rivelarlo a questo ragazzo. Louis Tomlinson non gli piaceva, a pelle. Non gli piaceva la sua espressione presuntuosa e il suo sorriso strafottente, non gli piaceva il tono autoritario con cui gli parlava, né tanto meno lo sguardo gelido e beffardo con cui lo trafiggeva, e lo giudicava.
E allora disse: «No».
Louis Tomlinson strabuzzò gli occhi: «No? Non vuoi dirmi come ti chiami?»
«Esatto», confermò.
«Ma io ti ho detto il mio nome!», obbiettò.
«In realtà lo conoscevo già...», precisò Harry. Anche se sarebbe stato più corretto dire che ne conosceva solo metà, prima. Ma questo Louis Tomlinson non lo sapeva.
«Tu devi dirmelo!», esclamò allora il Grifondoro.
«No invece, non devo proprio niente».
Al ragazzo sfuggì una risata di pura irritazione. Harry si sentì vagamente fiero per come stesse innervosendo il Grifondoro. E in parte se ne rimproverò, perché lui con le persone non voleva averci nulla a che fare, tanto meno voleva litigarci...
«Amico», fece il Grifondoro, «Tutto questo è decisamente immaturo da parte tua!».
Harry pensò di ritorcergli contro le sue stesse parole: «E' immaturo il non voler accettare il fatto che non voglio dirti il mio nome!»
Louis Tomlinson lo guardò prima confuso, poi arrabbiato:
«Dimmi il tuo nome!», ordinò. Sembrava un bambino capriccioso.
«Insisti ancora?»
«Continuerò finché non me lo dici!», quel tipo era veramente impossibile. Se Harry aveva pensato che Liam Payne o la ragazzina bionda fossero fastidiosi, dovette ricredersi, perché Louis Tomlinson li batteva tutti.
Harry capì che doveva mettere fine a quella conversazione, altrimenti l'altro sarebbe stato capace di portarla avanti ancora a lungo.
«L'ho visto, il tuo amico», disse Harry di punto in bianco.
Come sperato, quella frase parve distrarre Tomlinson dalla sua improvvisa ossessione per il nome di Harry.
«Che- Liam?!»
«Sì, Liam Payne», assicurò Harry, «E' passato di qui qualche ora fa. Cerva dei libri su... Folletti della California, per la ricerca che doveva fare con te prima che tu gli dessi buca».
«Io non ho- Okay, forse un po' l'ho fatto», ammise il Grifondoro, «Ma capisci, Folletti della California! C'è qualcosa di più noioso?», il suo tono confidenziale dimostrava che aveva già lasciato perdere la discussione di poco prima.
Harry si limitò ad alzare le spalle.
«E... dopo che ha preso quei libri, sai dov'è andato?», domandò ancora Louis Tomlinson diventando improvvisamente amichevole. Harry lo trovò ancor più spaventoso.
«E io che ne so? Ha detto che sarebbe andato immediatamente a fare la ricerca, così sarebbe stato libero per 'sta sera...», perché se lo ricordava ancora? E, soprattutto, perché lo stava raccontando a quel tipo con il quale aveva litigato fino ad un minuto prima?
«Mmm, capisco, forse è il caso che lo vada a cercare allora...», rifletté l'altro ad alta voce. Harry, ancora una volta, si ritrovò a pensare che non gliene fregava nulla dei loro problemi.
«Fai quello che ti pare, io me ne vado...», annunciò. Quel pomeriggio non aveva portato a nulla di buono, tanto valeva che se ne ritornasse in dormitorio.
«Va bene- Aspetta! Non mi hai ancora detto come ti chiami!», Merlino, Harry aveva seriamente sperato che se ne fosse dimenticato...
«Lo so», rispose rivolgendogli un sogghigno.
Louis Tomlinson lo guardò indignato. Harry lo ignorò e si incamminò verso il corridoio di destra.
«Guarda che hai preso il corridoio sbagliato!», gli gridò dietro il Grifondoro.
«Ah», per un istante Harry fu sul punto di ringraziarlo, ma si disse che non era il caso. Raggiunse il corridoio giusto e se ne andò senza voltarsi.
Il rumore dei suoi passi non fu sufficiente a coprire il «Maleducato!» borbottato da Louis Tomlinson alle sue spalle.
Non aveva importanza, non aveva importanza quel Grifondoro, né il suo giudizio, né i suoi occhi che lo avevano guardato troppo a fondo.
Non aveva importanza, ma allora cos'era la sensazione amara che Harry sentiva nella pancia?
 
Mentre Harry attraversava il corridoio notò per terra un biglietto di carta colorata, dunque lo raccolse e lo aprì. Al suo interno c'era scritta solo una parola: “Inverto”. Nessun mittente, nessun destinatario. Lo accartocciò, lo infilò nella tasca e se ne dimenticò.
Ma avrebbe fatto meglio a dare importanza almeno a quello...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
Harry continuò a fissare quel riflesso tanto sbagliato nello specchio e più passava il tempo più aumentava la consapevolezza della gravità della cosa. Qualsiasi essa fosse.”
 
Innanzitutto doveva analizzare il problema. Be', aveva il corpo di Louis Tomlinson e la mente di Harry Styles. Semplice. Assurdo.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
Angolino dell'autrice:
 
Salve,
Grazie a chi è arrivato fino a questo punto e grazie a chi vorrà proseguire la lettura di questa storia.
 
Se qualcuno volesse lasciare una recensione, anche piccola piccola, gliene sarei infinitamente grata. Accetto critiche, prime impressioni, pareri, tutto.
 
Tutto ciò che c'è da sapere su questa storia è che è tranquilla e ha un ritmo lento. I miei personaggi sono lenti, Harry è lento, Louis è lentissimo (e io sono la peggiore di tutti)! Ma poi ci arriviamo, davvero.
 
Vi saluto, ci sentiamo al prossimo capitolo.
 
Costanza.
(Per qualsiasi cosa mi trovate anche QUI)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo Revisionato al 16/10/2014

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Capitolo 2
*** Ottave sconosciute ***



 
 
 
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Ottave sconosciute (o fa che tutto questo sia solo un terribile mostruoso incubo)


Il 14 Settembre, per la prima volta dopo mesi, Harry non fu svegliato dagli incubi. Aveva dormito bene, di un sonno tranquillo e senza sogni. Non succedeva da quando aveva smesso di prendere le medicine.
Aveva quasi dimenticato la piacevole sensazione di un placito risveglio: scivolare lentamente fuori dalla nebbiolina del sonno e poi prendere piano piano coscienza del mondo. Quanto avrebbe voluto che fosse sempre così. Era bello non svegliarsi madido di sudore e senza la gola graffiata dalle urla.
Decise di godersi gli ultimi minuti prima che la sveglia che suonasse, e non doveva mancare molto, i rumori attorno gli dicevano anche gli altri si stavano svegliando, quindi immerse la testa nel cuscino per bearsi della sua morbidezza e del suo profumo così... così... strano. Il cuscino suo aveva l'odore di qualcun altro.
Harry si rizzò a sedere e spalancò gli occhi. Vide rosso. Li richiuse all'istante, spaventato. Qualcosa non andava. Aveva una terribile sensazione.
Ancora con gli occhi sigillati, si portò le mani tra i capelli. Non l'avesse mai fatto. Quella roba liscia e sottile che sentiva al tatto non erano i suoi capelli! Nel cervello gli si accese una spia d'allarme.
Timorosamente, schiuse di nuovo gli occhi. Vide ancora rosso.
Respirò profondamente un paio di volte, ma l'inquietudine gli rimase comunque incastrata nel petto. La ignorò e decise di guardarsi attorno. Doveva capire cosa stesse succedendo.
Il letto a baldacchino in cui si trovava era molto simile al suo, ma con le coltri scarlatte bordate di oro. Gli sembrava di stare nella stramaledetta tana di un Grifondoro...
Scostò appena la tenda e vide... Perché c'era Liam Payne nel letto accanto al suo?! Richiuse la tenda con uno scatto nervoso.
Okay, la situazione stava diventando preoccupante e non fece che peggiorare quando si accorse di cosa aveva indosso: il suo pigiama -ed Harry era certo di essere andato a letto in mutande come sempre-, ecco, il suo pigiama aveva una vivace fantasia a boccini. Non aveva mai avuto nulla del genere!
Infine, si accorse che c'era qualcos'altro che non gli era assolutamente familiare: le mani con cui stringeva convulsamente le lenzuola -così piccole e con le unghie smangiucchiate- non erano le sue. Quelle mani, le mani che muoveva, non erano le sue! Quel corpo, non era il suo!
Era assurdo, impossibile...
E se non si fosse mai svegliato?
Che quello fosse solo l'ennesimo incubo, l'ultimo di una lunga lista? Si, doveva essere così. Solo che sembrava così reale...
Stava andando in iperventilazione.
Saltò giù dal letto. Si guardò attorno e un forte senso di vertigine si impossessò di lui nel ritrovarsi in un posto del tutto sconosciuto. Dovette aggrapparsi al baldacchino per non cadere.
Era talmente disorientato... ma aveva una necessità: trovare uno specchio.
Si fiondò verso la porticina davanti a lui, l'aprì e con sua somma gioia constatò che si trattava del bagno. Sopra i lavandini c'era proprio un grande specchio.
Aveva raggiunto la stanza quasi di corsa, ma vi si addentrò con lentezza. Mano a mano che si avvicinava allo specchio cresceva dentro di lui la paura e la certezza che, qualunque cosa avesse visto riflessa in esso, non gli sarebbe piaciuta.
Quel corpo -il suo?- tremava convulsamente.
Ancora un passo e avrebbe visto il suo riflesso.
Coraggio Harry, che cosa vuoi che sia...”, si disse.
L'ultimo passo. Si vide.
Uno...
Due...
Tre...
Iniziò ad urlare.
Tutti i suoi incubi finivano sempre così. Quello, però, era solo l'inizio.
 
Quel giorno, l'intera torre di Grifondoro fu svegliata delle grida acute di Louis Tomlinson.


 
«Tutto questo non è reale, non è reale», continuava a ripeterlo da cinque minuti, ma il riflesso nello specchio rimaneva sempre lo stesso e continuava a farsi beffa di lui.
«Non è possibile, questo è solo un incubo. Devo svegliarmi... Svegliati, svegliati, svegliati!», ma restava tutto com'era.
Gli occhi azzurri di Louis Tomlinson lo fissavano disperati da dentro lo specchio -ma quella era la sua disperazione- e Harry non riusciva a staccare gli occhi da quell'immagine tanto sbagliata.
Portò le mani ai capelli, ma non trovò in essi il conforto morbido che cercava.
«Questo non può essere reale... Non può, non può, non può!», anche la sua voce era quella di Louis Tomlinson e non coincideva più con quella che parlava dentro la sua testa.
Era un incubo, non poteva essere diversamente...
Per qualche ragione l'incontro con Louis Tomlinson gli era rimasto più impresso di quello che credeva, talmente tanto da sognarlo. Anzi, da sognare di essere lui.
«Fra poco mi sveglierò e allora sarà tutto normale e sarò di nuovo io e-»
Qualcuno bussò alla porta.
Harry raggelò.
«Louis!», esclamò una voce familiare.
«Louis!», disse di nuovo la voce. Liam Payne, suggerì il cervello di Harry -o quello di Louis?
«Lou, si può sapere cos'hai da urlare tanto alle sette del mattino? Ti avranno sentito perfino nei sotterranei!», ecco, quello era il posto dove sarebbe dovuto essere, i sotterranei! E invece...
«E' un incubo, solo un incubo», ripeté.
«Smettila di blaterare ed esci dal bagno, serve anche a noi!», disse Payne da fuori. La sua presenza faceva sembrare tutto molto più reale...
«Vattene!»
«Io devo andare in bagno!»
«Vattene!», ripeté con voce rotta. Era sul punto di piangere, piangere disperatamente.
«Ma stai piangendo?»
«No...» “Sì, accidenti!”, il riflesso di Louis Tomlinson sgorgava lacrimoni dagli occhi.
«Avanti, cos'è successo?»
«E' un disastro...», rispose, più a se stesso che all'altro.
«Non essere melodrammatico!»
«E' un incubo...»
«Ti è venuto un altro brufolo?», chiese Payne. E così Louis Tomlinson era uno di quelli che disperava per un brufolo. Avrebbe preferito non saperlo. E avrebbe preferito che quel sogno fosse meno dettagliato, così era troppo vero...
L'unica risposta che uscì dal bagno fu un altro verso disperato.
Liam si arrese, per il momento, e se ne andò dicendo «Tanto fra un po' passa». Quanto sperava che avesse ragione...
Harry continuò a fissare quel riflesso tanto sbagliato nello specchio e più passava il tempo più aumentava la consapevolezza della gravità della cosa. Qualsiasi essa fosse.
Continuava a sperare che fosse un brutto sogno, un qualche strano scherzo della sua mente malata dovuto ai fatti del giorno precedente. Però sapeva che se non si fosse svegliato al più presto avrebbe dovuto fare qualcosa. Vivere l'incubo.
Ma come poteva affrontare quella situazione?
Innanzitutto doveva analizzare il problema. Aveva il corpo di Louis Tomlinson e la mente di Harry Styles. Semplice. Assurdo.
Aveva il corpo di un altro, qualcuno che a malapena conosceva e che detestava. Per il resto, però, si sentiva bene, per quanto incredibile, come se non avesse mai calzato nessuna pelle all'infuori di quella attuale. Anche se non fosse stato un incubo -e lo era, non c'erano alternative- quello che gli stava succedendo era completamente inspiegabile nella realtà.
E se... E se fosse impazzito? Se quella fosse solo la definitiva dipartita della sua sanità mentale? Sapeva che un giorno sarebbe successo... Ma perché convincersi di essere Louis Tomlinson?! Non aveva senso, nemmeno per un folle. Nemmeno per lui.
No, non era impazzito, non ancora. Doveva esserci sotto qualcos'altro.
Allora iniziò a considerare che forse non era pazzo e quello non era un incubo. O almeno, non stava sognando, che quello fosse un incubo -reale o meno- era certo.
Ma se era reale... se Harry era davvero nel corpo di Louis Tomlinson, perché era successo? Come? Quando?
Ma era un'altra la domanda che iniziò a martellargli prepotentemente nella testa.
«Se io sono qui...», sussurrò al ragazzo nello specchio, «lui dov'è?»
Gli venne in mente un'unica risposta.




Liam Payne era abituato alle stranezze del suo compagno di stanza, nonché migliore amico, Louis Tomlinson, perciò quando quel 14 settembre l'aveva svegliato -assieme ad altra mezza Hogwarts- con un urlo assordante e poi si era chiuso in bagno a piangere, non si era preoccupato troppo.
Quando però lo vide uscire di corsa dal bagno, ancora in pigiama, con i capelli in disordine e con tutta l'intenzione di uscire dalla stanza in quello stato, allora iniziò a preoccuparsi.
«Dove staresti andando tu?», lo fermò afferrandolo per una manica, perché aveva l'impressione che se non l'avesse fatto quello sarebbe uscito comunque.
Louis si voltò e lo guardò con espressione sconvolta e allarmata.
«I-io dev-! Devo trovare Tomlin- io...», delirò. Okay, forse era davvero il caso di preoccuparsi.
«Che?»
«Devo andare...»
«E dove?»
«Devo trovare...»
«Chi?»
«Devo salvarmi», affermò serissimo. Sembrava fuori di testa.
Liam rimase a fissarlo impensierito. «Ma stai bene?».
«No...»
«Posso fare-»
«No! Io devo, devo...», era di nuovo sul punto di piangere.
«Facciamo così, adesso tu ti calmi, ti vesti, poi andiamo in sala grande e dopo fai quello che devi fare, va bene?». Louis lo guardò sorpreso, poi spalancò gli occhi umidi di lacrime e annuì.
Liam seguì l'amico mentre si allontanava e si avvicinava al... «Lou, che stai facendo?», chiese.
Louis lo ignorò e spalancò il baule. «Lou, guarda che quello è il mio baule».
Louis arrossì vagamente, poi annuì e si guardò intorno, disorientato. Qualcosa spinse Liam a indicargli il baule corretto.
Ma che diavolo stava succedendo? Liam decise di restare a guardare, preoccupato ma anche vagamente incuriosito.
Pochi istanti dopo, un tempo davvero esiguo per i suoi standard, Louis dichiarò di essere pronto.
Payne lo esaminò dall'alto al basso. Diciamo che vestito era vestito, ma...
«Sei sicuro di voler uscire così...», tentò.
«Andiamo!»
«Pettinati almeno i capelli!».
«Tanto fanno schifo», rispose sorprendentemente l'altro. Louis adorava i suoi capelli, che problema avevano adesso?
«Ehm... E il cravattino?», era fissato con quel coso.
Evidentemente Louis non considerò l'argomento degno di considerazione e prima che Liam potesse impedirglielo era già uscito di corsa dalla stanza... entrando nel bagno. Tornò fuori qualche istante dopo, col viso tutto rosso.
«Be', andiamo?!», esclamò. Liam ebbe quasi la sensazione che gli stesse chiedendo di fargli strada...
«Andiamo», concesse rassegnato.




 
Arrivati in Sala Grande, Harry abbandonò Liam Payne e si fiondò verso il tavolo dei Serpeverde alla ricerca di sé stesso. In realtà non sapeva nemmeno se Louis fosse veramente nel suo corpo, era solo la cosa più logica da pensare in quella situazione illogica. E, intimamente, Harry preferiva pensare che ci fosse qualcuno al posto suo -anche quell'imbecille di Tomlinson- piuttosto che pensarsi abbandonato e inanimato da qualche parte, apparentemente morto...
Giunto in prossimità del tavolo ricevette molte occhiate poco amichevole, era il nemico adesso, ma nessuna di queste apparteneva a sé stesso.
Il suo corpo non era lì. Ma in fondo non ci aveva sperato troppo... Se Louis Tomlinson era davvero nel suo corpo allora era improbabile che andasse a cercare rifugio proprio al tavolo dei Serpeverde.
Harry si diresse verso l'uscita con tutta l'intenzione di trovare il suo corpo al più presto possibile. Se necessario sarebbe andato anche nei sotterranei a cercarlo, per quanto l'idea di quello che poteva trovare lo spaventasse.
Era talmente assorto nei suoi pensieri da non fare caso alla persona che gli stava venendo in contro. Le loro spalle entrarono in una brusca collisione, ma Harry non aveva tempo per fermarsi.
L'altro liquidò la cosa con un rapido «Scusa» e tirò dritto.
Harry invece si bloccò sul posto. Quella voce... quella era la sua voce!
Impedì allo shock di sopraffarlo, si girò e «A-aspetta!»
La figura davanti a lui, la sua figura, si fermò all'istante. Poi, lentamente, con lo stesso timore che attanagliava Harry, si voltò.
E Harry si ritrovò davanti a sé stesso.
Dalle sue vecchie labbra sfuggì un fievole: «O mio Dio...»
Rimasero a fissarsi, immobili, per molti minuti, entrambi troppo sconvolti per parlare.
Poi il primo a ritrovare la parola fu Louis, cioè Harry, cioè Louis che era dentro il corpo di Harry, forse.
«Tu sei... sei...», tentò con poca efficacia, «Be', diciamo che io sono Louis», concluse infine, lanciandogli un'occhiata cauta.
Harry annuì nervosamente. Louis lo imitò, forse inconsciamente, e si ritrovò i ricci davanti agli occhi. Lì spostò con un gesto nervoso, poi disse: «Quindi tu...»
«Quello è il mio corpo», confermò Harry ignorando il nodo nella gola di Tomlinson.
«E quello», Louis gli puntò il dito addosso, «è il mio».
Harry deglutì rumorosamente, ma la sua nuova gola non sembrava volergli dare pace.
«Sai... Sai cosa ci sta succedendo?», chiese allora, con la voce graffiata di Louis Tomlinson.
«Vorrei tanto saperlo, ma no, non ne ho idea... E' così assurdo», chissà se anche lui aveva dato di matto quando aveva realizzato chi era... «Quando mi sono svegliato questa mattina», continuò, «ero nei dormitori di Serpeverde ed ero in questo corpo. E' stato orribile».
Harry comprendeva perfettamente.
«Non... Non riesco a capire cosa stia succedendo», sbottò il Grifondoro alzando di poco la voce di Harry -per fortuna non c'era nessuno lì intorno-, «Io mi sento... mi sento me stesso, cioè, penso i miei pensieri come sempre, ma sento anche queste mani», disse agitandole nell'aria, «e vedo con questi occhi che non sono i miei e...»
«...Non ha senso», concluse Harry.
«No, non ce l'ha».
Dopo qualche secondo di silenzio: «Senti... Non è che hai dato fastidio a qualcuno?», domandò Harry con la voce debole di Louis.
«Cos- che vuoi dire?»
«Intendo, è possibile che qualcuno abbia voluto farti uno scherzo?»
«Stai... Stai dando la colpa a me per questa cosa?!», l'espressione sul vecchio viso di Harry era indignata.
«No... Però è una possibilità.»
«E non è una possibilità che qualcuno abbia voluto fare uno scherzo a te
«Nessuno ne avrebbe avuto motivo», sbrigò. Era praticamente un fantasma in quella scuola. Chi avrebbe mai voluto fare un dispetto ad un fantasma?
«Io ne avrei avuti un paio, di motivi, visto come ti sei comportato ieri», insinuò Tomlinson.
Harry senti le guance di Tomlinson arrossire un poco al posto suo.
«Quindi sei stato tu?»
«No! Perché mai avrei mai dovuto fare una cosa del genere?!», già, in effetti non gli conveniva. «In realtà non capisco nemmeno perché qualcun altro avrebbe dovuto farlo. Insomma, non è divertente...»
Sì, come scherzo era decisamente esagerato.
«Tu pensi davvero che ci siamo scambiati in qualche modo? Tipo, scambio di menti? O di anime? o qualcosa del genere?», Harry si sentiva un idiota a dire certe cose e la voce ridicola di Louis Tomlinson non aiutava.
«Non lo so... Non conosco nessun incantesimo che faccia una cosa simile, ma potrebbe anche esistere... Però, ecco, non è detto che sia proprio il nostro caso. Forse, forse c'è un'altra soluzione...»
«Vale a dire?»
«Ehm... Ecco... Pozione Polisucco!», esclamò, «Sì, avrebbe senso. Potrebbero avercene nascosta un po' nei nostri calici ieri sera. E questo significherebbe che in realtà noi siamo sempre noi, ma siamo trasformati l'uno nell'altro! In questo modo entro qualche ora dovremmo tornale normali, entro 'sta sera al massimo!», disse convinto.
«E come ci saremmo arrivati nei rispettivi dormitori?»
L'espressione soddisfatta di Louis crollò come un castello di carta. Insieme alla sua teoria.
«Potrebbero... averci trasportati...», era improbabile, lo sapeva anche Tomlinson, ma la Pozione Polisicco era un'opzione più rassicurante delle altre.
«Mmm, potrebbe essere...», disse Harry senza convinzione e piuttosto che continuare quella farsa preferì cambiare argomento: «Senti, che cosa facciamo adesso? Pensi che dovremmo, chessò, chiedere aiuto?»
L'altro impiegò qualche istante a trovare una risposta. «E se provassimo ad aspettare?»
«Aspettare? Aspettare che cosa
«Di vedere come va. Se è davvero solo uno scherzo di cattivo gusto allora è meglio risolvercela tra di noi. Tanto tra poco passerà». Lo disse con sicurezza. Ma Harry conosceva sé stesso, e sapeva che nei suoi vecchi occhi verdi al momento c'era solo tanta paura. Come in quelli di Louis Tomlinson, i suoi al momento.
In ogni caso, Harry annuì. Non era la scelta più saggia ma finché non era costretto ad attirare l'attenzione dei professori su di lui, allora andava bene. «Quindi cosa proponi di fare?»
«Direi che dovremmo cercare di non dare nell'occhio. Comportiamoci come sempre», disse il Grifondoro.
Harry gli lanciò un'occhiata scettica. E Tomlinson alzò gli occhi al cielo. Gli occhi di Harry.
«Intendevo dire, tu fingi di essere me e io fingo di essere te. Tu seguirai le mie lezioni e io le tue. Poi a pranzo ci aggiorniamo, fatti trovare qui davanti. E' semplice».
No, ad Harry non pareva affatto semplice.
«Non mi sembra una grande idea...»
«Senti, non so tu, ma se io non mi facessi vedere in giro la gente si preoccuperebbe. Liam sicuramente lo avrà già fatto vedendo come ti sei vestito -Dio, chissà cos'ha pensato!- quindi non voglio creare ulteriore casino, non per un incidente di qualche ora».
Tralasciando il fatto che quelle parole erano vagamente offensive nei suoi confronti e tralasciando l'eccessiva positività di Tomlinson -e tralasciando anche il fatto che quel tipo gli faceva saltare i nervi- Harry vedeva fin troppi problemi in quella proposta.
«Io non penso che funzionerebbe. Come hai gentilmente fatto notare non sono molto credibile nei tuoi panni. Non pensi che la gente penserebbe... male?»
Il ragazzo sembrò seriamente considerare la cosa, poi scosse la testa facendo ondeggiare i ricci di Harry ancora una volta, e disse: «L'importante è fare presenza», poi gli lanciò un gran sorriso di incoraggiamento. Harry rabbrividì. Non vedeva un sorriso del genere sulla sua faccia da... tanto, tanto tempo.
«Sarà un disastro...», borbottò.
«Probabile, ma tentare è meglio che non fare niente. Non lasciamo che questa cosa ci condizioni troppo la vita».
Forse Louis Tomlinson aveva ragione. O forse era solo un incosciente.
Harry annuì, ma a malincuore e le ragioni del suo risentimento erano ben diverse da quelle che aveva ammesso. Non gliene importava nulla della credibilità di quel Grifondoro. Quello di cui aveva paura era... la sua vita. La vita di Louis Tomlinson era esattamente ciò che Harry aborriva. E ritrovarcisi invischiato in mezzo non era una prospettiva allettante.
Ma se c'era una cosa che lo spaventosa di più del dover vivere la vita di Tomlinson era sapere che lui avrebbe dovuto vivere la sua.
«Se tu dovrai fingere di essere me», disse allora, «dovrai fare come dico io».
«Ah sì?», il tono di Tomlinson non sembrava collaborativo.
«Non devi parlare con nessuno, hai capito? Nessuno. Se qualcuno ti chiede qualcosa, ignoralo. Se c'è qualche pensiero che senti di dover condividere col mondo, tientelo per te. Non. Aprire. Bocca».
«Sai, io sono sempre stato un tipo loquace, potrebbe essere difficile per me...», sul vecchio viso di Harry c'era un bel sogghigno soddisfatto.
«Senti, so che non siamo partiti col piede giusto... Ma ora sei me, quindi come minimo mi devi questa-»
«Anche quando qualcuno si presenta, l'altro dovrebbe presentarsi a sua volta, è sempre una questione di dovere», cantilenò.
Harry era basito. Lui... lui... ce l'aveva ancora perché non si era presentato il giorno prima?! Erano in situazione assurda e Tomlinson pensava a quella stupida discussione?!
«Q-questo è completamente diverso!»
«No, invece.»
«Per piacere, questa giornata fa già abbastanza schifo, non ho voglia di fare anche questi giochetti, dimmi solo che-»
«Dimmi come ti chiami e io farò tutto quello che hai chiesto, sarò muto come un pesce», mimò il gesto di serrare le labbra con una cerniera invisibile.
Harry lo sapeva che avrebbe dovuto dirgli il suo nome e farla finita una volta per tutte, ma continuava a nutrire quella incondizionata avversione per Louis Tomlinson che lo consigliava diversamente... stupidamente.
«No, non te lo dico», disse infatti. E ora era lui lo stupido.
«Ma- ma-», la sua espressione delusa fu una gioa per Harry, «Ti rendi conto che in questo modo non so qual è il mio nome attuale? Se fingo di essere te e qualcuno mi chiamasse non me ne accorgerei nemmeno!»
Quello in effetti poteva essere un problema...
«Stai all'erta, lo capirai».
«Tu-»
La voce di Harry, e con essa la protesta di Louis, fu interrotta dal trillare ronzante della campanella. Entro 10 minuti sarebbero cominciate le lezioni. Entro 10 minuti avrebbero dovuto affrontare una vita che non era la loro.
Rimasero a fissarsi con gli occhi pieni di sconforto. Occhi così familiari l'uno all'altro, eppure così nuovi. Ogni discorso precedente improvvisamente dimenticato.
Introno a loro iniziò a sciamare una moltitudine di gente che dalla Sala Grande si apprestava a raggiungere le aule. Presto lo avrebbero fatto anche loro. Troppo presto.
Harry si avvinò un po' più a sé stesso e disse, piano, «Sei sicuro di voler fare questa cosa? Io non so se...»
Sorprendentemente, Louis gli sorrise. Era un sorriso semplice e gentile. Ancora più fuori luogo sulla faccia di Harry...
«Non preoccuparti, andrà tutto bene. Davvero», disse Tomlinson.
Per qualche strana ragione, Harry aveva quasi voglia di credergli.
«Per quanto riguarda le mie lezioni», riprese Louis, «ti basterà seguire Liam per sapere dove devi andare. Puoi anche prendere in prestito una delle sue penne, tanto lo faccio sempre».
Harry annuì e poi: «Le mie lezioni invece... alla prima ora ho storia della magia, e direi che non ti serve niente, ma dopo sarebbe meglio se andassi in dormitorio a prendere i libri e gli orari. Trovi tutto nel baule in fondo al letto», Harry ignorò il disagio nel pensare che qualcuno avrebbe frugato nel suo baule, «Ah, nel caso non te lo ricordassi, il mio letto è quello in fondo alla camera», quello in disparte rispetto agli altri.
Louis lo ascoltava con attenzione, dimostrandosi apparentemente più collaborativo di quanto Harry avesse temuto.
In quel momento un'altra campanella annunciò l'inizio delle lezioni Era davvero ora di andare. Harry si sentì prendere dal panico.
No, non poteva farlo. A mala pena riusciva a sostenere la propria vita! come avrebbe mai potuto farlo con quella di un estraneo? Un estraneo che detestava, fra l'altro, che rappresentava tutto ciò che non voleva essere, che lo guardava dall'alto in basso come se fosse il re del mondo. No, non poteva farlo, non faceva per lui, non-
Una mano si appoggiò sulla sua spalla riscuotendolo. Harry sollevò lo sguardo azzurrino e si perse nei suoi vecchi occhi verdi.
«Hey, stai tranquillo, okay? Te l'ho detto, andrà tutto bene. Dobbiamo solo mantenere la calma per il momento e non lasciare che questo casino prenda il sopravvento. E lo so che è un casino! Fa paura anche a me, non sai quanta... ma dobbiamo provare a resistere, hai capito? Non otterremo niente se ci facciamo prendere dal panico».
Harry annuì impercettibilmente. Louis gli sorrise, ancora quel sorriso fuori posto, poi: «Vedila così, tu sei in vantaggio, almeno sai il tuo nome», disse ammiccando.
Louis Tomlinson, lo stesso ragazzo stronzo che aveva incontrato il giorno prima in biblioteca, stava cercando di... tirargli su il morale? Se così era, ecco, forse ci stava anche riuscendo.
Harry non riuscì a fermare le labbra di Louis e, pur senza volerlo, si ritrovò un piccolissimo sorriso arricciato nel angolo della bocca. Tomlinson lo dovette interpretare come un buon segno perché lo guardò soddisfatto e poi lasciò andare la presa sulla sua spalla. Solo quando la sua mano era già scivolata via Harry si accorse di non aver provato nessun fastidio per quel tocco.
«Penso che ora dovremmo andare», osservò Louis Tomlinson senza alcun entusiasmo.
Harry continuava a non volerlo fare. Ma l'avrebbe fatto. Avrebbe affrontato quell'ennesimo incubo, perché... be', in realtà non sapeva bene il perché, ma sospettava che Louis Tomlinson centrasse parecchio in quella scelta.
Sospirò.«Va bene. Andiamo, ci vediamo qui più tardi».
Tomlinson annuì nervosamente e poi... «Tanto per fartelo sapere», disse, «io sono ben educato e quindi farò come mi hai detto di fare: non parlerò con nessuno. Anche se non so come ti chiami».
Harry rimase spiazzato da quelle parole e ci mise qualche istante di troppo per sussurrare un flebile «Grazie...», fu anche sul punto di dirgli il proprio nome, ma Tomlinson gli aveva già dato le spalle.
Harry rimase qualche secondo a fissare il proprio corpo che se ne andava. Si disse per l'ennesima volta che era assurdo. Poi partì alla ricerca di Liam Payne.
 










Anticipazioni:

«Quindi mi stavi solo prendendo in giro? Quando hai detto che avresti fatto come ti ho chiesto in realtà non te ne importava nulla, vero?»











Angolo dell'autrice:

Salve. Ecco il secondo capitolo. La storia è ufficialmente partita. Cosa ne pensate?
Ci tengo a ringraziare tanto le persone che hanno messo In your skin tra le seguite e ringrazio tutti coloro che l'hanno letta e che continueranno a farlo.
Ricordo che sono disposta a chiarire eventuali dubbi e accetto i pareri altrui, quindi: non abbiate paura a lasciare una recensione!

Un saluto,
Costanza. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo Revisionato al 18/11/2014

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Capitolo 3
*** Una giornata da dimenticare ***






..In your skin..











Una giornata da dimenticare (o mille ragione per rimpiangere la propria vita
 
Era venuto fuori che la vita del moccioso Serpeverde di cui aveva le sembianze era a dir poco noiosa e totalmente priva di qualsiasi input dal mondo esterno. Meglio così, meno problemi per lui, si era detto.
Peccato che quella vita non fosse proprio fatta per Louis... Louis non sapeva nemmeno chi fosse il ragazzo di cui aveva l'aspetto, non lo aveva nemmeno mai visto prima del giorno precedente, ma una cosa di lui ora la sapeva: aveva seri problemi di socializzazione. Camminava per i corridoi e la gente non si accorgeva della sua presenza. Era praticamente invisibile. Per Louis era insopportabile. Era abituato ad essere circondato da persone, ad essere cercato da loro, ad avere sempre qualcuno con cui parlare, ad attirare gli sguardi altrui mentre passava.
Quella vita nell'ombra non gli piaceva... Non gli piaceva il silenzio, né la solitudine. E non capiva come potessero piacere a quel ragazzo.
 
Arrivato all'ingresso che portava alla Sala grande, in un angolo riconobbe una figura familiare, la sua. Il ragazzo senza nome incastrato nel corpo di Louis si guardava attorno con aria impaziente e ansiosa.
Louis si schiarì la gola per attirare la sua attenzione e l'altro si voltò istantaneamente.
«Sei in ritardo», lo salutò.
Era così strano dover parlare con se stesso... «Ciao anche a te. E ho tardato perché il professore di pozioni ci ha trattenuto», spiegò Louis.
All'altro non doveva poi importare tanto, perché lasciò subito perdere l'argomento. «Com'è andata?», chiese.
Mano a mano che Louis gli si avvicinava riusciva a cogliere sempre più nitidamente il cipiglio preoccupato sulla sua vecchia fronte.
«E' andata bene», annunciò.
Il ragazzo lo guardò sospettoso.
«Bene in che senso?»
Louis alzò gli occhi al cielo. «Nel senso che non è stato difficile non parlare con nessuno dal momento che nessuno mi rivolgeva la parola».
Il Serpeverde abbassò lo sguardo. «E poi dicevi che io ero in vantaggio...»
«E' andata tanto male?»
«Abbastanza...», dopo aver vissuto qualche ora al posto suo, Louis poteva immaginare che la propria vita potesse essere stata un po' troppo per lui.
«Capisco... Ma è tutto a posto, giusto?»
«Credo che i tuoi amici pensino che tu sia impazzito. Ma a parte quello, direi che è tutto a posto».
«Non è nulla che non possa risolvere io», disse sfoggiando un bel sorriso. Il Serpeverde lo guardò esterrefatto. In realtà lo faceva ogni volta che sorrideva.
«Cambiando argomento, c'è una novità», annunciò.
«Hai scoperto che cosa ci sta succedendo?!», sul suo vecchio viso si dipinse un'espressione speranzosa.
«Purtroppo no», ammise, «Ma ho scoperto una cosa interessante, caro il mio Styles».
Il ragazzo raggelò.
«C-come hai fatto a scoprirlo?»
«Ecco, questo non so se vuoi saperlo...», fece Louis.
«Di che stai parlando?»
«Vedi, ero a pozione e ammetto che forse non ero troppo attento, ma quando il professore si è messo a chiamare un certo Styles, come potevo sapere che stesse chiamando proprio me?!»
«Continua».
«Dopo un po' mi sono accorto che stava guardando proprio me, cioè te. Anzi, in realtà mi stavano guardando tutti... Mi ha fatto la ramanzina e... mi ha dato un tema di punizione da scrivere per la settimana prossima», confessò.
Il Serpeverde, Styles qualcos'altro -il nome ancora non lo aveva scoperto-, lo stava a dir poco fulminando con lo sguardo. Louis non sapeva di poter sembrare tanto minaccioso.
«Fortuna che era andata bene...», sibilò Styles.
«Poteva andare peggio», puntualizzò Louis.
«Peggio di così?!».
«Signor Styles, lei sa meglio di me che ci sono cose ben peggiori di un tema nella vita», quelle parole furono fin troppo efficaci, perché il ragazzo si incupì tutto d'un tratto. Louis decise che quell'espressione non era fatta per stare sul suo viso.
«Senti, non è che potremmo andare a pranzo?», propose, «Ho una fame allucinante.»
Il malumore di Styles sparì del tutto per lasciare il posto a qualcosa che sembrava molto simile a... imbarazzo?
«Io prima... dovrei fare una cosa...», sussurrò con la vocetta di Louis.
«Che cosa?»
«Ecco... Io dovrei...»
«Si?»
Le guance del corpo di Louis arrossirono un po'. «Ho un certo bisogno...».
Louis iniziò ad intuire, ma era troppo divertito dall'imbarazzo dell'altro per venirgli in contro. «Scusa, ma non capisco», fece dunque.
«Io devo...»
«Devi?»
«Devo andare in bagno», lo confessò come se fosse una cosa terribile.
«E allora perché non ci vai?»
«Ci vado... solo... posso?», domandò Styles, arrossendo ancor di più. Louis non sapeva se fosse giusto divertirsi così tanto davanti alla propria faccia in imbarazzo. Non se ne preoccupò troppo.
«Mi stai chiedendo il permesso di mettere le mani nelle mie mutande?»
Sbiancò. «No! Cioè...», tentò.
«Styles, siamo due maschietti, lo sai? Non hai bisogno del permesso per toccare la mia roba. Io non mi sono fatto tanti problemi», spiegò Louis. Styles sobbalzò.
«Vuoi dire che tu hai già...?»
«Controllato la mercanzia? Certo!», concluse Louis facendogli l'occhiolino.
Harry lo guardò disgustato e ancora un po' imbarazzato.
«Non fare quella faccia», lo rimproverò Louis, «Non hai niente di cui vergognarti, sei messo piuttosto bene per la tua età».
«M-ma che...»
«Non ho potuto non farci caso, scusa. Sai, questa mattina quando mi sono alzato, fra i vari traumi che ho dovuto affrontare ce n'era uno particolarmente vivace nei boxer», spiegò Louis.
«Stai scherzando spero?!», Styles era al culmine della vergogna, la voce squillante di Louis aveva raggiunto un picco di altezza.
«Assolutamente no. Ma ti assicuro che in tutta quella situazione un'erezione mattutina era la cosa più normale», ovviamente stava mentendo, se anche ci fosse stata un'erezione mattutina tra le sue gambe sarebbe stata l'ultima delle sue preoccupazioni, ma la reazione del Serpeverde al sentire la parola "erezione" era impagabile, aveva letteralmente sobbalzato.
A quel punto Louis ritenne di averlo preso in giro a sufficienza. «Tu non avevi una vescica da svuotare?», gli ricordò.
Styles colse al volo la possibilità di interrompere quell'imbarazzante conversazione e si diresse nel bagno più vicino. Louis lo seguì e lo aspettò fuori dalla cabine delle toilette mentre sbrigava i suoi affari.
Quando Styles uscì dalla cabina si diresse ai lavandini per lavarsi le mani, gli passò accanto senza nemmeno guardarlo -piccolo snob- però poi disse: «Hai detto che il professore di Pozioni mi ha dato un tema di punizione. Qual è l'argomento?»
«Quello dell'ultima lezione.»
Styles gli lanciò un'occhiataccia attraverso lo specchio di fronte a lui. «E io come dovrei fare a conoscerlo?» Che strano, guardandosi dentro allo specchio sembravano quasi quelli sempre...
«Ehm...», Louis frugò nelle tasche e ne estrasse un foglio ripiegato, poi lo consegnò alle sue vecchie mani.
«Cos'è?», chiese Styles.
«Gli appunti della lezione. Il tuo compagno di banco è stato davvero molto gentile e me li ha offerti», spiegò con tranquillità
«Che cosa?!», il Serpeverde non era altrettanto tranquillo...
«Sì, ecco, il tuo vicino di banco, Niall, ha visto che non avevo preso appunti e mi ha chiesto se volevo i suoi e... ho accettato?»
«Tu... Ti avevo detto di non parlare con nessuno!», il ragazzo sembrava piuttosto incazzato.
«Ma era per una buona causa», aveva dovuto in qualche modo rimediare alla punizione.
«Non importa. Io ti avevo chiesto-»
«Avresti preferito che lasciassi le cose come stavano? Ho solo cercato di aiutarti!»
«Io non volevo il tuo aiuto! Tu non avevi nessun diritto di...»
«Di aiutarti? Senti, non so quale sia il tuo problema, ma non è cascato il mondo anche se hai detto due parole a qualcuno».
Styles boccheggiò, forse a corto di parole. E poi sussurrò qualcosa, ma la sua voce era talmente sottile che Louis non riuscì a capirlo. L'espressione affranta sul suo vecchio volto gli mise dentro una strana tristezza. Cristo, era troppo sopportare tutto quello in una sola giornata...
Louis prese un respiro profondo, poi: «Senti, non voglio farti incazzare ancora, ma devo dirti un'altra cosa. E penso che non ti piacerà nemmeno questa», doveva proprio dirglielo? Cosa gli assicurava che il Serpeverde non gli avrebbe puntato la bacchetta contro? Louis scosse la testa ricciuta, come per scacciare quei pensieri. Non aveva certo intenzione di farsi spaventare da quel ragazzetto.
«Niall Horan, dopo avermi dato gli appunti, mi ha chiesto se volevo, se volevi, andare alla sua festa di compleanno, questo venerdì. E io, d'istinto, gli ho detto sì...»
Styles lo guardava con gli occhi azzurri sgranati. Per un attimo Louis temette che si sarebbe messo a piangere. Ma poi il Serpeverde parve riscuotersi e gli rivolse il suo consueto sguardo carico d'odio.
«Quindi mi stavi solo prendendo in giro? Quando hai detto che avresti fatto come ti avevo chiesto in realtà non te ne importava nulla, vero?»
«Cosa? No!»
«Eppure non credevo di averti chiesto molto, volevo solo che lasciassi la mia vita come stava...»
«Eddai, non prenderla così sul tragico, non è successo niente di grave. Puoi liberamente non andarci a quella fest-»
«Non è questo», Styels scosse la testa nervosamente, «Non è- No, niente, lascia stare».
«Posso provare a rimediar-»
«Ti ho detto di lasciare stare!»
Louis lo guardò intimorito. «Okay, va bene.»
«Faremmo meglio ad andare a magiare prima che sia troppo tardi.»
«Sì, certo...», concordò mestamente, «e quando finiscono i corsi troviamoci in biblioteca. Tu segui sempre Liam e non avrai problemi. E' un po' pesante a volte, ma è un buon amico.»
«Okay», Styles non gli concedette un altro guardo. Si fiondò fuori dalla porta e l'attimo dopo Louis rimase da solo. Fissò il riflesso del corpo estraneo nello specchio e non poté fare a meno di chiedersi che razza di problema avesse quel ragazzo.
Solo più tardi pensò che la sua preoccupazione sarebbe dovuta essere un'altra. Tipo il fatto che lui, al momento, fosse ancora quel ragazzo.



 
Il professor Vitius continuava imperterrito a spiegare la sua lezione. Harry, disperato com'era, ci aveva anche provato a stare attento. Avrebbe fatto di tutto pur di non pensare a quella giornata infernale che stava vivendo. Ma come poteva dimenticare di essere nel corpo di Louis Tomlinson se era ancora nel corpo di Louis Tomlinson? Viveva dentro il memento della sua condanna, era un po' impossibile ignorarlo.
Quindi aveva rinunciato ad ascoltare Vitius da almeno dieci minuti, anche perché il programma del settimo anno era un po' fuori dalla sua portata. Lo era anche quello del quinto, a dirla tutta.
La sua mente non faceva che rivivere in un ciclo infinito gli eventi di quella giornata, partendo dal tragico risveglio nella torre di Grifondoro fino ad arrivare alla scenata che aveva fatto in bagno. Harry sapeva di aver esagerato, con quella scenata, non avrebbe mai dovuto prendersela così tanto e sopratutto non avrebbe dovuto lasciare che Tomlinson lo vedesse in quello stato. Sapeva che non era la fine del mondo se Tomlinson aveva parlato con Niall Horan al posto suo. Bastava che la cosa non si ripetesse più. Ma quando gliel'aveva detto, Harry era così esasperato e spaventato da tutto quello che stava succedendo che proprio non era riuscita a mantenere la calma.
Aveva fatto la figura del debole, dello stupido. Aveva dimostrato che non era in grado di... Era crollato dopo mezza giornata! Tomlinson invece sembrava imperturbabile, spaventato anche lui, certo, ma perfettamente padrone di sé stesso. O della sua mente, quanto meno. Harry sentiva quasi di invidiarlo...
«Signor Tomlinson, ha intenzione di prestare attenzione alla lezione quest'oggi?» Harry impiegò qualche istante a realizzare che il professore stava parlando con lui. Cazzo, questa non ci voleva...
«Ehm, si, ci sono»
«Mi fa piacere saperlo. Ora, se non le dispiace troppo, perché non esegue per la classe l'incantesimo?», no, no, no...
«Ehmm, quale incantesimo?»
«Quello di cui stiamo parlando da almeno mezz'ora», spiegò seccato il professore, «Payne, rinfreschi la memoria al suo vicino di banco e gli mostri come eseguire l'incantesimo.»
Liam Payne gli lanciò un'occhiata interrogativa e preoccupata, ma poi fece come il professore aveva detto, prese la bacchetta, la puntò contro la sua penna d'oca e «Gemino!», esclamò. L'istante successivo c'erano due penne quasi identiche una accanto all'altra, la copia era solo appena più piccola e sfilacciata dell'originale .
«Non male signor Payne! Non male! Ora tocca a lei, Tomlinson, ci faccia vedere cosa sa fare.»
No, Harry non poteva farlo. Una cose del genere andava ben oltre le sue possibilità. Un incantesimo come quello era troppo complicato per lui, come minimo gli sarebbero serviti molti giorni di studio per ottenere qualche risultato e niente di buono come quello ottenuto da Liam Payne. Normalmente il professor Vitius concedeva ad Harry il tempo necessario per studiare gli incantesimi, ma c'era un problema al momento: lui non era Harry. Era Louis Tomlinson e il mondo si aspettava grandi cose da lui.
«Allora, ha intenzione di muoversi signor Tomlinson?», Harry si trattenette dal guardarlo male.
Con mano tremante raggiunse la bacchetta allacciata in vita -per fortuna si era ricordato di prenderla con sé quella mattina- e la estrasse. Sentiva gli occhi di tutti puntati su di lui. Era una sensazione così opprimente... Avrebbe solo voluto scappare, fuggire lontano da quella vita che non gli apparteneva. Ma non poteva, perché non era quello che Louis Tomlinson avrebbe fatto.
Allora si concentrò con tutte le sue forze, studiò la sua penna e ogni suo dettaglio da riprodurre, sentì la magia scorrere dal suo corpo alla bacchetta e ripeté mentalmente l'incantesimo una decina di volta, come un mantra. E infine: «Gemino!» esclamò, poi serrò gli occhi, senza il coraggio di vedere che cose avesse combinato.
Per un attimo ci fu il silenzio. E infine... «Eccellente signor Tomlinson! Una copia perfetta!»
Esterrefatto, Harry spalancò gli occhi celesti di Louis. E si rese conto che il professore diceva il vero: accanto alla penna originale ce n'era una identica, dalle stesse precise dimensioni, con ogni filamento perfettamente uguale a quelli della prima.
Incredibile. Harry era senza parole. Aveva eseguito un incantesimo alla perfezione e al primo colpo. Non gli era mai successo, mai in tutta la sua vita, mai aveva sentito scorrere la magia fuori dalla bacchetta con tanta facilità, mai la magia aveva obbedito alle sue richieste con tanta precisione.
«Il fatto che sia tanto portato per la mia materia non le concede, tuttavia, di pensare ad altro durante la mia lezione. La prossima volta che la trovo disattento sarò costretto a metterla in punizione, mi ha capito Signor Tomlinson?»
Harry annuì debolmente, ancora troppo scosso da quanto successo per dare peso a quelle parole.
Era stato così bello sentirsi per una volta perfettamente in contatto con la magia. La sensazione che aveva provato era così piacevole e giusta. Se solo fosse andata sempre in quel modo... Ma non poteva. Non poteva perché Harry non ne era in grado.
Quello che era successo non era merito suo. Se quell'incantesimo era riuscito tanto bene era tutto merito del corpo e della magia di Louis Tomlinson che Harry aveva preso in prestito. Louis Tomlinson era quello bravo a fare incantesimi, non Harry. Harry rimaneva il solito incapace.
Era quasi buffo, per tanti anni si era chiesto come fosse essere un mago normale, che cosa si provasse nell'avere una magia e un corpo che fossero perfettamente compatibili. E ora lo sapeva. Lo sapeva e capì che avrebbe preferito non saperlo, perché quando sarebbe tornato nel suo corpo la consapevolezza di ciò che non poteva essere sarebbe diventata ancora più dilaniante.
 
 
 
 
Finita la lezione, l'ultima per quella giornata, Louis Tomlinson fu il primo ad alzarsi, a raccogliere la cartella e a dirigersi fuori dall'aula con estrema fretta.
Ma Harry non aveva fatto i conti con Liam Payne...
«Dove staresti andando tu?»
«In biblioteca», rispose senza smettere di camminare. Payne gli stava alle calcagna.
«E da quando in qua vai in Biblioteca?», dal quel tono Harry intuì che Louis Tomlinson non doveva essere un assiduo frequentatore del luogo. A differenza sua.
«Ci vado quando ne ho bisogno.»
«E allora ti conviene fare in fretta quello di cui hai bisogno, perché fra mezz'ora inizia l'allenamento.»
Quello riuscì a fermare la sua camminata frenetica.
«Che cosa?»
«Non dirmi che te ne sei davvero dimenticato?! E' una settimana che te lo ripeto, oggi iniziano gli allenamenti di Quidditch!», esclamò Liam Payne.
«E io cosa centro...?», chiese intimorito. Tomlinson non poteva essere anche una maledetto giocatore di Quidditch!
«Stai scherzando, vero?», Payne sembrava piuttosto irritato.
«Ehm...»
«Si può sapere dove hai la testa oggi? Lou, mi stai facendo preoccupare!»
Harry pensò di prendere la palla al balzo: «Lo so, scusa P- Liam... Credo di non stare troppo bene...», disse mestamente.
«Me n'ero accorto, ti comporti in modo assurdo... Ma non puoi comunque saltare il primo allenamento dell'anno, sai quanto è importante la nostra presenza per le matricole!»
«Lo so, lo so e vorrei venire, davvero!», o almeno, Tomlinson probabilmente lo voleva, «ma non me la sento proprio di giocare, non oggi, per favore, Liam...», tentò. Confidava nello spirito da crocerossina dell'altro.
Payne lo guardò impensierito e poi...
«Normalmente non concederei a nessuno di saltare il primo allenamento...», iniziò, «...ma so che non me lo chiederesti mai senza una buona ragione», Harry tirò mentalmente un sospiro di sollievo. Payne stava cedendo.
«Quindi», continuò Liam Payne, «Sei esonerato. Ma solo per questa volta», specificò.
Harry sentì le labbra di Tomlinson piegarsi in un sorrisetto spontaneo, ma lo ricacciò subito indietro. Certe manifestazioni alla Tomlinson non facevano per lui.
«Però», riprese Liam e a Harry non piacque affatto, «Ti voglio sugli spalti ad assistere», decretò.
«Ma-»
«Niente ma. Non puoi passarla liscia così. E non voglio che la squadra pensi che ti favorisca solo perché sei il mio migliore amico. Adesso vado a cambiarmi, quando uscirò devi già essere lì. Niente storie», e senza dargli il tempo di ribattere si allontanò.
Harry sbuffò sconsolato. Che schifo di giornata...
Doveva sbrigarsi a raggiungere Tomlinson in biblioteca e poi... aveva un allenamento da assistere.



La sua voglia di rivedere Louis Tomlinson - Louis Tomlinson dentro al suo corpo- era pressappoco sottozero, sopratutto dopo la discussione nel bagno di qualche ora prima... Ma sapeva che dovevano parlare, chiarire, magari, e vedere se c'erano novità. Per quanto ne sapeva Harry, le cose non erano ancora cambiate da quella mattina.
Di mala voglia, arrivò in biblioteca.
Tomlinson lo aspettava ad un tavolo nella sala studio, ma un po' in disparte rispetto agli altri.
Harry prese un respiro profondo, si stampò sulla faccia -la stupida faccia di Tomlinson- l'espressione più neutra di cui fosse capace e si accomodò al tavolo.
«Salve Signor Styles!», lo salutò loquacemente Louis Tomlinson.
Harry si morse le labbra. A stento sopportava quando lo chiamavano in quel modo i professori e sulla bocca del Grifondoro quell'appellativo sembrava quasi una presa in giro.
«Cosa c'è, ti dà fastidio se ti chiamo Signor Styles?», chiese Tomlinson con tono provocatorio. Non aveva ancora fatto menzione al comportamento di Harry qualche ora prima...
Harry intanto persisteva nel suo silenzio.
«Guarda che sei tu che non mi lasci alternative, se conoscessi il tuo nome potremmo evitare tutta questa formalità!», Louis si comportava come se non fosse mai successo nulla, come se Harry non fosse stato sul punto di scoppiare a piangere per la rabbia poco tempo prima. Intimamente, Harry gliene fu grato. Ufficialmente, fece finta di niente pure lui.
«Io continuo a sperare che questa cosa si risolverà presto. E in quel caso non avrai bisogno di sapere il mio nome», affermò Harry.
«Così passerò tutta la vita a chiedermi "chissà come si chiamava quel ragazzo di cui ho avuto l'aspetto per un giorno"», scherzò. Harry non gli diede corda e piuttosto lanciò un occhiata all'orologio.
Sbuffò. «Fra poco devo andare.»
«Andare dove?»
«A quanto pare oggi qualcuno doveva iniziare gli allenamenti di Quidditch...»
Sulla vecchia bocca di Harry si dipinse una o di stupore. «Sono riuscito a convincere Payne a farmi saltare gli allenamenti, ma vuole che vada ad assistere».
Tomlinson sembrò piuttosto contrariato da quella notizia: «Avresti anche potuto andarci, era il primo allenamento dell'anno...»
«Ti assicuro che è molto meglio per te che io non ci sia andato, fidati».
Tomlinson sbuffo esasperato, ma poi... «Diciamo che mi fido», concesse, «Adesso sbrighiamoci, però, che se non posso partecipare voglio almeno vedere l'allenamento!»
«Cosa? No! Tu non puoi venire!»
«E perché scusa?»
«Io non mi farei mai vedere in un campo da Quidditch», obbiettò Harry.
«Penso che tu possa fare un'eccezione per una volta».
«No che non-»
«Per favore Styles, per me è molto importante, ti prego», Harry fu colto di sorpresa da quella supplica, che sembrava fin troppo sincera. Proprio non riusciva a capire perché Tomlinson ci tenesse tanto a quel gioco idiota. Però capiva che per qualche ragione era importante. E sul vecchio volto di Harry era dipinta un'espressione così speranzosa che... «E va bene, ma cerca di non dare nell'occhio», disse.
Se ne pentì nel giro di un secondo, quando l'espressione supplicante fu sostituita da un sorriso soddisfatto. «Grandioso! Andiamo!», esclamò Louis. Tanto entusiasmo non era mai stato più fuori luogo che addosso ad Harry...
Affranto, Harry si limitò a seguire il suo corpo fuori dalla scuola e verso il campo, con passi molto più mesti di quelli della sua controparte fisica.




Erano le undici di notte di quell'infinito 14 settembre e il corpo di Louis Tomlinson giaceva sul letto a pancia in su con gli occhi ancora spalancati. La sua mente, invece, era bloccata parecchi piani più in basso, nei sotterranei.
Harry fissava con lo sguardo perso il tendaggio del baldacchino. Nell'oscurità non c'era distinzione tra rosso e verde, ogni colore si tingeva di nero. Harry poteva quasi fingere di essere nel suo dormitorio... Poi, però, immergeva il volto nel cuscino e l'odore di Tomlinson gli riempiva le narici.
 
Dopo cena Harry e Louis si erano nuovamente incontrati, entrambi visibilmente turbati perché era passato quasi un giorno e avevano ancora l'uno l'aspetto dell'altro. Non era rassicurante.
«Che cosa facciamo adesso?», aveva chiesto Harry, una nota di terrore nella voce graffiata di Louis.
«Perché non proviamo a far passare la notte...?», a Tomlinson non sfuggì lo sguardo allarmato di Harry e quindi si affrettò ad aggiungere: «Anche a me l'idea non piace, ma qualunque cosa ci sia successa, è successa durante la notte e quindi magari...»
«Magari durante la notte si sistemerà», aveva concluso Harry al suo posto. Aveva senso.
«Se... se domani saremo ancora così, allora chiederemo aiuto.»
L'idea non piacque ad Harry. Ma forse era meglio chiedere aiuto che passare un'altra giornata come quella...
Poco dopo si erano salutati e, non avendo alternative, avevano raggiunto entrambi un dormitorio che non era il proprio, entrambi desiderando di essere l'altro.

Ora Harry avrebbe solo voluto cadere in un sonno senza sogni e risvegliarsi nel suo corpo. Avrebbe voluto svegliarsi e realizzare che tutto quello che era successo era stato solo un incubo. Allo stesso tempo, però, temeva che Louis si sbagliasse e che una volta risvegliatosi si sarebbe ritrovato esattamente dov'era ora... E non avrebbe sopportato vivere quella vita ancora un altro giorno.
Quella vita non era fatta per lui. Il Quidditch era noioso, Liam Payne era una delle persone più assillanti che avesse mai conosciuto e Louis Tomlinson... era semplicemente troppo perché Harry potesse essere lui. Troppo tutto.







 










Angolo dell'autrice:

Ecco finito il terzo capitolo e o con esso si conclude questa prima giornata. Cosa succederà al loro risveglio? Lo scoprirete presto!

Spero la storia vi piaccia, ringrazio chi la segue e, ovviamente, se recensite mi fa piacere :)

Un salutone,
Costanza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo Revisionato al 18/11/2014

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Capitolo 4
*** La vecchia beata esistenza? ***




..In your skin..









La vecchia beata esistenza? (o la mia vita non era così traumatica quando l'ho lasciata)

La prima cosa che Harry aveva realizzato al suo risveglio, la mattina del 15 Settembre, era che l'odore del cuscino gli era familiare, che la morbidezza dei capelli era quella giusta e che i lampi colorati oltre le ciglia erano del solito verde smeraldo. Fu con estremo piacere che salutò il suo riflesso nello specchio poco dopo.
Non sapeva come, né perché, ma era tutto tornato normale e ne era tremendamente felice.

 

Ormai erano passati tre giorni da quel terribile lunedì e la vita di Harry era ripresa normalmente, fra lezioni, studio e sonni tormentati.
Non aveva più parlato con Louis Tomlinson.
L'aveva visto qualche volta in giro per i corridoi, ma aveva sempre fatto finta di non vederlo, così come aveva fatto l'altro. D'altronde, il patto era stato chiaro...


Quando il 15 si erano ritrovati uno di fronte all'altro dopo quello che avevano passato il giorno prima, era stato strano. L'immagine, vista dall'esterno, era la stessa del giorno precedente, ma dentro erano stravolti. E felici. Ma non solo.
Harry si sentiva diverso. Come se lo scambio lo avesse lasciato intimamente turbato.
«Siamo tornati normali», aveva esclamato Louis vedendolo. Sul suo viso era dipinta l'immagine della felicità.
«Evidentemente», aveva concordato, «Adesso...?»
«Adesso possiamo ritornare alle nostre vite, come volevi tu, ognuno alla sua», aveva affermato Louis soddisfatto.
«Sì, è la cosa migliore», aveva risposto Harry velocemente.
«Potremmo...», Harry non gli fece finire la frase. «Facciamo finta che tutto questo non sia mai successo», aveva detto, categorico.
«Intendi dire... »
«Intendo dire che adesso non abbiamo più motivi per parlarci, in fondo tu non piaci a me e io non piaccio a te, è abbastanza evidente. Così sarà più facile dimenticare», aveva sentenziato Harry. Quello era l'unico modo per liberarsi di Louis Tomlinson.
«Suppongo che tu abbia ragione...», Louis non aveva potuto che concordare. «D'ora in poi saremo di nuovo due sconosciuti», aveva concluso il Grifondoro.
Harry annuì.
«Così ci stiamo già dicendo addio?»
«C'è qualcosa per cui vale dire addio? Niente di tutto quello che ci è successo ha un senso, non merita nemmeno un addio...», aveva risposto Harry.
Louis sembrò riflettere per qualche istante sulle sue parole, poi aveva piegato la bocca in una smorfia malinconica, che Harry non seppe interpretare.
«Io non so ancora il tuo nome...»
«Te l'avevo detto che non ti sarebbe servito», e dopo Harry se ne era andato. Camminando via, aveva sentito gli occhi di Louis attraversargli la pelle, con quello sguardo di ghiaccio che, per un giorno, era stato il suo.
Solo quando si era allontanato abbastanza si era accorto di essere scosso da brividi lungo tutta la schiena.
Harry era certo che la causa di quella sensazione di disagio fosse legata ai fatti del giorno prima... Ma perché ora che stava lasciando alle spalle tutto l'accaduto si sentiva ancora peggio?

Passati appunto tre giorni, sentiva ancora che qualcosa non era a posto e lo sentiva sopratutto quando vedeva Tomlinson passare e gli saliva nel petto una strana agitazione.
A parte questo, era tutto normale. O quasi...



Era il 17 settembre, era giovedì, e alla terza ora Harry aveva pozioni.
Raggiunta l'aula si era piazzato davanti al suo calderone e teneva la testa appoggiata sul banco aspettando l'entrata del professore.
«Styles!», l'aveva richiamato una voce alle sue spalle. Harry fu colto di sorpresa e tirò su la testa di colpo. Sbattendola contro il calderone. Il rumore rimbombò in tutta la stanza. E dentro alla sua testa.
«Ahi, deve aver fatto male...», osservò la voce. Harry si voltò ad incenerire il proprietario della suddetta, ossia un certo Irlandese di sua malcapitata conoscenza.

Niall Horan sembrò non fare caso allo sguardo, gli si sedette accanto ed esclamò: «Ti ricordo che è venerdì!»
Lo sguardo truce di Harry assunse una nota interrogativa.
«Scusa, parlo della mia festa», precisò l'Irlandese, «Quella a cui hai già accennato di venire», specificò con un sorriso vittorioso a trentadue denti.
Harry rimase esterrefatto. Si era quasi dimenticato della faccenda... All'improvviso ricordò perché non sopportava Louis Tomlinson.
«Sai», fece il biondino, «Non mi sarei mai aspettato che accettassi.»
«Già, nemmeno io...», sussurrò, troppo piano perché l'altro lo sentisse.
«Ammetto di averti invitato più per formalità che per altro, ero convinto che avresti rifiutato. Sei il mio vicino di banco da cinque anni e mi avrai rivolto si e no dieci parole i totale... Però sono felice che tu abbia accettato! Mi fa davvero piacere!»

Il Tassorosso sembrava sincero. Harry non lo capiva.

Avrebbe solo voluto trovare una scusa per declinare l'invito, ma... Guardava gli occhi di Niall Horan brillare dall'entusiasmo e non riusciva ad inventare nessuna scusa.
«Sarà una cosa tranquilla», continuò il biondo sempre sorridendo come un idiota. Ad Harry non piacque per niente quell'affermazione.
«Cioè?», non celò un certo timore.
«Dunque, ci troviamo nella mia Sala Comune, vieni verso le nove. Ci sarà qualche bottiglia, un po' di buona musica e alcuni amici, qualche Tassorosso, un po' di Grifondoro, cose così, sai», Harry avrebbe voluto far notare che, lui, di feste non sapeva proprio niente...
«Ah, e ovviamente ci sei tu!», gli ricordò. Harry non trovava la connessione logica tra le parole Tassorosso, Grifondoro e lui.
«Sarò l'unico...», chiese lasciando in sospeso la frase.
L'altro dovette intuire, perché rispose: «Serpeverde? Con un po' di fortuna potrebbe esserci anche Zayn... Non so se lo conosci, è del sesto, gioca a Quidditch...»
«Mi spiace, non frequento giocatori di Quidditch», “Non frequento nessuno in realtà... ma i giocatori di Quidditch ancora meno”-
«Ahah, l'avevo immaginato», Harry non capiva l'ilarità della cosa. «Ma con Zayn potresti andare d'accordo, è uno starno pure lui!».
Doveva forse sentirsi insultato?
«Ho i miei dubbi...», bisbigliò.
In quel momento entrò il professore ed Harry sperò fortemente che avrebbe impedito all'Irlandese di parlare ulteriormente.
«Oggi non sei molto in vena eh?»
Lo sbuffo di Harry fu una risposta più che chiara.
«In effetti l'altro giorno non sembravi nemmeno tu!», continuò il biondo parlando a bassa voce per non farsi sentire dal professore.
«Chissà come mai...»
«Ma mi piaci anche così!». Harry lo guardò malissimo. L'altro rise e il professore lo richiamò al silenzio.
Malgrado il richiamo, Niall continuò a parlare imperterrito. Evidentemente la conversazione dell'altro giorno l'aveva spronato ad intraprendere la missione “Trasformiamo Harry Styles nel mio nuovo amicone Serpeverde”.
Harry, dal canto suo, si limitava a guardalo male ogni tanto, ma il biondino sembrava già soddisfatto di quella reazione.
Quando suonò la campana Harry schizzò via dall'aula, ma non abbastanza in fretta da non sentire l'Irlandese gridare: «Mi raccomando! Venerdì, alle nove! Ti aspetto!», ed Harry ne era certo, l'avrebbe aspettato.
Dentro di sé, mandò parecchi insulti a un certo Grifondoro che l'aveva cacciato in quella situazione.



Era Venerdì sera, Harry giaceva sul suo letto a pancia in giù e cercava di ignorare l'orologio sul comodino che segnava le otto e venti.
Era ancora in pigiama (spesso passava così i suoi fine settimana) e una vocina dentro di lui gli ordinava di non muoversi da lì, fregandosene di tutto e di tutti. E degli Irlandesi in modo particolare.
Quando l'orologio segnò le otto e quaranta dovette seriamente prendere una decisione. La situazione gli era chiara, quello che voleva fare lo era ancor di più, eppure...
Alle nove e un quarto, non seppe come e non seppe perché, si ritrovò davanti alla porta della sala comune di Tassorosso, vestito in modo più o meno presentabile, nonché in ritardo. E stava maledicendo il suo maledetto orgoglio che gli impediva di tradire la parola data, per quanto non fosse stato propriamente lui a darla...
Tuttavia, quando si ritrovò davanti a quella porta, il suo spirito Serpeverde parve rianimarsi, poiché pensò seriamente di dare le spalle alla porta e fuggire. E l'avrebbe fatto, se la porta non si fosse spalancata proprio in quel momento, facendo comparire...
«Harry!», esclamò Niall Horan. Non poteva più fuggire.
«Ehm...», se l'Irlandese si aspettava un saluto o un augurio poteva scordarselo.
«Scusa, ti sto mettendo in imbarazzo lasciandoti così sulla porta, vieni dentro!», lo invitò quello, fraintendendo totalmente le intenzioni di Harry. Il Serpeverde, sconsolato, non poté che dargli retta.



La festa era peggio di ogni sua più funesta aspettativa.
Avrebbe dovuto aspettarselo che la sua concezione di cosa tranquilla non avrebbe affatto coinciso con quella di Niall Horan. Quella festa era tutto ma non tranquilla.
La musica, di pessimo gusto babbanofilo, era assordante. Sicuramente avevano applicato un bel incantesimo insonorizzante, o tutti gli insegnati di Hogwarts si sarebbero precipitati lì nel giro di pochi istanti.
L'alcol scorreva a fiumi (altro che qualche bottiglia), ma cosa si sarebbe dovuto aspettare da un Irlandese? Il suddetto per altro aveva le guance più rosse di quanto non le avesse di natura e mentre trascinava Harry in giro per la stanza parlava ancora più veloce del solito.
Niall lo trascinava per quella stanza stroppo colorata e gli presentava ogni persona che vedeva. E le persone...
Il Sepeverde avrebbe dovuto capirlo: Qualche Tassorosso significava tutti i Tassorosso di Hogwarts e un po' di Grifondoro significava raggruppare in quella stanza almeno la metà degli abitanti della torre ovest.
Harry si sentiva un pesce fuor d'acqua -per quanto, forse, non si sarebbe sentito diversamente ad una festa di Serpeverde- e il biondino che continuava a presentargli estranei dalla faccia troppo allegra non lo stava certo aiutando...
«Io andrei a prendermi da bere!», tentò Harry ad un certo punto, sperando di liberarsi dell'altro. Quello però non aveva intenzione di lasciarlo fuggire, per cui rispose raggiante: «Grandioso! Ti accompagno!» .
Harry lo guardò con astio e senza controllare se lo stesse seguendo, si diresse al tavolo delle bevande.
Una volta lì, ignorando il suo persecutore, si versò un bicchiere di liquido azzurrino. Aveva un buon sapore, lo buttò giù in un attimo e iniziò a versarsi qualcos'altro, nella speranza di rendere quella festa un po' più sopportabile. Niall doveva essere stato trattenuto per strada da qualcuno, perché quando lo raggiunse erano passati molti minuti e molti bicchieri dalla bocca di Harry.
«Harry! Non ti posso lasciare solo un minuto! Quanti ne hai bevuti di quelli?», chiese l'Irlandese, che adesso non era l'unico ad avere le guance rosse.
«Non sono ubriaco!», rispose Harry in fretta, come se qualcuno gliel'avesse chiesto.
«Se lo dici tu. Ti voglio presentare un mio amico», fece Niall. Harry continuò a sorseggiare un drink dolciastro, senza degnare l'Irlandese e il ragazzo che aveva affianco di uno sguardo. Aveva rinunciato in partenza a ricordare tutte le persone che il biondo gli presentava.
«Harry, ti presento Louis Tomlinson. Louis, questo è Harry Styles!».
Tutto il liquido che Harry aveva in bocca venne sputato fuori, sulla maglietta di Niall, mentre il Serpeverde si voltava a guardarli.
Sì, constatò Harry, il ragazzo che stava di fianco al Tassorosso era proprio Louis Tomlinson. Quel Louis Tomlinson. E aveva sulla faccia un'espressione platealmente divertita.
«Harry! Ma che diavolo fai?! Mi hai innaffiato la maglietta!», esclamò Niall.

Harry balbettò uno scusa un po' confuso.
«Meglio che vada a cambiarla...», continuò il biondo, «Louis, per favore, tieni d'occhio Harry, non vorrei che facesse qualche casino o che cercasse di scappare...!», così dicendo li lasciò.
Una volta soli, Harry si sentì improvvisamente a disagio. Di tutte le persone in quella stanza doveva proprio ritrovarsi in compagnia di...
«Ciao... Harry», iniziò Louis, «Hai proprio un bel nome, lo sai?».
«Smettila, vattene!», disse Harry, parlando più veloce del solito.
«Dico sul serio, suona bene: Harry Styles, un nome degno di una celebrità», continuò Louis divertito.
«Vattene», ripeté Harry.
«Ma non posso, Niall mi ha chiesto di controllarti», gli ricordò.
«Grazie, ma non ne ho bisogno», sibilò.
«Scusa, ma non ti credo», rispose osservandolo dall'alto al basso. Harry fu molto infastidito dalla sguardo dell'altro su di se.
«Non eravamo d'accordo di non parlare più?».
«Certo, ma quello valeva prima. Adesso che siamo stati presentati ufficialmente, siamo conoscenti a tutti gli effetti, abbiamo il diritto di parlare. Quindi direi che non infrangiamo nessun accordo se lasci che ti faccia da balia per un po'», concluse Louis.
Harry era abbastanza certo che ci fosse qualcosa che non quadrasse in quel ragionamento, ma nella sua testa sembrava stranamente sensato.
«Io non ho bisogno di nessuna balia», borbottò.
Louis sorrise. «Dammi retta, ne hai bisogno!» e così dicendo gli circondò le spalle con un braccio e lo trascinò verso un divanetto.
In quel momento Harry realizzò di essere effettivamente ubriaco, o almeno, lo era abbastanza da lasciarsi trascinare via senza riuscire a protestare.
Una volta seduto, sentendo la testa girare, Harry ammise che «Okay, forse ho un po' bevuto...»
«Solo un po'?», chiese Louis divertito.
«Guarda che non stavo parlando con te.»
«A no? E con chi parlavi allora?», chiese Louis.
Harry non rispose. Aveva l'impressione che Louis si stesse divertendo alle sue spalle...
«Così alla fine sei venuto alla festa», osservò il Grifondoro.
«Non che avessi alternative...», rispose Harry, «avevo detto che ci sarei venuto e, per quanto non ricordi assolutamente di averlo fatto, non potevo smentirmi», mettere le parole in ordine era più complicato del solito, ma quelle uscivano dalla sua bocca con una facilità a lui estranea.
«Beh, non è tanto male qui.»
«Si che lo è», rimarcò Harry.
«Se tu non fossi ubriaco alle dieci di sera, potresti apprezzare la festa un po' di più.»
«Ti assicuro che da venti minuti a questa parte è molto migliorata», affermò.

«Perché ci sono io?»

Harry arrossì di colpo e Louis ghignò soddisfatto.

«No, non- non intendevo...»
«So benissimo cosa intendevi», disse trattenendo le risate.

«No, non lo sai...»

Nulla impedì a Louis di scoppiare a ridere di fronte al suo broncio.
«Non ridere di me!»
«Non oserei mai, signor Styles».

Harry sì rabbuiò. «Non chiamarmi così...», suo padre era il signor Styles e non voleva proprio pensare a suo padre in quel momento. Non voleva pensare e basta.
«Quindi posso chiamarti Harry?», domandò Louis.
«No!»
«E allora come ti chiamo?»
«Non chiamarmi e basta.»
In quel momento, fece ritorno Niall Horan. «Harry, come stai? Ti vedo un po' stordito?». Harry grugnì qualcosa.
«Aspetta, lui può chiamarti Harry e io no?», domandò Louis esterrefatto. La sua voce era così squillante e fastidiosa...
«Lui non può, semplicemente lo fa!»
«E allora lo faccio anche io!», decise Louis.
«No!», protestò Harry.
«Ma perché?»
«Perché si!»
«Ragazzi», li interruppe Niall, «Non sapevo che andaste così d'accordo! Ma vi conoscevate già?»

Mentre Harry rispondeva con un secco «No!», Louis esclamò un allegro «Sì!». Niall trovò la scena esilarante -cosa non lo era per lui- e scoppiò a ridere.

«Harry, è bello vederti così loquace per una volta», disse appena ripresosi dal suo attacco di risate.

«Io non sono loquace...», sibilò la parola come se fosse chissà quale insulto. Sia Niall che Louis ci risero su.

«Tranquillo, nessuno sta mettendo in dubbio la tua asocialità, Harry», disse il Grifondoro.

«Io non sono-»

«Oh, sì che lo sei! E sei anche ubriaco», rimarcò.

Harry si imbronciò. «Non sono... Hic!», gli sfuggì un singhiozzo dalla gola e Louis e Niall scoppiarono a ridere per l'ennesima volta. Harry sapeva che doveva sentirsi offeso, eppure una parte sconosciuta di lui voleva unirsi alla loro risata.
«Ragazzi!», esclamò Niall, «Dato che andate tanto d'accordo io posso anche intrattenere altri ospiti. Harry, cerca di non bere di più, c'è già abbastanza vomito che dovrò pulire domani», storse il naso, «Lavorate su questa cosa tra di voi, funziona!» e così dicendo scomparve tra la folla, di lui rimase solo il fantasma del suo sorriso.
I due sul divano rimasero immobili e muti qualche istante.
Poi Harry sbottò: «Su cos'è che dovremmo lavorare, scusa?»
«Me lo stavo giusto chiedendo anch'io...», disse Louis.
Il Grifondoro e il Serpeverde avevano sul viso la medesima espressione scettica quando li raggiunse qualcun altro...
«Lou! Ecco dov'eri sparito! E' tutta la sera che ti cerco!», esclamò una voce.
Louis fu abbastanza certo di sentire il suo vicino dire qualcosa tipo “No, Liam Payne no...
«Liam, ciao!», disse Tomlinson all'amico che si era piazzato davanti a loro con tutta la sua atletica figura.
«Lascia che ti presenti-», iniziò Louis.
«Harry!», concluse Liam illuminandosi.
«Lo conosci?», chiese Louis sorpreso.
«Certo! L'ho conosciuto qualche giorno fa in biblioteca!», spiegò. Harry aveva quasi dimenticato quanto fosse snervante la sua espressione. «Ma...», li guardò con curiosità, «Vi conoscete anche voi?»

Diedero a lui la stessa risposta che avevano dato a Niall Horan. Un sì e un no.
«Si o no?»,chiese Payne confuso.
«Ci siamo conosciuti 'sta sera», disse Louis con tono poco convinto. Harry gli diede gomitata nel fianco.
«Ahi!», gridò Louis, «che ho fatto adesso?!»
«Niente...», soffiò Harry.
«Ha bevuto?», chiese Liam.
«Lui dice di no», spiegò Louis sarcastico.
«Harry, alla tua età non dovresti-», iniziò Payne.
«Aspetta», lo interruppe Tomlinson, «Liam sapeva il tuo nome? Liam sapeva il tuo nome e non lo sapevo io?!», chiese indignato.

Harry si limitò a scrollare le spalle e Liam aveva la sensazione che gli stesse sfuggendo qualcosa. «Ma di che-»
«Lascialo perdere», intervenne Harry, «Forse l'imbecille qua ha bevuto un po' troppo.»
«Tu hai bevuto!», gli rinfaccio l'imbecille.
«Non è bello sentirselo dire, eh?!», gli domandò Harry agitandogli una mano davanti.
«Se te lo dico è perché è vero!», specificò Louis esasperato, «Non tanto per dire qualcosa!», aggiunse.
Harry assunse un'espressione indignatissima.
Questa volta li interruppe la risata di Payne.
«Harry sei più simpatico di quanto ricordassi!», affermò Liam, sedendosi liberamente accanto a lui. Harry lo prese come un affronto personale.
Quel divanetto divenne stretto.

Harry non ebbe più la forza di alzarsi da lì. Così, per sua sfortuna, passò tutta la serata seduto tra Louis Tomlinson e Liam Payne.

Solo in seguito, a mente lucida, gli venne in mente che se lui aveva la scusa di essere stato ubriaco, gli altri due non ne avevano alcuna per essere rimasti tutta la sera sul divanetto con lui. C'erano cose decisamente più divertenti da fare ad una festa che prestare compagnia ad un ragazzo ubriaco ed asociale.

Il pensiero di essere stato il target della loro carità -perché era di quello che si trattava per loro, di un atto di pietà nei suoi confronti- lo infastidiva tremendamente.

Lo infastidiva pensare che gli altri credessero che avesse bisogno di compagnia per stare bene. Avrebbe passato una serata migliore senza di loro, senza le loro chiacchiere infinite su questa o quella ragazza, senza sapere i dettagli dell'ultima uscita di Louis e una tale Eleanor, senza sentire un infinito dibattito sulla formazione della squadra di Quidditch.

Non aveva bisogno di niente di tutto ciò. Però... Però era stato così facile abituarsi al suono delle loro voci e addormentarsi al loro ritmo, con la testa che ciondolava dalla spalla di un ragazzo a quella dell'altro. Non era riuscito ad impedirlo.

La mattina dopo si risvegliò nel suo letto senza sapere come ci fosse arrivato, con un terribile mal di testa e una vocina acuta nella mente che gli ripeteva “Sogni d'oro, Harry”.
La sensazione che qualcosa stesse andando storto non s'era ancora data.




 

 




Anticipazioni:

...si rassegnò al evidenza che era Louis Tomlinson, di nuovo, e che doveva parlare con... sempre con Louis Tomlinson!”

...una ragazza lo aveva avvolto in una morsa strangolatoria e contemporaneamente gli aveva infilato la lingua in bocca con molta non chalance. Rimase paralizzato.” 






Angolo dell'Autrice:

E' finito anche il quarto capitolo. E' un po' diverso dagli altri, diciamo che è una piccola pausa dalla storia generale, che funge da finestra sulla vita di Harry, sulle nuove persone che inizia a conoscere e sulle sue nuove, come dire, esperienze. Spero vi sia piaciuto!
Ringrazio chi legge la storia e chi la segue e ovviamente ringrazio tanto _haroldsjuliet che ha recensito e KoalaTea che ha fatto da vero e proprio supporto morale, grazie.
Ovviamente se volete lasciare un parere, l'accetto molto volentieri... :)

Un salutone,
Cost. 

 

 

Capitolo revisionato al 22/03/2015

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Capitolo 5
*** Non è ancora finita ***


 
 
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Non è ancora finita (o perché le sfighe tornano e pure accompagnate)
 
Lunedì 21 Settembre, appena Harry si svegliò, anche senza aprire gli occhi, seppe che qualcosa non andava. Si sentiva troppo riposato, come non gli capitava da, be', da una settimana. E per di più c'era una voce familiare che...
«Louis, Louis!», gridava la voce. Harry nascose la testa sotto al cuscino.
«Louis svegliati, siamo in ritardo!».
Harry continuava ad ignorarlo, sperando che così se ne sarebbe andato. Poi Liam Payne iniziò a scuoterlo.
«Forza alzati o arriviamo in ritardo! Avanti Lou!», ribadì.
Harry spalancò gli occhi.
Per la seconda volta nella sua vita vide il mondo di Louis Tomlinson.
 
 
 
Harry fissava il riflesso nello specchio. Su quel viso la confusione e il dramma si fondevano ad un forte senso di deja-vù.
Gli occhioni stralunati Louis lo fissavano, si fissavano, manifestando tutta la sua agitazione attraverso uno sfavillio di azzurro luccicante.
Fisicamente stava decisamente meglio del giorno prima, il mal di testa che lo aveva tormentato a causa della sbornia era sparito.
Ma mentalmente... Si era illuso che quanto gli fosse capitato la settimana prima fosse solo un caso, uno scherzo finito e concluso. Ma adesso, dopo sette giorni esatti, si ritrovava di nuovo lì, in quel bagno, in quella torre, in quel corpo. Con Liam Payne che sbraitava fuori dalla porta.
Ed era tutto così assurdo e inspiegabile.
Si sentiva così amareggiato e totalmente sprovvisto di qualsiasi risposta e qualsiasi soluzione.
A quel punto qualcosa andava fatto, era evidente che quel problema era diventato un problema serio. Bisognava risolverlo.
“Non passerò tutti i lunedì della mia vita in questo corpo, vero?”, quello era il suo timore più grande.
Dopo venti minuti chiuso nel bagno si rassegnò all'evidenza che era Louis Tomlinson, di nuovo, e che doveva parlare, di nuovo, sempre con Louis Tomlinson.
 
 
 
 
Quel giorno tutti poterono vedere Louis precipitarsi di corsa dalla Torre di Grifondoro, come se qualcuno lo stesse inseguendo con una bacchetta puntata alla schiena. Logicamente, la ragione di tanta fretta poteva essere il lampante ritardo, ma nella sua mente (anche chiamata Harry Styles) passavano tutt'altri pensieri.
Alle sue spalle, lo inseguiva tenacemente uno sconcertato Liam Payne.
«Louis, ma che caspita hai questa mattina?»
Come risposta ricevette solo un grugnito. L'ennesimo.
«Louis, seriamente, hai per caso una qualche strana sindrome del lunedì?», domandò.
Harry alzò gli occhi azzurri al cielo. La cosa più tragicamente comica era che forse Payne aveva ragione.
«Mi farai impazzire così!», sbottò il Griffondoro dopo un po'. Non sapeva che era Harry, in realtà, quello sul baratro della follia.
Tra una predica e l'altra, arrivarono in prossimità della sala grande.
Era tardi, ma Harry sperava che il suo corpo fosse ancora lì.
«Ehi!», lo riscosse Payne prima di entrare in sala, «C'è Harry!».
Harry, la mente, a quelle parole sentì girare lo stomaco, stomaco che si ribaltò completamente quando, per la seconda volta nella sua vita, provò l'esperienza extracorporea di ritrovarsi di fronte a se stesso.
«Andiamo a salutarlo!», esclamò Liam.
«No!», tentò, ma quello era già andato.
Lo aspettava una giornata molto lunga...
«Ciao Harry!», lo sentì esclamare. Il corpo del suddetto impiegò qualche secondo a ricordare che quello fosse il suo nome e quando si girò Liam Payne gli si era già piazzato di fronte, seguito dal corpo di Louis Tomlinson.
Harry e Louis, menti e corpi, si fissavano sconcertati, certi di essere in una situazione difficile.
La presenza di Payne era davvero di troppo.
Harry vide il proprio corpo agitarsi, forse un tentativo di saluto, per poi arrendersi e limitarsi ad alzare una mano.
«Harry, ti senti bene?», chiese Liam di fronte quella fiacca reazione.
«Sì, sì, ho solo un urgente bisogno di andare in bagno», inventò.
Sulla bocca di Liam si disegnò una piccola “o” di comprensione.
«Ah, certo, scusa se ti abbiamo interrotto, vai pure...», fece, vagamente imbarazzato. Harry intanto stava lanciando sguardi fulminanti in direzione del suo corpo. Tomlinson avrebbe potuto trovare una scusa per andarsene un po' meno imbarazzante.
«Bene, io vado in bagno», disse quello ammiccando appena nella sua direzione. «Ci vediamo.»
Prima che potessero dire altro il suo corpo si stava già allontanando. E la sua mente restava tristemente lì...
«Certo che quel ragazzo è strano forte», commentò Liam, «Più di te il lunedì.»
Comunque vedesse la cosa, Liam Payne gli aveva dato dello strano. Sia al se stesso vero, sia al se stesso nei panni di Louis.
Ad Harry sfuggì l'ennesima risatina isterica alla Tomlinson.
«Su, adiamo a vedere se è rimasto qualcosa per fare colazione!», esclamò Payne.
«Ehm... io prima devo andare in bagno un istante», disse.
«Pure tu?»
«Già... ci vediamo a lezione!». Fuggì prima che l'altro lo intralciasse di nuovo.
 
 
 
Quando Harry entrò nel bagno, lo stesso bagno poco frequentato di sette giorni prima, il suo corpo era lì che lo aspettava. Se ne stava appoggiato ai lavandini con lo sguardo assorto. Gli sembrò un espressione molto più propria rispetto alle altre che gli aveva visto fare. Sembrava quasi lui...
«Ehi», lo richiamò.
«Ehi», rispose quello riscuotendosi.
I due si guardarono e per un po' tacquero, presi da una comune rassegnazione.
«Sai», disse Louis dopo un po', «alla fine mi ero davvero convinto che fosse stato solo uno scherzo. Avrebbe avuto senso, Ma ora...»,
«Cosa dobbiamo fare?», Harry andò dritto al punto. Per quanto non si fidasse di Tomlinson, aveva la sensazione che lui avrebbe saputo qual era la mossa migliore da fare. Harry, per quanto pensasse e cercasse disperatamente una soluzione, non riusciva a trovarne neanche una.
«E se per adesso ci comportassimo come l'altra volta? Facciamo passare questa giornata, poi appena finiscono le lezioni ci troviamo in biblioteca e facciamo il punto della situazione.»
La proposta non era brillante quanto Harry avrebbe sperato, ma almeno così rimandavano il momento in cui avrebbero dovuto chiedere aiuto a qualcuno. Sapevano entrambi che prima o poi avrebbero dovuto farlo, ma, per diverse ragioni, nessuno dei due era particolarmente allettato dalla cosa.
Harry sospirò, prima di ammettere che: «Non ho molte altre alternative...»
Vide il suo corpo rilassarsi sentendo la sua approvazione.
«Cosa devo fare oggi con Payne?»
Sul viso di Harry comparve il sorriso di Louis, il primo di quella giornata, «Ci sono problemi più insormontabili di Liam», lo rassicurò.
«Certo, Liam che mi vuol fare giocare a Quidditch è molto peggio che Liam e basta», puntualizzò. Questa volta l'altro rise.
«Devi solo evitarlo».
«La fai facile tu», sibilò.
«Ma non potresti prov-».
«Assolutamente no», lui non avrebbe giocato a Quidditch.
Louis tacque e sul corpo che lo ospitava comparve un espressione riflessiva.
«Facciamo così: all'ultima ora mi faccio trovare davanti alla tua classe, mi metto a parlare con Liam, lo distraggo e tu fuggi!»
«Mmm, può andare», approvò Harry, «Se non fosse che così io sembrerò interessato a fare conversazione con Payne e quello si farà chissà quali idee...», rabbrividì.
Luois rise, «O questo o il Quidditch, decidi».
«Vada per questo», disse di malavoglia.
«Siamo d'accordo», concluse Louis.
A quel punto controllarono gli orari e si accordarono per il da farsi. Tanto sarebbe stato un disastro comunque.
«Ah», si ricordò Louis, «Se vedi Eleanor tu... Meglio evitarla, sì, meglio così. Non vorrei che sospettasse qualcosa...».
«Chi è Eleanor?»
«E' la mia-», la campanella lo interruppe.
Ammutolirono entrambi, consapevoli di quello che li aspettava da quel momento.
Rimasero a fissarsi, con gli occhi pieni dello stesso timore.
«Dovremmo andare», osservò Harry dopo un po'.
«Lo so», disse Louis, ma il corpo di Harry non si mosse.
«Ricordati le cose dell'altra volta...»
«Non parlerò con nessuno, questa volta per davvero, te lo prometto.»
«Okay...» disse, bel lontano dal fidarsi di Louis. Ma che altra scelta aveva?
«E tu sforzati almeno di salutare. E tratta bene il vecchio Payne!».
«Scordatelo..», sibilò.
«Almeno questa volta so come mi chiamo», osservò Louis, in cerca di lati positivi. «Salve mondo, sono Harry Styles!», esclamò al nulla.
Louis sembrava a suo agio. Ma la realtà era che stava solo temporeggiando. E Harry lo capiva. Nemmeno lui aveva voglia di uscire da lì e ricominciare a giocare alla vita di un altro.
«Dobbiamo proprio andare», gli toccò dire.
«Lo so», ripeté Louis e rimase ancora immobile. E zitto.
Harry decise di aspettare. Qualche istante dopo Louis si riscosse, si agito nel corpo di Harry ed esclamò con la sua voce: «Io vado! Ci vediamo dopo, buona giornata Harr- volevo dire Louis», gli fece l'occhiolino e se ne andò.
 
 
 
Era arrivata l'ora di pranzo e in qualche modo Harry era sopravvissuto alla vita di Louis.
Sicuramente non si era sforzato di entrare nel personaggio, ma aveva fatto del suo meglio per fingere di avere una vaga idea della propria vita. E non ne aveva.
I Grifondoro avevano capito che non era di nuovo giornata e fortunatamente avevano smesso di assillarlo intorno alla seconda ora. Nel frattempo Harry stava iniziando a rivalutare la sua nuova condizione sociale: essere un eccentrico Grifondoro giocatore di Quidditch gli dava un certo ascendente sulle altre persone, lo rispettavano incondizionatamente. Nonostante si comportasse come un serpente velenoso.
Solo Payne sembrava immune al potere-Tomlinson e aveva continuato imperterrito ad assillarlo tutta la mattinata. Ora per fortuna era troppo impegnato a divorare il suo pasto per parlare. E Harry era intenzionato a fare altrettanto.
Era assorto nei suoi pensieri quando una voce delicata iniziò a chiamarlo, o meglio, iniziò a chiamare Louis ma, quando si ricordò di esserlo, la persona che lo chiamava gli era già di fronte. Anzi, addosso.
Harry aveva appena fatto in tempo a girarsi che una ragazza lo aveva avvolto in una morsa strangolatoria e contemporaneamente aveva appoggiato le labbra sulle sue con molta non chalance. Rimase paralizzato.
La piovr- La ragazza, si accorse che qualcosa non andava, Louis era un pezzo di ghiaccio tra le sue braccia, per cui si allontanò, lo guardò turbata e disse: «LouLou, va tutto bene?».
Harry la guardò sconvolto. Dentro stava vivendo una crisi. Era in preda allo schifo e sentiva l'improvviso desiderio di rigurgitare tutto il suo pranzo.
«Ehi, ciao El!», bofonchiò Liam rivolto alla ragazza. El... Il nome gli era vagamente familiare.
«Ciao Li, sai cos'è successo a Louis? ha una faccia strana...», disse lei.
«Non chiederlo a me. E' tutta la mattina che è così», alzò le mani.
«Lou...», iniziò El avvicinandosi pericolosamente a lui, «Non sei ancora arrabbiato per ieri vero? A me non importa, davvero. Non devi preoccuparti se le cose non sono andate come volevamo...», disse gentilmente.
Le sue parole di miele lo disgustavano.
Harry non sapeva in che rapporti Tomlinson fosse con la ragazza, ma dal modo in cui gli parlava -e in cui gli si era incollata prima- un sospetto o due ce l'aveva.
Quella evidentemente si aspettava che dicesse qualcosa, ma Louis, in realtà Harry, taceva.
«Eleanor», intervenne Payne, «Non farci caso, non ce l'ha con te, ha solo una giornata storta».
Eleanor! Ecco, ora ricordava: era la ragazza che Louis gli aveva detto di evitare... Ma orami era un po' tardi per farlo.
«Louis, puoi dirmelo se ho fatto qualcosa di male...», disse quella rattristata.
Harry aveva paura di dire qualcosa di sbagliato, non aveva idea di che cosa diavolo Eleanor stesse parlando. E se accidentalmente avesse causato problemi fra quei due... Forse Tomlinson non l'avrebbe presa bene.
Ma tacere non era comunque appropriato.
«Io...», iniziò facendosi coraggio, «Non hai fatto niente, è solo che oggi è una giornata storta, scusa...», disse senza sbilanciarsi troppo.
La ragazza lo guardò con occhi dolci e comprensivi.
«Oh, per fortuna», e in un ulteriore eccesso di affettività gli gettò le braccia al collo e lo strinse forte. Almeno questa volta tenne la bocca a posto.
Harry ritenne fosse il caso di ricambiare l'abbraccio, non voleva offenderla.
Mentre timidamente le stringeva la vita con le braccia e sistemava la testa sulla sua spalla, (quel ragazzo era davvero basso, la sua ragazza era alta quasi quanto lui!), lo sguardo gli cadde sul tavolo dei Serpeverde. E si rese conto che un paio di familiarissimi occhi verdi lo fissavano truci.
Si staccò immediatamente dalla ragazza, quasi scottato: non da lei, ma da quegli occhi, una volta i suoi, che sembravano gridare Non toccare la mia ragazza!
Eleanor lo guardò interrogativa.
«Ho fame!», non riuscì a dire altro. Abbassò la testa e si mise a mangiare, ignorando Liam che lo guardava preoccupato, ignorando Eleanor che gli si sedeva affianco e gli stringeva la mano sotto il tavolo e soprattutto ignorando i proprio occhi verdi che lo fulminavano infuriati dall'altra parte della sala.
Non rialzò la testa per tutto il pranzo e non disse una parola, ma la ragazza fu particolarmente comprensiva, si limitò a restargli accanto senza fare domande, solo stringendo la sua mano. Quando Liam, la sua guida ufficiale, annunciò che era ora di andare, fu ben lieto di andarsene. Ma quasi gli dispiacque lasciare la ragazza, in fondo era stata gentile con lui.
Mentre Harry si alzava, Eleanor lo guardava teneramente, lei vedeva Tomlinson. Harry sperava di andarsene indisturbato, ma quella lo fermò con un: «Non me lo dai un bacio?».
Il ragazzo sbiancò.
Non voleva ferire la ragazza. Ma sentiva la schiena trafitta da uno sguardo micidiale.
Decise di ignorare la presenza alle sue spalle e si sporse verso la ragazza che lo aspettava ansiosa.
Le sfiorò le labbra delicatamente, qualche istante, poi scappò via.
 
Sperava che quella sottospecie di bacetto avesse soddisfatto la ragazza e non avesse turbato troppo Tomlinson. E sperava di cuore di non doversi mai più trovare in una situazione del genere.
 
 
 
Harry, nel suo nuovo corpo, aspettava. Aspettava il suo vecchio corpo.
Se ne stava accasciato sopra un tavolo della biblioteca, con le mani tra quei capelli tanto lisci e sottili al tatto e aspettava che Louis si liberasse di Payne.
In qualche modo avevano davvero attuato il piano organizzato la mattina. Louis si era presentato all'uscita da Incantesimi sotto le spoglie di un Harry particolarmente socievole e aveva subito iniziato a chiacchierare amabilmente con Liam. Harry, nel corpo di Louis, ne aveva subito approfittato ed era corso via, il più lontano possibile da quella versione troppo estroversa di sé stesso.
Dunque, era in biblioteca che aspettava Tomlinson, il quale arrivò qualche minuto dopo.
Quando il corpo di Harry si ritrovò davanti alla sua legittima mente, gli punto il dito contro ed esclamò: « Tu! Brutto piccolo usurpatore!»
Harry spalancò gli occhi, di Louis, in un'espressione interrogativa.
«Che ho fatto?»
«E me lo chiedi anche?!»
Harry continuava a fissarlo esterrefatto.
Louis alzò gli occhi al cielo, spazientito: «Sai benissimo di cosa sto parlando: Eleanor!»
«Ohh, quello...», biascicò Harry.
«Già, quello! Tu hai osato-», borbottò qualcosa di indefinito, «-la mia ragazza!»
«Teoricamente, al momento è la mia ragazza...», soffiò Harry.
«Brutt-»
«Senti, io non- non volevo niente. Ma lei mi vedeva come te e... credo sarebbe stato strano se l'avessi evitata», cercò di spiegare.
«Credo che tu ti sia immedesimato fin troppo bene nel mio personaggio», insinuò Louis.
«Non è vero...»
«Di la verità, ti è piaciuto, baciare la mia ragazza», lo accusò.
«No! Cioè... Io l'ho fatto per te. Potevo benissimo lasciarla lì come un'idiota, ma non mi sembrava la cosa giusta da fare, né per te, né per lei...»
«E da quando voi Serpeverde fareste la cosa giusta?»
«Da sempre, ma voi Grifondoro avete troppi pregiudizi per accorgervene.»
«Lo so io cosa è giusto. Quella è la mia ragazza e non voglio che tu-».
«Ho capito, ma mettiti nei miei panni...», soffiò Harry. L'altro, stranamente, non rispose e si fece pensieroso. Poi qualche istante dopo scoppiò a ridere fragorosamente.
«E adesso che hai?», chiese Harry stranito, «Smettila di ridere, che la Bibliotecaria se la prende con me!».
Louis non voleva saperne di smettere.
«Ma si può sapere che hai adesso?», sbottò di nuovo Harry con la vocetta acuta di Tomlinson
«Tu», iniziò Louis, «Hai detto mettiti nei miei panni e... non è buffo? Insomma, io ci sono già!», e riprese a ridere.
Harry era allibito. Che umorismo pessimo. Che battuta infelice.
Ma in fondo riderci su era molto meglio. Rimase a guardarlo ridere spassionatamente, mentre l'ombra di un sorriso tremolante gli arricciava gli angoli della bocca. Non poteva fare altro.
Quando Louis si fu calmato, «Senti, scusa, ho esagerato», disse, «Per la storia di Eleanor, intendo.»
Fece una pausa, poi riprese: «E' solo che è stato strano e... mi sono sentito derubato. Prima ti sei preso la mia vita e poi pure la mia ragazza. Lo so che non è colpa tua! e non è nemmeno colpa mia. Ma non è stato bello. Però penso che tu ti sia comportato bene con con El, quindi grazie», soffiò.
«Ti giuro che ho solo cercato di non peggiorare la situazione...», spiegò ancora Harry, ora che l'altro sembrava più comprensivo.
«Sì, ho capito. Se ci penso mi fa ancora incazzare, ma ho capito davvero.»
«Lei era molto preoccupata, sai?»,
«Dici che sospetta qualcosa?», chiese Louis allarmato.
«No, no. Era preoccupata che tu fossi arrabbiato, per ieri-»
«Ti ha detto qualcosa di ieri?», Harry vide la sua faccia sbiancare.
«No, niente, Eleanor ha solo accennato a qualcosa perché aveva paura che fossi arrabbiato con lei per quello. Ma non so di cosa stesse parlando», precisò.
Louis sembrò rassicurato e la faccia di Harry riprese colore.
«Bene, alla fine è andato tutto bene...»
Harry annuì e non fece domande.
«Adesso che abbiamo chiarito, direi che è ora di cercare di dare un senso a questa situazione!», annunciò Louis.
«Ci stò...»
«Dunque, partiamo dall'inizio.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:

Come preannunciato i ragazzi sono tornati nei loro corpi e continuano a fare i conti con la vita dell'altro. Cosa ve ne è parso?
E' entrata in scena Eleanor! Ve l'aspettavate? Ecco, diciamo che non è un personaggio messo a caso, servirà prima o poi a smuovere certe situazioni... Per ora le lascio fare qualche entrata d'effetto (In pratica le lascio traumatizzare il giovane Harry).
Nel prossimo capitolo Harry e Louis cercheranno di fare luce su quello che gli sta accadendo. Arriveranno a delle conclusioni? Chissà... Spero vogliate proseguire nella lettura e scoprirlo :)
 
Se volete lasciare una recensione mi farebbe molto molto piacere, davvero.
 
Vi saluto ringraziando chi segue la storia, chi l'ha messa tra le ricordate e chi recensisce (a queste ultime persone va un grazie particolare!). Ma grazie anche a tutti i lettori silenziosi :)
 
Alla prossima,
Cost.  

Capitolo revisionato al 05/07/2015

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Capitolo 6
*** Facciamo il punto ***





 
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Facciamo il punto (o le situazioni non si spiegano, si subiscono. E basta)
 
Era ancora lunedì 21 Settembre.
Louis ed Harry, uno nel corpo dell'altro, erano in biblioteca da circa un'oretta e avevano ripercorso tutti i fatti che erano accaduti da quel primo terribile lunedì.
Si erano rassegnati al fatto che la Pozione Polisucco non centrasse affatto col loro problema e che più probabilmente stavano vivendo un vero e proprio scambio di corpi. O meglio, di menti.
Nessuno dei due avevano la più pallida idea di come fosse possibile o da cosa fosse causato.
«E perché succede solo di lunedì?», stava chiedendo Harry.
«Forse è solo un caso...», buttò Louis.
«Possibile, ma non possiamo esserne certi.»
«Temo che non abbiamo alternative che aspettare il prossimo lunedì e vedere che succede.» La cosa non allettava nessuno dei due.
«Senti, sei sicuro che non sarebbe meglio chiedere aiuto? Forse qualcuno dei professori saprebbe come risolvere il problema...»
Louis si fece pensieroso.
«Non lo so, in fondo è successo solo due volte.»
«Per ora», precisò Harry.
«Già, però prima di allarmare qualcun altro vediamo se succede ancora e a quel punto prendiamo una decisione».
Era evidente che Louis non volesse che la cosa si sapesse in giro. Harry era d'accordo, ma la paura che da soli non avrebbero trovato una soluzione era molto forte.
«Per adesso vediamo se riusciamo a risolvere la cosa tra noi», propose Tomlinson.
Harry era un po' restio, ma accettò.
 
 
Avevano iniziato a fare qualche ricerca sui libri di incantesimi ma dopo solo qualche ora avevano capito che il loro non era un problema da manuale scolastico. E soprattutto che Louis era pessimo nel fare ricerche. Si distraeva continuamente e ogni volta sentiva il dannato bisogno di rendere Harry partecipe della sua nullafacenza.
Louis l'aveva appena costretto a fare una pausa -l'ennesima- affermando che gli si stavano incrociando gli occhi dalla stanchezza. Harry non gli aveva creduto, ma dai precedenti tentativi aveva imparato che Louis non era uno che sopportava di essere ignorato. Dovendo abbandonare la sua lettura, Harry si fece coraggio e decise che era giunta l'ora di informarsi su com'era andata la giornata dell'altro, ossia la sua. Visti i precedenti, temeva la risposta.
Louis partì in quarta con il racconto. Il momento più divertente della giornata, a sentire lui, era stato durante la lezione di Pozioni: «Sai, Niall mi ha detto di essere stato felicissimo di averti alla sua festa», lo informò.
«Ha detto», continuò Louis, «di essere stato piacevolmente sorpreso dal tuo insospettabile spirito Irlandese. Parole sue!»
La faccia di Harry, ossia quella di Louis, era il ritratto della disapprovazione.
«A parte la chiacchierata con Horan, il resto è stato la solita noia», terminò Tomlinson. Questo era molto più confortante.
«Perfetto», approvò Harry.
Louis tacque qualche istante, pensieroso, poi disse, a voce un po' più bassa.
«I tuoi compagni di casa sono un po' strani, con me. Cioè, con te.»
Harry alzò le spalle con noncuranza: «Sono Serpeverde, non hanno lo stesso modo di approcciarsi con l'umanità che avete voi.»
«Me ne sono accorto. Ma quello che intendevo dire è che con te sono ancora più- Insomma, ti ignorano», spiegò Louis esterrefatto.
«Magari è una tua impressione», borbottò Harry.
«Harry, non è normale che le persone con cui condividi la stanza non ti rivolgano minimamente la parola...»
«Io non parlo con loro, loro non parlano con me, semplice».
«Ma perché?».
«Perché sì». Harry era palesemente infastidito dall'argomento.
«Ma quindi... Non hai amici nella tua casa?»
Harry tacque, Louis lo prese come un sì.
«Ma, nessuno nessuno? In tutta la scuola?»
Harry iniziava ad innervosirsi. «Non ne ho bisogno» sbottò.
«Stai scherzando, vero?»
«Ti sembra?»
«Ma, come fai? Cosa fai tutto il giorno se non hai amici-»
«Non ho bisogno di altri per passare il mio tempo».
Louis lo guardava allibito e Harry ricambiava il suo sguardo con durezza, sperando intimamente che Tomlinson lasciasse cadere l'argomento.
«Louis!», chiamò una voce alle loro spalle, interrompendo la conversazione.
Harry non fu mai tanto grato di vedere Liam Payne. Poi però vide la sua espressione rabbiosa puntata su di lui, e si ricordò che aveva bidonato gli allenamenti di Quidditch. Al Grifondoro la cosa non sembrava essere andata giù.
«Allora è qui che ti sei nascosto!», affermò Payne puntando il dito contro il corpo di Louis. Era la seconda volta che qualcuno lo faceva.
I due al tavolo rimasero muti.
Payne si accorse della presenza di Harry: «Ehi Harry, ci vediamo di nuov-», si bloccò, colto da un'illuminazione.
«No!», esclamò, «Voi due eravate d'accordo!», li accusò.
«Non può essere un caso...», farfugliò ancora, «mentre parlavo con te, Louis è sparito e adesso vi ritrovo qui, insieme.» Harry trovò inquietante il modo in cui disse “insieme”.
Dalla bocca di Harry scappò un «ehm» colpevole. Dannato Louis.
«Avrei dovuto aspettarmelo che ci fosse qualcosa sotto, oggi eri troppo... parlavi!»
«E tu», disse voltandosi verso quello che credeva essere Louis, «Vuoi spiegarmi che diavolo ti prende? Perché continui a saltare l'allenamento e perché sei proprio con lui?»
Harry abbassò la testa, «Non stavo bene...», tentò con la vocetta di Louis.
«E pensi che me la beva così? Stai male puntualmente tutti i lunedì? Dimmi la verità, voi due mi state nascondendo qualcosa.»
Nella mente di Harry una vocetta gridava Allarme! Allarme! e assomigliava terribilmente alla voce di Louis.
«Liam stai esagerando, oggi non mi sentivo in forma, tutto qui, e Harry l'ho incontrato per caso, non c'è nulla da nascondere», mentì, sforzandosi di suonare naturale. L'unica cosa che gli dava la forza di parlare era sapere che prima o poi sarebbe stato il vero Louis a fare le conseguenze di quella conversazione.
Liam continuò a scrutarli, affatto convinto. Ma alla fine alzò le spalle e si arrese.
«Tu non me la racconti giusta, ma per questa volta te la faccio passare. Sappi che ti tengo d'occhio. E lo sesso vale per te, Harry.»
Harry, Louis in realtà, sembrava quasi divertito da quella scena.
«Ora vado a lasciare le mie cose in stanza. Ci vediamo a cena?»
«Certo», si sforzò di sorridergli, ma gli uscì solo una smorfia.
Dopo quello scambio di battute Payne se ne andò.
Appena il Grifondoro fu uscito dalla stanza il corpo di Louis si accosciò sul tavolo.
«Ti vedo sfiancato», commentò Louis divertito.
Harry alzò appena la testa per lanciargli un'occhiataccia.
«Il tuo amico è insopportabile», bofonchiò contro le braccia.
«E' fatto così. Sotto sotto, credo che sia solo preoccupato. Ha paura che tu mi porti sulla cattiva strada.»
Harry si rialzò e gli lanciò un'occhiata scettica: «Io dovrei portare te sulla cattiva strada? Semmai qui è il contrario.»
Louis si limitò a rispondergli con un sorriso storto che, a detta di Harry, aveva un che di diabolico.
«Te la sei cavata bene, però...», disse Louis dopo un po'.
«A fare che?»
«Con Liam», spiegò. «Poteva andare molto peggio di così, quindi... Grazie.»
Harry non seppe che altro dire, quindi tacque. E se aveva l'ombra di un sorriso sulle labbra, la nascose dentro un libro.
 
 
 
All'ora di cena lasciarono la biblioteca senza aver concluso niente e si diressero verso la Sala Grande.
Harry pensò che se qualcuno li avesse visti assieme avrebbe pensato che fossero vicini solo per caso. Erano troppo diversi per camminare nei corridoi l'uno accanto all'altro.
Solo una situazione come quella che stavano vivendo avrebbe potuto far incontrare due persone come loro.
«Che guardi?», chiese Louis. Si era accordo che Harry lo stava fissando.
«Se ho qualcosa tra i capelli non è colpa mia. Ci rimane incastrata un sacco di roba in questo cespuglio», si giustificò tuffando le mani in testa.
Eppure Harry era troppo sovrappensiero per rispondergli a tono e disse invece: «E strano vedere me stesso che mi parla e sapere che sei tu. E nonostante sia sbagliato, mi sembra quasi normale...», bisbigliò.
Louis lo guardò stupefatto, evidentemente non si aspettava un'uscita del genere.
Appena Harry si rese conto di cosa avesse detto se ne vergognò immensamente, ma Tomlinson non rise di lui.
«Sai, penso proprio di poterti capire. La mia mente ti guarda, ci guarda, è pensa “E' assurdo”; ma quello che sento, fisicamente, adesso... Mi sembra tutto normale, come se questo fosse il mio corpo e quello il tuo, come se fosse sempre stato così», disse Louis. «E questo non fa che rendere tutto ancora più assurdo.»
Harry era sorpreso. Sì, era esattamente così che si sentiva, proprio come Tomlinson aveva detto. Quante cose dovevano condividere.
«Siamo arrivati!», esclamò Louis, erano di fronte alla Sala Grande. Quel momento strano era finito.
Lì le loro strade si dividevano. E si scambiavano.
«Beh, speriamo di non doverci più vedere per un po', giusto?», disse Louis.
«Decisamente, per sempre sarebbe anche meglio», precisò Harry, anche se qualcosa dentro di sé protesto a quella frase.
«Magari», concordò l'altro.
«Allora, buona serata...»
«Grazie e comportati bene con Liam. Per quanto riguarda Eleonor invece-», iniziò Louis.
«Se la vedo tengo le mani a posto», lo rassicurò.
«Ottimo.»
«Tomlinson io...», Harry non finì la frase. Se avesse dato voce ai suoi pensieri, quanto sarebbe risultato ridicolo?
«Cosa?».
Voleva dirgli che gli dispiaceva. Gli dispiaceva che fosse costretto a vivere la sua noiosissima vita. Non si sentiva in colpa per la vita che faceva, quello no, era la vita che aveva scelto, gli piaceva. Ma sapeva che, per uno come Louis Tomlinson, doveva essere insopportabile.
Ma non gli poteva dire questo cose.
Non poteva dare a Louis Tomlinson un'altra scusa per ridere di lui.
«Niente, non è niente. Liam mi aspetta, devo andare.»
Louis sembrava appena deluso da quella risposta. Harry lo ignoro e gli diede le spalle.
 
 
 
 
 
Per la seconda notte Harry si ritrovò costretto ad addormentarsi in un letto non suo.
Ma almeno questa volta aveva la quasi certezza che all'indomani si sarebbe risvegliato nel suo letto. Era rassicurante.
E di cose rassicuranti in quella situazione ce n'erano poche.
Ogni volta che finiva incastrato nella vita di Louis Tomlinson sentiva di perdere il controllo sulla propria. Non poteva permetterselo. Non poteva permettersi quella voglia fastidiosa di sorridere che a volte Tomlinson riusciva a scatenargli dentro. O quel bisogno impellente di parlare, che a volte lo lasciava a bocca aperta, in procinto di commettere un errore che non era da lui, non era da Harry Styles.
Tutto ciò doveva finire.
 
Nonostante le sue preoccupazioni, Harry si addormentò presto. Come se, infondo, non gliene importasse poi molto.
 
Il giorno dopo si risvegliò nel suo letto, fra coltri verdi e argentate.
Non aveva più motivo di ricordarsi che Louis Tomlinson esisteva. Almeno per un po'.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'Autrice:
 
I ragazzi hanno provato a fare il punto e non hanno combinato niente (yeah!).
In generale, in questo capitolo succedono poche cose, diciamo che in sé funge da conclusione al precedente.
Non sono mancate le paranoie di Harry, che piano piano stanno venendo fuori insieme alla sua vera personalità. Quella di Louis va colta.
Nel prossimo capito: novità. E... compare un nuovo personaggio! Chi è che manca all'appello?
 
Ringrazio immensamente tutti, tutti quanti, quelli che leggono, quelli che seguono, ringrazio chi ha messo la storia nelle ricordate e addirittura tra le preferite! Grazie. E ovviamente un grande ringraziamento va a quelle persone che recensiscono. Non sapete che piacere mi fate!
 
A presto,
Cost.
 
 
 
 
Capitolo Revisionato al 02/08/2015

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Capitolo 7
*** Troppo presto ***


..In your skin..
 
 
 
 
 
 
Troppo presto (o cambiano i giorni, ma restano i bagni)
 
La mattina del 24 Settembre Harry aprì gli occhi con due certezze.
La prima era che era giovedì, ne era certo perché aveva passato il giorno prima a scrivere una pergamena per la lezione di Incantesimi di quella mattina.
La seconda certezza era che era di nuovo Louis Tomlinson, questa volta non dovette nemmeno guardasi intorno, semplicemente lo sapeva.
 
Si alzò dal letto, senza badare al colore delle coperte o alle forme del suo corpo. Fuori dalla finestra, il sole aveva appena iniziato a sorgere. Sapeva che non avrebbe più dormito, non in quel letto, non in quel corpo.
Così, sorprendendo l'intero dormitorio, si alzò e andò in bagno, ad un orario inconcepibile per Louis Tomlinson.
Se una volta entrato in bagno avesse teso le orecchie, avrebbe sentito un anonimo compagno di stanza di Tomlinson chiedere stupefatto a Liam: «Ehi Lee, ho appena visto Louis alzarsi alle sette del mattino o me lo sono immaginato?»
«Non lo so, forse ce lo siamo immaginati in due...»
 
 
 
Per Harry il bagno del dormitorio del settimo anno dei Grifondoro era diventato una sorta di luogo di transizione obbligatorio. Entrava nella stanza, si metteva davanti allo specchio e costatava la realtà che veniva in esso riflessa, solo allora riusciva ad accettare appieno la situazione. No, non accettare, sopportare era il termine giusto.
Quella mattina lo scontro con lo specchio fu un po' meno duro delle volte prima, ormai sapeva cosa aspettarsi. Non era meno traumatico, però.
Ma se il riflesso di Louis Tomlinson non lo allarmò più di tanto, c'era qualcosa che invece lo preoccupava terribilmente: era troppo presto.
Non era lunedì. Se lo fosse stato avrebbe accettato lo scambio a testa bassa, anche quel giorno.
Ma era giovedì. Erano passati solo tre giorni dall'ultima volta.
Il lunedì era stato l'unico punto fisso in quella situazione priva di ogni logica. E non c'era più.
 
 
 
«Payne, andiamo», sbraitò Harry uscendo dal bagno.
Il ragazzo interpellato, il quale era ancora sotto le coperte, aprì appena gli occhi, giusto il tanto per poter lanciare a Louis uno sguardo stralunato.
«Lou, stai zitto, non sono neanche le otto» biascicò.
«Andiamo» ribadì Harry incurante. Poteva permettersi quel tono. Poteva anche permettersi di dare ordini, era Louis Tomlinson adesso.
«Ma Louis-»
«Subito!»
«Lascia almeno che mi vesta,» si arrese Payne, «e vorrei poter usare il bagno anche io,» aggiunse.
«E chi te lo impedisce?», soffiò.
Liam gli lanciò un occhiataccia. Ma si alzò.
Harry nel frattempo iniziò a vestirsi.
«Fammi indovinare, è uno di quei giorni strani?» chiese Liam mentre si alzava dal letto.
Harry grugnì qualcosa, ma il risultato sembrò più uno squittio. Odiava quella voce. Odiava quel posto, odiava Payne e odiava tutto quello che gli stava succedendo.
«Lo prendo come un sì...» poi: «Merlino, io non lo so se riesco a sopportarti in questo modo più di un giorno alla settimana!», continuò Liam. La cosa era reciproca.
«Io sono già pronto», sbottò la voce di Louis.
Liam si voltò a guardarlo.
«Tu stai davvero male», sentenziò esaminandolo. Era decisamente troppo trasandato.
Harry ignorò il commento. Di certo non aveva intenzione di onorare la fissazione di Tomlinson per l'abbigliamento.
«Sbrigati».
Liam in tutta risposta si chiuse nel bagno.
Cinque minuti dopo stavano scendendo giù dalla torre.
 
Quando arrivarono in Sala Grande non c'era nessuno.
«Sei contento? Sicuramente abbiamo battuto qualche record. Non ci sono nemmeno i professori!», esclamò Payne.
«Taci.»
Liam si diresse al tavolo e si sedette.
«Che fai?», domandò Harry con la vocetta di Louis.
«Beh, già che siamo qui faccio colazione. Guarda, il servizio è già attivo! Per una volta non mi dovrò accontentare degli avanzi», osservò contento.
Almeno uno di loro era felice.
Doveva aspettarsi che Louis, insieme al suo corpo, non fosse lì a quell'ora. Ma che non ci fosse proprio nessuno... Forse era davvero troppo presto.
Di certo non poteva tornare su, anche perché senza Payne non sarebbe andatoe da nessuna parte -e lui non sembrava intenzionato a spostarsi da lì-, così si mise seduto di fronte all'altro.
«Non mangi?», chiese Liam dopo un po'.
«Non ho fame», borbottò Harry.
«Sei consapevole che a quest'ora hanno ancora montagne di muffin al cioccolato appena sfornati?»
«E allora?»
Liam lo fissò a bocca aperta -fornendogli una visione gratuita della sua colazione masticata-, poi esclamò: «Tu hai davvero un problema grave!».
Harry alzò gli occhi azzurrini al cielo.
«In ogni caso dopo abbiamo lezione di Erbologia con i Corvonero, scommetto che ti tirerà su l'umore.»
«Ma di che parli?»
«Come di che parlo?», domandò Liam basito, «Hai presente Erbologia? Erbologia uguale Corvonero. Corvonero uguale Eleanor. Eleanor uguale a...» schioccò tanti bacetti nell'aria. Harry lo fissò con disgusto.
«Oh.»
«Già, “oh”», fece il verso Liam.
Harry aveva dato per scontato che Eleanor fosse una Grifondoro, forse perché l'ultima volta si era seduta al loro tavolo. Ma ora che ci pensava non l'aveva mai vista a lezione o nella sala Comune dei Rosso-Oro (non che ci avesse passato tanto tempo).
Il pensiero di doverla rivedere e di dover passare ben due ore al suo fianco -o meglio, con lei appiccicata al suo di fianco- lo fece rabbrividire furiosamente.
Non era la ragazza in sé a schifarlo tanto, gli era anche sembrata carina, era tutto il contesto che non gli piaceva affatto.
«A che... A che ora abbiamo Erbologia?» chiese preoccupato.
«Sarebbe anche ora che imparassi l'orario delle lezioni, non puoi sempre contare su di me. Comunque, alla prima e alla seconda», rispose Payne, pazientemente.
Era troppo presto. Stava diventando il motto della giornata.
«Ehi Lou, guarda! Sta iniziando ad arrivare gente», esclamò Liam indicando il portone.
Harry non gli prestò attenzione. Poi a Liam sfuggì una risatina.
«Pensa un po'... E' Harry.»
La testa di Louis scattò immediatamente verso la porta.
Gli occhi di Harry lo stavano già fissando. Louis lo stava chiamando.
«Vado a salutarlo», affermò. E senza dare spiegazioni si alzò e raggiunse sé stesso.
«Andiamo in bagno», disse Louis.
«Andiamo», concordò Harry.
Intanto Liam Payne, solo e abbandonato in Sala Grande, era sempre più certo che quei due gli nascondessero qualcosa.
 
 
 
«Non è lunedì.», disse Louis mentre entrava nel bagno. La sua voce mascherava malamente la sua preoccupazione
«Me ne sono accorto...»
Sul suo vecchio viso c'era un espressione affranta. Harry non sapeva se sentirsi consolato dallo sconforto dell'altro o se dovesse lasciare che alimentasse il suo.
«Mi sa che avevi ragione» disse allora Harry.
«A che proposito?»
«Credo che fosse solo un caso che questo scambio avvenisse di lunedì.»
«Mmm», fece Louis, «avrei preferito non avere torto. Se lo scambio non avviene in momenti fissi, allora forse può avvenire sempre e “sempre” non mi piace».
Non piaceva nemmeno ad Harry.
Cadde un silenzio preoccupato, interrotto solo dallo sbadigliare frequente di Harry, cioè, di Louis nel corpo di Harry.
Harry rimase a fissare il proprio corpo per un po', un'idea gli ronzava in testa.
«Ti sei alzato presto anche tu, questa mattina?» chiese.
Louis annuì, «All'alba. Non è una cosa che mi capita spesso, in genere dormo fino a quando Liam non mi sveglia.»
Era Harry quello mattiniero. Beh, in realtà avrebbe dormito, se solo ne fosse stato in grado. Ma si ritrovava sempre sveglio, madido di sudore e spaventato, alle prime luci dell'alba, a volte anche prima. Era colpa degli incubi. Normalmente però restava a letto con gli occhi puntati al soffitto fino alle otto e mezza del mattino, aspettava che i suoi compagni lasciassero la stanza per strisciare fuori dal suo letto e prepararsi in solitudine.
«Non pensi che sia strano?» continuò, «il fatto che siamo entrambi svegli a quest'ora? Non potrebbe essere legato a... allo scambio? Avviene tutto nel sonno e, da quanto sembra, ci svegliamo assieme. Non può essere un caso.»
Louis lo guardava con gli occhi spalancati dallo stupore.
«In effetti... In effetti no! Dobbiamo approfondire questa questione del sonno, forse-»
In quel momento la porta si aprì.
Un ragazzo dalla pelle olivastra e gli occhi ambrati se ne stava sulla soglia, con il pomello della porta ancora tra le mani.
Quello li guardò, evidentemente sorpreso di trovare qualcuno nel bagno del piano terra a quell'ora, ma li salutò comunque con un gesto distratto della testa e poi li ignorò bellamente.
Harry e Louis guardano il nuovo arrivato mentre li superava e raggiungeva i lavandini per sistemarsi i capelli allo specchio.
Harry sapeva chi era, più o meno. Era un Serpeverde come lui, l'aveva visto qualche volta in Sala Comune, era al sesto anno e giocava a Quidditch. Ma il nome non lo sapeva proprio.
Passarono parecchi i secondi e il tipo non sembrava intenzionato ad andarsene, né a fare nulla di più che rimirarsi allo specchio. Ogni tanto gli lanciava uno sguardo attraverso il vetro, incurante di farsi beccare, poi sorrideva divertito dalle loro espressioni, e ritornava ai suoi capelli.
Harry e Louis dovevano finire la loro conversazione, ma con il ragazzo presente non potevano parlare liberamente e quello non sembrava per niente innervosito dalla loro presenza, non quanto loro lo erano dalla sua.
Fu allora che la porta si aprì di nuovo. Ed entrò Liam Payne.
«Ecco dove ti eri cacciato», sbraitò subito contro Louis, che sventuratamente era Harry.
«E ovviamente c'è anche Harry. Chissà perché la cosa non mi stupisce...»
«E lui invece?», continuò Liam, accorgendosi della presenza del ragazzo dagli occhi ambrati.
«Io sono Zayn Malik, Serpeverde», si presentò prontamente il ragazzo.
«Lo so chi sei, giochi come Cercatore nella tua Casa», disse Payne. «Non sei per caso il nuovo membro del loro gruppetto?»
Quale gruppetto? Harry e Louis si cambiarono un'occhiata confusa
Zayn Malik sembrava saperne più di loro, perché rispose divertito: «Nah, sono qui per fatti miei. Anzi, credo di averli interrotti mentre confabulavano.»
Si guadagnò due occhiatacce fulminanti. Quel tipo stava supportando le congetture di Payne, ed era l'ultima cosa di cui avevano bisogno.
«Liam», Harry decise che era il momento d'intervenire, «perché sei qui?»
«Eleanor ti sta cercando, voleva andare con te alle serre. Solo che non ti trovava da nessuna parte, quindi le ho detto che ti avrei trovato io.»
Harry sentiva il suo corpo agitarsi accanto a lui.
«Ah, okay» si sforzò.
«Dai, andiamo che ti sta aspettando.»
«Ehm, Lee, devo... Per favore, dille che ci vediamo direttamente alle serre, la raggiungo io lì», disse. Liam lo guardò di sbieco.
«Certo, finisci pure qualunque cosa stavi facendo qui con Harry. Tanto c'è Liam che ti para il culo con Eleanor. Ahh, lasciamo stare. Ciao Harry, Malik», e così dicendo Payne se ne andò.
La porta si chiude rumorosamente dietro di lui e rimasero tutti e tre -sì, anche Malik, che non sembrava intenzionato a farsi i fatti suoi- a fissarla basiti
«Mi sa che l'hai fatto arrabbiare. Tu hai fatto arrabbiate Liam Payne!», esclamò Louis, con la voce di Harry.
«Scusa, io ci ho provato a...» cercò di giustificarsi Harry.
«No, no. Non hai capito. Mi stavo complimentando! Ce ne vuole per far perdere le staffe a Liam, tu invece ci riesci ben-» Louis si bloccò, ricordandosi che non erano soli.
«Oh, non fate caso a me. Continuate pure!» fece Malik, che nel frattempo si era messo comodo seduto sopra un lavandino. Non sembrava minimamente intenzionato ad andarsene. Aveva la faccia di chi si era ritrovato in una situazione sorprendentemente interessante.
Harry fece gesto a Louis di seguirlo e si rifugiarono nell'angolo opposto del bagno, il più lontano possibile da Malik. Poi gli chiese parlando a bassa voce: «Che diavolo faccio adesso, come mi comporto con Eleanor?», sperò che Zayn non l'avesse sentito.
Louis si prese un po' di tempo per riflettere, era combattuto. Poi gli si avvicino ancora, un po' troppo per i gusti di Harry, e bisbiglio: «Cerca di essere più natura possibile...»
«Intendi che posso...?» chiese allarmato.
«Devi», affermò Louis, per quanto gli costasse.
«Ma io non voglio!», squittì Harry con la vocetta di Louis. Questo Malik l'aveva sentito di sicuro.
Louis sorrise, col sorriso raro di Harry. Non più così raro da quando lo indossava Louis.
«Questa è un'occasione per te, Eleanor è una gran bella ragazza, approfittane», poi ci pensò, «Ma non troppo», precisò.
Harry era frastornato. Quale ragazzo sano di mente avrebbe detto ad un altro ragazzo di “approfittare” della propria ragazza? Okay, la situazione era particolare, ma...
«Ma non è che poi cambi idea e ti incazzi di nuovo?»
«Potrei farlo, lo ammetto. Ma preferisco che vada così, piuttosto che doverla lasciare a causa di questa storia. Perché se la ignorassi, sicuramente andrebbe a finire male.»
«Va bene... Mi sa che devo andare allora», disse Harry.
«Okay, hai bisogno di sapere qualcosa?»
«Mi arrangio. Tanto c'è Payne che è peggio di una balia. Tu hai le solite raccomandazioni.»
«Si, si, lo so... Ci vediamo in biblioteca?»
«Si, magari continuiamo le ricerche», propose Harry, pur sapendo che gli sarebbe toccato fare tutto il lavoro come la volta prima.
«Sarebbe una buona idea.»
«Oggi non hai allenamento vero? Se ne salto un altro è la buona volta Payne mi terrà il muso a vita. Ti terrà!»
«Fortunatamente oggi non c'è», lo rassicurò Louis.
«Ottimo. Allora, io vado».
«Okay, buona fortuna».
«Anche a te», disse Harry.
«Ciao», disse Louis.
Si guardarono negli occhi un istante. Sentirono ancora una volta l'assurdità di quella circostanza. Ma andarono avanti.
Harry uscì dalla stanza.
 
 
 
Quando Louis rimase solo in quel bagno, si ricordò di Malik.
Il Serpeverde non si era mosso dalla sua postazione, sembrava una statua greca. Ma il suo sguardo era attento e sveglio, come se avesse passato tutto il tempo a cercare di ascoltare la loro conversazione.
Sarebbe stato più saggio usare un incantesimo silenziante, ma non sarebbe stato molto diverso che alzare un cartello con su scritto: “Qui c'è un segreto! Provate a scoprirlo!”.
Sperando che Zayn Malik avesse sentito il meno possibile, Louis pensò che poteva andare a lezione, tanto ormai mancavano solo dieci minuti al suono della campana.
Poi si rese conto che Harry non gli aveva dato l'orario delle lezioni di quel giorno. «Cazzo...», sibilò a mezza voce.
«Problemi?», chiese Zayn, abbandonando la sua postazione.
Louis si guardò un attimo attorno, incerto sul da farsi. Se fosse stato il vero Harry, avrebbe ignorato il ragazzo e cercato di arrangiarsi, ma visto che non lo era...
«Non mi ricordo che lezioni ho», ammise Louis, fingendo un certo imbarazzo.
Malik scoppiò a ridere, ma non in modo cattivo: «Succede sempre anche a me», gli disse solidale. Poi riprese: «Perché non vai a prendere il foglio con gli orari in dormitorio? Sei ancora in tempo», suggerì.
L'avrebbe fatto. Se solo si fosse ricordato come si arrivare nei sotterranei. Di solito Louis seguiva qualche altro Serpeverde per entrare ed uscire. Lì sotto era un vero labirinto.
Vedendolo tacere: «Se vuoi ti accompagno», propose Zayn, in un attacco di dubbia gentilezza.
Louis lo guardò.
Quel tipo non gli piaceva particolarmente. Non gli era mai piaciuto, neppure sul campo da Quidditch.
Ma se voleva andare a lezione doveva arrivare nei dormitori. L'unico modo per farlo era seguire Malik. E forse, e solo forse, aveva sperato che il ragazzo proponesse di aiutarlo.
«Okay, grazie», disse la voce di Harry.
«Andiamo».
Louis si affrettò a seguire l'altro, stando ben attento a camminare sempre qualche passo dietro di lui.
«Dunque Harry, tu sei al quinto anno?», chiese Zayn mentre camminavano veloci.
Si morse la lingua prima di parlare. Doveva stare attento a quel che diceva. Doveva stare attento a quanto diceva. «Già...»
«E come va?»
«Cosa?»
«La scuola», specificò Zayn con ovvietà. Dove voleva parare?
«Va», risposta sempre efficace.
«Grande. Quest'anno hai i Gufo, preoccupato?»
«I Gufo?» ah, giusto, Harry non li aveva ancora dati, «No, ci penserò più avanti» disse.
«Questa è la filosofia giusta» concordò Zayn.
Se Malik si aspettava che dicesse qualcosa era evidente che non sapesse che tipo era Harry Styles. Harry sarebbe stato fiero di Louis per come si stava comportando.
Il moro, però, non si fece abbattere dal suo silenzio e proseguì l'interrogatorio. Perché sì, quello era un vero e proprio interrogatorio.
«E che cosa fai nel tempo libero?»
Ma che domanda era quella?
«Ehm, studio?», tentò.
«Sì, beh, oltre a quello».
«Uhm, niente di che, credo?»
«Credi?»
Louis si diede mentalmente dell'idiota. Alzò le spalle e tacque.
«Io gioco a Quidditch, invece», disse, come se Harry gliel'avesse chiesto, «E' uno sport grandioso, dovresti provare.»
Louis dovette ricorrere a tutte le sue forse per non entusiasmarsi dell'argomento. Malik non gli piaceva, ma il Quidditch era sempre il Quidditch. Lui però era Harry, quindi... «Non fa per me», disse.
«Non sai che ti perdi amico, davvero».
“Amico”? Quel tipo si prendeva un po' troppe libertà.
«A proposito di Quidditch, com'è che che conosci Louis Tomlinson?», chiese a quel punto.
Forse era puro egocentrismo, ma Louis aveva come l'impressione che Zayn Malik non avesse aspettato altro che fargli quella domanda e le altre erano servite solo a rompere il ghiaccio. La luce curiosa nei suoi occhi, la stessa con cui li aveva guardati prima, nel bagno, non faceva che alimentare i suoi sospetti.
Doveva stare attento.
«Noi parliamo giusto ogni tanto» disse, vago.
«Nei bagni?»
«Dove capita.»
«E com'è che siete diventati amici?»
«Non siamo amici, ci siamo conosciuti appena tre settimane fa.»
Zayn Malik sembrava deluso da quella risposta. Qualunque cosa avesse sospettato, l'aveva appena fatta crollare. E qualunque cosa essa fosse stata, sicuramente era lontana dalla realtà -assurda- dei fatti.
«Siamo arrivati», annunciò Zayn.
Con suo stupore, Louis si accorse che erano arrivati nella Sala Comune di Serpeverde. Era così concentrato a non fare o dire nulla di stupido che non si era nemmeno accorto di essere entrato lì dentro.
«Vai a prendere gli orari, ti aspetto qui», disse Zayn.
«Okay».
Louis si avviò e sforzando la memoria riuscì a raggiungere le stanze del quinto anno.
Il letto di Harry si riconosceva. Era quello più nascosto, un po' in disparte rispetto gli altri. Di fronte al letto c'era un baule, che Louis non aveva mai aperto perché aveva sempre trovato i suoi vestiti pronti e piegati sul comodino. Dentro il baule, regnava l'ordine assoluto, un ordine quasi soffocante, finto. Trovò gli orari perfettamente in bella vista e i libri e i quaderni erano già pronti per le lezioni di quel giorno.
Isolamento e ordine, questo era Harry. O almeno, era quello che si sforzava di essere.
Ma la grafia che segnava i suoi appunti era nervosa e i fogli pieni di macchie di inchiostro.
 
Quando tornò in Sala Comune Zayn lo stava ancora aspettando.
«Ci hai messo un'eternità», gli fece notare Malik.
«Scusa, non trovavo i fogli», inventò, in realtà si era perso nei corridoi un paio di volte.
Si incamminarono a passo veloce verso le aule.
«Cos'hai alla prima ora?»
«Incantesimi», rispose Louis.
«Io pozioni... Che rottura.»
«Non ti piace?», gli sfuggì.
«Perché dovrebbe?»
Louis alzò le spalle. Era convinto che piacesse a tutti i Serpeverde. Evidentemente si sbagliava e faceva bene a non condividere i suoi preconcetti da Grifondoro con Zayn Malik.
«Sei strano tu», disse Zayn fissandolo
«Grazie», rispose acido, senza un velo gratitudine.
«No, scusa, non intendevo insultarti. Sei strano, ma sei a posto. E sembri migliore di tanti altri Purosangue qui dentro.»
Louis lo guardò per qualche istante. Sembrava sincero e se non lo era allora era un gran bravo attore. Ma Zayn era un nato-babbano a Serpeverde, lo sapeva perfino Louis, e non avrebbe detto qualcosa del genere se non fosse stato sincero. Non ad Harry che, a quanto diceva Malik, era un Purosangue come la maggioranza in quella casa.
Se anche era sincero, Louis non capiva cosa potesse vedere uno come Zayn Malik in Harry Styles. Ma Louis sentiva che aveva ragione, Harry non era così male, in fondo in fondo.
«Tu non mi conosci» obbiettò.
Zayn alzò le spalle: «Sensazioni.»
Dopo non disse più niente. E lo accompagnò fino all'aula in silenzio.
Louis lo salutò e avava la netta sensazione di aver appena trovato un amico ad Harry.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Harry e Louis sono sempre in compagnia, Liam fa l'ennesima scenata (povero, è un po' confuso!) e come promesso compare personaggio mancante: Zayn. Spero vi piaccia! Ammetto che il suo carattere mi sembra davvero lontano da quello originale... Ma va bene anche così. Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Se avete notato la seconda parte del capitolo è scritta completamente dal punto di vista di Louis e d'ora in poi lo userò più spesso, per quanto quello di Harry resterà il principale.
Nel prossimo capitolo inizieranno, finalmente, a venire fuori certe... questioni. La storia comincerà a sfiorare quelli che saranno alcuni degli argomenti cardine (era ora!)
 
Ringrazio tutti quelli che leggono la storia e in particolare a quelli che lasciano un segno per la propria lettura!
Ovviamente, se volete farmi sapere cosa pensate di questo capitolo o della FF in generale, mi farete davvero felice :)
 
Comunico che gli aggiornamenti d'ora in poi saranno una volta a settimana e i capitoli usciranno intorno a mercoledì/giovedì.
 
Ancora grazie,
a presto !
 
 
 
Capitolo revisionato al 03/08/2015
 

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Capitolo 8
*** Meglio soli che mal accompagnati ***



 
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Meglio soli che mal accompagnati (o perché all'improvviso il mondo si ricorda che esisto?!)
 
Era ancora Giovedì 24 Settembre.
L'orario di Harry Styles quella mattina prevedeva ben due ore di Incantesimi. Louis se la cavava nella materia, ma dover riascoltare le lezioni del quinto anno era una noia assurda.
Il professore aveva impiegato più di un'ora per spiegare un facilissimo incantesimo di appello, facile per Louis, almeno, che l'eseguiva da due anni. I ragazzi del quinto invece sembravano alquanto scettici sulla riuscita del suddetto incantesimo.
«Bene ragazzi, ora provate a farlo voi, pronunciate la formula “Accio!” e trasportate la penna sul banco fino alla vostra mano», disse il professore.
Louis una cosa del genere poteva darla ad occhi chiusi.
I ragazzi iniziarono a provare: solo uno riuscì al primo colpo, e nemmeno brillantemente, ma la maggior parte spostò la penna solo di qualche centimetro, un ragazzo la fece volare dall'altra parte dell'aula.
Poi provò Louis.
«Accio!», affermò convinto, con intonazione e posizione perfetta. Ma non accadde niente. Niente.
La penna non si era mossa di un millimetro.
Doveva aver sbagliato qualcosa
«Accio!», riprovò di nuovo, facendo tutto da manuale. E di nuovo la penna non si mosse.
Era strano.
Non stava sbagliando niente, eppure era come se stesse pronunciando una parola qualsiasi anziché un incantesimo, perché ogni volta che lo recitava non sentiva la sensazione della magia che si muoveva. Era come se dalla bacchetta di magia non ne uscisse neanche un po'.
Forse lo scambio interferiva con la magia, o forse era la bacchetta che non-
«Ehi, Styles, che succede? Questo incantesimo è troppo difficile per te?»
Louis si voltò verso il suo interlocutore e si trovò davanti il viso arrogante di un Serpeverde, un suo compagno di dormitorio, uno di quelli che non gli aveva mai rivolto la parola. E capì immediatamente che sarebbe stato meglio se avesse continuato a farlo.
«Non disturbarlo Alec, non vedi com'è concentrato? Sta aspettando che la magia si faccia viva», intervenne un'altra voce, canzonandolo.
«Quale magia? Quella che non ha?», ribadì “Alec” ridendo sguaiatamente e seguito a ruota da molti altri Serpeverde.
Louis rimase muto, incapace di difendersi contro delle prese in giro che nemmeno capiva.
«Ti do un consiglio Styles, lascia stare, questo incantesimo non fa proprio per te. Vedi» riprese «le persone come te dovrebbero fare cose più alla loro portata.»
«Potresti chiedere a Gazza di fargli da assistente, sicuramente ti troveresti meglio con un tuo simile,» concluse l'altra voce. E di nuovo risate.
«Che succede lì infondo?» esclamò il professore.
«Niente, niente, stiamo solo cercando di aiutare Styles, è un po' in difficoltà» spiegò Alec, con falsa cortesia.
«Mmh, bravi. Ora che lo avete aiutato, però, non voglio più sentirvi parlare» sentenziò il professore.
«Come vuole.» I Serpeverde tornarono a provare per i fatti loro, ma Louis fu certo di sentire uno di loro, forse lo stesso Alec, sussurrare malevolo: «Buon lavoro piccolo magonò.»
Per tutto il resto dell'ora Louis rimase immobile, con la bacchetta stretta forte nella mano, incapace di togliersi dalla mente quelle parole. Una in particolare continuava a martellargli nella testa.
 
Forse Harry aveva davvero delle buone ragioni per non voler a che fare con quella gente...
 
 
 
Al termine delle lezioni, Harry, nei panni di Louis Tomlinson, si era diretto in biblioteca dove aveva appuntamento con, beh, sempre Louis Tomlinson.
Era lì da pochi minuti, quando «Ehi» lo sorprese la sua stessa voce. Harry alzò gli occhi azzurrini e si trovò di fronte a sé stesso.
«Ehi», ricambiò. «Com'è andata?»
Il suo volto era più pallido del solido mentre Louis rispondeva con un pacato: «Tutto come al solito.»
Non era la verità. Glielo vedeva addosso.
«Sei sicuro?»
Louis annuì, scuotendo i ricci di Harry un po' troppo energetixamente: «Sicurissimo». La voce era decisa. Gli occhi un po' meno.
«E tu, com'è andata con la mia Eleonor?» chiese Louis, spostando l'argomento della conversazione. Harry decise di lasciar perdere. Se ci fosse stato qualcosa che doveva sapere, Louis gliel'avrebbe detto. Giusto?
«E' andata» rispose allora. Le sue guance si colorarono appena ripensando alla mattinata.
«Sì, okay, ma come è andata, di preciso?»
«Ecco, dunque, lei... lei mi è rimasta accanto per tutte e due le ore di Erbologia, ogni tanto parlava di...» si sforzò di ricordare «delle sue amiche, credo. Io sono stato zitto, non sapevo proprio cosa dirle, ma non se l'è presa, spero. Poi quando è suonata la campana me ne sono andato. E' tutto.»
«Tutto tutto?»
Il rosso sulle sue guance si accese ancora: «Sì. Cioè, lo sai il resto...»
«Vi siete baciati?»
«Lei ha baciato me» precisò Harry. L'espressione sul suo vecchio volto non sembrava convinta.
«E scommetto che ti è anche dispiaciuto.»
«Esatto.»
«Balle.»
Alzò gli occhi al cielo: «Per come la vedo io, baciare la ragazza di un altro mentre sono in un corpo non mio, non è la più piacevole delle situazioni. Ogni volta che- che mi tocca mi sembra di stare commettendo un crimine. Preferirei baciare un Drago Norvegese, piuttosto che lei.»
Louis rimase a fissarlo per parecchi secondi: «Ma non è che tu sei gay?»
Harry si lasciò sfuggire un verso frustrato dalle labbra di Louis: «Hai ascoltato anche una sola parola di quello che ho detto?» non aspettò nemmeno la risposta, si alzò e si precipitò verso la porta.
Louis rimase al tavolo stordito da quella fuga improvvisa, a fissare la sedia vuota di fronte a lui. Quel ragazzo sapeva almeno che cosa fosse una battuta?
Pochi secondo dopo, Louis stava correndo dietro sé stesso.
Lo raggiunse quando l'altro era già uscito dalla biblioteca.
«Harry, hey, Harry, fermati!» Con sua sorpresa, Harry si fermò veramente e poi si girò a guardarlo, trapassarlo, con gli occhi di ghiaccio che fino al giorno prima erano stati i suoi. Stava aspettando. Louis sapeva anche cosa.
«Scusami. Scherzavo, prima» ammise. «Sono stato insensibile, mi dispiace. Lo so che non è facile per te, come non lo è per me. Ma ti giuro che non volevo offenderti, stavo solo cercando di metterla un po' sul ridere. Sono fatto così, scusa.»
Harry lo guardò per qualche istante in silenzio, prima di sibilare un misero: «Okay». Non aveva accettato le sue scuse, ma era sempre meglio che niente.
Louis sospirò: «Torniamo dentro, le nostre cose sono ancora lì.»
Harry lo seguì senza fare storie.
Avrebbero dovuto parlare del loro problema, ma quando Louis gliel'aveva fatto notare, Harry aveva detto che aveva dei compiti da fare per il giorno dopo, e si era buttato a testa bassa nei libri. Louis dal canto suo non sapeva come sfondare il muro di silenzio che si era creato tra loro e, per disperazione, si mise a studiare a sua volta.
Un'ora dopo, Louis sfogliava svogliatamente il libro di Storia della Magia. Il programma del settimo anno era decisamente più interessante di quello degli anni precedenti, infatti affrontava gli anni dalla salita di Lord Voldemort alla sua caduta definitiva, descrivendo le vicende di Harry Potter. Per quanto Louis provasse una stima immensa per Il bambino che è sopravvissuto -che ormai non era più tanto un bambino, bensì uno degli Auror migliori di Inghilterra- di cui era venuto a conoscenza al primo anno ad Hogwarts, il manuale di storia aveva il potere di far sembrare noiosa perfino la sua vita.
Quando Harry lo chiamò, distraendolo dalla sua appassionata lettura, pensò quasi che si trattasse di un'allucinazione.
E invece Harry era lì, nel suo corpo, e gli porgeva un foglio, la pergamena a cui aveva lavorato per un'ora.
Louis guardò l'oggetto confuso: «Ehm, cosa dovrei farci con questa?», chiese afferrandola.
«Riscrivila.» Era un ordine.
«E perché mai dovrei farlo?»
Harry sbuffò: «Guardala.»
Louis abbassò lo sguardo sulla carta. Era un tema di Difesa, Trattato Sugli Scudi Magici, diceva il titolo, e proseguiva per almeno quaranta righe.
«Che cosa dovrei guardare, esattamente?»
Il Serpeverde gli lanciò uno sguardo scocciato.
«La calligrafia. Non è la mia» disse allora Harry, scocciato dalla sua stupidità.
Louis era talmente abituato alla propria scrittura che non ci aveva nemmeno fatto caso. Harry aveva ragione, il tema che aveva scritto riportava la calligrafia di Louis.
«Ho provato a modificare la scrittura, a imitare la mia, ma non ci riesco» spiegò. «E' come se le tue mani si muovessero in automatico. Capirai anche tu che domani non posso certo consegnare la pergamena in questo modo, o il professore penserà che qualcuno l'ha scritta al posto mio.»
Louis rimase a fissare la pergamena ancora un po'. Perfino lui stesso l'avrebbe scambiata per un lavoro di suo pugno. Be', lo era, in un certo senso.
Quella non era proprio la distrazione che aspettava, anzi, e se avesse potuto avrebbe gentilmente detto ad Harry di arrangiarsi. Se lo sarebbe meritato, per come lo trattava. Ma non poteva. In quel casino, l'unica cosa che potevano fare era aiutarsi a vicenda. E, okay, Harry non sembrava molto entrato nell'ottica del lavoro di squadra, ma Louis non era così stronzo da non aiutarlo lo stesso.
Quindi prese un foglio bianco e iniziò a ricopiare il tema, sorpreso di vedere la facciata riempirsi di una scrittura diversa dalla sua. Era come diceva Harry, le mani si muovevano meccanicamente. Era una sensazione strana, ma nel giro di una decina di minuti anche quella stranezza divenne quasi normale.
Harry non lo ringraziò. Ma quando Louis alzò la testa, a metà della sua opera di trascrizione, lo beccò a fissarlo. E, poteva scommetterci, quella piega sulle sue labbra -non era un sorriso, no- ma sapeva di gratitudine.
 
 
 
Fu così che li trovò Liam Payne qualche ora dopo, con la testa china sul tavolo, intenti a fare i compiti. Assieme.
Harry non si aspettava che l'altro lo cercasse, non quel giorno. Payne infatti gli aveva a malapena rivolto dieci parole, dopo la discussione di quella mattina. Eppure era lì, con gli occhi pieni di senso di colpa.
«Ciao Lou. Ciao Harry», Liam non sembrava stupito dalla presenza del Serpeverde.
«Ciao Liam», si sforzò di salutarlo a sua volta Harry, con la voce graffiata di Louis.
«Posso parlarti?»
«Certo, accomodati», disse facendogli spazio.
«Ehm», Liam lanciò un occhiata a Harry. Era evidente che avrebbe preferito parlare in privato. Non sapeva certo che la persona con cui voleva parlare era proprio quella che avrebbe voluto allontanare.
Harry, recitando la parte di Louis, finse di non notare il suo imbarazzo e «Forza, siediti,» lo esortò.
Liam lanciò un occhiata sospetta ai due, a quel Louis strano e a quel Harry stranamente impegnato nella scrittura, poi sospirò e si sedette.
«Volevo scusarmi per questa mattina...» soffiò, sincero. «Non avrei dovuto reagire così, è stato eccessivo.»
Harry si grattò nervosamente la nuca.
«Non fa niente, io... devo scusarmi anche io» suonò più come una domanda che come un'affermazione. «Ho... ho approfittato un po' troppo della tua gentilezza. E lo so che in questi giorni sono strano» aggiunse,« ma passerà, davvero. Tu non prendertela troppo, okay? E' una fase.»
Liam gli lanciò un sorrisetto: «Beh, non sei mai stato troppo normale, tu.»
Gli occhi verdi di Harry fulminarono Liam, ma quello non se ne accorse, impegnato a ridere sommessamente. Harry si sforzò di unirsi a lui, ma tutto ciò che uscì dalla gola di Louis Tomlinson fu una risatina strozzata e nervosa.
«Ma, esattamente, voi che cosa state facendo qui?», chiese Liam pochi istanti dopo.
La voce di Harry ruppe il silenzio prima che Harry, la mente, potesse solo pensare ad una risposta: «Louis mi sta dando una mano con i compiti di Difesa», inventò lo stesso Louis.
Liam sembrò abbastanza sorpreso da quella risposta. Poi scoppiò a ridere.
«Penso che tu abbia scelto l'insegnate sbagliato, Harry», commentò divertito. «Louis qui, sarà anche un talento con la bacchetta, ma penso che non abbia mai aperto un libro di Difesa -o di qualsiasi altra materia- in tutta la sua vita. Se riesce a passare tutti gli anni è per miracolo.»
Harry vide il proprio volto tingersi dell'irritazione di Louis, prima di aprire bocca e: «In realtà mi è stato molto d'aiuto,» dire con durezza.
Liam scrollò le spalle, non meno divertito: «Beh, è un miracolo allora!»
«Penso che sia ora di andare a cena,» affermò la voce di Louis. Harry voleva al più presto interrompere tutta quella situazione.
Payne controllò l'orologio al polso ed annuì.
Harry si rivolse al suo corpo: «Ehm, Harry, hai finito con quelle pergamene?», era così strano parlare con sé stesso...
«Mi manca ancora qualche riga», disse Louis, la mente, «Ma posso pensarci da solo, grazie mille. Per l'aiuto.»
«Ehm, prego...», borbottò Harry con la voce dell'altro. Sperò che l'altro capisse il suo muto ringraziamento.
Harry raccolse le cose di Louis, le sue, e seguì Payne fuori dalla Biblioteca dopo aver salutato velocemente la sua controparte fisica.
«Così... adesso dai ripetizioni?»
Si limitò ad alzare le spalle.
Liam lo fissò, esasperato dal suo silenzio.
Sbuffò: «Forza, andiamo che muoio di fame. Ma uno di questi giorni mi dovrai spiegare che diavolo ti sta succedendo, sappilo.»
Pericolo scampato.
 
Quando Louis finì di ricopiare la pergamena, la biblioteca era quasi vuota, gli studenti dovevano essere già tutti andati a cena. Sistemò libri e fogli nella cartella di Harry, e poi si diresse in Sala Grande.
Era di nuovo solo. In quasi sette anni passati a Hogwarts non aveva mai passato tanto dempo da solo come quando era Harry Styles. Era un tipo socievole, Louis. Gli piaceva circondarsi di gente e stare in compagnia. I silenzi, invece, lo innervosivano, lo lasciavano in balia di sé stesso e dei suoi pensieri.
Ora che era Harry, però, non c'era nessuno che potesse distrarlo dalla sua mente. E puntualmente, mentre camminava verso la Sala Grande, lo investirono i ricordi di quella mattina.
Non erano insopportabili. Pensare ai fatti di Harry non era come pensare ai propri, non gli metteva addosso la stessa frustrazione. Ma comunque... c'era qualcosa che l'aveva turbato profondamente nelle parole che i Serpeverde avevano rivolto ad Harry Styles.
Louis Tomlinson era sempre stato un tipo curioso, certo, ma aveva sempre ficcanasato nei fatti altrui con un divertito distacco, vedendo in essi una distrazione da sé stesso e nulla di più. Quella mattina, e ora che continuava a pensarci, si sentiva coinvolto, troppo, in quella storia. Una storia non sua, in cui era finito per caso o per errore.
Aveva già i suoi problemi, non gliene servivano altri.
Eppure non riusciva a smettere di pensarci.
Quei ragazzi di Serpeverde avevano accusato Harry di essere un magonò. E ora, Louis era nato-babbano e magari non conosceva perfettamente il mondo magico, ma sapeva che quello non era il genere di insulto che i maghi si lasciava sfuggire alla leggera.
Risentiva le parole cattive di quei ragazzi rimbombargli nelle testa e poi... E poi ripensava a quell'incantesimo di appello che non gli era riuscito. Ripensava alla sensazione, o meglio, alla totale mancanza di sensazioni quando aveva recitato l'incantesimo e alla bacchetta che era rimasta inanimata, come un inutile pezzo di legno.
E forse stava fraintendendo, forse c'era una spiegazione logica a tutto ciò che lui non consceva, ma non poteva non pensare che quel fatto fosse collegato all'insulto dei Serpeverde.
Non gli piaceva, quella situazione non gli piaceva.
Per un attimo pensò di parlarne con Harry, di chiedergli spiegazioni. Ma scosse la testa, come per scacciare il pensiero. Non avevano bisogno di altre complicazioni tra di loro. Inoltre, pur sapendo così poco di Harry Styles, di una cosa era certo: non gli avrebbe detto niente su quella faccenda, anche se lo avesse supplicato.
Quando arrivò alla Sala gli era ormai passata la fame. L'idea di dover mangiare ancora una volta tra i Serpeverde, e sentire su di sé le occhiate derisorie di Alec e dei suoi amici, gli rivoltava lo stomaco non suo.
Senza pensarci due volte, fece retro-front e uscì dalla sala. Nel farlo andò quasi a sbattere contro qualcuno.
«Hey, da quanto tempo!» esclamò il tipo, che, purtroppo, era di sua conoscenza.
«Malik», lo salutò.
«Stai andando a cena?»
«Veramente me ne sto andando.»
«Ah, capisco,» il suo tono era vagamente dispiaciuto, forse aveva sperato di poterlo sottoporre ad un altro round di domande.
«Vorrà dire che ci vedremo in giro,» aggiunse subito topo, con tono nuovamente baldanzoso.
«Certo,» la voce di Harry non era altrettanto entusiasta.
Louis scappò via prima che l'altro potesse aprir bocca di nuovo.
 
 
Stringendo le meningi, si fece venire in mente la strada che aveva fatto quella mattina per raggiungere i dormitori. Una volta lì, dopo aver abbandonato le cose di Harry nel suo baule, si svestì velocemente, cercando di guardare il meno possibile quel corpo estraneo, e si infilò sotto le coperte, sbarrando le tende del baldacchino.
Il mondo fuori, lui dentro. Quel letto aveva l'odore di Harry. Ma ormai stava diventando familiare.
Chiuse gli occhi e si sforzò di non pensare. Il sonno, per fortuna, lo colse molto presto e si lasciò andare con piacere tra le braccia di Morfeo, aspettando impazientemente la sua vita che lo attendeva oltre gli incubi della notte.
Quella notte, sognò un cielo azzurro e prati di erba verde. Poi il verde del prato contaminò il cielo e il cielo scese sulla terra e infine tutti i colori del mondo erano ribaltati, eppure era bellissimo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note:
Allora, ecco l'ottavo capitolo! Pubblicare è stata un'impresa, dal momento che mio fratello si è impossessato del computer giorno e notte per scrivere la tesi. Okay, la sua è una occupazione un po' più... Prioritaria, forse, ma non ho più tempo neppure per scrivere :'( Comunque, ho rapito il computer e ho aggiornato! Meglio tardi che mai! Spero davvero che vi piaccia.
Le cose.. stanno venendo fuori. Ditemi cosa ne pensate!
Nel prossimo capitolo Zayn inizia a prendere i suoi spazi!
Per ora è tutto, il computer è richiesto...
Ah, ovviamente grazie grazie mille alle persone per cui questa storia rappresenta qualcosa e grazie tantissime a chi me lo fa sapere :) E se lasciate una recensione, mi fate una persona felice!
Salutoni,
Costanza.
 
 
Capitolo revisionato al 14/08/2015

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Capitolo 9
*** Interludio di normalità? ***


 
 
..In your skin..
 
 
 
Interludio di normalità? (o tutto cambia e io non posso farci niente)
 
Era il 25 Settembre, venerdì.
Dopo che Harry si era svegliato e aveva felicemente realizzato di essere di nuovo sé stesso, si era trascinato fuori dal letto fino al bagno. Lo specchio, il suo, gli aveva mostrato il volto di una persona reduce da una notte tormentata. Certo aveva dormito, ma tutta la notte era stata un susseguirsi di sogni strani. Ormai però non li ricordava più.
Per qualche motivo, la sua immagine riflessa nello specchio gli fece pensare a Louis. Questo non era bene.
Pensò a come Tomlinson la sera prima fosse scappato fuori dalla Sala Grande, senza cena (e questo spiegava la gran fame di Harry) e gli venne in mente anche il comportamento evasivo del pomeriggio passato. Che fosse successo qualcosa? Ma perché non gliene aveva parlato, dato che sicuramente aveva a che fare con lui?!
Qualcuno bussò alla porta, reclamavano il bagno.
Harry decise che era ora di andarsene. Era già vestito, alla sua maniera, e i capelli erano perfettamente in disordine, insomma era pronto.
Uscì. E andò a scontrarsi contro Alec. Di solito iniziavano così le sue brutte giornate...
«Guarda dove vai!», gli ringhiò quello, sottintendendo un qualche insulto, ma senza spostarsi.
«Scusa...», farfugliò. Harry non sapeva come passare.
«Allora, ti sposti?!», chiese Alec con un ghigno, era evidente che non era Harry a doversi togliere dal mezzo...
«Io...», perché davanti a quel bastardo non riusciva mai a reagire?!
«Quindi ti ricordi ancora come si parla? Ieri è stato molto scortese da parte tua non ringraziarci e pensare che abbiamo solo cercato di aiutarti!».
Ieri? Ma cos- Oh! Ecco che cosa aveva Louis! Oh no...
«Scusa...», disse solo, amareggiato.
«“Scusa, scusa” sai solo dire scusa?», gli fece il verso.
«No... Senti, io devo andare!», così dicendo lo spinse debolmente da una parte e corse via prima che potesse rinfacciarglielo. Lasciò la stanza senza prendere niente. Sarebbe tornato più tardi.
 
Harry raggiunse frettolosamente la Sala Comune e proprio mentre stava per uscirne, doveva mettere quanta più strada possibile tra sé ed Alec, qualcuno lo chiamò.
«Styles!».
Sentendo quella voce ebbe tre realizzazioni: non era Alec, non gli era nuova e non prometteva nulla di buono.
Si voltò e davanti a sé trovò il ragazzo che l'altra mattina aveva sorpreso lui e Tomlinson nel bagno. Se ricordava bene si chiamava...
«Malik», dall'espressione dell'altro intuì di averci azzeccato.
«Dove vai così di fretta?», chiese il ragazzo dalla pelle scura.
Ma i fatti suoi?” «Sto uscendo», rispose vago.
«Questo l'avevo notato, ma dove vai?», insisté. Quel ragazzo non sapeva proprio cosa fosse la discrezione.
«Secondo te dove posso andare a quest'ora?», chiese tra il sarcastico e il canzonatorio. “Questo sì che sono io, ultimamente mi stavo rabbonendo. Tutta colpa di...”
«Ahah», Malik dovette trovarla una frase divertente, «In effetti non hai molta scelta..., quindi vai in Sala Grande», concluse.
«Perspicace... », sussurrò sarcastico.
«Avrai una gran fame», disse Zayn, (il suo nome doveva essere quello. Forse...).
Harry non rispose, lo guardò interrogativo.
«Ieri hai saltato la cena», spiegò Zayn, poi continuò: «Sai, ci sono quasi rimasto male, ti avevo chiesto di mangiare con me, ero certo che avresti accettato e poi invece te ne sei andato! Potrei quasi essermi offeso...!»
Di che diavolo sta parlando?!”, pensava Harry confuso, ma sapeva che c'era un'unica spiegazione per tutto ciò: “Tomlinson!
Harry tacque. Ora che era sé stesso non era più obbligato a fingere di essere una persona loquace.
«Ti ricordavo un po' più socievole... Sto praticamente tenendo un discorso con me stesso! Certo le tue espressioni sono molto eloquenti», affermò Zayn.
Harry gli mandò un'occhiataccia.
«Ecco appunto! Dai, andiamo!».
Fu così che Harry si ritrovò ad attraversare i sotterranei al fianco di Zayn Malik. E quest'ultimo non faceva altro che riempirlo di domande, intervallate da lunghi monologhi e brevi pause in cui lo fissava con curiosità.
Harry non parlava quasi mai, si chiedeva solo e continuamente che cosa diavolo volesse quel tipo da lui e che cosa diavolo avesse fatto o detto Tomlinson per far credere al ragazzo di potersi permettere tanta confidenza.
Ed Harry credeva sarebbe finita lì...
 
 
 
Era lunedì 28 Settembre ed era il primo lunedì da un po' di tempo a quella parte che Louis passava nei suoi panni.
Quella mattina quando si era alzato nel suo letto si era quasi sentito deluso. Quasi.
Certo era più che contento che le cose stessero andando così, in questo modo non avrebbe saltato un altro allenamento (e non era proprio il caso: avevano un'imminente amichevole contro i Corvonero) e poi... Magari era finita davvero... Ma non si faceva false speranze.
Era arrivato il pomeriggio e Louis si stava incamminando verso il campo da Quidditch, Liam lo avrebbe raggiunto tra un po', e mentre attraversava un corridoio vide passare una testa ricciuta molto familiare.
Non era la prima volta che incontrava Harry per i corridoi, anzi, da quando gli capitava quella cosa lo vedeva spessissimo in giro. O forse semplicemente prima non ci aveva fatto mai caso.
Tutte le volte che si erano intravisti si erano comunemente ignorati, proprio come se fossero due estranei. In fondo non avevano ragione di riconoscere la reciproca esistenza più di quanto facessero in quei giorni. E Louis credeva che anche quella volta avrebbero continuato ad evitarsi come sempre.
Per questo superò Harry ignorandolo e per questo si stupì tanto quando l'altro gli afferrò una manica e lo strattonò, per poi rivolgergli uno sguardo assassino.
«Che cosa c'è?», chiese Louis stupito. Erano giorni che non parlavano ed erano settimane che non lo facevano stando ognuno nel proprio corpo.
«Tu. Che. Cavolo. Hai. Detto. A. Malik?!», sbraitò Harry.
«Ma di che caspita parli?», di certo Louis non si aspettava quella scena.
«Hai fatto qualcosa!»
«Potresti spiegarmi che cosa
«Tu... Adesso Malik mi perseguita!», spiegò Harry disperato, «E sono certo sia tutta colpa tua!».
Louis tacque. Poi scoppiò a ridere.
«Allora sei stato davvero tu?!», chiese Harry arrabbiato.
«Ma no, ma no! Io non ho fatto niente, te lo giuro!», disse Louis fra le risate.
«Figurati se ti credo!»
«Styles, davvero, l'ossessione di Zayn per te è del tutto indipendente dal mio intervento!», spiegò.
«Che vuoi dire?»
«Credo che lui ti consideri un interessante caso umano», affermò Louis. Harry forse si offese...
«Vaffanculo», così dicendo gli diede le spalle e se ne andò. Si era decisamente offeso.
«Ehi, Harry, dai aspetta! Non intendevo...», lo inseguì, ma non si fermava. Questa volta fu Louis a fermare l'altro prendendolo per una manica.
«Quello che volevo dire, e che tu avresti capito se non fossi tanto permaloso, è che evidentemente Zayn Malik pensa che tu sia una persona interessante, per qualche motivo. Potrebbe perfino trovarti simpatico!», spiegò con calma.
«Io non sono permaloso», disse Harry.
«E' l'unica cosa che hai sentito?!»
«No... E non me ne frega di quello che pensa di me, io lo trovo fastidioso! Mi segue ovunque!»
«Non potresti dargli una possibilità?», domandò Louis.
«Mi aspetta tutte le mattine in Sala Comune!», disse Harry, come se la cosa celasse un'estrema gravità.
«Gentile da parte sua», osservò Louis.
«Mi invita a pranzare con lui e suoi amici del Quidditch!», nella voce di Harry c'era palesemente disgusto.
«E tu rifiuti?»
«Ma certo! E poi... mi parla!», gli sembrava inconcepibile.
«Vuole solo esserti amico!»
«Ma io no!»
«Ne sei sicuro?»
«Assolutamente!», affermò Harry.
«Davvero non sei un almeno un po' felice di avere qualcuno che vuole starti accanto, per propria scelta?», chiese Louis.
Ad Harry quella domanda non piacque e provò ad allontanarsi, ma la mano di Louis era ancora stretta attorno al suo braccio e lo fermò.
«Lasciami», sbraitò Harry.
«Tu rispondi», disse Louis.
«No».
«Harry, Zayn vuole conoscerti, perché l'ha deciso lui, perché l'ha scelto lui. Non perché l'ha costretto una qualche maledizione del cavolo... Questo è ammirevole da parte sua e- Uao, ho appena detto che Malik è ammirevole!», osservò sorridendo.
Harry non disse niente.
«Sei proprio certo che sia tanto insopportabile?», insisté Louis.
«Lo è!», rispose Harry, ma aggiunse: «Quasi sempre...».
A Louis quel “quasi” suonò come una vittoria.
«Lo detesto quando si mette a parlare di Quidditch o quando mi riempie di domande assurde e assillanti...», riprese Harry.
«Però?», chiese Louis.
«Non c'è nessun però. Solo... a volte è... non malissimo...», concesse.
«Quindi, potresti perdonarmi?», domandò Louis speranzoso.
«Allora ammetti di essere colpevole di questa mia persecuzione?»
«Diciamo che potrei avergli dato un po' di corda, che potrebbe averlo incoraggiato a socializzare con te...», ammise.
«Bastardo, lo sapevo!»
«Styles, seriamente, io ti consiglio di non disprezzare troppo Zayn. Un giorno potresti ritrovarti completamente da solo e vorrai un amico, ma non ci sarà. Allora te ne pentirai, credimi... E comprenderai che non lo dico perché Zayn mi stia te simpatico, lo dico per te, davvero. Potrebbe farti bene!», concluse Louis con un sorriso gentile.
Harry impiegò parecchio prima di rispondere, quelle parole l'avevano turbato. «E chi lo dice scusa?».
«Lo dico io!», affermò Louis.
«Allora...», disse Harry poco convinto
Louis si accorse solo in quel momento di essere già in ritardo: «Scusa, io adesso devo andare ad allenamento. Ci vediamo... quando capita!», disse Louis.
«Già, quando capita...», rispose Harry amaramente.
«E dagli una possibilità a quel Serpeverde da strapazzo!»
«Guarda che lo sono anch'io!»
«Lo so!», disse Louis sorridendo divertito.
«Comunque, ci penserò...» e Louis ebbe l'impressione che Harry l'avrebbe fatto davvero.
«Fai bene! Ciao Harry!».
L'unico saluto da parte del moro fu un borbottio confuso. Meglio che niente.
Louis se ne andò.
Ad ogni passo si sentiva un po' stordito.
La conversazione che avevano appena avuto era stata... Diversa. E non solo perché per una volta tra di loro non gravava il peso della maledizione. Louis era diverso, ma sopratutto Harry lo era.
Louis si rendeva conto che quel ragazzo lo trattava in modo diverso da come trattava tutti gli altri e forse nemmeno se ne accorgeva.
E si rendeva conto che era sbagliato, che il loro avvicinamento dipendeva solo da quanto gli stava succedendo e che appena sarebbe finito sarebbero tornati ad essere due estranei. Per questo l'aveva esortato a diventare amico di quel Malik. Perché lui non ci sarebbe stato per sempre. E allora Harry sarebbe tornato ad essere solo, in balia di tutto il resto...
 
 
 
Erano ore che Harry pensava alla conversazione avuta con Louis.
Innanzitutto non era nei progetti. Poi però l'aveva visto per quel corridoio, con la sua espressione assorta ed allegra, tremendamente colpevole, e si era sentito in dovere di fermarlo ed accusarlo di una colpa che... alla fine gli spettava davvero.
Solo che non aveva ottenuto nessuna soluzione, si era solo incasinato...
Aveva compreso il consiglio di Tomlinson, ma gli sembrava completamente assurdo! Harry non poteva... Harry non voleva nessun amico! Non ne aveva mai avuto bisogno e se l'era sempre cavata benissimo!
E di certo non aveva bisogno di uno come Zayn, era così fastidioso, sempre pieno di malizia e frecciatine!
Certo Harry non avrebbe mai ammesso che quelle nuove attenzioni gli facevano un gran piacere. Ammetterlo avrebbe significato intraprendere la strada dell'auto-illusione.
 
In quel momento stava entrando in Sala Grande, quando...: «Harry!», gridò l'inconfondibile voce di Zayn Malik che da giorni era il suo tormento personale.
Di nuovo lui...”, pensò.
«Di nuovo tu...», non riuscì a trattenersi.
«Anche io sono lieto di vederti», esclamò Zayn ridendo.
Harry sbuffò.
«Ti siedi con me?», chiese Zayn.
Zayn gli ripeteva quella frase da tre giorni. E puntualmente Harry diceva di no e si andava a sedere al suo posto in disparte in fondo al tavolo, dove ci stavano i novellini e i reietti della Casa.
Non c'era nessuna ragione logica per cui Harry, che era decisamente un reietto, si dovesse sedere tra i giocatori di Quidditch e i ricchi rampolli di Serpeverde!
E poi... gli vennero in mente le parole di Tomlinson e furono sufficienti a stravolgere tutto.
Harry era sempre stato bene con se stesso, benissimo, non aveva mai voluto avere amici. Ma all'improvviso la prospettiva che le cose restassero così per sempre gli fece paura. Tanta paura. Ed era tutta colpa di Louis.
E fu colpa di Louis anche se Harry si domandò cosa sarebbe successo se per una volta avesse provato, solo per una volta, a dire...
«Si», lo disse davvero.
«Cosa?!», domandò Zayn meravigliato.
«Io... credo di aver detto si». “Sto impazzendo”, pensò. Ma l'espressione felice di Zayn gli fece girare la pancia.
«Allora, prima che ci ripensi...Vieni!», così dicendo Zayn gli fece cenno di seguirlo.
Ormai Harry non poteva tirarsi indietro. Per la prima volta nella sua vita si diresse verso il centro del tavolo. Gli tremavano le gambe.
«Stai tranquillo, i miei amici sono a posto», disse Zayn.
«Io sono tranquillissimo!», mentì.
«Ehi ragazzi!», esclamò Malik rivolgendosi a qualcuno. Harry aveva lo sguardo puntato a terra.
In che situazione mi sono cacciato?!
Intanto: «Malik! Sei in ritardo!», affermò una voce (che il riccio non aveva mai sentito).
«Non è colpa mia! Guardate, ho incontrato il mio amico Harry, c'è un posto anche per lui?», chiese con semplicità. “Il mio amico Harry”, aveva un suono spaventoso.
«Ma certo!», rispose la voce allegramente. “Ma questi lo sanno chi sono io?”, si chiedeva.
«Accomodati Harry», disse Zayn sedendosi e indicandogli un posto tra sé e un altro ragazzo.
Harry gli diete retta, decisamente pentito e certo che tutti lo stessero guardando. E no, non era paranoico! … Giusto un po'.
«Lui», disse Zayn indicando il ragazzo seduto affianco ad Harry, «E' Michael, del settimo anno, gioca nella squadra come Battitore», spiegò. “Tu guarda, un giocatore di Quidditch!
Il suddetto ragazzo porse la mano ad Harry. Quest'ultimo si fece forza, alzò lo sguardo e si ritrovò di fronte un ragazzo piuttosto atletico, quanto Liam Payne, con gli occhi neri e profondi, astuti.
«E' un piacere conoscerti», disse con voce profonda, scrutandolo tanto attentamente che sembrava stesse per attraversarlo con lo sguardo da un momento all'altro.
«Ehm, piacere», borbottò Harry, con il tono di chi desidera essere da un'altra parte.
«Lui invece», riprese Zayn indicando il ragazzo di fronte a sé, «è Thomas, Tommy per tutti, è al quarto anno, ma è un gran cacciatore!», disse.
Thomas aveva capelli castani, occhi grandi vivaci e verdi e un sorriso permanente. Emanava vitalità.
«E' davvero un piacere conoscerti Harry», era la stessa persona che aveva parlato prima, «sapessi quanto Zayn parla di te! “Harry qui, Harry lì!”. Era ora che si degnasse a present-»
«Non dargli retta Harry, Tommy è piccolo, a volte blatera», disse Zayn interrompendo l'altro.
«Io non blatero assolutamente! E non sono picc- oh, dimenticavo! Ci vuole una stretta di mano! Tutte le grandi amicizie nascono con una stretta di mano!», affermò e lanciò la mano oltre il tavolo, verso Harry, che ricambiò la stretta di mala voglia, per cortesia.
Gli venne da pensare che non aveva mai stretto la mano di Louis o quella di Zayn... Poi pensò che non voleva nessuna grande amicizia.
«Thomas ha le sue fissazioni, perdonalo», disse Michael pacatamente.
«Si chiama educazione!», puntualizzò Thomas.
«Si chiama che sei un fissato!», ribatté prontamente Zayn.
Mentre quei tre bisticciavano, Harry si chiese se Zayn gli avrebbe presentato qualcun altro, ma sembrava proprio di no. Eppure nella squadra c'erano molti più giocatori, tra titolari e non...
Si guardò attorno. Realizzò che il piccolo gruppo di cui faceva parte era come isolato dal resto del tavolo che, con sua gioia, l'ignorava.
Si voltò a guardare Micheal, che apriva bocca solo di rado, poi guardò Thomas, che parlava sempre, e infine guardò Zayn, che apriva bocca ogni volta che serviva una frase d'effetto. E pensò che si poteva aspettare di peggio da tre giocatori di Quidditch.
Forse se li avesse conosciuti prima, forse le cose non sarebbero andate come... “Che pensiero stupido”, si rimproverò.
«Harry, tu giochi a Quidditch?», chiese Thomas.
Zayn si mise a ridere sguaiatamente e rispose al posto del riccio: «Harry è l'emblema dell'antisportivo! Penso che morirò prima di vederlo in un campo da Quidditch!», affermò.
«Ti vorrei ricordare, Zayn, che anche tu eri molto poco disposto verso lo sport fino a qualche tempo fa», disse Michael con quel suo tono calmo che Harry aveva già capito lo contraddistingueva e che nella sua mente stonava con l'ideale di sportivo.
«In che senso?», chiese Thomas.
«Tu non lo sai perché sei più piccolo», iniziò Michael e Thomas fece una smorfia infastidita sentendosi chiamare in quel modo, «Ma Zayn quando era al primo e al secondo anno detestava tutti gli sport, e pure il Quidditch, non voleva sentirne parlare».
«Non ci credo!», disse Thomas sconcertato, evidentemente quella storia non la conosceva.
«E' così», confermò lo stesso Zayn.
«E poi?»
«E poi...», continuò Zayn, «Michael ha iniziato a rompermi le palle, convinto per qualche ragione che io avessi la stoffa per il Cacciatore. E mi ha assillato talmente tanto che... mi ha convinto!», concluse,
«Per fortuna!», commentò Thomas.
«Per fortuna», concesse Zayn.
«Aspetta», disse Harry improvviamamente. Ancora non aveva aperto bocca. Tutti e tre si voltarono a guardarlo.
«Hai detto... Che voleva farti giocare come Cacciatore... Ma tu non sei un Cercatore?», domandò.
Zayn sbatté le palpebre un paio di volte.
«Ma allora mi stai a sentire quando parlo!», esclamò.
«Sei tu che sei ripetitivo...», soffiò Styles. Thomas la trovò un'uscita molto divertente.
«Harry», intervenne Michael, «io ho sempre avuto un certo occhio per il Quidditch, ma ho fatto anche qualche sbaglio. Infatti per due anni Zayn ha giocato come Cacciatore, ed era molto bravo, ma quando il nostro vecchio Cercatore si è diplomato e Zayn l'ha sostituito, allora ci siamo accorti che era molto più portato per quello! Ed ora gioca in quel ruolo», concluse.
«Questo lo sapevo pure io!», intervenne Thomas, «Infatti Zayn era il mio idolo! Volevo diventare un Cacciatore fantastico come lui! Poi però è diventato Cercatore, sapessi che delusio-».
«Tommy non assillare Harry con la storia della tua cotta per me!», disse Zayn scherzando.
«Ehi, non sminuire i miei sentimenti!», esclamò Thomas stando al gioco.
«Tanto lo sai che non sei ricambiato».
«Infierisci?»
«Per me c'è solo Harry!», affermò Zayn. Ad Harry andò di traverso il budino ed iniziò a tossire violentemente, diventando bordeaux. Gli altri scoppiarono tutti a ridere.
«Harry, vedessi la tua faccia!», esclamò Thomas, ma non c'era derisione nella sua voce. A un certo punto la tosse di Harry si tramutò a sua volta in riso, e non seppe perché, ma si sentì bene.
 
La cena si concluse tranquillamente. Quei ragazzi se non altro non erano spocchiosi, questo Harry glielo concedeva. Ed era una rarità nella Casa di Salazar.
Quale fosse la caratteristica predominante di quel gruppetto era palese, erano tutti Nati Babbani capitati in una Casa poco ben disposta nei loro confronti. Ma ad Harry di quelle questioni non fregava nulla.
Ovviamente le paranoie di Harry lo perseguitarono tutta la sera e gli impedirono di essere eccessivamente partecipe, non che lo volesse, ovviamente. Tuttavia riuscì a non preoccuparsi troppo degli sguardi maligni che, lo sapeva, ogni tanto lo puntavano poco lontano.
Quando la cena finì gli altri tre se ne andarono subito perché avevano allenamento serale, Harry stava andando in dormitorio, quando all'ingresso vide una figura familiare.
Fu naturale andargli incontro e sorprenderlo. «Ehi», disse.
Louis si accorse dell'altro e lo guardò sorpreso, ma non sembrava infastidito.
«Ciao Styles», disse Louis.
«Potrei aver dato retta al tuo consiglio...», buttò Harry. “Perché glielo sto dicendo?!
«Davvero? Ossia?», chiese Louis incuriosito.
«Potrei aver dato una possibilità a Zayn...», confessò. Detta così suonava proprio male. “No, suonerebbe male in ogni caso
«E com'è andata?».
Se Harry si fosse visto allo specchio avrebbe saputo che Louis sapeva già la risposta: l'aveva dipinta in faccia.
«Male».
«Bugiardo».
«Okay, diciamo che mi aspettavo di peggio...» e ancora Harry si chiedeva perché glielo stesse raccontando.
«Hai cenato con lui?», chiese Louis, “Come se gli interessasse veramente...”.
«Già...».
«E...?»
«E ho realizzato che i giocatori di Quidditch di Serpeverde sono decisamente meglio di quelli di Grifondoro!», affermò Harry.
«Come osi?! Questo potrei interpretarlo come un insulto sai?».
«Fai pure..»
«E poi sarei io il bastardo!».
«Michael e Thomas», disse Harry dal nulla.
«Che cosa?», chiese Louis confuso.
«Micheal e Thomas, sono gli amici di Zayn, nel caso ti capitasse di...»
Louis capì al volo: «Ah, certo, grazie... Spero di ricordarmeli...», mentre diceva quelle cose si guardava attorno.
«Aspetti qualcuno?»
«Si, Eleonor, abbiamo appuntamento qui», spiegò.
«Allora sarà meglio che io vada...», convenne Harry.
«Poi restare se vuoi», disse Louis gentilmente. Che strano parlare in questo modo con Louis Tomlinson. Che strano parlargli e basta.
«Scusa, ma non ci tengo a vedere la tua ragazza, sarebbe troppo imbarazzante!», affermò Harry.
«Ahah, se solo sapesse...!»
«No! Meglio decisamente di no...»
«Voi due in realtà non vi conoscete neanche, giusto?», chiese Louis.
«Perché dovremmo?», “Io e lei potremmo avere a che fare quanto potrei con te...
«Non so...»
«Direi che rimandiamo le presentazioni», disse Harry.
«Sono d'accordo», sentenziò Louis, poi riprese: «Quindi d'ora in poi proverai a sopportare quel Malik e la sua combriccola?»
«Non esageriamo!», lo frenò Harry.
«Ma se dovesse capitare di nuovo che io sia te», ed era sempre possibile, «ho ufficialmente il permesso di parlare con Zayn?».
«Preferirei che fosse lui a parlare, ma... sì, hai il permesso. Non ti stava antipatico?», si ricordò Harry.
«Non è esattamente il mio amico ideale, sai, un po' troppo Serpeverde per i miei gusti. Mi accontento...»
«Louis, grazie...», soffiò Harry.
«Di cosa?»
«Non lo so», “Non lo so davvero...”, realizzò.
«Be, allora prego, qualsiasi cosa sia. Anche se sospetto che tu debba ringraziare te stesso».
«Ma io sono te», disse Harry con un sorrisetto ghembo.
«Non mi rubare le battute peggiori», fece Louis sorridendo altrettanto. Stavano scherzando sulla loro sventura. Appena qualche settimana prima l'argomento li faceva andare nel panico.
«Adesso vado, quella laggiù mi sembra un po' troppo Eleonor...!», disse Harry.
«Ciao Styles».
Il moro se ne andò prima di assistere ad un bacio troppo intimo per una sala pubblica.
 
 
 
Harry stava venendo meno a tutti i suoi ideali e a tutti i comportamenti che si era imposti per anni.
Decise che per quella notte non se ne sarebbe preoccupato, perché adesso stava bene.
Poteva ancora rimandare un po' il momento il cui avrebbe realizzato che il suo mondo stava crollando.
Perché era questo che stava succedendo, stava perdendo il controllo della sua vita.
Ma ci avrebbe pensato domani. Per quella notte non gli dispiaceva poi troppo di aver conosciuto Zayn e Michael e Thomas. E perché no, anche Louis Tomlinson. Solo per quella notte.
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
«Oddio, non dirmi che è uno di quei giorni strani? Credevo ti fosse passata... Oggi ti voglio assolutamente in forma! Abbiamo una partita da vincere!»
[…] «Louis: niente scherzi, ti voglio sulla scopa!», ribadì Payne.
“Sono morto!”, pensò Harry.”
 
 
 
 
 
Note:
Salve! :)
Prima di tutto, chiedo immensamente scusa per il ritardo, in questi giorni non sono stata a casa un secondo e ho potuto aggiornare solo ora... Meglio tardi che mai.
Poi, voglio davvero ringraziare le persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Tre recensioni! Un record! Modesto, ma sufficiente a rendermi davvero felice, grazie.
Infine, passando a questo capitolo: come avete notato è particolarmente incentrato su Harry e sulla sua vita sociale in (lenta) evoluzione. Sopportatelo. Inoltre, anche i suoi rapporti con Louis sembrano star migliorando... Ma non v'illude, col prossimo capito si incasina tutto! :D
Sappiate solo: sarà breve e doloroso! (perdonatemi)
 
Vi saluto e ringrazio ancora tutte le persone che lasciano una traccia della propria lettura. Fatemi sapere cosa pensate della storia! ;)
A presto,
Cost.
 

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Capitolo 10
*** Quidditch! ***





 
..In your skin..








Quidditch! (o lo sport è un'indiscutibile fonte di discordia tra gli uomini)




Era il 4 Ottobre, era una domenica ed era da più di una settimana che Harry era Harry. Per l'esattezza erano passati dieci giorni dall'ultima volta che la sua mente si era fatta un giretto nella testa di Louis Tomlinson.
Ogni giorno Harry aveva sperato sempre di più di poter credere che fosse finita. L'aveva sperato davvero.
Tutte le sue speranze però erano crollate quella prima domenica d'Ottobre, perché, quando si era svegliato, l'odore di uno shampoo non suo gli aveva riempito le narici, perché gli sembrava di aver troppi pochi capelli in testa e perché se apriva gli occhi era tutto un po' troppo scarlatto del dovuto.


Restò a compiangersi nel suo pigiama a boccini fino a che Payne non lo venne a svegliare.


«Allora, non sei emozionato?!», stava dicendo Liam mentre scendevano in Sala Grande. Harry lo ascoltava appena mentre blaterava di Quidditch già alle otto del mattino.
Qualcuno deve anche spiegarmi perché devo alzarmi così presto di domenica!
Payne scambiò lo sbadiglio di Harry per un verso di partecipazione.
«Credevo che questo giorno non arrivasse mai! E invece... Sì, una partita è proprio quello che ci vuole!», continuò. «Li stracceremo!», aggiunse.
Harry si fermò nel bel mezzo delle scale.
Doveva aver capito male. Payne non poteva aver pronunciato la parola “partita”.
«Lou, ma che hai?»
Harry sbuffò.
«Oddio, non dirmi che è uno di quei giorni strani? Credevo ti fosse passata... Oggi ti voglio assolutamente in forma! Abbiamo una partita da vincere!», affermò Payne scrollandolo per le spalle.
Forse aveva capito male una seconda volta, si diceva Harry. Ma in testa continuava a vorticargli la parola “partita, partita, partita”.
«Louis non fare quella faccia, mi spaventi! Siamo chiari: non voglio scherzi, non oggi! I Corvonero hanno acconsentito di fare quest'amichevole ed abbiamo avuto i permessi dalla scuola per giocare! E' un occasione da non perdere prima dell'inizio del campionato! Ci prepariamo da settimane, non ti permetto di rovinare tutto per le tue crisi esistenziali», disse Liam duro.
«Oddio...», singhiozzò la vocetta di Louis.
«Cos'hai detto?!»
«Niente...», soffiò.
«Louis: niente scherzi, ti voglio sulla scopa!», ribadì Payne.
Sono morto!”, pensò Harry.






«Vado a salutare Harry», annunciò la voce di Louis quando arrivarono in Sala Grande “Sperando sia già qui...”.
Liam lo guardò storto: «Non è mai un buon segno quando parli con Harry...», disse.
«Che dici... Ci metto un attimo!», ed Harry scappò via.
Payne gli urlò dietro: «Non provare a sparire! La partita tra un ora!». “Solo un'ora? Devo trovare Tomlinson!
Harry si guardò attorno alla ricerca di sé stesso. Poi vide Zayn e seppe che il suo corpo era nei paraggi. Zayn lo aspettava tutte le mattine e lo accompagnava fino a lì. Quant'era assillante?!
Ecco comparire anche Harry con la sua testa ricciuta e gli occhi allarmati. Gli andò in contro.
«Ehi!», si annunciò.
«Ma guarda chi si vede, Tomlinson!», esclamò Malik, ma non era lui con cui Harry voleva parlare.
«Harry», disse ignorando l'altro, «Noi dobbiamo parlare. Adesso», non si sarebbe mai abituato a chiamare sé stesso...
«Sono d'accordo», Louis era evidentemente in agitazione.
«Malik, ti dispiacerebbe...», fece Harry, con la voce di Louis.
«Lasciarvi confabulare in pace? In realtà un po' si, devo ancora capire che cosa nascondete voi due...», fece il moro.
«Zayn...», soffiò la voce di Harry.
«Ohhh! E va bene! Me ne vado, ma solo perché ho fame! Ci vediamo a pranzo», decise. Poi Zayn se ne andò.
I due rimasero in quel familiare silenzio che preannunciava l'accordo per affrontare l'ennesima giornata stravolta.
«Oggi-», iniziò Louis, agitando le mani convulsamente.
«Hai una partita, lo so», terminò Harry.
«Io non posso saltarla!», esclamò Louis con lampante disperazione nella voce di Harry.
«Payne me l'ha fatto capire».
«Perché proprio oggi... Di tutti i giorni possibili...», farfugliò Louis.
«Mi 'spiace», Harry non comprendeva il problema, ma intuiva che la situazione non fosse delle più piacevoli per Tomlinson. L'altro sembrava d'avvero sconvolto.
«Harry, tu devi, devi...», iniziò Louis.
«Oh no! Io non devo un bel niente!»
«Certo che si! Eri tu che facevi quel discorso sul non permettere che tutto questo rovinasse la nostra esistenza. Ecco, se io non partecipo a quella partita la mia vita è finita! Rovinata!»
«Louis, io non posso! Non posso, capisci?!», affermò Harry.
«No, io non posso! Se oggi non sarò su quel campo rischio di essere buttato fuori dalla squadra o, ancora peggio, potrebbero togliermi il ruolo da titolare!»
«Come se fosse una tragedia...», sputò Harry.
«Per me lo è!», e ci credeva davvero Louis mentre lo diceva.
«Il capitano è il tuo migliore amico, sistemerete le cose!», provò Harry.
«No invece... Non mi perdonerebbe quest'assenza! Non la capirebbe... E se anche mi perdonasse, non sarebbe rispettoso farlo ufficialmente davanti alla squadra...», disse Louis amaramente, ci aveva pensato.
«Ma è solo Quidditch!»
«Per me non è “solo Quidditch”, per me è importante! Harry...», aveva le lacrime agli occhi.
«Tu non sai cosa mi stai chiedendo... Tu non lo chiederesti veramente se sapessi...»
«Non importa se non hai mai giocato, fa quello che fanno gli altri Cacciatori!»
«Ma- ma... Io non so regole e soprattutto-», c'era una cosa che Louis doveva sapere!
«Non importa! Improvvisa, l'importante è che io sia su quel campo. Se dovesse andare troppo male chiedi a Liam di sostituirti...», concesse Louis, seppur a fatica.
«Ehi, io non ho detto che lo-»
«Lo farai! Ti prego Harry: fallo, solo questa volta, fammi questo favore... E' importantissimo!»
«Louis, tu dovresti sapere che...», tentò Harry.
In quel momento arrivò Liam: «Louis, dobbiamo andare a prepararci, forza!», lo esortò.
«Si, arrivo tra un'istante...», disse Harry. Ma Payne sembrava pienamente intenzionato ad aspettarlo.
«Io sono sugli spalti che tifo per te!», bisbigliò Louis, nei panni di Harry.
«No, no, no, Louis io non posso fare questa cosa, no...», ora era Harry ad essere nel panico.
«Mantieni la calma, tieni la scopa stretta e gli occhi aperti. Non distrarti e ascolta gli altri. Andrà tutto bene...»
«Louis...», bisbigliò Harry.
«Louis, dobbiamo andare!», chiamò Payne.
«Arrivo!», gridò in realtà Harry.
«Mi sa che devi prepararti. Metti tutte le protezioni, mi raccomando! Vado a prendere posto!»
«No, Louis, io...», doveva sapere una cosa!
«Buona fortuna!», e se ne andò.


«... non so volare», sussurrò Harry al nulla.






Harry trascorse le tre ore successive come si trascorre un orribile incubo. In seguitò ricordò solo tanti colpi e tante numerose cadute, fino all'ultima, più micidiale delle altre. Dopo: il vuoto.
Quando Harry si svegliò era il 5 Ottobre ed era nel proprio letto, col proprio aspetto.
Le voci di corridoi raccontarono che Louis Tomlinson, dopo aver giocato la più schifosa partita della storia di Hogwarts (commento di Thomas), era stato portato in infermeria, da dove l'avrebbero dimesso quella stessa mattina.
Ah, inutile aggiungere che la squadra di Grifondoro aveva perso clamorosamente.






«Louis... Louis parlami!», esclamò Harry.
«Eddai Louis! Non fare così... Io ho cercato di dirtelo... Louis...»
Erano dieci minuti che Harry inseguiva l'altro (appena dimesso) per i corridoi, nella speranza che lo degnasse di una risposta. Ancora nessun segnale.
«Louis per favore...», Harry non credeva che nella vita avrebbe mai supplicato qualcuno in quel modo, né che quel qualcuno sarebbe stato Louis Tomlinson.
«Ti avevo detto che non ero in grado di-»
«Tu non avevi detto che non sapevi nemmeno stare su una scopa!!», sputò improvvisamente Louis, fermandosi e girandosi verso Harry. Negli occhi aveva rabbia e accusa.
«Io ho provato a dirtelo...», si giustificò Harry.
«Ma non me l'hai detto!», sibilò Louis.
«Tu non me l'hai permesso!»
«Adesso sarebbe colpa mia?! Tu mi hai rovinato la vita e sarebbe colpa mia?!»
«Io non... Non volevo...»
«Ma l'hai fatto! Ti rendi conto che adesso sono lo zimbello della scuola? Mi rideranno tutti dietro per mesi...», realizzò Louis amaramente.
«S-se ne dimenticheranno...», tentò Harry.
«Ma quando?!», domandò Louis, poi aggiunse: «E sai cosa? Io non me lo dimenticherò mai! Avrò per sempre impressa nella mente quella misera immagine di me che...», a Louis mancò la voce.
«E' solo un gioco...», soffiò Harry tristemente.
«No, non per me. E' l'unica cosa che io sia mai stato in grado di fare bene, l'unica per la quale la gente mi riconosceva e mi stimava... E adesso non ho più nemmeno quella!», disse Louis, accasciando le braccia lungo i fianchi.
«Mi dispiac-»
«Non osare dire che ti dispiace!», quelle parole uscirono spietate e strozzate, «A me dispiace! E tu... non sai nemmeno quanto...»
«Io...»
«Ma che razza di mago sei?! Non sai volare, non fai magie, non-», Louis non si accorse nemmeno di cosa avesse sputato.
«Che cos'hai detto?», domandò Harry spiazzato.
Louis capì di aver esagerato. Ma era troppo arrabbiato per ammetterlo.
«Ho detto che non vali niente!», infierì allora, «Vorrei non averti mai conosciuto, perché prima avevo una vita perfetta e poi sei arrivato tu con la tua schifosissima vita a incasinare tutto e adesso io...».
Harry non ebbe voce per ribattere, guardava l'altro con gli occhi grandi e più verdi del solito, mentre Louis continuava a lanciargli contro tutto ciò che gli passava per la mente.
«Basta», supplicò Harry, «Per favore... Io- Ho capito. Hai ragione. Per quel che vale a me dispiace e ho cercato davvero di dirtelo. Scusami.», girò le spalle e corse via.
E sicuramente fu solo nella sua immaginazione che sentì la voce di Tomlinson gridare: «Harry, Harry aspetta! Non volevo! Harry!». Sì, se l'era certamente immaginato.










Zayn Malik aveva sempre saputo che Harry Styles era un tipo particolare. Anzi, era un tipo strano. E probabilmente era questo che l'aveva attirato in lui. La sua stranezza lo incuriosiva.
Ecco, la stranezza di Harry era alla base di quella sottospecie di rapporto che avevano instaurato da una settimana.
Tuttavia Zayn, arrivato al 7 Ottobre, era abbastanza certo che da qualche giorno a quella parte Harry fosse più strano del solito. Strano in modo preoccupante.


Tutto era iniziato domenica mattina, quando aveva sorpreso l'altro ad assistere una partita di Quidditch. Ed Harry in un campo da Quidditch era già un fatto eccezionale. Ma non era finita.
Ad un certo punto l'aveva perso di vista e quando l'aveva cercato in dormitorio gli avevano riferito che si era “rinchiuso in camera a piangere”, così aveva detto un suo compagno.
Il giorno dopo gli era sembrato molto confuso e aveva fatto un sacco di domande sull'assurda partita della mattina precedente. Poi era sparito di nuovo. Quando Zayn era tornato a chiedere di Harry gli avevano risposto la stessa cosa del giorno prima: “rinchiuso in camera a piangere”. Doveva essere uno scherzo...
Il giorno seguente era lo stesso Harry di sempre. Non salutava, non parlava, non reagiva. Solo che era peggio del solito! La differenza era minima, ma Zayn l'aveva notata e pure Michael gli aveva chiesto se Harry stesse bene.
Ora Harry aveva un qualche tormento negli occhi, qualcosa tra la tristezza, il rimpianto e l'indecisione.
Così Zayn aveva iniziato chiedersi che cosa potesse aver turbato Harry. Fece mente locale e realizzò che tutti gli elementi riportavano a quella partita giocata domenica tra Corvonero e Grifondoro. E l'unica ragione per cui Harry poteva essere lì era... Louis Tomlinson! Si erano incontrati quella mattina ed Harry era rimasto con lui...
Quindi... Se voleva sapere cosa stesse succedendo ad Harry doveva parlare con Tomlinson!






Era il 7 ottobre, quattro giorni dopo quella disastrosa Domenica. Era mercoledì pomeriggio e Louis Tomlinson avrebbe avuto allenamento se l'infermiera non l'avesse esonerato per un settimana. Non che avesse voglia di giocare...
Si era rintanato in un angolino della biblioteca, ufficialmente per studiare, in pratica per nascondersi dagli sguardi canzonatori della scuola e per piangersi addosso in pace.
I suoi compagni di squadra, Liam compreso, non gli parlavano da giorni. Tutti gli altri gli parlavano fin troppo. E non c'era modo che spiegasse e rispiegasse che Domenica si era preso un qualche strano virus, c'era ancora chi continuava a prenderlo in giro perfino nella sua Casa. Come dargli torto...
Però il fatto che pure il suo miglior amico lo ignorasse era deprimente...
«Lou, sei qui», lo riscosse una voce familiare.
«Lee?», “Sto sognando?!”, si chiese Louis.
«Ciao», disse Liam parandoglisi di fronte. Louis lo guardò e finalmente dopo giorni non vide freddezza nei suoi occhi, ma senso di colpa e vergogna. Seppe subito che stava per essere perdonato.
«Ciao, vuoi sederti?», chiese Louis con un sorriso mesto.
«Si...», Liam si sedette, prese un respiro e: «Lou, scusami», arrivò dritto al punto.
Louis sorrise: «Va bene».
«Io... Ho capito che sono stato uno stupido. Era evidente che c'era qualcosa che non andava quel giorno, non stavi bene, ma io ti ho costretto lo stesso a giocare e ho continuato a farlo dopo che sei caduto la prima volta...» “E la seconda e la terza...
«E mi dispiace se ci ho messo un po' a capirlo», continuò Liam, «Ma ero così sconcertato e arrabbiato...»
«Liam, va bene così, davvero. Avevi tutte le tue buone ragioni. Io avrei aspettato un mese per parlarti», disse Louis sorridendo.
«Questo perché sei uno stupido orgoglioso», scherzò Liam.
«Certo!»
«Quando puoi tornare a giocare...?»
«Da Lunedì», confessò Louis.
«Ti è andata così male?»
«Ma no... E' l'Infermiera che ha esagerato!»
«Avrei dovuto essere io ad accompagnarti in Infermeria..», soffiò Liam, afflitto dai sensi di colpa.
«Non era un grande spettacolo...», affermò Louis.
«Mi ricordo... Chi ti ha portato?», chiese Liam.
«Ehm... E' stato Harry, credo...» “E' stato Harry sicuramente, o meglio, sono stato io... Mi dovevo assicurare che fosse tutto a posto e che l'Infermiera non si accorgesse della nostra situazione...”, specificò dentro di sé.
«E' stato gentile, anche se ti conosce da poco...»
«Liam, lo so perché non sei venuto, non ce l'ho con te», “Non più...
«Mi 'spiace...»
«Non pensiamoci! Senti, gli altri...», iniziò Louis.
«Con gli altri ci parlo io!», lo rassicurò Liam.
«Grazie amico... Lee, non sei in ritardo per l'allenamento?», gli fece notare.
«Caspita, hai ragione! Noi... ci vediamo dopo?», chiese speranzoso.
«Certo!»
«Allora, a dopo! Ciao!»
«Ciao!».
Liam se ne andò col cuore in pace.
Louis sorrise.
«Ma che bella scenetta!», esclamò una nuova voce.
«Mi sono sempre piaciute le riconciliazioni!», continuò la voce.
«Zayn Malik», sibilò Louis, negli ultimi giorni i suoi rapporti con i Serpeverde erano peggiorati...
«E' il mio nome, già».
«Senti, se non sei qui per un libro potresti anche andartene», lo invitò Louis.
«Come sei scortese... In effetti un libro non mi serve, ma io voglio parlare con te», spiegò Malik.
«Non sono per niente in vena di discutere».
«Non voglio discutere. E so cosa pensi, ma non sono qui nemmeno per insultarti o per sentire le tue giustificazioni riguardo quel disastro di partita che hai fatto l'altro giorno». “Allora che vuole?!”, si chiese Louis.
«Fortuna che non dovevi insultare...»
«Chiamo le cose con il loro nome», disse Zayn alzando le spalle, poi riprese: «sono qui per parlare di Harry».
Louis sbiancò e all'altro non sfuggì.
«H-harry? A chi ti riferisci esattamente?», chiese Louis guardandosi attorno.
«Non scherzare, conosciamo un solo Harry in comune»
«Dovevo accertarmene», disse Louis.
«Ora che l'hai fatto puoi spiegarmi cosa gli è successo?», fece Zayn. “Ma di che parla?!”.
«Non so a cosa ti riferisci».
«Harry si comporta in modo strano», spiegò Zayn pazientemente.
«E quando non lo fa?»
Malik lo guardò male: «Intendo più del solito e poi...», sembrava indeciso se continuare.
«E poi cosa?»
«Hanno detto che ha pianto...», disse piano, timoroso di svelare una cosa così personale di Harry. Evidentemente "Zayn Il Duro" teneva al piccolo Styles...
«E allora? A tutti capita un giorno no... Io cosa centro?». Certo Louis non poteva dire che era stato lui a piangere nei panni di Harry: domenica una volta tornato dall'infermeria era crollato.
«Non si tratta di un giorno, è successo più volte. Credo. E tu centri e basta».
Più volte? Una volta ero io, ma per il resto....
«Quand'è successo esattamente?», chiese Louis.
«Domenica e Lunedì, mi hanno detto. Non mi chiedi perché ti sto accusando o forse lo sai già?!», disse Zayn ghignando.
Domenica e Lunedì...”, nella mente di Louis fu tutto chiaro.
«Ti stavo solo ignorando. Comunque l'ultima volta che ho visto Harry era prima della partita. So che poi mi ha accompagnato in Infermeria, ma ero svenuto, quindi... E' possibile che l'abbia un po' shoccato vedermi in quello stato», ipotizzò mentendo.
«Non mi sembra il tipo», osservò Zayn, che aveva la faccia di uno che non crede ad una parola di quello che dici.
«E allora non posso aiutarti, io non lo vedo da quel giorno», per Louis la conversazione era finita.
Zayn lo guardò attentamente, poi: «Lo so che non mi hai detto la verità e questo mi convince ancora di più che tu centri in questa storia. Mi auguro solo che tu abbia il coraggio di sistemare le cose con Harry, caro impavido Grifondoro», così dicendo se ne andò.


Domenica ero io che piangevo e Lunedì... ero io che l'ho fatto piangere
Forse doveva dar retta a Malik.






A Zayn la conversazione con Tomlinson non era servita a nulla, se non a fargli pizzicare le mani.
Quel bastardo aveva fatto qualcosa e adess-
«Zayn», lo chiamò Harry.
Zayn sussultò. «Ciao Harry!», era raro che l'altro lo cercasse... Anzi, non era mai successo.
«Senti... Io voglio chiederti un favore», ammise il riccio torturandosi le mani.
«Davvero? A me?», domandò Zayn sorpreso.
«Si», affermò Harry.
Zayn realizzò che il turbamento negli occhi di Harry era scomparso. O meglio: aveva lasciato il posto ad una sorta di fermezza. Ne fu sollevato. E incuriosito.
«Tutto quello che vuoi», disse.
«Prima promettimi che non ne parlerai a nessuno», iniziò Harry.
«Va bene...».
«E che non mi farei domande».
«Posso provarci...»
«Devi farlo!», insisté Harry.
«Okay», concesse Zayn.
«E che accetterai tutte le mie condizioni», continuò il riccio.
«Certo, certo, ma adesso dimmi cosa vuoi, mi sto preoccupando!»
«Giurami che farai come ho detto».
«Te lo giuro. Parla».
Harry prese un respiro, poi parlò:
«Voglio che mi insegni a giocare a Quidditch».












Anticipazioni:


«Zayn, sono serissimo, voglio che mi insegni a giocare a... Quidditch», affermò Harry, convinto e allo stesso tempo disgustato”


Se Harry voleva ignorarlo era libero di farlo, ma non quando erano uno nel corpo dell'altro e soprattutto non quando Louis si era deciso a chiedergli scusa!”












Angolo dell'autrice:


Salve!
Così... è uscito anche il decimo capitolo, di già. Spero che la storia vi stia piacendo :)
Ammetto che questo capitolo a tratti mi piace quasi tanto, ad altri lo vorrei rifare tutto. Ma questo è :) Cosa ne pensate? Fatemelo sapere!
Le cose iniziano smuoversi un po', l'emozioni iniziano a crescere, ora con questo "disastro", poi... Si vedrà.
Penso solo che questo capitolo ci voleva. Ma ditemelo voi.


Vi saluto e come sempre vi ringrazio per l'attenzione, ringrazio tantissimo chi segue, chi preferisce, chi mette la storia fra le ricordate. E ovviamente, grazie a chi recensisce, mi fa davvero molto piacere.


Cost001.

 

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Capitolo 11
*** Scuse ***


 

 
 

..In your skin..
 
 
 
 
Scuse (o la sconfitta di un animo orgoglioso)
 
«Voglio che mi insegni a giocare a Quidditch».
Per qualche minuto ci fu il silenzio.
Harry vide passare sul viso di Zayn una svariata gamma di espressioni, dallo stupito fino all'incredulo.
Poi: «Mi stai prendendo in giro!», affermò Zayn dando voce all'unica soluzione che gli era parsa plausibile.
Harry sospirò: «Zayn, sono serissimo, voglio che mi insegni a giocare a... Quidditch», affermò convinto e allo stesso tempo disgustato.
«Ma tu...», mancarono le parole.
Harry aveva sconcertato Zayn Malik.
«Lo so quello che ti ho chiesto. Tu dimmi solo se puoi farlo».
«Io posso, ma... Perché?! Tu odi il Quidditch! Non posso credere che hai cambiato idea da un giorno all'altro!».
Era vero, Harry odiava quello sport, lo odiava tutt'ora e non aveva mai mancato di farlo presente. Ma dopo giorni passati a riflettere e a torturarsi era giunto alla conclusione che questo fosse l'unico modo per...
«Non ti è permesso fare domande», ricordò Harry.
«Ah, certo... E non hai intenzione di dirmelo vero?», domandò Zayn speranzoso.
«Assolutamente no. Passiamo alle condizioni», fece Harry sbrigativo.
«Ti ascolto» e Zayn sembrava davvero molto attento.
«Quando ho detto che non devi parlarne a nessuno, intendo nessuno, me compreso», sentenziò il riccio.
«Te compreso?», chiese Zayn scettico.
«Esatto. I giorni in cui facciamo... allenamento li decido io. Senza preavviso. Vengo da te la mattina e ti chiedo se sei disponibile il pomeriggio o la sera. Altrimenti non dobbiamo mai parlare di questa cosa. Mai», “Non posso rischiare che Louis lo venga a sapere quando è me”.
«Nemmeno se siamo da soli?»
«Mai. A meno che non te ne parli espressamente io», insisté Harry.
«Ma è proprio necessario?», chiese Zayn.
«Si e ricordati che hai giurato!»
«Me lo ricordo, puoi fidarti», lo tranquillizzò il più grande.
Harry ebbe paura. Si era rivolto a Zayn era perché aveva capito che quel ragazzo sapeva mantenere la parola data. Ma fidarsi non era nell'indole di Harry... E allora aveva paura.
«Dobbiamo trovare una frase in codice!», esclamò Harry.
«Una frase in codice?!»
«Sicuro, un modo affinché gli altri non possano capire di cosa parliamo! Quindi non ti chiederò di andare a “giocare a Quidditch”, ma...», serviva qualcosa che Louis non avrebbe mai detto.
«Ma...?»
«Dirò: “Andiamo a correre”!», trovò Harry.
«Correre? Harry scusa tanto però non mi sembra una cosa molto plausibile, non detta da te...», osservò Zayn.
«Invece è perfetto! Potrebbe spiegare agli altri il mio aspetto dopo gli... allenamenti e non sarebbe troppo lontano dalla realtà!», “E Louis non chiederebbe mai di fare una cosa del genere, ne crederebbe che io sia tipo da farlo!
«E va bene», si arrese Zayn, «Ma devi fare tutto sto casino solo per giocare a Quidditch?»
«Shhh!! Non dirlo così!», lo bloccò Harry.
«Ahh... Devi fare tutto sto casino solo per “andare a correre”?», rettificò Zayn correggendosi. Era evidentemente esasperato.
«Devo». “Devo rimediare a quello che ho fatto...
«Ma... Ne va la pena?»
«Non lo so...», “Lo spero”, aggiunse Harry dentro di sé.
 
Harry aveva pensato ininterrottamente alle parole che Louis gli aveva detto.
Certo il Grifondoro aveva esagerato, ma Harry sapeva che almeno in parte aveva ragione. Louis, a differenza di Harry, aveva davvero una vita perfetta prima di quella maledizione. E adesso gliel'aveva rovinata...
E per quanto Louis Tomlinson fosse un bastardo montato e vanaglorioso, Harry doveva rimediare a quello che aveva fatto, era colpa sua.
E dal momento che, purtroppo, il Quidditch era parte integrante dell'esistenza di Tomlinson, non poteva trascurarlo. Così l'unico modo per prevenire scene come quelle della Domenica passata, era imparare almeno le regole di base del Quidditch, nonché a volare...
Ovviamente Louis non l'avrebbe saputo, non fino a quando la cosa non sarebbe diventata evidente. Ed Harry dubitava che gli... allenamenti avrebbero sortito qualche effetto su di lui (che al primo anno era stato bocciato tre volte al esame di volo).
Però doveva provarci, perché non solo Louis non l'avrebbe mai perdonato, ma non sarebbe riuscito a farlo nemmeno lui stesso.
 
 
 
Quando il 9 Ottobre Louis aprì gli occhi, vide un mondo di coltri verdi filtrato dai suoi capelli scuri e ricci.
Quel giorno per la prima volta fu felice di essersi svegliato come Harry Styles.
Erano due giorni che aspettava un pretesto, una scusa, un occasione per parlare con il Serpeverde. E ciò che doveva dirgli era... Louis doveva scusarsi.
Fin dal primo istante sapeva di aver detto dette cose orrende, ma per un po' era riuscito a non pensare a quanto fosse stato bastardo a dire ad Harry quello che aveva detto. Poi era arrivato Zayn Malik a fargli il discorsetto e gli aveva confuso le idee. Infine si era accorto che il mondo era disposto a dimenticare più in fretta del previsto quella “partita disastrosa” e allora i sensi di colpa avevano iniziato a torturarlo.
Era stato crudele. Harry non si meritava quelle parole... Ma Louis era troppo orgoglioso per andare da Styles e scusarsi!
Per questo aveva aspettato una scusa, e quale era migliore che essere lui per parlargli?!
 
Dunque quel giorno, quel venerdì di Ottobre, Louis avrebbe messo a posto le cose. Questo pensava mentre si sistemava i riccioli davanti allo specchio.
 
 
 
 
Zayn aveva aspettato Harry in Sala Comune anche quella mattina, come tutte le altre. Louis non ne fu per niente sorpreso, “Ormai 'sti due sono amiconi!”.
«Ciao Harry!», lo salutò Zayn.
«Ciao...», Louis non si dovette impegnare per metterci poca enfasi. Ce l'aveva ancora con Malik per come l'aveva accusato giorni prima. (Che avesse ragione era un dettaglio).
Mentre andavano verso la Sala Grande Zayn iniziò a fissarlo.
«Che c'è?», Louis non poté celare il suo fastidio.
«Oggi sei particolarmente...», iniziò Malik.
«Cosa?»
Zayn continuava a scrutarlo: «Non so... Forse bello!», disse.
Louis iniziò a considerare che quel tipo avesse delle mire di un certo tipo per Harry. Insomma, “bello”?!
«Ti sei perfino pettinato!», continuò Zayn, «E hai la cravatta! E-»
«E piantala! Mi sono alzato prima, avevo tempo...», si giustificò Louis con la voce di Harry. “Io mi trovo comunque indecente, questi capelli restano informi in ogni modo! ...Ma forse ho esagerato rispetto gli standard di Styles...”, commentò Louis nella mente.
«Cos'è, hai forse un appuntamento con qualcuno?», chiese Zayn punzecchiandolo col gomito.
Harry scoppiò a ridere. O meglio, Louis scoppiò a ridere, dimentico di essere nei panni di “Mr Risata Perduta”.
«Ma che hai?», chiese Zayn stupito da quella reazione così insolita.
«Niente, niente... E solo che... un appuntamento?!».
«Be', c'è quella biondina del quarto anno che ti fissa a tutte le ore che-»
«Chi?!», “Devo sapere chi è questa pazza!
«Lo sapresti se non fossi troppo occupato ad essere imbronciato e perso nel tuo mondo!», rispose Zayn. «Comunque quella aspetta solo che ti accorgi di lei», aggiunse.
Magari posso chiederle un appuntamento...”, vaneggiò Louis, poi convenne che prima era meglio sistemare le cose con Harry, poi gli avrebbe trovato una ragazza.
Notando l'espressione assorta del riccio Malik esclamò: «Non sapevo t'interessassero tanto queste cose!».
Speravi che Harry fosse dell'altra sponda, di la verità!”, commentò Louis dentro di sé, però ad alta voce disse: «Ma no, no, pensavo ad altro...».
«Giusto, tu pensi solo a Tomlinson!», affermò Zayn.
Il corpo di Harry rimase paralizzato in mezzo al corridoio. “Che?!”, pensò Louis.
Zayn scoppiò a ridere, «Harry dovresti superare questa cosa, ogni volta che nomino quel Grifondoro vai nel panico!», esclamò, poi aggiunse più seriamente: «Ma si può sapere che problema avete? Se non sbaglio sono giorni che non vi parlate...»
«Non siamo mai stati in rapporti abbastanza stretti da parlare con frequenza», disse Louis freddando l'altro.
«E le vostre confabulazioni segrete?», insisté Zayn.
«Quella era solo una paranoia di L-Payne».
«Fondata sul nulla?!», lo provocò Zayn.
«Esatto»
In quel momento arrivarono in Sala. Era abbastanza tardi, fuori non c'era nessuno e la stanza era già piena. Probabilmente il corpo di Louis era già dentro, trascinato dalla voracità mattiniera di Liam.
Entrarono e Zayn si diresse subito verso il tavolo dei Serpeverde. Ma Louis doveva trovare il suo corpo con Harry incorporato.
Scrutando il tavolo dei Grifondoro -“Ah, il mio vecchio tavolo”- individuò il proprio volto. Harry lo stava già fissando. Louis gli fece cenno di uscire. E quello anzi che dargli retta... si girò dall'altra parte!
Harry... Mi sta ignorando?!
«Ehi Harry, che aspetti, ti sei incantato?», lo chiamò Zayn.
«Ehm, no... Arrivo...», rispose Louis, sconcertato.
Se Harry voleva ignorarlo era libero di farlo, ma non quando erano uno nel corpo dell'altro e soprattutto non quando Louis si era deciso a chiedergli scusa!
Fra l'altro Styles se la poteva cavare nel suo corpo seguendo Liam, ma Louis era del tutto allo sbaraglio! E quello che ufficialmente ci rimetteva era sempre Harry...
Per il momento Louis si limitò a raggiungere Malik, però era deciso a tenere d'occhio il tavolo dei Rosso-Oro. Appena Harry si sarebbe alzato l'avrebbe seguito!
 
Una volta seduto tra i serpeverde...:« Ehi, ciao Harry!!», lo salutò un ragazzino dall'aria vivace.
«Buon giorno», disse un altro ragazzo dall'aspetto atletico. Louis era abbastanza certo di averli già visti...
«Ehm, ciao...», farfugliò. “E questi chi sono?!”, si chiese Louis. Poi intuì: “Devono essere gli amici di Malik, i Giocatori di Quiccitch! ... Ma come diavolo si chiamavano?!
«Ragazzi, il capitano mi ha detto che questa sera proveremo la nuova formazione», disse Zayn rivolto agli altri due.
«Davvero?!», esclamò il più piccolo con gli occhi che brillavano.
«Proprio così! Dice che se funziona, quest'anno li battiamo tutti!», esclamò Zayn.
«Non che sia difficile, le altre squadre sono tutte pessime!», ribatté il ragazzino.
«Non essere presuntuoso Tommy», si inserì l'altro ragazzo.
Louis restava concentrato sul proprio corpo, non poteva perdersi di vista. Ma con un orecchio ascoltava gli altri tre. Era un'occasione fantastica per spiare il nemico!
«Non sono presuntuoso, ma realista!», riprese quello che doveva chiamarsi Tommy, «I Tassorosso sono mosci come al solito; i Corvonero hanno ottime strategie, ma in quanto ad organico sono messi male. E ci vogliono anche i muscoli, non solo cervelli!», inveì.
«Ti sei dimenticato i Grifondoro», disse Malik.
«Quelli sono i messi peggio! Credevo avessero una buona squadra, ma ora che hanno perso Tomlinson sono allo sbaraglio!», esclamò Tommy.
«Che vuoi dire?», esclamò la voce di Harry. Louis necessitava spiegazioni riguardo quel “Hanno perso Tomlinson”!
I tre Serpeverde lo guardarono sorpresi.
«Intendo...», riprese Tommy con voce incerta, «Harry, l'hai vista anche tu quella partita: Tomlinson non stava sulla scopa! Un giocatore così è solo un peso per la squadra, meglio perderlo che tenerlo! Peccato perché non era male una volta...»
«Ma lui sa giocare! E' solo... non stava bene!», esclamò Louis in sua difesa, con la voce di Harry...
Tommy lo guardava basito, e non solo lui.
L'altro ragazzo, che Louis ricordò si chiamasse Michael, decise d'intervenire: «Harry ha assolutamente ragione, un giocatore non può smettere di saper giocare da una stagione all'altra, se l'ultima volta ha giocato in quel modo doveva essere colpa di un qualche malanno».
«Potreste anche avere ragione...», convenne Tommy, poi aggiunse con la curiosità nello sguardo: «Ma Harry come mai te la sei presa tanto?».
«Io non me la sono presa!», puntualizzò Louis.
«Ragazzi», iniziò Zayn, «Dovete sapere che Harry e Tomlinson sono grandi amici!», sentenziò.
«Che?!», esclamò Tommy.
Nello stesso momento dalla bocca di Harry usciva un: «Non è vero!!»
«E non è vero nemmeno che hai passato tutta la colazione a fissalo?», domandò Malik con un sorrisetto.
«N-no!».
«Bene, allora non ti disturberà sapere che Tomlinson se n'è andato due minuti fa», concluse Zayn.
Louis puntò lo sguardo verso il tavolo dei Grifomdoro e... il suo corpo (ed Harry) era sparito!
«Oh cazzo!», gli scappò.
Zayn scoppiò a ridere, gli altri due erano palesemente confusi ed Harry, ossia Louis: «Io devo andare!», disse. E se ne andò all'inseguimento di sé stesso.
«Salutami Tomlinson!», gli gridò dietro Zayn.
Louis si appuntò mentalmente: “Fare attenzione a Zayn Malik, non gli sfugge nulla!”
 
 
 
Erano appena finite le lezioni pomeridiane ed era tutto il giorno che Harry cercava di evitare il proprietario legittimo del corpo in cui si era risvegliato: Louis. Quello che stava facendo poteva essere chiamato rapimento?!
Si rendeva conto di starsi comportando in modo sbagliato e che probabilmente Louis si era trovato in difficoltà, ma Harry non voleva affrontarlo, non ancora. Non si sentiva pronto ad affrontare di nuovo le sue parole...
E pur di non incontrare Tomlinson si era rinchiuso in un bagno anziché andare ad assistere gli allenamenti come Payne aveva proposto. (Non che avrebbe voluto accettare!)
Ma Harry aveva sottovalutato la cocciutaggine dei Grifondoro...
«Eccoti qui!», sentì pronunciare, giusto un attimo dopo che la porta del bagnò venne spalancata.
Harry sobbalzò venendo sorpreso dalla propria voce. Louis l'aveva trovato.
«Tu... Lo sai che ti ho cercato tutto il santo giorno?! E lo sai che fatica ho fatto per trovare gli orari?! Grazie al cielo mi è sovvenuto di guardare sotto il letto! E' stato traumatico, ma li ho trovati...», stava dicendo Louis.
Harry era sorpreso. Non si aspettava una reazione così... Normale. Louis era innervosito, ma non propriamente arrabbiato. Ed Harry era abbastanza certo che avesse fatto una battuta a proposito del suo disordine.
«Io, scus-», tentò Harry.
«No! Fermati!», gridò Louis.
«Che?»
«Devo dirlo prima io!»
«Cosa?», chiese Harry confuso.
«Niente... Cioè...», Louis sembrava combattuto.
Harry pensò che fosse meglio tacere.
«Io...», riprese Louis, «Se ti ho cercato tutta la mattina è in realtà perché- Avevo bisogno di- Volevo chiederti scusa...», ammise infine con la voce bassa e profonda di Harry.
«Di che?»
«Ma come di che?!», chiese Louis stralunato, «Per quello che ti ho detto lunedì...», sussurrò.
«Ah, quello...»
«Già, quello... Harry scusa davvero tanto, non volevo dirti certe cose...»
«A me era sembrato che lo volessi eccome», sfuggì ad Harry, con il tono permaloso di Louis.
Sul viso di Harry, in rappresentanza dei sentimenti di Louis, comparve un'espressione dispiaciuta: «Lo volevo solo in quel momento, perché ero arrabbiato e sconvolto, ma non avrei mai dovuto perché-»
«So perché hai detto quello che hai detto. E in fondo... avevi ragione», concluse Harry.
«No Harry, io mi sbagliavo! Quelle cose me le sono inventate!», affermò Louis.
«Puoi anche essertele inventate, ma non sono molto lontane dalla realtà...», soffiò Harry amaramente.
«Harry tu... Non devi permettere a nessuno di dirti che non vali niente! Nemmeno a me! E se qualcuno lo fa lo stesso... per favore non crederci!».
Mentre Louis diceva queste cose, Harry teneva gli occhi azzurri puntati verso terra e cercava di impedire a se stesso di credere alle parole di Louis. Non poteva crederci.
«Ehi, mi stai ascoltando? Harry, davvero, scusa! Io-»
«Okay», lo interruppe il riccio, «Ho capito. Anche io volevo scusarmi, avrei dovuto spiegarti le cose chiaramente... E scusa anche per averti evitato oggi...», disse.
«Ah! Quindi lo facevi apposta?!». Louis e la sua capacità di focalizzarsi sulle cose meno impegnativa...
«Certo», rispose Harry con un sorrisetto.
«E perché l'avresti fatto?!»
Il sorrisetto scomparve. “Perché avevo paura che tu ce l'avessi ancora con me...
Anzi che rispondere, chiese: «D'ora in poi cosa facciamo?».
«Direi che continuiamo come abbiamo sempre fatto: sopravviviamo», sentenziò Louis sorridendo.
«Mi sembra fattibile. Forse dovremmo anche seriamente cercare di scoprire cosa ci sta succedendo, ormai è quasi un mese che questa storia va avanti...», osservò Harry.
«Già... Ti va se questo pomeriggio ci mettiamo a fare ricerche?»
«Buona idea. E per quanto riguarda...», fece Harry bloccandosi.
«Per quanto riguarda cosa?»
«Ecco, i tuoi allenamenti...», sussurrò.
«Oh! Non preoccuparti! Ho parlato con Liam, adesso è tutto a posto!», esclamò Louis.
«In che senso?!»
«Gli ho detto che questo è un periodo strano, che ho dei problemi di salute. Non ha potuto non crederci e ha detto che posso saltare gli allenamenti quando sto male. Basta non abusarne», spiegò Tomlinson.
«E'... perfetto!», disse Harry.
«Lo so! E così non sarai più costretto a fare cose che non vuoi. Io non ti costringerò più», disse Louis.
Ma lo farò io”, commentò Harry tra sé.
Ora più che prima era convinto della scelta assurda che aveva fatto. Forse Louis si era scusato solo per benestare, ma l'aveva fatto e si era impegnato per rendere le cose più facili ad Harry. Doveva ricambiare. O almeno doveva provarci.
«Mi sono appena ricordato una cosa!», esclamò Louis,« Oggi credo non potremo fare ricerche...», disse allora. E il suo tono ad Harry non piacque per niente.
«E perché?»
«Ecco... Normalmente il venerdì avrei allenamento, ma visto che oggi sono ufficialmente esonerato dall'Infermiera ero d'accordo che avrei passato tutto il pomeriggio con...»
«Con...?», Harry aveva un pessimo sospetto.
«Eleanor...», soffiò Louis.
Harry si sentì mancare. «Quindi...?», chiese preoccupato.
«Non è che potresti...», iniziò Louis.
«Ehi, non hai appena detto che non mi costringerai più a fare nulla che non voglio?!», saltò su Harry con la voce squillante di Louis.
Louis la prese sul ridere, poi: «Certo, certo, mica ti obbligo! Te lo chiedo per favore...». Harry non coglieva la differenza.
«Vedi», riprese Louis,«questa settimana sono stato un po' stronzo con lei. Diciamo che l'ho ignorata, come ho ignorato tutti gli altri... Lei voleva solo starmi a fianco, ma io... Non mi piace che la gente pensi che io abbia bisogno di pietà», spiegò sbrigativo.
Per la prima volta Harry si accorse che lui e Tomlinson non la pensavano troppo diversamente.
«Ma Eleanor non se lo meritava, per cui sarebbe davvero importante per noi vederci oggi!», concluse Louis.
Quello che gli aveva chiesto in sostanza era: “Visto che l'ho trattata male a causa tua, è tuo dovere rimediare anche a questo. Sentiti in colpa e fa come ti dico”.
«Che cosa devo fare?», Harry si arrese.
«Oh, grazie Harry! Sei fantasistico davvero!», esclamò Tomlinson con un sorrisone sul volto di Harry.
«Tu dimmi cosa devo fare!», insisté Harry.
«Dunque, noi ci incontriamo sempre nel parco, nel boschetto di noci vicino al lago», iniziò Louis.
«E lì cosa fate, parlate del tempo?», chiese Harry con una punta di malizia degna di Zayn Malik. “Io non faccio cose strane con le ragazze altrui!”, si ricordò di dover precisare.
«Guarda che El ed io siamo una coppia molto seria!», esclamò Louis.
«Seria vuol dire che non lo fate nel bosco?», Harry andò al punto.
«M-ma certo che no!», Louis aveva fatto diventare la faccia di Harry bordeaux, «E i piccoli verginelli come te non possono dire certe cose!», aggiunse.
«Io-!», ma poi Harry non disse nulla. Louis sogghignò.
«Stai tranquillo, oggi con El basta che chiarite verbalmente, la tua verginità è al sicuro!», affermò Louis sempre con quel sorrisaccio sulla faccia di Harry.
Harry arrossì, ossia la faccia di Louis divenne porpora.
«Che cosa le devo dire di preciso?», domandò Harry sperando che Tomlinson non volesse infierire ulteriormente.
«Dille un po' di quelle cose che piacciono alle donne: chiedile scusa, dì che ti dispiace tanto, che è un momento difficile, insomma, calca sulla figura del ragazzo fragile e insicuro. Ti adorerà!»
Ma che razza di considerazione ha della sua ragazza?”, esclamò Harry tra sé.
«E se la dovrebbe bere?»
«Ma certo! E poi non sarebbe una versione troppo distante della realtà. Tu giochi sull'omissione e sulla tragicità!», concluse Louis.
«Diciamo che ci provo...»
«Sono certo ti riuscirà benissimo!», disse Louis alzando i pollici, poi aggiunse: «E poi, ehm... Se ad un certo punto ti lascia intendere che vuole... hai capito no? Trova un modo carino per rifiutare, di che non stai bene o- fai finta di niente!»
E non lo facevano nel bosco...
«Ma sei proprio sicuro che devo fare io questa cosa? Non potresti aspettare domani...?», chiese Harry speranzoso.
«No, no: andrà tutto bene! Te lo assicuro!», insisté Louis convinto. “Che mi stia sfruttando perché non vuole farlo lui?! … Molto possobile!”, rifletté Harry.
«Allora...»
«Harry, vorrei farti notare che sei in ritardo per il mio- cioè tuo, appuntamento!», fece Louis.
«C-come, è già ora?!», domandò Harry allarmato.
«Proprio così!»
«Oddio...», soffiò il più piccolo (che era malcapitato nelle sembianze del più grande).
«Andiamo, ti accompagno fino al portone!»
Il ringraziamento di Harry fu un borbottio nervoso.
Mentre camminavano Tomlinson iniziò ad elencare alcune dritte da usare con Eleanor: «Chiamala solo El, odia essere chiamata Elly, ma le piace usare i nomignoli, quindi stai pronto a sentirti chiamare: “Orsetto, cucciolotto, Tesorino” e cose così»
Harry guardava se stesso disgustato mentre la sua voce pronunciava certe scelleratezze.
Intanto Louis continuava: «Puoi accarezzarla, ma non troppo! E-ah, le da fastidio se le toccano i capelli...», disse con tono un po' dispiaciuto “Che Tomlinson abbia un incompreso fetish per i capelli?
«...Se non hai voglia di parlare, e suppongo sia il tuo caso, chiedile della scuola oppure chiedile se ne ha combinata un'altra la sua amica Nicky, è capace di andare avanti con certi discorsi per più di un'ora!» Harry si appuntò di tenere a mente questa informazione.
«E per quanto riguarda», cominciò Harry, «i contatti...?», terminò imbarazzato.
Louis si pensò su: «Direi di stare sul minimo indispensabile», convenne.
«E per tutte le altre cose: improvvisa», finì Louis.
«Nient'altro?»
«Ci sarebbe molto altro, ma vedi: siamo arrivati!».
E Louis aveva ragione, erano al portone che dava sul parco.
Harry era restio a muoversi.
Così Louis lo prese per le spalle, lo guardò negli occhi e disse: «Harry, sono certo che fra qualche ora avrò ancora la ragazza. Io mi fido di te!» e quello fu il colpo finale.
Nonostante quello che Harry aveva combinato, Tomlinson si fidava ancora di lui...
Forse lo stava fregando, ma Harry seppe che sarebbe andato a quell'appuntamento.
«Allora vado», annunciò.
«Grande! Buona fortuna!», gridò la voce di Harry alla sua anima in missione.
Harry si incamminò sui piedi di Louis.
Aveva un appuntamento a cui presentarsi. L'ennesimo per Louis Tomlinson. Il primo della sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
«Brutto piccolo stronz- Che cavolo hai fatto con la mia ragazza?!»”
 
Erano giorni che Zayn aspettava quel momento. Il momento in cui avrebbe visto Harry Styles su una scopa”
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Buon giorno! Ecco l'undicesimo capitolo. Dunque, sono state svelate le ragioni di Harry riguardo la questione Quidditch e i ragazzi si sono velocemente riappacificati. Entrambi sono pentiti e disposti a fare dei sacrifici per l'altro, Harry in particolare è piuttosto deciso nel voler restituire a Louis la sua vita e il motivo di ciò... Forse non l'ha ancora ben inquadrato. Fatemi sapere cosa ne pensate :)
Nel prossimo capitolo ad Harry ne aspettano di belle! Vedrete! Ci sarà tanta Eleanor e... Quidditch!
 
Come sempre grazie infinite a chi lascia qualche parere, a chi segue la storia, a chi la mette tra i preferiti e tra le ricordate. E grazie tante anche anche a chi legge, va bene anche così.
Ora, solo una cosa...: ovviamente non supplicherò mai nessuno per una recensione, né tanto meno pubblicherò mai solo dopo aver raggiunto un cospicuo numero di esse, però, detta come va detta... Ecco, sentire qualche parere in più sarebbe, non dico gratificante, ma certo darebbe molto più senso a questo lavoro. Per quanto sia giusto quello che è...
 
Gli aggiornamenti d'ora in poi saranno appena più lenti (fra un po' finiranno i capitoli pronti), ma non supereranno mai le due settimane. Promesso :)
 
Ora vi saluto, ringrazio tutti ancora e mando un abbraccio!
A presto,
Cost.

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Capitolo 12
*** Le sfide di Harry Styles ***



 
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Le sfide di Harry Styles (o chi me l'ha fatto fare? Ah, già: io...)

Quando il 9 Ottobre Harry Styles si era svegliato nel corpo di Louis Tomlinson poteva dire di esserselo aspettato, sapeva che sarebbe successo ancora, prima o poi.
E dopo gli ultimi avvenimenti era pronto ad aspettarsi di tutto per quel giorno, ma di certo non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi ad un appuntamento sopra una coperta in mezzo ad un bosco...
 
«Ciao El!», salutò fingendo una naturalezza non sua.
La ragazza era seduta su una coperta dai colori vivaci e un attimo prima era assorta a guardarsi attorno, un attimo dopo lo guardava profondamente.
 
«Louis, sei in ritardo!», sbottò Eleanor alzandosi. Diceva così, ma sorrideva con gli occhi. “Sembra davvero felice di vedermi... Temeva che Louis le avrebbe dato buca?”, si chiese Harry.
«Scusa, ho incontrato un... amico mentre venivo», era tutto verosimile, tralasciando quel “amico”.
«Lo conosco?», chiese Eleanor.
«Ehm, no...», “Certo, era il tuo ragazzo che per qualche ragione inspiegabile ha assunto le mie vere sembianze!”, non avrebbe suonato bene.
«Non era una ragazza vero?», pure la fidanzata gelosa...
«Certo che no!», le sorrise nel modo più rassicurante che riusciva Ma non sapeva che effetto facesse su quella faccia...
«Vuoi sederti accanto a me?», e mentre Eleanor parlava prese la mano di Louis e lo trascinò giù. La ragazza sapeva già la risposta alla sua domanda. La risposta che avrebbe dato Tomlinson...
Eleanor non lasciò la sua mano e appoggiò liberamente la testa sulla spalla di Louis. Harry intanto subiva inesorabilmente.
«LouLou, ti va di parlare di quello che è successo in questi giorni?», fece la ragazza.
«Che cosa vuoi sapere?». Forse Harry era un po' rude per fare il fidanzato premuroso...
Eleanor si irrigidì. «Non saprei, potresti cominciare dicendo perché non mi hai parlato per cinque giorni! Dimmi la verità, tu provi ancora qualcosa per me?», il tono era passato da stizzito a preoccupato.
«No! Ma che dici? Tu... mi piaci tantissimo! Tu sei perfetta, sono io che...», iniziava l'operazione “ragazzo fragile ed insicuro”, «avevo paura che dopo come avevo giocato domenica anche tu pensassi che io fossi... un perdente...», soffiò, sforzandosi di risultare credibile.
«Lou! Come hai potuto credere che lo pensassi?! Lo sai che non mi importano tutte quelle cose!»
«Lo so Eleanor, tu sei davvero una persona meravigliosa e nonostante tutto io... Ci tengo troppo a te per lasciare che mi vedessi in quel modo!», esclamò. Era quasi divertente...
Harry non era mai stato tanto bravo a raccontar balle. Ma se la stava cavando. Doveva essere l'influenza di Tomlinson... (Il Grifondoro più subdolo della storia!).
«Lou tesoro... Dovevi parlarmene prima, io avrei capito!»
«Hai ragione. Ora mi sento molto meglio, mi è mancato tantissimo poter stare con te!». “E questa da dove mi è uscita?!
«Davvero?», chiese Eleanor con gli occhi lucidi dalla commozione.
«Davvero», assicurò Harry. Che bugiardo...
«Oh Lou!»
Harry realizzò di aver esagerato solo quando si ritrovò la ragazza attaccata alla bocca. E sapeva di non poter rifiutare quel bacio, non era così che si faceva suggellava la pace?
Il suddetto bacio si rivelò più impegnativo del previsto, prima quando Harry dovette fare i conti con un'altra lingua nella sua bocca, ma sopratutto dopo, quando iniziò a mancargli il fiato e la ragazza non sembrava interessata a smettere.
Dopo un po' Eleanor si arrese. Finalmente!
«Uao», soffiò lei lasciandosi cadere sul telo. Aveva il fiato corto. “Che vuol dire «Uao»?!
«E' stato stupendo... Non mi baciavi così dalle prime volte!», esclamò la ragazza.
Dalla bocca di Louis uscì solo una risatina isterica.
«Vieni qui», fece lei invitandolo a sdraiarsi accanto. Aveva una voce strana.
Harry obbedì e trascinò il corpo di Louis steso, il volto vicino a quello della ragazza, che lo guardava intensamente. “Non mi piace questo andamento orizzontale...”, pensò allarmato.
E la ragazza si faceva sempre più vicina, sempre più vicina...
 
Venti minuti dopo, con le labbra gonfie e i vestiti stropicciati, Harry giunse alla conclusione che baciare Eleanor non erano affatto male, che la ragazza ci sapeva fare e che avrebbe continuato a baciarla ancora. Però c'era un però. E non era solo il pensiero di come Louis avrebbe reagito sapendo che Harry e la sua ragazza avevano trascorso tutto il tempo a pomiciare. Era una sensazione che lo turbava e gli faceva sentire che qualcosa non andava. Ma non sapeva cosa...
Ecco, questa sensazione cominciò a crescere quando le mani di Eleanor iniziarono a scendere dalle sue spalle al petto, dal petto all'addome, dall'addome ai fianchi, dai fianchi a-
«Eleanor!», gridò.
«Cosa c'é?!», domandò lei allarmata.
«E... Niente, solo... mi sono ricordato... Liam mi ha chiesto di passare al campo per la fine degli allenamenti, voleva discutere di un-»
«Ma proprio adesso?», chiese la ragazza, visibilmente infastidita.
«Si, scusami tanto... Possiamo vederci a cena! E domani sono libero tutto il giorno!», “Almeno: credo che Tomlinson lo sia...
«Ah...», soffiò, un po' delusa, «Allora... Vengo a trovarti a cena e possiamo incontrarci domani pomeriggio, sempre qua...», “Ottimo, così concludi con il tuo ragazzo. Quello vero!”.
«Ottimo!», disse Harry, censurando buona parte dei suoi pensieri e aggiunse: «Faresti meglio a rientrare anche tu, fra poco sarà buio...»
«Hai ragione... Non me ne ero neanche accorta!», disse sorridendo.
«Nemmeno io», ed era vero...
«Allora torno al castello», disse Eleanor.
«E io vado al campo...», “Merlino, adesso mi tocca andarci davvero...”, mica poteva rientrare con lei e rischiare di farsi vedere in giro! Magari poteva anche provare a guardare gli allenamenti, era ora che iniziasse a capire il Quidditch...
«Okay, ci vediamo dopo!», fece la ragazza.
«A dopo El!», così dicendo Harry si sporse verso la ragazza e la baciò gentilmente. Gli venne quasi spontaneo... Poi scappò via.
 
Harry si sentiva una persona orrenda. E non era sicuro che fosse perché aveva baciato la ragazza di un altro. Anche perché in un certo senso era anche la sua ragazza, almeno apparentemente...
Ma se non era il senso di colpa, allora cosa poteva essere?
 
 
 
Era il pomeriggio del 9 Ottobre e Louis, in ricce sembianze, non aveva niente da fare.
Di solito quando era Harry stava con Harry, ma ora che l'altro era andato a mantenere le sue relazioni sentimentali (“speriamo bene!”), non sapeva più cosa fare.
Aveva deciso che poteva andare ad assistere gli allenamenti della sua squadra.
Non era più stato al campo dall'ultima domenica, forse per vergogna, ma ora che era Harry nessuno poteva dirgli niente. E comunque si sarebbe messo in un posto appartato.
Si era seduto in una delle torri opposte alla zona di allenamento, la visuale non era perfetta, ma era sufficiente.
 
Dopo un'ora passata a criticare i suoi compagni e a fare confronti mentali sulla sua bravura rispetto a loro, dei passi interruppero i suoi pensieri.
Qualcuno stava salendo le scalette della torre.
Chi potrà mai essere?”, si chiese Louis. Nessuno veniva lì a guardare gli allenamenti...
Di tutte le persone che sarebbero potute arrivare, certo non si sarebbe mai aspettato di vedere... Sé stesso!
«Harry?!», esclamò vedendolo.
Quello sobbalzò visibilmente.
«C-che diavolo ci fai tu qui?!», chiese Harry agitato, con la voce acuta di Louis.
«Che cosa ci fai tu! E il mio appuntamento?!», osservò Louis.
«I-io... ho detto ad Eleanor che dovevo andare al campo», spiegò Harry velocemente.
«E perché l'avresti detto?»
Harry, col corpo di Louis, se ne stava un po' lontano e tamburellava un piede nervosamente. “Cosa nasconde?!”, si chiese Louis, la mente.
«Perché... Mi ero stancato...»
«Di parlare?»
«Ehm, sì, parlare...»
«E com'è andata? Ho ancora la ragazza?»
«Si, direi che è tutto sistemato...»
«Ottimo! E- Come mai te ne stai così lontano?», domandò Louis, con un sospetto.
«N-non sono lontano...»
«Allora avvicinati!»
«Veramente adesso dovrei andarmene...»
«E perché sei venuto fin qua su?»
«Per fare un giro...»
«Allora ti accompagno, così mi racconti!», fece Louis andandogli in contro.
«Non è necessario!», esclamò Harry arretrando.
«Harry...», iniziò Louis scrutando il proprio corpo, «Sono foglie quelle hai in testa?!»
«Cosa? No! Cioè, forse... Si saranno impigliate mentre venivo via...», rispose Harry nervosamente.
Ad ogni passo che faceva Louis aveva sempre più chiara la situazione.
«E perché i tuoi vestiti sono tutti spiegazzati? Più di prima?!», Louis faceva caso a certi dettagli.
«Dici? A non sembrano diversi...»
«E Harry... Perché le mie labbra sembrano canotti?».
Harry impallidì. Poi arrossì. Tutto nel giro di pochi secondi. Tutto con la faccia di Louis.
«Brutto piccolo stronz- Che cavolo hai fatto con la mia ragazza?!», sbraitò Louis, più appassionato dal ruolo che recitava, che arrabbiato.
«I-io... Abbiamo risolto...», tentò Harry.
«Lo vedo! E come!», esclamò.
Era normale che Louis si stesse divertendo così tanto? Era palese quello che Harry aveva fatto con Eleanor...
Ma lei era pur sempre convinta che fosse Louis, non valeva come tradimento. Ed Harry... si faceva perdonare per le espressioni che faceva.
«Louis io, non- E che- Non c'era altro- E-»
«Harry, stop! Ti stavo prendendo in giro!», esclamò Louis, con la voce di Harry.
«Che? Davvero? Perché?»
«Davvero, perché è divertente», ammise Louis.
«Quindi... Non sei arrabbiato?!», domandò Harry, confuso.
«Nah, non sono arrabbiato, almeno credo. Sono contento che tu, che io, abbia chiarito con El e che le cose siano andate bene!»
«S-sul serio?», chiese ancora Harry, indeciso se credergli.
«Serissimo! »
«Allora... per fortuna. Ah, hai appuntamento con Eleanor domani pomeriggio, stesso posto stessa ora», comunicò.
«Ottimo! Avrei dovuto assumerti prima, non ho mai fatto pace con El tanto in fretta!», disse Louis ridendo.
«Ma io ho fatto come hai detto tu...», precisò Harry.
«Be, non proprio...», l'allusione fu colta e scatenò una buone dose di rossore.
«Ma dimmi», riprese Louis, «Fino a che punto siete arrivati esattamente?».
Le risate di Louis crebbero in proporzione al rossore dell'altro.
 
Forse non era normale divertirsi parlando della propria ragazza con un altro. Ma a Louis piaceva troppo per smettere.
 


 
Era il 12 Ottobre, era Lunedì ed Harry era Harry. E quello fu il giorno in cui decise di sfruttare il favore chiesto a Zayn Malik.
Quando quella mattina Harry scese in Sala Comune era molto presto, ma Zayn era già lì.
Come facesse non ne aveva idea, quel tipo arrivava sempre prima di lui, giusto in tempo per perseguitarlo. Ma ormai Harry si stava quasi abituando.
«Harry! Sei mattiniero oggi!», esclamò Malik, con tanta spontaneità che quasi sembrava non lo stesse aspettando. Chissà, forse Zayn era il primo a sedersi in Sala Comune tutte le mattine da sempre, da prima che decidesse di diventare amico di Harry Styles. Harry però non poteva saperlo...
«Già...».
Harry anziché incamminarsi si sedette sul divanetto di fianco a Zayn, che gli fece spazio guardandolo curioso.
Il riccio stava vivendo un dissidio interiore: “Glielo dico o non glielo dico?”. Certo prima o poi avrebbe dovuto farlo e non poteva far passare troppo tempo.
Se Harry voleva davvero non essere un fastidio nella vita di Louis era il caso di iniziare quegli allenamenti. E lo voleva. Cioè, non lo voleva, doveva.
La sola immagine di sé stesso su una scopa lo sconcertava e lo terrorizzava. Ancora di più dopo l'orribile esperienza di Domenica. “Tutte quelle cadute...”, era stato orrendo...
Serviva una buone dose di coraggio per affrontare tutto ciò, uno dei suoi grandi incubi. Ed Harry non era affatto coraggioso... Però compensava in orgoglio.
«Zayn...», cominciò il riccio dopo minuti di riflessione, «ti va se oggi... andiamo a correre?», chiese guardando le pieghe del divano.
Zayn sorrise, non aspettava altro.
«A correre eh? Ti dirò: ne avevo proprio voglia», e mentre parlava il suo sorriso si faceva sempre più spaventosamente grande.
Me ne pentirò”, ma questo Harry lo sapeva già da prima.
 
 
 
 
Erano giorni che Zayn aspettava quel momento. Il momento in cui avrebbe visto Harry Styles su una scopa.
Ma il riccio aveva lasciato passare così tanto tempo che quasi Zayn temeva di essersi sognato tutto. In fondo, Harry Styles che gli chiede di imparare a giocare Quidditch era degno di uno dei suoi sogni più assurdi. E se era la realtà non riusciva proprio a capire cosa avesse spinto un ragazzo che evidentemente odiava il Quidditch a volerlo imparare. Ma l'avrebbe scoperto, sicuramente.
Questo pensava Zayn Malik, la sera del 12 Ottobre, mentre entrava nel campo da Quidditch (che a quell'ora era libero) con Harry.
Harry per l'occasione aveva voluto mettere un sacco di protezioni. E ne avrebbe avuto più bisogno di quanto Zayn immaginasse...
«Styles, ti vedo un po' agitato o è un'impressione mia?», domandò Zayn sarcastico.
Harry grugnì, faceva sempre così quando era nervoso, o quando era scocciato, o quando er- In realtà lo faceva in svariate occasioni, ma ora era palesemente nervoso.
«Userai questa scopa, l'ho trovata nel ripostiglio, ha un po' di anni, è un vecchio modello, ma non è male», disse Zayn mostrando una vecchia Firebolt.
Se il borbottio di Harry era un grazie mal riuscito, Zayn non lo capì.
«Dunque, dato che sei un super principiante, direi di partire dalle basi!», esclamò Malik, poi continuò: «Per quanto riguarda le palle, bisogna dire che sono...»
Mentre Zayn si prodigava in diligenti spiegazioni teoriche, Harry spostava il peso da un piede all'altro dondolando. Sul volto aveva un espressione combattuta, disgustata e indecisa, che a volte si risolveva in un tentativo di parola, che tuttavia non aveva risultato sonoro.
Dopo che Harry boccheggiò per la terza volta, Zayn ritenne fosse il caso di fermarsi e capire che problema avesse.
«C'è per caso qualcosa che vuoi dirmi?»
«Ecco... sì, in realtà sì», sputò Harry.
«Vale a dire?»
«Tu...», iniziò Harry, «Hai iniziato troppo avanti... La spiegazione intendo», ammise imbarazzato.
«La prima cosa che si spiega nel Quidditch sono le palle, poi si passa al campo, dopo ai ruoli poi all-»
«E' troppo presto per parlare già di queste cose», insisté Harry.
«Ma prima c'è solo... oh!», Zayn si illuminò. Ed Harry si accese di un vago rosso.
«Tu... non sai volare?!», esclamò Zayn.
«Non proprio...», ammise Harry.
«Tu non sai volare...!», Zayn era sconcertato, «E l'esame al primo anno?!»
«Bocciato. Tre volte...», Harry aveva la faccia di uno che voleva essere seppellito vivo.
«Quindi è vero? Bocciano qualcuno a quegli esami?!», domandò Zayn, sempre pronto a prendere le cose con sarcasmo.
«Evidentemente per i casi disastrosi fanno queste eccezioni...», sussurrò Harry.
«Non puoi essere così male!»
«Ti assicuro che posso eccome...»
«Si vede che non hai avuto l'insegnante giusto! Ci pensa il professor Malik a insegnarti a solcare i cieli!», Zayn ora era davvero preso dalla causa.
Quella che gli era arrivata aveva tutta l'aria di essere una sfida... e Zayn amava le sfide!
«Harry, prendi la scopa. Inizia la lezione!»
 
Venti minuti dopo Zayn capì di aver sopravvalutato le sue capacità d'insegnate. O forse aveva sopravvalutato il suo alunno... E decisamente il problema era Harry.
Non riusciva nemmeno a tirar su la scopa!
«Zayn, davvero, non posso prenderla con le mani?», stava chiedendo Harry per l'ennesima volta.
«No, devi farlo con l'incantesimo!»
«Ma perch-»
«Perché sì! Un mago e la propria scopa devono prima instaurare un rapporto! E questo si può fare solo con la magia!», spiegò Zayn.
Harry sembrava piuttosto sconsolato. Era comprensibile, negli ultimi venti minuti aveva ripetuto “Su!” almeno cento volte e la scopa non si era mai mossa...
Che fossero vere le voci che si raccontavano su Harry Styles? Che fosse davvero un-?
«Harry, fermati un attimo», Zayn doveva provare in un altro modo, così non avrebbero combinato nulla, «Ascoltami: tu eri davvero convinto di fare questa cosa e io non lo so perché... Ma se davvero la tua ragione era tanto importante allora credo che... Dovresti farlo per quello! Quando chiami la scopa, pensa alla tua ragione! Solo la formula o solo la magia non bastano! Lascia che la scopa conosca le tue ragioni, allora si lascerà domare!».
Harry guardava Zayn confuso e appena appena colpito.
«Io... posso provarci...», soffiò.
Zayn vide Harry posizionarsi di nuovo di fianco alla scopa e stendervi la mano sopra. Questa volta però non iniziò subito a recitare l'incantesimo, ma chiuse gli occhi qualche istante e poi li strinse forte, come a concentrarsi su un pensiero, un pensiero importante che a Zayn non era dato sapere. E quando Harry aprì gli occhi e disse «Su!» e la scopa saltò fluidamente nelle sua mano, Zayn seppe che quel pensiero doveva essere davvero molto forte.
«Harry! Ce l'hai fatta!!», esclamò Zayn andandogli in contro. Harry era più incredulo di lui.
«Io... Ce l'ho fatta!», esclamò il riccio, su di giri come nessuno non l'aveva mai visto. Poi iniziò a ridere nervosamente, ma felice.
Zayn ebbe l'impressione di stare assistendo a qualcosa di unico e che quella scena non gli spettasse, non fosse per lui...
«Harry, riprenditi! E poi: riprova!»
«Di nuovo?!»
«Oh sì! Devi farlo altre dieci volte, poi iniziamo a volare!», annunciò Zayn.
«E va bene...», borbottò Styles. E forse non gli dispiaceva tanto voleva far credere...
Riuscì ad alzare la scopa altre dieci volte in quattordici tentativi. Non male.
«Adesso non posare la scopa, ma salici sopra», ordinò Zayn.
Harry lo guardò allarmato.
«Non fare quella faccia e sali!», ribadì Zayn Malik in modalità insegnante spietato. Poi aggiunse: «E non aver paura, la scopa sente la paura».
«Fosse facile...», borbottò Harry col suo tipico tono scontroso, ma poi prese un respiro profondo. Zayn sorrise.
Contro ogni aspettativa Harry salì sulla scopa al primo colpo e quella non si mosse minimamente. Zayn non sapeva se fosse più stupito lui o Harry.
«Stai andando bene... La presa è giusta, sposta le mani solo un po' più avanti».
Harry eseguì in fretta. Gli tremavano le mani. E le gambe.
«Ci sei! Ora andiamo per gradi. Tieni ben stretta la scopa e poi datti una spinta coi piedi verso l'alto, ma non troppo! Alzati di qualche metro al massimo, poi torna giù! Sei pronto?»
«No»
«Allora vai!», esclamò Zayn.
Harry lo fulminò. Ma gli diede retta...: si arpionò alla scopa, fece forza coi piedi e si spinse in alto. Poi chiuse gli occhi, in attesa della caduta. Che non avvenne...
«Harry... fossi in te aprirei gli occhi», il tono di Zayn sapeva di sorriso.
Harry aprì prima un occhio, poi l'altro. Nel sua sguardo passò confusione, poi stupore, poi felicità.
«Oddio! Sto volando!!», esclamò, perfettamente sospeso ad un metro da terra.
«Già stai-»... Cadendo rovinosamente. Boom!
Avevano parlato troppo presto, Harry si era deconcentrato ed era caduto.
«Aiah... », biascicò Harry dolorante.
«Ti sei distratto! .. Però andavi bene!», concesse Zayn.
«Tsé...»
«Smetti di lamentarti e risali sulla scopa!».
La seconda volta Harry rimase in aria cinque minuti, cercando di trattenersi dall'esultare. Anche Zayn fece fatica. Quando però fu il momento di tornare giù, l'atterraggio fu rovinoso quanto il primo.
La terza volta rimase in aria quanto la seconda e tornò a terra in modo quasi decente.
La quarta volta... «Harry, perché non provi a muoverti?», propose Zayn.
Harry, sempre con lo sguardo davanti a se e senza mollare la presa, disse: «I-in che senso?»
«Non puoi rimanere fermo nello stesso punto per sempre. Muoviti! Basta che orienti la scopa nella direzione che preferisci e sposti il peso in avanti per muoverti, indietro per rallentare», spiegò Zayn.
Evidentemente ad Harry l'ipotesi di rimanere lì piaceva, ma per quanto restio diede retta a Zayn.
Quel ragazzo era più motivato di quanto Zayn si aspettasse!
Il riccio spostò appena il peso in avanti e la scopa si mosse come le chiedeva. Non era affatto male...
Non era male prima che la scopa impazzisse. Zayn fece in tempo a chiudere gli occhi un istante che quello dopo Harry era schizzato via, in balia della scopa sotto di lui.
Le urla di Harry riempirono l'intero campo da Quidditch. Quella scena a Zayn ricordò qualcosa, ma non capiva cosa...
«Harry! Harry devi fermarti!», gridò Zayn.
«E come diamine faccio?!», urlò.
«Sposta il peso indietro!!»
«Non ci riesco!»
«Si che ci riesci!! E-Harry, non mollare la presa, non-!».
Harry non resistette all'ennesimo giro mortale e precipitò giù, piombando nella polvere.
«Harry!!», Zayn iniziò a correre nella sua direzione. Nella mente pensava già a come giustificare la morte di quel giovane ragazzo.
«Harry!!», gridò raggiungendolo, si inginocchiò accanto a lui e iniziò a scuoterlo.
«S-sto bene..», biascicò il cadavere di Harry, che a quanto pareva non era ancora un cadavere.
«Sei vivo!», esclamò Zayn abbracciandolo.
«Vaffanculo», biascicò Styles, «E smettila, mi soffochi!»
«Certo...».
Harry aveva la pellaccia dura, era caduto da quasi tre metri e non si era fatto nulla, apparentemente.
«Sei sicuro di avere tutto al posto giusto?», domandò Zayn preoccupato.
«Credo di si... Mi fa solo un po' male il braccio destro...», disse Harry tastandosi il suddetto braccio. Non aveva una bella faccia mentre lo faceva...
«E' rotto?»
«Non credo...»
«Ti porto in infermeria», fece Zayn.
«No! Assolutamente no!»
«Harry, potrebbe essere grave!»
«Non lo è. E' il mio braccio, decido io cosa è grave o no», sentenziò Harry, risoluto.
«Fai come ti pare, ma non essere stupido solo perché non vuoi che nessuno sappia questa cosa...», disse Zayn, il tono vagamente di rimprovero.
Styles non disse niente.
«Sei d'accordo con me se per oggi la finiamo qua?», domandò Zayn mentre si alzava e porgeva ad Harry una mano per fare altrettanto.
«Sono d'accordo», rispose mentre afferrava la mano.
«Comunque... mi aspettavo peggio da uno che è stato bocciato tre volte», disse Zayn mentre andavano agli spogliatoi.
«In effetti anche io... Forse avere un maestro migliore conta», osservò il riccio.
«Tu... mi hai fatto un complimento?!», chiese Zayn esterrefatto.
«Ma figurati! Non intendevo... Dicevo che sei migliore della vecchia Bumb, non è certo un complimento!», precisò Harry.
«Ah, ecco...», ma niente impedì a Zayn Malik di sorridere soddisfatto.
 
 
 
 
Harry si stava togliendo di dosso tutte le protezioni e quando anche la casacca fu tolta realizzò di essere conciato davvero malaccio: era ricoperto quasi interamente di lividi! E con la fortuna che aveva il giorno dopo si sarebbe scambiato con Louis e allora... come avrebbe spiegato il suo stato attuale? Pregò che la sfiga non si ricordasse di lui, per una volta.
Ma per sicurezza: «Zayn, domani non chiedermi come sto, né parliamo di quello che è successo», disse al ragazzo che si cambiava accanto a lui.
«Fa tutto parte dello statuto di sicurezza?», chiese Malik esasperato.
«Esatto», sentenziò Harry.
«Guarda Harry che non ci sarebbe nulla di male se-»
«No».
«Come se fosse stato poi tanto brutto! Vedrai: appena inizieremo a giocare ti piacerà!», disse Zayn convinto.
L'espressione di Harry diceva il tutto contrario.
Era stato terribile. Quando volava pensava “Voglio tornare a terra!” e quando cadeva si chiedeva come caspita avesse fatto lui, che il Quidditch lo odiava da sempre, a ritrovarsi in un campo, su una scopa, in caduta libera... E la risposta, lo sapeva, aveva nome e cognome. Ma non sapeva se accusare esclusivamente Louis Tomlinson o pure anche se stesso...
«Malik, sono caduto da tre metri di altezza! E' stato tanto brutto!», rispose Harry, poi riprese: «Gli uomini sono fatti per stare con i piedi per terra, davvero io non capisco perché noi maghi pretendiamo di volare sopra delle scope!». (Aveva sorvolato sul fatto che adesso anche lui pretendeva di farlo... Ma aveva delle ragioni!)
Zayn lo guardava con gli occhi sgranati, poi disse: «Harry... parli come mio padre. Ed è il babbano più babbano che conosca!».
Il riccio non sapeva se prenderla come un'offesa o se fare i complimenti a Malik Senior.
«Ma lo dice perché secondo lui dovrei giocare a calcio», continuò Zayn, «anziché “Starmene su una scopa a mezz'aria”»
«A che dovresti a giocare?», chiese Harry confuso. Le sue conoscenze babbane erano un po' scarse...
«A calcio. Non mi avevi detto che te ne aveva parlato Tomlinson?», chiese Zayn.
«Di che?», Harry sapeva che quando veniva fuori quel nome non era bene...
«Di calcio! Me l'hai detto tu!», “Io?! Ahhh, io!
«Si certo! Scusa, me ne ero dimenticato...», disse Harry, sperando che il grande non volesse approfondire la conversazione. Zayn lo guardava sospettoso.
«Okay... Hai finito di cambiarti?»
«Si»
«Allora andiamo, forse facciamo in tempo a cenare!», disse Zayn.
Era un po' tardi... Ma la fame di Harry gli diceva di tentare.
«Sbrigati Styles!», urlò Malik, che stava già sulla porta.
Harry raccolse le sue cose, che consistevano per lo più nella vecchia tuta di Malik, e si affrettò per uscire.
Camminando passò davanti ad uno specchio e gli sovvenne di scrutarci dentro, solo un istante.
E vide Louis.
Harry gridò. Un secondo dopo nello specchio c'era il suo riflesso.
«Harry, che succede?», domandò Zayn, l'aveva sentito.
«N-niente...», sussurrò, la voce sovrastata dai battiti del cuore.
Pure le allucinazioni adesso?!
Era stanco, doveva mangiare e poi doveva dormire. Decisamente.
Chissà, forse la sua mente gli stava facendo notare quanto stesse rivoluzionando la sua vita, solo per una persona...
Però Harry non poteva più rovinare l'esistenza di nessuno. Anche se questo significava giocare a Quidditch, anche se Harry detestava volare. E destava cadere. Anche se nessuno era Louis Tomlinson...
E non avrebbe mollato. Anche a costo di rompersi tutte le ossa. O d'impazzire.
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
Come poteva Harry-vita-monotona-Styles essersi ridotto così?! Nella mente di Louis iniziarono a vorticare un milione di ipotesi, ma una era più ricorrente e terribile di tutte. “E se qualcuno lo picchiasse...?”
 
Harry sentiva la testa pesante, il braccio pulsava ininterrottamente e la mano di Louis stretta sul suo polso sembrava bruciare. O era lui che stava bruciando?”
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Allora, devo salutare, ma prima dico una cosa! Inizialmente avevo diviso questo capitolo in due parti per stringere i tempi tra gli aggiornamenti, ma mi sono convinta che, essendo nato uno, dovesse restare uno. Quindi, resta così.
Passando al capitolo... Che ve ne pare? C'è tanta Eleanor, dite che qualche reazione l'ha scatenata? Io opterei per la confusione, poi in quale senso, sta all'interpretazione del lettore ;) E poi c'è stato l'allenamento! E avrà... conseguenze.

 
Come sempre ringrazio e saluto tutti e spero la storia vi stia ancora piacendo.
Se lasciate una piccola recensione mi fate tanto felice. Questa storia... vale molto per me. Tutto qui.
Cost.
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** La cosa giusta ***


 



 
 
..In your skin..


 
 
 
La cosa giusta (o missione del giorno: salvare un inguaribile testardo!)
 
Il mattino del 13 Ottobre il primo pensiero di Louis Tomlinson fu: “Dolore!”
Il secondo: “Fame!”
E per i dieci minuti successivi fu incapace di alzarsi dal letto, mentre il corpo era trafitto da fitte di dolore e nella sua mente era tutto un inspiegabile: “Dolore, fame, dolore, fame, dolore!”.
Infine: “Harry!”, pensò. Ed ecco trovata la soluzione allo stato terrificante in cui si trovava, ma che non di certo non era lo stesso della sera prima...
Quando Louis trovò la forza di alzarsi (e il corpo di Harry non collaborava), individuò la causa delle sue sofferenze. Tutta la parte destra di quel corpo era coperta da lividi recenti, in particolare sulla coscia, sul fianco e sul braccio. Quest'ultimo gli faceva un male atroce.
Ma che diavolo è successo ad Harry?”, era ridotto in modo preoccupante...
Louis raccolse la divisa di Harry da terra, (il pavimento era il suo armadio), e si fiondò nel bagno sperando di non essere osservato. Non che i compari Serpeverde gli prestassero più attenzione del solito... Meglio così.
Lo specchio gli confermò quanto il suo stato fosse spaventoso, era mezzo bianco e mezzo viola!
Come poteva Harry-vita-monotona-Styles essersi ridotto così?! Nella mente di Louis iniziarono a vorticare un milione di ipotesi, ma una era più ricorrente e terribile di tutte. “E se qualcuno lo picchiasse...?
Louis era talmente preoccupato per Harry che per una volta non si soffermò sulla stranezza del trovarsi nel corpo dell'altro.
Adesso voleva una solo una spiegazione. E magari mettere qualcosa sotto i denti.
 
 
 
Harry lo sapeva. Lo sapeva! La sfiga era con lui! Non poteva essere altrimenti!
Di tutti i giorni possibili proprio quello doveva ritrovarsi nei panni di Louis?! E la cosa decisamente peggiore era che Louis fosse nei suoi...
Mentre pensava queste cose e colpiva la testa (di Louis) con le mani (di Louis), si dirigeva in Sala Grande insieme a Payne, il quale lo guardava preoccupato, ma rassegnato.
Harry era davvero sconsolato: “Cosa starà pensando Tomlinson?! Ohhh... E cosa Merlino mi posso inventare io?! Cosa gli racconto?!”, era certo solo di cosa non potesse raccontare, ossia la verità.
«Louis, Harry sta venendo da questa parte”, annunciò Liam, con il tono di chi se l'aspettava.
Harry non se lo fece ripetere, con uno scatto abbandonò Payne e raggiunse il proprio corpo qualche metro più in là.
«Mi vuoi dare una spiegazione?!», chiese subito Louis, visibilmente infervorato.
Siamo già a questo punto?! E i saluti?!”, esclamò Harry tra sé.
«A che proposito?», la voce di Louis rendeva ancora più snervante il suo tono da finto tonto.
«Secondo te?!».
Prima che Harry potesse rispondere Louis alzò la camicia dando bella mostra dei fianchi deturpati di Harry.
«Ehi ma che fai! Copriti! Coprimi!», esclamò Harry agitando le braccia.
Louis gli lanciò un occhiata scettica, con tanto di alzata di sopracciglio (“Da quando lo so fare?!”), poi si illuminò e disse: «Facciamo così, tu mi spieghi come ti sei ridotto in questo stato e io non onorerò tutta la scuola della vista del tuo corpicino gracile e viola»
Questo è...” «Mi stai ricattando?!»
«Precisamente!»
«Ma sono fatti miei!»
«E adesso sono anche miei!»
«E da quando scusa?»
«Indovina?»
«Tu non puoi!», protestò Harry.
«Devo spogliarmi?!», rimarcò Louis afferrando di nuovo la camicia.
«No! Fermo!», esclamò Harry, afferrandogli i polsi e guardandosi attorno.
«Tranquillo, non c'è nessuno ad assistere», assicurò Louis.
«Bene...», soffiò Harry, lasciando andare i polsi di- be, i propri. E pensare che non era mai stato un tipo violento...
«Allora, mi spieghi cosa ti è successo?», insisté Louis.
«Io... sono caduto... dalle scale...», soffiò Harry.
«Sei caduto... dalle scale?!», disse facendo di nuovo quella cosa col sopracciglio.
«Esatto!»
«E ti aspetti che io ci creda?!»
«Si?»
«Harry, sono caduto dalle scale molte volte, ma non mi sono mai ritrovato così!»
«Sono caduto male...»
«Tanto da romperti un braccio?», chiese Louis.
«Non è rotto!»
«Gioco a Quidditch, lo so quando un braccio è rotto! E se fossi nei miei panni proprio adesso, cioè se fossi nei tuoi... Ecco, lo sapresti anche tu!»
«Mi dispiace...», fece Harry.
«Per cosa esattamente?»
«Che debba essere tu a sopportare al posto mio...». Il progetto del Quidditch si stava rivelando nocivo per la stessa persona che avrebbe dovuto aiutare. Efficace!
«Non è niente... Ho resistito a peggio!», esclamò Louis. «Comunque», riprese, «adesso sarebbe il caso di andare in infermer-»
«No!», lo interruppe Harry.
«Come no?!»
«Noi... non possiamo! Non adesso che siamo scambiati!»
«L'altra volta non c'erano stati problemi, nessuno si era accorto di nulla!», ricordò Louis.
«Già... Ma non possiamo correre altri rischi! »
«Tu hai un braccio rotto!», precisò Louis, sventolandolo. Poi si fermò con una smorfia sofferente.
«Ti chiedo solo di resistere per oggi, domani deciderò cosa fare. Io», disse Harry, e sapeva già che non sarebbe mai andato in infermeria. Lui non ci entrava in quel posto...
Louis sembrò valutare: «Okay, facciamo come dici tu, posso resistere... Ma vedrai: domani mi darai retta!»
«Grazie»
«Harry, adesso devo assolutamente andare a mettere qualcosa sotto i denti, ho una fame allucinante!», esclamò Louis improvvisamente, «Ma tu ti nutri abbastanza?!», chiese.
Ad Harry venne da ridere.
«Certo!», che poi il giorno prima non avesse cenato... non poteva certo raccontarglielo.
«Non si direbbe... Ah, incontriamoci dopo pranzo, così andiamo nel mio dormitorio a prendere una pozione antidolorifica», disse Louis.
«Fa tanto male?», Harry non riuscì a trattenersi.
«Abbastanza», disse Louis, ma sorrise. Poi si allontanò.
Harry non poté fare a meno di chiedersi: “Perché è sempre lui quello forte...?
 
 
 
Louis aveva trascorso una mattina tranquilla. Tranquilla nel modo noioso e tremendamente privo di vita sociale in cui trascorreva la vita di Harry Styles. Se si escludeva i momenti che passava con Zayn e i suoi amici, Harry era completamente ignorato dall'umanità! Ma dopo una certa esperienza a Louis andava anche bene così...
Quando arrivò in mensa, Zayn e gli altri ragazzi non erano ancora arrivati, così Louis si sedette ad aspettarli.
Il braccio destro gli pulsava in modo preoccupante. Diciamo che era la scusa migliore che avesse avuto fin'ora per non prendere appunti, però avrebbe preferito averne una meno valida. E dolorosa.
Qualcuno gli si sedette di fianco. Louis era già pronto a ritrovarsi davanti il sorriso furbesco di Malik, ma in realtà....
«Styles!», disse l'inconfondibile voce di Alec.
Louis rabbrividì. E non seppe se fosse una reazione della propria mente o una reazione involontaria del corpo di Harry. Non gli piacque affatto.
Prima che Louis, nelle sembianze di Harry, potesse dire qualcosa (non che ne avesse intenzione), Alec fece: «Sai... Ho notato che ultimamente giri sempre con quel sangue sudicio di Malik...», iniziò. A Louis pizzicavano già le mani.
«...Sicuramente è una compagnia adatta per uno come te...»
«Uno come me» cosa?!
«.. Ma forse, si, in effetti tu sei molto peggio peggio anche di Malik. Almeno lui è un mago vero», disse Alec sghignazzando. Louis sentiva una gran rabbia montargli dentro.
Alec aggiunse: «Lo sai vero che se ti rivolge la parola lo fa solo per pietà?», sibilò, «neppure un mezzosangue lo farebbe altrimenti! Perché tu... tu non sei niente».
Louis seppe che l'avrebbe colpito e niente l'avrebbe fermato. Era già pronto ad alzarsi, fregarsene di tutto e taragli un pugno, poi un altro, fino a fargli rimangiare ogni parola che aveva detto contro Harry. Ma una mano gentile gli si appoggiò sulla spalla e Louis non ebbe la forza di scacciarla e perseguire il suo piano.
«Alec, stai importunando il mio amico», la voce di Malik era calda e rassicurante quanto la sua mano, solo quel «Alec» era stato pronunciato con freddezza.
«Stavamo facendo quattro chiacchiere», rispose l'interpellato, alzandosi.
«Ti consiglio di farle con qualcun altro allora», e questa suonava proprio come una minaccia.
«In effetti ci sono persone molto più degne di parlare con me», stava già per allontanarsi, quando Zayn gli parlò di nuovo.
«Non ti azzardare mai più a parlare in quel modo ad Harry, è certamente una persona migliore di te!»
Alec si limitò a ridere sguaiatamente, poi se ne andò.
Louis si voltò verso Zayn. Quel ragazzo era... tosto. E ci teneva ad Harry. “Forse ho davvero fatto un favore ad Harry il giorno in cui gli ho consigliato di tenersi stretto Malik”, constatò.
«Harry...», iniziò Zayn, «Tu non hai creduto alle cose che ha detto quel bastardo vero? Lo sai che io...?»
«Lo so», rispose. Forse Harry non l'avrebbe detto, o forse Harry non la pensava così, ma Zayn meritava quelle parole. Gliele doveva.
«Bene... Per fortuna...», sussurrò sorridendo.
Louis era contento che non fosse toccato ad Harry sentire le cattiverie di quel Alec, però gli dispiaceva che non avesse sentito Zayn prendere le sue parti. Harry non sembrava aver ancora compreso appieno quanto l'altro tenesse a lui.
In quel momento arrivarono Mick e Tommy e iniziarono il pranzo, conversando di scuola e di Quidditch. Se Louis di solito faceva fatica a trattenersi dall'intervenire, quel giorno non ebbe problemi a distrarsi, tra il braccio che gli faceva un gran male e la netta sensazione che due paia di occhi lo stessero osservando fissamente. Uno era quello maligno di Alec, l'altro, ne era certo, era quello azzurro-preoccupato di Harry, il suo.
Durante quello stesso pranzo iniziò a pensare che forse i lividi che aveva addosso e il discorsetto di Alec potevano essere collegati... Doveva scoprirlo.
 
Appena Louis fu uscito dalla Sala Grande notò il proprio corpo che l'attendeva.
Si congedò da un sospettoso Zayn (che durante tutto il pranzo l'aveva guardato preoccupato) e raggiunse sé stesso, o Harry, la differenza era ormai poca.
«Ti prego, andiamo a prendere la pozione, mi sto trattenendo dal mettermi a piangere da ore», ammise Louis con urgenza.
«Certo...», concesse Harry, abbassando gli occhi.
Louis conosceva la propria faccia meglio di chiunque altro e riconosceva il senso di colpa che vi passava al momento. “Si sente in colpa perché sto male al posto suo, eppure non mi lascia andare in infermeria. Non ha senso!”, era evidente che c'era qualcosa che a Louis sfuggiva in quel ragionamento.
Iniziarono a salire le scale e stranamente nessuno dei due parlava. Era vagamente imbarazzante.
Di solito era Louis ad intavolare le conversazioni, ma al momento era un po' troppo sofferente e pensieroso per farlo. Harry dal canto suo era altrettanto perso nei propri pensieri.
Eppure, sorprendentemente, fu proprio Harry a parlare per primo, dopo un po'.
«Senti Louis... Che cosa ti ha detto Alec prima?», buttò.
Allora se ne è accorto”, constato Louis tra sé. «Chi?», finse di non capire.
«Lo sai chi! Quel ragazzo biondo, che è al mio stesso anno. Quello stronzo», l'ultima spiegazione era la più calzante.
«Ah, quello».
«Già, che ti ha detto?», insisté Harry, aveva un tono duro, ma era agitato.
«Nulla di importante...», Louis non voleva nemmeno ripensarci.
«Che cosa ha detto?»
Louis sospirò: «Si è messo a parlare male di Zayn, poi di te...»
«E che cosa ha detto su di me?», domandò Harry.
«Scemenze, cose senza senso», sbrigò Louis. Davvero, non voleva ripeterle...
«Quali cose?»
«Harry...»
«Quali cose?!»
«Che tu non vali niente e che se Zayn è tuo amico lo fa solo per... pietà», soffiò Louis tristemente, poi aggiunse in fretta: «Ma non è così Harry! Malik mi ha subito difeso, ha preso le tue parti e ha minacciato quel tipo! Ci tiene a te!»
Harry, ora fermo in mezzo alle scale, intrappolato nel corpo di Louis Tomlinson, taceva. E guardava un punto indefinito oltre le spalle dell'altro.
«Harry...», “Ecco, non dovevo dirglielo, non dovev-!
«E' mai successo altre volte?», chiese Harry con voce debole.
«Che cosa?»
«Che Alec...»
«Si, solo una volta, quando eravamo a Incantesimi», dopo aver detto ciò Louis vide Harry sbiancare.
«Scommetto che si è messo a dire qualcosa in proposito alla mia incapacità», disse amaramente.
«Qualcosa del genere... E a te Harry? Quante volte è successo?», chiese ora Louis.
«Cosa?»
«Che Alec...», Louis stava ribaltando la conversazione.
«Ha importanza?»
«Si»
«Perché Louis?»
«Perché non è giusto che-»
«Non hai pensato che lui possa avere ragione?», disse Harry con un sibilo.
Louis lo guardò attonito. Poi: «No. Mai. E non dovresti nemmeno tu!»
«Allora è proprio vero...», sussurrò Harry tra sé, «Tu non lo sai...»
«Cosa non so?»
«Niente, niente... Andiamo a prendere la tua pozione?».
Sembrava che Harry lo stesse supplicando di lasciar perdere.
«Andiamo», per il momento Louis avrebbe fatto finta di niente. Per il momento.
 
 
 
Era il 14 Ottobre, era passato un altro giorno e Louis era ritornato in sé. Per quanto riguardava Harry invece...
Ormai la cena era finita e la Sala grande si stava svuotando. Ma Louis non accennava a muoversi. Guardava un punto indefinito davanti a se, un punto molto vicino al tavolo dei Serpeverdi avrebbe detto Liam, e proprio non ce la faceva ad ascoltare Eleonor che gli parlava accanto.
La ragazza se ne accorse: «Lou, tu non mi stai ascoltando!», esclamò infatti.
«Lo so, scusa...»
«Va tutto bene?»
«Si, è solo che... sono preoccupato per... un amico», ammise. E pressapoco era la verità.
Aveva passato l'intera giornata tenendo d'occhio Harry, il quale aveva un aspetto davvero pessimo, trattenendosi dal raggiungerlo e trascinarlo in infermeria.
Il riccio non si era deciso a farsi mettere a posto il braccio e ne pagava visibilmente le conseguenze. Lo vedeva nello sguardo preoccupato di Zayn, Michael e Thomas (ai quali non era sfuggito il comportamento sofferente del riccio), e negli occhi tremolanti di Harry.
Louis avrebbe voluto fare qualcosa, ma...
«Cos'è successo?», chiese Eleonor, comprensiva.
«Ecco», iniziò Louis tentennando, «questo mio amico si è fatto male, ma non vuole andare in Infermeria perché... in realtà non ho ben capito il perché. Solo che sta male e io vorrei fare qualcosa per lui, ma... Non vuole essere aiutato», spiegò.
«E allora? Non importa cosa vuole, se sta male la cosa importante è fare la cosa giusta. Soprattutto se siete amici», disse la ragazza, convinta.
Il problema era appunto che loro non erano amici, anzi. Maledizione a parte, non erano proprio un bel niente... e che diritto aveva Louis di intromettersi ulteriormente nella vita di Harry?
Vedendo che Louis si era perso nei suoi pensieri Eleonor esclamò: «Be, che ci fai ancora qui? Lou, se credi che abbia bisogno di aiuto, tu devi almeno tentare!»
E forse... Eleonor aveva ragione! Harry stava male e non permetteva a nessuno di aiutarlo. Ma Louis doveva tentare. Anche se non l'avrebbe convinto, anche se non erano amici, anche se erano niente.
«Hai ragione El! Grazie! Sei fantastica!», disse Louis alzandosi e dopo averle dato un bacio sfuggente, corse via
E se ne andò tanto velocemente da non fare in tempo a sentire El dire: «Liam, ma chi è questo amico di cui parla Louis?»
«Credo intendesse Harry».
«Harry? Mai sentito... Chi è?»
«Questa è una bella domanda».
 
Louis aveva raggiunto in fretta il tavolo dei Serpeverde, guadagnandosi non poche occhiatacce, ma una volta lì si accorse che non c'era traccia di Harry o di Zayn e gli altri.
Uscì velocemente e fu solo grazie ad una familiare testa di indomabili ricci che riuscì ad individuare Harry qualche metro più in la, in mezzo a molti altri studenti.
«Harry!», lo chiamò ad alta voce. Si voltarono più persone del dovuto, ma per fortuna anche quella che cercava
Louis raggiunse l'interpellato che lo guardava con gli occhi più grandi e più verdi del solito.
«Ehi, come stai?», chiese Louis una volta di fronte al riccio e ignorando Zayn e gli altri due Serpeverde.
«Bene», rispose Harry freddamente. Aveva le guance accese.
«Ah si?», fu istintivo per Louis allungare la mano e sfiorare il braccio di Harry.
Sul viso di Harry comparve una smorfia poco convincente e allo stesso tempo Louis vide Zayn guardarlo con diffidenza, mentre Thomas e Michael sembravano piuttosto sorpresi.
Harry si ritrasse. «Smettila...»
«Quindi staresti bene?», forse aveva anche la febbre, era bollente.
Harry non disse nulla.
«Vuoi prendere un'altra pozione? Ieri aveva fatto effetto per un po'», propose Louis. Il piano non era quello, ma prima doveva allontanarsi dagli altri se voleva convincere Harry ad andare in Infermeria.
La proposta di qualche ora di serenità parve allettare Harry.
«Okay...», soffiò infatti.
Louis sorrise soddisfatto.
«Andiamo», e prima che Harry cambiasse idea, Louis lo afferrò per il braccio sano e lo trascinò via.
Sulle spalle sentiva lo sguardo indagatore di Zayn e quello incredulo degli altri due.
«Ma quindi sono davvero amici quei due?!», Louis era abbastanza certo che fu Tommy a dirlo.
 
 
 
Harry sentiva la testa pesante, il braccio pulsava ininterrottamente e la mano di Louis stretta sul suo polso sembrava bruciare. O era lui che stava bruciando?
Era confuso, probabilmente aveva la febbre, e tutto ciò che vedeva davanti a sé era solo Louis Tomlinson. Il resto era sfuocato e- «Non stiamo andando nei tuo dormitori?!», realizzò troppo tardi.
«Mi chiedevo quando te ne saresti accorto», disse Louis con tono, Harry ne era certo, divertito.
«Allora dov-», non ci mise molto a collegare, «No! Louis, no! Io non voglio andarci!», protestò. Tento di liberarsi dalla presa dell'altro, senza risultati efficaci.
«Harry, non essere stupido. Stai male, hai la febbre, il braccio è gonfio e si vede anche se hai la divisa!»
«Io non ci vado in quel posto!», si impuntò il riccio.
«Sì che ci vai! E ti ci porto di peso se serve! Quindi, vedi di farti passare questa fobia, perché hai bisogno di andare in Infermeria, adesso, e ci andrai», il tono di Louis non ammetteva repliche.
«Tu non puoi obbligarmi!», piagnucolò Harry. Se fosse stato più cosciente non l'avrebbe mai fatto.
«Invece posso, se è l'unico modo per evitare che tu ti ritrovi con un solo braccio! O con un braccio deforme!», esclamò Louis.
Negli occhi di Harry passò un lampo di paura.
«Adesso andiamo in Infermeria», affermò Louis, irremovibile.
Harry era combattuto su quale paura fosse maggiore. Quando smise di agitarsi, quella di perdere un braccio aveva preso il sopravvento.
 
Appena Harry mise piede nell'Infermeria l'odore pungente di disinfettante e pozioni gli invase le narici. Si paralizzò sulla porta, improvvisamente pentito di aver seguito Tomplinson in quel posto.
«No... Voglio andarmene...», quell'odore era così insopportabile...
«Harry, ormai siamo qui, non avrebbe senso andarsene ora», disse Louis ragionevolmente, ignorando i lacrimoni negli occhi del riccio, ora dovuti più all'agitazione che al male.
Eppure, senso o non senso, nella testa di Harry era tutto un “Voglio andarmene, voglio andarmene, voglio andarmene!”, e anche il suo corpo era di quel parere, mentre si agitava convulsamente. Ma Louis lo teneva fermo per i fianchi e non era assolutamente intenzionato a farlo fuggire.
«I-», prima che Harry potesse dire altro, li raggiunse la giovane sostituta di Madama Chips.
La donna vedendo lo stato di Harry dovette trovarlo allarmante e chiese subito: «Che cosa è successo?»
Louis si affrettò a rispondere: «E' caduto sulle scale qualche giorno fa e si è fatto male al braccio destro», spiegò, riportando la stessa improbabile scusa che Harry aveva riferito a lui.
«Dalle scale?», chiese l'infermiera, scettica.
«Esatto», disse Louis sicuro, mentre ancora teneva Harry ben stretto.
«E quando hai detto che è successo?»
«Lunedì», spiegò Louis.
«E venite solo adesso?», esclamò la donna. Louis non si scompose, ma si limitò ad alzare le spalle. Harry non poté non invidiare il modo in cui l'altro stava affrontando la situazione, calmo e sicuro, nonostante i dubbi dell'infermiera e con qualcuno che gli si agitava tra le braccia.
«Al tuo amico non piace molto essere qua?», osservò l'infermiera.
Harry le lanciò un occhiataccia e se fosse stato in condizioni migliori avrebbe precisato che lui non era certo amico di Tomlinson. Ma non ne ebbe la forza e l'altro sembrò sorvolare sul particolare.
«Evidentemente, ho fatto un po' fatica a portarlo», ammise il Grifondoro.
«Vedo... Ce la fai a farlo stendere su un letto o devo dargli una pozione calmante?»
Perché parla come se io non la sentissi?!”, Harry la trovava una cosa snervante quanto l'essere lì.
«Harry, vieni?», chiese invece Louis, che si ricordava della sua esistenza.
E come può dimenticarmi, con tutti i casini che gli sto creando?”, pensò Harry amaramente. A quel pensiero decise di farsi forza, di guardarsi attorno il meno possibile e di dar retta al più grande, quindi bisbigliò: «Va bene».
Harry avrebbe voluto raggiungere il letto più vicino con le sue forze, per dimostrare che non era solo capace di protestare e fare i capricci, non era un bambino! Ma appena Louis lasciò la presa, Harry si rese conto di quanto le braccia dell'altro fossero indispensabili per farlo stare in piedi. Per fortuna Tomplinson lo riprese prima che le gambe gli cedessero del tutto.
Che situazione imbarazzante... Non riesco neppure a stare in piedi... Dipendo da un estraneo! O poco più...
Una volta che Harry fu steso (con l'aiuto ancora una volta di Louis), la donna gli diede una pozione dolciastra, poi iniziò a visitarlo, senza che il ragazzo avesse più forza per protestare.
Quando Harry iniziò a sentire la testa leggera e le palpebre pesanti capì che probabilmente gliel'aveva data davvero quella pozione calmante. “Che stronza...
Prima di addormentarsi realizzò che Louis era ancora al suo fianco, seduto proprio accanto a lui.
Con un filo di voce Harry si sforzò di dire: «Ehi, puoi anche andare», doveva dirlo, per quanto in realtà...
«No, resto qui», rispose Louis. La sua voce era lontana, ma la sua mano che aveva stretto quella di Harry era calda e vicina.
Harry si addormentò poco dopo, troppo stordito per pentirsi di aver ricambiato quella stretta.
 
 
 

 
 
 
Anticipazioni:
 
Perché Louis continua a mentire? Cos'è successo questa notte?!”
 
Dopo quella notte aveva capito che c'erano molte cose che non sapeva di Harry... E aveva capito che lui voleva scoprirle”
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
Salve! Ecco finito anche il tredicesimo capitolo... Di già! Che dire... sono abbastanza soddisfatta di come è venuto fuori! Succedono un sacco di cose, e altre ne seguiranno... Oltretutto le cose tra Harry e Louis iniziano a prendere una certa piega. Più che piega per ora è solo un'incrinatura! Ma state a vedere, se vi va ;)
Penso di averci messo tipo tre settimane a scrivere solo questo capitolo... Ehm, fatemi sapere se n'è valsa la pena :)
 
Ringrazio tutte le persone che leggono, che seguono, che mettono tra i preferiti e tra le ricordate e soprattutto ringrazio chi recensisce, davvero non so spiegare quanto mi fate felice! Grazie!
 
Alla prossima settimana,
un saluto enorme a tutti,
Cost.
 
 
 
 

 

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Capitolo 14
*** Segreti ***


 


..In your skin..
 
 


 
 
Segreti (o sono stanco dei soliti vecchi sconosciuti)
 
Quando Harry si svegliò non aveva nessuna idea di che giorno fosse. Né di dove fosse.
Sapeva solo che il male al braccio era sparito e che in compenso aveva un gran peso sulla pancia.
Aprì gli occhi e riconobbe l'Infermeria immersa nella tenue luce dell'alba. Appena respirò l'aria di quel luogo i ricordi della sera prima lo assalirono, insieme ad altri che avrebbe preferito dimenticare.
Dunque, si ricordò del male al braccio, ora scomparso, poi della confusione, della febbre, di... Louis.
Louis che lo aveva trascinato di peso in quel posto, Louis che aveva mentito all'infermiera al posto suo, Louis che gli era rimasto accanto, Louis che ora dormiva su una sedia di fianco al letto, con la testa appoggiata sul suo addome e la mano ancora stretta nella sua mano.
Di fronte a quell'immagine i pensieri del riccio si bloccarono per un attimo.
Louis... è rimasto qui tutta la notte?
Era possibile? Le sue occhiaie, i capelli in stato disastroso e il volto stravolto dicevano di sì.
Ma la sola presenza Tomlinson era una risposta più che chiara.
Tuttavia ad Harry sfuggiva un dettaglio: “Perché?!
Non trovò nessuna spiegazione.
Louis dormiva di un sonno appena agitato ed Harry restò a guardarlo a lungo.
Non ebbe la forza di svegliarlo. Infondo, non era un peso insopportabile. E non lasciò nemmeno la sua mano. Per non svegliarlo.
Harry avrebbe voluto trovare una spiegazione a ciò che Tomlinson aveva fatto per lui. E avrebbe anche voluto spiegare la strana sensazione che sentiva dentro, da qualche parte tra il petto e lo stomaco, in quel momento. Ma proprio non riusciva a far scorrere i propri pensieri in maniera coerente, così continuò a osservare il ragazzo che dormiva, mentre il sole sorgeva.
 
Dovevano essere le sette passate, il sole ormai era abbastanza alzo, quando Louis si svegliò.
E non fu un risveglio lento o preannunciato. Semplicemente un attimo prima Louis aveva gli occhi chiusi, l'attimo dopo erano aperti e lo guardavano. Harry non ebbe nemmeno il tempo di distogliere lo sguardo.
«Ciao», disse Louis, la voce arrochita dal sonno, la testa ancora appoggiata sulla pancia dell'altro.
Harry impiegò alcuni istanti per riprendersi dalla sorpresa e rispondere «Ciao», poi aggiungere, «Sei sveglio», ma forse non era stata la sua osservazione più intelligente.
«Evidentemente», rispose Louis con un sorrisetto, «Mi sentivo osservato», spiegò.
Harry arrossì leggermente, ma ignorò il commento.
«Hai intenzione di alzarti?», chiese invece, mentre sentiva le loro mani unite diventare bollenti e imbarazzanti.
«Magari fra un po', si sta comodi qui», rispose Louis, strusciando la testa sulla pancia di Harry.
Harry sentì i brividi. Doveva essere solletico.
«Io non starei comodissimo», disse, anche se non era vero.
«Ma guarda che ingrato!», esclamò Louis sollevandosi un poco, «Io resto qui tutta la notte ad assisterti al tuo capezzale e tu come mi ringrazi? Senza condividere nemmeno un pezzettino di letto!»
E' il solito melodrammatico”, pensò Harry, pur combattuto dalla voglia di ridere.
«Non mi pareva di essere un caso da capezzale», notò con scetticismo.
«E chi te lo dice?»
«Forse il fatto che sono vivo?»
«Dettagli!», sbottò Louis, mentre sollevandosi del tutto lasciò la sua mano per stropicciarsi gli occhi con i pugni. All'improvviso la mano di Harry si ritrovò vuota e boccheggiante, se ne fece una ragione.
«Come stai Harry?», chiese poco dopo Louis.
Quel tono profondo e preoccupato agitò non poco il riccio.
«Sto meglio...», soffio. Non lasciò che il grazie che aveva sulla punta della lingua uscisse.
«In effetti hai una cera migliore», constatò Tomlinson, osservandolo attentamente.
«Tu invece non sei proprio una meraviglia», disse Harry, evitando gli occhi celesti.
«Ma come ti permetti! Io sono sempre una meraviglia! Vorrei vedere te come saresti dopo essere stato sveglio tutta la notte a tenere la mano ad un moribondo che delira nel sonno!», esclamò Louis.
Harry non si imbarazzò per la storia della mano solo perché la sua attenzione si rivolse ad altro.
«Ho delirato? Cosa ho detto?!», chiese allarmato.
«Niente di comprensibile, dicevi cose senza senso, versi, cose così», disse Louis sbrigativo, ma Harry non sapeva quanto bisognasse credere ad una persona che fissava il pavimento.
Forse però era meglio non saperlo.
«Come mai sei rimasto?», chiese allora.
«Restare qui con te era più allettante che ascoltare Payne russare tutta notte, ogni tanto ci vuole una pausa», disse Louis divertito e Harry non poteva non essere d'accordo, pur sapendo che mentiva.
«Certo, tu facevi ancor più casino, quindi forse non è stato un affare...», aggiunse Tomlinson.
«E l'infermiera ti ha permesso di restare?», chiese il riccio, abbastanza sicuro che la presenza di Louis fosse contro il regolamento.
«Precisamente! Tu sottovaluti il potere persuasivo dei miei occhioni blu!», affermò, sbattendo vistosamente le ciglia.
«Ma piantala!»
Ed Harry non poteva che chiedersi: “Perché continua a mentire? Cos'è successo questa notte?!
In quel momento, come se si fosse sentita interpellata, l'infermiera entrò nella stanza.
«Signor Styles, vedo che si è svegliato», osservò lei, «Come si sente?»
«Bene», rispose il ragazzo, più freddamente di quanto avesse fatto con Louis.
«Non si illuda che solo perché il male è passato sia tutto risolto, dovrà restare almeno un giorno in osservazione. E' stato davvero irresponsabile da parte sua non venire qui prima!», esclamò la donna.
Harry non disse nulla.
«Per quanto riguarda lei, Tomlinson, ha fatto un buon lavoro portando il suo amico qui, ma adesso il suo compito è finito e credo che abbia delle lezioni da frequentare».
La donna voleva sbarazzarsi di Louis e sia Harry che il castano se ne accorsero.
«Ha perfettamente ragione signorina», convenne però Louis, «Harry, ci vediamo dopo», disse e nei suoi occhi c'era qualcosa che il riccio non riuscì a comprendere.
Poi Louis si alzo e se ne andò. Se per un attimo le loro mani si erano sfiorate, sicuramente era stato solo un caso.
«Signor Styles, devo parlarle».
La voce dell'infermiera lo riportò drasticamente alla realtà, un posto lontano dagli occhi tempestosi di Louis Tomlinson.
 
 
 
«Signor Styles, devo parlarle», aveva detto l'infermiera.
Sentendo quelle parole Louis avrebbe dovuto andarsene e farsi i fatti suoi.
E invece si era appostato appena fuori dalla porta, con le orecchie ben tese ad ascoltare quella che si preannunciava una conversazione interessante.
Forse restare lì non era rispettoso nei confronti di Harry... Ma se ne fregò.
Dopo quella notte aveva capito che c'erano molte cose che non sapeva di Harry... E aveva capito anche che lui voleva scoprirle.
«Dunque», aveva ripreso l'infermiera, «devo comunicarle che sono stata contattata dal San Mungo e mi hanno riferito che sono mesi che non risposte più alle loro lettere e che non si presenta ai controlli».
San mungo...? Harry è malato?
«E allora?», aveva chiesto la voce di Harry freddamente.
«E allora è mio dovere esortarla a recarsi al San Mungo al più presto», fece la donna.
«E perché dovrei?»
«Perché ha bisogno di essere monitorato e deve portare avanti i trattamenti», spiegò lei con pazienza.
«Al diavolo i trattamenti. Tutta quella roba è inutile. Non serve a niente», sbottò Harry.
«Non serve a niente se lei non assume regolarment-»
«La smetta. E' tutto inutile. Dopo anni... non è cambiato nulla. Ci sono certi problemi che non si possono risolvere. E il mio è uno di questi», sentenziò, con un'indifferenza spaventosa nella voce.
«Harry», disse lei, ora più gentile, «sei molto giovane, ci sono ancora cose che puoi fare! Gli studi in questo campo sono sempre in continua evoluzione... E il solo fatto che tu possa essere qui come studente, in questa scuola, è la prova che hai tutte le capacità per essere considerato un mago normalissimo. Il tuo problema non è poi così grave!»
Per un attimo ci fu il silenzio, poi Harry scoppiò a ridere amaramente. «Mi spiace contraddirla signorina, ma l'unico motivo per cui sono qua è l'influenza di mio padre», disse il ragazzo.
«Signor Styles, lei ha una considerazione davvero bassa della scuola. Le cose non funzionano in questo modo. Glielo ripeto, lei è qui perché è qui che deve stare. Non insulti questa instituzione», puntualizzò l'infermeria, seccata.
Harry non disse più nulla.
«Precisato ciò, lei deve presentarsi al San Mungo il 26 Novembre. E sappia che se non lo farà la scuola prenderà dei provvedimenti».
Il Serpeverde borbottò qualcosa, ma Louis non fu in grado di sentirlo.
«Inoltre ci sarebbe un'altra questione», fece l'infermiera, «Mi è stata inoltrata, sempre dal San Mungo, la richiesta della sua presenza presso... Ecco, una persona ha chiesto di lei», concluse.
Louis ebbe la sensazione che pur non avendo fatto nomi, sia la donna che Harry sapessero benissimo chi fosse questa «persona».
«Non è vero», adesso Harry sembrava proprio arrabbiato,«non ha chiesto di me. Non si ricorda nemmeno che esisto. Non ha chiesto di me», ripeté.
Chissà di chi stavano parlando...
«Come crede lei...», la donna non insisté. «Adesso è ora della sua pozione!»
Louis decise che aveva sentito abbastanza.
E che voleva scoprire di più.
 
 
 
Quando Louis Tomlinson entrò nel dormitorio i ragazzi dormivano tutti. Tranne uno.
«Si può sapere dove sei stato tutta notte?», lo assalì la voce di Liam.
«Ciao Lee...», Louis si accasciò sul letto.
«Allora?»
«Allora», soffiò Louis, «Ero in infermeria», ammise, con il volto immerso nel cuscino.
«Ah... Con Harry vuoi dire?»
«Già...»
«Come sta adesso?»
«Abbastanza bene».
«Era proprio necessario rimanere con lui fino adesso?», chiese Liam.
Evidentemente si, dal momento che ogni volta che tentavo di andarmene mi stritolava la mano ed iniziava ad urlare nel sonno”, Louis rabbrividì a quel ricordo.
«Era la cosa migliore da fare...», anche l'infermiera aveva dovuto ammetterlo.
«Non potevano occuparsene i suoi amici, tipo quel Malik?»
«Forse, ma c'ero io in quel momento...»
«Diciamo piuttosto che hai fatto in modo di esserci», osservò Payne.
«Non avrei dovuto?», chiese Louis, appena innervosito, mettendosi a sedere per guardare l'altro negli occhi.
«Non ho detto questo... Hai fatto una bella cosa per Harry... Solo, perché tu?»
Perché solo io potevo!”, si disse. Ma... se si fosse immaginato tutto? Se per Harry non era poi così importante come credeva? Se si illudeva solo di esserlo?
«Perché si...», disse.
«Non puoi ammettere che siete amici? Guarda che non ci sarebbe nulla di male», fece Liam esasperato.
Se fosse così semplice...”, «Il punto non è quello...»
«E allora spiegami qual'è! Spiegami una volta per tutte perché da quando conosci Harry Styles ti comporti in modo così strano! Sparisci per giorni interi, salti gli allenamenti, sei cambiato! Non ti riconosco più!», sbottò.
«Lee... Mi dispiace... Sono successe delle cose che...»
«E non puoi dirmele queste cose? Sono o non sono il tuo migliore amico?»
«Certo che lo sei! E io mi fido di te! Ma ora... non è il momento. Non posso parlartene, non ci sono solo io che... Non riguarda solo me...», bisbigliò Louis.
«Ovviamente stai parlando di Styles, il tuo nuovo amicone!», disse Liam sprezzante.
«Non è colpa di Harry se sono così!», dovette precisare, «E di certo non ti sta sostituendo!»
«Ma non mi dici mai niente! Con lui invece ci parli...», sussurrò Liam, triste.
Ah, Payne e i suoi complessi...
«Lee, ti prometto che te ne parlerò, davvero. Solo, dammi tempo, abbi pazienza! Per favore...», supplicò.
Liam si prese qualche secondo per pensarci, poi si avvicinò a Louis e si sedette sul letto accanto a lui.
«Va bene...», disse, «Però voglio che se la situazione ti- vi sfuggisse, se avete bisogno d'aiuto... ecco, ricordati che ci sono. E non cacciatevi nei guai!». “Ecco che torna il solito buon vecchio Chioccia-Payne”, pensò Louis dolcemente.
«Grazie Lee...», era fortunato ad avere un amico così... «Ah!», esclamò Louis, «Per quanto riguarda quella cose del “bisogno d'aiuto”, è già valida?»
«Hai per caso intenzione di sfruttarmi?»
«Assolutamente!»
«Ti ascolto», Liam non sembrava troppo risentito.
«Sei fantastico Payne! Allora... voglio che tu mi faccia un favore», spiegò Louis, ora serio.
«Ossia?»
«Voglio che tu scopra quanto più possibile su Harry Styles».
 
 
 
Era il 15 Ottobre, era un giovedì ed Harry era confinato in Infermeria.
Si era annoiato tutta la mattina, avendo la sola compagnia di sé stesso. L'infermiera non si era fatta vedere più del necessario. Tanto meglio.
In quelle ore aveva realizzato che era da parecchio che non stava davvero da solo. Nell'ultimo mese c'era sempre stato Zayn, quando non c'era Zayn c'era Louis e a volte perfino Payne. In sostanza non era mai solo. E non ricordava più come si facesse.
Era abbastanza certo che una volta gli piacesse, anzi, ricercava apposta l'isolamento. Ma adesso... non sapeva più cosa fare senza nessuno da ascoltare, da insultare o a cui poter rispondere malamente.
Per questo, quando dopo l'ora di pranzo vide Tomlinson entrare nell'infermeria e ne fu felice, non se la prese troppo con sé stesso. D'altronde, non era felice per Louis in sé, chiunque avrebbe scatenato quella reazione. Forse.
«Ciao moribondo!», esclamò Louis entrando. Harry dovette concentrarsi per non far scappare il sorriso che gli premeva sulle labbra.
Louis ricevette un cuscino in testa.
«Ehi! Ti sei ripreso fin troppo bene!», e rilanciò il cuscino al destinatario.
«Non trattare così un ammalato», fece Harry con voce ferita, ma incassando il colpo senza problemi. Ormai era guarito.
«Tu ammetti di star male solo quando ti pare!», protestò Louis, mentre riprendeva il posto sulla sedia che aveva occupato tutta notte.
«Certo», fece Harry con un sorrisetto.
«Serpe!»
«E' un complimento giusto?»
«Mai!»
«Tomlinson, sei venuto per insultarmi?», quello era un modo indiretto per chiedere come mai fosse di nuovo lì.
«Perché no?», quella non era la risposta che il riccio voleva.
«Allora puoi anche andartene», disse Harry incrociando le braccia. Tanto sapeva che l'altro non gli avrebbe dato ascolto.
«Ma c'è dell'altro», ammise Louis.
«Vale a dire?»
«Ecco...», e iniziò a frugare nelle tasche, «Oh cavolo!», esclamò estraendo un tovagliolo tutto stropicciato. «Ecco, oggi c'era la torta per dessert, e lo so che qui in infermeria non la danno, allora te ne avevo preso un pezzo, ma...»
Il viso di Louis si tinse di un vago rossore.
«Ti ci sei appena seduto sopra», concluse Harry sghignazzando.
«Già... Scusa».
«Non importa, tanto a me i dolci non piacciono troppo». Forse avrebbe dovuto dire che apprezzava il gesto, ma lui non era mica un Tassorosso. Certo, cose del genere non andavano nemmeno pensate per essere il Serpeverde che doveva...
«Come non ti piacciono?! Non è normale!», esclamò Louis, a dir poco sconvolto. La sua espressione era comica.
«E' la realtà», disse il riccio alzando le spalle.
«Allora io per chi l'ho presa questa?», domandò Louis agitando ciò che restava della fetta di torta.
Harry fece un respiro profondo. Poi allungò il braccio e fermò la mano dell'altro. Prese il tovagliolo e lo appoggiò ben aperto sulle proprie gambe. Dopo di ché iniziò a studiarne il contenuto. Infine si fece coraggio, prese una briciola voluminosa di dolce e la portò alla bocca. Tutto sotto lo sguardo stupito e attento di Louis.
«Come immaginavo, non mi piace», confermò Harry.
Tomlinson impiegò giusto qualche istante in più del normale per rispondere, Harry non ci fece caso: «Ah, lo dicevo che non sei normale! E' buonissima! Facciamo che mi sacrificherò e la mangerò io!» e senza aspettare il consenso iniziò a spiluccare la torta.
«Di la verità, progettavi fin da subito di portarmela per mangiartela tu!», insinuò Harry.
«Ma che dici! Noi Grifondoro siamo persone gentili e generose!»
«Disse quello che si stava mangiando la mia torta!»
«Guarda che sei tu che non l'hai voluta! Io impedisco che venga sprecata!»
«Tsè, certo, guarda Tomlinson che se continui così diventerai grasso!», disse Harry.
«Brutto moccioso, cosa hai osato dire?!», esclamò Louis, con la solita voce squillante ancor più squillante.
«Niente, solo non venirti a lamentare con me se poi la scopa non ti solleva più!», Harry si era sempre divertito troppo a scherzare con Louis...
«Ma come osi! Guarda che io i grassi li brucio! Sei tu l'ameba antisportiva con la pancia!», ribatté Louis.
«Pancia?!», chiese Harry. «Io non ho la pancia! Solo... non sono troppo tonico, questo forse...», precisò.
«Quello si chiama avere la pancia!», confermò Louis.
«Non è vero!»
«Oh si che lo è, guarda che lo so come sei fatto!», Harry preferì sorvolare su quell'ultima battuta.
«Non ho la pancia!»
«Scommettiamo?», fece Tomlinson. Harry non ebbe il tempo di fermarlo che Louis si era già avventato sulla sua maglietta e aveva iniziato a strattonarla.
Ecco, quella scena sarebbe sembrata ambigua vista da uno occhio esterno. Louis che cercava di svestire Harry ed Harry che si dimenava come un pazzo per impedirglielo.
Alla fine, Louis e i suoi muscoli tonici ebbero la meglio.
Ma le cose non andarono come Harry si aspettava...
«Louis?»
Louis se ne stava fermo, con le mani strette a sollevare la maglia di Harry e lo sguardo fisso sulla sua pelle nuda. Non diceva nulla.
«E' così terribile?», chiese Harry un po' confuso.
«Abbastanza...», sussurrò il Grifondoro.
Alla fine Harry capì a cosa si riferisse.
«Come hai fatto Harry a ridurti così?», chiese infatti Louis mentre sfiorava i segni viola sul fianco del ragazzo. Quelli non erano ancora andati via.
Harry trattene un brivido, poi: «Te l'ho detto...»
Perché stavano tornando sul argomento così all'improvviso?!
«Non puoi pretendere che io creda a quella balla!», sbottò Louis.
Che tutta quella scena servisse solo per arrivare a questo?
«Davvero, non è niente di cui tu debba preoccuparti. Di tutte le cose che hai pensato, e chissà cosa diavolo hai pensato, ti assicurò che nessuna di esse è vicina alla realtà!», affermò Harry.
«Harry...»
«Davvero, è tutto a posto!», ripeté.
Passarono alcuni minuti prima che Louis riprendesse la parola.
«Mi prometti solo una cosa?»
«Cosa?»
«Se... se qualcuno ti avesse fato male, me lo diresti?», soffiò Louis.
«Tu... Tu credi che qualcuno mi abbia picchiato?!», esclamò Harry.
«Cos'altro dovrei pensare?!»
«Io- Non lo so, ma- Davvero, non è così!», confermò Harry, al limite tra l'esasperazione ed un attacco di risa.
«Ma se fosse... Me lo diresti?», insisté Louis.
«Penso che non avrei molte alternative, ora come ora, te ne accorgeresti presto», osservò il riccio.
«Quindi si?»
«Quindi perché qualcuno dovrebbe picchiarmi?», chiese Harry. Louis era un po' troppo allarmato dalla questione...
«Non lo so... Io pensavo...»
«Cosa?»
«C'è quel tipo per esempio, quell'Alec, e lui ti tratta così male... allora forse avrebbe potuto anche...», farfugliò Tomlinson.
Harry era allibito. «No! Non mi ha mai picchiato! C'è una gran differenza tra le parole e i fatti. E Alec è troppo codardo per fare del male a qualcuno... Fisicamente».
«Ma i suoi amici, quelli ne sarebbe in grado?», insisté Louis.
«Senti, non mi hanno mai fatto nulla di più che uno sgambetto, davvero. E quello che mi è successo è solo colpa di una mia... distrazione. Nessuno mi picchia e nessuno l'ha mai fatto!», ribadì Harry, quasi offeso. “Per chi diavolo mi ha preso?!”, non era così indifeso!
«Okay, va bene ti credo...», concesse Louis.
Fu in quel momento che Zayn e Liam entrarono in infermeria...
«Ciao- Ma che cosa state facendo?!»
… e trovarono una scena alquanto ambigua: Louis con una mano sul fianco di Harry e l'altra intenta a sollevare la sua maglietta.
Louis lasciò andare i vestiti dell'altro all'istante e si allontanò il più possibile. Harry dal canto suo sembrava voler essere risucchiato dal cuscino. Entrambi avevano un colorito tendente al bordeoux.
Che cosa imbarazzante...”, pensava Harry, proprio come Louis.
Intanto Zayn e Liam, entrambi alquanto sorpresi, avanzarono verso il letto.
«Che cavolo era quella... cosa?!», chiese Liam.
Louis si sentì in dovere di chiarire la situazione. Era tutto meno ambiguo di quanto sembrasse!
«Ehm, era... stavo controllando le ferite di Harry», spiegò. Ed era la verità. Ma allora perché Payne non sembrava affatto convinto? E perché Malik continuava a sogghignare come un idiota?!
A quel punto la sua buona educazione di Liam prese il sopravvento, dunque si rivolse ad Harry e: «Come stai Harry?», chiese gentilmente.
«Bene adesso, grazie», sbrigò Harry, usando il suo tradizionale tono apatico, quello che riservava a tutta l'umanità con solo poche eccezioni. Una eccezione.
«Quindi, se stai bene..», prese parola Zayn, «...che cosa ti ha impedito esattamente di riferire che eri qui?», non sembrava particolarmente arrabbiato. Forse era solo in pensiero. Ed era molto curioso.
«Oh, scusa, non mi era venuto in mente... Comunque non è successo nulla di allarmante», disse Harry, facendo finta di non vedere l'espressione contrariata di Louis.
«Ah no?», nemmeno Zayn sembrò credergli, «Ti rendi conto che sei sparito tutta la notte e non sei tornato nemmeno la mattina, senza dire una parola?», fece notare.
«Ops?»
«E ti rendi conto che per sapere che fine avevi fatto sono dovuto andare a parlare con Payne?! Payne!», esclamò. In quelle settimane Harry aveva capito di condividere con Zayn un'innata irritazione nei confronti del capitano dei Grifondoro.
«Ehi! Io sono qui!», fece notare il suddetto.
Louis scoppiò a ridere ed Harry sapeva che l'avrebbe fatto già un istante prima. Iniziava a conoscerlo troppo bene...
«Lee, sono certo che Malik non avesse cattive intenzioni», bugia, «E Zayn, l'importante è che Harry stia bene, giusto?», disse Louis.
«Certo... Ma, se posso, Harry, cosa ti è successo?». Ovviamente Zayn la risposta l'aveva già immaginata.
«Ecco...», iniziò il riccio.
«Harry è caduto dalle scale e si è fatto male ad un braccio», concluse Louis. L'espressione di Zayn non fu particolarmente sorpresa, ma anzi... colpevole. Forse Harry avrebbe dovuto parlargli...
«Sono cose che succedono...», disse Malik.
«Cose che succedono? Non si sta due giorni in Infermeria per un braccio rotto!», obbiettò Payne, che come al solito non coglieva i momenti in cui fosse meglio tacere.
«Ci sono state delle...», partì Harry.
«Complicazioni», terminò Louis.
Ma perché-?”, iniziò a chiedersi Harry.
«Ma perché voi due vi completate le frasi a vicenda?!», chiese Payne, dando voce ai pensieri di Harry.
Questa volte fu il turno di Zayn per ridere sguaiatamente. Harry e Louis si lasciarono scappare solo una risatina isterica, mentre arrossivano di nuovo.
Incolparono il caso. E in effetti era tutta colpa della fortuna avversa se si conoscevano abbastanza bene da parlare l'uno per l'altro. Loro non c'entravano... Non troppo.
 
I ragazzi restarono con Harry ancora un po', poi dovettero tornare a lezione. Louis fu l'ultimo ad andarsene.
All'ora di cena tornarono a fargli visita, e a loro si erano aggiunti anche Micheal e Thomas. E pure Niall Horan.
Harry iniziò a rimpiangere la sua perduta solitudine. Ma rimpiangerla non significava volerla indietro, perché in fin dei conti, tutta quella gente fastidiosa intorno al suo letto... Be, poteva anche sopportarla.
Al contrario, non era certo di essere ancora in grado di sopportarne l'assenza...
 
Harry era cambiato, senza volerlo e senza accorgersene, era successo e basta. E stava iniziando a realizzarlo. Ma poteva anche accettarlo?
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Harry era stato dimesso la sera precedente e... «Basta! Sto morendo! Non ce la faccio più!», ansimò barcollando"
 
"«Ho scoperto quello che mi hai chiesto», annunciò Liam Payne"
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Salve, rieccomi con un nuovo capitolo di cui sono piuttosto soddisfatta! Incredibilmente, mi piace, sopratutto la prima parte. Forse perché finalmente Louis ed Harry iniziano a... Be', non so bene a fare cosa, ma qualunque cosa sia, la scrivo volentieri!
Spero il capitolo sia piaciuto anche a voi! Il rapporto tra Harry e Louis inizia cambiare, così come cambiano i loro sentimenti l'uno per l'altro. La scelta di Louis, in particolare, porterà a galla molte cose del passato di Harry.
Quindi, ve lo dico, nel prossimo capitolo sarà svelato il segreto di Harry. Tenetevi forti, ma valutate con le pinze!
In questo capitolo vediamo anche l'ennesima sfuriata si Liam Payne, che come al solito si è risolta velocemente, e poi c'è uno sprazzo di Zayn, che si sente in colpa per quanto successo... Ma si sistemerà tutto.
 
Okay, basta cincischiare. Passo ai ringraziamenti. Voi non sapete quanto io sia felice, gli ultimi capitoli hanno ricevuto un sacco di commenti (un sacco per i miei standard) e, davvero, sono così contenta che non ho le parole per dirvi grazie abbastanza!
Ovviamente un grazie grandissimo va anche a chi mette la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate e grazie anche a chi legge e basta.
 
Come sempre, recensite e mi fate felice.
Per oggi è tutto, a presto!
Cost!
 

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Capitolo 15
*** Verità che non andrebbero svelate ***



 

 
 
 
 
 
..In your skin..
 
 
 



 
 
 
Verità che non andrebbero svelate (o bisogna pensare prima di parlare)
 
Era il 16 Ottobre, era sabato pomeriggio, Harry era stato dimesso la sera precedente e...
«Basta! Sto morendo! Non ce la faccio più!», ansimò barcollando.
«Poche storie! Hai detto “nessuna pietà”. Quindi...», esclamò Zayn, «Continua a correre!»
Perché non imparo a tenere la bocca chiusa?!”, pensò Harry disperato. E intanto correva.
 
Qualche ora prima...
 
Era sabato 16 Ottobre ed Harry era finalmente stato dimesso. Ora era “sanissimo”, parola dell'infermiera e, fra le cose positive, era ancora padrone di sé stesso. Non era cosa da tutti i giorni.
Il suo piano per la mattinata era trascorrere un pomeriggio tranquillo in biblioteca come ai vecchi tempi, peccato che passando per la Sala Comune si fosse imbattuto nella presenza di Zayn seduto a leggere su un divano e allora... Allora la sua nuova e complicata vita aveva preso il sopravvento.
I suoi piedi si erano mossi quasi da soli, conducendolo di fronte a Malik. E la sua bocca aveva parlato quasi di sua spontanea volontà, dicendo: «Ciao». Quasi.
Zayn alzò lo sguardo dal libro, vagamente sorpreso e palesemente felice di vederlo: «Harry! Ti hanno dimesso finalmente!», esclamò.
«Mmh», bofonchiò il riccio.
Zayn rise: «Sei di molte parole come sempre eh?»
Harry non disse nulla, com'era normale che fosse. Però pensava, anche troppo. E quello non era normale per niente.
«Vuoi sederti qui?», chiese Zayn indicando il posto accanto a sé, «Mi mancano poche pagine per finire il libro, ti dispiace se le leggo ora? E' questione di cinque minuti», disse.
Harry scosse la testa e poi si sedette, per niente dispiaciuto del silenzio dell'altro, ma preoccupato per quello che sarebbe successo una volte che le pagine del libro sarebbero finite.
Avrebbero parlato. Lo sapeva Harry come lo sapeva Zayn che gli aveva lasciato il tempo per riflettere.
Ma ormai Harry aveva accettato, non poteva scappare, non più, allora per una volta si fece coraggio e decise di affrontare i suoi pensieri contorti.
Quando Zayn sfogliò l'ultima pagina, Harry sapeva che cosa doveva dirgli. Più o meno...
«Non mi sono pentito per quello che è successo, la storia del Quidditch, intendo», disse infatti il riccio, andando al punto.
«Harry...»
«E voglio continuare gli allenamenti», questo gli costò tanto. Ma sapeva di dover continuare. Doveva farlo per Louis, che lo aiutava sempre, e adesso anche per Zayn, per dimostrargli che era un buon... maestro.
«Io non penso sia il caso, hai visto com'è andata l'ultima volta... Vuoi passare due giorni in infermeria tutte le settimane?», disse Zayn.
«Posso migliorare!», esclamò Harry. E doveva farlo anche per se stesso, per dimostrarsi che poteva farcela.
Zayn lo guardava combattuto.
«Lo so che puoi migliorare, lo so... Solo...»
«Allora continuiamo», insisté Harry.
«Ma non hai pensato che forse il problema sono io?», chiese Zayn.
«Cosa?»
«Si... Insomma, avrei potuto fare di più, evitare la caduta, darti consigli migliori...», soffiò.
Harry era stupito. Dunque... era questo ciò che turbava Zayn Malik?
«Senti... Io non ero mai riuscito a stare su una scopa più di cinque secondi senza cadere e non ero mai arrivato abbastanza in alto per farmi male. Zayn, tu hai fatto un miracolo! Io ho volato davvero! Hai fatto tutto quello che dovevi e l'hai fatto anche bene», disse Harry, sorprendendo sé steso e Malik.
«Poi però sei caduto...», fece notare il moro.
«Quello è stato perché... E' successo a causa mia. Non potevi farci nulla».
«Non lo so...», tentennò Zayn.
«Vuoi continuare ad allenarmi?», domandò Harry.
«Io...»
«Vuoi continuare si o no?!»
«Si», ammise il grande.
Harry aveva appena vinto un giro in scopa, eppure aveva voglia di sorridere. Lo fece.
«Ottimo, allora ricominciamo oggi!», esclamò Harry. Ecco, quello fu il momento in cui i suoi progetti tranquilli andarono in fumo.
«Oggi?! Ma ti hanno appena dimesso!», fece notare Zayn.
«Sto benissimo, fidati. Lo facciamo oggi. E non avere nessuna pietà!». E quello fu il momento in cui segnò la sua condanna.
«Nessuna pietà...?», quella frase parve rianimare Zayn Malik dai suo dubbi, «E sia!»
 
 
 
Harry non poteva certo sapere che Zayn l'avrebbe preso alla lettera e che qualche ora dopo l'avrebbe sottoposto ad un duro allenamento di flessione, addominali e tanta tanta corsa.
*“Magia forte in un corpo forte!”, ripeteva Malik ogni volta che Harry chiedeva una spiegazione.
Alla fine del pomeriggio Harry era certo di aver perso almeno dieci chili e dieci anni di vita, il tutto senza nemmeno vedere una scopa.
«Io non voglio diventare un atleta babbano! Voglio volare su una maledetta scopa!», aveva esclamato a un certo punto.
Zayn aveva sogghignato, poi: «Questo è lo spirito giusto Harry! Non preoccuparti, volerai. Ma per adesso continua con quelle flessioni!», aveva detto.
Ed Harry non era proprio riuscito a dirgli di no. Ma nulla l'aveva fermato dal riempirlo di insulti a fine allenamento...
(*Spero che gli antichi latini possano perdonarmi per questo!).
 
«Malik, tu creatura meschina che non sei altro, sappi che non sono disposto a sopportare un altro giorno come questo!», esclamò Harry una volta accasciandosi sulla panchina degli spogliatogli.
«Harry, Harry, tu sottovaluti l'importanza dell'allenamento fisico! Non puoi pretendere di diventare un buon cacciatore con quelle braccia mingherline!», obbiettò Zayn con un ghigno.
«Tutte scuse! Tu non aspettavi altro che torturami! Be', hai avuto la tua vendetta. Adesso prova a farmi fare un'altra flessione e ti licenzio!», dichiarò il riccio.
«Perché mi paghi? Continua, l'argomento mi interessa», sghignazzò ancora Zayn.
«Fottiti!», ringhio Harry, «Hai capito benissimo!». Il riccio era particolarmente agguerrito. E loquace. Harry per questo incolpò la stanchezza. Certo, era troppo stanco per non non rispondere. Logico.
«Ti vorrei ricordare che l'unico motivo per cui facciamo questi allenamenti è la tua inspiegabile richiesta. Io ti sto facendo un favore!»
«Tu mi stai uccidendo! Altro che favore!», gridò Harry cercando di alzarsi. Il tentativo si concluse con una fitta dolorosa all'addome che lo costrinse a sdraiarsi di nuovo.
Mi alzerò mai più?!”, Harry non poté fare a meno di chiederselo.
«Non essere esagerato, un po' di esercizio non ha mai fatto male a nessuno», obbiettò Zayn.
«Questa è la più grande balla che tu abbia mai detto Malik! Io sto a dir poco malissimo! Anzi, non credo ci sia una parte del mio corpo al momento che non stia soffrendo!», piagnucolò teatralmente. Ed il suo tono assomigliava tremendamente a quello di... “Oddio, parlo come Louis!”, questo era molto preoccupante.
«Davvero, Harry», ora Zayn si era fatto improvvisamente serio, «penso che un allenamento del genere sia necessario, soprattutto per te...», soffiò.
«Che vuoi dire?»
«Io, ecco, questa mattina ho fatto qualche ricerca... E ho scoperto che alcuni fra i più grandi giocatori di Quidditch, pur non essendo dotati di una magia molto forte, facendo ricorso a un ferreo allenamento riescono a compensare con ottimi risultati! Per cui, forse, potrebbe funzionare anche per te...», spiegò il moro abbassando lo sguardo.
Harry si tirò su a sedere con uno sforzo e poi rimase qualche minuto a fissare Zayn senza parole. Non sapeva come reagire. Da una parte era infastidito, odiava essere trattato come un... Ma dall'altra si sentiva quasi onorato. Quello che Zayn aveva fatto era...
«Non era necessario», disse Harry.
«Sì invece. Tu hai chiesto aiuto a me, io ho accetto. Allora è un mio dovere aiutarti al meglio. Anche se questo ti riduce ad uno straccio a fine giornata», concluse con un sorrisetto. Harry non riuscì a non ricambiarlo.
«Sai, in realtà non sto poi così male... Penso che, tutto sommato, ecco, posso sopportarlo. E poi non continueremo così per sempre, giusto?», disse Harry, speranzoso.
Il sorrisetto di Zayn si trasformò in un vero sorriso a trentadue denti: «Assolutamente no! Il nostro obbiettivo è farti diventare un Cacciatore! Diciamo solo che d'ora in poi gli allenamenti in volo saranno affiancati da quelli a terra».
Harry fece una smorfia, ma poi annuì.
«Malik, vieni qui e dammi una mano ad alzarmi!», disse, anzi, ordinò.
«Sissignorcapitano!»
Con un po' di fatica (e tanto dolore) Harry riuscì a rimettersi in piedi, poi si fece una doccia, si rivestì e si diresse in Sala Grande con Zayn.
Ma Harry era un ragazzo fortunato, per cui non poteva arrivare a destinazione senza incappare in...
 
 
 
Louis aveva trascorso tutto il pomeriggio con El ed ora stava andando a cena.
Quel pomeriggio era stato bene con la ragazza, non avevano discusso nemmeno una volta. A dirla tutta ultimamente litigavano meno del solito. Ultimamente da quando Harry le aveva parlato...
Ma il problema rimaneva.
Eleanor era una ragazza fantastica, gentile, intelligente, in pratica perfetta. Ma... mancava sempre qualcosa tra di loro. O in lui... Sì, decisamente il problema era lui. Non sentiva... Ecco, non sapeva esattamente che cosa avrebbe dovuto sentire, ma di certo non lo sentiva.
E dopo un po' questa sua incapacità diventava problematica e lampante. Era per quello che Hannah lo aveva lasciato.
Louis non poteva farci niente. Continuava ripetersi che doveva solo trovare la ragazza giusta ed era stato certo che fosse Eleanor, doveva essere lei! Ma... Qualcosa continuava a non andare. E non capiva cosa.
Questo era il genere di pensieri che lo tormentavano prima di conoscere Harry, poi il serpeverde era entrato nella sua vita e allora Louis non era più stato in grado di pensare ad altro che non lo riguardasse.
E anche in quel momento, mentre andava in Sala Grande, la sua esistenza lo mise ancora una volta sulla strada di Harry Styles. Una strada lontana dai dissidi del suo cuore, si diceva...
 
«Harry!», esclamò Louis vedendo il riccio attraversare corridoio.
Harry, sentendosi chiamare, sussultò vistosamente, poi si voltò con lentezza in direzione di Louis.
Louis capì subito che c'era qualcosa che non andava.
«Ciao Harry, come stai?», chiese avvicinandosi. Il ragazzo aveva una faccia strana. Più del solito. Sospetta.
«L-Louis», Harry pronunciò quel nome quasi con timore. “Perché non vuole vedermi?”, era evidente che fosse così.
«Tomlinson, non è carino da parte tua fare finta che io non ci sia», si inserì la voce di Malik. Louis lo guardò sorpreso e appena imbarazzato. Non aveva davvero fatto caso a Zayn Malik... Quest'ultimo non si lasciò sfuggire i secondi di troppo che Louis impiegò per rispondere e allora aggiunse: «O forse eri troppo preso ad ammirare Harry per accorgerti di me?».
Louis non seppe chi fra lui ed Harry si imbarazzò di più. Harry probabilmente.
«Zayn, piantala!», esclamò infatti il riccio, rosso in viso, dando uno colpetto sulla spalla dell'altro.
Nella testa di Louis si accese una spia rossa. “Che cos'è tutta questa confidenza?!
Louis si impose di riprendersi: «Non ho nessun problema ad ammettere che Harry sia molto più interessante di te, Malik», disse infatti, imbarazzando Harry ulteriormente e provocando un sorrisetto indefinito a Zayn. Quel ragazzo non lo capiva proprio... Ma di certo non gli piaceva.
«Comunque, Harry, che hai fatto?», chiese Louis con calcolata calma.
«Di che parli?», disse Harry spalancando le palpebre degli occhi stanchi.
«Del fatto che sei ridotto ad uno straccio. E sta mattina stavi benissimo. Credevi che non me ne accorgessi, per chi mi hai preso?», insomma, Louis viveva nell'altro a giorni alterni e aveva passato due giorni ad assisterlo in infermeria. Qualcosa sull'aspetto di Harry la sapeva. E adesso il qualcosa che non andava era appunto il suo aspetto.
Harry borbottò qualche parola indefinita.
«Allora, hai intenzioni di spiegarmi perché oggi non stai in piedi?», lo esortò Louis.
Ed intervenne, di nuovo, Zayn: «Tomlinson, perché dovrebbe venirlo a dire proprio a te?», disse con voce sprezzante.
A Louis iniziarono a pizzicare le mani.
«Perché...» “Già perché?”, infierì la sua coscienza, poco collaborativa. «Perché si», fu tutto ciò che riuscì a dire. In testa gli si erano formate tante altre risposte, ma... non era il caso.
Zayn probabilmente era intenzionato a tormentarlo ancora, però per fortuna Harry parlò.
«Louis, sto bene, davvero, sono solo un po' stanco perché...», come faceva quel ragazzino a capirlo tanto bene a volte e fraintenderlo completamente altre?, «sono stanco perché sono andato a correre con Zayn».
«Tu cosa?!», esclamò Louis. “Cosa caspita ha detto?! Correre?!”
Anche Zayn sembrava alquanto sorpreso da quell'uscita. In modo divertito però.
«Io corro, con Zayn, già», confessò Harry, abbassando il volto nel tentativo di nascondersi dietro i ricci.
«Tu... Ma sei serio? E' serio?!», fece Louis, rivolgendosi addirittura a Malik. Quest'ultimo annuì.
«Tu... e ti sembra questo il momento di andare a correre?!», inveì il grifondoro, «Ti hanno appena dimesso dall'infermeria e tu decidi di dedicarti all'attività fisica?!», esclamò ancora.
«Io sto benissimo! E sono libero di fare quello che voglio», puntualizzò Harry, particolarmente piccato.
Okay, forse Louis aveva un po' esagerato... «Io- si, certo, sei libero di fare quello che ti pare, ma-»
«Sto bene!», ripeté Harry.
Louis lo osservò qualche istante, dritto davanti a lui, con le guance rosse, i capelli completamente in disordine e gli occhi accesi. Okay, forse non era troppo terribile...
Il grifondoro non riusci a resistere, si sporse verso il riccio e iniziò a sistemargli i capelli con le mani.
«Louis?», domandò Harry.
«Tu starai anche bene, ma i tuoi capelli sono un disastro!», spiegò Louis con ovvietà. (E preferì ignorare lo sguardo di Zayn).
«E non credere che te la lasci passare così, sei un irresponsabile Harry Styles!», aggiunse, poi si avvicinò ancora di più all'altro, in modo che solo Harry lo sentisse, e sussurrò al suo orecchio: «Con la fortuna che abbiamo domani io sarò te e dovrò subire le conseguenze delle tue geniali idee! Lo sai che mi vendicherò per questo?».
Ad Harry sfuggì una lieve risata.
«Mi fai il solletico Lou-», disse quindi spingendolo appena. E nella fretta tralasciò la “i” finale del suo nome, per la prima volta.
A Louis venne da sorridere. Ma sorridere tanto. Lo fece. Fregandosene di Malik e delle sue occhiate curiose.
«Harry... ma perché proprio tu vuoi correre?», quella domanda sorse spontanea sulle labbra di Louis.
Il riccio sembrò preso dal panico.
«Ecco...»
«Gliel'ho chiesto io! E lui ha accettato», intervenne Zayn.
Louis lo guardò male, «Dovevo immaginare che c'eri tu dietro a una cosa del genere. Harry che fa sport di sua volontà è qualcosa di inconcepibile!», esclamò quindi.
Zayn stranamente sorrise divertito. Harry abbassò lo sguardo, “colpevole?
«Harry...», riprese Louis, «Non lo fai perché ti ho detto che hai la pancia vero?».
Il riccio lo fissò qualche istante, poi scoppiò a ridere.
«Assolutamente no! E mi sembrava di aver già messo in chiaro che io non ho la pancia!»
«Certo, certo, come dici tu...», fece Louis divertito, «L'importante è che non sia colpa mia», si lasciò sfuggire.
Per un attimo Harry sembrò turbato, ma si riprese all'istante e parlò con una sicurezza insolita: «Non è per colpa tua», fu tutto ciò che disse.
Louis sentì una sensazione strana. Non sapeva se incolpare la voce profonda di Harry o i suoi occhi ancor più profondi.
«Bene, adesso che vi siete accertati delle reciproche situazioni, possiamo andare a mangiare?». E Zayn interruppe quel momento. Louis gliene fu quasi grato.
«S-si, certo, andiamo», anche Harry era di quel parere.
I due salutarono debolmente, poi se ne andarono. Louis rimase solo in mezzo al corridoio, con una strana sensazione dentro. E quella non era fame.
 
 
 
Louis, che non era mai stato un tipo particolarmente taciturno, quella sera era perso nei suoi pensieri e non sembrava affatto intenzionato a tornare nella realtà. Ma Liam Payne sapeva esattamente come attirare la sua attenzione.
«Louis», chiamò. Nessuna risposta.
«Louis», tentò di nuovo. Solo un borbottio vago.
«Louis!», esclamò.
«Che c'è?!», fece l'interpellato, «guarda che ti avevo sentito!», precisò poi.
«Bene, niente, solo...»
«Cosa?»
«Ho scoperto quello che mi hai chiesto», annunciò Liam Payne.
Louis lo guardò qualche istante sbigottito, poi in una sola mossa lasciò andare le posate, si alzò in piedi e annunciò: «andiamo di sopra!».
Okay, Liam aveva sicuramente attirato l'attenzione di Louis, certo sarebbe stato più intelligente farlo dopo aver finito il pasto...
Liam sospirò, guardò sconsolato il suo piatto ancora mezzo piano, poi si alzò e seguì l'altro su per la torre di Grifondoro.
 
«Allora?», chiese Louis appena entrarono nella loro stanza, fortunatamente vuota. Era abbastanza certo che quello che avrebbe sentito dovesse restare tra loro.
«Intanto mettiti seduto», disse Liam, facendolo a sua volta. Louis lo guardò un po' preoccupato, poi gli diede retta e gli si sedette accanto.
«E' così terribile?»
«In effetti... Non mi sarei mai aspettato quello che ho scoperto. Quindi, sì, è abbastanza terribile»
«E cos'hai scoperto?»
Payne tentennò un attimo: «Louis, prima che io te lo dica, voglio farti presente che queste sono solo voci e vanno considerate con... cautela. Sai anche tu quanto la gente si diverta a ingigantire i fatti degli altri, spesso in peggio. Per questo voglio che... Una volta che io te lo avrò detto, tu dovrai parlare con Styles», affermò.
«Lee, non so se è il caso di...»
«Si, è il caso. Louis, non è giusto avere una certa considerazione di una persona senza sapere la sua opinione in proposito. Soprattutto se questa persona è un tuo amico».
«E va bene, allora parlerò con Harry, al momento giusto, ma tu dimmi!»
Erano giorni che Louis aspettava quel momento. E sapeva di stare facendo un torto ad Harry, un grande torto, ma lui doveva sapere che cosa nascondeva! Non sapeva perché, ma doveva.
«E va bene... Prima di tutto sappi che è stato difficile. All'inizio. I Grifondoro non sanno praticamente che esista una persona chiamata Harry Styles, per cui chiedere a loro è stato inutile. Anche a Corvonero nominarlo era come nominare un fantasma, il più delle volte. Poi mi sono accorto che certe persone, Sanguepuro per lo più, mi guardavano in modo strano sentendo quel nome. Ma non sono riuscito a farmi dire nulla da loro, troppo riservati», spiegò Payne.
Riprese: «Allora sono andato a parlare con certi miei amici di Tassorosso, e quelli sanno sempre tutto di tutti, e hanno iniziato a raccontarmi... delle cose».
«Ossia?!», chiese Louis, impaziente
«Aspetta. Non sai cosa ho fatto alla fine! Sono andato addirittura a parlare con i Serpeverde! Volevo andare a fondo della questione...»
«E ci sei riuscito?»
«Abbastanza, superato il reciproco astio tra Case, i Serpeverde si sono dimostrati ben disposti dello sparlare di uno di loro. Quindi, ho scoperto parecchie cose.»
«E adesso mi faresti anche il favore di dirle?», domandò Louis esasperato.
«Si... E io mi pentirò di avertelo detto almeno quanto tu ti pentirai di avermelo chiesto. Dunque: Harry è il secondo genito di Des Styles, appartenente ad una famiglia ricca e piuttosto antica di Purosangue. Tuttavia... Harry non è nato dal matrimonio del padre con la legittima moglie, ma da un rapporto extraconiugale e per questo non è stato riconosciuto fino a che ha compiuto dieci anni», disse Payne.
«Non dev'essere stato bello...», commentò Louis.
«Già, peccato che non ti ho ancora detto niente», fece Liam, amaramente. «Vedi... si dice che il padre di Harry e sua madre siano stati amanti per moltissimi anni, quindi probabilmente si amavano davvero, e per quanto lei appartenesse ad una famiglia di Purosangue il loro matrimonio non fu mai permesso».
«E perché mai?!», qualcosa sfuggiva alla logica di Louis.
«Perché... Sua madre era una magonò».
Louis per un attimo sentì l'aria mancare. Poi tornò a respirare, a pensare, e tutto iniziò ad acquistare un senso...
«E il motivo per cui Harry non fu riconosciuto non aveva nulla a che fare col essere nato al di fuori del matrimonio, anzi, la vera signora Styles non poteva più avere figli, ed un erede maschio avrebbe fatto davvero comodo. Il vero problema è che per molti anni... Harry venne considerato come un magonò».
«Quindi... Lui...?», chiese Louis, senza il coraggio di portare a termine la frase.
«No, no, aspetta... Essendo reputato un magonò, Harry è cresciuto solo con sua madre, vivendo come un emarginato. Infatti i magonò non possono stare tra i babbani perché "sanno troppo", ma i maghi non li accettano come loro simili, e allora devono fare una vita davvero infelice», Liam era veramente amareggiato. E Louis... si stava rendendo conto di non essere pronto a fare i conti con una realtà del genere.
«E in quegli anni...», riprese Payne, «... la madre di Harry, abbandonata da suo padre, si dice che...»
«Cosa?»
«Dicono che sia impazzita».
Per qualche secondo nessuno riuscì a dire nulla. Poi Liam continuò.
«E quando Harry aveva otto anni... Si è suicidata».
«O mio dio... E Harry?»
«Subito dopo la morte della madre Harry è come... scoppiato. E ha iniziato ad usare la magia. O meglio, mi hanno detto qualcosa come "La sua magia è impazzita", "Distruggeva tutto", "E' diventato pazzo anche lui". E' rimasto per due anni al S. Mungo, quando è uscito era normale, il padre l'ha riconosciuto, poi ha iniziato Hogwarts e... adesso è qui».
Ci furono altri minuti di silenzio
«Io... non avrei mai immaginato...», sussurrò Louis.
«Nemmeno io...», sospirò Liam, «Certo che ti sei trovato un tipo proprio incasinato forte», non poté non aggiungere, forse per alleggerire un po' la tensione.
«E' solo che... non credevo lo fosse fino a questo punto».
Louis si sentiva malissimo. La vita di Harry... Era uno schifo. E non era giusto.
Louis si sentiva incapace. Cosa poteva fare per aiutarlo? Credeva che... Credeva che se avesse scoperto il suo segreto avrebbe potuto fare qualcosa, ma la realtà è che non era in grado di fare nulla. Era tutto un po' troppo serio. E grave. E decisamente fuori dalla sua portata.
Sopratutto, Louis si sentiva in colpa. Non avrebbe dovuto sapere quelle cose. Non era pronto per esse e non era sicuro di essere in grado di impedire che monopolizzassero la sua visione di Harry. E sapeva che Harry non l'avrebbe perdonato se l'avresse trattato con pietà.
Fu pensando quelle cose che capì di non poter parlare con Harry, nonostante glielo dovesse. Rischiava di perdere tutto quello che avevano. E non voleva. Gli piaceva troppo, qualunque cosa fosse. Pur di mantenerlo, avrebbe mentito.
Almeno fino a quando la verità non sarebbe venuta fuori...
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Louis lo stava abbracciando. Cioè, Harry stava abbracciando Louis, ma Harry era Louis e Louis era Harry e- Il concetto era quello."
 
"«Vuoi dormire insieme a me, Harry?»"
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Timidamente, salve.
Non linciatemi, vi prego. So di essere in ritardo. Ma ho delle buone ragioni!
Non avevo scritto niente la settimana scorsa, e non potevo pubblicare questo capitolo senza averne prima finito un altro. Ecco, non ho una buona ragione per non aver scritto, quello no. Be', a parte essere perseguitata dai compiti in classe... fare fronte ai regali di natale... cucinare almeno cinquanta muffin, realizzare che i Ragazzi sono venuti in Italia e poi piangere lacrime di frustrazione perché Loro erano a Milano mentre io sono nel bel mezzo del nulla. Cose così.
Solo, perdonatemi, e ignorate queste scuse blandissime.
 
Passando al capitolo! ... Okay, non so cosa dire. Ditemelo voi.
La storia del mio Harry l'ho in testa da sempre, ma metterla a parole è stata a dir poco un impresa e spero e prego che non risulti tutto troppo patetica, perché davvero non è quello il punto. Cioè, in parte sì, considerando che il narratore è Liam-empatico-Payne, ma non troppo e... Rallegratemi voi!
Solo una cosa velocissima: non è ancora finita! Ci sono ancora molte cose da sapere su Harry! ... Quando? Lo vedrete prima o poi, spero :)
Nella prima parte del capitolo, che mi soddisfa abbastanza, c'è la riappacificazione tra Harry e Zayn, un'altra lezione di Quidditch e infine un incontro con Louis che a me piace considerare un po' ambiguo, ma magari lo penso solo io!
 
A questo punto, ho decisamente delirato abbastanza.
Vi saluto, ringrazio infinitamente le persone che recensiscono (mi fate immensamente felice!) e chiedo, se potete, di farmi sapere cosa pensate della storia a questo punto, se vi va. Sarebbe importante :)
Ovviamente ringrazio anche chi mette la storia tra preferite/seguite/ricordate e anche chi legge e basta.
 
Un abbraccio a tutti,
Cost.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** Il sonno ***


 

 

 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 
Il sonno (o dormiamo insieme e vediamo cosa succede)
 
Era Domenica 18 Ottobre, anche conosciuta come "il giorno dopo l'allenamento assassino del Professor Malik", ed Harry... stava benissimo.
C'era solo un modo per cui questo fosse possibile.
Harry si alzò dal letto, spostò le coltri rosse, sistemò il pigiama dalla fantasia a draghi e si diresse nel bagno.
Salutò il riflesso di Louis ed iniziò a lavarsi i denti.
 
Quella mattina Harry si sentiva magnanimo, così decise di dedicare qualche tempo ai beneamati capelli di Louis. Gli concesse l'onore di pettinarli.
Peccato che l'impresa si rivelò più complicata del previsto e passò quasi mezz'ora prima che ottenesse un risultato Louis-accettabile. Qualcuno avrebbe dovuto fargli una statua per quell'impresa, più unica che rara, aveva già deciso.
Una volta concluso, rimase qualche secondo a contemplare il risultato, segretamente soddisfatto, e mentre osservava l'immagine nello specchio si rese conto di una cosa sorprendente: Louis Tomlinson era bello! Cioè, no, non bello, detta così suonava male. Che poi non era nemmeno bello davvero, non nel senso classico. Solo, aveva qualcosa di... interessante. Ecco, questo sì che suonava male.
Harry decise di lasciar perdere certe scemenze, ignorò il richiamo dello specchio e ascoltò il richiamo dello stomaco che gli urlava di mangiare qualcosa al più presto.
Payne dormiva ancora, ma anche se non l'aspettava l'avrebbe perdonato. Uscì dal dormitorio, arrivò in sala comune, superò il quadro della signora grassa e arrivò nel corridoio. E lì ad aspettarlo c'era il proprio corpo.
 
«Louis!», esclamò Harry sorpreso.
Louis sorrise, col sorriso raro del riccio, ormai non così raro.
«Che ci fai tu qui?», chiese subito Harry.
«Ti stavo aspettando», rispose Louis, come se fosse ovvio. «E sei in ritardo!», aggiunse, ma ridendo.
«Dormivo...», soffiò Harry, sprecando appena un soffio della voce di Louis.
"Speriamo che non si accorga...", pregò dentro di sé. Invano.
«Ma... Che hai fatto hai miei capelli?!», esclamò Louis.
"Se ne è accorto".
«Niente...». In testa aveva la prova della sua menzogna.
«Niente col cavolo!», insisté Louis. Gli venne incontro, sempre più vicino, ed iniziò a studiarlo toccando i suoi capelli.
Non capita tutti i giorni di poter osservare la propria faccia a dieci centimetri di distanza...
«Harry... Tu...», Louis era senza parole.
"Merlino, speriamo non mi costringa a lavare la testa!"
«Lo sai che potrei commuovermi per questo?!», disse infine Louis, sorridendo divertito.
«Che?»
«Hai fatto un ottimo lavoro!», esclamò.
"Davvero?!"
«Davvero?!», Harry non seppe trattenersi.
«Davvero!», confermò Louis. E detto da Louis-capelli-perfetti-Tomlinson era proprio un complimento.
«Ehm, 'be, ecco, avevo tempo...», si giustifico Harry, vagamente molto imbarazzato.
Il sorriso di Louis, sulla faccia di Harry, si fece ancora più grande.
"Ma la mia bocca è veramente tanto enor-?!"
La braccia di Harry si gettarono attorno a Louis, ed Harry, la mente, dimenticò all'istante quello che stava pensando.
Louis lo stava abbracciando. Cioè, Harry stava abbracciando Louis, ma Harry era Louis e Louis era Harry e- Il concetto era quello.
Ad essere corretti, il termine "abbracciare" non rendeva bene l'idea. Harry si sentiva più che altro stritolato e sballottato mentre Louis lo assordava a suon di «Grazie, grazie, grazie!»
«Tomlinson! Lasciami!», esclamò Harry a un certo punto. Ma Louis non gli diede retta e continuò a stringerlo e schiamazzare, ora più per divertimento che per gratitudine. Louis stringeva le braccia a quello che un tempo era il proprio collo, mentre Harry strattonava l'altro per i fianchi, ricambiando l'abbraccio involontariamente e in modo appena violento.
Harry aveva sempre detestato essere toccato. O meglio, sempre da molto tempo. E non gli era mai piaciuto toccare le altre persone. Eppure con Louis... era tutto naturale. E normale.
Sicuramente quella confidenza derivava dallo scambio. Non poteva che essere così.
Dopo un po' Louis decise di staccarsi, giusto prima che iniziassero a picchiarsi.
Una volta liberato, il corpo di Louis fu attraversato da uno strano brivido. Harry non seppe se fu una reazione di quel corpo o della sua mente. Non volle indagare.
«Adesso hai i capelli in disordine», osservò Louis, sorridendo, ancora. "Oggi il sorriso non se ne vuole proprio andare dalla mia faccia", commentò Harry tra sé.
«Per una volta, non è colpa mia», affermò Harry, appena soddisfatto.
«Non so di cosa tu stia parlando...», fece Louis, alzando lo sguardo.
Harry, pur di nascondere il proprio divertimento, decise di cambiare argomento. E avrebbe dovuto farlo già da un po', ma se ne era scordato.
«Senti, come mai mi stavi aspettando?»
Louis si illuminò: «Giusto! Ecco... volevo chiederti se ti va di fare un giro nel parco con me», buttò Louis.
«Un giro... Nel parco?», ripeté Harry, stupito.
«Si, penso che potremmo parlare di quello che ci succede, è da un po' che non lo facciamo...», spiegò Louis. "No, sono settimane che ignoriamo completamente quello che ci succede", avrebbe voluto ribattere Harry. Ma non lo fece.
«Mi sembra ragionevole...», concesse quindi.
«Andiamo?», chiese Louis.
«Andiamo».
E chi se ne frega se lo stomaco di Louis chiedeva cibo, Harry chiedeva solo quel momento. Perché... Perché sì.
 
 
 
Louis aveva davvero bisogno di parlare con Harry, parlare di qualsiasi cosa, anche del loro problema. Doveva soltanto cancellare l'immagine infelice di Harry che gli si era creata dentro e poi sostituirla quella reale, con l'Harry che conosceva solo lui e che sapeva farlo ridere sempre.
Le parole di Liam l'aveva turbato, ma non poteva lasciare che continuassero a farlo. Non voleva rovinare le cose. E se Harry avesse saputo che lui sapeva... Non voleva nemmeno pensarci.
 
I due ragazzi camminavano da parecchi minuti nel parco deserto, ognuno assorto nei suoi pensieri, poi Louis decise che aveva pensato abbastanza.
«Ahi, mi fa male dappertutto!», esclamò, con la voce di Harry.
Harry sussultò. Si era ricordato solo in quel momento che il suo corpo viveva i postumi di un certo allenamento... Alla fine però sogghignò e disse: «Ti sta bene!», non valeva la pensa sentirsi in colpa anche per quello.
«Che cosa?!», chiese Louis, spalancando gli occhi verdi. Dentro si sentì sollevato per quella reazione.
«Te la sei cercata!»
«E come avrei fatto scusa?! Non mi pare di essere io quello che va a- a- a- Che assurdità!», e scoppiò a ridere al pensiero di Harry-Giovane-Maratoneta. Una fitta agli addominali interruppe la risata.
Intanto Harry lo guardava ad occhi stretti, indispettito. E divertito.
«Senti, noi due non dovevamo parlare?», domandò Harry quando l'altro si fu ripreso.
«Bravo, bravo, cambia argomento! Intanto io soffro al posto tuo!», bofonchiò Louis, poi si fece serio e disse: «Però hai ragione, sediamoci».
Si sedettero su una panchina, per un attimo tacquero entrambi.
Poi Louis iniziò: «In questo periodo ho pensato tanto a...», "a te", concluse nella sua mente.
«A noi», convenne, «Sai, ho avuto un bel po' di tempo per riflettere mentre tu te ne stavi a letto fra la vita e la morte», aggiunse scherzosamente, guadagnandosi una gomitata. E un'altra fitta all'addome.
«E penso che ormai è evidente che siamo vittime di una maledizione e se aspettiamo che si spezzi da sola rischiamo che... Beh, hai capito».
«Fin qui c'eravamo arrivati, mi pare», palesò Harry.
«Giusto, ma c'è un'altra questione che abbiamo accennato, senza approfondire», disse Louis.
«Cosa intendi?»
«Lo scambio avviene sempre di notte. Non sappiamo il giorno, ma sappiamo in quale momento della giornata avverrà. Eppure io non credo che dipenda necessariamente dalla notte, ma da ciò che facciamo durante essa»
«E cosa facciamo?»
«Dormiamo, Harry, dormiamo!», esclamò Louis con ovvietà.
«E allora?»
«E allora potremmo provare a dormire durante il giorno, una volta che siamo scambiati, e vedere cosa succede. Se è come penso io potremmo riuscire a riscambiarci entro la stessa giornata!», spiegò Louis.
«Ha senso...Ma che utilità può avere?», domandò Harry scettico.
«Se è davvero così, sarebbe un indizio fondamentale nelle ricerche! E poi...», ma Louis non concluse la frase. Aveva un idea, ma era ancora presto per parlarne.
«E poi...?», chiese Harry.
«Prima vediamo se funziona, poi penseremo a come utilizzare la cosa. Non illudiamoci», con la loro maledizione non c'era mai nulla di prevedibile.
«Va bene...», concesse Harry, forse appena deluso, poi aggiunse, «In fondo si tratta solo di dormire, mi è sempre venuto bene!», disse, con un vaghissimo sorriso.
Quanto era cambiato Harry in quelle settimane...
«Fantastico! Allora direi che possiamo iniziare anche ora!», esclamò Louis sorprendendo l'altro.
«Ora?»
«Certo! Abbiamo la giornata libera», ricordò Louis, emozionato.
«Quindi...»
«Vuoi dormire insieme a me, Harry?»
Il volto di Louis divenne paonazzo. Louis, nel corpo di Harry, scoppiò a ridere. E le storia che Liam gli aveva raccontato era già un po' più lontana.
 
 
 
 
«Tomlinson, mi dici dove stiamo andando?», chiese Harry con la vocetta spazientita di Louis.
«Aspetta, ci siamo quasi!»
«Lo hai detto anche due rampe di scale fa!», protestò Harry.
«Vorrei ricordarti che sono io quello col corpo a pezzi», fece Louis, indicandosi, ossia indicando Harry.
Harry abbassò lo sguardo azzurrino, poi: «Appunto, spiegami il senso di venire fin qui!»
«Taci, ci siamo!», esclamò Louis.
Harry si guardò attorno. Erano nel bel mezzo di un corridoio deserto.
«Non c'è niente qui!»
Louis sbuffo divertito: «Guarda meglio».
Harry gli diede retta e... Adesso c'era una porta di fronte a lui!
«Ma... Quella non c'era un istante fa!», esclamò sbalordito.
Louis sogghignò soddisfatto. E la grande bocca di Harry rese ancora meglio la sua espressione.
«Certo che c'era, dovresti stare più attento Styles», disse Louis, col tono di chi fa una grande battuta. Ma Harry non capiva. Anzi. Era molto confuso.
«Forza, non startene lì imbambolato, entriamo!», e mentre parlava Louis aprì la porta e scomparve nella stanza misteriosa. Harry non ebbe alternative. Seguì il suo corpo.
Harry aveva fatto un solo passo, quando: «Ma che posto è questo?», soffio meravigliato.
Era appena entrato in una delle stanze più strane che avesse mai visto. Era ampia, col soffitto voltato sorretto da colonne, illuminata da una luce pallida proveniente da chissà dove. Appesi alle pareti stavano tanti drappi rosso-oro.
"Un po' troppo grinfondoro", pensò Harry tra sé. L'istante successivo drappi verde-argento alternavano quelli rosso-oro. Harry strabuzzo gli occhi (di Louis).
«Harry! Che cosa hai fatto?! Era molto meglio prima!», protestò Louis, perfettamente a suo agio nell'ambiente.
«Non sono stato io!», biascicò.
«Oh sì!», e Louis per qualche ragione sorrise. Harry non ci fece troppo caso.
«Vuoi spiegarmi che posto è questo?»
«E' la Stanza delle Necessità. Diciamo che è piuttosto utile all'occasione. Ho pensato che potremmo dormire qui, visto che non possiamo stare in dormitorio», spiegò Louis.
«E dove dovremo dormire esattamente?», chiese Harry.
«Ma sul divano, ovvio!»
«Quale-?», "Ah, certo quello che è comparso dal nulla proprio ora!"
«Non dubitare di me, Styles».
Harry si limitò a sbuffare.
«Allora, andiamo a dormire?», chiese Louis, un po' troppo su di giri per fare una dormita.
«Okay... Un letto non era più comodo?»
«Vuoi davvero dormire in un letto assieme me?», fece Louis divertito.
Harry si odiò profondamente. E odiò anche la faccia di Tomlinson che non gli faceva nascondere nulla. E odiò anche Tomlinson stesso, che faceva battute imbarazzanti.
«Il divano va benissimo», sibilò.
Si accomodarono, ognuno nel lato apposto del divano.
Harry stringeva le braccia attorno alle gambe. Nel corpo di Louis si sentiva sempre così... Piccolo e grande allo stesso tempo. Non sapeva definirlo.
Louis si era messo comodo, con le lunghe gambe di Harry distese ed i piedi che quasi sfioravano il suo vecchio corpo.
«Quindi adesso...», fece Harry.
«Dormiamo», concluse Louis.
«Già».
Harry non si era mai sentito più sveglio.
«Forse dovremmo puntare la sveglia!», esclamò Louis improvvisamente.
«Giusto! Ma dove la trov- ah, l'hai trovata», "Devo smettere di sottovalutare questa stanza..."
«Quante ore vogliamo dormire?», chiese Tomlinson.
«Potremmo provare con sei...»
«Si, direi che basteranno», concordò Louis. Puntò la sveglia e disse: «Bene, adesso è tutto a posto! Dormiamo!»
Non passò neanche un minuto che...
«Harry tu non hai freddo?»
«Veramente n-», e Harry si ritrovò addosso una coperta prima di finire la frase.
«Adesso, è tutto a posto, ciao!», ed Harry ebbe l'impressione che quelle non sarebbero state le ultime parole di Louis.
Infatti cinque minuti dopo...
«Harry, ho caldo!», esclamò Louis gettando via la coperta.
Harry lo guardò rassegnato. Anche lui non riusciva a chiudere occhio, ma almeno ci provava!
Tre minuti dopo...
«Harry, Harry, mi è venuto un crampo, sto morendo! Fa qualcosa!»
E poi...
«Questo divano è proprio scomodo! Mi servono dei cuscini!»
E dopo...
«Facciamo scambio posto?»
E infine...
Erano passati dieci minuti senza che Louis dicesse nulla, Harry era appena riuscito a socchiudere gli occhi quando...
«Harry...», sussurrò Louis
«Uhm?»
«... Non riesco a dormire», ammise.
Ad Harry scappò un sospiro dalle labbra di Louis, poi: «L'hai proposta tu questa cosa...», ricordò.
«Lo so... Ma non ci riesco proprio. Forse è un po' troppo presto...», disse Louis.
Harry non sapeva la ragione, ma anche lui non riusciva a prender sonno. E gli era capitato davvero poche volte...
«Quindi cosa facciamo?», domandò.
«Ti va di fare due chiacchiere? Fra un po' ci proviamo di nuovo, te lo prometto», "Non devi prometterlo a me, eri tu che ci tenevi tanto...", pensò Harry, ma non lo disse.
«Va bene», concesse. "Dovrei proprio smetterla di dargli corda...", ma tanto non lo faceva mai.
«Perché non mi racconti...», iniziò Louis.
Harry si paralizzò. C'erano troppe cose di cui non poteva parlare. E se Louis le avesse chieste?
Louis però si interruppe e disse invece: «Anzi no, fammi tu qualche domanda!»
Harry tirò un sospiro di sollievo.
«Poco egocentrico insomma», commentò, ma sorridendo.
«Non ho mai negato di esserlo. Forza, chiedimi qualcosa!», esclamò Louis, elettrizzato. Nel dire così si tirò dritto a sedere, per guardare Harry attentamente.
Harry andò nel panico. "Cosa gli chiedo adesso?! Qualcosa sulla famiglia? Troppo personale. Qualcosa su Eleonor? Passo volentieri! Qualcosa sulla scuola? No, basta scuola. Qualcosa su..."
«Perché giochi a Quidditch?», chiese.
Sul vecchio volto di Harry passò un'espressione stupita, segno che Louis non si aspettava quella domanda. Poi si fece serio e dopo qualche istante parlò.
«Ecco, è difficile da spiegare. Vedi, il Quidditch... è libertà, è volare, è superare tutti i limiti dell'uomo! E' in assoluto lo sport migliore del mondo! Ma non è solo questo, non per me...», ora Louis sembrò tentennare, indeciso se andare avanti, quindi alzò lo sguardo e ricercò il proprio. Harry era già lì pronto ad incoraggiarlo con gli occhi. E Louis decise di fidarsi.
«Il Quidditch è una delle poche cose che so fare davvero bene e in cui riesco ad applicarmi. E la gente me lo riconosce. Non sarò un grande studente, non sarò un grande f-», si interruppe, ma riprese subito, «non sarò un grande lavoratore, ma sono tutti d'accordo nel dire che sono un bravo giocatore di Quidditch! Non certo il migliore... Ma è qualcosa in cui ho sempre dato il meglio!», concluse Louis, soddisfatto.
«E' per questo che...?», buttò Harry, intimorito.
«Si, è per questo che quella volta me la sono presa tanto. Mi sono impegnato così tanto per riuscire a distinguermi in qualcosa che non potevo sopportare l'idea che la gente- Non voglio essere considerato un perdente. E ancora meno un incapace...», la sua voce scomparve in sussurro, poi ripartì decisa, «Ma questo non giustifica il modo in cui ti ho trattato. Quello che è successo non dipende da quanto sono capace io né da quanto lo sia tu. E' solo colpa di questa maledizione...».
Forse qualcosa non andava nella testa di Harry. Perché se fosse stato normale, mentre Louis faceva quei discorsi, avrebbe dovuto smettere di sentirsi in colpa e abbandonare l'idea di imparare a giocare a Quidditch. Ma Harry, che evidentemente non era affatto normale, era ancor più deciso a farlo, come se Louis, in fondo in fondo, se lo meritasse...
«Prossima domanda?», fece Harry.
«Sono pronto!»
«Spiegami come fai ad essere amico di Liam Payne».
Louis scoppiò a ridere. «Questa me l'aspettavo! Dunque... Liam è stato il primo con cui ho parlato quando sono arrivato Hogwarts. Allora ero un piccolo nato babbano che di magia sapeva poco nulla, diciamo che ero spaventato da tutto quello che vedevo... Poi è apparso Liam, si è messo a parlare a raffica proprio come fa ora e mi ha tirato su il morale. Al resto ha pensato il destino quando ci ha smistati nella stessa Casa. Da allora è il mio migliore amico. E' un po' rompipalle, logorroico e paranoico alle volte, ma gli voglio bene. E' il fratello che non ho mai avuto!», concluse Louis, la voce di Harry un po' roca perché non abituata a parlare tanto.
«Sei figlio unico quindi?», chiese Harry, spontaneamente.
Louis scoppiò a ridere, di nuovo.
«Che ho detto?», fece Harry, indispettito.
Louis sorrise, «Solo perché non ho un fratello non vuol dire che io sia figlio unico», spiegò con semplicità.
«Non capisco...», ammise Harry.
«Styles, tu le donne le consideri davvero poco!», disse Louis.
«Ah... Hai una sorella!»
«Una? Quattro!», corresse il più grande.
«Hai quattro sorelle?»
«Precisamente, quattro meravigliose principesse tutte mie!», fece Louis, con un sorriso smielato sul volto di Harry.
«Vuoi che ti parli di loro?!», domandò Louis, estasiato.
«Verament-», ma cosa rispondeva a fare Harry? Louis aveva già iniziato a parlare...
«Allora la più grande si chia- Aspetta, mi metto più comodo», e così dicendo Louis tornò a sdraiarsi, ma questa volta decise di utilizzare le gambe di Harry come cuscino, o meglio, le sue vecchie gambe.
In pratica Harry, nei panni di Louis, si ritrovò il proprio corpo (ossia Louis) sdraiato sopra, che si agitava allegramente, tutto preso da un elogio delle piccole principesse Tomlinson.
Quando Harry riuscì a smettere di pensare qualcosa di diverso da "Louis. Sopra. Me. Allarme.", si rese conto che il ragazzo aveva continuato a parlare e si era perso qualche sorella per strada. Tanto ne avrebbe sentito parlare ancora.
«E poi ci sono Phoebe e Daisy, sono gemelle e sono le bambine più belle sulla faccia della terra e-»
«Non è che qualcuno qui ha il complesso del fratello maggiore?», lo interruppe Harry.
«Non so di chi tu stia parlando!», rispose Louis, voltando la testa per sfuggire lo sguardo di Harry. Solo che ogni volta che Louis si muoveva, Harry sentiva una cosa strana... E si chiedeva se fosse l'unico a sentirla.
«Non ne dubito! Le tue sorelle in che casa sono?», Harry si costrinse a parlare, pur di non pensare. Ma quella volta, aveva sbagliato qualcosa.
Louis si rabbuiò, così sul volto di Harry comparve un'espressione molto alla Harry... E non era un buon segno.
«Le mie sorelle non sono ad Hogwarts», disse poi Louis.
Harry non sapeva cosa dire.
Louis riprese: «Sono l'unico della mia famiglia ad essere così», nel frattempo si era girato su un fianco dandogli le spalle e nascondendogli la sua espressione. Ma Harry conosceva troppo bene la propria voce per non capire cosa provasse Louis.
«Ti mancano?», Harry non seppe come gli venne fuori.
Louis sospirò: «Non sempre, a volte mi rendo conto di quanto mi mancano solo quando le vedo dopo mesi e sono completamente diverse da come le avevo lasciate. Allora mi rendo conto di quante cose mi sono perso, cose che avrei voluto vedere...».
Se Harry avesse saputo le parole per tirare Louis su di morale le avrebbe usate. Ma non le conosceva.
A quel punto, non seppe esattamente quale forza lo spinse, ma sollevò una mano e con essa sfiorò la testa del altro ed iniziò ad accarezzare distrattamente i capelli ricci che una volta erano suoi. Lo fece spontaneamente, in un tentativo inconscio di dimostrare che lui c'era. Che Harry per Louis c'era.
Louis parve non essersene nemmeno accorto, perché poco dopo riprese come se nulla fosse: «Adesso però vado molto più d'accordo con loro! Da piccoli litigavamo sempre, adesso invece cerchiamo di spendere il poco tempo assieme senza insultarci a vicenda. Non che ci riusciamo sempre... Però le cose vanno benone!», concluse allegramente.
Per qualche minuto nessuno disse più nulla, Harry perché a corto di parole, Louis perché...
«Se continui a fare quella cosa potrei anche addormentarmi davvero», soffiò il più grande.
«Quale cosa?», domandò Harry.
«La mano», disse solo Louis. E Harry realizzò. La mano si era mossa da sola! Ma il risultato... Da quanti minuti stava accarezzando Louis?!
Harry decise che si era messo in imbarazzo fin troppo, così si scostò.
«Ehi! Non ti ho detto di smettere!», esclamò subito Louis, agitandosi.
«Che?»
«Continua», e questo era un ordine.
Con mano tremolante ricominciò a toccarlo, giocando con i riccioli, sfiorando delicatamente la cute.
«Oh, Harry, sei fantastico...», biascicò Louis ad un certo punto, «Non sai quanto sono felice di averti conosciuto» e dopo quel sussurro i suoi respiri si fecero pesanti e lenti. Si era addormentato.
"Che situazione...", pensò Harry. Ma il sorriso sul suo volto non se ne andò per molto tempo, neppure quando si addormentò, con ancora le mani tra i capelli dell'altro.
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Perché Harry mi sta usando come materasso?!"
 
"Dopo quell'incidente, Harry non fu in grado di guardare Louis negli occhi per parecchi giorni"
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Buon giorno!
Eccomi con questo capitolo che non so se mi piace troppo. Forse no. Forse vagamente. Ma l'importante è che piaccia a voi!
Sono sette pagine di Harry e Louis, in una versione piuttosto smielata di loro. Ditemi che non è noioso!
A questo punto credo sia evidente che le cose stiano prendendo "una certa piega", ma ci vorrà ancora un po' prima che lo realizzino anche i ragazzi. Intanto, ve lo dico, per altri tre o quattro capitoli non fanno altro che spupazzarsi a vicenda. E fossi in loro mi farei delle domande...
Nello scorso capitolo c'era stata la rivelazione sul passato di Harry, ma come avrete notato in questo capitolo non ce n'è quasi traccia, come se non ci fosse mai stata, questo in conformità alla decisione di Louis. Ma prima o poi dovranno per forza fare i conti anche con quella...
E questo è quanto!
 
Ora, devo assolutamente ringraziare le persone che hanno recensito la storia, in particolare negli ultimi capitoli in cui c'è stato un vero bum di recensioni (rispetto alla mia media), e non sapete quanto ne sono entusiasta! Grazie mille! (E lo so, adesso che l'ho detto ritornerò ai miei capili mono-recensiti, ma dovevo ringraziare!)
Ovviamente, grazie anche a chi mette la storia tra le seguite/ricordate/preferite, i numeri stanno crescendo! E grazie a chi legge e basta :)
 
Saluto tutti e, ah giusto, spero stiate passando delle buone vacanze! Io personalmente sto iniziando a perdere la cognizione del tempo che passa.., mi auguro vi vada meglio ;)
 
Un bacio e me ne vado,
A presto!
 


(P.s.: Sto vagheggiando l'idea di prendermi una beta, perché, be', ne ho bisogno, lo so. Se qualcuno sarebbe interessato me lo faccia sapere, ma non è detto che poi accetterò. Ci sto pensando!)

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Capitolo 17
*** Una serie di imbarazzanti momenti ***


 

 
 

..In your skin..
 




 

 
Una serie di imbarazzanti momenti (o quando i copri si mettono in mezzo)
 
Una sveglia suonava da qualche parte. Suonava almeno da dieci minuti.
Louis all'inizio aveva deciso di ignorarla. "Ci penserà Liam", si era detto.
Ma la sveglia continuava a trillare. Allora Louis si era fatto coraggio e aveva deciso di alzarsi per spegnerla, o distruggerla. A quel punto aveva realizzato di non potersi muovere. Era bloccato. O meglio, qualcosa lo stava bloccando.
Louis spalancò gli occhi. Vide un soffitto che non era il suo, ma non era neanche quello dei sotterranei, e poi vide una testa ricciuta incombere sopra di lui. Improvvisamente si ricordò i fatti di quella mattina. Fu tutto più chiaro.
L'unica cosa poco chiara era "Perché Harry mi sta usando come materasso?!"
Infatti, Harry Styles, imperturbabile nel suo sonno, era comodamente steso sopra Louis, impedendogli di muoversi.
Louis impiegò i primi istanti del suo risveglio a concepire quella situazione, solo in un secondo momento realizzò di essere effettivamente tornato in possesso del suo vero corpo, così come Harry era tornato nel suo, ma solo per stritolarlo come un peluche...
«Harry! Harry! Svegliati!», iniziò ad esclamare. Doveva condividere con qualcuno l'avverarsi della sua supposizione. E c'era solo Harry lì. Peccato che non si svegliasse nemmeno con le cannonate...
«Harry, forza, alzati!», ripeté Louis. Con un po' di fatica liberò le braccia dalla presa del ragazzo ed iniziò a scuoterlo per le spalle.
Il riccio reagì mestamente, ma a Louis non bastavano dei borbotti, così prese a fargli solletico sui fianchi. Questo fu decisamente più efficace.
Harry iniziò ad agitarsi sotto il tocco di Louis, prima sentendosi solo infastidito, poi, ormai tragicamente sveglio, dibattendosi nel tentativo di fermare quella tortura.
«No! Basta!», gracchiò infine, la voce impastata dal sonno, «Basta, ti prego! Sono sveglio! Sono sveglio!», e nel frattempo cercava di fermate le mani impazzite di Louis, invano.
«Hai intenzione di ascoltarmi?», chiese Louis, spietato.
«Si, ma smettila!», quasi supplicò.
Louis ghignò, poi allontanò le mani dai fianchi di Harry. Quest'ultimo tirò un sospiro di sollievo e si accasciò di nuovo giù, stordito dal tragico risveglio. Ci mise ancora qualche istante per accorgersi su cosa esattamente fosse sdraiato. O meglio, su chi.
Harry alzò improvvisamente la testa, i suoi occhi si scontrarono con quelli divertiti di Louis, troppo vicini, e capì che qualcosa non andava.
Louis vide tutte le emozioni passere sul volto di Harry, prima la confusione, poi lo stupore e infine l'imbarazzo. Rise per ognuna.
Rise ancor di più quando Harry tentò di sollevarsi, una, due, tre volte, e per tre volte ricadde giù, addosso a Louis. Il riccio non stava dando il massimo delle sue prestazioni atletiche.
«Con calma Harry, so che ce la puoi fare», lo prese in giro. Il riccio gli lanciò un occhiataccia.
Nonostante Louis si ritrovasse con un certo peso addosso, non si sentiva particolarmente disturbato. Anzi, stava appositamente impedendo ad Harry di alzarsi infastidendolo. "Ognuno si diverte a modo suo", si giustificò.
Intanto: «Harry, hai visto? Siamo tornati normali! Ed è ancora oggi!», esclamò Louis agitando le braccia (che accidentalmente collisero col corpo di Harry che stava cercando di alzarsi).
«Già, me ne sono accorto...», borbottò Harry, vagamente frustrato, «Ma sono certo di non essere stato io a mettermi qui!», volle aggiungere.
«Non capisco cosa intendi...», disse Louis innocentemente. In effetti era molto plausibile che fosse stato Louis a stendersi sopra l'altro, quando ancora era nel corpo di Harry. In fondo si era addormentato sulle sue ginocchia e da lì a quello- Improvvisamente Louis ricordò alcuni dettagli di qualche ora prima che aveva dimenticato. Parole, confidenze, gambe troppo comode, mani che toccano gentili, il tepore, ricci che scivolano tra le dita, le dita che sfiorano, il sonno.
Col senno di poi tutto ciò sembrava un po' strano. Ma era stato bene. E non aveva fatto nulla di male. Giusto?
«Comunque», riprese Louis, «abbiamo la prova che volevamo. Lo scambio avviene nel sonno!», constatò.
«E adesso?», domandò Harry.
«Dobbiamo scoprire quante ore ci servono perché avvenga lo scambio. Pensa, se ne bastassero due in un paio d'ore avremmo risolto il problema!», disse Louis.
Ma Harry sembrava scettico perché «Non risolveremmo un bel niente, rimandiamo il problema e basta...», osservò Mr Pessimismo.
Louis alzò gli occhi (finalmente azzurri): «Harry, è comunque un miglioramento. E' un'informazione utile. A proposito, d'ora in poi ogni volta che saremo scambiati voglio che impieghiamo il tempo a studiare o a dormire!», annunciò Louis.
E "Okay, così non sembra avere senso... Ma il concetto c'è", disse tra sé.
Harry sbuffò, mentre ancora era arenato addosso al più grande, e disse: «Guarda che sei tu quello che ha sempre qualcosa da fare! Qualcosa che poi tocca fare a me! Tipo- Tipo andare agli appuntamenti al posto tuo!»
«Tanto lo so che ti sei divertito con la mia ragazza!», esclamò Louis.
«No...», soffiò Harry, vagamente imbarazzato.
«Invece sì. Non puoi nascondermelo, io so tutto!», fece Louis, ridente.
Harry però si rabbuiò...
«Tu non sai proprio niente», disse freddo e appoggiando le mani sul petto di Louis si diede la spinta per alzarsi, deciso più che mai a mettere distanza tra lui e il Grifondoro.
Ma Louis era di un altro parere. Senza pensarci due volte, anzi, senza pensare affatto, allungò le braccia e strinse le mani attorno ai fianchi di Harry, poi lo tirò giù, ancora una volta, fino a fare collidere i loro corpi e avvolse le braccia attorno alla schiena dell'altro, in una presa decisa.
E sussurrò: «Scusa, hai ragione, non so niente...»
Tutto nel giro di qualche secondo.
Harry per i primi istanti restò immobile, confuso, poi iniziò ad agitarsi tra le braccia di Louis, come un uccellino si dibatte nella gabbia, ma alla fine l'uccellino dovette arrendersi alle sue sbarre e Harry si calmò, lasciando un solo lento sospiro sul collo di Louis.
Louis... Si sentì strano. Una vocetta nella testa iniziò a sussurrargli parole sbagliate. Ma Louis non aveva mai ascoltato quelle parole. Fece tacere la voce e continuò a stringere Harry, così, nel tentativo di rallegrarlo, di fargli credere che i suoi segreti fossero al sicuro e di fargli sapere che lui c'era. Che Louis per Harry c'era. Glielo doveva.
Passarono alcuni minuti, poi Louis: «Ce l'hai ancora con me?», domandò.
Harry sospirò: «Non ce l'ho mai avuta con te», mentì. Louis sorrise appena.
«Perfetto, adesso che ne dici di andare a fare merenda?»
Harry annuì, o meglio, Louis interpretò così il movimento che fece con la testa sulla sua spalla, sfiorandogli il mento con i capelli e la clavicola col naso.
«Penso che a questo punto dovresti alzarti», osservò Louis, gentilmente.
«Penso che a questo punto dovresti prima lasciarmi andare», borbottò Harry, parlando a un centimetro dalla pelle di Louis.
Louis arrossì appena e ringraziò che Harry non potesse vederlo.
«Ehm, giusto...», disse e sciolse la presa attorno ad Harry.
Il riccio finalmente riuscì a sollevarsi. Louis lo aveva visto tante volte appena alzato, ma adesso era un altra storia ed era così-
«Andiamo?», fece Harry.
«Si, si, certo», rispose Louis, alzandosi a sua volta e scacciando i suoi pensieri.
Harry si era già incamminato verso la porta, sbadigliando ad ogni passo, Louis invece sorrise e salutò la stanza con lo sguardo, ringraziandola per custodire i loro segreti.
«Tomlinson, datti una mossa!»
«Arrivo!»
 
Chissà la sveglia quando aveva smesso di suonare... Nessuno ci aveva fatto caso.
 
 
 
Dopo quella volta Harry e Louis si scambiarono altre tre volte. Così, ci furono altri tre pomeriggi spesi a dormire. E altri tre risvegli imbarazzanti...
Una volta Harry si era ritrovato nella stessa situazione della prima, "comodamente" sdraiato sopra a Tomlinson, e come allora Louis si era divertito a metterlo in imbarazzo impedendogli di scendere. Solo che poi era finita che erano entrambi caduti giù dal divano... Ed Harry si era ritrovato un gomito in bocca...
Un'altra volta, quando Harry si era svegliato aveva scoperto di essere solo sul divano. Si era guardato attorno e non aveva visto nessuno. Per qualche minuto era stato preso dal panico, poi Louis era sbucato all'improvviso da dietro il divano e- Harry non se l'aspettava, altrimenti non avrebbe mai fatto un urletto tanto imbarazzante! Tomlinson lo prendeva ancora in giro.
L'ultima volta invece... Oh, quella era davvero da dimenticare...
 
La sveglia suonava, suonava da dieci minuti.
Harry non aveva nessuna intenzione di spegnerla. "Ci penserà Louis", si era detto.
«Harry... Vai tu...», borbottò una voce familiare accanto a lui. Harry nel dormiveglia si rese conto che Louis gli giaceva accanto. Accanto è meglio che sotto.
«No...», biascicò il riccio.
«L'ultima volta l'ho spenta io», ricordò Louis.
«Mmhg»
«Dai Harry...», fece il più grande, spingendolo appena.
E in quel momento, avvenne "Il fatto che doveva essere dimenticato". La gamba di Louis, nello spingere Harry, si scontrò accidentalmente con qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.
Harry si paralizzò. E lo sapeva, Louis se ne era accorto. Non poteva non-
«H-Harry, mi è sembrato di...», farfugliò infatti Tomlinson. Poi, tanto per infierire, aumentò la pressione della gamba in quel punto, palesando una certa durezza inconfondibile.
«Ihc!», fu più o meno il verso che sfuggì dalle labbra di Harry.
Harry aveva gli occhi ancora chiusi, ma li strinse più forte, e pregò vivamente di poter sparire dall'universo, lui, la sua vergogna e la sua fottuta erezione fuori luogo.
Come sarebbe stato bello se fosse stato solo un incubo...
«Harry, apri gli occhi», disse la voce di Louis. Ed era gentile. Non stava ridendo. Per ora.
Lo sapeva Harry, prima o poi avrebbe dovuto affrontare la realtà, quindi decise di non rimandare. Spalancò gli occhi, regalando al mondo il suo sguardo colpevole. Per fortuna ci fu solo Louis a ricevere quel "regalo".
Louis era vicino, forse un po' troppo e aveva un espressione un po' sorpresa, vagamente divertita, come sempre, ma non derisoria.
«Harry, va tutto bene...», disse, stringendogli delicatamente un braccio.
Harry alzò gli occhi al cielo. "Va tutto bene un corno, è uno schifo!"
La gamba di Louis era ancora premuta contro il suo... Questo non aiutava affatto a migliorare la situazione!
«I-io.... N-non...». Ecco, adesso sembrava pure un idiota. Un idiota analfabeta che si eccita per nulla.
«Harry, è tutto okay, sono cose che succedono», affermò Louis.
«Già...», "Fanculo alle cose che succedono allora", a lui capitavano solo le peggiori.
«Io», cominciò Harry, evitando lo sguardo di Louis, «Penso di aver bisogno del bagno...»
«Ehm, certo», convenne il grande e fece per scostarsi. Peccato che nel farlo la sua gamba si scontrò con la sua cosa più di una volta. Harry valutò anche l'ipotesi che ci facesse apposta...
Quando Harry fu finalmente in piedi, era color rosso scarlatto. Si affrettò ad uscire da quella stanza, senza guardarsi indietro, correndo con passo incerto.
Uscendo, credette di sentire Louis scoppiare a ridere. Non se la prese, in fondo, ne aveva tutte le ragioni.
Dopo quell'incidente, Harry non fu in grado di guardare Louis negli occhi per parecchi giorni.
 
 
 
Incidenti imbarazzanti a parte, le loro dormite avevano dato dei risultati. Avevano scoperto che se dormivano più di quattro ritornavano nei rispettivi corpi, se dormivano di meno non succedeva nulla.
Poiché Harry e Louis spendevano i loro "giorni particolari" a dormire, avevano deciso di incontrarsi qualche pomeriggio per fare ricerca assieme. Per fare ciò, Louis si era ritagliato qualche momento tra i suoi impegni di giocatore studente e fidanzato, mentre Harry- Harry aveva l'agenda praticamente libera.
Prima di allora non avevano mai trascorso del tempo in compagnia dell'altro in condizioni normali. Erano già costretti a sopportarsi a vicenda fin troppo spesso, perché doverlo fare ulteriormente? Per trovare una soluzione alla loro maledizione, si diceva Louis. Harry invece...
Harry era un po' confuso.
Iniziava a sospettare che forse Louis Tomlinson non gli dispiacesse poi così tanto e non sapeva come affrontare la cosa.
Louis era l'unica persona con la quale avesse voglia di parlare e alla quale rispondesse sempre, più o meno gentilmente. Era l'unica persona che riusciva a farlo ridere e fargli dimenticare tutto il resto. Quando Harry stava con Louis dimenticava addirittura di sentirsi in colpa per stare così bene ed essere così felice. Era dopo, che i sensi di colpa lo tormentavano...
E poi Louis si prendeva così tante confidenze... Lo toccava! In continuazione. Harry certo non l'aveva autorizzato, era solo... successo. I primi tempi aveva cercato di scacciarlo, ma ormai si stava abituando. Per quanto volesse negarlo, gli piaceva sentire la presa di Louis sulle spalle, le sue mani tra i capelli, le sue gambe a tormentare le proprie sotto i tavoli, le sue braccia stringerlo a sorpresa in un abbraccio soffocante quando meno se lo aspettava. Non che l'avrebbe mai ammesso.
Era confortante. Ma faceva anche paura.
La cosa tra lui e Louis, quella specie di amicizia nata per sbaglio, era spaventosa agli occhi di Harry. Era esattamente ciò che aveva sempre evitato. Ma ormai c'era troppo dentro per riuscire ad uscirne... E lo sapeva, si sarebbe fatto male, come sempre.
 
 
 
 
Era il 5 Novembre, era un giovedì e Louis era in biblioteca. Insieme ad Harry Styles.
Fino a pochi mesi prima sarebbe stato sorprendente trovare Louis Tomlinson in biblioteca e in compagnia di un Serpeverde. Ora non lo era più tanto.
Anche Liam aveva smesso di guardarlo come se fosse impazzito quando gli diceva «Vado in biblioteca a studiare con Harry!». Chissà, forse Liam era convinto che lo facesse solo per pietà nei confronti di Harry... Ma le ragioni di Louis non avevano nulla a che fare con la storia che l'amico gli aveva raccontato. Quelle cose... Louis aveva deciso che non gli importavano. Non esisteva nessun Harry pazzo, malato o magonò, c'era solo l'Harry che vedeva davanti a sé, un ragazzino giusto un po' strano e complicato, niente di più, niente di meno.
Louis e Payne non avevano più affrontato l'argomento di tacito accordo, ognuno con le proprie ragioni per voler dimenticare, ma da allora Liam non aveva più fatto storie riguardo la sua amicizia con Harry.
Dunque, il suo migliore amico non era più stato un problema. Il suo...
 
Era il 5 Novembre e Louis era in biblioteca con Harry a fare ricerche. Erano circondati da libri e stavano leggendo rispettivamente un manuale di "Maledizioni per Maghi Veterani" e un tomo intitolato "Fatture Esotiche ed Altre Stregonerie Rare". Inutile dire che ci stessero capendo poco entrambi. Poi... Poi arrivò Zayn Malik.
«Ehi Harry!», esclamò il suddetto. Ad Harry cadde il libro di mano.
«Zayn... Che ci fai qui?», chiese, con tono vagamente infastidito. (Louis non riuscì a trattenere un sorrisetto soddisfatto).
«Indovina?», domandò Zayn sarcastico, sollevando i libri che teneva fra le mani.
Intanto Louis pensava: "Tsé, non ci credo che quello sia qui per studiare! Lo so io che-"
«Posso sedermi con voi?», chiese Zayn innocentemente.
"-Ecco dove voleva parare!"
«Ehm...», iniziò Harry.
«Mi dispiace, ma il tavolo è tutto occupato», concluse Louis. In effetti, il tavolo era davvero interamente ricoperto di libri.
«Non preoccupatevi, prenderò poco spazio», e senza aspettare un assenso, Zayn spinse via alcuni tomi e si fece spazio accanto ad Harry. Inutile dire che Louis lo stava fulminando.
«Che cosa fate di bello?», chiese Zayn, che sembrava molto più interessato ai loro libri che ai suoi.
"E' da giorni che cerca di scoprire cosa combiniamo io ed Harry qui", Louis l'aveva capito quando si era ritrovato nel corpo del Serpeverde, "Dovevo immaginare che prima o poi..."
«Niente che ti riguardi», sbrigò Louis.
«Stiamo facendo una ricerca per scuola Zayn, te l'ho già detto», disse invece Harry, sbuffando.
«Non mi resta che crederci... Eppure sono del parere che sia un po' strano. Insomma, tu vai al quinto anno e Louis al settimo. E siete in case divers-».
«Sarà strano, ma è quello che stiamo facendo», sentenziò Louis, interrompendo le riflessioni si Malik..
«Evidentemente», concesse Zayn. «E per quale materia è questo lavoro?», chiese ancora.
«...Incantesimi», inventò Louis.
«Davvero? Harry non avevi detto che era per Trasfigurazione?», fece Zayn, sbattendo gli occhi innocentemente.
"Bastardo! L'ha fatto apposta!", Louis venne pervaso da un forte istinto omicida.
«E' una ricerca incrociata in vari campi...», improvvisò Harry, lanciando un'occhiataccia al Grifondoro.
«Capisco... E-», riprese ancora una volta Zayn.
«Tu non dovevi studiare qualcosa?», lo interruppe Tomlinson.
«Ehm, certo»
«Bene, fallo. Noi saremmo occupati!», affermò Louis, con un tono che non ammetteva repliche.
Zayn Malik si limitò a scrollare le spalle, poi si immerse nella lettura dei suoi libri, apparentemente intenzionato a farlo seriamente.
Louis si sentì discretamente soddisfatto. Poi si accorse dello sguardo allarmato che Harry gli stava lanciando.
Gli occhi del riccio non facevano che vagare dai libri, a Zayn, fino a Louis. Sembrava preoccupato che Zayn potesse capire quello che stavano facendo.
Louis scosse appena la testa e sorrise. Poi strappò un pezzetto di carta e scrisse:
 
«Non sappiamo nemmeno noi cosa stiamo cercando, è impossibile che lo scopra Malik ;)»
 
Passò il biglietto ad Harry, che lo lesse attentamente e dopo aver riflettuto qualche istante rispose:
 
«Non sottovalutare Zayn...», scrisse solo.
 
«E tu non sopravvalutarlo!», rispose Louis scrivendo velocemente. Altrettanto velocemente strappò un nuovo pezzo di carta e:
 
«Se trovi qualcosa, scrivimelo qui :)»
 
«Tanto non troviamo niente...», fu la risposta di Harry.
 
Louis alzò lo sguardo e lo puntò sul Serpeverde. Harry si era già reimmerso nella sua lettura e la sua espressione sfiduciata era nascosta da una pioggia di ricci.
Erano settimane che andavano avanti nelle ricerche, ma ancora non avevano scoperto nulla ed Harry non perdeva mai occasione per farlo presente. Però era sempre il primo a buttarsi a capofitto nei libri... Louis invece passava la maggior parte delle ore in biblioteca a fingere di leggere, mentre in realtà preferiva guardare Harry che si dava da fare. O infastidirlo. Sopratutto infastidirlo.
Decise che per quel giorno non l'aveva ancora tormentato abbastanza, era ora di farlo. Così allungò la gamba sotto il tavolo, ed iniziò a punzecchiare i polpacci di Harry con il piede.
Vedendo che non otteneva nessuna reazione, ed era inaccettabile, decise di impegnasi un po' di più. Spinse il piede un po' più in alto, oltre il ginocchio, sulla coscia, poi- Ops, forse era andato un po' troppo in alto!
Eppure Harry era ancora assorto nella lettura, come se non stesse succedendo niente! Così non c'era nessun divertimento!
Allora, già che era lì, decise di insistere un altro po', premendo appena con il piede. E ancora nient-
«T-Tomlinson...Che diavolo stai facendo?!», esclamò improvvisamente la voce di Zayn, il quale aveva una faccia a dir poco imbarazzata, nonché incazzata.
Louis realizzò troppo tardi. Harry alzò lo sguardo solo in quel momento, completamente ignaro di quanto stesse succedendo. E Louis capì di aver appena toccato la persona sbagliata.
Se possibile Louis divenne ancora più scarlatto di Zayn.
«Ah- Ehm- Ti avevo scambiato per... La sedia!», farfugliò poco credibilmente, ritirando di scatto il piede.
Zayn Malik intanto continuava a fissarlo allibito.
«Che succede?», domandò Harry perplesso.
«Succede che il tuo amico qui mi ha appena palpato il-!»
«Non è vero!», gridò Louis.
«Dillo al mio cazzo!», esclamò Zayn, che evidentemente era piuttosto turbato.
«T-tu... è stato uno sbaglio!», ripeté Louis, sprofondando sempre di più nella vergogna.
«Uno sbaglio che ha portato il tuo piede proprio tra le mie gambe?», domandò Malik, scettico.
«Ti assicuro che non ci ho fatto apposta!»
«Ci mancherebbe solo!»
«Ho preso male le misure», si giustificò ancora Louis, al limite dello sconforto.
«Potrei denunciarti per questo!», inveì Zayn.
«Devi solo prov-», le parole di Louis vennero interrotte dall'inaspettata risata di Harry.
Il riccio era letteralmente scoppiato a ridere vivacemente. Stava ridendo tanto da avere le lacrime agli occhi.
Zayn e Louis rimasero qualche istante basiti, scioccati da quella reazione così poco da Harry. Poi si lasciarono contagiare e si misero a ridere tutti e tre fino a star male.
In seguito ripresero a studiare, Louis a testa bassa e ancora rosso dalla vergogna, Zayn dispensando occhiatacce malevole e piazzandosi il più lontano possibile dal Grifondoro, Harry cercando di studiare, ma senza riuscirci perché ogni dieci minuti scoppiava in una nuova risatina.
Quello fu il primo di una lunga serie di pomeriggi di studio poco redditizi, ma decisamente divertenti.
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Louis gioca una partita domani e non me ne ha minimamente accennato!"
 
"«Era per questo... Era per questo che ti sei fissato sulla storia del dormire! Volevi sapere quanto tempo ci vuole perché avvenga lo scambio... Era tutto un piano per-!»"
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Salve! Si, si, lo so, questo capitolo è diabetico, è una landa di fluff. Se non siete morte soffocate nello zucchero, sono lieta di ritrovarvi!
Seriamente, non so come mi sia uscita questa cosa patetica, mi auguro che qualcuno l'apprezzi più di me. Garantisco solo che il prossimo capitolo ha un po' più senso di questo.
Che poi anche questo capitolo un senso ce l'ha, sembra che sia solo un ammasso di scuse per Harry e Louis di strusciarsi uno addosso all'altro ma è esattamente così non è così! Capirete!
Soffermatevi solo un secondo sui ragazzi. Louis si è sempre divertito a prendere in giro Harry, ma ora lo sta facendo in un modo un po' particolare, indubbiamente. Che ci sia qualcosa sotto? Ovvio che sì! Louis è quello "fisicamente più estroverso", Harry è un introverso totale, ma nemmeno troppo. Harry è anche disposto a riflettere sulla situazione, solo che ancora non riesce a spiegarla, Louis invece agisce e basta, ma fa il possibile per non pensare, perché nel suo subconscio sa che la spiegazione è una sola...
 
Poiché non ho parole per parlare ulteriormente di questa sorta di capitolo che mi è uscito, ne approfitto per dire una cosa che rimando da un po'.
Dunque, questa storia è ormai arrivata al capitolo 17, ci sono tanto persone che l'hanno messa tra le seguite e molte addirittura nelle preferite, inoltre ultimamente mi state lasciando un sacco di recensioni e, davvero, all'inizio non pensavo di poter chiedere così tanto (sono giusto un po' pessimista, lo ammetto). E invece, alla faccia del mio pessimismo, le cose stanno andando benone! Qualcuno considera la storia, la recensisce, voi siete ancora qui e io sono ancora qui! Davvero, la mia più grande paura era quella di non riuscire ad andare avanti, mollare e lasciare tutto, invece non l'ho fatto e... sono fiera di me! Ma so che è solo merito vostro.
Sono felice di aver pubblicato questa storia e non avrò mai abbastanza parole per ringraziare chi mi supporta e- Cavolo, mi sa che mi sono fatta contagiare dal fluff qui sopra! La pianto!
 
To sum up: Thanks all for everything!
 
A presto!
Cost001
 
P.s.: Scusate se vi ho fatto aspettare tanto!





 

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Capitolo 18
*** Vediamo chi crolla prima ***


 

 
 

..In your skin..
 
 
 



 
 
 
Vediamo chi crolla prima (o tutto questo non porterà nulla di buono)
 
Era il 7 Novembre, era sabato ed Harry non aveva visto Louis nemmeno una volta. Non che gli importasse.
Quel giorno non avevano impegni fra di loro, dunque non c'era nessuna ragione per incontrarsi, eppure Harry continuava a chiedersi dove fosse sparito Louis Tomlinson (e con lui anche Liam Payne).
La cena stava giungendo al termine ed Harry, come da più di un mese a quella parte, era seduto accanto a Zayn, mentre di fronte a lui stavano Thomas e Michael. I tre parlavano di Quidditch, ma Harry era troppo preso a fissare il tavolo dei Grifondoro per prestargli attenzione. Poi, uno spezzone di conversazione attirò la sua attenzione.
«... spero che vincano i Grifondoro, non vorrei rischiare di ritrovarmi in finale con i Tassorosso!», stava dicendo Zayn.
«Certo, se i Grifondoro giocano come l'ultima volta mi sa che ci tocca», disse Thomas.
«Lo scopriremo domani», intervenne Michael.
«Che cosa c'è domani?», domandò allora Harry.
Tre paia di occhi si voltarono a guardarlo, in parte stupiti e in parte oltraggiati.
«C'è la prima partita del campionato!», esclamò Thomas, ovviamente.
«Tassorosso contro Grifondoro», aggiunse Zayn, calcando particolarmente l'ultima parola.
Harry impiegò qualche istante ad elaborare l'informazione e infine a giungere alla conclusione che: "Louis gioca una partita domani e non me ne ha minimamente accennato!". E doveva farlo! Considerando l'incidente dell'ultima volta...
«Per caso il tuo amico Tomlinson non te l'ha detto?», chiese Zayn, infierendo. Harry lo fulminò.
«No», rispose solo, un po' troppo visibilmente seccato per i suoi standard.
«Ehm... Gli sarà sfuggito di dirtelo. Io i giorni prima delle partite sono talmente agitato che mi dimentico di tutto!», intervenne Thomas, che per qualche motivo si sentiva in dovere di confortarlo, "Come se ne avessi bisogno!", si disse Harry.
«Confermo», lo affiancò Michael, «Una volta si è dimenticato perfino il suo compleanno!»
«Non è vero! Lo sapevo! Mi era solo... passato di mente per un momento...», ammise imbarazzato.
Harry si concesse di sorridere solo un istante, poi i suoi problemi tornarono ad assillarlo. E i suoi problemi si chiamavano "Louis Tomlinson".
Negli ultimi tempi Louis aveva completamente evitato l'argomento Quidditch e a ben pensarci era un po' sospetto. Harry aveva creduto che l'altro non affrontasse l'argomento per fargli un piacere, ma se in realtà... Se Louis avesse qualcosa in mente?
«Quindi adesso... I Grifondoro si stanno allenando?», chiese ad alta voce. Questo avrebbe spiegato l'assenza di Louis e Liam.
«Suppongo proprio di s- Ehi, dove stai andando?!»
Louis non voleva parlargli di Quidditch? Bene, gli avrebbe parlato lui e l'avrebbe fatto in un posto in cui evitare l'argomento sarebbe stato impossibile. Sul campo.
 
 
 
Harry si era seduto sugli spalti aspettando che i giocatori scendessero a terra, ormai era questione di pochi minuti, erano tutti a dir poco esausti. Perfino lui volava più veloce. Quasi.
Perché sì, adesso Harry volava. O meglio, ci provava.
Si era allenato ogni volta che Zayn era disponibile, o in cui lui non avesse da fare con Louis, (stranamente la sua agenda si stava riempiendo) e gli allenamenti da accademia militare a cui l'aveva sottoposto Zayn-Sergente-Malik avevano dato i loro frutti. Oltre al fatto che aveva scoperto di possedere muscoli di cui non sapeva l'esistenza, ora se la cavava anche sulla scopa.
Dopo le prime volte disastrose, adesso riusciva a volare anche per dieci minuti consecutivi, cosa che lo rendeva segretamente fiero di sé stesso.
Certo, se Zayn non avesse imparato un buon incantesimo di levitazione dei corpi per le emergenze, Harry si sarebbe ritrovato con ben più di un braccio rotto. Inoltre, non era sicuro di poter migliorare più di così. Volare a zonzo era un conto, giocare a Quidditch... quella era un'altra storia.
 
Quando finalmente i giocatori di Grifondoro iniziarono a scendere Harry capì che era il momento di entrare in azione, fece una corsa giù dagli spalti e raggiunse il campo.
I ragazzi stavano entrando negli spogliatogli, ma Louis era uno degli ultimi.
Harry realizzò quanto fosse umiliante chiamarlo di fronte ad altre dieci persone solo quando ormai aveva già gridato il suo nome.
Louis si voltò per guardarlo stupito (e con lui almeno altri cinque ragazzi), poi però un grande sorriso gli illuminò il volto stanco. E infine raggelò.
«H-Harry... Che ci fai qui?», chiese, e se Harry non si fosse avvicinato avrebbe fatto fatica a sentirlo. Aveva tutta l'aria di chi ha perso la voce per aver urlato troppo.
«Volevo parlarti», disse Harry, con tono vagamente freddo. O arrabbiato.
«Ehm, sì, io avrei bisogno di una doccia prima...», tentò Louis, che non stava assolutamente cercando di evitarlo.
«Certo, ti aspetto qui», rispose Harry prontamente, con un sorriso diabolico.
«Okay...», si arrese.
 
Louis fu di ritorno dieci minuti dopo, i capelli gonfi di phon, l'espressione esausta e colpevole.
«Ehi», salutò.
«Ehi», ricambiò Harry. "Non devo farmi commuovere dal suo faccino!", si impose dentro.
«Quindi lo sai...», iniziò Louis.
«Che cosa? Ti riferisci alla partita di domani per caso? E come potrei saperlo? Non mi pare che qualcuno me ne abbia parlato», disse, senza trattenere un palese risentimento.
«Harry...»
«Credevo che questa volta volta ne avremmo parlato, che non ci saremmo ritrovati alla fine così- credevo che tu-!»
«Scusa, lo so, lo so, non mi sono comportato bene. Ma ho tutto sotto controllo», affermò Louis, un po' troppo stanco per poter effettivamente tenere qualcosa sotto controllo.
«E quindi non mi hai detto niente?»
«Credevo... Posso affrontare questa cosa da solo. Non c'era bisogno che tu lo sapessi...», tentò, e sembrava crederci davvero.
«Io... Lo sarei venuto a sapere in ogni caso! E cosa pensi di poter fare se domani noi ci scambiam-?»
«Harry, ho un piano», lo fermò Louis, convinto.
«E quale sarebbe scusa? Abbiamo forse trovato una soluzione allo scambio e io me lo sono dimenticato?!», chiese sarcastico.
«Ecco...», iniziò Louis, improvvisamente interessato alle pieghe del terreno. «Io non ho intenzione di risolvere niente... Voglio solo prevenire», spiegò.
«Tu...», soffiò Harry.
«Pensavo di passare la notte in bianco», ammise Louis.
A quel punto tante cose si fecero chiare nella mente di Harry.
«Era per questo... Era per questo che ti sei fissato sulla storia del dormire! Volevi sapere quanto tempo ci vuole perché avvenga lo scambio... Era tutto un piano per-!»
«No!», esclamò faticosamente Louis, «Cioè, in parte sì. Non solo! Fatto sta che così nessuno di noi due domani avrà problemi, è questo che importa».
«Nessuno avrà problemi? Tu sei esausto, pretendi di passare una notte insonne, domani hai una partita da giocare e credi che questo non ti darà alcun problema?!», esclamò Harry, chiedendosi perché l'altro fosse così stupido da ritenere quel piano intelligente.
«Posso dormire un paio d'ore...»
«E pensi sarà sufficiente?!»
«Basterà. Deve bastare».
«Louis, non può funzionare...»
«Harry, non abbiamo alternative! E' un mese che ci penso. Non posso permettermi di rischiare che-»
«Ho capito», disse Harry amaramente.
«No, aspetta, lo sai che non intendevo- Lo faccio per me, è vero, ma ti giuro che ero convinto quando ho detto che non voglio che tu faccia cose contro la tua volontà. Lo faccio anche per te», disse Louis stancamente.
«Certo, lo fai proprio per me...»
«Harry, davvero...»
«Allora resto sveglio insieme a te», affermò il riccio all'improvviso.
«Cosa? No! Non devi!»
«Voglio farlo. E tu hai davvero bisogno di qualcuno che ti tenga sveglio», osservò.
«Non è ver-», ad interromperlo fu uno sbadiglio.
«Louis, ti sveglio io se ti addormenti, sono oggettivamente meno stanco di te», propose. Louis sembrò rifletterci su e poi convenire che in effetti gli serviva un assistente.
«Okay, forse non sarebbe una cattiva idea...», ammise stropicciando gli occhi.
«Sei uno straccio», commentò Harry guardandolo. Aveva le occhiaie, gli occhi arrossati, e il corpo che gridava "Voglio dormire!"
«Tu invece sei bellissimo come sempre», rispose Louis prontamente.
Sorvolando su quell'uscita, Harry chiese: «Sei davvero sicuro di volerlo fare?»
«Si»
«Anche se è una cretinata?»
«Ne ho fatte di peggiori»
«Anche se domani rischi di addormentarti sulla scopa?»
«Confido nel caffè»
«Anche se dovrai subirti la ramanzina di Liam Payne?!»
«Non sarà la prima né l'ultima».
«E non c'è niente che possa farti cambiare idea?», chiese Harry infine, vagamente supplicante.
«Assolutamente no», affermò Louis, con un gran sorriso.
Ad Harry non restò che sospirare, consapevole di dover passare una notte insonne. E la colpa era di Louis Tomlinson, tanto per cambiare.
 
 
 
Era ormai l'8 Novembre, era passata l'una da qualche minuto, Louis era in crisi di astinenza da sonno e ringraziava il cielo perché Harry fosse lì con lui.
Louis ed Harry si erano rintanati nella Stanza delle Necessità intorno alle nove. Si erano portati dietro qualche litro di caffè, un paio di libri e gli scacchi e avevano desiderato il divano più scomodo che fosse possibile. (Eppure Louis era certo che quel divano si facesse più morbido di minuto in minuto, ma probabilmente era colpa sua...)
All'inizio avevano provato a studiare un po', ma Harry aveva dovuto ritirare il libro a Louis quando si era accorto che lo usava come cuscino. Dopo si erano dati agli scacchi, ma Louis si addormentava tra una mossa e l'altra. A quel punto Harry aveva iniziato a tempestarlo di domande e se Louis fosse stato un po' meno esausto si sarebbe stupito di quanto Harry fosse loquace quella sera. Domanda dopo domanda avevano superato abbondantemente la mezzanotte.
«E Lottie, lei quando compie gli anni?», chiese Harry, con tono tanto convincente da far credere gli interessasse.
«No, Harry, basta, sono stanco, non ce la faccio più!», piagnucolò Louis agitandosi sul suo posto.
«L'hai detto anche cinque minuti fa. E cinque minuti prima. E cinque prima ancora. E-»
«No, no, davvero, non resisto più», affermò Louis, gli occhi tanto stanchi che era impossibile non credergli.
«Mi hai fatto promettere che "qualunque cosa accada non ti permetterò di dormire"», citò.
«Ma è stato due ore fa! Allora non mi rendevo ancora conto di quanto fossi stanco!»
«Mi dispiace, ho giurato!», ribadì Harry.
«Ma hai giurato a me! Io posso sciogliere il giuramento!», obbiettò Louis.
Harry dovette riflettere qualche istante, evidentemente anche lui era un po' assonnato per quei ragionamenti. «No, non posso farlo», concluse.
«Harry...», lamentò Louis, tuffandosi letteralmente addosso al ragazzo.
«Che fai?», domandò il riccio, mentre il più grande gli si accoccolava letteralmente addosso, incastrando la schiena sul suo petto e abbandonando la testa sulla sua clavicola.
«Mi metto comodo», spiegò Louis.
«E pensi che sia una buona idea?», chiese Harry, dubbioso.
«Non lo so, ma se devo stare sveglio voglio almeno stare bene», disse. E lì stava davvero bene.
«Louis...», Harry era vagamente rigido. Louis sorrise divertito.
«E poi addosso a te ho sempre qualcosa che mi tiene sveglio», iniziò Louis, «Basta che mi agito un po'...» ed iniziò ad ondeggiare i fianchi contro il bacino di Harry, «...che il tuo amico ci sveglia tutti!» .
«Louis! Vattene!», gridò Harry. Il Grinfondoro scoppiò a ridere. Sì, gli piaceva rievocare certi momenti.
«Sul serio, staccati subito da me!», ribadì Harry, arrabbiato e imbarazzato. Louis continuò a ridere, anche quando il ragazzo cercò di spingerlo via. A quel punto Louis sporse le braccia indietro, afferrò le mani di Harry e poi le trascinò avanti attorno alla propria vita.
«No, Harry, non cacciarmi», sussurrò, stringendosi ancor di più in quell'abbraccio che lui stesso aveva creato.
«Ti giuro che farò il bravo», aggiunse, strusciando la guancia sulla spalla del riccio.
Louis non poteva vederlo, ma sapeva quanto lo stesse imbarazzando. E la cosa gli metteva addosso una soddisfazione impagabile.
«Ti odio...», soffiò Harry.
«Si, anche io ti voglio bene», ribatté Louis. Se possibile Harry si irrigidì ancor di più.
«Harry, per favore, rilassati! Mi sembra di essere steso su un pezzo di legno!»
«Se non ti sta bene puoi sempre andartene...», soffiò il riccio.
«No, tu sei il mio pezzo di legno preferito, non ti scambierei per nulla al mondo», affermò.
Ed era vero, non avrebbe scambiato quel momento per niente. Non aveva importanza la stanchezza, né la partita, né la maledizione e neanche la sua vita. In quel momento stava semplicemente bene, troppo stanco per pensare, steso fra le braccia di Harry, riscaldato dal tepore della sua pelle.
 
Piano piano anche Harry si era rilassato. Si era messo più comodo, aveva stretto le gambe di Louis tra le proprie, poi il suo respiro si era fatto più lento e infine la sua testa era scivolata a sfiorare quella di Louis.
Forse si era rilassato un po' troppo!
«Harry?», chiamò Louis, una spiacevole sensazione dentro.
Nessuna risposta.
«Harry?!», chiamò ancora, agitandosi appena tra le braccia dell'altro.
Ancora nessuna risposta.
«Harry, non osare dormire! Tu, svegliati ora!», esclamò, picchiettandogli le braccia.
Di nuovo niente.
«Oh cazzo...»
Adesso Louis era proprio fregato.
Era rimasto solo, con tutto il sonno del mondo sulle spalle e l'amico che avrebbe dovuto tenerlo sveglio che dormiva!
E mancavano ancora tre ore prima che suonasse la sveglia che gli dava l'okay per farsi qualche oretta di sonno sicuro.
Tre ore in balia di sé stesso, del sonno e delle braccia di Harry.
Un incubo.
 
 
 
Quando alle quattro e mezza la sveglia iniziò a suonare Louis, contro ogni possibile previsione, era ancora sveglio. Se sveglio poteva essere definito il suo stato...
Aveva ancora gli occhi aperti, questo sì. Ma aveva smesso di pensare almeno da un'ora, ed era meglio così...
Le prime ore le aveva passate a delirare fra sé, preso da un sovraccarico di pensieri fastidiosi che normalmente sopprimeva, ma che in quel silenzio l'avevano sopraffatto. La sua salvezza era arrivata dalla fonte stessa dei suoi problemi: Harry. Harry nei quali respiri Louis aveva trovato una distrazione, fino a cadere in uno stato di trance.
Infine era suonata la sveglia e Louis si stava alzando per spegnerla, pregustando finalmente la sua beneamata dormita.
Mentre si scioglieva dalla stretta di Harry, il ragazzo decise di svegliarsi.
«Louis...», biascicò il riccio con un sussurro assonnato.
«Shh, dormi», lo rassicurò Louis mentre finalmente riusciva ad alzarsi.
«Io... Mi sono addormentato...», disse Harry, colpevole anche nel dormiveglia.
«Non importa, dormi», soffiò il grande, mentre spegneva la sveglia infernale e la impostava di nuovo.
«Vieni anche tu?», chiese Harry, sbattendo appena le palpebre.
Louis gli sorrise e: «Certo», rispose, andandogli incontro.
Forse Harry era ancora addormentato, perché sicuramente da sveglio non avrebbe mai allargato le braccia in un tacito invito e non avrebbe stretto Louis in un abbraccio soffocante e non avrebbe appoggiato la testa sulla sua spalla.
Ma dormiva, quindi lo fece.
Louis si addormentò all'istante e c'erano solo lui, Harry e un domani troppo vicino.
 
 
 
Quando la mattina dell'8 Novembre Harry si svegliò c'era una sveglia che suonava da troppo tempo e Louis che gli dormiva accanto senza alcuna intenzione di aprire gli occhi.
Erano abbracciati, chissà quando era successo, ma ormai Harry non se ne stupiva più. Però non si sarebbe abituato mai, quello no.
Louis, il visto distante appena dieci centimetri da quello di Harry (ma finché dormiva non era troppo imbarazzante), aveva un espressione stanchissima. Le occhiaie erano violacee e marcate, le labbra spalancate in un respirare profondo e affannato, i capelli in condizioni disastrose e c'era un po' di bava rappresa sul suo mento.
Harry sapeva che il suo compito era svegliarlo (almeno quello doveva farlo, dal momento che non era stato capace di restare sveglio), perché ormai...
«Oddio, Louis sono le otto!», gridò.
L'interpellato si agitò un po' tra le braccia di Harry, affatto intenzionato a svegliarsi.
«Louis! Davvero, è tardi!», ripeté Harry. La partita iniziava alle nove e mezza...
Harry iniziò a scuoterlo per le braccia allontanandolo appena e ripetendo il suo nome.
«Louis, dai!»
«Louis, forza, ti devi svegliare!»
«Louis!»
«No...», borbotto quello finalmente, «Lasciami dormire...», piagnucolò. Si avvicinò di nuovo ad Harry affondando la testa nel suo collo e aggrappandosi alle sue spalle.
Harry dovette prendere un respiro profondo, prima di parlare.
«Louis... è tardi...», tentò, «devi essere in campo tra un ora e mezzo», disse.
Louis non sembrò recepire il messaggio, perché si immobilizzò del tutto ed Harry temette che si fosse addormentato di nuovo.
Poi all'improvviso: «Oh mio Dio! E' tardissimo! Devo prepararmi! Harry, perché non mi hai chiamato prima?! O Dio, Liam mi uccide! Ho bisogno di un caffè! Che sonno... Harry, alzati! Io vado! Ci vediamo dopo! Cia-», e Louis era già sparito oltre la porta.
Harry rimase qualche istante a fissare la porta ancora aperta, poi ricadde a peso morto sul divano.
Louis Tomlinson era... ti lasciava senza parole! Un secondo prima gli dormiva accanto, quello dopo schizzava via. Ma il suo odore era ancora lì...
 
 
 
Harry era negli spalti di Serpeverde, Zayn seduto accanto, la partita era ancora in corso e dire che fosse preoccupato era poco.
Louis stava giocando bene, benissimo, Harry ovviamente non ci capiva niente di Quidditch, era Michael che l'aveva detto. Il problema era che quella partita stava durando un po' troppo. E lo capiva anche Harry. Ormai era mezzogiorno, la partita andava avanti da tre ore, ed Harry aveva degli istinti omicidi nei confronti dei Cercatori...
«... se non si danno una mossa a prendere quei dannati boccini io li-»
«Cosa borbotti Harry?», chiese Zayn, interrompendo la sua imprecazione.
«Mmmh, niente...», sussurrò, stringendo più forte la ringhiera a cui era appoggiato.
«Non ti facevo uno che si fa prendere tanto dalla partita», esclamò Thomas.
«Penso non sia questo il punto...», disse Zayn con un sorrisetto.
Il punto era che Louis era esausto e si vedeva. Harry lo vedeva. Lo vedeva mentre ogni sua mossa si faceva più lenta, ogni scatto più faticoso, ogni lancio più debole e- Quella partita doveva finire!
Fino a quando la pluffa poteva continuale a entrare nell'anello?
E da quando Harry conosceva la maledetta terminologia del Quidditch?!
«Aspettate! Il cercatore di Grifonforo ha visto qualcosa!», annunciò la voce del cronista dall'altoparlante.
Harry si sporse ancora di più verso e il campo e forse...
«Sì! Ci siamo! E' partita la corsa per il boccino!», gridò il cronista.
«Il cercatore di Tassorosso va all'inseguimento di Grifondoro! Ma Cercatore di Grinfonoro è in vantaggio! Si sta sporgendo! C'è quasi! Grifondoro... Grifondoro prende il boccino e si aggiudica la vittoria! Grifondoro vince!»
 
E fu in quel momento, mentre le tribune esplodevano esultanti, mentre tutti i giocatori finalmente si fermavano, alcuni felici, altri non troppo, fu in quel momento che Louis iniziò a cadere.
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Allora Harry urla, chiama il suo nome «Louis, Louis, Louis!», ma il ragazzo continua a dormire, mentre va alla morte, e le parole di Harry vengono assorbite dalla stessa morte che sta portando via Louis."
 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Eccomi puntualissima con capitolo così così ed un finale che non saprei come definire. Voi che dite, vi ho allarmate un po'? In proposito non mi dilungo, vi lascio soffrire fino al prossimo capitolo.. (amatemi).
 
Ovviamente nemmeno questo capitolo mi convince particolarmente (yeah!), ma dato che non ho saputo combinare di meglio, accontentatevi di questo e spero sinceramente che vi piaccia. E se avete l'impressione che Harry e Louis non fanno altro che dormire ultimamente, be', è vero! (Questo è il mio spirito che influenza la storia, lo ammetto). Non ci sono troppe riflessioni, ma Louis ha avuto alcune ore per riflettere (e lo ha fatto più di quanto avrebbe voluto), io non vi ho detto cosa ha pensato, ma il materiale sufficiente per capirlo c'è ;)
 
Poiché non mi viene nient'altro direi che ho finito, ma se avete qualche domanda sono sempre lieta di rispondere! A questo punto posso anche tornare a compiangere me stessa e la mia vecchiaia imminente (presto sarò "un'adulta" e non sapete quanto la cosa mi deprima! Sul serio, non so se sono normale!) e magari provo a scrivere un po'. Voi... leggete e fatemi sapere :)
 
Non posso non fermarmi a ringraziare infinitamente tutte le persone che mettono la storia tra le preferite/seguite/ricordate, le persone che leggono e basta e come sempre un grazie particolare va a chi recensisce, mi fate un piacere immenso, non smetterò mai di dirvelo! Grazie!!
 
Spero che la storia non vi stia deludendo!
Un abbraccio grande grande a tutti e alla prossima settimana! :)
Cost.






 

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Capitolo 19
*** Morire lentamente insieme a te ***


 

 
 


..In your skin..
 




 
 
 
Morire lentamente insieme a te (o ecco un nuovo incubo da aggiungere alla lista)
 
Harry lo aveva capito prima di tutti gli altri. Se l'era sentito dentro.
Il cronista urlava e l'intero stadio aveva gli occhi fissi sui cercatori, ma Harry vedeva solo Louis. Louis aggrappato alla scopa, col respiro ansate e la disperata speranza negli occhi che quella fosse veramente la fine, perché non avrebbe resistito oltre.
E quando l'arbitro fischiò la conclusione della partita, Louis sorrise debolmente e i suoi occhi cercarono proprio quelli di Harry e gli mandarono un muto grido di allarme, ma fu solo un attimo, poi si chiusero. L'istante successivo Louis stava cadendo nel vuoto, almeno trenta metri a separarlo da terra e solo Harry ad accorgersene.
Harry smise di respirare, la paura di quello che stava per succedere gli strappava l'aria, e avrebbe potuto farsi prendere dal panico, oppure...
Accadde tutto velocemente, perché non c'era tempo da perdere, ogni decimo di secondo era un centimetro più vicino al suolo per Louis.
Harry affondò la mano nella tasca e afferrò la bacchetta.
La bacchetta che non toccava mai, che faceva paura, che lo faceva sentire un incapace. La bacchetta che non lasciava uscire magia, ma solo parole parole parole, "Stupido magonò", urlava al mondo.
Harry afferrò la bacchetta, la estrasse e la puntò sulla figura di Louis. Louis che veniva inghiottito del cielo e nessuno lo vedeva. Louis cadeva e il mondo continuava ad esultare.
Harry strinse la bacchetta.
La bacchetta che era l'unica speranza di Louis, l'unica speranza di Harry. La bacchetta che per una volta doveva adempiere al suo scopo. Perché Harry doveva salvare Louis.
Harry non pensò, o forse sì, e non parlò nemmeno, o forse parlò, ma in seguito non fu in grado di ricordare cosa disse. Ricordò solo che tutto il suo essere era proiettato dentro la bacchetta, insieme alla sua speranza, al suo unico desiderio. E i suoi occhi vedevano solo Louis.
"Louis, Louis, Louis", ecco che cosa aveva pensato, ecco che cosa Zayn gli aveva sentito gridare. Infine anche lo stadio aveva sentito quel grido, quando ormai era già troppo tardi, quando Louis avrebbe già dovuto essere salvato.
Ma nessuno l'aveva salvato.
Nessuno, tranne Harry.
Il corpo di Louis non si era schiantato nella terra, non giaceva scomposto nella polvere, privo di vita. Un incantesimo aveva arrestato la sua caduta a pochi passi dal suolo e poi l'aveva appoggiato delicatamente. Il corpo di Louis riposava sulla terra, pacato come un bambino addormentato. Era vivo.
Dopo Harry non sentì più niente per parecchi minuti, mentre una barella portava via Louis Tomlinson e il mondo ricominciava a vivere. Harry continuò a morire, moriva al posto di Louis, moriva sulla terra fredda.
Fu solo quando Zayn cominciò a scuoterlo che acquistò coscienza.
«Harry, Harry è tutto finito, Louis sta bene, l'hai salvato, l'hai salvato tu», stava dicendo Zayn.
«L'ho salvato... L'ho salvato io...», ripeté Harry.
«Si, sei stato tu...»
«E sta bene...»
«Non si è fatto un graffio»
«E sono stato io...», ripeté ancora Harry.
Dopo di che scoppiò a piangere. E pianse come non faceva da anni, come solo Louis lo faceva piangere. Pianse disperatamente, ma questa volta era felice.
E non se ne vergognò, perché le braccia di Zayn lo nascosero dal mondo e la sua sciarpa asciugò le sue lacrime e in fondo, tutti piangono. Anche Harry Styles.
E Louis stava bene.
 
 
 
Era ora di cena e Zayn non faceva che lanciare occhiatine ad Harry. Aspettava il momento in cui avrebbe chiesto di andare in Infermeria, ma Harry non aveva ancora alzato lo sguardo dal suo piatto, come se delle patate arrosto celassero dei segreti tanto interessanti...
 
Quando dopo la partita erano usciti dallo stadio ormai deserto erano andati direttamente in Infermeria. O meglio, Zayn aveva trascinato Harry in Infermeria ed Harry si era lasciato trascinare docilmente, perché era ancora confuso e perché, sì, voleva vedere Louis.
Tuttavia, una volta entrati nella stanza avevano realizzato di non essere stati gli unici ad avere quella idea e si erano ritrovati circondati da tante persone. Troppe persone. Troppi amici di Louis che loro nemmeno conoscevano. Allora Harry aveva deciso di andarsene e Zayn era stato più che d'accordo. Sarebbero usciti senza che nessuno si fosse accordo che fossero entrati, se non fosse che Niall Horan aveva notato la loro presenza...
 
«Zayn!», aveva gridato il biondo. Chi non c'era in quella stanza?
«Ehi», aveva risposto il moro frettolosamente, sempre intenzionato ad andarsene al più presto. Harry al suo fianco smaniava per uscire.
Il biondo non sembrò recepire il messaggio e gli venne incontro. Poi si accorse di Harry.
«Harry! Ci sei anc- Dicono che sei stato tu, che tu hai salvato Louis! E' vero?», chiese il biondo improvvisamente, l'espressione illuminata di gioa.
Harry spalancò gli occhi sorpreso.
«Si, si, l'ho visto io!», esclamò la voce di qualcuno che Harry sicuramente non conosceva, «Hai avuto dei riflessi strepitosi!»
«Altroché!», intervenne qualcun altro, «Non so davvero come tu abbia fatto! Non l'abbiamo proprio visto! Fino ad un secondo prima era sulla scopa, quello dopo era per terra!»
«Che incantesimo hai usato?»
«Era un incantesimo non verbale? Sai già farli?»
La gente continuava a radunarsi intorno ad Harry e lui non faceva che stringersi in se stesso, un braccio aggrappato alla giacca di Zayn, l'espressione di una bestia in trappola in faccia.
E intanto... «Oh, se non ci fossi stato tu adesso Louis adesso sarebbe-!»
E ancora... «L'ho visto spacciato per un attimo e poi-» oppure «Ero completamente paralizzato dalla paura, non so come tu ci sia rius-»
«Fermi tutti! Lasciatelo respirare!», esclamò improvvisamente una vocetta femminile. Se possibile Harry divenne ancora più rigido.
Una ragazza, la proprietaria della voce, si fece largo fra la folla e si posizionò esattamente di fronte ad Harry. Era bassa, aveva i capelli in disordine, il trucco sulle guance, gli occhi rossi di pianto come quelli di Harry, ma un gran sorriso sulle labbra.
«E così tu sei Harry. Il famoso Harry...», sussurrò la ragazza, «Io sono Eleanor, la ragazza di Louis», si presentò, «E non ho davvero parole per ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto», disse commossa, poi si sporse verso il riccio e lo abbracciò.
Harry era troppo traumatizzato per allontanarla. O per fare qualsiasi altra cosa.
Infine la ragazza di staccò, lasciò un bacio veloce sulla guancia di Harry e tornò da dove era venuta, ossia un qualche punto in quella stanza troppo piena in cui si trovava il letto di Louis.
Harry, prima che tornassero a rivolgergli la parola, (perché l'avrebbero fatto), si voltò verso Zayn e sibilò: «Andiamocene».
Era stata l'ultima parola che aveva pronunciato quel giorno.
 
 
Indubbiamente Harry era rimasto shoccato da tutti gli avvenimenti della giornata, ma Zayn era certo che il ragazzo volesse ancora andare a trovare Tomlinson. Solo non voleva ammetterlo...
«Senti Harry», Zayn aveva deciso di intervenire.
Il riccio alzò minimamente la testa nella sua direzione, segno che lo stava ascoltando.
«Adesso andiamo in Infermeria», affermò il grande. Attraverso i ricci, Zayn fu quasi sicuro di scorgere un occhiataccia contraria.
«Guardati intorno, la scuola è tutta qui che mangia, se andiamo ora non ci sarà nessuno. Restiamo solo due minuti», disse. Ci fu un movimento indefinito sulla testa di Harry e Zayn seppe che lo aveva convinto ancor prima che il movimento indefinito si tramutasse in un vero e proprio annuire.
Era stato un po' troppo facile perché Harry non avesse già preso la sua decisione da un po'. Aspettava solo una spintarella.
 
L'Infermeria era effettivamente deserta, con l'unica eccezione del fedele Liam Payne che non aveva abbandonato la postazione accanto al letto di Louis nemmeno un istante.
Quando il castano li vide entrare gli concesse solo un sorrisetto cortese e stropicciato, ma quando li riconobbe si trasformò in un grande sorriso a trentadue denti.
«Harry!», esclamò Liam, «Sei venuto!», osservò radiante.
«Si e ci sono anche io!», uscì Zayn sarcastico. Che poi stesse solo cercando di sviare l'attenzione da Harry... dettagli.
«Certo Malik, certo», concesse Liam, ma l'istante dopo era tornato a concentrarsi su Harry.
«Io non saprò mai come ringraziarti abbastanza», iniziò a dire, «Ti giuro, quando ho visto che Louis stava... Mi sono sentito morire. E non c'era più tempo e avrei dovuto accorgermene prima, oh se me ne fossi accorto prima, invece...», gli mancarono le parole. Qualcuno in quella stanza aveva degli evidenti sensi di colpa.
«Invece ci ha pensato Harry e Tomlinson è sano e salvo», concluse Malik, «A proposito, cosa gli è successo?», chiese.
Liam si rabbuiò un po': «Non si sa esattamente... E' svenuto per la stanchezza, l'infermiera ha parlato di affaticamento da sport e carenza di sonno. E temo che sia colpa mia, in questi giorni li ho fatti allenare così tanto, anche fino a tarda notte, ma non credevo che...»
Payne era troppo preso dai suoi rimorsi per accorgersi degli occhi di Harry che si facevano sempre più bassi e consapevoli. Ma a Zayn non erano sfuggiti.
«... E poi ieri sera è sparito!», stava continuando Liam, «Dopo gli allenamenti non è più tornato in dormitorio e non l'ho visto fino alla mattina ed allora era ancora più esausto di quando l'avevo lasciato!»
«E' sparito?», domandò Zayn seriamente interessato. Anche qualcun altro era scomparso la sera precedente...
«Già, dopo gli allenamenti Louis si è preparato in fretta perché doveva parlare con-», Payne si bloccò e il suo sguardo si fissò su Harry.
«Con?», insisté Zayn.
«Con Harry... Se ne è andato via con Harry! Tu lo sai! Sai dov'è stato?! Sai perché era messo così?!», iniziò a chiedere insistentemente.
Zayn si sarebbe aspettato tutte le reazioni da parte di Harry, ma si sorprese comunque quando alzò lo sguardo con sicurezza e disse fermamente: «Io non ne so niente».
Fino a qualche istante prima il riccio era perso nelle sue colpe dipinte sul pavimento e ora guardava Liam Payne negli occhi con espressione indecifrabile e imperturbabile.
"Cosa non farebbe per Louis Tomlinson..."
«E' impossibile, se ne è andato via con te, tu dev-»
«Io non so niente», ripeté Harry. Che mentisse era palese, ma il suo tono non ammetteva repliche.
«Ma-!»
«Davvero, non posso aiutarti» e non aveva intenzione di aggiungere altro.
«Ahh, basta! Mi sono stancato di tutti i vostri maledetti segreti! Sparite per giorni interi senza dire niente a nessuno e adesso addirittura Louis-», Payne si fermò da solo. Sapeva di essere troppo stanco per parlare in modo ragionevole.
«Harry, quello che voglio dire, non ce l'ho con te o con Louis, è solo che...», sussurrò prendendo la testa fra le mani.
«Lo so», intervenne Harry, «E mi dispiace, ma non-»
«Non potete dirmi niente, mi è già stato riferito», disse Payne amaramente, «Solo, non posso accettare che Louis si riduca in queste condizioni. In parte è colpa mia, ne sono consapevole, ma penso che anche voi dovreste prendervi le vostre responsabilità», concluse.
«Capisco...», sussurrò Harry. A quel punto, abbassò gli occhi.
«Penso che dovresti parlarne con il tuo amico Tomlinson quando si sveglia», intervenne Zayn, che nel frattempo aveva assistito a tutta la scena con attenzione.
«Lo farò», affermò Liam
«Harry, vuoi andare?», chiese il moro, che già conosceva la risposta.
Il riccio annuì, ma prima di andarsene si concesse finalmente una lunga occhiata a Louis Tomlinson che dormiva. Il ragazzo steso nel letto aveva un'espressione assolutamente rilassata e beata che dovette confortare molto Harry. O almeno, Zayn interpretò così il lieve sorriso che gli si arricciò sugli angoli della bocca. Zayn vide le gambe di Harry fremere e le mani tendersi leggermente in avanti con le dita tremolanti verso Louis, come se il suo intero corpo ambisse ad avvicinarsi a quello dell'altro. Ma Harry non si mosse, non fece il passo che le sue gambe volevano fare. Rimase immobile a fissarlo fino a quando non voltò le spalle al letto e uscì senza girarsi.
Zayn lo seguì velocemente e dentro non poteva fare a meno di chiedersi quali fossero i pensieri di Harry...
 
 
 
 
Louis sta cadendo, ancora cadendo, precipita da ore ed Harry resta fermo. Harry guarda Louis che sprofonda nell'oscurità, ma non può farci niente.
Allora Harry urla, chiama il suo nome «Louis, Louis, Louis!», ma il ragazzo continua a dormire, mentre va alla morte, e le parole di Harry vengono assorbite dalla stessa morte che sta portando via Louis.
La bacchetta è nella tasca, ma è tutto inutile, non serve a niente quella bacchetta, Harry lo sa. Nessuno salverà Louis. Harry non salverà Louis.
Il tempo scorre troppo lentamente e ad ogni minuto che passa cresce la consapevolezza di quello che sta per accadere. Louis sta per morire ed Harry non vuole, perché non è giusto, perché è l'unica persona al mondo a cui un po' tiene, perché gli vuole bene, a modo suo, perché Louis è suo amico, il suo primo amico da sempre e non può morire perché «No no no!», non è giusto! Ma l'oscurità si fa sempre più vicina, il corpo di Louis sempre più piccolo immerso nel buio ed Harry inizia a piangere di nuovo e grida ancora il suo nome, ma non si muove, resta fermo, è troppo debole.
Louis scompare.
 
«No!», il grido di Harry rimbombò nel dormitorio.
«Styles! Se urli un'altra volta ti caccio fuori dalla stanza!», sbraitò la voce di un suo compagno di dormitorio.
Harry aprì gli occhi. Era seduto sul suo letto, nella sua stanza, madido di sudore. Era la terza volta nella stessa notte che si svegliava in preda agli incubi. All'incubo.
«Scusate...», sussurrò, ma nessuno lo sentì.
Harry si accasciò di nuovo sul materasso, esausto.
Era stata una giornata orrenda e la notte era anche peggio. Le notti sono sempre peggio...
Non voleva più chiudere gli occhi, non avrebbe resistito un'altra volta. Doveva alzasi, fare quattro passi, prendere un po' d'aria. Quei sotterranei erano così soffocanti.
Il ragazzo si alzò, infilò un paio di ciabatte e scivolò fuori dalla stanza. Nessuno fece caso a lui. Meglio così.
Iniziò a camminare senza una meta, lo guidarono i piedi, la mente cercava solo di non ricordare e non pensare.
E davvero, non aveva intenzione di andare in Infermeria, solo ci si ritrovò davanti, ad un certo punto. Ormai era lì, quindi si disse "Posso anche entrare velocemente, non se ne accorgerà nessuno, voglio solo..." controllare che Louis sia vivo, che il sogno sia solo un sogno.
Harry aprì la porta ed entrò nella stanza in punta di piedi. L'ambiente era illuminato soltanto dalla luce della luna, per questo non fece caso al carrello dei medicinali e ci andò fragorosamente addosso.
«Cazzo...», sussurrò.
«Chi è?!», esclamò una voce ed Harry l'avrebbe riconosciuta tra mille. Peccato che non doveva farsi scoprire.
 
 
 
 
 

 
Anticipazioni:
 
"«E allora perché sei qui?»
«Io... Non lo so, non riuscivo a dormire...»
«Sei fortunato, anche io non riesco a dormire»
"



"Harry aveva una strana espressione nello sguardo, qualcosa di indecifrabile, un misto di coraggio, paura e... follia. Qualcosa che fece tremare il corpo di Louis"
 
 
 


 
Angolo dell'autrice:
 
Sono in ritardo, scusate, è colpa della mia vita. Ma ci sono! Passiamo subito al capitolo!
La prima parte: E' confusa, disordinata, lenta e veloce. L'ho scritta in un raptus artistico di dieci minuti, durante il quale capivo poco niente, vedevo annebbiato ed ero completamente coinvolta nell'immedesimazione. Dunque, io ero Harry, il computer era Louis, le mie dita la bacchetta e il mio compito era scrivere questo pezzo prima che sfuggisse l'ispirazione. No, seriamente, ero molto coinvolta, spero si senta e sopratutto che si senta l'agitazione e lo stato emotivo di Harry. Se non fosse, lasciatemi dire che è una gran fregatura, perché io lo sentivo fin troppo (stavo male!).
 
Per quanto riguarda tutto il resto sono scene principalmente di passaggio, viste per lo più dal punto di vista di uno Zayn alquanto preoccupato e protettivo (non è carino?!), è una sorta di grande introduzione al capitolo successivo. Come avrete intuito, Harry è stato palesemente beccato mentre faceva una romantica visitina notturna a Louis e chissà cosa succederà... Preparatevi a qualcosa di strano e inesorabilmente fluff (tanto per cambiare!).
 
Il capitolo è un po' più breve rispetto al solito, pardon. In cambio mi impegno ad aggiornare entro una settimana :)
 
Spero che vi sia piaciuto, è quello che è (citazioni indirette).
 
Ringrazio infinitamente tutti quelli per cui questa storia è importante e grazie sopratutto a chi lo dimostra, in qualunque modo. Mi fa davvero felice e non smetterò mai di ripeterlo.
 
Salutonissimi,
Cost.
 
( P.s.: Ho l'account Twitter da un mese, è ora di dare un senso alla sua esistenza, se vi va mi trovate qui: Twitter )


 

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Capitolo 20
*** Il potere della paura ***


 

 
 
 
..In your skin..
 
 
 



 
 
Dedico questo capitolo _Fux_,
perché è l'unico regalo
che posso farle ;)
 
 


 
Il potere della paura (o sono felice che tua stia bene)
 
Quando Louis si svegliò era già calata la notte da un po' e quando aprì gli occhi e si ritrovò in una stanza che non era la sua, per un attimo ebbe paura. Poi fece mente locale e realizzò di essere in Infermeria e di non aver la minima idea di come ci fosse arrivato. I suoi ultimi ricordi erano quelli della partita di domenica... Chissà se era ancora domenica...
Ricordava ogni punto che aveva segnato, la stanchezza che aumentava ad ogni minuto, gli occhi pesanti, poi la vittoria e infine... Niente. No, anzi, Harry. Prima del niente c'era Harry che lo guardava con gli occhi colmi di paura. Perché Harry aveva paura?
«C'è nessuno?», provò a chiamare. Sperava di cuore che qualcuno rispondesse, aveva bisogno di spiegazioni. Fortunatamente la luce si accese ed apparve l'infermiera.
«Tomlinson, già sveglio?», chiese la donna entrando nella stanza.
«Che cosa è successo?», Louis andò dritto al punto.
«Con calma ragazzo, prima dimmi come ti senti», fece l'infermiera venendogli incontro.
«Stanco e riposato allo stesso tempo», ammise. La donna sorrise.
«Direi che non c'è male».
«Adesso mi spiega perché sono qui?», ripeté Louis.
«Sei svenuto dopo la fine della partita, le ragioni penso che tu le conosca meglio di me», disse guardandolo con disapprovazione. Louis abbassò lo sguardo vagamente imbarazzato. Poi però gli sorse un spontanea un'altra domanda.
«Ma se sono svenuto... Come ho fatto a-? Insomma, sono vivo! E nei miei ultimi ricordi non mi trovavo ad un'altezza ideale per farsi un volo di sotto...», osservò.
«Per questo devi ringraziare il tuo amico», disse l'infermiera.
«Il mio-? Liam?!»
«No, no, il Serpeverde», spiegò pazientemente la donna.
«Il-?», Louis strabuzzò gli occhi, «Harry?!»
«Harry Styles», confermò.
«E come-?»
«Le ricordo che hanno inventato gli incantesimi di levitazione parecchi secoli fa», disse la donna sarcastica, ma gentile.
«Quindi...», sussurrò,"Harry mi ha salvato... Harry...", farneticò tra sé. Ma Harry era un... No, Harry non era un bel niente, se non un mago, e la prova era Louis vivo e vegeto su quel letto.
«Il signor Styles ha avuto dei riflessi eccellenti, a differenza di certi insegnanti di mia conoscenza... Ed ha eseguito un incantesimo impeccabile. E' fortunato ad avere un amico così», disse l'infermiera.
«Già...»
«Sarebbe carino se glielo facesse presente...», fece la donna.
«Che cosa?», Louis aveva come l'impressione che la donna avesse qualche fine.
«Che è un buon amico... e un buon mago. Ho come l'impressione che Harry non creda nelle sue potenzialità, ma forse se glielo dicesse lei potrebbe anche convincersi»
«Perché proprio io?», domandò Louis perplesso.
«L'ultima volta che siete stati qui mi è parso di capire che siate in buoni rapporti e qualcosa mi dice che le darebbe ascolto. Ne avrebbe davvero bisogno», spiegò.
Se Louis non avesse spiato una certa conversazione non avrebbe capito il reale senso di quel suggerimento. Ma all'improvviso Louis ricordò che qualche settimana prima l'infermiera aveva detto ad Harry di continuare le sue cure al San Mungo, ed ora Louis poteva intuire che genere di cure fossero, ed intuì che la donna sperava che se Louis avesse parlato ad Harry, quest'ultimo forse si sarebbe presentato in ospedale.
«Penso che... In realtà era mia intenzione parlargli in ogni caso, glielo devo come minimo», disse il ragazzo, sorridendo. Avrebbe fatto tutto il possibile perché Harry stesse bene ed ora, davvero, glielo doveva ancor più di prima.
«Sono d'accordo», disse l'infermiera, soddisfatta, «Ora, signor Tomlinson, se non le dispiace vorrei dormire anche io, posso lasciarla qui, vero?»
«Certo, nessun problema», la rassicurò.
«Per qualunque cosa, suoni il campanello»
«Va bene».
«Allora buona notte Signor Tomlinson», disse la donna.
«Buona notte», rispose.
Poi rimase solo, incapace di prender sonno dopo una giornata trascorsa a dormire. Louis passò quasi due ore pensando al modo per convincere Harry ad andare alla visita, senza fargli sapere che lui effettivamente sapeva, ma non arrivò a grandi risultati.
 
Era in procinto di rimettersi a dormire quando un fragoroso rumore metallico risuonò nella stanza, seguito da un'imprecazione.
«Chi è?!», esclamò Louis.
Nessuna risposta.
«Chi è?!», insisté, un po' agitato.
«Ehm... Ecco...», quella voce era inconfondibile.
Louis tirò un sospirò di sollievo prima di esclamare: «Harry!»
«In persona...», sussurrò il ragazzo, non aveva un tono esattamente entusiasta, ma si avvicinò al letto e Louis finalmente poté vederlo.
«Ciao», disse.
«Ciao... Sei sveglio...», soffiò Harry, lanciandogli solo una fugace occhiatina prima di tornare a fissare il pavimento.
«Ti dispiace?»
«No! No... E' solo che non me l'aspettavo...», spiegò. Malgrado la semioscurità Louis si accorse che Harry era in uno stato alquanto... Infelice. Non disse nulla in proposito.
«E allora perché sei qui?», non era esattamente orario di visite.
«Io... Non lo so, non riuscivo a dormire...», ammise Harry, imbarazzato.
Louis sorrise e poi sistemò la schiena contro la testata, per vederlo meglio.
«Sei fortunato, anche io non riesco a dormire», disse.
«Se ti disturbo me ne posso and-», tentò Harry.
«Va bene così», lo interruppe, «sono felice di vederti, resta», affermò, ma per sicurezza gli afferrò un polso, giusto un attimo prima che tentasse di allontanarsi.
«Puoi restare», ripeté Louis e questa volta era un ordine.
«Okay...», sussurrò allora Harry, lasciandosi trascinare dalla mano di Louis e sedendosi sulla sponda del letto.
Per qualche secondo nessuno parlò.
«Lo sai cosa ti è successo?», domandò Harry.
«Si, prima l'infermiera me l'ha raccontato a grandi linee», spiegò.
«Mmm, bene...»
«Mi ha detto che devo la vita ad un ragazzo dai riflessi eccezionali», fece Louis.
Harry si voltò appena dall'altra parte, quel tanto che bastava perché Louis non lo vedesse direttamente in faccia.
«A me non pareva avesse chissà quali riflessi...», disse poi Harry con tono piatto.
«Mi ha anche detto che ha eseguito un incantesimo perfetto», insisté Louis.
«Io ho avuto l'impressione che non sapesse cosa stesse facendo...»
«Però mi ha salvato la vita», obbiettò Louis.
«L'avrebbe fatto qualcun altro se non ci fosse stato lui...», protestò Harry, il tono sempre più nervoso.
«Ma l'ha fatto lui, non qualcun altro», osservò Louis stringendo involontariamente il posto di Harry, che ancora non aveva lasciato.
Quando Louis capì che Harry non avrebbe ribattuto, riprese la parola.
«Pensi che... Pensi che dovrei ringraziarlo?», domandò.
«Penso che non se lo merita...»
«Harry, se sono vivo è solo grazie a te, certo che te lo meriti!», sbottò Louis, improvvisamente stanco di quel gioco.
Harry continuava a dargli le spalle. Louis ebbe l'impressione che la sua schiena avesse tremato un poco.
«Io... Non sapevo davvero cosa stavo facendo. Sarebbe potuta andare molto peggio, è stato solo un caso che...», tentò il riccio.
«E' per caso se sono vivo?! O è per merito tuo?!», esclamò Louis preso da una strana rabbia. Perché Harry doveva essere così-?!
«Louis, davvero, non ho fatto niente... Avevo solo paura, una paura immensa... Avevo solo paura che tu...», sussurrò, ma gli morì la voce in bocca.
La rabbia di Louis scomparve.
Staccò il busto dalla testiera e si sporse fino ad appoggiare il petto alla schiena di Harry, poi lo abbracciò stretto. Quale amico non l'avrebbe fatto?
«Non ha importanza adesso. Sto bene ed è merito tuo. La paura è solo un passaggio e forse se sono vivo è proprio grazie alla tua paura», disse, mentre Harry restava immobile tra le sue braccia, animato solo da rari singhiozzi.
«E' stato orrendo...», confessò Harry dopo alcuni minuti.
«Mi dispiace...»
«Non farlo mai più, non facciamo mai più una cosa tanto stupida!»
«Non è stata colpa tua Harry», affermò Louis, irremovibile.
«Te l'ho lasciato fare...»
«L'avrei fatto comunque...», disse il grande, sorridendo contro una spalla di Harry.
«Giurami, giurami che la prossima volta tu non-», iniziò Harry agitandosi appena nel abbraccio di Louis.
«La prossima volta ci penseremo», concesse Louis, pur sapendo che quella non era la risposta che Harry voleva sentire.
Il riccio sospirò rassegnato, troppo stanco per andare avanti, ma intenzionato a riparlarne in futuro.
«Sei stanco?», chiese Louis.
«Si»
«Vuoi dormire?»
«Qui?», domandò Harry.
«Non se ne accorgerà nessuno».
«Non lo so...», disse Harry con voce tentennante.
«Ti da fastidio dormire con me?», chiese Louis.
Harry scoppiò in una leggera risata, sorprendendo appena Louis.
«Cosa c'è?», chiese infatti.
«Niente, avresti dovuto chiederlo tempo fa se mi da fastidio dormire con te. Ormai...»
Louis ricambio la risata. Poi: «Allora qual'è il problema?», chiese.
Il riccio sospirò di nuovo: «Dormire... Prima non è andata bene... Incubi...», spiegò vagamente.
Louis annuì sulla sua schiena: «Adesso però ci sono io», disse, pur non sapendo cosa ciò significasse.
«Già...»
«Ti sdrai?», domandò Louis, ma prima che l'altro rispondesse, fece pressione con le mani sul suo addome e poi lo trascinò giù con sé, sdraiato sul letto, incastrato contro il suo petto.
«Come se avessi avuto alternative», disse Harry a quel punto. Louis rise appena.
«Non è colpa mia se sei lento a rispondere», obbiettò Louis, pizzicandogli un fianco.
«Non è colpa mia se la tua pazienza dura appena mezzo secondo», ribatté Harry, allontanando la mano colpevole.
«Io ho tutta la pazienza del mondo! A volte...»
«"A volte" solo quando ti pare», protestò Harry.
«Ma certo!», trillò Louis.
«Sei un bastardo».
«Il tuo bastardo preferito», rispose Louis prontamente.
Harry tacque e Louis sorrise sotto i baffi, certo di averlo imbarazzato per l'ennesima volta. Avrebbe tanto voluto vedere la sua espressione, ma tutto ciò che gli era concesso era la vista del lembo di pelle tra il colletto della sua maglia e l'attaccatura dei capelli.
Improvvisamente quel piccolo lembo di pelle si fece stranamente interessante, sembrava quasi che lo chiamasse. Louis realizzò quanto vi si fosse avvicinato solo quando il suo naso stava già sfiorando la nuca di Harry, e ormai era lì...
«Lou, che fai?», esclamò Harry, riscuotendolo.
«Hai un buon odore qui...», spiegò il grande, senza però spostarsi, ma continuando a studiare la sua pelle con la punta del naso.
«Mi fai il solletico...», protestò Harry.
«Scusa», concesse Louis. Fece per allontanarsi e le sue labbra sfiorarono il collo di Harry, solo per un attimo, sicuramente per errore. Louis ignorò la voce nella sua testa.
«Proviamo a dormire?», propose Louis dopo qualche minuto.
«Mmm...», borbottò Harry mestamente.
«Va tutto bene?», domandò Louis.
«Certo...», mentì Harry.
«Sono così terribili?» "Gli incubi..."
Harry sospirò, «Non sono... piacevoli...», ammise.
«Vuoi parlarmene?»
«No!», esclamò, agitandosi appena tra le braccia di Louis.
«Era un idea, magari ti aiuta...», tentò.
«Davvero, non voglio parlarne», disse Harry, duramente.
«Come vuoi tu...»
Dopo cadde il silenzio e Louis credette che Harry fosse intenzionato a dormire, o almeno a non rivolgergli ulteriormente la parola.
Poi Harry si girò di punto in bianco, posizionandosi esattamente di fronte a Louis, occhi negli occhi. Louis lo guardò sorpreso.
Harry aveva una strana espressione nello sguardo, qualcosa di indecifrabile, un misto di coraggio, paura e... follia Qualcosa che fece tremare il corpo di Louis.
«Io sono davvero felice che tu stia bene», sbottò Harry all'improvviso, «E lo so, che tu stai bene, diamine, sei qui davanti a me adesso!», Louis non lo aveva mai sentito palare così, «E' solo che... E' come se la mia testa- la mia testa fa cose così strane! E' come se la mia testa si sia bloccata e ogni volta che chiudo gli occhi io- Tu stai cadendo e sento la stessa... Louis, e se non avessi fatto in tempo? Se io non fossi stato capace di- Se la bacchetta non avesse- Se tu fossi... Dannazione, va sempre a finire così, dentro di me è tutto orribile, e quando chiudo gli occhi tu sei... sei...», lo sguardo di Harry si stava perdendo in qualche luogo spaventoso e Louis decise che era ora di riportarlo indietro.
«Harry, smettila, io sono vivo, sto bene!», lo afferrò per le spalle, «Harry, io sono qui!», ma per quanto lo scuotesse, Harry non sembrava riprendersi, i suoi occhi continuavano a fissarlo come se lui fosse davvero... morto. Louis iniziò ad avere paura.
«Harry, per favore, guardami...», supplicò, «Tu mi hai salvato, lascia che io salvi te», disse. «Non andare dove non posso raggiungerti...»
Harry sussultò, poi cominciò a sbattere gli occhi, che erano tornati a vederlo davvero, ma solo per riempirsi di lacrime di nuovo.
«Louis... Mi dispiace...», soffiò il ragazzo.
«Non fa niente, va tutto bene, va tutto bene», disse e lo strinse ancora di più a sé, consapevole di non poter fare di più.
«Penserai che sono pazzo...», bisbigliò Harry nascondendo la testa sulla sua spalla.
«No, mai. Ti sei solo spaventato, è normare Harry, tutti abbiamo paura...», lo consolò, accarezzando i ricci distrattamente.
« Ma io-»
«Va tutto bene, passerà. Adesso dormi Harry»
«E se-»
«Ti sveglio io, ci sono io»
«Louis-»
«Dormi Harry»
«Volevo solo dire... Sono felice che tu stia bene».
«E io sono felice che tu mi abbia salvato. Grazie Harry».
«Prego...»
«Buona notte?»
«Buona notte».
Harry si addormentò nel giro di un minuto e dormì beatamente senza emettere suono fino al mattino. Louis invece passò ancora alcune ore insonni, con lo sguardo stravolto di Harry e le parole di Liam a fluttuargli nella mente. Prima di addormentarsi, giunse ad una conclusione: doveva davvero convincere Harry ad andare a quella visita. Ne aveva bisogno e adesso Louis lo sapeva.
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Quindi non vi stavate baciando?», chiese Zayn."
 
"Harry continuava a fissare lo specchio e questo ricambiava il suo sguardo con altrettanta paura ed eccitazione"
 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Buon salve a tutti!
Eccomi, puntualissima, con questo capitolo che è tutto un punto interrogativo per me. Ditemi voi come vi sembra.
E' tornata fuori la questione del San Mungo (perché se ricordate il 26 Novembre Harry avrebbe una visita e non manca poi molto a quel giorno) e Louis ha deciso che convincerà Harry ad andarci, peccato che in teoria lui non dovrebbe nemmeno saperlo! Quando poi Harry sclera, da di matto, fa il pazzo, perde un po' il controllo, Louis decide che deve convincerlo a tutti i costi a riprendere i controlli, quindi si deve inventare qualcosa. Però ve lo dico, la questione è rimandata di un capitolo, perché il prossimo è tutto dedicato al risveglio e a certe conseguenze di questo... Penso che vi piacerà. A me piace (e non succede spesso)!
Vi prometto che per un po' Harry e Louis staranno lontani dalle superfici morbide orizzontali, ma, tremate, ci saranno altri letti in futuro (e sui letti non si dorme solo...)
Okay, questo capitolo è serio, le note d'autore non lo sono altrettanto, scusate e perdonate.
Ho finito. Per qualunque cosa, mi trovate qui o su Twitter :)
 
Ovviamente non me ne posso andare senza ringraziare immensamente tutti quelli mettono tra i preferiti/ricordati/seguiti, poi ringrazio come sempre anche quelli che leggono e basta e, at last but not the least, grazie di cuore a chi recensisce, voi mi fate venir voglia di scrivere anche quando l'ispirazione sembra essersi volatilizzata. Mi spingete avanti. Grazie.
 
A presto,
Cost.
 
P.s.: vi piacciono le anticipazioni? :D
 
P.p.s: Questo è il ventesimo capilo! Venti! Capite? Siamo avanti! No, in realtà siamo ancora indietro, ma il punto è: ci siamo arrivati! Prendetevi il merito Lettori e Recensori, è vostro ;)

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Capitolo 21
*** Corpi impazziti ***


 

 
 
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Corpi impazziti (o cosa diamine sta succedendo?)
 
Lunedì 9 Novembre Harry si risvegliò in infermeria.
Non impiegò molto a ricordare perché si trovasse lì. Il perché, infatti, gli dormiva di fronte, steso appena una spanna più in là, con la bocca socchiusa e i capelli in disordine.
Harry si concesse solo qualche istante per osservare Louis che dormiva placidamente, ma presto quell'immagine gliene ricordò altre, e allora sospirò amaramente e distolse lo sguardo.
Era appoggiato su di un fianco e sull'altro Louis aveva posizionato fermamente la sua mano. Cercando di non svegliarlo, Harry si voltò sulla schiena puntando gli occhi sul soffitto. La mano di Louis però non lo lasciò. Harry sospirò di nuovo.
 
In quel momento, con lo sguardo perso tra i puntini del soffitto e la mente persa nei pensieri, Harry realizzò per la prima volta che le cose tra lui e Louis si erano spinte troppo oltre.
Quello che era successo la sera prima, il modo in cui si era comportato, tutto ciò che Louis aveva visto o sentito, non sarebbe dovuto succedere. Ma era successo, perché Harry si era affezionato troppo, si era lasciato incantare dal carattere di Louis, ne era diventato dipendente, tanto da andare in crisi al solo pensiero di perderlo. Ed Harry si era ripromesso che questo non sarebbe mai più dovuto accadere, che non avrebbe mai più permesso a nessuno di farlo stare tanto male, di farlo diventare tanto sbagliato. Invece era accaduto. Harry aveva perso il controllo a causa di Louis e non era stato in grado di fermarsi. E Louis aveva visto tutto...
In quel momento, Harry capì che avrebbe dovuto impedire al loro rapporto di evolversi e, ancor prima, di nascere. Capì che non avrebbe dovuto lasciare che Louis lo trattasse così amichevolmente e che non avrebbe dovuto abituarsi a ciò tanto facilmente. E infine, capì che ormai era troppo tardi per tornare indietro.
In sostanza, era già fottuto. Il che significava che non era certo di essere in grado di troncare le cose con lui (né di volerlo), ma che se non lo faceva il prima possibile Louis avrebbe scoperto chi era veramente e a quel punto... Forse Louis sarebbe stato in grado di accettarlo... Ma Harry non voleva la sua pietà, non voleva essere visto come un maledetto pazzo magonò, non voleva! Anche se forse non era molto di più...
 
«Harry...», la voce assonnata di Louis cancellò in un solo secondo tutte le sue riflessioni. Harry si voltò appena nella direzione della voce, giusto per vedere gli occhi di Louis aprirsi e cercare i suoi e dopo sorridere. Sentì una fitta al petto.
«Buongiorno», lo salutò automaticamente, pur essendo combattuto dentro.
Doveva andare avanti come se non fosse successo nulla? Doveva smettere di rivolgergli la parola? Doveva dargli spiegazioni? Scartò la terza opzione a priori, sapeva che la seconda era giusta ma l'aveva appena infranta dandogli il buongiorno, quindi non gli restò che optare per la prima.
«Ciao», biascicò intanto Louis di rimando, per poi stiracchiarsi meticolosamente. Se per qualche istante staccò la mano dal fianco di Harry, quella tornò al suo posto appena concluso lo stiramento, in modo del tutto naturale.
Appena Louis acquistò una parvenza sveglia, chiese: «Hai dormito bene?», fissando lo sguardo in quello sfuggente di Harry.
Il riccio sapeva che quella domanda alludeva alla notte precedente, agli incubi che l'avevano portato in infermeria facendolo poi sembrare un completo pazzo. E quella domanda era anche la prova che Louis non si fosse dimenticato di quanto successo. D'altronde, come avrebbe potuto?
«Si, e tu?», chiese a sua volta Harry, come se non avesse colto il senso reale della domanda.
Louis assunse per un attimo un'espressione pensosa, poi: «Benissimo», rispose, accettando la muta richiesta di Harry di sorvolare sulla questione. Harry tirò mentalmente un sospiro di sollievo.
«Bene...», soffiò, più a sé stesso che all'altro, poi «Come ti senti?», aggiunse, considerando la domanda appropriata al luogo.
«Molto riposato», rispose prontamente Louis, con un gran sorriso.
«Il che è buono?»
«Assolutamente», confermò Louis, iniziando distrattamente a tracciare cerchi con le dita sul fianco di Harry, «Penso che ne avessi bisogno», concluse.
Harry, ignorando i brividi che le dita di Louis gli stavano procurando, fece: «Penso che tutta Hogwarts si sia accorta che ne avevi bisogno».
«Mi è sempre piaciuto fare le cose in grande», affermò il maggiore.
«Questo si chiama essere esibizionisti», osservò Harry.
«Questo si chiama essere portati per la celebrità», obbiettò Louis.
«Sai, a volte quasi mi dimentico che sei un Grifondoro, ma altre è disgustosamente palese».
«Non so se sentirmi onorato o ferito», fece Louis.
«Ti lascio con il dubbio».
«Ma il dubbio mi lacererà!», esclamò Louis teatralmente.
"Okay, stiamo facendo gli idioti", pensò Harry. Ma era meglio parlare del nulla che riaffrontare le questioni del giorno prima. Senza dubbio era più piacevole.
«Non fermerò il dubbio», disse Harry, stando al gioco. Che poi, continuando così, non faceva che dare ancora più corda a Louis e di conseguenza a complicare la situazione... Ma davvero, non riusciva a fermarsi.
«Crudele, sei crudele, mi spezzerai il cuore uno di questi giorni Harry Styles!», affermò Louis. Harry non seppe proprio perché, ma una vocina nella sua testa disse: "No, me lo spezzerai tu", forse la vena tragica di Tomlinson l'aveva contagiato...
«Me ne farò una ragione», convenne appena divertito, ma con un inspiegabile senso di disagio.
La bocca di Louis cercò di piegarsi in una smorfia infelice, ma finì più volte per arricciarsi in un sorriso divertito, e quando raggiunse un risultato soddisfacente di falsa-tristezza disse: «Tu giochi con i miei sentimenti! Sei sleale!», puntando il dito contro il petto di Harry e liberando il suo fianco.
«Non mettermi le mani addosso Tomlinson!», esclamò Harry esageratamente e schiaffeggiando via la mano. Come se non avesse avuto addosso ben altro che un dito di Louis...
«Ah no? E se faccio così?», lo sfidò Louis appoggiando l'intero palmo della mano sul suo petto.
Harry la spostò di nuovo lanciandogli un occhiataccia (che non celò abbastanza il suo divertimento). A quel punto Louis tornò all'attacco mostrando ad Harry i palmi con tutta l'intenzione di metterglieli addosso.
«Tomlinson, non oserai!», gridò Harry, aveva i brividi.
«Oh si che lo farò!», affermò Louis con un ghigno e piazzando le sue mani sul petto di Harry.
Quell'azione scatenò una serie di eventi a catena per i quali i due ragazzi si ritrovarono a spintonarsi vivacemente l'un l'altro, mentre Louis cercava di mettere letteralmente le mani addosso ad Harry e questo cercava di evitarlo. Il tutto si concluse con Louis che afferrava i polsi di Harry in una ferrea presa, poi con un balzo gli si sedeva sul ventre e gli immobilizzava le braccia sopra la testa. A quel punto Louis aveva decisamente vinto e il sorriso soddisfatto sul suo viso ne era la prova.
«Bene Styles, direi che non ti resta che arrenderti!», disse Louis allegramente, ma con il fiatone.
«Hai barato! Questo non vale!», protestò Harry agitandosi sotto l'altro. Fu tutto invano, le cosce di Louis gli immobilizzavano le gambe e i fianchi, mentre le mani gli bloccavano le braccia in una posizione tutt'altro che comoda.
«Così impari a prenderti gioco dei miei sentimenti!», disse Louis piangendosi pericolosamente verso Harry. Il suo ghigno si faceva sempre più vicino. «Ora chiedimi scusa e visto che sono buono ti perdonerò», sussurrò.
Harry dovette deglutire rumorosamente prima di rispondere: «Mai», per qualche ragione la voce non gli uscì convinta come avrebbe voluto.
Louis strinse la presa sui suoi polsi. Non accennò nemmeno minimamente ad allontanarsi.
«Lasciami andare!», protestò Harry.
«Chiedimi scusa!», ripeté Louis, ciondolando sopra i fianchi di Harry.
«No! Lasciami!», gridò con una certa urgenza.
«Sai cosa devi dire...», canticchiò Louis soffiando nell'orecchio di Harry. Il riccio sperò vivamente che Louis non si fosse accorto del brivido che l'aveva scosso. "Fra poco ci sarà ben altro di cui non deve accorgersi...", precisò una vocina nella testa di Harry. Il riccio arrossì.
Harry non sapeva come stesse successo o perché stesse successo, forse era colpa di tutta quella situazione, di quella posizione, delle frizioni di Louis, dei suoi sussurri troppo vicini... Il punto era che si sentiva... Eccitato. Eccitato in quel senso! Ed era maledettamente strano. E indiscutibilmente fuori luogo.
«Vattene Tomlinson!», squittì Harry, prima che la situazione diventasse evidente.
«No, chiedimi perdono!», insisté Louis ignaro del dissidio di Harry, per poi continuare imperterrito ad agitarsi sopra di lui.
Harry gli lanciò un'occhiata frustrata ed imbarazzata, poi: «Scusa Tomlinson», biascicò. Non gli restava che arrendersi.
«Che cos'hai detto?», chiese Louis innocentemente, ma con un sorriso vincente già pronto.
«Ho detto scusa», ripeté Harry, ora a voce un pelo più alta. Sperava che dopo quella scenetta l'avrebbe lasciato andare. Doveva farlo.
«"Scusa" chi?», chiese Louis, fissandolo.
«Scusa Louis...», sussurrò Harry, cercando di evitare il suo sguardo. Pessima idea. Finì per concentrarsi sul suo collo in tensione, così vicino che gli sarebbe bastato sporgersi di pochissimo per sfiorarlo con il volto e- "No!", che diamine di pensiero era quello?!
«"Scusa Louis" che cosa?», insisté ulteriormente il più grande.
Sulle labbra di Harry affiorò spontaneo un lamento frustrato. Ma non sapeva se fosse per Louis che incombeva sopra di lui o per i brividi al basso ventre...
«Scusa Louis se... Non sono stato gentile con te?», tentò Harry.
«Io avrei detto più qualcosa del tipo "Perdonami Louis se ho giocato con i tuoi sentimenti pur sapendo che sei un ragazzo sensibile"», fece.
«Sei un ragazzo sensibile, Lou?», chiese Harry con un sorrisetto divertito. Le guance di Louis si colorarono appena e la presa sui polsi di Harry si strinse di nuovo.
«"Sei un ragazzo sensibile, Lou?"», ripeté una voce che non era né quella di Louis né quella di Harry. «Non l'avrei mai detto!», esclamò poi Zayn Malik.
Già, Zayn Malik, che se ne stava sulla soglia a fissarli sogghignando. E non era tutto. Proprio dietro di lui c'era Liam Payne che li guardava stralunato. E non era ancora finita. Dietro Liam c'era Eleanor! E la sua espressione era davvero indecifrabile...
"Oh no..."
Ecco. Erano stati beccati di nuovo, di nuovo in Infermeria e in atteggiamenti decisamente inconsueti. Ambigui, li avrebbe definiti Zayn.
Ma in fondo era tutto logicamente spiegabile. Stavano solo giocando. Giusto?
 
 
 
«Dimmi Harry, esattamente, che cosa stavate facendo tu e Louis prima?», domandò Zayn non appena furono fuori dalla stanza.
Harry si mise le mani nei capelli.
 
Gli ultimi cinque minuti erano stati tra i più imbarazzanti della sua vita. Avevano detto che stavano scherzando e nessuno aveva fatto domande riguardo la situazione in cui li avevano colti, ma il fatto che non le avessero fatte non significava che non si fossero fatti strane idee... Dunque, sbrigati i minimi convenevoli, Harry se ne era andato. Primo, per liberarsi di tre paia di occhi che lo fissavano con uno sguardo rispettivamente: divertito, sconcertato ed irritato. Secondo, per mettere quanta più distanza possibile tra sé stesso e Louis Tomlinson. Louis, infatti, mentre scivolava giù dal colpo di Harry aveva sfiorato un qualcosa che non sarebbe dovuto esserci tra le gambe di Harry. Apparentemente non aveva dato segni di essersene accorto, ma nel dubbio, il riccio era fuggito.
 
«Ve l'ho già detto, stavamo solo giocando!», dovette ripetere Harry a Zayn.
«Ho capito. Quello che non ho capito è perché Louis era sdraiato sopra di te!»
«Non era sdraiato sopra di me!»
«Preferisci che dica "perché Louis ti stava cavalcando?"».
Harry sbiancò, poi divenne bordeaux.
«No! Assolutamente no!», prese a camminare veloce, sperando di distanziarlo.
«Non mi hai ancora detto cosa ci faceva lì», insisté Zayn standogli alle calcagna.
«Non ci faceva niente », sbotto Harry.
«Quindi non vi stavate baciando?», chiese Zayn.
Harry si bloccò nel bel mezzo del corridoio.
«Ba- che?!», domandò stralunato, certo di aver sentito male. "Devo aver sentito male!"
«Sai, quando siamo entrati, dalla nostra angolazione sembrava tanto che voi...»
«O mio Dio», esalò Harry. Zayn aveva pensato che lui e Tomlinson... «Questa è un'assurdità!!», esclamò. E se... e se Eleanor fosse giunta alla stessa conclusione? "Questo spiegherebbe perché mi guardava come se volesse incenerirmi...", e pensare che il giorno prima lo adorava.
«Guarda che non ci sarebbe nulla di male se fra voi ci fosse qualcosa», buttò Zayn tranquillamente.
«Ma sei impazzito? Io- Noi... Non siamo... Come ti salta in mente?!», Harry era vagamente sconvolto. "Ma di che diamine sta parlando?!"
«Era solo una supposizione...»
«Una supposizione sbagliata. Eccome! Io non sono... così. E di certo non lo è Louis!»
«Va bene...», concesse Malik, «...E allora come me lo spieghi quello?», disse e poi puntò il dito contro Harry. O per l'esattezza, contro il cavallo ancora appena un po' troppo accennato di Harry.
Il ragazzo sentì che le gambe stavano per cedergli.
Doveva trovare una spiegazione plausibile, ma tutto ciò che riuscì a farneticare furono una sequenza di versi informi. Come si poteva spiegare quello?
«Harry, respira», Zayn lo fermò e gli mise le mani sulle spalle. «Non c'è nulla devi dire nulla, è-»
«No!», lo fermò il riccio, «E' un incidente! Questo è un incidente! Davvero! Io... Io... Non lo perché...»
«Okay, okay, ho capito. E' un incidente», concesse il maggiore.
«Andiamo a fare colazione adesso?», chiese Harry supplicante.
«E va bene...»
 
Quell'incidente fu solo l'inizio della rivoluzione...
 
 
 
 
Quando Harry si svegliò il 10 Novembre vide rosso e lo interpretò come un ulteriore segno di come il destino si divertisse ad infierire su di lui.
Soffocò la testa nel cuscino, sperando che fosse solo un sogno, sperando che non fosse già quel momento. Il cuscino sapeva di Louis... Ed era dannatamente reale.
Il giorno prima si era ripromesso che per un po' avrebbe messo le distanze fra sé e il Grifondoro, perché era la cosa migliore, perché doveva fermare quello strano rapporto che avevano. E perché era imbarazzato.
Se Zayn si era accorto che era eccitato, come poteva non averlo fatto Louis? E se se ne era accorto, cosa poteva aver pensato?
Ad Harry piacevano le ragazze. Ne era certo. O almeno, non aveva mai pensato ad un ragazzo in quel senso, mai. Non sapeva perché il giorno prima Louis gli avesse fatto quell'effetto. Probabilmente era stata colpa dell'enfasi e dell'adolescenza. Nulla di più. Ma se Louis si fosse fatto strane idee?
Dunque, voleva evitarlo. Ma ritrovarsi nel suo corpo non era certo il miglior modo per farlo...
 
Improvvisamente le tende del baldacchino vennero spalancate ed il letto fu illuminato dalla tenue luce del mattino. Luce vera, altro che le lampade dei Sotterranei...
«Louis, sveglia, è ora di alzarsi!», annunciò Liam, il fautore di quel gesto.
«No...», farfugliò, poi sussultò. Harry non si sarebbe mai abituato a parlare e sentire la voce di Louis uscirgli dalla gola.
«Forza pigrone, la tua vacanza è finita! Si ritorna a lezione!», fece Liam iniziando a scrollarlo.
Giusto, fino al giorno prima Louis era stato in Infermeria. Evidentemente era stato dimesso. Harry non ne aveva idea, perché non si era più fatto vedere...
«Non ci voglio andare», biascicò contro il cuscino. Se non usciva dalla camera forse non avrebbe dovuto vedere Louis...
«Poche storie, l'infermiera ha detto che stai benissimo! Alzati o ti sollevo a forza!», minacciò Payne. Harry ebbe il forte sospetto che l'avrebbe fatto veramente, per cui si alzò e si diresse in bagno.
Era strano il mondo visto con gli occhi di Louis, Harry lo pensava tutte le volte. In un certo senso, proprio grazie a quella sorta di maledizione, aveva avuto l'opportunità di vedere le cose da una nuova prospettiva. Era tutto più sfumato e con una diversa angolazione negli occhi di Louis. E la mensola più alta nel bagno era sempre un po' troppo alta. Cose così.
Una volta in bagno Harry constatò che Louis era in buona forma, il riposo dei giorni precedenti l'aveva aiutato: le occhiaie erano sparite e gli occhi erano molto più vivaci. Harry sorrise vagamente e il suo sorriso si manifestò sul volto di Louis riflesso nello specchio.
Iniziò a svestirsi con calma, sfilando piano piano tutte le parti del pigiama, fino a ritrovarsi con solo i boxer addosso.
Le prime docce erano state difficili, era imbarazzante dover svestire e poi lavare un corpo che non è il proprio. Ma un minimo di decenza ce l'aveva, per cui si era sempre fatto forza, aveva sempre afferrato l'elastico dei boxer, li aveva sfilati e poi aveva iniziato a lavarsi il più velocemente possibile e guardando il meno possibile.
Quella volta però fu diverso. Le dita indugiavano sull'elastico dell'indumento, lo allentavano appena, ma non abbastanza. E lo specchio a cui ora stava dando le spalle sembrava come chiamarlo.
Harry non seppe cosa lo spinse a voltarsi, ma lo fece, e si trovò a fare i conti con un riflesso che era il suo, ma che allo stesso tempo non era decisamente il suo. C'era Louis in quello specchio, praticamente nudo e con le dita della mano destra che scomparivano dentro le mutande.
Harry deglutì. Louis fece lo stesso nello specchio.
Harry non spostò la mano, ma sollevò quella libera e l'appoggiò sul petto. Guardò il riflesso di Louis muoversi e seguire con la punta delle dita il contorno dei propri muscoli, sfiorando lo sterno e scendendo a ricalcare lentamente gli addominali, soffermandosi a delimitare l'ombelico per poi deviare verso i fianchi, sulle ossa del bacino, e dopo di che proseguire inesorabilmente lento lungo la V che scompariva nella stoffa dei boxer.
Harry continuava a fissare lo specchio e questo ricambiava il suo sguardo con altrettanta paura ed eccitazione. Il Louis nello specchio adesso aveva entrambe le mani sulle mutande, le quali apparivano un po' troppo strette e mancava così poco, così poco, per tirarle giù e...
«Louis! Dobbiamo andare in bagno anche noi! Datti una mossa!», inveì la voce di Liam oltre la porta. Harry fece un salto per lo spavento.
Poi, realizzò cosa stava facendo.
Senza degnare lo specchio di un'ulteriore sguardo si buttò dentro la doccia e accese l'acqua gelata. Rimase lì dieci minuti, a congelare i suoi pensieri e qualsiasi altra cosa. Le mutande rimasero al loro posto, fradice ed intoccate.
 
Non aveva mai pensato ad un ragazzo in quel senso. Fino a quel giorno.
 
 
 
 
Martedì 10 Novembre, Louis Tomlinson, nei panni di Harry Styles, se ne stava seduto tra i Serpeverde senza destare alcun sospetto, gustando la sua colazione accanto a Zayn. Quest'ultimo si limitava a lanciargli qualche strana occhiatina, ma non aveva tirato fuori le questioni del giorno prima. Chissà, forse aveva già esaurito l'argomento con Harry. Louis ci sperava. Ne aveva già avuto abbastanza dei rimproveri di Liam e delle assurde preoccupazioni di Eleanor.
Quei due sembravano essersi messi d'accordo sul fatto che Harry non fosse una buona frequentazione per lui. Da Liam se l'aspettava quasi, ma non aveva idea del perché Eleanor fosse dello stesso parere. In fondo, tutto ciò che lei sapeva era che Harry lo aveva salvato da morte quasi certa. Non avrebbe dovuto vederlo come una sorta di eroe? Tutta la scuola era di quell'opinione e molti erano venuti a complimentarsi con Harry stesso. Perché proprio le due persone a cui Louis teneva di più non dovevano pensarlo? Non ne aveva idea, ma gli dava fastidio.
Louis sapeva che la colpa di tutto andava attribuita solo alla maledizione che li tormentava e sapeva anche che non poteva certo spiegarlo a nessuno. Ma gli dava fastidio che agli occhi di Liam o Eleanor la colpa ricadesse esclusivamente su Harry. Non era giusto.
 
Quando Louis alzò lo sguardo sulla sala, si accorse che un paio di occhi familiari lo stava fissando, anzi, chiamando.
Si alzò all'istante, le sue gambe scattarono ancor prima che il suo cervello lo avesse espressamente richiesto, ed un attimo dopo disse sbrigativo: «Io vado», e se ne andò alla ricerca di sé stesso.
«Salutami Tomlinson!», gli gridò dietro Zayn. Louis lo ignorò.
Trovò Harry, nel suo corpo, ad aspettarlo fuori dalla Sala Grande.
«Harry!», lo chiamò.
Quello lo guardò per un istante, poi sfuggì il suo sguardo. Strano.
«Non urlare Tomlinson, sarebbe strano se la gente ti sentisse», disse Harry freddo.
«Che la gente pensi quello che vuole», affermò con leggerezza. Peccato che in realtà gli era sempre importato fin troppo del pensiero della gente...
«Hai qualche avvertenza per oggi?», chiese Harry anziché ribattere.
«Ehm... No. A parte... Magari evita Eleanor», fece. Vide spuntare sul suo volto un espressione interrogativa, ma Harry non chiese nulla e non lo guardò neppure con l'intenzione di farlo.
"Perché ho come l'impressione di essere ritornato a due mesi fa?", era da tanto ormai che Harry si era preso più confidenza. Dov'era finita?
«Ieri abbiamo un po' discusso», spiegò Louis di spontanea volontà.
«Okay, eviterò Eleanor», accordò Harry con tono neutro, come se l'ultima frase neanche l'avesse sentita.
Sul volto di Harry, la manifestazione dei pensieri di Louis, apparve un'espressione corrucciata.
«Va tutto bene?», chiese dunque Louis.
Lo sguardo azzurro di Harry si soffermò un attimo su Louis per poi schizzare di nuovo via come se si fosse scottato. E le sue guance avevano preso una colorazione stranamente vivace. Strano anche questo.
«Certo. C'è altro?», sbrigò Harry parlando con la voce ora un po' troppo squillante di Louis.
«No, direi di no... Solo, Liam non ti ha detto nulla vero? Si è comportato come sempre?», chiese. Forse Harry si comportava in quel modo perché Liam aveva riaperto la questione del giorno prima...
«Payne era il solito, ha parlato solo di scuola e di Quidditch», disse Harry senza agitarsi. Okay, il problema non era quello.
«Bene...»
«Posso andare adesso?», chiese Harry frettolosamente.
«Ehm, si, certo... Ci vediamo dopo per studiare?»
«Veramente Payne mi ha chiesto di restare con lui questo pomeriggio, quindi...», fece Harry, sempre senza guardarlo negli occhi. "E tu hai accettato?!"
«Ah, okay... Allora, ci vediamo in giro. Ed, Harry, se hai bisogno di qualcosa, lo sai, io ci sono», Louis non trovò altro da dire.
«Lo so... Ciao», senza aggiungere altro e senza degnarlo di uno sguardo, Harry se ne andò.
 
Perché doveva essere sempre tutto così difficile con Harry?
Ogni giorno che lo conosceva spuntavano sempre nuovi problemi e più cose veniva a sapere di lui più si complicava il quadro generale.
Per esempio, "cosa diamine è successo adesso?!" Louis aveva tutta la sensazione di essersi perso un pezzo. Di nuovo.
Domenica notte Harry si era comportato in modo strano, quasi preoccupante, ma avevano risolto, in un certo senso. Sapeva che Harry si era spaventato e che la sua reazione era stata data dallo shock che lui stesso gli aveva causato. Però il giorno dopo era sereno, quasi allegro. Almeno fino a quando non erano arrivati Malik, Liam ed Eleanor... A quel punto le cose si erano fatte strane, quasi imbarazzanti ed Harry era praticamente scappato via dall'infermeria con Malik al seguito. Dopo non si era più fatto vivo e Louis c'era quasi rimasto male. Quasi. Infine, oggi se ne veniva fuori con quel comportamento assurdo e Louis poteva definitivamente dire di non stare capendo un accidenti.
Eppure, nonostante tutto, la voglia che Louis aveva di aiutarlo non faceva che aumentare e allo stesso tempo aumentava la sua voglia di capire, di capirlo, di spiegarlo. E non sapeva perché, sapeva solo che lui avrebbe scoperto Harry Styles e poi l'avrebbe salvato.
Doveva solo iniziare.
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Louis aveva conosciuto Harry appena qualche settimana prima di Zayn, eppure aveva con Harry un'amicizia dieci volte più... intima, per quanto evidentemente fragile. Zayn un po' lo invidiava..."
 
 
"«Non stai pretendendo un po' troppo Tomlinson? Da quando ci facciamo favori?»
«Non ci facciamo nessun favore, noi due. Lo facciamo ad Harry», disse Louis, convinto.
«Ti ascolto»"
 
 
 
 
 
Spazio dell'autrice:
 
Buon salve!
sì, lo so, so in ritardo, chiedo venia... Dovete sapere che questo capitolo era già pronto da un po', il problema sono quelli dopo che, ehm, non esistono. Cioè, esistono, ma non come vorrei. Il ventiduesimo l'ho scritto qualcosa come tre volte e ancora non sono soddisf- Ma parliamo di questo capitolo!
Vi è piaciuto?!
La situazioni inizia finalmente a... smuoversi (è il temine adatto?)! Siete soddisfatte, deluse? Ve lo aspettavate? Be', prima o poi qualcosa doveva succedere, insomma, l'amicizia è importante e bla bla bla, ma bisogna anche arrivare al dunque! Che poi dico così e scrivo infiniti capitoli sulle loro seghe mentali... Ah! (Giuro, adesso non farò una pessima battuta del tipo "le seghe non sono solo mentali", perché lo so che sarebbe tanto squallida!)
Sorvolando sulla mia scemenza, come pensate che affronterà Harry questa sua inaspettata reazione? (Suggerimento: non troppo bene...) E secondo voi Louis se ne è accorto? Ed Eleanor e Liam?
Ve lo dico, d'ora in poi è tutto un alto e basso, alto e basso. Capirete. E passerete i capitoli ad amarmi e odiarmi a fasi alterne. Vedrete!
Okay, ora vaporizzo! Non so quando aggiornerò, ma vi giuro che smetterò di ri-ri-scrivere il capitolo ventidue e ve lo smollerò così com'è. Devo solo lavorarci un altro pochino... Per ora vi dico solo che c'è tanto Zayn e tanto Louis!
 
Ora vado, però ovviamente prima vi devo ringraziare immensamente, tutti quanti, tutti tutti tutti. Tranne quelli che recensiscono, perché dire grazie non è sufficiente per voi e davvero "words ain’t good enough", non so cosa inventarmi. Ogni vostra parola è un batticuore, ogni frase un sorriso e capitemi, quando arrivo in fondo sono proprio fusa di felicità e... è bellissimo!
Basta con i sentimentalismi! Sparisco!
 
Un abbraccio a tutti!!
A prima o poi,
Cost.
 
(Recensite, per tutto il resto c'è Twitter)
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Alleanza eccezionale ***


 



..In your skin.. 














Alleanza eccezionale (o cosa non si fa per un amico) 

Era passata una settima dall'incidente di Louis e gli eventi avevano preso una piega bizzarra... 

Innanzitutto, il mondo aveva improvvisamente preso coscienza dell'esistenza di Harry Styles. 
A Zayn sembrava quasi di girare assieme ad una celebrità, perché non passava giorno senza che almeno dieci persone fermassero Harry per complimentarsi del suo eroico salvataggio di domenica. La voce doveva essersi sparsa (Zayn sospettava ci fosse dietro lo zampino di Niall Horan) e adesso praticamente tutta Hogwarts era convinta che Harry fosse un eroe; peccato che lui non sembrasse dello stesso parere... 

In quei giorni l'umore di Harry era lentamente precipitato ai minimi livelli. 
Indubbiamente la neo-acquistata celebrità lo aveva scosso e pareva che più la gente gli dicesse di avere un gran talento, più Harry si convincesse del contrario. Era un meccanismo strano la sua mente. 
Zayn però sapeva che non era quella la ragione per cui Harry passava le sue giornate a nascondersi e a sospirare... 
Harry stava cercando di evitare Louis Tomlinson. E ci stava anche riuscendo. Peccato che non sembrasse piacergli molto... 
A Tomlinson di certo non piaceva, cercava Harry a tutte le ore, ma quest'ultimo faceva di tutto pur di non farsi trovare. E quando Zayn diceva "tutto", intendeva "si dedicava anima e corpo nel Quidditch". E ad Harry il Quidditch non piaceva così tanto. 
Qualcosa non andava. O meglio: Tomlinson doveva aver fatto qualcosa che non andava fatto. 

Zayn sapeva che Harry e Louis avevano un rapporto particolare, non ne aveva ancora capito l'esatta natura, ma indubbiamente condizionava molto la vita di Harry. Louis aveva conosciuto Harry appena qualche settimana prima di Zayn, eppure aveva con Harry un'amicizia dieci volte più... intima, per quanto evidentemente fragile. Zayn un po' lo invidiava... 
Allora avrebbe dovuto essere felice ora che Harry passava tanto tempo insieme a lui anziché con Tomlinson, giusto? Non ci riusciva. Perché anche Harry non sembrava felice. Allora la soluzione era solo una... Harry doveva parlare con Louis. Ma il suo orgoglio, o chissà cosa diamine altro, sembrava impedirglielo. 
Doveva farlo Zayn al posto suo? Non ci teneva affatto ad aver a che fare con quel Grifondoro... 

La decisione la prese Louis. 



Il 15 Novembre, una pungente domenica mattina di primo inverno, Zayn camminava per i corridoi assorto nei suoi pensieri, quando una voce fastidiosamente familiare lo chiamò... 
«Malik!» 
Zayn alzò il proprio sguardo ed ed incontrò quello sfacciato di Louis Tomlinson. 
«Tomlinson, qual buon vento», salutò svogliatamente, «Sei stai cercando Harry sappi che non lo vedo da ieri sera», aggiunse. "Probabilmente sarà ancora a letto, ieri ci siamo allenati fino tardi ed era a pezzi...
«In realtà cercavo proprio te...», disse Louis, senza guardarlo negli occhi. 
«E come mai?» 
«Vorrei parlarti...», tentò. 
«Parla». 
«Si tratta di Harry», ammise il castano. 
Sul viso di Zayn comparve un sorrisetto: «Harry, ma certo», osservò sarcastico, «E cosa dovremmo dire in suo proposito?» 
«Innanzitutto, hai idea del perché mi stia evitando?», chiese Louis. 
«Tu non lo sai?», infierì Zayn anziché rispondere. 
«Se te lo sto chiedendo, no», sibilò Louis. 
«Io non so niente, in realtà non ho fatto nemmeno domande, sai, è piacevole non dover vedere il tuo faccino irritante tutti i giorni». Okay, Zayn aveva appena detto una bugia, di domande ne aveva fatte, parecchie, ma in fondo ciò che a Louis interessava erano le risposte, e non ce ne erano state. 
«Avrà detto qualcosa su di me!», lo esortò. 
«Mi dispiace Tomlinson, sei argomento tabù», e questo era vero, bastava solo pronunciare il suo nome che Harry si chiudeva a riccio dentro un guscio di nervosismo ed imbarazzo. 
A Louis sfuggì un verso frustrato, «Ma io non ho fatto niente!», protestò. 
«Non si direbbe...», soffiò il moro. 
«Davvero! Lunedì mattina era il solito, Martedì mi trattava come un appestato!», Louis sembrava veramente amareggiato. 
«Allora deve essere successo qualcosa Lunedì mattina... Probabilmente quando eravate in Infermeria», suggerì Zayn. 
Louis sospirò: «Sono successe un sacco di cose in Infermeria...». 
«Questo io non lo so, so solo che quando ce ne siamo andati Harry sembrava un po'... sconvolto», anche se il termine giusto sarebbe stato "eccitato". O meglio, eccitato e beccato. Ma da chi? 
«L'ho notato», "Parliamo della stessa cosa?", «Però ti assicuro che fino a qualche istante prima che arrivaste non avevamo nessun problema!» 
«Oh, ce ne siamo accorti...», disse Zayn con un ghignò. Il ghigno si allargò ancor di più quando notò il vago rossore sulle guance di Louis. 
«In ogni caso», riprese Zayn, «Penso che tu sappia meglio di me come funziona Harry: pensa troppo e si tiene tutto dentro...» 
«...Ed è convinto di dover risolvere i problemi da solo, sì, me ne sono accorto», disse Louis. 
«Ma non è l'unico». Zayn con quell'osservazione si guadagnò un occhiata sospettosa. 
«Già, non è l'unico», concesse però Louis dopo un po'. «A questo proposito, c'è un altra cosa di cui vorrei parlarti», aggiunse. 
«Come? Non sei venuto a chiedermi di mettere una buona parola con Harry su di te?», chiese Zayn. 
«Ci speravo, ma in realtà devo chiederti un favore più grande», affermò il castano. 
«Non stai pretendendo un po' troppo Tomlinson? Da quando ci facciamo favori 
«Non ci facciamo nessun favore, noi due. Lo facciamo ad Harry», disse Louis, convinto. 
«Ti ascolto». 
«Ecco...», Louis cercava di mostrarsi tranquillo, ma la sua voce aveva tentennato e le mani non cessavano di torturare l'orlo della maglia, «Tu lo sai che Harry ha qualche... problema, con la magia?» 
«Nemmeno così tanti, visto che tu sei qui tutto intero davanti a me per parlarne», rispose prontamente Zayn, che pure si chiedeva perché Tomlinson volesse parlare proprio di quello. 
«No, infatti. Ma sai di cosa parlo, giusto?», insisté. 
«Si», lo accontentò. 
«Bene... Vedi, Harry non parla mai di sé stesso, dei suoi problemi, della sua famiglia e-» 
«E per questo hai deciso di mandare Payne a fare domande in giro?», domandò Zayn. 
Louis lo fissò stupito: «Come-? Tu sai che-? E Harr-?» 
«Non passa inosservato un Grifondoro che viene a ficcanasare dalle nostre parti. Ma non preoccuparti, Harry è ancora convinto che il suo segreto sia al sicuro e che tu lo consideri un suo amico per quello che è, non per quello che raccontano gli altri». 
Louis non sembrò prendere bene l'ultima affermazione. 
«Che cosa vuoi dire? Che il motivo per cui frequento Harry è perché ho pena di lui?! Se lo pensi, mi dispiace, ma non hai capito nulla. Non sarò il migliore degli amici forse, ma farei tutto per lui. Tengo davvero ad Harry ed è solo per questo che ho voluto sapere». 
«Sei un presuntuoso Tomlinson. Hai voluto sapere solo perché ti dava fastidio non essere messo al corrente. Se ci tenessi veramente ad Harry ne avresti parlato direttamente con lui», disse Zayn spietatamente. 
«Tu non sai niente... Non potevo parlarne con Harry...» 
«Perché? Perché sarebbe giunto alle mie stesse conclusioni?» 
«Esatto!», disse Louis, quasi accusandolo, «E davvero non è così, non voglio che lui pensi che sia così», affermò a voce bassa. 
«Non lo è o non lo vuoi? E' diverso». 
«Lo so che è diverso. Ma non c'è niente che mi costringe a voler essere amico di Harry. Certo non devo dare spiegazioni a te», concluse Louis cercando in ultimo di riguadagnare un po' di fermezza. 
«Non a me, a Harry», precisò allora Zayn. 
«Ma non oggi...» 
«Anche perché oggi Harry non vuole parlarti...», ricordò il Serpeverde. 
«Ed è per questo che mi servi tu!», esclamò allora Louis, improvvisamente rianimato (o provando a sembrare tale). 
«Io ti servo?», domandò Zayn con un'espressione a dir poco scettica. 
«Te l'ho detto, il favore» 
«Cosa vuoi esattamente?», Zayn iniziava ad essere stufo di quella conversazione. 
«Il ventisei di questo mese Harry ha una visita ed è importante che ci vada, ma non vuole. Salta i controlli da troppo tempo, ed è pericoloso... Mi serve qualcuno che lo convinca ad andarci», spiegò Louis velocemente. 
«Ed hai pensato a me?», chiese Zayn tra il divertito e l'ironico. 
«Precisamente». 
«Non puoi chiarire con Harry e poi convincerlo tu?», disse Zayn proponendo la soluzione più logica. 
«No, dal momento che in teoria io non dovrei nemmeno sapere di questa visita...», sussurrò Louis. 
«E com'è successo che lo sai?» 
«Ho sentito una conversazione che non dovevo», ammise. 
«Aspetta che Harry venga a sapere che l'hai spiato e-» 
«Non l'ho spiato!», esclamò Louis. Poi sembrò ripensarci: «Okay, forse un po' l'ho fatto... Ma tu non avresti fatto lo stesso? Mi sono preoccupato quando ho sentito l'Infermiera parlare di San Mungo...» 
«Certo, eri preoccupato», lo scimmiottò. 
«Allora, mi aiuti o no?», chiese Tomlinson, guardandolo fisso negli occhi. 
«Come potrei fare dal momento che nemmeno io dovrei saperlo?», chiese Zayn. 
Louis parve illuminarsi e Zayn capì di aver fatto la domanda giusta. Quella sbagliata, dal proprio punto di vista. 
«Basta che gli dici che te l'ha riferito l'Infermiera!», disse Louis. 
«Non mi pare credibile...», ribatté Zayn. 
«Invece lo è! Eccome! E' perfetto!» 
«Senti», fece Zayn, «Se io per caso fossi disposto a parlarci, e non dico che lo sono, come e quando diamine pensi che potrei farlo? Non posso certo dire "Harry passami una coscia di pollo" e poi uscirmene con un "Sai, penso che dovresti andare alla visita al San Mungo"!» 
«Malik, forza, sono certo che troverai il momento giusto! Devi trovarlo! L'hai detto anche tu che Harry non è un mago tanto scarso come lui è convinto di essere, ma l'unico modo che ha per capirlo davvero è andando in quell'ospedale! Ha bisogno di ricominciare i controlli e se non lo capisce lui dobbiamo aiutarlo a capirlo noi!», affermò il castano con convinzione. 
Zayn si dovette prendere qualche minuto per riflettere. 
«Sai,», disse dopo un po', «sono certo che qualunque problema tu ed Harry abbiate adesso, lo risolverete presto. Sai essere fin troppo convincente...» 
Sul viso di Louis si dipinse un gran sorriso. «Quindi ci stai? Lo farai? Gli parlerai?», domandò al settimo cielo. 
«Diciamo che posso provarci, ma non garantisco nulla...», soffiò e forse si stava cacciando in un brutto guaio... Anzi, sicuramente lo stava facendo. 
«Zayn Malik, sei fantastico! Se non fossi il più antipatico dei Serpeverde ti abbraccerei!», esclamò Louis. Zayn lo guardò inorridito. 
«Non pensarci nemmeno!», esclamò, gettando le braccia avanti e facendo un passo indietro. Tomlinson scoppiò a ridere. 
«E tieni ben presente che lo faccio solo per Harry!», precisò Zayn. 
«Certo, anche io», confermò Louis. 
«Bene». 
«Bene. Quindi abbiamo un accordo?», chiese Louis sorridendo. 
«Mmm, una specie», confermò Zayn. 
«Una specie... Mi piace!», esclamò Tomlinson soddisfatto. 
«Finirà male...», sussurrò il moro. 
«Stiamo a vedere», rispose Louis con espressione ottimista. Ma non era un attore così bravo, né Zayn uno spettatore così distratto... 
«E sia...», poteva però fingere di esserlo, «Adesso vado, devo salutarti Harry se lo vedo?», chiese con un ghigno. 
«No, grazie», rispose Louis alzando gli occhi al cielo. 
«Allora ci vediamo in giro», fece Zayn incamminandosi. 
«Si, e fammi sapere!» 
«Si, si». Zayn aveva già dato le spalle a Louis quando questo disse: «Grazie Malik...». Appena un passo più in là e non l'avrebbe sentito. 
Zayn si limitò ad alzare un braccio di rimando, poi se ne andò per i fatti suoi. 

Qualche giorno dopo Harry chiese a Zayn di allenarsi a Quidditch. Dopo gli allenamenti Zayn gli parlò... 




Il 17 Novembre, un martedì pomeriggio, Louis si trovava nel parco con Eleanor quando ricevette un biglietto incantato. 
Diceva solo: 
"H. passerà all'ingresso principale tra cinque minuti. E' un po' scosso, approfittane. Gli ho appena parlato... Ringraziami. -Z. (E sbrigati!)" 
Sul viso gli sorse spontaneo il più felice dei sorrisi. 
«El, mi dispiace tanto, devo andare!», annunciò alzandosi. Non aveva tempo da perdere. 
«Ma... Siamo appena arrivati!», protestò la ragazza. Louis ignorò la sua espressione ferita. Quella era un'emergenza. 
«Lo so, lo so, ma devo andare davvero! Facciamo così, appena ho finito torno», promise frettolosamente. 
La ragazza annuì e gli si fece incontro per ricevere un bacio di saluto che non arrivò mai, perché Louis era già schizzato via. 

Louis arrivò alla porta correndo, battendo Harry in anticipo di appena una manciata di secondi. 
Harry arrivò alla porta a passo lento, con la mente tanto assorta nei suoi pensieri che se Louis non l'avesse chiamato ad alta voce nemmeno avrebbe fatto caso a lui. 
«Harry!» 
Il riccio si bloccò sul posto e poi si voltò nella sua direzione per rivolgergli uno sguardo stanco ed esasperato. «Tomlinson, vado di fretta», disse sbrigativamente, ma Louis gli si piazzò davanti prima che potesse fuggire. 
«Ti prenderò solo due secondi», lo rassicurò. Harry glissò il suo sguardo per rivolgere il proprio al pavimento e sbuffare. 
«Davvero, non è giornata», sbottò a quel punto. 
«E' successo qualcosa?», domandò allora Louis (che in effetti sapeva già che era successo qualcosa). 
«Niente che ti riguardi, lasciami in pace», disse il riccio con astio. 
Louis lo guardò appena sorpreso. Harry lo evitava da giorni, giusto, ma era sempre freddo e non curante, questa volta invece sembrava alquanto suscettibile. Una reazione è sempre meglio che l'apatia. 
«Va tutto bene Harry?», chiese ignorando completamente le sue parole. Harry non sembrò apprezzarlo e si innervosì. 
«Louis, davvero, sono stanco, non è il momento per questo». Il cuore di Louis aveva fatto una piccola capriola di felicità: Harry lo aveva chiamato per nome! Non lo faceva da una settimana. Peccato per la situazione... 
«Evidentemente non è mai il momento per questo», protestò Louis. Lo sguardo di Harry si fece ancora più basso. 
«Non so di cosa tu-» 
«Senti», lo interruppe Louis, prese un respiro e poi ricominciò: «A me non importa se mi odi, se non vuoi essere mio amico, se non ti importa nulla di me. Sei libero di farlo e sei anche libero di ignorarmi proprio come stai facendo da più di una settima. Ma non pretendere che io faccia lo stesso, non decidere per me, non credere che io sia in grado di ignorare la tua espressione adesso- si, hai una faccia che grida "sono stravolto!"-, perché io non ci riesco!», concluse. 
Harry rimase impassibile per un po' di tempo, come se non avesse sentito una parola. Infine... 
«Che cosa vuoi che dica?», domandò con rabbia, «Che cosa vuoi sentirti dire adesso? Devo ringraziarti? Devo dire che mi dispiace? Che mi sono comportato male, ma rimetteremo le cose a posto? E poi dovrei raccontarti tutti i miei problemi, la mia vita?», era davvero arrabbiato. 
«Sarebbe una buona idea...» 
«Bene, mi dispiace. Ma io non voglio la tua amicizia, non voglio darti nessuna spiegazione, non voglio dirti niente di niente!», inveì Harry. 
Louis per un attimo pensò di aver rovinato tutto. Aveva esagerato, aveva tirato troppo la corda, aveva- Poi si accorse degli occhi di Harry. Lo stavano fissando, per la prima volta da una settimana. Erano carichi di rabbia e tanto tanto sconforto. E stavano chiedendo aiuto. Allora Louis capì di avercela fatta. 
«Harry...», soffiò Louis facendo un passo in avanti, «non sei obbligato a dirmi niente, io voglio solo starti accanto». 
«Ma io non ti voglio!», Harry quasi urlò e fece un passo indietro. 
«Fa lo stesso, ci sono comunque», un altro passo avanti. 
«Non ho bisogno di te!», un altro passo indietro. 
«Ma io si», un passo avanti. 
«Vattene!», un passo indietro. 
«Resto qui», un passo avanti 
«No!», un passo indietro. 
«Resto qui», l'ultimo passo avanti. 
«N-», il muro sorprese Harry alle spalle. Era bloccato tra Louis e la parete. 
«Resto qui», sussurrò Louis, poi circondò il corpo di Harry con le braccia e lo strinse forte. 
«Lasciami!», Harry iniziò a dimenarsi. Ma non aveva importanza quanti pugni o quante spinte Louis ricevesse, non si spostava, rimaneva lì, aspettava. 
Harry continuò a spingerlo per parecchi minuti, poi i suoi versi di rabbia si trasformarono in lamenti e dopo in sospiri, le mani che cercavano di spingerlo lo lontano si fermarono attorno alle spalle e non si spostarono più, la testa che si era tanto prodigata nel cercare una via di fuga si arrese lentamente e si accasciò nel incavo suo collo. 
«Va tutto bene...», disse Louis allora, sperando in qualche modo di confortarlo. Lo strinse più forte tra le braccia ed Harry fece lo stesso. 
«No, non doveva andare a finire così...», soffiò Harry contro il collo di Louis. «Volevo essere forte, per una volta, invece...» 
«Se essere forte vuol dire evitarmi, allora sono contento che tu non lo sia», affermò Louis. 
Harry sospirò. «Tu non capisci... Non va bene, è sbagliato...», sussurrò. 
Louis sciolse la braccio e si allontanò di mezzo passo da Harry, appena quanto bastava per guardarlo negli occhi: «Cosa è sbagliato? Cosa?», Louis voleva così tanto capire. 
Lo sguardo di Harry precipitò di nuovo per terra. 
«Niente...», sussurrò. 
Louis a sorpresa gli afferrò il mento con una mano, un gesto un po' rude ma efficace, per costringerlo a guardarlo, «Che cosa è sbagliato?», insisté. "Dimmi che cosa ti passa per la testa", avrebbe voluto supplicarlo. 
Harry rimase immobile per parecchi secondi a fissare qualcosa nel volto di Louis, poi spalancò gli occhi e... arrossì? 
«Louis, per favore, davvero, lascia stare, non è niente...», tentò allora Harry evidentemente in una situazione difficile. Quanto avrebbe dato Louis per sapere cosa gli passava nella testa... 
«Tu mi staresti ignorando per niente?», domandò il grande, senza lasciare la presa la presa. 
«Non ti sto-». 
«Oh sì che stavi!» 
«Però adesso stiamo parlando...», osservò Harry. 
«Già, ti ho dovuto mettere al muro per avere una conversazione!», esclamò Louis. Harry arrossì di nuovo. "Perché?!" 
«Scusa?», provò il riccio dopo qualche secondo. 
Louis si illuminò, «Mi stai chiedendo scusa perché... non hai più intenzione di evitarmi?», chiese speranzoso. 
«Non lo so...» 
«Torneremo a frequentarci? A studiare assieme? A parlare?», continuò imperterrito. Gli mancava così tanto... 
Sul volto di Harry si dipinse la tipica espressione che, Louis ormai lo sapeva, assumeva quando cercava di prendere una difficile decisione dentro di sé. 
Louis decise che doveva intervenire, lui ed Harry non erano in grado di prendere decisioni giuste separatamente. 
«Harry, se ti preoccupa il "niente" di prima, ascolta, dai retta a me. Dimenticatelo. Ignoralo. Vai oltre! Qualunque cosa sia è evidente che a me non da fastidio, perché io ti voglio come amico, con tutto il niente sbagliato che questa cosa comporta! E se tu proprio non riesci a sopportarlo... fai finta che non ci sia, non pensarci, distraiti! Te ne dimenticherai», Louis era un esperto nel farlo e, poteva confermarlo, funzionava. Quasi sempre... 
Harry lo guardava con gli occhi spalancati e le labbra corrucciate. Louis non lo vedeva troppo convinto... 
...eppure: «Va bene», sussurrò Harry dopo qualche secondo. 
«Cosa?!» 
«Va bene... Ci provo, possiamo provarci», affermò timorosamente. 
«Davvero?», domandò Louis sbigottito. C'è l'aveva fatta? 
«Si...», c'è l'aveva veramente fatta?! 
«Quindi... Adesso siamo amici? Ufficialmente amici?», puntualizzò. 
«Se vuoi metterla così, direi che sì, siam-» 
«Harry!», Louis non lo lascio finire, e non pensò nemmeno al muro dietro le spalle di Harry, gli si lanciò semplicemente addosso aggrappandosi a mo' di koala. 
Ovviamente, qualcosa andò storto e precipitarono entrambi per terrà per terra. Harry si ritrovò con la testa dolorante (era appena stato schiantato contro una parete) e Louis col culo dolorante (non era caduto proprio bene). Però stavano ridendo, assieme, ed erano felici, assieme. Ed erano finalmente ufficialmente amici. 

Quello stesso pomeriggio recuperano l'intera settimana sprecata. Parlarono per ore, di tutto e di niente, seduti uno accanto all'altro nello stesso punto in cui erano precipitati, con le schiene contro il muro e le spalle che si sfioravano, troppo presi dal riabituarsi alle reciproche voci per alzarsi e andare in un posto più comodo. 
Per essere precisi: Louis parlò, ininterrottamente, senza mai smettere, perché temeva che non appena avrebbe smesso Harry se ne sarebbe andato e avrebbe di nuovo cambiato idea. Harry parlò poco, si limitò a rispondere timidamente alle domande di Louis e solo per brevi momenti si era lasciato trasportare in quei discorsi senza senso che erano soliti fare. Ma c'era tempo per riportare le cose come prima, non sarebbe bastata una settimana di silenzio per perdere mesi di confidenza. Per il momento Louis si accontentò degli occhi verdissimi di Harry che adesso lo guardavano di nuovo, cauti e timorosi, ma lo guardavano finalmente. E forse lì dentro c'erano tutte le parole che Harry non diceva, forse anche quelle che non ammetteva a sé stesso e Louis poteva vederle tutte. Ma non aveva abbastanza coraggio per interpretarle... 

Quando ormai il pomeriggio era volato via ed erano già scivolate fuori migliaia e migliaia di parole dalla bocca di Louis, quello decise che era il momento di riprendere l'argomento. 
«Harry, senti, prima... Perché eri così arrabbiato? Non era solo colma mia, giusto?», chiese Louis. Sentì Harry irrigidirsi e poi sbuffare, infine rispondere. 
«Ero con Zayn, prima di incontrarti. Lui...», Harry si interruppe per cercare le parole con cui proseguire. 
«Avete litigato?», suggerì Louis. 
«No, non proprio, solo... Ha tirato fuori delle questioni che non lo riguardavano... Voleva che facessi una cosa che... Non erano fatti suoi», spiegò Harry vagamente. 
Louis lo guardò interrogativo. 
«Mi da fastidio, che la gente si intrometta nella mia vita...», sussurrò. 
«Allora devi detestarmi davvero tanto, io me ne sono letteralmente appropriato», disse Louis con un sorriso. 
«Quello è diverso...» 
«Già... Quindi tu e Malik adesso siete in rotta?», chiese simulando contentezza. Non che gli ci volesse molto. 
«No, no, in fondo stava solo cercando di aiutarmi, suppongo... Ma io non voglio-» 
«Essere aiutato, lo so», concluse Louis, «Però... non pensi che forse a volte sia giusto così?» 
«No! E' la mia vita!», pretesto Harry. 
«Ma lui ci tiene a te! Si vede... per quanto mi dia fastidio. E quando le persone tengono a te, tendono a volere solo il tuo meglio...», buttò Louis. 
«Che vuoi dire?» 
«Dico che forse Zayn potrebbe avere ragione... Certo, non conosco la situazione, ma conosco te e so che hai la dannata tendenza a vedere sempre le cose nel modo peggiore possibile», fece Louis, cercando di insultarlo con quanta più delicatezza potesse. 
«Grazie tante...», bofonchiò il riccio. 
«Scusa», Louis sorrise della sua espressione corrucciata, «Ma è un dato di fatto». 
«Quindi, cosa dovrei fare?», chiese allora Harry, fissando Louis direttamente negli occhi aspettando, sperando in una risposta. E questo era proprio ciò che Louis voleva. "E' stato facile...". Cercò di non sentirsi troppo in colpa. 
«Non lo so, forse dovresti dare retta a Zayn... Se questa questione è qualcosa che ti ha fatto innervosire tanto da rivolgermi di nuovo la parola, allora è sicuramente qualcosa di grande e se è qualcosa che tu non vuoi fare, allora penso proprio che dovresti proprio farla». 
«In sostanza ti fidi più di Malik che di me!», lo accusò Harry. 
«No, semplicemente, a volte, ogni mille anni, succede un evento eccezionale: io e Malik vogliamo la stessa cosa», disse Louis. 
«Quale cosa?» 
«Ma che tu sia felice!», esclamò Louis con ovvietà. 
Harry arrossì di nuovo. Questa volta Louis non si fece troppe domande. 
Qualche minuto dopo: «Ci penserò...», sussurrò Harry fissando il pavimento. 
«Si?», domandò Louis, e fece davvero fatica a trattenere il suo entusiasmo. Forse ce l'aveva fatta. Lui e Malik, ce l'avevano fatta! Ma non poteva certo lasciarlo capire ad Harry... 
«Si...», confermò Harry. Louis decise che non c'era nulla di sospetto nel sorriso che gli stava illuminando il viso. 
«Bene, sono contento!», disse sinceramente. «Poi fammi sapere cosa decidi». 
«Okay...» 
In quel momento l'orologio suonò l'ora. «Cavolo! Dobbiamo andare a cena!», esclamò Louis sorpreso. Anche Harry sembrò stupirsi di come il tempo fosse volato. 
Louis si alzò in piedi con un balzo, poi porse una mano verso Harry, ancora seduto, e disse: «Andiamo?». 
Harry fissò la sua mano solo qualche secondo prima di accettare la presa e lasciarsi tirare su dall'altro. Louis ebbe l'impressione che la mano di Harry avesse tremato... 
«Forza, sbrighiamoci, altrimenti Liam si mangerà tutto senza di me!», disse. 
Sulla bocca di Harry si arricciò un vago sorriso. 
Louis aspettò che Harry gli fosse accanto prima di incamminarsi e anche mentre andava ogni tanto si voltò nella sua direzione, giusto per accertarsi che ci fosse e poi sorridere per niente. 
Aveva solo la fastidiosa sensazione di aver dimenticato qualcosa, decise di ignorarla, infondo c'era Harry e non gli serviva altro... 

Le cose avevano ripreso ad andare bene. Louis ed Harry erano amici, adesso veramente. Ed era vero, qualche mese prima avrebbe preferito lui stesso mantenere le distanze, evitare di promettere più di quanto potesse dare. Ma se l'unico modo per aiutare Harry era essere suo amico, allora era disposto a farlo, a costo di rimetterci lui stesso... 
Sapeva che qualcosa sarebbe andato storto, prima o poi, però fino ad allora avrebbe continuato a provarci, per Harry, solo per Harry. Peccato che fu molto "prima", piuttosto che "poi"... 







Anticipazioni: 

"Louis non ebbe nemmeno il tempo di dire una parola, la mano di Harry si mosse più veloce e lo schiaffo arrivò inaspettato e violento." 

"«Mi fidavo di te... mi fidavo ti te! E per tutto questo tempo tu... Sei un bastardo! E io ti odio, ti odio, ti odio!»" 






Angolo dell'autrice: 

Salve a tutti :) 
Ci ho messo un sacco, chiedo venia. Vorrei farmi perdonare con un capitolo meraviglioso, ma vi dovrete accontentare di questo. E' lungo, lento e non succede quasi nulla. 
Zayn e Louis si mettono d'accordo per fare in modo che Harry vada alla visita e sembra che ci stiano riuscendo. Si vedrà. Zayn è iperprotettivo nei confronti di Harry, mentre Louis è entrato in piena modalità "Salviamo Harry" e sembra disposto a farlo fregandosene di tutto e di tutti, compreso Harry stesso e comprese le proprie ragioni. Se notate, Louis fa tutto quello che fa "perché sì", "per Harry", ma non approfondisce la ragione profonde e anche quando vede il comportamento strano di Harry sembra rifiutarsi di cogliere certi segnali lampanti. Se Louis è nella fase del "ignora il problema", Harry è nella fase della non accettazione. Scoprire che forse, e non solo forse, Louis gli fa un certo effetto fisicamente l'ha confuso parecchio, diciamo che non sa come comportarsi e nel dubbio e nella paura ignora Louis. Ma capitola presto perché, be' intuitelo perché! Fatto sta che decide di provare a dar retta a Louis ed ascolta il suo consiglio: non ignorerà Louis, ma il problemino che Louis gli provoca. Ci riuscirà? 
Nel prossimo capitolo la questione "sentimentale" è rimandata, perché ormai stiamo arrivando al 26 Novembre e le cose si devono incasinare ancora. A proposito, amatemi, me e le mie anticipazioni. 

Sperando che qualcuno sia arrivato fino qui, grazie. Grazie per aver sopportato questo capitolo, grazie per aspettarmi, grazie perché vi piace questa storia. E poi grazie a chi mette tra le preferite/ricordate/seguite e grazie a chi lascia una recensione, davvero, non smetterò mai di dire quanto mi fanno piacere. 

Ora mi dileguo e vi saluto! 
Un abbraccio a chi lo vuole, 
Cost.

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Capitolo 23
*** Piano fallito ***




..In your skin.. 












Piano fallito (o ecco le conseguenze delle tue azioni) 


Le cose con Harry adesso andavano meravigliosamente, come se la settimana passata fosse stata solo una parentesi momentanea e dimenticata. Avevano ripreso a studiare, a fare ricerche senza risultati e a parlare, sopratutto a parlare. Era perfetto. 
Louis non capiva come fosse possibile andare tanto d'accordo con una persona così diversa. Semplicemente, lui ed Harry si bilanciavano. Sembrava che i silenzi di Harry fossero fatti apposta per accogliere i fiumi di parole di Louis, che i suoi occhi espressivi fossero nati per commentare le sue frasi a suon di sguardi e che le sue guance esistessero solo per illuminarsi di rosso alle sue battute. Era perfetto. 
Il problema era il resto del mondo.... 


Liam non aveva preso bene il fatto che Louis ed Harry avessero ricominciato a frequentarsi. 
Da quando Louis aveva avuto l'incidente Liam non aveva più perdonato Harry perché, per qualche ragione, lo reputava colpevole. In seguito le cose erano solo peggiorate... aveva iniziato a dire che la loro amicizia non avrebbe portato nulla di buono, che "non era sana" ed era stato quasi felice del loro litigio. Quando Louis martedì sera gli aveva annunciato che avevano fatto pace, Liam non si era mostrato affatto entusiasta, anzi, aveva lasciato intendere che sarebbe stato meglio se le cose sarebbero rimaste com'erano. Louis ci era rimasto- Perché Liam non capiva? Era il suo migliore amico, eppure non capiva. Louis poteva comprendere il risentimento, il fastidio, la rabbia, anche la gelosia, ma fino a quel punto? 
Liam aveva smesso di rimproverarlo solo quando Louis gli aveva confidato, a grandi linee, che doveva ancora essere amico di Harry per convincerlo a riprendere le sue cure, tanto per giustificare la loro rinnovata amicizia con una buona azione. Liam perdonava sempre le buone azione. Quella volta non era stato da meno, ma ogni volta che Louis tornava da un incontro col Serpeverde Liam lo guardava con disapprovazione. Ed era difficile... 


Il problema principale però era Eleanor. Non facevano che litigare da giorni. O meglio, non facevano che litigare da martedì, quando Louis si era accidentalmente dimenticato di lei e l'aveva lasciata fuori al freddo ad aspettarlo per ore. Non l'aveva fatto apposta, gli era solo passato di mente. Eleonor era del parere che «non dovrebbe passarti di mente la tua ragazza!» e forse non aveva tutti i torti... 
Nel corso dei vari litigi Eleanor aveva tirato fuori che da quando lui ed Harry si frequentavano Louis non avesse abbastanza tempo per lei e che sembrava si preoccupasse più di Harry che di lei. Non importava quante volte Louis ripetesse che non era così, la ragazza non gli credeva. D'altronde Louis era consapevole di mentire. Si rendeva conto che, in effetti, pensava più ad Harry che ad Eleanor, ma era solo perché aveva molte più cose di cui preoccuparsi per lui. Ed erano due questioni molto diverse. Perché Eleanor doveva mettere tutto allo stesso piano? 
Certo non poteva spiegarle i dettagli. E allora litigavano e il nome di Harry veniva tirato in ballo fin troppo spesso dove non avrebbe dovuto... 


Perché volevano tutti vedere nella loro amicizia qualcosa che non c'era? Perché doveva essere pericolosa, sbagliata, una perdita di tempo? Loro era semplicemente quello che erano. Nulla di più. 






Era il 22 novembre, una domenica, Louis era in sala grande a fare colazione seduto al tavolo dei Serpeverde, proprio accanto a Malik. Ovviamente aveva le sembianze di Harry Styles. 


Per una volta lo scambio non gli era dispiaciuto tanto, aveva giusto bisogno di una pausa dalla propria vita. L'unica cosa che lo preoccupava era sapere che Harry l'avrebbe subita al posto suo... Ma cosa poteva mai succedere? 


Louis era intento ad imburrare il suo panino, il panino di Harry, quando Zayn gli diede un lieve colpetto sulla spalla ed indicò un punto indefinito oltre la sua schiena. 
«Tomlinson ad ore dodici», lo informò. 
Louis si voltò nella direzione indicata e constatò che in effetti il suo corpo stava venendo verso di loro a passo veloce. Sembrava... 
«Sembra vagamente arrabbiato o è un impressione mia?», chiese Zayn e Louis ebbe la conferma di non essere l'unico ad averlo pensato. Sul proprio volto era dipinta un espressione a dir poco furente. E il bersaglio del suo sguardo assassino era... Lui. Ebbe una brutta, bruttissima, sensazione. 
«Sento puzza di guai...», sussurrò allora Zayn. 
Louis non fece in tempo a dargli ragione che Harry li aveva raggiunti. Lo aveva raggiunto. Si piazzò davanti a lui e lo fisso per alcuni secondi con un odio tale negli occhi che Louis non aveva mai visto. 
Louis non ebbe nemmeno il tempo di dire una parola, la mano di Harry si mosse più veloce e lo schiaffoarrivò inaspettato e violento. 
Il dolore pulsante alla guancia non tardò a farsi sentire, ma non fu niente rispetto al male che fecero le sue parole: «Mi fidavo di te... mi fidavo ti te! E per tutto questo tempo tu... Sei un bastardo! E io ti odio, ti odio, ti odio!», Harry vomitò fuori quelle parole sporcando la bocca di Louis di una rabbia sconosciuta ed improvvisa. Quelle parole sembrarono rimbombare nella stanza per molti minuti. 
«Harry...», Louis non riuscì a dire altro perché il suo corpo, ed Harry con esso, era già scappato via. 
Louis si ritrovò a fissare il nulla, con una mano sulla guancia dolorante di Harry e l'altra ad afferrare l'aria vuota davanti a sé, mille domande nella testa e un silenzio inquietante attorno. L'intera Sala Grande taceva e fissandolo si chiedeva per quale ragione Louis Tomlinson avesse potuto dare uno schiaffo a- chi era quel ragazzino? 
Anche lui si faceva la stessa domanda, ma non trovava una risposta. 
Si sentì prendere da uno sconforto terribile. Qualunque cosa fosse successa era molto peggio di ogni altra che avessero mai passato. Tutto quell'odio... Perché? Cosa aveva fatto per meritarselo? E soprattutto, come poteva affrontarlo? Ancora non sapeva quale fosse la sua colpa (per quanto ne avesse un'idea), eppure sentiva di non avere speranza per il perdono. Non quella volta, non dopo tanto rancore... 
«Ehi, hai intenzione di restare qui ancora molto?», fu Zayn a riscuoterlo. 
«Che?» 
«Devi seguirlo» 
«Io...» 
«Sbrigati!» 
Louis guardò gli occhi sicuri di Zayn e decise di credergli, di credere ad una speranza che non era la propria, ma che avrebbe tanto voluto avere. 
Si alzò e corse fuori dalla stanza. Doveva trovare sé stesso. Doveva trovare Harry. 






Lo aveva cercato ovunque, nella torre dei Grifondoro, nei sotterranei, perfino nel parco. Ma niente. 
Fu quando stava per perdere la speranza che gli venne l'illuminazione. 
Louis iniziò a correre su per le scale, una rampa dopo l'altra, piano dopo piano, fino al settimo. E poi trovò la Stanza delle Necessità. Si tuffò sulla porta e- era chiusa. Insolito. 
Louis appoggiò un orecchio sul legno, ma non sentì nulla. Eppure lo sapeva, lo sentiva che Harry era lì. 
«Harry...», sussurrò. Nessuna risposta. 
«Harry...», ripeté. Dalla Stanza rispondeva solo il silenzio. 
«Harry...!», chiamò un po' più forte e di nuovo nessuno rispose, però Louis lo sentì chiaramente: era stato solo un fruscio, stoffa che si scontrava appena contro il legno della porta, ma fu sufficiente per sapere che c'era qualcuno dall'altra parte. Il suo qualcuno. E probabilmente era appoggiato alla porta proprio come lui, aspettando che se ne andasse, pregando che se ne andasse, ma non riuscendo a resistere al richiamo di sé stesso. 
«Lo so che sei lì dentro, ti prego, aprimi!», riprese Louis, «Qualunque cosa sia successa io... Io posso spiegare...». 
«Harry, avanti, almeno di' qualcosa! Se tu mi parlassi potremmo capire cosa non va, potremmo... Ti giuro che non volevo farti del male, che tutto- L'ho fatto per te! Non dire che mi odi, Harry, perché io ti...», ma non seppe come continuare. 
«Forza, basta, esci!», Louis iniziò a battere i pugni contro la porta. Come se servisse a qualcosa. 
«Se non esci entro dieci secondi, giuro che schianto* la porta!», ma nemmeno quella minaccia sortì effetti. Bene, voleva il gioco duro? L'avrebbe avuto. 
«Guarda che lo faccio davvero! Uno...», "Speriamo che funzioni!" 
«Due... Harry ti conviene uscire!», non gli lasciava alternative... 
«Tre... », dovevano parlare! 
«Quattro... Ho preso la bacchetta!». 
«Cinque...», Louis controllò che non ci fosse nessuno a vederlo. 
«Sei... Harry....», ancora niente! 
«Sette...», chissà quanti punti avrebbero tolto a Serpeverde per per quello... 
«Otto», "Harry ti prego esci!" 
«Nove... Harry esci adesso o spostati!» 
«Die-». Lo scatto della serratura fu accolto da Louis con un sonoro "Grazie al cielo!" mentale. 
A quel punto una chiave girò alcune volte nella serratura, poi la maniglia si abbassò, la porta fu aperta e dall'interno di una stanza buia emerse il corpo di Louis. 
Louis lo capì appena lo vide, Harry aveva pianto, in fondo quelli erano i suoi occhi, li conosceva bene... Ma l'espressione che avevano, quella non la conosceva affatto sul suo viso. Era arrabbiata e ferita, tanto, troppo, ferita. Non da ultimo, sul suo volto c'era un cipiglio risoluto che Harry doveva proprio aver rubato dalle espressioni di Louis, personalizzandolo con un pizzico di disperazione. Il che lo rendeva molto più pericoloso... 
«Harr-». 
«No!», Harry lo interruppe bruscamente, «Tu forse non hai capito», cominciò. La voce di Louis suonava insolitamente lenta di rancore e nasale di pianto. «Adesso te lo dico una volta per tutte e non ho intenzione di ripeterlo: io non voglio più avere nulla a che fare con te», scandì. Louis sentì il cuore di Harry perdere un colpo al posto suo. 
«Sei stato la cosa più vicina ad un amico che io abbia mai avuto e avrei davvero voluto che funzionasse... perché mi fidavo di te. Ma era tutta una menzogna. Tu mi hai mentito, mi hai imbrogliato». 
«Io...» 
«Da quanto? Da quanto lo sai? Settimane, mesi? O forse l'hai sempre saputo?!», Louis cercò di parlare ma l'altro non gliene diede modo e riprese: «In effetti spiegherebbe molte cose... Oh, sono stato così stupido... Avrei dovuto capirlo! Perché uno come te avrebbe dovuto accettare di essere amico di uno come me?!» 
«Che diamine stai-?» 
«Stai zitto! Parlo io adesso!», sbottò Harry. Louis si spaventò. Harry stava piano piano perdendo la calma e adesso c'era qualcosa in lui che gli ricordava tanto quella notte in infermeria... La paura che provava era la stessa. 
Harry ricominciò: «Se non ci fosse stata questa cosa dello scambio non mi avresti mai rivolto la parola, lo so, è ovvio... Allora per quale motivo avresti dovuto farlo anche quando non eravamo obbligati? Tu hai la tua vita perfetta, con la tua ragazza perfetta, il tuo migliore amico perfetto e il tuo ruolo perfetto di bravo ragazzo, bravo studente e bravo giocatore. Dove c'è un posto per me in tutto questo? Io sono Harry-disastro-Styles, quello invisibile, quello che la gente addita solo per sussurrargli alle spalle "magonò", quello che non è in grado di far nulla. Come ho fatto a credere che tu potessi volere una persona del genere nella tua vita? Forse, ci speravo troppo per vedere la realtà...» 
«Harry, lasciami spiegare, a me non importa nulla di cosa sei o di cosa dicono gli altri! Sei perfetto così, io volevo solo essere tuo amico perché-» 
«La tua era solo pietà! Tu non volevi essere mio amico, volevi fare un atto di carità! Lo so che ti facevo pena... Forse credevi addirittura di farmi un favore. Cos'è, hai pensato che avessi bisogno del tuo aiuto, che avresti reso la mia vita migliore? Bene, allora lascia che ti liberi da questo peso: io non ho bisogno di te e della tua compassione. E' tutto un casino, ma non posso farci nulla e di certo non puoi tu! E' il mio casino, è la mia vita, tu non avevi e non avrai mai nessun diritto di intrometterti!» 
«Ma io non-» 
«Lo so cosa stai facendo! So tutto del tuo stupido piano con Zayn! Credevate di fregarmi?! Cred-» 
«Fregarti? Noi volevamo aiutarti!», sbottò Louis interrompendolo. 
«Non ne avevate il diritto! Mi avete preso in giro, eravate d'accordo... Martedì... Tu lo sapevi!», Harry spalancò gli occhi di Louis, sconvolto da quell'ulteriore realizzazione, «Tu lo sapevi che avevo discusso con Zayn! E sapevi anche il perché... Non aspettavi altro che...» 
«No, non è andata così! Ti stai sbagliando su tutto!», gridò Louis. 
«E-» 
«Aspetta, lascia parlare me ora!», Louis non aspettò di ricevere un assenso che non avrebbe avuto, alzò la voce di Harry e iniziò a parlare: «Io non sapevo niente fino ad un mese fa, di te, intendo... Ti ricordi quando sei rimasto in infermeria per il braccio rotto? Quella volta ho sentito l'Infermiera parlarti e nominare il San Mungo... Mi sono preoccupato. Tu non l'avresti fatto? A quel punto dovevo fare qualcosa, dovevo scoprire....» 
«E allora sei andato a chiedere ad altre persone! Tu dovevi parlarne con me 
«No, perché tu... Tu non me l'avresti detto! Non mi hai mai voluto dire niente di te, niente di niente, e ogni volta che ho provato a domandare qualcosa tu ti chiudevi in te stesso per ore, come se ti avessi fatto un affronto, come se ti avessi fatto del male... Allora ho cercato un altro modo». 
«Sarai contento di sapere che così di male me ne hai fatto molto di più», sibilò. 
«Harry... Io volevo solo... Tu non avresti mai lasciato che io facessi qualcosa per te, ma lo volevo così tanto... Lo volevo per te!». 
Più Louis parlava e più l'espressione di Harry, sul viso di Louis, si faceva furente, come se sentisse parole completamente diverse da quelle che l'altro pronunciava. 
«E cos'hai fatto? Mi hai mentito, mi hai imbrigliato! E sai qual è la cosa peggiore? Io te ne volevo parlare», gli sfuggì una risata amara, «Ero disposto a raccontarti tutta la verità, con le mie parole..». 
Louis sentì le gambe cedergli dopo quella confessione. Il peso della consapevolezza che aveva rovinato tutto si fece sempre più insopportabile. 
«E invece hai preferito fare le cose di nascosto e chiedere ad altri... Chissà cosa ti hanno raccontato... Mentre io ti guardavo e decidevo che forse valeva la pena rischiare, tu mi vedevi con gli occhi velati dalle parole di altri. Cos'ero diventato ai tuoi occhi? Un caso umano? Un mostro? Un pazzo?» 
«Harry, no, no, no, credimi, ti giuro che non è così, non è così!», Louis cercò di fare un passo nella sua direzione, ma quello arretrò e gli lanciò uno sguardo carico di disprezzo. 
«Non. Osare. Avvicinarti.», le parole sapevano di veleno. 
«Harry...» 
«Basta "Harry", non c'è più nessun "Harry" per te! D'ora in poi puoi tornare a fingere che io non esista. Sei felice Louis? Sei libero adesso! Puoi riavere la tua vita!». 
«Smettila, non voglio... Io voglio te!», la bocca di Harry riversava per Louis parole tremolanti e spezzate. 
Harry proseguì come se non avesse udito le parole che la sua vecchia voce aveva ammesso con tanta fatica: «Adesso, oltre a questa maledizione, fra noi non c'è più niente», dichiarò. 
«Non puoi essere serio...» 
«Sono serissimo», e lo era. Tanto da far male. Tanto da far far bruciare gli occhi verdi di Louis. 
«Dimmi... Dimmi almeno che andrai alla visita... Almeno questo...», tentò in extremis. Se quella era davvero la fine, Louis doveva cercare di portare a compimento lo scopo per il quale stava perdendo tutto. O avrebbe perso invano. 
Sul viso di Louis si dipinse un sorriso malsano e spietato: «Puoi scordartelo». Furono le ultime parole che Harry gli rivolse quel giorno. Le ultime per molti giorni. Harry lo lasciò con uno sguardo rancoroso, poi Louis si ritrovò solo in mezzo al corridoio, con le gambe di Harry troppo deboli per sostenerlo. 
Cadendo in ginocchio, esalò dalle labbra il suo pensiero più assillante: «Dio, che cosa ho fatto...» 






Venne fuori che era stato Liam a rivelare tutto ad Harry, ma solo per errore... 
Quella domenica mattina, poco prima del disastro, Liam aveva chiesto a Louis come andasse il piano con Harry. Peccato che Louis era Harry. Gli erano bastate poche domande per scoprire cosa Louis stesse architettando e in poco tempo era giunto alle sue conclusioni, il resto è tragica storia. 
Louis non ce l'aveva con Liam, ovviamente, sapeva che se c'era qualcuno da incolpare era lui stesso. Sapeva fin da subito che il suo comportamento avrebbe portato delle conseguenze, solo... Forse sperava che Harry sarebbe stato più comprensivo o forse sperava semplicemente che non lo avrebbe scoperto mai. Più l'ultima in realtà. 
E adesso scontava la sua punizione. 
Le parole di Harry gli tornavano alla mente in continuazione; cercava di distrarsi, di non pensarci, ma quelle venivano sempre a tormentarlo. Ciò che faceva più male non erano le parole in sé, ma l'idea che probabilmente Harry le avesse sempre avute dentro la sua testa, che avesse sempre avuto paura che fossero vere e Louis le aveva involutamente confermate. Harry si era fidato di lui sfidando la propria coscienza crudele che gli diceva di non meritare nulla e aveva creduto nella loro amicizia. E Louis non solo aveva rovinato un'amicizia, ma aveva anche dato ragione alla coscienza crudele di Harry. 
Louis poteva perdonarsi per aver mentito ad Harry, ma non riusciva proprio a farlo per avergli messo in testa certi pensieri... Harry ce l'aveva con lui per averlo illuso, ma aveva accettato fin troppo facilmente che non fosse degno di un'amicizia vera. Ed era tutto sbagliato, perché Harry la meritava, meritava tutte le cose belle del mondo, non perché era "un caso umano", ma perché era un "essere umano" e tutti meritano di essere felici. E per Louis era molto di più, poiché voleva essere la persona che lo avrebbe reso felice 
Ma l'aveva capito troppo tardi... 
Era ridicolo. Teneva ad Harry così tanto e non l'aveva nemmeno compreso veramente. Anche quando glielo aveva gridato e sussurrato contro nell'ultimo tentativo di farsi perdonare, nemmeno allora aveva realizzato quanto le parole che pronunciava fossero vere; erano venute da sole, arrivando alla bocca direttamente dal cuore senza passare per la testa. 
Poi nei giorni seguenti era venuto il dolore. Troppo dolore. Una tristezza mista a senso di colpa e rabbia e nostalgia. Una nostalgia terribile e tormentosa, perché sapeva che questa volta era destinata a durare. Solo allora aveva realizzato che tutto ciò che aveva detto era vero, dannatamente vero da far male: Harry era perfetto, forse non per il mondo, ma era perfetto per lui. Harry era parte integrante della sua vita, una parte un inaspettata, ma ben accolta. Per Harry avrebbe fatto tutto e voleva fare di tutto, ancora, perché qualcosa dentro di lui gli diceva che doveva farlo. Peccato confessarglielo a quel punto fosse stato inutile... 
Se solo Louis fosse stato più coraggioso, se solo non fosse stato così spaventato dai propri sentimenti, forse se li avesse ammessi prima, tutti quei problemi non ci sarebbero stati. Se avesse detto ad Harry quanto era importante, forse ora non crederebbe che tutto ciò che c'era, o meglio c'era stato, tra loro era stata solo una menzogna. 
E invece Louis aveva sbagliato tutto, perché era il più codardo e bugiardo dei Grifondoro e c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò. Ma c'era qualcosa di sbagliato anche in quella dannata amicizia che lo faceva soffrire così tanto, però non gliene importava più, non di questo, voleva solo indietro quella dolorosa amicizia. Voleva Harry. 
Ma ora Harry non lo guardava più, non lo vedeva più. Anzi, Harry non vedeva proprio niente ormai da giorni; se ne stava sempre solo, non si sedeva più nemmeno con Malik e i suoi amici, non parlava a nessuno, non ascoltava nessuno, si aggirava come un fantasma per il castello, come un fantasma di quello che era assieme a Louis e che Louis stesso aveva strappato via. 
Era forse così prima che si conoscessero? Louis non lo sapeva... Ma gli faceva male al petto vedere quel ragazzo dagli occhi freddi e spenti aggirarsi per la scuola. Sperava in po' di tristezza, in po' di lacrime a tormentargli gli occhi verdi, ma niente. Non c'era più niente che turbasse il volto di Harry ed era colpa di Louis. 
La sua ultima colpa era che non stava facendo nulla. Nulla per mettere le cose a posto, nulla per spiegare, nulla per farsi perdonare, nulla per aiutare Harry. Non ci riusciva. Ogni volta che lo vedeva sentiva ogni forza svanirgli, diventava debole e incapace, piccolo e pieno di paura. Vedeva Harry e a stento lo riconosceva e lo assaliva la sensazione che fosse tutto perduto. 
Non sapeva più cosa fare. Aveva solo una certezza: vivere così faceva troppo male. 






Quando Louis si svegliò il 26 Novembre era perfettamente conscio di che giorno fosse e di cosa dovesse succedere ed era tanto preso da quel pensiero che impiegò alcuni minuti a realizzare dove si trovasse: era nei sotterranei di Serpeverde. Quindi, era Harry. 
Era il 26 Novembre e Louis era Harry. 
Per la prima volta dopo giorni di confusione, seppe chiaramente cosa doveva fare. 
Forse non c'era più nulla da fare per la loro amicizia... ma poteva ancora fare qualcosa per Harry. 






Louis era quasi giunto all'uscita della scuola, ancora pochi passi e- 
«Dove stai andando?!», una voce tremendamente familiare lo sorprese alle spalle. 
Si girò lentamente e infine si ritrovò faccia a faccia con sé stesso, o meglio, con Harry. Aveva un'espressione furente. 
Da quanto non vedeva sul suo volto un'emozione? Da quanto non gli rivolgeva la parola? Troppo. Peccato che quello fosse il peggiore dei modi per ricominciare a farlo. 
Louis se ne stava andando, stava portando via il corpo di Harry senza il suo consenso, ed era stato scoperto. Harry non sembrava starla prendendo bene. 
«Ecco, io...», tentò Louis. Furono le prime parole che pronunciò quel giorno e provò una strana gioia nel sentire la voce di Harry. 
«Ti ho chiesto: dove stai andando?!», ripeté Harry alzando la voce. 
«Sto andando al San Mungo», ammise Louis senza girarci attorno. 
«Tu non puoi farlo!» 
«Mi dispiace, ma lo sto facendo» 
«No, non hai capito, tu non hai il permesso di farlo!», sbraitò Harry. Non era incazzato, di più. 
«Harry, io devo farlo!» 
«Non devi fare un bel niente! E' la mia vita, tu non puoi permetterti di- E' la mia fottuta vita!», ribadì Harry con le guance rosse di rabbia. 
«Lo so Harry, lo so che è tua e che non ho il diritto di fare quello che sto facendo. Ma ci tengo così tanto, a te e alla tua vita, che devo farlo!» 
«No... No! Tu... Se osi intrometterti io-» 
«Tu che cosa? Non mi parli più? Non mi perdonerai mai? Non sarai più mio amico? Mi spiace, ma siamo già quel punto», osservò Louis amaramente. 
«Louis, Louis tu non puoi farlo...», ora la voce che usciva dalla bocca di Louis fondeva assieme rabbia e supplica. 
«Non posso, ma lo farò. E lo sai perché? Perché io ti ho già perso, ma non posso sopportare che tu perda te stesso. Adoravo la nostra amicizia, che tu ci creda o no, mi è sempre piaciuta fin da subito e vorrei poterti dire la ragione, ma certe cose sono semplicemente così e basta. Non centrava la pietà, non centravano le parole degli altri, io ho sempre visto solo te e mi piaceva quello che vedevo. Solo che adesso non lo vedo più... E mi dispiace così tanto!», Louis prese una breve pausa per osservare la reazione di Harry. Se ne stava immobile, con gli occhi azzurri a fissarlo, più spaventati che arrabbiati. 
Louis riprese prima che l'altro si riavesse: «Ho passato giorni a chiedermi che cosa potevo fare, senza giungere a nessuna conclusione. Poi questa mattina mi sono svegliato ed ecco! la mia possibilità. Forse non potrò mai più riavere la nostra amicizia, forse me la sto giocando definitivamente, ma voglio fare qualcosa per te, un ultima cosa per farti stare bene. E davvero Harry mi dispiace tanto per averti fatto stare male, ma adesso io devo andare, che tu lo voglia o no. Devo andare e spero di cuore che questo serva a qualcosa per te. Devo andare, anche se non ne ho il diritto», concluse. 
«Tu... Non... Non...», la rabbia stava tornando. 
«Scusami...», Louis gli girò le spalle e si diresse in fretta verso la porta. 
Pessima idea. 
La spinta lo sorprese alle spalle, tanto inaspettata da farlo incespicare sulle lunghe gambe e farlo capitolare a terra con un tonfo. Forse se l'era meritata. 
«Non te lo lascerò fare», minacciò Harry. 
Il calcio che lo colpì dopo non era certo di esserselo meritato altrettanto. 
Louis rimase a terra qualche secondo, mentre altri calci seguirono il primo e la sua mente si rifiutava di credere che Harry lo stesse picchiando. (In teoria stava picchiando sé stesso, ma ora era Louis a doverlo sopportare). 
Un calcio più forte degli altri fianco destro lo fece riscuotere, così si alzò in fretta a sedere e si aggrappò alle gambe di Harry (le proprie) e lo trascinò giù con sé. Ora erano entrambi a terra, ma Louis sapeva che Harry era in vantaggio perché il corpo di Louis era più allenato. 
«Harry, ti prego, non dobbiamo-», un pugno allo stomaco gli strappò via l'aria e le parole. 
Harry non sembrava affatto intenzionato a parlare. 
Louis doveva reagire e se con la forza non poteva batterlo... Doveva barare. 
Gli afferrò i capelli con un pugno, sollevò un ginocchio e glielo spinse nello stomaco con quanta forza potesse. Dall'espressione che si dipinse sul suo vecchio volto intuì che doveva aver fatto parecchio male. 
Ma Harry non si diede per vinto; aveva ancora le braccia libere e le usava, colpiva l'altro con forza in ogni punto che trovava; non seguiva una logica, ma funzionava. 
Louis era in ritardo e non riusciva a parare tutti i colpi... A quel punto doveva giocare l'ultima carta. 
Alzò nuovamente il ginocchio, ma Harry non si fece cogliere impreparato e coprì la pancia con le braccia. Peccato che questa volta Louis mirasse ad altro... 
«Perdonami» e sferrò il calcio. 
Harry si accasciò con un verso acuto e soffocato, stringendo le mani attorno alla parte lesa. Se Louis da quel giorno non avrebbe più potuto avere bambini, avrebbe dovuto incolpare solo sé stesso. 
Louis si rialzò sulle ginocchia, dando una sistemata ai capelli e ai vestiti, poi si piegò sul proprio corpo ferito e gli sussurrò all'orecchio un «Lo faccio solo per te», poi si alzò e se ne andò. 








(*Per chi non conosce bene HP, lo "schiantesimo" è un incantesimo per colpire oggetti o persone) 














Anticipazioni: 


"Erano passate due settimane, Harry si era fatto coraggio e aveva ripreso a vivere la sua vita, mentre Louis... Louis della propria non sapeva più che farsene" 














Angolo dell'autrice: 


Ecco il cataclisma, quasi otto pagine di tragedia, anche conosciute come "il ventitreesimo capitolo". (Caspita, stiamo già al 23! Comunque...), ve lo aspettavate, giusto? Ma, fino a che punto ve lo aspettavate? E come credete che si risolveranno le cose? 
Harry si è arrabbiato non poco e si è sentito tradito. Louis... Louis inizia è preso da un terribile senso di colpa e sconforto che però porta a qualcosa di buono: finalmente inizia ad ammettere i propri sentimenti! Peccato che Harry ora non voglia stare a sentirlo... 
Alla fine del capitolo, nel ultimo tentativo di fare qualcosa di buono per Harry, Louis decide di andare alla visita al posto suo e pur di riuscirci si tira un calcio nelle palle, che caro. Ora, io non dovrei dirvelo, ma ve lo dico: nella mia testa, dopo quel "Lo faccio per te" alla fine, c'era un bacio! Uno sfioramento leggero, ma c'era (con tanto di farfalle, luce bianca e coro angelico). Però non potevo metterlo, non era ancora il momento ç_ç Ora, odiatemi ancora di più. 
Vi lascio con una buona notizia: risolto questo momento di crisi le cose potranno finalmente prendere una direzione Larry (per rendere l'idea), quindi resistete, manca poco! 


Prima di andarmene ringrazio immensamente tutti quanti, quelli che leggono, quelli che mettono la storia tra preferite/da ricordare/seguite. E poi... Lo sapete che lo scorso capitolo è arrivato a nove recensioni? NOVE?? Ma capite che palpitazione? Io, davvero, non ho parole per dirvi quanto mi facciate piacere, solo... Grazie infinite! 


Un saluto e alla prossima! 
Cost. 

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Capitolo 24
*** Un buon amico ***


 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 
 
 
Un buon amico (o la dolorosa attesa dell'amicizia perduta)
 
Ciao Harry,
dovrei dirti chi sono, ma ho paura che appena lo farò tu straccerai questa lettera... Non sono certo di avere il permesso di scriverti, ma lo faccio lo stesso. E' importante, quindi ti prego, leggi quello che ho da dirti, poi strappa pure la lettera.
Sono Louis, ma ormai l'avevi capito, no? Sono appena tornato dall'ospedale e voglio riferirti cos'è successo. Giuro che non tirerò fuori argomenti fastidiosi (tipo chiederti perdono ancora una volta o cercare di spiegarti che non volevo prenderti in giro).
Allora... Innanzitutto il nostro segreto è al sicuro, nessuno si è accorto che io ero te (il che mi fa definitivamente supporre che ci siamo beccati proprio un brutto incantesimo). Poi, mi hanno rivoltato come un calzino. Cioè, hanno rivoltato te. Mi hanno fatto un sacco di esami, test, roba così, sono rimasto rinchiuso in ambulatorio per tre ore. E' stato palloso e imbarazzante e ho dovuto inventare una scusa sul perché sembrassi appena uscito da una rissa (cosa vera tra l'altro, come ben sai). Non so come siano andati gli esami, i dottori non hanno voluto sbilanciarsi. Sinceramente l'ho trovato frustrante. Non te l'ho mai detto (ed è una di quelle cose che avrei dovuto dirti e non l'ho fatto) ma fare incantesimi quando sono te è... difficile. Penso tu sappia cosa intendo. Per questo mi ha dato fastidio vedere la mia bacchetta e la mia magia essere messe sotto esame, ti fa sentire molto più... Molto meno di quello che sei. Credo di capire, in parte, perché tu non ci volessi andare.
I dottori mi hanno anche rimproverato, perché «Non rispondi alle nostre comunicazioni da cinque mesi!». Però sono stati gentili. In particolare, c'era una certa Dottoressa Jones che sembrava piuttosto felice di vederti. A proposito, mi ha chiesto se volevo andare a trovare Kate, ma ho rifiutato, non preoccuparti, non volevo intromettermi ulteriormente nelle tue cose...
I medici hanno detto che riceverò presto i risultati delle analisi, che tu li riceverai, insieme alla data del prossimo appuntamento. Ti prego, quando arrivano dacci almeno un'occhiata... Questo era solo un controllo generale, serviranno altri incontri per ottenere dei risultati (è quello che hanno detto). Ah, hanno detto anche che ti assegneranno un appuntamento col Dr. Clark... (Mi sono segnato tutto!)
Harry, forse andare oggi è stato tutto inutile... Voglio dire, sono certo che sia stato utile, ma speravo fosse più efficace, invece serviranno ancora molte visite e non posso sperare ogni volta nello scambio per farti essere presente. In pratica dipende tutto da te, come è giusto che sia. Quindi ti prego, pensa bene al da farsi... Non pensare a quanto io sia stato idiota, pensa solo a quanto potrebbe servirti.
E' da quando ho iniziato la lettera che sto pensando se dirti o non dirti un'altra cosa, ma ho già appurato che a non dirtele combino solo disastri, quindi... Oggi, all'ospedale, è successo un fatto strano. Stavo passando per un corridoio, quando ho sentito qualcuno gridare il mio nome, il tuo. C'era una donna seduta su una panchina che mi fissava. Harry, come mi fissava! Era lei a chiamarmi. Allora mi sono avvicinato... Ma quando le sono arrivato di fronte ha iniziato ad urlare "Tu non sei Harry! Dov'è il mio Harry? Ridatemi il mio Harry!"... E' stato... Non so nemmeno come definirlo. Strano senza dubbio. Era come se lui sapesse che non ero te! Ma la cosa più strana di tutte era però che... Harry, quella donna ti assomigliava! E, diamine, non dovrei dirtelo, ma io ho pensato che lei potesse essere... No, è impossibile, giusto? Scusa, non voglio farti stare male, ma mi avevano detto che tua madre si era... Comunque, è arrivata un'infermiera e l'ha portata via.
Harry, sai che questa è la lettera più lunga che io abbia mai scritto? No, anzi, credo che sia proprio la prima che io abbia mai scritto! E chissà se tu la stai leggendo... Ma se sei arrivato fino qui forse posso sperare che mi sopporterai ancora un po'? Io continuo e, tanto per fartelo sapere, sto per rompere il giuramento che ho fatto all'inizio.
Scusa Harry, mi dispiace tanto, per tutto, per averti mentito, per avere fatto le cose alle tue spalle, ma sopratutto mi dispiace per averti fatto credere che tu non sia importante come in effetti sei. Tutto ciò che ho fatto... E' vero, all'inizio ero molto curioso, ma poi mi sono preoccupato seriamente, non perché eri preoccupante, ma perché meritavi la mia preoccupazione (non so se ha senso). Intendiamoci, se tu non fossi stato tu, non me ne sarebbe fregato nulla dei tuoi problemi. Non sono mica un Tassorosso! Ma tu eri tu, ed era tutta un'altra storia... Lo so che se non fosse stato per la nostra maledizione non ti avrei nemmeno conosciuto, ma la maledizione c'è ed è una delle cose più belle che mi sia mai capitate. Oh, Harry, tu non puoi capire che cosa mi hai fatto! Ti conosco da meno di tre mesi eppure sei diventato parte integrante della mia vita, tanto integrante che adesso che non ci sei più... Mi manchi. Ora che non ci sei ti rivoglio indietro, perché io ho bisogno di te e lo so che sono un egoista e che dovevo dirtelo prima, ma non ci riuscivo...
Okay, adesso sto cadendo nel patetico, spero che nessuno oltre a te legga mai questa lettera, altrimenti la mia reputazione si andrà a far benedire. Me ne vado prima di umiliarmi ulteriormente, però sappi che penso ogni singola umiliante cosa che ti ho scritto, quindi tu, magari, pensaci su...
Ciao Harry.
Louis Tomlinson
 
P.s.: Senti, Malik non centra niente con 'sto casino, l'avevo convinto io ad aiutarmi a convincerti, ma, davvero, l'ha fatto con intenzioni migliori delle mie. E' un buon amico, tientelo stretto. (E non dirgli che l'ho detto!)
 
P.p.s: Harry, ti voglio bene.
 
 
 
 
Era il 10 Dicembre ed erano passate due settimane da quando Louis aveva scritto la lettera ad Harry.
Due infinite e terribili settimane in cui non era successo niente, niente di niente.
Louis non sapeva se Harry avesse letto la lettera, non sapeva nemmeno se l'aveva ricevuta, e ovviamente non aveva avuto alcuna risposta; non che se l'aspettasse. Da aggiungere alla troppo lunga lista di cose che non sapeva c'era, al primo posto, se Harry avesse intenzione di perdonarlo; secondo, se Harry si ricordasse ancora della sua esistenza; terzo, qualcosa che non gli veniva in mente ma che, tanto per cambiare, aveva a che fare con Harry.
In quelle settimane Louis era precipitato in un perenne stato di angoscia e attesa di qualcosa che non sembrava intenzionato ad arrivare. Stava diventando insopportabile. Era insopportabile non poter salutare Harry nei corridoi, non potergli rovesciare addosso tutte le proprie frustrazioni quotidiane, non poterlo infastidire, punzecchiare, farlo imbarazzare, toccare. Gli mancava anche solo poter posare gli occhi sulla sua figura e riposare lo sguardo sui suoi tratti. Gli mancava tutto e la mancanza lo corrodeva.
Le poche volte che c'era stato lo scambio avevano continuato a comportarsi come sconosciuti, per quanto uno nel corpo dell'altro. Louis aveva passato quei giorni davanti allo specchio o sdraiato sul letto stringendosi tra le proprie stesse braccia o a parlare da solo come un pazzo, solo per sentire la voce di Harry. E non era riuscito ad impedirsi di domandarsi se Harry stesse facendo lo stesso...
 
Le cose non andavano bene. A dirla tutta, le cose andavano proprio male.
 
La sua vita sociale si stava lentamente sgretolando: Louis non ce la faceva più a stare con la gente. Lui, che era sempre stato una persona estroversa e socievole, adesso passava tutti i pomeriggi rinchiuso in camera a guardare il soffitto. Ed era molto preoccupante. Non è che si fosse improvvisamente stancato delle persone o che non sapesse più di cosa parlare... Era solo che non voleva parlare con loro.
Non sapeva bene quando, ma doveva essersi innescato un contorto meccanismo dentro di lui per il quale le cose nella sua mente dovevano prima passare per Harry e poi riversarsi nel mondo. E senza Harry il meccanismo non funzionava. Prima come faceva?
Questo suo disinteresse per la vita non era rimasto senza conseguenze: era riuscito a prendere cinque *Troll in due settimane (un record anche per lui) e agli allenamenti - quando ci andava - riusciva a stendo ad afferrare la Pluffa, figuriamoci mandarla nell'anello...
Ma se c'era qualcosa che andava peggio della sua vita sociale, di quella scolastica e di quella sportiva, era indubbiamente la sua vita (un tempo) sentimentale.
Eleonor non lo sopportava più, continuava a ripetergli che «Sei cambiato, non sei più lo stesso! Louis, ma a cosa stai pensando?!», era snervante. Lui ci provava, seriamente, a non pensare ad Harry o per lo meno di pensare anche ad altro (tipo la sua ragazza), ma non ci riusciva! Non ci riusciva...
 
Se solo quattro mesi prima qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ridotto così per un amico, non gli avrebbe creduto. Lui non era certo uno che si affezionava troppo o subito! Oltre alla sua famiglia e Danny forse Liam, considerava tutti gli altri come gente di passaggio. Anche Harry era passato (e andato), eppure perché non riusciva ad accettarlo?
Con frustrante sorpresa di Louis, Harry invece dopo solo due settimane sembrava averlo accettato fin troppo bene.... All'inizio Louis era stato felice di vedere che Harry aveva abbandonato quel angosciante sguardo vuoto e aveva ripreso a comportarsi normalmente. Poi Harry aveva ricominciato a frequentare Malik e Louis era stato felice anche di quello, anzi, lo aveva interpretato come una prova palese del fatto che avesse considerato la sua lettera. Solo che, nelle sue fantasie mentali, dopo il perdono di Malik veniva conseguentemente il proprio e invece... Perché Zayn sì e lui no?!
Perché lui no?
 
Riassumendo, erano passate due settimane, Harry si era fatto coraggio e aveva ripreso a vivere la sua vita, mentre Louis... Louis della propria non sapeva più che farsene.
 
 
 
 
Liam era preoccupato.
Louis aveva smesso di uscire, non apriva un libro da giorni, dava buca agli allenamenti, si rifiutava di mangiare si rifiutava di parlare, la notte non dormiva e quando lo faceva il suo sonno era tempestato da incubi e farneticamenti che ripetevano un solo nome. Harry. Harry che era sparito di punto in bianco dalla vita di Louis.
Liam era confuso. Si era perso qualche passaggio. Sapeva che Harry e Louis avevano discusso, poi avevano fatto pace, poi Louis aveva tirato pubblicamente uno schiaffo ad Harry (senza dare spiegazioni), però il giorno dopo quello con la faccia di uno preso a schiaffi era Louis stesso. Pochi giorni dopo uno schiaffo doveva esserselo preso di sicuro (forse anche di più) perché era ritornato pieno di lividi e con una vocetta più acuta del solito. A quel punto era iniziata la tragedia.
In sette anni che conosceva Louis Tomlinson, Liam non lo aveva mai, mai, visto in quelle condizioni. Non lo riconosceva più. E stava così per...
Adesso Liam ce l'aveva con Harry ancor più di quanto ce l'avesse prima. Certo aveva intuito che il responsabile di tutta quella situazione fosse Louis e non l'altro (Louis non faceva che ripetere di aver rovinato tutto), ma non riusciva comunque a perdonare il Serpeverde per come avesse stravolto la vita di Louis. Ora più che mai era evidente che l'amicizia tra Harry e Louis fosse un po' troppo strana per essere effettivamente chiamata tale e Liam ne era terribilmente preoccupato...
Solo che il tempo passava e Louis peggiorava e allora Liam aveva dovuto fare un bilancio delle sue preoccupazioni. Era venuto fuori che era molto peggio vederlo così che saperlo a fare chissà cosa con Harry Styles. Almeno nell'ultimo caso almeno era felice.
E Liam, che era un buon amico, decise che arrivato il momento di fare qualcosa.
 
Il 10 Dicembre fu il giorno in cui Liam Payne si stufò definitivamente di quella situazione.
Rivoleva indietro il suo migliore amico, perché non se ne faceva niente di quel fantoccio infelice che portava solo il suo stesso nome. E se per riaverlo avrebbe dovuto supplicare Harry Styles, allora l'avrebbe fatto. Più o meno.
 
 
 
 
Il pomeriggio del 10 Dicembre Harry se ne stava in biblioteca a studiare. Teoricamente stava anche aspettando Zayn, ma era un po' in ritardo. Tipo di due ore. Conoscendolo si era addormentato.
Quando sentì la sedia di fronte a lui venir spostata pensò che Zayn fosse finalmente arrivato, ma alzando gli occhi con suo immenso stupore si ritrovò di fronte Liam Payne.
«Ciao Harry», lo salutò subito con il suo solito tono cortese.
Harry gli dedicò in cambio un'occhiata sospettosa.
«Tranquillo», fece Liam sorridendo, «Non mi manda nessuno» e quel "nessuno" sapeva così tanto di Louis...
«Perché sei qui?», chiese Harry bruscamente.
«Vorrei parlarti», spiego Liam, non riuscendo a nascondere il nervosismo della sua voce.
«Abbiamo qualcosa da dirci?», da quanto risultava ad Harry, Liam non era molto benevolo nei suoi confronti (gliel'aveva detto chiaramente qualche giorno prima, o meglio, l'aveva detto a Louis quando Harry era nel suo corpo).
«Più di quanto vorrei in effetti...», ammise.
«Senti, se sei qui per chiedermi di-»
«No, aspetta, lasciami parlare, per favore», prese una pausa, poi: «Io non ce la faccio più», ammise. «Non so più cosa fare con Louis. Da quando non vi parlate... è cambiato, è un'altra persona e io... Vorrei aiutarlo, ma non so proprio come aiutare quella persona», l'improvvisa confessione turbò appena Harry.
«E perché lo vieni a dire a me?», Harry si sforzò per pronunciare quelle parole con la freddezza che voleva.
«Perché?! Ma perché tu... Non puoi, che ne so, fare qualcosa?»
Finalmente Harry sentì un po' di rabbia crescergli dentro. La rabbia rendeva tutto più facile: «Fare qualcosa? E cosa esattamente? Perdonarlo? Dopo quello che mi ha fatto? Tu lo sai cosa ha fatto?!»
«Tutto ciò che so è che ti ha dedicato gli ultimi due mesi della sua vita, so che per stare con te ha dato non so quanti bidoni a me, alla sua ragazza, agli allenamenti, so che per cercare di farti felice ha fatto carte false e so che ora che l'hai abbandonato non riesce più a fare niente!»
«Io non l'ho abbandonato...!», detta così sembrava lui il colpevole, ma non era lui, non era lui! «E' stato Louis a...»
«A fare cosa?»
«Mi ha imbrogliato, era tutto una menzogna. Stava con me solo perché... Per quello che gli avevano detto, non ero io che gli interessavo veramente, non glie n'è mai importato nulla di me...».
Liam rimase a fissarlo con un'espressione indecifrabile per alcuni secondi, poi parlò.
«Harry, sei proprio uno stupido».
«Cosa?»
«Sei uno stupido se pensi davvero che Louis sia quel genere di persona. Credi sul serio che non avesse niente di meglio da fare che passare le giornate a preoccuparsi per una persona di cui non gliene fregava niente? Credi davvero che se per lui non fossi stato importante ti avrebbe frequentato comunque? Mi dispiace, ma evidentemente non lo conosci abbastanza. Ti assicuro che Louis non è così. E' un bravo ragazzo, ma è anche un egoista: non farebbe mai niente che non volesse fare solo perché sarebbe meglio farlo. E ovviamente, non frequenterebbe mai una persona che non gli piace solo perché sarebbe educato farlo».
Harry non sapeva con cosa ribattere. Finché quelle parole erano uscite dalla bocca di Louis erano sembrate delle scuse patetiche. Ma dalla bocca di un altro...
«Tu... Tu sei suo amico, non ti credo...».
«Harry, non essere infantile. E' la realtà! Io non lo so perché tu ci tenga così tanto a voler fare la vittima a tutti i costi e per quanto mi riguarda sei libero di farlo. Ma non posso permettere che tu faccia soffrire Louis solo perché non vuoi aprire gli occhi! Hai rinunciato a un buon amico? Fatti tuoi. Io però non voglio fare lo stesso per colpa tua!», sbraitò. La bibliotecaria li guardò male.
Harry sentiva crescere dentro di sé una terribile confusione.
Fin dal giorno in cui aveva tagliato i rapporti con Louis, nella mente di Harry c'era stata una parte di sé che gli diceva di non credere alle sue parole perché erano solo menzogne e in fondo era quello che si meritava. E poi c'era un'altra parte, piccola piccola, che da un angolo remoto della sua testa lo supplicava di credere alle sue parole e di fidarsi, perché non c'era nulla di male in esse. La prima parte aveva sempre avuto il sopravvento.
Ma ora le parole di Liam sembravano aver improvvisamente risvegliato la seconda e questa aveva iniziato ad urlare a gran voce nella testa di Harry la propria mozione e Harry...
«Io non lo so...», non sapeva nemmeno lui cosa esattamente non sapesse.
«Harry, ascoltami», il tono di Liam si fece nuovamente gentile, «Non essere così duro con te stesso. Dai una possibilità a Louis e soprattutto dalla anche a te stesso!»
Harry non avrebbe mai immaginato che Liam fosse tanto abile nel persuadere. Non che l'avesse persuaso... Ma la confusione nella sua testa era decisamente a favore di Liam.
«Non posso...»
«Si che puoi! Ti prego! Louis non ce la fa più! Tu... Tu ce la fai?»
Harry aveva passato l'ultima settimana a convincersi che, sì, era in grado di andare avanti senza Louis. Ce l'aveva sempre fatta, perché non poteva farcela più?
Aveva iniziato a fingere, si era sforzato di comportarsi come se Louis non ci fosse mai stato.
Ma Louis c'era stato e Harry non era più in grado di vivere come prima.
Ma Louis non c'era più e non riusciva a dimenticarlo. Il suo corpo si atteggiava come il vecchio Harry, ma tendeva naturalmente all'Harry di Louis, senza riuscire ad essere davvero nessuno dei due.
Di giorno poteva sempre fingere, ma di notte... La notte era sempre stata difficile per Harry. Da solo al buio nel suo letto, con sé stesso e i suoi sogni che erano quasi sempre incubi, ecco che lo attanagliava un senso di sofferenza insostenibile, che lo faceva piangere e parlare nel sonno. Harry si sforzava di cacciare indietro le lacrime e la nostalgia, me puntualmente scoppiavano fuori sempre con un singhiozzo soffocato e un doloroso senso di vuoto.
«Io ci provo...», ma era ben lungi dal riuscirci davvero.
«E ne vale la pena? Il tuo orgoglio, la tua rabbia, il tuo rancore, valgono tutto il resto?»
"No", gridò la voce buona dentro di lui.
Harry non rispose.
«Va tutto bene qui?», la voce di Zayn li interruppe.
Harry si volto a guardarlo, lieto come non mai di rivederlo, e gli lanciò uno sguardo che gridava "Aiuto!".
«Certo, io ed Harry stavamo facendo due chiacchiere», rispose Liam tranquillamente, «Ma me ne stavo giusto per andare», annunciò alzandosi. «Harry, penserai alle cose che ti ho detto? Per favore...»
Annuì e avrebbe anche potuto negare, ma ormai lo stava già facendo...
Con un saluto, Liam Payne se ne andò e senza saperlo si stava portando via l'illusione di Harry di poter rinunciare a Louis.
«Haz, va tutto bene?», chiese Zayn.
Harry sospirò: «No, non va bene niente».
Zayn sorrise come se avesse ricevuto una bella notizia.
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Di certo Louis non si sarebbe mai e poi mai aspettato che, una volta aperta la porta, si sarebbe ritrovato a quattrocchi con Harry Styles. "Okay, sto sognando" "
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Dubitavate di me e invece sono qui, non puntuale ma addirittura in anticipo! Okay, non abituatevici, perché fra due giorni vado in gita e non potrò scrivere per una settimana (sento già i dolori dell'astinenza da tastiera ç_ç), quindi il prossimo aggiornamento sarà fra... un po'.
 
Cooomuqnue, il capitolo. Se ve lo state chiedendo, sì è di passaggio, ma dovevo far soffrire i nostri ragazzi ancora un pochino. Dite che è abbastanza così? Io voto di si!
Intanto: Informazioni e domande random sul capiolo:
-Harry non aveva veramente accettato il distacco da Louis, ovviamente, ci stava solo provando con tutte le sue forze.
-*Troll è il voto peggiore che si possa prendere ad Hogwarts.
-Alla fine, se non si capisse, Zayn sorride perché vede che Harry ha finalmente smesso di fingere.
-I fatti del San Mungo sono racchiusi nella lettera (non ho voluto annoiarvi con un capitolo tutto in ospedale, non mi pareva il caso), vi è parso efficace?
-Cosa pensate di questo Louis? Ve lo aspettavate, anticipazioni tralasciando, che proprio lui l'avrebbe presa tanto male? E cosa mi dite invece del comportamento di Harry?
-Il titolo "Un buon amico" si riferisce allo stesso tempo a Louis per ciò che ha fatto per Harry e a Liam per ciò che fa per Louis. Ma si riferisce anche al comportamento di Zayn nei confronti di Harry e allude anche al fatto che Harry ne meriti uno.
-Liam ha preso in mano la situazione, qualcuno lo doveva pur fare, però è sempre più convinto che l'amicizia di Harry e Louis nasconda qualcosa...
Fine random space.
 
Lo sapete che lo scorso capitolo mi avete lasciato dieci recensioni? Dieci! Davvero, quasi non ci credevo... Bene, cercherò di non commuovermi (di nuovo). Non vi ho neppure risposto come di deve perché ero un po' di fretta, per cui chiarisco qui un po' di questioni che sono venute fuori. 1) Il "bacio-non-bacio", me ne avete parlato quasi tutte! Manco ci fosse stato davvero! Ha avuto un grande successo (superando il clamore dello schiaffo), ma confido che abbiate capito che non era ancora il suo momento. 2) A quando la pace? A presto, davvero. 3) Mi vuoi uccidere? Non sono per la violenza. (Disse quella che aveva fatto picchiare Harry e Louis. A proposito, quella scena, era un po' forte, ma venuta così... Vedetela in questo modo: tutte cose da farsi perdonare!).
 
Okay, questo capitolo era breve ma ho compensato tutto in note! La smetto di importunarvi e me ne vado. Vi dico solo un'ultima cosa, giuro: con il prossimo capitolo si conclude ufficialmente la prima parte della storia! Poi entreremo nella seconda e vi piacerà! Della terza... ne parliamo più avanti! (Insomma, non vi sbarazzerete presto di questa storia!)
 
Ora vado, spero che il capitolo vi piaccia!
Vi auguro tante belle cose e a presto!
Cost.
 
P.s.: Se non mi sentite più probabilmente sono affogata nel Mar Egeo o sono stata rapita da un corsaro greco!
P.p.s: Lo so che ci sono degli errori, li percepisco ma non li vedo! Scusate! (E ora mi dileguo, ciaoo!)

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Capitolo 25
*** Fantasmi per la pace ***


Piccola noticina iniziale: il capitolo è lungo, abbiate pazienza nella parte iniziale e poi sarete premiate ;) A più tardi!
 


..In your skin..
 
 




 
 
 
 
 
Fantasmi per la pace (o ti svelo il passato e ti affido il mio futuro)
 
Era la mattina del 16 Dicembre e i dormitori dell'ultimo anno di Grifondoro erano vuoti, con un'unica eccezione. Louis non aveva voglia di andare a lezione e se ne era rimasto in camera. Stava solo, seduto sul davanzale della finestra, con le gambe strette tra le braccia e lo sguardo perso oltre i vetri. Fuori stava cadendo la prima neve.
Louis aveva sempre adorato la neve, eppure quel giorno gli sembrava terribilmente triste. Ormai vedeva tutto triste...
Un fiocco di neve venne a sciogliersi proprio sul vetro davanti a lui; sarebbe potuto diventare un campo di neve, una palla di neve oppure un pupazzo di neve, e invece la sua esistenza si era conclusa lì. "Che fine infelice", Louis sospirò. "Che depresso del cazzo", aggiunse fra sé.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Louis pensò di esserselo solo immaginato, nessuno bussava mai. Poi si ripeté di nuovo l'indiscutibile suono sordo di un pugno che colpiva il legno, e Louis dovette accettare che, sì, qualcuno stata bussando alla porta e doveva alzarsi per andare ad aprire.
Di mala voglia lasciò la sua postazione sulla finestra e si diresse all'entrata. Sperava di cuore che non fosse un qualche insegnate venuto a fargli la predica per l'ennesima assenza, non ne aveva voglia e non era decisamente presentabile. Doveva sicuramente essere Liam o uno dei ragazzi che aveva dimenticato qualcosa. O almeno, Louis ci sperava.
Di certo non si sarebbe mai e poi mai aspettato che, una volta aperta la porta, si sarebbe ritrovato a quattrocchi con Harry Styles. "Okay, sto sognando".
Era un sogno che Louis conosceva a memoria: Harry che arrivava, si scusava di mille cose, facevano pace e poi... L'ultima parte era sempre un po' sfuocata.
L'Harry di quel nuovo sogno però era diverso da tutti gli altri, perché rimase fermo sulla soglia a fissarlo con gli occhi spalancati (così verdi da sembrare reali) solo per qualche istante, poi senza nemmeno chiedere permesso si fece largo nella stanza e si diresse a passi veloci verso la finestra, proprio dove un minuto prima si trovava Louis. Una volta arrivato lì Harry schizzò di nuovo verso la porta, quasi se ne fosse pentito, ma invece di uscire svoltò e raggiunse il letto di Louis. Ancora senza chiedere nulla, si sedette sul letto e appoggiò la schiena alla testiera, come se fosse una cosa normale.
Se Louis aveva avuto qualche dubbio, a quel punto ne era certo: quello era un sogno. "Harry. Camera. Letto", era evidente che quella sequenza non era credibile.
Intanto il sogno proseguiva.
Harry non parlava. Sul suo viso c'era una strana espressione combattuta e Louis non sapeva davvero come interpretarla.
Louis aspettava e rimaneva immobile, certo che non appena avrebbe aperto bocca - o avrebbe anche solo sbattuto le palpebre - quell'illusione tanto vivida sarebbe svanita.
Passarono parecchi minuti in cui l'unico rumore nella stanza furono i loro respiri. Poi all'improvviso Harry ruppe in silenzio.
«Voglio raccontarti una storia», disse.
Quel sogno era davvero strano.
Prima di incominciare la sua storia Harry «Vieni qui», disse a Louis. E per quanto fosse strano, a Louis stava piacendo. Senza farsi pregare accontentò Harry, lo raggiunse e gli si sedette accanto, stando ben attento a non sfiorarlo nemmeno per sbaglio.
Harry intanto non lo guardava, ma fissava le tende del baldacchino con sguardo perso. Iniziò a raccontare.
«C'era una ragazza che viveva rinchiusa in un castello, i suoi genitori appartenevano ad una antica e nobile famiglia di maghi e avevano passato molti anni cercando di avere figli. Quella figlia era arrivata come un dono dal cielo, quando ormai stavano perdendo le speranze», Harry gli stava veramente raccontando una favola? «Ma il dono si rivelò una maledizione e presto divenne palese che la bambina non fosse in grado di utilizzare la magia: era nata magonò e un figlio del genere è un disonore che macchia una stirpe... Per questo la nascosero dentro il castello e lei crebbe isolata dal resto del mondo. Louis, mi segui?»
Louis era confuso. Tutto ciò era troppo strano sia per essere un sogno sia per essere reale. In ogni caso Louis sentiva una brutta sensazione crescergli dentro. Però «Si, vai avanti», disse comunque con un filo di voce.
«Okay. Una sera i due genitori diedero una festa nel castello e uno dei più giovani tra gli invitati, preso dalla noia, iniziò a vagare per le stanze e trovò la ragazza-magonò. Fu così che lei, chiamiamola Anne, va bene? Fu così che Anne, grazie a lui, iniziò a scoprire il mondo e poi dopo l'amore. Il ragazzo tornò a trovarla molte volte intrufolandosi nel castello di nascosto e passò molte notti a sussurrarle nell'orecchio parole d'amore e promesse di libertà. Non so se ci credesse veramente, non so se l'amasse d'avvero, forse sì, a quel tempo...», Harry prese una pausa.
«Passarono molti anni in questo modo e i due ragazzi crebbero, lui divenne un uomo e lei... lei era una donna a metà, che conosceva solo le cose che lui le aveva fatto conoscere e che viveva aspettando il suo ritorno. Ma ora lui, chiamiamolo Des, okay? Des tornava sempre più raramente e ogni volta che andava a trovarla Anne lo sentiva sempre più distante. Ma anche se il suo cuore l'aveva previsto, nulla riuscì ad impedire che si spezzasse quando Des le disse che presto si sarebbe sposato con un'altra donna e non sarebbe mai più ritornato da lei»
«Des se ne andò ed Anne rimase sola rinchiusa nella sua gabbia, in balia dei suoi pensieri sempre più folli. Poi Des tornò. Erano passati più di tre anni dall'ultima volta che Anne lo aveva visto, eppure lo accolse a braccia aperte, come se fossero passati solo pochi giorni, e credette a tutte le sue parole di rimpianto, lo perdonò. Pochi mesi dopo Anne era incinta. Partorì una bambina bellissima e indiscutibilmente magica. Era il piccolo tesoro di Anne, la sua creatura perfetta, il segno tangibile del amore tra lei e Des, la prova che il loro era vero amore e che Des amava solo lei, lei che era stata in grado di dargli un figlio, a differenza di sua moglie. E proprio quando Anne credeva che non sarebbe mai potuta essere più felice, Des le propose di andare a vivere con lui nel sua casa, così da potere avere lei e Gemma, la bambina, sempre vicine. Anne accettò entusiasta senza pensarci due volte e senza pensare alle conseguenze...»
«Anne si rese presto conto che aveva solo cambiato prigione, ma la sua vita era sempre la stessa. Des, che pure viveva a pochi metri da lei, veniva a trovarla raramente e quando veniva prendeva Gemma con sé e gliela portava via per giorni. Un giorno Anne si stufò di quella situazione e decise di inoltrarsi fuori dall'ala della casa nella quale era confinata. Passando davanti ad una finestra poté osservare una zona del cortile che non conosceva e lì vide qualcosa che la segnò profondamente. C'era Des lì fuori, che rideva guardando Gemma. E la bambina, la bambina di Anne, se ne stava beatamente seduta sul grembo di un'altra donna, che le dedicava lo stesso sguardo d'amore con cui la guardava Anne. Quella vista le ruppe il cuore per sempre e scatenò pensieri tanto tremendi che non l'abbandonarono più. Anne uscì nel giardino urlando, distruggendo con le mani tutto ciò che trovava.. Prese dei sassi ed iniziò a tirarli contro l'usurpatrice, contro la donna che le aveva rubato l'amore ed ora anche sua figlia. Si ricordò troppo tardi che la donna stringeva tra le braccia Gemma, solo quando un sasso aveva già colpito la bambina e questa aveva iniziato a piangere disperata mentre una riga di sangue le colava giù dalla fronte. Des prese ad urlare contro Anne, a dirle che che era una madre degenere, che era pazza e che per questo non meritava di crescere la bambina e che- Louis, tutto bene?».
«Harry, io non capisco, perché...?»
«Aspetta, fra poco capirai... Senza saperlo, Anne era cascata in una trappola e aveva dato ad Des e a sua moglie il pretesto per prendersi Gemma e crescerla come loro. Infatti, dopo quel giorno ad Anne non fu più concesso di rivedere la bambina, se non da lontano, e per parecchio tempo anche Des non si fece più vivo. Più Anne rimaneva sola, più la sua pazzia cresceva. Poi un giorno Des tornò di nuovo e si scusò, le disse che amava solo lei e che sua moglie non valeva niente per lui. Anne gli credette ancora, perché la sua mente le faceva vedere le cose così come le desiderava e non era più in grado di distinguere la realtà. La storia si ripeté uguale alla volta precedente: Anne rimase incinta per la seconda volta. Questa volta nacque un bambino, esattamente ciò che Des e sua moglie volevano, l'erede maschio che mancava e che loro non erano in grado di avere. Ma qualcosa quella volta era andato storto, perché il bambino assomigliava un po' troppo alla vera madre... Che ne dici se lo chiamiamo Harry?»
«O mio Dio...», Louis iniziò a capire.
«Già... Non solo Harry aveva gli stessi tratti di Anne, ma anche la sua magia sembrava aver preso dalla madre, ossia non c'era. Anne aveva partorito un bambino magonò e Des non se ne faceva niente di lui. Poiché tutte le gravidanze successive finirono in aborti spontanei, Des decise che non gli serviva più nemmeno Anne, così abbandonò definitivamente la donna e il suo bambino, li segregò nella tenuta di campagna e non ci pensò più.»
«Harry crebbe con la sola compagnia di una madre pazza e di una servitù diffidente e non curante. Anne passava dall'adorarlo all'odiarlo, a seconda dei giorni. A volte diceva ad Harry che era la luce della sua vita, l'unica cosa bella che gli fosse rimasta. Altre volte lo incolpava per avergli portato via tutto, perché se lui non fosse stato così avrebbe avuto ancora il suo amore con sé e gli diceva che sarebbe stato meglio se non fosse mai nato e che era un bambino maledetto...»
«Harry...»
«Ti lascio immaginare cosa sia stata la sua infanzia, ma non credo tu ne sia in grado... Tanto meglio», Harry continuava a parlare con tranquillità, senza particolari inflessioni nella voce, come se quella storia non fosse la propria. Solo la sua mano tradiva le sue emozioni e stringeva convulsamente le lenzuola del letto fino a far sbiancare le nocche. Louis avrebbe voluto consolare quella mano, ma non sapeva se poteva. Non sapeva davvero cosa fare.
La storia continuò: «Harry conobbe suo padre solo quando aveva otto anni. Non seppe mai perché quel giorno Des si fece vivo, semplicemente una mattina d'estate arrivò alla tenuta portando anche Gemma e sua moglie. Chissà... forse se non fesse venuto le cose sarebbero andate diversamente, forse se non avesse portato la sua famiglia con sé Anne non avrebbe sofferto tanto... Fatto sta che furono tutti molto gentili ed anche Anne si comportò stranamente bene, mentre Harry rimase a guardare quella gente con stupore e meraviglia, affascinato da quegli sconosciuti; giocò con Gemma, presero il te e passeggiarono per il cortile parlando del più e del meno. Furono le ore più belle della sua vita e le più strane, perché furono quanto più vicino alla normalità avesse mai vissuto. La famiglia se ne andò nel tardo pomeriggio ed Harry rimase a lungo a salutarli dalla finestra assieme alla madre. Quando sparirono all'orizzonte, Anne scavalcò il parapetto e si buttò di sotto», la voce di Harry tentennò per la prima volta.
Louis sentì gli occhi bruciargli all'improvviso, sorpreso da quel colpo di scena che pur sapeva sarebbe arrivato. Gli occhi gli si riempirono di lacrime e la sua mano fremette dal bisogno di stringere quella di Harry, per avere un po' di conforto che non gli spettava e per avere la prova che tutto ciò fosse reale. E non sapeva se voleva che lo fosse, non più.
Louis toccò timorosamente il dorso della mano di Harry con la punta delle dita e quando questa tremò e lasciò le lenzuola per rispondere alla sua stretta, allora Louis ebbe la sua conferma. Gli sfuggì una lacrima.
«Harry, tu hai...», sua madre si era ammazzata davanti ai suoi occhi. E glielo stava raccontando. Perché? Perché ora?
Harry continuava a fissare le tende del letto senza perdere la sua espressione impassibile. Eppure la sua mano sembrava voler spezzare quella di Louis tanto forte era la presa e i muscoli del suo collo erano tirati come se si stesse sforzando per non voltarsi, perché se l'avesse fatto avrebbe visto le lacrime di Louis e non sarebbe più stato in grado di trattenere le proprie. E Harry non voleva piangere ancora.
«Dopo...», Harry tentò.
«Non sei obbligato, possiamo anche-»
«No, vado avanti. Dopo... Sai cosa è divertente? Des aveva ripudiato sua moglie perché Harry era nato magonò e Anne odiava Harry perché era proprio come lei. E quando Anne si ammazzò, ecco che la magia di Harry venne fuori per la prima volta in otto anni! Harry non era un magonò, la sua magia c'era sempre stata, si era solo nascosta e lo shock la liberò! Tutto quel casino... Per niente», Louis non lo trovò affatto divertente. Ma di certo il rumore con cui Harry terminò la frase non fu una risata, bensì un singhiozzo. Louis stringe più forte la mano di Harry.
«Comunque... La sua magia apparve all'improvviso, o meglio, esplose all'improvviso e Harry non era in grado di controllarla. Per questo venne ricoverato al San Mungo, era magicamente instabile. Ma non era solo la sua magia ad avere dei problemi... Se cresci con una madre pazza di sicuro non vieni su tutto normale e se vedi la tua stessa madre suicidarsi, nemmeno quello può farti tanto bene alla testa. Così Harry trascorse i due anni successivi rinchiuso dentro un'ospedale, tra medimaghi e psicomaghi, tra malati e pazzi. A dieci anni lo dimisero, dicendo che era in grado di auto-controllarsi. Lui non ne era così sicuro. Non gli rimase che andare a vivere con suo padre. Des non fece problemi: poteva anche riconoscere Harry visto che non era più un magonò, bastava solo ignorare il fatto che fosse un po' fuori di desta come sua madre. Per fortuna Harry dovette vivere col padre solo pochi mesi, perché dopo iniziò Hogwarts e... Suppongo che questo è quello che ti hanno raccontato», Harry si interruppe.
Louis era spiazzato. Avrebbe voluto dirgli che si sbagliava, che non sapeva niente di tutto ciò o che quello che sapeva non gli era sembrato altrettanto orribile quanto le sue parole. Harry riprese a parlare prima che Louis aprisse bocca.
«Adesso invece voglio dirti qualcosa che non sai, qualcosa che nessuno può averti detto», fece Harry, «Ti dirò le cose che so solo io, quelle che ti avrei confidato se tu avessi aspettato, se mi avessi lasciato il tempo di- Di questo però parliamo dopo», Louis ricordò improvvisamente che Harry in effetti non gli rivolgeva la parola da settimane, che lo odiava perché Louis lo aveva tradito e dunque non c'era nessuna ragione per cui fosse li, sul suo letto, con la mano nella sua mano, a raccontargli i suoi segreti. Ma avrebbero parlato anche di quello, più tardi, adesso la storia doveva continuare, malgrado nessuno dei due lo volesse.
«Io amavo mia madre, non potevo farne a meno», Harry lo ammise con un'espressione sofferente sul volto, «E' stata l'unica persona che mi abbia mai voluto bene, sebbene non sempre se lo ricordasse... Quando ero piccolo ho conosciuto pochissime persone e a nessuna di queste importava di me. Anne era la mia unica certezza, come io ero la sua. Però l'avevo capito, sai, che non era del tutto... Un attimo prima era gentile, quello dopo era cattiva; prima mi accarezzava e poi mi prendeva a schiaffi, ma dopo veniva sempre a chiedermi scusa; a volte rideva per ore fino a che le risate non diventavano lacrime, altre volte fingeva di non sapere chi fossi, o forse non lo sapeva davvero; quelle erano le volte peggiori. Riusciva a non dormire per giorni, o al contrario poteva non alzarsi da letto per una settima. Era fatta così, ed era l'unico modello che avessi. Il mio più grande sogno era di essere come lei, ho passato l'infanzia cercando di assomigliarle, ma non riuscivo proprio a starle dietro. Non ho mai capito i suoi giochi, la sua mente è sempre stata un posto troppo complicato per me... Il dottor Clark diceva che questa è stata la mia salvezza. Suppongo avesse ragione», Harry sospirò.
«Quando... Quando si è buttata io... Lei non si è portata via solo la sua vita, ma anche la mia. Era mia madre ed era la mia migliore amica, era me stesso e uccidendosi mi ha ucciso. Il dottor Clark ha speso molte sedute cercando di convincermi che potevo costruirmi una vita anche senza di lei, ma come potevo credergli quando avevo passato otto anni della mia vita solo con mia madre e con la sua convinzione che il resto del mondo ci odiasse? Lei diceva che nessuno avrebbe potuto amare uno come me, nessuno oltre a lei...», Harry sembrò perdersi per qualche secondo nei suoi pensieri, poi continuò, anche se era sempre più difficile proseguire.
«Io non avevo difficoltà ad accettare che mia madre fosse stata malata, in fondo avevo sempre intuito che era diversa, e sapevo che avrei dovuto smettere di ripetermi le sue parole, perché erano sbagliate. E' solo che... Era difficile credere che qualcuno potesse volermi bene quando nessuno sembrava effettivamente disposto a farlo. Nella mia nuova casa mio padre fingeva che non esistessi, sua moglie mi odiava senza nasconderlo e mia sorella si prendeva gioco di me tutto il giorno. Ad Hogwarts poi le cose non andarono meglio: i miei compagni di Casa non facevano che prendermi in giro perché ero incapace con le magie e per tutti gli altri non ero abbastanza interessante o dotato per essere degno di attenzione. Ero solo e ad un certo punto mi sono convinto che stavo bene così», il passato si stava piano piano avvicinando al presente.
«Non avere amici era triste e non faceva che rafforzare le paranoie che mia madre mi aveva lasciato in eredità, però allo stesso tempo era confortante. Non legarsi agli altri significava non tradire il ricordo di mia madre e sopratutto significava che nessuno avrebbe più potuto ferirmi come lei aveva fatto. Louis, ero così stanco di stare male... Mi sono chiuso in me stesso e ho rifiutato ogni consiglio che il dottor Clark mi aveva dato: anziché affrontare i miei fantasmi li ho presi e li ho usati per costruire un muro tra me e il resto del mondo, anziché avere fiducia nelle persone ho iniziato a fingere che non esistessero, anziché sperimentare nuove emozioni ho cercato di sopprimerle tutte, una ad una fino a quando non era rimasto niente oltre a un vago senso di fastidio. E non ero felice, ma almeno avevo smesso di soffrire...», Harry soffiò quelle parole con voce melanconica e spenta, sembrava che l'apatia che stava descrivendo avesse preso possesso di lui. L'attimo dopo però si riscosse e si voltò, per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare, e fissò Louis negli occhi. «Questa era la mia vita prima di te», disse. Qualcosa nella sua espressione fece intuire a Louis che quella vita era ormai passata. Ma in fondo lo sapeva già.
«Non so come ci sei riuscito, quando sei entrato nella mia vita il mio muro era ancora alto, solo... Un giorno mi sono accorto che dentro a quelle mura eravamo in due. Senza che io me ne fossi accorto tu avevi scavalcato le mie paura e la mia freddezza, poi hai iniziato a distruggerle dall'interno e io non ero in grado di fermarti. Non volevo, ma quando stavo con te mi sentivo vivo, vivo davvero: all'improvviso le mie emozioni erano tornate, tu le avevi risvegliate, io stavo sentendo nuovamente. Ed era spaventoso, perché sapevo che se qualcosa fosse andato storto avrei sofferto di nuovo, ma non riuscivo a fermarlo... Col tempo sei diventato talmente presente che non importava che tu ci fossi oppure no, continuavo a vivere e a sentire. Grazie a te ho ripreso a ridere e a essere felice, ma ho anche ricominciato ad arrabbiarmi, a essere triste e a piangere. Avevo paura di scoprire fino a che punto avresti rianimato i miei sentimenti morti e quali avresti risvegliato... Alla fine mi sono arreso a me stesso e al fatto che non ero capace di non fidarmi di te. Ho iniziato a pregare che quella fiducia fosse ben riposta»
Sentendo quelle parole Louis non fu più in grado di sostenere lo sguardo di Harry, sapeva a che punto della storia erano arrivati: «E io ho rovinato tutto...»
«Già, l'hai fatto», disse Harry senza pietà, «Io mi sono fidato di te e tu mi hai tradito», continuò, «Mi hai fatto male, mi hai deluso, hai risvegliato gli incubi che speravo di aver dimenticato. Quando ho scoperto che mi avevi mentito la voce di mia madre ha ripreso a martellarmi nella testa e non succedeva ormai da anni. Era tornata a ripetermi che ero sbagliato, che ero diverso, che non meritavo nessuno, che non meritavo te ed era ovvio che tu non tenessi veramente a me... Era insopportabile. Finché avevo tenuto le persone a distanza ero stato bene, più o meno, e dopo di te invece... Tu che riuscivi a farmi dimenticare il mio passato completamente, sei riuscito a farlo tornare a galla come se non fosse mai finito...», sul viso di Harry si dipinse un'espressione sofferente.
«Harry, io-»
«Aspetta, devo... Quando abbiamo smesso di parlarci mi sono ritrovato solo, deluso ed arrabbiato. Credevo che se avessi ripreso la mia vita da dove l'avevo lasciata sarei stato bene, credevo che sarebbe bastato spegnermi di nuovo per mettere tutto a posto. Solo che mi sono reso conto di non riuscirci. Non ce la facevo più a non provare niente. Ci ho provato, ma le emozioni continuavano ad uscire e all'inizio era frustrante e mi faceva provare ancor più rabbia nei tuoi confronti, poi... Ho sentito che era giusto così. Ho capito che la vita che mi hai insegnato tu è molto più bella. Essere vivi davvero, è per questo che esistiamo. Solo che a volte fa male da morire...», Harry si perse per qualche minuto nei suoi pensieri.
«E... poi?», domandò Louis, incapace di attendere oltre.
Harry parve riscuotersi e: «Ho provato a vivere come quando c'eri te, ma senza di te», disse semplicemente.
«Ha funzionato?», magari Harry era stato più fortunato di lui e c'era riuscito. Un pensiero spaventoso si insinuò nella mente di Louis: "E se Harry fosse venuto lì solo per dirgli «Grazie, ora sono una persona migliore, ma tu sei stato comunque un bastardo e non voglio più essere tuo amico»?"
Harry gli lanciò un occhiata tra il divertito e l'amareggiato: «Ovviamente no, Lou». Il cuore di Lou prese il volo dalla contentezza.
«Io ce l'ho ancora con te», precisò Harry smorzando il principio di sorriso sul suo volto.
«Però... Ci ho pensato», continuò, «Ci ho pensato e... Anche se hai sbagliato, perché hai sbagliato, forse... Forse io ho interpretato le cose in modo un po' esagerato. Ho riflettuto e ho capito che, forse, se non ci fosse stato tutto questo casino dentro di me, allora sarei stato in grado di vedere le cose in modo più positivo e forse avrei potuto fidarmi delle tue parole, magari non la prima volta, ma la seconda... Forse avrei potuto perdonarti... E ti assicuro che una parte di me mi diceva che era la cosa migliore da fare, ma un'altra mi diceva che mi avresti ferito ancora e... Avevo così paura...», Louis vedeva il volto di Harry tormentato dal dissidio nelle sue stesse parole e gli sorse spontanea la domanda...
«E quale parte ti ha portato qui oggi?»... non si accorse di averla pronunciata ad alta voce fino a quando non ebbe terminato l'ultima parola e ormai era troppo tardi per tornare in dietro. Tanto cos'altro poteva perdere?
Passarono alcuni secondi e Harry non rispondeva. Louis ebbe paura. Se quello era un addio non pronto a- Louis sussultò quando sentì la mano di Harry stringere la sua e in quel momento si ricordò che era sempre stata lì: Harry non l'aveva mai lasciato. Anche mentre lo incolpava per averlo ferito e tradito, anche allora non aveva abbandonato la sua mano.
Louis puntò lo sguardo sulle loro mani unite in una sola e quella vista gli parve tanto confortante da fargli sorgere un timido sorriso. Quando rialzò lo sguardo su Harry si accorse che sulle sue labbra c'era lo stesso sorriso dolce e allora lo seppe. Era finita.
«Nessuna delle due parti ha avuto la meglio», fu la risposta enigmatica di Harry. «Non sono qui perché ti ho perdonato, né tanto meno per dirti che non sono in grado di farlo».
«E allora cos-?»
«Sono qui perché mi manchi», sbottò, «E perché io manco a te», aggiunse, «E perché penso che noi assieme stiamo meglio che separati», affermò.
Louis rimase senza parole.
Quanto coraggio gli era voluto per pronunciare quelle parole? Quanto per arrivare a quelle conclusioni? Quanto per smettere di credere a quella parte di sé che gli diceva che erano impossibili? Eppure nell'espressione di Harry non c'era più la minima traccia di dubbio o di timore, ma solo certezza e speranza. Adesso la speranza gli colorava le guance di rosso e gli occhi di una nuova luce calda. (Il tale che aveva detto che il verde era un colore freddo doveva essersi sbagliato parecchio o forse, più semplicemente, non aveva visto gli occhi di Harry in quel momento...)
Le parole di Harry presero a vorticare all'impazzata nella testa di Louis e più ne comprendeva il significato, più perdeva il controllo sul proprio cuore: l'organo aveva preso a pulsare tanto forte che se solo avesse potuto sarebbe uscito dal petto e volato via per la felicità.
Se il cuore di Louis non poteva volare, non si poteva dire lo stesso di lui, perché fu con un vero balzo che eliminò la distanza che lo separava da Harry e lo abbracciò forte fino a togliergli il respiro. Butto le braccia oltre le sue spalle e si aggrappò alla sua schiena, schiacciò il proprio petto con il suo e se lo spinse più vicino, sempre di più, per sentirselo addosso, affinché ogni cellula del suo corpo potesse essere inebriata dalla presenza di Harry e dirgli che gli era mancato.
Rimasero così per... Quanto? Ore, minuti? Louis seppe solo che ad un certo punto le braccia di Harry avevano timidamente ricambiato l'abbraccio e gli avevano cinto le spalle con timore, poi la sua presa si era fatta sempre più forte e coraggiosa e infine l'abbraccio si era trasformato in una gara disperata per chi stringeva di più. Era un modo come un altro per dirsi "Mi sei mancato". Ma non c'erano vincitori né vinti.
Alla fine dovettero ammorbidire la presa per mancanza di ossigeno, ma non sciolsero l'abbraccio. Si appoggiarono sui cuscini, uno di fronte all'altro, abbastanza lontani per vedersi bene, ma non troppo per non sentire il respiro dell'altro.
«Grazie Harry», proruppe Louis dopo un po', «Grazie per avere capito... Grazie per esserti fidato di me...»
«Prego...», Louis notò che le guance di Harry non accennavano minimamente a tornare del loro colore originario, non che gli dispiacesse...
«Vedi però di non farmene pentire», aggiunse Harry.
«Farò del mio meglio», promise Louis, «Le cose che mi hai detto... Non le dirò mai a nessuno», aggiunse.
Harry annuì.
Louis si prese qualche istante per ammirarlo, per abituarsi di nuovo alla sua presenza e per fare un confronto mentale tra l'Harry reale e l'Harry dei suoi sogni. Questo era mille volte meglio.
«Io...», incominciò Louis, «mi sei mancato», disse semplicemente.
«Lo so»
«No, davvero... Tu non sai quanto... Ancora qualche giorno così e mi avresti ritrovato in ginocchio davanti alla tua porta», disse Louis con una risatina isterica. Non per questo sembrò meno serio.
«E' vero che sono io quello che ha sbagliato, ma Harry ti giuro che sono stato così male... Non sei l'unico a cui è stata stravolta la vita. Tutto quello che è successo mi ha distrutto, e non so neanche dire perché. Ultimamente non ero più io...», ultimamente fino a mezz'ora prima. Adesso invece si sentiva improvvisamente rianimato da una voglia incredibile di ridere dalla contentezza e di correre per la felicità.
«Quello che voglio dire», riprese, «è che sono stato male anche se la mia vita è molto più facile, anche se in teoria di amici ne ho tanti, anche se ho sbagliato. Ho passato le ultime settimane sperando che tu mi perdonassi e tutto il resto era... Di tutto il resto non mi importava».
Harry sospirò pesantemente. «Ci ho messo tanto vero?»
«Troppo», confessò Louis.
«Scusa, è che... E' stato difficile accettare che non ero l'unico a cui importava».
«Però adesso lo sai, che mi importa, giusto?»
Harry annuì e Louis lo strinse più forte tra le braccia.
«In realtà», fece Harry dopo un po', «Se non fosse stato per Liam probabilmente ci avrei messo molto di più a-»
«Liam? Che centra Liam?», domandò Louis sorpreso.
«Davvero non l'avevi mandato tu?»
«Mandato? quando?»
«Un giorno, la settimana scorsa, Liam è venuto a parlarmi... In realtà è venuto a farmi la predica», spiegò Harry.
«E cosa ti ha detto?», Louis non sapeva niente di tutto ciò.
«In poche parole: che sono un idiota con grave complesso di inferiorità tendente al masochismo, che solo un cieco non si sarebbe accorto che tu eri sinceramente dispiaciuto e che era ora che ti perdonassi. Mi ha fatto riflettere...», constatò.
Louis fu preso da un immenso moto di gratitudine nei confronti di Liam. Doveva davvero ringraziarlo... Per quello e per averlo sopportato in quelle settimane.
«E ci è riuscito?»
«Sono qui», sì, c'era proprio riuscito allora.
«Quindi adesso... E' tutto a posto? Siamo amici come prima?», Louis doveva esserne certo.
«Mmm, direi di si».
Se Louis fosse sopravvissuto ai batticuori di quel giorno, nulla avrebbe più potuto ucciderlo.
Harry invece sembrava già alle prese con un nuovo turbamento che gli corrucciava la fronte. Louis sorrise a quella vista familiare.
«Dimmi a cosa stai pensando», uscì fuori come un ordine, ma Harry non se la prese particolarmente.
«Tu non sei preoccupato da questa cosa?», chiese il riccio.
«Quale cosa?», gli era mancato anche non capirlo.
«Noi. Noi due», disse il riccio, poi: «Questo rapporto è un po' strano, non credi? Per te, soprattutto... Io non ho mai avuto degli amici, ma non ho mai visto un'amicizia così- E' bellissima, ma appena abbiamo perso il controllo ci ha distrutti entrambi. E se fosse sbagliata? Aspetta! A me piace, ed è importante, ma non ho molti termini di paragoni e lo capirei se tu non volessi-»
«Harry, prima che tu finisca di dire qualsiasi cosa tu stia per dire ti pregherei di guardarti attorno e dirmi cosa vedi», fece Louis con tono serio. Harry gli lanciò un'occhiata interrogativa.
«Che?»
«Guardati attorno Harry», ripeté Louis intransigente. Harry gli lanciò un'altra occhiata scettica, poi lo assecondò, ma non appena accennò un movimento della testa Louis sciolse l'abbraccio e gli prese il volto tra le mani, immobilizzandolo.
«Lou, sei fai così non riesco a vedere niente!», protestò il riccio. Louis fece appena pressione sulle sue guance con i palmi delle mani.
«Guarda meglio».
«Come pensi che possa vedere qualcosa all'infuori della tua faccia se mi-?», Harry si fermò da solo vedendo gli occhi di Louis scintillare soddisfatti, e allora capì dove l'altro voleva parare. Sospirò.
«Vedo te Louis, adesso vedo solo te. Contento?»
«Sì. E secondo te questo cosa significa?», domandò il più grande.
«Non lo so...»
«Fai un tentativo», lo incalzò. Harry iniziò ad innervosirsi.
«Louis, dai, basta giocare...», protestò afferrandogli un polso e cercando di allontanarlo dal suo volto. Louis fece resistenza.
«Io non sto giocando, sono serissimo», affermò senza perdere posizione. «E voglio... Voglio che tu capisca chiaramente che in questa cosa ci sono dentro io come ci sei tu. Voglio che tu non pensi nemmeno per un istante che la nostra amicizia sia sbagliata. E hai ragione, è strana, non ho mai provato qualcosa così, ma sinceramente non me ne frega nulla, la voglio. Io voglio noi. E se prima avevo qualche paura, le settimane di astinenza mi hanno decisamente rischiarato le idee», disse sorridendo.
«E il fatto che adesso conosci la mia storia, adesso che sai che io ho davvero dei problemi, vuoi essere mio amico nonostante questo?», chiese ancora Harry confessando tutti i suoi timori.
«Harry, non farmi domande ovvie!», lo rimproverò Louis schiaffeggiandogli scherzosamente una guancia.
«Ehi!», esclamò Harry sorpreso. «Non picchiarmi!», esclamò cercando di portare una mano alla parte lesa. Solo che quando la mano di Harry arrivò a destinazione trovò lo spazio già occupato da quella di Louis (che non sembrava intenzionata a spostarsi). A Louis però non dispiacque condividere il posto e lasciò che le dita di Harry scivolassero delicatamente tra le proprie per poi stringerle. Assieme formavano una conchiglia a protezione della guancia ferita.
«Veramente penso di doverti ancora un po' di botte, se vogliamo entrare nella questione», disse Louis spensieratamente, beandosi del calore di quella strana presa.
Harry si rabbuiò, «Louis... Mi dispiace per quella volta», disse amareggiato.
«Che?», Louis aveva perso il filo del discorso.
«Quando... Quando ti ho picchiato...»
«Ah, quello...». Aveva fatto male, in tanti sensi.
«Mi dispiace... Ero così arrabbiato... Però non sono quel genere di persona! Davvero, io... giuro che non ti toccherò mai più!», affermò pentito.
Sul viso di Louis comparve un ghigno. Prenderla con umorismo era il meglio che poteva fare...
«Penso che sarà difficile per te "non toccare più"», osservò Louis divertito e, per chiarire il concetto, strisciò qualche centimetro avanti e allacciò le gambe attorno a quelle di Harry. Le guance del riccio si accesero di nuovo.
«Hai capito cosa intendevo...», disse agitando appena le gambe per scacciarlo, ma senza abbastanza convinzione perché lo volesse veramente.
«Io ho capito che qualcuno qui è un po' troppo presuntuoso. Cosa credi, che se non fossimo stati scambiati non te le avrei date di santa ragione? Mi sono solo trattenuto per non farmi del male!», continuò Louis baldanzoso.
Harry ebbe la cortesia di non far notare che si era tirato da solo un calcio nelle palle e che, per come la vedeva lui, quello non era trattenersi...
«Comunque sia: scusami», ribadì il riccio.
Louis lo fissò qualche secondo, poi sorrise, sciolse la presa sulle guance e si accoccolò nell'incavo del suo collo avvolgendogli le spalle con le braccia.
«Adesso va tutto bene...», soffiò. E Dio se era vero.
Harry prese a giocherellare distrattamente coi capelli di Louis e quest'ultimo sorrise soddisfatto contro la sua clavicola. Il suo ascendente stava avendo effetti molto positivi sulla rigidità del Serpeverde.
«Louis...», fece Harry dopo molte carezze e parecchi sbadigli, «Perché non sei a lezione?», non esattamente ciò che Louis si aspettava.
«Tu perché non ci sei?», il grande ribaltò la domanda.
«Io cercavo te. Ora è il tuo turno», lo esortò Harry.
«Non stavo bene?», tentò Louis, il tono troppo simile ad una domanda per sembrare verosimile.
«E non stavi bene neanche ieri? E Lunedì? E venerdì?», infierì.
«Diciamo che la scuola è stata una di quelle cose per cui ho perso interesse ultimamente... Penso di essere rimasto un po' indietro in realtà», ammise biascicando quelle parole direttamente contro il collo di Harry. Harry scosse la testa con disapprovazione.
«Rimedieremo anche a questo...», concluse il riccio.
Per Louis le priorità erano altre: «Come sai che non ero a lezione?».
«Ti guardavo?», ora era Harry quello incerto.
«No».
«No cosa?»
«Tu non mi guardavi», affermò Louis convinto.
«Non puoi saperlo», osservò Harry.
«Si che posso, perché io ti guardavo sempre e lo saprei se tu avessi fatto lo stesso...», argomentò il più grande, convinto. Louis sentì il corpo di Harry sollevarsi in un sospiro profondo.
«Solo perché lo facevo in modo più discreto non vuol dire che non lo facessi».
«Ti assicuro che me ne sarei accorto», insisté Louis, «Tu eri sempre troppo occupato con Malik per degnarmi di uno sguardo...»
«Louis Tomlinson, è forse una nota di gelosia quella che sento?», domandò Harry improvvisamente rianimato. Louis sentì il suo corpo tremare per una risata trattenuta.
«Io geloso?! Io geloso di Malik?! Mai!», esclamò Louis piccato. Intanto Harry continuava ad accarezzargli la cute. Una carezza. Due carezze. Tre car-
«Okay, forse ero un po' geloso!», ammise.
«Solo un po'?»
«E va bene, ero molto geloso, contento?!»
Questa volta Harry non trattenne la risata e la lasciò gorgogliare fuori dalla gola con un sono profondo e... Louis sentì un brivido alla base della schiena.
«Non ridere, idiota!», lo rimproverò Louis con un lieve pugno. «E spiegami seriamente come puoi aver perdonato Malik tanto in fretta mentre io ho dovuto aspettare più di tre settimane!»
«Mi sembra che tu stesso me l'avessi consigliato nella tua lettera...»
«Quindi l'hai letta?!»
«Certo che l'ho letta...»
«E tutto ciò a cui hai dato retta è stata la parte di Malik?! Mi ferisci».
«Hai considerato il fatto che con Zayn ce l'avevo molto meno che con te?», disse Harry tranquillamente.
«Mai io sono più importante!», e valeva come ragione.
«E' vero, ed è un altro motivo per cui ci ho messo più tempo a perdonarti, avevo bisogno di... riflettere», spiegò il piccolo.
«Non ha senso», lamentò Louis. Harry sospirò.
«Zayn mi piace, ma non quanto te. Potevo perdonarlo senza preoccuparmi troppo perché so che se un giorno mi farà un qualche torto non ne soffrirei tanto come per te. Nel tuo caso ho dovuto pensare di più ai pro e ai contro...»
Louis si prese qualche istante per analizzare la frase, poi: «Te la passo solo perché hai detto che ti piaccio di più io», concluse.
Harry rise di nuovo, «Tanto lo so che hai sentito solo quella parte», disse colpendolo sulla testa. Louis gliene fu grado, il colpo lo distrasse dai brividi alla schiena.
«Comunque, Louis, io ti guardavo in continuazione».
Louis sorrise soddisfatto.
 
Passarono tutta la mattina così, sdraiati sul quel letto abbracciati l'uno all'altro, sussurrandosi quello che si erano persi delle rispettive vite. A volte tacevano per molti minuti e rimanevano in silenzio, ma non era un silenzio pesante. I loro corpi parlavano per loro.
A volte Louis era preso dalla paura che quello fosse solo un sogno, allora cercava gli occhi di Harry e vi trovava dentro la certezza che tutto ciò era reale. Gli occhi di Harry erano sempre pronti ad accoglierlo e quelli di Louis erano sempre pronti a lasciarsi inghiottire nel verde.
Ad un certo punto di quella mattinata Louis ebbe l'impressione di sentire un rumore nella stanza, ma quando alzò lo sguardo non vide nulla di strano e riprese a sommergere Harry di parole. Aveva tre settimane di arretrati, doveva recuperare.
 
 
 
 
Quando la mattina del 16 Dicembre Liam Payne era tornato in camera per controllare che Louis stesse bene (o che non si fosse tagliato le vene), aveva trovato la porta della stanza stranamente aperta e dall'interno sentì provenire dei bisbiglii sussurrati.
Affacciandosi appena nella camera si era ritrovato ad assistere ad una scena inaspettata.
Harry e Louis, sdraiati sul letto di quest'ultimo, erano inequivocabilmente avvinghiati l'uno all'altro e nel bel mezzo di una fitta conversazione di cui Liam non era in grado di cogliere le parole, ma sicuramente non si trattava di una discussione. Anzi. Qualcosa gli diceva che avevano fatto pace.
Sentì che gli era appena stato un tolto un peso dallo stomaco. E uno nuovo iniziò a formarsi.
La vista di quei due lo turbò parecchio e lo fece sentire... di troppo. Chiuse la porta con più cura possibile e se ne andò in silenzio, pensieroso.
Quel giorno gli fu chiaro, per la prima volta, che non rischiava di perdere il suo ruolo di miglior amico per colpa di Harry.
Quella che si doveva preoccupare era Eleanor.
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Harry... Perché non vieni a passare le vacanze di natale a casa mia?»"
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell(a sciagurata)' autrice:
 
Lo so, lo so, sono una persona orribile.
Sono in un ritardo immenso e imperdonabile e non ho mantenuto la promessa (avevo detto che avrei pubblicato venerdì e non ci sono riuscita).
A mia discolpa posso solo dire che questo capitolo è stato difficile, tanto. E il problema non era la mancanza di ispirazione, ma la troppa ispirazione. Venerdì, che era il giorno in cui avrei dovuto pubblicare, non so come ma mi sono ritrovata alle dieci di sera con sedici pagine di materiale. Sedici. In pratica per ogni parte avevo fatto due o più versione alternative e dovevo sistemare.
Adesso, comunque, ci sono.
Parliamo di cose serie. Il capitolo.
Non so da dove incominciare... Harry ha raccontato a Louis la sua storia (che è un modo per dirgli che ha deciso di fidarsi di lui), hanno fatto pace e si sono fatti tante coccole. Buono no?
Questo capitolo (queste dieci pagine di Harry e Louis quasi Larry) è il capitolo conclusivo della prima parte della storia che era incentrata prevalentemente su Harry. Dal prossimo si entra nella seconda (la mia preferita) e le cose cambieranno. Ah, io parlo di questa suddivisione in "parti" come di una cosa astratta, ma presto la suddivisione diventerà affettiva e scritta. Datemi tempo. Dunque dicevo, questa prima parte è conclusa e ho cercato di risolvere la maggior parte delle questioni riguardo Harry (il suo passato, i suoi sentimenti, i suoi pensieri). Ovviamente non è tutto (le lettrici più attente si saranno accorte che ci sono ancora molte questioni irrisolte, ma tutto si risolverà a suo tempo), intanto è un progresso.
Ora ditemi voi cosa ne pensate.
Prima di tutto devo sapere se il capitolo vi ha in qualche modo deluse o, non so, riferitemi le vostre impressioni in generale. So che vi aspettavate la riconciliazione, ma tutto il resto? E la riconciliazione in sé vi è piaciuta?
Il capitolo è mooolto lungo e so che la prima parte è un po' pesante e non esattamente scorrevole, quindi, non è che vi siete addormentate? (Lo capirei...)
Okay, forse è il caso di tagliare, altrimenti fra una cosa e l'altra arrivo a dodici pagine, e no.
Concludendo: fatemi sapere cosa pensate del capitolo, è importante (l'ho in testa da talmente tanto tempo che ci sono davvero molto affezionata).
Infine: Grazie, grazie, grazie.
E' un grazie globale, per tutti e per tutto. Perché considerate questa storia e perché mi aspettate. Perché ci siete e me lo dimostrate e spero che continuerete a farlo.
Mi dileguo.
Mando un abbraccio degno di quelli di Louis a tutte voi!
 
Costanza
 
 
 
 
P.s.: Per ogni eventualità (insulti, maledizioni, ecc) mi trovate qui.

 

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Capitolo 26
*** Qualcosa di più? ***


 

 
 
..In your skin..
 





 
Dedico il capitolo a tutte le persone
che hanno recensito questa storia fino adesso,
perché mi date la forza di andare avanti.
 





 
Qualcosa di più? (o dove finisce l'amicizia inizia...)
 
Erano passati cinque giorni da quando Harry e Louis erano tornati ad essere "Harry e Louis" e sembrava che si fossero completamente dimenticati di quel mese passato ad odiarsi-evitarsi-rimpiangersi. Avevano ripreso a comportarsi come il duo affiatato che erano prima (se non più affiatato) come se nulla fosse mai successo.
Inutile dire che Liam Payne non ricevette spiegazioni nemmeno quella volta.
Tutto ciò che sapeva era che fino ad una settimana prima Harry e Louis non si rivolgevano la parola, mentre adesso non riuscivi più a trovare uno senza l'altro. E non era tanto per dire.
La mattina si vedevano prima delle lezioni, a pranzo trovavano sempre qualche minuto per salutarsi, il pomeriggio studiavano assieme e spesso la sera sparivano chissà dove a fare chissà cosa. Liam qualche giorno prima era entrato in Sala Comune, nella sua Sala Comune, e aveva trovato Harry Styles seduto su una poltrona a leggere un libro. Non si era nemmeno stupito più di tanto. A quel punto mancava solo che se lo ritrovasse anche a lezione con loro!
Liam capiva la nostalgia, capiva il "dobbiamo recuperare il tempo perso" (battuta che Louis utilizzava spesso), ma l'attaccamento di quei due sfiorava seriamente il morboso e non era solo una questione di frequentazione. Erano davvero attaccati, fisicamente, come se qualcuno li avesse uniti con la colla. Liam non sapeva se lo notava solo lui, di certo non ci facevano caso Harry o Louis, ma non appena si vedevano sembrava che una qualche forza sovrannaturale li portasse lentamente ad avvicinarsi e sfiorarsi. Spesso non solo sfiorarsi.
Liam però si limitava a guardarli turbato, ma l'unico che aveva captato le sue occhiate di disapprovazione era Zayn Malik, che in tutta quella storia si comportava come uno spettatore impaziente e divertito.
Harry-dipendenza a parte, Louis era tornato quello di sempre. Era di nuovo solare e allegro, con la battuta a portata di mano e la risata sempre in bocca. Aveva ripreso a venire agli allenamenti, non senza scusarsi con la squadra per il suo pessimo comportamento nelle settimane passate, e sembrava essersi addirittura messo sotto con lo studio. Liam sospettava che ci fosse lo zampino di Harry, non vedeva come fosse altrimenti possibile che Louis studiasse di sua spontanea volontà.
Non da ultimo, Louis era felice. Ma proprio tanto felice. Glielo si vedeva negli occhi e nei sorrisi sinceri come non mai, nella sua aria sognante e... Beatamente assorta.
Per quel che poteva valere, anche Harry non era da meno. Liam quasi non lo riconosceva, era completamente cambiato da quel ragazzo chiuso e freddo che aveva conosciuto qualche mese prima. Harry era ancora piuttosto silenzioso e brusco nei modi (con tutti quelli che non si chiamavano Louis Tomlinson), ma adesso guardava le persone con uno sguardo più gentile, più presente.
In fin dei conti le cose erano decisamente migliorate per tutti, anche per Liam stesso, che adesso non doveva più fare i conti con un miglior amico depresso.
Certo, un'eccezione c'era...
A quanto pareva nella nuova vita Harry-centrica di Louis Tomplison non c'era spazio per una ragazza. O almeno, quella era l'impressione che aveva Eleanor, la quale iniziava ad essere seriamente infastidita dal comportamento di Louis. In effetti, Louis le dedicava appena qualche ora alla settimana, a differenza di quanto faceva con qualcun altro... Liam -che non sapeva bene perché ma finiva sempre in mezzo ai problemi altrui- le aveva ripetuto almeno trenta volte che non doveva prenderla tanto seriamente, che Louis era molto impegnato e che non doveva essere gelosa delle sue amicizie, dal momento che c'è una gran differenza tra il rapporto con gli amici e quello con la propria ragazza. Ma forse quello avrebbe dovuto dirlo a Louis...
Per ora Liam era riuscito a convincere Eleanor di passare sopra alla questione considerando che Louis si era appena riappacificato col Serpeverde e che sicuramente, passati i primi tempi, tutto sarebbe tornato alla normalità. Non potevano continuare a vivere in simbiosi per sempre. Giusto?
 
 
 
Quel Mercoledì mattina, la mattina del 20 Dicembre, Liam era sceso in Sala Grande accompagnato da un Louis più taciturno del solito, ma ormai aveva smesso di fare caso ai saltuari sbalzi d'umore che da più di tre mesi lo caratterizzavano.
I due Grifondoro si erano appena seduti al loro tavolo per fare colazione quando la testa di Louis si alzò con uno scatto verso la porta, giusto un attimo prima che Harry Styles entrasse nella sala. Liam non sapeva proprio come ci riuscisse.
«Vai pure, ti aspetto qui», lo anticipò Liam.
«Ehm, grazie. A dopo», Louis non perse altro tempo e schizzò via verso Harry.
Liam rimase ad osservare la scena.
Non appena Harry si accorse che Louis stava venendo nella sua direzione lasciò in sospeso qualsiasi conversazione stesse tenendo con Malik per dedicargli uno sguardo estasiato. Harry guardava Louis come... Come se sulla terra non ci fosse niente ad eccezione di lui. E Louis faceva lo stesso.
C'era un attimo, molto imbarazzante per chi gli stava accanto, in cui si incontravano e si illuminavano, come se la loro giornata avesse appena acquistato senso e... Era strano.
Liam dovette distogliere lo sguardo per qualche secondo, si sentiva di troppo solo a guardare, e quando lo rialzò i due stavano uscendo dalla stanza parlando fittamente.
Liam rimase da solo con la sua colazione e suoi sospetti sempre più insistenti.
 
Quando Louis tornò da ovunque fosse stato con Harry fece giusto in tempo a bere un bicchiere di latte che la campana annunciò l'inizio delle lezioni. Allora Liam e Louis si avviarono in silenzio, ognuno preso dai propri pensieri.
Arrivati nel aula si sedettero nei soliti porti e Louis sembrava ancora intenzionato a non rivolgere la parola a nessuno, aveva già dato con Harry, ma visto che il professore tardava e che Liam moriva dalla voglia di fargli alcune domande...
«Senti Louis...», lo richiamò.
«Mmm?»
«Posso chiederti una cosa?», iniziò Liam.
Louis gli lanciò un occhiata che lo invitava ad andare avanti.
«Dunque, per caso- Anzi no, prima promettimi che non te la prendi. E che non glielo dici!».
«Non dico cosa a chi?», chiese Louis prestandogli finalmente attenzione.
«Non dici la cosa che ti devo dire, a Harry...».
«A Harry?», Louis sembrava abbastanza sorpreso.
«Già. Allora prometti?», insisté Liam.
«Si, si, non me la prendo e non dico nulla a Harry», nelle ultime parole c'era una certa ironia che Liam non capì. Decise di ignorarla.
«Dunque... Harry, per caso, è...», Liam non concluse la frase. C'era sempre l'alta probabilità che le sue paranoie fossero, effettivamente, solo paranoie...
«E'...?», lo incalzò Louis.
«Come dire... Tu sei sicuro che a lui...», Liam non arrivò alla fine nemmeno quella volta. Forse parlane con Louis non era un'idea tanto saggia...
«Vai avanti».
«Ad Harry piacciono le ragazze?», la curiosità aveva vinto.
Ci fu qualche istante di silenzio tra i due, in cui Louis gli dedicò uno sguardo tra il basito e lo sconvolto.
Poi Louis, con le guance appena più rosse del normale, se ne uscì con: «M-ma che domanda è? Certo, certo che gli piacciono...»
«Ne avete mai parlato?»
«Di ragazze?».
«Di ragazze, sì Louis», rispose Liam alzando gli occhi al cielo.
«Allora... Non proprio... Abbiamo parlato un po' di Eleanor, a volte...», sembrava davvero impegnato a ricordare qualcosa sull'argomento, ma non aveva la faccia di chi stava trovando molto.
«Eleanor non vale», fece presente Liam.
Louis si agitò appena.
«Dal momento che non ne sei certo... a Harry potrebbero anche piacere i maschi, giusto?», buttò Liam.
Louis non sembrava affatto preparato a sentire quell'affermazione, tanto che gli andò di traverso la saliva per lo stupore e iniziò a tossire come se volesse sputare fuori i polmoni. Gli ci volettero parecchie pacche sulla schiena prima che ritornasse in se e, con i polmoni quasi a posto, potesse parlare di nuovo:
«Harry-», cominciò con voce graffiata dallo sforzo, «Harry non è gay!», esclamò, (alcune persone si voltarono a lanciargli occhiate divertite).
«Guarda che non ci sarebbe niente di male...», fece presente Liam.
«Si! No... E' che Harry non è-... Non lo è, ne sono sicuro!», ripeté Louis scuotendo la testa, come per scacciare quell'ipotesi.
Liam era confuso. Louis sembrava essere stato colpito da un fulmine a ciel sereno, come se quell'idea non l'avesse mai nemmeno vagheggiata. Dunque era un buon segno, no? Voleva dire che fra loro non c'era niente di... Liam sentiva che qualcosa stava andando storto.
«Okay... E' solo che a volte ti guarda in un modo che...», Liam pensò ad alta voce.
«"Che..." cosa?!», chiese Louis allarmato.
«Non lo so, è strano».
«Strano in che senso?», insisté Louis.
«Non lo so...», ripeté Liam pensieroso, «Tipo oggi, quando ti ha visto si è illuminato e ti fissava come se fossi la cosa più bella che avesse mai visto», spiegò e pensò che quella definizione era piuttosto calzante, «E il suo sguardo», aggiunse, « era tanto intenso che sembrava volesse divorarti con gli occhi. Non è un comportamento esattamente solo amichevole, quello», osò Liam.
Louis era paralizzato e solo la sua bocca, dopo qualche secondo, si mosse per parlare: «Tu stai dicendo che- Ma solo oggi, giusto?», Liam si aspettava una smentita, invece, perché quella domanda?
«No, no, sempre», chiarì.
«Sempre?!», domandò Louis stralunato, ancora di più.
«Già».
«Sono certo che ti sbagli», affermò allora Louis un po' in ritardo. «E'... è vero che Harry tiene molto a me e posso anche credere che mi guardi in modo un po'... molto sentito, ma ti assicuro che non è perché prova qualcosa in quel senso. Harry è mio amico e so che gli piacciono le ragazze, ma ancor di più so che non gli piaccio io!», concluse convinto. O auto-convincendosi.
«Visto che non sei nella sua testa non puoi saperlo con certezza assoluta», fece notare Liam. Sul volto di Louis si dipinse un'espressione bizzarra, un po' contrariata e un po' sfuggente.
«Ehm, no... Ma credo di conoscerlo abbastanza e di sicuro lo conosco meglio di te», disse seccato, «Quindi, qualunque cosa tu abbia immaginato o tu stia insinuando, beh, scordatela perché è sbagliata».
«Probabilmente... Devi avere ragione tu», concluse Liam.
In quel momento il professore entrò trafelato nell'aula e la lezione poté cominciare. Louis ne approfittò per rifugiarsi di nuovo nei suoi pensieri, ora visibilmente più tumultuosi, e per sfuggire dalle insinuazioni di Liam Payne.
Liam si sentiva inquieto. Era andata meglio di quanto sperasse. Però era andata troppo diversamente da come l'immaginava. Innanzitutto la reazione di Louis era stata spropositata, di solito certe questioni le prendeva molto più alla leggera, soprattutto se erano davvero importanti. Invece sembrava sinceramente sconvolto e... Non era da Louis. Davvero non aveva mai pensato una cosa del genere? E davvero quel pensiero lo shoccava tanto?
Liam continuò a rifletterci per tutto il giorno e dalla sua espressione immaginò che anche Louis stesse facendo lo stesso. Poi, quando alla fine delle lezioni Harry venne a cercarli e Louis arrossì violentemente appena lo vide, allora Liam capì di aver commesso un grande errore. Perché se Louis non aveva mai pensato alla questione gay, adesso aveva tutta l'aria di chi lo stava facendo fin troppo.
Certo, Liam non poteva sapere che quello con cui aveva parlato in realtà non fosse Louis...
 
 
 
Quel 20 Dicembre Louis aveva preso una decisione. Era da quando lui ed Harry avevano fatto pace che c'era un'idea che l'assillava e ora che aveva avuto anche le ultime conferme era arrivato il momento di parlarne con Harry.
Alla fine delle lezioni era andato alla ricerca di Harry, il legittimo proprietario del corpo che stava animando in quel momento, e, sottraendolo alla tutela di Liam, l'aveva portato via con sé. L'aveva trascinato allegramente per mezza Hogwarts fino alla zona est del castello, poi su per una torre e una volta lì, salite molte scale, avevano imboccato una porta che dava su un terrazzo coperto. La vista da quel punto era meravigliosa: si poteva vedere tutto il parco innevato e, oltre, la Foresta Proibita che si stendeva sull'orizzonte come una macchia infinita di bianco accecante e verde cupo. Intanto la neve cadeva e i loro respiri si trasformavano in nuvolette di vapore.
«Avevo voglia di prendere una boccata d'aria», aveva detto Louis e Harry non aveva protestato, anzi, sembrava averne più bisogno di lui.
Louis in realtà cercava solo un posto tranquillo in cui parlare e non c'è posto più tranquillo di un rifugio per coppiette. Questo magari ad Harry non l'avrebbe detto.
Louis stava appunto per fare la sua fantastica proposta -era psicologicamente pronto, sapeva il discorso a memoria e la voce era calda di chiacchiere- allora si mise di fronte ad Harry, occhi negli occhi, e... Si accorse che Harry invece non era pronto per niente.
«Che succede?», domandò Louis perplesso e vagamente seccato.
Il volto di Harry, il suo, era una maschera di preoccupazione: i pensieri che lo infastidivano erano tanto ingombranti che Louis riusciva quasi a vederli, gli vorticavano negli occhi azzurri, gli stessi occhi che evitavano il suo sguardo.
Harry non rispondeva.
Louis prese in mano la situazione. Louis prese letteralmente in mano la situazione: afferrò il mento dell'altro con una stretta ferrea e lo costrinse a girarsi a guardarlo, a guardarsi.
«Harry, che c'è?», chiese perentorio. Di passi in dietro non ne voleva più fare, non avrebbe più permesso che Harry si allontanasse di nuovo da lui, anche solo col pensiero.
«Non c'è niente...», tentò Harry risultando molto credibile.
«Harry, lo sai che puoi dirmi tutto? Se c'è qualcosa che non va io-»
«No, Lou, non è niente di serio, credimi. E' una sciocchezza, una grande sciocchezza», spiegò, questa volta con più impegno.
«E allora puoi anche parlarmene, no?», osservò Louis. Stranamente si ritrovò a guardare il proprio volto sbiancare e poi diventare scarlatto. Che cos'era successo?
Dalla gola di Harry, da quella di Louis ad esser precisi, proruppe un suono strozzato che poi si trasformò in un lungo "ehmm" e infine prese la forma distorta in un discorso tentennante: «Credimi, non è niente che riguarda- Cioè, no, davvero, lascia stare, non è importante, non so nemmeno perché ci sto ancora pensando!», disse, quasi più a sé stesso che a Louis, «Io... Possiamo cambiare argomento?», supplicò infine.
Louis avrebbe voluto obbiettare che lui non sapeva nemmeno quale fosse "l'argomento", ma decise di accontentarlo, per il momento.
«Okay... Però sappi che se continui a tenere quella faccia ancora molto a lungo, smetterò di farmi i fatti miei».
«Non preoccuparti, domani l'avrò già cambiata, la faccia», scherzò Harry.
«Sai cosa intendo», Louis gli lanciò un occhiataccia.
«Lo so. Non avrai di che preoccuparti», Louis continuava ad avere l'impressione che Harry stesse cercando di auto convincersi di qualcosa...
«Va bene. Allora adesso voglio farti una proposta!», annunciò Louis improvvisamente su di giri.
Harry gli lanciò uno sguardo grato e incuriosito allo stesso tempo: «Ti ascolto».
«Dunque, tu... Io... Voglio chiederti se...», Louis si bloccò, «Merlino, non mi ricordo più come iniziava il discorso!», esclamò con tono allarmato.
Sul viso di Harry si dipinse un sorrisetto divertito e Louis si sentì soddisfatto del proprio spettacolino.
«Facciamo così, io te lo chiedo e basta», disse Louis, «Harry... perché non vieni a passare le vacanze di Natale a casa mia?», l'aveva detto.
Silenzio.
Ancora silenzio.
«Harry? Harry hai capito cos-»
«Si. Si, ho capito... E' solo che non me l'aspettavo...», confessò.
«Lo so e so che è tardi per chiedertelo, ma prima della settimana scorsa non credevo di poterlo nemmeno pensare, figuriamoci chiedertelo davvero... Però adesso lo vorrei tanto».
Harry tacque ancora per qualche minuto prima di chiedere: «Perché?»
Louis prese un respiro profondo, poi: «Perché penso che sarebbe molto rischioso se ci capita lo scambio e siamo a centinaia di chilometri di distanza, chissà cosa potrebbe succedere... E se anche andasse tutto bene non credo sarebbe facile ritrovarsi improvvisamente nella vita familiare dell'altro...», spiegò. Questa era la ragione numero uno. Ma la più importante era...
«E non voglio che tu debba stare con loro per tanti giorni», disse. Poi ce n'era anche un'altra, di ragione, molto più egoista, che non avrebbe detto ad Harry: non sopportava l'idea di averlo lontano per due settimane.
Harry assunse un'espressione pensierosa, poi sospirò: «Anche io penso che sarebbe rischioso se avvenisse lo scambio e, ovviamente, non ho alcuna voglia di dovermene stare due settimane con mio padre, sua moglie e quella serpe di mia sorella. Però... Non credo sia davvero il caso di-»
A questo punto fu il turno di Louis di chiedere: «Perché?»
«Non voglio disturbare la tua famig-»
«Ho parlato con i miei, hai già un letto pronto», non che gliel'avrebbe lasciato usare.
Harry boccheggiò sorpreso. «Non so se mio padre sarebbe d'accordo...», disse allora.
«Ma se lo fosse? Tu lo saresti?», era questo l'importante.
«Io... Non lo so...»
«Qual è il problema Harry?»
«Non voglio essere un peso per la tua famiglia e soprattutto non lo vorrei essere per te...».
Sul viso di Harry comparve per Louis un sorriso gentile. «Harry, sono certo che le mie sorelle ti adoreranno e anche i miei genitori non potranno farne a meno, con queste fossette conquisteresti il mondo», disse divertito infilando un dito nella guancia.
Harry si lasciò sfuggire un sorriso spigoloso dalla bocca di Louis.
«E per quanto mi riguarda», continuò Louis, «Se avessi pensato che tu sia un peso non te l'avrei chiesto, giusto?»
Harry sembrava combattuto tra il ribattere e l'annuire. Alla fine la testa di Louis si sollevò qualche volta in un muto assenso e l'anima di Louis se ne compiacque.
Louis fece un passo verso il suo vecchio corpo e cercò la propria mano che strinse fra quelle di Harry: «Ti assicuro che non vedo l'ora di trascorrere le vacanze insieme a te, sarà perfetto, solo tu ed io», disse Louis con la voce profonda di Harry. Harry arrossì di nuovo facendo diventare le guance di Louis di un curioso rosso scarlatto.
«Tu ed io e le mie adorabili sorelle», precisò Louis, ignorando la propria faccia. «Che ne dici?»
«Potrei... Potrei provare a chiedere a mio padre il permesso?», suonò più come una domanda che un'affermazione, ma fu sufficiente per scatenare l'entusiasmo di Louis che iniziò a fare piccoli salti di gioia. Peccato che Louis non aveva fatto i conti con il pavimento coperto di neve, né con la scarsa coordinazione del corpo di Harry. Doveva prevederlo che salti+Harry+neve=caduta inevitabile, ma se ne ricordò solo quando il culo di Harry aveva già colliso con la pietra fredda e bagnata del pavimento.
Harry, da bravo amico qual era, era scoppiato a ridere divertito, ( non aveva pensato che quello che il giorno dopo si sarebbe ritrovato un bel livido sul fondo schiena era lui stesso), mentre Louis si lamentava per il dolore.
Louis decise di fargliela pagare e approfittando delle sue mani che ancora stringevano quelle dell'altro con uno strattone lo trascinò giù con se.
Senza poter farci niente, Harry si ritrovò in pochi secondi steso sul proprio vecchio corpo e con un'espressione sbigottita dipinta sul volto. A quel punto toccò a Louis ridere di sé stesso e di Harry allo stesso tempo. Harry poi si unì a lui nella risata.
Quando ebbero finito di contorci sul pavimento, un po' per le risate, un po' per il dolore, allora ritrovarono la forza di parlare.
«Forse dovremmo alzarci», osservò Harry, che se ne stava appoggiato sulle mani per non gravare troppo sull'altro. Aveva un'aria infreddolita e accaldata allo stesso tempo.
«Non penso di esserne più in grado, ho perso la sensibilità dal culo in giù», si lamentò Louis, agitando appena la parte appena citata, dimostrando che in effetti la sensibilità ce l'aveva ancora.
Harry si irrigidì appena, poi scosse la testa con l'imprevisto risultato di ritrovandosi i capelli lisci e castani davanti agli occhi. Louis pensò di fargli fargli un favore e alzò una mano per sistemarglieli. Intanto Harry prese parola.
«Sono abbastanza certo che le mie gambe funzionino ancora e che tu stai assiderando lì per terra», cosa piuttosto vera, «Quindi, dal momento che io non voglio ritrovarmi ammalato, penso che sarebbe il caso di alzarci e andarci a scaldare», concluse Harry.
Louis sbuffò, ma poiché ormai tremava dal freddo convenne che era meglio dare retta ad Harry ed alzarsi (per quanto la base della schiena gli pulsasse in modo poco invitante).
«Aiutami allora», ordinò.
Harry alzò gli occhi celesti al cielo, poi si sollevò con una spinta e una volta in piedi porse una mano a Louis per tirarlo su.
Louis accettò la presa con piacere e si fece tirare con fin troppo slancio, perché una volta dritto sulle sue gambe fece in modo di ritrovarsi direttamente tra le braccia di Harry, cioè le sue, e gli si avvinghiò addosso.
«Lou, che fai?», chiese Harry sorpreso.
«Quello che hai detto tu: mi sono alzato e sono andato a scaldarmi», spiegò stringendolo più forte ed immergendo il volto nel suo collo. Non avrebbe mai detto che il suo corpo potesse emanare tanto calore.
Harry lo colpì con una lieve botta accompagnata da uno «Stupido» sussurrato con divertimento e imbarazzo. Louis non si lamentò nemmeno, era troppo occupato a rubare calore che, secondo un ragionamento indiscutibile, gli apparteneva di diritto in quanto quello era il suo corpo.
Fu in quel momento che la porta del terrazzo venne aperta.
«Oh, scusate, non credevo ci foss- Harry? Louis?»
Louis pregò interiormente che quella non fosse veramente la voce di Niall Horan, ma quando si voltò verso la porta e trovò l'inconfondibile biondo che li fissava stralunato, allora dovette ammettere con sé stesso che sì, Niall Horan li aveva appena beccati in atteggiamenti ambigui, in un luogo sospetto e si stava facendo delle idee molto sbagliate.
Harry si sbrigò a staccarsi da Louis e Louis ne sentì subito la mancanza, ma non era il caso di farlo presente... «Ehm, ciao Niall», si sforzò di dire invece con la voce di Harry.
«Io- Non avevo idea che voi steste-», farfugliò il biondo.
«No!», esclamò Harry per Louis, «non è così, hai capito male!»
«Ragazzi, non preoccupatevi, io non ho problemi con queste cose, davvero», disse allora Horan, convinto.
Sul viso di Louis comparve un'espressione sconvolta e Louis sospettò che su quello di Harry, il proprio al momento, non ce ne dovesse essere una troppo dissimile.
«Niall, ti stai sbagliando, non è come sembra...», si sforzò di dire Louis e non poté non chiedersi cosa esattamente fosse sembrato o quanto lo fosse sembrato...
«Ragazzi, non dite altro. Potete stare al sicuro perché non lo dirò nessuno e neanche Sarah lo farà», disse con tono rassicurante. Louis si accorse solo in quel momento che dietro ad Horan c'era una ragazza dai capelli rossi e dall'aria abbastanza imbarazzata. Probabilmente loro erano venuti lì per fare cose da coppietta.
Prima che Louis o Harry trovassero qualcosa con cui ribattere, Niall prese la ragazza per mano e la trascinò via mentre li salutava allegramente con un «Continuate pure quello che stavate facendo, ci vediamo in giro!», ma il colpo finale fu «Ah, ragazzi, state bene assieme!», poi Niall scomparve.
Fra Louis ed Harry cadde il silenzio.
Poi... «Lui ha davvero creduto che noi...?», domandò Harry shoccato.
«Penso proprio di sì...».
Ad Harry scappò solo un verso strozzato dalla gola di Louis.
«Magari...», fece Louis, «Magari domani posso andare a parlare con Niall».
«Si. Si fallo», concordò Harry.
«Risolverò tutto, devo solo spiegargli che è stato un malinteso».
«Già, certo...», ma Harry non sembrava affatto rassicurato.
«Harry, stai tranquillo, chiarirò tutto», ripeté Louis.
«Lo so... Lo so...».
"E allora qual è il problema?", si chiese il maggiore. Harry non gli diede il tempo di chiederlo perché «Andiamo?», propose.
«Si...», concesse Louis, «Vuoi venire da me? Ci mettiamo in Sala Comune davanti al camino e poi magari iniziamo a scrivere a tuo padre...»
«Okay», rispose Harry dopo qualche secondo.
Louis sorrise soddisfatto.
Quando lasciarono il balcone Louis si sentiva sia felice che turbato allo stesso tempo. Felice perché Harry aveva accettato la sua proposta, perché ora mancava solo il responso di suo padre e poi, forse, avrebbero potuto trascorrere le vacanze assieme. Turbato perché anche Harry era turbato e sotto sotto, qualche sospetto sulle sue ragioni, Louis ce l'aveva: erano le stesse che lui ignorava con tutta la sua forza.
 
 
 
 
Il giorno stesso in cui Louis gli aveva fatto la proposta Harry aveva inviato a sua padre una lettera in cui gli chiedeva di passare le vacanze con i Tomlinson.
La risposta era arrivata il giorno seguente e contro ogni aspettativa di Harry era stata positiva. Suo padre aveva posto un'unica condizione: che Harry fosse presente alla festa di Capodanno, mentre per il resto era libero di andare dove avesse preferito, e lontano da casa era anche meglio (era scritto tra le righe).
Quando Harry l'aveva riferito a Louis questo aveva fatto i salti di gioia e gli si era dipinto in viso un sorriso smagliante che aveva fatto girare la testa ad Harry più volte. Ma ormai ad Harry girava la testa per tante cose...
Anche Harry era stato felice, l'idea di non dover passare con suo padre più di un giorno lo entusiasmava particolarmente e ancora di più lo entusiasmava l'idea di poter passare tutte le vacanze insieme a Louis. Ecco, forse quello lo entusiasmava fin troppo.
 
Da quando Louis ed Harry avevano fatto pace la vita di Harry aveva finalmente ripreso a scorrere come doveva, come se tutto fosse giusto e non solo un conseguirsi di giorni vuoti. Harry stava bene, perché Louis era il suo posto sicuro, il rifugio della sua mente, il suo posto nel mondo, e se n'era finalmente reso conto dopo averlo ritrovato.
Poi Liam gli aveva parlato, o meglio, Liam aveva parlato a Louis non sapendo che in realtà stesse parlando con Harry e allora l'incantesimo di perfezione in cui Harry era caduto per qualche giorno si era improvvisamente rotto, le parole di Liam l'avevano incrinato ed Harry non riusciva più a togliersele dalla testa. A peggiorare tutto poi, ci s'era messo Niall Horan...
A quanto pareva, il mondo era più che ben disposto a credere che tra Louis ed Harry ci fosse qualcosa che andava oltre l'amicizia. Ed era assurdo.
Liam aveva accusato Harry di avere una cotta per Louis, una cotta vera, come se Harry fosse... E Niall aveva addirittura creduto che loro stessero facendo... Harry non aveva ben capito cosa l'Irlandese avesse voluto vedere nel loro abbraccio e non voleva saperlo.
Ovviamente Harry non aveva esitato nemmeno un'istante a negare quelle insinuazioni, con gli accusatori e con sé stesso, perché non aveva mai considerato il suo rapporto con Louis in quei termini e non concepiva come qualcuno potesse farlo.
Ad Harry non piaceva Louis.
Innanzitutto non aveva mai voluto fare cose con lui e non l'avrebbe voluto mai. Doveva ammettere che non gli dispiaceva quando Louis lo abbracciava, o quando gli accarezzava i capelli, o quando gli teneva la mano, ma la sola idea di andare oltre a quello non gli era mai nemmeno balenata per la mente. Certo non aveva mai chiesto quelle cose, né le aveva immaginate prima, eppure gli erano piaciute, eccome... Poi c'era stato l'incidente nel bagno, ma non valeva, quello era stato solo una distrazione, un incidente appunto. Non significava nulla. Nulla.
Era vero anche che l'attaccamento di Harry per Louis, e viceversa, era un po' fuori dal normale, ma ne erano consapevoli e l'avevano accettato senza farsi troppi problemi.
Solo che Harry non si era mai chiesto cosa significasse esattamente, questo attaccamento. Riflettendoci, tuttavia, la sua mente gli aveva fatto notare che dopo l'amicizia viene... Ma era assurdo!
Harry voleva bene a Louis come si vuole bene ad un amico, niente di più.
Certo, Harry ormai considerava amico anche Zayn, ma il rapporto con lui non aveva niente a che fare con quello che aveva con Louis, non che fosse meno importante, era solo meno... Intenso.
Per quanto Harry avesse confessato alcune cose del suo passato anche a Zayn, solo a Louis aveva raccontato tutto, o quasi, e non era una questione di fiducia, semplicemente c'erano cose che sentiva di voler dire solo a lui. Ultimamente Harry stava superando la sua rigidità anche con Zayn e ormai era abituato alle sue pacche sulla schiena, alla sua mano che gli metteva in disordine i capelli e al suo braccio rassicurante attorno alle spalle, a volte li ricambiava anche timidamente, ma non era mai capitato che si abbracciassero o si prendessero per mano o che passassero ore sul letto un po' troppo vicini e Harry, sinceramente, non ne sentiva il desiderio; con Louis invece... Se non vedeva Zayn per un giorno intero, Harry se ne faceva una ragione; se non vedeva Louis per più di tre ore iniziava ad angosciarsi e, dopo il mese appena trascorso, ogni volta che stavano lontani tornava il ricordo di quei giorni separati a rendere ogni minuto più insopportabile.
Fondamentalmente, le cose con Louis erano proprio come quelle con Zayn, uguali, solo trenta volte più forti. Cinquanta, cento volte più forti. Potevano ancora essere definite amichevoli?
Ma ad Harry non poteva piacere Louis! Doveva esserci un'altra spiegazione a tutto quello che sentiva... E se fosse stata tutta colpa dello scambio? Forse scambiarsi l'anima una volta alla settimana determinava una qualche sintonia particolare, forse era quella la ragione della loro stranezza... Non appena, però, Harry ebbe formulato quel pensiero se ne sentì inorridito, perché se fosse stato vero avrebbe significato che ogni cosa tra di loro non era reale, ma dipendente dalla maledizione e Harry non voleva. Teneva talmente tanto a quello che aveva con Louis, ne era così dipendente, che avrebbe preferito credere che fosse amore, piuttosto che credere che fosse falso. E quello era un pensiero preoccupante...
Harry sapeva che Liam aveva ragione nel dire che gli si illuminavano gli occhi quando vedeva Louis, perché sì, Louis dava un senso alle giornate di Harry e quando lo vedeva si sentiva leggero e pesante allo stesso tempo, come se finalmente l'aria gli avesse riempito i polmoni dopo dopo ore di apnea. Ed era patetico, ma era anche terribilmente giusto. Però era diverso dall'avere una cotta. O peggio. Giusto?
Insomma, se ad Harry fosse piaciuto Louis l'avrebbe saputo. Se gli fossero piaciuti i ragazzi l'avrebbe saputo! Non era un esperto di sentimenti, ma fin li doveva arrivarci, no?
Forse era proprio quello il problema di Harry, sapeva poco di amicizia e sapeva ancora meno di infatuazioni o di amore.
L'unica persona per cui avesse mai provato qualcosa era stata Kate, ma era complicato... Kate era complicata ed arrabbiata, Harry era complicato e triste. Lei si divertiva a farlo soffrire, lui l'ammirava incondizionatamente. Lei lo insultava, lui taceva e dentro pensava che era meravigliosa. Lei lo invidiava per ciò che lui aveva e a lei non era stato dato, lui gliel'avrebbe lasciato se solo avesse potuto, se solo fosse servito a salvarla...
Harry non aveva mai capito se quello che provava per Kate fosse stato vero affetto o il sentimento disperato di un folle che incontra un altro folle, ma di certo allora era convinto che fosse il primo e ripensava ancora a quel ricordo come ad uno dei più belli.
Quello che ora provava per Louis non aveva nulla a che fare con il sentimento per Kate. No. Affatto. Le situazioni erano diverse, Harry era diverso e Kate non era Louis e soprattutto Louis non era una ragazza. Eppure perché c'era una costante in tutto ciò? Perché il cuore di Harry batteva tanto forte quando pensava a Louis proprio come, anni prima, aveva fatto pensando a Kate?
 
 
 
 
Era il 21 Dicembre e il giorno successivo un fiume di studenti si sarebbe riversato fuori da Hogwarts e avrebbe preso il treno per tornare a casa.
Quella sera però nessuno pensava al proprio letto o al pranzo di Natale che li aspettava entro pochi giorni, perché era la sera della festa ed erano tutti intenzionati a divertirsi. Harry si chiedeva se fosse l'unico a pensare che il gruppo che suonava fosse decisamente troppo pop per definirsi punk e che quel drink analcolico sapesse veramente troppo di Whisky Incendiario perché un qualche Tassorosso non l'avesse corretto.
Forse Harry avrebbe anche potuto sopportare quei dettagli se non avesse sempre provato ribrezzo per le feste, non erano il suo ambiente e l'aveva ripetuto qualcosa come venti volte a Zayn . Eppure era lì, in mezzo ad una marea di persone che si agitavano a tempo di una musica scadente e sembrava essersi dimenticata che quella sala era la stessa in cui mangiavano. E Zayn, colui che l'aveva trascinato in quel posto, era sparito e aveva lasciato Harry solo come il più patetico degli adolescenti mal inseriti. Se una volta la cosa non avrebbe potuto toccarlo, al momento lo infastidiva parecchio e gli faceva desiderare di essere ovunque eccetto che in quel luogo. Era un altro di quei cambiamenti che doveva attribuire a Louis.
Louis... In realtà era proprio lui la causa del fastidio di Harry, perché l'aveva ignorato tutta la sera. Che poi, non è che Louis l'avesse proprio ignorato, l'aveva salutato ad inizio serata e poi se n'era andato con i suoi amici Grifondoro e con la sua ragazza, com'era giusto che fosse. Avrebbero passato assieme le successive due settimane, era normale che Louis adesso volesse stare con i suoi amici. E con Eleanor.
Per qualche motivo, però, ad Harry sembrava particolarmente insopportabile l'idea che Louis fosse nella sua stessa stanza e non fosse con lui. Era come se la sua testa non accettasse quella condizione. La sua testa rendeva sempre tutto così complicato...
Harry prese un altro sorso del suo drink analcolico e vagò per la Sala con lo sguardo, tanto per fare qualcosa, che era un modo come un altro per dire: "Tanto per cercare Louis".
Dall'altra parte della stanza Harry intravide Niall Horan che ballava con la stessa rossa di qualche giorno prima, Sarah. L'irlandese era venuto a scusarsi con Harry quella stessa mattina perché, dopo che Louis gli aveva parlato, aveva ammesso che "Sono arrivato a delle conclusioni un po' troppo affrettate. Scusa, amico" e Harry aveva potuto tirare un sospiro di sollievo, anche se i dubbi che lo tormentavano da qualche giorno non erano affatto spariti...
In un angolo della sala Harry individuò Zayn invece, il traditore, decisamente impegnato con una ragazza bionda che Harry non aveva mai visto prima d'allora.
Il riccio passò oltre con lo sguardo e infine trovò quello che in teoria non stava cercando. Col senno di poi, avrebbe preferito non farlo.
Louis era appena qualche metro più in là, nel bel mezzo della pista improvvisata, ma non ballava, perché era intento a fare altro. Le sue mani cingevano i fianchi di Eleanor in una stretta possessiva e la sua testa era appena inclinata in basso per colmare quei pochi centimetri di differenza con la ragazza. Eleanor invece aveva avvolto le braccia attorno alle sue spalle, per portarselo più vicino, come se non fossero già abbastanza vicini. Harry dalla sua posizione non riusciva a vedere le loro bocche incollate, vedeva solo come i loro corpi cercavano quel bacio, incuranti della folla attorno, incuranti di Harry che li guardava.
Harry si rese conto solo dopo qualche minuto che forse avrebbe dovuto smettere di fissarli, perché non era educato e perché si sentiva morire. Aveva un masso dentro al petto, che cresceva di secondo in secondo, che gli mozzava il respiro e gli faceva bruciare agli occhi. Ma Harry non riusciva a distogliere lo sguardo. C'era qualcosa di ipnotico nelle mani di Louis che accarezzavano Eleanor, nel suo collo teso e nella squarcio di espressione concentrata che Harry riusciva a vedere oltre la testa della ragazza. Ed erano bellissimi, Louis ed Eleanor assieme, perché il corpo di lei si incastrava perfettamente nel suo, erano perfetti, perfetti come Harry e Louis non sarebbero potuti mai essere. Harry non sarebbe mai stato altrettanto giusto fra le braccia di Louis e forse era quello che faceva tanto male o forse era il fatto che, nonostante ciò, Harry avrebbe solo voluto essere al posto di Eleonor in quel momento.
La sua mente formulò quel desiderio con estrema semplicità, come se non ci fosse niente di terribile in esso ad eccezione del fatto che era irrealizzabile. Senza fare scalpore, quel sogno nato morto si andò a nascondere in mezzo a tutte le emozioni confuse che imperversavano nel petto di Harry.
La canzone dal ritmo troppo veloce che aveva scandito quei minuti finì senza che Harry ne avesse ascoltato solo una nota, perché il suo cuore seguiva un tempo tutto suo, dettato dalle mani di Louis.
Solo che, terminata la canzone, Louis si staccò dalla ragazza e alzò lo sguardo proprio nella direzione di Harry che non fece in tempo a distogliere il suo: si ritrovò incatenato dentro l'azzurro.
Per un attimo scomparve tutto, scomparve la sala, scomparve la folla, scomparve Eleanor e scomparve anche la pietra nel petto di Harry. C'era solo Louis, Louis con le sue labbra rossissime che lo guardava, che fra tutti guardava proprio Harry, come se in realtà quel bacio fosse stata una cosa loro, come se fosse Harry quello tra le sue braccia, come se fosse Harry la sua metà perfetta.
Ma fu solo un attimo, Louis gli dedicò un sorrisetto gentile e poi tornò a guardare Eleanor.
Harry decise che aveva visto abbastanza. Libero dagli occhi di Louis e da quella scena, il peso nel petto gravava sempre di più ed era insopportabile. Harry doveva andarsene, prendere aria, dimenticare, dimenticare tutto.
Si avviò velocemente verso l'uscita, quasi di corsa, pregando che sarebbe bastato cancellare l'immagine del suo dolore perché anche quei sentimenti feriti a cui ancora non aveva dato un nome se ne sarebbero andati. Ma per Harry non era ancora finita quella serata.
Harry si sentì afferrare il polso quando ormai era sulla porta, ancora un passo e forse avrebbe trovato la libertà, e invece una presa ferrea lo riportò indietro, mentre la pietra nel petto lo schiacciava per terra.
Si aspettava Zayn, o chiunque altro, ma non Louis. E invece il castano era proprio lì di fronte ad Harry, con il respiro accelerato da una breve corsa e la sua mano sul polso del riccio. E le sue labbra ancora gonfie e sporche di rossetto.
«Te ne vai già?», Louis doveva aver ripetuto quella frase più volte, ma Harry era troppo occupato a fissarlo per accorgersene e quando infine lo fece impiegò parecchi secondi per ricordare come si parla prima di: «Si, sono stanco», rispondere.
«Ma non è nemmeno mezzanotte!», protestò Louis, col tono sereno di chi non sa. E per fortuna, però, che non sapeva cosa passava nella mente di Harry.
«Lo so, ma davvero, non ce la faccio più...»
«Non hai fatto nemmeno un ballo!», fece allora Louis, ignorando il tono un po' troppo disperato di Harry.
«Io non so ballare», fu tutto ciò che Harry riuscì a dire.
«Tutti sanno ballare!»
«Non io...», era così ridicola quella conversazione in confronto alla tempesta che imperversava dentro ad Harry.
«Non ci credo!», insisté Louis, «Adesso vieni con me e ti dimostro chi ha ragione!», esclamò trascinandolo nella pista. Harry guardò l'altro allarmato.
«Dove mi stai portando?»
«Ma a ballare!», rispose Louis.
«E con chi?».
«Con me!», un ovviamente era sottinteso, più per Louis che per Harry. Harry era spaventato.
Arrivarono nel centro della pista e la canzone movimentata che passava lasciò il posto ad una più lenta. «Un lento non era proprio quello a cui stavo pensando... Ma possiamo accontentarci», disse Louis sorridendogli e posizionandosi di fronte ad Harry. Ma era serio?! Harry non era certo di riuscire a superare "un lento"...
«Metti le mani qui», ordinò il grande, ma prima che Harry potesse capire dove esattamente fosse "qui", Louis aveva già preso le sue mani e se le era portate oltre le spalle, poi aveva cinto i fianchi di Harry con le proprie. Harry si sentì travolgere da un déjà-vu.
«L-Louis...»
«Stai tranquillo, tu segui me», e Louis iniziò a muoversi.
Harry non avrebbe definito quello che facevano come "ballare", ma piuttosto come "oscillare pressappoco a tempo", e a lui non veniva nemmeno bene. Le sue gambe erano bloccate e solo il suo busto si muoveva appena trascinato da Louis, mentre la testa se ne stava bassa a fissare la punta delle scarpe.
«Harry, sei un po' rigido, sciogliti!», disse Louis scuotendolo. Ma la sua voce un po' troppo vicina all'orecchio e il suo respiro che gli solleticava la pelle scossero molto di più Harry che le sue mani, abbastanza da fargli sollevare la testa sorpreso. Pessima idea. Louis era davvero vicino, troppo vicino, e Harry era ufficialmente in crisi esistenziale da dieci minuti, crisi sessuale sarebbe stato il termine corretto. Le due cose non si aiutavano a vicenda.
Harry nascose la testa nel collo di Louis, dove almeno non poteva vedere le sue labbra rosse e i suoi occhi azzurri da far male, e si impose di respirare regolarmente. Respirare si rivelò più difficile del previsto: l'odore di Louis gli riempiva le narici e gli faceva girare la testa.
Harry si concentrò allora sui propri piedi, cercando di seguire quelli di Louis in quella danza che danza non era, cercando di non pensare.
«Bravo Harry, continua così», lo incoraggiò Louis, accarezzandogli un fianco.
Harry strinse più forte la presa sulle sue spalle, doveva aggrapparsi a qualcosa.
Il riccio iniziò a guardarsi attorno nell'ennesimo tentativo di distrarsi da Louis (come se fosse possibile dimenticare la presenza che aveva addosso), e improvvisamente si rese conto di quanto dovesse sembrare strana quella scena vista da un osservatore esterno. E di osservatori incuriositi al momento ce ne erano fin troppi.
«Lou, ci stanno guardando tutti...», sussurrò Harry contro la sua spalla.
«E tu lasciali guardare», rispose Louis con leggerezza, ma irrigidendosi appena.
«Ma penseranno che-»
«Che pensino quello che vogliono, a me non importa. Mi piace troppo starmene qui a farmi pestare i piedi da te», affermò con una risatina graffiata.
«Scusa...»
«Non fa niente. Piedi pestati a parte, sto bene, molto bene», e per ribadire il concetto Louis strinse Harry ancora più forte contro di lui.
A quel punto Harry realizzò che Louis aveva ragione: anche lui stava bene, davvero benissimo.
Il masso che gli gravava nel petto fino a qualche minuto prima era sparito, ed Harry nemmeno se ne era accorto. Tutte le paure e le emozioni che prima erano insopportabili, adesso non erano altro che un ammasso confuso di pensieri che impallidivano davanti ad un pensiero più grande, che li offuscava tutti: "Louis, Louis, Louis". Harry stava bene, abbracciato a Louis, in mezzo a quella folla. Stava bene, anche se non era una ragazza, anche se i loro corpi assieme non erano perfetti e non facevano altro che scontrarsi. Stava bene e si sentiva perfetto, anche se non lo era.
«Anche io, anche io sto bene...».
Doveva solo ignorare il tremendo desiderio di alzarsi, guardare Louis negli occhi e, dopo aver colmato i centimetri che li dividevano, appoggiare le labbra sulle sue e completare quel maledetto déjà-vu.
Alla fine anche quella canzone si concluse e Harry, a malincuore, si staccò da Louis. Louis tornò da Eleanor ed Harry se ne andò via.
Quando il più giovane uscì dalla Sala aveva una nuova consapevolezza: Liam Payne aveva dannatamente ragione.
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Smettila di mentire a te stesso Louis, lo so che ti è piaciuto baciarmi almeno quanto è piaciuto a me!»"
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Ci sono, ci ho messo un po', ma ho fatto di peggio. Il fatto che questo capitolo conti più di undici pagine può servire a farmi perdonare per la lentezza? (oppure vi ho stese?)
Passiamo a cosa serie. Che dire, questo capitolo è Larry, non troppissimo, ma supera di gran lunga gli standard di questa storia (almeno sentimentalmente, fisicamente ci arriviamo). Finalmente il caro Harry ha aperto gli occhi (e qui un coro angelico ci sta) e tanto per cambiare bisogna ringraziare Liam (che è ufficialmente il motore di questa storia, ahah). Dunque, Harry ha realizzato di provare qualcosa per Louis. Secondo voi come la prende? E soprattutto, come affronterà due settimane in sua sola compagnia? Infine, cosa succederà in quelle settimane, previsioni?
Ah, riguardo le anticipazioni vi dico solo una cosa: attenzione!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto, so che è un po' infinito ma non riuscivo proprio a smettere di scrivere e anche per i prossimi non garantisco ridimensionamenti.
 
A questo punto ci sono i ringraziamenti: ovviamente ringrazio chi segue la storia, chi la mette tra i preferiti e chi tra i ricordati, ma un grazie immenso va a chi lascia una recensione. Nell'ultimo capitolo mi avete scritto in tredici. Tredici! E... Davvero, non sapete quanto sia stata felice. Non a caso vi ho dedicato il capitolo, e può sembrare una cosa poco importante, ma vedetela come se avessi scritto il nome di ognuno di voi in quella dedica, di voi che ci siete e me lo fate sapere, anche solo ogni tanto. Siete importanti, grazie.
Ormai la storia sta già al ventiseiesimo capitolo (incredibile!), stiamo avanti e proseguiamo e... Spero non vi stia deludendo.
 
A presto,
Cost.
 
P.s.: Io pubblico oggi anche se esce il video di You & I, a mio rischio e pericolo. Se scegliete di guardare quello per tutto il pomeriggio anziché considerare questa storia, vi capisco :)



 

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Capitolo 27
*** Destino ***



 
 
 
..In your skin..
 
 




 
 
 
 
 
 
 
Destino (o capisci che non hai capito niente solo quando ti illudi di iniziare a capire tutto)
 
Il paesaggio scorreva veloce oltre il finestrino del treno e i pensieri di Harry si susseguivano allo stesso modo, come immagini vaghe e distratte che mutavano troppo in fretta lasciandogli dentro un senso di confusione insopportabile.
"Mi piace Louis". Quello era il pensiero più assillante. Ad Harry piaceva Louis ed era assurdo, strano e sbagliato. Forse era sempre stato così.
Col senno di poi, era tutto così chiaro...
Da quanto tempo nella mente di Harry c'era solo Louis? Da quanto tempo voleva sempre averlo accanto? Da quanto voleva essere abbracciato, accarezzato, toccato da lui? Da quando il suo cuore batteva appena lo vedeva? E da quanto, da quanto tempo, Harry fingeva che tutto ciò potesse essere semplice amicizia?
Louis, per Harry, non era mai stato solo un amico. Era passato dall'essere niente all'essere il tutto della sua vita e il passaggio dell'amicizia l'avevano perso da qualche parte tra un estremo e l'altro.
Harry nella sua ignoranza aveva preteso che quella cosa strana che provava fosse amicizia, ignorando la realtà, ignorando il suo cuore e ignorando il suo corpo. La sera prima, però, ignorare era diventato impossibile. Il dolore aveva reso tutto più chiaro e l'illusione, per quanto tale, gli aveva fatto acquistare una nuova consapevolezza, perché una volta terminata aveva lasciato spazio ad un'indiscutibile realtà.
Quando aveva visto Louis con Eleanor, Harry si era improvvisamente reso conto di quanto la invidiasse, di quanto avrebbe voluto essere al suo posto. Realizzare il resto era venuto di conseguenza e tutto d'un tratto aveva capito.
Finalmente Harry aveva trovato un nome alla sensazione che provava ogni volta che vedeva Louis, a quel batticuore unico che lo tormentava ad ogni suo sorriso, a quel brivido caldo che lo prendeva tra lo stomaco e la gola quando Louis lo toccava (e anche un po' più in basso), a quel desiderio irrefrenabile di stare sempre con lui, parlare con lui, essere coccolato da lui. Ma aver trovato quel nome non avrebbe certo reso la vita di Harry più facile...
Adesso ogni gesto, ogni sguardo e ogni parola aveva assunto un significato nuovo e all'improvviso tutti i ricordi di Harry con Louis si erano illuminati di una nuova luce. Ed era tutto così diverso... Quanti sogni irrealizzabili si era perso? Ogni volta che Louis gli si era avvicinato, Harry avrebbe potuto sognare di spingersi qualche centimetro più in là e sfiorarne le morbidezza delle labbra. E se Harry avesse avuto più coraggio, lasciando le proprie dita scivolare avrebbe potuto sentire la consistenza della pelle di Louis e allora avrebbe potuto sognare di conoscere talmente bene le linee del suo volto da desiderare nuove linee da scoprire, nuove forme da toccare, come il sentiero che dal suo collo porta al petto e arriva fino alla pancia e ancora più in basso...
Da dove venivano quelle fantasie?! Non c'erano mai state, o forse si erano solo nascoste? Fatto sta che gli si erano riversate in massa nella testa e lo facevano sentire colpevole, perché rendevano i suoi ricordi un po' più sporchi. Ma lo facevano anche sentire bene, perché il brivido che provava pensando a Louis non era solo il frutto di una timida perversione, ma anche di un affetto immenso, sopratutto.
E dopo una notte passata tra quei pensieri, oramai era innegabile: ad Harry piaceva Louis, gli piaceva proprio.
Ecco l'ennesima macchia che lo segnava. Magonò, pazzo e adesso pure frocio. Poteva andargli peggio?
In realtà Harry non era turbato dallo scoprire questa sua nuova tendenza, forse avrebbe dovuto, ma, trascurando la sorpresa iniziale, era disposto ad accettarla come una delle tante stranezze della sua vita. Probabilmente suo padre non l'avrebbe pensata allo stesso modo, ma ad Harry non interessava.
Ciò che lo preoccupava era Louis. Come avrebbe reagito se avesse saputo cosa gli passava per la testa? Come lo avrebbe guardato sapendo quello che Harry provava? Harry non poteva permettersi di perdere la sua amicizia. Anche se aveva capito di anelare a qualcosa di più, nemmeno per un istante avrebbe considerato l'idea di chiederlo, quel qualcosa di più.
Louis era etero e fidanzato e fantastico e bellissim- Questo non centrava molto. Fatto sta che per Harry avere l'amicizia di Louis era stato il dono più bello che la vita avesse potuto fargli e non poteva chiedere altro, non se farlo avrebbe significato perderla. Harry non poteva perdere Louis e se per farlo avrebbe dovuto sopprimere il suo cuore ed il suo corpo... L'avrebbe fatto.
Il punto era: cosa doveva fare adesso?
Il paesaggio oltre il vetro non gli stava dando consiglio.
 
La porta dello scompartimento si aprì all'improvviso interrompendo le riflessioni inconcludenti di Harry.
«Horan, che ci fai tu qui?», chiese Harry sorpreso. Sulla soglia, infatti, c'era Niall Horan.
«Cercavo Sarah, ma evidentemente non è nemmeno qui!», sbottò esasperato. «Mi aveva promesso che ci saremmo visti sul treno, ma ancora non l'ho trovata...», spiegò.
Harry non sapendo cosa dire si limitò ad annuire.
«Tu come mai tutto solo?», chiese allora Niall, ancora fermo sulla soglia.
«Ehm, ero con Zayn, ma è andato in bagno qualcosa come venti minuti fa e non è più tornato...», Harry un'idea di che fine avesse fatto ce l'aveva.
«Non vorrei deluderti amico, ma credo che dovrai aspettarlo ancora per un po'. Sono abbastanza certo di averlo visto entrare nei bagni insieme a Perrie Edwards», gli disse. "Lo sapevo", pensò Harry.
«Fa niente...»
«Resterò io a farti compagnia!», esclamò allora Niall.
«Veramente non c'è bisogno che-»
«Tranquillo, nessuno disturbo», lo interruppe il biondo con un gran sorrisone. "Nessun disturbo per te", Harry non lo disse ad alta voce.
«E Sarah?», ricordò Harry.
«Il destino ci riunirà, prima o poi, ne sono certo».
Harry alzò gli occhi al cielo e Niall scoppiò a ridere, poi si sedette di fronte ad Harry.
Harry riprese a guardare fuori dal finestrino, ma aveva come la sensazione di essere fissato...
Dopo qualche minuto di silenzio Harry si voltò e trovò il biondo che lo scrutava attentamente, allora: «Horan, che c'è?», chiese scocciato.
«Niente, non ho mica detto niente», fece Niall alzando le mani.
«Mi dai fastidio», disse. Forse non era una cosa troppo gentile da dire, ma quel giorno la gentilezza era la sua ultima preoccupazione. Niall non se la prese.
«E come faccio?», chiese innocentemente.
«Mi stai fissando!», sottolineò Harry.
«Ah, scusa... E' che stavo pensando».
«Si dal caso che io, invece, non riesca a pensare».
«Ed è solo colpa mia?», domandò Niall, alzando un sopracciglio. Harry, beccato.
«Si!», mentì il riccio, «Quasi...», concesse poi. Niall sorrise soddisfatto.
«Qualcosa non va?»
Harry voleva solo essere lasciato in pace, aveva bisogno di riflettere da solo. Era riuscito a liberarsi di Zayn e del suo sguardo preoccupato e, ancora per qualche ora, era salvo dalla presenza di Louis, che era da qualche parte occupato a fare cose da Griffondoro. Peccato che Harry non aveva fatto i conti con Niall Horan...
Harry scosse la testa in una risposa poco partecipativa.
Niall non si diede per vinto: «Qualche problema con Tomlinson?»
Per poco ad Harry non andò di traverso la saliva.
«No... Perché dovrebbero esserci problemi...?», borbottò.
«Non saprei, l'ultima volta che ti ho visto con quella faccia era quando tu e Tomlinson non vi parlavate», spiegò Niall con semplicità
«Tu come sai che...?»
«Che c'erano problemi in paradiso? Se ne era accorta tutta la scuola», disse alzando le spalle.
Harry ingoiò a vuoto: "Tutta la scuola... Siamo così evidenti?", che pensiero preoccupante...
«Ah... Comunque il paradiso è salvo», disse Harry.
«Bene», Niall sorrise sollevato, «Mi era dispiaciuto tantissimo vedervi in quello stato. Sai, ci sono passato anche io e vi capisco, quando io e Sarah abbiamo litigato era stato orribile...»
Harry si irrigidì sul sedile, come se una goccia d'acqua gelata gli stesse scivolando lungo la schiena.
«Tu e Sara state assieme», sibilò Harry.
«Eh già», esclamò Niall, «Però prima era la mia migliore amica. Lo è stata per quasi quattro anni. E sai qual'era il problema? Ero talmente abituato a considerarla tale da non accorgermi che quello che c'era tra di noi andava ben oltre l'amicizia».
Ora ad Harry sembrava di avere un fiume di acqua gelata che gli partiva tra le scapole e arrivava fino alla base della schiena. Perché Niall gli stava dicendo quelle cose?
Niall continuò imperterrito: «Poi l'anno scorso abbiamo iniziato a litigare. Litigavamo per qualsiasi cosa, anche la più insignificante, ma io avevo la perenne sensazione che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che mi sfuggiva, che era la vera causa di tutta quella situazione. Una volta, non mi ricordo nemmeno per cosa, abbiamo avuto una lite più grande delle altre e dopo non ci siamo parlati per due settimane. Sono state insopportabili... Avevo passato quattro anni assieme a lei e non averla più era terribile. E' in quel momento che mi sono reso conte che lei era diversa da tutti i miei altri amici, lei era di più, era la persona senza la quale non riuscivo a stare... La vita senza di lei, non era neanche vita... Non aveva senso così...», Niall si perse qualche istante nei suoi pensieri, poi riprese:
«Dopo due settimane abbiamo fatto pace e le cose tornarono come prima, solo che ormai non era più sufficiente essere solo amici, non mi bastava più, ma avevo paura di aver frainteso i miei, e i suoi, sentimenti e che avrei solo finito per rovinare tutto, e non volevo... Alla fine mi sono fatto coraggio e ho capito, ho capito che non c'era nulla di sbagliato in quello che sentivo e che stare insieme era stata solo un'evoluzione naturale ed inevitabile del nostro rapporto. Era destino! Siamo diventati ufficialmente una coppia a maggio. Adesso stiamo assieme da sette mesi e... E' fantastico!», concluse con gli occhi che brillavano.
«Perché me l'hai raccontato?», quella frase stroncò l'aria romantica che era scesa nel vagone.
«Devo avere qualche ragione in particolare? Ne avevo voglia. E quando non vedo Sarah divento incredibilmente nostalgico...», spiegò Niall, ma nulla toglieva ad Harry la sensazione che gli avesse detto quelle cose per uno scopo. Né Harry poteva negare che quelle parole qualche effetto lo avessero avuto...
In qualche modo Harry si era immedesimato fin troppo bene in quella storia e sapeva che non doveva, che si faceva solo del male, ma nelle parole di Niall vedeva sé stesso e Louis. Ma le differenze gli sembravano troppo grandi rispetto le somiglianze perché la loro storia potesse finire allo stesso modo, partendo dal fatto che Harry conosceva Louis solo da qualche mese, fino ad arrivare al particolare (non esattamente insignificante) che erano entrambi maschi. Di cui uno dei due etero e fidanzato e l'altro confuso e senza speranze.
Perché una cosa era certa: Harry non aveva speranze, non poteva nemmeno permettersele. Avere l'amicizia di Louis era stata una conquista enorme, non poteva chiedere di più. Soprattutto perché Louis, di più, non gliel'avrebbe dato.
In quel momento la porta dello scompartimento si aprì di nuovo e una testa rossa fece capolino nello scompartimento.
«Sarah!», gridò Niall alzandosi, la sua faccia era il dipinto della felicità.
«Ni, ti ho cercato per tutto il treno», esclamò lei andandogli in contro.
«Scusa, mi sono fermato a parlare con Harry», spiegò indicandolo con un cenno della testa. La ragazza si voltò nella sua direzione e dopo qualche istante lo salutò timidamente. Harry era certo che le sue guance si fossero accese un po' troppo mentre realizzava chi fosse. Forse si ricordava ancora del loro primo incontro...
«Harry», lo richiamò Niall, «Hai visto? Il destino trova sempre le sue vie», affermò convinto mentre prendeva la mano della ragazza. Era imbarazzante il modo in cui si guardavano...
«Vogliamo andare?», chiese la rossa.
«Certo. Harry, ti saluto e ti auguro buone vacanze! Ci vediamo tra qualche settimana», così dicendo Horan si incamminò verso la porta seguendo Sarah.
«Aspetta», fece Harry, appena un secondo prima che uscissero.
«Cosa?»
«Tu... Come l'hai capito?», domando Harry timidamente.
Niall gli lanciò un'occhiata interrogativa: «Cosa?»
«Quello... Quello di cui parlavamo prima... Come hai capito cos'era giusto fare?», Harry doveva saperlo, anche la sua storia non era quella di Niall e anche se la sua Sarah era Louis e non sarebbe mai stato "suo".
Niall sorrise, poi: «E' semplice, ho fatto così...», si avvicinò a Sarah, le prese il viso tra le mani e sfiorò le sue labbra con le proprie con una dolcezza infinita. Poi si allontanò e tornò a guardare Harry: «Dopo di questo, capisci tutto», con un occhiolino lasciò la stanza spingendo fuori anche una Sarah molto imbarazzata e lasciando Harry al proprio imbarazzo e ai propri pensieri.
 
 
 
 
Quando l'espresso arrivò a Londra era già tardo pomeriggio ed Harry e Louis dovettero correre per non perdere la coincidenza per Doncaster.
Harry fece giusto in tempo a prendere il baule e a salutare Zayn (che un po' gli sarebbe mancato, anche se non gliel'aveva detto), prima di essere arpionato per un polso dalla mano di Louis ed essere traidcinato di corsa attraverso la stazione fino al binario giusto. Presero il treno per un soffio.
Una volta sul treno sistemarono i bagagli, ed Harry era abbastanza certo di aver ricevuto parecchie occhiate incuriosite alla vista del suo baule -molto poco babbano rispetto la valigia enorme di Louis-, poi si sedettero, Louis accanto al finestrino, Harry dal lato del corridoio.
Louis era di umore splendido, non faceva che parlare di casa e delle sue sorelle. Harry era taciturno, come sempre, e si limitava ad ascoltare l'altro distrattamente e ogni tanto, con la scusa di guardare il paesaggio, fissava Louis per minuti interi e Louis era troppo preso dai suoi discorsi per accorgersene.
«... Sono certo che le gemelle ti adoreranno! Però ti do' un consiglio: non lasciare che ti tocchino i capelli, altrimenti non si staccano più! E sono due amanti del trucco, per cui se ti chiedono ti giocare alla principessa assieme a loro, inventati qualcosa e rifiuta, a meno che tu non voglia ritrovarti con la faccia di un transessuale...», Harry si limitava ad annuire e sorridere, ma nella testa aveva tutt'altri pensieri.
Louis era sempre stato bello come quel giorno? Si, probabilmente sì, e probabilmente Harry l'aveva sempre pensato ma solo ora si accorgeva di averlo fatto.
Louis era bellissimo, bello da far male, bello con quell'espressione felice e assorta, bello con le mani che non si fermavano un secondo, bello con gli occhi -Merlino i suoi occhi- azzurrissimi e vivaci, bello con le labbra un po' troppo sottili, ma curate e morbide -Harry poteva solo supporre che lo fossero-, sempre tirate in un sorriso o in una parol-
«Harry, mi stai ascoltando?!»
Harry sussultò.
«Eh...Si, si, certo...», aveva capito che Louis gli piaceva da solo un giorno e già aveva i pensieri di una adolescente innamorata.... Male.
Louis si sporse verso Harry e lo fissò attentamente: «Hai dormito questa notte?»
«Si...», "No, ho pensato a te", meglio evitare.
«Non si direbbe, sembri stanco, e ti imbamboli», disse Louis. Quindi si era accorto che lo stava fissando, grandioso. Harry arrossì.
Dopo un lungo «Ehmm...», Harry ammise: «In effetti sono un po' stanco».
Louis sorrise dolcemente (e il cuore di Harry sussultò): «Se vuoi riposarti un po' ti sveglio io quando siamo arrivati».
«No, va bene così, posso anch-»
«Harry, davvero, fai pure. Non ti prenderò in giro solo perché russi», disse Louis con un ghigno.
«Io non russo!»
«Oh si che lo fai. Ma non te la prendere. Adesso dormi», e, ignorando completamente il fatto che Harry non volesse dormire, Louis gli prese la testa con una mano e la spinse contro la propria spalla. Così Harry si ritrovò appoggiato alla spalla di Louis, con una sua mano tra i capelli non intenzionata a spostarsi.
«Louis...»
«Dormi, Harry, dormi», canticchiò il grande iniziando ad accarezzargli la cute.
Harry sospirò. Quanto sarebbe stata difficile la sua vita d'ora in poi se il ragazzo etero per il quale aveva una cotta colossale -si, ce l'aveva- non sapeva cosa fossero gli spazi personali? Come avrebbe fatto Harry a sopravvivere al costante bisogno di contatto fisico che aveva Louis se il proprio cuore batteva all'impazzata non appena l'altro lo sfiorava e sentiva brividi strani nelle parte più improbabili?
Per il momento decise di non pensarci. Rimase a bearsi delle carezze di Louis, mentre piano piano gli occhi gli si fecero pesanti e il sonno prese il sopravvento. Infine i rumori si fecero distanti e sul mondo cadde una coltre nera.
Anche nel dormiveglia ad Harry rimasero due certezze: lo scalpitare incessante del proprio cuore e la presenza confortante di Louis.
 
 
 
 
Era il 23 Dicembre, ma Harry non lo sapeva. Harry non sapeva nemmeno dove si trovasse.
Aveva aperto gli occhi e aveva scoperto che era mattina e che si trovava su un letto in una stanza che non aveva mai visto. La camera era piccola, con le tendine alle finestre e poster babbani alle pareti. C'era una scrivania da un lato e un armadio dall'altro e c'erano dei vestiti gettati sul paviment- Quello era il suo maglione?
Harry intuì che quella fosse la camera di Louis. Il punto era: come c'era arrivato? Ricordava di essersi addormentato sul treno, poi... Forse aveva qualche ricordo annebbiato dell'arrivo in stazione, c'era una donna che l'aveva salutato -la madre di Louis?-, poi erano saliti su una macchina e dopo- dopo non ricordava più niente.
Harry sentì qualcuno agitarsi accanto a sé. Con sua sorpresa, però, quando si voltò non trovò Louis come si aspettava, ma... Sé stesso. "Oh", fu tutto ciò che pensò.
In quell'istante Louis aprì gli occhi. Harry lo vide sbattere le palpebre lentamente, poi lanciargli uno sguardo sorpreso, seguito da uno rassegnato.
«Anche oggi così...», farfugliò il più grande con la voce impastata di Harry.
«Già... Mi dispiace...»
«Non è mica colpa tua», fece Louis sbadigliando rumorosamente.
«Si, lo so, è che... E' il primo giorno a casa tua e non puoi nemmeno viverlo di persona», osservò Harry.
«Ho tutti gli altri giorni», lo rassicurò Louis. «Almeno siamo assieme, pensa se fosse successo mentre eravamo ognuno a casa propria...»
«In effetti è molto meglio così...», l'idea non lo emozionava per nulla.
«Vedrai che andrà tutto ben-»
Louis non fece in tempo a concludere la frase che la porta venne spalancate e due piccole bambine bionde fecero ingresso nella stanza urlando. E puntavano a lui. Cioè a Louis, ma Harry era Louis e-
«Lou!!», gridarono le bambine, identiche, in coro. Poi gli corsero in contro e gli si tuffarono addosso, (doveva essere una cosa genetica).
«Lou! Mi sei mancato tantissimo!», esclamò la bambina aggrappata al suo braccio destro.
«Ma a me sei mancato di più!», affermò l'altra.
«Non è vero! Di più a me!»
«Facciamo che sei mancato di più uguale a tutte e due!», concluse allora quella dalla parte sinistra. L'altra sembrò essere d'accordo.
Harry, completamente frastornato e del tutto nel pallone, si voltò verso il vero Louis e gli lanciò un'occhiata che sembrava gridare "Aiutami!!". Tutto ciò che ebbe in risposta fu un ghigno.
I restanti dieci minuti furono schiamazzi, abbracci e troppi troppi baci sulle guance.
Louis avrebbe pagato per questo.
 
 
 
 
«Allora Louis, come va la scuola?», chiese suo padre.
Harry pregava da ore che quel giorno finisse presto e invece era solo ora di cena. Si era dovuto subire tutto il giorno le torture delle gemelle, le lamentele delle ragazze più grandi e le risatine di Louis che assisteva alle scene divertito nei panni di Harry (il quale le sorelle Tomlinson ancora non conoscevano abbastanza bene per assillarlo). L'unica cosa a cui Harry era riuscito a scampare fino ad allora era stato l'interrogatorio familiare, dal momento che Mark e Johannah erano stati al lavoro fino a tardi. Ma con l'arrivo della cena l'intera famiglia si era radunata attorno al tavolo, pronta ad assalirlo di domande di cui -molto probabilmente- non sapeva la risposta. Per quanto Harry avesse cercato, non c'erano vie di fuga. Era circondato. E spacciato.
«Ehm, normale, va...», disse, memore dell'unico consiglio che Louis gli aveva dato prima di andare a cena: «Stai sul vago!».
«Uhm, bene... E il calcio?»
«Calcio?», "Che cosa centra il calc- Ahia!!", qualcuno accidentalmente gli aveva appena infilato un gomito nel fianco. Harry trattenne un gemito di dolore.
«Si, sei ancora nella squadra della scuola?», precisò Mark.
Harry si voltò a dare un'occhiata a Louis che aveva ancora il gomito premuto contro il proprio vecchio corpo e lo esortò a stare al gioco con un cenno della testa.
Malgrado la sua confusione, Harry rispose: «Si, certo. Sono ancora nella squadra di calcio...»
«Fantastico... E tu Harry sei nella squadra?»
«No, lo sport non fa per me», rispose Louis prontamente al posto del riccio. Harry avrebbe voluto essere a proprio agio quanto lui.
«I tuoi genitori che cosa fanno?», si inserì Johannah rivolgendosi sempre ad Harry.
Harry vide il proprio corpo irrigidirsi solo per un istante, poi Louis prese il controllo della situazione e rispose: «Sono imprenditori», inventando completamente .
«Capisco... E hai fratelli o sorelle?»
«Solo una sorella maggiore, ma non andiamo molto d'accordo».
«E' normale alla vostra età, crescendo le cose andranno meglio», disse la donna sorridendogli.
Sul volto di Harry apparve un sorriso tirato di risposta, che era tutt'altro che convinto, e Harry pensò che in effetti non avrebbe avuto nessuna ragione per esserlo.
«E Harry...», intervenne allora una delle sorelle maggiori -forse Lottie- «...Hai la ragazza?»
A Louis andò di traverso l'acqua. Harry intanto rispondeva tranquillamente (e all'improvviso essere scambiati non era più tanto male): «Per il momento, no».
«Per il momento?», Harry non poté impedire alla bocca di Louis di pronunciare quelle parole.
«Esatto, per il momento. Per caso, Louis, stai dubitando che possa avere una ragazza?», domandò con tono falsamente irritato.
«No, no...», visto e considerato che forse era un po' gay, in realtà qualche dubbio ce l'aveva. Ma non era certo il momento di tirare fuori l'argomento.
«Io sono certa che Harry potrebbe avere tutte le ragazze che vuole!», intervenne Forse-Lottie.
«Grazie Lottie, è bello sapere che c'è ancora un Tomlinson che crede in me», disse Harry/Louis lanciandole un gran sorriso a trentadue denti, molto poco da Harry. La ragazza arrossì vistosamente.
Questa volta toccò ad Harry lanciare una gomitata addosso all'altro, cioè a sé stesso. Se Louis stava cercando di fare colpo su Lottie al posto suo l'avrebbe ucciso. Davvero.
«Louis, non pensi che sia ora di andare?», esclamò allora il riccio.
«Andare?»
Louis sollevò gli occhi verdi al cielo:«Esatto, ti ricordi che prima hai detto a Dan e agli altri che saremmo usciti?»
Harry non aveva idea di cosa stesse parlando, ma comunque: «Ahh, giusto», convenne.
«Lou, esci?», chiese sua madre.
«A quanto pare». Altra gomitata.
«Per domani hai programmi?»
Harry lanciò un'occhiata alla sua controparte sperando di ricevere consiglio, ma sulla sua vecchia faccia non trovò nessuna indicazione.
«Ehm, non lo so. Ti faccio sapere», disse allora, applicando la legge del "Stai sul vago".
Non ricevette nessuna gomitata e Harry immaginò di aver detto la cosa giusta.
 
«Quindi andiamo da qualche parte?», chiese Harry mentre entravano in camera.
«I miei vecchi amici mi hanno chiesto di vederci e non me la son sentita di dirgli di no...»
«Era a loro che scrivevi questo pomeriggio con quel... coso?»
«Si chiama cellulare, Harry, cellulare», disse Louis, «E comunque sì, ma ho sentito anche Eleanor».
Lo stomaco di Louis si contrasse per un attimo, come se la cena all'improvviso avesse deciso che non voleva stare più lì dentro. Adesso Harry stava male solo a sentire il nome di Eleanor?
«Non ti dispiace vero?», chiese allora Louis, ignaro dell'attacco di gelosia che aveva appena sopraffatto Harry.
«Cosa?!»
«Uscire, con i miei amici».
«No, va bene, si può fare... A tuo rischio e pericolo. Lo sai che penseranno tu ti sia trasformato in una creatura asociale e sociopatica?»
Louis dovette trovarlo particolarmente divertente, perché dalla bocca di Harry straripò una risata profonda e rumorosa.
«Puoi dire che non ti senti tanto bene. Agli altri ci penso io», disse Louis una volta ripresosi.
«In che senso "ci pensi tu"?»
«Li distrarrò col le mie doti discorsive», fece Louis.
«Ti ricordi vero che, in teoria, tu sei me?», e Harry e doti discorsive non potevano stare nella stessa frase.
«Un po' impossibile da dimenticare», disse Louis passando una mano tra i capelli ricci, «Ma loro non sanno che di solito sei tu l'asociale sociopatico».
«Grazie tanto eh».
«Lo sai che mi piaci anche per questo», affermò Louis. Harry sapeva che ormai la sua concezione di piacere era diversa da quella di Louis, eppure il suo cuore sussultò comunque. Se continuava così non sarebbe arrivato vivo ai vent'anni.
Harry finse di essersi offeso e lanciò all'altro quanto di più simile ad una occhiataccia fosse in grado di fare al momento (sperando che non sembrasse nemmeno vagamente uno sguardo adorante). Louis rise di nuovo.
«Se poi li rivediamo non pensi che si accorgeranno del mio cambio di personalità?»
«Possiamo sempre dire che sei pazzo», propose Louis sorridendo. Il sorriso gli morì in faccia quando vide l'espressione che si stava dipingendo sul suo vecchio volto
«Che poi non sarebbe nemmeno troppo falso...», sussurrò la voce di Louis.
«Harry- Non intendevo... Stavo solo scherzando...», balbettò Louis, realizzando cosa effettivamente avesse detto.
«Lo so, lo so, non importa», Harry si sforzò di sorridere, ma le labbra di Louis non volevano collaborare.
«Harry...»
«Andiamo?»
Louis lo fissò per qualche istante preoccupato, poi: «Andiamo».
 
 
 
 
Erano appena arrivati davanti a casa di Dan, che non era molto lontana da quella di Louis, ed erano cinque minuti che Harry e Louis non si parlavano.
Louis sapeva che Harry non ce l'aveva con lui per quello che gli aveva detto, sapeva che quel silenzio non era una punizione, ma solo un allontanamento. Ma era peggio averlo vicino e saperlo lontano chissà dove col pensiero, che saperlo arrabbiato.
«Harry, hai presente la conversazione che abbiamo avuto a tavola con Lottie?», chiese di punto in bianco, col dito sospeso a qualche centimetro dal campanello pronto a suonare.
«Intendi... quando ci stavi provando spudoratamente con tua sorella
«Io- Non ci stavo provando con lei!», esclamò Louis, la voce profonda di Harry appena meno profonda del solito, più sollevato che scandalizzato in realtà.
«Si che lo stavi facendo», fece Harry sforzandosi di far comparire un sorrisetto sul volto di Louis. Louis apprezzò lo sforzo.
«E va bene, lo ammetto, forse l'ho fatto, ma non spudoratamente
Harry gli lanciò uno sguardo di un azzurro-scettico.
«Scusa se cerco di trovarti una ragazza!», fece allora Louis.
«Io non la voglio una ragazza...», borbottò Harry con la vocetta di Louis.
«Ah no?», Louis non sapeva nemmeno perché gli venisse così tanto da sorridere.
Harry non disse nulla. Louis gli andò incontro per guardalo da vicino.
«Guarda che Lottie è molto carina. Mi assomiglia. Non ti piace?».
Harry aveva gli occhi azzurri puntati a terra e le guance di Louis erano un po' più rosse del normale. Forse era ora di smetterla... Forse non ancora.
«Pensa», riprese Louis, la voce di Harry ridotta ad un sussurro roco, «Staresti con lei e ti ricorderebbe me. Sarebbe un po' come stare con me, no? La guarderesti negli occhi», gli prese il mento costringendolo a guardarlo e si fece ancora più vicino, «E un attimo prima di baciarla... penseresti a me».
Gli occhi azzurri di Louis si spalancarono allarmati e le sue guance esplosero di rosso. Louis non resistette oltre, lasciò la presa e scoppiò a ridere.
«Harry, dovresti vedere la faccia che hai fatto!», esclamò tra le risate.
Louis ebbe l'impressione di sentire l'altro borbottare qualcosa, un insulto probabilmente.
«Scusa, scusa», disse poco dopo con le lacrime agli occhi per il troppo ridere. «Non volevo, è stato più forte di me».
«Adesso so perché non vorrei mai stare con tua sorella...», questa volta Louis lo sentì chiaramente e rise ancora di più.
Quando finalmente riuscì a smettere, disse: «E io che speravo di averti come cognato un giorno, sarebbe stato bello».
«Ora puoi anche scordartelo», sibilò la voce di Louis per Harry.
Be', se voleva farlo incazzare, c'era riuscito. Meglio che niente.
Harry si sporse per suonare il campanello, dato che Louis ancora non si era deciso a farlo.
«Aspetta!», lo fermò Louis, «Harry, quello che volevo dire prima, non l'ho ancora detto», fece improvvisamente serio.
Harry era ancora innervosito, ma lo esortò comunque a proseguire.
«Volevo dire che...», Louis prese un sospiro, «Lottie non è l'unico Tomlinson che crede in te. Anzi, io penso che ce ne sia uno che lo faccia molto di più e da più tempo. E a volte è un idiota e dice delle gran cretinate e finisce anche per offenderti, ma lui si fida te, e crede in te, tantissimo, e spera che... Anche tu faccia lo stesso», concluse.
Ci fu qualche istante di silenzio
«Hai ragione», proruppe poi Harry, «E' proprio un idiota».
Louis sorrise, poi suonò il campanello.
Mentre la porta veniva aperta gli sembrò di sentire la propria voce dire «Anche io credo te».
L'istante dopo il corpo di Louis venne assalito dalla morsa soffocante di Dan.
 
 
 
 
Gli amici di Louis erano una cosa assurda. Erano pazzi. Pazzi. E babbani. Erano la quintessenza della babbanità! Forse era normale che i babbani fossero così babbani, ma Harry non era abbastanza esperto in babbani per esserne certo, a dirla tuta nella sua vita aveva parlato al massimo con tre o quattro babbani e- Basta, aveva pensato la parola "babbani" troppe volte.
Fatto sta che gli amici di Louis era scatenatissimi, invasati di calcio e videogiochi, lo avevano tempestato di domande a cui non era stato in grado di rispondere -non per sua colpa!- ma perché appena uno finiva di parlare, interveniva un altro con una domanda diversa.
C'era Daniel, che era una sorta di versione babbana di Liam Payne, con un ossessione per il calcio anziché per il Quidditch, ma con il medesimo carattere iperprotettivo ed assillante. In modo buono.
C'era Joe, che era quello più andato, non faceva che urlare o saltargli addosso -gli aveva detto «ben tornato!» almeno dieci volte- e lo aveva riempito di domande assurde del tipo «I tuoi capelli sono più blu dall'ultima volta che ti ho visto?» -forse intendeva occhi al posto di capelli-, oppure, «Come va la vita a strambolandia?» -che parlasse di Hogwarts?-, o, «Il tuo amico riccio l'hai trovato in dentro a un uovo di Pasqua?» - questa Harry non l'aveva proprio capita-.
Infine c'era Andrew, che era il più tranquillo, almeno rispetto gli altri due, ed era l'unico che non aveva attentato alla sua vita con un abbraccio stritolante o che non l'avesse sommerso di domande. Ad Harry stava quasi simpatico, (simpatico come potevano esserlo tutte le persone che non erano Louis). L'unica cosa che non si spiegava era che, mentre entravano nella casa, Louis gli avesse sussurrato «Stai attento a Andy» e «Non-rimanere-solo-con-lui», l'ultimo era suonato molto come un ordine. Harry non capiva proprio il senso di quel avvertimento. Andrew era pur sempre uno degli amici di Louis, no?
Dopo l'assalto iniziale i ragazzi dovevano essersi accorti che qualcosa in Louis non andava, per fortuna avevano trovato un ottima valvola di sfogo in Harry, che si era inserito perfettamente nella comitiva, come se li conoscesse da sempre.
Al momento Daniel, Joe e Harry erano completamente immersi in una missione di Gears of War, e per Harry era abbastanza impressionante vedere sé stesso in quella situazione: era in una casa babbana, stravaccato su un divano, con gli occhi fissi sullo schermo e le mani che si muovevano velocissime sul joypad (cosa di cui lui non era capace, sicuramente). Se gliel'avessero raccontato qualche mese prima non ci avrebbe creduto, anche perché prima non sapeva nemmeno cosa fosse un X-box, non che ora l'avesse ben capito (o che ritenesse importante saperlo).
Gli unici che non partecipavano erano Andy, che però se ne stava seduto per terra a fissare lo schermo con grande interesse e, ovviamente, "Louis", che se ne stava seduto sulla poltrona di fianco al divano e si chiedeva come qualcuno potesse trovare quella roba divertente. Per come la vedeva Harry era tutto un ammazzare gente piuttosto insensato. Ma finché non si ricordavano di lui andava ben-
«Louis!», lo chiamò Dan, senza tuttavia distogliere lo sguardo dalla televisione. Troppo tardi...
«Mmm?»
«Puoi andare in cucina a prendere delle altre patatine?»
"Mi hanno preso per uno schiavo?!", ma almeno così poteva farsi un giro. Si alzò con un borbottio di assenso ed afferrò il contenitore ormai vuoto delle patatine, poi uscì dalla stanza. Ora doveva solo trovare la cucina...
Arrivato a destinazione si mise a frugare tra gli scaffali per cercare una confezione nuova di patatine.
«Sono in quello in alto», disse una voce alle spalle di Louis.
Harry sussultò per la sorpresa. Si voltò e poté constatare che quello che l'aveva raggiunto era Andrew. Quindi era da solo, con Andrew, lontano dagli altri. Esattamente ciò che Louis gli aveva detto di non fare.
Harry deglutì a vuoto. Non poteva succedere nulla di terribile, in fondo, giusto? La brutta sensazione che sentiva gli diceva di no...
«Le patatine, sono nello scaffale in altro», ripeté Andy, che doveva aver frainteso l'espressione basita sul volto di Louis.
«Ehm, grazie...», soffiò per poi dargli le spalle e aprire lo scompartimento indicato.
In effetti le patatine c'erano, il punto è che erano un po' troppo in alto per le gambette corte di Louis. Maledizione... Harry si sollevò sulle punte e tese il braccio, ma la confezione gli sfuggiva comunque dalle mani. Improvvisamente sentì qualcosa sbattere contro la sua schiena, o meglio sentì qualcuno spalmarsi contro la sua schiena, e poté vedere chiaramente un altro braccio, più lungo di quello di Louis -non che ci volesse molto-, stendersi ed afferrare la confezione al posto suo.
Harry sentì Andrew pronunciare un «Ecco fatto» da qualche parte dietro di lui e l'attimo dopo il pacchetto gli venne depositato tra le mani, poi la pressione del petto di Andrew sulla sua schiena si fece meno opprimente.
Harry si voltò e- Pessima idea. Andy era ancora troppo vicino. E ad Harry dava fastidio, tanto.
«Grazie», sbottò senza celare l'irritazione nella voce di Louis, sperando che l'altro cogliesse il "Allontanati adesso" sottinteso. Andrew non colse, né si spostò di un millimetro.
«Prego», disse invece sorridendo.
Ad Harry sfuggì un sospiro dalle labbra di Louis. Ma che voleva quello? Se prima aveva avuto dei punti in più rispetto agli altri, adesso li aveva persi tutti.
«Hai bisogno di qualcosa?», chiese Louis, senza mezzi termini.
«Io...», il ragazzo parve perdere sicurezza per qualche istante, poi si fece coraggio, «E' colpa mia?», domandò.
«Cosa?»
«Tu... Ti comporti così per causa mia?», al momento la risposta era decisamente "", ma forse lui intendeva...
«In che senso?», chiese Harry.
«Sei strano, oggi, non ti ho mai visto così e... Fai così perché ce l'hai ancora con me? Credevo che l'avessi dimenticato.... Avevi detto che era quello che dovevamo fare, fingere che non fosse mai successo e invece sei proprio tu che non lo stai facendo... », sussurrò Andrew.
Di cosa diamine stava parlando?! Harry aveva il forte sospetto che quelli non fossero fatti suoi e sapeva che la cosa più giusta da fare era andarsene, per quanto morisse dalla voglia di sapere di più. Cercò di mettere distanza tra il corpo di Louis e quello di Andy, ma lui non sembrava essere d'accordo, perché lo afferrò per le spalle e lo costrinse a rimanere dov'era. Quella situazione stava prendendo una brutta piega.
«Sei ingiusto Louis!», lo accusò Andrew, con gli occhi colmi di rabbia e tristezza, «Non puoi continuare a punirmi in questo modo per sempre. Non credo di meritarmelo... In quella cosa c'eravamo dentro in due!».
«Io non-»
«Non trattarmi come se fosse tutta colpa mia, perché è vero che io lo volevo, oh lo volevo così tanto, ma lo volevi anche tu, ubriaco o meno!», continuò e Harry continuava a non capire. E non sapeva se voleva farlo.
«N-non...»
«Smettila di mentire a te stesso Louis, lo so che ti è piaciuto baciarmi almeno quanto è piaciuto a me, altrimenti non me lo avresti mai lasciato fare!».
Il respiro di Louis si bloccò a metà tra la bocca e i polmoni. Andrew aveva appena detto... detto che...?
Harry iniziò a sbatterle le palpebre di Louis ripetutamente in preda alla confusione.
Possibile che Harry avesse sentito male? No, le parole di Andrew erano state urlate forti e chiare, inequivocabili. Doveva... Doveva esserci una spiegazione, un'altra spiegazione a tutto ciò.
«C-c-come?», esalò, il respiro ancora bloccato.
«Fantastico, adesso fingi anche di non sapere di cosa parlo! Molto maturo da parte tua, Louis, davvero molto maturo! Io credevo che... Mi illudevo che tu avresti... Che dopo questi mesi... Ma mi sbagliavo, tu non ammetterai mai quello che sei veramente...», c'era una grande amarezze in quelle parole.
«Ma lascia che te lo dica io: tu, Louis, sei finocchio almeno quanto me, che ti piaccia o meno. E lo so io, come lo sai tu!» e adesso lo sapeva pure Harry...
«Che succede qui?!»
Harry voltò la testa di scatto verso la porta, felice come non mai di rivedersi. Un «Louis» strozzato gli uscì dalle labbra, troppo piano perché Andrew potesse accorgersi di quell'errore, ma scandito abbastanza perché Louis, che lo stava fissando con i suoi vecchi occhi, riuscisse a leggerglielo sulle labbra.
«Niente», rispose Andrew, «io e Louis stavamo solo parlando, abbiamo quasi finito, dacci cinque minuti e torniamo di là».
Harry spalancò gli occhi azzurri di Louis, spaventato alla sola idea di rimanere ancora solo con quel tipo.
Sul volto di Harry intanto si era dipinta un'espressione dura. «Mi dispiace, ma penso che dovrete rimandare la conversazione. Io ed Louis dobbiamo andare via adesso», disse.
«Ci servono solo pochi minut-»
«Adesso», ribadì la voce di Harry, perentoria. Louis non aveva mia parlato con un tono del genere, né quando era nel suo corpo, né quando era in quello di Harry. Faceva quasi paura, ma in realtà Harry ne era piuttosto compiaciuto. Anche perché fece effetto.
Andrew lasciò finalmente andare le spalle di Louis, ed Harry, libero, si fiondò quasi correndo verso il suo legittimo corpo. Louis lo accolse stringendogli un braccio alla vita, un po' troppo forte forse, ma quel contatto era mille volte più confortevole che quello con Andrew.
Andrew da parte sua li stava fissando con gli occhi ridotti a due fessure ed un espressione furente, sospettosa e ferita allo stesso tempo.
Harry fu trascinato dal suo vecchio corpo in salotto, salutarono tutti il più in fratta possibile e nel giro di due minuti furono fuori dalla casa.
Harry non aveva fatto nemmeno un passo sulla strada che si sentì afferrare per la maglietta in corrispondenza del petto e si ritrovò a fronteggiare sé stesso e propri occhi furibondi.
«Ti avevo detto di non rimanere solo con lui!», gridò Louis, la voce di Harry toccò picchi mai raggiunti.
«Io... Non sapevo che sarebbe venuto-», balbettò Harry, intimidito.
«Che cosa ti ha detto?!», chiese allora Louis, alzando ancora la voce.
«Non mi ha-»
«Dimmi che cosa ti ha detto!», insisté Louis, strattonandolo per la maglietta.
Harry sentiva gli occhi di Louis che pizzicavano.
Louis non gli aveva mai parlato in quel modo, nemmeno quando avevano litigato, nemmeno dopo che Harry gli aveva causato l'incidente di Quidditch. E non gli piaceva.
«Io... Mi ha detto... Mi ha detto che vi siete baciati...», confessò, puntando gli occhi all'asfalto.
La presa sul suo petto sparì di punto in bianco e quando Harry risollevò lo sguardo Louis si era già allontanato.
Harry rimase a fissarlo mentre camminava da solo nella strada buia, portando via il suo corpo e anche un pezzo della sua anima.
«L-Louis...», sussurrò. L'altro non si fermò.
«Louis, aspetta!»
«Louis... A me non importa! Io... Non ci credo neanche a quello che ha detto... Louis!», Louis era sempre più lontano.
 
Alla fine Harry dovette raggiungerlo correndo e percorsero il resto della strada in silenzio, senza guardarsi.
Una volta a casa Harry cercò di nuovo di rivolgergli la parola, ma tutto ciò che ricevette fu una porta chiusa in faccia e Louis si rifugiò nel bagno.
Non sapendo cos'altro fare, Harry si svestì e si sdraiò nel letto di Louis, l'unico che avesse visto, sperando che l'altro non l'avrebbe cacciato.
Louis uscì dal bagno qualche minuto dopo e senza dire nulla si mise a letto dal lato opposto a quello di Harry. Erano comunque molto vicini, perché quello restava un letto singolo, e Harry poteva quasi sentire il calore dell'altro, o forse lo stava solo immaginando.
Harry dovette aspettare che i respiri di Louis si fecero profondi, e, una volta certo che l'altro dormisse, poté permettersi di piangere.
Quello che non sapeva era che Louis stava solo fingendo di dormire e che le sue lacrime cadevano silenziose.
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Se Harry fosse stato al posto di Andrew... Gli sarebbe piaciuto? Baciare Louis, di sicuro. Ma era quello ciò che lo aspettava? Rivelare i propri sentimenti significava perdere automaticamente l'amicizia di Louis? Forse allora un bacio non valeva così tanto..."
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Ehm... Non ve lo aspettavate, vero?!
Di certo speravate altro, lo so, lo so, mi è parso "vagamente" di capirlo, però... Mi piace troppo torturarvi (no, non è vero!), è che doveva andare così, scusate...
So che l'assenza delle anticipazioni è un po' spaventosa, spaventa anche me, perché così non sapete cosa aspettarvi... Vi dico solo che andrà tutto bene, non sono in vena di litigi e poi non si può litigare a Natale. O ancor di più non si può litigare il 24 Dicembre! (Per quanto riguarda le anticipazioni se ripassate fra qualche giorno ci saranno, ho voluto pubblicare oggi per non farvi aspettare oltre, ma per quanto riguarda il prossimo capitolo sto in altro mare).
Dunque, cosa pensate? Oltre al fatto che mi odiate.. Oh, a proposito di odio! Io vi amo! (centrano per antitesi u.u) Mi avete lascito -rullo di tamburi- diciotto recensioni! Diciotto! Una cosa... Inaudita! Io... Non ho parole sufficienti per ringraziarvi, sapere che ci sono ben diciotto persone disposte a sprecare qualche prezioso minuto per scrivere a me e rendere il mio cuore felice è... Bellissimo, davvero!
Passiamo al capitolo... Ecco una breve guida di assistenza alla lettura.
-Prima parte. Punto della situazione con Harry, che come avete visto non sa cosa fare, ma le idee, tutto sommato, le ha abbastanza chiare (per il momento). Vi piacciono, le sue idee?
-Parte seconda. Il ritorno di Niall, secondo episodio. Dite che Niall aveva veramente creduto a Louis quando gli ha detto che con Harry non ci fosse nulla? Dal discorsetto che fa ad Harry (che è una specie di "guarda siete cotti l'uno per l'altro" ) io avrei qualche dubbio... ;)
-Parte Terza. Il treno. Un piccolo siparietto romantico per il Fluff-FunClub.
-Parte quarta. La famiglia. Leggetela con attenzione. Non vi sembra che ci sia qualcosa di strano?
-Parte quinta. Momento "Io credo in te". Dite che Louis se ne ricorderà?
-Ultima parte. Gli amici o Il Patatrac (quello che preferite). Qui non mi dilungo, perché voglio sentire VOI!
 
Bene, ora è meglio che me ne vada. Ah, mi fate sapere se sono utili tutte le cose che scrivo qui in fondo o se sono solo "spazio in più a fine capitolo"? :)
Ovviamente non ho dimenticato di salutarvi, e di ringraziarvi. Grazie a chi segue, mette tra ricordati/preferiti questa storia, siete sempre di più e mi fate felice. E grazie ancora a chi lascia una recensione, non mi stancherò mai di dirlo. Infine, grazie a chi ama questa storia e i miei personaggi e, quindi, il mio piccolo mondo mentale.
 
Dopo l'ennesimo capitolo troppo lungo, con note finali troppo lunghe, vi saluto, nella speranza di metterci meno a pubblicare questa volta. Giuro che ci proverò! (Una cosa però è certa, anche se piano, vado avanti!)
 
A presto,
Costanza.
 
 
P.s.: Scusate eventuali errori, sono reduce da giorni malattia e la mia testa va peggio del solito.
 
 
 
 

 

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Capitolo 28
*** Ambiguità ***


Nota iniziale: è lungooooo!
 
 
..In your skin..
 
 
 
 


 
 
 
 
Ambiguità (o quando le azioni negano le parole)
 
Harry fu svegliato dalla luce di Dicembre che, per quanto pallida, bruciava particolarmente oltre le sue palpebre, in fondo era abituato a svegliarsi sempre in un sotterraneo buio.
Ormai inesorabilmente sveglio, Harry aprì gli occhi. Mise a fuoco il mondo e sentì il proprio corpo teso e dolorante: aveva dormito tutta la notte nella stessa posizione sul ciglio del letto, immobile per la paura di fuoriuscire dal suo spazio, con il volto rivolto al muro e le spalle a... Louis.
Bastò pronunciare quel nome tra sé perché nella sua mente scaturissero tutti i ricordi della sera prima. E dopo "Louis" venne "Andrew" e dopo venne "baciare" e poi "finocchio" e infine tornò il ricordo della rabbia furente ed inspiegabile di Louis, così il cerchio si richiudeva com'era iniziato, ma solo per ricominciare da capo.
Harry sospirò affranto e si strinse più forte tra le coperte, anche se il freddo che sentiva non se ne andava, perché ce l'aveva dentro, gli si era insinuato nelle ossa la notte passata quando Louis gli aveva voltato le spalle.
Stava andando tutto così bene... Per una volta le cose con Louis andavano per il verso giusto e invece... Cos'era andato storto?
Harry aveva passato la notte prima ad attribuirsi le colpe di quanto successo, a cercare l'errore che doveva avere commesso per meritare che Louis lo trattasse così male. Ma non aveva trovato niente, nulla di cui fosse veramente colpevole.
Quella mattina, a mentre fresca, Harry era arrivato alla conclusione che, forse, non era colpa sua. Forse Harry era solo finito dentro a qualcosa di inaspettato, qualcosa che Louis non avrebbe voluto che sapesse, qualcosa che aveva fatto arrabbiare Louis talmente tanto da sfogarsi proprio su Harry...
O forse Harry stava solo cercando di scagionare sé stesso?
Pensando e rimuginando riguardo alla reazione di Louis, in Harry si stava insinuando un pensiero molto pericoloso. Se Louis se l'era presa così tanto -lui che nelle situazioni difficili era sempre quello più ragionevole tra loro due-, se se l'era presa così tanto, poteva essere che le parole di Andrew fossero vere? Se Louis non voleva che Harry o nessun altro sapesse quella cosa, forse era proprio perché era tutto vero?
Harry impedì alla sua mente di dar retta a quel pensiero e cercò un'altra possibile conclusione.
Probabilmente Andy aveva davvero ba... baciato Louis -chissà quando qualche mese prima- e, forse, Louis ci era anche stato a quel ba... bacio, magari preso dall'enfasi di un momento. Ma questo non faceva di Louis un f- gay!
E allora perché Andrew l'aveva affermato con tanta convinzione? C'era forse qualcos'altro sotto? E se non era una questione seria, perché Louis se l'era presa tanto?
Harry si mise le mani nei capelli (finalmente i suoi, poté constatare), certi pensieri di prima mattina non gli facevano bene.
Avrebbe solo voluto che... Harry avrebbe preferito che Louis gli avesse raccontato una bugia, che gli avesse detto che Andrew aveva mentito e che era tutto falso. Allora Harry gli avrebbe creduto. Gli avrebbe creduto se fosse servito a farlo felice. E invece Louis non aveva detto niente e si era arrabbiato e l'aveva guardato con cattiveria e l'aveva fatto sentire sbagliato, di nuovo. Ed Harry continuava a sentirsi tale ancora ora, perché non riusciva a togliersi dalla testa che in tutto ciò ci fosse qualcosa di sospetto e Harry non poteva dubitare di Louis! Non poteva... Se lo faceva, se avesse provato a credere anche solo per un istante alle insinuazione di Andrew, allora le sue illusioni si sarebbero svegliate -le sentiva scalpitare dal desiderio in un angolino della sua mente- e allora sarebbe stato un disastro.
Intanto, era già un disastro.
 
«Harry?»
I pensieri di Harry si arrestarono all'improvviso. Quella voce, se l'era immaginata o era reale? Louis l'aveva chiamato o era solo l'ennesima allucinazione?
«Harry, sei sveglio?», di nuovo. Questa volta era innegabile. La voce di Louis chiamava Harry ma parlava al suo cuore e quello, come un animale fedele, aveva riconosciuto subito il suo padrone e aveva iniziato puntualmente a scalpitare.
Harry sospirò un «Si...». La voce gli uscì più roca del previsto, consumata dalla notte, dalle lacrime e, soprattutto, da Louis con i suoi amici la sera prima.
«Harry...», Louis ripeté ancora il suo nome, torturandone un po' le lettere, soffiandolo fuori dalle labbra come un lamento, «Harry...», ancora, e infine: «Mi dispiace...», soffiò.
Ad Harry sfuggì un sussulto. Quello... Non se l'aspettava.
«Mi dispiace così tanto...», Louis continuò senza lasciare ad Harry il tempo per pensare, «Non volevo... Ieri sera... non volevo trattarti come ho fatto. Io... Tu non te lo meritavi, non è stata colpa tua e io lo so. E' solo che- Harry, mi dispiace tantissimo, scusami, non so cosa mi sia preso», la frase si perse in un sussurro, poi si rianimò con un: «Harry, puoi perdonarmi?».
Era... Era tutto finito? Era bastata una notte a cancellare la rabbia di Louis? Harry era confuso, ma aveva troppo bisogno di quelle parole per lascire che Louis se ne pentisse, per cui ignorò le proprie domande e «Si» buttò fuori con enfasi. «Si», ripeté, anche se non era necessario.
L'istante successivo Harry sentì il materasso spostarsi: Louis si stava muovendo. Per un attimo Harry pensò che Louis si stesse alzando, poi però due braccia gli circondarono il busto e un peso familiare si appoggiò alla sua schiena mentre l'odore di Louis gli invase le narici.
Louis appoggiò la fronte contro la nuca di Harry e il riccio poteva sentirlo respirare contro la base del suo collo. Il cuore di Harry stava perdendo parecchi battiti...
«Harry», le labbra di Louis erano così vicine che sfioravano la sua pelle, «Grazie, anche se non me lo merito. Sei troppo buono, ma grazie davvero».
Il riccio nascose un brivido con un sospiro e pregò che Louis non si accorgesse di quanto stesse tremando tra le sue braccia...
Louis, senza apparentemente notare nulla, prese un respiro profondo -che spinse il suo petto ancora più contro la schiena di Harry- e poi riprese la parola con uno sforzo.
«Mi sento così in colpa... Non avevo ragioni per trattarti in quel modo, ma ieri ero talmente arrabbiato che-»
«Fa lo stesso», lo interruppe Harry, rimanendo immobile e ignorando il desiderio di stringere le mani di Louis. «Adesso è tutto a posto, no?»
«Si, ma... Voglio spiegarti perché me la sono presa così tanto. Non ce l'avevo con te Harry, non davvero, la mia rabbia era per le cose che Andrew ti ha detto, perché-»
«Fa lo stesso Louis, non devi dirmelo», ovviamente Harry voleva sapere la verità, ma sembrava che a Louis costasse così tanto rivelargliela e non voleva farlo soffrire... «Io giuro che posso fare finta che non sia mai successo, non ne parleremo pi-»
«Ma io voglio parlarne!», lo interruppe, sorprendendolo un po', «Voglio che tu sappia come sono andate le cose, non ho niente da nasconderti», insisté Louis.
«Okay... Dimmi...»
«Ecco, devi sapere che l'estate scorsa Andrew ed io- Anzi, prima dovrei dirti che non conosco Andy da quanto conosco Danny o Joe. Con loro ci sono cresciuto assieme, viviamo nella stessa via da sempre e finché sono stato qui abbiamo frequentato le stesse scuole. Andy, invece, si è unito al gruppo quando io ero già ad Hogwarts, è un compagno di scuola di Dan, e un'estate quando sono tornato a casa l'ho trovato con gli altri e... Siamo andati subito d'accordo, per fortuna credevo, ed è diventato mio amico quasi quanto Joe o Dan».
«Poi è arrivata l'estate scorsa... Andrew mi cercava in continuazione, mi chiedeva sempre di vederci, e io gli davo corda perché pensavo che, non lo so, gli stessi particolarmente simpatico e a me lui stava simpatico, quindi non c'erano ragioni perché non volessi passarci del tempo assieme... Solo che Andrew deve avere frainteso qualcosa, infatti... Una sera eravamo ad una festa e abbiamo alzato un po' il gomito. Io non lo so cosa è successo, un attimo prima stavamo parlando, l'attimo dopo me lo sono ritrovato addosso. Nel senso "addosso attaccato alla mia bocca"! Io ho cercato di spingerlo via ma poi... Avevo bevuto e baciare Andrew non era troppo diverso dal baciare una ragazza e allora...», Louis si fermò per cercare le parole giuste.
Riprese: «Ma non è che lo volessi baciare! Assolutamente! E' solo... Ad un certo punto ho semplicemente smesso di fare resistenza... Il giorno dopo Andrew mi ha detto che era innamorato di me da anni e, come se non bastasse, ha iniziato ad accusare -me!- di essere gay. Harry, capisci? Io gli avevo dato la mia amicizia, avevo passato tutta l'estate assieme a lui, non l'avevo nemmeno trattato male quando mi ha baciato, e lui mi ha ritorto tutto contro! Si è messo a dire cagate del tipo "nel tuo inconscio anche tu sei come me" e "lo so che ti piaccio, se no non saresti mai stato con me" e... Per tutto quel tempo assieme lui aveva creduto che io fossi- Io lo vedevo come un buon amico, niente di più, a lui invece non fregava nulla della mia amicizia, lui voleva altro...», Harry non poteva vedere la delusione nel suo volto, ma la sentiva tutta nella voce.
Intanto Louis continuava: «Da allora ho interrotto il nostro rapporto, perché lui mi aveva imbrogliato e perché ogni volta che mi incontrava cercava di "farmi ragionare" e non lo sopportavo più... Cercava di convertirmi! Che bastardo. Harry, capisci? Non potevo più essere amico di uno come lui».
Harry ascoltava Louis e lo capiva.
Allo stesso tempo, però, capiva qualcosa che a Louis pareva sfuggire, qualcosa che Harry riusciva a vedere chiaro tra le sue parole, era lì, anche se Louis non sembrava farci caso.
Andrew non voleva imbrogliare Louis, ci teneva a lui come amico. Sicuramente. Ma aveva fatto un grave errore... se ne era innamorato e poi si era illuso di poter essere ricambiato.
Harry si sentì improvvisamente vicino ad Andy. Le su ragioni erano comprensibili...
Era facile innamorarsi di Louis e, se lo guardavi nel modo sbagliato, era facile illudersi di essere ricambiato. Insomma, Louis non si faceva scrupoli ad essere affettuoso e molto fisico anche con gli altri maschi, a volte ti guardava tanto intensamente da farti tremare le membra e sapeva dedicare sorrisi che davano il capogiro, ogni tanto aveva delle uscite decisamente poco eterosessuali, soprattutto quando si trattava di capelli o abbigliamento, e, diamine, Louis aveva baciato Andrew! Era abbastanza comprensibile che il ragazzo si fosse fatto qualche strana idea. Anche Harry l'avrebbe fatto al suo posto.
Se Harry fosse stato al posto di Andrew... Gli sarebbe piaciuto? Baciare Louis, di sicuro. Ma era quello ciò che lo aspettava? Rivelare i propri sentimenti significava perdere automaticamente l'amicizia di Louis? Forse allora un bacio non valeva così tanto...
«Ora che ti ho detto tutto forse puoi immaginare perché me la sono presa tanto...», fece Louis dopo po', «Quello che mi ha fatto Andy -quello che ha fatto alla nostra amicizia- io non posso perdonarlo e questa cosa mi fa ancora male... Per questo quando ieri sera l'ho visto addosso a te, cioè a me, ecco, non ci ho visto più dalla rabbia. Lo so che tu non centravi niente e che avrei dovuto parlatene prima o spiegarti tutto appena usciti da casa di Dan, ma ero così incazzato... Lui ha rovinato tutto e continua ancora ad infierire e non lo sopporto! Avevamo una bella amicizia e l'ha fatta a pezzi e, come se non avesse fatto abbastanza, ha cercato anche di incasinarmi la vita dicendo quelle cose che-», quella volta Louis si bloccò e non riprese. Le sue labbra erano sospese a pochi millimetri dal collo di Harry ed Harry poteva sentire contro la pelle il suo respiro affannato.
«Che...?», senza riflettere Harry lo invitò a proseguire.
Louis sospirò e strinse più forte le sue mani attorno ad Harry.
«Che... Le cose che si è messo a dire di me erano tutte false! Io lo so... ma Andrew era convinto del contrario e non ne aveva nessun diritto. Nessuno. Perché io lo so chi sono, lo so... E non sono gay!», sbraitò, «Harry, quelle di Andrew sono solo fantasie! A me non piacciono i maschi, te lo giuro... Io sto con Eleanor! Harry, io ho bisogno di sapere che tu non hai creduto alle sue bugie... Harry, tu mi credi, vero?»
Harry ingoiò a forza la saliva che non aveva.
«Certo, certo che ti credo Louis. Io... mi fido di te».
Louis affondò il naso nella sua nuca. «Grazie Harry», sussurrò.
Harry credeva a Louis. Davvero.
Eppure c'era qualcosa di strano in quella situazione.
Louis gli giurava di non essere gay con la stessa bocca con la quale adesso gli stava sfiorando il collo. Louis affermava che stava con Eleanor mentre stringeva lui in un abbraccio che di amichevole aveva poco. Louis diceva che non gli piacevano i maschi, ma aveva lasciato che Andrew lo baciasse e non aveva nemmeno negato che non gli fosse piaciuto.
Però Harry credeva a Louis. Ma forse adesso erano in due a credere alla stessa menzogna.
 
Rimasero così per molti minuti, fermi immobili, Harry stretto tra le braccia di Louis, combattuto tra la fiducia cieca che provava per lui e la tentazione di dubitarne. Era una lotta fra una mente ostinata e un cuore impaziente. Nel mezzo stava il principio di un'erezione alquanto insoddisfatta che Harry sperava vivamente sarebbe passata inosservata.
 
 
 
 
Quando si alzarono, ancora un po' nervosi per la conversazione affrontata ma evidentemente sollevati per aver fatto pace, fecero ognuno il proprio turno nel bagno (dove Harry cercò di acquietare il suo problemino tra le gambe con una doccia fredda), poi si diressero in cucina per la colazione. Lì successe qualcosa che Harry non si aspettava.
Louis non aveva fatto che un passo dentro la cucina che si era ritrovato sommerso dalle gemelle -fino a lì tutto normale-, la cosa strana era quello che stavano dicendo/urlando/cantando, assomigliava decisamente a... «Buon compleanno Lou!».
Harry doveva aver capito male.
Poi, a ribadire il concetto, apparve anche Johannah, un gran sorriso in faccia, che tutta commossa si avvicinò al figlio e lo strinse a sua volta tra le braccia dicendo: «Mi ricordo ancora quando eri così piccolo che potevo tenerti tra le mie mani. Guardati adesso... Il mio bambino è diventato grande».
«Come se fosse cresciuto tanto...», sussurrò Lotti.
«Taci tu! Quello che volevo dire...», continuò la donna, facendo un passo in dietro per poter guardare negli occhi il figlio, «Louis, adesso hai diciotto anni, sei un uomo ormai ed è successo tutto così in fretta... Lou, non mi pento di niente con te, lo sai? L'unico dispiacere è non poterti vedere più spesso, ma... Va bene anche in questo modo, purché tu sia felice. Amore, buon compleanno!», concluse.
Louis sembrava... Sorpreso. Quasi quanto Harry, (ma nessuno batteva Harry in confusione al momento).
Intanto: «Auguri vecchiaccio», stava dicendo Lotti, seguita dal più pacato «Buon compleanno» di Fizzy.
Una volta sedutisi a tavola, Harry dovette aspettare per ricevere spiegazioni. Prima le gemelle dovettero intonare una versione molto stonata di "Buon compleanno a te". Poi ci fu la tiratura delle orecchie, che per qualche disguido delle gemelle attribuì a Louis venticinque anni e sette strattoni di troppo, col risultato di procurargli due orecchie scarlatte, davvero carine, secondo il parere -un po' di parte- di Harry. Dopo venne servita una colazione da far invidia alla regina d'Inghilterra e al Ministro della Magia messi assieme e infine seguì una serie di commemorazioni dei passati compleanni di Louis, focalizzate sui momenti più divertenti e imbarazzanti (tipo quando Louis era caduto di faccia dentro la sua torta a sette anni o quando a due anni non voleva più uscire dalla cameretta perché aveva paura della montagna dei regali).
Solo dopo tutto ciò Louis si accorse dello sguardo stralunato che Harry gli stava rivolgendo da circa mezzora.
«Che c'è?», chiese il maggiore con un sorriso divertito.
«E'... è il tuo compleanno?!»
Louis scoppiò a ridere: «Evidentemente».
«Ma... Ma... Io non lo sapevo!», protestò Harry, dispiaciuto.
«In effetti non te l'ho mai detto», osservò Louis alzando le spalle.
«Se lo avessi saputo... Non lo so, scusa...»
«Non è importante, questa mattina me n'ero perfino dimenticato io. Su, Harry, non fare quella faccia, va tutto bene», disse Louis, poi si sporse verso Harry allungando le mani sul suo viso e puntò gli indici negli angoli della sua bocca per poi tirarli verso l'alto in un sorriso poco credile e buffo.
«Ora andiamo molto meglio», disse Louis soddisfatto e divertito.
«Ma Louis...», bofonchiò Harry scacciando le sue mani con un gesto. Mentre le dita di Louis lasciavano il volto di Harry, accidentalmente, ne accarezzarono il contorno del labbro inferiore. Harry sentì quel punto bruciare per almeno venti minuti.
«-dirmi quando è il tuo», Harry si era perso buona parte di quella frase distratto dalle mani di Louis.
«Cosa?», chiese.
«Harry, non mi ascolti neanche?!», pretestò Louis indignato.
«Si che ti ascolto... Solo, puoi ripetere? Per favore?», tentò.
«Ahh, se mi guardi così non posso dirti di no!», Harry si trattenne dal chiedergli "Così come?", «Stavo dicendo che, visto che io ci tengo a te e ho intenzione di ricordarmi del tuo compleanno, potresti dirmi quand'è», disse Louis.
«Io ci tengo a te!»
Louis sorrise: «Lo so idiota, stavo scherzando», già, era proprio un idiota. «Adesso dimmi quand'è il tuo compleanno, forza».
Era un miracolo se Louis non capiva cosa gli passava per la testa quando Harry aveva certe uscite...
Superando il proprio imbarazzo, Harry sussurrò: «Il primo Febbraio, è il giorno del mio compleanno».
Louis gli lanciò uno sguardo compiaciuto. «Non me ne dimenticherò», era una promessa. O una minaccia.
«Forse dovresti sapere...», fece Louis, «Che tu e i ragazzi mi state organizzando una festa a sorpresa».
«Io non sto-»
«Ieri, quando Andrew ti ha raggiunto in cucina, in teoria faceva parte di un piano: doveva trattenerti così noi potevamo metterci d'accordo, appunto, per questa sera... Che è anche la ragione per cui non sono riuscito a raggiungerti prima...», spiegò Louis mentre punzecchiava distrattamente i resti della colazione con la forchetta.
«Capisco... Quindi, cosa intendi esattamente per festa a sorpresa?», chiese Harry, appena preoccupato.
«Non troppo a sorpresa, ma il concetto è quello. Comunque sarà qualcosa di tranquillo, oggi è la vigilia di Natale, non c'è mai molto da fare, parlo per esperienza. Staremo da Danny, faremo le solite cose, forse ci sarà da bere. Ma tu non sei autorizzato a toccare una goccia di alcol!»
«Perché?»
«Non so tu, ma io me la ricordo perfettamente l'ultima volta che hai bevuto. E' finita con Liam ed io che ti riportavo in camera a peso morto e con una sbornia apocalittica che mi sono dovuto subire pure io!», esclamò Louis.
«Non so di cosa tu stia parlando...», finse Harry alzando lo sguardo al soffitto.
«Adesso menti pure? Molto onorevole da parte tua Harry, davvero!».
Harry non poté fare a meno di rispondergli con un gran sorriso divertito. Quel sorriso parve cogliere di sorpresa Louis, che lo fissò per qualche secondo confuso, per poi ricambiarlo istintivamente. Harry aveva già dimenticato la conversazione.
Rimasero qualche secondo di troppo a sorridersi a vicenda, poi: «Forza, andiamo di là prima che le gemelle si accorgano di quanto sei bello oggi e vogliano tenerti tutto per loro. E' il mio compleanno, sei solo mio oggi», fece Louis.
Lo stomaco di Harry fece una capriola. Louis non poteva dirgli certe cose...
«A proposito, buon compleanno Lou...», sussurrò Harry con le guance sempre più rosse.
«Oh, Harry, sei così dolce!», lo prese in giro Louis. «Ma grazie», aggiunse, più gentilmente.
Senza aspettare che Harry si fosse ripreso dal proprio imbarazzo, Louis lo afferrò per un polso e lo trascinò via.
Harry sospirò. Sarebbe stata una giornata difficile.
 
 
 
 
Quelle che passarono si rivelarono essere una serie di giornate difficili. Quanto meno per il cuore particolarmente sensibile di Harry. Tuttavia, infarti mancati a parte, era andato tutto bene. Benissimo.
 
La festa a sorpresa di Louis fu un successo, a sentire Louis. I ragazzi c'avevano dato dentro con gli addobbi e con le birre, ma per il resto non avevano esagerato.
Andrew non rivolse la parola né a Louis né ad Harry per tutta la serata e quest'ultimo ne fu più che soddisfatto. Joe e Danny d'altro canto cercarono di coinvolgere a tutti costi il riccio nelle loro conversazioni senza senso e non si capacitarono del suo improvviso cambio di personalità, (Harry era abbastanza certo di aver sentito Joe sussurrare a Louis nell'orecchio «Ma il tuo amico è lunatico o cosa?», Louis aveva solo riso). Louis, invece, cercò in tutti i modi di divertirsi, ignorando le occhiate furiose che Andy mandava a lui ad Harry, e finì col bere un po' troppo.
Ad Harry non dispiacque troppo doverlo sorreggere per un fianco fino a casa...
 
Il 25 Dicembre Harry trascorse il primo vero Natale della sua vita.
Tutta la cosa del pranzo di Natale, dei regali, delle canzoncine stupide, delle foto, ecco, le aveva scoperte con i Tomlinson. A lui erano sempre mancate: sua madre era troppo pazza per sapere che giorno fosse e con suo padre era tutto troppo finto perché Harry riuscisse davvero a sentire quella festa.
Con i Tomlinson era diverso... Quel giorno tutta la casa era trepidante per lo spirito Natalizio e anche se Harry non li capiva, era felice di essere parte di tutto ciò, di quella famiglia vera, anche se non era la sua. Un po' gli sarebbe piaciuto.
 
Il 26 Dicembre successe una cosa strana...
Harry si era svegliato nel corpo di Louis, nulla di nuovo, e aveva dovuto interpretare ancora il ruolo di figlio-modello/fratello-amorevole/amico-socievole. Inutile dire che non gli fosse venuta bene nessuna delle tre cose.
Il fatto strano, appunto, avvenne nel pomeriggio.
Harry era seduto sul divano insieme al suo vecchio corpo, ossia con Louis, mentre Pheobe e Daisy giocavano sul tappeto con le loro bambole nuove, (lanciando solo di tanto in tanto qualche occhiata interessata in direzione dei capelli di Harry, Louis le ignorava di proposito).
Stavano guardando qualcosa di noioso alla televisione, quando ad Harry venne un'illuminazione.
«Tu non hai più la Traccia!», esclamò con la voce di Louis di punto in bianco. Louis sussultò appena nel corpo di Harry e lanciò un'occhiata preoccupata alle sorelle, ma constatò stavano ancora giocando imperterrite.
«Già... E allora?»
Harry si chiese il senso di quell'azione.
«Be', se io fossi in te, se io ne fossi in grado, beh, insomma, sfrutterei la cosa, no? Tipo non mi alzerei più e farei tutto con la bacchetta», spiegò Harry.
«Questo perché sei un pigro cosmico Ha-», Louis si ricordò che non erano soli e si corresse, «Louis».
«Vuoi dirmi che da quando sei senza Traccia non hai fatto nemmeno un incantesimo fuori da Hogwarts?», chiese Harry col tono scettico di Louis.
«Ovviament-»
«Quale incantesimo?!», la vocetta di Daisy interruppe la loro conversazione.
Harry si voltò a guardare la bambina e mentre lo faceva incontrò il proprio vecchio sguardo che gli lanciava un'occhiata allarmata. "Ma cosa...?"
«Ehm, niente di che, Harry ed io parlavamo di scuola...»
«Ma...», si introdusse Pheobe, «...Anche Harry ha una bacchetta come la tua?». Per qualche motivo Daisy diede una gomitata alla sorellina, come a dirle di tacere. Lo sguardo sul volto di Harry si fece ancora più spaventato.
«Ehm...», Harry sentiva che qualunque cosa avrebbe detto sarebbe stata sbagliata. Aspettava l'aiuto di Louis, ma non stava arrivando.
«Quindi», continuò Pheobe ignorando il gomito della sorellina che la punzecchiava, «Anche Harry fa... Le cose che fai tu?»
«Le... Magie?».
Il resto accadde tutto molto in fretta.
Pheobe si coprì la bocca con le mani, apparentemente sconvolta da quella parola che non aveva nemmeno pronunciato lei.
Harry si mise le mani tra i capelli.
Daisy iniziò ad urlare «Papà! Papà! Louis ha detto la parola che inizia con la "m"!» e poi scappò fuori dalla sala.
Harry fece appena in tempo a sentire la propria voce sussurrare: «Non dire niente», che Mark stava già entrando nella stanza con la bambina al seguito.
«Louis, che cos'è questa storia?», chiese l'uomo. Ad Harry non era mai parso così minaccioso prima d'allora.
Secondo il consiglio di Louis, Harry tacque.
«Ha detto la parola che inizia con la "m", l'ho sentito io!», fece Pheobe.
«E' vero Louis? Lo sai che non voglio che si dicano certe cose. Vuoi forse far stare male tua ma-?»
«Scusi!», la voce di Harry interruppe quella di Mark, «Ho chiesto io a Louis delle cose... Non avevo idea che...».
Lo sguardo dell'uomo si fece improvvisamente più gentile.
«Oh, ecco... Vedi Harry, in questa casa ci sono delle regole e se le rispettiamo stiamo meglio tutti», Harry non riuscì a definire il tono di quelle parole. C'era qualcosa di malinconico in esse...
«Quindi ti chiederei per favore se tu potessi non parlare delle cose che- Delle cose che fate voi a scuola. Non davanti alle ragazze o a Johanna. Puoi farlo, Harry?»
Harry dovette fermare la bocca di Louis dal rispondere e aspettò che fosse Louis con la sua voce a dire: «Si. Si certo»
«Bene. Grazie Harry», e così Mark se ne andò.
Harry cercò spiegazioni da Louis, ma quello si mise a sbraitare sul fatto che erano in ritardo e che Dan li stava sicuramente aspettando. «Ne parliamo dopo», disse.
Arrivarono da Daniel con un'ora di anticipo.
Quella giorno non parlarono più dell'argomento, né lo fecero il giorno dopo.
Harry decise di dargli tempo. E intanto aveva imparato due cose:
Primo, nessuna famiglia è del tutto perfetta.
Secondo, in fin dei conti, Harry di Louis sapeva davvero poco.
 
 
 
 
Era la sera del 27 Dicembre, Harry, Louis e Daniel erano seduti sul divano di casa Tomlinson. O meglio, Louis e Dan erano seduti, mentre Harry era placidamente sdraiato e dormicchiava usando le cosce di Louis come cuscino. Era stato Louis ad insistere perché si mettesse lì.
Lo scopo di quella serata, ufficialmente, era guardare un film, ma nessuno aveva ancora degnato attenzione a quel thriller di spionaggio che andava avanti da un'ora alla tv. Harry no di certo.
In realtà, Louis doveva parlare con Dan di tutta una serie di questioni che di fronte agli altri non aveva potuto affrontare, perché...
 
«Voglio sapere tutto!», aveva esclamato Dan quando era entrato in casa.
Louis era scoppiato a ridere: «Da dove vuoi che parta?»
«Quidditch! Devi raccontarmi di come sta andando il torneo quest'anno! E... Che incantesimi nuovi hai imparato? Oh, mi fai leggere i tuoi appunti di Cura Delle Creature Magiche? Dimmi che avete studiato qualche altra creatura figa! E- Oh, giusto, stai ancora con Eleanor?! E Liam come sta?! E poi-»
«Calma, calma», l'aveva interrotto Louis, «Una cosa alla volta. Adesso andiamo di là, a meno che tu non voglia svegliare tutta la casa. Poi ricominciamo da capo».
Danny non se lo fece ripetere due volte e si fiondò in salone.
«Harry, ti muovi?»
Harry era bloccato nell'ingresso. «Ma lui sa che... Sa?», aveva mormorato.
«Già», Louis si era stretto nelle spalle, «Quando eravamo piccoli ogni volta che mi batteva a calcio gli cadeva accidentalmente un secchio d'acqua in testa o scivolava misteriosamente in mezzo alla strada o i lacci delle sue scarpe si incastravano per sbaglio tra loro... A un certo punto ho dovuto dargli una spiegazione o avrebbe creduto per sempre di essere perseguitato dalla sfortuna», fece Louis.
«Ma la regola...»
«Al diavolo la regola. Dan sa che sono un mago da quando abbiamo setti anni e non l'ha mai detto a nessuno. Mi fido di lui e... »
«Louis?! Ti sbrighi?!», la voce di Dan li aveva raggiunti dal salotto.
«... ha una sorta di adorazione per tutte le cose che gli racconto», aveva spiegato Louis divertito, «Sono giorni che mi chiede di parlargli, quindi desso andiamo di là, o tornerà a prendermi!» e con l'ennesima risata Louis aveva trascinato Harry nell'altra stanza.
 
Così Danny sapeva. E Louis aveva passato l'ultima ora a raccontargli dei mesi trascorsi ad Hogwarts. Dan ne era davvero entusiasta.
Harry aveva provato a partecipare alla conversazione, seriamente, ma poi Louis l'aveva fatto stendere e si era offerto come cuscino umano. Il sonno aveva preso il sopravvento su Harry. La televisione in sottofondo sembrava una ninna nanna e le mani di Louis fra i suoi capelli lo cullavano dolcemente. Questione di poche carezze ed Harry si sarebbe addormentato, le voci degli altri erano sempre più lontane e...
«E Harry?», con ultimi barlumi di coscienza, Harry sentì Dan pronunciare il suo nome.
«Harry cosa?», sentì chiedere Louis.
«Com'è che siete diventati amici? E com- A proposito, lui in che Casa è?»
«Io ed Harry... E' una storia complicata.... Ed è un Serpeverde», rispose Louis, i movimenti della sua mano tra i capelli di Harry si fecero più cauti. Harry improvvisamente non aveva più tanto sonno.
«Serpeverde?! Da quando frequenti i Serpeverde?!», esclamò Daniel, il tono sdegnato degno del più fiero dei Grifondoro.
«Non urlare, che lo svegli! Comunque, ultimamente ho capito che non sono tutti così male... Tu ed io dovremmo rivedere i nostri pregiudizi da Grifondoro».
«Ma mi hai sempre detto che-»
«Ho cambiato idea», ribadì Louis.
Daniel mormorò qualcosa di poco chiaro, poi: «Harry è okay, quindi magari hai ragione... Certo, è un po' strano... Sai che il primo giorno, quando siete arrivati, sembrava quasi un'altra persona?», osservò Dan.
La risata di Louis fece tremare anche Harry. «In effetti lui era un'altra persona». Ad Harry si mozzò il fiato in gola. Louis stava per...?
«In che senso?», chiese Danny confuso.
«Non ci crederesti mai se te lo dico...»
«Louis, sei un mago e frequenti una scuola per maghi. C'è qualcosa più incredibile di questo?»,
Louis sospirò. Poi lo fece davvero. Raccontò a Dan di come avesse conosciuto Harry, dello scambio e di come in quei mesi la sua vita fosse stata stravolta da quella cosa.
Alla fine il commento di Daniel fu: «Oh cazzo».
«Già...», concordò Louis.
«Quindi quando siete arrivati... Tu eri lui? E lui era te?!»
«Funziona così».
«Okay. Questa è ufficialmente la cosa più assurda che abbia mai sentito!», annunciò Dan.
«Te l'avevo detto...», soffiò Louis.
«Ma... Non è strano? Intendo, dover condividere la vita con un estraneo?», chiese Daniel.
«Certo che lo è, non sai nemmeno quanto. All'inizio è stato davvero difficile... Però ho avuto fortuna, se al posto di Harry ci fosse stato un altro non so se l'avrei superata tanto bene. Lui mi ha sempre fatto venire voglia di andare avanti, anche se le nostre vite sono un casino. Sì, se non fosse stato per Harry non so cos'avrei fatto», disse Louis, mentre ancora accudiva i ricci di Harry con le dita. Harry ascoltava immobile e in silenzio, ogni traccia di sonno sparita.
«Avete legato parecchio, eh? Siete così diversi, eppure sembrate davvero... Non lo so, affiatati», disse allora Dan. Harry immaginò che li stesse guardando.
La mano di Louis smise di accarezzare i capelli di Harry.
«Suppongo», iniziò Louis, «suppongo che lo siamo, già. Ti sembrerà ridicolo, perché lo conosco solo da pochi mesi, ma io... sento di potermi fidare completamente di lui ed è una cosa bellissima».
Il cuore di Harry prese a battere forte dentro al petto, tanto forte che pareva voler far scoprire Harry.
Intanto Louis continuava: «Anche se siamo diversi con lui sto bene, è così e basta. Lui è l'unico che mi fa sentire come se fossi davvero...», a Louis non venivano le parole.
«Importante?», suggerì Daniel.
«Già», sussurrò Louis, «Importante».
«Si vede. Si vede da come ti guarda, come se tu fossi l'unica cosa che gli interessi sulla terra». Oh. Quindi anche Daniel se n'era accorto? Harry aspettò con timore la reazione di Louis.
A Louis sfuggì un sospiro. «Lo so...»
"Lo sa?!"
«E' una bella cosa, ma...», continuò Louis sussurrando, «credo che Harry veda in me più di quello che sono realmente».
No.
Non era vero.
Harry sapeva quello vedeva, sapeva quello amav-
«Io», riprese Louis abbassando ancora di più la voce, Harry faceva fatica a sentirlo, «Non penso di meritare una persona come Harry... Dan, tu non lo sai com'è! I sentimenti di Harry sono una cosa... Harry ti da tutto o non ti da niente. Non lo so se mi merito il suo tutto...», che significava?
«Forse dovresti fidarti della sua decisione, no?», disse Dan.
«Ma Harry non lo sa come sono veramente! Non la quello che faccio alle persone...», lamentò Louis.
«Louis, smettila con questa storia. Lo sai che non è così... Lascia ad Harry la possibilità di dimostrartelo». Harry avrebbe voluto sapere di cosa stessero parlando.
«Non voglio fargli del male...», sussurrò Louis.
«Allora non farlo», concluse Daniel.
«Ma com-?»
«Inizia col non illuderlo».
«Io non lo sto illudendo!»
«Non ho detto che lo stai facendo», lo interruppe Daniel, «Ti dico solo di non fare con lui la stessa fine che hai fatto con Andy».
Harry sentì i muscoli delle gambe di Louis tendersi come corde di violino.
«Harry non ha niente a che fare con Andrew, le situazioni sono completamente diverse!», sbraitò Louis. Se Harry non fosse già stato sveglio, probabilmente quella frase l'avrebbe svegliato.
«Sicuro?», il tono di Daniel insinuava qualcosa. Qualcosa a cui Harry sperò Louis non avrebbe creduto.
«Si. Certo che ne sono sicuro», ormai era l'unico che lo era ancora. «Harry... Quello che ho con Harry è un'altra cosa. Lui ci tiene davvero a me!», affermò Louis.
«Anche Andy ci teneva», obbiettò Dan.
«Ci teneva a mettermi le mani nelle mutande!»
«Smettila Louis, non è così. Se tu gli avessi lasciato il tempo di spiegare...»
«C'era qualcos'altro da spiegare?», domandò Louis esasperato.
«Si e tu invece l'hai solo trattato male», l'accusò Dan.
«Io l'ho trattato male?! E' stato lui ha rovinare tutto!», si difese Louis.
Harry ascoltava col fiato sospeso.
«E tu non hai nessuna colpa?», domandò allora Daniel.
«No! Lui... Lui ha capito male!»
«Perché tu gliel'hai lasciato capire!»
«Non è-»
«Louis, ti conosco troppo bene per crederti», lo fermò Daniel, «Lo sapevi che Andy era gay e lo sapevi tu come lo sapeva mezzo mondo che aveva una cotta per te. Ma hai preferito prenderti gioco di lui, perché ti divertiva troppo farlo o perché diavolo non lo so e-».
«Non-»
«Si, l'hai fatto. E' stata soprattutto colpa tua e hai finito per far soffrite Andrew. E anche te stesso».
«Io...»
«Louis, io non voglio farti la predica. Quello che voglio dire è che... Non fare lo stesso errore anche con Harry. Perché hai ragione, le situazioni sono diverse: tu non hai mai guardato Andy come guardi Harry, né ti è mai piaciuto anche solo la metà di quanto ti piaccia Harry. Se dovessi fare qualcosa di sbagliato, penso che questa volta te ne pentiresti seriamente».
Cadde il silenzio.
Si sentivano solo i suoni dalla televisione e il rumore di tre cervelli che pensavano. Quello di Harry era in procinto di esplodere per il sovraccarico di informazioni che non sapeva come interpretare.
«Cazzo Danny», fece Louis dopo un po', «Tu si che mi sai incasinare per bene. Sei peggio di Liam». Harry era pienamente d'accordo.
«Sono qui per questo», esclamò Dan con un sorriso nella voce. «Per oggi però direi che ho finito. Me ne vado. Contento?»
«Non sai quanto», nel tono di Louis non c'era nessuna cattiveria.
«Che ne dici se questo film lo riguardiamo la prossima volta?», propose Daniel.
«Credo che ad Harry non piacesse troppo, non potremmo provare con qualcos'altro?», chiese invece Louis.
Dan impiegò solo qualche istante di troppo, forse per dedicare a Louis un'occhiata significativa, poi rispose: «Mi sembra una buona idea, questo ha avuto poco successo», disse ridendo.
«Almeno adesso so come farlo addormentare», fece Louis divertito.
Poco dopo Harry sentì Dan muoversi e lasciare il divano. Louis rimase fermo dov'era.
«Non ti dispiace vero se non ti accompagno alla porta?», disse Louis, «Sai, sono un po, ehm, bloccato», Harry era certo che l'avesse indicato.
Dan rise. «Nah, ti perdono. Solo perché per una volta hai una valida ragione per non comporti come un bravo ospite».
«Io sono sempre un bravo ospite!», protestò Louis.
«Credici!», ci furono alcuni rumori, poi: «Okay, ho preso tutto. Io vado», annunciò Daniel.
«Sai dov'è la porta».
«Louis, non credere che questa conversazione sia finita! La prossima volta finisci di raccontarmi. Non mi hai detto nulla di Eleanor...», osservò Dan.
«Lascia stare, brutto argomento», borbottò Louis.
«Mmm... E con Harry, cosa hai intenzione di fare?»
«Niente», rispose Louis, «Adesso le cose vanno bene così... Non voglio cambiare niente». In quelle parole stava la differenza tra Harry e Louis.
«Ne sei proprio sicuro?»
«Si, Dan, ne sono sicuro»
Daniel sospirò. «E va bene. Ti saluto Louis, buonanotte!», la sua voce lasciò il posto a un rumore di passi che si allontanavano.
«Notte Dan!». Qualche istante dopo la porta di casa si aprì, poi venne richiusa. Silenzio.
«Harry...», la mano di Louis si appoggiò delicatamente sulla spalla del riccio.
«Harry, è ora di andare a letto...», insisté Louis, scuotendolo appena. Harry non si mosse. Doveva almeno fingere di essere davvero addormentato. Aveva il sospetto che a Louis non sarebbe piaciuto sapere che aveva spiato la conversazione con Daniel...
«Harry, forza...», continuò Louis.
Harry convenne che era il momento di fingere di svegliarsi: «No...», sussurrò. La voce uscì impastata al punto giusto, per fortuna.
Louis gli scostò i ricci dalla fronte con una carezza: «Vuoi dormire sul divano?».
«No...», biascicò Harry.
A Louis sfuggì una risata lieve: «Vuoi che ti porti in braccio?»
Harry credeva di averlo solo pensato, ma poi si rese conto di starlo dicendo ad alta voce: «Si...». Ormai era troppo tardi per rimangiarsi la parola.
«E va bene», ma... era serio?
Si, era serio, Harry lo capì quando Louis lo costrinse a mettersi a sedere, gli prese le braccia e se le mise attorno al proprio collo dicendogli «Stringi Harry». Harry eseguì in automatico. A quel punto Louis infilò le proprie mani sotto le cosce di Harry e lo tirò su. Per non cadere Harry fu costretto a cingere la vita di Louis con le gambe e stringerlo ancora più forte. Louis non fece proteste, cominciò a camminare.
L'istante dopo... Harry volava.
Era a un metro da terra, ma Harry volava sopra le nuvole.
Lì, aggrappato al collo di Louis, con le sue mani sotto cosce che ad ogni passo salivano più in alto verso il sedere, con il volto immerso nel suo collo e il suo profumo che rubava il posto dell'aria nei polmoni, ecco, lì Harry aveva trovato il paradiso. Lì Harry ci sarebbe rimasto per sempre.
 
Solo dopo molti passi ad Harry convenne che ci fosse definitivamente qualcosa di ambiguo nei comportamenti di Louis, e quella sera ne aveva avuto più di una prova.
Era ambigua la differenza tra ciò che Louis aveva detto ad Harry e quello che invece aveva detto Dan.
Erano ambigue le cose che Dan aveva attribuito a Louis... Cosa voleva dire che Louis aveva giocato con Andrew? Cosa voleva dire che a Louis non era mai piaciuto Andrew nemmeno la metà di quanto gli piaceva Harry?
Al momento, però, la cosa più ambigua di tutte erano indiscutibilmente le mani di Louis appoggiate con estrema nonchalance sul sedere di Harry: ogni mano accoglieva con naturalezza nel proprio palmo una chiappa, neanche fossero nate per combaciare con esse, e saltuariamente la stringevano appena un po' più del dovuto.
Louis che gli palpava il culo, quello era decisamente ambiguo.
Ma Harry aveva troppo sonno per preoccuparsi anche di quello e in fondo, se Louis voleva toccargli il culo, beh, ad Harry non dispiaceva di certo...
 
 
 




 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Fu allora che Harry rischiò seriamente di morire. La dannata erezione di Louis era premuta contro la sua! Era assolutamente troppo per il suo povero cuore."
 
 
 
 




 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Non lo so. Io non lo so. Questo capitolo è l'ennesima bestia infinita in cui succede tutto e niente. Ditemi che a voi piace.
Il capitolo, in teoria, si srotola attorno ad un unico grande filo condutture: Louis e, appunto, la sua ambiguità, quindi tutte le cose che non dice o che dice in modo poco chiaro o che dice in modo palesemente falso -più per convincere sé stesso che gli altri-, senza contare tutte le cose che fa. E poi c'è Harry, il povero Harry, sempre più andato per Louis (come avrete notato) e che non vuole tradire la sua fiducia, ma che ormai non può negare che ci sono delle cose che non quadrano con Louis per quanto riguarda il frangente sono-assolutamente-etero.
 
Significativa è la scena dell'incidente in famiglia, dove Harry viene rimproverato al posto di Louis per aver citato quello che sembra essere un argomento tabù (che poi le gemelle l'abbiano incastrato non interessa a nessuno, piccole diavole). Ricordatevene, perché la questione è più seria di quel che sembra e avrà delle ripercussioni anche in futuro...
Altra scena importante, ovviamente, è quella con Dan, in cui ci viene presentato un nuovo punto di vista, che incrimina ancora di più Louis e confonde Harry sempre ulteriormente. Secondo voi Harry come deve interpretarla?
Domanda: c'è qualcuno che ama la scena del Harry-coala-volante quanto me?
 
Concludendo: cosa ne pensate? E soprattutto, avete un'idea di ciò che pensa, o meglio, di ciò che sente veramente Louis? Ogni tentativo è ben accetto :)
 
Ora, come sempre ringrazio tantissimo tutte le persone che seguono/mettono tra i preferiti-ricordati. Grazie a chi legge, e grazie grazie grazie a chi mi lascia il proprio parere. Sapere cosa pensate della storia è davvero importante e mi fa un piacere immenso.
 
A questo punto mi dileguo, vi ringrazio dell'attenzione e spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia continui a farlo. Sempre.
 
Un grande abbraccio a tout le monde,
Au revoir!
 
Costanza.
 
(Scusate gli errori, li percepisco, ma sono troppo stanca per vederli. Col senno di poi sistemerò)



 

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Capitolo 29
*** Una luce nel buio ***





 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 
 
 




 
Una luce nel buio (o prendi un ossìmoro e amalo)
 
Quando Harry si svegliò la mattina 28 Dicembre sapeva che c'erano almeno un centinaio di cose a cui doveva pensare. Ma pensare non era tanto facile quando sentiva...
 
"Caldo!"
C'era troppo caldo. Troppe coperte. Ma sopratutto troppe gambe e troppe braccia.
Harry spalancò gli occhi. Louis. Li richiuse subito.
Harry si fece coraggio e aprì gli occhi di nuovo, questa volta lentamente, timoroso che quell'immagine bellissima potesse svanire.
Era ancora lì. Louis. Il suo volto distante appena qualche centimetro da quello di Harry e il suo corpo tanto attaccato a quello di Harry che il riccio a stento riusciva a capire quale fosse il suo e quale quello di Louis. Era come se l'abbraccio della notte prima non fosse mai finito.
Harry, però, aveva un vago ricordo di quando si era svestito e messo a letto appositamente lontano da Louis. Allora com'era possibile che le proprie braccia stringessero di nuovo le spalle di Louis? E quand'era successo che le mani di Louis si erano fatte spazio tra i loro corpi per appoggiarsi sul petto di Harry? Quando che le loro gambe si erano incastrate come fili intrecciati?
Harry non aveva la risposta. Sapeva solo che doveva fare qualcosa. Perché aveva sempre più caldo.
Qualche mese prima Harry avrebbe trovato quella situazione imbarazzante, ora che sapeva della storia di Andy, era anche pericolosa. Ma il vero problema era un altro: Harry non rispondeva più del suo corpo. O del suo cuore. E Louis era troppo vicino per non sentire l'erezione di Harry premere sulla sua coscia e le sue mani erano proprio collocate dove potevano percepire il cuore di Harry palpitare all'impazzata.
Harry poteva solo pregare che Louis non si svegliasse.
Preso atto della situazione critica, la cosa più intelligente da fare sarebbe stata andarsene il prima possibile e farsi l'ennesima doccia gelata. Peccato che c'era qualcosa che impediva ad Harry di muoversi...
Harry si era incantato.
Non riusciva a distogliere lo sguardo dalle labbra di Louis: erano così vicine, lontane giusto il tempo di un sospiro veloce, erano così... a portata di bacio. E Harry in quei giorni ci aveva pensato talmente tanto, a Louis che baciava Eleanor, a Louis che baciava Andy, a sé stesso che baciava Lou- No, doveva andarsene!
Ma il respiro di Louis si infrangeva sulla bocca di Harry e le sue labbra, screpolate e sottili eppure invitanti, erano così vicine che non farci niente era insopportabile.
Harry si ritrovò a tendersi verso la meta dei propri desideri senza nemmeno pensare. E c'era quasi, era quasi arrivato al traguardo, il suo naso sfiorava quello di Louis, mancava così poco per poter toccare-
«Harry, cosa fai?», la voce assonnata di Louis ruppe l'incantesimo e insieme catapultò Harry di fronte alla consapevolezza di ciò che stava per fare. Aveva quasi baciato Louis. "Cazzo".
Per immensa fortuna di Harry le palpebre di Louis erano ancora serrate, così poté mettere distanza tra sé e le sue colpe passando inosservato, poi rispose con un falsissimo: «N-niente...».
Louis era ancora troppo addormentato per dubitare di Harry e si limitò ad annuire con un borbottio convinto mentre si accoccolava meglio contro il petto di Harry.
Harry era in iperventilazione.
«Harry...», fece Louis dopo qualche secondo.
«Mm?»
«Lo sento...», biascicò.
«Cosa?»
La pressione della coscia di Louis sul suo inguine fu una risposta più che sufficiente.
«Oh!»
Harry era talmente preoccupato di quello che stava per fare che aveva dimenticato di essersi eccitato addosso a Louis.
«Io... Io... Scusa, non...»
Nella mente di Harry presero a susseguirsi tutte le versioni possibili di Louis che si disgustava di lui, che lo cacciava dal suo letto e che lo rispediva da suo padre, perché era un maledetto pervertito e non meritava di-
«Harry, stai calmo», nella voce di Louis c'era la solita gentilezza, «Non è la prima volta che ho a che fare con le tue erezioni mattutine. Ormai non mi scandalizzo più», disse.
Ma quella non era un'erezione mattutina! Era tutta un'altra cosa...
Louis, però, non poteva saperlo. Tanto meglio.
«Ehm, già... Ma, scusa, è... E' imbarazzante...», ammise Harry, più colpevole di quanto fosse ufficialmente.
«Se può consolarti è un problema comune», disse Louis.
Harry non fece in tempo a capire cosa quelle parole significassero che Louis aveva già spinto il suo bacino contro quello di Harry. Fu allora che Harry rischiò seriamente di morire. La dannata erezione di Louis era premuta contro la sua! Era assolutamente troppo per il suo povero cuore.
Dalle labbra di Harry sfuggì un verso che assomigliava terribilmente ad un gemito. Harry allora cercò di allontanarsi da Louis, ma quello non lo lasciava andare, così ottenne solo di strusciarsi di più contro di lui. E la situazione tra le sue gambe prendeva il volo.
Intanto Louis... rideva. Rideva!
Come poteva essere tanto a suo agio col cazzo di un altro contro il proprio?! Forse Louis era tranquillo perché era davvero etero?
Ad Harry quella situazione sembrava tutt'altro che etero.
«I-Io... Penso che devo... Bagno...», disse Harry sconnessamente, poi facendosi forza spinse Louis un po' più in là e scappò via.
 
Come avessero fatto le gambe di Harry a portalo fino al bagno era un mistero. Tremavano indecentemente. Ma a proposito di cose indecenti...
Harry infilò una mano nei pantaloni del pigiama e afferrò il problema. Era stanco delle docce fredde.
Mentre si accarezzava con forza ripensò alla bocca di Louis, al suo corpo bollente e alla sua erezione che spingeva contro la propria. Non ci mise molto a venire.
Quella fu la prima volta che si masturbò pensando a Louis Tomlinson. Qualcosa gli diceva che non sarebbe stata l'ultima.
 
 
 
 
I giorni successivi passarono veloci tra serate con gli amici e infiniti pranzi di famiglia, tra abbracci troppo stretti e sparizioni nei bagni sempre più frequenti. E poi c'erano troppi, troppi pensieri.
 
Harry aveva continuato a pensare alle parole di Dan, ma non era giunto a nessuna conclusione, né era stato in grado di dare un senso ai comportamenti indiscutibilmente privi di coerenza di Louis.
C'erano sempre più elementi che mettevano Harry di fronte ad una realtà evidente: non sapeva chi fosse Louis veramente. E forse, nemmeno Louis lo sapeva.
Una cosa era certa, l'intero universo non faceva che mandare segnali che mettevano in discussione la sessualità di Louis.
Harry però aveva paura di quei segnali.
Aveva appena scoperto quello che provava per Louis e poi veniva fuori tutto quello... Non poteva essere tutto un frutto della sua mente? Forse le cose non erano così ambigue come sembravano, ma era Harry che, per via dei suoi sentimenti, le vedeva così.
Forse Harry era tanto propenso a credere che Louis fosse gay solo perché voleva che lo fosse, così avrebbe avuto una possibilità...
Eppure non gli sembrava ci fosse tanto da fraintendere nelle parole di Dan o nel fatto che Louis avesse baciato Andrew o nelle sue mani sul suo culo qualche sera prima.
 
Ad un certo punto Harry decise che aveva pensato abbastanza.
Poteva anche continuare a riempirsi la testa di domande, ma non avrebbe mai avuto una risposta vera. Non fino a quando Louis non gliel'avrebbe data (e al momento non sembrava interessato a farlo).
Allora Harry decise che non ci avrebbe più pensato. Avrebbe lasciato che le che cose accadessero senza farsi troppe domande ed avrebbe accettato tutto com'era (o come Louis voleva che fosse).
Louis voleva continuare a comportarsi in quel modo? Che lo facesse. Voleva continuare a fingere di non avere colpe verso Andrew? Harry non gliel'avrebbe impedito. Voleva continuare a toccarlo, sfiorarlo, abbracciarlo fino a farlo diventare matto e pretendere che fosse normale? Bene, Harry non l'avrebbe fermato, ma avrebbe goduto di ognuno di quei piccoli momenti, desiderando intimamente qualcosa di più. E avrebbe continuato fino a quanto poteva resistere.
 
 
 
 
I giorni volarono e arrivò il 31 Dicembre. Per Harry era tempo di andare a casa.
Era l'accordo con suo padre: lui poteva stare dai Tomlinson quanto volesse, ma doveva essere presente alla festa di capodanno per dimostrare all'alta società magica che figlio esemplare fosse quello di Des Styles. Come se non sapessero tutti che era un bastardo figlio di una magonò...
Ovviamente la voglia di rivere i suoi parenti rasentava il sotto zero e quella di lasciare Louis era ben sotto i meno venti. Ma doveva partire, un patto era un patto.
 
Dunque il 31 Dicembre Harry si svegliò di buon mattino ed iniziò a prepararsi facendo il meno rumore possibile, non voleva svegliare Louis. Ciò che Harry non poteva aspettarsi fu che dopo pochi minuti Louis si alzò da solo ed iniziò a vestirsi a sua volta. Era davvero troppo presto per i suoi standard. Harry non fece domande. Fu solo quando si accorse che accanto al proprio zaino, accuratamente preparato la sera prima, ce n'era un altro, che iniziò a capire...
«Louis, che significa questo?»
«Cosa?», aveva chiesto Louis innocentemente. Troppo innocentemente.
«Perché ci sono due zaini qui?»
«Dovrò pur cambiarmi, a meno che tu non mi costringa ad indossare le stesse cose per due giorni», come se il punto fosse quello.
«Louis, no».
«No cosa?»
Harry sospirò: «Tu non verrai con me», disse. Non ne avevano mai parlato, per Harry era ovvio che Louis non poteva venire.
«E' perché non sono stato invitato alla festa?!», domandò Louis, l'ombra di un sorriso sarcastico sulle labbra.
«Louis... Ho detto di no», ripeté Harry seriamente.
«Harry, io voglio venire con te», ora anche Louis era serio.
«No», ribadì perentorio. Harry non aveva nemmeno considerato quell'opzione, perché...«Non ti voglio in quel posto», Louis era il suo sogno bellissimo e Harry non voleva portare il suo sogno nella casa degli orrori.
«E io non voglio te in quel posto. Non da solo. Quindi, verrò», insisté ancora Louis.
«Devi stare qui e festeggiare con i tuoi amici e con la tua famiglia, com'è giusto che sia».
«Tu sei mio amico e voglio festeggiare con te. Com'è giusto che sia», Louis gli ritorse la frase contro.
«No Louis... Non c'è bisogno che tu venga. Me la caverò, ormai ci sono abituato... E per il 2 Gennaio sarò di nuovo qui», tentò Harry.
«E pensi che io riesca a resistere tanto tempo senza di te?», domandò Louis. Mossa falsa quella, faceva leva sul cuore fragile di Harry.
Harry, ignorando la smisurata produzione di farfalle allo stomaco che quella frase gli stava causando, prese un respiro profondo e rispose: «Ti assicuro che starai molto meglio qui senza di me, che a casa mia con mio padre, la mia matrigna e mia sorella».
«E tu come starai?»
«Te l'ho detto, ci sono abituato», ripeté Harry.
«Non è vero», fece allora Louis.
«Louis...», gli uscì di bocca come un sospiro, «Non rendere tutto più difficile...»
«E' esattamente quello che sto cercando di non fare. Voglio venire con te e farti felice, anche se sei in mezzo a quella gente», concluse Louis.
«Lou-»
«Niente "Louis", io verrò o verrò, che ti piaccia o meno. E se cerchi di fermarmi, giuro che mi aggrappo al tuo collo talmente tanto stretto che dovrai decapitarti da solo se vuoi che mi stacchi», che immagine... graziosa. «Così ti dimostrerò che non sei l'unico ad avere delle doti da koala», aggiunse Louis sogghignando.
Ecco, l'aveva rifatto. Erano giorni che Louis rinfacciava ad Harry quella storia, ogni occasione era buona per prenderlo in giro per come si era fatto portare a letto qualche sera prima. Al contrario Louis non aveva fatto menzione alcuna di quando lo aveva palpato (o Harry se l'era solo immaginato?)...
Ignorando la frecciatina e ignorando quella che per lui era tutt'altro che una proposta poco allettante, Harry rispose con un esasperato: «E va bene».
Il volto di Louis si illuminò. «Davvero?! Posso venire?!», Harry sospettava che quel sorriso splendido gli sarebbe sparito appena avrebbe conosciuto sua sorella.
«Si Louis», in effetti poter avere Louis accanto gli facev sembrare molto meno orribile il pensiero del giorno a venire, «Ma stai attento», perché allo stesso tempo l'idea di Louis, il suo Louis, in quella casa gli faceva venire i brividi. «E aspettati il peggio», aggiunse.
«Niente sarà mai il peggio finché sono con te», rispose Louis prontamente e dedicandogli un sorriso dolce da capogiro. Merlino, qualcuno doveva impedirgli di dire o fare certe cose...
«Ho i miei dubbi...»
«Vedrai, andrà tutto bene!»
Harry tentennò un attimo. Era davvero la cosa giusta portare Louis a casa sua? No, non lo era. Peccato che non riusciva a dirgli di no. «Me lo auguro», disse allora. E lo faceva davvero.
 
Quando tutto fu preparato, Louis se ne uscì con un vivace: «Partiamo?».
«Partiamo...», il tono di Harry non era altrettanto di buon umore.
«Bene! Ma... Esattamente, com'è che arriviamo a casa tua?», chiese Louis, che evidentemente non si era ancora fatto quella domanda.
«Il modo più veloce sarebbe stato prendere la Metropolvere...», Harry vide Louis irrigidirsi di colpo, «Ma dato che non possiamo usare il tuo camino, non ci resta che prendere il treno. A proposito, sbrighiamoci che il prossimo passa tra un'ora», Harry aveva guardato gli orari con Johannah il giorno prima.
Louis sembrò tirare un sospiro di sollievo e poi annuì. «Perfetto».
Il tempo di salutare tutti (e con tutti Harry intendeva Johanna, le gemelle, Mark, le gemelle di nuovo, Fizzi e Lotti, poi ancora le gemelle, e infine pure Daniel) ed erano pronti per partire. Inutile dire che presero anche questo treno per un soffio.
 
 
 
 
Harry guardava il paesaggio fuori dal finestrino del treno, eppure non lo vedeva veramente, perché la sua attenzione era completamente concentrata sulle dita di Louis che tracciavano figure immaginarie sulla sua coscia. Ad essere precisi, l'attenzione di Harry era impegnata a non concentrarsi sulle dita di Louis, onde evitare ulteriori situazioni imbarazzanti.
Era più difficile a dirsi che a farsi, soprattutto quando le scosse del treno facevano scivolare di dita di Louis un po' troppo vicino al suo inguine... Se Harry non si fosse ripromesso di non farsi più domande riguardo le stranezze di Louis, ecco, quello glien'avrebbe fatto sorgere un paio.
«Harry», la voce di Louis lo fece sussultare. «Scusa, non volevo spaventarti», disse accarezzandogli la coscia, come a tranquillizzarlo. Harry tremò solo di più.
«C'è una cosa...», continuò Louis, «Penso di doverti parlare di una cosa», disse, stranamente serio.
Harry lasciò perdere il paesaggio e si voltò a guardare Louis. In effetti sul suo volto c'era una serietà insolita.
«Dimmi», doveva preoccuparsi.
«Ecco, in questi giorni tu hai dovuto assistere a delle cose strane, lo so...», stava parlando di...?
«Intendo, quando mio padre mi ha sgridato...», ah, quello.
«Louis, sono cose della tua famiglia, io non voglio impicciarmi più di quanto non abbia già fatto», disse, per quanto in realtà stesse aspettando quella spiegazione da giorni.
«Non ti sei impicciato Harry, sei stato fin troppo comprensivo. Io non ero stato tanto bravo con te...», e per quello avevano finito per litigare, Harry se lo ricordava bene.
«Fa lo stesso...»
«In ogni caso, penso di dovertene parlare. Tu mi hai raccontato la tua storia, adesso ti devo la mia...»
«Non sei obbligato a-»
«Infatti, non sono obbligato, so che posso fidarmi di te».
Harry deglutì rumorosamente. «Grazie... Ti ascolto allora»
«In realtà non è nulla di che...», fece Louis.
«Vuoi dire che non hai nessun parente pazzo?», domandò Harry in un tentativo di alleggerire la pressione.
A Louis sfuggì appena un sorriso: «Le gemelle valgono? A volte sono a dir poco folli».
«No, non valgono».
«Allora non ne ho. In realtà intendevo dire che la mia vita non è stata particolarmente tragica o triste», un "come la tua" aleggiava nell'aria, «Però sentita raccontare può sembrarlo... Ma io sono sempre stato felice, perché c'ero dentro e per me era normale così...»
Harry gli lanciò un'occhiata interrogativa.
«Arrivo... Diciamo che, il punto principale è che Mark non è il mio vero padre», spiegò. Harry rimase spiazzato. «Lui ha sposato mia madre quando avevo cinque anni e mi ha cresciuto, ma non è il mio vero padre», continuò Louis e intanto Harry ascoltava. E aspettava.
«Il mio vero padre non l'ho mai conosciuto, se n'è andato quando avevo pochi mesi e no, non ne ho mai sentito la mancanza, come si può provare nostalgia per qualcosa che non si ha mai avuto? Il problema... Il problema è che io sono un mago e come avrai notato sono l'unico nella mia famiglia. Secondo te da chi ho preso?», chiese Louis.
Harry spalancò bocca sorpreso, ma non riuscì a dire una parola.
Continuò Louis: «Ho preso da lui. Mio padre era un mago. E mia madre... lei lo sapeva. Non so perché lui gliel'avesse detto, in realtà non so proprio niente di lui, nemmeno perché ci abbia abbandonati. So solo che ogni volta che facevo una magia per errore la mamma iniziava a piangere...», l'espressione di Louis si fece malinconica.
«Quando poi è arrivata la lettera per Hogwarts... fu un disastro, mia madre non voleva che ci andassi, diceva che non voleva diventassi "uno come lui". Alla fine Mark l'ha convinta a lasciarmi andare e mi ha fatto promettere che non avrei mai parlato di magia davanti a lei...»
«E' per questo che...»
«Esatto, è per questo che mi ha, ti ha, rimproverato l'altro giorno. L'ho so cos'hai pensato, che Mark sia stato troppo severo, ma tu non sai come diventa mia madre se viene fuori l'argomento... E Mark l'ama troppo per vederla soffrire. E anche io...», sussurrò Louis.
«Louis, scusa, io non volevo-»
«No, non scusarti. Sono io che come al solito ti dico le cose troppo tardi...», fece Louis, «E poi alla fine non è successo nulla di terribile».
«No, però... Ti prometto che quando torneremo non parlerò più di cose magiche o di Hogwarts o... qualsiasi cosa del genere», affermò Harry, doveva rimediare in qualche modo.
«Quando siamo tra noi puoi dirmi tutto, lo sai», disse Louis e la sua mano finalmente abbandonò la coscia di Harry. Ma solo per stringergli delicatamente una mano.
«Si...», Harry si sforzò di far uscire la voce.
Dopo nessuno dei due parlò più per alcuni minuti. Louis era preso dai suoi pensieri, Harry dai propri (e dalla mano tiepida di Louis che stringeva la sua).
Harry non aveva idea di... di tutto. Aveva sempre dato per scontato che la vita di Louis fosse perfetta, perché lui era perfetto. Harry tendeva a credere che tutti gli altri avessero un'esistenza più felice solo perché non avevano passato le cose che aveva passato lui. Ma non era così. Non era così per Louis.
Louis non aveva avuto un padre e mentiva quando diceva che non gli era mai mancato. Harry sapeva cosa significava crescere senza: il senso di vuoto te lo portavi dentro sempre, come una mancanza che non sai colmare, la mancanza di qualcosa che non conosci, ma che senti di dover conoscere. E non era una bella sensazione.
Louis era stato abbandonato da suo padre. Ed essere abbandonati, comunque succeda, fa male. Ti fa sentire... Non abbastanza importante. Non abbastanza per rimanere, o per vivere... E se cresci con questa idea finisci per crederci davvero.
Louis non era accetto da sua madre per quello che era. Nonostante tutto, questa ad Harry sembrava la cosa più incredibile. Aveva visto quanto amore Johannah dedicasse a Louis, stentava a credere che Louis fosse costretto a nascondere la sua natura in casa propria per colpa di lei.
«Louis, posso farti una domanda? Non sei costretto a rispendermi...»
«Spara», il grande lo incoraggiò con un sorriso tirato.
«Perché per tua madre la questione della magia è così...?»
«Problematica?», lo aiutò Louis.
Harry annuì.
«Suppongo... Io penso che mio padre, quello biologico, penso che le abbia fatto molto male, al cuore almeno. Non so i dettagli, non abbiamo mai parlato di queste cose, ma so che lei era giovane e lo amava molto e quando lui l'ha lasciata... l'unico modo che aveva per andare avanti era disprezzare tutto ciò che sapeva di lui. Compresa la magia», "e compresa una parte di te...", pensò Harry. Inconsciamente il riccio strinse un po' più forte la mano di Louis. Louis ricambiò.
«Harry, adesso che te l'ho detto non considerarmi in modo... diverso. Io sono sempre lo stesso, no?»
«Certo Louis, come io lo sono per te, giusto?», nel loro rapporto non c'era spazio per la pietà.
«Giusto». Louis annuì sorridendogli.
Harry si imbambolò ad ammirare il suo sorriso candido, Louis allo stesso modo lo guardava intensamente, come se cercasse qualcosa sul suo volto,
La successiva frase di Louis fu un fulmine a ciel sereno: «Harry, quanto sei bello», disse.
Harry non capì se fosse un'affermazione o una domanda, ma gli scatenò ugualmente un centinaio di reazioni non opportune.
Passati i primi secondi di sconcerto e lasciato il tempo alla faccia di Harry per diventare bordeaux, il riccio farfugliò un tremolante «L-louis, piantala».
«No, no, davvero. Sei bello Harry».Ora Harry riusciva a scorgere il sorrisetto divertito nascosto nell'angolo della bocca di Louis. Sicuramente c'era sempre stato.
«Si, come dici tu...», non sapeva se sentirsi offeso o lusingato. Il suo cuore era indubbiamente lusingato...
«Guarda che lo penso davvero!», esclamò Louis strattonandogli la mano nella sua presa.
«Se io sono bello, allora lo sei anche tu», fece Harry. Era una battuta, ma era anche l'unico modo che aveva per dirglielo.
Sul volto di Louis si dipinse un gran sorriso: «Questo vuol dire che siamo entrambi uno schianto», si, uno schianto. Come quello che era appena esploso nel petto di Harry.
 
 
 
 
«Harry, questa... Questa è la tua casa?!», nella voce di Louis c'era una nota alquanto incredula.
Erano nell'ingresso e Louis aveva vagato dal cancello fino al portone in uno stato di estasi.
«Ehm, si?»
«Ma è... una villa!», Louis calcò particolarmente sull'ultima parola. «Qui ci staremmo larghi perfino noi che siamo in sette!», aggiunse, come se la cosa fosse impossibile.
«Immagino di sì...», disse Harry grattandosi la testa.
«E' dannatamente enorme!», Louis ribadì il concetto, «Ed è bellissima!»
Harry scrollò le spalle. Non era particolarmente affezionato alle proprietà di famiglia, ma poteva capire lo stupore di Louis, quella non era proprio una casetta modesta.
«Se l'avessi saputo sarei venuto prima!», esclamò Louis, guardandosi attorno con occhi sfavillanti.
Harry gli lanciò un'occhiataccia: «Ti assicuro che non l'avresti fatto. E fidati, non è così grande come sembra. Mia sorella riesce a trovarmi sempre...»
«Non mi importa! E... c'è la piscina?», chiese con gravità. Harry ebbe l'impressione che dalla sua risposta dipendessero molte cose.
«Si...?», tentò Harry. Louis si illuminò, ancora di più.
«Bene, è ufficiale, mi trasferisco da te!», annunciò.
Harry scosse i ricci, «Non sai di cosa stai-»
«Harry», una voce profonda interruppe il loro discorso. Harry non la sentiva da mesi, ma constatò che non aveva perso il solito tono insopportabile.
Harry non si voltò nemmeno verso il proprio interlocutore prima di sussurrare «Salve padre», due parole che sembravano un sibilo.
«Harry, non darmi le spalle, non è educato», disse l'uomo, con voce neutra. Harry, al pari di un'automa, rispose al comando e si voltò. La vista dell'uomo che gli aveva dato la vita e che poi l'aveva fatta a pezzi gli fece rivoltare lo stomaco.
«Sono felice di rivederti», disse Des. Bugia. Harry si morse le labbra.
«Sandra e Gemma sono in salotto. Si aspettano che tu vada a salutarle», un altro ordine travestito da gentilezza. Un altro morso sulla carne tenera delle labbra.
«Vado subito», sussurrò Harry.
«Non mi presenti prima il nostro ospite?», bastò quella frase e lo sguardo inquisitore di Des su Louis per far pentire Harry di averlo portato lì.
Louis fu più pronto di Harry nella reazione. «Salve signor Styles. Sono Louis Tomlinson, un compagno di scuola di Harry», disse freddamente, poi porse la mano verso il diavolo sfidandolo con gli occhi a stringerla. L'uomo la guardò qualche secondo, poi la strinse.
«E' raro che Harry porti qualcuno a casa», commentò, per nulla intimidito dalla sguardo astioso di Louis.
«Harry sceglie i suoi amici con attenzione, non condividerebbe mai la sua vita privata con qualcuno di cui non si fidi completamente», rispose Louis e con quella frase lasciò intendere fin troppe cose.
Des guardò il ragazzo con improvvisa attenzione. «E con te l'ha fatto?», domandò.
«Certo, io di Harry so tutto». Harry sussultò, mentre gli occhi di Des si strinsero fino a diventare due fessure. «Ah sì?», chiese l'uomo, camuffando l'irritazione con l'ironia.
«Esatto», ribadì Louis, senza mai abbassare lo sguardo da quello dell'uomo. Harry non c'era mai riuscito.
«Mi fa piacere», mentì, «Mi fa piacere che Harry abbia trovato un amico come te», il suo volto contratto diceva l'esatto contrario.
«E a me fa piacere che mi abbia scelto», disse Louis. A quel punto distolse la propria attenzione dal signor Styles e la dedicò ad Harry. Il suo sguardo si tramutò da agguerrito a dolce in un istante e disse: «Non se ne pentirà».
La tensione di Harry si sciolse in un sorriso grato per qualche secondo, per poi gelare ancora non appena Des aprì bocca di nuovo.
«E, Harry, in che Casa è il tuo amico qui?», Des stava cercando un pretesto per discutere.
«Sono un Grifondoro», Louis prese ancora la parola al posto di Harry. Des Styles sogghignò.
«Non stavo parlando con te. Ma d'altronde la maleducazione è una caratteristica indiscussa di voi Grifondoro», osservò, «Anche se in realtà pensavo che fossi stato un compagno di Casa di Harry...» e non c'era niente di più offensivo per un Griffondoro che dargli del Serpeverde. Soprattutto se quel Griffondoro era Louis.
Harry vide le mani di Louis stringersi a pugno. Avrebbe voluto prendere quei pugni fra le proprie mani e schiuderli. Ma non era il momento. Non era mai il momento.
Qualcosa, però, poteva farla: «Continuate così padre e avrete l'onore di vedere quanto è Grifondoro Louis se arrabbiato al punto giusto», si intromise Harry. Des lo guardò appena sorpreso da quella presa di parola, per poi riassumere la sua solita espressione indifferente.
«Non so a cosa tu ti riferisca, non c'è ragione di arrabbiarsi», disse, «Adesso è ora che io vada, ci sono delle cose che devo sistemare. Harry, voglio che questa sera tu sia al ricevimento, puntuale e ben vestito. Lo stesso vale per il tuo... amico», e Louis si guadagnò l'ennesima occhiata sprezzante. «Non mi deludere». Con quelle parole Des Styles concluse la sua apparizione e se ne andò.
Louis aspettò che le spalle dell'uomo scomparissero del tutto oltre il corridoio, poi: «Ritiro ogni cosa che ho detto prima, resto a vivere in casa mia», annunciò.
Sulle labbra di Harry si dipinse un sorriso ambiguo, «Non hai ancora visto niente».
 
 
 
 
Sopravvissero alla cena. Più o meno.
Harry fu costretto a sedere vicino a Sandra, la sua matrigna, ma forse a Louis andò peggio perché lo avevano posto accanto a Gemma... Il ragazzo più grande dovette subirsi per tutta la serata i discorsi insopportabile della primogenita Styles, che per lo più consistevano in insulti. Insulti verso il servizio, insulti verso il cibo, insulti verso i camerieri, insulti verso gli invitati, ma, i suoi preferiti, insulti verso Harry.
Harry era abituato alle parole malevole della sorella, eppure quel giorno gli sembrarono più che mai insopportabili, perché Louis poteva sentirle e... Harry non voleva.
Louis, dal canto suo, sembrò più volte in procinto di rispondere a tono alla signorina Styles, ma Harry -quando vedeva che Louis stava per aprir bocca- allungava una mano sotto al tavolo, cercava quella di Louis e la stringeva forte. Dovette farlo cinque volte prima di decidersi a lasciare la mano sotto al tavolo e continuare la cena con una sola.
Dopo la cena iniziò il ballo in attesa della mezzanotte. Nel salone di casa Styles si diffuse una musica datata al cui ritmo lento e noioso ballavano gli invitati, tutti rigidi nei propri vestiti tradizionali inamidati a bacchetta per l'occasione.
Secondo la tradizione Harry dovette ballare con la sorella. Fu tragico. Gemma gli pestò i piedi in continuazione, apposta ovviamente, e riuscì anche a farlo cadere per terra scatenando l'ilarità di tutto il salone. Harry poteva sopportarlo.
Ciò che non poteva sopportare era che Gemma volle un ballo con Louis. Harry era abbastanza certo di aver stritolato il braccio del maggiore pur di non lasciarlo andare, ma Louis «Le farò vedere come si balla un valzer, vedrai. Dammi due minuti e torno da te», e con quelle parole era sgusciato dalla sua presa e aveva raggiunto la ragazza. Vederlo stringere Gemma tra le braccia era quasi che vederlo con Eleanor. Quasi. Se non altro la ragazza tenne le mani -o la bocca- a posto.
Quando Louis ritornò dalla pista guardò Harry fisso negli occhi per qualche secondo, poi: «Anche tu sei stanco di questa festa?», chiese con un ghigno.
"Dio, sì", Harry non aspettava altro. Annuì energicamente.
«E allora andiamocene, portami da qualche parte», ordinò il grande.
«Dove?»
«Non lo so. Anzi, voglio vedere i fuochi d'artificio. Si vedono da qui?», chiese Louis.
Harry ci pensò qualche secondo, poi annuì. «Vieni con me», e in un gesto che sapeva molto di Louis afferrò il polso dell'altro e lo trascinò fuori dalla sala, incurante delle occhiatacce di suo padre. Mentre uscivano Louis rubò una bottiglia di champagne ad un cameriere, in fondo era pur sempre l'ultimo dell'anno, no?
 
«E' proprio meraviglioso qui!», esclamò Louis con un po' troppa allegria del solito.
Erano sulla terrazza più alta della casa, da lì la vista era incantevole. La notte si perdeva nella campagna inglese per poi riaccendersi in concomitanza delle luci della città babbana più vicina. Era da quel punto che si aspettavo i fuochi d'artificio.
Sulla terrazza batteva un vento pungente che sapeva di neve, ma Harry non aveva freddo, perché la sua spalla e le sue gambe sfioravano quelle di Louis, seduto accanto a lui, e da quei punti si irradiava un calore tale da scaldare tutto il corpo. Oforse era merito dell'alcol.
Erano lì sopra da quasi mezz'ora, non doveva mancare molto alla mezzanotte, e la bottiglia di champagne era già agli sgoccioli, in realtà più per merito di Louis che di Harry.
I discorsi di Louis si facevano sempre più senza senso ad ogni sorso di bottiglia che passava. Aveva iniziato il suo grande monologo restituendo a Gemma tutti gli insulti che lei aveva rivolto ad Harry -era stato molto divertente-, poi, dopo aver paragonato la testa di Gemma ad un cespuglio rinsecchito, si era perso in un discorso assurdo sulla vegetazione nel deserto del Sahara. Infine aveva alzato la testa al cielo e si era dato alla contemplazione dell'universo.
«E' davvero bellissimo!», ribadì Louis, agitando in aria la bottiglia.
«Attento con quella cosa», la bottiglia aveva sfiorato i ricci di Harry. Louis lo ignorò completamente.
«Voglio prendere una stella, Harry», affermò col naso fisso all'insù.
Harry sospirò: «Dubito che sia possibile...»
La testa di Louis scattò verso Harry e gli dedicò uno sguardo ad occhi spalancati: «E perché?», sembrava più giovane di dieci anni.
Come spieghi ad un essere umano che non potrà mai prendere una stella? O come spieghi ad un essere umano che l'unico modo per ottenere un pezzo di cielo è essere amato da qualcuno disposto perfino a catturare un frammento dell'universo solo per te? E come spieghi a Louis, che se solo lo chiedesse, Harry partirebbe e gli prenderebbe tutte le stelle del firmamento? "Mi sa che ho bevuto troppo pure io", quello era uno dei pensieri più insensati e sentimentali che Harry avesse mai fatto.
«Perché non è possibile e basta», disse allora il riccio, mogio.
Louis non sembrò apprezzare la risposta, si alzò in piedi e corse verso il parapetto della terrazza. Harry sentì un brivido tremargli nel petto.
«Io sono certo che posso farlo!», esclamò il grande. Il petto di Harry iniziò a sollevarsi velocemente, l'immagine di Louis si stava sovrapponendo ad un'altra, il più doloroso dei suoi ricordi.
«Mi basta alzarmi un po' di più...», Louis si sollevò sulle punte, «E stendere il braccio...», Louis alzò una mano verso il cielo e tutto il suo corpo oscillò in precario equilibrio.
Ora Harry vedeva sfuocato e il suo petto continuava ad alzarsi ed abbassarsi senza sosta.
«Louis...», cercò di sussurrare. Non lo sentì.
«E se mi allungo un altro poco...» «Louis, spostati...» «Solo un altro poco e toccherò il cielo Harry e ti prenderò una stell-», Louis perse l'equilibrio e tutto il suo corpo franò in avanti. Oltre parapetto c'era il buio.
«Louis!», Harry gridò. Poi chiuse gli occhi. E fu buio.
Cadde il silenzio e Harry cadde dentro la sua notte.
Furono due mani gentili sulle sua spalle a strapparlo dall'oscurità.
«Harry», un sussurrò dalla realtà. O dal sogno che lottava con l'incubo? «Harry, apri gli occhi», Louis, la voce bellissima di Louis.
«Harry, sono qui, va tutto bene», la presa sulle spalle si fece più forte e la voce più decisa.
«Harry, su...», una carezza, una carezza sulla guancia. Sua madre non l'aveva mai accarezzato. Suo padre a malapena lo guardava. Solo Louis, solo Louis lo toccava così...
«Louis...», Harry sollevò le palpebre.
«Sono qui», era lì, accovacciato di fronte ad Harry, tutto intero, con l'aria un po' stravolta e le guance rosse, ma era lì.
«Louis...», un nome, un singhiozzo.
«Oh Harry, mi dispiace, non volevo... Io sto bene, non potevo cadere, c'era il parapetto, lo so cosa stav-», le braccia di Harry attorno al suo collo lo zittirono. Quelle di Louis furono pronte ad accoglierlo.
«Scusami, scusami, scusami...», Louis lo ripeté come una cantilena mentre gli accarezzava la schiena. Harry lo stringeva più forte ad ogni singhiozzo che lo scuoteva.
Passarono molti "scusami" e molti singhiozzi prima che Harry si calmò.
«Va meglio adesso?», domandò Louis.
Harry annuì contro la sua spalla.
«Non avrei dovuto reagire così», sussurrò, « E' solo che... forse è perché ho bevuto, ma quando ti ho visto lì, hai tremato e io ho visto-»
«Lo so, lo so. Perdonami Harry, l'ho fatto di nuovo, ti ho fatto ricordare cose che ti fanno male».
«Si, lo hai fatto...», disse Harry, «ma le hai anche già mandate via».
Louis sciolse l'abbraccio e rimise le mani sulle spalle di Harry per allontanarlo di poco, quel tanto che bastava per guardarsi negli occhi. Harry sorrise e gli disse «Adesso vedo solo te».
«Guarda solo me», il senso era simile, la sfumatura completamente diversa. Harry annuì ed eseguì il comando alla lettera -perché quello era un comando. Guardò Louis. Lo guardò intensamente, cercando con gli occhi di accarezzare l'anima dell'altro e prenderne un po' per se, lo guardò disperatamente, come se dalla sua immagine dipendesse la propria vita. Ed era davvero così, perché la sola idea di guadare qualcosa diverso da Louis lo faceva morire un po'.
E intanto Louis guardava Harry nello stesso modo.
Che cosa c'era di tanto interessante nel proprio viso? Harry avrebbe trovato mille buone ragione per fissare il volto di Louis, ma Louis cosa poteva mai vedere di bello nel suo?
La paura di qualche minuto prima stava lasciando il posto a qualcos'altro...
Louis aveva una luce strana negli occhi mentre lo fissava -colpa dell'alcol? eppure sembrava abbastanza lucido ormai- era come se qualcosa di incantevole catturasse la sua attenzione, qualcosa che Louis aveva prima cercato negli occhi di Harry ma che infine sembrava aver trovato fra il naso ed il mento, punto in cui i suoi occhi indugiavano affascinati da parecchi secondi.
La nuova filosofia di Harry diceva di non farsi domande e accettare le cose come andavano. Quindi se Louis gli fissava la bocca con occhi languidi, Harry semplicemente faceva lo stesso. Lo champagne alleggeriva le loro colpe.
Presto il guardare si tramutò in desiderio di toccare. E il volto di Louis sembrava sempre più vicino. Harry non sapeva chi dei due si stesse avvicinando all'altro -o se fosse merito di tutti e due-, fatto sta che all'improvviso i loro nasi si stavano sfiorando ed Harry tremò e anche le mani di Louis sussultarono sulle sue spalle, ma nessuno si mosse.
Harry era paralizzato, sentiva il respiro veloce di Louis infrangersi sulle sue labbra e aveva una tempesta che cresceva dentro il petto.
Forse era l'alcol, forse era un'allucinazione, ma c'era un bacio incastrato nello spazio tra loro labbra, Harry lo sentiva, era lì e lo voleva. E non era l'unico.
I suoi pensieri erano confusi, la testa leggera, la paura di perdere tutto sempre presente ma debole di fronte al desiderio. Harry decise di tentare. Ma nel preciso instante in cui fece per muoversi, Louis aveva già colmato la distanza tra le loro bocche.
 
Harry chiuse gli occhi. E fu luce.
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Fu come se il movimento di Harry avesse innescato qualcosa in Louis, perché un attimo dopo le sue labbra si muovevano su quelle di Harry, lente e smaniose allo stesso tempo"
 
"Allora Harry, come sono andate le vacanze?". No, non se l'era immaginato il ghigno sul suo viso.
Harry arrossì vistosamente."
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell'autrice:
 
Uh... sì, è successo quello. Cioè, ancora non proprio, ma sta succedendo. Ci ho messo quasi trenta capitoli (mamma mia), ma ecco un bacio. Magari non ve lo aspettavate, magari sono venti capitoli che ve lo aspettate, magari avete smesso di aspettarvelo, ma c'è adesso ed è così che deve essere ed è così che è sempre stato nella mia testa. I dettagli sono nel prossimo capitolo... (scusate se li ho interrotti proprio sul più bello).
A questo punto... Cosa pensate che succederà? Vi ricordo solo che il bacio Louis/Andrew si era verificato in condizioni -alcoliche- simili e che ha avuto le conseguenze che ha avuto. Ma Harry non è Andy, come ha ben fatto notare Dan. Quindi...?
 
Facciamo un passettino indietro, per quanto l'ultima scena spiazzi non dimentichiamo il resto del capitolo. C'è un risveglio interessante (ecco spiegate le anticipazioni), viene -in parte- svelata della storia di Louis (sulla quale vi invito a riflettere perché molti dei problemi di Louis hanno origine in essa) e c'è un assaggio della "meravigliosa" vita di Harry (Ah, non ho niente contro Gemma e i suoi capelli sono stupendi**).
Fate attenzione alle stelle.
 
E basta, non mi dilungo che l'ho già fatto abbastanza, adesso voglio sentire voi.
 
Come sempre vi ringrazio di cuore per tutto, il vostro supporto mi sostiene e le vostre presenze mi danno coraggio. Quindi grazie per chi legge, per chi segue, mette tra preferito o ricordati e grazie, ma mai abbastanza, per chi recensisce, voi siete la mia forza.
 
Un abbraccio ad ognuno di voi,
A presto,
Costanza.


P.s.: come sempre chiedo scusa per gli errori, sono una e sono un disastro .-.

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Capitolo 30
*** Le non conseguenze di un bacio ***




 
 
..In your skin..
 
 
 
 








 
 
 
Le non conseguenze di un bacio (o cambia tutto e tutto resta uguale. Ma fino a quando?)
 
Era il 6 Gennaio, le lezioni erano finite da mezz'ora ed Harry se ne stava sdraiato sul letto di Zayn mentre il moro frugava disperatamente nella sua valigia (che era due volte più grande di quella di Harry).
«Harry, ho trovato!», esclamò Zayn estraendo l'ennesimo capo dalla valigia. Harry quella frase l'aveva già sentita una decina di volte. Alzò gli occhi al cielo.
«Vediamo...», almeno fingeva di prestargli attenzione.
Zayn gli si piazzò davanti, adesso indossava un maglione piuttosto attillato di un bel rosso sgargiante.
«Zayn, vuoi che Perrie ti scambi per un Grifondoro? No perché sei sulla buona strada».
Zayn si mise le mani fra i capelli: «Non troverò mai niente!».
Harry non l'aveva mai visto tanto agitato per un appuntamento. Harry non l'aveva mia visto tanto agitato e basta. La situazione era sorprendentemente divertente, peccato che Harry avesse troppi pensieri per godersela...
«Forse potrei avere qualcosa di meno...», Zayn continuava la sua ricerca del abito perfetto, ma la mente di Harry si era già scollegata.
Era da quasi una settimana che il ragazzo aveva qualche problema a rimanere concentrato, perché non appena si fermava a pensare ritornava automaticamente ai ricordi di capodanno, senza una ragione, solo perché oramai quello era fulcro della sua mente. E una volta dentro, uscirne era impossibile...
 
Non fu un bacio, non subito.
Le labbra di Louis avevano colpito quelle di Harry come se ci fossero cadute sopra per sbaglio, con troppo peso, con troppa gravità a spingerle. Ma poi non si spostarono.
Dopo la collisione scese una calma tesa.
Le labbra bruciavano le une sulle altre, tramavano, ma non osavano muoversi colte da un improvvisa timidezza. Harry aveva voglia di ridere e di piangere e il cuore gli esplodeva nel petto, se di gioia o di paura non lo sapeva. Non sapeva niente, a parte una cosa: Louis lo stava baciando. Sembrava assurdo, ma le labbra di Louis sulle sue erano innegabili. Era incredibile, era un errore, ma era la realtà. Louis lo stava baciando.
Harry sentiva mille domande agitarsi nel fondo nella sua mente, mille voci che dicevano "torna indietro!" e mille altre che gridavano "vai avanti!". Stava ascoltando quelle sbagliate.
Sì, stavano sbagliando tutto, Louis se ne sarebbe pentito, Harry se ne sarebbe incolpato. Ma non importava, non ora che Harry poteva sentire quanto erano dolci e morbide le labbra di Louis. Tutto ciò a cui poteva pensare era che ne voleva ancora e ancora.
Quel desiderio, aiutato da un coraggio alcolico, gli diede la forza di muovere la bocca. Fu solo un timido schiudersi di labbra, una carezza bollente quasi impercettibile su quelle di Louis, ma fu sufficiente a scatenare nel maggiore un profondo tremore. Quello fu il segnale che diede inizio a tutto.
Fu come se il movimento di Harry avesse innescato qualcosa in Louis, perché un attimo dopo le sue labbra si muovevano su quelle di Harry, lente e smaniose allo stesso tempo.
Mentre le labbra di Louis prendevano vita, tutto il coraggio di Harry scomparve così come quello di Louis era venuto. All'improvviso lo prese la paura che assecondandolo lo avrebbe spaventato, rendendo quel bacio troppo reale.
Ma Louis sembrava tutt'altro che spaventato. Le sue labbra continuavano a muoversi, facevano impazzire Harry e spingevano sulle sue, come a chiedere qualcosa di più.
Se la bocca di Louis non fu abbastanza esplicita, ci pensarono le sue mani a dirgli quello che voleva: lasciarono le spalle di Harry e afferrarono i suoi capelli sulla nuca, poi se lo tirarono ancora più addosso.
Harry si sentì prendere da una strana euforia. Louis cercava le sue labbra e le voleva. Lo voleva. Ma da quando? E fino a quando? Non era il momento per quelle domande. Le mani di Louis continuavano a strattonargli i capelli, continuavano a chiedergli quello che Harry voleva dargli. E Harry gliel'avrebbe dato, Harry gli avrebbe dato tutto.
Iniziò a ricambiare le spinte bollenti di Louis con movimenti incerti.
Dapprima le labbra Harry si mossero con ritmo troppo lento per quello di Louis. Allora Louis lo strattonò ancora, impaziente, come a dirgli "più veloce". Poi, però, fu lui stesso a rallentare, ad aspettarlo.
Harry non lo fece attendere troppo. Il sapore sulle labbra di Louis, un delicato assaggio della sua bocca, gli metteva addosso un'energia incredibile e gli dava coraggio di ricambiare il bacio di Louis con un bacio sempre più audace.
Col passare dei secondi Harry prese sicurezza, trovò il modo in cui la sua bocca si incastrava perfettamente con quella di Louis e azzardava movimenti sempre veloci, sempre più decisi, con le labbra sempre più aperte.
A quel punto, fu un bacio.
 
«Harry! Harry, mi stai ascoltando?», la voce di Zayn lo chiamava da qualche posto lontano nella realtà.
«Si, si...», Harry rispose con tono assorto e beato. C'era un bacio in corso nella sua mente.
 
Per quanto si baciarono? Ore? Forse solo qualche minuto. Molti secondi sicuramente. Secondi in cui si studiarono, si conobbero in un modo che ancora gli mancava, un modo che Harry non si sarebbe mai aspettato, ma che adorava. Fu solo un bacio a labbra aperte, leggero, timido ed eccitato, un po' incasinato, un po' impacciato e un po' ubriaco come loro. Fu bellissimo.
In un impeto di intraprendenza le braccia di Harry si erano strette attorno al collo di Louis e se lo erano tirato addosso, così che i loro petti si toccavano. Louis non si era tirato indietro. Ad Harry venne quasi da piangere quando si accorse che il cuore di Louis batteva almeno quanto il suo, contro il suo. Erano cuore contro cuore, bocca contro bocca. E sembrava tutto così giusto. Harry lo sapeva, lo sapeva che non lo era, ma non riusciva a non essere felice, non riusciva a pentirsi di quello che stavano facendo, non ancora.
Ogni volta che la mancanza di ossigeno li costringeva ad allontanarsi Harry aveva paura che fosse l'ultima e che poi non avrebbe più baciato le labbra di Louis. Per questo, prima di ogni respiro, salutava la bocca di Louis e gli diceva addio con le labbra. Non di meno ogni volta che si ricongiungevano Harry era sempre pronto a dirgli "ciao" con la bocca.
Harry era felice. Felice come non mai. In quel momento, addosso a Louis -baciando Louis!- si sentiva perfetto. Tutto quello era perfetto. Era bellissimo. Harry sentiva che sarebbe impazzito dalla gioia da un momento all'altro. La paura era un ricordo lontano soffocato dall'eccitazione e dalla felicità.
A volte le labbra di Louis stringevano il labbro inferiore di Harry e lo succhiavano delicatamente, altre volte gli leccava le labbra con la lingua e ne valicava appena il confine inesistente. Ogni volta che lo faceva Harry era colto da un attacco di vertigini e brividi, a cui seguiva un esplosione di colori nella sua testa, come fuochi d'artificio. Quando le labbra di Louis lo torturavano, Harry sentiva i fuochi colorati crescere con un fischio, poi esplodere e scoppiettare via in mille scintille, quasi come se fossero real-
«Harry!», Louis si staccò dalle sue labbra con uno schiocco sonoro. Harry rimase a bocca aperta, sorpreso da quella brusca interruzione.
Era quella la fine?
 
«Harry! Ma stai dormendo?!»
«No, Zay, sono sveglio...», borbottò Harry. C'erano un po' troppe interruzioni.
«E allora magari apri gli occhi», "Aprire gli occhi...", sì, era andata proprio così.
 
Harry aprì gli occhi e vide Louis. Era bellissimo e sorridente. Alle sue spalle il cielo nero era cosparso di piogge colorate.
«Harry, fuochi d'artificio!», esclamò Louis, raggiante. Allora non se li era solo immaginati...
Louis voltò appena la testa per guardare meglio l'orizzonte. Harry seguì il suo movimento, più attratto dalle sue labbra rosse e gonfie -per merito suo questa volta- che per guardare il cielo.
«E' meraviglioso!», affermò Louis. Le luci si riflettevano nei suoi occhi e li facevano scintillare. Le sue guance erano rosse, come le sue labbra, i capelli in disordine -Harry ricordava di averci infilato le dita in mezzo ad un certo punto- e agitati appena da un vento freddo.
«E' vero...», sussurrò Harry, il cielo non lo guardava neanche.
Louis si voltò di nuovo verso di lui e lo fissò per qualche secondo. Ora che non c'era più nessuna luce ad illuminarli i suoi occhi sembravano improvvisamente più cupi, un po' rassegnati e un po' spaventati. Harry capì che l'esito di quello sguardo avrebbe dichiarato la condanna delle loro azioni. Tremò ancora, questa volta per il terrore.
«Hai freddo?», chiese Louis di punto in bianco.
«Cosa?», Harry si aspettava altro.
«Stai tremando, hai freddo?», domandò ancora Louis.
«No- Cioè si- Non lo so», adesso non doveva arrivare la parte in cui Louis negava ogni cosa e smetteva di rivolgergli la parola? Harry era confuso.
Louis sorrise. Louis sorrise! E poi alzò una mano e la portò alla guancia di Harry. «Aspettiamo la fine dei fuochi e poi andiamo a letto», disse.
Harry gli lanciò uno sguardo disperato, chiedeva spiegazioni o quanto meno un'assoluzione. Doveva sapere se era tutto a posto o se questa pace era solo il preludio di una fine imminente. Louis non gli concedette nulla di tutto ciò, perché gli negò la sua vista e si trascinò sulle ginocchia oltre le spalle di Harry. Una volta lì gli abbracciò la schiena da dietro, e lo avvolse tra le braccia e le gambe.
«Meglio così?». Sì, adesso Harry bruciava. Annuì sospirando. Louis lo strinse più forte.
Fino a qualche ora prima Harry si sarebbe detto che quel comportamento era semplicemente parte del suo modo di essere. Ora, dopo che Louis l'aveva baciato, come doveva interpretarlo? Ci avrebbe pensato domani. Anche a quello.
Harry incastrò la testa nell'incavo del collo di Louis e appoggiò le proprie braccia sulle sue, ricambiando quella specie di abbraccio. Se Louis poteva farlo, poteva anche lui, giusto?
«Buon anno Harry...», disse il maggiore dopo un po'. Harry se n'era quasi dimenticato: era iniziato l'anno nuovo. Eppure a lui sembrava piuttosto che fosse iniziato un mondo nuovo!
«Anche a te...»
Rimasero così per parecchi minuti, a guardare il cielo colorato di luci, abbracciati forse stretti e con il sapore dell'altro sulle labbra. La musica antiquata dal piano di sotto andava ancora e, anche se non l'avevano sentita, aveva fatto colonna sonora al loro primo bacio. Harry pensò che forse avrebbe potuto rivalutarla.
Quando ormai tremavano entrambi e il cielo si era fatto buio... «Andiamo a letto», decise Louis.
Harry rispose con uno sbadiglio e poi lasciò che Louis lo prendesse per una mano e lo sollevasse.
«La tua camera?», domandò Louis.
«Vieni», Harry non lasciò la sua mano, né lo fece Louis. Raggiunsero la camera mano nella mano.
Si misero a letto vestiti e poi dormirono abbracciati fino al mattino. Si staccarono solo per andare in bagno un paio di volte. Tutta colpa dello champagne.
 
«Harry, è da quando siamo tornati che sei strano, si può sapere che ti prende?!», sbottò Zayn.
Harry scosse la testa -per scacciare Zayn o per scacciare i suoi pensieri?- poi: «Niente, non mi prende niente...»
«E dovrei anche crederci? Davvero, è successo di nuovo qualcosa con Tomlinson?», bingo. Le guance di Harry risposero per lui.
«Avete litigato?», insisté Zayn.
«No. Non abbiamo litigato...», sussurrò Harry.
«E allora cos'è successo?»
«In realtà... Niente», non era successo niente.
 
Il 1 Gennaio si svegliarono entrambi con la testa un po' dolente e la mente un po' confusa. Poi ci fu un brevissimo istante in cui si guardarono, appena svegli, e i loro occhi si spalancarono assieme, mentre ricordavano.
E dopo...
Dopo Louis gli aveva detto buon giorno ed erano andati a fare colazione. Come se la sera prima non fosse successo niente.
 
«Sei sicuro Harry?»
«Si, sicurissimo».
«Quindi va tutto bene?», Harry si sentiva quasi in colpa a far preoccupare tanto Zayn...
«Si, va tutto bene» e il problema era proprio quello: le cose andavano bene. E non avrebbero dovuto.
 
Dopo quel fatto -Harry lo chiamava così perché solo pensare la parola "bacio" lo faceva ricadere nei ricordi- dunque dopo quel fatto le cose erano tornate alla normalità assoluta. Louis aveva ripreso a comportarsi come aveva sempre fatto, in modo amichevole e un po' troppo invadente.
Non era successo nulla. Nessuna litigata, nessun pentimento, né tanto meno c'era stata una qualche spiegazione.
Harry a volte si era chiesto se per caso Louis non avesse dimenticato tutto, perché era davvero ammirevole come riuscisse ancora a guardarlo in faccia tranquillamente mentre lui non era in grado di farlo senza arrossire violentemente o senza soffermarsi un po' troppo sulle sue labbra.
Ma Louis ricordava, Harry lo sapeva, Louis ricordava ogni cosa. Si capiva dal modo in cui, quando lo abbracciava, lo faceva con un po' più attenzione di prima o da come, quando lo guardava, evitava accuratamente di soffermarsi sulla bocca di Harry. Era piccole cose, differenze quasi impercettibili, ma non per Harry. Osservare Louis era diventata la sua occupazione principale, certe cose non potevano sfuggirgli...
Dunque Louis ricordava, ma aveva completamente evitato di parlare dell'accaduto.
 
Come da programma Harry e Louis avevano lasciato villa Styles il 2 Gennaio ed erano tornati alla vita serena e rumorosa di casa Tomlinson. La famiglia Tomlinson li aveva riaccolti tanto caldamente quanto gli Styles li avevano lasciati andare freddamente.
Una volta a Doncaster Harry e Louis avevano passato i restanti giorni sempre in compagnia delle sorelle Tomlinson o degli altri ragazzi. Se per caso quella fosse stata una tattica di Louis per non rimanere solo col Harry, allora aveva funzionato... Il giorno prima di partire Louis si era assentato alcune ore per stare con Dan. Probabilmente avevano finito quel discorso lasciato in sospeso qualche giorno prima e forse Louis aveva aggiunto anche qualche novità, ma Harry non poteva saperlo. Fatto sta che alla loro partenza Dan salutò Harry con un abbraccio strettissimo e gli sussurrò «Buona fortuna» nell'orecchio. Fortuna per cosa Harry non lo sapeva, ma sentì che ne aveva bisogno.
 
Il 5 Gennaio erano tornati ad Hogwarts. Ed Harry ancora non aveva avuto una benché minima spiegazione per quello che era successo. Louis era imperturbabile nel suo fingere che non fosse mai accaduto nulla.
Da parte di Harry il fatto era facilmente spiegabile: era dalla festa di Natale che voleva baciare Louis e, per quanto malsano, era piuttosto normale dal momento che ad Harry Louis piaceva. Già, gli piaceva, ormai era innegabile e se prima aveva ancora qualche dubbio riguardo i propri sentimenti adesso era sparito. Harry dovette ammettere tra sé che Niall Horan aveva davvero ragione, ci voleva un bacio per capire.
Ma Louis, Louis cosa aveva capito quella notte? E che ragione aveva lui per baciarlo? Louis era etero, fidanzato e, sue testuali parole, a lui non piacevano i maschi. Eppure l'aveva baciato. E prima ancora aveva baciato Andrew. Erano solo coincidenze e voglie dettate dall'alcol? Una volta poteva starci, ma due...
Anche ammettendo che forse, e neanche tanto forse, a Louis potessero piacere un po' i ragazzi e non volesse accettarlo, anche in questo caso, che ruolo aveva Harry in tutto ciò? Perché Louis aveva baciato lui? Era stato solo un caso, Harry era l'ennesimo esperimento della sua sessualità confusa o forse Louis aveva approfittato dei suoi lampanti sentimenti?
E infine, se Louis non era disposto ad accettare questa cosa ma la ricordava perfettamente, perché erano ancora amici? Perché non aveva ripudiato Harry come aveva fatto con Andy? Non che Harry non fosse felice di avere ancora l'amicizia di Louis! Era solo che... Quella situazione era difficile e non sapeva quanto avrebbe resistito con tutte quelle domande che gli facevano scoppiare la testa.
Erano giorni che Harry andava avanti a congetture e ed era sempre più confuso. Aveva questo ricordo bellissimo, che però era anche una tortura, perché non sapeva spiegarlo né riusciva a sbarazzarsene. Louis invece sembrava averlo eliminato del tutto senza difficoltà e senza rimorso, come se assieme ai postumi della sbornia se ne fosse andato anche il bacio. Harry avrebbe voluto essere in grado di fare lo stesso, ma non ci riusciva. E nel profondo sapeva che se non ci riusciva era perché non lo voleva veramente.
Per Harry quel bacio era stato... era importante. Non voleva sbarazzarsene. E sapere che Louis c'era riuscito tanto facilmente gli faceva capire quanto per lui, al contrario, avesse significato poco.
Dunque andava tutto bene. Bene come era sempre andato. Ed era insopportabile.
 
«Terra chiama Harry! Harry, ti sei di nuovo imbambolato!»
«Oh, scusa...»
«Tanto ormai... Stavo dicendo, meglio quello azzurro o quello verde?», Zayn alzò due pullover identici ad eccezione del colore.
«Quello azzurro. Decisamente quello azzurro», fece Harry.
Zayn sorrise, «Bene».
«Un ultima cosa...», fece Zayn dopo aver indossato il pullover, «Come ben sai, il 12 è il mio compleanno e pensavo di organizzare qualcosa...»
Harry parve svegliarsi improvvisamente «Una festa?»
«E' quello che si fa di solito».
«Zayn, mi stai invitando ad un'altra festa e credi anche che accetterò di venire dopo che a Natale mi hai scaricato?!»
«Ma c'era Perrie!», sembrava una scusa molto valida per Zayn. Non altrettanto per Harry.
«Zayn, te lo dico ora e non cambierò idea: con le feste ho chiuso. Non vengo».
«Ma è il mio compleanno!»
«Ti farò tanti auguri», disse Harry con un sorrisetto.
Zayn lo fissò ad occhi stretti e «Ti convincerò, troverò il modo ma lo farò!».
«Provaci pure... Ora, però, credo che dovresti sbrigarti, il tuo appuntamento non dovrebbe essere tipo... adesso?».
Zayn scappò via, Harry ritornò ai suoi pensieri.
 
 
 
 
Era la mattina del 7 Gennaio, era un mercoledì e Harry si stava dirigendo nei sotterranei per la lezione di Pozioni, o meglio, stava fuggendo da Zayn e dal suo infinito racconto sull'appuntamento della sera prima. Come se ad Harry potesse interessare quanto Perrie fosse meravigliosa!
Arrivato nell'aula si ricordò che c'era un problema ben maggiore di Zayn ad attenderlo lì: Niall Horan, anche conosciuto come la persona che l'aveva sentimentalmente incasinato. O aiutato, ma quello era un altro punto di vista.
Volendo Harry era ancora in tempo per saltare la lezione e fingersi gravemente mal- «Harry!», no, okay, non era più in tempo.
«Niall...», a mala voglia Harry si incamminò dentro la classe e si diresse al suo posto vicino al biondo. Dannato quel giorno al primo anno in cui si era seduto accanto a lui credendo che fosse un ragazzo timido e tranquillo.
Si sedette e lanciando uno sguardo veloce al biondo ebbe l'impressione che stesse sorridendo in modo piuttosto inquietante.
«Allora Harry», fece, «come sono andate le vacanze?». No, non se l'era immaginato il ghigno sul suo viso. Ma forse era solo l'immaginazione di Harry che gli faceva cogliere tutte le possibili allusioni di quella frase...
Harry arrossì vistosamente, neanche l'altro potesse vedere i suoi pensieri.
«Bene...», borbottò.
«E le cose che ti ho detto ti sono state utili?», domandò Niall. Harry sussultò sulla sedia e se possibile arrossì ancora di più. Lo sapeva che quel ghigno non prometteva nulla di buono.
«Q-quali cose?», finse -male- Harry.
Niall alzò un sopracciglio, «Lo sai quali».
Ci fu un lungo «Ehm» e poi, Harry non seppe bene perché, ma rispose: «Forse». Niall spalancò gli occhi sorpreso.
«Forse cosa?!»
Harry dondolò sulla sedia agitato... «Forse... Forse mi sono state utili», sussurrò infine. Si stupì di se stesso. Aveva praticamente detto a Niall Horan -Niall Horan!- che...
«Quindi ti piace L-uhhh!», Harry gli tappò la bocca con le mani prima che potesse terminare la frase.
«Non urlare!»
Niall alzò le mani in alto in segno di pace. Harry lasciò con cautela la presa.
«Ti...», Niall sussurrò, «Ti piace Louis?!».
Harry raggiunse sfumature di rosso nuove anche per le sue guance.
Non avrebbe dovuto rispondere a Niall. Quel ragazzo sembrava un idiota, ma capiva sempre tutto, troppo. E Harry non sapeva se poteva fidarsi di lui. Non aveva raccontato a nessuno di quella cosa, neppure a Zayn che era quanto più simile ad un migliore amico avesse...
«Harry, puoi fidarti di me. Non lo dirò a nessuno», ecco appunto, quell'irlandese era troppo sveglio.
Harry si guardò un attimo attorno. Del professore nessuna traccia e gli altri studenti non prestavano loro alcuna attenzione. Solo a quel punto si permise, debolmente, di annuire.
Sul volto di Niall si dipinse un sorriso tanto grande che sembrava far male ed Harry temette seriamente che Niall stesse per alzarsi e mettersi a ballare. Aveva gli occhi che brillavano!
«Harry ma è meraviglioso!», esclamò applaudendo. Harry iniziò subito a pentirsi. «Lo sapevo che c'era qualcosa sotto! Sappi che io e Sarah siamo i vostri più grandi fan!» "Fan?!"
«Ma dimmi», continuò il biondo nel pieno della sua esaltazione, «Cos'è successo esattamente?!», chiese venendogli più vicino. Sì, i suoi occhi luccicavano proprio.
Harry abbassò la testa e si fissò le punte dei piedi: «Niente... Niente di ché...», bacio a parte. «Ho solo... dato i nomi ad alcune cose che avevo già dentro... Non so se ha senso...», sussurrò.
«Certo che ha senso», confermò Niall sorridendogli gentilmente. «E Louis?»
Harry sussultò di nuovo, poi sospirò: «Louis non centra niente con questa cosa. Sono io quello che-»
«Fermo!», Horan lo interruppe, «Vuoi dirmi che Louis non prova niente per te?!», il suo tono era davvero scandalizzato.
«Louis è... Louis non è come me. Lui ha la ragazza, gli piacciono le ragazze ed è etero...», o quasi.
Niall Horan si mise a ridere. «Louis Tomlinson etereo?! Questa è bella!», Harry gli lanciò un occhiata interrogativa.
«Harry, è impossibile che lo sia! Come è impossibile che tu non gli piaccia», affermò convinto.
«Ti sbagli, Louis sta con Eleanor e non ha mai dimostrato di provare qualcosa per-», beh, in realtà qualcosa per dimostrarlo l'ha fatto.
Niall sembrò soddisfatto da quella interruzione. «Ne sei proprio sicuro?»
Harry abbassò lo sguardo imbarazzato...
«Io non piaccio a Louis. Non nel modo in cui lui piace a me», ribadì Harry, «Ma, va bene così...»
«No che non va bene Harry! Senti, io sono convinto che ci sia qualcosa di più. Sono mesi che vi osservo», "Cosa?!", «e ti assicuro che il modo in cui Louis ti guarda va ben oltre quello di un amico», sì, questa cosa Harry l'aveva già sentita un po' di volte, ma non aveva mai portato a nulla.
«Anche se fosse questo non cambia il fatto che Louis stia con Eleanor e che ufficialmente siamo e saremo sempre solo buoni amici», Harry lo disse con rabbia e rassegnazione allo stesso tempo.
«Ma è a questo punto che entri in scena tu!»
«Io?»
«Si! Harry, tu devi fare qualcosa!»
«Non ti seguo...»
«Se Louis non vuole fare un passo avanti, o se non vuole ammettere che vuole farlo e quindi non lo fa, ecco, fallo tu!»
«Mi stai dicendo...»
«Lotta Harry!», esclamò Niall stringendo i pugni.
Ci fu qualche secondo di silenzio. Poi: «No. No, non se ne parla».
«E invece si che-»
«Buon giorno ragazzi!», la voce dell'insegnate troncò la conversazione con grande sollievo di Harry.
Niall gli fece cenno col dito che avrebbero continuato più tardi. Se poi alla fine della lezione Harry corse via, non fu assolutamente per scappare dal biondo e dalle sue parole.
 
Certe cose Harry non voleva sentirle. Non voleva lottare, perché avrebbe perso. Non voleva credere ad una speranza debole, perché sarebbe stata solo un'illusione. Non voleva rischiare di perdere Louis, perché senza di lui ormai non ci sapeva più stare. E piuttosto avrebbe lasciato le cose come stavano.
 
 
 
Quello stesso 7 Gennaio, finite le lezioni, Harry era andato in biblioteca e stava aspettando l'arrivo di Louis nel solito tavolo un po' in disparte rispetto agli altri. Ufficialmente avrebbero dovuto fare ricerche sulla loro maledizione, ma in pratica avevano smesso di farle da mesi e si limitavano sempre solo a studiare assieme o a chiacchierare. Diciamo che per quanto riguardava la storia dello scambio erano ad un punto molto morto, ma ad Harry non importava nemmeno più di tanto ormai. Più scuse aveva per stare con Louis e meglio stava.
Harry stava ancora pensando alle cose che gli aveva detto Niall -dannato irlandese!- quando Louis varcò la porta della biblioteca. La sua immagina scacciò per qualche istante ogni pensiero, lasciando Harry solo con una manciata di farfalle svolazzanti nello stomaco.
Harry ultimamente guardava Louis solo da lontano, per timore di essere scoperto e poi frainteso. Ma gli mancavano le forme di Louis, gli mancava perdersi dei suoi occhi, gli mancavano le sue labbr- No, le sue labbra doveva lasciarle stare. Non era il caso di ricaderci.
«Hey Harry!», Louis lo salutò mentre gli si sedeva accanto.
Harry alzò una mano in saluto, mentre riabbassava la testa sul libro.
«Cosa stai facendo?», chiese Louis piegandosi verso di lui. Il suo profumo adesso era così vicino...
«Saggio. Un saggio per Incantesimi», rispose meccanicamente Harry. Sentì Louis ridere piano vicino a lui.
«Io non ho niente da fare per domani», annunciò il maggiore.
Harry sbuffò: «Com'è possibile che tu che stai al settimo hai sempre meno cose da fare di me?».
Louis rise, sempre un po' troppo vicino, poi: «Non saperei proprio. Ma consolati, un giorno anche tu crescerai e potrai battere la fiacca».
«Io fossi in te mi metterei avanti», precisò Harry, continuando a sottolineare il suo manuale con la matita.
«Ma questo è perché tu sei troppo bravo», disse Louis giusto un attimo prima di iniziare a punzecchiargli la guancia con un dito.
Harry dovette prendere un respiro profondo. Invidiava davvero la tranquillità di Louis. Come faceva a comportarsi con tanta nonchalance dopo quello che era successo?!
«Piantala Lou», Harry scacciò la sua mano con uno schiaffetto. Solo che qualcosa andò storto e anziché allontanare le dita di Louis se le ritrovò in bocca. Cioè, sulle labbra. E quella era zona off-limit per gli occhi, figuriamoci per le altre parte del corpo...
Rimasero entrambi immobili, come paralizzati. Harry non era nemmeno certo di stare respirando. Aspettava che Louis facesse qualcosa, scappasse via, ma la sua mano testava dov'era e i suoi occhi fissavano quella scena incantati.
Harry non lo fece apposta, davvero, fu uno spasmo involontario, ma ad un certo punto le sue labbra si schiusero da sole. Louis sussultò, Harry sentì la sua mano tremare sulla sua bocca, ma non si stava allontanando, anzi. Ben presto il tremore delle dita di Louis si trasformò in qualcos'altro, una sorta di carezza debole, un tastare quasi casuale, ma decisamente non casuale.
Harry spalancò gli occhi. Louis gli stava... accarezzando le labbra con le dita? In mezzo alla biblioteca?!
Harry cercò nell'azzurrò degli occhi di Louis una spiegazione, ma lo trovò troppo occupato ad ammirare la propria mano sulla sua bocca. Fu vedendo quell'espressione che ad Harry venne l'idea. Solo a pensarla lo colsero i brividi allo stomaco e quelli aumentarono col sopraggiungere della consapevolezza che chiunque passando poteva vederli. Ma lo fece.
Sorprendendo Louis Harry schiuse ancora un poco le labbra e prima che l'altro avesse il tempo di capire cosa stesse succedendo, Harry stava già baciando le sue dita.
Ad ogni piccolo bacio che lasciava sulle punte delle dita Louis spalancava un po' di più le palpebre. Questa volta toccò al maggiore cercare lo sguardo di Harry senza trovarlo, Harry era troppo imbarazzato per alzare gli occhi.
Malgrado l'imbarazzo di uno e lo stupore dell'altro, entrambi continuarono a fare quello che stavano facendo imperterriti, incuranti del luogo in cui si trovavano, incuranti del senso di quello che stavano facendo e incuranti del perché lo stessero facendo.
Quando le dita di Louis presero a spingere un po' più forte sulla sua bocca Harry capì immediatamente cosa volessero, forse lo capì ancor prima dello stesso Louis, e senza perdere tempo aprì le labbra e accolse dentro le prime falangi. Prima le succhiò piano, pronto al momento in cui Louis le avrebbe ritratte spaventato, e quando fu sicuro che sarebbero rimaste dov'erano prese a succhiarle un po' più forte e iniziò ad accarezzarle con la lingua, poi a giocare con esse.
Harry aveva le guance che andavano a fuoco, quella era forse la cosa più imbarazzante ed eccitante che avesse mai fatto in vita sua: stava succhiando le dita di un altro ragazzo nel bel mezzo di una biblioteca. E la cosa gli piaceva da morire. Gli piaceva sentire Louis tremare dentro la sua bocca, gli piaceva sentirlo respirare velocemente vicino a lui, gli piaceva sapere che anche a Louis tutto ciò piaceva, per qualche motivo a lui sconosciuto.
«Harry...», il suo nome uscendo dalle labbra di Louis suonò tanto come un gemito. Harry alzò gli occhi e il suo cuore perse qualche battito nel vedere quanto erano rosse le guance di Louis.
Finalmente i loro occhi si incontrano, eccitati e colpevoli, e restarono a guardarsi qualche secondo, le dita di Louis ancora dentro alla bocca di Harry. Poi gli occhi di Louis si chiusero per qualche istante e quando si riaprirono erano colmi di terrore. Harry liberò le dita di Louis dalle sue labbra un attimo prima che queste venissero strappate via con un brusco movimento del loro proprietario.
«Ha-... Scusa...», sussurrò Louis.
Harry scosse la testa: «No... No... Scusa io... Adesso dovrei, ehm, finisco il saggio...», così dicendo immerse nuovamente la testa nel suo libro, nascondendo in esso il suo volto e il suo imbarazzo.
Contro le aspettative di Harry Louis rimase dov'era, si inventò un qualche compito da fare e si mise anche lui a studiare a testa bassa. Sapere che non era scappato via era confortante.
Qualche mezz'ora dopo, Liam Payne li trovò così: entrambi imbambolati sopra un libro di cui non avevano letto una pagina e con le guance ancora velate di rosso. Louis non poté fare a mano di nascondere le dita quando lo sentì arrivare, come se su di essere ci fossero ancora le prove dei baci che Harry gli aveva lasciato.
Harry non poté fare a meno di chiedersi se, secondo Niall Horan, quello che aveva appena fatto valesse come lottare...
 
 
 
 
Il pomeriggio dell'8 Gennaio Harry era nuovamente sdraiato sul letto di Zayn e Zayn era nuovamente alle prese con una scelta difficile riguardo l'abbigliamento. L'unica differenza era che quella volta la mente di Harry non era solo distratta, ma era proprio da un'altra parte, molti metri più su nella torre dei Grifondoro.
Dunque ora toccava a Louis assistere Zayn e se la stava cavando decisamente meglio della sua controparte. D'altronde, qualunque cosa non lo facesse pensare era un'occupazione molto buono.
«Non osare mettere quella cosa! E' color... Senape!», quella parola uscì dalle labbra di Harry come se fosse qualcosa abominevole.
«Scusa, scusa...», sghignazzò Zayn riponendo a posto il suo cardigan giallo. «Che ne dici di...», afferrò il maglioncino rosso e lo alzò in bella vista, «...Questo?»
«Non male! Ma... No, troppo rosso per un Serpeverde, lascia stare».
Zayn annuì e riprese la ricerca.
Intanto: «Harry, stavo pensando...», iniziò, «riguardo quella storia che tra poco è il mio compleanno e volevo organizzare qualc-»
«Se mi stai chiedendo indirettamente di prepararti una festa a sorpresa, la risposta è: scordatelo!», rispose Louis per tempo, certo che Harry avrebbe approvato quella posizione. Zayn rise.
«No, no, niente del genere. Una festa organizzata da te sarebbe...», si prese qualche secondo per pensare l'aggettivo giusto, «...terribile. Terribile senza dubbio».
Louis si dovette trattenere dal ridere. O dal dargli pienamente ragione. Finse un'espressione infastidita in pieno stile di Harry.
«E allora cosa vuoi?»
«Chiederti se ci sarai?», fece Zayn, incerto.
Louis ricordava molto bene l'ultima volta che aveva accettato di andare ad una festa al posto di Harry. Non era andata bene. Però era stato molto tempo prima e quello che glielo stava chiedendo adesso era Zayn, che per quanto ne sapeva era l'amico numero uno di Harry -dopo di lui ovviamente-, quindi...
«Direi, sì, certo...»
Sul viso di Zayn si dipinse un'espressione entusiasta, poi un po' confusa. Strano.
«E' stato... facile. Più del previsto», osservò Zayn con un sorrisetto mezzo divertito mezzo pensieroso, «Dovresti essere così più spesso, Harry», il modo in cui aveva pronunciato quella frase aveva un che di inquietante.
Louis non disse niente, nel dubbio quando era Harry era sempre meglio tacere.
Zayn afferrò due pullover e li mostrò all'amico.
«Meglio quello azzurro o quello verde?», chiese Zayn.
Louis li guardò qualche secondo, poi con la voce profonda di Harry rispose: «Quello verde. Decisamente quello verde».
Zayn sorrise, «Bene. Molto bene».
Qualche minuto dopo Zayn se ne andò al suo appuntamento con Perrie e Louis raggiunse la sua metà corporea .
Zayn uscì soddisfatto, aveva finalmente ottenuto quello che voleva da un po'.
Louis uscì con uno strano senso di disagio addosso, qualcosa che andava oltre quella sensazione di colpevolezza con la quale viveva da un po', come se fosse successo qualcosa, qualcos'altro, che non doveva succedere e che non riusciva a capire. Nel dubbio, diede la colpa agli specchi: erano decisamente troppi nella camera di Zayn e in quelle giornate Louis aveva qualche problemino con il proprio riflesso. Non era affatto semplice comportarsi come se nulla fosse quando lo eccitava la propria stessa immagine. La bocca di Harry infieriva dentro ad ogni specchio. Come se Louis non la vedesse già abbastanza nella sua testa ogni volta che chiudeva gli occhi...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Adesso che ho la vostra attenzione vi dispiacerebbe spiegarmi com'è possibile che tu», e indicò Louis, «sia Harry», poi indicò il corpo di Harry, «e che tu sia Louis?»."
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino dell'autrice:
 
Saaalve. Eccoci qui con il trentesimo capitolo. Trenta! Mi sembra davvero incredibile essere arrivata fino a questo punto... Ma conto di andare oltre e portavi ancora con me! Spero siate state bene fino ad ora.
 
Dunque, il capitolo. Non lo so, ditemelo voi. In pratica non succede nulla, niente che già non si sapesse. C'è tutta la scena del bacio e relative riflessioni e conseguenze. Vi aspettavate che sarebbe andata così? Un po' sì, dai. Louis, come al solito, fa il codardo, lancia il sasso e nasconde la mano ed Harry fa finta di non vederla, perché gli vuole troppo bene. Però tutta la situazione lo tormenta.
Torna Niall, che shippa Larry più di noi e dopo c'è quella scena della biblioteca che non so da dove mi sia uscita, è nata per caso una mattina e mi piaceva.
Nella scena finale c'è uno sprazzo del punto di vista di Louis, poco approfondito, perché voglio che lo capiate attraverso Harry, con i suoi tempi, ma intanto quello c'è. E poi ci sono le anticipazioni...
 
A questo punto devo dirvi una cosa, che non centra con la storia, cioè sì, cioè- Allora, io il 5 Luglio parto e me ne vado un mese in Inghilterra. Il che significherà... niente computer per 28 giorni. MA! Non vi lascio così, davvero! Mi sto organizzando e in questi giorni che ho intenzione di scrivere il più possibile. Poi lascerò i capitoli ad una mia mica e li posterà lei per me. Se sono brava, e devo esserlo, voglio aggiornare ancora una o due volte prima di partire e preparare tre capitoli per Luglio. Quindi... Fate il tifo per me! Le mie dita si sono date alla maratona sulla tastiera!
 
A questo punto vi saluto, ringrazio tutti e vi prego di farmi sapere cosa pensate del capitolo e della storia. Ricevere le vostre opinione è una delle parti più belle dello scrivere.
 
Un abbraccio,
Costanza.
 
 
P.s.: Come sempre scusate gli errori, un giorno assumerò una beta, ve lo prometto!
 
P.p.s.: Un'ultima cosa. E se modificassi un po' l'introduzione della storia? Ci sono affezionata a quella, ma non sono certa che renda appieno o sufficientemente l'idea generale. Che dite?

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Capitolo 31
*** Quando un segreto viene a galla... ***


Breve nota: ci ho messo troppo, scusatemi, scusatemi tantissimo. Sappiate che vi penso sempre, a voi e alla storia, quindi non vi lascio. E so che non ho nemmeno risposto alle recensioni, è imperdonabile, ma lo farò al più presto, perché ve lo devo e perché amo ogni parola che mi dedicate. Grazie per aspettarmi. Spero il capitolo vi piaccia.
 
 
 
 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 




 
 
Quando un segreto viene a galla... (o tra l'inizio e la fine sta l'inizio della fine)
 
Nella notte tra il 7 e l'8 Gennaio Harry dormì poco e male, perché a volte le preoccupazioni sono più forti del sonno e un pensiero molesto e un rimorso fastidioso sanno affannare una mente ben più della stanchezza.
Non riusciva a smettere di pensare a quello che aveva fatto in biblioteca e non riusciva a capire dove avesse trovato il coraggio per farlo. Ma ciò che più lo sconcertava era stata la reazione di Louis.
Sembrava che a Louis fosse piaciuto quello che Harry gli aveva fatto, e la cosa in realtà non stupiva Harry più di tanto ormai, infondo si erano baciati e Louis non si era mostrato particolarmente infastidito. Il problema era che dopo quella cosa in biblioteca Louis aveva continuato a comportarsi come se nulla fosse mai successo, come se farsi succhiare le dita da Harry fosse una cosa talmente normale da non dover essere nemmeno commentata.
Harry in parte si era sentito sollevato per come era finita. In parte ci era rimasto male.
Quella notte gli venne in mente che forse quello che aveva fatto era stato un tentativo del suo inconscio per provocare in Louis una reazione, una qualsiasi, buona o cattiva. Perché aveva bisogno di una reazione, di una spiegazione a quello che stava succedendo. Perché lui non ce la faceva più a fare finta di niente.
Il suo inconscio aveva fallito.
 
Quando dopo una notte tormentata arrivò il mattino, Harry aveva dormito solo poche ore e quando poi guardò la propria immagine nello specchio, scoprì che quello, beffardo, rifletteva l'immagine di Louis...
 
 
 
 
 
La sera dell'8 Gennaio, Harry e Louis, l'uno nel corpo dell'altro, erano nella sala comune di Serpeverde a finire gli ultimi compiti.
Quel giorno erano stati entrambi troppo occupati per poter parlare davvero, o a anche solo per guardarsi negli occhi, ed Harry accettava quella situazione a testa bassa, fingendo -male- che tutto ciò andasse bene.
In quel momento qualcuno entrò nella stanza...
«Ecco dove vi eravate cacciati! Vi stavo cercando da ore!», esclamò Zayn venendo in contro ai due e sedendosi di fronte a loro.
«Ciao Zayn», salutò Louis con la voce Harry.
«Ciao Louis».
I due ragazzi tornarono sui libri e solo dopo qualche secondo di troppo, quasi nello stesso momento, realizzarono cosa effettivamente Zayn avesse detto e rialzarono insieme le teste. Negli occhi avevano la stessa espressione spaventata.
Prima che uno di loro potesse dire qualcosa, sul viso di Zayn si dipinse un sorrisetto soddisfatto che venne poi cancellato via l'attimo successivo quando iniziò a parlare:«Adesso che ho la vostra attenzione vi dispiacerebbe spiegarmi com'è possibile che tu», e indicò Louis, «sia Harry», poi indicò il corpo di Harry, «e che tu sia Louis?».
Cadde il silenzio. Quello era... inaspettato. E indesiderato.
«D-di cosa stai parlando?», sussurrò la voce strozzata di Louis, il tentativo di Harry però non risultò molto credibile.
«Harry, per favore, evitiamo tutta la parte in cui negate la cosa. Lo so che tu non sei Louis. Voglio solo capire come sia possibile e magari da quanto va avanti questa cosa», disse Zayn, con estrema calma.
Le loro mani si cercarono involontariamente sotto il tavolino e si aggrapparono l'una all'altra con disperazione. Com'era successo? Com'era possibile che Zayn sapesse il loro segreto? Lui non poteva... Erano stati attenti... Abbastanza attenti. Non abbastanza?
«Guarda Zayn che stai dicendo delle cose assurde, devi davvero aver frainteso qualcosa s-»
«Tomlinson, non prenderti gioco di me e non farlo in quel modo quando sei Harry, è poco credibile», le guance di Harry si colorarono appena della rabbia di Louis.
«Allora, chi di voi due mi vuole dare una spiegazione?», insisté Zayn.
Harry cercò il proprio vecchio sguardo, come a chiedergli, "Glielo dico o non glielo dico?" Louis contraccambiò quello sguardo per molti secondi, per la prima volta quel giorno e da molti giorni, infine annuì e strinse la sua mano ancora più forte.
Harry riempì i polmoni di Louis con quanto più ossigeno potessero tenere, poi: «Come... Come lo hai scoperto?», chiese.
Zayn sorrise soddisfatto, quella era un'ammissione in piena regola. «Quindi è vero?»
La testa di Louis si sollevò qualche volta in un muto assenso.
«Lo sapevo!», esclamò il moro.
«Allora Malik, vuoi dirci come l'hai capito?», intervenne la voce di Harry, senza nemmeno provare a nascondere il tono strafottente di Louis.
«Si, sei decisamente Tomlinson tu...», sussurrò Zayn divertito, «Comunque dopo voglio anche la vostra di spiegazione. Mi sembra il minimo», disse lanciando un occhiata verso Louis, quello che per qualche ragione a lui sconosciuta era Harry, il quale abbassò lo sguardo colpevole.
«Va bene...», acconsentì allora la voce di Louis in soffio.
«Dunque, fin da quando vi ho conosciuti ho capito che c'era qualcosa di strano fra di voi», iniziò Zayn, «E non parlo della vostra amicizia un po' troppo intima», quell'affermazione fece sbiancare entrambi, «Mi riferisco a varie cose che per mesi non sono riuscito a spiegare. Per esempio il fatto che Harry fosse terribilmente lunatico. La maggior parte delle volte era schivo e silenzioso, altre invece era sorprendentemente loquace, ma piuttosto suscettibile. Solo quando ho iniziato a frequentare Tomlinson il pomeriggio, visto che era l'unico modo per vedere Harry, mi sono reso conto che i comportamenti che Harry assumeva a volte erano gli stessi di Louis. Poi ho notato che negli stessi giorni in cui tu, Harry, ti comportavi come lui, lui si comportava come te. Ed era strano. Ultimamente la cosa era ancora più facile da notare, visto che Tomlinson ti tocca sempre e a volte invece eri tu a prendere l'iniziativa e lo toccavi mentre lui ti scacciava», i loro volti arrossirono all'unisono.
«Comunque», continuò Zayn, «Mi spiegavo queste cose con il fatto che aveste molta influenza l'uno sull'altro, cosa per altro vera, e prima di Novembre non mi era mai nemmeno passata per la testa l'idea che foste l'uno al posto dell'altro. Dio, che cosa assurda!»
«Perché Novembre?», chiese Louis.
«Perché è quando avete iniziato a litigare», spiegò Zayn. «Vi ricordate quando tu, Louis, hai tirato uno schiaffo memorabile ad Harry davanti a tutta la scuola?».
Eccome se lo ricordavano... Annuirono entrambi, pur sapendo, e forse anche Zayn lo sapeva, che le cose non erano andate proprio così...
«Non era stato Louis a colpirti, vero Harry? Eri tu quel giorno?», chiese Zayn. Harry spalancò appena gli occhi azzurri, anche se ormai si aspettava che l'altro avesse capito.
«Si... Ma com-?»
Zayn sorrise. «Quella volta Harry era seduto accanto a me e quando Louis se ne è andato ha sussurrato "Harry" anziché "Louis". Ammetto che all'inizio non ci ho nemmeno fatto caso, tanto quella scena mi aveva lasciato basito. Poi mi è tornato in mente ed ho pensato che fosse una cosa molto strana. Ho continuato a pensarci, anche perché nei giorni successivi eri tu, Harry, quello incazzato con Louis e Louis era quello che sembrava pregare per un altro schiaffo in faccia», disse, «E un giorno, quasi per scherzo, ho pensato "E' come se si fossero scambiati di corpo!". Solo che poi questo pensiero continuava a tornarmi in mente e mi sono reso conto che avrebbe spiegato ogni cosa: tutte le contraddizioni, gli sbalzi di umore, i fraintendimenti. All'inizio in realtà pensavo che fosse solo un'idiozia, poi ho continuato ad osservarvi e... Sembrava avere davvero senso, per quanto assurdo. Ci ho pensato durante tutte le vacanze e ho deciso che una volta tornato ad Hogwarts avrei cercato di capire se questa cosa fosse vera o fosse solo il frutto della mia immaginazione. Allora vi ho messo alla prova»
«Cos'hai fatto?!», esclamò la voce di Louis, esprimendo l'indignazione di Harry.
«Scusa Haz, ma dovevo sapere».
«Immagino che tu abbia ottenuto quello che volevi...», disse Louis.
«In effetti sì ed è stato anche piuttosto facile», ammise Zayn.
«Come hai fatto?», chiese Harry.
«Ecco... Niente di particolare, vi ho chiesto varie cose, prima ad Harry, poi a quello che secondo me era Louis al posto di Harry, e vedevo se vi contraddicevate», spiegò il moro.
«E...?»
«E praticamente non c'era una volta che dicevate la stessa cosa. Ma la conferma definitiva l'ho avuta oggi»
«Oggi?», domandò la vocetta squillante di Louis.
«Si, Harry. Ti ricordi che qualche giorno fa hai negato categoricamente che saresti venuto alla mia festa? Bene, oggi hai accettato senza fare storie!», annunciò.
L'istante successivo Louis stava gridando «Brutto- Mi hai imbrogliato!», ed Harry con la voce dell'altro diceva «Louis, cos'hai combinato?!» e Zayn rideva.
«Harry, sappi che la tua risposta positiva è stata molto apprezzata e sei già stato inserito nella lista», annunciò Zayn, giusto per infierire un po', «E, ah, Tomlinson, sei invitato anche tu».
«Brutto-»
«Zayn, non vale! Adesso che lo sai-», tentò Harry.
«No, no, hai dato la tua parola», Zayn aveva l'aria di chi si stesse divertendo un mondo.
Harry gli lanciò un'occhiata di un azzurro fulminante, poi il suo sguardo si spostò sul proprio vecchio corpo.
«Louis! Possibile che non hai imparato nulla?!», esclamò con la vocetta del maggiore.
«Guarda che non è colpa mia! E' lui che mi ha fregato!», si difese alzando in alto le mani di Harry.
«A me pareva che l'avessimo già fatto il discorso sul cosa devi o non devi accettare. E le feste, insieme a... qualsiasi altra cosa, non rientrano nella prima categoria!», Zayn non riusciva a capire se il tono di Harry fosse incazzato o stesse solo scherzando. Lui non poteva vedere le loro mani ancora strette sotto il tavolino.
«Ma Harry, è Zayn! Credevo che lui andasse bene...», il suddetto sembrò apprezzare la giustificazione, visto il sorriso che gli spuntò in faccia.
«Col cavolo...», borbottò Harry con la vocetta di Louis.
«Ragazzi», intervenne il moro, «voi non sapete quanto sia strana questa cosa da vedere».
«Fidati, lo sappiamo fin troppo bene...», disse Louis seccato.
«Ma quindi... Quindi siete veramente uno al posto del altro?»
«Fondamentalmente, sì», rispose Harry.
«Incredibile... Mi spiegate come diavolo è possibile?».
Harry e Louis si scambiarono un'altra occhiata, poi Harry raccontò tutta la storia dall'inizio.
 
«Mi state dicendo che... Non sapete perché sia successo tutto questo?!», chiese Zayn stupefatto.
«Già... Sono mesi che facciamo ricerche su ricerche ma non abbiamo trovato nulla che ricordi nemmeno vagamente quello che ci sta succedendo», disse Louis con la voce profonda di Harry.
«Scusate, ma perché non l'avete detto a nessuno?!»
Con quella domanda cadde il silenzio. La verità era che non c'era una risposta a quella domanda.
«Ecco...», tentò Harry, «All'inizio non volevamo... avere problemi. Volevamo cavarcela da soli, vedere se riuscivamo a risolvere il problema, aspettare che magari passasse da solo».
«Okay, ma adesso?», insisté Zayn.
«Senti Malik, per noi... non è un gran problema», Louis pronunciò quelle parole guardando attentamente il suo volto, per sapere se Harry era d'accordo con quello che diceva. Il sorriso che vi comparve era una risposta più che positiva.
«Non è...», fece Zayn, «O mio Dio! Vi piace... Questa cosa... Vi piace?!»
«Non è che...», intervenne Harry, la voce di Louis più tremolante del solito, «Non è che "ci piace", è solo che ormai ci siamo abituati e... non ci da più fastidio».
Zayn li guardava basito.
«Vi rendete conto che potreste portavi dietro questa cosa per sempre?!»
«Magari... Magari se ne andrà via da sola...», tentò Harry, ma non ci credeva nemmeno lui.
«Magari no!»
«Malik, noi stiamo bene così», affermò Louis, visibilmente infastidito.
«Ci credo. Ma le cose potrebbero non andare sempre bene. E l'anno prossimo tu, Louis, non sarai più ad Hogwarts, come pensate di gestire tutto questo?»
«Inventeremo qualcosa...»
«Non siate ridicoli!»
«Okay, basta, sono mesi che gestiamo questa situazione e non abbiamo mai avuto problemi», o quasi, «Sappiamo cosa fare meglio di te», sbottò Louis.
«Non lo metto in dubbio ma... Forse voi ci siete dentro da un po' troppo per rendervi conto di quanto sia grave. Io non voglio farmi i fatti vostri, sono solo preoccupato, perché questa cosa è pericolosa».
Seguì un pesante sospiro generale.
«Zay...», prese parola Harry, che era evidentemente più calmo della persona che occupava il suo corpo, «Hai ragione, forse... Forse noi ci siamo abituati un po' troppo a tutto questo...», Harry sentiva i propri occhi trapassarlo con uno sguardo tradito, «Ma adesso stiamo bene così, quindi resisteremo fino alla fine dell'anno scolastico. Però se allora non avremo risolto nulla ti prometto che chiederemo aiuto», Harry parlava a Zayn ma guardava sé stesso, ossia Louis, nella speranza che il maggiore concordasse con lui. Alla fine la testa di Harry si sollevò appena nel muto assenso di Louis.
 
Continuarono a parlare ancora un po', ma più che altro fu Zayn a riempirli di domande e Harry a rispondere brevemente. Louis si chiuse piano piano in un pensieroso silenzio, il quale continuò a protrarsi per giorni...
 
 
 
 
Era la sera del 12 Gennaio e la sala comune di Serpeverde era quasi irriconoscibile dopo che era stata adibita a locale per la festa. La suddetta festa, in onore del diciassettesimo compleanno di Zayn Malik, vedeva riunita una discreta parte dei Serpeverde, una buona percentuale di Tassorosso (tra i quali Niall Horan e consorte) e un folto gruppo di signorine Corvonero (che altro non erano che Perrie e la sua scorta). Nonché un unico Grifondoro. Inutile dire che si trattasse di Louis.
Quella sera Louis non era particolarmente di compagnia, non lo era da tre giorni a dirla tutta, perché dopo la conversazione con Zayn si era chiuso in una sorta di mutismo che stonava fin troppo con la sua personalità logorroica.
Harry aveva rassicurato più volte Louis che Zayn avrebbe mantenuto il segreto e Louis aveva detto, con sua sorpresa, che si fidava di Zayn. Nonostante ciò era sempre distratto e assorto, come se ci fosse un pensiero che lo tenesse occupato. E Harry detestava quel pensiero, anche se non lo conosceva, perché portava Louis lontano anche quando gli era vicino, anche quella sera, anche mentre erano seduti affianco. Anche se non c'era nessun Liam, nessuna Eleanor o nessuna Gemma a separarli, Louis sembrava più irraggiungibile che mai...
 
 
La festa andava avanti già da qualche ora e Harry contava il tempo con i drink che si alternavano alla bocca di Louis. Quello attuale, di un inquietante color rosa brillante, era ormai il quinto, ma non sembrava che l'alcol avesse fatto effetto su Louis perché le sua espressione era la medesima di quando era arrivato: fissa ed assorta. Solo una vaga luce umida negli occhi e un lieve rossore sulle guance tradivano la sua precaria sobrietà.
Harry sospettava che quella sera sarebbe successo qualcosa. Perché sapeva per esperienza che l'alcol era più efficace dei suoi tentativi. E forse anche Louis lo sapeva...
«Hey Harry!», i pensieri di Harry furono interrotti dalla voce squillante di Niall Horan. Niall Horan... Doveva aspettarselo.
«Ciao Horan», fu piuttosto inquietante il fatto che Harry e Louis avessero detto quelle due esatte parale nello stesso momento. Sul viso del biondo si dipinse un gran sorriso.
«Ragazzi, ci siete tutti e due!», osservò contento. Come se non li stesse fissando già da mezzora...
«Già...», fece Harry.
«Come va la serata?», chiese l'irlandese.
«Ehm... Discretamente», Harry pregava in una partecipazione da parte di Louis, era lui quello bravo con le conversazioni. Il maggiore però era già tornato nei suoi pensieri.
«Va tutto bene?», chiese Niall intercettando lo sguardo preoccupato di Harry e quello perso di Louis.
«Si. Si, certo...»
«Non avete...», e abbassando il tono Niall si sporse verso l'orecchio di Harry, «Litigato o cose del genere?». Harry aveva tutta la netta sensazione che "cose del genere" significasse "confessato il reciproco amore -immaginario!-".
«No, Niall, niente d--»
Prima che Harry potesse finire di rispondere una mano si era appoggiata sulla spalla di Horan e lo aveva allontanato da lui senza troppa delicatezza. Niall si lasciò sfuggire un «Ehi!!» e poi, «Louis, ma che ti prende?». La mano di Louis era ancora sulla spalla del biondo e il suo sguardo lo inceneriva. Infine lo sguardo di Louis cadde sulla mano sinistra di Niall.
«Lo bevi quello?», chiese indicando il bicchiere di burrobirra che Niall teneva nella mano ed ignorando completamente la domanda ricevuta.
«Cosa?»
«Ti ho chiesto se bevi quello», ripeté con parole masticate ed indicando il bicchiere con dito.
Niall lanciò uno sguardo interrogativo ad Harry, che non poté fare altro che alzare le spalle.
«Ehm, no, cioè sì, ma ne posso prendere un altro. Tieni amico, è tutto tuo» e porse gentilmente il bicchiere a Louis. Louis lo prese a due mani e senza nemmeno ringraziare se lo scolò tutto in un solo colpo, guadagnandosi due occhiate sconcertate.
«Ma che-?»
«Devo andare in bagno», annunciò Louis interrompendo qualsiasi cosa Niall stesse per dire, «Harry, accompagnami», aggiunse poi.
«Perché? Lo sai dov-»
«Harry. Alza il culo e accompagnami», ribadì alzandosi.
«Okay... Niall, ci vediamo in giro», salutò Harry.
«Certo, in giro», Harry finse di non notare l'occhiolino che gli lanciò il biondo e seguì Louis fuori dalla sala, pronto a sorreggerlo. Louis aveva il passo di uno che stava in piedi per miracolo.
«Lou... Louis dove stiamo andando? Il bagno è dall'altra parte», fece notare Harry. Louis non rispose -chissà se lo aveva sentito- e continuò a camminare per i corridoi dei sotterranei. Harry lo seguiva qualche passo indietro e alternava lo sguardo tra il pavimento e le sue spalle.
«Louis...», suonò più come un sospiro che come un nome, «Che ti prende in questi giorni? Io non ti capisco... E se fai così non so cosa posso fare per aiutarti...»
Quando Harry rialzò gli occhi che aveva puntato al pavimento si accorse che Louis si era fermato.
«Lou-»
«Smettila», sbottò il maggiore.
«Di fare cosa?»
«Ti ho detto di smetterla!», ripeté Louis alzando la voce. Ad Harry sembrava che la sua schiena tremasse.
«Di fare cos-»
«Non voglio il tuo aiuto. Non ho bisogno di te. Non...», non finì la frase.
«Louis, di che diavolo stai parlando?»
«Io... Tu... Lo sappiamo entrambi che tutto questo finirà, prima o poi. Le cose finiranno, e noi non riusciremo a fermarlo e io non riuscirò a-», ad interrompere le sue parole ci pensò un singhiozzo.
«Lou, ma che cosa stai dicendo...?», Harry fece un passo verso di lui.
«Stai lontano! Non toccarmi... Non... Noi non siamo amici, non siamo niente, è tutta colpa di questo casino, se non avessimo questo schifo di maledizione addosso noi non...»
Harry ascoltava in silenzio, stordito, confuso da quelle parole che avrebbero dovuto ferirlo, eppure non ci stavano riuscendo abbastanza. Come poteva credergli se mentre parlava Louis piangeva?Harry continuò imperterrito la sua avanzata verso Louis.
«Perché dici così?», sussurrò Harry quando ormai c'era appena qualche passo a separarlo dalla schiena di Louis.
«Perché...», Louis sembrava non essersi accorto di quanto Harry fosse vicino, «...Perché sono vere, perché quando quest'anno sarà finito noi due non potremo più stare assieme e allora tutto questo non avrà più un senso e-», Louis si rese improvvisamente di avere Harry dietro le spalle, forse sentiva il suo respiro che s'infrangeva sul suo collo.
«Hai finito?», soffiò il riccio.
«Harry...»
«Louis, ti prego, smettila di dire certe assurdità. Ti avevo promesso che non lo farò mai più, ma se parli così mi viene davvero voglia di picchiarti ancora...», Harry però non lo colpì, anzi circondò la sua vita con le braccia e lo abbracciò stretto per la schiena.
«Harry, lasciami!», Louis prese a sbraitare e ad agitare le braccia, ma Harry rimaneva dov'era e lo stringeva più forte e gli veniva quasi da sorridere perché più volte si erano ritrovati nella situazione opposta, con Louis che cercava di farlo ragionare tra le sue braccia ed Harry che non voleva ammettere l'assurdità delle proprie paranoie e cercava di scacciarlo.
«Louis, calmati per favore, parliamone», disse con calma, Louis continuava ad agitarsi, «Qual è il problema?»
«E' tutto un problema Harry!», sbottò, «Io, te, noi, e adesso pure Zayn...», fu solo quando Louis pronunciò quel nome che Harry capì.
«E' per... E' per Zayn? Fai così perché Zayn ci ha scoperti?», domando stupefatto. Louis smise di dimenarsi e tacque.
Harry strinse le braccia più forte attorno al suo petto.
«Louis, dimmelo, è per Zayn?»
«Io...», più che un pronome sembrava un singhiozzo, «Io non volevo...», sussurrò Louis, «Non volevo che lo scoprisse, né Zayn né nessun altro, perché...»
«Perché?»
«Perché lui non capisce!», quella frase uscì con nuova rabbia, «Perché adesso che ha scoperto il nostro segreto crede di poterci giudicare, di poterci dire cosa dobbiamo fare... Lui non sa niente, ma vuole separarci, vuole portarti via da me e io non voglio...», la rabbia si perse definitivamente nel pianto
«Louis...», Harry sentiva le lacrime pizzicargli negli occhi. Non capiva se erano lacrime di tristezza o di gioia. «Louis, non è così. Non andrà così... Possiamo, possiamo rimanere quello che siamo anche senza la maledizione. Non cambierà niente se-»
«E invece sì, cambierà tutto, rovinerò tutto...», singhiozzò.
«Non è vero, possiamo farcela, possiamo-»
«Scusami Harry», Louis lo interruppe di colpo. Poi sciolse la sua presa per un istante, giusto il tempo di potersi girare tra le sue braccia e guardarlo negli occhi. Erano così vicini...
Harry sentì l'improvviso bisogno di deglutire, ma la sua bocca era secca. «Scusa per cosa?».
Louis scosse la testa ed abbassò lo sguardo... «Perché quello che farò».
Harry non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni. Louis lo stava già baciando.
Fu inaspettato. Harry non si era nemmeno accorto che le che le labbra di Louis avevano percorso la strada che le separava dalle sue. Semplicemente un attimo prima Louis era davanti ad Harry, quello dopo era addosso a lui.
E gli bastò sentire il sapore delle sue labbra per dimenticare ogni parola, ogni domanda.
C'era solo Louis adesso. La sua bocca, le sue labbra bollenti, la sua pelle calda sotto le dita, un bacio agitato e vorace.
Era diverso dalla prima volta. Era più disperato, più veloce, più violento, perché quel bacio racchiudeva la nostalgia che le loro labbra avevano soffocato in quei giorni, le une per le altre, e perché quel bacio erano un po' il frutto della disperazione di Louis e un po' quello della confusione di Harry.
Quando la lingua di Louis iniziò a spingere tra le labbra di Harry queste si schiusero all'istante, senza neanche realizzare quello che stava per accadere. L'attimo dopo la sua lingua lo accarezzava dentro e cercava la sua. Nonostante l'incertezza, nonostante tutto questo fosse sempre più sbagliato, nonostante questa volta Harry fosse perfettamente lucido, lasciò che Louis vagasse nella sua bocca, lasciò che la propria lingua rispondesse alle carezze di quella di Louis e giocò con essa, mentre Louis giocava coi suoi capelli.
Si tirarono vicini, si strinsero forte, si aggrapparono uno alle spalle dell'altro, le loro bocche danzavano sempre più velocemente, sempre più attaccate, come a voler diventare una sola persona. Come se quello fosse stato l'unico modo per rimanere insieme per sempre.
Perché sotto la meraviglia di quel secondo bacio rimanevano le parole che Louis non aveva voluto spiegare. Perché quel bacio era una palliativo dalla realtà, una dolce pillola per dimenticare, per illudersi solo per qualche minuto che tutto sarebbe andato bene.
Quel bacio era una promessa. Una promessa che diceva "Tutto questo finirà".
Intanto Harry chiudeva gli occhi, abbracciava Louis e pregava che quel momento non finisse mai.
 
 
 
 
 
 
 





 
 
Anticipazioni:
 
"«Zayn...», Harry teneva lo sguardo fisso sulla pluffa che volteggiava davanti a lui.
«Cosa?»
«Credo che mi piaccia Louis», sussurrò. Si strinse al manico della scopa e si preparò al peggio.
Ma tutto ciò che fece Zayn Malik fu dire: «Lo so».
Harry spalancò gli occhi per lo stupore."
 
 
"«Quindi secondo te è normale che ogni volta che bevi finisci col baciarmi?!»"
 
 






 
 
 
 
 
 
 
Connie's Corner
 
...
Sono da linciaggio, lo so.
Sono in ritardo, non vi ho risposto e mi faccio viva con questo coso di capitolo. Meglio che non vi dica che sono anche indietro con i prossimi capitoli che altrimenti perdo quel poco di pseudo reputazione che avevo... Okay, l'ho già persa, insultatemi se volete.
Vi chiedo scusa, vi chiedo immensamente scusa. La vita ha deciso di farmi qualche scherzo poco simpatico e mi ha portato via un po' del mio spirito per la scrittura. Ma adesso sono abbastanza a posto e sono qui e voglio essere qui ancora e portare avanti questa cosa. Al diavolo la vita che mi sabota!
Spero che il capitolo vi piaccia, anche se è breve, anche se a me non convince, ma qualcosa dovevo darvi, quindi eccolo.
 
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate, o anche solo che vi ricordate di me o che mi odiate (o che mi perdonate).
 
Io adoro ognuno di voi e vi ringrazio. Se mai questa storia ha significato qualcosa per voi, grazie. Di cuore.
 
A presto, Costanza.
 

 

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Capitolo 32
*** Stesso dolore, stesso amore ***


 



 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 
 
 





 
Stesso dolore, stesso amore (o aspettando l'ultima scusa)
 
Era il 13 gennaio, il giorno dopo la festa di Zayn. Il giorno dopo che Louis l'aveva baciato. Di nuovo.
Quello era l'ennesimo giorno in cui Louis aveva aveva preteso che nulla fosse mai successo. E Harry sentiva che non sarebbe stato capace di fare lo stesso ancora a lungo.
Il ricordo di quei baci rinnegati lo stava tormentando. Ogni volta che Harry chiudeva gli occhi sentiva il sapore di Louis risvegliarsi nella bocca e ogni volta che il ragazzo gli si faceva vicino sentiva il bisogno naturale di colmare quella distanza.
Ma ancor più che il ricordo era insopportabile il non sapere. Harry aveva baciato Louis perché provava qualcosa per lui -qualcosa molto simile all'amore-, l'aveva baciato perché era quello che bramava col cuore, perché avrebbe voluto continuare a farlo per sempre. Ma Louis, perché lo aveva fatto?
Forse Louis era gay e non riusciva accettarlo e questo spiegava perché si divertisse a baciare altri ragazzi mentre era ubriaco. Ma non spiegava perché, tra tutti i ragazzi del mondo, avesse baciato proprio Harry. Due volte.
La mente di Harry gli suggeriva sempre più di frequente una risposta a questo enigma: anche Louis provava qualcosa per Harry.
Il ragazzo cercava di scacciare questa idea, la sua tendenza a sminuirsi gli diceva che si stava solo illudendo, ma la logica gli faceva notare che c'erano fin troppo elementi a sostenere quella tesi...
Innanzitutto, erano stati loro stessi ad ammettere che la loro amicizia fosse diversa dalla concezione classica del termine. Il loro rapporto era sempre stato qualcosa di più dell'amicizia e lo sapevano entrambi. Solo che adesso Harry era riuscito a dargli un nome -affetto, quasi amore. E se per Louis avesse lo stesso nome, ma non riuscisse ad ammetterlo?
Una prova piuttosto convincete, nei pensieri di Harry, era che Louis aveva baciato anche Andrew ma poi aveva rinnegato la loro amicizia e aveva cominciato a detestarlo. Harry e Louis, invece, erano ancora amici. Avevano passato assieme quello stesso pomeriggio, studiando e chiacchierando come sempre, come se la sera prima non si fossero scambiati la saliva per almeno venti minuti. E c'era qualcosa che non tornava... Harry era certo che Louis si ricordasse dei baci, ma se lo faceva cosa gli impediva di detestare anche Harry? Forse... Forse a Louis Harry piaceva tropp- gli piaceva più di Andrew, quanto meno, per voler rinunciare al loro rapporto.
E infine, c'erano le parole disperate di Louis a farlo pensare. C'era la scenata di gelosia che gli aveva fatto prima di baciarlo. C'era quella minaccia di una fine che non sembrava solo la fine di una maledizione, ma di tutto ciò che c'era sempre stato tra loro. Una fine che faceva soffrire Louis, almeno quanto faceva soffrire Harry. Forse se stavano male allo stesso modo, allora amavano anche allo stesso modo?
E comunque stessero le cose, Harry continuava a chiedersi, adesso, cosa doveva fare? Più ci pensava e più la soluzione gli sembrava lontana.
 
«Harry! Terra chiama Harry!», c'era una voce che lo chiamava, era lontana da qualche parte nella realtà, era...
«Harrylandia, qui base Zayn, attendiamo una risposta, passo!», insisté la voce, simulando un tono meccanico e cadenzato.
Harry scosse la testa, per poi voltarla verso il proprietario della voce. «Ci sono!», comunicò intercettando lo sguardo del moro.
Zayn volava appena qualche metro più in là e sul viso si stagliava un'espressione divertita.
«Era ora!», esclamò, «Mi fa davvero piacere che tu trovi il Quidditch tanto noioso da addormentarti sulla scopa».
In teoria si stavano allenando nelle prese, in pratica Harry era troppo distratto per fare qualsiasi cosa.
«Non stavo dormendo...», borbottò Harry, «Stavo pensando», puntualizzò.
«Infatti il Quidditch è risaputamente considerato uno sport per meditare!», ironizzò il maggiore.
«Scusa Zay...»
«'Fa niente...», concesse lui, «Senti, visto che oggi non prendi una pluffa neanche per sbaglio, che ne dici di fare qualche giro di volo?»
«Va bene...», ma mentalmente era un "Sì, grazie al cielo!"
Ultimamente Harry era migliorato col Quidditch. Era migliorato molto. Adesso volava per ore senza stancarsi e riusciva a raggiungere le cinquanta miglia orarie in pochi secondi, con un po' di sforzo. Nell'ultimo mese, poi, Zayn aveva iniziato a insegnargli le basi del gioco. Prima si limitavano a passarsi la pluffa (ore ed ore di passaggi), ma ormai Harry era in grado di eseguire anche qualche azione. E, sorprendendo Zayn e sé stesso, se la stava cavando bene. Ma non quel giorno. Quel giorno era un caso umano.
Presero a volare intorno al campo tenendo una velocità moderata, senza pretese, beandosi del vento pungente tra i capelli.
«Allora, si può sapere a cosa stai pensando?», domandò Zayn dopo un po'.
Harry si lasciò sfuggire un sospiro, ma non poté dire che non se l'era aspettato, erano giorni che aveva la testa altrove e sapeva che prima o poi Zayn gli avrebbe chiesto qualcosa.
«Io... Tante cose in realtà...», sussurrò.
«Del tipo?»
«Ecco... Sono arrivati gli esiti dei miei esami», disse. Quella non era proprio la sua preoccupazione principale, ma ci aveva pensato, un po', fra un pensiero su Louis e l'altro.
Zayn rallentò per qualche istante, sorpreso. «Ti riferisci a quegli esami che hai "fatto"», disegnò con le dita due virgolette immaginarie nell'aria (azione molto pericolosa quando si sta su una scopa a venti metri da terra), «quando eri scambiato con Louis?», domandò.
«Già, quelli a cui lui è andato senza il mio permesso».
«Quelli a cui tu non volevi andare perché sei un idiota», quella sembrava più una precisazione che una domanda.
«Esatto...», ammise Harry.
«E cosa dicono?», chiese allora il maggiore, sinceramente interessato.
«Dicono...», Harry iniziò a parlare lentamente, «Sono stranamente positivi. Sembra che ho tutti i valori compatibili con quelli di un mago nella norma ed è...», prese una pausa, «Non era mai successo prima. Ho sempre, sempre, avuto qualche test che non passava e invece...»
«Pensi che dipenda dal fatto che Louis fosse al tuo posto?», chiese Zayn, che al momento non sapeva se essere felice o meno del risultato.
Harry si rabbuiò per un attimo. «E' stata la prima cosa che ho pensato», rispose, «Poi però... ci ho pensato su... Quando Louis è al mio posto fa sempre fatica a compiere magie e al contrario io ci riesco piuttosto bene nel suo. Quindi credo che il fatto di essere scambiati non intervenga minimamente sulla nostra magia e che Louis non può avere influenzato i risultati».
«E allora cosa...?»
«Dagli ultimi esami che ho fatto ho smesso di fare gli esercizi e di prendere i medicinali, in teoria sarei dovuto peggiorare. Se così non è stato significa che c'è stato qualcosa che mi ha aiutato ad incrementare la mia magia», spiegò Harry.
«La maledizione?»
«Non credo proprio», rispose, adesso Harry aveva un sorriso appena velato sulle labbra.
«Cos'altro può essere? Non sei proprio esattamente uno pieno di attivi...», la voce di Zayn si perse nel vento. Qualcosa nella sua espressione pensosa e stupefatta diceva ad Harry che ci stava arrivando.
«E' stato il Quidditch?!», esclamò Zayn con un principiò di sorriso arricciato negli angoli della bocca.
Harry arrossì appena. «Non ne sono sicuro... Ma penso di sì».
«Il Quidditch?!», insisté Zayn, sempre più visibilmente felice.
«Io... Forse tu non ti rendi conto, ma per me è stato difficile, molto, imparare a volare e poi a giocare. Mi ha richiesto uno sforzo di concentrazione e di magia altissimo e non mi stupirei se-»
«Harry, ti assicuro che me ne rendo conto!», l'interruppe, «Io c'ero!», Zayn c'era ogni volta che Harry era caduto, ogni volta che le gambe gli avevano ceduto per la stanchezza, c'era quando diceva che non ce la faceva più e poi ricominciava, c'era quando aveva volato per la prima volta per un'ora consecutiva, c'era quando aveva lanciato la sua prima pluffa nell'anello. Zayn c'era e sapeva quanta fatica avesse costato ad Harry. Ma erano stati premiati, tutti e due, ed ora ne avevano la prova tangibile.
«Ti assicuro che per nessuno degli esercizi che mi davano i Curatori mi sono mai impegnato così tanto, magicamente e psicologicamente», continuò Harry, «Più ci penso e più mi dico che non può che essere andata così, il Quidditch ha fatto bene alla mia magia», concluse.
«Quindi...», fece il maggiore, «E' tutto merito mio?», disse spavaldamente, con un sorriso a trentadue denti.
Harry scosse la testa, divertito.
«In un certo senso...»., poteva anche lasciargli un po' di merito, se lo meritava.
«Ma... in certo senso è anche merito di Louis, giusto?», se ne uscì allora Zayn.
Harry gli lanciò un occhiata interrogativa. «Louis?»
Zayn annuì, «In fondo è per lui che hai iniziato, no?»
Okay, questo Harry era abbastanza sicuro di non averglielo mai detto.
«Io...»
«Adesso l'ho capito Harry», Zayn non gli diede il tempo di finire, «Mi hai chiesto di insegnarti a giocare subito dopo quella famosa amichevole tra Griffondoro e Corvonero, quella in cui Louis aveva giocato da cani. Perché in realtà non era stato Louis a giocare, ma tu».
Quel ragazzo era troppo, troppo, intelligente.
«E», continuò, «suppongo che tu l'abbia fatto per... prevenire che una cosa del genere si ripeta o qualcosa del genere?»
Harry ora aveva distolto lo sguardo dal viso di Zayn per puntarlo in mezzo al campo dove la pluffa svolazzava ancora indisturbata.
Dopo qualche secondo di troppo, infine, annuì. Anche se non lo vedeva, Harry era certo che Zayn stesse sorridendo soddisfatto.
«Louis non lo sa, vero? Quello che stai facendo per lui?»
Harry sospirò... «Non gliel'ho mai detto».
«Dovresti invece», ribatté Zayn, «Non fa bene a nessuno nascondere le cose, anche se lo si fa per una buona causa», "Che valga anche per i sentimenti?", «E poi...», riprese, «... Forse a Tomlinson farebbe piacere, saperlo».
«E se... E se quello che ho fatto non fosse abbastanza per lui?», chiese Harry dando voce alle sue paure. La ragione per cui non gli aveva mai detto nulla dei suoi allenamenti con Zayn era per il timore di non raggiungere un livello abbastanza alto per Louis. Non voleva rischiare di deluderlo...
«Ma è tantissimo per te!», esclamò Zayn esasperato, «E, visto che quel idiota tiene a te, deve sicuramente apprezzarlo», aggiunse. "Quell'idiota tiene a me...", sì, ma quanto?
«Magari... Magari glielo dirò, prima o poi...», concesse, ma forse stava mentendo.
Ripresero a volare, poi dopo qualche minuto Zayn: «A proposito di cose che non gli dici...», esordì.
Harry si sentì congelare.
«Hai detto a Tomlinson degli risultati?»
Per un attimo Harry aveva creduto che... Meglio così.
«In effetti no», rispose il riccio.
Zayn gli lanciò un'occhiata di rimprovero, «Ti conviene farlo, dopo tutto il casino che ha fatto solo per quella visita, come minimo vorrà sapere com'è andata...», osservò.
Forse non aveva tutti i torti... Il fatto è che Harry non ci aveva proprio pensato. Quel pomeriggio aveva visto Louis, ma l'idea degli esami gli era completamente passata di mente, tutto ciò che era riuscito a pensare era... Diciamo che le sue labbra avevano distratto la sua attenzione. Le sue labbra e tutti i ricordi che si trascinavano dietro con i relativi problemi...
«Harry, ti stai perdendo di nuovo», lo richiamò Zayn.
«Oh, scusa...», era più forte di lui, quando Harry iniziava a pensare a Louis tutto il resto spariva. Completamente.
«Dopo cena gliene parlerò», si sforzò di rispondere.
«Bravo...».
Fu solo qualche minuto dopo che Zayn: «Ora mi vuoi dire a cosa stai pensando, veramente?», esordì di punto in bianco.
Harry rischiò seriamente di cadere dalla scopa.
«I-io te lo detto...», mentì.
«E io ho ancora la sensazione di conoscere solo l'1% dei tuoi pensieri», ribatté il moro.
«Ehm, ecco...», in realtà non c'era molto da dire, il restante 99% si spiegava in una parola. O poco più...
«Ti sto ascoltando», lo incalzò Zayn.
Harry non sapeva se voleva parlargliene, di tutto, di Louis. Però c'era un però. Ossia che aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Qualcuno che non fosse Niall Horan (il quale era un po' troppo schierato). Qualcuno che lo potesse aiutare. O anche solo... Stare a sentire. Qualcuno di cui si fidasse. Harry aveva bisogno di Zayn.
«Ho fatto un casino Zayn», quello fu l'esordio. Ora erano di nuovo fermi a mezz'aria.
«Tu?», chiese Zayn scettico.
«Si, io», confermò. Louis non aveva colpa, come Zayn sicuramente stava pensando -perché entrambi sapevano che, qualunque il problema fosse, riguardava Louis Tomlinson. Era Harry quello che si era... quello che si era preso una cotta molto molto grande per Louis. Beh, poi Louis l'aveva baciato, ma quello era un altro casino. O una derivazione del casino numero uno. Meglio andare per gradi.
«Zayn...», Harry teneva lo sguardo fisso sulla pluffa che volteggiava davanti a lui.
«Cosa?»
«Credo che mi piaccia Louis», sussurrò. Si strinse al manico della scopa e si preparò al peggio.
Ma tutto ciò che fece Zayn Malik fu dire: «Lo so».
Harry spalancò gli occhi per lo stupore.
«C-che significa che lo sai?!»
«Harry, dai, è abbastanza palese», disse Zayn tranquillamente, «Ormai se n'era accorto tutto il mondo, mancavi solo tu».
Harry sentì l'immediato bisogno di andarsi a nascondere sottoterra.
Dalla bocca gli sfuggì un gemito frustrato, «Se non altro il mondo mi capisce meglio di me stesso...», o di Louis. O forse Zayn intendeva tutto il mondo e Louis?!
«L'importante è arrivarci...», disse Zayn comprensivo.
«A te... A te sembra normale?», domandò Harry timorosamente.
«Che hai una cotta per Tomlinson? No, mi sembra da pazzi», disse, «Ma non centra il fatto che un... maschio. Il mio problema è che è Tomlinson e basta. Insomma, non potevi trovarti qualcuno più simpatico?!», scherzò. «Però, se ne sei convinto tu...»
Dalle labbra di Harry volò via una risata nervosa e con essa se ne andò anche un peso dal cuore. Solo ora che aveva avuto l'approvazione di Zayn, se tale si poteva chiamare, si rendeva conto di quanto l'avesse desiderata.
«E' andata così...», sussurrò.
«Già... Sai che all'inizio ero convinto che tu e Tomlinson aveste una storia segreta?», confessò Zayn.
«Che cosa?!», forse aveva appena urlato.
Zayn scoppiò a ridere, «Lo so, è assurdo. Ma poi l'ho capito che tu non avevi la più pallida idea di come stavano le cose».
«E come stavano?», domando Harry.
«Eravate uno cotto dell'altro e nessuno dei due voleva capirlo», spiegò con ovvietà, «Ma suppongo che avevate ragioni diverse...», aggiunse.
Harry sentì tutte le sue preoccupazione ripiombargli addosso improvvisamente.
«Credo che uno di noi non abbia ancora superato le sue ragioni...», sussurrò.
Lo sguardo di Zayn si fece serio.
«Quindi è questo il problema? Louis non vuole ammettere come stanno le cose?»
«Io non lo so come stanno le cose... Però Louis non mi aiuta certo a capirlo», disse Harry amareggiato.
«Guarda che gli piaci, Harry», affermò Zayn senza ombra di dubbio, «Quello fa solo finta di essere etero, ma io dico che è più gay di te. E soprattutto, è cotto, di te».
Caspita, Harry stava davvero parlando di quelle cose con qualcuno. Con Zayn. E stranamente era più facile del previsto...
«Forse non gli piaccio abbastanza se non ha nemmeno il coraggio di...» "baciarmi senza ubriacarsi", per esempio.
«Harry, non prenderti in giro, l'unica cosa che frena il tuo caro Louis è l'essere un codardo di prima categoria!», esclamò Zayn, «C'è da chiedersi come abbia fatto a finire a Grifondoro...», aggiunse tra sé.
«Okay, anche se fosse vero, anche se gli piacessi, io cosa posso farci?», domandò.
Zayn alzò gli occhi al cielo.
«Inizia col dirgli quello che provi».
Harry scosse la testa e poi proferì un categorico: «No, non se ne parla».
«Harry, se continui a fare esattamente come Louis non otterrai mai niente», disse Zayn, «Uno di vuoi due deve fare il primo passo».
«Ma perché io?»
«Pensi che Louis lo farà?», chiese allora Zayn.
Harry sospirò. «No...», sussurrò amareggiato, «Ma ho paura che... E se io parlo e rovino tutto? Zayn, non posso perderlo...», sapeva che era ridicolo, sapeva che era quella frase suonava stupida e sentimentale. Ma davvero, la sola idea di una vita senza Louis, ora come ora, gli sembrava il peggiore degli orizzonti possibili.
«Ma nemmeno lui vuole perdere te», rispose Zayn, sorprendendo. «Se l'idea di perderti non lo spaventasse tanto, ancor più dell'idea di averti, allora non se la sarebbe presa tanto quando io ho scoperto il vostro segreto», affermò.
Gli occhi di Harry si allargarono per lo stupore. «Come lo sai che ce l'ha con te?»
«Facile, è da una settimana che Tomlinson mi incenerisce con lo sguardo ogni volta che ci incontriamo. Sembra un bambino a cui hanno minacciato di portare via il proprio gioco preferito e io sono l'adulto cattivo», spiegò. Dunque Harry era il giocattolo...
«Fidati, ci tiene abbastanza a te», ripeté Zayn.
Harry non ne era altrettanto sicuro. Louis non voleva perdere Harry e gliel'aveva confessato lui stesso, poco prima di baciarlo. Vero. Però gli aveva anche promesso che sarebbe finito tutto...
«Ho paura Zay...», sussurrò.
«Questo è merito della cattiva influenza di Tomlinson», cercò di scherzare Zayn. Harry non riuscì sorridere.
«Senti Harry, lo so che non è facile, però... Andrà tutto bene. E sai perché?», domandò, «Perché per qualche strana ragione tu e Louis siete fatti per stare assieme. Perché non c'è momento in cui tu sei più felice di quando sei con lui e viceversa, perché vi guardate come se voleste proteggervi l'un l'altro per tutta la vita. Quando siete insieme escludete tutto il resto, come se ci foste solo voi due in tutto il mondo. E ti assicuro che vista da fuori sembra una cosa quasi spaventosa... Ma vista da dentro, suppongo, deve essere stupendo, no?»
Harry sentiva le guance pizzicargli terribilmente. Eppure, nonostante l'imbarazzo, dalla bocca gli sfuggì un «Sì, lo è davvero...».
«E allora fa qualcosa, parla con Louis. Perché può essere anche meglio di così», affermò Zayn.
Ed Harry, quel qualcosa di meglio, lo voleva immensamente.
 
 
 
 
 
La sera prima Louis aveva perso il controllo.
Zayn aveva scoperto il loro segreto e questo aveva aperto gli occhi a Louis: presto o tardi le cose con Harry sarebbero finite. Quel pensiero l'aveva colto tanto impreparato che si era fatto sopraffare dalla paura. Non voleva lasciare Harry, ma allo stesso tempo sapeva che una volta liberi dalla maledizione non avrebbe trovato il coraggio di lottare per lui. Per loro.
Più tempo stavano assieme adesso, più male avrebbe fatto dopo. E Louis era così stanco di essere causa del male delle persone che amava... Eppure, eccolo, lo stava già facendo.
Faceva del male ad Eleanor ogni giorno, quando vedeva i suoi occhi sempre più tristi e delusi, ma comunque non riusciva ad amarla. Non più. Forse non l'avevano mai fatto abbastanza.
Faceva del male ad Harry, alla loro amicizia che Louis stava demolendo, a quella amicizia di cui lui stesso era dipendente perché era la scusa che gli permetteva di amare Harry, almeno un po'.
Doveva fermare tutto ciò, doveva farlo prima che fosse troppo tardi.
Non potevano esserci altri baci, non poteva illudere Harry ulteriormente. Eppure ogni sua fermezza spariva appena lo incontrava, mentre la voglia di amarlo -con le parole, con le mani, con la bocca- prendeva il sopravvento e azzerava tutto il resto. La verità era che Louis non era abbastanza forte. Non lo era né per accettare i suoi sentimenti, né per negarli completamente...
Allora Louis aspettava solo una scusa, l'ennesima della sua vita -una maledizione per stare inseme, un bicchiere di troppo per un bacio-, Louis aspettava un pretesto per rovinare tutto. Prima o poi Harry si sarebbe stufato di quella situazione e gli avrebbe chiesto spiegazioni. Allora Louis avrebbe usato le sue domande per porre fine a qualsiasi cosa stesse nascendo tra di loro.
Quello era il piano, ma dentro Louis pregava che Harry continuasse a guardarlo per sempre con gli occhi colmi d'imbarazzo e di perché, ma che quei pensieri rimanessero tali, così che Louis potesse ancora amarlo senza doverlo ammettere.
E Louis lo sapeva, comunque sarebbero andate le cose, avrebbe ferito Harry, tanto, ancora, e si odiava per questo. Ma era l'unico modo che aveva per non odiare sé stesso ancora di più. O era quello che sperava.
 
 
Era sempre il 13 Gennaio e Louis Tomlinson stava uscendo dalla Sala Grande con la sola compagnia dei suoi pensieri infelici, quando...
«Louis!», sì sentì chiamare alle spalle. Ah, la voce dei suoi guai.
«Harry», lo salutò voltandosi. Il suo tono era vagamente sorpreso, dal momento che non si aspettava di vederlo ancora per quel giorno e... Appena i suoi occhi sfiorarono l'immagine di Harry la sorpresa sparì di colpo surclassata dalla meraviglia. Era più forte di lui, ogni volta che vedeva Harry il suo stomaco si riempiva di farfalle e le labbra iniziavano a pizzicargli dolorosamente. Anche se non avrebbero dovuto.
«E' successo qualcosa?», chiese Louis, più per scacciare il ricordo della bocca di Harry sulla sua che per reale desiderio parlare. Tanto ogni scusa per vederlo era una buona scusa. Quasi sempre.
Quella sera Harry era in disordine, anche più del solito, con i capelli lanciati in tutte le direzioni possibili a sfidare la gravità e le guance arrossate come se avesse corso. Era bellissimo. Louis avrebbe solo voluto mettere le mani tra quei capelli e sistemarli.
Alla sua domanda le guance di Harry si accesero ancora un po' e poi il suo sguardo cadde rovinosamente a terra. «Ecco...», sussurrò allora, «Vorrei parlarti», disse.
Louis sentì un nodo di agitazioni crearglisi nel petto. Ma ormai aveva imparato a convivere con il timore che quel momento sarebbe arrivato.
«Dimmi», lo esortò tranquillamente. Come se dentro non stesse morendo di paura.
«Ehm, possiamo prima...», tentò Harry, «...andare da un'altra parte?».
Il nodo cresceva e adesso Louis faceva anche fatica a deglutire. «C-certo», o a parlare.
Sul viso di Harry si dipinse un lieve sorriso sollevato. Louis non poté che contemplarlo mentalmente, nonostante le sue preoccupazioni.
«Ti va di fare un giro fuori?», propose Harry.
«Fuori? Ma è buio e c'è la neve...», osservò Louis.
«Non ci allontaneremo troppo», lo rassicurò il più piccolo.
«Okay, allora. Andiamo!», Louis, come al solito, finse un buon umore che non sentiva davvero.
 
Non sapeva perché Harry avesse voluto uscire, ma Louis trovò confortevole il vento pungente di Gennaio sulla pelle. Adesso respirare era più facile. Anche se le sue paure continuavano a imperversare nel petto, immuni al freddo.
Camminavano per il sentiero che costeggiava il castello illuminato dalle luci delle vetrate e dal chiarore di una luna nascosta tra le nubi. Erano uno accanto all'altro e per molti minuti l'unico rumore che ruppe il silenzio fu quello dei loro passi e dello strusciare delle divise nel punto in cui, casualmente, le loro spalle si toccavano.
«Che cosa dovevi dirmi?», fu Louis a chiedere dopo un po', anche se aveva una paura immensa di quella risposta. C'erano troppe domande alle quale non avrebbe potuto rispondere. O alle quali non avrebbe potuto rispondere come Harry meritava.
Harry sobbalzò, come se la voce di Louis l'avesse appena svegliato da un sogno. Harry, con lo sfondo bianco della neve e della luna, sembrava veramente uscito da un sogno. E Louis era un folle.
«Sono arrivati i risultati degli esami», annunciò Harry.
Louis si sentì improvvisamente sollevato. Quello... Quello era meglio di ogni sua previsione o speranza.
«Quando?», domandò senza nascondere un certo entusiasmo.
«Questa mattina...»,disse Harry.
«E me lo dici solo adesso?!»
«Scusa, mi ero dimenticato...», ammise il riccio.
Louis non poteva non perdonare il suo faccino pentito. Però poteva scherzare un altro po': «Come fai a dimenticarti di una cosa tanto importante?».
Il viso di Harry si colorò nuovamente d'imbarazzo. Ormai Louis non si faceva più domande a proposito.
«Comunque», fece il maggiore, senza lasciare all'altro il tempo di rispondergli, «Come sono andati?».
«Bene...»
Louis aspettò che Harry aggiungesse qualcos'altro. Ma aspettò invano.
«E' tutto ciò che hai da dire? Bene
Harry sorrise, «In effetti sì. Non trovo davvero una parola migliore», spiegò, «Tutti i test hanno riportato valori nella norma, nella norma per un mago, ed è... E' una cosa buona».
Louis sentiva un sorriso spingere sulle sue labbra per uscire. Lo lasciò andare, perché essere felice per Harry poteva ancora farlo.
«Harry, ma è meraviglioso!», esclamò. E come sempre quando era felice, e quando c'era Harry, il suo corpo agiva da solo e allora le sue mani cercarono quelle di Harry e le strinsero forte. Erano gelate, andavano scaldate. Scuse, scuse, scuse...
Dopo qualche momento di indecisione Harry ricambiò la stretta delicatamente, ma il suo sguardo non raggiunse quello di Louis. Né arrivò più in alto del suo mento in realtà.
«Mi...», ricominciò il riccio, «Mi hanno fissato un altro appuntamento, è il 4 Febbraio...»
«E ci andrai vero?», volle sapere Louis.
«Si, si certo», disse, «Solo...»
«Cosa?»
Gli occhi di Harry, con un guizzo di coraggio, si alzarono fino a fissarsi in quelli di Louis. Poi: «Vuoi venirci con me?», chiese.
Per un attimo a Louis mancò la voce, ma poi fu con il tono più dolce e il sorriso più sincero che disse: «Certo, con molto piacere». Solo dopo che gli venne in mente che sarebbe stato meglio meglio dire di no, ma ormai era tardi.
L'attimo dopo lo sguardo di Harry l'aveva già lasciato. Così era più facile per entrambi, in fondo.
Ripresero a camminare, ma per farlo furono costretti a sciogliere una coppia di mani. L'altra rimase saldamente agganciata, né Harry né Louis avevano voglia di lasciarsi, anche se sapevano che non era normale per due amici passeggiare mano nella mano. Ma avevano fatto cose ben più strane per essere solo due amici...
In quel momento iniziò a nevicare.
Entrambi a naso in su, guardavano il cielo e contemplavano la neve con la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima per quell'anno e le dicevano addio. Louis ammirava i fiocchi scendere lentamente dal cielo alla terra, ma i suoi preferiti erano quelli che si andavano ad incastrare nei capelli di Harry.
«Hai la testa piena di neve», osservò sorridendo.
Harry ricambiò uno sguardo divertito.
«Anche tu».
«Ma tu di più», insisté Louis.
«Louis, è impossibile che tu ne abbia meno di me. Siamo sotto lo stesso cielo». Harry aveva quel suo modo dire le cose, sembrava sempre tutto più importante.
«Ma tu hai più capelli di me e quindi devi aver catturato più neve», spiegò sapientemente.
Harry alzò gli occhi al cielo nero, esasperato.
«Non ha senso», dichiarò.
Louis sorrise, ma anziché ribattere allungò la mano libera fino ad accarezzargli i capelli umidi. Dio, voleva farlo da mezz'ora.
La testa di Harry si piegò quasi inconsciamente a seguire la carezza Louis. Sembrava un cucciolo.
Louis sentì il ragazzo tremare nelle sue mani. «Hai freddo, vuoi rientrare?», chiese con premura, mentre la sua mano scendeva con noncuranza dai suoi capelli alla guancia. Louis ovviamente lo sapeva bene che quello non era stato un brivido di freddo.
Harry scosse la testa, sembrava a corto di parole. Sicuramente perse ogni parola possibile quando Louis lo liberò delle sue mani, ma solo per abbracciarlo stretto.
Harry era bollente e tremante tra le sue braccia. E profumava di bagnoschiuma.
Dalla bocca di Harry sfuggì un «L-», ma non ci fu abbastanza voce per un seguito.
«Va meglio?», chiese Louis disegnando cerchi con le mani sulla sua schiena. Per scaldarlo.
Harry lasciò cadere la propria testa sulla sua spalla e poi sospirò contro il suo collo. Louis lo prese come un "Sì, va meglio". E ignorò il brivido che lo percorse da capo a piedi.
Quanto erano cambiate le cose da quando Louis doveva usare la forza per convincere Harry a farsi toccare.. Ora stringersi era diventato quasi normale. E allo stesso tempo diventava ogni giorno più sbagliato, perché più passava il tempo e più un abbraccio rischiava di trasformarsi in qualcosa di diverso. Adesso, però, Louis era abbastanza lucido per prevenirlo.
Presto le braccia di Harry corsero a ricambiare l'abbraccio e il ragazzo si strinse forte a Louis, mentre la neve cadeva e gli bagnava i vestiti.
Louis realizzò troppo tardi che in quell'abbraccio c'era qualcosa di strano. Harry lo stringeva troppo forte, come se avesse paura che dopo quello non ci sarebbero stati più abbracci. Louis, però, capì solo quando Harry stava già sussurrando contro la sua sua spalla...
«Louis, cosa stiamo facendo?»
Louis spalancò gli occhi, che non si era nemmeno accorto di aver chiuso, e seppe che il sogno era appena finito.
«D-di cosa parli?», chiese con voce debole. Lo sapeva benissimo.
«Louis, io vorrei che tutto questo...», fece Harry, «...avesse un senso».
Louis si ritrovò a boccheggiare. No, non è era pronto, non adesso, non per quello!
Afferrò Harry per i fianchi e lo allontanò. «Non so di cosa stai parlando», disse duramente.
Harry aveva la faccia di chi aveva già previsto ogni parola, ma che nonostante ciò ne stava soffrendo.
«Certo che lo sai...», quella frase sembrava un'accusa.
Fu Louis a dover abbassare gli occhi questa volta. «Harry... Harry, ti prego non...»
«Non possiamo continuare così», insisté ancora.
«Lo so...», Louis se lo ripeteva ogni giorno. «Però... Io non posso fare in modo diverso, questo- questo è il massimo che puoi chiedermi», disse e forse il piano non era proprio quello, ma se poteva fare un tentativo per salvare almeno qualcosa...
«Vuoi dire che... Dovrei continuare a fare finta di niente? », c'era un velo di rabbia nella voce di Harry. Ma forse era solo una maschera per la delusione.
«Sì...», sussurrò Louis, «Potremmo... In fondo non è così male, no? Stiamo bene anche in questo modo... Faremo come abbiamo sempre fatto, le cose sarebbero normali, come sono sempr-»
«Quindi secondo te è normale che ogni volta che bevi finisci col baciarmi?!», ora era decisamente arrabbiato.
Louis si sentì sprofondare sotto il peso di quelle parole. «Harr-»
«Ti rendi conto che mi stai chiedendo di... essere tuo amico e restarti sempre accanto, ma allo stesso tempo dover accettare in silenzio che tu mi baci o mi tocchi o qualsiasi altra cosa e poi fingi che non sia mai successo?! Io-»
«No, non è quello che...», e invece sì, era esattamente quello che Louis avrebbe voluto. Sarebbe stato tutto perfetto. Un incubo, ma perfettamente al limite tra le sue possibilità e le sue impossibilità.
Il viso di Harry si stava tingendo di sconforto e l'ombra della notte lo faceva sembrare ancora più sconsolato.
«Lou, io credo che... Non credo che questo mi basti...», disse sottovoce.
Louis scosse la testa, cercando di scacciare quelle parole.
«Io vorrei...», continuò Harry imperterrito, «Ecco, in realtà non lo so cosa vorrei, ma non è solo questo, perché... Perché da te vorrei tutto e questo non lo è».
Harry lo fissava negli occhi e gli confessava quello che provava. Ma Louis non riusciva a muoversi, non riusciva a sentire, era come congelato, come se quei miseri fiocchi di neve che stavano cadendo fossero in realtà un tempesta e lui vi ci fosse perduto dentro. Ma forse la tempesta ce l'aveva nel petto ed il suo cuore si stava trasformando in un pezzo di ghiaccio.
E poi Harry sfiorò con la voce tre parole parole impossibili: «Louis, io, tu... Io ti-»
«No!», l'urlo di Louis si perse nella notte e le dolci parole di Harry gli morirono in gola. «Harry, non dirlo...», supplicò. «Non rendere tutto così difficile...», sussurrò.
«Ma-»
«No. Scusami, ho sbagliato, lo so», lo interruppe Louis frettolosamente.
Aveva cercato di trovare un compromesso, ma era assurdo in partenza, Harry non l'aveva accettato e lo capiva. Ora Louis doveva fare come deciso, doveva mettere fine a quella storia sbagliata una volta per tutte.
«Mi dispiace davvero, per tutto quanto, Harry. Ma io non posso darti quello che cerchi. Lo sai che... Tu sei importante per me, non credere che non sia così... Ma io non posso. Scusami».
Le labbra di Harry crollarono verso il basso e i suoi occhi si riempirono di una tristezza insopportabile alla vista di Louis. Allora, comportandosi come il codardo che era, girò le spalle ad Harry e se ne andò, un attimo prima che i suoi singhiozzi iniziassero a riempire l'aria.
 
Quella notte smise di nevicare e il mattino dopo l'ultima neve si era già sciolta. Ne rimase solo un po', nascosta, incastrata nel petto di Louis e nemmeno le sue lacrime bastarono a scalfirla.
 
 
 
 
 
 
 





 
 
Anticipazioni:
 
"«Harry... Eleanor mi ha lasciato...»"
 
 
 
 
 
 



 
 
 
 
Angolo delle Sciagurata Autrice:
 
Se ci tenessi alla vita forse dovrei aggiornare e poi sparire...
Okay, se ci tenessi alla vita avrei aggiornato molto prima, lo so.
Scusate. Mi dispiace tanto. Ci ho messo un mese e due giorni (forse era meglio non ricordarvelo...) ed è troppo. Però adesso sono qui e non ho perso ispirazione o niente di simile. Amo questa storia e amo voi. (Voi mi odiate, ma lo capisco). E' solo che... Speravo di riuscire ad organizzarmi anche se stavo all'estero, ma evidentemente non ce l'ho fatta. Scusate ancora... D'ora in poi non dovrebbero esserci più ritardi del genere, davvero.
Passiamo al capitolo!
Dunque... Ultimamente i capitoli partono bene e finisco male, non so perché! Qui infatti vediamo un bell'inizio, con la scena in cui Harry decide di fidarsi di Zayn e confessargli quello che prova per Louis (anche se Zayn, ovviamente, aveva già capito tutto!). Zayn poi consiglia ad Harry di parlare con Louis e il ragazzo gli da ascolto... Non prendetevela con Zayn, sappiate che Harry sarebbe arrivato a questa scelta comunque, prima o poi, forse ci avrebbe solo messo qualche bacio ubriaco in più...
Poi la seconda parte... Per la prima volta il parere di Louis è scritto chiaro e tondo, o quasi, e spero che questo vi aiuti un po' di più a capirlo (anche se le sue ragioni prime ancora non le sapete, ma se pensate complessato -come lui- sono sicura che ci potete arrivare). Nell'ultima scena Louis, dopo essersi contraddetto pensando una cosa e poi abbracciando Harry, dopo aver proposto ad Harry di lasciare le cose come stanno, alla fine tiene fede ai suoi -pessimi, dico io- propositi e dice ad Harry che non possono essere più che amici. E forse nemmeno più amici quindi? State a vedere.
 
Ora vi saluto e vi ringrazio se siete ancora qui, se siete arrivate adesso, se mi avete aspettato ed insultato per un mese. Grazie. Davvero.
 
Spero che il capito vi sia piaciuto, non so se vale l'attesa, forse è un po' triste? Non siate tristi, non serve. Enjoy the anticipazioni :D
Alla prossima,
Costanza.
 
P.s.: Se mi lasciate anche un parere piccolo piccolo, io sono sempre felice! (Accetto tutto, anche insulti! ... Non siate troppo crudeli però!)
 
 



 

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Capitolo 33
*** Cuore di rabbia va all'attacco ***


 
 
 
 





..In your skin..
 
 
 
 
 
 
 





 
 
 
 
Cuore di rabbia va all'attacco (o quando fai affari con la paura)
 
Da un po' di giorni a quella parte Harry si chiedeva se adesso rientrasse anche lui nell'infelice categoria dei cuori spezzati.
Le premesse per esserlo c'erano sono tutte: una infatuazione devastante, una dichiarazione finita male, un rifiuto chiaro e tondo e per concludere una grande delusione.
Eppure Harry non aveva proprio la sensazione di essersi spezzato. Forse... Forse un po' incrinato, ma spezzato no.
Dopo quell'episodio nel cortile, Harry aveva pianto per tutta la notte e per tutta la notte aveva continuato a chiedersi perché fosse stato così stupido, perché avesse dovuto rovinare tutto. Cosa aveva sperato di ottenere? Che Louis avrebbe confessato di ricambiare i suoi sentimenti? che gli avrebbe chiesto di diventare una coppia? Aveva saputo fin dall'inizio che tutto ciò era impossibile... Però Harry aveva dovuto parlargli, perché era così stanco di vivere con la testa piena di domande senza risposte e con l'esistenza in bilico sulle menzogne che Louis aveva costruito... Solo che allora non poteva sapere che era meglio non averle quelle risposte. Non poteva sapere che era meglio vivere in un castello di bugie piuttosto che sulle sue macerie... E quella notte Harry aveva continuato a contorcersi sopra un letto di schegge appuntite che gli trafiggevano la carne e l'anima, schegge di memoria diventate promemoria, pezzi di quella cosa bellissima e imperfetta che aveva distrutto e che ferendolo gli ricordavano che l'aveva persa per sempre.
Poi era arrivato il mattino.
E gli occhi di Harry erano asciutti, nel suo letto c'erano solo lenzuola, le schegge erano sparite -volatilizzate coi sogni o incastrate per sempre dentro di lui- e si sentiva... diverso. Allora si era alzato dal letto e aveva cominciato una nuova giornata.
Non aveva più voglia di piangere. Tutto ciò che gli era rimasto dentro era solo un desiderio irrefrenabile di... urlare.
 
Ecco, Harry non si riteneva un cuore spezzato perché per esserlo avrebbe dovuto essere triste, disperato, incapace di continuare a vivere. In quella settimana senza Louis, però, quei sentimenti l'avevano giusto sfiorato di tanto in tanto, la notte, ma per il resto...
Harry era solo arrabbiato. Costantemente arrabbiato. Tutta la tristezza della prima notte al mattino si era tramutata in rabbia. E la nostalgia di Louis non faceva che alimentarla col passare dei giorni...
Quella rabbia rossa e ribollente che si era insidiata nel suo petto a volte era talmente grande che pur di liberarsene Harry avrebbe voluto distruggere tutto, fare a pezzi ogni cosa che trovava, mettersi a gridare insulti contro tutti quelli che incrociava, fare a botte con qualcuno (anche se non l'aveva mai fatto in vita sua -be', a parte quella volta con Louis...)
Harry però non ce l'aveva con nessuno in particolare, nemmeno con Louis. Be', forse con lui un po' sì... Ma ciò che lo faceva incazzare veramente era tutto, tutto il dannato modo in cui le cose erano andate.
Quando Louis aveva detto che non ce la faceva ad accettare i sentimenti di Harry, ecco, Harry aveva pensato che fosse colpa sua, che lui non fosse abbastanza per Louis, che non fosse abbastanza per aiutarlo a combattere la paura. Questo pensiero l'aveva riempito di tristezza, all'inizio. E poi l'aveva fatto arrabbiare.
Perché Louis doveva essere così dannatamente codardo? Harry gli piaceva, no? l'aveva già mostrato fin troppo chiaramente. E allora qual'era il problema? Perché doveva complicare tutto in quel modo?
Harry ci aveva provato, per una volta aveva provato ad essere forte, l'aveva fatto per sé stesso, ma soprattutto per loro, e Louis invece aveva rovinato tutto. Non era giusto. Harry era ad un passo dalla felicità! E Louis ne aveva fatti cento indietro perché aveva paura. Ma come faceva a non rendersi conto che sarebbero potuti essere felici insieme? e che per colpa dei suoi timori adesso erano in due a non esserlo? Perché Louis non capiva? Perché non capiva che Harry si sarebbe fatto carico di tutti i suoi fantasmi solo farlo felice? proprio come Louis aveva fatto per lui...
E per quanto Harry avrebbe voluto aiutarlo, e lo voleva ancora malgrado la rabbia, sapeva che non poteva. Perché il suo tentativo l'aveva già fatto... Ora toccava a Louis. Ma Louis non stava facendo proprio niente, e questo, oh, questo lo faceva incazzare ancora di più.
 
No, Harry non era decisamente un cuore spezzato. Harry era un cuore arrabbiato.
 
 
 
 
 
 
Era il 20 Gennaio ed era passata una settimana da quando Zayn aveva avuto la conversazione con Harry sul campo da Quidditch. Era una settimana da quando Harry aveva dato retta al suo consiglio e parlato con Louis. Una settimana che Harry e Tomlinson non si rivolgevano più la parola.
 
Zayn sapeva a grandi linee com'erano andate le cose, Harry gliel'aveva spiegato, piano piano, pezzo dopo pezzo. Il ragazzo aveva cercato di confessare a Louis i suoi sentimenti, ma quell'idiota non l'aveva nemmeno voluto ascoltare, perché era troppo codardo per farlo, e piuttosto che dare retta ad Harry aveva fottuto più quattro mesi di rapporto in dieci minuti. E Harry ci era rimasto male. Tanto male. Ma aveva reagito nel più inaspettato dei modi possibili...
Harry era diventato strano.
Non strano come chi ha avuto una terribile delusione amorosa -perché era di quello che si trattava-, ma strano come uno che da un giorno all'altro non sembra più sé stesso.
Davvero, Zayn stentava a riconoscerlo.
Harry era sempre stato un po'... pungente, alle volte. Ma adesso era tutta un'altra cosa. Era irritabile, sempre nervoso, rispondeva male a tutti senza distinzioni, anche ai professori. Qualche giorno prima era addirittura arrivato alle mani con un suo compagno di dormitorio -uno stronzetto purosangue che l'aveva insultato- e se Zayn non avesse assistito alla scena non avrebbe mai creduto che fosse accaduta. Harry detestava il contatto umano! Zayn era convinto che facesse solo una eccezione, invece...
Zayn si rendeva conto che quello era il modo di Harry per affrontare il rifiuto di Louis e forse era meglio che si sfogasse così piuttosto che tenersi tutto dentro, però... Però quello non era Harry. E quello non era il modo con il quale avrebbe risolto le cose.
Dal canto suo, purtroppo, Zayn non sapeva proprio come aiutarlo. Forse si era già intromesso fin troppo... Però le cose non potevano continuare in quel modo. Harry era fuori di testa e Louis Tomlinson... Louis ultimamente era sparito.
 
 
«Devi aiutarmi»
Zayn alzò la testa dal suo libro per osservare la persona che gli si era parata davanti, solo per accorgersi che in realtà si stava rivolgendo ad Harry, seduto proprio accanto a lui.
Liam Payne, nonostante la sua figura imponente, aggrappato con le mani al loro tavolo e con un'espressione affranta e supplicante in volto, sembrava più un bambino troppo cresciuto che un avvenente giocatore di Quidditch.
Harry non lo degnò che di una veloce occhiata, per poi dedicargli un annoiato «Cosa posso fare per te?»
«Si tratta di Louis...», confesso subito Payne.
Ad Harry sfuggì una risatina -molto inquietante-, poi: «Ovviamente si tratta di Louis».
Zayn decise di stare a guardare dove avrebbe portato quella conversazione. Sembrava promettere bene.
Liam abbassò lo sguardo, «Ecco... Tu devi parlargli, Louis ha davvero bisogno di te questa volta...», sussurrò.
Harry gli dedicò un occhiata sprezzante. «Di quello che ha bisogno lui non me ne importa proprio niente», disse e sembrava anche credibile. Peccato che sapevano tutti e tre che stava mentendo. «Non ho intenzione di fare nulla. E' lui quello che ha voluto che le cose andassero così, non di certo io», concluse Harry. Liam sembrò stupirsi di quella risposta tanto velenosa ed energica, poi però scosse la testa e continuò per la sua strada
«No, non è questo. In realtà... Tu non centri», disse appena imbarazzato.
La situazione si faceva interessante...
«Non centro?», questa volta fu Harry ad essere preso in contropiede.
«Veramente, no... Lo so che tu e Louis avete litigato...», c'era un "di nuovo" sulla punta della sua lingua, «Ma io non sono qui per questo...»
«E allora-?»
«E' successa un'altra cosa...»
«Payne, arriva al punto», lo invitò Zayn, spazientito.
Liam lo incenerì: «Io starei parlando con Harry, non con te».
«Liam, per favore, parla», si inserì Harry. La sua esortazione fece più effetto.
Liam prese un respiro profondo prima di iniziare. «Ecco... Louis ed Eleanor si sono lasciati».
Nella testa di Zayn quella frase fu seguita da un sonoro squillo di trombe. O dal suono di una bomba che esplodeva nel deserto. La faccia di Harry gli diceva che la notizia era stata per lui altrettanto d'effetto. Harry aveva in volto un espressione esterrefatta.
Visto che il suo amico riccio non sembrava intenzionato a riprendersi nel giro dei successivi cinque minuti toccò a Zayn parlare al posto suo. Come se gli fosse dispiaciuto.
«Cos'è successo esattamente?», chiese.
Liam Payne lo guardò con sospetto, ma dopo aver guardato anche Harry -e aver appurato il suo stato di semi-incoscienza- si convinse a rispondergli.
«Louis nell'ultima settimana era sempre di pessimo umore, un po' come quando avevate litigato a novembre, forse peggio... Le cose con Eleanor non andavano bene già da un po', ma credo che questo suo ennesimo comportamento incomprensibile sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Louis non me l'ha proprio detto, ma sono abbastanza certo che sia stata lei a lasciarlo, perché, insomma, lei era stanca di stare con un ragazzo che... aveva sempre la testa da un'altra parte», diciamo pure che era era stanca di stare un ragazzo innamorato di un altro ragazzo.
«Q-quando...?», chiese Harry con voce strozzata. Le orecchie di Zayn accolsero quel sussurro debole come si accoglie un vecchio amico.
«E' successo lunedì e da allora Louis non è più uscito dalla sua camera... Ormai sono due giorni che va avanti così e io... Io ho paura. Credo che le uniche volte che l'ho visto alzarsi dal letto siano state per andare in bagno. Non mangia neanche. Non- non va bene...», Liam sembra sinceramente preoccupato.
«Payne, ci vuole ben altro per ammazzare Louis Tomlinson!», sdrammatizzò Zayn. Liam non parve apprezzare. E da come lo guardò, nemmeno Harry sembrò farlo.
«Harry», Liam tornò a rivolgersi direttamente a lui, «Io... Io lo so che Louis a volte fa delle cose stupide, però... Se tu ci tieni a lui almeno un po', se lo hai mai fatto, ti prego, aiutalo, tiralo fuori dalla gabbia in cui si è chiuso da solo».
«Ci si è messo da solo, esce da solo», ma quelle parole uscirono dalla bocca di Harry con troppa fatica per essere convincenti.
«Non funziona così, lo sai anche tu... Harry, ascolta, ultimamente a Louis non va bene niente. Tutta questa situazione con te lo stava molto... confondendo», Zayn apprezzò la scelta di parole, «C'è Eleanor che gli faceva pesare ogni cosa che faceva e poi... E poi fra qualche mese la scuola sarà finita e sembra che Louis voglia abbandonare completamente il mondo magico e-»
«Che cosa?», questa volta Harry non tentò nemmeno di nascondere il proprio stupore.
Liam annuì affranto: «E' così, si è convinto che una volta finita Hogwarts tornerà a casa a lavorare nell'officina del padre. Stiamo cercando di fargli cambiare idea, con il talento che ha è sprecato, ma Louis non vuol sentir ragione. Per come la vedo io sarebbe un po' come buttare questi sette anni nel cesso...»
«M-ma... Perché?», chiese ancora Harry, evidentemente sembrava aver dimenticato la sua maschera di rabbia da qualche parte. Nei suoi occhi c'era solo preoccupazione. In quelli di Zayn c'era un sorriso.
«Non lo so, sospetto che i suoi gli stiano facendo pressione...»
Harry sembrò essere colto da una qualche illuminazione, non una felice, però, perché dopo si rattristò ancora di più.
«Si, forse, qualcosa del genere...», sussurrò, più a sé stesso che a Liam.
Liam decise che quello era il momento per ritornare all'attacco: «Harry, tutte queste cose stanno succedendo nello stesso momento e forse per Louis è semplicemente stato un po' troppo. Non sapeva come gestirle e a mollato tutto...», continuava, «Io non dico che si sia comportato nel modo migliore possibile, anzi credo che non lo abbia fatto per niente, però... Ti prego, non lasciarlo anche tu».
«Io non l'ho lasciato, è lui che non mi vuole...», disse Harry con un filo di voce affranta.
«Sì che ti vuole! E' solo che non lo sa dire. Devi- devi dargli tempo. E fiducia, anche se lui stesso non se ne da neanche un po'... Ti prego Harry, so che a te darà ascolto. Aiutalo».
Zayn aveva quasi voglia di alzarsi e stringere una mano a Liam Payne. Perché qualcosa gli diceva che era appena riuscito nel suo intento. Qualcosa come il suono di una sedia che si spostava troppo in fretta accanto a lui.
Mentre Harry si alzava, sul viso di Liam si dipingeva un gran sorriso.
«Oh Harry, grazie, grazie mill-!»
«Aspetta a ringraziarmi. Fallo quando farò uscire Louis da quella camera». Quella sembrava proprio una sfida. O una promessa.
Dopo un veloce «A dopo» Harry voltò loro le spalle e si lanciò oltre la porta della biblioteca. Forse, pensò Zayn, nonostante la rabbia, tutto ciò che Harry stava aspettando era solo un pretesto qualsiasi per poter tornare da Louis.
Zayn rimase a fissare pensierosamente il punto in cui Harry era sparito.
«Pensi che ce la faranno?», lo interrogò Liam dopo un po'. Zayn non si era nemmeno accorto che fosse ancora lì. Quella domanda poteva riferirsi a tutto e niente...
«Me lo auguro», rispose con sincerità, «Anche perché non voglio nemmeno pensare a come si ridurrebbe Harry se non ce la facessero davvero».
Liam sospirò: «Già...», anche quello, significava tutto e niente.
Adesso potevano solo aspettare.
 
 
 
 
 
La porta della camera di Louis era completamente aperta, per cui ad Harry entrò e basta, senza bussare.
Nella stanza c'erano alcuni ragazzi -compagni di dormitorio di Louis- che giocavano a scacchi sopra una pila di libri all'apparenza scolastici.
«Ciao Harry!», lo salutarono vedendolo entrare.
Harry si fermò, sorpreso. Quei ragazzi lo avevano appena salutato per nome e prima di allora lo avevano visto sì e no qualche volta assieme a Louis. Harry, invece, non aveva ancora imparato i loro nomi dopo quattro mesi che ci dormiva assieme a loro insaputa...
«Sei qui per Louis?», chiese uno di loro.
«Ah... Ehm... Sì...», rispose, mancando di brillantezza.
Il ragazzo annuì. «Be' , forse a te darà retta... Comunque è lì», disse indicando il baldacchino di Louis, con le tende rigorosamente serrate.
«Grazie...», sussurrò mentre si incamminava verso quel letto.
«Buona fortuna amico, ti servirà», aggiunse l'altro ragazzo.
Harry deglutì. In pochi passi arrivò di fronte al letto. Adesso gli sarebbe bastato allungare il braccio e la sua mano avrebbe sfiorato le cortine del baldacchino... E oltre a quel velo di stoffa c'era Louis.
Harry fu preso da un momento di panico. Cosa ci faceva lì? Cosa pensava di poter fare? Liam era convinto che potesse aiutare Louis, e anche quei ragazzi ne sembravano convinti per qualche ragione. Ma come doveva fare esattamente? Louis non aveva mai voluto veramente farsi aiutare da Harry, non avrebbe certo iniziato a farlo ora...
Harry era corso su per la torre di Grifondoro senza pensarci due volte e si era fiondato nel dormitorio del settimo anno senza esitazione e non gli era sembrata una cosa tanto assurda, fino ad allora. La realtà era che parole di Liam lo avevano molto turbato, perché anche se Louis non gli voleva nemmeno la metà del bene che Harry voleva a lui, Harry non avrebbe mai smesso di volergliene. O di preoccuparsi per lui e desiderare per lui tutta la felicità possibile. Anche se era arrabbiato.
Forse stava sbagliando per l'ennesima volta, forse non c'era niente che potesse fare e Louis si sarebbe anche rifiutato di parlargli, però per la prima volto dopo giorni Harry si accorse che la sua rabbia stava piano piano scomparendo. Harry si sentiva improvvisamente più tranquillo. E anche agitato, sì, ma non arrabbiato, non più.
E aveva come la sensazione che la vera pace fosse oltre quelle tende scarlatte.
Non sapeva cosa lo aspettava, non sapeva cosa avrebbe fatto, ma sapeva che lui doveva andare lì dentro e portare fuori Louis.
Afferrò la cortina ed entrò.
 
Dentro il baldacchino era semibuio nonostante fuori fosse ancora giorno, la luce che entrava dalla tenda scostata illuminava il letto sfatto e Louis era solo una piccola forma tutta arricciata su sé stessa nascosta tra le coperte. Ad Harry si strinse il cuore a quella vista.
«Vattene Lee», sembrò un sussurro dall'oltretomba. Invece era la voce di Louis, quella voce che Harry non sentiva da troppi giorni, la voce che gli era mancata come l'aria e il cui ricordo doloroso era stato la causa di molti attacchi di rabbia.
«Non sono Liam», disse ignorando il nodo alla gola.
Harry ebbe l'impressione di sentire Louis trattenere il respiro. Ma forse era solo lui quello che non riusciva a respirare...
Approfittando del momentaneo silenzio di Louis, Harry si chiude le tende alle spalle e si appoggiò con le ginocchia sul letto. Adesso erano solo loro, nel buio, il mondo fuori. Anche Louis sembrò realizzarlo tutto d'un tratto. «H-Harry...», tremolò la sua voce. Harry non capì se quello fosse un "Harry vattene" o solo un "Harry, cosa ci fai qui?"
Quanto gli era mancato il proprio nome sulle sue labbra... No, adesso aveva altro a cui pensare, doveva... Il problema era che Louis taceva di nuovo e Harry ancora non aveva trovato qualcosa da dirgli. L'unico consiglio che il suo corpo gli stava suggerendo era quello di sdraiarsi accanto a Louis e stringerlo forte. Ma non era il caso.
«Io... Harry...», sorprendentemente fu Louis a rompere il silenzio, «Harry... Eleanor mi ha lasciato...», disse con con voce affranta.
Harry ignorò la fitta al petto che gli causarono quelle parole. Harry era lì perché Louis stava soffrendo e aveva bisogno del suo aiuto. Anche se avrebbe voluto che a Louis non fosse importato nulla di quella lì...
«Lo so, me l'ha detto Liam...», sussurrò.
«Io- non doveva andare così...», piagnucolò Louis.
Harry si sforzò di parlare: «Puoi... Vedrai che le cose si sistemeranno», se era quello che Louis desiderava...
«No Harry, è tardi. E' troppo tardi», insisté Louis, affranto.
Harry doveva farlo parlare, doveva lasciare che si sfogasse. Anche se faceva male.
«Non è troppo tardi. C'è sempre qualcosa che puoi fare».
«Però finirà sempre allo stesso modo, inevitabilmente... Sai quante volte ci ho provato, Harry? Eppure va sempre così, faccio male a tutti. A te, ad Eleanor, alla mamma... E alla fine sto male anche io e non ce la faccio più...», Louis si strinse di più su sé stesso con uno strusciare di lenzuola.
«Louis...»
Il ragazzo emise un suono che poteva essere un sospiro o un singhiozzo. O entrambi. «Harry, tu non dovresti essere qui...», disse dopo.
«Vuoi- Vuoi che me ne vada?», Harry si pentì subito di averlo chiesto. Perché non era pronto a sentirsi dire un "Si, vattene".
«Non lo so, Harry, non lo so...», disse, però, Louis, «E' che dentro di me ci solo tutte le cose voglio da una parte e dall'altra ci sono le cose che dovrei volere. E per qualche dannata ragione non coincidono mai...»
«Allora dimmi che cosa vorresti in questo momento. Dimmi che cosa vorresti davvero!», lo esortò.
«Harry...»
«Dimmelo», ordinò.
E Louis, lo fece: «Vorrei... Io vorrei che tu restassi. Per sempre. Vorrei abbracciarti, ora, e stringerti forte senza lasciarti più. Vorrei anche baciarti, oh quanto lo vorrei. Harry, vorrei fare tutto con te. Solo con te, sempre con te...», sì, quello sarebbe stato un bellissimo sogno... «Però so che questi desideri sono sbagliati. So che dovrei smetterla di pensare a te in questo modo, non avrei dovuto nemmeno iniziare. So che non dovevo baciarti, quella volta a casa di tuo padre e poi alla festa, e che non avrei dovuto comportarmi come ho fatto. So che adesso dovrei piangere per Eleanor e non perché mi manchi tu, ma non ci riesco... Una parte di me è quasi felice di non essere più legato a lei... Anche se era l'ultima prova rimasta della mia normalità...»
Harry aveva il cuore in gola. Quelle parole per lui valevano più di una dichiarazione d'amore. Per la prima volta -forse da sempre- Louis gli stava confidando i suoi sentimenti. Ed era complicato e difficile e forse non avrebbe portato a niente. Ma Harry in quel momento sentì che lo avrebbe potuto amare. Forse si stava davvero innamorando di quel ragazzo impossibile che gli faceva a pezzi il cuore.
Con cautela, Harry si sdraiò su un fianco, nel lato del letto opposto a quello di Louis. Tutto ciò che vedeva dell'altro ragazzo era solo la vaga forma della schiena, il resto del suo corpo era solo una delle tante ombre che si perdevano nella penombra.
«Lou, tu sei normale... Non ci sarebbe nulla di sbagliato nell'essere-»
«Non per me!», lo interruppe, «Io... Voglio dire, non ho problemi con- Va bene essere così», non riusciva nemmeno a dirlo, «Però io non posso esserlo! Non posso Harry, non anche questo...»
Dunque era quello il problema... Louis sapeva cos'era e sapeva cosa provava, lo sapeva chiaramente. Ma se solo avesse trovato un modo per rinunciare a quei sentimenti l'avrebbe fatto senza pensarci. Perché Louis si era costruito un'immagine ideale di sé stesso alla quale si sforzava di assomigliare che, purtroppo, era completamente diversa da quello che lui era veramente. E non riusciva a liberarsi dalla convinzione che il Louis-ideale fosse meglio di quello reale... Ma era proprio il secondo quello che Harry stava iniziando ad amare...
Il Louis-perfetto non poteva essere gay. Non poteva essere innamorato di un ragazzo. Non poteva non avere una bella ragazza a confermare la sua eterosessualità. E Louis non sopportava di non essere quella persona.
«Io... Ho capito...», sussurrò Harry. Ma non si era ancora arreso, c'era ancora qualcosa che doveva sapere: «Dimmi solo, Louis, a prescindere da cosa sei o cosa non sei e da tutti i sentimenti che provi, tu, sei felice? Tutti questi tentativi per essere il ragazzo perfetto che vorresti, ti hanno portato almeno un po' di felicità?», chiese.
Quella domanda sembrò colpire Louis, perché sussultò, e poi si girò lentamente, fino a che i loro occhi non si incontrarono nel buio.
E poi, con un bisbiglio quasi impercettibile, disse... «No... Io non felice così...», singhiozzò, «Ma non sai quanto mi sento in colpa per essere felice ogni volta che sto con te...».
Ad Harry bastava quello. Louis era felice insieme a lui, non con Eleanor, non con qualsiasi altra persona, non quando fingeva di essere qualcun altro.
E allora Harry sapeva cosa doveva fare.
Avrebbe reso Louis talmente felice da fargli dimenticare i sensi di colpa. Gli avrebbe fatto capire quanto lui potesse essere fantastico anche se non era perfetto. E forse ci sarebbero voluti mesi, anni, per riuscirci. Ma Harry avrebbe continuato a provarci, perché la sua di felicità, non poteva esistere senza quella di Louis. E adesso che aveva finalmente trovato una ragione per sorridere dopo una vita di tristezza, non aveva alcuna intenzione di rinunciarci.
Intanto, però, doveva cercare di aggirare i limiti che Louis si era imposto e quindi...
Strisciò un po' più avanti -abbastanza per cogliere l'espressione allarmata di Louis-, ma non abbastanza per toccarlo.
«Ascoltami Louis...», iniziò Harry col tono più calmo che possedesse, «Lascia che io ti resti accanto. Aspetta, ascolta. Non ti chiederò più nulla. Non ti chiederò di più di quello che ti sentirai di darmi e non ti chiederò di dare un nome a tutto ciò», Louis non voleva essere gay? Bene, non lo era finché non si chiamava tale.
Harry continuò: «Non dobbiamo essere- Non saremo nulla di diverso da quello che eravamo. E' quello che mi avevi chiesto tu, no? Saremo come prima», Louis non poteva accettare di provare qualcosa per Harry e che Harry facesse lo stesso per lui? Perfetto, avrebbero continuato a definirsi amici.
E infine: «Se vuoi puoi... Puoi anche trovarti un'altra ragazza», quello ad Harry costò parecchio, «E se vuoi tornare con Eleanor io sono... sono disposto ad aiutarti, posso parlarle, dirle che è colpa mia se ti sei comportato così, che tu- tu ami lei. Posso farlo», affermò.
Gli occhi di Louis erano spalancati di stupore e brillavano anche nell'oscurità.
«Harry... Perché faresti una cosa simile?», chiese Louis con un sussurro.
«Perché io sono felice solo se tu sei felice. E se tu hai bisogno di me per esserlo, allora io starò con te. Ma se hai anche bisogno delle tue... certezze, allora provvederemo anche a quelle», con la muta speranza che, prima o poi, si sarebbe accorto di non aver alcun bisogno di esse. Magari più prima che poi-
«Ti farò soffrire...», Louis lo disse come se gli stessero infilando un coltello nella carne.
«Non più di quanto io non abbia sofferto in questi giorni. E non più di quanto ho già sofferto in passato...», per un attimo i ricordi della sua vecchia vita tornarono ad oscurargli la mente, ma poi Harry si concentrò su Louis e sparirono in fretta com'erano venuti. «Per fortuna ho raggiunto una soglia della sofferenza piuttosto alta, ti sarà difficile superarla», aggiunse scherzando. Stava scherzando su tutte le cose che l'avevano fatto piangere per una vita. E stava bene.
Harry si avvicinò ancora. Adesso poté cogliere appieno il guizzo allettato negli occhi di Louis. La proposta di Harry gli piaceva. Perché era un perfetto compromesso fra quello che voleva davvero e quello avrebbe voluto volere.
«Io e te, nessuna domanda, nessun obbligo, nessuna etichetta. Puoi fare tutto quello che vuoi», ripeté Harry. Era un affare. In palio c'era solamente il suo cuore.
«Harry, ma sei sicuro che ti andrebbe bene?», questa volta fu Louis a farsi avanti per cercare nei suoi occhi la verità.
«Sì, io sono sicuro», affermò, «E tu?»
«Io...», Louis ingoiò la saliva rumorosamente, e poi annuì. O meglio, ad Harry parve che annuì, ma non ne fu certo fino a quando non glielo confermò a parole: «Okay... Okay... Proviamoci...»
Non suonava troppo convinto. Ma aveva accettato.
Sulle labbra di Harry spuntò un sorriso spontaneo, il primo da giorni.
«Okay? Davvero?!», chiese incapace di nascondere il suo entusiasmo.
«Si...»
«Oh Louis, grazie, grazie mille!», Harry per un attimo fu sul punto di azzerare le distanze e abbracciarlo. O peggio. Ma si fermò in tempo. Era Louis quello al comando.
E Louis aveva lo sguardo basso...
«Hai detto...», fece il maggiore, «...Tutto quello che voglio?»
Harry si sentì improvvisamente nervoso. «Sì, l'ho detto...»
«E non mi chiederai spiegazioni?», continuò.
«No, niente», perché ormai Harry sapeva le ragioni di Louis, di spiegazioni non gliene servivano altre.
«E non mi dirai neanche... Non mi dirai che... Che tu...», Louis non voleva che Harry gli dicesse che lo amava. Andava bene. Poteva fare -non fare- anche quello. Doveva essere così.
«Non ti dirò più quelle cose. Te lo giuro», forse un giorno sarebbe stato Louis stesso a chiedergli di dirle, un giorno in cui sarebbe stato pronto ad ascoltarle e poi ricambiarle serenamente.
Louis lo guardò intensamente e Harry si rese improvvisamente di quanto fosse vicino. Così vicino che...
«Quindi...», ora la voce di Louis era solo un soffio sulle labbra di Harry, «...Se faccio questo, non mi chiederai perché?»
Harry non fece in tempo a chiedere "Questo cosa?" che le labbra di Louis si erano già appoggiate sulle sue in un bacio leggero e veloce. Ma Louis si staccò subito e tornò a guardalo, in attesa della sua risposta.
Harry dovette ricorrere a tutta la sua concentrazione per riuscire a formulare uno debole «No...».
Louis sorrise. «E se faccio questo, mi dirai qualcosa?», lo baciò di nuovo, ma questa volta posò sulla sua bocca due piccoli teneri baci a fior di labbra.
«No...», sussurrò Harry frettolosamente, inseguendo inconsciamente la bocca di Louis che si era allontanata.
Louis riprese il sorriso da dove l'aveva lasciato e quello gli illuminò il volto intero.
«E se faccio questo...», appoggiò la bocca sulla sua per la terza volta, ma questa volta con più intensità. Con una mano gli cinse la guancia e con le labbra approfondì il bacio, spingendo, leccando, mordendo appena, per molti secondi, fino a fargli schiudere le labbra. Poi si staccò di colpo, con uno schiocco.
«Se faccio questo...», ansimò Louis, «...tu cosa mi dici?», i suoi occhi sembravano sfidarlo.
Harry sorrise, frastornato, poi con le mani cercò il colletto della maglia di Louis e «Continua», disse, l'attimo dopo se lo trascinò di nuovo contro.
Louis rise sulle sue labbra. Harry pensò che fosse bellissimo.
 
Rimasero a baciarsi per molti minuti, fino a quando la rabbia e la tristezza non furono altro che ricordi lontani. Per la prima volta erano entrambi sobri e col cuore un po' meno pesante nel petto. Infine scesero per la cena e Harry riconsegnò Louis nelle braccia di un Liam Payne stupefatto. Harry aveva mantenuto la promessa.
 
 
 
 
Harry sapeva di non aver risolto le cose, anzi, forse quel giorno aveva fatto un passo indietro. La paura di Louis stava ancora vincendo e il loro compromesso non era altro che un segno di sottomissione ad essa. Un segno che gli era costato parecchio e forse gli sarebbe costato anche di più...
Però per il momento erano sereni e forse un giorno, continuando a stare insieme, Louis lo avrebbe amato abbastanza da non avere più paura. Ed Harry avrebbe aspettato con impazienza quel giorno.
Fino ad allora si sarebbe impegnato per rendere Louis felice. E, perché no, per rendere felice sé stesso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Louis si era definitivamente dimenticato del compleanno di Harry"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo della Creatura
 
Sì, sono una creatura. Una di quelle orribili e sempre in ritardo.
Ormai sono monotona, lo so, ma mi dispiace davvero farvi aspettare tanto .-. Abbiate però sempre una certezza, prima o poi, aggiorno! (E intanto ho fatto prima dell'ultima volta!)
 
Il capitolo... Per una volta non finisce con una tragedia e inoltre finalmente le cose sembrano trovare una sorta di sistemazione, che potrà più o meno soddisfarvi. Ecco, mi piacerebbe sapere quanto... E mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensate di Harry in questo capitolo. Il nostro H ha avuto delle reazione (e delle soluzioni) forse inaspettate, forse comprensibili -o incomprensibili?- nel contesto di crescita emotiva in cui (si suppone) è inserito... Per quanto riguarda Louis... è complicato ed è anche un po' egoista. Ma ad Harry piace anche così -e ormai l'ha capito com'è- quindi... Teniamocelo e speriamo che inizi a crescere anche lui.
Aspetto il vostro parere! :)
 
Oggi voglio soffermarmi sui ringraziamenti.
Dunque: sebbene lentamente questa storia sta andando procedendo ed è arrivata più avanti di quanto mi sarei mai aspettata. In tanti sensi. Non sapevo se io sarai arrivata fino a questo punto e non credevo che tanti di voi si sarebbero aggiunti fino a questo punto. Sappiate che le due cose sono strettamente collegate. Non sarei qui senza di voi, senza il vostro supporto, senza le vostre presenze, più o meno visibili.
Grazie per ogni preferito, ricordato, seguito.
E grazie, grazie, grazie (e ancora grazie) per ogni parola che mi dedicate -anzi- che dedicate a questa storia. Sapere che c'è qualcuno che la ama un pochettino, o abbastanza da dedicarle qualche minuto della propria vita, per me è una cosa importantissima e non avrò mai abbastanza parole per dirvi quanto io lo apprezzi.
Di nuovo: Grazie.
 
A presto (e si spera che questa volta "presto" sia un po' prima!),
Vostra Connie.
 
 
 
 
 
 
P.s.: Come sempre chiedo venia per gli errori .-.

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Capitolo 34
*** Immagini di felicità ***


 
Ecco a voi il capitolo più lungo che abbia mai scritto per questa storia. Prendetelo come un regalo, non una punizione!
 
 


 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
Immagini di felicità (o la linea sottile tra sogno e realtà)
 
 
Contro ogni aspettativa, il patto tra Harry e Louis stava dando dei buoni risultati, tra cui alcuni decisamente inaspettati...
 
Harry e Louis avevano ripreso la loro amicizia da dove l'avevano lasciata, trovandola ancora più forte di prima. Harry l'aveva accolta a braccia aperte, realizzando solo allora quanto gli fosse mancata, perché aldilà dell'amore o dell'attrazione, Louis era anche suo amico, era la persona che gli piaceva di più al mondo, l'unica che sapesse farlo ridere sempre, l'unica che lo rendeva felice solo perché esisteva affianco a lui. E per Harry, avere di nuovo la sua persona preferita accanto, era qualcosa di impagabile.
 
Contro ogni peggiore ipotesi di Harry, sembrava che Eleanor fosse definitivamente sparita dalla scena e, soprattutto, dai pensieri di Louis. Passavano i giorni, ma il Grifondoro non aveva mai fatto menzione della sua ragaz- ex ragazza. E Harry non poteva che esserne felice, perché aveva giurato che avrebbe aiutato Louis a farli tornare assieme, ma se avesse dovuto farlo davvero sarebbe stato con la stessa gioia con la quale un condannato a morte si mette la corda intorno al collo, da solo.
 
La cosa più sorprendente ed inaspettata venuta fuori da tutta quella situazione, tuttavia, era un'altra: il compromesso sembrava aver improvvisamente sbloccato i freni inibitori di Louis. Adesso Louis baciava Harry ad ogni occasione possibile e non faceva che sfiorarlo in punti troppo particolari per essere tocchi accidentali. A volte Harry sorprendeva Louis a guardarlo con la stessa luce liquida che gli riempiva gli occhi prima di baciarlo. E anche dopo essere stato scoperto, Louis non distoglieva più lo sguardo, ma continuava a fissarlo, a dirgli con gli occhi quello che sentiva per lui.
Andava detto, però, che se Louis si stava finalmente rilassando dal punto di vista fisico, da quello comunicativo non avevano fatto progressi. Ovviamente parlavano, ma si limitavano alle normali conversazioni tra due amici molto legati... I reciprochi sentimenti invece sembravano un discorso tabù. Dopo quel pomeriggio in camera sua, Louis aveva soffocato le parole del suo cuore nei baci e non aveva accennato nemmeno una volta a quello che provava per Harry, in realtà non aveva più parlato neanche dell'accordo stesso. Si era limitato ad applicarlo.
 
Nonostante ciò, Harry stava bene. Stava bene davvero e non mentiva a sé stesso ogni volta che se lo ripeteva. Stava così bene ed era una novità così grande che lui stesso stentava a crederci! Aveva proposto quel compromesso per disperazione, ma non era convinto che avrebbe funzionato, né credeva che alle paure di Louis sarebbe bastato quel patto di silenzio. E invece era stato così. Harry aveva messo da parte le parole d'amore, Louis i suoi preconcetti di giusto e sbagliato. E assieme stavano riuscendo ad essere felici.
Harry stava toccando l'apice della sua felicità, da quel pomeriggio dentro al letto di Louis ogni giorno era stato un crescendo di gioia, ogni giorno Louis aveva dato ad Harry una ragione per essere felice. E Harry stava facendo lo stesso per lui. Questo era più che sufficiente.
 
 
 
 
 
Il 26 Gennaio, quando Harry aprì gli occhi e si ritrovò immerso in una coltre di coperte rosso scarlatto, non si fece troppe domande. Ormai risvegliarsi nel letto di Louis era diventato normale quanto farlo nel proprio. Aveva perso già da tempo il conto di quante volte si fosse scambiato con il Grifondoro. Tante, sicuramente tante.
«Louis! Alzati, è tardi!», ecco, forse a quello non si sarebbe mai abituato. Liam Payne e le sue sveglie mattutine... Facciamo pure "Liam Payne" e basta.
«Arrivo...», biascicò con la vocetta di Louis, forse troppo piano perché Liam lo sentisse, ma l'importante era averci provato.
«Louis!», la voce di Liam rimbombò di nuovo nella stanza.
E ancora dopo nemmeno un minuto: «Louis, allora?!», questa volta Liam spalancò le tende del baldacchino, inondando il letto di luce mattutina e accecando gli occhietti assonnati di Harry/Louis.
Maledetta torre, maledetta luce e maledetto Liam Payne! Harry fu seriamente tentato di nascondere la testa sotto il cuscino e ignorarlo bellamente.
«Louis, ti vuoi dare una mossa!», ahhh, basta. Con uno scatto nervoso si tirò su a sedere.
«Okay, sono sveglio», annunciò imbronciato.
«Alleluja!», Liam si guadagnò un occhiata fulminante.
Per un attimo Harry vagheggiò l'idea di rimettersi giù -Ehi, aveva sonno!-, poi si disse che se avesse sentito ancora il nome di Louis uscire dalla bocca di Payne non avrebbe risposto delle sue azioni, e quindi tanto valeva alzarsi.
Mentre scendeva dal letto uno dei suoi piedi anziché toccare il pavimento finì per calpestare un foglio di carta abbandonato per terra. Louis lasciava i fogli in giro e poi diceva che Harry era disordinato?! Si piegò svogliatamente per raccoglierlo e riporlo insieme alle altre cose nel baule, solo che mentre lo afferrava gli sfuggì l'occhio per un attimo e lesse...
 
Caro Louis,
Qui a casa stiamo tutti bene...
 
Era una lettera. Una lettera dalla famiglia di Louis.
Bene, a questo punto Harry doveva riporla e fare finta di non averla mai vista. Però...
Però all'improvviso gli tornarono in mente le parole di Liam di qualche giorno prima. Con tutto quello che era successo se ne era quasi dimenticato, ma quella lettera riportò in lui la preoccupazione sul fatto che Louis volesse abbandonare il mondo magico una volta finita Hogwarts. Quella scelta rimaneva tutt'ora inspiegabile per Harry, ma sentiva che forse avrebbe trovato qualche spiegazione proprio in quel pezzo di carta.
Sicuramente era contro la privacy di qualcuno, sicuramente infrangeva l'accordo con Louis, ma Harry doveva sapere, solo così avrebbe potuto aiutare Louis. Quindi alzò il foglio e lesse.
 
Caro Louis,
Qui a casa stiamo tutti bene, le gemelle chiedono sempre di te e manchi perfino a Fizzy e Lottie, solo che non lo ammetterebbero mai. Tua madre pensa continuamente a te-
 
Quindi era Mark che scriveva...
 
-prima o poi ti scriverà anche lei... Lo sai che non è facile per lei, mandarti una lettera sapendo dove ti trovi... Però ti vuole bene, te ne vogliamo tutti qui.
Ho parlato con tua madre della tua idea di lavorare con me in officina.-
 
Quindi era stata un'idea di Louis?!
 
-Ne è stata entusiasta! Penso che non ci sarebbe modo per te di renderla più felice. Gli sei mancato così tanto in questi anni di lontananza e sapere che presto tornerai a casa per restare sarebbe una gioia per lei.-
 
Harry non sapeva perché, ma quelle frasi lo innervosirono parecchio. Era come se fossero scritte appositamente per fare leva sul senso di colpa di Louis nei confronti di Johannah e convincerlo ulteriormente ad abbandonare la magia...
 
-Per quanto mi riguarda, penso che sarebbe la scelta più saggia, vista la statuizione. Però... Pensaci bene, valuta tutte le tue scelte. L'unica felicità che conta non è quella di Johannah.-
 
E questo cosa doveva significare?
 
-Sappi che un lavoro per te lo troverò sempre nell'officina, quindi non preoccuparti a proposito.
A questo punto ti saluto a nome di tutta la famiglia, speriamo di rivederti presto (e che non impiegherai un mese a rispondere come al solito!). Pensa a quello che ti ho detto.
Un abbraccio,
Mark.
 
Forse era solo un'impressione di Harry, ma per un attimo gli era parso che Mark stesse consigliando a Louis di proseguire la sua vita come mago. Okay, non era scritto chiaramente, ma l'uomo aveva implicitamente suggerito di mettere in secondo piano la felicità di Johannah per mettere al primo la propria... E Louis non sarebbe mai potuto essere felice in un'officina. Questo Harry lo sapeva. E forse lo sapeva anche Mark.
 
 
 
 
 
Harry non disse a Louis di aver letto quella lettera, né gli riferì quello che Liam gli aveva detto.
Voleva aiutarlo, lo voleva davvero, ma ormai aveva capito che era meglio aspettare che fosse Louis a tirare fuori i problemi -o che un pretesto lo facesse per loro-, piuttosto che essere lui stesso a farlo.
Nulla però aveva impedito ad Harry di continuare a pensare a quella storia. E col passare dei giorni era giunto ad una conclusione a cui prima d'ora non era mai arrivato. Ossia che forse la causa di tutti i problemi di Louis -e di conseguenza anche dei problemi tra Harry e Louis- risiedeva nel suo complicato rapporto con la famiglia, e in particolare con la madre.
Louis era convinto di aver rovinato la vita di sua madre, perché era un mago proprio come il suo padre biologico, e per colpa di quella eredità agli occhi di Johannah Louis era sbagliato. Così Louis era cresciuto con la convinzione che tutto ciò che riguardava la magia, quindi anche una parte di sé, fosse da condannare. Il prezzo per quella parte di lui tanto sbagliata erano state le lacrime di una donna con il cuore spezzato e mai riaggiustato. E Louis aveva visto quelle lacrime troppe, troppe, volte, e ogni volta si era sentito colpevole. Alla fine avrebbe fatto qualsiasi cosa per non vederle più.
E forse era proprio per questo che voleva abbandonare la magia, forse era per la stessa ragione che Louis era ossessionato dall'idea di essere perfetto: per non dare più a sua madre o sé stesso o a chiunque altro una ragione per essere infelice. Peccato che non essere triste non significasse necessariamente essere felice...
 
Harry doveva solo trovare il modo di far capire a Louis che tutto ciò di cui era convinto da una vita non fosse la realtà. Facile, insomma. Come si faceva a smantellare quelle convinzioni ormai radicate? Harry stava finalmente abbandonando le proprie, ma era stato in terapia per anni e poi aveva incontrato Louis... Louis era stato la chiave di volta della sua vita, la prima persona che fosse riuscita ad entrargli dentro e cambiarlo dall'interno. Evidentemente, però, Harry non aveva avuto la stessa importanza nella vita di Louis, perché l'altro continuava ad inabissarsi nelle sue ossessioni e forse si stava trascinando anche Harry con sé...
 
 
 
 
 
«Harry, stai bene? Sei assente da cinque minuti».
Il pomeriggio del 30 Gennaio Harry e Louis erano andati in biblioteca per studiare assieme, ma Harry non faceva che distrarsi con certi pensieri e Louis... Louis gli stava sventolando un libro davanti alla faccia, chissà da quanto andava avanti, ma Harry era talmente assorto da non essersene accorto.
«Scusa Lou, ho un po' di mal di testa», era vero, sentiva la testa ronzargli fastidiosamente. Forse aveva pensato troppo.
«Sei sicuro?», insisté il maggiore , sporgendosi un po' verso di lui.
«Sì, sì, continua a riempire la tua pergamena».
Louis sbuffò, forse gli piaceva di più infastidire Harry che dover fare i compiti per Incantesimi. Ad Harry sfuggì un sorriso nel vedere la sua espressione imbronciata. Tanto Louis era bello anche così. Louis era bello sempre... Ma non era il caso di pensarci, anche lui aveva del lavoro da fare e non aveva tempo da perdere visto che tra poco Zayn sarebbe passato a prenderlo per andare ad allenarsi.
«Sinceramente», sbottò Louis, «Mi sono stufato di questa pergamena!», disse allontanandola via con una manata.
«Louis, guarda che devi consegnarla domani...»
«Bene, gliela consegno così!», esordì.
Harry lanciò un'occhiata al foglio, era solo mezzo pieno. Ossia decisamente insufficiente.
«Sono certo che ci sia ancora qualcosa che tu possa fare», lo incoraggiò.
«E io invece sono certo che ci sia qualcosa che tu possa fare...»
«Scordatelo, non ho intenzione di fare i compiti al posto tuo!», esclamò Harry indignato. Che poi l'avesse fatto una o due volte prima di allora erano solo dettagli...
Sorprendentemente, però, Louis gli lanciò un'occhiata divertita e:
«Veramente, io intendevo qualcos'altro...», sussurrò con un sorrisetto. Nello stesso istante fece scivolare una mano sotto al tavolo e l'appoggio sulla coscia di Harry.
«No!», squittì Harry, «Louis, no! Abbiamo entrambi del lavoro da fare», disse a testa basta, per nascondere il proprio imbarazzo.
«E dai, solo cinque minuti... Io sono stanco e tu hai mal di testa, abbiamo bisogno di una pausa». Harry avrebbe dovuto capirlo: Louis puntava a quello fin dall'inizio!
«P-posso concerti una pausa, ma non...», quasi quasi rimpiangeva il vecchio Louis, quello che non osava nemmeno parlare dei loro baci, figuriamoci chiederli insistentemente.
Louis si sporse ancora nella sua direzione, vicino, troppo vicino: «Eddai», la sua voce era un sospiro sull'orecchio di Harry, «Lo so che lo vuoi anche tu...», disse mentre la sua mano risaliva la coscia di Harry verso l'alto, dove sapeva che avrebbe trovato le prove della sua affermazione.
Harry fermò la sua mano appena in tempo, agguantandola con la propria.
«Zayn sarà qui fra poco...», tentò, consapevole che quello non sembrasse nemmeno vagamente un no.
«Tra cinque minuti saremo di nuovo qui, promesso», mentì Louis. Sapevano entrambi che tendevano a perdere la cognizione del tempo quando si perdevano tra gli scaffali della biblioteca.
«Dobbiamo nasconderci bene...», aggiunse Harry. Qualche giorno prima erano quasi stati beccati da un primino e dopo Louis era stato in agitazione tutta la giornata fino a che non aveva educatamente interrogato il suddetto ragazzino -l'aveva praticamente minacciato di morte- e aveva scoperto che non si era accorto di nulla.
«Va bene, adiamo nella sezione delle piante urticanti, lì non passa mai nessuno...», Harry sapeva che avrebbe dovuto trovare qualcosa da obbiettare in proposito -qualcosa tipo "anche l'altra volta non doveva passare nessuno e invece..."- però al momento gli era un po' difficile elaborare un pensiero di senso compiuto, con la bocca di Louis gli bisbigliava sull'orecchio e la sua mano che gli accarezzava l'interno coscia.
«Solo cinque minuti...», concesse allora con un sospiro. Sentì le labbra di Louis sorridere contro il suo lobo, poi la mano che lo accarezzava tra le gambe scomparve, ma solo per afferrare il suo polso e trascinarlo in piedi.
L'attimo dopo Louis stava già camminando veloce verso il labirinto di scaffali tirandosi dietro Harry. La mano di Louis stringeva il suo polso in una stretta ferrea e decisa, quasi bruciava, ma ad Harry non importava, perché quello era quanto di più simile a camminare mano nella mano con Louis in un luogo pubblico. Presto si lasciarono alle spalle i tavoli della zona studio e si ritrovarono fra alte mura di legno e libri antichi.
Lì c'era odore di resina e vecchia carta ingiallita. Quell'odore, lo stesso che prendevano i loro baci, era il segnale di via libera: ormai si erano inoltrati a sufficienza.
Anche Louis dovette pensarlo, perché la sua mano scivolò delicatamente dal polso fino al palmo di Harry e, finalmente mano nella mano, lo tirò verso di sé. Harry si lasciò tirare senza proteste e la sua mano libera circondò i fianchi di Louis, mentre Louis gli cingeva la schiena di Harry con la propria.
Adesso erano così vicini che i loro respiri erano una cosa sola. Harry poteva chiaramente vedere ogni singola pagliuzza celeste negli occhi di Louis, e sarebbe rimasto ad ammirarle per ore se solo il desiderio di baciarlo non lo stesse tormentando.
Harry si morse le labbra. Louis sorrise nel vederlo compiere quel gesto e poi si spinse ancora più avanti, ma non abbastanza, fino ad appoggiare la fronte su quella di Harry e sfiorare il suo naso con il proprio.
Quegli istanti, quei trepidanti interminabili istanti di attesa, uccidevano Harry tutte le volte. Allo stesso tempo, però, erano quelli che lo facevano sentire più vivo, con il cuore che batteva impazzito nel petto e il respiro corto affannato che si infrangeva sulle labbra vicinissime di Louis.
Quegli istanti, in cui Louis si divertiva a torturarlo, erano la prova che tutto ciò era veramente reale, era il momento in cui entrambi realizzavano quello che stavano per fare. Era il momento in cui, insieme, prendevano la stessa decisione.
Il primo e il secondo bacio erano stati troppo veloci, troppo istintivi, non c'era stato nemmeno il tempo per capire che quei baci stavano per nascere che erano già morti.
Il terzo, il quarto, il quinto bacio e tutti quelli dopo erano stati diversi. Ogni volta c'era stato un tempo infinitamente breve in cui Louis ed Harry si erano fermati a pensare e a decidere che quel bacio lo volevano veramente. Solo dopo, l'avevano lasciato nascere e crescere. Ma non morire. Quei baci rimanevano eterni incastrati nella loro memoria, nella loro pelle, nelle pagine ingiallite dei libri e nel legno degni scaffali.
In quegli istanti, Harry si perdeva negli occhi decisi di Louis e si convinceva che aveva preso la scelta giusta, che quel emozione che lo infiammava dentro valeva il compromesso. Lo valeva tutto.
E poi Louis lo baciava. E spariva ogni altro dubbio.
 
 
Cinque minuti dovevano essere passati da almeno dieci minuti, ma ad Harry non importava, come di certo non importava a Louis, la cui bocca continuava a riempire di attenzioni quella di Harry. Attenzioni ben ricambiate, per altro.
Le mani di Louis accarezzavano i fianchi appena un po' troppo pieni di Harry e le mani di Harry accarezzavano i capelli di Louis dolcemente -okay, qualche volta non proprio dolcemente. I loro corpi erano schiacciati uno contro l'altro, ma nessuno dei due osava ancora spingersi oltre, per quanto Harry sentiva un incondizionato bisogno di spingere il proprio bacino contro quello di Louis. Quello sarebbe stato troppo... Ed era Louis quello in comando. Quindi, se Louis voleva solo bacialo, allora baci sarebbero stati. E per il resto poteva sempre cavarsela da solo...
Harry sospirò nella bocca di Louis e il ragazzo sorrise sulle sue labbra, forse stava per dire qualcosa, ma una voce poco lontana lo interruppe.
«Harry!», la voce inconfondibile di Zayn risuonò tra scaffali. «Harry sei qui?!»
Louis si staccò velocemente dalle sue labbra e Harry si trovò per un istante a boccheggiare, sentendo immediatamente un senso di vuoto insopportabile.
Louis, al contrario, sembrava essere tornato prontamente in controllo della situazione, quindi iniziò a sistemarsi gli abiti, e con lo sguardo invitò Harry a fare lo stesso.
«Harry, ci sei?!», Zayn era sempre più vicino.
«Rispondigli», bisbigliò Louis.
Già, forse era il caso di farlo... «S-», la voce non gli uscì decisa quanto avrebbe sperato. Louis sorrise divertito, anche se era visibilmente agitato.
Harry fece un secondo tentativo: «Sono qui!», esclamò a voce sufficientemente alta, senza balbettare una volta.
«Fingi di stare cercando qualche libro...», sussurrò Louis mentre faceva la stessa cosa. Harry lo reputò un buon consiglio, per quanto sospettava che le proprie labbra fossero gonfie quanto quelle di Louis e le proprie guance rosse almeno il doppio. E Zayn non era uno stupido.
«Eccoti finalmente!», esclamò Zayn Malik, sbucando dal corridoio alla loro sinistra.
«Oh, c-ciao Zayn», disse Harry voltandosi in mano.
«Ti avevo detto di aspettarmi nella sala studio!», sbraitò Zayn.
«Ehm, scusa, dovevamo cercare dei libri...», spiegò alzando il volume a caso che aveva preso tra le mani. Zayn lo occhieggiò qualche istante con fare sospettoso.
«"Mille e un consiglio per il tuo preparato pruriginoso"?», lesse il titolo del libro.
Le guance di Harry andarono a fuoco. Ancora di più.
Un lungo «Eh...» fu tutto ciò che riuscì a dire.
«Mi hanno chiesto di fare una ricerca sulle sostanze magiche irritanti», si inserì Louis, inventando di sana pianta.
«Ah, sì, ed è programma del settimo per caso?», domandò Zayn.
«E' una ricerca extra per Erbologia», sbrigò Louis.
«Capisco... Comunque, Harry, dobbiamo andare», per il momento Zayn non insisté ulteriormente. Ma Harry desiderò profondamente non dover passare le successive tre ore con lui e i suoi sospetti.
«Sì, certo... Louis, ci vediamo dopo?», Harry si voltò a guardarlo.
Sul viso di Louis c'era un'espressione innervosita. E preoccupata. Brutto segno.
«Si, solito posto, solita ora», stanza delle necessità, ore otto.
«Finisci quella pergamena Louis!», fu l'ultima cosa che disse Harry, anche se avrebbe di gran lunga preferito salutarlo con un bacio o anche solo stringere le sue mani tra le proprie. Ma non poteva, non con Zayn a guardarli... Perciò si limitò a lanciargli un ennesimo sguardo, poi voltò le spalle a Louis e seguì Zayn fuori dalla stanza.
 
 
 
 
 
«Quindi... Le cose con Louis vanno bene adesso?»
Ecco, sapeva che sarebbe successo. Zayn non aveva menzionato Louis per tutto l'allenamento e Harry si era quasi illuso di poter evitare l'argomento. Quasi. Poi erano entrati negli spogliatoi ed era arriva la tanto attesa domanda...
Harry ripose la scopa nell'armadietto, poi iniziò a togliere la divisa e solo dopo un lungo sospiro, rispose: «Sì, Zay, te l'ho detto, abbiamo risolto tutto».
«Ecco, è questa parte che mi sfugge ogni volta», fece Zayn, «il come esattamente abbiate risolto».
Harry non gli aveva raccontato dell'accordo fatto con Louis. Il solo parlargliene avrebbe significato infrangere l'accordo stesso... Si era limitato a dire che avevano fatto pace, senza entrare nei dettagli. E Zayn aveva taciuto, per un po'.
«Non c'è nessun come di cui parlare», mentì Harry, «Io e Louis abbiamo parlato e abbiamo deciso che volevamo continuare ad essere amici», il che non era poi del tutto falso.
«Siete rimasti amici dopo che tu gli hai confessato i tuoi sentimenti?», il tono di Zayn era a dir poco scettico.
«G-già».
«Anche se tu lo ami ancora?»
Questa volta Harry si limitò ad annuire timidamente.
Zayn lo scrutò per qualche secondo prima di parlare: «E allora perché stavate facendo quelle cose in biblioteca, se siete solo amici?!»
Per Harry fu un fulmine a ciel sereno. Forse Zayn non intendeva... Forse si riferiva solo ai loro comportamenti sospetti, Zayn non poteva sapere quello che stavano facendo.... Non poteva. Giusto?
«Noi non... non...»
«Harry, vi ho visti!», esclamò Zayn. Visti?!
«Cosa? No! quando sei arrivato noi non stavamo-»
«E' stato prima, Harry. Sai, non mi era nemmeno saltato in mente di chiamarti ad alta voce, in una biblioteca! E così quando vi ho trovati stavate... Be', lo sai meglio di me. Allora sono tornato dietro e ti ho chiamato per darvi il tempo di ricomporvi», spiegò, «E per non far prendere un infarto a Tomlinson», aggiunse.
Harry si sentiva abbattuto. Zayn aveva appena smascherato il sua ennesimo segreto. Ma allo stesso tempo si sentiva terribilmente grato a Zayn per come aveva agito. Se li avesse sorpresi in quella situazione Louis avrebbe sicuramente dato di matto, o qualcosa di peggio...
«Zay... Ti prego, non dirlo a nessuno...»
«Io? Non preoccuparti, ci pensate già voi due a sbandierarlo ai quattro venti. Insomma, in biblioteca? Sarebbe potuto passare chiunque! E non ci vuole molto a fare due più due su come stanno le cose, visto che tu e Louis vivete praticamente in simbiosi!».
«E secondo te come stanno le cose?», chiese Harry, seriamente interessato a quella risposta.
«La mia ultima teoria è che vi siete messi assieme, ma volete tenerlo nascosto. Cosa che per altro vi sta venendo molto male», spiegò.
Harry si lasciò cadere sulla panca, con mezza divisa ancora addosso. Era sconsolato. «Le cose non stanno proprio così... Cioè, in pratica sì, suppongo», ammise, «Ma in teoria è come ti ho detto, siamo solo amici».
«Lo sai vero che gli amici non fanno certe cose?», puntualizzò Zayn, «Cioè, scusa Harry, ma per quanto io ci tenga a te non ti bacerei mai. Non in quel modo!». Il solo pensiero metteva i brividi anche ad Harry.
«Lo so, lo so... E' che Louis...», come poteva spiegarlo? "Louis non ha il coraggio di dire che siamo una coppia nemmeno di nascosto"? Si, sarebbe stato un buon riassunto. Ma Harry non voleva che tutta la responsabilità di quello che stavano facendo ricadesse su Louis. Certo, era principalmente per colpa sua e delle sue paranoie che le cose stavano così, ma Harry aveva accettato spontaneamente. E Harry non voleva che le persone, nemmeno Zayn, si facessero una brutta opinione di Louis. Anche se sarebbe stata veritiera...
Nel tempo del suo silenzio, però, Zayn doveva essersela fatta da solo una opinione.
«E' che Louis è un coglione, ho capito», convenne Zayn.
«No...», fece Harry, senza troppo impegno, «E' solo che... è complicato. Vedi, Louis ha delle regole nella sua testa, regole che si è auto imposto perché crede che siano giuste. E quello che c'è fra di noi va decisamente contro le sue regole. Quindi assecondare il nostro rapporto per lui è come andare contro sé stesso...», spiegò Harry.
Poi riprese: «L'unico modo che ho trovato per riuscire a stare assieme è stare assieme nei fatti, ma senza mai definirci una coppia. Quindi, come ti ho già detto, siamo solo amici», questa volta lo ammise con sincera amarezza.
«Fammi capire bene... Louis ha queste sue fissaz-»
«Regole», corresse Harry.
«Okay, regole», acconsentì l'altro, «Insomma, Louis ha le sue regole e non vuole disubbidirvi. Allora sta con te, senza dire che sta con te. Sbaglio?»
«No, in pratica è così...»
«Harry, ti rendi conto di che razza di scemenza è questa?!», sbraitò Zayn, «E' come dire: la legge dice che rubare è sbagliato e io non voglio infrangere la legge. Allora rubo, ma non lo chiamo rubare, ma solo prendere in prestito, così mi metto l'anima in pace. Però quella resta sempre rubare, a prescindere da come lo chiami!».
«Non è la stessa cosa...»
«E invece lo è!»
Sì, lo era. E Harry lo sapeva. Ma...
«Non avevo altre alternative... Secondo te, se avessi potuto, mi sarei accontento di questo?»
«Harry, però-»
«No, ascoltami», lo interruppe il riccio, «So che la situazione presentata in questo modo può sembrare un po' uno schifo. Ma adesso io e Louis stiamo bene così. Io sto bene così! Non sono mai stato tanto felice come in questi giorni!», esclamò. Poi tornò a rabbuiarsi: «Lo so che potrei essere anche più felice... Ma Louis non è pronto. Io però posso aspettarlo Zay, io voglio aspettarlo!»
Zayn gli lanciò un'occhiata corrucciata, poi si scappò un sorrisetto.
«Dio Harry, sei proprio andato. Parli come la protagonista di un romanzo rosa!».
Anche ad Harry scappò un sorriso, un po' per la battuta, un po' perché il peggio era appena passato.
«Guarda che se io sono la protagonista tu sei la mia migliore amica ficcanaso!»
«Ficcanaso io?!», chiese Zayn, con tono fin troppo sconvolto.
Harry rise della sua espressione. E ringraziò che si fosse soffermato su quella parte piuttosto che sul "migliore amica".
«Il peggiore dei ficcanaso!», affermò Harry.
Zayn sembrò pensarci su. Poi disse fieramente: «In effetti sono proprio il migliore!» ed Harry aveva detto peggiore, ma in fondo non c'era troppa differenza.
Dopo Zayn gli si sedette accanto sulla panca e rimasero lì per un po', uno accanto all'altro, in silenzio, mentre quel momento di allegria scivolava via lentamente.
Poi Zayn ruppe il silenzio: «Harry, lo sai che quando ti ho detto di confessare i tuoi sentimenti a Louis io credevo davvero che le cose sarebbero andate bene...», la sua voce era più sottile del solito, «Mi dispiace se per colpa di quel consiglio si è incasinato tutto...».
Da quanto tempo Zayn Malik si era tormentato con quel pensiero? Troppo, e Harry non se ne era accorto. Ora toccava ad Harry aiutarlo: «Prima o poi avrei dovuto parlargliene e sono contento di averlo averlo fatto, davvero, mi sono tolto un peso dal cuore. E mi dispiace non averti ringraziato prima, perché se fossi stato da solo allora sì che avrei fatto un casino... Grazie Zay, per tutto», il che era il modo di Harry per dire grazie a Zayn per essergli sempre accanto, sempre suo amico, anche se Harry era strano e con una vita assurda che stava diventando ancora più assurda. Sperava che Zayn cogliesse il messaggio.
«E' un piacere Harry, fidati. Da quando ti frequento mi annoio molto meno!», disse Zayn scherzando. Ma Harry seppe che aveva capito.
«Comunque alla fine», aggiunse Harry, «Le cose adesso non vanno tanto male, anzi...»
«Oh, l'ho visto come andavo le cose!», disse Zayn sghignazzando.
Harry colse l'allusione, e le sue guance la colsero fin troppo, perché si tinsero di un bel rosso brillante.
«Ecco... Q-quello... Io...», dalla bocca di Harry uscirono solo dei balbettii inconcludenti. Zayn scoppiò a ridere.
«Ehi, guarda che non c'è niente di male nel baciare il proprio non-ragazzo!», lo rassicurò Zayn, «Anzi», aggiunse Zayn dopo un'istante, «Non c'è nulla di male nel baciare e nel fare qualsiasi altra cosa!»
Harry avrebbe voluto scomparire. Un conto era riuscire a condividere i suoi pensieri con Zayn, un conto era parlare di... di quelle cose lì!
«Noi non-non-», tentò.
Zayn gli piazzo una mano davanti alla bocca.
«Harry, calma. Tu puoi fare tutte le cose che vuoi con Louis, ma non ho bisogno dei dettagli, capisci? Vivo anche senza. Penso che quelli te li puoi tenere anche per te», Harry non poteva ritenersi più d'accordo, «Però», continuò Zayn, «Per qualsiasi altra cosa sono qui».
Ad Harry sfuggi un sospiro, questa volta di sollievo.
«Grazie Zayn...»
«Figurati. In fondo servono a questo le migliori amiche, no?», ovviamente, non se ne era dimenticato.
Ma ad Harry non costava nulla concedergli quel ruolo, allora: «Già...», sussurrò.
Sul viso di Zayn si dipinse un gran sorriso e il suo braccio si allungò altre le spalle di Harry, in una stretta amichevole.
 
Anche se non erano perfette, le cose andavano davvero bene. Adesso Harry aveva un non-ragazzo, una migliore amica e una vita sociale in continua espansione. Il tutto coronato da un'improvviso miglioramento di salute. Più di così, cosa poteva chiedere?
 
 
 
 
 
Quando Harry aprì gli occhi la mattina del 1 Febbraio, il suo primo pensiero fu che voleva restare ancora a letto. Il secondo pensiero fu per un dolce sogno appena interrotto incentrato su un piacevole tête-à-tête con la bocca di Louis. Solo dopo, ricordò che era il suo compleanno.
Da subito Harry non diede troppa attenzione a quel pensiero, il quale venne formulato e catalogato nella sua mente insieme a tutti gli altri fatti di quella giornata. Eccolo lì il suo sedicesimo compleanno, appuntato tra "Consegna ricerca di Pozioni" e "Compito in classe di Aritmanzia ore 11". Per Harry quello non era mai stato un evento importante, né lo era mai stato per qualcun altro. Sua madre era troppo... speciale per ricordarsi che giorno fosse e suo padre si limitava a inviargli un triste bigliettino di auguri tutti gli anni. Fine del compleanno.
Eppure mentre si alzava e si preparava, forse con un po' più di cura del solito, si sentiva particolarmente elettrizzato, come se per quel giorno si aspettasse qualcosa di nuovo. Aveva come l'inspiegabile sensazione che quel 1° Febbraio sarebbe stato diverso, perché Harry era diverso. Harry era cambiato e la sua vita era cambiata ancora di più... Che anche il suo compleanno sarebbe cambiato?
 
 
Arrivato all'ora di pranzo Harry si era dato dell'idiota almeno una decina di volte per aver anche solo pensato che quel compleanno sarebbe stato diverso da tutti gli altri.
Quella mattina Zayn lo aveva aspettato in Sala Comune come al solito e proprio come al solito erano andati assieme a fare colazione in Sala Grande dove li aspettavano Thomas e Micheal. Non c'era stato nessun "auguri!" o "buon compleanno Harry!", nemmeno una vago riferimento in merito. E come avrebbe potuto esserci, se nessuno di loro sapeva che quel giorno era il compleanno di Harry? Harry era certo di non avergliene mai fatto menzione, nemmeno a Zayn. Dunque era logico che nessuno di loro lo sapesse.
Però...
Però una persona che sapeva c'era... Louis. E Louis aveva espressamente detto che non se ne sarebbe dimenticato.
Eppure era ormai passata mezza giornata, aveva incontrato Louis un paio di volte e il ragazzo non aveva mai dato segnali di ricordare che occasione ricorresse quel giorno.
Forse gli era passato di mente... Forse entro qualche ora avrebbe avuto l'illuminazione e sarebbe corso da Harry dandosi dell'idiota per non essersene ricordato prima. Poi gli avrebbe sussurrato un "buon compleanno Harry" a fior di labbra e dopo l'avrebbe baciato. Harry non avrebbe chiesto di più. Ma il tempo passava, senza frasi a fior di labbra, né baci.
 
 
Louis si era definitivamente dimenticato del compleanno di Harry.
Arrivate le otto di sera, Harry aveva perso la speranza. Ormai non c'era più possibilità che Louis ricordasse che giorno fosse. E andava bene anche così, non era un problema, Louis non era obbligato a ricordarsene.
Davvero, Harry non ci era rimasto male.
Davvero.
Okay, forse solo un pochino...
Harry era già abituato a vivere quel giorno come un giorno qualsiasi, non sarebbe stato un problema viverlo in quel modo anche quell'anno. Però Louis aveva promesso che avrebbe ricordato... E quella promessa era stata infranta. Quindi ad Harry non importava niente del suo compleanno, ma il fatto che Louis se ne fosse dimenticato faceva male comunque.
E allora, al diavolo, Harry ci era rimasto proprio male.
 
Harry si stava dirigendo alla stanza delle necessità assieme a Louis. Ormai era una sorta di tradizione: tutti i giorni, dopo cena, si rifugiavano nella misteriosa stanza del settimo piano e si ritagliavano qualche minuto assieme, lontano dagli occhi del mondo. Quello era il momento che Harry adorava di più della giornata. Quando erano solo Harry e Louis, senza nessuna paura di essere scoperti, senza nessun timore di essere quello che erano.
Quel giorno, tuttavia, Harry non si sentiva proprio dell'umore per starsene da solo con Louis, non sapeva nemmeno se aveva voglia di baciarlo -e doveva avercela davvero tanto con lui, perché Harry aveva sempre voglia di baciarlo!-, quindi camminava a passo lento e a testa bassa, con espressione imbronciata in volto. Sentiva lo sguardo di Louis puntarsi sulla sua figura ogni tanto, poi tornare a fissare il corridoio e trascinarlo più forte.
«Forza Harry, ci siamo quasi...», lo incoraggiò il maggiore quando imboccarono il corridoio del settimo piano. Louis era di umore smagliante, non si accorgeva nemmeno della palese delusione di Harry, come se la sua espressione triste e irritata fosse invisibile ai suoi occhi. Questo deprimeva Harry ancora di più.
«Siamo arrivati!», annunciò Louis ad alta voce, quando la porta comparve davanti a loro.
Harry si limitò ad annuire mentre rifletteva su una possibile scusa per scappare via. Aveva un leggero mal di testa, magari sarebbe stato un pretesto sufficiente per-
«Harry, forza!», esclamò Louis, tutto pimpante.
Harry gli lanciò un'occhiata sbieca. «Ecco, io-», provò.
Louis però scosse la testa, lo raggiunse alle spalle e gli mise due mani sulla schiena, poi lo spinse verso la porta con un allegro: «Andiamo!»
Harry si lasciò spingere di malavoglia. Quando furono abbastanza vicini la porta si spalancò da sola e dentro...
«O mio Dio...», gli scappò dalla bocca. Ma lo sentì solo Louis, perché il suo sussurrò fu coperto da un rumoroso: «Sorpresa!!»
Quello era... C'era... C'erano tutti! Zayn con Perrie a braccetto, dietro di lui Thomas e Micheal, Niall Horan con la sua ragazza, perfino Liam Payne e i compagni di dormitorio di Louis (quelli di cui Harry ancora non aveva imparato i nomi). Sopra le loro teste era appeso un vivace striscione con la scritta "Buon Compleanno Harry!", c'erano palloncini coloratati ovunque e in fondo alla sala era stato addirittura collocato un tavolo con un piccolo buffet e- quella era una torta?!
E poi c'era Louis, alle sue spalle, che lo reggeva per i fianchi e senza la cui presa forte probabilmente sarebbe caduto per terra per lo stupore.
Erano tutti lì per lui... Tutte quelle persone... Erano lì per Harry, per il suo compleanno! Il suo compleanno... quel giorno qualunque che tutti dimenticavano sempre... Ma loro non se l'erano dimenticati, Louis non se l'era dimenticato!
Harry sentì un improvvisa voglia di ridere, ma appena gli sfuggì una risata dalla bocca si accorse che con essa erano venute fuori anche le lacrime. Però era felice, così felice che avrebbe voluto saltare di gioia e abbracciare tutte le persone in quella stanza, una ad una!
«Oh, guardate, si è commosso...», disse Perrie, anche lei con gli occhi lucidi per qualche regione (empatia?).
«Harry, però, non puoi fare così!», sbottò invece Zayn, «Noi ti organizziamo una festa e tu ti metti a piangere?»
Ad Harry venne solo da ridere di più. E allora giù con fiumi di lacrime dagli dagli occhi. Qualcuno gli aveva organizzato una festa a sorpresa. Incredibile. Una festa a sorpresa, a lui, Harry Styles!
La sala si riempì di risate e una di queste proveniva dalle sue spalle. Louis...
«Louis...», Harry l'aveva detto ad alta voce.
«Sono qui», fece il maggiore, stringendo la presa sui suoi fianchi.
«Io... Io credevo che tu... che tu...», balbettò Harry.
«Sei uno stupido Harry. Te l'avevo promesso che me ne sarei ricordato», lo rimproverò, ma con dolcezza. «E adesso che finalmente posso dirlo...», aggiunse Louis sussurrando oltre le sue spalle, «Buon compleanno Harry. Non sai quanto è stato difficile non potertelo dire ogni volta che ti vedevo», spiego con una leggera risata. «Ma ne è valsa la pena, no?»
A quel punto Harry si rigirò tra le sue braccia e cercò gli occhi di Louis -che accolsero prontamente il suo sguardo- e gli affidò un debole ma completamente sincero «Sì, lo è valsa davvero», la felicità che provava in quel momento batteva tutta la tristezza dell'intera giornata.
Dopo, Harry non pensò a tutte le persone che li stavano guardando, non pensò al fatto che Louis avrebbe potuto sgridarlo, semplicemente gli butto le braccia al collo e lo strinse a sé in un abbraccio soffocante, mentre sussurrava una litania infinita di: «Grazie, grazie, grazie, grazie...»
Con estrema gioia di Harry Louis ricambiò l'abbraccio con slancio e bisbigliò nel suo orecchio un: «Prego piccolo», e poi: «Questo era il minimo che potessi fare per te...», ma il cervello di Harry aveva smesso di ascoltare a quel "piccolo".
«Ehm, ehm», qualcuno si schiarì la voce per richiamare la loro attenzione.
Harry sciolse l'abbraccio e «Zay», salutò con un sorriso, mentre si asciugava gli occhi con le mani.
«Io non me lo merito un abbraccio?», domandò il moro fingendosi offeso. «Guarda che senza di me questa festa sarebbe stata uno schifo!», affermò. (Ma Harry sentì chiaramente Perrie gridare «Vorrai dire senza di me!»)
Nascondendo una risatina Harry si schiarì la gola e: «Suppongo che anche tu ti sia meritato un abbraccio allora», disse. Zayn non si fece pregare oltre e lo avvolse tra le sue braccia magre ma forti mentre gli dedicava un «Buon compleanno Haz».
«Ehi! Ho aiutato anche io!», protestò anche Liam Payne assistendo alla scena.
«E allora aggiungiti e non ti lamentare!», lo rimbeccò Zayn. Liam fece esattamente quanto detto e prima che Harry se ne fosse accorto era diventato parte integrante di un panino umano. Che poi divenne un'insalata quando Niall Horan...
«Abbraccio di gruppo!!!» e con quel grido il biondino irlandese si buttò su di loro, presto seguito da tutti gli altri. Con l'arrivo di Louis l'incastro umano cedette e capitolarono tutti quanti per terra. Harry non aveva mai riso tanto.
Sopravvissuti all'abbraccio, i vari invitati avevano intavolato piccole conversazioni a gruppetti, mentre nella sala si diffondeva una leggera musica (direttamente scelta dalla collezione musicale di Harry).
Liam Payne aveva eccezionalmente legato con i Serpeverde (nei quali aveva trovato dei discreti conoscitore della suprema arte del Quidditch). Perrie e Sarah stavano buttando le basi per una grande amicizia basata sul comune amore per l'arredamento, (per quasi dieci minuti avevano cercato di spiegare ad Harry l'equilibrio armonico perfetto dei colori che Perrie aveva scelto per la stanza -che a proposito era fantastica! a sentir Perrie), Harry infine era caduto nelle grinfie di Niall Horan e dei Grifondoro che stavano allegramente discutendo di birra.
Zayn e Louis erano stranamente spariti. E ancora più strano era che fossero scomparsi insieme.
Dopo qualche minuto -e dopo una lunga dissertazione sulla miglior birra bionda babbana di tutta l'Irlanda- Harry si sentì ticchettare una spalla, mentre una voce, quella di Louis, chiedeva gentilmente: «Ragazzi, mi dispiace interrompervi, ma posso portarvi via Harry per un secondo?»
Niall Horan rispose prontamente con un gran sorrisone furbesco: «E' tutto tuo!» Harry sperò di essere l'unico ad aver colto il doppio senso.
Louis lo afferrò per un polso e lo trascinò in un angolo un po' in disparte della sala. Per un attimo Harry temette (o sperò?) che Louis volesse baciarlo, ma c'era troppa gente che poteva ancora vederli e Louis non avrebbe mai fatto una cosa del genere di fronte agli altri... A proposito, Louis ancora non sapeva che Zayn sapeva... E Harry non aveva idea di come dirglielo! Sicuramente si sarebbe arrabbiato... Forse avrebbe voluto mettere un freno alle cose... Forse-
«Harry?», Louis richiamò la sua attenzione.
«Eh?! Ah, sì, ci sono...»
Louis sorrise della sua confusione. Poi allungò le braccia verso Harry e... Louis stringeva un pacco tra le sue mani! Quello era...
«E'... E' un regalo?», chiese Harry stupidamente.
«No Harry, l'ho incartato solo per bellezza!», Louis notò l'espressione confusa di Harry, allora si costrinse a chiarire le cose: «Harry, certo che è un regalo!», esclamò esasperato.
Sulla bocca di Harry si dipinse una piccola o. «Ma è... Per me?».
Louis alzò gli occhi al cielo. «Vedi qualche altro festeggiato qui dentro?»
«No?»
«No», confermò Louis, «Quindi questo, che è un regalo, è per te. Proprio per te. Da parte mia», specificò.
«Louis, tu non dovevi! Io non ti ho mai dato nulla, non posso accettare...»
Louis gli prese una mano e depositò in essa il pacchetto rettangolare e schiacciato, come se le parole di Harry non le avesse nemmeno sentite. Poi gli disse dolcemente: «Harry, tu mi hai dato la cosa più bella che hai», eh, cosa? Quale cosa?, «In confronto questo non è niente», continuò Louis, «non è nemmeno la centesima parte di quello che ti meriteresti. E mi dispiace se non riesco a darti quello che ti meriti... Però ti prego, intanto, accetta questo regalo. Forse un giorno, ti darò anche tutto il resto».
Harry si sentì improvvisamente debole. Ora aveva capito. Ed era troppo...
Louis lo stava ringraziando per il suo cuore. E gli aveva appena detto che c'era qualche possibilità che, un giorno, lui avrebbe donato il proprio ad Harry. Doveva essere un sogno, quello era sicuramente un sogno! Adesso si sarebbe svegliato e avrebbe trovato Alec pronto a prenderlo in giro, o magari Liam Payne a dirgli di sbrigarsi e non stare una vita nel bagno. Però per quante volte sbattesse le palpebre, Harry continuava a risvegliarsi lì, dentro quel momento troppo bello per essere vero. Ma forse vero veramente.
«Ehi, Harry, su, non fare così...», sussurrò Louis, asciugandogli le lacrime -che Harry non si era nemmeno accorto avessero ricominciato a cadere- con il dorso delle mani.
«Io... Io...», balbettò il più piccolo, ma senza riuscire ad aggiungere altro. L'unica frase che la sua bocca bramava di pronunciare era una frase reietta, tra paroline aveva giurato di non pronunciare mai.
«Harry, hey, Harry», lo richiamò Louis, mentre con i pollici continuava ad accarezzargli le guance rigate, «Ti va di aprirlo questo regalo, eh?»
Oh, giusto, il regalo. Harry l'aveva tra le mani, ma tutto ciò a cui aveva prestato attenzione fino ad allora era- era Louis e basta. Louis, così bello e così incredibile che metteva in secondo piano tutto il resto.
Harry scosse la testa in un muto assenso, rigirò il pacchetto tra le mani, poi dopo l'ennesimo sguardo esortante di Louis, si convinse a strappare la carta.
Dentro c'era... Un libro? No, non un libro. Forse un quaderno... Era un volume piuttosto pesante, ma non troppo spesso, rilegato con una copertura in pelle scura, intarsiata con varie fantasie astratte. Era molto bello.
«Ma... Cos'è?», chiese appena imbarazzato.
«Aprilo, Harry», quell'Harry suonava più come uno "sciocchino".
Harry fece quanto detto. Sollevò la copertina pesante e all'interno del libro svelò un cuore di pagine alternate, alcune in cartoncino leggero, altre in carta velina quasi trasparente. Ogni pagina di cartone aveva dai due ai cinque spazi di varie forme destinati ad ospitare qualcosa. Harry sfogliò le pagine dal centro fino alla prima, sulla quale era riportato in un elegante corsivo Album per fotografie.
Sotto la grande scritta era stata appuntata qualche altra frase in una calligrafia completamente diversa, minuta e disordinata, ma agli occhi di Harry infinitamente più bella e familiare, quella di Louis:
"Per il mio adorato Harry Styles, che oggi compie sedici anni e diventa ometto grande grande!
Ti regalo questo album affinché tu possa trattenere per sempre qualche immagine della tua vita, nella speranza di poter continuare ad esserne parte per sempre, almeno tra queste pagine.
Tuo, Louis"
Ogni aggettivo possessivo fu per Harry un colpo al cuore per la gioia. Anche se l'ultima frase gli aveva messo una certa tristezza...
«Lo so che è banale...», intervenne Louis, «...Però ho pensato, ecco, forse non hai mai avuto un vero album di foto. Cioè, non so se lo hai mai avuto con tua madre, forse sì, ma- Il fatto è che in casa mia siamo sommersi dalle fotografie e dagli album, ma non ho visto niente del genere a casa di tuo padre e... E' bello mettersi a sfogliare il passato ogni tanto, soprattutto i momenti più felici, quindi-»
«E' perfetto. Louis, non avrei potuto chiedere di meglio», disse Harry, deciso nonostante la commozione,«E in effetti ci hai preso, non ho mai avuto un album di fotografie... Ma posso rimediare, anzi, non vedo l'ora!», concluse sorridendo.
«Oh, sono così felice che ti piaccia!», esclamò Louis sollevato, gli brillavano gli occhi per la contentezza.
«Non poteva che essere così», ribatté Harry. Considerato che il regalo veniva da Louis, gli sarebbe piaciuto qualsiasi cosa probabilmente.
«Bene...», concordò Louis soddisfatto, «Senti, che ne dici se iniziassimo a riempire questo album?»
«Quando?»
«Adesso!»
«Adesso?», ripeté Harry, «Ma io non ho nemmeno una macchina fotografica...», dovette ammettere. «Però posso comprarla la prossima volta che andiamo a-»
«Fermo, fermo!», lo interruppe una voce.
Harry si girò in direzione della voce e solo allora accorse che tutti gli altri ragazzi avevano smesso di parlare tra loro e li stavano guardando -chissà da quanto- ognuno nascondendo a stento un sorrisetto. Ad averlo interrotto era stato Niall Horan, che evidentemente parlava per l'intero gruppo, e in quanto a portavoce si fece avanti verso Harry e... Anche Niall aveva un pacchetto fra le mani!
«No...», sussurrò Harry, che era un po' stordito, ma non abbastanza stupido da non fare due più due... «Non può essere...»
«E' invece può!», esclamò Niall Horan, porgendogli la scatola, un cubo di medio-piccole dimensioni, non troppo pesante, ma non abbastanza leggero per nascondere in sé un banale capo d'abbigliamento. «Questo è da parte di tutti noi», spiegò Niall.
Harry si ritrovò ad occhieggiare il secondo pacco stretto tra le sue mani, indeciso sul da farsi.
«Harry, non abbiamo tempo fino a domani, apri quel coso!», lo esortò Zayn, con la sua solita finezza.
Con mani tremanti Harry si decise sciogliere il nastro rosa che avvolgeva il regalo -qualcosa gli diceva che era stata Perrie ad incartarlo. Rimaneva solo la carta fucsia tra lui e il regalo.
Harry alzò gli occhi sulle persone davanti a lui. Lo stavano guardando tutti con un espressione trepidante dipinta sul viso. La cosa lo innervosiva vagamente. E lo riempiva anche di felicità, perché quelle persone erano venute lì per lui, avevano organizzato una festa per lui e gli avevano addirittura fatto un regalo. Harry non aveva la più pallida idea di come fosse stato capace di trovare degli amici così. O degli amici e basta... Sapeva solo che doveva ringraziare il ragazzo meraviglioso e complicato che aveva affianco. E sapeva che tutto ciò gli piaceva. Tanto.
Harry strappò la carta e svelò la confezione di una macchina fotografica. Come aveva immaginato.
«Ragazzi, non dovevate...», borbottò rigirandosela tra le mani, «Questo è- è troppo!»
«Harry, ti piace?», domandò Zayn, come se non l'avesse nemmeno sentito.
Harry non poté che ammette un: «Sì, eccome!»
«E allora smettila di lagnarti e inizia ad usarla».
Harry decise di non pensarci oltre e senza ulteriore esitazione tirò fuori la macchina dalla scatola.
 
La macchina fotografica si rivelò essere di fattura magica, per cui produceva divertenti fotografie animate che venivano stampate istantaneamente. Come design ricordava tanto le Polaroid babbane, avevano detto, ma Harry non sapeva cose significasse. Tutto ciò che sapeva era che era bellissima e sembrava fatta per stare tra le sue mani.
La prima foto Harry l'aveva scattata a Louis. Il ragazzo si era messo perfettamente in posa, per poi ricordarsi che la foto era animata, e allora aveva iniziato a pensare ad una un'azione abbastanza memorabile da essere ricordata, ma Harry aveva scattato a tradimento, immortalando per sempre l'espressione pensierosa e poi sorpresa di Louis. Quella foto finì direttamente nella prima pagina dell'album.
La seconda foto era una immagine di Harry e Louis insieme. Era stata Sarah ad insistere per farla ed Harry le aveva consegnato la macchina un po' titubante, un po' perché si era già affezionato ad essa, un po' perché quell'immagine avrebbe intrappolato per sempre un po' di quello che Harry e Louis erano assieme ed era una cosa molto importante... Alla fine Harry si era ritrovato talmente rigido e nervoso davanti all'obbiettivo che Louis si era visto costretto a pizzicargli le guance con le dita per farlo rilassare un po', ottenendo solo di farlo imbarazzare vistosamente. Ovviamente, Sarah aveva scattato in quel momento.
Nella terza foto c'erano Sarah e Niall che si stringevano uno all'altro e si occhieggiavano come due colombelle in amore. La quarta era una foto di gruppo, la quinta una foto di Zayn mentre si sistema i capelli davanti alla specchio, poi c'erano le foto del taglio della torta, una foto di Louis, una del momento in cui avevano fatto scoppiare i palloncini con le punte di bacchetta, una altra foto di Louis, Zayn e Perrie che ballavano, Liam Payne mentre gli andava di traverso la burrobirra e poi ancora Louis.
L'ultima foto del rullino era una foto di Harry. Il riccio si stava dirigendo al tavolo delle bevande, quando si era sentito chiamare: «Harry!».
Al suono della voce di Louis Harry si era girato istantaneamente, dedicandogli un sorriso estasiato. Ma invece che Louis ci fu un flash accecate ad accogliere il suo sorriso e poi una risata. Louis aveva appena immortalato gli occhi innamorati di Harry.
«Louis! Quella era l'ultima foto rimasta!», l'aveva rimproverato Harry.
«Per fortuna che l'ho fatta allora, è la più bella di tutte», disse Louis mentre la osservava rapito.
Harry passò un brutto momento nel cercare di superare il batticuore.
 
Piano piano tutti gli inviati alla festa iniziarono ad andare. Harry salutò e ringraziò tutti personalmente e in uno slancio di affettività fece esattamente quanto pensato all'inizio: abbracciò ogni invitato, uno dopo l'altro, fino a che nella stanza non rimase che una sola persona da salutare. Louis.
Harry si voltò verso il ragazzo, il suo non-ragazzo, che lo aspettava seduto su un divanetto con un bel sorriso dipinto sul volto. Per riflesso, ne apparve uno anche sul volto di Harry.
Louis gli fece cenno con le dita di avvicinarsi, senza dire una parola, e sempre in silenzio Harry iniziò a camminare verso di lui. Malgrado quel silenzio l'aria sembrava vibrare e nella testa di Harry c'era come un concerto di voci entusiaste e grida di gioia.
Arrivato di fronte a Louis il ragazzo picchiettò una mano sulle proprie cosce. Harry colse subito l'invito e l'accettò senza pensarci due volte: si sedette a cavalcioni sulle gambe di Louis e strinse le braccia attorno al suo collo. Poi appoggiò la fronte su quella di Louis, chiuse gli occhi e sussurrò sulla sua bocca: «Grazie. E' stato il compleanno più bello della mia vita».
«Mi fa piacere...», le parole di Louis furono un soffio caldo contro la labbra di Harry che lo fecero tremare inconsciamente.
E poi Louis aggiunse qualcosa di inaspettato: «... Ma sappi che la parte migliore non è ancora arrivata».
Harry spalancò gli occhi. E quelli di Louis erano già pronti ad inghiottirlo, due specchi d'acqua nei quali non riuscivi più a risalire una che ci eri caduto dentro. Mentre si perdeva nell'azzurro, Harry seppe che aveva tutte le ragioni per continuare tremare. E si lasciò annegare in quegli occhi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Adesso ti farò un altro regalo, uno ancora più speciale» e prima che Harry potesse chiedere qualcosa, Louis si stava già mettendo in ginocchio. Tra le sue gambe."
 
 
"Ed eccolo di nuovo lì, in quel dannato ospedale, il luogo dove avevano tirato fuori tutte le sue debolezze di bambino e poi l'avevano lasciato solo ad affrontarle. Ma adesso le cose erano cambiate, Harry non era più il bambino solo al mondo che aveva varcato la soglia del San Mungo la prima volta. Era cresciuto da allora e stava imparando ad affrontare le sue paure, non da solo, ma insieme a Louis. Louis che era in piedi accanto ad Harry davanti a quella porta."
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L'oscuro angolo della Co
 
Salve, sorvolo la parte in cui mi scuso per il ritardo perché ormai la sapete a memoria. (Però mi dispiace comunque farvi aspettare tanto, davvero).
Che dire di questo capitolo, è lungo lungo lungo, ma non ci sono particolari stravolgimenti.
Il compromesso tra Harry e Louis sta andando alla grande (non ve lo aspettavate, eh!) e nell'ultima parte Louis apre uno spiraglio del suo cuore ad Harry in onore del suo compleanno. A proposito di compleanno: come molti avevano facilmente immaginato, Louis non si era veramente dimenticato del compleanno di Harry, aveva solo fatto finta.
Sono stanchina, per cui oggi non mi dilungo (contrariamente dal mio solito). Spero che il capitolo non vi abbia annoiate e che vi sia piaciuto. Non ci sono grandi eventi, ma ci ho lavorato tanto.
Vi ringrazio tanto per essere qui, ringrazio chi mi segue da tanto e chi si è aggiunto solo di recente o proprio adesso. Sono grata a tutti voi.
Fatemi sapere quello che pensate del capitolo, mi farebbe davvero molto molto piacere!
A presto,
Costanza.
 
P.s.: per altre cose (tipo farmi domande in 140 caratteri, chiedermi quando mi decido aggiornare o se sono ancora viva, ecc), mi trovate su Twitter.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 35
*** Insieme ***


..In your skin..
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
Insieme (o noi siamo più forti della paura)
 
«... Ma sappi che la parte migliore non è ancora arrivata».
Quelle parole avevano continuato a ronzare nella testa di Harry per molti minuti, rimbalzando da un angolo all'altro della sua mente nella speranza di essere decifrate, ma invano.
«I-in che senso?», chiese infine Harry, profondamente impaziente di conoscere la risposta.
Louis non parlò, ma spinse via Harry con le mani e lo costrinse a smontare dal suo grembo per sederglisi affianco. Non era esattamente quello che Harry si aspettava...
Ma poi Louis si alzò in piedi e si posizionò di fronte ad Harry. Lo guardò negli occhi per qualche instante e Harry ebbe l'impressione di essere finito in uno di quei momenti speciali prima di un bacio, quelli in cui decidevano se andare avanti o fermarsi. Però Louis era troppo lontano per baciarlo e Harry non sapeva quale decisione stesse prendendo.
Dopo un tempo che sembrò eterno, Louis finalmente parlò: «Adesso ti farò un altro regalo, uno ancora più speciale» e prima che Harry potesse chiedere qualcosa, Louis si stava già mettendo in ginocchio. Tra le sue gambe.
Oh cazzo.
Per un attimo il cervello di Harry si fermò, vuoto totale. Quando un'ombra di pensiero tornò ad animare la sua mente, le mani tremanti di Louis stavano già armeggiando con la cerniera dei suoi pantaloni.
Oddio. Non stava succedendo davvero. O forse sì?
«L-Louis, che cosa stai-?», domandò Harry, totalmente nel pallone.
«Shh, lasciami fare», sussurrò il maggiore, totalmente concentrato sui pantaloni di Harry e con le guance velate di imbarazzato.
La zip dei jeans di Harry scivolò inesorabilmente fino in fondo trascinata dalla dita di Louis, le quali accidentalmentecontinuavano a premere sulla pelle sempre più sensibile del riccio.
Harry si sentiva mille anni luce lontano dall'essere psicologicamente pronto per affrontare quello che stava accadendo. Qualsiasi cosa fosse.
Oh Merlino, forse la mente di Harry stava correndo troppo, forse Louis non voleva fare veramente quello... Insomma, non lo avevano mai fatto. Non si erano mai nemmeno toccati o guardati senza vestiti, al di fuori della maledizione, si capisce. Forse Harry stava solo fraintendendo tutto. Ma cosa c'era da fraintendere nelle mani di Louis sul suo-
«Louis...», Harry non sapeva nemmeno cosa volesse dirgli, forse aveva solo bisogno del senso di sicurezza che gli dava quel nome. Louis lo ignorò e piuttosto afferrò i suoi pantaloni e li tirò verso il basso quanto bastava per scoprire interamente i boxer di Harry.
Ecco, quella era la fine: Harry inerte su un divano, con i pantaloni abbassati e le mutande al vento e Louis accovacciato tra le sue gambe intento ad osservare attentamente quello che aveva di fronte. Harry non pensava che sarebbe stata così la sua morte. Perché, qualunque cosa stesse per succedere, era certo che la morte fosse vicina, il suo cuore non poteva reggere.
Louis prese ad accarezzargli le cosce. Era un gesto familiare, che faceva quasi tutti i giorni di nascosto sotto i tavoli o mentre si baciavano. Ma quello era infinitamente diverso, infinitamente più forte, perché non c'erano più barriere di tessuto tra la pelle di Harry e le dita di Louis. Quelle dita tracciavano linee di fuoco che accendevano la carne di Harry e quel fuoco continuava a bruciargli dentro e confluiva nel suo ventre, alimentando un incendio sempre più grande e insopportabile.
«Louis...», questa volta quel nome sfuggì dalle labbra di Harry con un gemito insofferente, suonava come una richiesta. Ma cosa gli stava chiedendo? Harry non lo sapeva.
Louis alzò lo sguardo dalle gambe di Harry al suo viso, lo fissò con intensità e poi sorrise, giusto un attimo prima di piegarsi di nuovo verso il basso e sostituire le sue mani con... Le sue labbra.
Quando Louis iniziò a lasciare piccoli baci sul suo inguine, Harry capì che quello era esattamente ciò che desiderava. Louis, per fortuna, l'aveva capito prima di lui.
I baci erano ancora più infiammabili che le impronte digitali. Baci e mani assieme erano decisamente troppo, Harry se ne rese conto quando Louis prese ad accarezzargli l'eccitazione attraverso il tessuto dei boxer, senza smettere di tormentagli l'interno coscia con baci e piccoli morsi.
Ad Harry sembravano passati secoli dalla festa, dal suo compleanno, da quando aveva salutato tutti i suoi amici, invece erano passati solo pochi minuti, meno di mezz'ora. Era come se quel momento fosse in un tempo diverso, un tempo dove c'erano solo Harry e Louis e tutto il resto era solo un ricordo sfuocato e lontanissimo.
Le riflessioni di Harry furono interrotte dalla mano di Louis che premeva con insistenza maggiore sulla sua ormai innegabile erezione. Harry deglutì nervosamente. Nessuno l'aveva mai toccato così, nessuno l'aveva mai toccato . Era imbarazzante. Gli piaceva tantissimo. Ma sopratutto: non c'era niente di più giusto del fatto che Louis fosse il primo a farlo.
Per un'istante la pressione delle mani di Louis scomparve e Harry la rimpianse talmente tanto che gli sfuggì un gemito frustrato dalle labbra. Ma poi sentì le dita di Louis arricciarsi attorno all'orlo dei suoi boxer e... Oh! Louis stava per-
«Harry», quel richiamo distrasse per un momento il riccio dalla sua confusione.
Harry aveva la schiena abbandonata sullo schienale del divano e teneva il volto rivolto al soffitto, perché se avesse guardato Louis in quella posizione non sarebbe stato in grado di tenere duro ancora a lungo. Però Louis adesso lo stava chiamando -e soprattutto non stava più facendo niente!- e aspettava che Harry gli rivolgesse la propria attenzione. Con uno sforzo, Harry si costrinse a piegare il volto verso il basso, dove gli occhi di Louis aspettavo i suoi. Appena i loro sguardi si incontrarono si accesero entrambi della stessa luce emozionata. Poi, però, lo sguardo di Louis si riempì di agitazione e Harry temette che stesse avendo dei ripensamenti, che avesse capito che quello che stavano facendo andava fin troppo oltre i limiti del loro patto, che-
«Harry, per te va bene?», chiese invece Louis, inaspettatamente.
Eh? «Che... che cosa?», domandò Harry, confuso.
Louis puntò lo sguardo al pavimento, poi strinse più forte il tessuto dei boxer di Harry e «Posso?», domandò.
Louis gli stava chiedendo il permesso di... Louis, quello che in teoria non era nemmeno gay, non si era minimamente posto il problema se fosse giusto o meno fare quello che stava facendo. No, lui si stava preoccupando per Harry! Louis voleva sapere se Harry voleva andare avanti, come se quello fosse l'unico impedimento rimasto tra le sue mani e la carne bollente sotto la stoffa.
«Oh, sì, certo», rispose allora Harry, con malcelata enfasi.
Louis non se lo fece ripetere due volte e strattonò i boxer verso il basso.
Solo...
«Aspetta!», esclamò Harry.
Louis si bloccò a metà strada e sulla sua fronte si arricciò una piccola V preoccupata.
«Vuoi che mi fermi?», domandò, quasi deluso.
«No», disse Harry con decisione, «No...», ripeté sottovoce. Poi prese un respiro profondo e: «Volevo solo sapere se tu... Volevo dirti che non sei obbligato a farlo», ammise tutto d'un fiato, «Per me, ecco, va bene anche così. Davvero. Tutto quello che hai fatto per me oggi è più che sufficente... Non devi sentirti in dovere di fare... di fare questo. Non devi se non-»
«Harry», lo fermò Louis sorridendo, «Non lo sto facendo perché mi sento in dovere di farlo. Ti assicuro che questo non rientra affatto nei miei doveri... Lo voglio semplicemente fare, lo voglio tantissimo. E ho deciso che per oggi, solo per te, solo per questo giorno speciale, io farò quello che voglio», disse, «Quindi ti prego, dimmi che lo vuoi anche tu e muoviamoci prima che me ne penta».
Harry boccheggiò nel realizzare il senso di quelle parole.
Louis aveva deciso di mettere da parte ogni concezione di giusto e sbagliato, aveva deciso che per una volta avrebbe ignorato ciò che la sua coscienza gli suggeriva e avrebbe fatto semplicemente ciò che voleva. Perché Louis lo voleva! E questa consapevolezza eccitò Harry ancora di più.
Forse quello non era solo il compleanno più bello della sua vita, forse era addirittura il giorno più bello.
«Lo voglio. Lo voglio, sbrigati», ansimò Harry. Louis lo accontentò con un'espressione compiaciuta.
Mentre Louis abbassava lentamente la stoffa dei boxer, Harry pensò che non aveva mai preso una scelta migliore di quello strano compromesso che li aveva portati a quel momento.
Dopo non ci fu più tempo per pensare.
Ci fu solo il respiro di Louis sulla pelle nuda di Harry, il peso dei suoi occhi che lo guardavano e poi le sue mani che lo toccavano facendolo sentire debole e forte allo stesso tempo. E dopo ci fu la bocca.
Louis era impacciato e non sapeva bene cosa fare, più di una volta i suoi denti sfiorarono la carne sensibile di Harry facendolo gemere di dolore e più di una volta dovette interrompersi per riprendere fiato. Ma i gemiti di dolore si confusero tra quelli di piacere e fu solo degli ultimi che Harry mantenne la memoria. La bocca di Louis era così calda e così accogliente che ci sarebbe rimasto dentro per sempre, se avesse resistito. Solo che ad un certo punto fu semplicemente tutto troppo caldo e troppo bello e troppo giusto per continuare a resistere.
Allora Harry si lasciò andare con un lieve gemito, un ultimo «Louis» strappato via alle sue labbra dal piacere.
Quando la bocca di Louis lo abbandonò, Harry ne sentì subito la nostalgia. Ma quando quella stessa bocca raggiunse la propria per lasciarvici un morbido bacio, Harry seppe che una parte di sé sarebbe rimasta sempre con Louis, dentro di lui, e non si sentì più così triste. La macchia che sporcava le labbra di Louis, il sapore diverso di quel bacio, quella nuova luce nei suoi occhi, ecco, tutto ciò era una piccola parte di Harry che ora apparteneva ad Louis, per sempre.
«Grazie...», fu tutto ciò che riuscì a dire Harry, molti minuti dopo, mentre si sdraiavano uno accanto all'altro.
«Grazie a te...», fu l'unica risposta di Louis, poi lo circondò tra le braccia e lo strinse forte.
 
Harry si addormentò in quell'abbraccio, un'ultima certezza a zampillargli nella mente: quello era stato indubbiamente il giorno più bello della sua vita.
 
 
 
 
 
 
Harry era raggiante, da qualche giorno pareva splendere di luce propria. C''era un luccichio brillante nei suoi occhi che non sembrava intenzionato a spegnersi.
Se ne andava in giro per Hogwarts con un'espressione beata e soddisfatta, e Harry sapeva di essere ridicolo -Zayn non faceva che ricordarglielo-, ma cosa poteva farci se era così felice da non riuscire a nasconderlo? Finalmente la sua vita andava a gonfie vele. Non era una ragione più che valida per continuare a sorridere come un idiota?
All'inizio Harry aveva temuto che quello che lui e Louis avevano fatto quella sera nella Stanza delle Necessità avrebbe avuto delle brutte conseguenze. Ma il giorno successivo Louis aveva ripreso a parlargli come al solito e come al solito lo aveva baciato e sfiorato di nascondo. Sorprendentemente, era andato tutto bene.
Adesso Harry conviveva con un nuovo imbarazzo nel baciare Louis o nel sentire le sue mani che lo accarezzavano, perché ogni volta puntualmente ricordava dove quelle mani l'avevano toccato e dove quella bocca l'aveva baciato. Louis rideva del suo imbarazzo e poi continuava a baciarlo. Ma non erano più andati oltre. Dalla sera del compleanno Louis non aveva più toccato Harry in quel modo, né aveva parlato di quella cosa. Non era, però, come quando Louis lo aveva baciato e poi aveva fatto finta che non fosse mai successo. Semplicemente non sentivano il bisogno di parlarne, nessuno dei due. Questo non li rendeva meno consapevoli del fatto che fosse successo.
L'unica cosa che Harry rimpiangeva era non aver potuto ricambiare il favore. Quella sera si era addormentato tra le braccia di Louis senza nemmeno pensare che forse anche lui avrebbe voluto... Ma Louis non ne aveva fatto menzione e Harry sospettava che probabilmente non glielo avrebbe nemmeno lasciato fare. Però Harry voleva fare per Louis la stessa cosa che il ragazzo aveva fatto per lui. E prima o poi avrebbe trovato il momento giusto...
 
 
 
Tre giorni felici erano volati via senza che Harry se ne accorgesse e quando quella mattina Harry aprì gli occhi, il 4 Febbraio incombeva su di lui. Insieme a Louis Tomlinson.
«Louis?», biascicò Harry mettendo a fuoco la figura del ragazzo. C'era qualcosa che non andava.
Cosa ci faceva Louis nel suo dormitorio, seduto sul suo letto, di prima mattina? Stava sognando?
«Buon giorno bellissimo, il sole splende nel cielo, gli uccellini cantano ed è ora che anche tu sorga ed inizi a cantare», Harry era abbastanza certo che fuori non ci fosse nessun sole -era febbraio ed erano in Scozia, doveva necessariamente essere brutto tempo- e che fosse troppo freddo perché gli uccellini osassero mettere il becco fuori dal nido. Era anche abbastanza certo che quello non fosse un sogno. Il Louis nei suoi sogni non diceva cose tanto assurde.
«Cosa vuoi...?», biascicò nascondendo la testa sotto il cuscino.
Louis gli portò via il cuscino con uno strattone e: «Devo per caso pensare che tu non sia felice di vedermi?», chiese con tono offeso.
«A quest'ora del mattino non sono felice di vedere nessuno», borbottò Harry, cercando di allontanarsi il più possibile dalle mani di Louis che tentavano di tirarlo fuori dalle coperte.
«Nessuno? Io sarei nessuno?! Sappi che mi ritengo personalmente offeso», affermò il più grande, ma ridendo.
Harry lo ignorò. «Louis, si può sapere che diamine ci fai qui?»
«Sono venuto a svegliarti», spiegò il maggiore.
«Ho una sveglia per questo», che a proposito non era ancora suonata, quindi... «Louis, ma che ore sono?», domandò Harry preoccupato, solo allora notò come nel resto della stanza le luci fossero spente, segno che gli altri dormivano ancora tutti.
«Le sei e mezza del mattino», spiegò Louis tranquillamente.
«Che?!»
«Harry, non urlare, così svegli i tuoi adorabili compagni di dormitorio», lo rimproverò Louis, affatto dispiaciuto dall'idea.
«Io urlo quanto mi pare se tu vieni a svegliarmi alle-»
«Sei e mezza», completò Louis.
«Già...», Harry si era svegliato a quell'ora solo un paio di volte nella sua vita. «E' uno scherzo, vero?», si affrettò a chiedere.
«Assolutamente no. Dobbiamo prendere la metro-polvere ad Hogsmeade tra un'ora».
«Che cosa?», di che caspita stava parlando adesso?
Louis gli lanciò un'occhiata obliqua. «Quindi te ne sei proprio dimenticato?»
«Dimenticato di cosa?!»
«Oggi hai la visita al San Mungo», disse Louis.
«...», Harry deglutì, «E' oggi?»
Louis annuì. «4 Febbraio, ore otto», confermò.
Era giusto. Harry se ne era completamente dimenticato.
«Io non... Mi era del tutto passato di mente, non-»
«Non preoccuparti, ho pensato a tutto io», fece Louis, «Ho chiesto i permessi di uscita per entrambi e ho prenotato la metro-polvere per andata e ritorno. Tu devi solo alzarti e seguirmi».
Harry non pareva aver sentito l'ultima parte: «Mi dispiace, non dovevi essere tu a occuparti di tutto, scusa, non so proprio come ho fatto a dimenticarmene, io...», no, in realtà lo sapeva benissimo. In quei giorni la sua mente era stata monopolizzata da un unico pensiero, Louis. O forse erano mesi?
«Ho preso molto seriamente il mio ruolo di accompagnatore», disse Louis alzando le spalle, come se la cosa non lo avesse infastidito più di tanto, «E poi, a differenza di qualcun altro, se posso uscire per un giorno da questo castello non me ne dimentico certo, io», aggiunse sogghignando, «soprattutto se tutto questo implica passare il giorno da solo con te», il sorriso era cresciuto a dismisura.
Harry si sarebbe imbarazzato, se solo... «Un giorno da solo con me in un ospedale?», per come la vedeva non era una prospettiva tanto emozionante. O romantica.
«Non è quello il punto», obbiettò Louis agitando una mano nell'aria.
«E quale sarebbe?», chiese il minore. Il viso di Louis fu illuminato da un sorriso a trentadue denti, come se non aspettasse che quella domanda.
«Ma sei tu, il punto!», esclamò, «Passerò un'intera giornata con te, lontano da Hogwarts e in un posto dove nessuno ci conosce. Sai cosa significa?», domandò ammiccando.
Quella volta Harry si concesse di arrossire un po'.
Louis si piegò per lasciargli un veloce bacio e poi sussurrargli a fior di labbra: «Allora, ti alzi?»
Harry avrebbe mille volte preferito rimanere lì in quel letto a baciare Louis tutto il mattino, ma alla fine si convinse ad alzarsi e seguirlo fuori da lì.
Non prima di aver approfondito quel bacio.
 
 
 
 
 
Harry spazzò via con le mani gli ultimi residui di cenere sui vestiti, poi con occhi nervosi lanciò un rapido sguardo a Louis. A differenza sua, il maggiore sembrava perfettamente tranquillo. Harry non poteva certo dire altrettanto.
Quella mattina avevano camminato mano nella mano dal cancello della scuola fino ad Hogsmeade. Harry aveva percorso quella strada col cuore in gola dall'emozione e la testa in fibrillazione perché... quel gesto era così da coppia vera. Certo, non lo erano, ma per Harry era stato bellissimo passare dieci minuti fingendo di essere il ragazzo di Louis. Quando erano arrivati alla stazione dei caminetti Louis aveva iniziato a tirargli addosso la polvere volante, decisamente molta di più del necessario, ed Harry non aveva potuto lasciare che l'altro restasse impunito. Fu così che avevano cinque minuti di ritardo, una guerra di polvere alle spalle e una sonora strigliata da parte del controllore della stazione. Il camino li aveva smaterializzati a suon di starnuti e risate.
Infine erano arrivati nella piccola stazione dei camini adiacente all'ospedale. Come i piedi di Harry avevano toccato il pavimento, così tutti i pensieri felici di quella mattina l'avevano abbandonato, sostituiti da un forte nervosismo. Harry non sapeva dire se la sua agitazione improvvisa fosse dovuta alla consapevolezza di essere tanto, troppo, vicino ad uno dei posti che più detestava sulla faccia del pianeta o se fosse perché la sala della stazione era piena di gente dall'aria malata e infelice. Proprio come lui era stato...
Non ebbe il tempo di trovare una risposta, perché Louis prese a trascinarlo fuori dalla stazione, verso l'immenso edificio del San Mungo. Di colpo nemmeno il pensiero della mano di Louis stretta attorno alla propria di fronte a tanta gente bastò a rasserenarlo. Il cuore di Harry venne monopolizzato da un battito lento e spaventato e la sua mente venne ottenebrata da una cupa inquietudine che aumentava ad ogni passo che lo portava più vicino a quell'inferno. Il suo inferno personale.
Harry non era più così sicuro di voler andare in quel posto...
C'erano troppi incubi legati a quell'ospedale, incubi che ancora lo tormentavano alla notte, cose di cui non aveva nemmeno parlato a Louis. Quel luogo lo spaventava, lo opprimeva. Solo il ricordo della puzza del disinfettante gli faceva venire la nausea e quel odore era ovunque, appestava ogni cosa là dentro, anche le persone. Il pensiero di dover rivedere il Dottor Mark gli metteva addosso un'agitazione profonda, perché fronteggiarlo avrebbe significato fronteggiare le sue stesse paure. E forse Harry non era pronto per farlo. Inoltre, l'idea di dover essere di nuovo studiato, esaminato e osservato come una cavia da laboratorio, alimentava in lui il familiare senso di inadeguatezza, unito ad un'emozione di rabbia e irritazione.
Ma una fra tutte era la cosa che lo spaventava di più... C'era qualcosa dentro a quell'ospedale, qualcosa che Harry si era ripromesso di non rivedere, qualcosa che Harry era certo di non essere pronto ad affrontare. Qualcosa che lo aveva portato a giurare che non avrebbe mai rimesso piedi in quel posto.
«Harry, va tutto bene?», la voce di Louis era un sussurro che si insinuava tra le sue paure.
«Non credo di potercela fare...», ansimò Harry, col fiato corto dall'agitazione.
«Io sono qui con te...»
«Ma io non ce la faccio», lamentò, piantando i piedi per terra.
«Harry, andrà tutto bene», Louis cercò di rassicurarlo e strinse più forte la sua mano. Harry a malapena se ne accorse.
«Voglio andarmene...», disse.
«Ormai siamo quasi arrivati, che senso ha tornare indietro adesso?»
Louis aveva ragione: erano quasi arrivati, la grande porta d'ingresso distava appena qualche metro e non faceva altro che aprirsi e chiudersi al continuo passare di persone. Harry poteva quasi sentire il nauseabondo odore di ospedale arrivargli alle narici ogni volta che la porta si apriva. Tornare indietro non gli sembrava affatto un'opzione insensata.
«No... No, Louis, io non posso entrare lì dentro...», ripeté Harry strappando la mano dalla presa di Louis e portandola alla testa in un gesto disperato.
«Harry... Harry...», Louis continuava a ripetere il suo nome, ma Harry continuava a fissare l'entrata e intravedeva mostri oltre le porte e quei mostri lo chiamavano e promettevano di fargli del male, ancora del male, dell'altro male.
«Harry!», l'urlo di Louis fu come una spada che trafiggeva il silenzio e spaventava la paura stessa. Finalmente Harry si riscosse e solo allora realizzò che le mani di Louis adesso stringevano le sue guance, chissà da quanto.
«Harry, ascoltami. Io non lascerò che ti succeda niente di brutto. Hai capito? Io sono con te, entrerò lì dentro con te e assieme noi due affronteremo qualsiasi cosa troveremo. Non sei da solo, mettitelo in testa. Non sei più da solo! Io sono qui con te, ti prego, non dimenticartelo».
Se l'era dimenticato. Louis gli aveva stretto la mano, ma Harry l'aveva ignorata e aveva creduto di essere lo stesso bambino abbandonato da tutti che era stato ormai tanti anni prima. Ma non lo era più. Forse aveva smesso di esserlo il giorno stesso in cui aveva conosciuto Louis.
Per qualche attimo Harry aveva confuso sé stesso con il vecchio Harry, ma ora la voce di Louis lo aveva riportato alla realtà e le sue mani lo tenevano legato ad essa.
Harry tornò ad impossessarsi di una delle mani di Louis e la strinse forte tra la propria, poi alzò il mento in alto, fissò la porta dell'inferno, con sicurezza, come a sfidarla.
Aveva giurato di non varcare mai più quella porta e invece eccolo di nuovo lì, in quel dannato ospedale, nel luogo dove avevano tirato fuori tutte le sue debolezze di bambino e poi l'avevano lasciato solo ad affrontarle.
Ma adesso le cose erano cambiate, Harry non era più il bambino solo al mondo che aveva varcato la soglia del San Mungo la prima volta. Era cresciuto da allora e stava imparando ad affrontare le sue paure, non da solo, ma insieme a Louis. Louis che era in piedi accanto ad Harry davanti a quella porta.
La paura restava, i mostri continuavano ad aspettarlo. Harry, però, non era più solo a combatterli.
Prese un respiro profondo e poi entrò all'inferno, ma finché Louis gli era accanto avrebbe sempre avuto un angelo a ricordargli che il paradiso non era solo un sogno tra gli incubi.
 
 
 
 
 
Louis fissava la porta dell'ambulatorio da un tempo che gli pareva infinito. Potevano essere passate due, tre, forse mille ore. L'orologio a muro, però, diceva che erano passati appena cinquanta minuti da quando Harry era entrato nella stanza. Quell'orologio barava, Louis ci avrebbe scommesso.
Era decisamente stanco di aspettare, era tutto il giorno che non faceva altro. Harry passava da uno studio all'altro e Louis poteva solo aspettarlo. E il problema non era aspettare Harry. Il problema era lasciarlo andare da solo tutte le volte... I medici avevano categoricamente vietato a Louis di entrare insieme ad Harry. All'inizio Louis aveva protestato, perché aveva promesso che non lo avrebbe lasciato da solo e perché a quell'ordine Harry l'aveva guardato con un'espressione terrorizzata e disperata che sembrava chiedere il suo aiuto. Ma i dottori non avevano sentito storia: avevano trascinato Harry di peso dentro il primo ambulatorio e Louis era rimasto fuori, impotente, ad aspettarlo. Quell'attesa era stata insopportabile e dolorosa. Louis aveva temuto che per Harry sarebbe stato troppo essere lì, per giunta senza di lui. Le sue paure si rivelarono piacevolmente infondate quando Harry era uscito dalla stanza molto più tranquillo di quando era entrato, con addirittura un velo di sorriso sul viso.
«Me lo ricordavo peggio...», aveva sussurrato Harry mentre un'infermiera li conduceva verso la visita successiva. Louis evitò di fargli notare che, probabilmente, era lui stesso ad essere cambiato dall'ultima volta che era stato lì, non i controlli. Si limitò a sorridergli in risposta.
Continuarono così per tutto il giorno. Harry fu visitato per ben sei volte, ogni volta da una diversa crew di medimaghi, ogni volta tornando da Louis sempre più stanco, eppure sereno.
«Ho ancora tanto lavoro da fare...», gli aveva detto mentre sbrigavano una veloce pausa pranzo.
«Che vuoi dire?»
Harry aveva sospirato. «Le mie prestazioni magiche sono aumentate, ma i geni di mia madre restano comunque. I medimaghi hanno voluto mettere ben in chiaro che non sarò mai un mago perfetto e dovrò continuare per tutta la vita a lavorare il doppio di un mago normale per compiere anche la più semplice delle magie», aveva spiegato con rassegnazione.
«Mi dispiace...», Louis non sapeva che altro dire.
Harry, sorprendentemente, però, aveva sorriso.
«Non dispiacerti. Io sono felice, questo è molto di più di quello che per anni ho creduto di poter avere. Molto di più di quello che hanno altri... Sono fortunato, e non me ne ero mai accorto».
Per Louis fu molto difficile non alzarsi e baciarlo, lì davanti a tutti. Si limitò a stringergli la mano con discrezione e dirgli: «Io invece sono fortunato ad avere te».
Harry era arrossito e, reprimendo il desiderio di mordergli le guance, Louis decise che non c'era niente di sospetto nel pizzicargli le gote con le dita.
 
 
Dunque, Louis aspettava da cinquanta, no, cinquantasette minuti e non ne poteva più, ancora un po' e sarebbe diventato un tutt'uno con la sedia. Se non altro quella era l'ultima visita della giornata, poi quando Harry avrebbe finito sarebbero tornarti a casa.
Louis dovette aspettare ancora qualche minuto, poi finalmente la porta si aprì.
«Harry, mi ha fatto molto piacere rivederti», stava dicendo la voce di un uomo all'interno della stanza.
«Anche a me, Dottor Mark», rispose Harry cortesemente, ma con un piede già fuori dalla porta.
«A presto».
«Arrivederci», con quel saluto Harry si richiuse la porta alle spalle, poi raggiunse Louis e senza dire una parola si lasciò cadere sulla sedia accanto alla sua, esausto.
Louis gli lasciò qualche secondo per riprendersi -da qualunque cosa dovesse riprendersi-, poi il bisogno di sapere si fece insostenibile: «Com'è andata?», chiese.
Harry era nervoso quando era entrato in quello studio, nervoso quasi ai livelli della mattina. D'altronde Louis sapeva che il Dottor Mark non era un dottore come gli altri...
«E' stato normale...», rispose Harry, lentamente.
«Ti ha fatto delle domande?», si affrettò a chiedere Louis.
La bocca di Harry si arricciò appena. «Louis, gli psicologi sono pagati per fare domande», spiegò.
«Lo sai cosa intendevo... Domande difficili», specificò.
Harry sbuffò: «Sì, mi ha fatto delle domande difficili», disse. «Ma la parte difficile non è mai la domanda, bensì la risposta...», aggiunse.
«E tu, sei riuscito a rispondergli?»
«Credo di sì», per qualche ragione Harry pareva soddisfatto di averlo fatto. «Penso...», riprese, «...Penso che questa sia stata la prima volta in cui sono riuscito a parlargli senza sentirmi obbligato a farlo. Sai, prima non sopportavo le sue sedute. Odiavo le sue domande, il suo volere sapere tutto, i suoi consigli. Quando odiavo quei maledetti consigli... Oggi è stato- Non è stato più facile, assolutamente, è stato solo meno fastidioso. Una volta le sue domande erano molto più cattive- no, forse era a me che lo sembravano», si corresse, «Oggi erano solo domande difficili, come dici tu, ma ho sentito che in un certo stava cercando di aiutarmi», concluse.
Harry sembrava soddisfatto di sé ed era così bello con quell'espressione compiaciuta, così insolita sul suo viso, ad illuminargli gli occhi. Louis aveva voglia di dirgli quanto fosse meraviglioso, di fargli notare quanto in quei mesi fosse cresciuto fino a diventare la persona che era ora. Una persona fantastica. Una persona migliore di Louis. Una persona che Louis rischiava di rovinare per sempre...
Louis scacciò via quei cupi pensieri con una nuova domanda: «Di cosa avete parlato?»
Harry arrossì. Se quella non era una risposta...
«D-di un po' di tutto...», balbettò, «Della scuola, di mio padre, di-»
«Di me?», chiese Louis con un sorrisetto.
Lo sguardo di Harry precipitò per terra, ma rispose comunque: «Un po'...»
«E cosa gli hai raccontato?», insisté.
«Niente!», esclamò, «cioè, niente di strano...», niente di vero, «Insomma, non gli ho detto che noi... Gli ho detto che sei un mio amico».
«Solo un amico?», gli occhi di Harry guizzarono un attimo verso i suoi. Louis sapeva di essere meschino quando diceva certe cose, ma Harry era così bello quando lo guardava con gli occhi pieni di contentezza e speranza.
«Un amico un po' speciale...», sussurrò.
Louis si limitò ad annuire, pensieroso...
Fu Harry, forse spaventato dalla piega tragica che quel discorso rischiava sempre di prendere, a richiamare la sua attenzione.
«Sei rimasto qui tutto il tempo ad aspettare?», quella suonava tanto come una domanda improvvisata, di quelle banali che a volte pronunci solo per riempire un silenzio pericoloso. Louis gliene fu mentalmente grato, quel giorno aveva già passato troppo tempo nel silenzio, e nel silenzio i suoi pensieri rimbombavano così forte che ignorarli era impossibile...
«E dove altro potevo andare?», domandò Louis, facendo appello al suo sarcasmo, «Non c'è un gran che da fare qui dentro».
«Io te l'avevo detto che non sarebbe stato divertente passare una giornata in ospedale», sussurrò Harry.
«Guarda che non sono venuto per divertirmi, ma per stare con te», e se quella mattina aveva lasciato intendere diversamente, ecco, diciamo che faceva parte del grande piano per tirare Harry fuori dal letto. «Avrei solo voluto aiutarti di più», aggiunse Louis, vagamente amareggiato.
«Hai fatto fin troppo», lo corresse Harry piangendosi verso di lui. «Se non fosse stato per te non averei nemmeno avuto il coraggio di entrare qua dentro».
«Ma dopo non ho fatto nient'-»
«Louis, secondo te che cosa mi dava la forza di entrare in quegli schifosi ambulatori? Secondo te qual era l'unico pensiero che mi consolava mentre stavo la dentro e tutte quelle persone mi... guardavano?»
Louis tacque.
Harry proseguì: «Pensavo che dovevo resistere solo un altro po' e poi sarei tornato da te. Sapere che alla fine di ogni tortura ti avrei ritrovato fuori dalla porta ad aspettarmi mi dava... forza. E scusa se dico cose così ridicol-»
«Non è ridicolo», lo interruppe, «Mi fa piacere. Mi fa molto piacere», anche se allo stesso tempo lo preoccupava...
Ma allora Harry alzò nuovamente lo sguardo in altro. E Louis si rese improvvisamente conto di quanto fossero vicini. Le loro cosce erano scacciate le une contro le altre, le loro mani si sfioravano, attratte dalla forza dell'abitudine, i loro corpi tendevano l'uno all'altro lasciando appena pochi centimetri a separarli. Gli occhi di Louis si persero in quelli di Harry, quelli di Harry precipitarono in quelli di Louis e le loro labbra iniziarono a bruciare a pochi respiri di distanza, bramandosi a vicenda. Era questione di pochi battiti di cuore e poi le loro bocche si sarebbero toccate.
Tum. Era tutto il giorno che Louis voleva quel bacio.
Tum. Chiusero gli occhi.
Tum. Erano sempre più vicini.
Tu-
«Harry!»
Si separarono bruscamente, letteralmente balzando sulle sedie.
«D-dottoressa Jones...», balbettò Harry voltandosi verso la sua interlocutrice, decisamente inaspettata e decisamente arrivata al momento sbagliato.
Seguendo lo sguardo colmo di vergogna di Harry, Louis individuò una figura di donna a lui vagamente familiare. Era la stessa dottoressa che quando aveva finto di essere Harry era venuta a parlagli. Louis la ricordava come una donna gentile, l'unica ad avergli chiesto come stesse, non magicamente parlando. Era stata lei che gli aveva domandato se volesse andare a trovare un certa Kate...
Ora sul viso della Dottoressa, però, l'espressione affettuosa dell'ultima volta aveva lasciato spazio ad una di tutt'altro tipo: qualcosa tra lo sconvolto e lo stupefatto. E fra quelle emozioni si distingueva anche una nota... divertita?
Li aveva visti. La donna aveva visto quello che stavano facendo. Quello che stavano per fare, ma sicuramente era giunta alle sue conclusioni...
Qualcuno li aveva visti. Qualcuno aveva scoperto il loro segreto. Il segreto di Louis.
«Ciao Harry», la donna sembrò essersi già riscossa, a differenza di Louis ed Harry, «Sono felice che tu abbia deciso di tornare», disse venendogli in contro, «Sapevo che l'avresti fatto, prima o poi».
Harry non sembrava in vena di risponderle, così la dottoressa continuò: «So che hai avuto una giornata pesante, com'è andata?»
Louis vide Harry agitarsi sulla sedia accanto a lui e poi risponderle nervosamente: «Ehm, bene...»
«I miei colleghi mi hanno detto che hai fatto dei miglioramenti eccezionali in questi mesi, hai per caso fatto qualche attività partic-?»
«No!», Harry la interruppe bruscamente, «Cioè, voglio dire, non ho fatto niente di che... E' solo successo. Il Dottor Davis dice che forse dipende dalla crescita...» e Harry era cresciuto di parecchi centimetri in quei mesi, fastidiosi centimetri che andavano ad aggiungersi a quelli che lo separavano da Louis. Forse la sua magia era aumentata con essi. Le sue abilità oratorie, al contrario, rimanevano sempre le stesse.
La Dottoressa annuì e per qualche istante parve perdersi nelle sue riflessioni. Poi tornò a concentrasi su di Harr- No, su di Louis.
«E lui chi è?», chiese ad Harry, ma senza stazzare gli occhi da Louis. Louis aveva la netta impressione che la donna lo stesse esaminando come per accertarsi che fosse tutto a posto in lui. Come una madre che controlla il ragazzo della figlia per decidere se ha le carte in regola...
Louis decise di prendere la situazione in mano: «Sono Louis Tomlinson, Dottoressa, un amico di Harry», si presentò. La sua voce uscì dieci volte più sicura di quella di Harry, e anche molto meno imbarazzata. La donna sembrò apprezzare la sua presa di iniziativa, perché sorrise compiaciuta.
«E' un piacere conoscere un amico di Harry... Andate a scuola assieme?», chiese.
«Si, ma siamo in case diverse», rispose Louis prontamente.
«Sembri più grande di Harry», osservò lei.
«Ho due anni in più di lui...»
«Quindi sei all'ultimo anno?», ma cos'era quello? Un interrogatorio in piena regola?
«Esatto...»
«Hai già dei piani per il futuro?».
Questa volta Harry prese la parola prima che Louis ne avesse tempo. E ce ne avrebbe messo un bel po', di tempo, per rispondere a quella domanda...
«Louis ci sta ancora pensando», sbrigò Harry, «Noi adesso dovremmo andare», aggiunse.
La Dottoressa sembrò delusa da quella parole... «Ma come? Non la vai a trovare?»
Harry si irrigidì.
«Io... No...»
«Harry, le farebbe piacere...»
«No, non è vero, lo sa anche lei che non le importa nulla ormai», la freddò Harry duramente. Louis gli aveva già sentito dire parole simili, mesi prima, le aveva rivolte all'Infermiera della scuola quando gli aveva detto che qualcuno voleva vederlo. Ma qualcuno chi? Forse sempre quella Kate di cui gli aveva parlato la Dottoressa...
«Ha chiesto di te», insisté la donna.
Harry le rise in faccia: «Di me? E quando, fra un delirio e l'altro?», la parola delirio risvegliò in Louis un altro ricordo, quello della donna strana e spaventosa che aveva incontrato in quello stesso ospedale.
«L'ultima volta che l'ho vista non si ricordava nemmeno chi fossi», riprese Harry, le sue parole amare interruppero le riflessioni di Louis, «Mi dispiace, ma non ce la farei a vederla ancora», concluse.
La Dottoressa Jones sospirò remissivamente. «E va bene, non voglio forzarti... Tu però ricordati che puoi sempre cambiare idea. Lei ti vuole ancora bene, in fondo. Forse se tu smettessi di fingere che lei non ci fosse più allora anche lei starebbe meglio... Harry, per favore, pensaci, okay?»
«Si, okay», Harry lo disse palesemente per farla contenta, ma la Dottoressa Jones sembrò accontentarsi di quella bugia.
«Ora vi devo lasciare ragazzi, il lavoro chiama. Harry, è stato bello rivederti. Louis, è un piacere averti conosciuto, torna pure ad accompagnare Harry quando vuoi», così dicendo la dottoressa se ne andò. Tra i due ragazzi cadde il silenzio.
«Harry...», fece Louis dopo un po', ma non sapeva se poteva continuare.
«Cosa?», lo esortò Harry, col tono di chi sapeva esattamente cosa Louis volesse.
«Io... Di cosa stava parlando la Dottoressa?»
«Louis, non-»
«Era Kate, stavate parlando di Kate?»
Il verde di Harry guizzò verso l'altro, sorpreso. «Tu come... Come sai di lei?»
«Io, ecco, te l'avevo detto nella lettera che me ne aveva parlato la Jones...»
«Ah, giusto...», ricordò Harry.
Louis voleva sapere: «Allora, stavate parlando di lei?»
I denti di Harry presero a torturare il labbro inferiore palesando un nervosismo che era già ben evidente negli occhi tempestosi.
Harry si decise a parlare solo dopo alcuni minuti. «Louis, c'è... c'è una cosa che non ti ho detto», sussurrò.
La fronte di Louis si corrugò. «Di che cosa stai parlando?»
«Mi giuri che... Che capirai? Che capirai perché non te l'ho detto?»
«C-ci posso provare», disse incerto, «Se c'è qualcosa che non mi hai detto avrai avuto le tue ragioni...», rifletté ad alta voce, «Ma mi fido ti te. Quindi, sì, capirò», concluse con più sicurezza.
Harry annuì, poi gli prese una mano e lo tirò in piedi.
«Vieni», disse, «C'è una cosa che devi vedere prima».
 
 



 
 
 
 
 
 
 
 
Anticipazioni:
 
"Se quella seppellita lì sotto era Kate, allora chi era la persona di cui parlava la Dottoressa Jones?"
 
 
 




 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Una cosa importante. Ho preso una decisione che spero voi possiate accettare: questa storia non sarà mai una rossa. Ci ho riflettuto molto, ci ho dovuto riflettere quando mi sono resa conto la prima scena del capitolo mi era decisamente sfuggita di mano e leggendola mi sono detta "no, non è questo ciò che voglio da questa storia". Mi spiego, non ho problemi con le storie spinte, ma il fatto è che questa storia non lo è. Diciamo che sono altri gli aspetti che voglio approfondire. Per questo ho riscritto la scena e ho cercato di renderla un po' più pulita, un po' meno esplicita. Spero che vi sia piaciuta anche così e spero che questa scelta non vi deluda troppo.
 
Ora, salve a tutti! So che sono di nuovo in ritardo e so che avevo detto che avrei aggiornato ieri, ma ho avuto un piccolo inconveniente, vale a dire una febbre da cavallo improvvisa e poco richiesta... Però sono qui.
Mi gira un pochino la testa quindi non mi dilungherei troppo... Vorrei solo sapere cosa ne pensate di questo capitolo, della prima scena, e di tutta la questione che è venuta fuori alla fine. L'ultimo capitolo ha ricevuto molte meno recensioni del solito e, va bene, non è un problema perché non scrivo per le recensioni e so che molte di voi sono impegnate, ma mi fa davvero piacere se mi fate sapere cosa pensate del mio lavoro, bastano anche poche righe.
Vi ringrazio per l'attenzione, vi ringrazio per esserci e vi saluto.
Me ne torno nel mio letto a delirare.
A presto.
 
P.s.: Io ci ho provato a dare una riguardata al capitolo, ma ho la testa fusa, quindi non garantisco nulla e mi dispiace per gli errori.

P.p.s: Quasi dimenticavo! In your skin ha recentemente compiuto un anno! E... Be', stento a crederci, ma è così. Questo è il progetto più duraturo della mia vita e ne sono molto fiera. Grazie a chi mi è accanto dall'inizio, a chi si è aggiunto a metà strada e a quelli che si aggiungeranno in futuro. Se sono arrivata a questo punto è molto merito vostro.

P.p.p.s: Giuro che è l'ultimo! Devo ancora rispondere a due recensioni, ora non ci riesco proprio, però lo farò il prima possibile!

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Capitolo 36
*** Un racconto che finisce ***


 Nota iniziale: questo capitolo è breve e pesante. Enjoy and forgive!
 
 
 
..In your skin..
 
 
 
 
 



 
 
 
 
Una racconto che finisce (o quando cade anche l'ultimo muro... )
 
Dopo aver detto che c'era qualcosa che Louis doveva vedere, Harry l'aveva afferrato per mano, l'aveva trascinato nel grande giardino dell'ospedale e poi lungo uno stretto sentiero che si allontanava dalla zona centrale del parco. Harry non aveva pronunciato una sola parola da quando aveva preso a camminare, così la mente di Louis era stata lasciata sola in balia delle proprie supposizioni riguardo la loro meta. Ma non avrebbe mai, mai immaginato che Harry l'avrebbe portato...
Erano giunti in un'area del parco delimitata da una fitta siepe alla quale si poteva accedere attraverso un vecchio cancello di ferro arrugginito. Fu proprio oltre quel cancello che lo guidò la mano di Harry. E a quel punto, Louis capì.
«H-Harry, ma questo è...», le parole non vollero saperne di uscirgli dalla bocca, le immagine che continuavano a riempirgli gli occhi lo ammutolivano.
Le tombe si susseguivano una dopo l'altra in file disordinate e poco curate. L'erba cresceva incolta tra le lapidi e non c'erano né fiori né altre persone, vive, oltre a loro ad onorare le tombe. Ma non c'era dubbio, quello era...
«Il cimitero dell'ospedale», confermò Harry con tono calmo mentre continuava a trascinare il maggiore tra le lapidi. «Qui», continuò, «vengono seppelliti tutti i pazienti senza famiglia, quelli che non hanno parenti che riscattano i loro corpi morti. E' dove vengono seppelliti i neonati non voluti e lasciati a morire dalle loro stesse madri. Oppure è dove vengono sepolti gli anziani dimenticati dalle famiglie che loro stessi hanno cresciuto...»
«Harry, dove-»
Harry lo ignorò, continuò a camminare. E a parlare:
«Durante miei anni di permanenza in questo ospedale pensavo che se fossi morto sarei finito qua dentro, insieme ai morti dimenticati. Tutto sommato era un pensiero quasi confortante. Non guardarmi così, Louis, è solo... sapevo che almeno qui sarei stato in mezzo ad altre persone come me. Sole come me...», sussurrò. Tutto quel discorso non faceva che inquietare Louis.
«Adesso, dal momento che mio padre mi ha riconosciuto, sicuramente finirei nel cimitero degli Styles... Però, se potessi scegliere, vorrei ancora essere seppellito qua. Sai, non mi è mai dispiaciuto questo posto. Ho sempre pensato che ci fosse un'atmosfera speciale in questo cimitero. Non pensi anche tu che ci sia una gran pace qua dentro, eh Lou?»
Gli occhi spaventati di Louis dicevano che no, a lui quel posto non metteva pace, ma solo una brutta agitazione. Quel posto era inquietante, sembrava troppo morto, anche per essere un cimitero. Quindi non gli piaceva, affatto. O forse era il pensiero di Harry morto seppellito sotto quella terra a spaventarlo tanto?
Harry non prestò attenzione alla reazione di Louis e continuò la sua maratona tra le tombe. Direzione? Sconosciuta.
«Comunque, io non sono ancora morto...», bisbigliò Harry.
Louis era stanco di quel gioco: «Harry, dimmi dove stiamo-»
«Ci siamo», lo interruppe Harry mentre si fermava. «Louis, ti presento Kate», annunciò l'istante successivo.
Stupidamente, Louis alzò il volto per guardarsi attorno. Dunque erano lì per quello? Vedere la famosa Kate?
Ma non c'era nessuno lì...
Allora Louis seguì lo sguardo di Harry, i cui occhi calmi puntavano verso il terreno davanti a loro. E trovò Kate.
Quella tomba non doveva essere lì da troppi anni perché a differenza della maggior parte, il cui marmo era ingrigito dal tempo, la pietra della lapide era ancora bianca e pulita, per quanto fosse quasi invisibile per colpa dei rampicanti e delle erbacce che vi crescevano sopra. Sempre a causa di quelle, Louis non era in grado di leggere il nome del proprietario di quella tomba e se riuscì a distinguere tra le sterpaglie una "K" ed una "e", fu solamente perché adesso sapeva.
Ma continuava a non capire. Quindi Kate non era la persona di cui parlava la Dottoressa? E allora chi era? E chi era quella persona?
Senza riuscire a dire una parola Louis strinse più la mano di Harry, che non aveva mai lasciato andare, e sperava che con quel gesto il ragazzo avrebbe colto anche le sue domande. Al suo tocco Harry sospirò. Poi parlò.
«Kate era la mia migliore amica», quello fu l'inizio. «In realtà è stata la mia prima amica di sempre. E anche l'unica, prima di te... Io l'amavo. Cioè, ero convinto di amarla. Adesso non ne sono più così sicuro, però al tempo non avevo mai provato qualcosa di così forte per qualcuno, qualcuno che non fosse mia madre... ero certo che fosse amore», Harry si interruppe per un attimo, poi riprese.
«L'ho conosciuta qui, al San Mungo. Io avevo otto anni, lei ne aveva dieci e ne aveva trascorsi qua dentro almeno la metà. Non ne avrebbe vissuti ancora molti... All'epoca ero un bambino triste e distrutto. La vita che avevo vissuto fino a quel momento, una vita per altro poco felice, era andata a pezzi ed ero troppo debole per rimetterla a posto. Poi un giorno è arrivata Kate. Non so perché scelse proprio me, forse un po' le piacevo o forse la mia disperazione le faceva sembrare la propria un po' più sopportabile... Fatto sta che una mattina venne da me e mi disse "Tu sei il mio nuovo amico", Merlino, me la ricordo ancora la sua espressione quella volta! Era fatta così, Kate non chiedeva, prendeva. E da allora ho sempre accontentato ogni sua richiesta, perché quello era tutto ciò di cui sentivo il bisogno, qualcuno che desse un senso alla mia vita al posto mio... Così diventammo amici, anche se lei mi trattava più come una specie di schiavetto, piuttosto che come un amico. Ma io non mi lamentavo, provavo questa specie di... adorazione per Kate che mi impediva di vederne i difetti. Per me era perfetta, era la mia guida, il mio modello. Tutto ciò che sognavo era poter essere come lei... Fin dalla prima volta che l'ho vista ho pensato che fosse la persona più forte, sicura ed energica che ci fosse al mondo. Kate sapeva sempre cosa fare, sapeva sempre cosa voleva fare, non aveva paura di niente e non c'era niente che potesse fermarla», poi la voce di Harry si spezzò, «Ho continuato a crederlo per anni. Ma mi sbagliavo, Louis, mi sbagliavo...»
«Kate era una magonò ed era finita qua dentro a causa di una malattia genetica che colpiva da generazioni la sua famiglia di maghi. Nessuno, però, nella sua famiglia ne aveva mai sofferto gravemente, perché la magia li proteggeva dalla malattia stessa. Ma Kate non aveva magia, neanche un pizzico, aveva solo la malattia magica. Assurdo, no? Era una magonò, ma soffriva di una malattia per maghi dalla quale non poteva proteggersi. Me l'ha ripetuto per anni quanto il destino fosse stato crudele con lei. Eppure non avevo capito... Non ho capito cosa ciò significasse fino a quando...», Harry non concluse la frase, ma i suoi occhi, fino ad ora persi nell'orizzonte, caddero sulla lapide.
«Probabilmente rifiutavo solo di capire. Così come rifiutavo di vedere quanto Kate fosse debole, quanto soffrisse. La sua durezza, la sua spavalderia, la sua... cattiveria, in realtà non erano altro che paura. Kate non era coraggiosa, Kate era disperata. E arrabbiata, arrabbiata col mondo per quello che le aveva fatto. Sai, lei me lo diceva spesso che io ero stato fortunato. Non le credevo, ero convinto che lo dicesse solo per tirarmi su il morale. Ora mi rendo conto che in realtà lei non solo ne era convinta, ma ne era anche invidiosa. Lei avrebbe voluto essere come me! Come me...», le parole di Harry si persero nella brezza fredda di quella sera d'inverno che stava calando.
«E' morta due anni fa. Io ero a scuola, frequentavo il terzo anno quando è successo. Non avevo idea che lei... L'ultima volta che l'avevo vista stava ancora bene, era estate, abbiamo camminato assieme nel parco. Mi ha chiesto di baciarla. Qui, in questo posto, mi ha chiesto di baciarla perché non aveva mai baciato nessuno. Io non le ho mai detto di no... E' stato bellissimo. Ho continuato a sognarlo per mesi. E poi mi hanno detto che era morta. Morta, capisci? E io pensavo a quello stupido bacio! Era un bacio d'addio, Louis, e non lo avevo nemmeno capito».
Gli occhi di Harry erano lucidi, ma non c'erano lacrime a rigargli il viso. Louis non le avrebbe sopportate, non avrebbe saputo come asciugarle. Si limitò a stringere più forte la mano di Harry nella propria e il ragazzo ricambiò, senza staccare lo sguardo dalla tomba.
«Ora me ne sono fatto una ragione, ma all'inizio è stato difficile, tanto di più perché... E' brutto da ammettere, ma... Vedi Louis, Kate non aveva un bel carattere, affatto, si divertiva a farmi soffrire per alleviare le proprie sofferenze... Eppure io l'adoravo, e in buona parte era perché mi ricordava mia madre. Temo che la ragione principale per cui accettai di diventare suo "amico" fosse proprio quella: in lei vedevo una sostituta di Anne, una versione più giovane e sana. E' stato meschino, ma giuro che non me ne sono reso conto fino a quando lei... Credo che avessi inconsciamente trasferito i residui dei miei sentimenti per Anne in Kate, e quando Kate è morta quei sentimenti si sono spezzati, ancora una volta, e hanno riaperto le vecchie ferite».
«E' stato dopo la morte di Kate che ho deciso che non mi sarei più legato alle persone. Lei era stata il mio ultimo tentativo d'amore, avevo provato ad amarla, avevo sperato che mi amasse, ma avevo ottenuto solo altra sofferenza. E non ne potevo più di soffrire. Allora ho scelto di chiudere definitivamente il mio cuore al resto del mondo e mi sono nascosto dietro al mio muro di silenzi e paure. In quello stesso periodo ho smesso di presentarmi alle visite del San Mungo, perché ero convinto che in questo posto avrei trovato solo altro dolere e nessuna cura... Il resto, be', lo conosci».
Lentamente lo sguardo di Harry scivolò via dalla lapide, l'accarezzò un'ultima volta, e poi salì verso l'alto, ad incontrare quello di Louis.
Louis avrebbe voluto dire qualcosa, trovare le parole giuste, ma non c'era niente, niente, che gli sembrasse adatto in quel momento. Il passato di Harry era un doloroso susseguirsi di eventi infelici e Louis si sentiva completamente impotente di fronte ad esso.
«Mi dispiace», gli dispiaceva davvero così tanto, gli dispiaceva per quello che Harry aveva passato, gli dispiaceva non poterlo aiutare, gli-
Un sorriso malinconico piegò le labbra di Harry. «Lo so, ma non devi essere dispiaciuto per me. Ho superato tutto questo. Certo, il dolore che ho provato per la morte di Kate non lo dimenticherò mai e la sua mancanza continuerà a farmi soffrire per sempre. Ma almeno adesso ho accettato quel dolore, l'ho capito. E sopratutto, ho capito che è sbagliato dimenticarsi dei momenti felici solo perché la sofferenza è più grande. Io e Kate abbiamo avuto i nostri momenti di felicità, ed è a quelli a cui devo pensare quando la tristezza prende il sopravvento. E se quei momenti non bastano, c'è sempre il presente a cui aggrapparsi. E il mio presente è il migliore che potessi desiderare», concluse.
Poi con un solo passo Harry azzerò la distanza che lo separava da Louis, appoggiò le labbra al suo orecchio sfiorandolo delicatamente, e sussurrò: «Il mio presente... sei tu».
Louis rabbrividì.
In un altro momento Louis avrebbe avuto paura di quelle parole, in un altro momento le avrebbe percepite come un ostacolo al loro compromesso, in un altro momento avrebbe chiesto ad Harry di rimangiarsele o forse sarebbe semplicemente scappato. Ma in quel momento Louis si sentì onorato da quelle parole, felice che Harry le avesse pronunciate perché così aveva dato un senso alla presenza di Louis in quel luogo. Perché ora Louis sapeva che, anche se non aveva le parole giuste, ad Harry bastava la sua presenza per affrontare il proprio passato. E sapere di poter aiutare Harry era per Louis una soddisfazione incommensurabile.
Approfittando della vicinanza, Louis cinse i fianchi di Harry con le braccia e poi cercò negli occhi del minore il permesso di fare quello che desiderava. Ovviamente, lo trovò.
Si sporse lentamente per incontrare il viso di Harry e trovò le sue labbra morbide pronte ad aspettarlo. Baciò delicatamente quelle labbra, accarezzandole piano con le proprie.
Fu un bacio piccolo e casto, un bacio strano, che lasciò Louis con uno strano formicolio sulle labbra, sulla punta delle dita, nella pancia. Aveva l'impressione che ci fossero mille occhi attorno a lui ad osservarlo. Ma nella luce del crepuscolo i loro unici spettatori erano le pietre cieche delle tombe...
 
Quando le labbra smisero di pizzicare e quando le mani continuarono a tremare solo per il freddo e del bacio non rimase che un rossore sulle labbra, solo a quel punto Louis si rese conto che c'era qualcosa che non tornava.
Harry aveva detto a Louis che c'era una cosa che non gli aveva detto e che ce n'era un'altra che prima doveva mostrargli. Ma se la tomba di Kate era la cosa che doveva mostrargli, cos'era quella che non gli aveva detto? E inoltre... Se quella seppellita lì sotto era Kate, allora chi era la persona di cui parlava la Dottoressa Jones?
Solo Harry poteva dargli la risposta a quella domanda.
«Harry, c'è qualcosa che mi sfugge...», tentò il maggiore sciogliendo l'abbraccio quanto bastava per poter vedere il viso di Harry, «Se Kate... Se Kate è qui, di chi stavate parlando prima tu e la Dottoressa Jones?»
Quella domanda parve innervosire Harry, il quale tentò di nascondere il proprio volto girando la testa dall'altra parte e scivolando via dalla presa delle braccia di Louis. Ma a Louis non sfuggì il modo in cui la sua espressione cambiò fino a contorcersi in una smorfia di dolore...
«E' quella... E' quella Louis la cosa che non ti ho detto...», la voce di Harry era un sussurro, «Ho voluto portarti qui per... non lo so, era importante che tu sapessi di Kate. Tu dovevi sapere. Però non è questa la questione che ti ho nascosto- Perché sì, c'è una cosa che ti ho nascosto, che non ti volevo- In realtà non l'ho nascosta solo a te, ma anche a me stesso- E' più facile fare finta che le cose stiano così, piuttosto che... Io non so se sono pronto a parlane... E' così di difficile... E' tutto così-»
«Frena, Harry, non ti sto seguendo. Non so di cosa stai parlando...», Louis odiava vedere Harry perdere il controllo in quel modo. Odiava vedere quell'Harry confuso e spaventato. E, qualunque essa fosse, odiava anche la cosa che lo rendeva tale.
Louis seppe che era il momento di agire, perché la sua presenza aveva uno scopo quel giorno: combattere affianco ad Harry.
«Harry», disse allora, «Ricordati che io sono qui per te. Sono qui per ascoltarti. La cosa che ti fa soffrire tanto... possiamo condividerla, possiamo portarne assieme il peso. Lo farei per te. Voglio condividere il tuo dolore con te, così poi potremo provare ad essere felice assieme. Io per te... Per te farei questo ed altro. Hai capito? Quindi tu parla, okay? Non avere paura di quello che devi dirmi, perché sono qui per aiutarti. E non avere paura del mio giudizio, perché, te l'ho promesso, io capirò».
Quelle parole parvero calmare Harry il quale dopo qualche istante annuì, poi il suo intero corpo parve accasciarsi su se stesso, fino a che non fu seduto sulla terra, con le ginocchia stette fra le mani e il suo sguardo perso tra le lapidi.
Louis pensò che fosse bellissimo, nonostante la disperazione nei suoi occhi, Harry era bellissimo, anche in mezzo ad un cimitero, anche con il corpo abbandonato tra l'erba e la terra e le pietre delle tombe, Harry era bellissimo col profilo stagliato sul cielo rosso e viola all'ora del tramonto e con le labbra contratte per le parole amare che stava per pronunciare.
Louis era ancora assorto nella sua contemplazione quando, purtroppo, Harry iniziò a parlare: «Quando quella volta ti ho raccontato la mia storia... c'è una cosa che non ti ho detto. Ecco, è una cosa che riguarda... mia madre», ammetterlo gli costò molta fatica. Louis si limitò annuire e gli si sedette accanto, senza toccarlo, solo aspettando. E sentendo la paura attanagliargli le membra.
«Ti dissi che il giorno in cui mio padre venne a trovarci mia madre si buttò giù da una finestra. Ed è quello che successe. Ma... mia madre... mia madre...», il respiro di Harry era sempre più affannato, però non si arrese: «Quando arrivarono i medimaghi...», disse infine, «Lei respirava ancora».
Louis chiuse gli occhi, affranto da quella notizia che in cuor suo si aspettava, ma poi si costrinse a riaprirli, perché era Harry quello che stava soffrendo di più, era Harry quello che stava lottando con se stesso per trovare la forza per parlare, di ricordare. Louis gli doveva come minimo il coraggio di guardarlo.
Dopo una breve pausa, Harry continuò: «La portarono in ospedale, in questo ospedale, e lei era già entrata in coma. Ma non era...», ...morta, la madre di Harry non era morta, «Rimase in coma per mesi. I medici la davano per spacciata, dicevano che era un miracolo che non fosse morta prima vista la situazione. Si era buttata dal terzo piano... E invece lei si svegliò. Dopo sette mesi di coma mia madre si risvegliò. Sarebbe stato meglio se fosse morta davvero... In quei mesi i medimaghi mi avevano ripetuto di non farmi false speranze, che non c'erano possibilità che sopravvivesse. Il Dottor Mark aveva cercato di farmi capire che l'avevo persa, che lei non c'era più, che dovevo andare avanti. Ma io avevo continuato a credere in ogni suo respiro, in ogni debole battito di cuore, in ogni movimento involontario, perché io... io non potevo abbandonarla e non potevo accettare che lei mi avesse abbandonato. Ma sai, Louis, poi l'ho capito... I medici avevano ragione, avrei dovuto ascoltare il Dottor Mark. L'ho capito nel momento in cui ha aperto gli occhi e mi ha guardato senza riconoscermi: l'avevo davvero persa per sempre», con quelle parole caddero le prime lacrime.
«Dopo il tentato suicidio e dopo il coma di lei non rimase altro che uno scheletro vuoto. Mia madre era sempre stata pazza, è vero, ma quello... quello era mille volte peggio. Non mi riconosceva più! Mi guardava con quegli occhi spenti e mi chiedeva "Chi sei tu?", a volte era addirittura spaventata da me, perché non capiva chi fossi. E non sapeva più... non era più... Quella cosa che si è svegliata non era mia madre. Non era mia madre!», Harry quasi gridò, «Era solo un guscio vuoto, un corpo senza anima, senza mente, senza memoria. Senza di me», Harry nascose la testa tra le mani. Louis rimase inerte a guardarlo.
Harry riprese a parlare con voce soffocata dalle proprie mani: «La Dottoressa Jones è la persona che si occupa di lei, da anni ormai, per quello la conosco... Lei era l'unica che ha sempre insistito nel dire che Anne avesse ancora dei momenti di... lucidità. Ma si sbagliava, si sbaglia ancora. Quei momenti durano un istante, e poi torna il vuoto, e poi torna a dimenticarsi di me...»
Harry alzò alzò improvvisamente il volto e si girò a cercare quello di Louis: «Non ti ho mentito nel farti credere che mia madre fosse morta», gli disse con gli occhi rossi di pianto, «Perché per me lei lo è. Mia madre è morta. Mi rifiuto di chiamare mamma quella cosa. Mi rifiuto di vederla. Non così... Non così...», Harry nascose di nuovo la testa fra le mani e dopo non ci furono più parole, solo singhiozzi.
A quel punto Louis strisciò con cautela verso Harry fino ad appoggiarsi al suo fianco. Harry non lo scacciò, né lo fece quando Louis circondò le sue spalle con un braccio. Continuò a piangere. E Louis poteva solo stringerlo.
Ormai il sole era tramontato, restava solo una debole luce ad illuminare il cimitero. Harry singhiozzava tra le braccia di Louis.
Aveva fatto male, ma adesso anche l'ultimo segreto di Harry era stato svelato, la sua storia era definitivamente finita. O almeno lo era per il momento, il seguito doveva ancora avvenire.
Dunque le cose stavano così... La madre di Harry era ancora viva, o qualcosa del genere, ed ormai non c'era più dubbio: era la persona che Louis aveva incontrato la prima volta al San Mungo. L'aveva sempre sospettato. Era stata la prima cosa che aveva pensato nel vederla. Ora il ricordo di quella donna era ormai sfuocato nella mente di Louis, ma ricordava perfettamente di aver pensato che assomigliasse tanto, troppo, ad Harry per essere una coincidenza. I loro occhi erano del medesimo colore... peccato che quelli della donna fossero due pozzi vuoti con un fondo di follia, mentre quelli di Harry erano due limpide fonti nelle quale immergersi e confortare la propria anima.
Louis sospirò. Perché doveva essere tutto così complicato? Perché la vita di Harry doveva essere stata così orribile? E cosa poteva fare Louis adesso? Cosa doveva dire ad Harry? Riusciva a capire perché Harry gli avesse tenuto nascosta quella storia e riusciva anche a capire la sua scelta di non voler rivedere Anne. Al suo posto forse avrebbe fatto lo stesso.
Ma, si chiese, non sarebbe stato più saggio consigliargli di essere ragionevole e provare a dare una possibilità ad Anne? In fondo era pur sempre sua madre.
Sì, un buon amico l'avrebbe consigliato in quel modo. Ma Louis non era solo un suo amico, e forse non era un buon amico. Però poteva provare ad esserlo, per una volta...
«Harry», sussurrò, «Io ho capito», sapeva che Harry aveva bisogno di sentirselo dire, «Ho capito perché non me l'hai detto e lo accetto e... ti ringrazio per aver condiviso queste cose con me, anche se ti ha fatto male...», fece una pausa, «Mi dispiace davvero tanto per tutto quello che è successo, per tua madre, per come le cose sono finite... Però...», Louis sentì Harry tremare nel suo abbraccio, «Forse dovresti... Lei è ancora tua madre, dovresti darle una possibilità-»
Quelle parole parvero riscuotere Harry dal suo pianto.
«Secondo te non l'ho fatto?!», domandò lanciandogli uno sguardo rabbioso tra le lacrime. «Secondo te non ho provato a ritrovare mia madre in quella donna? Ci ho provato, quanto avrei voluto... ma lei non c'era più...»
«Harry, scusami, io- io non conosco bene la situazione e non posso certo dirti cosa devi fare. Questa è solo la mia opinione, e puoi anche dimenticarla, ma... Credo... Tu-Tu hai cercato di ritrovare tua madre, ma lei, come hai detto, non c'è più. E se invece dovessi solo provare ad apprezzare quello che è rimasto? Forse non è rimasto molto e avrai ancora meno in cambio... però tu ami ancora tua madre. Non sarebbe meglio dedicare a lei quell'amore piuttosto che al suo ricordo? Perché lei sarà sempre tua madre, anche se è diversa e magari non lo ricorda più, ma tu lo ricordi. Tu sai che lei è la tua mamma. So che sarebbe doloroso, lo so, perché non avresti nulla in cambio... Ma forse staresti meglio con te stesso sapendo di non averla abbandonata...»
Harry sussultò.
«Io non l'ho...», sussurrò, «Io non l'ho abbandonata... Louis, io no-», ricominciò a piangere ancora più disperatamente di prima.
Oddio, forse aveva peggiorato la situazione.
Louis strinse Harry più forte tra le proprie braccia e Harry si accasciò contro il suo petto, piangendo senza sosta, singhiozzando rumorosamente e tramando ad ogni singhiozzo.
Passarono parecchi minuti prima che Harry si calmasse di nuovo e il cielo era diventato quasi completamente blu, solo sulla linea dell'orizzonte rimaneva la vaga traccia del passaggio del sole.
Il respiro di Harry si infrangeva lento e caldo sulla maglietta di Louis e Louis gli accarezza piano la schiena.
«Harry, mi dispiace per prima, non avrei dovuto dire..» Louis si sentiva la persona più meschina della terra, aveva praticamente insinuato che Harry avesse abbandonato sua madre... «Non avevo alcun diritto di dirti certe cose, non ne avevo neanche un po', mi dispiace davvero. Per favore, dimentica tutto. Io non so niente di quello che hai passato, non potevo, non-»
«No», Harry scosse la testa contro il suo petto, «Va bene così», sussurrò.
«C-cosa?»
Questa volta Harry annuì: «Io... Penserò a quello che mi hai detto... Sì, ci penserò...»
Louis fu sul punto di aggiungere qualcos'altro: che Harry non era obbligato a considerare le sue parole, che non doveva farsi influenzare dalla sua opinione, che era stato un idiota ed aveva parlato a sproposito.
Ma ora Harry era calmo e rilassato e non sembrava intenzionata a parlare ulteriormente per quella giornata. Allora Louis accettò il suo silenzio e lo condivise.
Quando Harry era scoppiato a piangere la seconda volta Louis aveva seriamente temuto di aver appena rovinato tutto. Le parole gli erano sfuggite di mano ed erano uscite più rudi di quanto volesse e anziché aiutare Harry l'aveva ferirlo ancora di più. Non era sua intenzione farlo, aveva solo cercato di dire la cosa giusta per una volta e invece aveva fatto un disastro.
Harry, tuttavia, non sembrava avercela con lui. Dopo la reazione iniziale si era placato. E aveva detto che avrebbe pensato alle parole di Louis... Louis non sapeva proprio come interpretare quell'affermazione. Significava forse che c'era una speranza che Harry andasse a trovare sua madre? che avrebbe almeno considerato la possibilità di farlo? Se le cose stavano così, allora il discorso di Louis aveva raggiunto il suo scopo e forse, malgrado avesse fatto piangere Harry, un giorno l'avrebbe fatto stare bene... Perché Louis di una cosa era certo: Harry non poteva essere veramente felice continuando a fingere che sua madre non ci fosse più.
 
Passarono i pensieri e passarono i minuti e l'aria divenne fredda e la notte iniziò a calare inesorabile sopra di loro. Era decisamente il momento di andare, Louis non aveva alcuna intenzione di trascorrere la notte dentro un cimitero.
«Harry... Harry, dobbiamo andare, è tardi...», disse allora.
Harry non diede segno di averlo sentito.
«Harry, se non ci sbrighiamo rischiamo che la stazione dei caminetti chiuda...», avevano ormai perso la loro prenotazione da ore, Louis sperava almeno di poter trovare un altro camino per il ritorno.
Dopo qualche secondo, finalmente Harry annuì, ma non accennò a muoversi.
Louis prese un respiro profondo, poi si fece forza e si tirò in piedi trascinando con sé tutto il corpo di Harry. Harry lasciò che Louis lo guidasse lentamente fuori dal cimitero, poi oltre il parco, verso la stazione, limitandosi a spostare un piede dopo l'altro e ad esercitare quel tanto di forza che bastava per stare dritto, per il resto toccò alle braccia forti di Louis il compito di sostenerlo nell'attraversata al buio.
Era stata una giornata pesante per Harry, Louis non avrebbe saputo dire cosa l'avesse spossato di più tra le visite e le confessioni di quel tardo pomeriggio. Fatto sta che Harry era esausto, ma Louis era lì anche per quello, sostenerlo in ogni modo possibile. Anche fisico se occorreva.
Quando arrivarono alla stazione, con immenso sollievo di Louis e placida indifferenza da parte di Harry, trovarono un caminetto libero per riportarli ad Hogwarts.
Louis si stava occupando di spargere la Polvere Volente -nella mente gli balenò il ricordo di quella mattina, che sembrava essere stata così tanto tempo prima, quando lui ed Harry avevano fatto una battaglia a colpi di polvere- quando sentì la mano di Harry cercare la sua.
Louis, vagamente sorpreso da quel gesto -ormai era un'ora che Harry si era chiuso in sé stesso- alzò lo sguardo per cercare quello del ragazzo. Con suo ulteriore stupore sul viso di Harry trovò qualcosa di decisamente inaspettato. Harry stava sorridendo.
Era un sorriso piccolo, era un sorriso sofferto, ma era sincero perché dalla bocca arrivava fino agli occhi splendenti. Era bellissimo.
Louis si chiese dove Harry trovasse la forza per continuare a sorridere in quel modo. Se lui avesse avuto dalla vita quello che aveva avuto Harry non sapeva se sarebbe stato in grado di continuare a farlo... Per Louis, certi giorni sorridere era davvero difficile -era difficile trovare una ragione per farlo, era difficile non cadere nella tentazione di un sorriso finto- questo anche se la sua storia non era una tragedia, anche se non aveva perso un genitore, anche se aveva una famiglia che lo amava... Eppure Harry continua a regalargli quei sorrisi da batticuore, alla faccia di tutto quello che aveva passato. Era così forte il suo Harry...
Louis era talmente assorto nell'ammirarlo che malapena udì la voce di Harry -o forse Harry aveva parlato troppo piano-, ma vide le sue bocca muoversi e disegnare sulle sue labbra un delicato, ma deciso, «Grazie».
Sul volto di Louis si dipinse un sorriso in riflesso a quello di Harry e di colpo Louis realizzò che da un po' di tempo non era più così difficile trovare una ragione per sorridere, non quando aveva Harry accanto a dargli uno e mille motivi per farlo.
 
Mentre si smaterializzavano un pensiero nero come la Polvere Volante si insinuò nella mente di Louis: pensò che non si meritava l'affetto di Harry, non si meritava di essere felice con lui, non quando Harry era così forte da affrontare il proprio passato e Louis era talmente debole da non riuscire a fare i conti nemmeno con il presente. Non poteva rischiare che le sue debolezze intaccassero Harry, non poteva rischiare di ferirlo di nuovo...
Tuttavia, per quando quel pensiero fosse pungente, piccolo ma fastidioso come la polvere in un occhio, non appena l'immagine di Harry gli si palesò di fronte fu immediatamente dimenticato, eclissato dalla sua esistenza. Per il momento...
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 
 
Anticipazioni:
 
"«Harry, lo sai che fra qualche settima ci sarà la partita tra Grifondoro e Tassorosso?»
Harry lanciò all'amico uno sguardo divertito.
«E secondo te perché ci stiamo allenando così tanto ultimamente?»"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
 
Note:
 
Salve a tutti :) spero che siate sopravvissute a questo capitolo che, me ne rendo conto, è un po' pesante, ma mi è uscito così. Sarà che l'ho scritto mentre pativo le pene dell'inferno? A proposito! vi ricordate che l'ultima volta stavo male? Be', si dal caso che mi fossi presa la polmonite -lo so che non vi interessa, sopportatemi, adoro lamentarmi- e da allora non sono più uscita di casa (a parte per andare dal dottore). Dunque, temo di aver sfogato la mia frustrazione su questo capitoletto sventurato, pardon... C'è di buono che ci ho messo solo due settimane a pubblicare, quasi un record, lo so!
Parlando di cose serie, tipo il capitolo. Ecco svelata tutta la questione su Kate e sulla donna in ospedale -che, come molti avevano sospettato (oppure no?), è davvero la madre di Harry- (cavolo, non sapete da quanto avevo in testa 'sta storia!), spero che vi sia... non so, piaciuta, che vi quadri. Ditemi cosa ne pensate, vi prego!
Il capitolo è tutto pov Louis e qui credo si veda quanto lui tenga ad Harry. E ci tiene, tantissimo, penso sia chiaro ormai. Certo, poi alla fine il nostro Louis si lascia andare ad una piccola nota di negatività... Che potete anche ignorare, per adesso...
Spero che le anticipazioni elettrizzino voi quanto me :D
 
Vi saluto, grazie per tutto quello che fate per me, la vostra presenza è importantissima, non sapete quanto contribuisca nel motivarmi nello scrivere! Apprezzo tutto, quindi preferite/seguite/ricordate, scrivetemi una riga di recensione, lasciatemi un messaggio in 140 carrettieri qui, fate quello che vi pare, ma fatelo perché mi rendete una persona felice :)
A presto.
 
 
 
P.s.: so che faccio schifo e non ho risposto alle recensioni, ma lo farò. Lo faccio sempre, quindi fidatevi, lo farò anche questa volta! E' una promessa.

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Capitolo 37
*** Fiori e tempeste - Parte 1 ***





 
 
..In Your Skin..
 
 
 
 
 


 
 
 
 
Fiori e tempeste - Parte 1 (o cosa non farei per te...)
 
Se solo un anno prima gli avessero chiesto che cosa fosse la felicità, Harry non avrebbe saputo rispondere.
Forse avrebbe pensato ai pomeriggi della sua infanzia, quelli passati a giocare con sua madre quando la follia le dava tregua per qualche ora, o forse avrebbe pensato ai giorni della sua prima adolescenza, quando, rinchiuso dentro le mura di un ospedale, volava lontano sulle ali della fantasia insieme a Kate e ai suoi racconti. Ma anche quei ricordi non sarebbero bastati a dargli le parole per dire che cosa fosse la felicità, perché ogni parvenza di essa che aveva mai provato era sparita, schiacciata dagli eventi che erano capitati, annullata davanti al dolore della malattia e della morte, che non una, ma due volte erano tornate a perseguitarlo, portandogli via le persone che amava e con loro ogni aspirazione alla felicità.
Eppure, proprio quando Harry aveva ormai perso la speranza, quando aveva rinunciato ad ogni pretesa di felicità, quando si era definitivamente arreso all'apatia, ecco, la felicità era arrivata all'improvviso.
Era arrivata come una tempesta che si abbatte sulla terra arida, spaventosa ed inarrestabile. La tempesta della felicità aveva rimestato la dura terra che avvolgeva il suo cuore, aveva levigato via le sue certezze a colpi di vento ed acqua e con l'acqua aveva raggiunto le profondità del terreno e ammorbidito il suo animo. Infine, la tempesta si era placata, ma lo aveva lasciato sconvolto e stravolto in ogni parte di sé, lasciandolo in balia del mondo. Poi, però, da quella distruzione era nato un fiore. Il vento da lontano aveva portato un seme e la terra, una volta arida e secca, aveva bevuto dell'acqua della tempesta, se n'era dissetata, ed aveva ritrovato la vita che aveva sempre avuto nascosta dentro di sé. Dopo quel fiore ne era nato un altro e dopo quello un altro ancora e poi un altro ancora e ancora e ancora e dove una volta c'era il deserto ora si stendeva un campo di fiori. Una placida nube, tutto ciò che rimaneva della tempesta, faceva la veglia al campo, pronta a darle acqua e protezione e vita. E felicità.
La tempesta di Harry, si chiamava Louis.
Se gli avessero chiesto che cosa fosse la felicità, oggi, Harry avrebbe parlato di Louis.
 
 
 
 
Adesso che Harry non aveva più segreti con Louis, si sentiva come se si fosse improvvisamente tolto un macigno dal cuore e quello fosse diventato talmente leggero che rischiava di prendere il volo ad ogni risata. Non era una brutta sensazione. E pensare che prima d'allora non si era nemmeno reso conto di avere un peso tanto grande nel petto! Tuttavia, adesso che se n'era andato, adesso che Louis sapeva di Kate e di sua madre, non poteva non notare la differenza. Stava meglio. Ridere non era mai stato così facile, né così semplice. Finalmente Harry non aveva più paura di essere felice. Era felice!
Certo, quando abbandoni tutti i tuoi segreti dopo ti senti quasi nudo, privato di una protezione importante per la tua anima, la quale è rimasta scoperta in balia degli occhi altrui. Ma finché erano gli occhi di Louis a guardarlo, allora andava bene. Più che bene.
Non mancavano nemmeno i dubbi, perché dopo aver parlato con Louis Harry si era ritrovato a fare i conti con nuove domande insidiose -riguardo sé stesso, riguardo sua madre, riguardo cosa dovesse fare- e tutte quelle domande erano pronte a minare il suo equilibrio interiore. Ma non importava, se essere felice significava sbilanciarsi e combattere contro la vertigine per rispondere a quelle domande, be', l'avrebbe fatto e poi avrebbe trovato un nuovo equilibrio. Al massimo c'era sempre la mano di Louis a cui aggrapparsi.
 
E allora la sua vita continuava, un po' come sempre, un po' sempre nuova, tra le lezioni, Louis, il Quidditch, Louis, Zayn, Louis e poi Louis, Louis e ancora Louis. Louis era diventato l'asse attorno al quale girava la sua esistenza, il suo primo pensiero al mattino e l'ultimo alla sera. Louis era il sinonimo stesso della felicità, Louis era la felicità. Louis, senza alcun dubbio, era la cosa più bella che gli fosse mai capitata. E forse Harry era impazzito, forse era solo cotto o follemente innamorato, ma quella felicità, quell'amore, lo avevano finalmente rianimato, gli avevano dato una vita per la quale non sperava neanche più. Lo avevano salvato da sé stesso. Louis lo aveva salvato.
 
 
Nel meraviglioso quadro idilliaco che era diventata la sua vita, però, c'era un problema, un'ombra, una macchia nera nell'angolo del dipinto, che Harry cercava di ignorare, fingeva che non ci fosse e che non importasse. Ma c'era. E non se ne andava.
Harry si era spogliato dei suoi segreti e aveva affidato la sua anima a Louis.
Louis, invece, continuava a tacere, a nascondere le parole del suo cuore dentro la sua testa e combatteva in silenzio contro paure di cui Harry non sapeva nemmeno il nome. Quelle paure stavano diventando anche la paura più grande di Harry, perché temeva ciò che sarebbe potuto accadere se Louis avesse dato ascolto ad esse piuttosto che a lui.
Ma c'era tempo. Harry continuava a ripeterselo. Louis avrebbe imparato a fidarsi di lui e un giorno avrebbe accettato di condividere con lui le sue paure proprio come aveva fatto Harry. Gli serviva solo tempo. Harry non voleva forzarlo, non voleva violare il fragile -ed indefinito- confine del loro assurdo accordo. Avrebbe aspettato Louis, Harry l'avrebbe aspettato per sempre.
Tutta quella felicità valeva la fatica di combattere con i propri mostri. Loro due, assieme, valevano tutto ciò. Doveva solo farlo capire a Louis.
 
 
 
 
 
I giorni erano passati e con essi Febbraio era giunto al suo termine, ma Harry e Louis erano ancora HarryeLouis, ancora insieme.
Quella sera erano soli nella Stanza delle Necessità. Ormai era una tradizione: tutte le sere passavano un po' di tempo assieme in quel posto, era il loro modo speciale per concludere la giornata.
Louis era steso sopra ad Harry, ma al minore non sembrava affatto dispiacere. Louis lasciava piccoli baci sulla bocca di Harry e accarezzava i contorni del suo volto con la punta delle dita. Harry sopportava quelle torture con pazienza, ma desideroso di ottenere di più. Quella sera, però, Louis non poteva dargli altro. Quella sera, dovevano parlare. Aveva già rimandato troppo a lungo quel discorso...
Abbandonò le labbra di Harry, che rimasero a boccheggiare per la sua assenza. Louis fece leva sui gomiti e si sollevò, ritrovandosi seduto sul ventre di Harry. Harry lo seguì automaticamente, ma Louis dovette frenare la sua rincorsa e trattenerlo giù con le mani.
«Harry, aspetta», sussurrò.
Il Serpeverde gli lanciò uno sguardo confuso che mal celava un velo di timore.
«Che cosa c'è?»
Louis cercò di ignorare il panico sul suo viso, non poteva lasciarsi condizionare da esso. Ormai aveva deciso che era arrivato il momento di parlare, la paura di Harry non lo avrebbe fermato. Né la propria.
«Ti devo parlare, adesso».
«Okay... Ti ascolto».
Louis prese un respiro profondo, poi « Presto ci sarà la partita contro i Corvonero», disse, «Ma probabilmente lo avevi già capito, giusto?»
Harry annuì debolmente.
«Come immaginavo...», erano giorni che a scuola non si parlava d'altro.
«Tu, Louis... Che cosa vuoi fare? Che cosa facciamo questa volta?», dalla voce di Harry trapelava una grande preoccupazione. Chissà per quanto tempo Harry si era posto quella domanda. Chissà per quanto tempo aveva aspettato che fosse Louis a parlargliene...
Louis sospirò. Se non gliene aveva parlato prima era esattamente perché lui stesso doveva prima trovare una risposta a quella domanda. Alla fine, l'aveva trovata.
«Sono settimane che penso a quale sia la cosa migliore da fare. E ho capito alcune cose... Voglio poter giocare quella partita, Harry, lo voglio immensamente, e voglio dimostrare alla scuola che non sono un perdente. Farei di tutto pur di giocare, forse rischierei ancora la vita per farlo», l'espressione di Harry si rabbuiò a quelle parole, «Ma... ho capito anche un'altra cosa. C'è qualcosa di cui mi importa ancora di più, più del Quidditch, più di quella partita», più della mia reputazione, «E quel qualcosa sei tu, Harry. Non voglio farti piangere ancora. Preferirei essere chiamato perdente per tutta la vita, piuttosto che vederti stare male di nuovo», per colpa mia. «Per questo ho preso una decisione... Non faremo niente per evitare che avvenga lo scambio. Semplicemente, lasceremo che le cose vadano come devono andare. E se quel giorno saremo scambiati... Ecco, allora tu andrai da Liam e gli dirai che non puoi giocar-»
«Louis, non deve per forza essere così...»
«E invece sì. Vorrei che ci fosse un altro modo, non sai quanto lo vorrei, ma non esiste. Non posso rischiare nuovamente la vita, non posso rischiare nuovamente di farti soffrire», disse con un sorriso amaro.
Harry rimase qualche istante a fissarlo, poi si sollevò fino a raggiungere Louis, questa volta senza incontrare nessuna resistenza, e appoggiò la propria fronte sulla sua.
«Andrà tutto bene», disse, «Vedrai che andrà tutto bene. Io ti prometto che, comunque le cose vadano, tu giocherai quella partita. Te lo prometto Louis».
Louis avrebbe tanto voluto credergli. Soffocò i suoi dubbi sulle labbra di Harry.
Louis non poteva certo sapere che Harry, a differenza sua, aveva un piano...
 
 
 
Era stato Liam Payne a dirgli della partita. In realtà Liam l'aveva detto a Louis, ma quel giorno era capitato che Harry fosse Louis, così quando aveva detto «Lou, fra un mese abbiamo la prossima partita, per allora ti voglio in forma perfetta», Harry aveva fatto molta cura di quella informazione.
Da allora ormai erano passate più di tre settimane. Settimane in cui Harry si era allenato più intensamente che mai. Ormai si allenava tutte le volte che poteva -con o anche senza Zayn- per molte ore al giorno. Era stancante ed era sempre più difficile spiegare a Louis le sue frequenti sparizioni, ma per fortuna il Grifondoro non si era accorto di niente.
Zayn, invece, ci aveva messo pochi giorni a capire cosa stesse combinando...
 
Erano entrambi esausti dopo l'allenamento, il quarto in quella settimana, e camminavano a passo moderato verso gli spogliatogli. Nessuno dei due avrebbe mai ammesso di avere il culo distrutto dopo tre ora su una scopa.
La domanda di Zayn arrivò dal nulla, sembrò quasi buttata per caso. Ma non lo era affatto...
«Harry, lo sai che fra qualche settima ci sarà la partita tra Grifondoro e Corvonero?»
Superata la sorpresa iniziale, Harry lanciò all'amico uno sguardo divertito.
«E secondo te perché ci stiamo allenando così tanto ultimamente?», gli chiese.
Zayn sorrise soddisfatto. Quella era proprio la risposta che voleva sentire.
 
 
«Quindi... vuoi giocare la partita al posto di Louis?», gli chiese Zayn la sera stessa.
Harry scosse la testa. «No! No... io continuo a sperare che quel giorno ognuno sarà nel proprio corpo», disse.
«E allora perché allenarti così tanto?»
Harry sospirò. «Perché nel caso dovessimo scambiarci voglio essere pronto. E so bene che, eventualmente, non sarei nemmeno minimamente al livello di Louis, ma almeno-»
«Ti assicuro che il tuo livello è più che sufficiente. Contro i Corvonero, per lo meno».
«E' quello che mi auguro...»
«Louis lo sa?»
Harry scosse la testa.
«Harry, a questo punto dovresti veramente-»
«Lo so, ma non glielo dirò a meno che non sarò costretto a giocare al posto suo», era irremovibile sulla sua decisione.
Harry non voleva dirlo a Louis perché aveva paura di deludere le sue aspettative nel caso si fosse dimostrato un incapace. Non voleva dirlo a Louis perché ormai era passato troppo tempo da quando aveva iniziato ad allenarsi e sicuramente Louis non avrebbe preso bene il fatto che gliel'avesse tenuto nascosto così a lungo. E sopratutto, non voleva che Louis pensasse che l'avesse fatto per colpa sua, che pensasse di averlo in qualche modo costretto a fare una cosa che non voleva. Harry l'aveva voluto, sempre, fin dal primo giorno, anche se ancora era convinto che il Quidditch non gli piacesse. Era stata una sua scelta, della quale non si era minimamente pentito, perché grazie ad essa aveva rivalutato lo sport, aveva migliorato le sue prestazioni magiche e, ancora più importante, si era legato a Zayn tanto da poterlo chiamare amico adesso.
Dalle labbra di Zayn, intanto, era sfuggito un profondo sospiro. «Sai che non c'è niente di male in quello che stai facendo, vero? Io penso che se Louis sapesse quello che stai facendo per lui-»
«Zay, non glielo dirò. Non adesso», non finché non sarebbe stato costretto.
Il moro non sembrava affatto contento, ma disse comunque: «E va bene...»
«Grazie Zay».
Zayn annuì. Poi: «Cosa pensi di fare con Louis? Voglio dire, l'ultima volta che ha giocato una partita è svenuto e si è quasi sfracellato sul fondo-campo. Hai qualche idea per evitare che la cosa si ripeta?»
A questo doveva ancora a lavorarci...
 
Sorprendentemente, era stato Louis stesso a risolvere quest'ultimo problema, decidendo di volersi affidare al caso. Era una scelta che gli era costata tanto, Harry lo sapeva, ma lo avrebbe ripagato a dovere.
 
Harry e Zayn avevano convenuto che fosse il caso che Harry conoscesse le strategie dei Grifondoro per non ritrovarsi del tutto spaesato durante le azioni in campo. Così aveva iniziato ad assistere a tutti gli allenamenti della quadra, con non poca gioia di Louis il quale era convinto che lo facesse per pura adorazione nei suoi confronti. Certo guardare Louis sudato ed in divisa era un incentivo in più per congelarsi il culo sulle gradinate tre volte a settimana.
Ma Harry non si era limitato a quello... Vedere era un conto, la pratica era tutta un'altra storia. Per questo, dopo averne parlato a lungo con Zayn, che in tutta quella storia era diventato il suo indispensabile braccio destro nonché consigliere di fiducia, aveva deciso di partecipare agli allenamenti di Grifondoro.
Ogni volta che Harry e Louis si scambiavano Harry trovava una scusa per stare qualche ora lontano da Louis -molto spesso toccava a Zayn il compito di impedire all'altro di andarlo a cercare- e poi si presentava agli allenamenti di Grifondoro.
Giocare con una squadra era completamente diverso rispetto al giocare in due. Doveva stare molto più concentrato e essere sempre pronto e attento a quello che facevano i suoi compagni. Aveva dovuto imparare i loro schemi e seguire i loro ritmi. Ma per quanto non fosse stato facile, e non lo era tutt'ora, non era nemmeno stato difficile come aveva pensato. Si era sorpreso quando aveva scoperto di non essere poi così male rispetto agli altri. E non lo era, visto che nessuno gli aveva mai fai fatto presente qualche suo difetto tecnico. Zayn, a quanto pare, lo aveva istruito a dovere. Certo, era stato rimproverato almeno una ventina di volta per non essere abbastanza sveglio, ma la cosa non aveva destato sospetti visto che il Louis reale non era da meno ultimamente, soprattutto quando c'era Harry sugli spalti.
La cosa era rischiosa, Harry lo sapeva bene, sapeva che se a Liam o a qualsiasi altro membro della squadra fosse sfuggita una parola di troppo Louis avrebbe capito tutto.
Ma i giorni stavano passando, la tanto attesa partita Grifondoro-Corvonero si faceva sempre più imminente e Louis rimaneva ignaro di quello che Harry stava facendo. Ancora pochi giorni e si sarebbe messo tutto a posto. In quale modo, però, Harry non lo sapeva...
 
 
 
 
 
«Louis, ti sei incantato di nuovo!» lo riprese Harry per la decima volta in quell'ora. «Il tuo libro è sul tavolo, non fuori dalla finestra».
Louis sbuffò. Era Marzo, fuori c'era una bella giornata di sole, la prima da mesi, e Harry lo aveva segregato in Biblioteca a studiare Aritmanzia. Era terribilmente ingiusto. Era comprensibile che la sua testa divagasse.
«In realtà preferirei fare altro...», disse, piegandosi verso Harry fino a far sfiorare le loro spalle. Se un occhio innocente poteva vederla come una mossa disinteressata, un occhio malizioso l'avrebbe vista in modo ben diverso.
«E invece devi studiare», disse Harry, scostandosi.
Louis si imbronciò. A volte sospettava che il Serpeverde avesse ascoltato troppo seriamente tutti quei discorsi che i professori facevano a Louis sui M.A.G.O e sulla loro importanza. O forse era lui che li aveva ascoltati troppo poco seriamente... Fatto sta che ultimamente le sue giornate passavano dalla dittatura di Liam sul campo a quella di Harry in sala studio. Ma con Harry riusciva sempre a trovare un modo per sfuggire ai suoi doveri...
«Eddai, Haz, facciamo cinque minuti di pausa...», sospirò quelle parole vicino al suo orecchio.
Harry lo ignorò e continuò a leggere il suo libro. Stava diventando resistente alle sue proposte sconce... Ma non invincibile.
«Voglio stare un po' da solo con te, per favore, ultimamente ci vediamo così poco...», fra i suoi allenamenti e i corsi extrascolastici di Harry -che sembravano essere triplicati- si vedevano meno del solito, il più delle volte solo per studiare, e arrivavano talmente stanchi a fine giornata che la sera riuscivano a passare solo pochi minuti assieme prima di crollare dal sonno.
Harry continuava ad ignorarlo. Decise di provare con qualcosa di più forte.
«Harry ti prego, è una vita che non ti bacio, ho bisogno di baciarti baciarti, adesso».
Questo fece effetto, perché Harry non alzò la testa dal libro che stava leggendo, ma le sue guance si colorarono di un rosa brillante mentre sussurrava: «Veramente mi hai baciato questa mattina prima di andare a colazione».
Louis sorrise. «Questa mattina è una vita fa. E poi non abbiamo avuto modo di approfondire a dovere, mi pare».
«E a me pare che dovresti approfondire altre cose al momento, tipo Aritmanzia, visto che domani hai il compito».
Louis alzò gli occhi al cielo.
«Come faccio a studiare Aritmanzia quando ci sei tu qui a distrarmi?»
«Io distraggo te? Semmai è il contrario», borbottò il riccio.
«E' la tua presenza Haz, la tua presenza. Che importanza può mai avere un libro quando c'è la tua bocca a portata di bacio?»
«Ti conviene dare a quel libro la giusta importanza altrimenti la mia bocca dovrà prendere le distanze per un po'».
«Questo è sleale! Non puoi ricattarmi così!»
Nascosto tra i ricci, Louis scorse un sorrisetto spuntare sulla bocca di Harry.
«Questo non è ricattare, è evitare che tu ti faccia bocciare proprio all'ultimo anno».
Louis evitò di precisare che non era mai stato più lontano dalla bocciatura come quell'anno, e solo grazie ad Harry.
«Ahh, come ti pare...», aveva vinto Harry. Per il momento.
«Bravo, adesso studia», disse Harry. Solo a quel punto alzò il volto nella sua direzione e gli lanciò un bacietto. Poi tornò alla sua lettura. Piccolo stronzetto.
Proprio quando Louis credeva di aver perso ogni possibilità di distrazione, questa arrivò. Sotto forma di Zayn Malik. Uh, non proprio quello che si aspettava.
«Ciao Harry!», esclamò il Serpeverde raggiante, per poi aggiungere un «Louis» di cortesia. Finta cortesia.
Da quando Malik aveva scoperto della maledizione si sentiva in qualche modo autorizzato ad unirsi a loro quando gli pareva. A Louis dava vagamente fastidio. Non gli piaceva essere controllato in quel modo. Perché Zayn lo controllava, era palese, aspettava con impazienza che commettesse un errore da potergli rinfacciare, una scusa qualsiasi per metterlo in cattiva luce davanti ad Harry. Okay, forse Louis stava un po' esagerando. Sapeva che Zayn era un buon amico per Harry, ma aveva una paura tremenda che Harry si accorgesse quando l'altro fosse un amico migliore di lui...
Per tacito accordo, Zayn e Louis si tenevano le loro reciproche antipatie per sé stessi e, per il bene di Harry, fingevano una fredda cortesia.
Louis ricambiò il saluto con un gesto della testa, Harry con un ben più caloroso sorriso, di cui Louis non poté fare a meno di essere geloso.
Zayn si sedette all'altro lato della tavola e, col suo solito sorriso malizioso sulle labbra, domandò: «Allora ragazzi, ci sono novità fra voi due?»
Harry si irrigidì accanto a lui.
«Mi riferisco allo scambio», specificò allora Zayn, «Ovviamente».
Ovviamente un corno! Quella era solo l'ultima di una lunga serie di frecciatine. Malik sapeva qualcosa su di loro. Era un sospetto che stava piano piano diventando certezza nella mente di Louis, una certezza che Louis non sapeva come affrontare, perché la sola idea che qualcuno sapesse di loro lo terrorizzava, anche se quel qualcuno era Zayn Malik...
«Nessuna novità, non abbiamo ancora scoperto niente», aveva risposto intanto Harry.
«Non lo avete scoperto o non lo avete cercato?»
Il loro silenzio imbarazzato fu una risposta più che sufficiente perché Zayn scuotesse la testa con un gesto di disapprovazione.
Louis avrebbe voluto dire che era colpa dei loro impegni se rimandavano puntualmente le ricerche sulla maledizione. Sarebbe stata una bugia. La verità era che nessuno dei due era sicuro di voler trovare la soluzione al problema, perché, per quanto gli stesse rovinando la vita, era anche la cosa più forte che li tenesse uniti. Finché c'era lo scambio Louis aveva la certezza che lui ed Harry sarebbero stati assieme.
Zayn rimase a fissarli per alcuni istanti, fino a quando il suo sguardo non fu distratto da qualcosa alle loro spalle...
«Hey ragazzi!»
Sia Harry che Louis si voltarono per vedere Liam Payne venirgli in contro, entrambi con un sorriso di sollievo sulle labbra, il ragazzo li aveva appena salvati da una bella lavata di capo.
«Posso sedermi con voi?», chiese Liam.
«Certo!», Louis era fin troppo entusiasta. Liam lo guardò con sospetto per qualche secondo, poi scrollò le spalle e si andò a sedere accanto a Zayn.
«Payne, che piacere!», lo salutò Zayn, «Sai, proprio oggi ho sentito una cosa interezzante sulla tua squadra: mezza scuola ha scommesso che perderete contro i Corvonero, Domenica».
Liam non si fece impressionare da quel commento.
«Temo che mezza scuola perderà un po' di galeoni, allora», disse gentilmente. Louis annuì.
«Tu credi? Sicuro che ad uno dei tuoi Cacciatori non potrebbe capitare qualche altro incidente?», ecco, chiaramente Malik mirava a quello fin dall'inizio, colpire Louis. Louis sentì un vago istinto omicida salirgli dentro.
«Mi fido di tutti i miei Cacciatori», rispose allora Liam, «Ognuno di loro merita il proprio posto in squadra. E ognuno di loro si è allenato duramente per questa partita», Liam disse quelle parole guardando Louis dritto negli occhi. Louis gli sorrise grato.
«Inoltre», riprese Liam, «Penso che al momento i miei giocatori siano a prova di qualsiasi incidente, dopo tutti gli allenamenti che gli ho fatto fare». Peccato che gli incidenti di cui parlava Malik fossero qualcosa di impossibile da prevenire...
«Ne sei sicuro?»
«Sicurissimo! Ieri abbiamo fatto allenamento sotto la pioggia e se la sono tutti cavata benissimo. Chiedi a Louis!»
Cosa? Lui ieri non c'era neanhce ad allenamento, era al posto di Harr-
«Basta Quidditch!», esclamò Harry all'improvviso. «Noi stavamo cercando di studiare! E tu, Louis, hai un compito domani, non distrarti!» Louis lo guardò stranito, raramente Harry si innervosiva così tanto.
«Ma veramente-»
«Liam, non è che potresti provare ad aiutarlo?»
«Ma io non-», tentò Louis.
«Ehm», fece Liam, «Posso provarci, ma se non l'hai convinto tu non so come posso riuscirci io...»
Harry si imbronciò. Era troppo carino. Louis gli punzecchio la guancia con un dito, proprio nel solco della fossetta.
Anche Liam sembrò intenerito dal suo broncio, perché aggiunse: «Se vuoi posso sempre provarci!»
«Ragazzi, mi dispiace, ma secondo me è una gara persa», intervenne Zayn.
A Louis sfuggì un «Hey!» d'indignazione.
«Cosa? E' vero!», si giustificò Zayn. Possibile, ma a costo di non dar ragione a Malik avrebbe anche studiato Aritmanzia.
«Vi dimostrerò che vi sbagliate!», e, senza degnarli di un ulteriore sguardo, Louis tornò a dedicarsi al suo libro.
«Incredibile, Zayn, non so come hai fatto, ma fallo più spesso!», esclamò Harry.
 
Cinque minuti dopo Louis aveva già abbandonato Aritmanzia per intraprendere una guerra. Sì, guerra. Infatti, ora ai lati opposti della tavola svettavano due barricate di libri, una coincideva con il fronte Ziam, l'altra era il fronte Larry, i quali si combattevano a vicenda. I loro attacchi consistevano nel tirarsi pallini di carta e perdeva chi alla fine ne aveva di più dentro la propria trincea. La guerra finiva quando la Bibliotecaria li scopriva.
Il fronte Larry era in netto svantaggio, non per colpa di Louis, chiaramente, ma per il fatto che Harry si stava rivelando un alleato fondamentalmente inutile, «Io sono per la pace», aveva detto e poi si era rintanato dietro la barriera a leggere come se non ci fosse una guerra in corso! Al contrario Liam e Zayn, messe da parte le ostilità sportive, avevano trovato l'uno nell'altro un alleato pronto a combattere fino all'ultimo pallino. Il fronte Ziam non faceva che lanciare un pallino dopo l'altro, Louis doveva limitarsi a pararli, mentre Harry lasciava che gli cadessero addosso e gli si incastrassero tra i capelli.
Louis, vedendo la situazione diventare sempre più tragica, e la testa di Harry sempre più piena, pensò che fosse giunta l'ora di alzare bandiera biancha... A quel punto ci fu un miracolo al fronte.
«Ragazzi, posso unirmi a voi?!», chiese una voce sognante.
Louis si rizzò all'istante, incurante dei pallini che lo colpivano, e: «Niall Horan! Tu sei con noi!», gridò. Niall si aggiunse alla loro squadra con un sorrisone entusiasta.
Fu così che il fronte Larry divenne il fronte Nourry, con vago rammarico di Louis, e con il nuovo nome arrivò un nuovo successo. Niall era l'addetto alla creazione di pallini, Louis li lanciava e parava quelli avversari, mentre Harry aveva abbandonato il libro e si era dato al tifo, diventando la loro mascotte ufficiale. Erano una squadra perfetta e micidiale.
La guerra giunse al termine dieci minuti dopo, quando, grazie ad una soffiata di quei vili dei loro vicini di tavolo, era arrivata la Bibliotecaria su tutte le furie e li aveva cacciati dalla Biblioteca.
Erano fuggiti talmente tanto in fretta che si erano dimenticati di contare i pallini per decretare il vincitore. Liam era certo di avere vinto largamente, Zayn era dello stesso parere, Louis non lo avrebbe mai ammesso anche se fosse stato vero e Niall era convinto che l'importante non fosse vincere, ma combattere con onore. Harry era troppo impegnato a togliersi i pallini dai capelli per preoccuparsene.
Ognuno di loro, ritornando al rispettivo dormitorio, aveva un sorriso allegro dipinto sulle labbra.
Louis avrebbe solo voluto che le cose continuassero ad andare così, per sempre.
 
 
 
 
 
Arrivati al 3 di Marzo, con la partita contro i Corvonero sempre più imminente, la tensione nella squadra dei Grifondoro era cresciuta ai massimi livelli. In particolare, Liam Payne sembrava avere molti problemi nel controllare la sua ansia e tendeva a sfogarsi sui malcapitati giocatori della sua squadra, Louis compreso.
Liam gli aveva imposto un allenamento al giorno per tutta la settimana, a dispetto dei consueti tre, ed era a dir poco estenuante. Louis era riuscito a riposarsi solo il giorno prima, quando la maledizione lo aveva nuovamente messo nel corpo di Harry, ma ora i muscoli gli dolevano come se quella pausa non ci fosse mai stata. Fortuna che Liam aveva detto che questa volta ci sarebbe andato piano con lui... Ma Louis non ce l'aveva con l'amico, sapeva quanto tenesse al Quidditch e quanto a quella partita in particolare -ancora gli rodeva per l'umiliante amichevole che c'era stata ad Ottobre e non solo a lui. Infondo Louis sapeva che se nell'ultima partita le cose erano andate com'erano andate, la colpa era solo sua.
Col passare dei giorni Louis era sempre più incerto riguardo la sua decisione di non fare niente per evitare lo scambio, complice il fatto che i numeri non sembravano essere dalla sua parte... Infatti, lui ed Harry in media si scambiavano ogni quattro-cinque giorni, l'ultimo scambio era avvenuto il giorno prima e la partita era fra quattro giorni esatti. Non un dato allettante, se ci si aggiungeva il fatto che lui ed Harry erano fondamentalmente le persone più sfortunate del pianeta...
Ma non poteva cambiare idea. Non poteva deludere Harry, non quando era stato così felice della la sua scelta. Però...
«Louis Tomlinson, ti vuoi dare una svegliata?!», qualcosa nel tono di Liam gli diceva che lo stava chiamando da un po'. E che era vagamente incazzato.
Si stavano allenando da un'ora e Louis era già stanco, faceva un freddo cane anche se ormai era il Marzo e il vento sferzante che veniva da nord faceva sobbalzare le loro scope continuamente. E a rendere tutto più difficile ci pensava la sua testa che proprio non voleva saperne di starsene concentrata sul gioco.
Louis manovrò la scopa nella sua direzione e «Scusa Lee, ci sono».
Liam sembrò sul punto di dirgli qualcos'altro, insultarlo magari, ma si trattenne, perché era pur sempre Liam Payne. «Ti conviene esserlo, ti voglio bello sveglio per la partita».
«Lo sarò», in qualche modo.
Liam annuì. Poi si portò le dita alle labbra e con un fischio richiamò l'attenzione di tutta la squadra «Adesso riproviamo tutti gli schemi un'altra volta!», annunciò. Si sollevò un lamento generale, ma si misero tutti in posizione.
«Ah, Louis, voglio che riprovi la presa che hai fatto ieri, funzionava», esclamò Liam.
Louis lo guardò stranito.
«Quale presa?»
«La presa che hai fatto ieri quando Jeff ti ha tirato quella pluffa di striscio, quella che sembrava una piroetta», specificò Liam, come se la cosa fosse ovvia. Louis, però, non aveva idea davvero di cosa stesse parlando.
«Ma io ieri non sono nemmeno venuto ad allenamento...», era stato bloccato nel corpo di Harry tutto il giorno, ne era molto sicuro.
«Certo che sei venuto. E hai anche fatto quella mossa stra-bella!», esclamò Jeff.
Louis scosse la testa. «No, non può essere... Vi state confondendo, sarà stato l'altro ieri...»
Liam lo guardò accigliato: «Lou, mi sa che quello confuso qui sei tu... Per caso hai bisogno di una pausa?»
«Cosa? No! Io-»
«Vai tranquillo, sono settimane che non ti perdi un allenamento, posso concerti un giorno di tregua. Preferisco che ti riposi adesso piuttosto che vederti precipitare a picco durante la partita».
Louis ebbe l'impressione che il vuoto sotto di lui lo stesse risucchiando. Liam aveva detto... erano settimane che non perdeva un allenamento?! Quello era impossibile... Nell'ultimo mese ne aveva persi almeno cinque o sei per colpa dello scambio! Lui non poteva aver partecipato a quegli allenamenti! Non poteva perché lui era nel corpo di Harry...
Ma se Liam diceva che si era presentato agli allenamenti, o almeno, il suo corpo lo aveva fatto -anche quando la sua mente era da un'altra parte-, allora questo poteva significare solo una cosa...
«Forse... Forse ho davvero bisogno di prendere una pausa...», sussurrò.
Liam lo guardò con apprensione, probabilmente temeva di aver tirato un po' troppo la corda con lui. «Nessun problema, riposati pure per oggi. Ma da domani ti rivoglio qui, mi serve il mio Cacciatore migliore», disse sorridendo.
Louis non riuscì proprio a ricambiare. Tutto ciò che voleva fare al momento era trovare Harry. E farsi dare una spiegazione.
 



 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo della Sciagurata
 
... Sì, lo so. Lo so! Non voglio nemmeno sapere quanto ci ho messo. Troppo. Mi dispiace. Davvero, mi dispiace avervi fatto aspettare così tanto. Però, ci sono, ve l'ho detto e ve lo ricordo, questa storia la finisco. E infatti sono qui.
 
Questo capitolo è stato un parto, di quelli moooolto lunghi. Vedete, il materiale per questo capitolo non mi è mai mancato, nemmeno le idee. Solo che di idee ne avevo troppe, e discordanti, e quindi mi sono ritrovata con un esubero di materiale che non riuscivo a mettere assieme come volevo. Ho riscritto il capitolo cinque volte. Cinque! E alla fine sono riuscita ad ottenere un capitolo finale che è un po' un collage di tutti gli altri, il quale conta ben 16 pagine. Capite bene perché ho deciso di dividerlo in due parti. La seconda arriverà Domenica prossima, è praticamente pronta. (Non ho messo le anticipazioni perché di fatto il prossimo capitolo è sempre parte di questo).
 
Passando al capitolo... Ditemi voi cosa ne pensate. Ditemi se è questo ciò che vi aspettavate o se vi ho sorprese, in bene o in male. Personalmente, avevo pensato le cose in modo diverso per questo capitolo, ma vi spiegherò esattamente in che senso la prossima volta. Intanto, quali sono le vostre previsioni per il finale?
 
Ora, vi annuncio che, dopo la seconda parte di questo capitolo, entreremo ufficialmente nella parte finale della storia. E quindi *rullo di tamburo* mancano meno di dieci capitoli alla fine della storia. Insomma, ci accingiamo alla fine e... Be', grande! (e anche un po' triste, ma guardiamo il lato positivo!)
 
Io vi ringrazio immensamente con tutto il cuore se, nonostante questa attesa, siete ancora qui e se la storia continua a piacervi e se continuate a trovare in essa qualcosa di speciale. Grazie, perché la vostra presenza mi esorta a proseguire, è un incentivo validissimo, a cui devo tanto. Grazie mille.
 
Fatemi sapere cosa ne pensate (e se ci siete ancora e se non mi odiate o se non mi odiate troppo).
A presto,
Costanza.
 
 
P.s.: Ho riscritto i primi tre capitoli, dateci un'occhiata!
 
P.p.s.: Scusate come sempre gli orrori, sono una -scarsa- e faccio quello che posso.
 
P.p.p.s: So che non ho risposto a tutte le recensioni, farò anche quello, promesso, ve lo devo!

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Capitolo 38
*** Fiori e tempeste - Parte 2 ***



 
 
 
..In Your Skin..
 
 
 
 
 
 
 
 





 
Fiori e tempeste - Parte 2 (o cosa non ho fatto per te...)
 
Louis percorse la distanza tra gli spogliatoi e la Biblioteca correndo. Quando arrivò aveva il passo trafelato e il fiato in gola. Non prese nemmeno un secondo per riprendersi, né per pensare. Che cosa avrebbe dovuto pensare, poi? Era tutto così confuso nella sua mente, tutto così privo di senso. Superò l'ingresso e si fiondò verso il tavolo che ormai considerava suo e di Harry -e anche di Malik, purtroppo.
Come previsto, Harry e Zayn erano lì e lo guardarono stupiti mentre incedeva verso di loro.
«Louis, l'allenamento è finito presto?!», esclamò Harry una volta che Louis fu abbastanza vicino. Louis ignorò il commento. Ignorò anche il modo in cui gli occhi di Harry si illuminarono al solo vederlo e il modo in cui si adombrarono quando si accorsero della sua espressione furiosa.
«Harry, noi due dobbiamo parlare». L'informazione sembrò mandare Harry nel panico. Malik, invece, rimase perfettamente a suo agio come sempre, ma le sue dita tamburellavano nervosamente sul tavolo. Quindi anche lui sapeva qualcosa...
«S-sì, certo», rispose intanto Harry, il suo tentativo di parere calmo fallì miseramente perché la sua voce tremava. «Va tutto bene?»
«Non qui», tagliò Louis. Non voleva discutere in Biblioteca e tanto meno di fronte a Malik.
Harry annuì nervosamente. «Sì, okay...», poi si alzò dalla sedia con lentezza.
Louis gli diede le spalle e si diresse verso l'uscita senza guardarsi indietro, era certo che Harry lo stesse seguendo. Louis condusse Harry fino al terzo piano, poi imboccò un corridoio deserto e una volta lì si fermò e si girò verso lui. Harry aveva dipinta in volto la più nervosa delle espressioni. Poteva significare solo una cosa: sapeva perché erano lì e sapeva di cosa dovevano parlare. Harry era colpevole. Louis non conosceva ancora il crimine, ma Harry era colpevole.
Si schiarì la gola, poi iniziò:«Liam dice», e non gli sfuggì l'ondata di terrore che attraversò il volto di Harry al sentire nominare Liam, «dice che sono settimane che non salto un allenamento di Quidditch. Ora, capirai anche tu che c'è un problema, perché io sono assolutamente certo di averne saltati diversi, dal momento che sono stato trattenuto in alcune occasioni, sai bene quanto me da cosa», spiegò, «E quindi non posso fare a meno di chiedermi: se io ero bloccato nel tuo corpo, il mio corpo come c'è andato agli allenamenti per tutto questo tempo?»
Harry rimase muto, con i denti a tormentare le labbra, lo sguardo basso e una piega nervosa a segnargli la fronte. Quel silenzio non fece che innervosire Louis.
«Harry, devi dirmi che cosa hai fatto», sbottò, « Anzi, come hai fatto. Hai finto di essere me durante gli allenamenti? Perché Liam non si accorto di niente? Perché-»
«Posso spiegare», Harry lo interruppe bruscamente, « Ti giuro che posso spiegarti tutto. Solo... non pensare che io non volessi dirtelo, sono stato sul punto di parlartene così tante volte, davvero, ma avevo paura che la prendessi nel modo sbagliato e non volevo rovinare tutto di nuovo e-»
«Si può sapere di che cosa stai parlando?»
Harry lo guardò per qualche istante con gli occhi verdi brillanti di timore, poi prese un respiro profondo e parlò: «Io gioco a Quidditch. Da un po'. Ho iniziato ad allenarmi qualche mese fa insieme a Zayn e da allora sono diventato abbastanza bravo, più o meno. E... negli ultimi tempi ho preso il tuo posto negli allenamenti con la quadra», disse, «Ecco, le cose stanno così».
Louis ci mise qualche istante per comprendere quelle parole. La sua testa non collaborava.
Qualcosa non tornava.
Rimase a bocca aperta, esterrefatto. Quello era... okay, avrebbe dovuto aspettarselo dopo aver parlato con Liam, ma aveva rifiutato l'idea perché gli sembrava troppo assurda. Nella sua testa quello era tutto uno scherzo. Harry e il Quidditch erano due mondi a sé stanti, lontani anni alluce. Come avevano potuto incontrarsi?
«Tu... davvero... è vero, Harry?»
Harry annuì lentamente, spaventato, ma serio. Assolutamente serio. Louis rimase a fissarlo sconcertato.
Forse avrebbe dovuto arrabbiarsi, ma al momento c'era solo una cosa che riusciva a pensare, una sola domanda che gli rimbalzava da una parte all'altra della testa: «Perché? Perché hai fatto una cosa del genere?», chiese.
Dopo qualche tentennamento, Harry rispose: «Volevo essere sicuro che se ci fossimo scambiati di nuovo avrei saputo cosa fare anche in un campo da Quidditch... Non volevo che tu dovessi vivere nell'imbarazzo per colpa mia. Stavi così male quella volta quando ti ho umiliato davanti alla scuola... E io non capivo perché per te fosse tanto importante, ma sapevo che dovevo fare qualcosa, allora-»
«Aspetta, vuoi dire che questa cosa va avanti da quando c'è stata l'amichevole?»
Harry annuì debolmente.
L'amichevole era stata ad Ottobre. Ottobre! Una vita prima. E Louis non sapeva nulla.
«Sono più di cinque mesi... Cinque mesi e non mi hai mai detto niente...»
«Lo so e, credimi, mi sentivo così in colpa a tenertelo nascosto, ma... All'inizio non ero nemmeno certo che avrei continuato. Non sapevo nemmeno volare, come potevo sperare di riuscire ad imparare a giocare a Quidditch? Che senso avrebbe avuto dirtelo? Poi, sorprendentemente, sono migliorato... Adesso so volare come se l'avessi sempre fatto e me la cavo anche con la pluffa e, non so come sia possibile, ma mi piace anche».
«Se... se le cose stanno così, allora perché hai continuato a tenermelo nascosto?»
Harry gli rivolse un'espressione colpevole. «Te l'ho detto, avevo paura di rovinare tutto...»
Louis sentì la rabbia montargli dentro: «E se lo avessi fatto adesso?»
«No! No, ti prego. Louis, non-»
«Avevi detto che non c'erano più segreti», lo accusò.
«Lo so, ma questo era diverso... Come potevo dirtelo se temevo sarebbe successo esattamente quello che sta succedendo? Come potevo rischiare di perdere tutto, di perdere te, solo perché ho cercato di fare qualcosa di buono proprio per te? So che ho sbagliato e mi dispiace, mi dispiace averti mentito per così tanto tempo, ma, ti giuro, l'ho fatto solo perché io ti-», si interruppe, «Perché sei così importante, così tanto... Ti prego, non roviniamo tutto per questa cosa, Louis, per favore...»
Louis sentiva una tempesta agitarsi dentro di sé. Non sapeva cosa dire. Non sapeva come interpretare le parole di Harry.
Harry gli aveva mentito per mesi. Aveva preso una decisione che lo riguardava direttamente e non gli aveva detto niente. Aveva fatto qualcosa che non avrebbe mai fatto, se non fosse stato per lui, solo perché...
Louis si chiedeva se dovesse assecondare la delusione e la rabbia che sentiva montargli dentro o lasciare che il desiderio di raggiungere Harry e rassicurarlo e abbracciarlo forte prendesse il sopravvento.
Dopo qualche secondo, prese la sua decisione.
«Incontriamoci davanti all'uscita principale fra venti minuti, vestiti comodo», disse.
«Che- perché?»
«Lo vedrai. Ci vediamo dopo».
 
 
 
 
Louis lo aveva scoperto. Harry sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Averlo saputo non lo aiutava a sentirsi meno male ora che stava succedendo...
Aveva tirato tirato troppo la corda. Aveva rischiato troppo andando agli allenamenti al posto di Louis. Eppure ce l'aveva quasi fatta... Mancava così poco... Quattro giorni. Quattro giorni e poi sarebbe tutto finito, poi avrebbe confessato tutto a Louis, nel modo giusto. E invece, ad un passo dal traguardo, qualcosa era andato storto. Louis aveva scoperto quello che aveva fatto nel modo peggiore possibile e Harry aveva paura di quello che sarebbe successo...
Una cosa era sicura: Louis era incazzato, ferito anche. Ma Harry non aveva proprio idea di cosa stesse per succedere, non sapeva se le cose fra di loro fossero in procinto di andare a pezzi ancora una volta. Non voleva nemmeno considerare quell'opzione, in realtà. Ora come ora, l'idea di doversi separare da Louis era il pensiero più doloroso che potesse attraversargli la mente.
Aveva iniziato ad allenarsi a Quidditch per aiutare Louis e ora rischiava di perderlo per colpa di quella stessa cosa. No, non poteva andare così, non poteva finire così...
 
Quando arrivò al punto prestabilito da Louis, con qualche minuto di ritardo, Louis era già lì. E Harry non sarebbe potuto essere più sorpreso di quello che vide.
Louis aveva una Pluffa incastrata sotto il braccio e stringeva un manico di scopa per mano, nella destra teneva la sua scopa personale, nella sinistra una scopa anonima, simile a quella su cui Harry si era allenato con Zayn.
A quella vista si accese all'istante un'idea nella testa di Harry. Che Louis volesse per caso...
Louis non prestò attenzione al suo sguardo interrogativo e imboccò il sentiero che portava verso il parco.
Ancora una volta quel giorno Harry fu costretto a guardare la schiena di Louis allontanarsi e ancora una volta ne sentì il richiamo irresistibile e la seguì.
Louis taceva, Harry pensava.
«Stiamo andando al campo?», chiese. Così avrebbe tutto avrebbe avuto più senso...
«No. La mia squadra è ancora lì che si allena»».
In effetti quella non era la strada che portava al campo da Quidditch. Ma dove potevano mai andare con due scope? Harry non osò chiedere. La freddezza di Louis lo intimoriva. Louis era sempre stato allegro e anche quando non lo era fingeva di esserlo e cercava di supplire alle sue mancanze con sorrisi ed ironia. Ma così... con questo Louis freddo, sfuggente e con la voce priva del suo solito trillare vivace, ecco, con questo sconosciuto minaccioso Harry non sapeva come comportarsi.
Dopo che ebbero camminato per parecchi minuti, inoltrandosi sempre di più nel parco, Louis si fermò e «Qui va bene», annunciò.
Harry si guardò attorno, cercando un segno, un indizio, qualsiasi cosa che gli potesse svelare cosa passava nella testa di Louis in quel momento. Ma niente. Erano nel bel mezzo del nulla.
Louis lo aveva portato fino ad un ampio spiazzo erboso in prossimità del lago nero. Lì il prato si stendeva per decine e decine di metri in un susseguirsi di giovani steli d'erba verdissima e timidi fiori, i primi di quell'anno. Un pallido sole scintillava sul lago in lontananza e il vento, per quanto ancora freddo e sferzante, faceva danzare gli alberi al suo melodioso ritmo. La bellezza di quel posto era tale che per qualche istante Harry dimenticò tutto il resto e si lasciò semplicemente travolgere da essa. Poi, però, il suo sguardo scivolò sulla figura di Louis. Era anche lui bellissimo, degno di quel paesaggio quanto il più grazioso fiore. Ma in lui c'era qualcosa di inquietante e spaventoso, qualcosa che stonava in quella giornata che sapeva già di primavera. Negli occhi di Louis c'era una tempesta di neve e ghiaccio. C'era un conflitto, incastrato nella piega della sua fronte, una lotta tra due parti che, Harry lo sapeva, presto sarebbe giunta al termine. Ma come?
Harry si fece coraggio e, pur non essendo sicuro di voler sapere la risposta, domandò: «Cosa facciamo qui?»
Come risposta, Louis gli lanciò una scopa, la sua, e «Giochiamo», disse.
Harry afferrò la scopa al volo, ma, mentre Louis montava sulla propria, Harry rimase fermo dov'era, incerto. Che cosa avrebbero ottenuto giocando? Che cosa sarebbe cambiato, se avessero giocato? Harry voleva solo essere perdonato da Louis, solo quello... Non voleva giocare. Non era per questo, non era per affrontare Louis, che si era allenato per tanto tempo. Non poteva giocare con Louis! Non ne sarebbe stato in grado...
«N-non abbiamo gli anelli...», tentò, fu la prima scusa che gli passò per la mente.
Ma Louis disse, prontamente: «Vedi quegli alberi laggiù? Se guardi bene, a circa venti piedi d'altezza ci sono dei punti in cui le foglie sono più rade. Noi dobbiamo mandare la palla lì in mezzo, proprio come se fossero degli anelli»», Louis glieli indicò con le dita. Erano esattamente tre, larghi quanto un vero anello da Quidditch. Sembrava quasi che qualcuno li avesse realizzati apposta.
Con un po' di fantasia potevano andare. Ma Harry non voleva che andasse. Non voleva giocare con Louis, non era pronto...
Louis, intanto, continuava inesorabilmente a parlare: «Io ti farò dei passaggi», riprese, «Prima casuali, poi secondo alcune formazioni della squadra. Voglio che prendi tutte le Pluffe possibili. Quando ti dico di ripassarmi la palla, me la passi, quando ti dico di mandarla a segno, la mandi a segno. Tutto chiaro?»
Harry non riusciva ad interpretare le intenzioni di Louis. Qual era il senso di tutto ciò? Louis voleva metterlo alla prova? Umiliarlo? Vedere se era stato sincero quando aveva detto di essere capace di giocare?
«Tutto chiaro?», ripeté Louis, spazientito dal suo silenzio.
Harry non voleva giocare con Louis. Ma non voleva nemmeno arrendersi. Così avrebbe solo dimostrato che tutti quei mesi di menzogne non erano serviti a nulla. Se Louis aveva bisogno, per qualche ragione, di una dimostrazione di quello che sapeva fare, bene, gliel'avrebbe data. Certo, a malincuore e col rischio di umiliarsi o di perdere per sempre la sua amicizia -e con essa tutto il resto-, ma gliel'avrebbe data.
«Sì, tutto chiaro», disse allora.
Louis non aspettava altro e prese immediatamente il volo. Poco dopo si fermò a mezz'aria e si voltò a fissare Harry con durezza.
Harry non si lasciò intimorire da quello sguardo. Montò a sua volta sulla scopa e volò sicuro verso il cielo, verso Louis, senza tentennare nemmeno una volta.
Quando gli planò accanto, Louis lo guardò vagamente stupito. Cosa si aspettava, che sarebbe caduto come un principiante? Che al primo alito di vento avrebbe traballato? Che non sarebbe nemmeno riuscito a sollevarsi da terra come faceva ai primi tempi? Be', si sarebbe ricreduto. Harry era cambiato, era diventato bravo. E all'improvviso l'idea di poterlo dimostrarlo a Louis non gli sembrava più una cosa tanto spaventosa.
«In posizione», ordinò Louis. Harry sì allontanò di qualche metro fino a che Louis non gli fece segno di fermarsi.
«Al mio tre iniziamo. Uno, due, tre!»
Louis fu velocissimo a scattare in avanti verso "l'anello", ma Harry non si fece cogliere impreparato e fu subito pronto a seguirlo. Dopo quello scatto, Louis si bloccò all'improvviso, come se un avversario immaginario stesse cercando di placcarlo. A questo punto Harry sapeva che gli avrebbe passato la Pluffa. Louis eseguì alcune finte -che servivano sia per sviare il suo avversario immaginario sia per confondere Harry sulla direzione del lancio-, ma Harry fu subito pronto a buttarsi a sinistra non appena vide il suo braccio tendersi con più decisione da quella parte. Prese la Pluffa senza nessuna difficoltà.
Con la coda dell'occhio Harry vide Louis annuire per qualche istante e poi schizzare nuovamente in avanti, senza dire nulla. Gli anelli improvvisati erano ancora troppo lontani per cercare di mettere assegno un tiro, sarebbe stato da stupidi, in una partita vera, pensare di poter percorrere quella distanza indisturbato. Doveva passare la Pluffa. Harry accelerò sfruttando il vento per prendere velocità, e, arrivato al punto giusto, lanciò la Pluffa con un un tiro pulito ed efficace. Quella disegnò nell'aria una parabola perfetta, abbastanza alta e veloce per non essere intercettata. Louis l'afferrò senza alcuna difficoltà. Non fece commenti, ma Harry sapeva di aver fatto un passaggio eccellente.
Louis diminuì la distanza fra le loro scope e gli ripassò la Pluffa.
«Ora sono il tuo avversario», disse parandoglisi di fronte, «Liberati di me e poi vai a segnare».
Harry annuì impercettibilmente.
Louis lo marcava stretto e ogni volta che Harry tentava di sterzare, gli si parava davanti, impedendogli di passare oltre e cercando di rubargli la palla. Louis, pur usando una scopa più scarsa, era più rapido di Harry nei movimenti e nei riflessi. Continuando così Harry avrebbe finito per farsi rubare la palla.
Se non riusciva a smarcarlo passando di lato, sarebbe passato da sotto.
Harry si strinse forte alla scopa, poi, concentrandosi, bloccò il flusso della magia. L'istante successivo la gravità riprese ad attrarlo verso il terreno e precipitò verso il basso ad una velocità tale che per Louis fu impossibile fermarlo, o seguirlo. Dopodiché, Harry riprese il controllo della scopa e si fiondò in avanti, lanciando indisturbato la palla dentro l'anello centrale.
Quando si voltò, qualche metro più in la, Louis lo guardava. Forse era la distanza che lo ingannava, ma Harry avrebbe potuto scommettere che nei suoi occhi c'era qualcosa che aveva molto a che fare con l'ammirazione.
«Bene, adesso proviamo lo schema numero tre!», annunciò Louis, con la voce appena un po' più accesa rispetto qualche minuto prima.
Harry annuì con decisione e poi riprese a volare.
 
 
 
 
 
Louis era senza parole.
Guardava Harry sfrecciare nell'aria, instancabile e veloce, e proprio non riusciva a ricollegare quello che vedeva all'immagine del ragazzo debole ed incapace che aveva visto alla partita di Ottobre.
Louis guardava Harry e a stento riusciva a riconoscerlo. Aveva sempre visto molto in Harry, certo, ma non questo... Mai avrebbe pensato di vedere Harry così forte e capace davanti a lui.
Dopo più di un'ora di gioco Harry continuava a mantenere una velocità non eccessiva ma costante, un ritmo buono e, soprattutto, stava dimostrando di avere uno spirito brillante ed acuto, che era esattamente ciò che faceva la differenza tra un giocatore mediocre ed uno bravo. Ciò che Harry non riusciva ad ottenere con la forza o la velocità, lo rimediava con l'astuzia, da buon Serpeverde. Louis cercava di metterlo in difficoltà, lo sottoponeva ad azioni sempre più complesse, ma Harry, sebbene a volte con fatica, riusciva a stargli dietro.
Louis non poteva fare a meno di guardalo con gli occhi pieni di meraviglia. E pieni di pensieri...
«Harry, basta così», esclamò.
Harry fermò la sua corsa e fece inversione di rotta, volando verso di lui.
«Abbiamo finito?», per la prima volta da quando avevano iniziato a giocare la sua espressione audace lasciò spazio al timore iniziale.
«Sì, scendiamo».
Una volta a terra, Louis si lasciò scivolare sull'erba con le gambe stese tra i fiorellini. Harry l'aveva seguito senza dire una parola -ma i suoi pensieri erano talmente rumorosi che Louis riusciva quasi a sentirli- e se ne stava fermo immobile di fianco a lui, in piedi, stagliandosi come un Apollo davanti al sole.
«Harry, siediti, mi fai ombra», gli disse, accarezzando il terreno accanto a lui per esortarlo a sedersi.
Harry, esitante, lo accontentò.
Harry teneva lo sguardo terrorizzato puntato verso l'orizzonte. Louis guardava il suo profilo baciato dal sole e lo vedeva più bello che mai.
Louis sospirò. Poi cominciò a parlare.
«Avrei voluto che tu me ne parlassi», esordì, «Se penso che mi hai mentito per tutti questi mesi mi sento così dannatamente... male. Fa male pensare che mentre noi due stavamo assieme, mentre diventavamo amici, tu mi hai sempre nascosto qualcosa. Qualcosa che riguarda noi, qualcosa che riguarda me! C'è sempre stata questa bugia fra di noi e io non ne sapevo niente... So che l'hai fatto per me e credo di aver capito le tue ragioni, davvero, forse avrei anche fatto lo stesso se fossi stato al tuo posto, ma non posso fare a meno di sentirmi quasi... tradito».
Harry taceva, continuava a fuggire lo sguardo di Louis e puntava il proprio lontano, mentre una smorfia sofferente gli turbava il viso.
«Sai qual è la cosa che mi dispiace di più?», chiese Louis dopo qualche minuto.
Harry scosse la testa debolmente, senza osare ancora guardarlo.
«La cosa che mi dispiace di più... è essermi perso tutto questo», disse con amarezza, «Avrei voluto esserci quando hai volato la prima volta e poter dire "io c'ero!". Avrei voluto vederti mentre miglioravi, ogni giorno sempre di più, e avrei voluto insegnarti tutto quello che sapevo e poter affermare "l'abbiamo fatto insieme". Il Quidditch era mio. Ora so che mi sarebbe piaciuto se fosse diventato anche nostro... Mi sembra di aver perso così tanto, di te, per noi... Harry, prima ti guardavo giocare e non riuscivo a riconoscerti! Eri meraviglioso. Ma quella era una parte di te che io non sapevo nemmeno esistesse. Una parte di te che mi piace, Dio se mi piace, ma me l'hai nascosta e ora è così difficile, nella mia testa, mettere assieme l'idea del ragazzo che ho visto giocare con quella del mio Harry».
«Sono sempre io...», disse Harry in un sussurro.
«Lo so, ma io non sapevo che tu fossi anche questo!»
Harry raccolse le gambe al petto e appoggiò la fronte sulle ginocchia, nascondendo il proprio viso.
«Mi dispiace Louis».
«Anche a me».
«Mi dispiace...», ripeté Harry, «Io volevo solo... Lo so che ho sbagliato, ma volevo solo aiutarti».
«L'ho capito e, in un certo senso, lo apprezzo anche, davvero, solo che così...»
«...così ho rovinato tutto?», Harry piegò appena il viso nella sua direzione e per la prima volta in molti minuti i loro occhi si incontrarono. Il timore in quelli di Harry si diradò non appena vide l'espressione serena di Louis.
«Solo un pochino», rispose il maggiore, regalandogli un vago sorriso. «Ma non è quello che volevo dire. Più ci penso è più ti ammiro per quello che hai fatto, solo, ecco, non approvo la parte in cui mi hai nascosto tutto per mesi».
«Scusa...»
Tacquero entrambi.
Questa volta fu Harry a rompere il silenzio.
«Pensi davvero che io sia...? Intendo, pensi davvero che mentre giocavo ero...?», non concluse la domanda.
«Fantastico? Meraviglioso? Sì, lo penso davvero Harry. Eri grandioso su quella scopa. Hai ancora molto su cui lavorare, certo, ma hai talento ed è incredibile quanto tu sia migliorato in così poco tempo. Se continuassi così un giorno potresti anche riuscire a battermi. Forse».
Harry aveva ancora il volto seminascosto tra le ginocchia, ma, da quel poco che Louis riusciva a vedere, i suoi occhi brillavano.
«Sai cosa?», continuò Louis, «Eri così bello, prima mentre giocavi, che avrei quasi voluto fermarti e baciarti lì a mezz'aria. Ovviamente non potevo farlo, perché ero incazzato con te».
«E lo sei ancora? Incazzato con me?», domandò Harry cautamente.
Louis rifletté qualche istante, poi: «Un po' sì, a dir la verità. Ma in realtà sono più che altro... sorpreso, sia in modo positivo che negativo. E anche un po' deluso, ma direi che fa tutto parte dei lati negativi della sorpresa...»
«E chi vince, tra lati negativi e positivi?»
«Mmm, direi che sono pari...», quella risposta sembrò innervosire Harry ancora di più.
«Ma-ma quindi cosa... Se sono pari, tu cosa...»
«Vuoi sapere se ho intenzione di perdonarti, per caso?», chiese con un sorrisetto.
Harry sollevò definitivamente la testa dalle ginocchia e annuì con decisione.
«Sinceramente», cominciò Louis, «non credo di essere in grado di non perdonarti. Per quanto ci sia rimasto male, non riesco ad avercela con te. In realtà, non lo voglio neanche. Fa ancora male se ci penso, ma è un male sopportabile. E' un male che voglio sopportare».
Gli occhi di Harry erano accessi di speranza. «Quindi mi perdonerai?»
Louis lo lasciò crucciarsi qualche altro secondo, poi gli disse dolcemente: «Quindi ti ho già perdonato».
E se gli era rimasto qualche dubbio in proposito, il sorriso splendente che illuminò il volto di Harry lo cancellò all'istante. Come poteva avercela con Harry quando la sua stessa felicità era dipendente dal quel sorriso?
Senza ulteriori indugi, Louis raccolse le guance di Harry tra le mani e guidò il suo volto fino al proprio. Harry si lasciò trascinare senza alcuna protesta e quando Louis appoggiò la bocca sulla sua fu subito pronto a concedergli quel bacio, prima muovendo le labbra in modo cauto, rallentate dalla paura di essere lasciate per sempre, poi il bacio divenne sempre più veloce, sempre più profondo, sempre di più, sempre chiedendo di più, desideroso di mostrare di più. Louis mise in quel bacio tutta la rabbia e la delusione e lo sconcerto provato quel pomeriggio; Harry vi infuse tutte le sue paure, tutte le sue speranze di perdono e ogni volta che la sua lingua toccava quella di Louis gli diceva «Scusa, perdonami».
Le mani di Louis scivolarono dalle guance di Harry ai suoi capelli, stringendoli quasi con violenza alla base della nuca. Harry, gemendo nella sua bocca, lasciò che Louis facesse quel che desiderava. Gli si spinse contro, affondò le mani nella sua schiena e lo strinse vicino, più vicino, fino che fra i loro petti non ci fu più spazio nemmeno per respirare. Ma non importava. Non bastava.
Una delle mani di Louis corse fino al suo fianco, lo afferrò con forza e lo trascinò in avanti. Gemettero in una sola voce quando i loro bacini si scontrarono.
Harry sentiva le lacrime fare capolino alla porta degli occhi, lacrime di gioia e di piacere. Fino ad un'ora prima credeva di avere perso Louis e ora si baciavano in mezzo a un prato.
La mano di Louis scivolò dal fianco di Harry fino alla sua coscia, accarezzandola con delicatezza attraverso il tessuto nel punto in cui era più sensibile, ma dopo quel dolce trattamento prese a strattonarla con decisione. Harry, nel suo confuso pensare, capì all'istante che cosa Louis volesse. Con un movimento tremolante si sollevò sulle ginocchia, poi scavalcò le gambe di Louis fino a ritrovarsi a cavalcioni sul suo bacino.
Louis strinse i fianchi di Harry con entrambe le mani, guidandolo sopra di lui in movimenti lenti e cadenzati. Harry, perso nell'estasi di quel momento, non era più nemmeno in grado di ricambiare il bacio di Louis, il suo intero corpo era proiettato nel punto in cui le loro erezioni continuavano a toccarsi al ritmo che le mani di Louis imponevano. La sua testa era abbandonata all'indietro, gli occhi serrati e la labbra schiuse dal piacere. Louis si avventò sul suo collo lasciato scoperto, succhiando la pelle morbida, marchiandola fino a tingerla di un rosso che nel giro di qualche ora sarebbe diventato viola e avrebbe gridato al mondo "mio".
Harry lo stringeva sempre più forte e il ritmo dei loro fianchi era sempre più veloce, quasi a tempo con i loro respiri affannati, anche se, dentro, i loro cuori battevano mille volte più veloci, seguendo una melodia segreta.
Le unghie affondarono più a fondo nella pelle, ci fu un «Louis» sibilato e subito dopo un «Harry», poi un gemito e il resto lo sanno solo i fiori che li stavano guardando.
 
 
 
Harry era sdraiato in mezzo all'erba, il terreno era umido e freddo, il sole già basso nel cielo, ma il suo corpo era ancora tiepido per l'eccitazione di poco prima. Louis, steso su un fianco accanto a lui, gli infilava dei fiori di campo tra i capelli. Stava mettendo a tacere i testimoni.
Ad un certo punto, dal nulla, Louis scoppiò a ridere.
«Che cosa c'è?», gli chiese Harry.
«Pensavo a quanto sono idiota», rispose ridendo.
«Non ero io l'idiota?»
«Lo sei, ma se non lo fossi anche io probabilmente non starei con te». Louis non doveva rendersi conto di aver appena detto che stavano assieme, perché lo disse con estrema leggerezza. Harry, dal canto suo, fece interiormente tesoro di quell'ammissione, pur sapendo che era meglio non pensarci troppo.
«Sentiamo, perché saresti un idiota, Lou?», chiese, «Non che tu non lo sia, eh».
Anziché l'ennesimo fiore, Harry si guadagnò uno schiaffetto sulla testa. Lo subì con una risatina.
«Primo, solo io posso darmi dell'idiota. Secondo, lo sono perché sono mesi che tu ti alleni a Quidditch dietro le mie spalle e non me ne sono mai accorto».
Harry si irrigidì, aveva sperato che l'argomento si fosse esaurito, invece...
«Rilassati Harry, va tutto bene adesso», lo rassicurò Louis, come se gli avesse letto nel pensiero. «E' solo che pensavo a quanto sono stato cieco a non accorgermene prima. Sparivi in continuazione, soprattutto negli ultimi tempi, e non ho mai messo in dubbio che fosse a causa della scuola. Ti ho creduto quando mi dicevi che andavi a correre! E tu che corri è ancora più incredibile di tu che giochi a Quidditch! Ti sono persino venuti gli addominali! E eccome se me ne sono accorto di quelli, ma... non ho collegato!»
Sentendo Louis parlare Harry si rese conto di quanto fosse stato idiota lui a fare quella cosa di nascosto e sperare che Louis non lo scoprisse. A ben pensarci, era stato un miracolo che non lo avesse fatto molto tempo prima.
«Già, in effetti sei proprio un idiota», disse Harry divertito.
Si guadagnò il secondo schiaffetto, ma poi quello si tramuto in una carezza, a cui ne seguì un'altra e un'altra, fino a che la mano di Louis si perse nei suoi capelli.
Harry chiuse gli occhi e si beò di quel dolcissimo tocco.
«Qualunque cosa succederà Domenica, adesso non ho più paura», la voce di Louis era solo un sussurro nel vento.
Harry spalancò gli occhi e cercò i suoi: «Cosa?»
«Adesso che so che ci sei tu, so che andrà tutto bene. Voglio dire, che ci sia lo scambio o pure no, so che tutto si risolverà per il meglio».
«Ma, Louis, io non sono al tuo livel-»
«No, non lo sei, ma ho visto quello che sai fare. Sono certo che saresti in grado di presentarti a quella partita al posto mio senza minimamente sfigurare».
«Ma-»
«Mi fido di te, Harry. Anche se mi hai mentito, io mi fido di te».
Harry sentiva il cuore scalpitargli nel petto all'impazzata per l'emozione. Alla fine tutti quei mesi di allenamento erano serviti a qualcosa. E forse lo avrebbe capito prima se non avesse aspettato tanto tempo per dirlo a Louis, ma ormai era andata così. Con il suo impegno era riuscito a rendere Louis fiero del suo lavoro e, sopratutto, l'aveva liberato della paura di sfigurare davanti al mondo. Era un piccolo passo, ma quella paura, assieme, l'avevano sconfitta.
 




 
 
 
Harry non riusciva a stare seduto per l'entusiasmo. Scalpitava ed incitava i giocatori di Grifondoro con grida di incoraggiamento, sebbene il suo tifo fosse rivolto principalmente ad un giocatore. Non si preoccupava degli sguardi di disapprovazione che i Serpeverde accanto a lui gli lanciavano. Harry aveva occhi solo per Louis, Louis che sfrecciava scattante nell'aria all'inseguimento della Pluffa ed era più bello e più in forma che mai.
La fortuna, per una volta, aveva girato a loro favore e quella mattina si erano svegliati ognuno nel proprio corpo. Harry l'aveva realizzato con un sospiro di sollievo, per quanto, in minima parte, aveva sognato di poter rendere orgoglioso Louis giocando al posto suo.
Ora Louis, giocando meglio di quanto avesse mai fatto, stava mettendo a tacere tutte quelle voci malefiche che avevano dubitato del suo talento. Qualcuno, alla fine di quella partita, avrebbe davvero perso un po' di galeoni. Harry ammirava Louis con gli occhi pieni di fierezza,  pieni d'amore, pieni di lui.
Quando Louis sfrecciò verso gli anelli e, dopo essersi liberato di tutti gli avversari, segnò l'ennesimo punto di quella partita, Harry fu il primo ad esultare. Poi alla sua voce si unì tutto lo stadio, in un unico coro di «Louis! Louis! Louis!».
 
 
 
 
 
 
 


 

 
 
Angolo Autrice:
 
Buon Natale a tutti!
Scusate il ritardo e scusate la fretta! Mia madre mi alita sul collo perché dobbiamo partire e io non mi stacco dal computer. But still. Ecco la conclusione di questo capitolo! Spero vi piaccia!
Per favore, fatemi sapere cosa ne pensate!
Ora devo proprio andare, sistemerò questo commento e aggiungerò le anticipazioni tra qualche giorno (nonché correggerò gli errori!)
A presto!
Un bacio a tutte e ancora Buon Natale!

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