EPISODIO 1 - Le Farfalle di Gran RoRo (VERSIONE ABBANDONATA)

di HikariMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NOTA: me ne sono dimenticata nelle precedenti fanfiction, ma è chiaro che (purtroppo) Battle Spirits e i suoi personaggi non mi appartengono, ma appartengono alla Sunrise, alla Bandai e a chi di diritto. Queste storie non sono state scritte con alcun scopo di lucro! Miei sono solo i personaggi minori inventati che ogni tanto appaiono qua e là (Kaoru, Hinata, Andrew, Elisabeth, ecc.)  … detto questo, BUONA LETTURA! ^-^

EPISODIO 1 – Le Farfalle di Gran RoRo

Capitolo 1

Hideto sospirò di sollievo e si sistemò il più comodamente possibile sul proprio sedile. Stentava ancora a credere di essere riuscito a trovare un posto sull’aereo con così poco preavviso. Era l’ultima volta che partiva per un viaggio senza chiedere prima agli altri se si volevano incontrare. Si sarebbe di sicuro risparmiato un bel po’ di problemi.

Non che fosse andato molto lontano, in realtà. Erano ormai diversi mesi che aveva promesso a Benjamin Glynnhorn, conosciuto in uno dei suoi precedenti viaggi, di tornare a trovarlo. Quando si era accorto di avere un paio di settimane di tempo, non ci aveva pensato due volte ed era volato in Australia. E per fortuna che lo aveva fatto. Almeno, così, aveva potuto lasciare metà delle cose a casa sua. Sarebbe stato difficile passare il check-in con l’apriscatole, per esempio. Ma su Ben poteva contarci ogni volta.

Il ragazzo chiuse gli occhi cercando di non pensare al terribile check-in che aveva appena superato. Trascinandosi lo zaino dietro, sbadigliando e quasi addormentandosi in piedi era stato costretto a restare in fila per quasi due ore. Per fortuna che si era immaginato un tranquillo rientro.

Ma capiva perché Mai lo avesse fatto. Era ormai una tradizione, per loro, riunirsi nell’anniversario della scomparsa di Dan. Ed era colpa sua se, tra i preparativi e il viaggio, era riuscito a dimenticarsene. Per decidere di andare nel deserto australiano, poi! Certo non si sarebbe potuto portare dietro un computer…

Quando era arrivato a casa di Ben, poche ore prima, si era reso conto della sua terribile dimenticanza ed era corso a guardare nelle email. Con sommo orrore aveva visto l’email di Mai: era datata ad una settimana prima. Si era sentito terribilmente in colpa. Sapeva che, in fondo in fondo, Mai aveva ancora bisogno della vicinanza degli amici in quel giorno.

Racimolando tutta la forza di volontà che aveva potuto trovare, aveva risposto all’email, aveva salutato l’amico ed era corso all’aeroporto. Solo per scoprire che il primo volo disponibile partiva a notte fonda. Ma non poteva rimandare, altrimenti non sarebbe mai riuscito a tornare in tempo a Tokyo per il primo pomeriggio.

Rassegnatosi, Hideto aveva comprato il biglietto e si era messo in fila. Ed, ora, era finalmente seduto. Doveva cercare di dormire un po’ durante il volo o sarebbe crollato.

Quando l’aereo decollò, Hideto voltò lo sguardo verso il finestrino. Il cielo era così limpido. La luna illuminava le nuvole sottostanti e le stelle era brillanti come quelle che vedeva dal deserto australiano.

Ed improvvisamente, il Guerriero Blu si rese conto di non essere affatto stanco. Con lo sguardo perso verso il cielo, il ragazzo lasciò la sua mente vagare sui tanti ricordi dei suoi amici. Un sorriso triste gli piegò le labbra quando gli tornò in mente un precedente viaggio in Australia. Si trovava lì quando Kenzo era sbucato dal nulla e lo aveva trascinato con sé nel futuro.

Si ricordava ancora come era stato sorpreso di sentire la voce del Guerriero Verde… quel pensiero gli portò in mente alcune strane sensazioni che aveva provato nelle precedenti settimane.

Per la maggior parte del tempo, era stato da solo. Gli piaceva camminare nel silenzio, esplorare e osservare ogni particolare del luogo in cui viaggiava. Eppure, quella volta, non si era sentito solo. Non che altre volte gli succedesse, da quella prima fuga per il mondo risalente al 2009 (quando restare a Tokyo gli era sembrato impossibile), aveva imparato ad amare la solitudine. In quelle settimane, invece, aveva avuto la strana e fastidiosa sensazione che ci fosse qualcuno con lui. E il fatto che, in realtà, non ci fosse proprio nessuno, non aveva migliorato la cosa.

Quello che più gli era sembrato strano, ad un certo punto, era l’impressione di sentirsi chiamare. Un paio di volte era stato quasi convinto di sentire qualcuno chiamare distintamente il suo nome. Sia chiaro, aveva già avuto un paio di volte qualche vaga allucinazione per il caldo, ma mai quando era all’ombra e perfettamente assetato! Eppure aveva visto una sagoma, nell’aria calda del deserto. Era durato tutto solo un istante ed era quasi convinto di essersi immaginato ogni cosa.

Ma un dubbio rimaneva. Aveva già provato quella sensazione. Anche se erano passati tanti anni se lo ricordava. Assurdamente era bastato questo per fargli ridestare le speranze. Poteva essere possibile che Magisa stesse cercando di mettersi in contatto con loro?

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Era tutto così strano. Quel luogo le sembrava allo stesso tempo sconosciuto e familiare. Il lungo corridoio sembrava proseguire all’infinito davanti a lei, senza alcuna porta o finestra. Ci fosse stato almeno un vetro, avrebbe potuto capire dove si trovava.

“Mai.”

La ragazza si fermò di scatto, voltandosi a guardarsi alle spalle. Ma non c’era nessuno. Forse era stata solo una sua suggestione. Il silenzio era quasi inquietante. Però, aveva l’impressione che qualcuno la stesse chiamando… era come se sentisse di dover fare qualcosa, di dover riuscire a raggiungere qualcuno. Ma chi?

Mai riprese a camminare. Prima o poi sarebbe arrivata da qualche parte no? Non voleva credere che fosse un corridoio infinito, anche se aveva l’impressione di camminarvi da ore… sempre se poteva contare sulla propria percezione del tempo.

Improvvisamente lo vide. C’era qualcuno davanti a lei, molti metri più avanti. Stava camminando anche lui, senza guardarsi indietro. Mai sentì il cuore fermarsi per un istante. Non poteva essere, ma lo avrebbe riconosciuto tra mille. Dan.

“Dan!”

Il ragazzo non sembrò sentirla e Mai iniziò a correre. Ogni passo sembrava allontanarla invece che avvicinarla a lui. La paura iniziò a crescere dentro di lei: lo avrebbe perso un’altra volta? Un’altra volta perché lei non era capace di fare qualcosa?

Non poteva permetterlo. Non di nuovo.

La ragazza rallentò bruscamente nel momento in cui si rese conto che il corridoio era finito. Davanti a lei c’erano due porte. Dove era andato Dan? Si guardò attorno e si avvicinò lentamente alle due porte. E ora che cosa significava tutto quello?

Titubante, provò ad aprire la porta a sinistra e si rese subito conto che era chiusa. Fece un passo indietro e per un attimo ebbe l’impressione di vedere al suo posto un varco luminoso, simile a quello che aveva attraversato per andare a Gran RoRo. L’impressione che qualcuno la stesse chiamando si fece più forte. Il cuore cominciò a battere più veloce. Che fosse Magisa? Che cercasse di mettersi in contatto con loro per farli tornare?

Mai tornò alla porta cercando di farla aprire. Sentiva che doveva farlo e ogni istante che passava l’ansia dentro di lei aumentava. Colpì la porta con la mano.

“Guerriero Viola.”

La ragazza si afferrò con tutte le due mani alla maniglia, lacrime di frustrazione le iniziavano a riempire gli occhi. Se quella porta poteva portarla a Gran RoRo, doveva riuscire ad aprirla.

Improvvisamente Mai si fermò, scostando bruscamente le mani dalla maniglia. Solo in quel momento si rese conto di aver paura, paura che quella porta fosse ciò che sperasse. In tutti quegli anni si era trovata spesso a sognare e temere quella possibilità: tornare a Gran RoRo non sarebbe stato come tradire Dan? Era un pensiero stupido, perché Dan sarebbe stato il primo a dire loro di andare, di combattere anche per lui.

Forse era lei che non voleva tornare a Gran RoRo senza Dan. Forse perché quei luoghi l’avrebbe costretta definitivamente ad affrontare la realtà: Dan non sarebbe mai tornato e lei doveva andare avanti. Colpevole, si chiese se l’amore per Dan non stesse diventando solo una scusa per non soffrire ancora… per non perdere di nuovo qualcuno che amava.

“Sono pronto. Sarò io a premere il pulsante.”

Strani suoni, quasi fasci di energia.

“Ci siamo. Il momento è arrivato.”

Mai sgranò gli occhi e si voltò verso la porta alla sua destra. Era inspiegabilmente socchiusa. Prima, ne era sicura, non lo era. Una strana luce rossastra e biancastra si rifletteva sulla parete lucida. Improvvisamente, capì che cosa c’era dall’altra parte. Voleva andarsene, ma qualcosa la spingeva ad avanzare. Con un gruppo in gola e il cuore che batteva all’impazzata, la ragazza aprì la porta e si ritrovò di nuovo lì.

Il duello concluso. Il campo di battaglia infuocato. Scintille rosse e fumo.

“Quella è la rampa di lancio.”

Mai ricordò l’illusorio senso di gioia quando il duello era finito. Quando tutto era sembrato così facile. Le parole di Dan erano state una pugnalata al cuore.

“Sì, certo. Ho capito. Non esiste un pulsante. Sono io un essere pulsante.”

Non poteva riviverlo un’altra volta. La ragazza si inginocchiò a terra, chiudendo gli occhi e mettendosi le mani sulle orecchie.

Non voleva rivedere lo sguardo sconvolto di Yus, le lacrime di Plym, la rabbia di Clarky, l’incredulità di Hideto.

“Basta…”

Sapeva che nessuno l’avrebbe ascoltata. Come nessuno aveva ascoltato quel giorno la sua accorata richiesta che tutto quello finisse. Che Dan non dovesse sacrificarsi.

Anche con gli occhi chiusi vedeva davanti a sé il volto di Dan, quella sua calma rassegnazione che più l’aveva fatta soffrire. Perché lui aveva accettato così facilmente di dover morire?

Calde lacrime cominciarono a rigarle le guance. “Basta…”

Perché doveva riviverlo ancora?

“Non si parlava di un oggetto. Ma del cuore che pulsa.”

Ogni pensiero si dissolse nella sua mente. Riusciva a vedere solo quelle scene, mischiate ai tanti ricordi di Dan. Il dolore che continuava a crescere come quel giorno.

Era di nuovo incapace di muoversi. Di nuovo immobile davanti alla fine.

Un vortice luminoso, iridescente avvolse Dan. Lo vide, anche se aveva gli occhi chiusi.

“Barone. Ti sono molto grato. È stato un duello avvincente.”

La colibrì si staccò, mentre Barone gridava. Non servì a niente avere le mani sulle orecchie, lo sentì comunque, forte come quel giorno.

E per quanto non volesse vedere, non volesse sentire, Mai aprì gli occhi pieni di lacrime e alzò lo sguardo verso lo schermo. Ricordava cosa aveva provato in quegli istanti. Si rivide correre verso lo schermo, incapace di accettare che non ci fosse più niente da fare.

Risentì le sue urla di dolore. Una volta. “Dan!”

Disperazione. Due volte. “Dan!”

Aveva capito che era finito. Che non poteva più fare nulla per impedirlo. Ci aveva provato, ma aveva fallito. Aveva avuto ancora così tante cose da dirgli. Ma non c’era più tempo per nulla.

Tre volte. “Noooo!!!”

E questa volta gridò anche lei. Mentre risentiva il dolore, la disperazione, l’amore che aveva provato. Gridò anche lei.

Mentre Dan la guardava dolcemente attraverso lo schermo. Gridò. Mentre una lacrima scivolava dal suo occhio, perdendosi verso l’alto nell’iridescente spirale. Gridò. Mentre si rendeva conto che quella lacrima voleva dirle che soffriva anche lui, che voleva farle capire che quel sacrificio l’aveva fatto anche per lei. Per farle capire quello che anche lui non aveva potuto dirle.

Gridò.

Basta.

Il volto di Dan venne avvolto da quella luce, dissolvendosi in un lampo bianco…

Gridò.

“NOOOO!!!!”

Nel buio della propria stanza, Mai si alzò di scatto e si ritrovò seduta sul letto. Le leggere coperte estive erano aggrovigliate in fondo al materasso. Un tenue chiarore filtrava tra le tende, appena mosse da un soffio di vento che entrava dalla finestra socchiusa.

Era stato un incubo. L’incubo che per intere notti l’aveva tormentata nel primo periodo, quello subito dopo il ritorno dal futuro. Era completamente sudata e, portandosi una mano al viso, sentì le guance rigate di lacrime. Era tanto tempo che non riviveva quell’incubo in modo così reale. Lentamente tornò a distendersi, cercando di rallentare il respiro affannato e allontanare la morsa di dolore e il senso di vuoto che le attanagliavano lo stomaco.

Non ricordava come quel sogno potesse farle così male. Mai si voltò sul fianco, affondando il viso nel cuscino. Chiuse gli occhi, tentando di ritrovare la serenità per tornare a dormire. Pochi istanti le bastarono per capire la causa di quell’incubo, proprio quella notte.

Era la notte che la separava dal 30 agosto 2014. Il quarto anniversario del loro ritorno dal futuro e della scomparsa di Dan.

Ogni anno, quel giorno, era impossibile non pensare a quello che era successo. E una vocina dentro di lei le ripeteva che, in realtà, lei non avesse mai realmente accettato quello che era successo. Forse era vero, pensò amaramente Mai. Anche se tre anni prima, dopo quel torneo e il risveglio di Yuuki, era riuscita a fare i conti con quello che era successo, quell’incubo tornava a perseguitarla ogni anno in quel periodo.

Era quasi l’ultimo ricordo del baratro di dolore in cui aveva rischiato di sprofondare dopo la loro avventura. Il solo fatto che per mesi non avesse più fatto un duello era indicativo.

Per lunghi minuti rimase immobile, in attesa che, come ogni volta, le lacrime si asciugassero e i singhiozzi si spegnessero. Mentre un pensiero si formava lentamente nella mente, la ragazza si passò il dorso della mano sulle guance e si risistemò i capelli arruffati dietro le orecchie. Li aveva fatti ricrescere dopo il giorno in cui Dan era scomparso, un modo simbolico per riempire il vuoto che le aveva lasciato.

Mai aggrottò la fronte, finalmente afferrando il pensiero che le ronzava nella mente. La prima parte del sogno… era la prima volta che lo faceva. Anche se, quella sensazione di essere chiamata, l’aveva già provata. Era iniziato tutto un paio di settimane prima. L’impressione che qualcuno la stesse chiamando, che voltandosi avrebbe visto qualcuno osservarla. Ora che ci pensava, era anche per quello che aveva deciso di organizzare quella nuova rimpatriata con Hideto, Yuuki e Kenzo. In fondo in fondo, sperava che anche loro avessero provato qualcosa del genere: per non cominciare a temere di essere impazzita e per sperare che fosse Magisa a provare a mettersi in contatto con loro. Dopo sei anni, non aveva ancora perso la speranza.

Un’ombra attraversò il suo sguardo, mentre si metteva a sedere. Non appena si abituò alla penombra, Mai rivolse gli occhi verso il comodino dove facevano bella vista due foto: quella con Dan e Clarky che aveva fatto nel futuro e quella con Yuuki, Hideto e Kenzo fatta pochi mesi prima. Sorrise tristemente: i Maestri della Luce finalmente riuniti…

E se l’incubo avesse ragione? Avrebbe esitato se le si fosse presentata la possibilità di andare di nuovo a Gran RoRo? Un fondo di verità c’era. Ogni luogo lì le avrebbe ricordato Dan. Tornarci l’avrebbe fatta soffrire moltissimo a causa della consapevolezza che Dan non sarebbe stato accanto a lei. Ma aveva fatto anche una promessa a tutti i suoi abitanti. Non poteva non andare.

Mai sospirò. Sarebbero stati veramente degli istanti sofferti. Non voleva neanche soffermarsi sul pensiero che, tornare a Gran RoRo, sarebbe significato trovare due nuovi Guerrieri.

La ragazza scosse la testa per scacciare quei pensieri e si rese conto solo in quel momento dell’ora: le 4:30.

Ormai consapevole che per quella notte non sarebbe più riuscita a dormire, la ragazza si alzò e si diresse verso la finestra che spalancò. L’aria fresca del mattino entrò nella stanza facendola rabbrividire. Lontano, verso est, si iniziava a percepire, più che intravedere il vago chiarore che preannunciava l’alba ancora lontana. Il cielo era di un intenso azzurro cupo, privo di una luce definita, palpitante dell’imminente luce solare e orfano della luce della stelle che cominciavano a sbiadire.

Mai chiuse gli occhi ed immaginò il mare, come doveva essere diverso dalle ore del giorno, affollato di bagnanti ed ombrelloni. Un vetro blu scuro mosso da piccolissime onde. Sorrise ed inspirò profondamente, riempiendosi i polmoni dell’aria fresca e riuscendo così a rasserenarsi completamente.

Quando un altro brivido le percorse la schiena su cui era appiccicata la maglietta sudata per il caldo e l’incubo, Mai decise di rientrare. Per qualche istante, gli occhi faticarono ad abituarsi all’oscurità della stanza, ma presto la tenue luce le fu sufficiente per orientarsi tra i mobili racchiusi tra quelle quattro pareti.

Un’improvvisa e intensa ondata di malinconia le riempì il cuore e così, senza pensarci due volte, andò a sedersi alla scrivania dove accese il computer. Quando la luce azzurrina dello schermo illuminò il suo viso, Mai sorrise vedendo la foto sul suo desktop: lei e Kaoru durante la vacanza trascorsa in America il Natale precedente. Erano partiti, lei, Kaoru e Andrew, il giorno dopo di Natale festeggiato insieme agli altri a casa di Elisabeth.

Kaoru le mancava. Anche la sorella faceva spola tra America e Giappone ogni volta che poteva, ormai la sua vita si stava radicando lì. Andrew, fratello maggiore di Clarky e suo fidanzato da quasi cinque anni, lavorava lì in una base militare dell’aeronautica mentre lei, completati gli studi, stava cercando un lavoro.

Però, i due erano felici, in procinto o non di fare il fatidico passo, e questo le bastava. Era toccato a lei l’ingrato compito di comunicare ad Andrew la decisione di Clarky. Sapere che i due erano molto legati e il fatto che neppure lei avesse ancora superato quanto successo, non era stato d’aiuto. Come non era stato facile andare a parlare con la famiglia di Dan e spiegare ai due genitori che il figlio si era sacrificato per l’umanità di un futuro lontano.

Quei due incontri avevano spezzato la poca forza che era riuscita a racimolare nelle prime settimane. Tornata a casa era scoppiata a piangere. Poi, lentamente, aveva ricominciato a rialzarsi.

Una nuova ondata di malinconia per quei momenti trascorsi a Gran RoRo con gli amici tornò a far concentrare Mai sul motivo per cui si era seduta davanti al computer. Con pochi clic, aprì i file che contenevano gli immensi archivi del suo vecchio blog, “Parole Violette”. File in cui erano custoditi anche alcuni dei suoi ricordi più belli. I ricordi di Gran RoRo.

Estate del 2008. Sorridendo, tornò a rimmergersi nelle foto, illudendosi per qualche istante di essere di nuovo lì. Dove era cambiata e maturata, dove aveva scoperto una nuova e bellissima famiglia. Quell’esperienza fantastica e unica era paragonabile solo a quella nel futuro. Anche nel destino che avevano subito i Maestri della Luce.

Erano stati in sette a Gran RoRo, comprendendo anche Kajitsu, la Maestra del Nucleo Progenitore. Lentamente, poi, erano stati separati. Prima la dolce e coraggiosa Principessa Farfalla, poi il suo Dan. E infine Clarky, di cui non aveva più notizie da allora.

Erano rimasti solo in quattro. Hideto si era iscritto a medicina e in ogni momento possibile continuava i suoi viaggi per il mondo. Kenzo continuava i propri studi e sognava di diventare un giorno un grande scienziato. Yuuki, risvegliatosi dal coma tre anni prima, continuava a vivere in un mondo in cui, in poche parole, era creduto morto.

Anche loro si erano separati un po’. Erano stati tutti d’accordo che fosse la scelta migliore. Ognuno doveva riprendere il filo della propria vita, seguire la propria strada. Ma nonostante tutto avevano cercato di tenersi in contatto il più possibile, di incontrarsi ogni volta che potevano.

Non era stato facile. Lei alle prese con gli studi di ingegneria informatica, Kenzo che studiava per quattro persone, Hideto che, quando lo immaginavi all’università, era invece chissà dove in qualche sperduto angolo del mondo.

L’avevano fatto anche per paura di essere di nuovo attaccati. Anche se, in quei tre anni, non era successo. Ma forse solo perché la loro lenta azione non veniva ritenuta pericolosa.

Mai sospirò e dopo un attimo distolse lo sguardo dal computer, stiracchiandosi le braccia. Ormai la luce inondava la camera e presto anche i suoi genitori si sarebbero svegliati. Tanto valeva andarsi a fare una doccia per cancellare ogni traccia di quella notte passata in parte in bianco. Non voleva preoccuparli, non dopo che in quegli anni erano riusciti a recuperare il rapporto compromesso dalla loro battaglia. Avevano cercato di capirla, supportarla come prima non avevano fatto. L’unica frizione ancora tra loro era la ferma convinzione che aveva manifestato loro: se Gran RoRo avesse avuto di nuovo bisogno di loro, lei sarebbe tornata. Mai sorrise. Era incredibile come solo un sogno bastasse per instillare dei dubbi.

Mai sbadigliò e, prima di andare in bagno, controllò se c’era qualche nuovo messaggio nella casella di posta. Erano giorni che aspettava la risposta di Hideto. Quando organizzavano un incontro, il se e quando il Guerriero Blu sarebbe stato a Tokyo erano l’incognita maggiore. Ogni tanto lo accusava di passare più tempo in giro per  il mondo invece che in un’aula universitaria.

Incrociò le dita  e aprì la casella. La sua pazienza sembrò essere premiata perché, finalmente, trovò l’email di Hideto. Ora il piccolo gruppo di Maestri della Luce era finalmente al completo.

“Scusa se non ti ho risposto prima. Non ti preoccupare, domani (o oggi, dipende quando leggi l’email) sarò a Tokyo.

A presto, Hideto.”

Tipico. Chissà in quale parte del mondo si trovava e quanti fusi orari avrebbe dovuto attraversare… una volta era stato così stanco da crollare sul divano della casa di Kenzo. Appena lo aveva conosciuto, non avrebbe mai pensato che lui avrebbe avuto una vita così vagabonda.

A quel punto, Mai si alzò per farsi la tanto agognata doccia. Recuperando accappatoio e vestiti, la ragazza organizzò mentalmente la giornata fino al primo pomeriggio in cui si sarebbe incontrata con gli altri.

Primo, avrebbe controllato il blog che aveva aperto due anni prima. Nulla ai livelli di Parole Violette, ma qualcosa di più discreto che le permetteva di comunicare con quella minoranza che aveva continuato a pensare con la propria testa, nonostante i giornali.

Poi, poteva andare qualche ora in spiaggia. Magari accettando finalmente l’invito di un paio di sue amiche di corso. Per studiare ci sarebbe stato tempo il giorno successivo.

Il pensiero della amiche del corso, costrinse la sua mente a soffermarsi su un altro dubbio instillato dall’incubo. In realtà era un dubbio che le affiorava alla mente ogni volta che smetteva di uscire con un ragazzo dopo il secondo appuntamento, per quanto piacevole e divertenti fossero stati. Non voleva che la speranza di rivedere Dan e l’amore che provava ancora per lui diventassero solo una scusa per non soffrire.

Devi seriamente pensarci, si ammonì guardando il proprio volto riflesso nello specchio. Per quanto fosse convinta che fosse proprio quello il volto della vera Mai Shinomiya, la vera Guerriero Viola, c’erano ancora alcune cose che doveva affrontare.

Come smettere di rimpiangere il fatto di non aver avuto prima il coraggio di rivelare i propri sentimenti a Dan. Ormai il passato era passato (o futuro nel suo caso, pensò sorridendo), doveva andare avanti. E soprattutto non usare l’amore di Dan come una scusa.

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La luce del sole che sorgeva illuminava il cielo di colori soffusi. Un’atmosfera di pace avvolgeva ogni cosa, soprattutto lì, in quel luogo. La patria del silenzio, un luogo lontano dai rumori della città che lentamente si risvegliava.

I vialetti erano completamenti deserti. Nessuno veniva lì, nel cimitero, a quell’ora. O meglio, quasi nessuno.

L’anziano custode, ormai, lo conosceva. Era diventata una consuetudine, puntuale ogni mattina, appena il sole sorgeva e l’uomo andava ad aprire il cancello. Arrivava alle prime luci dell’alba e scompariva prima che un qualche altro visitatore arrivasse. Negli anni, aveva imparato a conoscere la sua presenza silenziosa. Si salutavano con un cenno del capo e poi lui andava vicino all’unica lapide sempre piena di fiori.

L’anziano custode alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo, verso il punto lontano dove sapeva che sarebbe riuscito a scorgerlo. Ed infatti era lì, inginocchiato come ogni giorno. Era quasi commovente vedere l’assiduità e la costanza con cui veniva a trovare la persona cara che era lì seppellita.

Sorrise tristemente e tornò a posare lo sguardo sulle scritte nere della pagina, riconcedendo di nuovo una riservatezza totale al dolore del ragazzo, avente il pieno diritto di essere solo con chi amava. Consapevole che, come altre mattine, la solitudine del ragazzo sarebbe presto stata timidamente interrotta.

Ed era proprio come aveva immaginato il custode. Yuuki, come ogni mattina, era inginocchiato davanti alla lapide marmorea su cui era incastonata la foto di Kajitsu. Un mazzo di rose fresche era posato accanto ai fiori dei giorni precedenti.

Lentamente alzò la mano per sfiorare la foto, ma appena l’ebbe accarezzata, la scostò bruscamente. Il ragazzo si alzò in piedi, continuando a fissare la lapide. Seguitando a guardare il volto sorridente della sua amata sorella.

Un rumore di passi lo fece voltare alla sua destra. Il suo sguardo incrociò quello di una ragazza ferma in piedi a pochi metri di distanza, sorridente. Rimasero in silenzio per lunghi minuti, poi fu lei la prima a parlare.

“Non volevo disturbarti. Fai pure con comodo. Non ho nessuna fretta.”

Yuuki sospirò, accennando un sorriso, ben consapevole che niente, che lui avesse potuto dire, avrebbe convinto la ragazza davanti a lui.

“Non c’era bisogno che tu venissi, Elisabeth. Sarei tornato a piedi come sono venuto.”

L’interpellata sorrise e scosse la testa. “Non è un problema per me. Mi fa piacere.”

Il ragazzo annuì in silenzio e tornò a voltarsi verso la lapide, subito imitato dalla ragazza. Non che sperasse veramente che la ragazza un giorno si arrendesse, ma lui continuava a persistere. Nei lunghi minuti in cui rimasero così, ciascuno immerso nei propri pensieri, Elisabeth si ritrovò a pensare ancora una volta all’enorme enigma che Yuuki Momose costituiva per lei. Negli anni erano diventati amici, ma lei non era mai riuscita a capirlo veramente. Le sembrava tanto uno di quei personaggi tristi e coraggiosi di cui erano piene le favole, sia quelle giapponesi che quelle occidentali che sua madre le raccontava da bambina. O quei personaggi tormentati che aveva letto negli anni successivi in molti romanzi europei. Allo stesso tempo triste e fiero, forte e fragile, gentile e misterioso.

Ad un certo punto, aveva creduto di provare qualcosa per lui, di considerarlo più di un fratello acquisito. Per un po’ di tempo aveva sperato che lui avrebbe ricambiato, ma le era bastato poco per capire che il cuore dell’ex-Guerriero Bianco era racchiuso da una barriera più invalicabile di quelle che creava con le sue carte. Una barriera che né lei, né forse nessun’altra, avrebbe mai potuto superare. Quella consapevolezza non aveva intaccato la loro amicizia, sopravvissuta al suo breve infatuamento, ma le aveva posto una domanda a cui non aveva mai trovato risposta: era una barriera creata per non soffrire ancora? O per impedire che il mondo esterno intaccasse qualcosa che vi era custodito?

Aveva sperato che un giorno si sarebbe aperto con lei e ciò che le avrebbe raccontato del suo passato l’avrebbe aiutata a capire. Le aveva parlato vagamente della sua difficile infanzia, della sua vita a Gran RoRo e soprattutto le aveva parlato delle avventure vissute da lui e dai Maestri della Luce. Kajitsu, in un certo senso, era presente in ogni sua parola, anche quando non la nominava. Vedeva ancora nelle iridi ambrate di Yuuki il rimorso e il senso di colpa per non averla salvata. Sempre presente come la sofferenza per non poter più fare nulla per la battaglia di Gran RoRo e la verità. Ma vedeva anche una timida luce nel suo sguardo ogni volta che la nominava.

Sentiva sempre che c’era qualcosa di importante che le taceva, un tassello del suo passato che non le avrebbe mai rivelato. Quando stava accanto a lui, nonostante fosse vicino a lei, lo sentiva stranamente distante.

Come in quell’istante, chiuso nel suo mondo di ricordi. Quasi estraneo al mondo in cui, nonostante tutto, continuava a vivere. Eppure sapeva che Yuuki aveva un profondo ed incrollabile desiderio di non lasciarsi andare.

Un improvviso desiderio di sapere la colse e, sull’onda di quei pensieri, si voltò verso di lui.

“Yuuki, posso farti una domanda?”

Il ragazzo la guardò per un istante prima di annuire. Elisabeth prese un profondo respiro per racimolare tutto il tempo possibile per scegliere bene le parole. Non era la prima volta che succedeva. I primi tempi aveva insistito che lui si sfogasse. Ogni volta, però, l’aveva ringraziata facendole capire che era qualcosa che doveva affrontare da solo.

“Perché non vuoi che le persone ti aiutino a superare i tuoi sensi di colpa?”

Yuuki la guardò sorpreso per qualche istante, mentre Elisabeth continuava a fissarlo un po’ preoccupata e un po’ imbarazzata per avergli rivolto una domanda così personale in modo tanto brusco. Senza contare che, magari, avrebbe potuto pensare che una domanda simile dopo tre anni che si conoscevano fosse un po’ stupida.

Il Guerriero Bianco si ritrovò a sorridere nel constatare quanto tenesse a lui quella ragazza, entrata nella sua vita così all’improvviso e negli anni diventata quasi una sorella per lui. Era anche grazie a lei, oltre che ai Maestri della Luce, se era riuscito a superare il primo periodo dopo il risveglio dal coma. Ma il senso di colpa era qualcosa che non avrebbe mai potuto abbandonarlo, soprattutto a causa della vita separata dal resto del mondo in cui era costretto a vivere. Il problema era che aveva fin troppo tempo per restare da solo con i propri pensieri. Yuuki tornò a voltarsi verso la lapide. Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, le doveva almeno una risposta.

“Io e Kajitsu abbiamo sempre dovuto lottare, fin da quando siamo nati.”

Elisabeth annuì lentamente. Le aveva già vagamente parlato di ciò, ma ogni volta le dispiaceva pensare a due bambini soli contro il mondo.

“Questo mondo ci aveva emarginato a causa dei nostri poteri… siamo sempre stati soli. Crescendo abbiamo quasi sempre potuto contare solo l’uno sull’altra. Credevamo che Gran RoRo sarebbe potuta essere per noi la casa che non avevamo mai avuto. Ci siamo illusi per tanto tempo che fosse così, fingendo di non sapere che avremmo dovuto affrontare di nuovo il nostro destino.”

Yuuki, a quel punto, posò un’ultima volta lo sguardo sulla lapide per poi incamminarsi attraverso i vialetti deserti. Elisabeth lo affiancò, in attesa che continuasse a parlare. Sentiva quanto difficile fosse per lui. Probabilmente parlarne, era come rivivere tutto quello.

“Successe tutto in un attimo. Eravamo nel Giardino delle Rose e, un attimo dopo, davanti al nostro peggior nemico. Avrei voluto dare il tempo a Kajitsu di scappare, di fare in modo che almeno lei si mettesse al sicuro insieme agli altri. Il Re del Mondo Altrove me lo impedì e lei non mi volle lasciare indietro.”

Yuuki si fermò, la mascella contratta. La ragazza gli posò una mano sul braccio per fargli sentire la sua vicinanza. Avrebbe voluto fare di più, ma non sapeva cosa. Non le aveva mai parlato, in quei tre anni, di quello che era successo in quei pochi minuti.

“Usò tutti i suoi poteri, indifferente a qualsiasi rischio… ma era solo quello che voleva lui. E quando lei cadde tra le mie braccia, capii che avevamo perso. Anche se non lo volevo ammettere, stavo per perderla e non riuscivo a sopportarlo. L’unico scopo della mia vita era stato proteggerla, vederla felice. E ho fallito. Liberarla dal Nucleo Progenitore ha preteso un costo che io non sarei mai voluto essere costretto a pagare.”

Il ragazzo si voltò e il suo sguardo cercò tra tutte quelle lapide la sorella. Elisabeth avrebbe voluto dire qualcosa, ma Yuuki riprese a parlare prima che potesse farlo.

“La stringevo a me, illudendomi che sarebbe bastato per farla restare con me. Non volevo perderla di nuovo, ma dovetti farlo. Rimasi impotente a vederla dissolversi davanti ai miei occhi.”

Yuuki deglutì e proseguì, con amara rassegnazione.

“Kajitsu aveva sempre solo desiderato vivere una vita normale. Io non sono stato in grado di aiutarla. Non ho neppure ripristinato il suo nome. È per questo che nessuno può aiutarmi a superare i miei rimorsi. Non potrò mai perdonarmi per quanto è successo.”

La durezza di quelle parole, fece capire ad Elisabeth quanto era stata stupida ed egoista. Per il suo desiderio di sapere, non si era resa conto di quanto fragile fosse l’equilibrio tra Yuuki e il suo dolore. Quella domanda era solo servita a minare tutto quello che lui aveva fatto in quei tre anni. Come poteva immaginare una ferita ancora così fresca dopo tutto quel tempo?

“Yuuki, basta… ti prego.”

Il ragazzo sembrò riprendere consapevolezza della presenza dell’amica accanto a lui e si voltò verso di lei che con gli occhi lucidi lo fissava colpevole.

“Scusami, sono stata una stupida. Non avrei dovuto chiederti niente.”

Il Guerriero Bianco scosse la testa. “Non è colpa tua.”

Elisabeth annuì poco convinta. “Non erano affari che mi riguardavano. Però so che Kajitsu non avrebbe mai voluto che tu vivessi nei sensi di colpa. Sono certa che lei non ti incolperebbe mai di quanto successo, neanche se fosse veramente colpa tua.”

Yuuki non rispose e tornò a pensare al sogno che aveva avuto poco prima di risvegliarsi dal coma. Kajitsu avrebbe avuto qualcosa da recriminargli, il fatto di non riuscire ancora, dopo tre anni, a staccarsi dal senso di colpa. Come si era liberato, allora, di ciò che gli impediva di risvegliarsi.

“Lei ti voleva bene Yuuki. Hai mai pensato che anche lei avrebbe voluto vederti felice?”

Il ragazzo la guardò per qualche istante. Elisabeth gli stava ricordando qualcosa che già gli altri Maestri della Luce avevano cercato di dirgli. Qualcosa che molto spesso il dolore gli impediva di vedere. Kajitsu non voleva che si arrendesse e lui non poteva farlo o non sarebbe più stato degno di lei.

“Grazie.”

Elisabeth, a quella parola, tornò a sorridere. Decisa a tirar su di morale anche lui, lo prese a braccetto e si incamminò con lui verso il cancello.

“Forza torniamo a casa. Facciamo colazione e poi voglio sfidarti a Battle Spirits! Sento che questa volta riuscirò finalmente a sconfiggerti!”

Yuuki sorrise, grato a quella ragazza che lo spronava come un tempo aveva fatto Dan. Era la speranza di rivederla, un giorno, che in quegli anni gli aveva impedito di soccombere al dolore. Ora sapeva che cosa fare, quando avrebbe rivisto gli altri quel pomeriggio. Doveva raccontare loro come Kajitsu lo avesse aiutato a risvegliarsi dal coma.

E doveva raccontare loro le strane sensazioni provate nei mesi precedenti, successivi al loro ultimo incontro. Ora che aveva parlato con Elisabeth, sentiva che non erano solo sue illusioni…

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 Il primo pensiero coerente che Hideto riuscì a formulare era che qualcuno gli stava delicatamente scuotendo la spalla. Poi si accorse di non sentire più il rumore dei motori e neppure il chiacchiericcio degli altri passeggeri. Hideto aprì quindi gli occhi lentamente, rendendosi finalmente conto che, nonostante la prima impressione che aveva avuto dopo il decollo, alla fine era crollato dal sonno. Confusi sprazzi di sogno si mescolarono ai ricordi del viaggio e ai pensieri della sera prima.

Stava camminando per il deserto dell’Australia in una zona che conosceva molto bene. Si fermò vicino ad una roccia e si tolse con il dorso della mano il sudore dalla fronte. Improvvisamente un strana sensazione lo avvolse e si voltò di scatto. Una voce lo stava chiamando.

“Hideto.”

Ma non c’era nessuno. Stava per riprendere il cammino quando, a diversi metri da lui, l’aria vibrò e dopo un istante uno strano bagliore sembrò squarciarla. Con gli occhi sgranati, Hideto vide materializzarsi dietro quello squarcio il paesaggio di Gran RoRo. Non si sarebbe mai potuto sbagliare.

“Guerriero Blu.”

“Mi scusi, l’aereo è atterrato. Deve scendere, signore.”

Hideto si riscosse, lasciando ricadere la memoria del sogno nel fondo della sua mente. Quando si voltò, vide il volto di una hostess. La ragazza gli stava sorridendo.

“L’aereo…”

Il ragazzo annuì, avendo ormai colto in pieno ciò che l’hostess voleva dirgli. “Sì, scusi.”

Si slacciò la cintura e percorse velocemente il corridoio fino alla porta di imbarco dove un’altra hostess lo aspettava sorridente. Era uno degli ultimi ad uscire. Hideto si fece velocemente largò tra la folla fino al luogo dove si dovette fermare in attesa dello zaino.

Solo allora tornò a ripensare allo strano sogno. Che cosa significava? Perché all’improvviso sentiva quella strana sensazione di trepidante attesa? Chi era che lo stava chiamando? E perché?

Non credeva certo fosse un caso. Per settimane aveva avuto la sensazione di essere chiamato. E ora quel sogno. Poteva significare che finalmente avevano una possibilità di tornare a Gran RoRo?

Il ragazzo allungò il braccio per afferrare lo zaino e poi si bloccò. Ma se i Maestri della Luce servivano di nuovo a Gran RoRo…. significava che ci sarebbero dovuto essere un nuovo Guerriero Rosso e un nuovo Guerriero Giallo. Supponendo che tutti loro non fossero stati “sostituiti” (come spiegare altrimenti il sogno e il resto?), Dan e Clarky non era più lì con loro.

Non ci voleva pensare. Non che fosse andato subito d’accordo con i due, questo era vero. Ma con il passare degli anni erano diventati grandi amici. Non riusciva ad immaginare altre due persone prendere il loro posto.

“Potrebbe sbrigarsi? Non è l’unico che deve ritirare il bagaglio!”

La voce irritata dell’altro viaggiatore, riscosse Hideto dai suoi pensieri. Il ragazzo prese lo zaino e si allontanò verso le porte dell’aeroporto, senza badare ulteriormente all’occhiataccia che l’uomo gli aveva lanciato.

Mentre attraversava le porte scorrevoli dell’edificio e si ritrovava nel confusionario via vai di persone che entravano e uscivano dall’aeroporto, Hideto si rese conto di essere grato a Mai di non aver rinunciato alla loro tradizione neppure quell’anno.

Se c’era una possibilità di capire qualcosa sulle cose strane che gli erano successe in quelle settimane e quella notte, loro insieme ci sarebbero riusciti. E se anche gli altri avevano avuto le stesse impressioni o fatto lo stesso sogno, significava che Gran RoRo e Magisa stavano veramente cercando di mettersi in contatto con loro.

Hideto, finalmente riabituato alla luce intensa del giorno e al caldo (che fino a quel momento non aveva percepito per via dell’aria condizionata), si avviò verso la fermata dell’autobus. Mancavano ancora un paio d’ore al loro incontro. Se era fortunato riusciva a fare in tempo a tornare a casa per farsi una doccia e cambiarsi. Magari faceva anche un duello con suo nonno. Ormai gli anni si facevano sentire e l’anziano passava la maggior parte del suo tempo a rimirare il giardino e crogiolarsi nella propria tranquillità. Ma non rinunciava mai ad un duello con lui.

Hideto sorrise. Era felice di aver recuperato il rapporto con la propria famiglia. Era stato difficile, soprattutto con la sua drastica decisione. Scappare di casa per girare il mondo non era una decisione facile da accettare per due genitori. Ma piano piano erano riusciti a capire il perché della sua scelta e da quel momento non si erano più opposti al suo desiderio di esplorare ogni parte del pianeta. Erano stati orgogliosi di vedere come il proprio figlio fosse diventato indipendente e sicuro di sé.

Quello che, però, gli aveva resi ancora più orgogliosi era stata la sua decisione di iscriversi alla facoltà di medicina. Era felice che, nonostante tutto, chi aveva tramato contro di loro non fosse riuscito a strappare loro tutti gli affetti.

Se solo anche Dan e Clarky, e la piccola Kajitsu, fossero stati con loro tutto sarebbe stato perfetto. E il fatto che la loro rinnovata battaglia non stesse dando i frutti sperati (conseguenza non troppo inattesa, data la loro scelta di non affrontare di petto la situazione come l’ultima volta) non sarebbe stato tanto difficile da accettare.

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Kenzo fissava i libri davanti a lui senza vederli. Ogni tanto spostava lo sguardo verso il computer acceso, giusto per sembrare impegnato. Ma non riusciva a concentrarsi. Continuava a ripetersi che era colpa del caldo, ma sapeva che non era così.

Il ragazzino alzò lo sguardo e guardò il gruppetto di compagni di classe con cui si era incontrato per preparare la ricerca che era stata loro affidata. Decisamente gli altri non erano distratti come lui. Kenzo si mosse sulla sedia frustrato: avrebbe voluto colpirsi con un libro in testa.

Ma come faceva a concentrarsi sulla ricerca, quando la sua mente continuava ad arrovellarsi sulle inspiegabili sensazioni che aveva provato nelle settimane precedenti? E non aiutava il fatto che, l’unica soluzione razionale che fosse riuscito a dare, presupponesse che Magisa stesse cercando di farli tornare a Gran RoRo. Faticava a crederci, si era quasi convinto che le sue fossero soltanto suggestioni… almeno fino a quella notte.

Aveva fatto il sogno più strano che si rammentasse. Quando si era svegliato, gli era sembrato strano non trovarsi a Gran RoRo. Non ricordava molto del sogno: una voce che lo chiamava più volte con il proprio nome e il titolo di Guerriero Verde, l’impressione che da qualche parte attorno a lui ci fosse il varco per Gran RoRo.

La cosa più strana di tutta quella vicenda era che tutto era iniziato solo da poche settimane. Così all’improvviso. Aveva pensato più volte di parlarne con gli altri, ma poi aveva deciso di voler fare prima chiarezza da solo. Senza ottenere nessun risultato.

Kenzo prese la penna che aveva posato sul quaderno e iniziò a giocherellarci. Poteva essere che Gran RoRo fosse di nuovo in pericolo?

Sembrava così strano dopo così pochi anni, ma di sicuro non era perché finalmente l’umanità aveva smesso di temere gli abitanti del Mondo Altrove. Come era possibile che Magisa non si fosse accorta subito di un pericolo così vicino? Non riusciva a dare una spiegazione razionale.

E chi avrebbe preso il posto dei due Maestri della Luce mancanti? Non riusciva a vedere qualcuno al posto di Dan e Clarky. Sostituire i due sarebbe stato un peso che non avrebbe mai voluto avere di persona. Il legame tra i Maestri della Luce era molto forte, nonostante tutto. I due nuovi non avrebbero certo avuto vita facile: avrebbero rischiato di essere sempre paragonati ai loro due amici.

Ma erano possibilità a cui non voleva pensare. Dan e Clarky erano il Guerriero Rosso e il Guerriero Giallo. Punto. O venivano sostituiti tutti (un po’ come Julian Fines) o non veniva sostituto nessuno. Ma se anche Magisa avesse potuto aprire un varco per il futuro, Clarky sarebbe tornato lasciando la vita che si era costruito lì? E come avrebbe potuto riportare da loro Dan? Ricordava cosa Clarky aveva detto loro dopo lo scontro, era fermamente convinto che la presenza del Nucleo Progenitore fosse un segno che Dan fosse ancora vivo da qualche parte. Lui, però, non sapeva che cosa credere.

Una parte di lui voleva crederci, ma l’altra parte (quella più scientifica e razionale) gli impediva di sperare in qualcosa di cui non avevano la minima prova. Anche se a Gran RoRo ne aveva viste di cose incredibili, ben oltre la scienza conosciuta da loro. Bastava solo pensare al Nucleo Progenitore… o al sistema dei nuclei ad esso collegato.

Tornare a Gran RoRo avrebbe potuto dare risposta anche a quelle loro domande. Ma aveva anche paura di ricevere una risposta. Scoprire che Dan non sarebbe potuto tornare, per esempio, non avrebbe spezzato soltanto Mai.

Però doveva parlarne con loro quel pomeriggio. Magari erano solo sensazioni sue e si sarebbe potuto mettere il cuore in pace. Se anche gli altri avevano avuto gli stessi sogni… beh, quella era un’altra storia.

Come poteva tirare fuori quel discorso? Ragazzi, sapete, per un qualche strano motivo sono convinto che Magisa stia cercando di mettersi in contatto con noi… o con me almeno. Voi che dite?

Kenzo sospirò e cercò per l’ennesima volta di indirizzare i propri pensieri verso la ricerca. Rimase per alcuni lunghi minuti a fissare i vari articoli e libri da cui stava raccogliendo il materiale, ma la sua mente non voleva in alcun modo collaborare.

Ma come gli era venuta in mente l’idea di accettare di incontrarsi con i compagni di classe proprio quella mattina? Poteva solo sperare che il tempo passasse in fretta. Dovevano incontrarsi nel primo pomeriggio e per quello aveva deciso di passare la mattinata e pranzare con gli amici. Avevano già mangiato e ora si erano rimessi a lavorare…

Improvvisamente Kenzo alzò lo sguardo sull’orologio e si rese conto di un piccolo e insignificante dettaglio. Il tempo era passato molto più velocemente di quanto avesse previsto. E doveva anche riportare a casa tutti i libri e i quaderni! Come avrebbe fatto a trovarsi neanche un’ora dopo all’appuntamento?!?

Il ragazzino si alzò di scatto e iniziò a raccattare alla meglio tutto il suo materiale, cercando di ricordare quali libri gli amici gli avevano chiesto di lasciare loro.

“Scusate ragazzi, mi sono completamente dimenticato dell’ora… sono già in ritardo per un ritrovo con dei miei amici!”

Gli altri tre lo guardarono per qualche istante perplessi dal suo comportamento e poi annuirono e lo salutarono.

Kenzo si mise in spalla lo zaino riempito in modo quasi casuale con il suo materiale e corse fuori dall’aula in cui si erano riuniti. Proprio con quel caldo doveva dimenticarsi di guardare l’orologio!

E per fortuna che aveva detto ai genitori di non preoccuparsi, che non c’era bisogno che mandassero nessuno ad accompagnarlo! Con il senno di poi avrebbe fatto meglio ad accettare. Lui non era una persona particolarmente sportiva. Doveva solo sperare che l’autobus non arrivasse in anticipo o in ritardo… anche prendendo tutte le coincidenze sarebbe stato un miracolo arrivare in tempo. Forse era meglio ripiegare sulla metropolitana: incrociando le dita ci sarebbe stato un treno che potesse prendere per arrivare nella zona di casa sua. Poi poteva lasciare lo zaino a Shizuko e correre a prendere l’autobus per andare alla spiaggia vicino alla quale aveva deciso di incontrarsi.

Ci poteva riuscire, bastava solo avere tanta ma tanta fortuna. L’unico lato positivo di quella corsa era che, finalmente, ora non si stava più arrovellando su i se e i ma delle strane sensazioni e del sogno. Sarebbe tornato a pensarci una volta riunito con gli altri. E, magari, insieme sarebbero riusciti a dare una spiegazione.

Salve a tutti! ^-^ Rieccoci di nuovo qui, finalmente con il primo episodio della nuova avventura dei Maestri della Luce. Sì, lo so questo capitolo è molto statico ma si deve iniziare piano no? Questo capitolo funge un po’ da introduzione. Tengo comunque a scusarmi per avervi fatto di nuovo attendere così tanto… e non perdo tempo a voler indicare questa o quest’altra scusante. Vi chiedo scusa e basta.

Inoltre, prima di ogni cosa una piccola premessa. Come avrete capito la storia inizia nel 2014, ovvero 6 anni dopo “Dan il Guerriero Rosso”, 4 anni dopo la fine di “Brave” e 3 anni da quanto raccontato nell’EPISODIO 0. Quindi, giusto per avere un quadro preciso vi do le età dei nostri Maestri della Luce: MAI 20 anni, HIDETO 19 anni, KENZO 15 anni e YUUKI 23 anni. Voi direte… mamma mia, che grandi! ^-^ Beh, non potevamo per sempre tenere piccoli i nostri eroi… (e poi odio quegli anime dove i personaggi non crescono o se lo fanno non sembra neppure un po’) … soprattutto nell’ipotesi di legami un po’ più solidi e stabili dei nostri cari Maestri della Luce. E comunque in generale per proseguire sulla maturità già mostrata in Brave (senza esagerare… le storie di questa serie saranno sempre rating verde o al massimo giallo). Spero di riuscire a mostrare al meglio questa loro nuova “maturità”: fatemi sapere che ne pensate.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto: aspetto i vostri commenti. Ringrazio fin da subito chi leggerà e chi, se vorrà, recensirà.

Ricordo ovviamente che queste serie sono frutto di una collaborazione tra me (idee e stesura) e mio fratello (idee e duelli).

Vi do quindi appuntamento al prossimo capitolo… eh, sì da oggi in poi dentro agli episodi niente più anticipazioni! XD Non voglio certo rubare la scena a chi nell’ultimo capitolo vi darà le anticipazioni… beh, solo per questa volta, una cosa ve la dico: nel prossimo capitolo il VARCO di Gran RoRo tornerà ad aprirsi! ^-^

Uno per tutti e tutti per uno, Hikari/D’Artagnan

P.S. voglio fare un piccolo gioco con voi. Si sa, nelle due serie televisive il primo duello sul vero campo di battaglia era fatto da Dan. Questa volta Dan, però, non c’è… chi secondo voi sarà il fortunato ad affrontare questo tipo di duello per primo? Si accettano scommesse e tenete in considerazione che può essere chiunque ma proprio chiunque! XD

Non so se lo leggerete oggi, ma in ogni caso io e mio fratello vogliamo…

Augurarvi un felice e sereno Natale!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NOTA: piccolo consiglio per la lettura… ad un certo punto, una parte della storia sarà introdotta da un asterisco. Da quel punto in poi vi suggerisco di ascoltare la sigla di “Battle Spirits - Dan il Guerriero Rosso”, o la versione italiana (https://www.youtube.com/watch?v=cR2EJKgo52g) o quella giapponese (https://www.youtube.com/watch?v=550D8g9qUUM)… secondo me merita. ^-^


Capitolo 2

Mossa ancora una volta la mano in segno di saluto, Mai si avviò lungo il marciapiedi che costeggiava la spiaggia. Le amiche, con cui era venuta al mare quella mattina e con cui aveva pranzato, avevano programmato di restare anche il pomeriggio in spiaggia.

La ragazza, invece, doveva raggiungere il luogo dove avevano deciso di incontrarsi. Era felice che gli altri fossero stati d’accordo di riunirsi a poca distanza dalla spiaggia, permettendole così di passare il tempo con le amiche fino all’ultimo minuto.

Continuando a godersi il sole e il cielo azzurro, Mai arrivò non molto tempo dopo al luogo prestabilito. Era stata un’idea di Kenzo quella di proporre il luogo dove, ormai quasi quattro anni prima, lei e lui si erano incontrati per parlare un po’ di quello che era successo nel futuro. Mai sorrise e salì sul largo muretto che delimitava il marciapiede. Chiuse gli occhi e inspirò l’aria che veniva spinta da una leggera brezza. Lasciò cadere la borsa a terra e vi si sedette accanto. Dietro di lei, oltre la strada, c’era la stazione del tram da cui probabilmente sarebbero venuti gli altri. I suoi grandi occhi ametista si posarono sulla spiaggia sottostante, affollata di bagnanti che si godevano gli ultimi giorni di sole prima dell’imminente inizio dell’autunno. Le grida e le risate arrivavano forti fino a lei. Lentamente, iniziò a dondolare le gambe e il suo sguardo tornò a posarsi sul lontano orizzonte del mare. Tutto sembrava così vivo, così allegro. Anche il mare sembrava scintillare in modo diverso, quasi contagiato da coloro che nelle sue acque cristalline cercavano refrigerio dal caldo della giornata.

Era veramente una giornata splendida: cielo azzurro e terso, pigri nuvoloni bianchi che sembravano stiracchiarsi all’orizzonte, mare limpido e scintillante, spiaggia bianca e festosa, una brezza leggera che rendeva ancora più perfetto il clima non più caldo e afoso di quell’estate che stava volgendo al termine.

I primi tempi le era stato difficile vedere gli altri così felici in un giorno così doloroso per lei, quando i suoi pensieri si facevano più malinconici. Le prime volte passava quelle mattine al cimitero, da Dan. Ma quel giorno non aveva potuto. Forse era stato quel sogno, forse le sensazioni delle ultime settimane che sembravano volerle far credere di poter tornare a Gran RoRo… ma aveva sentito che il modo migliore per ricordare Dan fosse quello di essere felice. E se Gran RoRo l’avesse veramente richiamata, sarebbe andata nonostante i dubbi e le paure. Anche se il pensiero che non ci fosse Dan, l’avrebbe fatta soffrire.

Era stata una quattordicenne ostinata e testarda, alla ricerca della fama e del successo, una ragazzina che dietro una scorza di superficialità e indifferenza nascondeva il suo profondo desiderio di aiutare gli altri. Una ragazzina che a Gran RoRo aveva imparato a sacrificarsi e ad avere fiducia negli altri.

Era diventata una sedicenne che nascondeva nel cuore il dolore di essere stata sconfitta, piegata dall’odio degli altri. Una ragazza che aveva cercato nel futuro un modo per riscattare il passato, che aveva riscoperto la gentilezza e la disponibilità usandole però per nascondere il proprio animo combattivo, per non soffrire ancora. Il futuro le aveva mostrato che poteva ancora essere entrambe e aveva lottato di nuovo per coloro che soffrivano.

E nel corso di quegli anni aveva scoperto che cosa significava amare. Prima troppo orgogliosa per ammetterlo, poi troppo spaventata di soffrire per dichiararlo. C’era voluta tutta l’avventura del futuro per curare le vecchie ferite e darle la possibilità di scoprire di essere ricambiata. Aveva finalmente scoperto che cosa significasse amare, anche se per poco tempo.

Mai alzò lo sguardo verso il cielo azzurro, dove gli uccelli si libravano liberi e leggeri. Per mesi, dopo quel giorno aveva creduto di essere di nuovo in trappola. Ora, finalmente era di nuovo libera come loro. Era cresciuta e maturata ancora in quegli anni, era riuscita a venire a patti con tutte le esperienze belle e brutte che aveva affrontato. Il Guerriero Viola e il membro dell’equipaggio della Sophia si erano fuse in un’unica persona, ora pronta a mostrare sia il suo lato dolce sia quello determinato, una giovane donna che non avrebbe più dovuto aver paura di amare e anche di soffrire. Lo doveva anche a Dan, lui avrebbe voluto vederla felice…

“Sorpresa!”

Mai sobbalzò a quella parola quasi gridata nel suo orecchio e sentendo due mani che si posavano sulle sue spalle. Quasi perse l’equilibrio e dovette afferrarsi al bordo del muretto per non cadere di sotto. Con il cuore che batteva quasi volesse uscire dal petto, la ragazza si voltò con gli occhi sgranati solo per incontrare il volto sorridente di Hideto.

“Tu sei… tu sei…”

Hideto sorrise mentre Mai cercava di trovare una parola adatta per mostrare il suo disappunto, ma senza offenderlo troppo. Indignata dal divertimento che lui sembrava trovare, la ragazza afferrò la borsa per colpirlo con essa. L’intento bellicoso era però vanificato dal sorriso spuntato sulle sue labbra.

“Sei uno stupido, Hideto!”

Il ragazzo, che le sembrava ancora più cresciuto dall’ultima volta, scansò ridendo l’arma impropria di Mai e si alzò in piedi. Per qualche istante i due si fissarono negli occhi e Mai cercò di mostrarsi molto offesa. Alla fine, però, Hideto le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e sulle labbra di Mai eruppe un radioso sorriso. I due si abbracciarono per qualche istante, fino a quando Mai si staccò da lui.

“Allora, da quale parte del mondo sbuchi questa volta?”

Hideto sorrise e alzò le spalle. “Oh, non molto lontano. Ero in Australia.”

Mai lo colpì sul braccio con la mano. “E cosa aspettavi a rispondermi allora?”

Il Guerriero Blu sorrise ironico. “Scusa, la prossima volta mi porto il computer nel deserto e lo carico con l’aria rovente.”

La ragazza incrociò le braccia e sbuffò. “Potresti sempre portarti un caricabatteria ad energia solare.”

Dopo un istante, Mai guardò di sottecchi l’amico e i due si ritrovarono di nuovo a ridere. Hideto, mentre guardava l’amica, non poteva che essere felice. Lui e Kenzo avevano avuto paura che Mai non ce l’avrebbe fatta a superare la perdita di Dan. I primi tempi aveva sempre fatto così fatica a ridere e sorridere. Ora invece si vedeva che era finalmente serena. Aveva sempre saputo che Mai era una ragazza forte e il futuro, nonostante tutto, l’aveva aiutata come aveva aiutato anche lui e tutti gli altri. Avevano avuto bisogno di ritrovare fiducia in sé stessi. Dan sarebbe stato felice di sapere che il suo sacrificio non fosse stato vano. Ora però come faceva a raccontarle dei suoi strani sogni e sensazioni? Se erano solo sue illusioni? Non voleva rischiare di fare crescere speranze infondate né in lei né negli altri.

“Allora?”

Hideto si riscosse e si accorse che Mai lo stava guardando in attesa. Un’espressione confusa apparve sul volto del ragazzo.

“Scusa?”

Mai sorrise paziente. “Non mi racconti niente del tuo viaggio?”

A quel punto Hideto capì. “Ah, sì, scusa. Ero solo sovrappensiero.”

La ragazza scosse la testa. “Non ti preoccupare. Pensavo fosse un modo carino per passare il tempo fino a quando non arrivano gli altri.”

Hideto annuì. “Certo. Comunque la prossima volta decidiamo con largo anticipo. Così io non mi sogno di andare chissà dove ed essere costretto a prendere l’aereo di notte.”

Mai spalancò gli occhi sorpresa. “Potevi avvertirmi… avremmo potuto posticipare. Magari rimandare a domani. Sarai stanchissimo!”

Fu il turno di Hideto questa volta scuotere la testa. Il suo sguardo si fece serio.

“Non avrei mancato quest’appuntamento per nulla al mondo. Non solo perché siamo gli ultimi Maestri della Luce.”

Mai capì che cosa Hideto aveva lasciato in sospeso e gli sorrise grata. In quei quattro anni i suoi amici avevano sempre cercato di starle vicino e anche quando lei aveva ripreso a duellare, accettando il dolore e andando avanti, avevano sempre cercato di esserci nell’anniversario della scomparsa di Dan.

Prima che uno dei due potesse dire qualcos’altro, un movimento alle spalle di Mai attirò la loro attenzione. Hideto fu il primo a sorridere e alzare la mano in segno di saluto, mentre la ragazza si voltò e si accorse anche lei di chi fosse appena arrivato salutandolo subito dopo.

Yuuki si fermò accanto ai due amici e ricambiò il saluto.

“Credevamo fossi scomparso, Hideto. Mai cominciava a credere che ti fossi dato alla macchia.”

Hideto sorrise e scosse una mano.

“Questione risolta. Mai ha decretato che la prossima volta che vado in Australia devo portarmi un computer che possa usare un caricabatteria ad energia solare.”

La ragazza annuì soddisfatta. “Non mi sembra una cattiva idea.”

Hideto preferì non proseguire il discorso anche perché effettivamente non era una cattiva idea e tornò a prestare la propria attenzione a Yuuki.

“Allora, Yuuki. Come va?”

Erano un paio di mesi che non si vedevano tutti e quattro, anche se si erano tenuti in contatto con le email e il telefono. In quegli anni erano stati tutti e quattro allo stesso tempo lontani e vicini: lontani perché dovevano prendere le proprie strade, vicini perché fossero sempre pronti ad aiutarsi gli uni con gli altri. Yuuki e Mai erano forse stati i due che più di tutti avevano avuto bisogno di aiuto, ma anche Hideto e Kenzo si erano sentiti più forti con l’appoggio degli amici.

“Considerato tutto, potrebbe andare meglio. Ma già il fatto che nessuno mi abbia ancora riconosciuto è qualcosa.”

Yuuki aveva ragione e lo sapevano sia Mai sia Hideto. Fin dai loro primi incontri quell’incognita era rimasta. Cosa sarebbe successo se un giorno qualcuno avesse riconosciuto Yuuki come il Guerriero Bianco creduto morto cinque anni prima? I primi tempi erano tutti stati molto sospettosi e avevano preferito incontrarsi a casa di Elisabeth. Ma per fortuna anche Yuuki erano cresciuto e a quanto sembrava le persone dimenticavano facilmente un volto quando non erano costrette a ricordarselo.

Proprio in quel momento arrivò il tram che si fermò sferragliando davanti alla piccola stazione e attirando l’attenzione dei tre ragazzi. Una testa dai riconoscibilissimi capelli verdi fece capolino dal mezzo di trasporto e si infilò di corsa nel piccolo sottopassaggio che passava sotto i binari. I tre ragazzi sorrisero e si misero in attesa dell’ultimo Maestro della Luce. Kenzo, infatti, non si fece attendere a lungo e sbucò trafelato dal sottopassaggio. Era fin troppo evidente la paura che il ragazzino aveva avuto di arrivare in ritardo.

Notando i tre amici, Kenzo aveva alzato il braccio per salutarli e aveva percorso di corsa gli ultimi metri che lo separavano da loro.

“Scusate! So che sono in ritardo… ma non mi ero proprio accorto dell’ora!”

Hideto mise una mano sulla spalla del ragazzino, piegato in due dallo sforzo e impegnato nel tentativo di riprendere fiato.

“Guarda che non scappavamo mica. Non serviva che corressi, soprattutto con questo caldo!”

Kenzo, riuscito finalmente a riempire a sufficienza i polmoni di ossigeno, si risistemò gli occhiali e guardò l’amico indispettito.

“Lo sai che ci tengo alla puntualità. Stavo facendo una ricerca e non ho guardato l’ora.”

Il che non era neppure una bugia, pensò Kenzo. La realtà era che aveva usato la maggior parte del tempo per scervellarsi sulle strane sensazioni provate nelle settimane precedenti. Ma, in fin dei conti, il risultato era stato lo stesso e tanto valeva pensare ancora un po’ se dirlo agli altri oppure no.

Hideto sorrise divertito e alzò le mani sconfitto.

“Non sia mai che il nostro piccolo genio non riesca nei suoi mirabolanti progetti!”

Kenzo lo fissò leggermente offeso. “Non è questo il punto! E lo sai! Non mi sarei mai perso una nostra rimpatriata.”

Mai e Yuuki sorrisero guardando lo scambio tra i due e alla fine la ragazza passò un braccio attorno alle spalle del ragazzino per rassicurarlo. Per un attimo le sembrò di essere tornata a quattro anni prima, quando su quel muretto c’erano solo lei e Kenzo. Ma ora era diverso, ora c’erano anche Hideto e Yuuki.

“Kenzo, lo sappiamo. Non preoccuparti. I nostri incontri sono importanti per tutti noi come anche i progetti di ciascuno di noi. Su cos’era la ricerca?”

Kenzo, per la prima volta in quel giorno, sentì la mente schiarirsi e iniziò a raccontare con sempre maggior entusiasmo l’argomento della ricerca su cui quella mattina non era riuscito a concentrarsi. Forse perché, quando era con i suoi amici, riusciva a permettersi di pensare un po’ di meno a quello che lo preoccupava.

Mentre il ragazzino continuava a raccontare, i quattro ragazzi iniziarono a camminare costeggiando l’alto muro che li separava dalla spiaggia. I loro incontri riuscivano a rasserenare ciascuno di loro e in quegli istanti tutti e quattro, ignari di farlo tutti insieme, si ritrovarono a cercare un modo per introdurre il discorso “sogni e sensazioni” con gli altri. Ora, più che mai, erano convinti che fosse importante.

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Dopo aver camminato per un po’ di tempo, i quattro ragazzi avevano deciso di trovare una zona un po’ più tranquilla per poter continuare a parlare, rimanendo pur sempre all’aperto. Era una giornata troppo bella per sprecarla chiusi in qualche posto. Tutti d’accordo, presero una delle stradine che conducevano verso la zona alta delle colline e della zona residenziale che costeggiava la spiaggia.

Alla fine, la loro scelta era caduta su un piccolo parco in cui si erano imbattuti girovagando tra le tranquille stradine. Seduti sulle panchine all’ombra, c’erano solo un paio di anziani e un gruppetto di mamme che guardavano i bambini giocare sulle giostre. I rumori della spiaggia salivano fin lassù ma giungevano ovattati e tra gli alberi si riusciva poteva scorgere il mare e i bagnanti.

I Maestri della Luce individuarono una panchina un po’ più isolata dalle altre e lontana dai giochi e vi si diressero senza indugio. Kenzo e Mai vi si sedettero e la ragazza posò finalmente a terra la borsa piena degli oggetti di spiaggia. Hideto, messe le mani in tasca, si posò al bordo della panchina e Yuuki si si appoggiò con la schiena ad un albero vicino alla stessa.

Mentre erano stati in cerca di un luogo dove fermarsi, i quattro ragazzi si erano ritrovati a discutere sui progressi che avevano fatto in quegli anni per la loro battaglia sulla verità di Gran RoRo. Pur ritrovandosi d’accordo ancora una volta sul fatto che un approccio frontale non sarebbe servito a nulla, se non a riportarli alla situazione di cinque anni prima, i Maestri della Luce si erano resi conto che neppure la loro nuova tattica stava ottenendo i risultati sperati.

“Non credo che sia colpa nostra o del metodo che usiamo…”

La voce di Hideto riportò l’attenzione degli altri sul discorso che avevano interrotto nel momento in cui erano entrati nel parco.

“… piuttosto mi sembra che siano le altre persone. È una mia impressione o la maggior parte di loro sembra quasi aver dimenticato tutto quello che è successo sei anni fa?”

Ci furono un paio di istanti di silenzio, prima che Kenzo, con un sospiro di rassegnazione, parlasse a sua volta.

“Penso che sia un atteggiamento comune… quando gli anni passano e le vicende non ti riguardano in prima persona, tendi a non prestarci più attenzione.”

Mai annuì tristemente. “Dopotutto non possiamo neanche incolparli del tutto… tutti hanno i propri problemi quotidiani, la questione di Gran RoRo è molto lontana dalla vita di tutti i giorni.”

“E non potevamo certo aspettarci che dopo tutto quello che è successo e che è stato detto ci accogliessero a braccia aperte. Dopo che anche Dan si è arreso, le persone hanno semplicemente voltato pagina. Se non fosse stato per il Re del Mondo Altrove, per loro Gran RoRo non sarebbe mai esistito.”

Gli altri tre annuirono lentamente alle parole di Yuuki. Gran RoRo era apparso nella vita dell’umanità all’improvviso e altrettanto all’improvviso era scomparso lasciando soprattutto dubbi e paure. Anche loro erano stati lasciati soltanto con l’incertezza di una promessa, ma senza alcuna garanzia che il portale di Gran RoRo si sarebbe presto riaperto per loro. Dopotutto, neppure nel 2651 l’umanità era ritornata a Gran RoRo. Forse dovevano mettersi il cuore in pace… non sarebbero stati loro a rincontrare Magisa. Forse in un futuro ancora più lontano ci sarebbero stati nuovi Maestri della Luce che lo avrebbero varcato…

Quando questo triste pensiero attraversò la mente di Hideto, il ragazzo si rese conto che non poteva tacere sulle sensazioni che aveva provato. Dovevano tutti aggrapparsi alla più piccola speranza. Non potevano permettere che la nostalgia facesse loro credere di non fare abbastanza o di non avere una possibilità.

Hideto, presa quella decisione, inspirò e alzò lo sguardo sugli amici.

“Sarebbe bello avere almeno un segno, vero? Qualcosa che magari ci faccia capire che Gran RoRo non si è dimenticato di noi. Magari un messaggio di Magisa o qualcosa per continuare ad alimentare la nostra speranza di tornare a Gran RoRo…”

Il Guerriero Blu rimase in attesa e guardò i suoi amici sperando in un segno di riconoscimento da parte loro. Se avevano avuto anche loro le sue sensazioni, avrebbero capito che si stava riferendo ad esse.

E la reazione che Hideto sperava non si fece attendere. Mai e Kenzo con gli occhi leggermente sgranati si voltarono verso di lui: era evidente la sorpresa che provavano nel rendersi conto di non essere stati gli unici ad avvertire quelle sensazioni.

“Anche tu, Hideto?”

Il ragazzo annuì verso Mai. Prima che potesse aggiungere altro per spiegare quello che personalmente aveva vissuto, fu Yuuki a parlare per primo. Quando gli altri tre Maestri della Luce si voltarono verso di lui videro nei suoi occhi un vago senso di sollievo, quasi una speranza che riaffiorava misto a quello che sembrava un netto senso di colpa. Senso di colpa di cui Mai, Hideto e Kenzo non si spiegavano il motivo. Ora che era chiaro che tutti e quattro avevano avuto quelle sensazioni o sogni o entrambe, nessuno di loro poteva incolparsi per non averlo detto appena si erano riuniti. I loro dubbi, però, furono presto dissipati dalle successive parole di Yuuki.

“Prima di parlare di quello che è successo recentemente… c’è una cosa che forse avrei dovuto raccontarvi prima.”

Kenzo guardò il Guerriero Bianco curioso. “Di cosa stai parlando?”

Se Yuuki si trovava a disagio nel parlare di qualcosa di così personale non lo diede a vedere, come aveva sempre fatto anche a Gran RoRo.

“È successo il giorno in cui mi sono risvegliato dal coma.”

Quelle parole fecero apparire sul volto dei tre un’espressione ancora più perplessa.

“Ma visto quello che è successo nelle ultime settimane… credo sia giusto che lo sappiate. Quel giorno non mi sono risvegliato da solo, ma sono stato aiutato.”

Mai, Hideto e Kenzo non dissero nulla, in attesa che Yuuki parlasse. Sembravano tanti piccoli pezzi di un puzzle che si andavano sistemando.

“Era una specie di sogno che non finiva mai, sempre uguale. Ma ad un certo punto all’improvviso è apparsa Kajitsu… non so spiegarmi il perché e il motivo per cui mi apparve in quel sogno dopo così tanto tempo dalla sua morte e dal giorno in cui ero entrato in coma.”

Gli altri non sapevano che cosa dire. Avevano sempre saputo del legame speciale che univa Yuuki e Kajitsu ma quanto successo era difficile da spiegare lo stesso.

“Non ti era successo prima?”

Yuuki scosse la testa alla domanda di Kenzo.

“No. Fino a quel momento è stato come vagare nell’oblio. Poi è arrivata lei e mi ha spronato a svegliarmi, dicendomi che il mio compito da Guerriero Bianco non era ancora concluso.”

Yuuki sembrò valutare un attimo come proseguire mentre gli altri sentivano sempre di più che quanto successo era strettamente legato alle sensazioni di quelle settimane.

“Non sono mai riuscito a dare una spiegazione alle sue parole, mai fino ad oggi… non so se fosse veramente lei o dei ricordi, ma potrebbe essere anche stato un aiuto mandatomi in qualche modo da Magisa. Sapeva che Kajitsu sarebbe stata in grado di darmi la forza per risvegliarmi.”

Mai prese in mano una ciocca di capelli e iniziò a giocherellarci con espressione pensierosa.

“La tua ipotesi potrebbe essere corretta… Magisa con il potere del Nucleo Progenitore sarebbe potuto essere in grado di superare la barriera tra i due mondi e aiutarti. Ma se tutto questo è vero…”

Fu Kenzo a concludere il pensiero di Mai.

“Come spiegare il fatto che Magisa non si è più fatta sentire per tre anni? Se anche Gran RoRo fosse stata in pericolo, come spiegare questi anni di silenzio?”

Hideto si strinse le spalle sconsolato. “Potrebbe essere soltanto un modo con cui il suo subconscio cercava di spronarlo a risvegliarsi per riprendere la battaglia per la verità di Gran RoRo… sicuramente il tuo legame con tuo sorella avrà lasciato un solco molto profondo nella tua memoria. Potrebbe essere tutto una elaborazione della tua mente…”

Yuuki sospirò. “Potrebbe essere… non so che cosa dirvi.”

Mai spostò lo sguardo sui tre amici. “Ma riflettiamo un attimo. Tre anni fa il sogno di Yuuki… nelle ultime settimane io ho provato più volte la sensazione di essere chiamata e stanotte ho fatto un sogno in cui mi ritrovavo davanti ad una porta chiusa. Mi sentivo chiamare e avevo la certezza che oltre quella porta ci fosse Gran RoRo. Vale lo stesso per voi?”

Hideto fu il primo ad annuire.

“Sì, ho avuto anche io sensazioni simili. E nel sogno che ho fatto stanotte, mi appariva lontano quello che sembrava un portale per Gran RoRo. E una voce mi chiamava distintamente.”

Kenzo annuì a sua volta. “Idem per me. Non può essere un caso.”

Quando anche Yuuki annuì, Mai riprese a parlare.

“Anche se il motivo ci sfugge, potrebbe esserci un collegamento con Gran RoRo?”

I quattro ragazzi rimasero in silenzio e nei loro occhi vedevano la stessa speranza. Non sapevano che cosa dire o come spiegare quanto successo, ma non poteva essere un caso di questo ne erano certi. Nello stesso periodo e il sogno nella stessa notte? La probabilità di un simile avvenimento non era certo elevata… e poi era stato tutto troppo realistico. Le sensazioni, i sogni, il fatto di sentirsi chiamare…

Hideto stava per dire qualcosa, ma la voce non riuscì ad uscire dalle sue labbra. Sgranò gli occhi come fecero anche gli altri uno dopo l’altro. Rimasero immobili e il mondo attorno a loro sembrò scomparire. Non potevano credere a quello che vedevano davanti ai loro occhi. Una piccola e leggera farfalla verde volteggiava davanti a loro. Per un attimo credettero fosse una semplice farfalla, ma la scia luminosa che si lasciava alle spalle non dava adito a dubbi.

Mai deglutì e il suo cuore cominciò a battere più forte per l’emozione.

“Ma… questa è…”

Hideto si staccò dalla panchina e annuì. “Una delle farfalle di Kajitsu.”

La farfalla iniziò a librarsi attorno a loro e i quattro ragazzi trattennero quasi il respiro. era un’altra casualità che non aveva spiegazione, un altro avvenimento che non si poteva spiegare che in un modo: Magisa stava cercando di mettersi in contatto con loro. Non potevano certo averla evocata loro parlando di Gran RoRo!

Prima che uno di loro potesse riprendersi dallo shock, la farfalla si allontanò lentamente verso gli alberi di fronte a loro. I quattro ragazzi ripresero a respirare lentamente, quasi spaventati di farla scomparire. Con lo sguardo la seguirono nei suoi delicati volteggi fino a quando si posò su di un tronco.

Se uno di loro avesse avuto ancora qualche dubbio, fu allora che ciascuno di essi venne spazzato via. Mai e Kenzo si alzarono di scatto dalla panchina, gli occhi sgranati. Hideto si posò alla panchina con una mano quasi per non cadere e Yuuki si allontano dal tronco facendo un passo avanti, incapace di distogliere lo sguardo da quanto era apparso davanti a loro.

Nel momento in cui la farfalla si era posata al tronco, l’insetto si era dissolto e al suo posto, voltata di schiena, era apparsa Kajitsu. I lunghi capelli verdi, l’abito scuro che sfiorava il selciato del sentiero e l’erba dell’aiuola. Nonostante fossero passati sei anni dall’ultima volta che erano stati a Gran RoRo, non riuscivano a credere che ora stesse finalmente succedendo quanto avevano desiderato.

Dopo qualche istante, Kajitsu, spirito o illusione o qualsiasi cosa fosse, si voltò verso di loro e sorrise.

Un pallone da calcio sfrecciò davanti a loro andando a colpire un altro tronco. I quattro si riscossero all’improvviso, quasi risvegliandosi da un sogno ad occhi aperti. La loro attenzione venne attratta da tre bambini che correvano ridendo a recuperare il pallone, per poi tornare verso le madri che dicevano loro di non allontanarsi troppo.

Quando il loro sguardo tornò verso il punto in cui era apparsa Kajitsu, non videro più nulla. Come apparsa, si era dissolta. Per un attimo credettero seriamente di essersi immaginati ogni cosa. Ma poi la farfalla riapparve poco lontano verso l’entrata del parco. Sembrava quasi invitarli a seguirla. Nessun altro, esclusi loro, sembrava essersi accorto di nulla.

Kenzo, che faceva fatica qualche volta ad accettare simili avvenimenti con la propria mente scientifica, si sistemò gli occhiali che erano scivolati sul naso.

“Avete visto anche voi? Non me lo sono immaginato, vero?”

Hideto scosse la testa. “O siamo completamente impazziti tutti e quattro, o quella era vera. A meno che non sia una qualche allucinazione collettiva…”

Kenzo guardò l’amico scettico. “Causata da cosa? Non abbiamo né sbattuto la testa e non mi sembra che abbiamo inalato qualche gas e neppure ci manca ossigeno!”

Prima che Hideto potesse magari iniziare con qualche plausibile spiegazione medica, Yuuki prese la parola.

“So che potrebbe essere una trappola. Anche il Re del Mondo Altrove le aveva usate per attirare me e Dan. Ma sento che non è così. Qualcuno ci sta chiamando e ha usato le farfalle di Kajitsu perché sapeva che le avremmo riconosciute e seguite.”

Avrebbe voluto pensare che fosse proprio Kajitsu a chiamarli, ma sapeva che non era possibile e non poteva illudersi. Avrebbe rivisto Kajitsu, in un’altra epoca, in un’altra vita… ma non ora. Doveva accettarlo.

“Forse mi sto sbagliando. Ma se è un’occasione non possiamo sprecarla.”

Mai strinse la borsa in mano. “Siamo pronti a rischiare anche se potrebbe essere una trappola?”

Nessuno ebbe il tempo di rispondere, perché la farfalla iniziò ad allontanarsi. Per lunghi istanti si scambiarono uno sguardo dubbioso e allarmato. Ma Yuuki aveva ragione, era un’occasione che non potevano sprecare.

Sapevano che poteva essere l’unica occasione per tornare a Gran RoRo.

Mai, Hideto e Kenzo sapevano che poteva essere l’unica occasione per combattere anche per Dan e Clarky.

Yuuki sapeva che poteva essere l’unica occasione per tornare nel mondo in cui sentiva veramente di appartenere.

E iniziarono a correre dietro alla farfalla, rispondendo così alla domanda di Mai. Avevano paura, dubbi, speranza e avrebbero corso il rischio di finire in una trappola. Ma se qualcuno stava cercando di conquistare Gran RoRo, perché avrebbe dovuto scomodarsi per loro? A Gran RoRo, senza un aiuto, non sarebbero mai potuti tornare. Tanto vale avere fiducia.

Uscirono dal parco e iniziarono a correre sul marciapiede inseguendo la farfalla. Non sapevano dove li stava portando, ma se volevano scoprirlo, e dovevano scoprirlo, non restava che seguirla.

Ogni tanto, quando incrociavano qualche solitario passante, venivano adocchiati con sguardi stupiti e perplessi. Non c’era da sorprendersi dato che faceva ancora abbastanza caldo nonostante l’imminente fine dell’estate.

Ogni volta, però, nessuno sembrava accorgersi della farfalla. Farfalla che ormai stava ben distanziando i quattro Maestri della Luce.

Kenzo, forse quello meno allenato tra i quattro, guardò sconsolato il punto verde che era la farfalla mentre cominciava a sentire i primi avvisi dei polmoni.

“Però, chiunque sia… potrebbe aspettarci… io non so quanto ancora… riuscirò a resistere!”

Mai scosse la testa e lo afferrò per mano.

“Devi resistere, Kenzo. O andiamo tutti, o non va nessuno.”

Yuuki e Hideto non dissero nulla, ma si vedeva che erano d’accordo. Non potevano mollare, non dopo tutti quegli anni d’attesa. Non era giusto nei loro confronti, non era giusto per Yuuki che era vissuto in una sorta di limbo per quasi tre anni, non era corretto verso tutti i loro amici, Dan e Clarky inclusi. Avrebbero corso il rischio tutti insieme.

Kenzo si fece forza e lanciò uno sguardo grato verso Mai. “Ci proverò…”

Mentre correvano non prestavano quasi attenzione a dove stavano andando, quello che era sicuro era che la farfalla li stava lentamente riconducendo verso il centro città. Svoltarono un angolo e videro a poca distanza da loro uno dei canali e accanto i binari del tram. La sbarra era abbassata e sempre più vicino si sentiva il suo sferragliare sui binari. Dall’altra parte, posata al parapetto del ponte che attraversava il canale c’era di nuovo Kajitsu. Sorrideva e dietro di lei si vedevano le ultime case della zona residenziale e più oltre gli edifici del centro.

Si fermarono a pochi passi della sbarra e il tram passò davanti di loro, scuotendo i loro capelli e i lembi dei vestiti con la massa d’aria spostata. Quando scomparve alla loro sinistra, i quattro spostarono lo sguardo dall’altro lato e videro di nuovo solo la farfalla. Mentre la sbarra tornava a rialzarsi, l’insetto riiniziò ad allontanarsi. Sembrava avesse soltanto voluto controllare che fossero ancora dietro di lei.

La loro corsa proseguì e li condusse sempre più vicino al centro. Era come un inseguimento, una strana caccia al tesoro. Ogni passo erano più stanchi e più desiderosi di arrivare alla meta, ma la loro corsa non sembrava voler finire. La farfalla e l’immagine di Kajitsu si erano sostituite altre volte. Non appena vedevano la ragazza, lei si dissolveva e la farfalla riprendeva a volare. Una volta la videro seduta sopra un muro, la gonna mossa da una brezza quasi inesistente; un’altra in mezzo alla strada, in piedi ad attenderli, poi seduta su una panchina o posata con la schiena ad un palo.

Quando finalmente arrivarono tra gli alti grattacieli e palazzi del centro, i quattro ragazzi sperarono che la loro meta fosse vicina. Senza contare che ora la corsa si era fatta più difficile, costretti com’erano a scansare i passanti più numerosi rispetto a prima. Arrivati ad un incrocio non videro più la farfalla ed ebbero paura di averla persa. Con quella farfalla si sarebbe dissolta la loro unica possibilità di tornare a Gran RoRo.

Si guardarono attorno e con sollievo la videro. Ma non era la farfalla, era Kajitsu. Era ferma dall’altra parte della strada, dietro ad un gruppo di persone in attesa di attraversare. Con lo sguardo sembrò volerli rassicurare: li avrebbe aspettati. Invisibile agli altri, Kajitsu iniziò ad allontanarsi non appena la videro. Un camion passò davanti a loro mentre aspettavano che il semaforo diventasse verde, coprendo la loro visuale. Quando la folla iniziò ad attraversare insieme a loro, i Maestri della Luce videro di nuovo la farfalla, sostituitasi di nuovo alla figura evanescente.

Se fosse possibile, ai quattro sembrava di correre in un silenzio quasi assurdo. Sentivano solo il battito del loro cuori, non le voci dei passanti, non il rumore del traffico. La stanchezza era quasi stata completamente sostituita dall’adrenalina e dalla speranza di rivedere Gran RoRo. Durante la corsa aveva perso importanza il fatto di non sapere quale fosse la loro meta o tutti i dubbi che ancora avevano. L’unica cosa importante, che sapevano fin troppo bene, era che avrebbero potuto non avere una seconda possibilità.

La farfalla proseguì ancora qualche minuto, finché non si diresse verso un palazzo in particolare. Era uno dei classici edifici di cemento e vetri, ma un particolare lo contraddistingueva. Collegata ad esso, di un paio di piani sopraelevata dalla strada, c’era una terrazza da cui si intravedevano le verdi aiuole che creavano una sorta di giardino.

I quattro ragazzi si fermarono ai piedi della rampa di scale che portava ad esso e cercarono di rallentare i respiri affannati. Quella specie di bolla che li aveva avvolti, sembrò esplodere all’improvviso e i quattro tornarono coscienti dei rumori attorno a loro. Due automobili percorsero la strada e un gruppo di persone entrò nell’edificio che loro conoscevano così bene.

Avrebbero voluto dire qualcosa, ma erano sopraffatti dal senso di riconoscimento che quel luogo aveva generato. Era l’edifico di cui, da anni ormai, molte sale erano dedicate a Battle Spirits e dove la maggior parte dei tornei più importanti della città venivano tenuti.

I loro sguardi si diressero verso l’alto e al bordo del muretto che cingeva il giardino, c’era di nuovo la figura evanescente di Kajitsu. Aveva le mani posate sui mattoni e li guardava silenziosa. Per un qualche motivo che non riuscirono a spiegare neppure loro, capirono che erano arrivati. Un soffio di vento mosse i capelli della ragazza e, dopo aver sorriso loro, Kajitsu si voltò, inoltrandosi tra le aiuole verdi.

Si scambiarono uno sguardo e salirono le scale, appena in tempo per vedere Kajitsu scomparire dietro ad una delle siepi.

La seguirono lentamente, camminando per riprendere fiato. Non sarebbero più riusciti a correre lo stesso, l’emozione era troppo grande. E poi c’erano troppi ricordi. Non poteva essere un caso che la farfalla, Kajitsu o chiunque fosse li avesse portati lì.

Fu per quello che si fermarono e si guardarono, in attesa che fosse un altro a parlare per primo. Vedevano negli altri la stessa inquietudine, la stessa speranza, l’identica sorpresa e paura. Kenzo fu il primo a parlare.

“Qui abbiamo fatto quel torneo tre anni fa. Abbiamo saputo qui che ti eri svegliato, Yuuki.”

Hideto sorrise. “E quel torneo di sei anni fa? È qui che per la prima volta tutti i futuri Maestri della Luce si sono ritrovati insieme. Tu Kenzo…”

Kenzo annuì sorridente. “Io credo fossi in un’altra sala. C’era un torneo della mia scuola…”

Anche Mai sorrise. Tutta la loro prima avventura era iniziata in un certo senso da lì. Yuuki si aggiunse al discorso, ignaro se Dan avesse mai raccontato agli altri cos’altro era successo lì quel giorno. Sembrava che il loro destino fosse un cerchio, ricominciava esattamente da dove era iniziato. Non poteva essere un segnale che un’altra volta la loro avventura sarebbe iniziata?

“Non so se Dan ve l’abbia mai accennato, ma io e Kajitsu mandammo Dan a Gran RoRo subito dopo quel torneo. Proprio da questa terrazza.”

Mai sgranò gli occhi e ricordò quegli istanti. Lei stava duellando e aveva visto correre via Dan. Non ci aveva dato peso quel giorno, ma ora capiva che Dan stava correndo inconsapevole verso Gran RoRo. Il destino sapeva essere divertente. Iniziò a giocherellare con una ciocca di capelli e sorrise dolcemente, beandosi nel ricordo di quel primo rincontro con Dan.

“Sapete, anche io sono venuta a prendere qui Dan per portarlo nel futuro. E qualcosa mi dice che il luogo dove Kajitsu aveva aperto il varco per Gran RoRo è lo stesso dove ho attivato io il portale per il futuro.”

Erano di nuovo lì, ma quella volta ci sarebbe stata una grande differenza: Dan non avrebbe varcato il portale. Era un po’ triste, ma erano certi che un pezzetto di Dan avrebbe attraversato il varco insieme a loro.

A quel punto rimasero in silenzio. Ogni coincidenza era un prova che qualcosa sarebbe successo. Ormai erano convinti quasi completamente che le loro sensazioni fossero vere: qualcuno li stava chiamando a Gran RoRo.

“Maestri della Luce…”

La voce così inaspettata di Kajitsu li ridestò dai loro pensieri e fece ricordare loro che la loro meta era solo pochi passi più lontana. Si voltarono e videro la ragazza a pochi metri da loro, in attesa. Yuuki per un istante ebbe l’impressione di vedere sovrapposta ad essa il ricordo di sei anni prima.

Per un attimo, lo sguardo della ragazza sembrò rimproverarli dell’attesa, ma poi riprese a camminare e scomparve di nuovo dalla loro vista. I quattro ragazzi accelerarono il passo e la seguirono. Non appena svoltarono, la videro accanto ad il muro che delimitava la terrazza. Oltre a lei, si vedevano gli altri palazzi e il cielo azzurro del pomeriggio. Kenzo e Hideto guardarono verso Mai e Yuuki e i due annuirono: era lo stesso luogo.

A quel punto, avanzarono di pochi metri e si fermarono. L’emozione era fortissima, ma una strana paura stava crescendo: forse l’emozione era troppa e ora che l’adrenalina stava lentamente scendendo, riaffioravano i dubbi. E ora?

Yuuki, per un istante, avrebbe voluto andare avanti, allungare la mano per toccarla, sentirla finalmente vicina. Ma sapeva che non avrebbe potuto neppure sfiorarla, fosse veramente lo spirito di Kajitsu o più probabilmente un’immagine creata da Magisa, le sue mani avrebbero solo attraversato quelle della ragazza. E avere la conferma che quella ragazza era solo un fantasma della sua amata sorella avrebbe fatto troppo male. Preferiva ricordarla reale come nel sogno di tre anni prima.

In quel momento, Kajitsu si librò verso l’alto e i suoi piedi si posarono sul muretto. Chiuse gli occhi e strinse le mani al petto. Un sorriso appena percettibile era visibile sulle sue labbra.

“Maestri della Luce, il Regno di Gran RoRo ha ancora bisogno del vostro aiuto.”

Quelle parole fecero fremere i quattro ragazzi: stava veramente succedendo. E se anche fosse stata una trappola, ormai, avrebbero rischiato. Kajitsu aprì gli occhi e tese il braccio verso di loro. Una luce verde e iridescente l’avvolse. Le ali del suo abito si dischiusero per la prima volta.

“Prestateci di nuovo la vostra forza, Guerrieri del Nucleo. I sei Regni hanno bisogno di tutti voi.”

Era come quella prima volta. Quando Kajitsu sei anni prima aveva aperto il portale per ciascuno di loro. E ora vi sarebbero tornati.

Hideto deglutì e riuscì a trovare voce sufficiente per parlare.

“Significa che ci porterai a Gran RoRo?”

“La scelta è solo vostra, Maestri della Luce. Venire starà a voi deciderlo.”

Avrebbero voluto chiedere tante cose, anche Kenzo stava per parlare, ma la ragazza non diede loro il tempo. Si lasciò cadere all’indietro e scomparve alla loro vista. Corsero in avanti e si fermarono contro il muretto. Un’inattesa raffica di vento scosse i loro capelli. I loro occhi incrociarono quelli di Kajitsu. La ragazza sorrise e si voltò, librandosi nell’aria come prima la farfalla. Una luce verde ancora più intensa l’avvolse e il suo corpo si dissolse in una miriade di farfalle che si si fusero in un unico punto luminosissimo oltre la strada. In un secondo si creò un luminoso varco, grande come una porta e percorso da lampi di energia.

“Risponderete alla chiamata del Nucleo, Maestri della Luce?”

Erano finalmente lì: il varco di Gran RoRo era stato riaperto ed era davanti a loro. Bastava lanciarsi e sarebbero stati catapultati in una nuova avventura. Ora che erano così vicino ad un sogno così tanto inseguito, avevano paura. Sembrava ancora tutto così impossibile. Poche ore prima stavano passeggiando per le strade della periferia di Tokyo e ora erano lì.

Cosa li attendeva oltre al varco? Magisa li avrebbe accolti? Quale pericolo minacciava Gran RoRo? Poteva, nonostante tutto, essere una trappola? Chi avrebbe preso il posto di Dan e Clarky?

Erano domande a cui non sapevano rispondere e alle quali non erano completamente certi di voler rispondere. Andare a Gran RoRo significava affrontare veramente il fatto che qualcuno avrebbe preso il posto di Dan e Clarky. Nessuno di loro sarebbe riuscito ad accettarlo facilmente. Poteva essere questo sufficiente a farli desistere?

L’unica certezza era che il portale non sarebbe rimasto aperto all’infinito.

Kenzo deglutì. Non voleva pensare al fatto che gli faceva quasi più paura la loro esitazione che affrontare un nuovo nemico a Gran RoRo.

“Se possiamo scegliere significa che se rifiutiamo qualcuno prenderà il nostro posto? Sarà infantile, ma credevo che i Maestri della Luce non fossero così comuni…”

Kenzo aveva ragione, ma la realtà era che nessuno di loro sapeva esattamente come venivano scelti i Maestri della Luce. Anche Yuuki sapeva soltanto che c’erano leggende antiche che ne parlavano e che Kajitsu li aveva trovati perché ognuno di loro custodiva dentro di sé la luce di uno dei sei simboli. E sapeva che anche durante la loro prima avventura, se uno di loro non avesse accettato, sarebbe potuto restare sulla Terra.

“Combattere per Gran RoRo non è un obbligo, non lo è mai stato. Anche sei anni fa avreste potuto rifiutare. Oggi come allora, se uno di noi rifiuterà verrà sostituito. Magari passeranno degli anni o meno prima che arrivi un altro Maestro della Luce. Ma prima o poi succederà.”

Mai, Hideto e Kenzo ripensarono a Julian. Lui era stato il Guerriero Rosso prima di Dan. Effettivamente sembrava essere passato del tempo prima che Dan prendesse il posto a cui Julian aveva rinunciato dopo la sua sconfitta.

Mai deglutì e fissò il portale.

“Ognuno di noi ha preso il posto di un precedente guerriero. Dan ha sostituito Julian. Qualcuno sostituirà Dan e Clarky…”

Hideto sospirò e prese la parola, anche per distogliere la loro attenzione da quel pensiero. Lo avrebbero affrontato a momento debito.

“Allora, mi sa che l’unica cosa che ci resta da fare è scegliere.”

Gli altri tre non risposero, ma tutti si voltarono a guardare il portale. Stava a ciascuno di loro prendere una decisione. E non era per niente facile.

Yuuki sapeva già la propria decisione. Per quanto in quegli anni avesse conosciuto i Maestri della Luce, Elisabeth e tante altre persone sincere e disponibili, una parte di lui aveva sempre saputo che Gran RoRo era la sua vera casa. Il luogo da cui non sarebbe potuto essere rifiutato per quello che era. Quel mondo aveva significato così tanto per lui e sua sorella, era pronto a fare qualsiasi cosa per difenderlo.
Nel corso della sua vita, la Terra era riuscita a infliggerli dolorose ferite e sapeva che, neanche dopo quei tre anni, era riuscito ancora a sconfiggere del tutto l’oscuro presagio del Re del Mondo Altrove. Tornare a Gran RoRo gli avrebbe permesso di affrontare una volta per tutte i fantasmi del suo passato: vincendoli, avrebbe dimostrato a sé stesso che il Re del Mondo Altrove aveva sbagliato, che lui era diverso da quell’uomo. Lo doveva all’amata sorella. Elisabeth avrebbe capito. Il suo posto era a Gran RoRo.

“Io vado.”

Hideto si ritrovò a ripercorrere gli ultimi sei anni della sua vita. L’avventura di Gran RoRo aveva aperto un capitolo della sua vita che non avrebbe mai creduto possibile. Era finalmente riuscito a liberarsi delle sue paure ed era diventato veramente sé stesso. Nonostante tutto, anche tutto quello che era successo dopo l’aveva aiutato. L’avventura, la sfida e anche un po’ di pericolo non gli facevano più paura. Confrontandosi con il tredicenne che era stato, stentava a riconoscersi: un tempo chiedergli di affrontare una simile responsabilità lo avrebbe fatto correre a nascondersi. Sorrise. Aveva un enorme debito con quel mondo e lì c’erano tanti amici che anche lui si sentiva in dovere di proteggere.
Se Magisa li stava riportando a Gran RoRo, perché un giorno non avrebbero potuto far capire a tutti la verità su Gran RoRo? Dan e Clarky contavano anche su di lui. Non era più uno che si tirava indietro.

“Io sono pronto. E se anche sarà una trappola, riusciremo a trovare un modo per evitarla. Siamo o non siamo i Maestri della Luce?”

Kenzo si rese conto che avrebbe dovuto interrompere di nuovo lo studio per i suoi esami, come era successo quando era andato nel futuro. Avrebbe di nuovo dovuto rischiare la vita… perché, doveva ammetterlo, nel futuro non era certo stato in prima linea come a Gran RoRo. Per essere completamenti sinceri, da quasi cinque anni e soprattutto da quando era andato nel futuro, si era più dedicato ai suoi studi che ai combattimenti di Battle Spirits. Era rimasto un passatempo che adorava, ma non trascorreva ogni momento libero a giocarci.
Ma era comunque, fino a prova contraria, un Maestro della Luce. E aveva capito grazie a Gran RoRo che non doveva sottrarsi alle responsabilità. Anche quando le sue vittorie venivano controbilanciate da altrettante sconfitte… a Gran RoRo non era stato facile. Diventare il più grande dei duellanti di Battle Spirits, però, non era più il suo obbiettivo. Ora i suoi sogni erano molto meno egoistici. Era deciso.

“Andiamo. Se hanno bisogno di noi, non possiamo tirarci indietro.”

Mai capì finalmente il sogno di quella notte. L’unica cosa che ancora poteva impedirle di andare a Gran RoRo erano i suoi dubbi, era il suo inconscio desiderio di rimanere ancorata al passato per non lasciare andare Dan. Ma era il torto più grande che potesse fargli. Tornare a Gran RoRo sarebbe stato difficile, rivedere tutti quei luoghi che le ricordavano Dan l’avrebbe fatta soffrire. Ma sarebbe anche stato catartico: solo così la sua ferita si sarebbe definitivamente rimarginata. E poi lo doveva anche a sé stessa: come nel futuro non poteva rimanere ferma se qualcuno aveva bisogno d’aiuto. Non sentiva più il bisogno di nascondere quel lato di sé. Sorrise e strinse il medaglione al collo, mentre gli occhi brillavano di determinazione. Era lei il Guerriero Viola. Dan e Clarky in quello non c’entravano. Ma avrebbe combattuto anche per loro, avrebbe difeso Gran RoRo anche per loro. Ora sapeva che non c’era nulla da scegliere.

“Gran RoRo ci aspetta.”

Parlarono a pochi secondi di distanza l’uno dall’altro. Quando se ne resero conto, si guardarono e sorrisero. Sapere che, qualunque cosa li avesse aspettati dall’altra parte di quel varco, l’avrebbero affrontata insieme, era confortante. Non sarebbero stati soli.

Hideto fu il primo a prendere l’iniziativa e salì sul muretto.

“Cosa stiamo aspettando? Credo abbiamo fatto attendere fin troppo i nostri amici.”

Kenzo rimase per qualche secondo a fissare titubante il muretto: non gli sembrava una gran genialata salirvi. E se scivolavano? Lo sguardo di rimprovero che gli lanciò il Guerriero Blu fu, però, sufficiente a dissipare i suoi dubbi. Facendosi aiutare da lui, salì al suo fianco. Nello stesso momento anche Yuuki salì a sua volta. Poi, Yuuki e Hideto porsero una mano ad una sorridente Mai e la issarono accanto a loro. Non che avesse bisogno del loro aiuto, ma in quel momento non le importava minimamente.

**** BATTLE NO LIMIT! ****

Una volta tutti insieme sul muretto, i quattro ragazzi presero un respiro. Era veramente arrivato il momento: le emozioni che stavano provando erano bellissime. Mai tornò a stringere le mani di Yuuki e Hideto. Il sorriso non aveva ancora lasciato le sue labbra.

“Tutti quattro insieme.”

Yuuki e Hideto capirono subito che cosa intendesse Mai e il Guerriero Blu strinse a sua volta la mano di Kenzo. Il più piccolo del gruppo si sistemò gli occhiali, lanciando a disagio degli sguardi attorno a loro.

“Non per fare da guastafeste, ma forse è meglio che ci sbrighiamo. Immagino che impressione sbagliata potremmo dare in questo momento…”

Anche gli altri tre colsero l’allusione: effettivamente sembravano essere in procinto di buttarsi giù dal palazzo. Cosa che, tecnicamente parlando, non era neppure troppo lontano dalla verità. Ma vai a raccontare alla polizia che loro avevano un buonissimo motivo…

“Al tre?”

Mai, Hideto e Yuuki annuirono alla richiesta di Kenzo. In fondo in fondo, chi più chi meno, avevano tutti bisogno di quel piccolo incentivo.

“Uno…” La voce di Hideto risuonò sicura. Se aveva anche lui paura, era bravissimo a nasconderlo.

“Due…” Kenzo, invece, si costrinse a dire il numero ad alta voce. Ma non poteva aprire il portale vicino alle siepi? Il segreto era non guardare di sotto.

“Tre!” Mai e Yuuki parlarono insieme. I loro pensieri che ancora una volta volavano verso Dan e Kajitsu.

Come se fossero un’unica persona, i quattro ragazzi si lanciarono all’unisono verso il portale. Per un lungo istante, rimasero sospesi sopra la strada davanti al portale.

Poi un lampo bianco li avvolse.

Un attimo e tutto era scomparso. Un furgoncino percorse lentamente la strada, mentre un ragazzo in bicicletta svoltava l’angolo. Il varco, i lampi di energia e i quattro ragazzi si erano dissolti nel nulla, come se non ci fossero mai stati.

Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo si trovarono avvolti dall’oscurità. Le pareti nere erano percorse da lampi multicolore di energia. Qualcosa, una forza che non capivano da dove provenisse, li spingeva avanti verso un nuovo varco luminoso.

Quando furono a pochi metri da esso, una luce accecante eruppe dal portale costringendoli a chiudere gli occhi e a sciogliere le mani. Un attimo e ne furono completamente avvolti. Al di là di quel portale, li attendeva Gran RoRo.

Salve a tutti! ^-^ No, non state sognando ad occhi aperti… sto veramente aggiornando dopo solo due settimane dall’ultima volta (fatico a crederci anche io)! Perché me lo sono fatta un bel proposito per l’anno nuovo: riuscire ad aggiornare almeno ogni due settimane… io ci provo. XD

Detto questo, per prima cosa passiamo ai ringraziamenti che stavolta più di altre volte mi sento in dovere di fare verso tutti quelli che hanno avuto la pazienza di aspettarmi:

Per le preferite: Lacus Clyne, ShawnSpenstar e _Mamoru_

Per le seguite: Lacus Clyne, Osaki Kitsune e ShawnSpenstar

Per le recensioni del capitolo 1: Ale_LoveBS, _Mamoru_ e Osaki Kitsune

Veramente, non so davvero come ringraziarvi! Spero veramente di riuscire nel mio proposito per ripagarvi di tutta l’attesa!

Per quanto riguarda il capitolo, fatemi sapere che cosa ne pensate e i comportamenti e le descrizioni dei Maestri della Luce continuano a sembrarvi IC! Non sembrerà, ma è difficile far passare tanti anni e modellare in modo coerente i vari personaggi. In generale spero vi sia piaciuto: avete visto? Il portale di Gran RoRo si è aperto!

E ci saranno un sacco di novità e sorprese ad attendere i nostri Maestri della Luce… dopotutto, il viaggio è appena iniziato!

Con questo vi saluto e vi do appuntamento al 22 o al massimo al weekend di quella settimana perché in suddetta settimana ho un esame… ^-^ auguratemi buona fortuna!

A presto, Hikari/D’Artagnan

P.S. continuate pure a fare ipotesi sul primo fortunato duellante della serie… chissà chi indovinerà o se qualcuno ha già indovinato… ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Elisabeth continuava a camminare avanti e indietro per il salotto. Ogni pochi secondi si fermava e alzava la mano in cui teneva il cellulare per fissare il display, per poi mordersi un labbro e riprendere il proprio peregrinare.

Era in ansia. E sapeva di star esagerando, ma questo non riusciva certo a tranquillizzarla. Riusciva solo non a ricordarle il motivo scatenante della sua ansia.

Perché Yuuki non era ancora tornato? Era quasi sera! Non era la prima volta che si tratteneva più del previsto con i Maestri della Luce o che rimaneva a cenare con loro, ma ogni altra volta le mandava un messaggio per non farla preoccupare.

D’accordo, non era né sua madre, né sua sorella. E decisamente Yuuki non era certo un bambino bisognoso di protezione. Ma cinque anni prima avevano cercato di ucciderlo! Poteva ben essere giustificata di essere un po’ preoccupata, no?

E se gli fosse successo qualcosa? Se lui e gli altri Maestri della Luce fossero stati scoperti? Se qualcuno avesse cercato di far loro del male? Se li avessero rapiti o peggio uccisi?

La ragazza si prese la testa tra le mani e si sedette spossata su una delle poltrone attorno al tavolino. Le sembrava di impazzire. Alzò appena lo sguardo verso il cellulare che aveva quasi gettato sul tavolino e lo fissò minacciosa.

Squilla.

Neppure dipendesse da quell’ammasso di circuiti.

Fu in quel momento che Kojiro entrò nella stanza portando con sé un vassoio che posò delicatamente vicino al cellulare della ragazza. All’uomo non servì molto per mettere insieme i pezzi e fare due più due.

“Ancora nessuna notizia da Yuuki?”

Elisabeth scosse la testa e rimase in silenzio. Pochi secondi dopo era di nuovo in piedi, incapace di restare ferma. Si voltò verso il maggiordomo torcendosi le mani.

“No! E io ho sempre più paura che gli sia successo qualcosa! Kojiro, secondo te perché non ha ancora chiamato?”

Infatuarsi di Yuuki pochi anni prima non era stata una mossa intelligente. Anche se le era passata, la sua preoccupazione per lui era cresciuta in modo esponenziale. Mancava solo che cominciasse a fargli il terzo grado! Doveva decisamente calmarsi.

Kojiro sorrise comprensivo.

“Vedrà che semplicemente non si sarà accorto dell’ora. Dopotutto, mi sembra molto positivo il fatto che si trovi così bene con i propri amici.”

Elisabeth cercò di sorridere: Yuuki non era da solo e i quattro Maestri della Luce insieme di sicuro sarebbero stati attenti.

“Penso che tu abbia ragione.”

Il maggiordomo accolse quelle parole con un leggero inchino e si avviò verso la porta.

“Vi farò avvertire non appena la cena sarà pronta.”

La ragazza annuì distrattamente e pochi secondi dopo si ritrovò di nuovo sola. Decise di chiamarlo un ultima volta e poi accettare la possibilità che Yuuki si fosse solo dimenticato di avvisarla. Quasi non si sorprese quando il cellulare suonò a vuoto. Sospirando rassegnata, tornò a sedersi sulla poltrona e chiuse gli occhi.

Improvvisamente qualcosa sfiorò la sua guancia. Elisabeth provò ad ignorarla, ma alla fine la curiosità ebbe la meglio. Dopotutto era anche la curiosità che la supportava nei suoi studi di archeologia.

Con gli occhi appena socchiusi, notò una vaga luminosità verde vicino al cellulare. Gli aprì di scatto e quello che vide la lasciò letteralmente a bocca aperta. C’era una piccola farfalla che volteggiava davanti a lei ed era essa la fonte del chiarore.

Elisabeth sgranò gli occhi e rimase immobile. Se lo raccontava a qualcuno, la prendevano per matta. Forse era veramente esaurita: tra gli esami di archeologia, la preoccupazione per Yuuki…

Ignara del turbamento della ragazza, la farfalla si diresse leggera verso la finestra. Quasi attratta, Elisabeth si alzò e la seguì. Si stava veramente convincendo di essere pazza. Arrivata alla finestra, osservò la farfalla volteggiare per qualche istante per poi tornare verso di lei.

“I Maestri della Luce hanno risposto alla chiamata.”

Per la sorpresa, Elisabeth arretrò di qualche passo all’interno della stanza. Chi aveva parlato? Era sola in quella stanza e da che mondo e mondo le farfalle non parlavano. Il suo stupore non fece che aumentare quando la farfalla si dissolse in verdi scintille.

E all’improvviso ricordò. Yuuki e gli altri Maestri della Luce ne avevano parlato un paio di volte. Quella sembrava proprio una delle farfalle di uno dei sei mondi di Gran RoRo, quello di Smeraldo. Ma quindi quelle parole significavano che…

Strinse le labbra, allo stesso tempo rassicurata e dispiaciuta. Una piccola parte di lei aveva sempre sperato, un giorno, di poter vedere Gran RoRo. Non poteva dire che non era così. Ma non era neppure sicura di poter essere in grado di lasciarsi alle spalle la sua vita, per gettarsi ad occhi chiusi in un mondo sconosciuto. Ammirava per questo Yuuki e gli altri.

E, oltretutto, Yuuki le sarebbe mancato. Ormai era abituata ai loro duelli, alla sua presenza, alle chiacchiere prima di andare a dormire.

Un sorriso tirato si aprì sulle sue labbra ed Elisabeth si avvicinò alla finestra per chiuderla. Fissò incerta l’esterno prima di parlare.

“Buona fortuna, Maestri della Luce. Buona fortuna, Yuuki.”

A quel punto, tirò la tenda e si diresse verso la porta. Doveva adattarsi alla nuova routine: qualcosa le diceva che per un po’, Yuuki non sarebbe tornato.

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Chiuse gli occhi per placare il senso di vertigini. La testa pulsava ferocemente.

Pareti bianche. Fiamme. Una mano che stringeva la sua. “Il passaggio è di qua. Presto!”

“I sensori a lungo raggio stanno rilevando il picco di energia. Sto procedendo a rilevare la posizione.”

Degli uomini vestiti di blu. Un’esplosione. Un’altra corsa, un’altra mano che stringeva la sua.

“I motori sono pronti. Resto in attesa delle coordinate.”

Di nuovo quegli occhi carichi d’odio. Vento e un’energia che continuava a crescere. Sei simboli colorati. Di nuovo quella mano che stringeva la sua.

“Speriamo non riescano a individuarci.”

Finalmente il mal di testa stava passando. Ancora pochi minuti e si sarebbe sentita meglio. Inspirò: doveva farcela.

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Aprirono gli occhi. Le prime cose che videro davanti a loro erano alberi. Solo lontano, oltre ad essi, s’intravedevano alcuni rilievi montuosi color rosso-marrone. A Hideto ricordavano alcuni dei luoghi che aveva visto in Australia o nel Gran Canyon.

Istintivamente, tutti assieme, alzarono lo sguardo verso l’alto e, tra le chiome verdi, videro un immenso cielo azzurro percorso da bianche nuvole. Un cielo luminoso anche se privo di sole.

Abbassarono lo sguardo in silenzio, lasciando che i loro occhi vagassero da un punto all’altro di quel luogo. Il riconoscimento e la consapevolezza di quello che era successo stavano lentamente crescendo dentro di loro. Ogni dubbio spazzato via dalla realtà che li circondava: erano tornati a Gran RoRo.

Al Guerriero Blu quei luoghi erano fin troppo familiari. Il bosco, il deserto roccioso… per giorni li aveva percorsi durante il loro primo viaggio. Quando, solo e desideroso di mostrarsi forte, aveva viaggiato insieme a quella banda di ladruncoli. Per fortuna poi aveva incontrato Dan e Clarky e da lì le cose erano pian piano cambiate.

Al ragazzo si formò un groppo in gola. Non doveva continuare a pensare ai due amici o tutto sarebbe stato più difficile. Scacciati quei pensieri, il Guerriero Blu si voltò sorridente verso gli amici.

“Non vorrei sbagliarmi, ma questo posto…”

Gli occhi blu di Hideto incrociarono quelli entusiasti di Kenzo e quelli leggermente lucidi di Mai. I tre ragazzi si abbracciarono di slancio e un attimo dopo coinvolsero un ancora riluttante Yuuki. Anche se sapevano che il Guerriero Bianco non amava gesti così plateali di affetto, quel momento era importante. Dopo tutto quello avevano affrontato in quegli anni, erano finalmente di nuovo a Gran RoRo.

Non s’illudevano che sarebbe stato facile, ma potevano sperare di riuscire a tornare a dire la loro nel modo migliore che conoscevano: Battle Spirits.

Separandosi, i loro sguardi tornarono a vagare attorno a loro in cerca di un punto di riferimento qualsiasi.

“Siamo senza dubbio in una delle aree del Regno di Rubino.”

Kenzo annuì alle parole di Yuuki, continuando a fissare un po’ sconsolato il sentiero appena tracciato sotto i loro piedi: sembrava partire dal nulla e finire nel niente. Decisamente non passavano molte persone da quelle parti. Non che ci fosse molto da sorprendersi, da quello che avevano scoperto nel loro precedente viaggio, il Regno di Rubino era il meno popolato e i villaggi si concentravano soprattutto nelle vicinanze dei corsi d’acqua.

Mai si sistemò meglio la borsa sulla spalla. “Adesso che si fa?”

Hideto si dondolò sui piedi senza saper bene cosa rispondere. Fu allora che notò qualcosa tra gli alberi. Scrutando con più attenzione in quella direzione si rese conto che era una casa. Puntò un dito verso di essa per mostrarlo agli altri.

“Lì c’è qualcosa!”

La sua voce richiamò l’attenzione degli altri. Avvicinandosi al punto indicato, si resero conto che la casa era in realtà una baracca pericolante e che molti alberi erano stati divelti o erano anneriti. Parte della parete rocciosa retrostante ai resti della casa mostrava chiari segni di una frana. Il che riusciva a spiegare in parte lo stato pietoso dell’abitazione. I vetri erano completamenti rotti, una parte del tetto era crollata sotto il peso delle macerie e una buona parte delle assi era annerita dalle fiamme. L’unica cosa certa era che quella casa era abbandonata da un sacco di tempo. Hideto si fermò su quella che doveva essere l’entrata e si rese conto che l’interno era, se possibile, in peggiori condizioni dell’esterno. Vetri rotti, pezzi di metallo e legni anneriti mischiati a terra e frammenti di roccia ricoprivano il pavimento ancora sovrastato da quello che, con molta fantasia, si poteva supporre essere ciò che restava del tetto e del piano superiore.

Voltandosi per tornare dagli amici si rese conto che Kenzo aveva trovato una specie di insegna, semi sepolta dalla terra e dall’erba. Anche Mai si era avvicinato al ragazzino e lo stava aiutando a pulire. Un’espressione sorpresa si dipinse sul volto della ragazza qualche istante dopo.

“Ma questo era uno dei ritrovi per duellanti di Battle Spirits!”

Kenzo, imitato da Hideto e Yuuki, alzò lo sguardo sui legni sconnessi e anneriti.

“Era uno dei Banchi delle Carte. Ma perché l’hanno lasciata andare in rovina in questo modo?”

Fissando ciò che restava delle pareti di legno della casa, Yuuki cominciò a ricordare. Lui conosceva quel luogo. Anche se ora era in quello stato, lui c’era stato un tempo.

L’oste alzò lo sguardo, curioso di sapere chi si avventurasse per i boschi in prossimità del tramonto. Tra i soldati del Re e i briganti non era certo un rischio che molti prendevano alla leggera. La persona, che si rivelò essere un ragazzo, si avvicinò al bancone. Da com’era vestito, si vedeva che doveva essere qualcuno d’importante.

“Che cosa posso fare per voi?”

Il ragazzo non rispose subito, ma posò una carta sul bancone spingendola verso di lui. L’uomo la prese con cautela e non appena la vide un’espressione stupita si dipinse sul suo volto: Yggdrasill, Cavaliere d’Acciaio. Era una carta piuttosto rara, era difficile che qualcuno in quelle zone le maneggiasse con così tanta disinvoltura. Dopotutto, per avere delle carte nuove e rare bisognava andare nei centri abitanti più grandi o viaggiare in altri Regni: due casi in cui pochi abitanti del Regno ricadevano. Tornò a voltarsi verso il ragazzo, rimasto immobile e silenzioso per tutto il tempo.

“Carta interessante. Cosa dovrei farmene?”

Il ragazzo lo fissò per un istante, prima di voltarsi verso la porta. Fatti pochi passi, tornò a guardarlo.

“Dovete consegnarla ad un ragazzo che passerà da qui. È il Guerriero Rosso. Dategliela.”

L’uomo fece una fatica enorme per non guardarlo come se fosse pazzo. I Maestri della Luce erano solo una leggenda. Aveva saputo da alcuni avventori delle storie sul Maestro della Luce venuto a Gran RoRo qualche decina di anni prima, ma non ci aveva mai creduto sul serio. Almeno finché non aveva conosciuto Magisa. La Maga gli aveva riempito la testa di vecchie leggende e gli aveva più volte confermato l’esistenza dei Guerrieri. A quanto sembrava i suddetti bazzicavano in altri Regni: lui, in tutti i suoi anni di vita, ne aveva mai incrociato nessuno. Poco male, al massimo poteva rivendere la carta e ottenere un bel gruzzoletto.

“Come dovrei riconoscerlo? E cosa gli dico se mi chiede chi gliel’ha lasciata?”

Il ragazzo sorrise impercettibilmente.

“Lo riconoscerete, fidatevi. Voi dategliela e basta, il resto non è un problema che vi riguarda.”

Uscì senza aggiungere altro. Una volta fuori dalla locanda, il ragazzo si diresse con passo rapido ma misurato verso una radura poco distante, incurante delle tenebre che si stavano allungando tra gli alberi.

Lì, ad attenderlo, c’era una ragazza di qualche anno più giovane di lui. Sedeva tranquilla su un tronco, i lunghi capelli raccolti in due trecce e il bordo dell’abito scuro sfioravano l’erba ai suoi piedi. Non appena il ragazzo fece la sua comparsa, la giovane si alzò sorridendo.

“Yuuki, fratello mio.”

Con pochi passi la affiancò. “Tutto sta procedendo secondo i nostri piani, Kajitsu. Ora non resta che attendere il suo arrivo.”

Il ragazzo alzò lo sguardo verso il bosco e sembrò accorgersi solo in quel momento delle ombre sempre più veloci del crepuscolo. Tornando a voltarsi verso la sorella, i tratti del suo volto si addolcirono.

“Si è fatto tardi. Torniamo a casa, sorellina.”

La ragazza annuì e gli sorrise. Un attimo dopo, i due furono avvolti da uno sciame di farfalle verdi e scomparvero senza lasciare alcuna traccia della loro presenza.

In quel luogo Kajitsu aveva mandato una delle sue farfalle per condurre Dan da loro. Yuuki si voltò verso la direzione in cui s’intravedeva ancora il deserto: poco lontano da lì, lui e Dan si erano affrontati nel loro primo duello. Un sorriso nostalgico piegò le sue labbra: il primo di una lunga serie. Vittorie e sconfitte erano state così tante da quel giorno che non erano più riusciti a tenerne il conto. Dan era stato il primo vero amico che avesse mai avuto.

Comunque, pensò tornando a guardare i resti dell’edificio, i danni erano almeno in parte di origine dolosa. Gli portavano alla mente fin troppi ricordi della sua precedente vita di dignitario del Re del Mondo Altrove.

Kenzo posò a terra l’insegna e si guardò attorno sconfortato.

“Quanto mi piacerebbe che ci fosse qualcuno da queste parti. Avrei un sacco di domande da fare.”

Hideto incrociò le braccia e ridacchiò. “Beh, io nelle vicinanze non vedo nessuno. Ma se hai imparato a parlare con le piante…”

Il ragazzino sbuffò e guardò l’amico di traverso. Prima che potesse dire qualcosa, Yuuki interruppe le sue recriminazioni.

“Conosco questa zona. Dovremo camminare per un po’ prima di trovare qualche luogo abitato.”

Mai sospirò e l’idea sembrò non essere ben vista neppure dagli altri due ragazzi. Non avendo, però, molte altre scelte, i quattro decisero di incamminarsi verso l’interno del bosco per cercare di raggiungere un sentiero qualunque. Dovevano pur cominciare da qualche parte per racimolare qualche notizia sulla situazione di Gran RoRo. Speravano proprio che Magisa avesse avuto una buona ragione per non farsi vedere: avrebbe almeno potuto accoglierli in qualche modo.

Per lunghi minuti, camminarono in silenzio. Nessuno di loro avrebbe saputo che cosa dire: erano ancora troppo emozionati di essere finalmente tornati e, all’opposto, cominciavano a sentirsi un po’ in colpa per non aver pensato neppure un istante alle loro famiglie. Ma, come la prima volta, era successo tutto troppo velocemente per dare loro il tempo di pensare a tutte le conseguenze. L’unica speranza era che riuscissero a capirli.

Improvvisamente, sentirono uno strano rumore nell’aria. I quattro si fermarono e si guardarono attorno, senza riuscir a individuare la direzione da cui proveniva. Pochi secondi dopo, il rumore si fece più forte e allora lo riconobbero: ero il rumore di un’astronave.

Fecero appena in tempo ad alzare lo sguardo verso il cielo visibile tra gli alberi: un’astronave passò sopra di loro, alzando polvere e foglie con lo spostamento d’aria provocato dall’alta velocità.

Mai sgranò gli occhi e si sentì mancare il respiro. L’avrebbe riconosciuta tra mille: la sua astronave, la sua bellissima Limoviole. Una volta che li ebbe superati, l’astronave sembrò rallentare. Curvò di lato non molto distante da loro, abbassandosi oltre gli alberi. E bastarono quei pochi secondi perché anche gli altri si rendessero conto di quello che Mai aveva già capito. La cromatura viola brillò per un istante e poi scomparve oltre gli alberi.

Mai fu la prima a muoversi. “Andiamo, laggiù ci deve essere una radura!”

L’entusiasmo della ragazza contagiò anche i suoi tre compagni che si affrettarono a seguirla. Hideto fu il primo ad affiancarla.

“Sicura che non possa essere una trappola?”

La Guerriero Viola non rispose subito. Quel pensiero aveva attraversato anche la sua mente. Ma, soffermarsi su di esso, l’avrebbe costretta a presupporre che a Serjou fosse successo qualcosa: era inconcepibile per lei. Non anche Serjou, non dopo aver dovuto dire addio a Dan e salutato, forse per sempre, Clarky.

“Lo so.”

La ragazza s’inumidì le labbra prima di proseguire. “Ma non possiamo neppure escludere che la Limoviole sia stata mandata da Magisa.”

Kenzo e Hideto intuirono il bisogno di Mai di sperare che sull’astronave ci fosse Serjou: anche loro ci speravano. Yuuki indicò la direzione con una mano.

“Trappola o meno, credo che lo scopriremo presto.”

Con il cuore in gola e mille domande che tornavano ad affollarsi nelle loro menti, i quattro quasi contarono i minuti che trascorsero prima che la radura fosse visibile tra gli alberi. A quel punto non ci fu più nessun dubbio che quella fosse la Limoviole, l’astronave su cui avevano viaggiato durante la loro prima avventura.

Una volta allo scoperto dagli alberi, i ragazzi si fermarono. Non sapevano ben cosa fare a quel punto. Attendere di vedere chi fosse sull’astronave o avanzare? Durante gli istanti di indecisione, Mai non poté evitare di far vagare lo sguardo sul mezzo. Nel vedere gli evidenti graffi sulle fiancate e quelli che sembravano danni di armi da fuoco, la ragazza aggrottò le sopracciglia: che cosa diamine era successo? Chi si era permesso di maltrattare in quel modo la sua bellissima astronave?

Fu in quel momento che si sentì il portellone esterno abbassarsi. In realtà i motori non erano stati completamenti spenti, dando l’impressione che la Limoviole fosse pronta ad allontanarsi al primo cenno di pericolo.

Pochi secondi di attesa e due persone apparvero. La prima fece comparire un sorriso di sollievo sulle labbra di Mai: era Serjou che, a pochi metri da loro, si esibì in un perfetto inchino.

“Maestri della Luce, sono onorato di potervi incontrare nuovamente.”

La ragazza non riuscì a trattenersi e percorse lo spazio che li separava per gettargli le braccia al collo, dimentica per il momento dei precedenti istinti omicidi nei confronti di chi avesse danneggiato la sua astronave. Serjou sembrò colto leggermente alla sprovvista dal suo gesto, cosa che fece sorridere gli altri tre ragazzi, ma alla fine ricambiò.

Mai, quando si staccò da lui, era raggiante. “Serjou, non sai quanto sono felice di vederti!”

L’espressione del granroriano rimase composta e le labbra si piegarono appena in un sorriso.

“Sono lieto anch’io di vederla Lady Viole e costatare che siete sempre più splendida.”

Mentre Mai sorrideva, Serjou si voltò verso gli altri tre Maestri.

“Ovviamente sono lieto di rivedere anche voi. È difficile trovare persone altrettanto speciali.”

“Lo spero bene!” Osservò divertito Hideto.

“Ragazzi, non si salutano più i vecchi amici?”

A quella voce, i quattro Maestri della Luce si ricordarono che Serjou non era sceso da solo e l’attenzione si concentrò sul secondo passeggero della Limoviole.

Era alto, questo era sicuro. Superava di un buon palmo lo stesso Yuuki, che era il più alto tra loro quattro. E aveva un fisico piuttosto robusto. Ed era di sicuro un abitante del villaggio Gurii, il villaggio di Zungurii. Pelle ambrata, capelli castani, lo stesso stile di vestiario.

Senza contare che la voce era sembrata familiare a ciascuno di loro. Come anche il volto, osservò Kenzo. Ma chi poteva essere?

Il granroriano, chiunque fosse, alla fine sbuffò spazientito e sembrò guardarli come se non si fossero accorti di qualcosa di estremamente ovvio.

“Ok, sono cresciuto, ma sono sempre io ragazzi! Zungurii, non vi ricordate?”

Il silenzio accolse quelle parole. Per lunghi istanti i quattro ragazzi, compreso Yuuki, lo fissarono piuttosto scioccati. Il primo a riprendersi fu il Guerriero Bianco che conosceva un po’ meglio la peculiarità del tempo su Gran RoRo: forse avrebbe dovuto ricordare agli altri che non avevano avuto nessuna certezza che anche lì fossero trascorsi gli stessi anni della Terra. Gli altri tre, invece, non riuscirono a trattenersi.

“Zungurii?!?”

In realtà, l’uomo protagonista del loro stupore, si rivelò piuttosto soddisfatto della loro reazione. Forse si era reso conto anche lui che i Maestri della Luce non sembravano aver ancora afferrato il concetto di tempo su Gran RoRo.

Hideto, ripresosi, scoppiò a ridere. “Cresciuto? Stentavamo a riconoscerti… la prossima volta dillo subito!”

Anche Zungurii scoppiò a ridere. Mai, invece, si voltò verso Serjou.

“È stata Magisa a mandarvi, vero? Quando potremo incontrarla?”

Serjou, notando gli sguardi carichi di aspettative di tutti e quattro gli umani, dovette sforzarsi per rispondere loro. Ma era meglio sapessero la verità dall’inizio. Zungurii lo guardò, evidentemente grato che fosse lui a prendersi quel compito.

“Sì, in un certo senso è stata Maga Magisa a mandarci qui. Purtroppo, però, Lady Viole non so dirle quando potrete incontrarla. Ci sono molte cose che dovete sapere.”

Il tono grave dell’abitante del Regno di Ametista fece scattare degli allarmi nelle teste dei quattro Maestri della Luce. Avrebbero dovuto aspettarsi dei problemi, ma… Magisa? Se era successo qualcosa a lei che possedeva il Nucleo Progenitore! Che cosa dovevano aspettarsi?

Kenzo deglutì. “Che cos’è successo Serjou?”

Il granroriano si voltò verso il ragazzino. “Ogni vostra domanda avrà la sua risposta, ma non è questo il luogo adatto. M.A.I.A aspetta solo che risaliamo per riattivare i motori.”

Mai alzò un sopracciglio. “Maia?”

Serjou inclinò il capo di lato. “Esatto, Lady Viole. Multipurpose Advanced Intelligence Android… M.A.I.A.”

Al solo sentire quelle parole, gli occhi di Kenzo si illuminarono e voltò così bruscamente la testa verso Serjou che Hideto si sorprese che il collo dell’amico non si fosse spezzato.

“Sulla Limoviole c’è un’intelligenza artificiale?”

Serjou tornò ad annuire. “È l’ultimo miglioramento che abbiamo apportato alla Limoviole. È in grado di gestire in modo remoto tutti i sistemi dell’astronave, controllando in tempo reale i parametri e i possibile danni.”

La Guerriero Viola ridusse gli occhi a due fessure. Con le braccia incrociate e il piede che batteva per terra, riusciva davvero a incutere timore.

“Non mi sembra funzioni bene, allora. Immagino le cose o le fiancate assomigliano ad un colabrodo?”

Serjou rimase impassibile mentre Zungurii si esibì in una risatina nervosa. Se anche avevano sperato che Mai non se ne accorgesse…

“Diciamo che non abbiamo avuto il tempo per sistemare quei danni… Gran RoRo non è più il luogo sicuri che avete lasciato anni fa. Rimanere troppo a lungo in un unico posto può essere molto pericoloso.”

Hideto si voltò verso di lui, iniziando ad avere sempre più chiaro il fatto che la situazione di Gran RoRo non fosse per nulla rose e fiori: anzi, si stava delineando un quadro sempre più fosco.

“Immagino sia una delle tante cose su cui dovete metterci al corrente. E immagino pure che questo non sia il posto più adatto, giusto?”

Quasi a sottolineare che il gruppo stava perdendo tempo, un sottile ronzio si fece più vicino e, con enorme sorpresa dei Maestri della Luce, si parò loro davanti quello o forse quella che Serjou aveva chiamato M.A.I.A. Era un piccolo robot non molto più grande di un pallone ma di forma più ovale e schiacciata. La sua superficie aveva un colore viola metallizzato su cui risaltavano le parti argentate e nere che costituivano probabilmente parte dei suoi sensori esterni. Uno stretto display occupava parte di quella che apparentemente era la parte anteriore e su di esso si vedevano quelli che sembravano degli occhi: stilizzati come due macchie verde acqua ma pur sempre due occhi. In effetti, il robot sembrava aver assunto un’espressione piuttosto infastidita.

“I sensori a lungo raggio hanno individuato la presenza di un’astronave in avvicinamento.”

Per essere un robot, la sua voce era risultata fin troppo irritata. Kenzo, che in quegli anni si era fatto un po’ più alto, si lanciò in avanti e afferrò il robot tra le mani ignorando completamente quale potesse essere l’umore dell’androide. La sua espressione era quella di un bambino la notte di Natale.

“Fantastico! Non ho mai visto una simile tecnologia! Sulla Terra si stanno cercando di fare simili androidi, ma siamo ancora ad anni luce di distanza!”

Il Guerriero Verde, così preso dalla contemplazione dal traguardo tecnico-scientifico che M.A.I.A. costituiva per lui, non si rese conto del sempre più crescente fastidio della stessa unità. Emessi diversi suoni di avvertimento e bip sempre più concitati, l’espressione sul display divenne arrabbiata e un improvviso flash di luce intensissimo (quello che poi lo stesso Kenzo avrebbe determinato come una torcia incorporata) abbagliò il ragazzo che lasciò la presa di colpo con un grido. Tutto questo prima che uno degli altri avesse il tempo di intervenire.

Mentre lui cercava di riacquistare la vista, Serjou osservò imperturbabile i voli indispettiti dell’unità artificiale che continuava ad emettere piccoli suoni ad intermittenza, sempre la stessa espressione furiosa sul display.

“Forse avrei dovuto avvisarvi che M.A.I.A. è un’unità piuttosto… suscettibile.”

Hideto, che stava cercando di capire se Kenzo avesse subito un qualche danno, lo fissò sconcertato.

“Magari avresti potuto.”

Serjou si limitò ad inclinare leggermente il capo. “La prossima volta non mancherò.”

Nel frattempo, Kenzo era riuscito a riaprire gli occhi e, non appena fu in grado di vedere il mondo attorno a lui, si voltò piuttosto arrabbiato verso il robot.

“Come cavolo ti è saltato in mente!”

M.A.I.A. per nulla inquietata dal tono minaccioso, gli si parò davanti a pochi centimetri dal viso.

“Non sono un giocattolo ragazzino!”

Kenzo, sforzandosi di ignorare il perfetto funzionamento del suo sintetizzatore vocale, si mostrò sempre più offeso dal fatto di essere chiamato ragazzino da quello che, in fin dei conti, era un ammasso di circuiti pre-programmato da qualcuno.

“Sono un Maestro della Luce per tua informazione… mucchio di circuiti bruciacchiati!”

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. L’ultima cosa che il ragazzo vide fu l’ombra del robot fiondarsi ad alta velocità verso di lui, accompagnato da un indistinguibile insieme di suoni. Poi nero e le voci degli amici che lo chiamavano preoccupati.

Hideto e Mai si erano inginocchiati subito al fianco di Kenzo che, fortunatamente, a parte un bel bernoccolo non avrebbe avuto altre conseguenze, a parere del Guerriero Blu, se non quella di un bel mal di testa e un più forte risentimento verso M.A.I.A. … ovviamente una volta ripresosi dal K.O. Incredibile come un robottino così piccolo potesse essere così letale.

Il suddetto robottino, intanto, sembrò aver sbollito completamente la sua rabbia perché, con espressione tranquilla proiettata sul display, tornò a voltarsi verso Serjou.

“L’astronave è sempre più vicina. Richiesta conferma per manovra di allontanamento.”

Zungurii, lanciando qualche occhiata perplessa verso gli amici, sorrise imbarazzato.

“Saliamo?”

Yuuki annuì seguito a ruota da Mai e Hideto che stavano aiutando Kenzo a rimettersi in piedi. Il ragazzo iniziò a borbottare lamenti sottovoce massaggiandosi la fronte, senza aver ancora chiaro che cosa fosse successo.

Il gruppo si diresse velocemente verso la pedana mentre M.A.I.A sfrecciò verso l’interno, probabilmente diretta ad attivare i sistemi e i motori per la partenza. Mentre salivano, rallentati dall’ancora confuso Kenzo, Serjou riprese la parola.

“In realtà c’è un’altra cosa che dovreste sapere…”

Kenzo, continuando a massaggiarsi la fronte, si esibì in un lamento sofferente.

“Se è una sorpresa come il robot, non credo di volerla vedere… non sopporterei un altro colpo così.”

Zungurii ridacchiò, per poi riassumere un’espressione seria quando il Guerriero Verde gli lanciò uno sguardo omicida.

“Non credo che lei cercherà di lanciarti qualcosa addosso…”

Mentre il granroriano parlava, il gruppo entrò nell’ampia sala che occupava il resto di quel piano della Limoviole. La stanza non sembrava aver risentito come l’esterno di una mancata manutenzione e ad un primo sguardo sembrava identica all’ultima volta che l’avevano vista. L’unica differenza era che, in piedi, vicino ad uno dei divani, c’era una ragazza, alzatasi di scatto non appena li aveva sentiti entrare. Fu per questo motivo che nessuno di loro ebbe bisogno di chiedere delucidazioni su chi fosse la lei in questione.

Era una ragazza sottile, i capelli verdi le sfioravano appena le spalle e due ciocche più lunghe incorniciavano il viso dove risplendevano due grandi occhi scuri. Il corto abito nero con decorazioni bianche e verdi risaltava contro il lilla dei divani e le pareti beige.

Sembrava nervosa o perlomeno era quella l’impressione che traspariva dai suoi occhi. Un sorriso appena accennato si aprì sulle sue labbra. Per lunghi istanti nessuno di loro disse nulla, finché i motori che si attivavano e le impercettibili vibrazioni della Limoviole fecero loro capire che si erano messi in moto. Serjou scivolò al posto di guida, liberando M.A.I.A. dal compito di controllare il pilota automatico.

Per tutto il tempo, la ragazza non aveva smesso di fissarli, sembrava quasi studiarli. Ma non aprì bocca. Alla fine, fu Mai a farsi avanti sorridente. Hideto era ancora alle prese con Kenzo, piuttosto scocciato per quanto successo. Yuuki, invece, non aveva staccato gli occhi dalla ragazza, incapace di spiegare la strana sensazione che aveva provato quando l’aveva vista.

“Piacere di conoscerti. Io sono Mai.”

“Lo so.”

La sconosciuta sorrise incoraggiante all’espressione leggermente perplessa di Mai.

“Mi hanno parlato moltissimo di voi... Serjou e Zungurii. Di tutti voi.”

E, in effetti, non era propriamente una bugia. Solo non era tutta la verità. Ma finché non trovava un modo per spiegare loro la realtà, non poteva fare altrimenti. Era ancora tutto così confuso nella sua mente, non era sicura neppure di esser in grado di convincere se stessa, figurarsi i Maestri della Luce. Che cosa potevi dire a delle persone che sai di non aver mai incontrato nella tua vita, ma di cui ti ricordi? Persone con cui non hai mai parlato, ma con cui senti di aver passato dei momenti insieme? Soprattutto come?

“Quindi sai chi siamo, giusto?” Osservò Hideto mentre accompagnava Kenzo a sedersi su uno dei divani.

La ragazza si limitò ad annuire. Kenzo, ancora con la mano sulla fronte, girò la testa per riuscire a guardarla.

“Beh, a quanto pare rimani solo tu da presentarti.”

La ragazza deglutì e Zungurii sembrò accorgersi del suo disagio perché accennò con il capo ai divani.

“Perché non ci mettiamo tutti comodi? Il viaggio potrebbe durare un po’ e abbiamo un sacco di cose da raccontarvi.”

La granroriana rivolse uno sguardo grato verso Zungurii e si diresse subito verso il divano non ancora occupato da nessuno. Mai e Yuuki la imitarono e si sedettero accanto a Kenzo e Hideto. Zungurii invece si sedette sullo stesso divano della ragazza. La quale, consapevole di non poter rimandare ancora, stava torturando con le mani la stoffa della gonna. Dopo pochi istanti, però, inspirò e tornò ad alzare lo sguardo verso i Maestri della Luce.

“Mi chiamo Aileen Dealan. Sono nata in un villaggio del Regno di Smeraldo.”

Mai sorrise. “Piacere di conoscerti. È molto che viaggi con Serjou e Zungurii?”

“Qualche anno.” Fu la laconica risposta di Aileen.

Hideto, lasciato vagare per un istante lo sguardo oltre le vetrate attraverso cui si vedeva sfrecciare veloce il deserto, si voltò verso la granroriana. Decisamente su Gran RoRo era trascorso molto più tempo che sulla Terra.

“Esattamente quanto tempo è passato dal giorno in cui ce ne siamo andati?”

Zungurii ci rifletté un attimo prima di rispondere a quella domanda che interessava molto a tutti e quattro i Maestri della Luce. Era un dettaglio che avrebbe influito molto sulla loro percezione della situazione di Gran RoRo… forse spiegando il motivo per cui c’era di nuovo qualcosa che minacciava i sei Regni.

“Oh, non moltissimo. Ventiquattro anni… più o meno.”

Kenzo sbattè le palpebre sorpreso. “Ventiquattro anni?!? Wow… cioè, è un sacco di tempo! Per noi sono passati solo sei anni.”

Il granroriano sorrise divertito. “In realtà per noi non è proprio così tanto tempo… sapete, la vita su Gran Roro ha una durata un po’ diversa da quella di voi umani.”

Quelle semplice parole ebbero il potere di riportare Mai, Hideto e Kenzo a una delle scoperte più eclatanti che avevano fatto nel futuro. Anche Yuuki, messo al corrente anni prima, partecipò allo scambio di sguardi. Se ne erano quasi dimenticati in quegli anni, lontani da Gran RoRo. Ora, però, sapevano che era un dettaglio che non avevano il diritto di nascondere. Ma il solo pensiero di dire ai loro amici una verità così sconcertante… beh, giustificava i messaggi che si scambiavano in quel muto colloquio: glielo diciamo o non glielo diciamo?

“Maestri della Luce…”

L’attenzione dei quatto venne distolta dalla questione che si era loro presentata e tornò a concentrarsi su Aileen. Lo sguardo della ragazza non mostrava più, almeno all’apparenza, il nervosismo di prima. Ma dalla postura del suo corpo si vedeva che non doveva essere stato facile per lei trovare il coraggio di dire qualsiasi cosa dovesse comunicare loro. La schiena e le spalle erano rigide e le mani, adagiate in grembo, continuavano a stringere la stoffa della gonna.

Ottenuta la loro attenzione, Aileen deglutì e lanciò una veloce occhiata a Zungurii che le sorrise cercando di sembrare incoraggiante. Tornando a voltarsi verso i Maestri della Luce non riuscì a evitare di soffermarsi un istante di più sul Guerriero Bianco. Sapeva di conoscere tutti, ma i ricordi che aveva di lui erano molto più netti ed era quello che sentiva verso di lui che la confondeva maggiormente. Emozioni che non era stata lei a provare ma che, nonostante tutto, sentiva assurdamente sue. Resasi conto che Yuuki la stava scrutando, Aileen distolse lo sguardo fissando un punto imprecisato alle spalle dei Maestri della Luce.

Perché doveva essere così difficile?

“Prima non sono stata sincera… non completamente almeno.”

L’unica reazione dei Maestri della Luce fu quella di esibirsi in espressioni più o meno perplesse. Non che si aspettasse che capissero subito da soli. Al loro posto non era sicura che avrebbe creduto alle proprie parole.

“Io so chi siete voi, ma non solo grazie ai racconti di Serjou e Zungurii. Io so chi siete perché… perché io vi conosco.”

La consapevolezza si fece largo sul volto di Yuuki che quasi trattenne il respiro. Non poteva essere… allora quella sensazione che aveva provato quando l’aveva vista… no…

Aileen si rese conto che il Guerriero Bianco aveva già capito e per quel motivo non riuscì a tenere lo sguardo sollevato, abbassandolo sulle proprie mani che aveva tolto dalla stoffa della gonna e che ora torceva lentamente.

“In realtà è ancora tutto molto confuso… i ricordi, le sensazioni… faccio fatica qualche volta a capire che cosa ho vissuto veramente io e cosa invece è solo un flash-back… cioè, so di aver veramente vissuto e provato io tutto quello che ricordo. Solo… solo a volte non sono certa di quello che ho vissuto realmente in questa… vita.”

Aileen rialzò gli occhi scuri verso i Maestri della Luce, desiderando con tutto il cuore che capissero. Aveva fatto fatica a pronunciare l’ultima parola: la realtà che aveva iniziato a comprendere in quegli anni, il passato che aveva pian piano ricordato era troppo grande per essere spiegato a parole. Mai, Hideto e Kenzo sembravano star metabolizzando il discorso confuso della granroriana. Solo Yuuki aveva già capito, anzi aveva soltanto avuto conferma del primo istinto provato.

La guardò e dovette sforzarsi per non distogliere lo sguardo. Il volto della ragazza si mischiava con i tratti di un altro volto, un volto dai lineamenti più acerbi. Gli occhi scuri si schiarivano e assumevano una sfumatura rosata. I capelli si allungavano. Era come vivere contemporaneamente il peggior incubo e il più bel sogno della propria vita. Non sapeva neppure lui che costa provava in quel momento. Paura e senso di colpa, perché davanti ai suoi occhi sfrecciavano gli eventi di sei anni prima. Desiderio di andare il più lontano possibile da lei, per non rischiare di farla soffrire di nuovo, di non essere un’altra volta incapace di proteggerla. E una gioia immensa, inattesa, insperata… perché lei era di nuovo lì, davanti a lui. Avrebbe voluto abbracciarla, sentirla vicina come in quel sogno che lo aveva risvegliato dal coma.

Ma poi la consapevolezza che lì davanti a lui ci fosse Aileen Dealan, una ragazza che lui di fatto non conosceva, che doveva ancora venire a patti con ciò che la sua mente cercava di farle ricordare, tornava a dominare.

Una promessa fatta in un’altra vita era sufficiente a dargli il diritto di entrare nella vita di Aileen Dealan e magari rischiare di rovinargliela come in passato? Aveva sempre cercato di darle una vita serena, ma aveva sempre fallito. Il destino non gli aveva mai permesso di darle una vita lontana da guerra, dolore, disperazione.

Noi staremo sempre insieme…

Promettimi solo che mi verrai a cercare, anche nella generazione futura. Dammi la tua parola, ti prego Yuuki.

Lo farò, te lo giuro. Ti ritroverò e staremo insieme.

Noi supereremo il tempo e ci rincontreremo sicuramente…

Era questo che senza volere le sue parole avevano voluto significare? Era possibile che il destino stesse cercando di dare loro una seconda opportunità? Non era mai riuscito a credere che potesse succedere in quella stessa vita.

E lui non sapeva come comportarsi, non sapeva quale decisione prendere.

E la sua mente, intanto, continuava a mescolare il viso di Aileen con quello della sua amata sorella… e con il volto che per primo si era impresso nel suo cuore. E il suo nome affiorò sulle sue labbra prima che potesse rendersene conto.

“Kajitsu…”

Non avrebbe voluto farlo, la ragazza davanti a loro non rispondeva a quel nome e, per questo, non appena si rese conto di cosa aveva sussurrato, si alzò in piedi dirigendosi verso le vetrate della Limoviole. Il suo movimento fu seguito dagli occhi di tutti gli altri Maestri della Luce e anche da quelli della giovane granroriana, confusa dall’improvvisa tristezza che quel gesto le aveva fatto provare.

Ci vollero alcuni secondi agli altri tre Maestri della Luce per collegare quel nome alle parole sentite poco prima. E quando finalmente lo compresero, si voltarono come automi verso Aileen. Non era possibile. Eppure era così semplice. Dopotutto, non era la prima volta che si confrontavano con questa realtà.

Aileen Dealan era Kajitsu Momose. No. Non era lei. In Aileen rivivevano le emozioni e i ricordi di Kajitsu… e riviveva anche ciò che era stata l’ultima sfortunata Principessa del Regno di Smeraldo. Ma fino a dove arrivava la linea che separava una coscienza dall’altra?

Era la stessa domanda che si erano posti anche nel futuro il giorno in cui aveva scoperto la verità su Zolder e, poi, su Flora. Lì, però, era passata in secondo piano di fronte al fatto che Zolder era molto diverso da Yuuki e Flora non ricordava nulla del suo passato. Quella scoperta li aveva sorpresi, ma era appunto il futuro, il 2650, un’altra epoca. E per quanto la morte della piccola Principessa Farfalla, causata dall’ormai incontrollabile sete di potere del Re del Mondo Altrove, fosse stata un duro colpo per tutti e avessero sperato che le cose fossero andate in un altro modo… nessuno di loro si sarebbe aspettato di dover affrontare una simile situazione nella loro vita presente. E doverlo fare li lasciava leggermente spiazzati.

Aileen intanto aspettava e, ogni minuto che passava, riusciva sempre meno a nascondere l’ansia e la paura che i Maestri della Luce non l’avrebbero accettata. O, peggio, che avrebbero visto in lei solo ciò che era stata. Lei non voleva essere l’eco della Principessa Farfalla. I ricordi e le sensazioni avrebbero sempre fatto parte di lei, ma lei voleva essere Aileen Dealan. Sarebbero riusciti ad accettarlo anche i Maestri della Luce?

L’atmosfera si stava facendo sempre più tesa. Zungurii avrebbe voluto fare qualcosa per aiutare tutti i suoi amici, ma sapeva che doveva essere ognuno di loro da solo a confrontarsi con quella rivelazione. Neppure per lui era stato facile, se ne ricordava bene. Ma forse lui, o Serjou, avevano avuto più tempo per rendersi conto di quello che significa e di trovare un modo per affrontarlo. Dopotutto, quando aveva conosciuto Aileen, la ragazza era ancora alla ricerca della spiegazione da dare ai suoi sogni, alle sue visioni e sensazioni. Era stato un lento cammino che in un certo senso avevano percorso insieme.

Kenzo dovette risistemarsi gli occhiali che gli erano scivolati dal naso. Ora il suo mal di testa stava raggiungendo dei picchi insopportabili e solo per merito di quell’insopportabile irascibile unità. Il loro arrivo a Gran RoRo si stava rivelando una sfilza di sorprese, una dopo l’altra. Almeno nel futuro, le sorprese avevano avuto il buongusto di arrivare poco per volta.

“Quindi tu… tu hai i ricordi della nostra Kajitsu?”

Aileen strinse le labbra e annuì. Mai, nonostante non si fosse ancora ripresa del tutto dallo shock, si rese conto di quello che doveva essere il dubbio che stava dilaniando la granroriana. Ci era passata anche lei. Per anni aveva nascosto una parte di lei, inconsciamente desiderosa di dimostrare a chi la circondava di essere forte e di essere sempre all’altezza di ogni situazione. Nel tentativo di essere sempre come gli altri si aspettavano che lei fosse. Si alzò e si andò a sedere vicino a lei. Esitò un attimo prima di posarle delicatamente una mano sulla spalla.

“Non pensare che noi ti stiamo chiedendo di essere lei. Dacci solo un po’ di tempo, non è la prima volta che ci succede. Solo il tempo di abituarci…”

Aileen sorrise e annuì appena con il capo, ma si capiva che il discorso Zolder e Flora sarebbe dovuto essere tirato fuori un’altra volta.

“… e poi potremo conoscerti meglio.”

Aileen sorrise nuovamente e passò in rassegna con lo sguardo tutto il gruppo di Maestri della Luce. Anche Yuuki era tornato a voltarsi verso di loro, deciso a girare pagina in qualche modo e desideroso anche lui di conoscere la loro nuova compagna di viaggio. La ragazza fu rincuorata da quelle parole e, ancora inspiegabilmente per lei, dalla consapevolezza che il gesto di poco prima del Guerriero Bianco non fosse stato un rifiuto.

“Credo sia arrivato il momento di raccontarvi che cosa è successo in questi ventiquattro anni.”

Tutti annuirono, ma il discorso fu interrotto, ancora prima di essere iniziato, dall’arrivo di M.A.I.A., annunciata da un sottile e prolungato ronzio nell’aria. Il robot fece un giro attorno al gruppo di ragazzi per poi fermarsi a mezz’aria sopra il tavolino al centro e il display voltato verso Mai. Sullo schermo scuro l’espressione sembrava dispiaciuta.

“Prima di ogni cosa, ritengo di dovermi scusare Lady Viole. In questi anni avrei dovuto occuparmi meglio dello stato dell’astronave.”

La ragazza fu colta di sorpresa dal tono amareggiato del robot. Certo, era infastidita dallo stato un po’ trasandato della Limoviole, ma non per questo si sarebbe messa in cerca di un capro espiatorio! Quindi, vagamente a disagio per la serietà della confessione di M.A.I.A., scosse una mano e sorrise.

“Non preoccuparti. Non volevo accusare nessuno.”

Sul display si alternarono espressioni abbattute ed espressioni serie.

“La ringrazio per la sua gentilezza, sarà uno sprone per migliorarmi.”

Kenzo sbuffò, ripensando all’ultimo scontro con il robot. “Cerca di migliorare anche i tuoi parametri di comportamento.”

L’immagine proiettata sul display di M.A.I.A. cambiò nel nanosecondo che gli fu necessario per voltarsi verso il ragazzo, confermando l’idea che Kenzo si era già fatto su di lei: era un robot decisamente scostante.

“Nell’occasione a cui fai riferimento, ho semplicemente attivato i miei protocolli di protezione ragazzino.”

Il Guerriero Verde prese un profondo respiro e si obbligò a contare fino a dieci. Temeva, però, che presto sarebbe stato costretto a contare fino a cento e oltre probabilmente.

“Per tua informazione, io ho un nome.”

M.A.I.A. si esibì in quello che sembrava una perfetta riproduzione di uno sbuffò annoiato.

“Ovviamente. Il mio spazio di memoria è in grado di conservare una quantità molto elevata di dati. I vostri nomi sono tutti stati memorizzati: Mai Shinomiya, il Guerriero Viola... Hideto Suzuri, il Guerriero Blu... Yuuki Momose, il Guerriero Bianco... Lenzò Kiodò, che saresti tu.”

A sentirsi un’altra volta storpiare il nome, il ragazzo rimase un attimo senza parole. Tornato dal futuro, aveva perso l’abitudine. Poi, ripresosi dalla sorpresa, saltò su dal divano come se fosse stato punto da una vespa, trovandosi a fronteggiare direttamente il robot che esibiva sul display un’espressione di sufficienza.

“Allora credo ci sia qualche errore nella tua memoria. Il mio nome è KENZO HYOUDO … cerca di memorizzarlo correttamente!”

Gli occhi stilizzati sul display di M.A.I.A. si ridussero a poco più di due linee oblique.

“I miei dischi di memoria sono in perfetto stato. Tutti i miei circuiti sono tra i migliori prodotti della tecnologia del Regno di Diamante. Mi aspetto formali scuse... Bonzò.”

Il Guerriero Verde si obbligò a trattenersi dal mettersi a lanciare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro contro il robot fluttuante.

“Bonzò?!? Io mi chiamo KENZO. K-E-N-Z-O!!!! Non è un nome particolarmente difficile! Perché me lo storpiate tutti? E tu lo stai facendo a posta!”

Un’espressione innocente apparve sul display. “Non so di cosa tu stia parlando... Menzò.”

“Tu… tu…” Kenzo stava fumando e le mani gli fremevano. La pazienza ha un limite, anche quella di uno scienziato.

“Io ti smonto con la stanghetta degli occhiali!!!!”

Il ragazzo iniziò a rincorrere il robot attorno ai divani, sentendosi sempre più offeso dai suoni di risate che M.A.I.A. stava diffondendo dai suoi sistemi vocali. Quanto gli mancava Stella! Almeno lì era una concorrenza tra scienziati! Umiliato da un robot, mai!

Mai e Hideto si fissavano con la bocca spalancata, increduli di fronte alla scena che si stava presentando loro. Dovevano essere finiti in qualche dimensione parallela… stavano per discutere sulla situazione di Gran RoRo e un istante dopo… Kenzo e M.A.I.A. si lanciavano offese a tutto spiano, rincorrendosi come due matti. Si chiedevano quando il Guerriero Verde si sarebbe reso conto di non poter avere la meglio sul robot.

Yuuki, educatamente, non aveva commentato la scena ma la guardava anche lui piuttosto perplesso. Anche Serjou aveva preferito rimanere silenzioso spettatore del piccolo show improvvisato. Zungurii, invece, rideva a più non posso e incitava ora uno ora l’altro dei due contendenti. Aileen, infine, sembrava star valutando se essere divertita o preoccupata da quello che stava succedendo davanti ai suoi occhi: sicuramente la stavano confondendo.

“È inutile che cerchi di raggiungermi... non puoi competere con il mio sistema dei nuclei. È stato realizzato dai migliori ingegneri del Regno di Diamante. Pura tecnologia di Gran RoRo, ragazzino. Gli allievi hanno superato i maestri umani!”

La brusca frenata di Kenzo colse tutti gli altri di sorpresa. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo del respiro accelerato dalla corsa, ma si vedeva dai suoi occhi che non si era neppure minimamente arreso. Anzi, dava la preoccupante impressione di aver raggiunto il punto di rottura. Per lunghi istanti rimase in silenzio, fumando dalla rabbia. Ma ci volle solo un attimo agli altri, quando iniziò a parlare, per rendersi conto di come aveva deciso di vendicarsi.

“Beh, ti do la notizia del secolo piccolo robot bisbetico! E cerca di prestare attenzione ai tuoi piccoli sensori di riconoscimento sonoro… i granroriani che ti hanno creato, anzi tutti i granroriani…”

Kenzo prese un profondo respiro, ignorando bellamente gli espliciti gesti di Hideto di concludere lì il discorso e lo sguardo supplicante di Mai. Era arrivato il momento di prendersi una rivincita su quel robot: voleva proprio vedere quanto si sarebbe vantata poi! E la sua parte razionale era, in quell’istante, poco più di una vocina strozzata in un angolo della sua mente.

“Sono tutti, ma dico TUTTI… degli ESSERI UMANI!!!”

Hideto si lascò cadere sul divano con le mani a coprirsi il viso, scuotendo il capo rassegnato. Non voleva vedere le reazioni dei granroriani presenti: che glielo dovessero dire, era assodato… ma non era stato decisamente il modo migliore per farlo. E il silenzio che calò nell’astronave ne fu la prova. Come se non avessero abbastanza problemi…

Oh, sì. Sperava proprio che Kenzo fosse pronto con una bella spiegazione per rimediare alla sua uscita. Ci sarebbe stato proprio da divertirsi. Peccato non avere un po’ di pop-corn…

Salve a tutti! ^-^ So di essere di nuovo in leggero ritardo, potrei dire che la motivazione fosse quella di aumentare la “suspence” ma sarebbe una bugia… la causa maggiore del mio ritardo è da attribuire alla sessione di esami. E poi ha influito anche la difficoltà che ho avuto ha scrivere come volevo alcuni passaggi di questo capitolo…

Ma veniamo al capitolo. Sono proprio curiosa di sapere che cosa ve ne pare… perché, diciamo, sono successe un po’ di cose. XD Intanto abbiamo scoperto che su Gran RoRo sono passati 24 anni e che a quanto pare le cose nei sei Regni sono un pochino complicate… ma soprattutto abbiamo conosciuto due nuovi personaggi! Aspetto con ansia i vostri pareri su Aileen e su M.A.I.A.

E volete sapere una cosa? M.A.I.A. è nata dopo che alcuni di voi mi avevano chiesto se ci sarebbe stato qualcuno a storpiare il nome di Kenzo anche nella mia storia! XD Ditemi che ne pensate.

Su Aileen (la pronuncia dovrebbe essere EY-LEEN... ho cercato su internet XD), invece, non c’è molto da dire per il momento… solo una domanda: vi aspettavate l’apparizione della reincarnazione di Kajitsu Momose? ^-^ Ovviamente mi aspetto di sapere che cosa ne pensate… spero che il personaggio vi piaccia e soprattutto vi possa piacere in futuro!

Per chi sperava la presenza di Elisabeth a Gran RoRo, spero non sia rimasto deluso. Oltre al fatto che sono piacevolmente sorpresa del successo che questo personaggio ha ottenuto, non era stata mia intenzione fin dall’inizio farla andare a Gran RoRo… ma non preoccupatevi: lei e altri personaggi come Andrew e Kaoru li vedremo ancora! ^-^

Detto questo, passiamo ai ringraziamenti:

Per le preferite (siete sempre di più… vi ringrazio di cuore!): Ale_LoveBS, I Love Yamikawa 4 Ever, Lacus Clyne, lalla_fairy_pole, Scorpion550,  ShawnSpenstar e _Mamoru_

Per le seguite: Lacus Clyne, Osaki Kitsune e ShawnSpenstar

Per le recensioni del capitolo 2: Scorpion550 e _Mamoru_

Non mi resta che ringraziare un’ultima volta tutti, anche quelli che semplicemente leggono e darvi appuntamento al prossimo capitolo (probabilmente l’ultimo di questo episodio) dove scopriremo finalmente che cosa è successo a Gran RoRo. Vi lascio con una domanda: dov’è Magisa?

Alla prossima, Hikari/D’Artagnan

P.S. suggerimenti per future storpiature del nome/cognome di Kenzo sono bene accetti! XD

P.P.S. vi do appuntamento con l’ultimo capitolo al 14-15-16/2 circa… sto preparando degli esami ma penso di riuscire a scrivere lo stesso il capitolo… altrimenti potrebbe venire spostato (ma spero di no) a massimo il week-end successivo.

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Capitolo 4
*** AVVISO ***


AVVISO

Salve a tutti, nuovi e vecchi lettori, è passato un sacco di tempo dal mio ultimo aggiornamento. Mi dispiace e chiedo scusa, ma ho dovuto dare la priorità alla mia vita. Di ciò non chiederò scusa. Questo mi ha portato ad allontanarmi dallo scrivere in generale, non solo da questa storia. A volte è stato un peso non avere né voglia né tempo di scrivere, ma non me ne pento. La mia vita e la mia famiglia verranno sempre prima dello scrivere. Anche perché è l’unico modo in cui possa scrivere serenamente e bene.

Detto ciò, passiamo al dunque.

Questo avviso è per dirvi che questo episodio, così com’è scritto, non verrà più completato.

NON sto abbandonando la storia. Non è questo che sono venuta a dirvi dopo la mia lunga assenza. Anzi.

Negli ultimi due mesi, ho ritrovato la voglia di scrivere (come qualcuno sa già) e ho ripreso in mano questa storia. E ho trovato tante cose che non mi convincevano più. E allora ho riscritto l’episodio. Ho tenuto molte cose, per essere sinceri tutta la parte sui Maestri della Luce e su come tornano a Gran RoRo e più o meno rimasta la stessa. Alcune cose sono state tolto o sono leggermente cambiate dando loro una nuova sfumatura, ma il fulcro è rimasto lo stesso.

Ma nel primo capitolo riscritto, c’è una lunga parte nuova. E finalmente sono riuscita a concludere la storia, da più o meno il punto in cui mi ero fermata, in un modo che mi soddisfa.

E sto riscrivendo l’episodio successivo, che voi non avevate mai visto, dandogli una nuova veste meglio strutturata e, spero, ancora più interessante di quella che sarebbe stata la prima versione.

Tutta la serie sta venendo ristrutturata in questo periodo. A volte, la lontananza da una prospettiva migliore e più oggettiva.

Con questo, vi saluto e vi annunciò che prestissimo inserirò il primo capitolo della versione 2.0 dell’episodio 1. Mi auguro che vi piaccia come e anche più della prima versione.

A presto,

HikariMoon

P.S. non molto attinente a questo contesto, ma volevo rispondere a kaeriv (anche se non ho la certezza che veda mai questo messaggio). Io non ho mai letto il manga, ho visto solo l’anime. Ergo, Gran RoRo.

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