1996 collection

di mattmary15
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1#Only for love ***
Capitolo 2: *** 2#Where do we go ***
Capitolo 3: *** 3#Love is forever ***
Capitolo 4: *** 4#Sayonara Warriors ***



Capitolo 1
*** 1#Only for love ***


Premessa

Avevo sparse qua e là paginette che non avevo usato per ‘Il destino di una vita intera’ così ho deciso di recuperarle per una raccolta di missing moments. Per evitare che diventasse una cosa lunghissima, ho deciso di pubblicare solo 10 capitoli che prenderanno il nome dai titoli delle canzoni che compongono l’ultimo album che i MAKE UP hanno pubblicato per Saint Seiya “Saint Seiya : 1996 collection” di cui riporto la tracklist:
1#Only For Love
2#Where Do We Go
3#Love Is Forever
4#Sayonara Warriors
5#Try Again
6#Hello
7#Never Give Up Boys
8#You Need Love
9#Pegasus Fantasy
10#Blue Forever
Tuttavia, siccome sono complicata, per ogni capitolo avrete due versioni della mia personale interpretazione del titolo. Come in un gioco, spero che vi divertiate a dirmi quale vi è piaciuta di più. I ‘missing moments’ appartengono al periodo trattato ne ‘Il destino di una vita intera’ ma non è necessario aver letto la storia per comprenderli. Sono solo fotografie di un album che non riesco a riporre in un armadio. Vi lascio alle prime due storie ispirate alla canzone che apre l’album e vi auguro Buon Natale!

 

 

Chi: Helena (attendente del grande tempio), Saga, Saori.
Quando: Dopo la guerra sacra contro Hades e l’attacco di Artemis. Subito dopo il primo attacco di Marte e prima della guerra vera e propria col dio della guerra.
Dove: Santuario, Grecia.
Perché: Perché a Natale accadono ancora i miracoli…

1#Only For Love
-Notte di Natale-

Rodorio non credeva nel Natale.
La Dea era tornata in un giorno di Settembre che con la neve e gli alberi decorati con palline colorate non aveva nulla a che fare.
Helena però amava un uomo che pregava la Vergine Maria ogni volta che partiva per mare. All’inizio aveva spiegato a Thyrsos che questa regina dei cieli non sembrava molto diversa dalla divina figlia del sommo Zeus che sua madre Lucina le aveva insegnato ad amare e servire.
Poi, qualche giorno prima della fine dell’anno, quando gli abitanti di Delos si preparavano ad onorare il dio Apollo nel giorno a lui dedicato, Thyrsos giunse a Rodorio con un regalo.
Lei lo aveva scartato prima che lui potesse spiegare che andava aperto solo la notte di Natale. Si trattava di un cestino in cui stava una statuetta di legno intarsiata a mano. Raffigurava una donna che teneva in braccio un bambino.
“E’ la Vergine benedetta. La madre di Nostro Signore.” Le aveva detto Thyrsos con gli occhi carichi di commozione e lei si era domandata come potesse una vergine benedetta avere un figlio. Che tipo di Dio Thyrsos venerava?
Lui le aveva poggiato un casto bacio sulla guancia e le aveva affidato il suo cuore prima di partire di nuovo per mare. Lei aveva messo la statua sul comodino di fianco al suo letto nonostante le proteste di Lucina.
Amava Thyrsos e quella effigie dall’espressione così dolce le ricordava costantemente la grandezza di quel suo sentimento.
Presto si era scoperta a confrontare la grande statua severa di Atena, che di solito si ritrovava a contemplare nell’adempimento dei suoi doveri al santuario, con quella molto più modesta e gentile della Madonnina.
Atena era una Dea severa e inflessibile, il Dio di Thyrsos era amorevole e capace di perdonare sempre e comunque. Erano pensieri che la facevano sentire a disagio così li aveva accantonati in fretta in un angolo della propria mente.
Come dicevamo, Rodorio non credeva nel Natale e il ventiquattro dicembre Helena aveva passato tutto il giorno a lavorare. Lucina aveva appena sfornato una profumata torta di mele per Milo quando il grande sacerdote apparve sull’uscio della cucina
“Ho bisogno che scendi alla prima casa. Mur dell’Ariete deve consegnarti una cesta. Prendila e torna subito qui. Non devi fermarti lungo la strada.”
Lucina borbottò che era tardi. La notte era calata e faceva freddo. Il grande sacerdote sollevò una mano e la zittì. Lei sorrise. Adorava quell’uomo. Era severo e gentile allo stesso tempo e lei lo ammirava. Sua madre diceva con non era stato sempre così buono. Che quando lei era bambina il santuario che lui governava era un luogo molto triste. La Dea lo aveva toccato e lo aveva cambiato, aveva detto Lucina.
Prese lo scialle e fece un inchino.
“Helena” disse poggiando una mano sulla sua spalla “Prendi la cesta e non guardare cosa c’è dentro, d’accordo?” Dovette fare una curiosa espressione la giovane Helena perché lui la redarguì. “Atena punì con la morte chi disattese una richiesta simile ai tempi del mito. Corri adesso.”
Ed Helena corse. A perdifiato. Nella fredda notte della vigilia di Natale.
Il grande Mur era dove doveva essere e le porse una cesta più grande di quella che lei s’aspettava avvolta in una coperta bianca. Una spilla che ritraeva la testa di Pegaso la chiudeva accuratamente.
“Non agitarla.” Disse sorridendo e la giovane risalì  le dodici case meno velocemente. Il fagotto era caldo e più di una volta lei ebbe la sensazione che contenesse qualcosa di ‘vivo’. Resistette comunque alla curiosità e raggiunse le camere del grande sacerdote. Lui l’accolse con un grande sorriso appena la vide e prese la cesta dalle sue mani.
“Sei stata brava Helena. Prendi quel cofanetto e seguimi.” Disse invitandola a seguirlo in una camera in cui non era mai entrata.
Seduta, all’ombra del colonnato e comunque illuminata dalla luce della luna, stava una fanciulla vestita di bianco. Helena la riconobbe subito perché il suo viso era bellissimo e altero.
Il grande sacerdote si avvicinò, poggiò in terra la cesta e sfilò la spilla. Fece cenno alla giovane ancella di avanzare e aprire il cofanetto. Una morbida copertina di lana candida vi era riposta. L’uomo la prese e la calò sulla cesta da cui emerse un bambino che non aveva che pochi giorni di vita. Dormiva placidamente.
Il grande sacerdote lo depose tra le braccia della fanciulla che lo strinse al seno.
“Benvenuto, piccolo Kouga.” Disse l’incarnazione della dea Atena. Un’energia calda e amorevole si sprigionò da lei.
Il grande sacerdote non aggiunse altro e fece cenno ad Helena di seguirlo per lasciare la stanza.
Quella sera, tornando a Rodorio, Helena rimase silenziosa. Sua madre se ne preoccupò.
“Sei stanca, Helena?”
“Mamma, Atena non ha mai avuto dei figli?”
“Cielo! Helena! Cosa ti ho insegnato?”
“Atena è la dea inflessibile della giustizia e protegge i cavalieri che si battono per essa.” Rispose Helena.
“Bene.”
Lei proseguì borbottando mentre la ragazza si fermò a guardare la meridiana dello zodiaco. La fiamma dei Pesci stava per spegnersi.
Senza sapere perché, si senti felice.
Rodorio non credeva nel Natale ma, in qualche modo, era stata avvolta dalla sua magia.
Rodorio aveva avuto il suo miracolo in quella notte più fredda del solito, la sua stella cadente che porta nel mondo la speranza, la speranza che solo una nuova vita può generare, una nuova vita che pulsa tra le braccia di una donna che diventa madre.
La mattina di Natale avrebbe riportato Thyrsos a casa e lei avrebbe avuto il suo regalo.  Lo avrebbe stretto e gli avrebbe detto che finalmente aveva capito.  Aveva capito che l’amore comanda ogni cosa.

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Chi: Saori, Saga, Seiya, Julian Solo.
Quando: Dopo la guerra sacra contro Hades e l’attacco di Artemis.
Dove: Kamakura, Giappone.
Perché: Perché non è Natale senza una festa.

-Notte di Natale-
Otherverse version

La berlina scura correva lungo il serpente d’argento illuminato a festa per la notte di Natale. Nessuno, all’interno del veicolo, aveva voglia di festeggiare. Il tragitto tra Tokyo e Kamakura non era molto lungo ed erano partiti già da una ventina di minuti. La limousine dei Kido poteva ospitare comodamente almeno sette persone ma, quella notte, avrebbe dovuto portarne solo una. Un’altra macchina infatti seguiva a ruota la prima e portava le guardie del corpo dell’erede della dinastia Kido.
Dicevamo che ne avrebbe dovuto portare solo una ma, all’ultimo minuto, un’altra persona si era intrufolata nell’abitacolo sbraitando e gesticolando in modo che Tatsumi aveva trovato quanto meno inappropriato.
Tuttavia, persino Tatsumi si era zittito non appena la macchina aveva lasciato villa Kido e un silenzio innaturale era calato nell’abitacolo posteriore della vettura.
Lei era seduta all’estrema sinistra del sedile di pelle color avorio composta nel suo splendido abito di seta colore dell’oro. Lui, jeans strappati e maglietta rossa, se ne stava, gomiti sullo schienale e gambe accavallate, all’estremità opposta ben attento a mantenere un viso imbronciato.
Tatsumi invidiava l’autista dell’auto che trasportava Saga, Milo e Camus. I tre cavalieri d’oro erano giunti da qualche settimana a Tokyo. Saga l’aveva definito ‘indispensabile’ dopo che Ikki era sparito come suo solito, Shiryu aveva chiesto di poter raggiungere Shunrei per il periodo delle feste natalizie, Shun e Hyoga avevano deciso di passare le feste di Natale nel cottage che i Kido avevano sul monte Takao.
Saori era rimasta sola. Indifesa avrebbe detto Saga che era volato a Tokyo contravvenendo alla tradizione per cui il grande sacerdote del grande tempio non si espone mai in prima persona.
In realtà Saori non era rimasta, propriamente, sola. Seiya che dopo la battaglia con gli angeli di Artemis, pure era rimasto a Tokyo per stare con sua sorella tornata all’orfanotrofio di Miho, dormiva a villa Kido. Durante il giorno, però, non c’era quasi mai.
Tatsumi ovviamente trovava la cosa disdicevole ma la signorina Saori gli aveva ordinato di non fare commenti sul comportamento adottato dai cavalieri di bronzo dopo la fine della guerra sacra contro Hades. A cominciare da quello di Seiya.
Un giorno, con i primi fiocchi di neve, era arrivata la lettera. Carta pergamena bordata d’oro con un sigillo di cera lacca rossa col simbolo del tridente. Saori l’aveva guardata senza aprirla come se solo sfiorando la busta potesse percepire i pensieri di Julian Solo.
Seiya aveva messo il muso da allora. Prima aveva fatto storie perché lei la buttasse via senza neppure aprirla, poi aveva fatto storie perché l’aprisse e infine aveva fatto il finimondo quando lei l’aveva letta:
“Non mi perderò in convenevoli, Saori. Ritengo assolutamente necessario un incontro per stabilire i termini di un’alleanza salda e duratura che possa mantenere l’equilibrio sulla Terra dopo i fatti che hanno visto intervenire Artemis e Apollo. Poiché ritengo che sia nell’interesse reciproco salvaguardare la pace raggiunta a così caro prezzo, ti invito alla festa di Natale che, ogni anno, i Solo organizzano alla villa di Kamakura. Poiché immagino che non verresti mai da sola, l’invito è valido per un’altra persona. Sono certa che sceglierai un accompagnatore che non mini in partenza ogni tentativo di stabilire un accordo tra le nostre due fazioni. Rispettosamente. Julian Solo.”
Saori l’aveva riposta in un cassetto per qualche giorno. Durante i preparativi per la celebrazione del Natale che avevano riguardato prevalentemente l’acquisto di un mucchio di regali per i ragazzi dell’orfanotrofio, Saori aveva continuamente pensato alla lettera. Era una nuova trappola? Julian cosa aveva in mente? Valutando che era stato già sconfitto una volta, non si sarebbe di nuovo schierato apertamente contro di lei.
Dunque?
Si era convinta che fosse il caso di accettare. Le sue schiere non erano ancora pronte a prepararsi ad una nuova minaccia dopo la guerra contro Hades e lo scontro avuto con Artemis faceva presagire una qualche forma di vendetta da parte dei suoi fratellastri. Aveva chiesto il consiglio di Saga e questi si era precipitato con Milo e Camus a Tokyo. Aveva fatto capire, senza mezzi termini, che l’accompagnatore sarebbe stato lui.
Per questo adesso, nell’altra macchina, Saga se ne stava seduto in silenzio nel suo smoking bianco mentre Camus e Milo avevano ricevuto l’ordine di restare a distanza e di intervenire in caso di bisogno.
La presenza di Seiya non era prevista nei piani del cavaliere di Gemini. Quest’ultimo però non la pensava allo stesso modo ed eccolo li quindi, sul sedile posteriore della limosusine, a far pesare il suo dissenso sulla presenza di Saori alla festa di Julian Solo.
Fu lei a rompere il silenzio dimostrando una maturità che Seiya non aveva raggiunto ancora nonostante gli anni.
“Non puoi entrare senza un invito.”
“Non è mia intenzione venire alla festa.”
“Te ne resterai con Milo e Camus in disparte?”
“Neppure.”
“Dunque farai come tuo solito?” A quelle parole lui si voltò a guardarla. Lei manteneva lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
“Sì.” Disse lui deciso.
“Non sei vestito adeguatamente.” Disse lei. Seiya si guardò i pantaloni e sorrise.
“Non sono uno di quei damerini che si conciano come le femmine.”
“Mantenere un contegno adeguato alle circostanze fa parte dei tuoi doveri di cavaliere.” Colpito e affondato.
“Non ho vestiti di quel genere.” Disse lui per giustificarsi.
“Ne abbiamo la casa piena. Potevi chiedere.” Fece lei mantenendo lo sguardo fuori dal finestrino. Lui sbuffò.
“Sarei di troppo anche vestito come Saga, giusto?”
“Se ne sei consapevole, perché questa sceneggiata?” fece lei dando finalmente libero sfogo ai nervi che lui gli aveva fatto saltare più e più volte negli ultimi giorni e voltando di scatto la testa a guardarlo dritto negli occhi. Ogni traccia di rabbia però, scomparve. Lo sguardo di Seiya era profondo e liquido ed era fissato nei suoi occhi. Le sue labbra si mossero e dissero solo tre piccole parole.
“Sono in pena.”
Le guance di lei si tinsero di rosso e Saori si affrettò a voltare di nuovo il capo verso il finestrino. Il silenzio cadde nuovamente nell’abitacolo fino a quando l’auto entrò nel grande parcheggio della villa Solo e si fermò.
Lo sportello del lato di Saori si aprì e Saga le porse una mano per aiutarla a scendere. Lei l’afferrò e fece per uscire dall’auto. Il vestito dorato ricadde su un lato mentre lei sussurrò qualcosa a Seiya.
“Nel portabagagli dell’auto c’è il mio regalo per te. Buon Natale, Seiya.”
Seiya fece per seguirla ma si ritrovò il viso del cavaliere di Gemini davanti.
“Resta. In. Macchina.” Fece sbattendo lo sportello in faccia al cavaliere di Pegasus.
Seiya obbedì. Non tanto perché volesse rispettare l’ordine di Saga ma perché non sapeva esattamente cosa fare. Sentiva la musica provenire dalla casa. Stavano parlando di sottili e fragili alleanze o stavano danzando e banchettando allegramente? Sbuffò. Lui quelle cose non le capiva proprio. Perché allearsi con Julian quando lui aveva dimostrato di poterlo allegramente prendere a calci nel divino deretano?
Un bicchiere di champagne spuntò nel suo arco visivo.
“Bevi. Anche se è lì in casa con il più potente dei cavalieri d’oro e altri due girano qua intorno, mi sento più sicuro a sapere che ci sei anche tu.” Disse Tatsumi.
“Non è il più potente!” esclamò per poi riflettere sulle sue parole “Davvero? Ti senti più sicuro?”
“Non lo ripeterò!” fece Tatsumi “Ma sono certo che si sente più sicura anche lei.” Seiya sospirò.
“Ha detto che c’è un regalo per me nel portabagagli.”
“E’ così. Ha fatto recapitare un regalo per ognuno di voi. Il tuo è nel portabagagli. Era certa che ti saresti presentato stasera.” Fece Tatsumi aprendo il portabagagli.
Un pacco color argento con un fiocco rosso faceva bella mostra di sé. Seiya sussultò. Lui non le aveva comprato niente. Aveva chiesto a Seika di dargli qualche idea ma, alla fine, non se n’era più preoccupato. Cosa si poteva regalare ad una ragazza che era l’incarnazione di Atena? La testa di un mostro?
Strappò il bel fiocco e aprì la scatola. Un abito scuro che sembrava essere molto costoso stava adagiato nel fondo del pacco. Il sorriso di Seiya si allargò da orecchio ad orecchio.
Si chiuse in auto e quando ne uscì, Tatsumi fece fatica a riconoscerlo.
“Seiya?”
“Che c’è? L’ho messo male?” Tatsumi scosse rapidamente la testa e lui sorrise.
“Sembro uno di quei damerini?”
“Neppure fra mille anni, ragazzo, ma sei passabile.”
“Allora vado!”
“Dove? Per l’amor del cielo! Non combinare guai!” urlò Tatsumi ma Seiya era già lontano. Scavalcò un paio di balaustre e sorrise del fatto che nessuno dei preziosi generali di Nettuno lo avesse intercettato. Raggiunse una veranda e guardò dentro. Una folla di persone ben vestite e ingioiellate da capo a piedi sembrava divertirsi molto. Entrò nella sala e si mise in cerca di Saori e Saga. La voce di lei lo attirò in un corridoio fino dietro alla porta semichiusa di una stanza da tea.
Julian con un abito blu fissava Saori come farebbe un lupo con un agnello.
“Sei bellissima stasera.” Accennò lui.
“Non siamo qui per questo, non è vero?” rispose lei e Saga e Seiya sorrisero quasi nello stesso momento.
“No. Non siamo qui per questo, purtroppo. Ti ho invitata per presentarti una persona. Sono certo che ci sarà di grande aiuto in caso Artemis dovesse desiderare di nuovo il dominio del nostro pianeta.”
“Il pianeta appartiene agli esseri umani.” Intervenne Saga che detestava Julian forse più di Seiya anche se per motivi diversi. Il cavaliere non aveva ancora accettato che il dio avesse reclamato la vita di Kanon come sacrificio per l’inganno subito anni prima.
“Intendevo dire questo, cavaliere.” Gli rispose seccamente il dio dei mari che era palesemente infastidito dal suo aspetto identico a quello dell’uomo che l’aveva gabbato “Lasciate dunque che vi presenti Mars Kreutz.” Concluse Julian indicando una porta laterale che si aprì lasciando entrare un ragazzo di qualche anno più giovane di lui. Mars avanzò con passo deciso nel suo abito nero e raggiunse il fianco di Julian.
“E’ un piacere rivederti, Atena!”
Saori avvertì immediatamente un cosmo aggressivo e potente ma non si fece intimidire.
“E’ questa la tua idea di alleanza, Julian? Credi che Marte possa battersi fianco a fianco con me?” Saga fu prontamente al fianco della dea a far intendere che non temeva confrontarsi con un dio, persino con quello della guerra.
“Saori, Mars non intende battersi. Non ce n’è alcuna necessità. Siamo in pace. La nostra alleanza servirà a proteggerci da Apollo. Solo questo.” Saori guardò negli occhi Mars e sentì che il suo cosmo si era placato.
“Ho sentito raccontare molte cose su di te, Saori Kido. Non intendo farti la guerra. Ero ansioso di rivederti. Ci siamo persi un po’ di vista ultimamente. Tra te e quell’arrogante di Apollo, preferisco te. Non ho altro da aggiungere.”
“Siamo in pace, Mars Kreutz. E resteremo in pace. Non è mai stata mia intenzione attaccare alcun dio. Vero Julian?” Lui sgranò gli occhi e poi sorrise.
“Vero. Dunque festeggiamo la nostra alleanza. La festa è appena iniziata. Vuoi danzare, Saori?”
La donna fece un inchino e un cenno a Saga di arretrare. Il cavaliere fece un passo indietro mentre Julian allungava una mano. In quel momento però l’aura potente e scura di Mars si attivò e il dio fu tra Julian e Saori.
“Spetta a me il primo ballo, vero Julian?” disse il ragazzo dai capelli neri.
“Non è molto gentile da parte tua, Kreutz.” Disse Saori.
“Julian è l’ospite. Comprende.” Fece allungando un braccio intorno alla vita sottile di Saori. Saga strinse un pugno ma non si mosse neppure quando Mars allungò il viso sorridente verso quello della donna.
In quel momento però un candeliere a tre bracci stile Luigi XIV volò passando tra i visi dei due e conficcandosi nel legno intarsiato del camino. Saori si portò una mano alla bocca e Mars guardò rapido verso la porta.
“Chi osa!”
Il ragazzo sulla porta scrollò le spalle.
“Scusate i miei modi, io sono abituato a combattere non a partecipare alle feste ma ho avuto l’impressione che ci fosse bisogno di me.” Saga sorrise per un istante per poi tornare cupo in volto.
Julian raggiunse il candeliere e lo staccò dalla parete.
“Benvenuto anche a te, Seiya” disse Julian simulando un inchino “Cominciavo a sentire la tua mancanza, uccisore di dei.” Concluse poi sottolineando l’appellativo con cui si era rivolto al cavaliere. A quelle parole  Mars indietreggiò d’istinto e Julian sorrise soddisfatto.
“Seiya!” esclamò Saori raggiungendo il suo cavaliere “Perdonatemi entrambi. Risponderò io per questo gesto. Julian ti farò recapitare un candeliere della mia collezione personale e manderò uno degli artigiani della fondazione per far riparare il camino. Mars, sei dio della guerra. Chi più di te può comprendere i modi di un guerriero? Ti assicuro che sarà punito immediatamente. Saga, andiamo.” Saga fece un cenno col capo e la seguì. Non gli sfuggì il gesto di Julian che trattenne per un braccio Mars.
I tre uscirono dalla grande villa e si fermarono ai piedi della scalinata d’ingresso.
“Ben fatto cafone, abbiamo battuto il record per la permanenza più breve ad una festa!” disse Saga con un tono severo “Mi auguro che Atena ti dia la punizione che meriti! A proposito, bel vestito!”
I tre scoppiarono a ridere all’unisono.
“Hai lanciato un pezzo di antiquariato che vale una fortuna, lo sai vero?” disse Saori sorridendo.
“Ce n’erano un sacco nel corridoio! Ti avevo avvertita che avrei fatto a modo mio!”
“Modera i toni, ronzino. Richiamo Milo e Camus. Vi aspetto in macchina.” Disse Saga allontanandosi.
Seiya indugiò sull’ultimo scalino.
“Ho combinato un altro casino?” chiese guardando il drappeggio dell’abito sui fianchi di lei.
“Seiya.”
“Sì?”
“Grazie.”  Le labbra di Seiya si allargarono in un grande sorriso.
“Sapevi che lo avrei fatto. Mi hai anche preparato l’abito!” fece lui incrociando le braccia sul petto.
“Ti sta bene. Sembri quasi uno di quei damerini che ti danno tanto sui nervi.”
“Già.” Fece lui guardandosi “Guarda che cosa si fa per dovere di cavaliere!” A quelle parole lei si strinse una mano nell’altra.
“Per dovere di cavaliere.” Ripetette Saori sottovoce e Seiya vide un velo di tristezza cadere sui suoi occhi.
“Io non ti ho comprato nulla!” esclamò allora per attirare la sua attenzione.
“Non fa nulla. Non era necessario.” Lui approfittò della sua distrazione per prenderla in braccio e correre verso la spiaggia.
“Seiya! Cosa fai? Saga ci sta aspettando!”
“Che aspetti allora!” fece raggiungendo velocemente il molo. La mise giù solo quando furono abbastanza lontani da villa Solo.
“Che ti è saltato in mente, Seiya!”
“E’ quasi mezzanotte.”
“Quindi?” chiese lei con un’espressione davvero contrariata.
“A mezzanotte ci sono i fuochi d’artificio!” disse lui proprio mentre il primo dei fuochi esplodeva nel cielo con i colori del rosso e dell’oro.  L’esplosione sorprese Saori che spalancò la bocca per lo stupore. “Quando eravamo piccoli non ti piacevano più di ogni altra cosa al mondo?”
“Tu,” disse avvicinandosi a lui “te lo ricordi?”
“Ultimamente ho scoperto che ho fatto sempre molta attenzione quando si tratta di te. Per questo sono sempre così teso quando non sei sottomano!” disse facendole l’occhiolino.
I fuochi, che si riflettevano sul mare, creavano un gioco di luce nel cielo simile a quello dell’esplosione del cosmo dei suoi cavalieri e Saori si sentì leggera. Per un momento, tutti i problemi che l’avevano tormentata sparirono e si sentì liberata dagli avvenimenti che erano accaduti fino a quella sera. Prese una mano di Seiya e la strinse.
“Grazie per aver fatto di nuovo la tua magia, Seiya. Con te riesco ad essere me stessa.”
“Allora l’ho fatta franca anche stavolta?” lei sorrise ed annuì.
“Buon Natale, Saori.”
“Buon Natale, Seiya. Ti prego di perdonarmi per averti costretto a vestirti così.” Seiya alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
“Non dirlo! Non ho mai fatto nulla perché mi tu mi hai costretto!” Lei strinse più forte la presa sulla sua mano e lui trattenne nel suo cuore la verità. “L’ho sempre fatto solo per amore.”

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Capitolo 2
*** 2#Where do we go ***




Chi: Shun e Hyoga.
Quando: Dopo la fine della guerra sacra contro Hades, l’attacco di Artemis e il primo attacco di Marte. Pre nascita di Kouga.
Dove: Santuario, Grecia.
Perché: Perché non sempre le cose vanno come vogliamo e i legami più saldi si possono incrinare.

 

2#Where Do We Go
-Partire/Restare-

Aveva deciso di partire.
Sentiva il bisogno di restare.
Non aveva senso rimanere.
Non poteva lasciare quel luogo.
Il gelo delle terre del nord era il suo elemento naturale.
Il caldo cielo di Grecia era un ventre accogliente in cui rinascere.
Partire era la soluzione ad ogni problema, la cura per ogni sua ferita, la promessa di giorni felici.
Restare era l’unico modo per sopravvivere, l’unica via che fosse rimasta da percorrere, il porto sicuro al riparo dalle tempeste della vita.
E avevano mentito. Entrambi.
Hyoga sapeva che il dolce abbraccio di Flare era un’illusione destinata a svanire come quella di Lemuri che gli aveva mostrato sua madre prima di trafiggerlo con le dorate scaglie della sua armatura. Come poteva, tuttavia, tirarsi indietro? Lui che le aveva sussurrato dolci parole d’amore, che le aveva promesso la pace per il suo regno e per il suo cuore? Che l’aveva allontanata dall’orgoglioso figlio di Sleipnir?
Flare era pura e innamorata. Senza macchia alcuna. Senza colpa. Capace di donarsi interamente e incapace di abbandonarlo.
Shun, invece, sapeva che la coraggiosa June aspettava solo che lui si decidesse a varcare la soglia della sua casa. Non lo avrebbe giudicato per non averlo fatto prima. Non lo avrebbe biasimato per averla fatta soffrire tanto a lungo. Sarebbe bastato un gesto semplice come respirare.
Hyoga non aveva valigie da fare, in spalla solo lo scrigno con l’armatura del Cigno.
Shun aveva troppe cose da portare con sé.
Entrambi sapevano che più breve fosse stato il loro addio, meno avrebbero sofferto. Forse per questo scelsero una notte d’inverno. L’ultima notte dell’anno. Con tutto il santuario immerso nel silenzio. Solo le stelle a sfrigolare nel cielo.
“Hai già salutato tutti?” chiese Shun col naso all’insù. Hyoga annuì infilando le mani nelle tasche dei pantaloni. “E’ la notte di capodanno.” –Davvero vuoi andar via in una notte come questa?-
“E’ una notte come le altre.” –Cosa cambierebbe scegliendo un altro momento? Soffrirei comunque- Si affrettò a dire il biondo come a voler eliminare subito qualsiasi pretesto per trattenersi.
“Non lo è affatto.” –Come può essere una notte come le altre se te ne stai andando per sempre?-Shun s’irrigidì nella voce e nella postura continuando a dargli le spalle. Hyoga sentì freddo. Ed era una sensazione strana e sgradevole.
“Un anno finisce e porta via ciò che è stato. Ne comincia uno nuovo. Credevo che queste cose ti piacessero, Shun.” –Davvero tu non senti che si è come rotto qualcosa fra noi?-Fece Hyoga rimanendo alle sue spalle ma guardando a propria volta il cielo.
“Un nuovo inizio.” –Credi che andrà meglio lontano da me, da noi?- Sussurrò Andromeda.
“Una nuova vita.” –Abbiamo bisogno di ricominciare.-
“Quella vecchia non andava più bene?” –Io non voglio crederlo.-
“Quella vecchia non esiste più.” –Non lo capisci?-
“E lo hai deciso tu?” –Non puoi decidere anche per me!-
“Lo abbiamo deciso noi. Shyriu è partito, Ikki ha scelto la sua strada e Seiya, bhè Seiya è diventato il cavaliere d’oro del Sagittario. Difenderà la sua bella fino alla morte!” –Dovremmo essere i soli a rimanere attaccati a qualcosa che gli altri hanno dimenticato?-Concluse ironicamente Hyoga.
“E lo stesso farai tu con la tua principessa! Hai avuto il tuo lieto fine, Hyoga.” –E tu non stai dimenticando niente?-
“Sembra che tu ne sia dispiaciuto.” –Se potessi farti capire come mi sento! Ma anche questo sentimento è sbagliato. Finora non abbiamo mai avuto bisogno di parlare, io e te.- Shun sentì qualcosa tirare nel petto.
“Non è vero. Ti auguro nient’altro che la felicità.” –Credi che potrei anteporre la mia felicità alla tua?-Hyoga strinse un pugno.
“Abbi cura di te, Shun.” –Ti prego cerca di capire, non farmi stare in ansia.- Il cavaliere di Andromeda si toccò il braccio destro ferito* che nascondeva sotto un maglione due taglie più grande di quella che indossava di solito e sentì le lacrime pungere agli angoli degli occhi. Si strofinò il viso con il dorso della mano.
“Anche tu.” –Non ho bisogno che tu dica altro perché io ti voglio bene.-
“Stai piangendo, Shun?” –Se scoppiassi a piangere, non potrei lasciarti e partire.- La voce di Hyoga tremava come le foglie delle rose di Aphrodite che costeggiavano la scalinata esterna alla tredicesima casa. Shun scosse il capo ma non si voltò.
“Scrivi ogni tanto.” –Non piangerò, sarò forte.-
“Avrò molto da fare.” –Non tornerò sui miei passi.-
“Certo.” –Tu però non rendere le cose più difficili, vai.-
“Allora io vado.” –Non smetterò mai di pensare a te, Shun.-
Hyoga lo sopravanzò e prese a scendere in modo spedito i gradini del tempio. Shun non riuscì più a trattenere le lacrime. Dove stavano andando tutti? Suo fratello aveva scelto Pandora. Shyriu aveva discusso con Seiya  e poi se n’era tornato sul Monte Lu. Seiya aveva scelto di dedicarsi anima e corpo al suo nuovo ruolo di generale dei santi d’oro. Ora anche Hyoga, la persona a cui in fondo al cuore voleva più bene, lo stava lasciando indietro come si fa con i ricordi. Davvero l’amore per la bella Flare era più potente del legame che avevano avuto sin da quando, bambini chiusi in un orfanotrofio, avevano preso a dormire stretti e a farsi coraggio a vicenda?
D’istinto allungò una mano verso la schiena del cavaliere che si allontanava e sussultò non appena il primo dei fuochi d’artificio di Rodorio, esplose in cielo. Quelle scintille variopinte che salutavano il corso del nuovo anno ebbero il potere di bloccare sul posto Hyoga.
La mezzanotte era scoccata. Il nuovo anno era iniziato ma nel suo cuore, nulla era mutato. Il ricordo di tutti i momenti passati con i suoi compagni lo tormentava lo stesso. Quando tutti avevano deciso che fosse meglio perdersi? Prendere direzioni diverse? Quei quattro ragazzi erano stati la sua famiglia, la sua vera famiglia. Non poteva sopportare di vedere le cose cambiate. Non poteva restare. Shun doveva capire. Si voltò di scatto. Doveva spiegargli. Shun era ancora lì, fermo sulla scalinata. Si stringeva in quel maglione troppo grande e sorrideva. A causa del rumore dei fuochi e della distanza, Hyoga non fu certo di capire bene.
“Io resto qui, Hyoga.” –Perché non resti con me?-
Il cavaliere del Cigno abbassò il capo e sorrise amaramente. Shun non era il più debole ma il più forte tra loro. Quello che credeva ciecamente nelle loro radici.
“Io vado, Shun.” –Perché non parti con me?-
Entrambi risposero con gli occhi a quelle mute domande.
Entrambi si accorsero che le stelle erano sparite in mezzo alle fiammelle colorate dei fuochi.
Hyoga riprese la discesa delle dodici case, Shun risalì alla tredicesima.
Entrambi dissero a loro stessi che andava bene così.
Entrambi mentirono. Un’ultima volta.


Note: *Shun si tocca il braccio perchè durante il primo attacco di Marte ne 'Il destino di una vita intera' in cui i cinque bronze hanno combattuto (fedele alla versione omega) Andromeda ha difeso Hyoga ed è stato colpito dalla maledizione di Marte che assorbe il cosmo dei cavalieri.
Pertanto, nel momento raccontato, Shun è ferito.
 


Chi: Hilda e Flare.
Quando: Dopo la partenza di Hyoga da Asgaard e prima del risveglio di Marte.
Dove: Asgaard, Regno del Nord.
Perché: Perché il rapporto tra sorelle è sempre un affare delicato.

 

-Partire/Restare-
Otherverse version

Il freddo sembrava esser diventato ancor più pungente. La neve non smetteva di cadere su Asgaard. La tavola era stata preparata con cura e con ogni sorta di prelibatezze. Nessuno vi sedeva. La sala da pranzo era rimasta vuota.
Hilda sentiva ancora le urla della sorella nella sua testa.
“Come hai potuto farlo? Come hai potuto farmi questo, sorella?!”
“Atene ed Asgaard sono in pace. Non potevo trattenere il cavaliere del Cigno contro la sua volontà!”
“Dovevi, invece! Ha promesso!”
“Il suo primo giuramento è verso la dea Atena!” Flare era scoppiata in una risata isterica.
“Verso Atena? Come sei ingenua sorella! E’ così che Nettuno ti ha messo al dito l’anello del Nibelungo?”
Lo schiaffo era arrivato in pieno viso prima che Flare potesse accorgersene. I suoi occhi s’erano riempiti di  lacrime non di tristezza ma di rabbia.
Da diversi mesi Hyoga s’era gradualmente allontanato da lei. E lei aveva smesso d’essere felice. Il dubbio s’era insinuato nel suo cuore e molto veleno era uscito da quel paio di labbra che non avevano mai proferito cattiveria prima di allora.
Poi Hyoga era partito dicendole addio e non più arrivederci. Flare, però, non aveva perduto completamente la speranza. Almeno non fino a quando Acquarius era giunto nelle terre del Nord con un involto.
Conteneva la spada Balmung che Hilda aveva consegnato a Seiya in segno di fedeltà alla dea Atena. Quel cavaliere freddo come il suo allievo, passando davanti a lei, aveva fatto un cenno col capo. Il suo sguardo carico di compassione.
Hilda aveva consegnato la spada di Odino ad Orion e aveva letto il biglietto. Poche righe da parte di Seiya che faceva ammenda per il comportamento del cavaliere del Cigno attraverso la restituzione della sacra Balmung. Un gesto per compensare l’affronto. Compensare?
Hilda, sua sorella, avrebbe dovuto ordinare ad Orion di usare Balmung per uccidere quel traditore. Invece aveva deciso d’invocare la ragion di stato a difesa della sua codardia. O semplicemente del suo disinteresse?
“Non dirlo mai più, Flare. Non ho pagato abbastanza la mia ingenuità?”
“D’ora in poi non chiederlo più a me. Dimentica di avere una sorella!”
“Flare!”
“Dimenticalo!” aveva urlato Flare.
“Flare, ti prego, siamo sempre state unite. Ti aiuterò io a superare questo momento. Ricordi com’erano le nostre vite prima che l’anello del Nibelungo le rovinasse? Ho molte colpe ma non quella di non averti amata. Come farei senza di te?” Lei non aveva ascoltato una parola. Si era strappata la cuffietta dalla testa e l’aveva lasciata scivolare per terra.
“Tu hai Orion, sei la regina di Asgaard.”
“E tu, forse, non hai sempre avuto Artax? Non sei la principessa di questi luoghi, colei che li ha difesi più di tutti?”
Flare, a quelle parole, era stata attraversata da un fremito. Non era forse quella la verità? Doveva restare. Tenere duro per il suo cuore spezzato e restare. Poi aveva guardato fuori dalla finestra. La neve che cadeva a ricordarle come stavano davvero le cose. Non c’era più niente da difendere. Dando le spalle a sua sorella, alla sua regina, al suo popolo, aveva preso la sua decisione.
“Flare, dove stai andando adesso?”
Quella domanda rimbombò nelle aule degli Asi e il suo eco non ebbe risposta. Le porte del palazzo si spalancarono al passaggio della principessa e lasciarono che lei si perdesse nelle distese innevate del Nord.
Qualcuno disse di averla vista raggiungere da sola la torre più lontana dal palazzo. Solo un uomo incappucciato che camminava qualche metro dietro di lei.
Le loro orme si persero nella neve e per molto, molto tempo, gli abitanti di Asgaard si dimenticarono della dolce principessa di Polaris e del suo primo cavaliere.


Note dell'autrice:
Bene, bene... innanzitutto le cose allegre! Auguri di Buon Anno a tutti, proprio a tutti... da quelli che sono stati contenti del mio fulmineo ritorno a quelli che speravano sparissi ingoiata dalla Bocca di Ade (Death è in ferie e torna dopo la befana, sorry!!!).
Vi auguro con tutto il cuore che l'anno s porti via le cose brutte e vi porti in dono qualsiasi desiderio del vostro cuore, soprattutto quelli che non riuscite a confessare a nessuno!
Veniamo alle note dolenti. Per questa seconda track della collection ho scelto due distacchi... Forse inconsciamente ho somatizzato la fine dell'anno...
Shun e Hyoga si dicono addio tra la tredicesima e la dodicesima casa. Si rivedranno, tranquilli e, per allora, avranno imparato a dire la verità!
Hilda e Flare invece litigano di brutto e questa scena spiega come la dolce Flare dell'anime diventa la perfida Flare della mia long. Il finale sotto la neve è abbastanza adatto alla mia attuale situazione. Sono sommersa dalla neve! Help...
Happy new year!
 

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Capitolo 3
*** 3#Love is forever ***


Chi: Saori e Seiya.
Quando: Dopo la guerra contro Hades e Artemis e il primo attacco di Marte.
Dove: Santuario, Grecia.
Perché: Perché il filo rosso che lega due persone esiste.

 

3#Love Is Forever
-Attimi che valgono l’eternità-


Lei aspetta.
Luminosa e accondiscendente. Sembra quasi vibrare tanto è carica di aspettativa.
Seiya la guarda già da un po’ e non sembra seriamente intenzionato a toccarla.
Sa che è lì per lui.
Da quel giorno in cui per la prima volta sentì la sua forza avvolgerlo completamente e trasformarlo per sempre.
Era uno dei tanti. Uno degli ottantotto prescelti meritevoli di indossare un’armatura eppure ora è l’unico ad avere il privilegio di fissarla. Potrebbe addirittura osare levare una mano e chiamarla a sé.
Sa che ora non gli si negherebbe.
Non lo farebbe perché sa che l’ha accettata per quello che è. E’ una dolce condanna la sua. 
Mentre ti trasforma in pura luce, ti lega con catene dorate.
E anche lui adesso non vuole più sfuggirle come ha fatto ai tempi di Luxor quando riteneva ridicolo rischiare la sua vita e quella dei suoi amici per lei. Desidera realmente abbracciare lei e ciò che rappresenta. Lo vuole talmente tanto da sentire ardere il proprio cosmo.
Quante battaglie ha combattuto per lei e in quante lei lo ha soccorso? In quante ancora si batterà con lui?
Seiya chiude gli occhi e la sente. Il suo richiamo è un’eufonia. Il suo corpo si muove da solo. In pochi passi le è talmente vicina da sfiorarla così, senza più timori, solleva una mano e la tocca.
Sorride Seiya perché lei reagisce tremando appena e lui immagina i suoi pensieri.
-Mi hai fatta aspettare-
“Sono un po’ lento di comprendonio” le risponde ad alta voce.
-Alla fine hai accettato il tuo destino-
“Alla fine” , fa Seiya stringendo l’oro del braccio e pensando a cosa significano quelle due parole. Parole che raccontano una storia cominciata su un molo lontano lontano dove i gabbiani facevano il nido e ti impedivano di riposare fino a tardi al mattino. Una storia di amicizia e coraggio che sono in grado di affrontare la peggiore delle sorti. Una storia fatta di prove impossibili da superare e di nemici che diventano nuovi compagni. Una storia in cui lei è l’unico filo conduttore. Un filo rosso come quello della favola che gli raccontava Seika. Com’era quella storia? Due persone, fin dalla nascita, sono legate da un filo rosso che ha la caratteristica di essere indistruttibile. Prima o poi, a seconda della lunghezza del filo, sono destinate ad incontrarsi e ad amarsi. Ed eccola la fine della storia. Davanti a lei che aspetta da tutta la sua vita.
“Sono qui adesso”, dice.
“Sei in ritardo!” Seiya si volta di scatto non prima di essersi accertato che non sia stata lei a parlare.
“Non l’hai ancora indossata?”  Seiya scuote appena la testa e la guarda “E’ quasi ora”.
“E’ davvero necessario?” fa di nuovo il cavaliere di Pegasus.
“Lo sai che lo è. Sono tutti nel patio, hanno già preso posizione.”
“E tu che ci fai qui? Non dovresti essere con loro?” chiede Seiya ammirando l’abito bianco e leggero che  indossa.
“Ho pensato che potessi cambiare idea”, risponde lei spostandosi i capelli dietro le spalle.
“Ti ho detto che ho deciso”, fa lui sbuffando.
“Ho pensato che volessi sapere che puoi sempre cambiare idea”, dice lei guardandolo negli occhi.
“Grazie ma no. Stavolta non mi tiro indietro.”
“Allora ti aspetto di la”, riponde lei voltandosi.
“Saori”, la richiama lasciando libero l’unico dubbio che vorrebbe sciolto.
“Sì?”
“E tu? Hai cambiato idea?”
“Non so se ti sarà di conforto, Seiya, ma non ho mai cambiato idea su di te.”
“Non sono come Aiolos o come Sisifo. Non sono un cavaliere leggendario.”
“Non ancora”, dice lei esitando un attimo sulla soglia della stanza.  Il suo sguardo è un mare di parole non dette.  Ognuna di esse è parte di quel ‘non ancora’.  Lui da le spalle alla porta e chiude gli occhi.
Ed eccola Sagitter che pare mutarsi in mille stelle cadenti. Ognuna di esse è attratta dal corpo di Seiya come magneti. Gli schinieri, le ginocchiere e i cosciali, la cintura, la corazza e i coprispalle, i bracciali, i guanti e l’elmo, tutti i pezzi si posano al loro posto assecondando la postura di Seiya.
Quando la forte luce diventa un leggero baluginio, Seiya fa il primo passo verso la porta. Oltre la bianca tenda che separa la camera dal patio, stanno altri undici cavalieri. Sono schierati, sono in attesa anche loro. Lo aspettano per accettarlo come un loro pari, per lavare l’ultima colpa non espiata, per riabbracciare dopo quattordici anni l’armatura della più fida delle costellazioni.
Si ferma ancora un attimo e prende un respiro. Oltre lo sguardo dei cavalieri d’oro, cercherà il suo. L’unico capace di dargli la forza per non sentirsi ancora lo sciocco ragazzino che non sapeva cosa fossero gli atomi.
E mentre quell’attimo passa, mentre i suoi dubbi gli ricordano la sua fragilità, Saori, nel vederlo avanzare bardato dell’armatura d’oro di Sagitter, sorride fiera.
“Salutate, cavalieri d’oro, il custode della nona casa. Sagittarius Seiya”  dice Atena che ricorderà quel momento per l’eternità.


Chi: Saga e Kouga.
Quando: Dopo la guerra Marte.
Dove: Isola di Skyros, Grecia.
Perché: Perché i figli sono di chi li cresce.

 

-Attimi che valgono l’eternità-
Otherverse version


Kouga dorme. Come un bambino, pensa Saga per un attimo. Sorride. Kouga è un bambino. Anche se è già diventato cavaliere, anche se ha già combattuto contro un dio, anche se ha scelto di sacrificarsi pur di salvare la vita dei suoi genitori.
E’ un bambino che ha dimenticato tutto. Ha dimenticato l’orrore della guerra. La chiamano sacra ma di sacro ha solo il sangue dei morti lasciati sul campo di battaglia.
A fargli dimenticare tutto è stato lui. Non aveva progettato di farlo. E’ stato un incidente, un danno collaterale.
Saga ha sempre usato a proprio piacimento il concetto di danno collaterale. Quante azioni efferate ha compiuto non curandosi della sofferenza arrecata a chi finiva stritolato dai complicati ingranaggi dei suoi piani? Aiolos, il primo di essi. Non aveva mai pensato di farlo uccidere anche se sapeva che non gli avrebbe mai reso facile raggiungere i suoi obiettivi. Spazzato via dal braccio tagliente di Shura. Un danno collaterale.
Kanon, sprofondato negli abissi a tramare contro gli dei e contro di lui. Quanti anni separati per via della sua smania di potere. Un altro danno collaterale.
Adesso Kouga. Mentre lo guarda dormire, mentre può sentire il suo respiro farsi via via più profondo, può percepire il suo cosmo che brucia appena. Potrebbe essere una fiammella che sta per spegnersi o una scintilla che sta per dare vita ad un incendio.
Saga sa che è suo compito proteggerla e sa che dovrà farlo anche da se stesso. Basterebbe un attimo per mutare il destino di quel bambino, per piegarlo ai suoi scopi, per usarlo al fine di raggiungere il cuore di sua madre.
Gli carezza la fronte con un tocco leggero. Un gesto cui non è abituato, che non gli concederebbe una volta sveglio.
Kouga sorride nel sonno. Ha il sorriso di suo padre. A Saga non importa. Del resto sa per esperienza personale che i figli sono di chi se ne cura.
Spegne la luce e lascia la stanza del ragazzino.  Esce sul porticato e guarda il cielo stellato. Si accende una sigaretta. Non fuma molto, solo quando sente la morsa di quel pensiero allo stomaco. Allora si concede una sigaretta e il permesso di ricordare.
L’attimo in cui le ha sfiorato le labbra e le ha rubato un bacio. Uno solo. Un attimo valso una vita di tormenti.
Espira e una spirale di fumo sale dalla sua bocca. I polmoni si svuotano, il cuore no. Anche se un attimo è poco più di una briciola, Saga se la conserva gelosamente. Non lo sazierà mai ma avrà sempre il potere di tenerlo in vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** 4#Sayonara Warriors ***



Chi: Seiya e i Bronze Saints.
Quando: Dopo lo scontro con Artemide e il primo attacco di Marte.
Dove: Santuario, Grecia.
Perché: Perché dire addio è quasi impossibile.

 

Sayonara Warriors
-E’ solo un arrivederci-


Il frinire delle cicale ha lasciato il posto a quello dei grilli dopo che l’aria si è rinfrescata appena un po’ al tramonto.
I bagordi della festa sono terminati.
Svuotati i bicchieri di ouzo. Consumati i dolciumi preparati da Lucina. Hanno lasciato solo un alone nel cielo i fuochi d’artificio preparati con esuberanza da Death Mask. Nessuno più di lui sa come si organizza una festa. Nelle regioni meridionali d’Italia, l’estate puntella di feste e sagre tutti i paesini e i litorali.
Milo s’è ubriacato col vino rosso, quello che macchia persino le labbra per quanto è corposo. Camus se l’è trascinato via di peso.
L’entusiasmo della festa ha contagiato addirittura Shaka. Lo hanno visto sorridere mentre, con il grande sacerdote, accendeva le lanterne da liberare nel cielo. In Oriente propizia la buona sorte, libera le anime. Sono diventate piccolissimi punti luminosi nel cielo e poi sono scomparse.
Solo un fuoco rimane a intrattenere un gruppo di persone radunato intorno ad esso. Il profilo di cinque ragazzi, no, di cinque uomini, trema come le fiamme ravvivate di tanto in tanto.
Sono rimaste solo lattine di birra da bere. Birra giapponese. Come ci sia finita laggiù, tra le colonne dei templi del santuario, è un mistero.
Seduti sulle rocce su cui un tempo alcuni di loro hanno temprato i pugni e il cuore, chiacchierano del più e del meno. Si prendono in giro l’uno con l’altro. Si danno pacche sulle spalle e spintoni mentre ridono di quanto si siano presi sul serio più del necessario. A guardarli da fuori, non si direbbe che hanno anni di battaglie sulle spalle, vite difficili, legami spezzati per sempre o ricuciti, a volte, col sangue.
Hanno bevuto troppo. Ancor prima di aprire le lattine di Asahi. Nessuno di loro, comunque, è davvero ubriaco. Fa comodo dare la colpa alla sbornia se diciamo una parola di troppo. E quante parole sono rimaste sopite nei loro animi finora! Non c’era mai tempo per dirle per bene. Hanno rischiato di dirsele di fretta, nel timore di non poterle più esprimere, perché la vita di un cavaliere può essere breve come quella di uno dei fuochi d’artificio di Death Mask.
Così, se capita di ritrovarsi dopo tanto tempo intorno ad un focolare improvvisato, si trova il modo di tirarle fuori quelle cose non dette. E se lo si fa tra i fumi dell’alcol, va bene lo stesso.
Sono cresciuti insieme. Sono diventati grandi insieme. Talmente grandi che potrebbero reclamare per se stessi il ruolo per cui sanno di essere nati. Un destino scritto nelle stelle, dalle stelle. Le stesse stelle che li proteggono.
Qualcuno di loro lo farà, qualcun altro ha scelto un altro cammino da seguire.
Stanotte però, intorno al fuoco, sono cinque amici e basta. Quando l’ultima lattina è vuota, la sbornia diventa  triste. Forse perché il momento dei saluti è vicino. Il fuoco brucia l’ultimo ceppo e la fiamma si assottiglia. Uno di loro ricorda agli altri che somiglia a quella azzurra che fa la meridiana dello zodiaco.
Il tempo è passato. L'ultima fiamma si spegne. Il santuario, avvolto in un'atmosfera sospesa tra passato e presente, dorme placidamente al sicuro. Atena è salva. Come sempre.
Non c’è più bisogno di loro ed è una cosa che fa bene e, allo stesso tempo, maledettamente male al cuore.
Sono liberi di lasciare Atene. Di raggiungere luoghi in cui il cosmo che scorre nelle loro vene non serve.
Ché sanno che non potranno mai lasciare Atena. La dea non lo consente. Sono stati definiti cavalieri della speranza per un motivo.
Si stringono in un ultimo forte abbraccio. Un legame che desiderano non si sciolga neppure a questo giro.
Il cigno volerà a nord tra nuovi ghiacci.
Un inferno completamente diverso aspetta la fenice.
Il drago tornerà a riposare tra le acque del monte Lu.
La nobile principessa deve ancora sciogliere tutte le sue catene.
Solo Pegaso indugia ancora tra le colonne del tempio. Sorride alle sue stelle.
“Sayonara minna” *dice mentre una luce dorata l’avvolge.
Ha ali nuove Pegaso, capaci di portarlo dove non ha ancora osato volare. Perché qualunque cosa accada, sa che non li perderà. Nulla di ciò che è accaduto sarebbe stato possibile senza di loro. Non capiscono perché proprio lui, il più ribelle di tutti, ha deciso di accettare il morso dell’armatura d’oro. Ma ha fiducia Pegaso. Ne ha sempre avuta. Capiranno. Perché sono amici, perché sono fratelli.
Forse la loro vita è stata davvero come uno dei fuochi d’artificio di Death Mask, pensa Pegaso volando nella prima luce dell’alba. Libero nonostante tutto. Troppo veloce è esplosa nel cielo e si è consumata. Troppo veloce. Ma che splendida, splendida luce ha fatto!

 

Chi: Kanon e Syria.
Quando: Dopo la guerra contro Marte.
Dove: Porto del Pireo, Grecia.
Perché: Perché è sempre bene riconoscere il valore di un avversario.

 

-E’ solo un arrivederci-
Otherverse version


Non se lo spiega.
Davvero, Kanon non capisce.
Ha lottato tredici lunghi anni per avere la possibilità di fuggire da lui, da loro, da quel mondo fatto di cieli d’acqua salata. **
Eppure adesso che la sua pelle assorbe il calore del sole di Grecia, che si fregia dell’armatura d’oro di Gemini, ora che tutte le sue colpe sono state perdonate, sapere che ogni legame con Nettuno è stato reciso gli procura un fastidioso disagio.
Scuote le spalle. Che gliene importa, in fondo, che partano? Che lui non sia più parte di quella schiera di generali? Sa che non è mai appartenuto a Nettuno, che è sempre stata Atena a proteggerlo. Anche se il dio dei mari gli ha detto, in un ultimo gesto di nobiltà, che l’armatura del dragone del mare sarà idealmente sua fino a quando non nascerà la nuova generazione di cavalieri.
Perché sta facendo di questi pensieri? Lui che non voleva essere cavaliere neppure di Atena? Veste quell’armatura d’oro solo perché ha fallito miseramente nel tentativo di proteggere Saga. ***
La vista delle onde che si ritirano dalla battigia per lasciare il passo al loro signore e ai suoi lo riporta alla realtà. Non è facile accantonare il pensiero della perdita del fratello. E’ come se avesse perso un braccio o una gamba con la differenza che, in quei casi, non farebbe tanto male.
Ormai Nettuno è sparito tra i flutti come la maggior parte dei generali. Andati, tornati a casa. Casa è un luogo che Kanon conosce a malapena e che spera di scoprire tra le braccia di Shaina.
Si volta e fa per lasciare la spiaggia. Voleva assistere alla loro partenza quasi per propiziare un’ultima catarsi.
Qualcosa, un richiamo, lo trattiene. Si volta e lo vede. Ritto e immobile. Guarda nella sua direzione e a Kanon scappa da ridere. Non poteva sperare di passare inosservato a lui. Infila le mani in tasca, affonda i piedi nella sabbia e cammina finché non se lo ritrova davanti. Occhi negli occhi. Quegli occhi così particolari e carismatici.
“Sei venuto a salutarci?”
“Solo ad assicurarmi che ve ne andiate davvero!” Syria scuote appena le spalle in un gesto elegante. Da quando lo conosce non lo ha mai visto perdere la calma, la signorilità che lo contraddistingue.
“E’ davvero finita, stavolta.”
“Conto sul fatto che tu saprai consigliare Nettuno sempre per il meglio.”
“Nonostante ciò di cui sei stato capace e quello che credi, Kanon di Gemini, sono convinto che non si possa influenzare il volere di un dio.”
“Sei troppo fedele al tuo re per dubitare del contrario!” esclamò Kanon.
“Sono lieto che, alla fine, tu non lo sia stato abbastanza!” risponde Syria allungando una mano. Kanon la guarda con la stessa diffidenza con cui Ulisse dovette aver guardato il cibo offerto alla tavola di Circe.
Tra tutti i generali di Nettuno, Syria è stato quello che non ha mai ingannato. Quello che gli ha messo sempre i bastoni tra le ruote e, facendolo, gli ha impedito di scoprire le terribili conseguenze che le sue azioni avrebbero potuto avere.
Allunga la mano e stringe quella tesa che aspettava.
“Sei stato un buon avversario, Syria della Sirena.”
“Tu ti sei rivelato un pessimo compagno ma so riconoscere le virtù nel cuore di un uomo e tu ne possiedi molte, Kanon. Forse per questo non ti ho mai sottovalutato.”
“Io invece l’ho fatto e l’ho pagato. Sono contento di aver sbagliato a giudicarti, Syria,” dice guardando le loro mani unite “addio.”
Mentre le loro mani si separano, Kanon avverte finalmente il dolore dell’abbandono. Non si può mentire a se stessi. Per anni ha vestito le scaglie dorate del mare e quella forza ha paura di perderla.
Syria ha raggiunto l’acqua che si ritira davanti ai suoi piedi. Tra poco anche lui sparirà tra i flutti come non sia mai stato lì, alla stregua delle sirene che lo proteggono. Potrà credere di aver sognato tutto.
Improvvisamente il generale volta la testa verso di lui e sorride.
“Arrivederci, non addio. I compagni d’arme rimangono uniti fino alla morte sul campo di battaglia. Fino ad allora è solo arrivederci.”
I flutti lo avvolgono e lo trascinano in fondo al mare. Kanon ride. Fa bene al cuore sapere di non essere l’unico a non saper tagliare i ponti. Dà le spalle al mare e alla malinconia.
La terza casa attende il nuovo custode. Alza il passo, ché è lunatica e non è bene farla aspettare.


Note dell’autrice appesantita dai pranzi infiniti delle feste!
*’Sayonara, minna’ vuol dire ‘Addio, ragazzi’ in giapponese.
** Ne ‘Il destino di una vita intera’ Kanon viene creduto morto da Saga dopo la battaglia contro Hades per mano degli dei (ha ingannato Nettuno e deve essere punito) ma il dio dei mari lo imprigiona nella colonna portante fino agli avvenimenti della mia storia. Per tredici anni, appunto.
*** Al termine della storia già citata, Saga scompare e Kanon prende il suo posto al Santuario nei panni del cavaliere dei Gemelli.
Spero che abbiate passato un buon principio d’anno. Il mio augurio è che tutto il 2016 sia per voi un susseguirsi di momenti lieti.
Un abbraccio e, mi raccomando, non dimenticate di bruciare il cosmo dentro di voi!

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