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di champagnesupernova_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. ***
Capitolo 2: *** II. ***
Capitolo 3: *** III. ***
Capitolo 4: *** III. ***



Capitolo 1
*** I. ***


I.



 

Luke Hemmings spinse con forza le pesanti porte di vetro che garantivano l'accesso al St. Patrick's Hospital, mordendosi piano le labbra e con la testa da tutt'altra parte.

Poche settimane prima, lui e Ashton avevano fatto l'ennesima bravata: si erano intrufolati a scuola, in tarda serata, e mentre Calum e Michael controllavano che non arrivasse nessuno loro due frugavano nei cassetti di Mrs Posey alla ricerca del compito di matematica del giorno successivo. Sfortunatamente, i sorveglianti erano arrivati prima che i due davanti alla porta potessero avvertire gli amici dentro l'aula: ecco perché era lì, un mercoledì pomeriggio di Marzo, per iniziare a scontare la sua pena, ossia settanta ore di assistenza nel reparto pediatrico.

- Che cazzo dovrei fare?! - aveva imprecato, davanti all'uomo di mezz'età calvo e chiaramente single che gli stava davanti.

- Devi portare sostegno, ragazzo. Due ore alla settimana nella sala dei divertimenti, aiuterai medici e infermiere a far giocare quei poveri bambini, a far dimenticare loro per un po' la merda che gli sta accadendo, capito? E non fare lo stronzo, che se no vai a fare servizi sociali alla prigione minorile, - lo avvisò, sapendo di incutergli timore.

Nessuno conosceva con precisione cosa succedesse là dentro, ma vedevano tutti i volti sconvolti di chi ne usciva.

- Sí, signore. - asserì, quindi, stringendo i denti e le mani chiare.

- Bene. Cominci tra due mercoledì, alle 15 nell'atrio del reparto. - prese la sua valigetta e se ne andò, lasciandolo solo a torturarsi la giacca nera.

Ed ecco che stava lì, a dondolarsi e a cercare di capire dove diavolo era quel maledetto reparto di pediatria, e a provare a non pensare a cosa avrebbe trovato una volta arrivato lì.

- Sono solo bambini, non fartela sotto, - lo aveva incoraggiato Ashton, che c'era andato il giorno prima.

- Non pensarci troppo. Più pensi a cosa stanno passando più ti verrà voglia di chiuderti in bagno a piangere. - rabbrividì al pensiero, sicuro che sarebbe successo esattamente quello.

- Devi solo giocare un po' con loro, sono pure simpatici. - e con una pacca sulla spalla se n'era andato, lasciandolo alle prese con mille pensieri, che ora cercava di scacciare.

Controllò l'orologio e, vedendo che mancavano ancora dieci minuti all'ora stabilita, tirò fuori un pacchetto di sigarette e tornò all'esterno dell'edificio, girandoci un po' intorno fino a trovare un posto più appartato, dove poter sbuffare fuori i propri pensieri e prepararsi alla vista di decine di bambini col cranio rasato e un'ago nel braccio.
Si accese il bastoncino e se lo portò alla bocca, mentre si accasciava contro il muro con gli occhi chiusi.

- Non fare la ragazzina, sono solo bambini con cui giocare un po'... - si prese la testa tra le mani, come a cancellare quel ricordo spiacevole di solamente un'anno prima.

- Tutto bene? - una voce femminile interruppe il flusso di pensieri dolorosi e aprì di nuovo gli occhi.

- Stai male? - ripeté la ragazza, aggiungendo una nota di preoccupazione nella sua voce quando si accorse che Luke non le rispondeva, la fissava soltanto.

Non era molto alta, qualche miserabile centimetro oltre al metro e sessanta, e aveva dei capelli che arrivavano appena oltre alle spalle, di un biondo strano, scuro, e un ciuffo che andava verso il lato destro.
Era vestita in modo normale, quasi anonimo, con un paio di blue jeans e una canotta coperta da un cardigan beige, e sarebbe stata anonima pure lei se non fosse stato per quegli occhi scuri, dolci, e un qualcosa che la faceva apparire totalmente diversa dalle persone che dall'altro lato della strada si avviavano verso casa.

- Sì. - si decise a rispondere dopo averla esaminata: non era affatto il suo tipo, ma non era male come distrazione, in quel momento.

- Sembravi un po' giù, - continuò, tenendosi sempre un po' lontana da lui.

- No, - rispose secco, creando una smorfia di disapprovazione sul volto della ragazza davanti a lui.

- Stavo cercando il reparto di pediatria. - si arrese a rispondere.

- Beh, intanto è dentro l'ospedale, -

- Doveva essere una battuta? - inarcò un sopracciglio, scettico.

- Era un modo per dirti che se la smetti di fare lo stronzo mestruato ti accompagno. - chiarì, piccata.

- Sai la strada? -

Lei alzò gli occhi al cielo.

- No guarda, mi sono offerta di accompagnarti perché così posso perdermi con te tra i corridoi asettici e sopportare la tua acidità per ore! - sbuffò, facendolo sorridere.

- Ti piacerebbe, - si alzò dal pavimento e  le si avvicinò, ma lei si girò e si avviò verso la porta principale.

- Sarebbe un sogno, - continuò, ironica.

- Sono Luke. -

- Ora che lo so la mia giornata è notevolmente migliorata. - si ostinava a dargli la schiena, e quando si mise accanto a lei, a non guardarlo.

- Non mi dici come ti chiami? - la bloccò per un braccio, mentre lei si voltava.

- Ti interessa? - stavolta aprì lei le porte di vetro e accelerò il passo una volta entrata.

- Prendi l'ascensore, terzo piano poi svolta a destra, verso la porta piena di adesivi e di disegni. -

- Grazie, Nonsoiltuonome, mi hai aiutato molto. - disse, constatando che ormai erano quasi le tre, non aveva più tempo per scappare.

Quando si infilò dentro l'ascensore e vide la ragazza fare lo stesso, si riscosse un poco.

- Mi segui? -

- Ti piacerebbe, - gli sorrise, imitando  il suo comportamento di poco prima.

- Sarebbe un sogno. - le fece il verso, per poi tornare serio un attimo dopo.

Se non lo seguiva voleva dire che doveva andare a trovare qualcuno che stava male, e si pentì di non essere stato più gentile, anche se "gentile" non faceva parte del pacchetto Hemmings.

- Chi stai andando a trovare? - le chiese, cercando di avere del tatto, tra l'altro non riuscendoci.

- Cosa? Oh, nessuno, non vengo a trovare nessuno. - rispose distrattamente, controllando le sue unghie prive di smalto.

- Allora sei una volontaria! - si rianimò un poco: nonostante fosse una ragazza fin troppo scontrosa per i suoi gusti, almeno ora conosceva qualcuno in quel posto, e magari in fondo non sarebbe stato così male.

- Sei una volontaria come me! - ripeté, cambiando il sorriso in uno di quelli che facevano abbassare le mutandine di tutte le ragazze della scuola.

- Sei un volontario?! - si voltò verso di lui, con una smorfia incredula e disperata sul volto.

- Cristo... - la sentì mormorare, con una mano a coprirsi la faccia, mentre le porte dell'ascensore si aprivano e lei schizzava fuori.

- Ma che... Aspetta! - la richiamò, confuso e anche un po' irritato.

- Stronzetta acida, - mugugnò, stringendo le mani a pugno e tenendo gli occhi fissi sulla schiena della ragazza, che si allontanava.

- Tess! - la corsa della ragazza fu bloccata da un tizio barbuto e dall'aspetto bonario, con un camice bianco.

- Ti ho cercato per tutto l'ospedale! - la rimproverò, e Luke accelerò il passo, curioso di sentire come e per cosa venivano rimproverati coloro che avevano il suo stesso compito.

Tess, se questo era il suo nome, abbassò il capo e iniziò a torcersi le mani, mentre il dottore sospirava pesantemente.

- Ho i risultati delle tue analisi. - le disse, la voce modulata fino a essere più dolce di prima.

- Il nuovo farmaco non funziona bene quanto speravamo, quindi dobbiamo tornare... E lei chi è? - il dottore barbuto si interruppe di botto, voltandosi verso Luke, che aveva la bocca leggermente spalancata e gli occhi chiari fissi sulla ragazza appena conosciuta.

- Sei una paziente? - le chiese, stupito sia della risposta, che già sapeva essere positiva, sia di non esserci arrivato prima, di non averci neanche pensato.

Lei in tutta risposta alzò di nuovo gli occhi castani al cielo, sbuffando per l'ennesima volta.

- Le ho chiesto cosa ci fa qui, ragazzo. - lo richiamò il dottore.

Luke fece un respiro profondo.

- Devo trovarmi alle tre con un tizio, per iniziare a giocare i bambini nella sala dove si riposano, una cosa del genere, - rispose frettolosamente.

- Ah, sei quello dei servizi sociali! Vieni di qua, ti porto da Mark... - si girò facendogli segno di seguirlo con la mano, mentre sul volto di Tess si dipingeva finalmente un sorrisetto.

- Volontario, eh? -












Angolo autrice

Buongiorno!

Questo account non sarebbe mio, ma di una mia amica che non l'ha praticamente mai usato,e siccome sa della mia passione,mi ha proposto di usarlo al posto suo, quindi eccomi qua, a pubblicare ilmio prio capitolo mentre cerco di cambiare nome, bio, immagine, etc...

Questa è la prima storia che scrivo quindi sono un po' nervosa e non so bene cosa fare/scrivere.
Allora, come avrete capito, siamo in un ospedale e il nostro caro Luke è costretto a fare un po' di ore di servizi sociali per rimediare all'ennesima cazzata.
Ovviamente è dura assistere dei bambini malati, giocare con loro mentre fanno una pausa tra una chemio e un'esame, e per lui, grazie a qualcosa successo poco tempo prima, è ancora più difficile di quanto possa esserlo normalmente.
Mentre fa una passeggiata nel viale dei ricordi e dei pensieri dolorosi, ta-dan, ecco arrivare una ragazza, la nostra Tess, che si viene a scoprire essere una paziente dell'ospedale e non, come credeva il biondo, una "volontaria" come lui o una visitatrice.
Dopo il riassunto di questa puntata, qualche premessa sulla storia: questo inizio non è niente di che, lo so, ma è per rendere un po' chiara la storia e certe cose che si svolgeranno in seguito, l'ambientazione etc... secondo, ci tengo a chiarire che non sarà sempre ambientata in ospedale, anzi, e terzo, i primi capitoli possono sembrarvi non so, noiosi?, insomma, il meglio arriverà tra poco.
Spero che vi sia piaciuta, e visto che è, appunto, la mia prima storia, ci terrei a sapere cosa ne pensate, soprattutto se non vi piace e avete qualche critica.
Di sicuro sto tralasciando qualcosa, ma non vorrei che diventare prolissa e noiosa, quindi chiudo qua.
Mi piacerebbe pubbicare il secondo capitolo il pima possibile, ma prima di farlo vorrei raccogliere qualche parere e vedere se interessa a qualcuno o no, lol, quindi lo pubblicherò ad un paio di recensioni...


Quindi alla prossima,speriamo sia presto ❤

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Capitolo 2
*** II. ***


II.








- Luke mi disegni un'altro dinosauro? - un bambino di circa cinque anni si aggrappò al suo braccio.
- No. - grugnì, infastidito dal contatto indesiderato.
- Daiii zio Luke! Solo uno! - lo pregò di nuovo, continuando a strattonargli la manica della felpa.
- Mi hai detto la stessa cosa cinque dinosauri fa! - si esaurì lui, alzandosi dal minuscolo sgabello colorato su cui era stato costretto a sedersi.
Il bambino mise il broncio, deciso a piantonarlo fino a quando non gli avesse regalato l'ennesimo T-Rex ma, dopo pochi secondi, spostò lo sguardo da un'altra parte e corse da un'altra persona, urlando.
- Teeeess! Zio Luke non mi vuole disegnare altri dinosauri! - si lamentò , scuotendo la testa lucida verso il ragazzo biondo, che ora si era riseduto, mormorando un - Cazzo, - tra i denti.
Quando la sentì avvicinarsi, con il bambino stretto al suo fianco, le rivolse un sorriso gentile, sforzandosi di non essere uno stronzo.
- Sei qui da neanche due ore e già ti fai chiamare zio Luke? - chiese lei, prendendo uno sgabello colorato come il suo, e sedendosi poco distante.
- Non è una mia scelta, - alzò le spalle, mentre il bambino interveniva: - È che fa dei dinosauri bellissimi, devi fartene fare uno! - 
- Va bene, Samuel, ora vai però, che devo mostrare allo zio delle cosine da grandi... - gli fece l'occhiolino, mentre Luke spalancava appena gli occhi.
- Stavo scherzando, non fare così, -lo rimbeccò, notando la sua reazione.
- Non so a cosa tu ti stia riferendo. - le rispose, simulando indifferenza.
- Va bene, vuoi fare una fermata in bagno per calmarti prima di andare o lasci che tutti i bambini ti vengano a chiedere perché hai i pantaloni gonfi? - chiese, imitando la voce di un bambino curioso.
Luke abbassò immediatamente lo sguardo, preoccupato, per poi scoprire che non c'era nessun rigonfiamento, e la gamma di espressioni che sfoggiò fece piegare in due dalle risate la ragazza accanto a lui.
- Non c'è niente da ridere, - la rimproverò, cercando di fermare il rossore che andava espandendosi sulle guance.
- Oh, sì! Andiamo, se credevi davvero di avere un'erezione dopo una velatissima allusione vuol dire che... - non finì la frase, scoppiando di nuovo a ridere.
- Ragazzina, non hai idea di quanto non sia inesperto nel campo sessuale, se è questo che intendi. Ti basta chiedere a tutte le ragazze della mia scuola, che ti confermeranno le mie doti, - mise su un sorriso arrogante e il solito sguardo che aveva tenuto fuori da quel posto fino a quel momento, causando una smorfia nel viso di Tess.
- Va bene, playboy con un'ego smisurato, Mark mi ha chiesto di accompagnarti fuori quindi alza quel tuo "magico" culo e seguimi. - si incamminò seccata verso la porta, battendo il cinque o accarezzando il capo ai bambini che la salutavano mente passava accanto a loro.
Luke Hemmings si diede dello stupido per la quarantesima volta nel giro di neanche due ore: aveva appena fatto il coglione con una ragazza che aveva chissà quale malattia grave e per questo, anche se era davvero una grande stronza, si era ripromesso di comportarsi bene.
- Scusa, - le disse, mentre la rincorreva per il reparto, - non avrei dovuto trattarti così, in fondo tu avrai ben altri pensieri nella testa, visto che sei malata e... - 
Tess si bloccò in mezzo al corridoio.
- Ti stai scusando solo perché supponi che io sia malata? - 
- Non lo sei? - chiese lui, preso alla sprovvista.
- Non sono affari tuoi. - disse tra i denti, riprendendo a camminare.
- Ma vorrei saperlo, - la seguì, spinto dalla curiosità.
- L'unica cosa che devi sapere è che dovresti essere gentile con me, malata o meno, ma se sei uno stronzo come sembri devi continuare a esserlo anche la più malata dei malati. - sputò fuori, visibilmente incazzata per qualcosa che non era la prima volta che accadeva.
-  Scusa, - le disse incerto dopo un po' Luke, mentre erano in ascensore.
- Non fa niente. - rispose lei, dopo un sospiro.
- Non cercherò più di essere gentile, allora, - continuò, non del tutto sicuro se era davvero il caso di fare lo stronzo con una ragazza malata. Ma, in fondo, lo aveva detto lei che voleva che non si comportasse in modo diverso di quando era con qualcun'altro, quindi poteva smetterla di continuare la sceneggiata del Luke premuroso, anche perché dopo aver passato due ore sforzandosi di non pensare a quello che era successo, cosa difficile dato che in ogni bambino c'era qualcosa che glielo riportava alla mente, non aveva abbastanza forze per contenersi.
- Quindi di solito sei uno stronzo con tutti, - riprese Tess, appoggiandosi alla parete metallica.
- Più di quanto tu creda. - 
- Difficile, - sussurrò, cercando di non farsi sentire.
Luke piegò verso l'alto l'angolo destro della bocca rosea, cercando di trattenere un mezzo sorriso, ma non riuscendoci si arrese a mascherare quel movimento in un piccolo gioco con l'anello di metallo che gli avvolgeva delicatamente parte del labbro inferiore.
- E con le ragazze?  - 
Il suo sorriso si aprì sotto gli occhi di Tess.
- Sono stronzo quanto basta affinché ci siano sempre quando ho bisogno di qualunque cosa, specialmente di... -
- Okay, okay, ho capito. - lo interruppe velocemente, - Sei uno di quei bastardi che usano le ragazze solo per il sesso e poi le congedano con una patetica scusa subito dopo. - si girò e ignorò lo sguardo di ghiaccio che sentiva sulla sua schiena.
Quando le porte si aprirono e fece per uscire dall'ascensore, una mano la bloccò e la spinse di nuovo dentro.
- Non abbiamo finito di parlare. - dichiarò, schiacciando il numero del quarto piano.
- Sei pazzo! Non stavamo neanche parlando sul serio! Erano solo...chiacchiere di circostanza! - si infervorò, - E non è molto rassicurante venire rinchiusa in un'ascensore con uno come te! - 
- Uno come me? Senti, neanche mi conosci, già non mi piace essere chiamato bastardo senza motivo, e ora tu mi stai accusando di essere una specie di stupratore o non so cosa, e non mi piace proprio per niente questo! - alzò la voce, avvicinandosi di un centimetro di più a Tess.
- Non è vero, sto solo dicendo che... -
- Che? - la incalzò.
- Scusami se mi fa innervosire quando uno sconosciuto mi rinchiude in un'ascensore! - praticamente urlò lei, per la seconda volta, mentre le guance iniziavano a diventare rosse.
- Non ti ho rinchiuso in un'ascensore, ragazzina. - strinse i denti, desiderando di avere una sigaretta tra i denti per calmare i nervi tesi.
- Smettila di chiamarmi ragazzina, - si voltò di nuovo verso di lui, visibilmente infastidita da quell'appellativo.
- Quanti anni hai? - avanzò di un'altro centimetro.
- Sedici, - lo sfidò, alzando il mento e cercando di dissimulare lo stupore di Luke, che non aveva pensato neanche per un secondo al fatto che potesse essere più piccola di lui.
- Cristo, allora sei davvero una ragazzina! - si passò una mano tra i capelli biondi.
- Scommetto che tu avrai al massimo diciannove anni, e questa enorme differenza di tre anni ti rende di sicuro più maturo e adulto di me, vero? - chiese, sempre sfidandolo.
- Diciotto, - la corresse, a malavoglia, ma godendosi il suo sorriso di vittoria.
Era inutile negare che fosse  bella, perché lo era, ma Luke Hemmings non era tipo da ragazze belle, solo da ragazze che ti occupano la mente il tempo di una notte o meno, di cui non importa poi molto il nome o il vero aspetto sotto quei chili di trucco.
Aveva questa teoria, lui, che se ti interessavi alle ragazze belle prima che fosse passata l'età di quelle fighe, rimanevi fottuto, come Calum.
A quindici anni si era innamorato di una ragazza bellissima, la classica ragazza che non noti mai tra i banchi ma che da un giorno all'altro ti fotte il cervello e lei, dopo essergli stata attorno il tempo necessario per farlo incasinare del tutto, l'aveva lasciato il giorno del loro primo anniversario.
Da quel momento aveva aggiunto alla sua teoria anche quella del suo migliore amico, ovvero che tutte le ragazze belle sono delle arpie che vogliono solo fregarti, come quelle ventenni che si mettono insieme a un settantenne, alla fine loro ti calpestano ogni misero pezzo del cuore.
- Allora non chiamarmi ragazzina, non sei abbastanza grande per farlo. - ribatté, distraendolo dai suoi pensieri. 
- Ma non ti chiamavo ragazzina perché sei più piccola di me, - iniziò, avvicinandosi abbastanza da bloccarla tra la parete grigia e il suo braccio, che aveva appoggiato a quella.
- Lo facevi perché sei così stupido da credere che sia sexy? - la ragazza davanti a lui inarcò un sopracciglio, ordinandosi di non agitarsi, in fondo era solo un ragazzo bellissimo più vicino a lei di chiunque altro, esclusi sua madre e i dottori, fosse mai stato.
- Non lo è? - domandò, aspettandosi una risposta che non arrivò.
Poteva sentire il suo respiro farsi pesante, causa la distanza ormai quasi nulla, e poteva anche vedere un sorrisino soddisfatto formarsi sul suo viso chiaro.
Ma, come quello apparve,  sparì nel giro di pochi secondi, poiché quando le porte dell'ascensore si aprirono per l'ennesima volta, Tess sgattaiolò fuori il più velocemente possibile, approfittando del suo momento di confusione per urlargli un - No, è solo stupido! - di risposta, prima di correre giù per le scale, rischiando di cadere e di rompersi qualcosa.
A quel punto Luke Hemmings era davvero convinto che quella fosse nient'altro che una ragazzina, e giocare con lei gli parve molto più interessante di trattenere le lacrime ogni mercoledì. Anzi, Tess l'avrebbe innervosito così tanto che non avrebbe pensato a quello.
Pensava a cosa potesse metterla più in imbarazzo quando, finalmente, arrivò per la seconda volta al piano terra. Un passo dopo l'altro ripercorse la strada verso l'uscita, attento a non perdersi tra i corridoi tutti uguali, e arrivato finalmente davanti alle porte che aveva spalancato due ore prima non poté non notare il curioso quadretto che vedeva protagonisti Tess e... Ashton?
- Come cazzo fai a conoscerlo? - sbottò appena fu a una distanza accettabile.
- Moderi il linguaggio, è in un'ospedale, non a casa sua! - gli sibilò contro un'infermiera grassoccia, con i capelli unti raccolti in una crocchia che andava disfacendosi e il viso paonazzo.
- Scusaci Annabelle, non capiterà più, è solo... - Tess si fece avanti, portandosi appresso un Ashton abbastanza sorpreso, e puntò i suoi occhi scuri in quelli color ghiaccio del biondo.
- Un'imbecille di natura. - concluse, non spostando lo sguardo e piegando le labbra rosee in un sorrisetto vittorioso.
- Non sapevo che conoscessi Ashton, - disse solo, ignorando di proposito l'offesa.
- L'ho conosciuto ieri...aspetta, è lui l'amico che sei venuto  a prendere? - si girò verso il riccio, che annuì con un gran sorriso.
- Già, ma vedo che già avete fatto amicizia quindi è stato tutto inutile... - 
- È una ragazzina, non siamo amici, - precisò Luke, alzando le spalle.
- Guarda, quella è la porta. Sbattici contro, per favore. -  
Con la forza di un uccellino Tess cercò di spingerlo verso le porte di vetro, ma ottenne solo una pioggia di "ragazzina" cantilenati da un diciottenne che non si era mosso di un millimetro.
- Non fare innervosire Tess, Hemmings, muovi il tuo culo verso la mia auto che ti raggiungo in un secondo. - li interruppe Ashton, tirando una piccola sberla sulla testa bionda del diretto interessato.
- Perché? Che devi fare? - 
- Niente che ti riguardi. Addio, non tornare tanto presto! - lo salutò, rivolgendogli un gran sorriso.
- E tu non farti vedere in giro mercoledì prossimo, ragazzina! - rispose, muovendo la mano di rimando e uscendo dall'edificio, per poi essere seguito, qualche manciata di secondi dopo, da Ashton.
- Cosa dovevi fare? - 
- Rilassati, Luke. Com'è andata? - 
- Non evitare la domanda. - 
- Tu stai evitando la mia.
- Ma se...bene, è andata bene. Ora rispondi? - si accese una sigaretta, mentre tutto il peso di quelle ore che non erano andate per niente bene cominciava a farsi sentire. Avrebbe dormito stanotte, o si sarebbe rigirato tra le lenzuola fino al mattino seguente?
- Ieri c'era anche sua madre, e mi ha chiesto di darle ripetizioni. - 
- Ripetizioni? Tu? Ma lo sai che sei stato bocciato due volte? - la bocca di Luke si spalancò fino a far uscire piccole risatine.
- È proprio per quello che mi ha voluto prendere, dice che ho più "esperienze" da insegnare a Tess. - rise con lui, ma senza cattiveria, pensando solo a quanto inadatto fosse Ashton Irwin come ragazzo che da ripetizioni.
- È simpatica, no? - riprese il riccio.
- Chi? -
- Tess, idiota. -
- Ah, lei. Cambiamo argomento, per favore. - Luke scosse la testa, mentre tentava di cancellare un piccolo sorriso dal volto e quello canzonatorio di Tess dalla mente.
- Ti piace, lo sapevo che era il tuo genere. - continuò a punzecchiarlo Ashton.
- Ma che...primo, non è assolutamente il mio gemere, secondo, no, non mi piace affatto perché, terzo, è una ragazzina. Una ragazzina molto acida, tra l'altro. - rispose, annoiato.
- Certo. Però è carina. - 
- Ashton, se vuoi fartela così tanto perché stai chiedendo a me se mi piace?! - si spazientì.
- Perché le ripetizioni sono di algebra e io non so neanche la tabellina del sette, mentre tu hai una madre che ti ha aiutato a diventare un fottuto genietto. - spiegò, implicitando la richiesta.
- Okay, verrò con te. - si arrese Luke, con un sospiro, ripassando mentalmente il numero infinito di favori che aveva fatto all'amico e prese nota di aggiungere anche questo sotto la colonna di favori che valevano il doppio.
 













 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice 
 
Saoooo 
Come state? Spero bene :-)
Eccomi qua,  con il secondo capitolo, pronto prestissimo!
Non so bene neanche io perché lo pubblico così presto, non fateci l'abitudine lol
So, siamo ancora all'ospedale, non proprio una gioia quindi, ma dal prossimo si cambia, così conosciamo meglio sia Luke che Tess ( e anche la madre di Tess. )
Volevo chiedere una cosa importante, e sarebbe davvero super utile se mi rispondeste lol: fino a qui la storia è raccontata da un narratore esterno, ma secondo voi è meglio raccontarla secondo il POV di Luke o di Tess? Lo chiedo perché mi accorgo che a volte può sembrare un po' pesante, quindi ditemi voi, per piacere, cosa vi piacerebbe di più (: 
Cambiando argomento, grazie a tutte quelle che hanno seguito o messo tra le preferite questa storia e anche a chi la sta leggendo! 
Il prossimo capitolo, però, lo metterò seriamente solo dopo due, tre recensioni, perché mi piacerebbe capire se a qualcuno piace o meno questa storia e cosí via... scusate, in genere non piacciono neanche a me queste cose.
Comunque, alla prossima, e grazie ancora di aver letto ♥

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Capitolo 3
*** III. ***



III.







#Luke


Era stata, inutile dirlo, una mattina di merda.
La Posey mi aveva abbassato il voto, che era abbastanza alto da far felice mia madre, e aveva insistito per parlarmi dopo la lezione e chiedermi perché ero stato così incosciente da rovinarmi nell'unica materia in cui non avevo problemi intrufolandomi nel suo ufficio. L'avevo liquidata con una pietosa storia sul valore dell'amicizia perché, almeno ufficialmente, l'avevo fatto per Ashton che di algebra non capiva proprio niente, ma in verità l'avevo fatto perché volevo far capire a tutti che ero sempre il solito Luke, pronto a fare cagate e a essere sospeso più volte di quante veniva segnato presente.
Se avessi saputo cosa mi sarebbe costato, non avrei mosso un dito, al diavolo l'amicizia.
Erano due giorni che dormivo un paio di ore a  notte, e ogni volta che chiudevo gli occhi un certo ricordo mi tormentava fino a quando non mi decidevo ad accendere la luce e a passare le ore che precedevano la sveglia ad occhi spalancati.
Quando oggi l'avevo accennato ad Ashton, nella speranza che mi consigliasse qualcosa che non fosse una sigaretta per calmare i miei nervi e la mia testa, sia lui che Calum e Michael erano scoppiati a ridere e avevano continuato fino a quando al riccio non era venuto in mente che oggi dovevo accompagnarlo da Tess, la ragazzina dell'ospedale.  A quel punto aveva smesso e, nel tentativo di guadagnarsi qualche punto, aveva intimato agli altri di fare lo stesso, ma ormai lo scherzo era andato troppo avanti.
" Ninna nanna, bambino Luke " era diventato un ritornello per i tre, e non perdevano occasione per urlarmelo nell'orecchio.
- Luke, non te la sei presa, vero? - chiese Ashton, raggiungendomi accanto alla sua auto, una Volvo grigia.
- Stai tranquillo, non rivelerò a Tess quanto sei cretino soltanto per una canzoncina, - lo rassicurai, strizzando gli occhi per cercare qualcuno tra la massa di studenti che uscivano contenti, un'abitudine che andava eliminata dal momento che non c'era più nessuno da cercare.
- Guarda che non me la voglio fare. Monta, che passiamo prima da me, - mi ordinò, lasciandomi perplesso.
- Fammi capire, io ti sto salvando il culo con una ragazza alquanto acida per...? -
- Perché ho bisogno di soldi. Voglio andarmene, Luke. Ho bisogno di andarmene almeno per un paio di mesi, quest'estate. - disse, improvvisamente serio.
Ashton Irwin adorava l'Australia, non ho mai pensato che potesse, un giorno, andare a vivere altrove. Ma da questa scuola, dai soliti posti dove incontravi la solita gente, dalle persone che ti mostravano facce diverse a seconda di cosa volevano da te, da tutto questo Ashton voleva andarsene, e come lui, tutti noi. Solo che non ci avevamo ancora pensato sul serio, fino ad allora.
- Se non soddisfo Tess allora non mi pagherà più e...no, non intendo soddisfarla in quel senso, coglione, togliti quel sorrisetto dalla faccia. - rise, e lo seguì a ruota, mentre la radio cominciò a gracchiare  una canzonetta pop che avevo sentito fin troppe volte.

Circa quaranta minuti dopo e un lungo discorso sulla festa di quel sabato, che si sarebbe svolta a casa della stronza ex ragazza di Calum, Ashton parcheggiò la macchina davanti a una casa abbastanza piccola, con un giardino sul retro e le mura color bianco sporco, o forse semplicemente un tempo erano bianche e quando con il passare degli anni si erano sporcate nessuno si era preso la briga di ridipingerle. Queste cose, insignificanti e più che normali, soprattutto nel tranquillo quartiere dove eravamo, mi mettevano sempre a disagio: a casa mia ogni sei mesi, a volte anche meno, c'era un restauro generale di tutte le cose che secondo mio padre non andavano, e si rivelavano sempre essere più del previsto.
- Smonta e per piacere, Hemmings, non fare troppo lo stronzo. - pregò Ashton, come se fosse facile non rivelare la mia natura a una ragazza come Tess, e d'altronde me l'aveva chiesto lei di comportarmi come se non fosse malata.
- Ash, tu sai che cos'ha? - chiesi, aprendo la portiera e guardandomi intorno, cercando qualche dettaglio che mi ricordasse la mia casa.
- Intendi che malattia? - annuì, incitandolo a continuare. - A otto anni le hanno diagnosticato una forma di leucemia, il nome c'entra con il miele mi pare, e due anni dopo la chemio e altre robacce hanno iniziato a funzionare e ora sta tenendo sotto controllo la situazione grazie alle cure alternative di sua madre, o una cosa del genere. Insomma, ora sta bene e vuole riprendere ad andare a scuola, per questo siamo qui. - spiegò, velocemente e con indifferenza, mentre io ricapitolavo incredulo. Mi aveva fatto credere di essere malata! Okay, non me l'aveva detto esplicitamente ma me l'aveva fatto capire, e io ero stato così ingenuo da crederle, il che mi faceva alquanto incazzare.
- Ti muovi? - mi accorsi che Ashton era già davanti alla porta scura e stava per suonare il campanello.
- Arrivo, - borbottai, mentre una voce squillante all'interno della casa diceva la stessa cosa.
- Ashton! Sei in perfetto orario, noi Lowe non siamo abituate a questo, ma alle donne piace essere sorprese, quindi...e tu devi essere Luke! Frizzola di conoscerti, ma venite dentro, fa freddo. Tessa! Sbrigati e vieni giù che ci sono i tuoi amici! -
Sia io che Ash restammo fermi in piedi, increduli.
La donna che ci stava davanti vestita solo di una vestaglia di un materiale che sembrava seta aveva al massimo quarant'anni, e lo potevi capire dalle piccole ma profonde rughe che aveva attorno agli occhi e sulla fronte, ma se guardavi solo gli occhi, di un'azzurro brillante, le avresti dato venti anni in meno.
- Che diavolo vuol dire frizzola, - chiesi sottovoce, incapace di dire altro ed entrando in casa.
La temperatura era assai diversa, il riscaldamento sembrava acceso al massimo, e l'aria profumava di incenso spento da poco.
- Tessa! - urlò di nuovo la donna, sporgendosi verso le scale davanti all'ingresso.
- Tessa? - domandai nuovamente, - Credevo si chiamasse Tess. -
- Tessa non le piace, - alzò le spalle lei, avviandosi verso la cucina e facendo segno di seguirla.
- Io mi chiamo Charlotte, invece, ma potete chiamarmi Lottie o semplicemente mamma, o come vi pare insomma. - rise da sola, piano, e io guardai Ashton sempre più preoccupato.
Dove diavolo mi aveva portato?
- Arrivo, tu non dirmi che sei ancora in vestaglia! - sentimmo gridare di rimando dal piano di sopra, e riconobbi all'istante la voce di Tess, e mi sembrò di averla sentita in continuazione da quando me n'ero andato dall'ospedale. Fastidiosa come cosa.
- Perché? - la madre fece una piccola smorfia.
- Perché Ashton ti avrà scambiato per una prostituta e se non l'ha fatto lo farò io! Ti porto giù una tuta! -
- Una tuta... - sospirò ma presunta prostituta, con fare tragico, - che orrore. Mi sento invecchiare di dieci anni solo indossandola. -
Si girò verso i fornelli e mise a bollire un po' di acqua, probabilmente per fare del tea, mentre io e Ash stavamo in piedi imbarazzati e indecisi su cosa dire, ma a salvarci, se così si può dire, arrivò Tess, o meglio, Tessa.
- Ecco, vai pure a vest...cosa ci fai qua, tu?! - spalancò gli occhi scuri e mi rilassai inconsapevolmente quando li vidi.
- Ciao anche a te, Tessa. - sottolineai il suo nome con una punta di orgoglio, perché sapevo che non le sarebbe piaciuto.
- Non chiamarmi così, non mi piace. - disse infatti, raggiungendo la madre e porgendogli una tuta da ginnastica.
- Perché? È un nome carino, - si intromise Ashton, facendole uno di quei sorrisi per cui molte ragazze della scuola avrebbero pagato per essere al suo posto.
- È un nome da bambina, - chiarì, guardandomi male perché probabilmente intuiva cosa volevo disperatamente dire, solo per infastidirla.
- Va bene, ti chiamerò come desideri, ragazzina, - le sorrisi anche io, vedendola diventare sempre più rossa e arrabbiata.
- Grazie Dio, - ci interruppe sua madre, di punto in bianco, - Finalmente un po' di tensione sessuale in questa casa. -
Scoppiai a ridere, mentre Tess la guardava allibita.
- Stai ringraziando Dio perché un cretino è a casa nostra e mi sta prendendo per il culo? - domandò, mentre ridevo ancora più forte.
- Ma è per questo che sono qui, cara, pensi che ti avrei mandato a scuola dopo che l'ultima volta che ci sei stata avevi otto anni? Devi rifarti la mano nel mondo dei teenager, e sei troppo innocente. - spiegò la donna, pacifica e del tutto cieca alle occhiate di fuoco della figlia.
- Ashton, scusa se non te l'ho spiegato prima ma dev'essermi sfuggito dalla mente. - si rivolse a noi sempre sorridendo.
- Si figuri, signora Lowe, ma non ho ben capito quale sarebbe il mio compito, - si passò una mano tra i ricci come faceva sempre quando era confuso, il che capitava spesso.
- Ripetizioni di algebra, è l'unica materia dove Tessa non riesce bene. Ma, soprattutto, devi aiutarmi a rendere mia figlia un po' meno, come dire, pura. -
A quel punto non resistetti e mi uscì una risata, non del tutto contenuta.
- Ecco, tu mi sembri il ragazzo più adatto per questo compito, Luke, quindi se volessi venire anche tu te ne sarei grata. Purtroppo mia figlia non ha più idea di come funzioni la vita a scuola, a meno che non sia come su quelle serie di MTV, perché allora la conosce benissimo.  - spiegò, facendomi persino l'occhiolino.
Mi stava davvero assumendo per parlare a sua figlia di come sopravvivere al liceo?
- Non so che dirle, signora, sarebbe un piacere. - le sorrisi, contento.
- Mamma, - solo allora sentimmo il sibilo di Tess, infuriata.
- Lasciati andare, amore. Lasciati andare. - e con un buffetto sulla testa della figlia uscì di scena.
- Non so davvero cosa dire, - cercò di scusarsi lei, parecchio imbarazzata.
- Tua madre è davvero simpatica, - la rassicurò Ashton, - Mi piace. -
- Se le stai dando della milf, quella é la porta. Non voglio pensare a mia madre in quel modo. - fece una smorfia, mentre il mio amico sorrideva furbo.
- Non ci penserai perché non te lo dirò, - le garantì, portandosi due dita sul cuore e facendo assumere loro la forma di un cuore.
- Che schifo, - gli diede una piccola sberla sul braccio, sorridendo, e come due giorni prima mi ritrovai a pensare che aveva davvero un bel sorriso, e senza aver addosso uno di quei rossetti rosa acceso a cui ero abituato.
- Tessa posso chiederti se hai qualcosa da mangiare? - chiesi, attirando la sua attenzione.
- Dovrai mangiarti le palle se continui a chiamarmi così, magari ti aiuto a tagliarle, - risi mentre lei, contrariamente a quanto aveva detto, aprì qualche cassetto e mi lanciò due pacchi di biscotti Oreo.
- Allora in fondo ce l'hai un cuore, ragazzina. -  la presi in giro, ottenendo un dito medio di risposta.
- So che è chiedere troppo, ma puoi fare quello per cui sei venuto qui? E non intendo raccontami favolette sul liceo come ti chiede mia madre, intendo insegnami qualcosa sull'algebra e te ne sarò per sempre grata. - sbuffò lei, aprendo un pacco di biscotti e mangiandone uno.
- D'accordo, ce l'hai una calcolatrice? -

Due ore dopo, Tess si arrese.
- Sei sicuro che non posso evitare di fare matematica? - chiese, per la centesima volta.
- È una materia obbligatoria, il che significa che devi farla. -
- E se dico che ho avuto il cancro? -
Qualche minuto prima le avevo fatto notare che mi aveva preso in giro, facendomi credere che era ancora malata, e lei aveva semplicemente sorriso, come se bastasse per non farmi essere più arrabbiato.
- Te la fanno fare lo stesso, - rispose Ashton, divertito.
- Non ci capisco niente. - sbuffò, accasciandosi sulla sedia.
- Non è così difficile, dai, - le diedi un colpetto sul braccio.
In effetti, quel sorriso e la totale disabilità in matematica avevano fatto sbollire quello che restava della mia incazzatura.
- È una tortura, Hemmings. - specificò, guardandomi negli occhi e sbuffando.
- Beh almeno hai imparato qualcosa oggi, - aggiunse Ashton.
- Davvero? Cosa? - domandò scettica.
- Stai per caso mettendo in dubbio le mie capacità, ragazzina? - corrucciai la fronte.
- No, tu sei bravo. - ammise, a malavoglia. - A proposito, come mai sei così bravo? Ti sei fatto l'insegnante? -
- Questo è il genere di cose che vedi su MTV ma che nella vita reale non succedono. Nella vita reale le insegnanti sono brutte, - chiarì Ashton, e io annuì d'accordo.
- In più quella di matematica mi ha beccato mentre cercavo di fare una foto al compito del giorno dopo, ecco perché devo andare ogni mercoledì all'ospedale, - le spiegai, mentre la osservavo che cercava di non ridermi in faccia.
- Puoi ridere se vuoi, - le sorrisi, prendendomi il piercing tra i denti e cercando di non scoppiare a ridere a mia volta. Il mio grande gesto, detto ad alta voce, suonava più come una bambinata che un atto di coraggio in nome dell'amicizia.
- Nah, ti arrabbieresti e mi daresti della ragazzina, - disse lei, e si girò dall'altra parte mentre gli occhi ancora le brillavano.
- Comunque, a Luke non piace stare in ospedale. - dichiarò Ashton, aprendo in due e mangiando l'ennesimo biscotto.
- Davvero? - chiese Tess, girandosi di nuovo, questa volta con una punta di delusione ben visibile nelle iridi scure.
- È che non sono a mio agio, - cercai di difendermi, imbarazzato, ma sembravo uno di quei bambini che rivelano che andare a messa non li piace e vengono accusati dalle vecchiette di essere figli del diavolo.
Magari lei non mi stava guardando come fossi un diavoletto, ma era chiaro che era almeno un po' delusa.
- Capisco, se non ci sei abituato può essere davvero disorientante, però ci sono delle belle persone, e i bambini sono simpatici. - provò a dire, indecisa.
- Vero, - l'affermazione di Ashton la rese più sicura e mi ritrovai a sospirare. Per lui era facile, si trattava solo di giocare un po' con dei bambini, doveva solo disegnare qualche dinosauro e il gioco era fatto.
- Lo so, - iniziai, cercando le parole adatte, - non sono le persone in sé, o l'ambiente, è che... -
- Che vedi la malattia prima della persona? - mi suggerì Tess, cogliendomi di sorpresa.
- Sì. - mormorai. Era questo il punto, non era questione di passare del tempo con alcuni bambini innocui, era passare il tempo con delle persone che da una settimana all'altra avrei potuto non rivedere più, erano malati.
Era pensare queste cose che mi faceva sentire una merda e mi teneva sveglio la notte, perché non potevo prenderla come Ashton? Vederli per ciò che erano veramente?
- Toc, toc! - squillò la madre di Tess, che avevamo scoperto chiamarsi Lucy, senza però bussare veramente.
- Interrompo qualcosa? Siete tutti seri, col broncio, - ci sorrise e Ashton fece un gran sorriso di risposta, beccandosi una gomitata da parte di Tess.
- Posso vedere quello che stai pensando. Smettila subito, - sussurrò, mentre ridevo sottovoce e il riccio si scusava.
- Avete concluso qualcosa? - chiese di nuovo, osservando rassegnata le confezioni di Oreo. Ci erano state spiegate le cure alternative della madre, che comprendevano un'alimentazione super sana, ma ci era anche stato detto dell'insana passione per quei biscotti al cacao, che erano l'unica "schifezza alimentare" tollerata in casa Lowe.
- Sì, che non ti fanno saltare le ore di matematica anche se hai avuto la leucemia, - si lamentò Tess, pregando la madre di scrivere al presidente Obama di togliere algebra dalle materie obbligatorie. Un discorso senza senso che fece ridere tutti quanti e imbestialire colei che lo stava pronunciando.
- Ashton, se vuoi venire di là ti dovrei dare una cosa... - e così Lucy sparì in soggiorno, mentre il mio amico si illuminava tutto.
- Deve solo pagarti, idiota, - gli spiegai, mentre la luce piano piano si spegneva e lui seguiva la donna in un'altra stanza.
- Comunque è normale. - iniziò Tess, una volta soli.
- Guardare quei bambini e vedere solo il cancro, o qualunque sia la loro malattia, - chiarì, mentre impallidivo di colpo.
- Capita a tutti, e intendo proprio a tutti. Se ad Ashton non è capitato ora, capiterà quando la sua bambina preferita, passami il termine da pedofila, tornerà sulle sue ginocchia senza capelli o Samuel, quello che ti chiedeva di disegnare i dinosauri, tra una settimana sarà troppo stanco per chiedergli qualunque cosa. Capita a tutti, è una gran rottura e ti complica la vita, ma non fartene una colpa, Hemmings, perché è la cosa peggiore che tu possa fare. Ti abituerai, tra qualche settimana non la vedrai più così. - spiegò, con l'aria di chi stava elencando la lista della spesa, mentre mi stava togliendo un enorme peso dal petto.
- Io... -
- Tuttavia a volte è troppo. Se vuoi posso parlare con i tizi che reclutano i volontari. - e qui mimò delle virgolette con le dita, - Credo abbiano un debole per me, potrei dire loro che stai scontando la tua punizione facendomi ripetizioni, magari questo basterebbe per non farti più venire in ospedale. - continuò, sempre con tono tranquillo, quasi indifferente.
- Io... - ripetei, senza sapere davvero cosa dire.
- Non rispondermi subito, pensaci su se ne hai bisogno. -
La guardai fisso quando si girò, incredulo per la piega che avevano preso le cose. Quella ragazza mi stava offrendo una via di fuga dai miei incubi. Dall'ansia che mi attorcigliava lo stomaco al pensiero di passare altre sessantotto ore dentro quell'edificio.
- Grazie. - dissi, e fu forse il ringraziamento più sentito che avevo pronunciato fino ad allora.
Lei alzò le spalle, sorridendo appena.
- Non è niente. Grazie per la matematica, - rispose, togliendomi l'ennesimo peso dal petto.
- Però non chiamarmi più ragazzina. - si girò di colpo e mi puntò contro un dito chiaro e lungo.
- Ma lo sei, - ghignai, in parte sollevato che la tensione che c'era si fosse sciolta.
- Hai due anni in più di me, non hai abbastanza esperienza in più per chiamarmi così, - si impuntò, e mi avvicinai a lei.
- Ti assicuro che ho molta, ma davvero molta, esperienza. - sorrisi, coprendo sempre più distanza.
- Quella in campo sessuale non vale, - si impose, incrociando al petto le braccia.
- Ah no? E quale dovrebbe valere? - chiesi nuovamente, ormai a poco meno di dieci centimetri da Tess.
- Quella...ehm, quella in campo... - tentò di dire.
- Sto aspettando, - sorrisi ironico, fermo in un punto da cui potevo vedere bene le sfumature scure nei suoi occhi.
- Luke? - chiamò Ashton all'improvviso, per poi entrare dopo una frazione di secondo.
- Ho interrotto qualcosa? - chiese, con una luce strana negli occhi. Mi avrebbe torturato per giorni dicendo che ci stavo provando con Tess, ne sono sicuro.
- No, Ashton. Che c'è? -
- A che ora è la festa domani? -
- Andate ad una festa? - si intromise Tess, con un'espressione così da bambina in faccia che mi balenò, per un secondo solo, l'idea di chiederle se voleva venire con noi.
- Già, non ci sei mai andata? - volle sapere Ash, e già lo maledicevo mentalmente.
- Sì, con tutti gli amici che mi sono fatta facendo la spola tra ospedale e casa per otto anni ne ho fatte decine, oserei dire centinaia. - ironizzò lei, con una punta di malinconia nella voce.
- Non hai amici? - continuò imperterrito. Che razza di domanda era?
- Ho una migliore amica, e qualche conoscenza, ma niente di che. - sbottò lei, parlando di quello che era, evidentemente, un punto dolente per lei.
- Come tutti, quindi. - dissi, con il malsano desiderio di non farla sentire troppo fuori posto.
- Già. - tagliò corto, imbarazzata.
- Comunque Luke, dobbiamo andare da Cal il prima possibile. - dichiarò Ash, affrettandosi a salutare Lucy e Tess e a ringraziarle, con la promessa che saremmo tornati il venerdì dopo.
Appena usciti da casa mi accessi una sigaretta e pregai Ashton di aspettarmi appena dietro l'angolo, e lui capì che era uno di quei momenti in cui avevo bisogno di respirare e basta e fece come gli avevo chiesto.
Mi appoggiai al muretto davanti a casa di Tessa e presi una lunga boccata di fumo, aspettando la sensazione di pace che mi avrebbe dato la nicotina una volta entrata nei polmoni.
Subito dopo il primo tiro, però, venni interrotto.
- Vattene, stupido gatto, e non provare ad avvicinarti, - la voce della ragazza con la quale avevo parlato poco prima mi costrinse a voltarmi.
- Non fissarmi così. - ordinò lei a un gatto randagio che, seduto a qualche metro da lei, le teneva gli occhi addosso.
- Ho detto di non fissarmi così! - ringhiò, facendo assurdi gesti con le mani per mandarlo via.
- Non ti mangia mica, -
Non resistetti alla tentazione di interrompere quell'esilerante quadretto.
- Lo so ma...fanculo, mi fanno paura i gatti. - confessò, avvicinandosi.
- E poi non dovrei darti della ragazzina... - sospirai teatralmente, godendomi la sua reazione.
- Non c'entra niente, - si innervosì, ma dopo poco si calmò.
- Cosa ci fai ancora qua? -
- Avevo bisogno di un momento da solo, - spiegai, mentre le sue guance prendevano colore.
- Scusa, torno dentro. - incespicò sulle parole e sui suoi passi mentre tornava dentro casa.
- Non fa niente, puoi restare. - aspirai di nuovo.
- Mh, okay. - si mise accanto a me, in silenzio.
- Puoi anche parlare, se vuoi. - la incitai, divertito dal suo imbarazzo.
- Cosa dovrei dire? -
- Anche qualcosa di stupido va bene. -


- Dammele. - gli ordinò, di punto in bianco, spezzando il silenzio un po' imbarazzato che si era creato.
- Che cosa? -
- Le istruzioni. - ribadì, ostentando un gran sorriso, come se stesse dicendo qualcosa di ovvio.
- Credo di essermi perso qualcosa. Istruzioni per...? - gettò a terra il mozzicone della sigaretta accesa poco tempo prima e si avvicinò ancora di più, stranito ma curioso.
- Per vivere. -
- Tu sei pazza. - spalancò gli occhi color ghiaccio, pensando all'assurdità della richiesta.
- Può darsi, - gli concesse, - tu però dammele lo stesso. -
Tess si avvicinò così tanto che Luke poté vedere un pizzico di preghiera nei suoi occhi scuri, ben nascosto, e ignorando le domande che stavano affollando la sua mente annuì in fretta, senza pensare alle conseguenze che quel gesto avrebbe portato.
- Okay. -


















Angolo autrice

Buonasera a tutte ma, più importante, buon anno! ( scusate il  ritardo )
Eccomi qua col terzo capitolo, dopo soloquattro giorni, sono o non sono stata super brava? Scherzo, so di non esserlo stata lol
Comunque, come avrete visto questo capitolo, a parte il pezzo finale, è tutto Luke's POV. Come vi sembra? Preferivate il narratore esterno? Help me perchè davvero dipende tutto da voi, meow
Altra domanda importante, stavo pensando di invece di mettere come nome del capitolo solo il numero romano potrei mettere una frase di una canzone della quale riporterei un pezzo all'inizio, e che ovviamente c'entra con il capitolo. Pollice su o pollice giù?
Aiut mi sento come se vi sto tartassando lol
Comunque, se siete arrivte fin qua, GRAZIE.
Se avete recensito o state per farlo, GRAZIE.
Se state seguendo/preferendo/ricordando la storia, GRAZIE.
Vi cuoro.

Il quarto capitolo arriverà sempre dopo un paio di recensioni, ci terrei molto a sapere cosa ne pensatedi questa storia, soprattutto se avete qualche critica, ma non vorrei davvero sembrare interessata solo a questo o cose del genere.
Grazie a tutti voi people from Ibiza che state leggendo, besos ( e pesos )
Alla prossima *heart emoji*

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Capitolo 4
*** III. ***


III.
 
 
 
 
 
 
L'ultima volta che Tessa Lowe era entrata in una scuola era stato quando aveva dodici anni ( e tre quarti ) e si era convinta che andare a prendere la sua migliore amica all'uscita sarebbe stata un'idea a dir poco geniale, ma al contrario era stata a dir poco traumatizzata. 
Il persistente odore di lucidalabbra alla fragola del bagno delle ragazze le era rimasto nel naso per giorni, mentre la figura di due ragazzine dai capelli biondi che si annodavano la camicia sulla vita nel tentativo di apprire più attraenti ancora le tornava in mente e sapeva che le avrebbe riviste dopo qualche anno su un trafiletto di un giornale locale che parlava dei matrimoni perfetti di ricconi considerati "scapoli d'oro".
Ora, mentre camminava accanto alla stessa migliore amica che non aveva gradito affatto la sorpresa fatta quattro anni prima per raggiungere la fermata dell'autobus, sentiva il panico che le stringeva lo stomaco e le venne voglia, per la centesima volta in quei giorni, di fermarsi a vomitare. 
Poteva fingere di avere il "giorno time out", come lo chiamava sua madre, dove era troppo stanca per fare qualsiasi cosa che non fosse dormicchiare davanti alla televisione, ma qualcosa la spingeva a non farlo: era il Gran Giorno, sarebbe finalmente entrata a far parte del gruppo di Normali E Banali Adolescenti Che Si Lamentano Della Scuola E Non Hanno Il Cancro, e aspettava questo momento da una vita. 
Fino ad allora aveva studiato a casa, ottenendo buoni risultati, e non se n'era mai lamentata perchè non era affatto pronta a lasciarsi alle spalle la vita che era riuscita a costruire tra mille difficoltà: l'ospedale, dove era una specie di celebrità, e tutti i medici e le infermiere e anche qualche inserviente tenevano a lei come un nonno tiene alla sua nipotina, la vita tranquilla con sua madre, senza nessuna interferenza, le amicizie che non diventavano mai troppo strette.
A Tess il suo piccolo, monotono mondo andava bene perchè aveva visto tutti gli altri scomparire: il mondo con suo padre, il mondo pieno di caramelle e giocattoli, il mondo dove tutto era normale.
 
- A che stai pensando? - cinguettò Caroline, senza attendere davvero una risposta.
 
- Ho paura, credo. - confessò lei, mentre la faccia dell'amica diventava una maschera di compassione.
 
- È un grande passo, tesoro, ma ci sono io accanto a te! Ti farò conoscere un sacco di gente e vedrai che in quattro e quattr'otto ti abituerai a tutto questo! - le strinse un braccio mentre faceva un piccolo cenno al bus che era comparso in fondo alla strada per chiedergli di fermarsi.
 
- Grazie, Carol, - disse Tess, sinceramente grata all'amica che l'aveva distolta dai troppi pensieri che le affollavano la testa e che l'avrebbe aiutata almeno un poco anche a scuola.
 
- Vieni, sediamoci in fondo, ti faccio sentire la canzone che ho scelto per il tuo primo giorno. - e dicendo così le spinse nell'orecchio una cuffietta color rosa e fece partire un brano pop del suo cantante preferito.
 
 
 
#Luke
 
 
 
 
Nessuno riusciva a stare attento durante Letteratura, e ognuno cercava di restare sveglio a modo suo. 
Di solito Calum si sedeva accanto a me e mi parlava di come Caroline, la sua bella ex, dopo che l'aveva mollato era diventata ancora più somigliante ad un'oca starnazzante, cattiva e sempre con la bocca aperta, anche se non era ben chiaro per fare cosa, ma quel lunedì Calum era troppo incazzato per parlarmi e a me non rimaneva altro che fare finalmente quello a cui avevo pensato per buona parte del weekend, con eccezione delle ore che avevo passato insieme ad Ashton a casa proprio di Caroline, all'insaputa di Cal, per partecipare a quella che si era rivelata una festa abbastanza noiosa.
 
"1.", iniziai a scrivere, " Non innamorarti MAI, non fino a quando non hai l'età giusta. Fino a quando non sarai uscita dal liceo devi pensare solo a divertirti, perché se ti innamori adesso sei fottuta e ti rovini la vita, sul serio. ( Ricordami di farti a voce qualche esempio. ) 
 
2. Sii superficiale nel relazionarti: se fai un biscotto a forma di cuore per i tuoi amici quando stanno male loro non lo faranno per te né ti ripagheranno in alcun modo. " 
 
Mi passai una mano tra i capelli, infastidito. Cosa stavo scrivendo? La mia lista sembrava stilata da uno di quei ragazzi arrabbiati con il mondo vestiti di pelle nera che piacevano tanto alle ragazze.
Inoltre Tess aveva bisogno di istruzioni per vivere la sua vita come aveva sempre sognato fare, non per vivere una vita da adolescente depressa.
 
"3. Carpe diem. Se vuoi fare qualcosa ma ti preoccupi per questo e quel motivo, beh, smettila. Fa' quello che hai voglia di fare e fallo al più presto, perché potresti rimpiangere di non averlo fatto."
 
- Che cosa diavolo stai facendo? - grugnì il mio vicino di banco, e mi resi conto che stava osservando da un po' la mia lista.
 
- Niente di che, - alzai le spalle, mentendo. 
 
 
 
- Davvero? Me le darai davvero? - si illuminò Tess.
- Ti ho detto di sì, - mormorai. Cosa mi era preso? La sua era una richiesta a dir poco assurda e io, ancora più assurdamente, avevo accettato di darle le istruzioni per vivere, quando neanche sapevo cosa volesse davvero dire.
Le istruzioni che conoscevo io comprendevano il deludere i propri genitori, essere sospesi da scuola e accendere una sigaretta ogni volta che non mi andava di affrontare un problema, ma non era assolutamente questo che volevo dire a Tess.
- Grazie. Davvero. - la sua voce era così piena di gratitudine che fui costretto a voltarmi e ad osservare il suo volto ora sereno.
- Non sono sicuro che siano quelle giuste, io di solito vivo secondo le regole sbagliate, - mi uscì fuori dalla bocca prima che potessi rendermene conto e me ne pentii subito dopo, perché non erano cose che andavano dette, queste, perché poi ci sarebbero state domande a cui non volevo dar risposta, neanche a lei.
- Però mi sembra che tu stia vivendo bene, - azzardò Tess, facendomi sorridere amaramente.
- Immagino si possa dire così, - annuì, guardando la sigaretta che sarebbe presto terminata e la cenere che sporcava appena il marciapiede grigio.
- Non è la verità? -
- Quante domande, ragazzina, frena! Ho detto che ti scrivo la lista e te la scriverò, punto. - 
- Cristo, Hemmings, ma tu hai sempre il ciclo? - borbottò lei, girandosi piano e ritornando dentro casa.
- Arrivederci anche a te. - bofonchiai ironico, troppo innervosito per salutarla davvero. Più gentile cercavo di essere con lei più cazzate mi ritrovavo a dire o a fare, e non era affatto quello che volevo.
Ma io, in fondo, cosa volevo? Niente. 
La guardai mentre scansava terrorizzata il gatto e tornai verso la macchina di Ashton, impedendo alla mia testa di iniziare a pensare a cose che non volevo proprio affrontare.
 
 
- Chi è Tess? - il tono sempre più curioso ( e sempre meno arrabbiato ) di Calum mi riportò alla realtà, ovvero ad una noiosissima ora di lezione.
 
- Ora mi parli? - chiesi, fingendomi arrabbiato.
 
- Non fare il cazzone come sempre, sto cercando di perdonarti, - ringhiò piano, mentre per l'ennesima volta maledicevo la sua ex per aver ridotto il mio amico un romantico e sempre triste straccio.
 
- Una tipa. Io e Ashton le diamo ripetizioni. -
 
- Una tipa, eh? - 
 
- Esatto. - gli lanciai un'occhiata furente. 
 
- E' una ragazzina, Calum, ha sedici anni e... - mi interruppi di colpo.
 
- Anche Carol ha sedici anni, e non mi sembra tanto una ragazzina innocente, - sibilò lui, colpito sul vivo. 
Come sempre si andava a finire per parlare di lei. 
 
- Beh, lei non è Carol, anzi, è totalmente diversa. - sorrisi appena pensando a cosa avrebbe potuto dire se l'avesse vista, o meglio, che faccia avrebbe potuto fare.
 
- Istruzioni per? - domandò, mentre mi affrettavo a coprire il foglio.
 
- Giuro che se non rimetti i tuoi occhi sul banco non ti pago il pranzo, - 
 
- Okay... -
 
Tornai alla lista, mentre mi accorgevo che era già la seconda volta che pensando a Tess arrivavo a perdermi con la testa.
 
 
 
 
- Guarda là, come si diverte. Troia. - 
Non c'era bisogno di girarsi per capire di chi stava parlando Calum.
Questa storia stava sfiorando il ridicolo e ormai c'eravamo tutti stancati.
 
- Cazzo, ma sei fissato con lei! - sbottò Michael, scompigliandosi i capelli colorati e osservando le ragazze che camminavano senza fretta tra i corridoi.
 
- Dovresti cercarti qualcuno, anche solo per una scopata, - continuò, ammiccando a una mora che fece una risatina.
 
- Ma Hood non si diverte più con queste cose, - lo prese in giro Ashton, - Deve esserci amore, allora sì che diventa, aspetta, com'è che avevi detto?, intenso. Credo che ti chiamerò così, Cal l'intenso. -
 
- Stai zitto, - alzò il dito medio per poi appoggiarsi al mio armadietto, con cui stavo avendo problemi.
 
- Ce la fai ad aprire una cazzo di serratura? -
 
- Ce la fai a non pensare a una cazzo di idiota ventiquattr'ore al giorno? - risposi a tono, ricordandogli che non era proprio la giornata giusta per ascoltarli lamentarsi di ragazze da farsi al buio o chiusi in bagno, oppure a sentir parlare d'amore e di ex. 
 
Mentre scrivevo quella lista mi ero accorto che a ogni parola che compariva sul foglio corrispondeva un mio difetto, un enorme, insopportabile difetto, e mi ero all'improvviso accorto di quanto ero fuori posto.
 Non a scuola, non tra i miei amici, ma nel futuro. Perché a dirla tutta non avevo mai pensato a cosa sarebbe successo una volta che il liceo sarebbe finito: mamma mi avrebbe trovato un'università dove papà poteva comprarmi i voti? Al mio rientro avrei trovato insipide ragazze appena ventenni desiderose di diventare mia moglie solo per quello che avrei ereditato una volta morto mio padre? 
La risposta mi metteva i brividi. 
Non volevo niente di tutto ciò ma era esattamente quello che sarebbe successo, se non avessi escogitato un piano al più presto.
 
- Scusa, Luke. Non mi sembra che tu stia bene, e non volevo... - cominciò Cal, prima di venire interrotto.
 
- Perché l'intero gruppo di Caroline è radunato attorno al suo armadietto? Le è caduto il vibratore? - si sporse Ashton, curioso di scoprire cosa c'era oltre le testa delle ragazze tanto belle quanto insulse che facevano parte del gruppo selezionato della rossa e dei giocatori di football che stavano sempre dietro a loro, nella speranza di rimediare qualche nottata.
 
- È la sua nuova amica, oggi è il suo primo giorno qua, - spiegò Calum, che ovviamente ne sapeva più di noi.
 
- È figa? - chiese Michael, più per abitudine che per altro.
 
- È molto bella, molto più naturale delle altre. - chiarì il moro.
 
- Mr. Intenso, Mr. Intensooo... - cominciò a canticchiare il riccio, sempre più forte, fino a quando perfino qualche testa del gruppo accanto si girò.
 
Non so come feci.
 
Attraverso la schiera di studenti che era davanti a lei la vidi, mentre confusa e imbarazzata cercava di mettersi in punta di piedi per vedere meglio.
 
- Che cazzo ci fai qui?! - dissi sbalordito, abbastanza forte perché lei si accorgesse di me.
 
- Che cazzo ci fai tu qui?! - rispose Tess, allibita quanto me. 
 
- Io ci studio, ragazzina. - mi avvicinai a lei, che sgomitava per farsi largo tra le schiene dei ragazzi.
 
- Io ci vengo per hobby, invece. - sottolineò l'evidenza e mi resi conto dell'assurdità della situazione.
 
Era la mia scuola quella dove doveva iniziare questo lunedì? Era davvero la mia? In effetti era piuttosto vicina a casa sua e questo liceo era uno dei migliori di Sidney, dovevo immaginarlo.
 
- Non credevo che dovessi venire qua... - iniziai, senza sapere esattamente cosa dire.
 
- E io non sapevo che tu frequentassi questa scuola, - ammise.
 
- Staccati da lui, stronzetta. - alle nostre spalle arrivò, all'improvviso, Calum, che era visibilmente irato.
 
- Scusa? - lei alzò un sopracciglio, e se non fossi stato alquanto confuso avrei riso di fronte alla sua espressione infastidita.
 
- Calum perché diavolo ti stai 
comportando da fidanzata gelosa? - chiesi, sperando che cogliesse la sfumatura di avvertimento nella mia voce. 
 
- Tess! - gridò allora Ashton, abbastanza forte da far voltare tutte le persone che passavano di lì in quel momento e a farla arrossire.
 
- A quanto pare siete tutti qui, - commentò ironica, tentando di mascherare l'imbarazzo.
 
- Aspetta, è la Tess a cui stavi scrivendo quella strana cosa delle istruzioni durante la prima ora?! - si stupì Calum, togliendosi l'espressione arrabbiata.
 
A quel punto mi accorsi che ogni singolo ragazzo e ragazza che si trovava in quel punto ci stava guardando come se fossimo i protagonisti di una telenovela e ciò, come si poteva capire dalla tonalità delle guance di Tess, era alquanto imbarazzante.
 
- Tesoro, - si levò un trillo tristemente noto, che fece irrigidire Calum in meno di un secondi, - vuoi spiegarmi come conosci questi quattro idioti? - 
 
- Non mi sembrava la pensassi così su di me quando hai deciso che volevi ballare venerdì sera, - ridacchiò Ashton, mentre io sgranavo gli occhi e li puntavo in quelli scuri davanti a me.
 
- Sei una sua...amica? - sputai fuori, ancora più incredulo di prima. E pensare che poco prima avevo creduto che l'avrebbe odiata se mai l'avesse incontrata.
 
- È la mia migliore amica, Hemmings, e ha avuto il cancro quindi non trattaria cosí, - la voce di Caroline si incrinò platealmente sulla parola "cancro".
 
Se possibile, la odiai ancora di più: aveva davvero detto in mezzo a un corridoio pieni di gente che la sua amica era stata gravemente malata? 
 
Guardai ancora più stranito la bionda che guardava fisso il pavimento, prendendo grandi respiri.
 
- Smettila con questa storia, - mormorò, abbastanza forte da essere sentita sia da me che da Caroline, che però decise di ignorarla.
 
- Io ho fame, vado in mensa. - continuò, girandosi e quasi correndo via da noi.
 
 
 
 
#Tessa
 
 
 
 
- Tesoro, aspetta! Noi non mangiamo in mensa! - sentì gridare, ma decisi di ignorarla proprio come lei aveva fatto con me.
 
Perché non stava zitta un secondo soltanto? L'avevo già provato sulla mia pelle, il lato da protagonista di Carol, fin troppe volte, come avevo già dovuto interpretare innumerevoli altre volte la parte dell'amica malata per cui lei, con la sua indicibile compassione, aveva fatto di tutto.
La cosa che faceva più male era che lei mi aveva davvero aiutato: migliori amiche dalla prima elementare, aveva presto imparato come distrarmi quando le infermiere trafficavano con la flebo, cosa dirmi prima degli esami medici, come intrufolarsi nella mia stanza dopo l'orario di visita. 
Senza quei momenti, senza la speranza di poter essere come lei, avevo la sensazione che mi sarei spenta e avrei continuato a vivere la mia vita da Adolescente Che Ha Avuto Il Cancro invece che buttarmi sulla vita da Normale E Banale Adolescente Che Si Lamenta Della Scuola E Non Ha Il Cancro.
Ero incapace di arrabbiarmi per tutte le cose che mi aveva fatto in questi anni perché erano ciò che mi aveva dato una parvenza di normalità, lei era la mia briciola di realtà che mi impediva di disconnettermi da ciò che mi circondava.
 
- E dove mangiate? - gridai a mia volta, senza nemmeno girarmi.
 
- É un posto segreto, tesoro, porta il tuo pranzo e seguici. - Caroline ammiccò e aspettò che mi avvicinassi a lei.
 
- Devo andarlo a comprare, il pranzo. - specificai, mentre le sue labbra lucide si piegavano all'ingiù.
 
- Lo sai che cosa ha dentro il cibo della mensa? Tanto, tantissimo grasso e un sacco di calorie. - disse schifata.
 
- Esattamente quello che mi piace, - le sorrisi, trattenendomi dal dire qualche parolaccia. 
Mi aveva pregato di essere educata davanti agli altri.
 
Sentì la risata leggera di Luke seguirmi fino in fondo al corridoio, mentre Ashton convinceva Carol a non mandare nessuno degli idioti della squadra di football ad accompagnarmi in mensa.
 
- Non sapevo fossi amica di Caroline, - la voce bassa e tranquilla del biondo suonava molto più vicina di quanto credevo. Mi voltai per trovarlo dietro di me.
 
- Mi stai seguendo? -
 
- No, ragazzina, vado solo a mangiare. - rispose, e il mio volto si scaldò. 
Non trovai, però, la forza di replicare: quei piccoli cinque minuti appena passati avevano prosciugato tutta la mia già scarsa energia. 
 
Se c'era una cosa per cui non mi ero proprio preparata, era incontrare gli occhi di ghiaccio di Luke Hemmings. O averlo accanto a me mentre camminavamo verso la mensa. O vederlo infastidito con la mia migliore amica.
Ma mi arresi all'idea di dover dire addio ai miei neuroni, dato che avremmo frequentato la stessa scuola e avrei dovuto quindi vederlo ogni giorno, mesi e mesi da passare con la testa incasinata per colpa sue, e mi preparai all'ardua impresa di entrare e uscire dalla mensa cercando di non badare ai commenti che sarebbero arrivati.
 
- Giusto, scusa. Come conosci Caroline? - chiesi, sperando di avere qualcosa di cui parlare per un po'.
 
- È la ex del mio migliore amico, Calum. - rispose acido, mentre tentavo di ricordare come lui l'avesse lasciata.
 
- Ho presente chi è, l'ha mollata poco prima del loro anniversario, giusto? - 
 
- No, - Luke si fermò di colpo e mi guardò a dir poco confuso. 
 
- Lei ha piantato lui, che ora è uno smidollato depresso e io devo subire le sue lunghissime lamentele. -
 
- Allora dev'essere un'altro Calum quello di cui parli tu, io intendo Calum Hood. - specificai, mentre uno strano presentimento iniziava a farsi sentire.
 
- Calum Thomas Hood. A dire il vero non l'ha nemmeno mollata, lui l'ha trovata a letto con un altro proprio quando dovevano uscire insieme. - spiegò, osservando divertito la mia bocca spalancarsi e formare degli insulti.
 
- Di questo potremmo parlarne tra poco con Calum, direi. Ci sarà da divertirsi. Cosa vorresti mangiare? - cambiò argomento mettendosi in fila e porgendomi sovrappensiero un vassoio. Sorrisi al gesto e alla naturalezza con la quale mi stava parlando. 
 
- C'é l'insalata? - 
 
- Insalata? - ripeté, e io annuì.
 
- È l'unica cosa semplice che posso mangiare, a meno che non ci sia del riso bianco senza olio, - scherzai, mascherando la frustazione per la dieta super salutare che ero costretta a seguire la maggior parte del tempo, e che spesso mi creava non pochi problemi.
 
- Dov'è finita la ragazzina che voleva mangiare solo cibo grasso e ipercalorico? - mi prese in giro.
Risi piano per poi notare un cespuglio verdastro poco più in là. Anche se non aveva un ottimo aspetto, almeno c'era qualcosa di sano là dentro.
 
- Ah, ragazzina. - sospirò dopo un po' e inarcai un sopracciglio per incoraggiarlo a continuare.
 
- Dopo che avrei preso la tua grassa insalata tornerai da Caroline?- 
 
- Non credo. Oltre al fatto che non ho idea di dove sia, non ho la minima voglia di sentire storie su di me anche a pranzo. - sbuffai. Probabilmente mi sarei seduta ad un tavolo semilibero e avrei letto il libro che mi ero portata dietro, ma questo non glielo dissi. 
 
- Allora immagino che ti siederai laggiù, - indicò un tavolo non troppo grande completamente libero.
Mi riteneva così asociale? Probabilmente lo ero, ma insinuarlo in quel modo non era affatto carino.
 
- È dove pranziamo noi. Così io è Ashton ti possiamo presentare Calum e Michael, - chiarì dopo avermi studiato per un po', e sogghignò quando mi aprì in un sorriso sorpreso e sollevato.
 
- Grazie. - dissi sinceramente. Mi stava letteralmente salvando.
 
- Non c'è di che, ragazzina. - 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Salut! 
 
Quante cose ci sono da dire. 
Iniziò subito che se no ne scordo qualcuna.
1- questa storia io l'avevo, ormai, abbandonata. Per quanto ci tenessi l'avevo messa nelle cartelle dei progetti abbandonati e non ci pensavo quasi più. Avevo questo e un altro capitolo pronto ma non avevo neppure voglia di pubblicare, anzi, a dire il vero questo l'avevo pubblicato, ma cancellato dopo un po' perché non mi piaceva per niente, né quello successivo che avevo scritto. Era come se non riuscissi a scrivere davvero quello che volevo, e venisse fuori solo una parte, una misera parte di quello che avrei voluto dire. Essendo appunto questa storia davvero importante per me, non volevo che venisse in qualche modo rovinata da capitoli scadenti e insipidi, così l'ho abbandonata. Di recente, però, mi hanno scritto persone che volevano che continuassi, tutte dal nulla, perfino persone che non sentivo da un sacco di tempo sono venute a dirmi che aspettavano il prossimo capitolo, e sono rimasta sorpresa di ciò perché ero assolutamente convinta che come io l'avevo relegata anche gli altri l'avessero fatto. Ora, probabilmente chi la leggeva l'avrà fatto, e a vedere l'aggiornamento si chiederanno confusi da dove diavolo spunta questa instructions ma non potevo non riprovarci, non potevo. In fondo rivedere per bene e riscrivere due capitoli non mi costa davvero niente e facendolo posso anche capire se sono pronta a continuare per bene questa storia, a riuscire a dire tutti quello che vorrei. 
2-quindi, ci sto provando. Ci provo e non so davvero cosa ne uscirà fuori, vorrei con tutte le mie forze riuscirci ma intanto continuerò a provarci per un po'. 
3-vi ringrazio davvero tanto per la pazienza che avete avuto e che forse avrete, se deciderete di provarci con me.
4-in ultimo, grazie se avete letto questo capitolo, ci terrei molto a sapere cosa ne pensate, soprattutto visti i dubbi enormi che ho, e vi ringrazio se deciderete di dare una possibilità a questa storia e la seguirete.
 
 
Grazie per tutto, credo di avervi nauseato con i miei grazie ma lol, lo penso davvero.
 
A presto, xx

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