Once Upon A Shadowhunter

di _Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Mai più un lieto fine. ***
Capitolo 3: *** Welcome to Storybrooke. ***
Capitolo 4: *** Scomparso. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***



 
Dedico questo
prologo ad Alice♥

 
Prologo
 
 
“Una foresta incantata popolata dai personaggi classici che conosciamo.
O che pensiamo di conoscere.
Un giorno si ritrovarono intrappolati in un luogo dove a tutti era stato rubato il lieto fine.
Il mondo reale.
Ecco com’è andata…”
 
 
-Foresta Incantata-
Un giovane biondo con un lungo mantello rosso cavalcava un cavallo bianco, correndo lungo un sentiero contornato da acque blu.
Andava molto veloce, sfrecciando sul terreno. Entrò poi dentro una foresta, avventurandosi tra gli alberi.
Più all’interno, in un angolo, c’era qualcosa, intorno al quale erano riunite sette figure: sette piccoli uomini.
All’arrivo di lui, tre di loro si spostarono, per permettere al giovane di vedere. 
Intagliata in un tronco d’albero, c’era una teca di cristallo, ricoperta di piccoli rami, dove giaceva una fanciulla minuta, con indosso un leggero vestito bianco; le mani giunte sul petto; gli occhi chiusi e i capelli rossi che si aprivano a ventaglio intorno al suo capo.
L’uomo la guardò: era così bella, anche in quel momento, con i lineamenti rilassati e la bocca socchiusa.
Ma era bianca come…come un cadavere. 
Il giovane sussurrò semplicemente un “no.” 
«Apritela.» ordinò ai sette nani sparpagliati intorno a lui.
«Mi dispiace, non c’è più…» sussurrò in risposta uno di loro, con la voce rotta dal pianto.
Ma il giovane insistette. «Solamente un ultimo saluto.» disse, con gli occhi dorati imploranti.
Silenziosamente, i nani annuirono e sollevarono il vetro.
L’uomo la vide meglio.
Si chinò, e la baciò.
Qualcosa si sprigionò intorno a loro, una sorta di energia, e quando lui si sollevò piano, lei respirò e aprì gli occhi, mostrando le splendidi iridi verdi.
«Mi hai salvata…» mormorò lei, sollevandosi.
«Avevi qualche dubbio?» chiese lui in risposta, con tono leggermente arrogante.
La donna sorrise dolce, come faceva sempre quando era con lui, e poi alzò un sopracciglio.
Il giovane rise. «Lo sai, io ti troverò sempre.»
«Lo vuoi davvero?» chiese lei, gli occhi verdi ancora più brillanti.
«Lo voglio.» disse lui, infilando le dita tra i suoi ricci rossi.
Ripeté quelle parole e quel gesto, in una altro luogo e in un altro tempo, solo che i capelli di lei erano raccolti e decorati da margherite e… si stavano sposando. 
Tutto il regno era presente, disposto a cerchio intorno a loro.
Biancaneve e il Principe Azzurro erano finalmente marito e moglie.
Ma l’applauso di gioia degli abitanti a quella notizia, venne interrotta dal terrore.
Le porte si spalancarono come per magia, ma era davvero magia, perché dietro di essa si celava la Regina Cattiva.
Una donna con boccoli biondi, legati una severa coda alta e laterale.
Indossava un lungo vestito di pelle nera, stretto in vita, che faceva risaltare le sue forme, sotto il quale c’era un pantalone, il che le permise di percorrere velocemente la navata, fino ad arrivare davanti a Biancaneve e al Principe.
«Scusate per il ritardo.» esordì.
La mano di Biancaneve corse all’elsa della spada del marito, ma lui la fermò.
«Non rovinerai questo matrimonio.» chiarì, diplomatico.
«E chi ha detto che voglio rovinarlo?» chiese beffarda la strega. «Avete anche già ricevuto il mio regalo.»
«Ma noi non lo vogliamo!» gridò Biancaneve.
«Peccato.» fece l’altra, ridacchiando. «Perché questo giorno era il mio regalo. Presto, tutto ciò che amate, tutto ciò a cui siete legati, vi sarà portato via, per sempre. E avrò il mio trionfo.» sorrise un’ultima volta, poi si voltò.
«Hey!» gridò il Principe, gettandole una lancia.
Ma lei era già svanita.
 
§
 
Un bambino con i capelli marroni, gli occhi grigi e degli occhiali decisamente troppo grandi per lui, viaggiava in un treno diretto a Boston, con in mano una carta di credito e un grande libro polveroso, con la scritta “Once Upon a Time”.
«Bel libro, ragazzino.» gli disse una signora sorridendo.
«E’ molto più di un libro!» specificò lui.
Scese dal treno e, investito dal clima freddo della città, si strinse nel suo cappotto blu, avvolgendosi la sciarpa a strisce intorno al collo.
A quel punto, iniziò a camminare, alla ricerca di una persona.

Contemporaneamente, quella persona entrava in un elegante ristorante, con indosso uno dei suoi completi migliori.
Il blu della giacca faceva risaltare i suoi splendidi occhi, una nota di colore sul volto pallido, a contrasto con i folti capelli corvini.
Si guardò intorno alla ricerca della sua donna.
Lei si alzò dal tavolo al quale era seduta, con indosso un abito rosa fin troppo aderente.
«Lucie?» chiese.
«Alec?»
Era lei.
Si strinsero la mano e si sedettero, uno di fronte all’altro.
Si erano conosciuti on-line.
Guarda cosa gli toccava fare per lavoro. Sedurre una donna e uscire con lei. Quando le donne non gli interessavano affatto.
«Dimmi qualcosa, di te, Alec.» disse lei con voce cinguettante.
«Uhm…oggi è il mio compleanno.»
Lei parve stupita. «E vuoi trascorrerlo con me? I tuoi amici? La tua famiglia?»
Alec scrollò le spalle. «Sono un tipo solitario. E sono orfano.»
«Sei un orfano sexy.» fece Lucie, e lui dovette trattenersi dall’urlare.
«Ma ora dimmi qualcosa di te.» disse, ma prima che lei potesse parlare, aggiunse: «Aspetta, provo ad indovinare. Tu sei il genere di ragazza che, e 
ti prego,  correggimi se sbaglio, truffa il datore di lavoro, si fa arrestare e lascia la città prima di essere processata.»
Lucie aprì bocca per parlare, ma lui la interruppe. «Ah, ah. Non ho finito. E il peggio spetta a tuo marito, ha pagato parte della cauzione perché ti ama e tu lo ripaghi così
«Chi sei?» sbottò lei.
«Quello che ha pagato l’altra metà della cauzione.»
Lei sfrecciò via, troppo velocemente, pensò Alec, per stare su otto centimetri di tacchi.
Scese in strada e si infilò nella sua auto.
Lui la raggiunse con calma, dato che sapeva che la sua ruota era incatenata per terra.
«Posso pagarti!» si offrì lei.
«Se avessi dei soldi, dovresti darli alla tua famiglia.»
«E tu, cosa ne sai di famiglia?» ringhiò lei.
«Ringrazia che sei una donna, altrimenti avrei già sbattuto la tua lurida faccia sul manubrio dell’auto fino a farti perdere i sensi.»
Chiamò semplicemente la polizia e si avviò a casa con tortino preso da Taky’s, un locale all’angolo.
Lo aprì, poggiandolo sul tavolo e accese una candelina a  forma di stella.
«A un anno pieno di successi.» sussurrò, e poi soffiò.
Il campanello suonò e Alec andò ad aprire, trovandosi davanti un bambino bruno, con grandi occhiali davanti agli occhi grigi.
«Ti sei perso?» chiese lui, immaginandolo.
«Sei tu Alexander Lightwood?» ribattè il bambino.
«Sì.» rispose, stupito dal fatto che conoscesse il suo nome.  «E tu chi sei?»
«Sono Max. Tuo fratello

 
Nota d’autrice:
Salve! Penserete che sono pazza, e molto probabilmente avete ragione.
Perché l’idea di una Shadowhunters!Once Upon a Time?
Semplice, stavo rivedendo il primo episodio e…bam!
Licantropi e stregoni ci sono già, perché non metterci anche gli Shadowhunters?
Ribadisco che questa storia può leggerla anche chi non ha visto Once Upon a Time, perché capirete comunque tutto e c’è una trama sostanzialmente diversa.
Spero vi piaccia!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto
 
Vi invito a recensire, perché mi sono impegnata e crogiolata tanto per riuscire a scrivere questa storia, e mi renderebbe davvero felice ricevere un parere, bello o brutto che sia 

Oggi, un ringraziamento particolare va ad Alice, ossia Life before his eyes, una splendida ragazza che mi ha aiutata tanto, e senza la quale questa storia non esisterebbe 
...e nada, io vado a vedermi la 4x01 e voi intanto recensite e spero di non avervi schifati troppo owo 
Alla prossima,
_F i r e_
 
  
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Mai più un lieto fine. ***



 
Capitolo 1.
Mai più un lieto fine.
 
-Mondo reale-.
«Sono Max. Tuo fratello
Alec sgranò gli occhi e fissò interdetto il ragazzino: Max continuava a stare fermo sulla soglia, spostando il peso da un piede all’altro con un largo sorriso sulla faccia.
Gli fece quasi tenerezza. Gli erano sempre piaciuti i bambini, anche se in quegli anni aveva trascorso la maggior parte del suo tempo da solo, immergendosi nel lavoro. Non era mai stato un tipo socievole, da quanto ricordasse, men che meno in quegli ultimi anni.
Alec dischiuse le labbra per dire qualcosa, anche se non sapeva esattamente cosa. Max dovette interpretare male il gesto, perché si intrufolò sotto il braccio alzato con cui manteneva la porta bianca ed entrò in casa.
«Ehi! Ehi, ragazzino! Ascoltami.»
Max continuava a camminare, girando introno al tavolo.
«Io…io non ho fratelli.» balbettò Alec. «Dove sono i tuoi genitori?»
«Dieci anni fa, hai dato un bambino in adozione per caso? Ero io.»
«Dammi un minuto.» mormorò lui in preda allo shock, mentre correva nella sua stanza.
Si sedette sulla sedia girevole blu dietro la scrivania con il suo computer da lavoro. Era una cosa tranquillizzante, e in quel momento ne aveva assoluto bisogno. 
La verità era che si ricordava. 
Dieci anni prima, aveva diciotto anni. Era maggiorenne, e quindi avrebbe potuto tenere Max, ma non ne era capace. Così lo lasciò all’orfanotrofio, ad adozione chiusa.
Pensava che non l’avrebbe più rivisto.
Ma, evidentemente, si sbagliava.
«C’è del succo di frutta? Vedo nel frigo.»
Scrollò la testa, confuso. Lui era in piena crisi, mentre quel ragazzino faceva come se fosse a casa sua. E tecnicamentelo era.
Uscì dalla stanza, cercando di sembrare il più calmo possibile.
«Uhm…» iniziò.
«Dovremmo andare, non credi?»
«A-andare?»
«Sì!» esclamò Max, posando la bottiglia del succo di frutta per agitare le braccia, come se volesse dire che la cosa era palesemente ovvia. «Voglio che tu venga a casa con me.»
Sgranò gli occhi, forse per la decima volta in quel breve lasso di tempo. «No-io-okay, basta, chiamo la Polizia.»
«Allora dirò che mi hai rapito.»
Per la undicesima volta, Alec sgranò gli occhi. Quel ragazzino era davvero furbo. «E ti crederanno perché io sono tuo fratello.» ragionò ad alta voce. «Non oseresti.» disse con un sorrisetto, specchiando gli occhi azzurrissimi in quelli in po’ più grigi di Max.
«Vuoi scommettere?»
«Mi piaci ragazzino.» disse lui, posando il telefono. «Ma devi sapere, che ho una specie di…superpotere. Riconosco quando qualcuno mente.» fece una pausa, e distese le labbra in un sorriso sornione. «E questo è il tuo caso.»
Riprese il telefono.
Il movimento delle sue dita era accompagnato da un bip ogni volta che premeva un numero.
«Ti prego.» fece Max, con voce supplicante. «Non chiamare la Polizia. Vieni a casa con me.»
Alec non se la sentì di abbandonarlo di nuovo. Il senso di colpa lo stava divorando, e il suo lato protettivo cominciava ad emergere.
Sospirò. «Dov’è casa tua?»
«A Storybrooke, nel Maine.»
Un altro sospiro. «D’accordo, ti riporto a Storybrooke

 
 §

 
-Foresta Incantata-.
Un uccellino si posò sul dito di Biancaneve, cinguettando, ma riprese il volo non appena entrò Jace.
«Biancaneve…non starai ancora pensando a quello che ha detto la Regina?»
Lei abbassò lo sguardo in risposta.
«Ehi.» disse lui, sorridendo. «Stiamo per avere un altro bambino.» le accarezzò la pancia. «Dovresti essere felice come lo siamo io, Alec e tutto il Regno.»
Allora, sua moglie finalmente parlò. Ma non erano parole rassicuranti. «E’ dal giorno del matrimonio che ci penso.»
«Questo è esattamente ciò che vuole! Ossessionarti! Ma erano solo parole.»
Lei chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, forse già stufa di quella conversazione. «Tu non sai di cosa è capace. Mi ha dato una mela avvelenata solo perché ero più bella di lei.»
«Posso aiutarti?» chiese lui piano.
Lei sorrise, quasi soddisfatta. «Lasciami parlare con lui.»
«Con lui?» ripeté Jace. «Intendi-»
«Sì.»
«Non se ne parla. Assolutamente no. E’ troppo pericoloso! C’è un motivo –più di uno- per cui lo teniamo sotto chiave.»
«Ma lui può prevederlo. Tu non puoi assicurarmi che il bambino sarà al sicuro. Lui sì.»
Jace sospirò, sapendo che non avrebbe vinto quella battaglia.
Biancaneve si sistemò i riccioli rossi dietro le orecchie, aspettando una sua risposta.
«D’accordo.»
 
§

-Mondo reale-.
Alec guidava il suo maggiolino giallo, andando il più veloce possibile.
Voleva solo riportare Max a casa, sperando che stavolta ci sarebbe rimasto.
«Ho fame.» fece lui d’un tratto. «Ci fermiamo?»
«Non siamo in gita. Accontentati, ragazzino, avrei anche potuto lasciarti su un pulman.»
«Io ho un nome. Max.» sbottò lui, cominciando a sfogliare un grosso libro rilegato in pelle marrone.
«Cos’è?» chiese.
«Uhm, non credo che tu sia pronto.»
«E’ solo un libro di favole.»
«Queste non sono favole, ogni cosa nel libro è successa davvero.»
«Sì, certo. Tu ne hai di problemi, ragazzino.»
«Vedi se mento.»
Lui lo guardò, ma non notò niente.
«Solo perché ci credi, non vuol dire sia vero.»
«Invece è proprio questo che lo rende vero! E tu dovresti saperlo meglio di tutti.»
«E perché?»
«Perché ci sei anche tu nel libro.»

 
§

-Foresta Incantata-.
Due figure avanzarono verso la cella dello stregone. Indossavano un lungo mantello nero con un cappuccio per coprire il volto.
Ma lui sapeva chi erano.
«Oh oh oh.» disse. «Biancaneve e il Principe Azzurro.»
Loro non si mossero.
«Oh, per favore! So che siete voi! Toglietevi quei ridicoli cosi.» sbuffò.
I due sposi abbassarono lentamente la stoffa nera.
«Siamo qui perché-»
«So perché siete qui!» gridò. «E’ per quello che ha detto la Regina, non è vero?»
«Dicci quello che sai, allora!» gridò Biancaneve ancora più forte lui.
Un sorriso folle comparse sul suo volto, e gli occhi verdi brillarono nel buio. «Ma com’è tesa la Principessa.» la schermì. «Vi aiuterò.» disse, ma prima che i muscoli dei due sovrani potessero rilassarsi, aggiunse. «Ma tutto ha un prezzo.»
«Cosa vuoi?» chiese Biancaneve con i nervi a fior di pelle, avvicinandosi alla sua cella.
«Voglio che mi facciate una promessa.»
«No!» disse Jace immediatamente.
«Accordato.» rispose invece la moglie tra i denti, con la faccia contro le sbarre, a poca distanza da quella del prigioniero. «Parla.»
«La Regina ha gettato un potente sortilegio. Presto sarete tutti in trappola, anzi no, peggio. La vostra sarà la prigione di tutte le prigioni. Il tempo. Quando si fermerà, tutto ciò che amiamo, ci verrà strappato per sempre.» rise. «Saremo intrappolati per l’eternità, mentre la Regina si godrà il suo bel lieto fine. Mentre voi, voi non avrete mai più un lieto fine.»
«Cosa possiamo fare?»
«Noi? Assolutamente niente.»
«E chi, allora?»
«Il vostro primogenito. Portatelo in salvo. Il giorno del suo ventottesimo compleanno, lui vi troverà. E avrà inizio la Battaglia Finale.»
I due sposi si guardarono, annuirono, e si girarono, ripercorrendo il corridoio a ritroso.
«Fermi!» gridò lui, grattando le unghie sulle sbarre di metallo. «Avevamo un accordo! Dovete promettere!»
«Non credo.» rispose gelido Jace, guardandolo solo per un istante. Poi si voltò, e continuò a camminare.
«Signorina, signorina!» gridò allora lui, rivolgendosi a Biancaneve. «Tu sai che ho ragione.»
«Cosa vuoi che prometta?» mormorò lei.
«Prometti che lo proteggerai a costo delle tua vita. Promettilo.»
Le mani dell'uomo tremavano. Quella promessa era tutto ciò che gli restava, la garanzia che non l’avrebbe perso.
Inspirò, con il cuore che batteva forte.
«Lo prometto.»
Espirò, rilasciando il fiato trattenuto.
Non era molto, ma gli bastava.
«E’ la vostra unica speranza.»
Biancaneve annuì, come a voler riconfermare la sua promessa; poi si calò il cappuccio sul volto e uscì dalla galleria seguendo il marito.
«E’ la nostra unica speranza.» sussurrò di nuovo lo stregone, prima di accasciarsi sul pavimento della sua cella.
 
 
 
 
 
 

 

 

Nota d'autrice:
Pubblico questo capitolo alle 23, super di fretta. Mi scuso in anticipo quindi per eventuali errori di battitura.
Mi scuso anche per l'attesa, e spero che questo capitolo sia degno delle vostre aspettative.
Nel prossimo capitolo, vedrete l'arrivo di Alec a Storybrooke. A proposito, avete capito qualcosa in più sui personaggi?
Vorrei davvero sapere cosa ne pensate, mi farebbe un enorme piacere.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto. Ringrazio Ari Youngstairs, Princess Leila, Vampiretta98, Life before his eyes, mrslightwood_, GretaCrazyWriter e Marty060201, che hanno recensito il prologo. Grazie, grazie, davvero, mi avete dato una grande spinta.

Anche oggi, un ringraziamento va ad Alice (Life before his eyes), senza la quale starei a piangermi addosso. So che stai leggendo, grazie per l'aiuto.
Un abbraccio forte ad ognuno di voi lettori.
Alla prossima,
Lucrezia.

 

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Capitolo 3
*** Welcome to Storybrooke. ***


-Dedico questo capitolo alla mia parabatai (quasi) 
Lidia. Grazie dell'affetto e del continuo sostegno.
♥️



 



Welcome to Storybrooke.

 


-Mondo reale, presente-
Alec era in macchina con Max, pioveva e la strada era completamente bagnata.
Dopo un po', finalmente, gli apparve davanti un cartello con la scritta “Welcome to Storybrooke.”
Una volta dentro la città, sembrava di trovarsi una cittadina qualunque; c’erano negozi lungo le strade e piccole ville con giardino.
«Mi serve il tuo indirizzo, ragazzino.» disse Alec, dopo un lugo silenzio.
Max, accanto a lui, chiuse il pesante libro di fiabe con un tonfo. «Abito al numero 44 di via nontelodico.» rispose, sorridendo sornione.
Alec sbuffò e accostò la macchina al marciapiede più vicino, con la testa fuori dal finestrino. Uscì dall’auto e mise un piede a terra; ovviamente, finì in una pozzanghera.
Sbatté la portiera così forte che Max gli fu accanto nel giro di due secondi.
«Senti, ragazzino, è stata una lunga serata e non ho voglia di scherzare…»
Alec si bloccò, osservando meglio il luogo in cui si trovava. Nella piazza in cui si era fermato si ergeva un alto edificio, con in cima un grande orologio tondo.
«Le otto e un quarto?» chiese, stupito. Il tempo era un mistero.
«Non ho mai visto quell’orologio muoversi.» spiegò Max, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Il tempo qui si è fermato…è il sortilegio della Regina. Ha mandato qui tutto il popolo della Foresta Incantata.» disse, scrollando le spalle, con voce saccente, come se Alec fosse particolarmente stupido.
Alec scosse la testa, senza sapere se essere divertito o esaurito. «Perciò… una malvagia regina avrebbe portato qui tutti i personaggi delle fiabe?» riassunse.
Era una cosa paradossale…
«Esattamente.» acconsentì Max, sconvolgendo Alec. «E ora sono intrappolati. Per questo sei qui.»
«Oh no.» pensò Alec. Se Max avesse ripreso a vaneggiare su come lui fosse un eroe, sarebbe scappato. Lui non era mai stato qualcuno. Era una persona normale, nessuno di importante. Come sarebbe potuto esserlo?
«Ma perché non se ne vanno?»
«Non possono: succedono cose brutte a chi ci prova.»
Prima che Alec potesse ribattere, dall’altra parte della piazza, un uomo scese dal marciapiede, correndo verso di loro.
«Max!» gridò.
Aveva un cane bianco con delle macchie nere, un dalmata probabilmente, al guinzaglio.  Lui era un uomo alto, magro ma con le spalle larghe, dalla pelle scura e i capelli castani. Lunghe ciglia spesse contornavano occhi color nocciola, visibili dietro un paio di occhiali marroni. Indossava un largo capotto verde, sopra un paio di jeans e un maglione.
«Va tutto bene?» chiese, rivolto al ragazzino.
«Sì, Jordan, tutto okay.»
A quelle parole lui sembrò rilassarsi; Alec si chiese che tipo di legame avesse con Max.
«E lei chi è?» fece l'uomo, stavolta rivolto ad Alec.
«Qualcuno che sta cercando di riportarlo a casa.» rispose lui, alludendo a Max.
«E’ mio fratello, Jordan.» ci tenne a specificare il bambino, guardando male Alec, che distolse lo sguardo, cercando di non sentirsi in colpa.
«Sa dove abita?» chiese.
«Oh certo.» rispose Jordan, un po’ confuso dalla situazione. Si voltò, indicando una casa nella via alle sue spalle. «Abita proprio lì, la casa del sindaco è la più grande.»
Alec alzò le sopracciglia, guardando Max con un’espressione sinceramente sorpresa. «Oh, sei il figlio del sindaco?»
Lui arrossì imbarazzato, e si sistemò nervosamente gli occhiali sul naso. «Può darsi…»
«Max, non bisogna dire le bugie.» lo riprese Jordan, quasi premuroso. Gli occhi nocciola erano luminosi nel buio. Si accovacciò, per essere all’altezza di Max e guardarlo dritto in faccia. Gli sorrise e sussurrò: «Cedere al proprio lato oscuro non porta mai a niente.»
«Si è fatto tardi.» tagliò corto Alec. «Mi scusi, devo riportalo a casa.» disse a Jordan.
«Ma certo. Buonanotte.» si congedò. «E tu, fai il bravo.» raccomandò a Max, prima di allontanarsi velocemente.
«Lo strizzacervelli?» chiese Alec inarcando un sopracciglio.
«Non sono pazzo.» chiarì immediatamente Max, irritato.
«Infatti non l’ho detto. Solo che…non sembra sotto l’effetto di un sortilegio.» Scrollò le spalle, appoggiandosi alla macchina gialla, in attesa di una spiegazione del ragazzino.
«Lui non sa di essere un personaggio delle fiabe.»
Alec lo guardò con un’espressione incredula.
Il ragazzino sospirò. «Nessuno di loro se lo ricorda.»
«Ma certo.» fece Alec, aprendo la portiera e risalendo in macchina. Non sapeva più che fare con Max. Sembrava crederci davvero. «Va bene, allora starò al gioco. Lui chi sarebbe?»
«Il Grillo Parlante!» rispose lui, come se fosse ovvio.
«Perché ha parlato di bugie…»
«Sì, ma io non sono Pinocchio!»
Alec rise. «Ovviamente. Sarebbe ridicolo, no?»
 
§
 
-Foresta Incantata, passato.-
Il Principe Azzurro era in piedi davanti ad un grande tavolo tondo, attorno al quale erano riuniti sua moglie, Granny, Ruby, Geppetto, Pinocchio, i sette Nani e diversi cavalieri.
«Dobbiamo combattere!»
«Le maniere forti non sono la soluzione.» ci tenne a ricordare il piccolo Grillo Parlante, sul tavolo, sotto una spessa lente d'ingrandimento. «Cedere al proprio lato oscuro non porta mai a niente.»
Il Principe proseguì, imperterrito. «Non è così che si vincono le guerre. Dobbiamo scovare la Regina e spezzare il sortilegio.»
Stava per illustrare il suo piano di battaglia ai presenti, quando notò che Biancaneve intanto scuoteva la testa, seduta sulla sedia con le braccia incrociate strette al petto. «Non c’è speranza. Il futuro è già scritto.» disse lei chiara, senza giri di parole.
Il Principe si passò una mano tra i lunghi capelli dorati. «Il bene deve vincere.»
«E se non vincesse?» continuò sua moglie, torturandosi un ricciolo color rame.
Lui si accovacciò accanto alla sua sedia. Le prese la mano e la costrinse a guardarlo negli occhi. «No, non se staremo insieme. Se credi al sortilegio, devi credere anche alla profezia su nostro figlio. Lui tornerà e ci salverà.»
Un rumore li interruppe: delle guardie con l’uniforme reale stavano trascinando nella sala un enorme tronco d’albero, del quale il Principe a prima vista non capì l’utilità.
Una fata vestita di azzurro, piccola e aggraziata, volò sopra di loro, sbattendo le sottili ali celesti.
«Questo è l’unico modo che ci salverà.»
«Un tronco?» esclamò Brontolo, con un tono di voce tra l’esasperato e il sarcastico.
«E’ un tronco magico.» iniziò a spiegare lei. «Una teca fabbricata con il suo legno respingerà qualunque sortilegio. Geppetto, puoi pensarci tu?»
«Ma certo.» disse l’uomo anziano. «Ce ne occuperemo io e mio figlio.»
Il Principe sorrise a Biancaneve. Riusciva a vedere la luce in fondo al tunnel: forse ce l’avrebbero fatta.
Ma… «Questo sistema, tuttavia, ha un difetto.» disse la fata con gli occhi bassi. «La teca può ospitare una sola persona.»
 
§
 
«Non riportarmi a casa, ti prego.» implorò Max, mentre Alec se lo trascinava dietro lungo il vialetto che portava alla porta della villa.
«Invece sì ragazzino, i tuoi genitori saranno preoccupati.»
«Io non ho un papà, ho solo una mamma, ed è cattiva!» disse Max, mettendo su un enorme broncio.
Alec si fermò, guardandolo in faccia. «Non ti sembra di esagerare?» lo riprese.
«No, lei non mi vuole bene. Fa solo finta.»
«Sono sicuro che non è vero.» disse Alec, scompigliandogli i capelli.
Proprio in quel momento, la porta si aprì. Un uomo dai capelli biondissimi e gli occhi neri stava dietro una donna con dei boccoli biondi fino alle spalle e un tailleur beige, che si precipitò fuori. «Max!» gridò, piena di sollievo, raggiungendo il figlio per abbracciarlo. «Stai bene? Cosa è successo?»
«Ho trovato la mia vera famiglia.» rispose lui, un attimo prima di correre in casa, senza degnare la madre di uno sguardo.
Ad Alec non era sembrata una donna così terribile. Poteva leggere il dolore nei suoi occhi.
Lo guardò, con il trucco sbavato sotto i grandi occhi verdi. «Lei è…?»
«Suo fratello. Salve.» disse, abbozzando un sorriso. Non si era mai sentito così in imbarazzo. La timidezza prese il sopravvento e le sue guance si tinsero di rosso.
«Io vado a…controllare che Max stia bene.» disse l’uomo, e se ne andò.
La donna deglutì. «Le andrebbe un bicchiere di sidro di mele?»
Alec fu schietto, come al solito. «Qualcosa di più forte.»
Entrò nella grande casa, mentre la madre di Max portava due bicchieri di vino.
«Non sapevo chi foste. L’iscrizione era chiusa, ho adottato Max quando aveva solo tre settimane.» spiegò la donna. «Pensavo che la famiglia non volesse alcun contatto.»
«Già.» acconsentì Alec.
«Dovrei preoccuparmi di lei, signor Lightwood?»
«Assolutamente no.»
Lei annuì, sorridendo. «Mi dispiace che sia piombato nella sua vita. Non so cosa gli sia preso. Cerchi di capirmi, da quando mi hanno eletta sindaco, è difficile conciliare lavoro e famiglia…anche lei avrà un lavoro.» disse, lasciando intendere che voleva sapere quale.
«Mi tengo occupato, ecco.»
«Forse sono un po’ severa, ma lo faccio per il suo bene…questo non mi rende cattiva, vero?» continuò lei, come se Alec non avesse parlato. Cominciò a pensare davvero che Max esagerasse. Quella donna non sembrava così cattiva come lui la descriveva.
«No, Max lo dice solo perché è fissato con le fiabe.» rispose, bevendo un altro sorso dal suo bicchiere.
«Fiabe?» domandò lei, stranita.
«Sì, quel libro! Crede che siamo tutti dei personaggi delle fiabe…il suo analista sarebbe il Grillo Parlante.» disse, aspettandosi un commento o una risata, ma invece niente.
«Mi scusi, ma non so proprio di cosa lei stia parlando.»
Alec si arrese. Dopotutto, quella storia sembrava assurda anche a lui. «Sa che le dico? Non sono affari miei, è suo figlio. E io devo proprio scappare.»
«Ma certo.» rispose la donna, aprendogli la porta.
Mentre Alec frugava nelle tasche per trovare le chiavi della macchina, sentì qualcosa tra le mani. Carta. La tirò fuori e la guardò.
Vai da Mr. Bane, lui ti aiuterà
Una calligrafia semplice e ordinata, da elementari.
Max voleva che lui andasse dal signor Bane. Alec non sapeva chi fosse, ma per qualche ragione, decise di andarci comunque.
 
§
 
Alec arrivò davanti al banco dei pegni del Signor Bane.
Sulla porta c’era un grosso cartello con la scritta "CHIUSO".
Poco male, si disse, non gli sarebbe dispiaciuto non parlare con questo misterioso uomo di cui tutti avevamo tanta paura.
Poi pensò a quanto Max ci sarebbe rimasto male, così entrò, senza preoccuparsi di bussare.
In quel posto c’era una gran confusione: sul bancone e sulle mensole c’erano vecchi oggetti di tutti i tipi, ma nonostante il disordine, nel negozio c’era un buon profumo, di sandalo e un altro odore che Alec non riusciva a identificare.
Non appena lo sentì arrivare, l’uomo dietro al bancone –il Signor Bane probabilmente- mise via un oggetto che stava esaminando, con la forma di un uovo e ricoperto d’oro.
Era di spalle, e Alec vedeva solo i suoi folti capelli neri, tra i quali spiccava una ciocca bianca.
«Ehm» mormorò. Mannaggia alla sua timidezza. «E’ lei il Signor Bane?»
«Sì.» disse seccato il diretto interessato. «Ma al momento il negozio è chiuso.»
Si voltò verso Alec, che poté finalmente guardarlo in faccia. Era bellissimo.
Nonostante dovesse avere un bel po’ di anni, sembrava giovane quanto lui. La pelle color caramello era curata e le rughe erano poco pronunciate; lunghe ciglia nere contornavano gli occhi più belli che avesse mai visto. Le iridi erano color verde dorato, e le pupille si dilatarono non appena il suo sguardo si posò su Alec.
Come se l’avesse riconosciuto.
L'uomo spalancò la bocca, ma senza parlare, aspettando che lo facesse Alec. Le guance di quest’ultimo si colorarono di un rosso fuoco. «M-mi è stato detto di venire a cercarla.» deglutì.
Il signor Bane non si mosse e non parlò, così Alec andò avanti. «Significa qualcosa per lei?» chiese.
L’uomo, per tutta risposta, si avvicinò e gli strinse una spalla. Alec si sentì avvampare ancora di più. Il tocco sulla sua pelle era come fuoco.
«Sei reale» disse piano. Le sue mani tremavano. «Tu sei vivo
Alec lo guardò confuso: ovvio che era reale. Si fece coraggio, un’ultima volta. «Mi è stato detto che lei mi aiuterà»
L’espressione del signor Bane si addolcì e i suoi occhi si fecero lucidi. «Oh sì, sì.»
Una lacrima brillante solcò il suo volto, prima che lo affondasse nell’incavo della spalla di Alec, abbracciandolo.
Era molto più alto di lui, e lo avvolse completamente. «Ti proteggerò.» gli sussurrò all’orecchio.
Alec era talmente in imbarazzo che sul suo volto si sarebbero potute distinguere almeno sei tonalità di rosso. Lo allontanò piano, spingendo le mani contro il suo petto. «Scusi, ma…io la conosco?»
Fugaci lacrime continuavano a scendere dagli occhi dell’uomo. «No…ma c’è tempo
Il signor Bane si allontanò, tornando dietro il bancone. Alec gli sentì sussurrare qualcosa, qualcosa di cui non capì il significato.
«Aku cinta kamu»

 


 

Nota d'autrice:
Buonasera :3
Due settimane...mi scuso per il ritardo con cui aggiorno, ma i capitoli di questa storia sono davvero complicati da scrivere, e ci metto un bel po' di tempo, che negli ultimi tempi mi è mancato (causa scuola, chi fa il liceo classico mi capirà).
Passando al capitolo, devo dire che ne sono abbastanza contenta, perchè (1) e uno dei più lunghi che abbia mai scritto e (2) è ricco di avvenimenti.
Il mio preferito, e quello che ho amato di più scrivere, è ovviamente l'incontro dei nostri adorati Malec *_*
Spero che l'attesa ne sia valsa la pena C:
I pareri sono sempre gratissimi, negativi o positivi che siano.
♥️
Ringrazio specialmente Alice, che come sempre mi da una mano a far quadrare il tutto, e Ari, per lo splendido banner che ha realizzato per me.♥️
Ringrazio tutti quelli che leggono.♥️
Ringrazio Marty060201, dragon24, vampiretta98, Princess Leila (♥️), Life before his eyes, mrslightwood_ e Ari Youngstairs per le recensioni allo scorso capitolo, che mi hanno fatto davvero piacere e che spero di ritrovare.♥️
Alla prossima,
Fire.


 

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Capitolo 4
*** Scomparso. ***




Scomparso

 

-Mondo reale, presente-

Alec uscì dal negozio del Signor Bane e si strinse nella giacca di pelle, rabbrividendo.
Camminò lungo il marciapiede che portava a casa di Max, dove aveva lasciato l’auto. Alzando gli occhi, vide un paio di occhiali neri da dietro una finestra. Provò ad alzare una mano per salutare, ma il bambino era già scomparso.
Alec sospirò, pensando che Max non aveva tutti i torti. Lo stava abbandonando di nuovo. 
Salì in macchina, prima di cambiare idea. Era buio e la strada era bagnata, quindi cercò di guidare il più prudentemente possibile, anche se non vedeva l’ora di andarsene da quel posto. Una cittadina sperduta nel Maine, sconosciuta a chiunque tranne che ai suoi abitanti.
Si girò e notò che sul sedile accanto al suo c’era il libro di Max. Le parole “Once Upon A Time” scintillavano di luce dorata nel buio.
Alec scosse la testa. «Furbo il ragazzino.» pensò. Probabilmente, Max glielo aveva lasciato apposta per farlo tornare indietro, opeggio, per convincerlo che lui c’era sul serio nel libro.
Proprio mentre tornava a prestare la sua attenzione alla strada, un grande lupo dal pelo bruno gli si parò davanti. Voltò il muso verso di lui, gli occhi verdi che brillavano.
Alec sterzò per non andargli addosso, ma di conseguenza la sua macchina andò a sbattere contro l’insegna “Welcome To Storybrooke”.
«Sembra proprio che qualcosa mi impedisca di andarmene.» pensò, un secondo prima di sbattere contro il manubrio e perdere i sensi.
 
~~~~
-Foresta Incantata, passato- 

Biancaneve era affacciata al balcone del grande castello, guardando Geppetto e Pinocchio lavorare alla teca dove lei sarebbe dovuta entrare con il bambino che portava in grembo.
Rientrò nella stanza sbattendo i piedi. «Non posso.»
Jace sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondi. Avevano già affrontato il discorso più volte. Biancaneve si sarebbe messa in salvo mentre lui sarebbe rimasto a difendere la teca dai soldati della Regina. «Devi.»
«Non posso.» ripeté Biancaneve, stavolta con la voce che tremava. Gli si avvicinò, con l’orlo del vestito bianco che strisciava per terra. «Non senza di te.» sussurrò.
Lui le sorrise dolcemente, stringendola tra le braccia. «E’ l’unico modo. Così sarai protetta dal sortilegio.»
Biancaneve gli accarezzò una guancia, prima di allacciare le mani dietro il suo collo. «Ma Magnus ha detto che dovremmo aspettareventotto anni…»
«Non è nulla in confronto all’amore eterno. Ti amo e ti amerò fino alla morte e se c’è una vita dopo la morte, ti amerò anche allora.*»
Lacrime salate cominciarono a rigare il bellissimo volto di sua moglie. Jace le asciugò piano col pollice. «Io ci credo. Tu mi salverai come io ho salvato te.»
Biancaneve si alzò sulle punte e lo baciò. All’improvviso però, si staccò da lui con una smorfia di dolore. «Ti ho morso il labro?» scherzò Jace.
Lei sorrise, ma si vedeva che stava male.
«Biancaneve, cosa c’è?» chiese preoccupato.
«Il bambino.» Lo guardò negli occhi con espressione seria. «Sta per nascere
Proprio in quel momento, una nebbia viola si avvicinava.
Il sortilegio.
 
~~~~
 
-Mondo reale, presente-

Alec sentì un fischio nelle orecchie.
Per un attimo pensò di essere morto. Spalancò gli occhi azzurri, girandosi verso la fonte del suono.
«Che guardi, fratello?» chiese un uomo, che gli assomigliava in modo inquietante, nella cella accanto a lui.
Cella?
Era steso su una panca. Si tirò su, con la schiena a pezzi. Dormire lì sopra non era certo stato molto comodo.
Un uomo dai capelli rossi e gli occhi nocciola, nella centrale, guardò prima lui e poi l’uomo che gli aveva parlato. «Will.» lo richiamò. «Sii gentile, è appena arrivato.»
Poi si rivolse ad Alec. «Così tu sei il fratello di Max. E’ bello che tu sia tornato nella sua vita.»
«In realtà volevo solo portarlo a casa.» borbottò lui, stiracchiandosi, convinto che la sua schiena avrebbe fatto crac.
«Ho sempre desiderato un bambino. Io e mia moglie Charlotte ci abbiamo provato a lungo, ma forse non era destino.»
In quel momento, l’uomo che Alec aveva visto la sera prima a casa della madre di Max, entrò.
«Su, Herondale, fuori.» disse al suo “compagno di prigione”.
Alec lo osservò, mentre poggiava il mento tra le sbarre. I capelli erano talmente biondi da sembrare bianchi, a contrasto con gli occhi nerissimi. «E’ uno scherzo?» chiese.
«Il drink di Camille era più forte del previsto.» rispose lui, alludendo alla sera prima, quando aveva accettato di bere con la madre di Max.
Alec sospirò scocciato. «Non ero ubriaco. Ho sbandato perché c’era un grosso lupo in mezzo alla strada.» disse con voce da saputello, come se fosse la cosa più logica del mondo.
Lui sorrise comprensivo, come se avesse a che fare con un pazzo. «Un lupo, certo.»
«Sebastian!» urlò una voce femminile, che Alec identificò come quella di Camille. «Max è scappato di nuovo!»
La donna infatti entrò pochi istanti dopo. Si interruppe però non appena notò Alec, e puntò i grandi occhi verdi nei suoi. Sembravano scintillare di rabbia.
«Cosa ci fa lei ancora qui?» gli chiese. Poi si calmò. «Sa dov’è Max?»
«Non lo vedo da quando l’ho lasciato a casa sua ieri. E…» indicò se stesso e la cella. «Ho un ottimo alibi.»
Camille deglutì seccata.
«Ha chiamato i suoi amici?» azzardò Alec.
«Max non ha amici.» rispose la donna strizzando gli occhi.
 Lui alzò le mani. «A quell’età ce li hanno tutti.» Allo sguardo tagliente di Camille, Alec si affrettò a dire qualcos’altro. «Ha controllato sul computer? Potrebbe trovare qualcosa nelle mail.»
«Ma cosa ne sa lei?» sbottò Camille, avvicinandosi alla cella. Le mani pallide perfettamente curate tremavano.
«E’ il mio lavoro.» spiegò Alec. «Facciamo così: voi mi liberate e io vi aiuto a trovare il ragazzino. Ci state?»
Sebastian e Camille si guardarono per un secondo. Poi annuirono.
 
~~~~
 
«Furbo il ragazzino.» si ritrovò a pensare Alec per la seconda volta.
«Ha cancellato tutte le mail.» comunicò a Sebastian e Camille, presenti nell’ufficio della donna dove Alec stava lavorando. «Ma io sono più furbo. Con questo» tolse dalla tasca della giacca un oggetto metallico. «Possiamo recuperare tutti i dati cancellati.»
Sebastian lo guardava come se fosse un alieno arrivato da Marte. «Io sono un po’ più…tradizionale.» spiegò. «Busso alle porte, controllo le strade…»
«Io vengo pagato alla consegna quindi…Trovato!» si interruppe, guardando lo schermo. «E’ una ricevuta. Ha una carta di credito?»
«Ha dieci anni.» gli ricordò Camille.
«E’ intestata a una certa Clary Fray. Chi è?»
Lo sguardo di Camille si rabbuiò. «La sua insegnante.» rispose, sputando le parole come veleno.
 
~~~~
 
Nella scuola elementare di Storybrooke suonò la campanella.
«Ci vediamo dopo la ricreazione! Non correte!» gridò Clary ai bambini della sua classe di arte, che però uscirono senza ascoltarla.
Nonostante tutto, lei sorrise, adorava i bambini. Avviandosi verso la cattedra, si sfilò un pastello dai capelli rossi, lasciandoli ricadere sulle spalle.
«Signora Belcourt.» disse, non appena vide Camille avvicinarsi a lei. «Cosa c’è?»
«Dov’è mio figlio?» sibilò lei, infuriata.
«Io credevo che fosse a casa malato.» rispose Clary, riponendo il pastello nell’astuccio.
«Sarei qui, se così fosse?» sbottò Camille, la voce tagliente. «Gli ha dato la sua carta di credito per rintracciare lui?» Indicò Alec, fermo alle sue spalle davanti alla porta.
Clary guardò confusa prima lui e poi Camille. «Lui sarebbe?»
«Io…» balbettò Alec.
«L’uomo che dieci anni fa lo ha abbandonato.» tagliò corto la donna.
Clary fece scivolare la tracolla della borsa giù dalla spalla.
«Non sa niente di questa storia, vero?» domandò Alec, mentre Clary appoggiava la borsa su un banco e tirava fuori il suo portafoglio.
«No.» sospirò. «Furbo il ragazzino.»
«Già.» si ritrovò a concordare Alec: era quello che pensava da quando l’aveva incontrato.
«Non avrei dovuto dargli quel libro…» borbottò Clary, chiudendo la borsa.
«Ma cos’è questo libro di cui tutti parlano?» il tono di Camille era sempre più alterato.
«Nulla.» si affrettò a rispondere la ragazza. «E’ solo un vecchio libro di favole. Come di certo si sarà accorta, Max è un bambino molto speciale, ma anche molto solo. Il libro gli serviva.»
«Gli serve solo tornare alla realtà.» rispose fredda Camille, un attimo prima di uscire dall’aula, accurandosi di buttare per terra i libri sul banco più vicino. «Buon ritorno a Boston» sibilò all’orecchio di Alec, poi se ne andò.
Clary cominciò a raccogliere i libri e Alec si abbassò ad aiutarla. «Perché gli ha dato il libro?»
Clary sospirò. «Questi libri, i classici, ci aiutano ad accettare il mondo. Un mondo che non sempre ha senso. Max non ha avuto una vita facile. E’ un bambino adottato e, di conseguenza, si sarà posto l’inevitabile domanda “Perché sono stato abbandonato?”»
Un secondo dopo, Clary si portò una mano alla bocca. «Mi scusi. Non intendevo giudicarla.»
Alec si passò una mano sul viso. «No, va tutto bene.»
«Ascolti.» Clary alzò la testa per guardarlo negli occhi. «Gli ho dato quel libro perché volevo che avesse la cosa più importante di tutte: la speranza. Credere anche lontanamene a un lieto fine può essere d’aiuto.»
Alec la osservò. «Lei sa dov’è, vero?»
Clary sorrise e gli strizzò l’occhio. «Provi a cercarlo nel suo castello.»
 


 
*citazione di Città di Vetro.
Note:

Boom Baby! (alla Cuzco de "Le follie dell'imperatore")
Comunque.
Anche se inizio in modo demenziale le note ogni volta, vi prego stavolta di
leggerle, anche per qualche chiarimento sulla storia.
Prima di tutto però, spero che abbiate passato un buon Natale.
 Ora passiamo agli appunti:
Ho aperto una pagina Facebook, se vi va di seguirla per essere informati degli aggiornamenti e pubblicherò vari spoiler :3 https://www.facebook.com/pages/Fire-Efp/1519201814958472?sk=timeline o
1. Will aka Brontolo. Probabilmente vi sembrerà strano, ma non 
preoccupatevi, sarà tutto spiegato e capirete il perché di questa scelta.
2. Henry e Charles aka Geppetto e Pinocchio. Henry è un inventore, quindi potrebbe essere compatibile
con Geppetto e Pinocchio, be' è suo figlio Charles.
3. Sebastian aka Graham. Sebastian è un personaggio conosciuto come cattivo, ma ha anche
un lato buono, proprio come Graham è conosciuto come buono, ma ha
anche il suo lato oscuro.
Bene, spero di aver detto tutto. In caso contrario, potete sempre chiedere
spiegazioni nelle recensioni (sempre ben accolte, sia positive che critiche).
Spero anche che questo capitolo con cui torno dopo più di un mese
non vi abbia delusi. Scriverlo mi ha aiutata a superare un po' l'astinenza
da OUAT (cos'è l'ultimo episodio.  Chi l'ha visto mi dica che ne pensa).
Ora vado, ma prima vi auguro di trascorrere buone feste 
 Ringrazio ancora Alice (credo che non smetterò mai di farlo) per
tutto l'aiuto che mi da ogni volta quando sono alle prese con questa storia 
Ringrazio tutti quelli che leggono e che mettono la storia nelle
seguite/ricordate/preferite 
Ringrazio Life before his eyes, dragon24, _Marty01_, Princess Leila, kiakkera07, vampiretta98
e mrslightwood per le recensioni allo scorso capitolo. (Come farei senza di voi?) 

Alla prossima,
Fire.

 
 
 
 
 
 
 
 

 

   

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