Percy Jackson - la dea d'ombra

di MadreDeiDraghi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** la profezia che parla chiaro(forse) ***
Capitolo 6: *** la freddolosa figlia di Borea ***
Capitolo 7: *** di segugi infernali e corde di arcobaleno ***
Capitolo 8: *** capitolo 8_e volare e volare ***
Capitolo 9: *** apparizioni improvvise ***
Capitolo 10: *** ampolle romane e acque infernali ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


La dea rise, un suono gutturale e… terrificante. “Sto per sorgere, Percy Jackson, e nessuno riuscirà a fermarmi, Crono è stato solo una prima prova, adesso arriva il gran finale”.  Il semidio la guardò come fosse pazza, e forse lo era davvero, anzi, quasi certamente. “Chi sei?” urlò alla massa informe di tenebre che si stagliava davanti a lui. Ancora risate, poi silenzio totale. Percy si svegliò, ansante e madido di sudore.  
“Che ti è successo?” domandò Annabeth, che, insieme a un altro gruppo di semidei, aveva sentito le urla del figlio di Poseidone rompere il silenzio della notte.
“Niente” rispose poco convinto, fissando la figlia di Atena nella speranza che lei capisse, voleva parlarle in privato.
“Okay, allora… buona notte” poi i semidei lasciarono la casa del dio del Mare. Percy si sentiva stanco, molle, ma non sarebbe riuscito a riprendere sonno, così, sebbene fossero le quattro e mezza del mattino, si alzò, si vestì e, con Vortice sguainata si diresse verso l’arena per gli addestramenti. Decise che avrebbe parlato con Rachel, il nuovo oracolo i Delfi, quando fosse stata mattina. La signora O’Leary gli corse incontro appena lo vide, saltandogli addosso e leccandolo sul viso. Il figlio di Poseidone fece appena in tempo a ritirare la sua spada senza trafiggere la sua... cangolona?
“Andiamo bellezza” disse il ragazzo, poi varcò la soglia della struttura non dissimile dal Colosseo, anche se molto più piccolo.
“Finalmente sei arrivato, Percy” la voce lo fece sobbalzare, poi il ragazzo notò la sagoma di un corpo disteso a terra, i capelli rossicci spuntavano qua e là disordinati e i grandi occhi verdi lo fissavano divertiti. Rachel Elizabeth Dare.
“Scusa se ti ho spaventato, ma è stato fantastico” disse ancora l’oracolo, alzandosi in piedi lentamente.
“Che ci fai qui?” domandò di rimando Percy, aggrottando le sopracciglia. La ragazza sorrise.
“Ti aspetto, ovviamente” rispose poi. Dall’espressione che fece il figlio di Poseidone poi la ragazza capì di dover continuare a parlare.
“Ho una profezia per te” disse, poi accadde. La nebbia verdognola l’avvolse, come ogni volta che prediceva qualcosa, e quando parlò la ragazza lo fece con una voce roca e stridula al contempo, una voce che ti graffiava i timpani.

 
“Nove gli eroi che per primi saranno chiamati,
dalla dea bianca saranno pregati
affinché sconfiggano la donna d’ombra,
che una minaccia nuova sembra”


 
Questa è la mia prima interattiva e sono emozionatissima, spero che participerete in tanti. Allora, avrei bisogni di otto semidei, quattro ragazzi e quattro ragazze, figli/e degli dei più strani e poco conosciuti, sbizzarritevi! XD Forse riuscirò ad allargare un po' il numero di semidei, ma ancora non lo so.
Intanto ecco a voi la scheda (N.B. non me la mandate nelle recensioni, quando vi avrò dato l'ok me la manderete nella posta privata):


Nome:
Cognome:
*Soprannome :
Età:
*Quando è arrivato al campo:
Carattere:
Aspetto fisico:
Difetti: 
Genitore divino:
Storia:
Ama:
Odia:
È bravo in/a:
Non è bravo in/a:
*possibile relazione:
arma preferita e *nome:


* facoltativi                                                                                 
** le cose non facoltative mancanti saranno aggiunte da me


 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


POV. Legolas Felagund, figlio di Atena

Legolas teneva la mano della bambina che scompariva nella sua. Moon sorrideva allegra, camminava al suo fianco, facendo, di quando in quando, un saltello.
“Guarda, gelato!” esclamò lei tutta contenta, indicando un carretto rosa e bianco dall’altra parta della strada. Lui sorrise, poi sollevò le spalle e, con attenzione, iniziò ad attraversare la strada. Alle sue spalle Moon lo seguiva già pregustando la delizia che si accingeva a mangiare. Ad un tratto un camion sbucò dal nulla, in quel mentre Legolas poggiò il piede sul marciapiede, voltandosi verso l’amica, appena in tempo per vedere il veicolo investirla in pieno. Si udì un suono raccapricciante, poi si levò un urlo a sovrastare ogni altro rumore. Legolas corse verso la bambina, che giaceva, il corpo riverso a terra, in una pozza di sangue porpora.
“Moon” sussurrò il ragazzo, sollevando un piccolo braccio e stringendo la mano della bambina nella sua, ma era troppo tardi. Il ragazzo alzò gli occhi appena in tempo per vedere il camion scomparire dietro un angolo, e, mentre un ingente numero di persone si affollava a vedere la scena, il ragazzo giurò vendetta, avrebbe ritrovato il conducente del camion e l’avrebbe ucciso. Di questo era certo.

Otto anni dopo
        

Legolas si svegliò madido di sudore. La luna brillava in cielo, rischiarandolo soffusamente.
“Tutto bene?” domandò la ragazza dai capelli biondo-cenere che era seduta al bordo del letto.
“Sì, Annabeth” rispose, ma in cuor suo sapeva che niente andava per il verso giusto. Negli ultimi tempi l’aveva vista sempre più spesso, Moon ricompariva ogni notte dietro alle sue palpebre chiuse, provocandogli incubi orrendi. Poi l’aveva raccontato ad Annabeth e da allora lei era sempre più preoccupata per lui. la ragazza dovette accorgersene perché poco dopo domandò:“Un’altra volta quel sogno?” fissandolo mesta. Legolas annuì.
“Devi parlarne con Chirone, magari lui sa cosa fare” sbottò la ragazza dopo un attimo di silenzio, non sopportava più quella situazione di stallo, vedere un suo fratello morire dentro giorno dopo giorno e non poter farci niente.
“Magari” acconsentì lui, ma la sua espressione lasciava intendere che non l’avrebbe fatto.
“Va bene, torna a dormire” rinunciò alla fine Annabeth, scostandosi dal letto per rimettersi sdraiata nella sua branda.
“Notte” disse il semidio, poi sprofondò nuovamente nel sonno e i sogni tornarono ad assalirlo.

POV. Elizabeth Kirk, figlia di Hermes

Il serpente le si attorcigliò attorno al braccio mentre lei gli accarezzava la testa.
“Avanti bella, fai il tuo dovere” sussurrò la figlia di Hermes, avvicinando l’animale al letto di un suo fratello e lasciandolo scivolare silenziosamente sotto le coperte. Albeggiava quando un urlo si levò alto. Connor Stoll scattò in piedi, rabbrividendo e, senza smettere di urlare, iniziò una strana danza come se credesse di avere il serpente ancora attaccato al corpo. Poi vide Elizabeth in piedi affianco al letto che rideva di gusto.
“Tu, stupida ragazzina!” esclamò il figlio di Hermes avventandosi su Elizabeth. Quest’ultima, però, fu più veloce, scattò all’indietro e, grazie alle scarpe alate che le aveva donato suo padre e che portava sempre ai piedi, si ritrovò a volteggiare a mezz’aria, sopra la testa furibonda del fratello. Il baccano aveva svegliato tutti i semidei della Casa di Hermes, la maggior parte era ancora mezzo addormentata, così Elizabeth decise di fare il secondo scherzo della giornata.
“Svegliali tu Blakie”. Il serpente strisciò tra le gambe dei figli di Hermes, facendoli sobbalzare e gridare dal terrore e mentre lo faceva sembrava stesse ridendo. “Piantala, Liz” esclamò Percy Jackson entrando in quel momento nella Casa del messaggero degli dei. La ragazza sbuffò appena, poi però poi, richiamò il serpente. “Travis, Connor, voi dovreste mantenere l’ordine e in quanto a te” continuò indicando Elizabeth “Smettila di fare scherzi stupidi, hai svegliato metà del Campo con la tua bravata” concluse, poi si voltò e se ne sarebbe andato se non fosse scivolato su una maglietta arancione e fosse caduto a terra tra le risate dei figli di Hermes.

“Elizabeth” la voce era torva e alquanto seccata “Ancora tu! Possibile che tu riesca a metterti nei guai ogni giorno dell’anno” poi il centauro si alzò voltandosi verso di lei “Sono cinque anni ormai che ci conosciamo e non passa giorno senza che qualcuno venga a lamentarsi di te!”.
Elizabeth non l’aveva mai visto così arrabbiato, di solito si limitava a dirle qualcosa come “torna nella Casa di tuo padre e rifletti” oppure “questa è l’ultima volta che ti perdono”. Pensandoci bene aveva usato l’ultima frase proprio il giorno precedente, quando lei aveva rovesciato “per sbaglio” un cartone di latte appena aperto addosso a un figlio di Apollo che era, ovviamente, allergico ai latticini.
“Ma io..” cominciò a dire la ragazza, senza osare sollevare gli occhi da terra.
“Oh, piccola, lo so che non sei cattiva, che non vuoi far del male a nessuno, ma gli altri non capiscono o non accettano i tuoi scherzi. E gli scherzi dovrebbero far ridere entrambe le parti, altrimenti diventano dispetti” concluse Chirone, poi le si avvicinò e le scompigliò i ricci castano scuro. All’improvviso la porta si spalancò. Una ragazza bionda e un ragazzo più grande dai capelli castani che stavano trasportando di peso un giovane dai lunghi capelli platino entrarono nella stanza, abbandonando poi il semidio che ribolliva di rabbia ai piedi del centauro.
“Allora, cosa mi hai portato, Annabeth?” domandò Chirone, sorridendo alla nuova arrivata. Elizabeth riconobbe Annabeth Chase, figlia di Atena e probabilmente una delle più importanti semidee del Campo e Malcolm, un altro figlio ella dea della saggezza, ma soprattutto riconobbe i magnetici occhi azzurri del ragazzo a terra. “Legolas” gridò la figlia di Hermes avvicinandosi a lui “Che ti hanno fatto?” poi guardò in cagnesco gli altri due ragazzi che si limitarono a voltare lo sguardo da un’altra parte. “Non ti preoccupare, sto bene” rispose il semidio, dopo di che si alzò, sembrava esausto, come non avesse dormito per tutta la notte.
“Allora, perché ti hanno portato qui?” chiese ancora Chirone, aggrottando le sopracciglia. Legolas stava per rispondere, ma fu preceduto da Annabeth e in cuor suo il ragazzo dei capelli platino la ringraziò, non aveva proprio voglia di raccontare della morte di Moon un’altra volta.
“Continua a sognare una ragazza che conosceva tanto tempo fa e che poi e morta, fa incubi e non riesce a dormire”. Il centauro ci pensò un po’ su, corrucciando le labbra in uno strano ghigno che faceva quando stava pensando. In quegli anni Chirone era stato per Elizabeth un padre, in quanto la ragazza non ne aveva mai avuto uno finché, all’età di dieci anni un satiro l’aveva portata al Campo Mezzosangue.
“Allora, dovresti provare a parlare con i figli di Ipno, sebbene io creda che qualcosa sia legato a questo fatto” aggiunse il centauro “Credo cioè che qualcosa relativo a questa ragazza si sia risvegliato in te, altrimenti perché tutti questi sogni sempre sulla stessa ragazza?!” concluse poi, invitando in seguito i semidei a uscire, dicendo che di li a poco si sarebbe tenuta una riunione. Mentre loro uscivano Elizabeth vide qualcuno entrare, un qualcuno moro e con penetranti occhi verdi-azzurri. Percy Jackson. Provò una fitta al cuore ripensando a come l’aveva ripresa quella mattina, ma, passandogli accanto, gli fece una linguaccia e mise il broncio.

POV. Percy Jackson, figlio di Poseidone

Dopo che Rachel aveva pronunciato la profezia nel cuore della notte il semidio non era più stato in grado di prendere sonno così si era esercitato con Vortice, attaccando un inerme manichino imbottito di paglia. Albeggiava quando dalla Casa di Hermes si erano levate le prime urla, Percy era scattato come una molla dirigendosi in quella direzione, e, quando vi era arrivato, aveva visto il caos. Vestiti in terra e persone con addosso solo un misero pigiama che correvano dappertutto e un serpente che strisciava a terra (Percy giurò di averlo visto ridacchiare). Aveva rimproverato Elizabeth, rammaricandosi dell’espressione ferita sul suo volto, ma d’altra parte non avrebbe potuto fare diversamente da quando Chirone aveva detto davanti all’intero Campo: “Percy Jackson, figlio di Poseidone, tu sarai d’ora in poi il leader del Campo, voglio che tu mantenga l’ordine”. Mentre le passava affianco, entrando nella Casa Grande, una fitta gli attraversò lo stomaco, avrebbe voluto voltarsi e parlare con lei, invece se ne stette zitto, anche quando lei lo schernì.
“Percy, mi stai ascoltando?” domandò con aria di rimprovero il centauro, in piedi davanti a lui.
“Scusa, Chirone, oggi è stata una giornataccia” cercò si scusarsi il ragazzo, sentendo il peso della stanchezza gravare sulle spalle.
“Percy, sicuro di stare bene?” chiese allarmato Grover, prendendo la parola “Hai uno strano colorito verdognolo”. Il figlio di Poseidone annuì poco convinto, poi però iniziò a raccontare.
“Stanotte ho sognato di trovarmi in una stanza buia, al centro della quale stava una figura d’ombra, una dea a quanto pare che mi disse di essere una nuova minaccia troppo potente per noi miseri semidei, poi quando le chiesi il suo nome lei scoppiò in una sonora risata” iniziò Percy sollevando le sopracciglia, come se stesse cercando di ricordare ogni singolo dettaglio della stanza.
“Va avanti” lo sollecitò Grover, che si era subito fatto attento.
“Subito dopo mi sono svegliato e sono uscito dalla Casa di Poseidone per allenarmi, visto che non riuscivo a riprendere sonno, arrivato nell’arena ho incontrato Rachel che mi ha dato questa profezia” concluse ripetendo a memoria i versi che aveva pronunciato poche ora prima l’oracolo di Delfi.
“Credo che tra il mio sogno e la profezia ci sia un legame, la figura d’ombra che ho visto e la dea di sui parlano i versi, deve esserci qualcosa che ancora ci sfugge” aggiunse poi il figlio di Poseidone scrollando le spalle.
“Lo credo anch’io” concordò il centauro “Ora vai Percy, ma non parlarne con nessuno, neanche con Annabeth, capito?” Chirone lo fissa in attesa di una risposta, così il semidio annuisce e se ne va dalla Casa Grande.
 “Non va bene, non va affatto bene!” piagnucolò Grover appena Percy fu scomparso dietro le pesanti porte della Casa Grande “Perché sempre minacce” borbottò, poi uscì dalla stanza, rimproverandosi di non essere rimasto a dormire nella grotta del dio Pan.
 
angolo autrice:
devo ammettere di essere moltooo soddisfatta di me per i tempi di pubblicazione ù.ù,
spero che il capitolo vi sia piaciuto e che i personaggi, che a parer mio sono davvero belli (grazie creatori *posso chiamarvi così
vero?*) in seguito qui sotto vi elencherò i nuovi personaggi presentati in questo primo capitolo:

-Legolas Felagund: figlio di Atena, creato da devilenemis
-Elizabeth Kirk:
figlia di Hermes creato da Muffin_

presenterò un massimo di quattro personaggi ogni volta, in base all'arrivo delle schede (aspetto quelle di alcuni di voi, quindi
cortesemente mandatemele, soprattutto quelle dei principali, altrimenti non riuscirò a procedere con la storia)
grazie a tutti,
MadreDeiDraghi


 

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


POV. Rachel Elizabeth Dare, oracolo di Delfi

I ricci rossi della ragazza li libravano nel vento tiepido, gli occhi verdi scrutavano lontano pensiero, la mano scorreva dolcemente sul pelo ispido della signora O’Leary. “La profezia non è completa, vero?” domandò una voce tesa alle sue spalle. Rachel Elizabeth Dare, oracolo di Delfi, sapeva benissimo quello che sarebbe accaduto di lì a poco, ecco perché era seduta su una sporgenza a precipizio che si affacciava sul Campo Mezzosangue, lì dove tutti potevano vederla alzando lo sguardo. “Sapevo che saresti venuto” replicò lei vaga, senza voltarsi.
“Ti prego, rispondimi” insistette la voce. “No, non è completa ma non è ancora giunto il momento di conoscerla” rispose dopo una pausa la ragazza, bloccando la mano che accarezzava il segugio infernale. La signora O’Leary uggiolò piano, poi si alzò e se ne andò indispettita. La figura alle sue spalle scalpitò impaziente. “Dobbiamo saperlo ora! Se è davvero una minaccia più grande di Crono dobbiamo prepararci al peggio”.
“Mi dispiace, non è il momento” la ragazza sembrava un disco rotto, intento a ripetere sempre le stesse parole. Poi l’oracolo sentì dei passi alle sue spalle e capì che il suo interlocutore se ne stava andando.
“Chirone” lo richiamò voltandosi verso di lui per la prima volta “Credimi se ti dico che neanche preparandoci riusciremmo a sconfiggerla” concluse, chiaramente alludendo alla dea di cui parlava la profezia.

POV. Ronnie Richard, figlia di Borea

“Avanti, proviamo ancora” esclamò la voce insistente.
“Ho già provato più di quindici volte, non ci riesco!” replicò lei frustrata, spolverandosi i pantaloni intrisi di terra.
“Ascolta, solo perché sei caduta, non devi mollare” il ragazzo le si accovacciò accanto, poi le tese una mano e la sollevò da terra.
“Capito?” domandò ancora. La figlia di Borea sbuffò indignata e se ne andò, lasciando il ragazzo perplesso. Prima che riuscisse a farlo, però, una semidea si calò dall’albero affianco, bloccandole la strade.
“Avanti, so che ce la puoi fare” disse anche se sembrava stesse cercando di convincere se stessa. Ronnie fissò gli occhi verde smeraldo della semidea davanti a lei, alla fine cedette.
“Lo farò, ma solo una volta!” esclamò ritornando sui suoi passi. Il pegaso ora stava davanti a lei, un’enorme stallone bianco con due possenti ali, gli occhi azzurri che vedevano lontano e la criniera che danzava nel vento.
“Pronta Leila?” domandò accarezzando il muso dell’animale, che nitrì e scrollò il muso, poi con un unico e agile balzo la ragazza si issò sul pegaso. Un respiro tremolante e l’animale iniziò a volare, saliva veloce oltre le nuvole mentre la figlia di Borea cercava di non vomitare. Chi me l’ha fatto fare?! pensò, dopo poco, come sempre, il cavallo s’imbizzarrì, scrollò vigorosamente il capo fino a farle perdere la presa. Ronnie iniziò a cadere, la velocità che aumentava sempre più. Si sarebbe schiantato al suolo se non si fosse ricordata, appena in tempo, di essere una figlia del dio del vento. Un secondo prima dell’impatto al suolo un’ondata di vento la spinse a tornare verso l’alto, poi di nuovo giù, infine rimbalzò e fu scaraventata sui rami di un alto albero. Appena riuscì a scendere la semidea se ne andò indispettita.

I capelli bianchi striati d’argento erano in continuo movimento, la semidea si trovava sul tetto della casa dedicata a suo padre e muoveva ritmicamente una mano, creando piccole onde di vento gelido.
“Ronnie! Ronnie!” la stava chiamando una voce poco lontana, ma il suono arrivava ovattatto alle sue orecchie. Degli uragani in miniatura le volteggiavano attorno al viso, impedendole di udire altro oltre al suono ululante del vento. Ad un tratto, però, un’ondata di calore investì la figlia di Borea che fu perse la concentrazione, così che gli uragani in miniatura che aveva creato iniziarono a scorrazzare liberi per il Campo.
“Emma” sussurrò la ragazza dai capelli bianchi, fissando l’amica con i suoi grandi occhi indaco “Che ci fai qui?” chiese poi, scendendo dal tetto della Casa di Borea che aveva solamente due abitanti, lei e un figlio di Chione, Drake Nicolaj Volkov, anche se non erano esattamente fratelli.
“Ti cerco ovviamente, adesso dobbiamo addestrarci a tiro con l’arco, quindi sbrigati” rispose l’altra sorridendo. Ronnie fissò l’amica, indossava dei semplici pantaloni comodi e una felpa che le stava molto larga, sporca in più punti di cenere e olio. I capelli rossicci erano legati in una coda alta, pieni di fuliggine e ribelli come sempre, mentre gli occhi verde smeraldo brillavano e la bocca era, come sempre, incurvata in un delizioso sorriso.
“Allora, sbrigati” insistette la figlia di Efesto, prendendo una mano dell’amica e iniziando a trascinarla.

POV. Hayleen Morgan, figlia di Nyx

Hayleen impugnò Tenebre, il suo arco nero. Tese le corde e scoccò una freccia che colpì il bersaglio proprio nel suo centro.
“Complimenti” esclamò Chirone, accostandosi alla ragazza.
“Allora, avete visto come si tende e punta un arco?” domandò rivolto al gruppo di semidei appena arrivati al Campo, poi chiese alla figlia di Nyx di provare un’altra volta ripetendo esattamente lo stesso movimento. Un altro centro, la freccia spaccò a metà quella che occupava prima il suo posto.
“Adesso provate voi” disse infine il centauro. Mentre i più piccoli si allenavano a tirare Hayleen se ne andò, silenziosa come la notte. La ragazza si arrampicò su un grande ramo di un albero, da cui poteva vedere tutto ciò che le accadeva intorno. Le piaceva stare sola, riposare e riflettere. La semidea chiuse gli occhi, ben presto un velo si oscurità l’avvolse, il fragile corpo scomparve nelle tenebre che lei stessa aveva creato. Lei, l’unica figlia di Nyx esistente.
“Allora, figlia di Nyx, paura?” la voce penetrò nel suo isolamento.
“Vieni giù, ti sfido! Dicono che tu sia la più potente semidea del Campo dopo Percy Jackson, stiamo a vedere” continuò imperterrita la voce, alla fine Hayleen si lasciò cadere dal ramo su cui era appollaiata. Le tenebre si dissiparono lasciando ora intravedere i gelidi occhi castani e i capelli, dello stesso colore, che le ricadevano in una lunga treccia su una spalla.
“Lasciami in pace” disse calma, invitando l’altra a contestarla, cosa che fece.
“Credi di essere tanto forte, è? Ti faccio vedere chi comanda” continuò infatti imperterrita. Hayleen si limitò a scrollare le spalle. “Avanti, fammi vedere” acconsentì infine, fissando indispettita il capannello di persone che si stava formando attorno alle due sfidanti.
“Vai Clarisse” gridò Chris Rodriguez, ridendo. In quel momento la figlia di Nyx capì contro chi stava per lottare, Clarisse, figlia di Ares nonché ragazza arrogante e insopportabilmente capricciosa, sempre intenta a primeggiare. Sarebbe stato un piacere stenderla al tappeto. Hayleen sollevò una mano, concentrandosi sul buio più completo. Lame d’oscurità fendettero l’aria, provocando tagli e piccole ferite sulla pelle della figlia di Ares. Quest’ultima, però, non s’arrese, corse incontro all’avversaria con la spada sguainata. La figlia di Nyx schivò il colpo, spostandosi sulla destra dell’avversaria e colpendola poi alla mano in cui teneva l’arma con una frusta di tenebre che le era spuntata come prolungamento del  braccio. La figlia di Ares urlò di dolore e rabbia, accasciandosi a terra vinta. Hayleen, però, non accennava a mollare la presa sulla frusta, che si stingeva sempre più attorno al braccio dell’avversaria. Alla fine, un semidea dai capelli biondo-cenere intervenne, colpendo la figlia di Nyx sul braccio con cui impugnava la frusta.
“Basta, hai vinto” disse pacata, poi aiutò Clarisse ad alzarsi e con lei se ne andò.

“Tutto bene?” le domandò un ragazzo, comparendo alle sue spalle sorridente. Non rispose, limitandosi a fissare la terra su cui era seduta. I fiori attorno a lei era diventati di un bellissimo colore blu notte mentre migliaia di piccoli puntini gialli, come le stelle nel cielo, vi splendevano sopra. Il semidio alzò le spalle, ma non se ne andò, al contrario di tutti gli altri, compresa Clarisse, ormai, lui non aveva paura di lei e non cercava di evitarla.
“Perché sei qui tutta sola?” domandò ancora il ragazzo, ma quando si voltò verso di lui si accorse che non la stava fissando, guardava un punto imprecisato in lontananza. “Mi piace” rispose Hayleen in un sussurro. A quel punto il ragazzo si voltò verso di lei, i due grandi occhi verde mare si soffermarono sui capelli castani della ragazza, poi sui suoi occhi magnetici, infine tornò a guardare lontano.
“Hai ragione, è bello qui” disse alla fine “Quello che hai fatto a Clarisse… non è colpa tua” aggiunse poi con tono rassicurante. La ragazza rise, un suono gelido e tagliente, non gli credeva.
“A no” replicò.
“Avrei fatto lo stesso” disse ancora il figlio di Poseidone sorridendo “Era ora che qualcuno la spegnesse per un po’” aggiunse poi, questa volta la ragazza rise, una risata dolce e di puro divertimento.

 
Angolo autrice:
Salveeeee, sono sempre io con nuovi personaggi, oggi abbiamo visto:
  • Ronnie Richard: figlia di Borea creata da Arya Kiera Wilde
  • Hayleen Morgan: figlia di Nyx creata da silencewillfall
  • Emma (?): figlia di Efesto creata da occhi di smeraldo
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che i personaggi siano stati
presentati bene, se volete lasciate una recensione, ultima cosa, ma non meno importante,
voglio ringraziare tutti quelli che hanno inserito la storia tra 
le preferite/ricordate/seguite e coloro che l'hanno recensita,
alla prossima,
MadreDeiDraghi

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


POV. Mike Collins, figlio di Afrodite

“Collins, cosa ci fai qui a far niente, va ad aiutare Emma, la figlia di Efesto, che deve trasportare alcuni sacchi pesanti” ordinò Chirone quando incontrò il figlio di Afrodite. Il semidio sbuffò contrariato, poi, però, obbedì.
“Chirone mi ha mandato per aiutarti” disse alla ragazza dai ricci rossi, avvicinandosi con le mani nelle tasche dei jeans. La figlia di Efesto lo squadrò confusa, poi, scollando il capo, gli indicò un mucchio di sacchi pieni di frumento.
“Devi metterli in quel ripostiglio” disse poi, spostando il dito verso una piccola casetta in legno colma di alimenti di vario genere. Mike fece per dirigersi verso il punto in cui si trovavano i sacchi, quando un urlo richiamò la sua attenzione. La figlia di Efesto era seduta a terra, la caviglia girata in una strana posizione e il sacco, ormai irrimediabilmente aperto, riverso su un lato. Il semidio corse accanto a lei, le si inginocchiò affianco e la fissò negli occhi smeraldini, che, tutto sommato, erano calmi. “Okay, ci penso io” disse il ragazzo, battendo le mani e strofinandole insieme. La semidea sollevò lo sguardo al cielo, poi allungò una mano verso il ragazzo, che l’afferrò e, lentamente, iniziò a sollevarla da terra. Emma era quasi in piedi quando il figlio di Afrodite perse la presa sulla sua mano, facendola rovinare al suolo con un urlo stridulo di dolore e rabbia.
“Chiama Chirone” esclamò la figlia di Efesto irritata.
“Ce la posso fare” replicò il ragazzo sicuro, sorridendole raggiante e, prima che lei potesse anche solo aprir bocca, la sollevò da terra e la portò alla Casa Grande tenendole un braccio sotto la schiena e uno nella parte posteriore delle ginocchia. Finalmente, dopo un breve tragitto, il figlio di Afrodite posò la semidea su una brandina, la fissò negli occhi, poi si chinò su di lei e le sussurrò all’orecchio: “Dormi”. In quell’unica parola infuse tutta la sua forza di volontà, così che la figlia di Efesto si addormentò.

“Qui ci penso io, tu va ad allenarti” la ninfa apparve alle spalle del ragazzo, accostandosi al letto con disinvoltura. Il figlio di Afrodite rimase interdetto; alla fine, però, si allontanò dalla brandina in cui era distesa la figlia di Efesto, che stava ancora dormendo. Uscì dal grande portone in legno e si diresse verso la casa di Afrodite.
“Mike Collins, penso che tu sia l’unico semidio che odia combattere!” esclamò una ragazza apparendogli alle spalle, e, subito dietro di lei, un'altra semidea che Mike non ricordava di aver mai visto.
“Liz” la salutò sorridendo il figlio di Afrodite “Non dovresti allenarti con la spada?”.
“No, giornata libera, faccio fare il giro del Campo ad alcune matricole” rispose lei, poi indicò la ragazza: “Lei è Rose, è appena arrivata, ha tredici anni e non sa quale dio sia suo padre” aggiunse. La matricola aveva lunghi capelli biondi oro, uno smagliante sorriso e due penetranti occhi nocciola chiaro screziati da minuscole lame d’oro.
“Piacere di conoscerti” gli disse la ragazza sorridendo amabilmente.
“Il piacere è tutto mio” rispose lui poco dopo, deglutendo rumorosamente.
“Spero che non sia una figlia di Afrodite” borbottò piano, così che solo Elizabeth riuscì a sentirlo.
“Continuiamo il nostro giro?” domandò quest’ultima voltandosi verso l’altra semidea, che annuì senza smettere di sorridere. Mentre se ne andavano Rose gli sussurrò all’orecchio: “Ci vediamo presto” poi scomparve dietro un alto pino.

POV. Nico Di Angelo, figlio di Ade

“Nico” disse piano la ragazza, addentrandosi sempre più nel bosco “Nico, sei qui?” la giovane brillava nell’oscurità.
“Eccomi Ofelia” rispose il figlio di Ade, comparendo alle spalle dello spirito.
“Hai delle novità?” domandò ancora il ragazzo con tono gentile. “Esatto” esclamò lei, tremolando un poco.
“Ricorda che non devi esagerare o tornerai negli Inferi a causa di un sovraccarico” la riprese lui, poi si sedette in terra mentre lei lo imitava.
“Avanti, quali sono le novità” la incoraggiò impaziente fissando gli occhi dello spirito, argentei come tutto il resto della sua figura. Il figlio di Ade era riuscito a portare sulla terra lo spettro della giovane dieci giorni prima e era riuscito a trattenerla lì, così ora lei andava in giro per il mondo e ogni qual volta avesse cose importanti notizie da riferire al figlio del dio degli Inferi tornava in quella radura dove il semidio si era accampato per il momento.
“Una profezia è stata pronunciata dall’Oracolo di Delfi: Nove gli eroi che per primi saranno chiamati, dalla dea bianca saranno pregati affinché sconfiggano la donna d’ombra, che una minaccia nuova sembra” recitò lo spettro e poi sorridendo mesta aggiunse: “Questa è un’antichissima profezia destinata ad avverarsi appena tutti i nove pezzi saranno al completo, la maggior parte lo è già e la cosa peggiore è che la profezia così non è completa, ma io conosco in parte gli altri versi: gelo e vento insieme si uniranno, e la notte stessa sconfiggeranno, una giovane la madre dovrà tradire, se la missione non vorrà fallire” lo spirito si fermò, per essere sicura che il figlio di Ade avesse compreso in pieno i significati delle sue parole.
“Questi sono gli ultimi versi della profezia, detta profezia della dea d’ombra, non conosco quelli centrali” concluse.
“A chi è stata pronunciata?” domandò Nico, poi vedendo che la giovane stentava a rispondere aggiunse: “A chi Rachel ha pronunciato la profezia, ci sarà pure qualcuno!” insistette. Lo spettro continuava a fissarlo con sguardo vacuo, alla fine le parole gli uscirono di bocca, ma quando lo fece i suoi occhi guardavano il terreno.
“Percy Jackson” rispose. Ofelia era una delle poche persone  che poteva leggere il cuore del figlio degli Inferi, poiché era stata riportata sulla terra proprio da lui. Il respiro del semidio si fece affannoso, la bocca dischiusa, lo stomaco stretto in una morsa di paura e frustrazione, rabbia e dolore. Urlò. 
Perché sempre lui? pensò, maledicendo gli dei per questo.

POV. Jacob Meantime, figlio di Eos

Jacob protese una mano in avanti, socchiuse le palpebre, respirando piano e regolarmente. Poi accadde, dopo tanti sforzi il figlio di Eos riuscì a far esplodere il bersaglio col solo pensiero in quel frangente un urlo squarciò il cielo. Il semidio iniziò a correre in quella direzione e, quando vi arrivò, vide una figlia di Ares inginocchiata a terra, le mani che tastavano la terra come cercassero qualcosa. Il ragazzo le si lasciò cadere affianco, poi le bloccò le braccia e la costrinse a voltarsi verso di lui, era ovvio che in terra non c’era niente. La semidea tremava vistosamente, volgendo il capo da una parte all’altra, fissando i mille volti che la guardavano straniti.
“Clarisse!” esclamò un ragazzo inginocchiandosi accanto alla figlia di Ares che subito si aggrappò al nuovo arrivato, come se ne dipendesse la vita. Un altro semidio si fece largo fino ad arrivare al centro del capannello di semidei. Percy Jackson, sembrava più stupito che preoccupato. La figlia di Ares lo posò i suoi occhi sul figlio di Poseidone, ma, per la prima volta, Jacob non vi lesse la solita rivalità tra i due, bensì dolore e rammarico, cos’era successo? Anche Percy sembrò accorgersene, ecco perché, dopo essersi abbassato al livello della semidea le prese le braccia, bloccandola.
“Che è successo Clarisse?” domandò scandendo bene le parole”. La voce lasciò le labbra della figlia di Ares flebile e tremolante.
“L-lei è… lei è scom-scomparsa” riuscì infine a dire. Nonostante non avesse specificato l’identità di “lei” l’espressione che attraversò il volto del figlio di Poseidone fu inequivocabile, la lei di cui parlava Clarisse era qualcuno cui il semidio teneva molto, qualcuno importante per il campo, qualcuno che neanche la figlia di Ares voleva perdere. Quel qualcuno aveva capelli biondo-cenere e occhi grigi. Quel qualcuno era figlio di Atena. Annabeth Chase. La verità colpì Jacob come un pugno nello stomaco, non conosceva bene la semidea ma sapeva che era il perno dell’intero Campo. Percy lasciò andare le braccia della figlia di Ares, che sembrava ancora molto scossa, e li lasciò cadere seduto al fianco della ragazza. Poi, però, si riscosse.
“La profezia” borbottò così piano che nessuno riuscì a udirlo, nessuno all’infuori di Jacob che gli stava affianco.
“Quale profezia?” domandò infatti il figlio di Eos, ma l’altro semidio non l’ascoltò, aveva già iniziato a correre verso la Casa Grande.

Pochi secondi dopo Jacob prese a sua decisione e iniziò a correre, sostenuto dal calore dell’aurora boreale che lo sospingeva in avanti. Quando arrivò il figlio di Poseidone era appena entrato, la porta era stata sigillata alle sue spalle. Il figlio di Eos pose l’orecchio sul legno duro e trattenne il respiro.
“… credo che la profezia c’entri qualcosa, anzi, ne sono sicuro” stava dicendo il figlio di Poseidone, la voce evidentemente tesa.
“Annabeth rapita” esclamò il centauro, scalpitando.
“Dobbiamo fare qualcosa” aggiunse poi deciso “Stasera davanti al fuoco ne parleremo con il resto del campo e l’impresa sarà affidata ad alcuni semidei” concluse. Jacob non poteva vederli ma immaginò il volto contratto dalla preoccupazione del figlio di Poseidone, quello che il ragazzo disse dopo era più che scontato.
“Partirò anch’io”. Il figlio di Eos sentì Chirone sospirare, come se sapesse che, scelto o meno, Percy sarebbe partito per l’impresa.
“Va bene, servirà un semidio valido” acconsentì il centauro “E come se non bastasse la profezia è stata pronunciata a te”. Jacob si staccò, allontanandosi dalla Casa Grande. Di una cosa era certo come non lo era mai stato in tutta la sua vita, aspettava quell’impresa da tre anni, momento in cui aveva messo piede al Campo, e quella sera si sarebbe offerto per partire.


 
angolo autrice:
salve a tutti :3 eccovi il nuovo capitolo e scusate per il ritardo
ero in montagna a sciare e non avevo il pc,
comunque grazie a tutti coloro che leggono la mia storia e
che la recensiscono.  Spero che il capitolo vi sia piaciuto,
commentate in tanti, mi interessa la vostra opinione,
MadreDeiDraghi

N.B. Mi è venuta una (stravagante) ideuccia... alla fine di ogni capitolo inserirò una citazione di un libro/film
che chi vorrà proverà a indovinare, ditemi se vi piacerebbe, intanto ne metto una

– A volte sparisci completamente nella tua testa. Mi piacerebbe poterti seguire.
– Lo fai. Sei continuamente nella mia testa.

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Capitolo 5
*** la profezia che parla chiaro(forse) ***


POV. Percy Jackson, figlio di Poseidone
 
“Una difficile lotta è in agguato,
ma un angelo aiuterà coloro senza peccato
infine gelo e vento insieme si uniranno,
 e la notte stessa sconfiggeranno,
 una giovane la madre dovrà tradire,
 se la missione non vorrà fallire”

Percy fissò i ragazzi attorno al fuoco, vide nei loro occhi l’incredulità e l’incomprensione, poi accadde. Dal nulla si materializzò tra di loro una dea avvolta d’ombra.
“La vostra fine è vicina” la voce gli penetrò nella mente, costringendolo a tappare le orecchie, nella speranza che se ne andasse.
“Piccoli sciocchi semidei, non capite chi sono?” la dea rise, un suono roco, come Percy lo ricordava dal sogno. Poi scomparve, un secondo prima il figlio di Poseidone giurò di aver visto una mossa fulminea, una mano che si allungava e portava via con se una ragazza. Poi arrivò l’urlo. La voce addolorata di una ragazza dai lunghi capelli rossi, sporchi di fuliggine, che guardava intimorita il posto vuoto accanto a lei.
“Chi c’era?” domandò Percy, rivolto alla figlia di Efesto. Quest’ultima si voltò verso di lui.
“Un rumore di grida disperate, il gelo si è insinuato tra le pieghe dei miei abiti, poi quando ho guardato accanto a me lei non c’era. Una matricola figlia di Apollo che era stata appena riconosciuta” rispose dopo un attimo d’esitazione. Lo sguardo del figlio di Poseidone era impenetrabile.
“La profezia parla chiaro” esordì Percy riportando il silenzio tra i ragazzi del Campo. Poi pensò che le profezie non erano mai chiare, che anche la cosa più semplice aveva un significato complesso. “Almeno per quanto mi riguarda penso che sarò uno dei semidei che partirà”. Nessuna replica. “Il figlio delle luci in cielo può essere solamente un figlio di Eos e a quanto ne so ce ne sono quattro, due maschi e due femmine” continuò, invitando i figli della dea ad alzarsi. Jacob fissava davanti a se, impaziente di offrirsi volontario. Suo fratello, al suo fianco, tremava come una foglia prima di staccarsi dall’albero cui era attaccata.
“Vado io” esclamò alla fine Jacob, i ricci color fragola che si libravano ribelli attorno al volto, incorniciando gli occhi azzurri. Percy annuì, facendogli cenno di avvicinarsi. “I gelidi fratelli senza velo, che ricompaiono anche nel verso - infine gelo e vento insieme si uniranno- sono sicuramente Ronnie e Drake, della casa ventidue” aggiunse il moro, quasi si potevano vedere le rotelle del suo cervello ruotare e fumare per la tanta concentrazione.
“Il fratello della scomparsa si riferisce certamente ad Annabeth, poiché è stata la prima a scomparire, quindi dovrebbe essere un figlio di Atena” continuò “Chi si offre per questa impresa?” la domanda cadde nell’aria, si sarebbe sentito il ritmico battere d’ali di una mosca se anche solo uno di quegli insetti avesse osato farlo. Alla fine un ragazzo dai lunghi capelli platino e dagli occhi color del ghiaccio si alzò in piedi: “Verrò io, quando c’è qualcuno da salvare nessuno è meglio del sottoscritto” disse con un sorriso altezzoso, poi si unì al gruppetto di semidei.
“La figlia del dio che vuole rivalsa” ricordò Percy con una smorfia, guardò poi i ragazzi in attesa di un suggerimento. Grover si avvicinò al figlio di Poseidone e con sguardo fermo disse: “Può essere solo una figlia di Hermes, il dio che vuole rivalsa, ossia il dio che vuole riscattarsi dopo i gesti avventati di uno dei suoi figli” poi guardò intensamente l’amico dagli occhi verde mare “Luke Castellan” aggiunse. Il nome del ragazzo che era stato crono e che poi aveva sconfitto il sovrano del tempo aleggiò come uno spettro tra di loro, finché Percy ruppe il silenzio.”Una figlia di Hermes, c’è qualcuno?” domandò il semidio. Uno dei fratelli Stoll si alzò in piedi e con un’espressione beffarda sul volto esclamò: “Mandiamoci Liz, almeno la mattina potremo dormire tranquilli e per cena potremo farci arrosto il suo maledetto rettile”. La maggior parte dei figlio del messaggero degli dei rise, una risata tesa e nevosa, alla fine, però, Elizabeth si alzò in piedi.
“Andrò io” elargì con voce decisa, facendo così ammutolire le risa “Ma il serpente me lo porto con me, Stoll” aggiunse poi, provocando una nuova ondata di risate. “Bene, chi manca? Giusto, la ragazza che la notte attende, Hayleen, spero che tu voglia unirti a noi, essendo l’unica figlia di Nyx” continuò imperterrito Percy “La figlia della dea che tutto comprende…” ancora una volta il figlio di Poseidone non aveva una risposta, si sentì inutile.
“Parla di me” una ragazza si alzò tra la folla, una figlia di Iride, l’unica figlia femmina della dea dell’arcobaleno. “Perché credi che la profezia si riferisca a te?” la domanda arrivò beffarda da uno degli spalti più alti, dove sedevano i figli di Ares. Lo sguardo profondo della ragazza saettò tra  i semidei, poi si fermò su uno di loro, colui che aveva parlato.
“Iride, la dea dell’arcobaleno” disse sorridendo “Ma anche la dea che permette le comunicazioni tra di noi, non mi sembra che si usino i cellulari” aggiunse. Il ragazzo stava per ribattere quando la voce ferma di Chirone fendette l’aria.
“Cassandra ha ragione” sentenziò, poi la invitò con un cenno ad unirsi al già folto gruppo di semidei. “Bene, manca solo un figlio della dea dell’Amore” nessuno dei figli di Afrodite si offrirà mai, pensò Percy. Infatti il silenzio regnò sovrano per un tempo che al semidio dagli occhi verde mare sembrò interminabile, alla fine un figlio di Afrodite dai capelli mori si fece avanti, gli occhi di un azzurro gelido che vagavano sui suoi fratelli indecisi.
“Vado io” disse alla fine, scendendo lentamente le alte gradinate.

La riunione era finita da qualche ora, l’oscurità aveva avvolto il Campo Mezzosangue nelle sue spire, mentre i preparativi per l’imminente partenza continuavano. Un sibilo gelò il sangue dei nove semidei che si trovavano fuori dal padiglione centrale.
“Che è stato?” domandò la figlia di Borea saltando in piedi.
“Sta tranquilla, Ronnie, va tutto bene” la calmò il “fratello” stringendola a se. “Silenzio” la voce di Percy placò le conversazioni, Hayleen gli si accostò.
“Che succede?” domandò la paura non albergava nella sua voce decisa.
“Niente, credo” rispose lui dopo un attimo di esitazione “Puoi fare qualcosa per tutto questo buio?” domandò poi alla ragazza che annuì. La figlia di Nyx protese le ceree braccia in avanti a muovendole come vento che spira la sera creò una macchia di luce nell’universo di tenebre.
Uno sbaglio terribile state per commettere la voce risuonò preoccupata nella testa di Percy, che la riconobbe all’istante.
“Padre?” domandò ad alta voce, procurandosi occhiate incerte e stupite.
Uno di loro non deve venire continuò come niente fosse la voce non è lui l’eletto, qualcosa di terribile accadrà se all’errore in fretta non si rimedierà concluse, poi le parole si sbiadirono e nella mente del semidio tornò il silenzio. Eppure c’era qualcosa che non andava, Percy era oppresso dal dubbio, cosa voleva dirgli suo padre? Un urlo squarciò la notte gelida. Tutti i semidei del campo corsero a vedere cosa era accaduto, peccato che la notte incombesse sulle loro teste, neppure Hayleen poteva molto contro il potere immenso delle tenebre.
“Ci pensiamo noi” intervennero poi alcuni figli di Apollo, rischiarando a sufficienza l’ambiente in modo che Percy riuscì a scorgere la sagoma scomposta di un ragazzo, lo indicò, ordinando di portarlo nella Casa Grande. Pochi minuti dopo il semidio figlio di Poseidone stava fissando gli occhi vitrei del figlio moro di Afrodite, ripensando all’avvertimento del padre.
“Morto” sentenziò alla fine una ninfa, chiudendo gli occhi al ragazzo.
“Uno di loro non deve venire” disse Percy parlando a se stesso.
“Cos’hai detto?” domandò Legolas, figlio di Atena, comparendo alle sue spalle.
“Niente” replicò Percy sovrappensiero, addolorandosi in cuor suo per non riuscire a versar lacrime per quel giovane eroe che si era offerto per salvare Annabeth. “Verrò io” una voce si erse alta a sovrastare i pianti e il chiacchiericcio dei semidei. Il figlio del dio del mare si voltò, un ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi azzurri colmi di lacrime pronte a essere versate si fece avanti.
“Mi chiamo Mike, sono un figlio di Afrodite e sarò io a rimpiazzare mio fratello” continuò imperterrito avvicinandosi ai semidei prossimi alla partenza.
“Okay Mike, preparati” acconsentì Percy, il dolore gli opprimeva il petto, ma era necessario partire, subito.


 
angolo autrice:
Salveeeee eccomi tornata (scusate il ritardo ma sono stata male
per una settimana ) con un nuovo capitolo
tutto per voi <3 <3spero che vi sia piaciuto,
se volete lasciate un commento e...
alla prossima,
Giuls<3

N.B. So che è un po' cortino, ma spero che mi perdonerete :))

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Capitolo 6
*** la freddolosa figlia di Borea ***


Il buio impenetrabile caratterizzava quel luogo. Un odore salmastro le intasava le narici. Tossì.
“Chi c’è?” la voce arrivò flebile al suo orecchio, ma allarmata, chiunque fosse non si sarebbe lasciata sopraffare.
“Chi sei?” chiese ancora la voce. D’un tratto la riconobbe.
“Annabeth” sussurrò piena di nuova speranza.
“Quello è il mio nome, voglio sapere come ti chiami tu?” replicò la ragazza indispettita.
“Sono Rose, una matricola figlia di Apollo” rispose alla fine la semidea, cercando la figlia di Atena nell’oscurità opprimente.
“Maledizione!” imprecò Annabeth “Hanno preso anche te!” aggiunse irritata.
“Meglio essere in due, non credi?” domandò tra il perplessa e l’intimorita la figlia di Apollo.
“No” ribatté decisa l’altra “Almeno prima eri al sicuro, ora sei messa come me, una vittima pronta a essere uccisa”.
“Cosa sai?” chiese allarmata Rose, battendo i denti per il freddo e la paura. “Niente può alleggerire questa oscurità” inziò a spiegare la figlia di Atena “Ho cercato una fine, non esiste, puoi vagare per sempre in questo luogo che è infinito e al tempo stesso non muoverti mai” concluse cercando l’altra semidea a tentoni.
“Chi è la dea?” la domanda uscì spontanea alla figli di Apollo.
“Non lo so, anche se avrei un’idea” rispose l’altra.

I ragazzi si sedettero a terra, in mezzo a loro stava l’Oracolo di Delfi. I lunghi capelli riccioluti della ragazza si libravano in un vento che toccava solo il suo corpo agile, mentre gli occhi scorrevano impetuosi i volti dei ragazzi accanto a lei.
“La profezia è lunga” iniziò sorridendo enigmatica “Ma non indica ne un luogo ne una scadenza, ecco perché sono qui per darvele” concluse, tornando a guardare gli occhi dei semidei che ora stavano evidentemente pensando alla questione.
“Come fai a essere certa di non sbagliare le indicazione, Rachel” fece notare Jacob, guardando l’abito a fiori che indossava quel giorno la ragazza. Lei sollevò le spalle.
“Lo so e basta” rispose concedendosi un sorriso malizioso.
“Credo che Apollo mi abbia parlato in sonno, ha detto che la profezia sarà completa solo al calare della terza luna, giorno che coincide con il 12 luglio” riprese l’oracolo sospirando.
“Fra diciotto giorni” fece notare Ronnie che, da quando avevano iniziato la conversazione non aveva smesso un secondo di torturarsi il laccetto della felpa. Il fratello le diede una leggera gomitata e le sfilò la sottile striscia di cotone dalla bocca.
“Smettila” l’ammonì sottovoce, facendola arrossire violentemente. “Esatto Ronnie” concordò Rachel, chinandosi a fissarla negli occhi “Apollo ha inoltre detto che non possiamo aspettare fino ad allora…”.
“Certo che no!” sbottò Percy ricevendo un’occhiataccia dall’Oracolo.
“Sta zitto e lasciami continuare “ sibilò la rossa con sguardo truce.
“Ha detto che, lo stesso giorno in cui la profezia sarà rivelata il mondo finirà conquistato da una potentissima dea, di cui non conoscono neanche i numi il nome, e dalla sua orda di ombre” concluse socchiudendo appena le palpebre per far si di imprimersi le parole nella mente.
“Bene” la voce di Percy si levò autoritaria “Ora dicci dove” la incitò.
“Il luogo dovrete in parte scoprirlo” li ammonì la ragazza, prima di rispondere alla domanda “In Italia, nella città Eterna, lì incontrerete una dea, Bona Dea, una dea antichissima e potentissima,state attenti, è particolarmente suscettibile, solo lei può aiutarvi” con un sorriso dolce la ragazza se ne andò.
Il sole spuntò dietro la collina Mezzosangue, tingendo il cielo delle più svariate sfumature di rosa.
“Siete tutti pronti?” domandò Percy avvicinandosi al gruppo di semidei. Dopo aver aspettato un cenno di vita da parte loro, il figlio di Poseidone sistemò lo zaino sulle spalle e, sorridendo incoraggiante, si incamminò verso il confine della collina Mezzosangue. Il grande pino di Thalia si ergeva a delimitare il passaggio nel mondo mortale, con un’ultima occhiata indietro Percy lo varcò, mentre la sua testa non faceva altro che tornare col pensiero al giorno in cui aveva visto Annabeth per la prima volta.

Nove semidei macchiavano il perfetto dipinto di quell’alba, allontanandosi  sempre più dal Campo. Gli occhi smeraldini della ragazza li seguivano, rimuginando sui versi della profezia. “Una difficile lotta è in agguato, ma un angelo aiuterà coloro senza peccato” disse ad alta voce, inconsapevole dell’ombra che la stava a guardare, le mani quasi trasparenti che tremolavano appena.
“Un angelo” continuò l’Oracolo strizzando gli occhi. La mente della ragazza cercava una soluzione che pochi avrebbero trovato, una di questi era l’ombra che ascoltava le parole di Rachel.

Era mezzogiorno quando il figlio di Poseidone concesse una pausa per rifocillarsi, raccomandando però di non terminare le dosi di ambrosia. Poi si sedette in disparte, i pensieri che tornavano a infestargli la mente.
“Dovresti smetterla di pensare a lei” la voce di una ragazza lo fece voltare. I gelidi occhi castani di Hayleen lo fissavano seri.
“Non fai altro che peggiorare la tua situazione, sei sempre distratto e disattento, inoltre, credo di aver visto Mike sputare anche le tonsille per tenere il tuo passo” la ragazza gli poggiò una mano sulla spallacon fare protettivo.
“Hai ragione, scusatemi, ma non riesco a distogliere i pensieri da Annabeth” rispose lui socchiudendo le palpebre.
“Lo so, e mi dispiace” disse, poi si sedette accanto a lui e, con delicatezza, poggiò la testa nell’incavo del suo collo. Poco dopo il respiro della semidea si era fatto più lento e ritmico, gli occhi chiusi e la mente impegnata in un ricordo ormai sfocato dal tempo.
“Una mela per la più bella” aveva detto il ragazzo dagli occhi grigio-azzurri sorridendole dolcemente. “Avanti, prendila” la incalzò lui. Dopo di che aveva allungato una mano a toccarle una ciocca di morbidi capelli castani. Hayleen aveva riso beffarda. “Mi stai prendendo in giro” il suo tono di voce era amaro, poi con mano decisa afferrò quella del ragazzo e la spostò dal suo viso. “Assolutamente no, lo penso davvero” aveva ribattuto lui serio, ignorando il gesto scontroso della figlia di Nyx. “Perché sei qui? Io non ho amici” aveva allora domandato la ragazza con sospetto, voleva forse un favore, qualcosa di grosso come rinchiudere in una gabbia di tenebre qualcuno che l’aveva indispettito? “Per parlare, non mi piace vedere le persone da sole” rispose il ragazzo semplicemente, sollevando le spalle. Ricci mori gli cadevano sugli occhi, lui li spostò con una mano, poi la fissò negli occhi. “Tutti dovrebbero avere degli amici” aveva detto, poi, dopo averle sorriso, se ne era andato.

 Drake non era sempre stato chiuso e riservato, c’era stato un periodo in cui era stato felice, davvero, ora si limitava a mostrarsi gentile con sua sorella, che era l’unica persona cui teneva davvero. La vide, stesa a terra col capo appoggiato sull’enorme zaino e il volto rilassato mentre il petto si alzava e si abbassava lentamente.
“Dormi?” le chiese avvicinandosi. Lei non rispose, segno che il sonno l’aveva già catturata. Un sorriso dolce affiorò sulle labbra del semidio, si accorse, d’un tratto, del leggero tremare della figlio di Borea e delle sue labbra di un colorito azzurrognolo. Sorrise ancor di più. Una figlia del dio del vento del nord che soffre il freddo pensò divertito, poi aprì il proprio zaino e sfilò una grande coperta di pile che poggiò sul corpo della giovane. Pochi minuti dopo il figlio di Chione si accovacciò accanto a lei e si sdraiò addormentandosi subito. Un sorriso malizioso affiorò sulle guance della semidea, che carezzò Blakie.
“Divertiamoci un po’” sussurrò al serpente, poi spiccò un salto, ritrovandosi a due  metri d’altezza da terra. Ciò che fece poi mise in allarme l’intero gruppo di semidei. Dal suo zaino estrasse una specie di borraccia dal contenuto alquanto potente, poi la puntò verso Drake che ora dormiva tranquillamente. Con cautela la semidea aprì di poco il tappo della borraccia, che sprigionò mille venti di potenza impressionante. Questi ultimi si riversarono sul corpo del figlio di Chione che, colto alla sprovvista, urlò e fu scagliato lontano dal luogo in cui si era addormentato. L’erba fresca lo accolse tra le sue braccia, mentre minuscole gocce di rugiada gli penetravano gli abiti.
“Tu, adesso ti faccio fuori” esclamò il ragazzo appena comprese la causa del suo brutto risveglio. Elizabeth intanto se la rideva di gusto mentre osservava la scena. La sua felicità, però, non durò a lungo, difatti il semidio si scagliò contro la ragazza, creando una scia di neve e gelo  che gli permise di raggiungere l’altezza di due metri. Quindi richiamò a se il freddo del nord e, con un fluido movimento del braccio, ricoprì la figlia di Hermes di neve, aggiunse anche una carota, che arrivò a un suo comando, non si spiegò mai la cosa, e che fece assomigliare la semidea a  un gigantesco pupazzo di neve.
Un’espressione di puro odio passò sul volto infreddolito della giovane, poi però, quell’espressione si sciolse, facendo scoppiare Elizabeth in una sonora risata, subito seguito da quella di Drake.
“Bell’idea” si complimentò la ragazza, sorridendo “Ora però scongelami che sto diventando un ghiacciolo” aggiunse rabbrividendo visibilmente.

Elizabeth sedeva accanto al piccolo fuoco, seppur la stagione fosse bella. Accanto a lei stava Percy che, preoccupato, l’aveva ricoperta di coperte colorate.
“Ti sta bene” l’apostrofò il semidio, non riuscendo però a trattenere un sorriso divertito.
“E pensare che credevo mi volessi bene” replicò lei fingendosi offesa. Un grido richiamò la loro attenzione. Una semidea mezza addormentata e stesa a terra stava cercando di resistere all’attacco prepotente di un segugio infernale.
“Ci attaccano!” esclamò Percy “Maledizione, dovevo pensare che ci avrebbero rintracciati” si rimproverò sguainando Vortice.


 
angolo autrice:
allora... iniziamo con le news ( se così si possono chiamare ;P )
1- ho deciso di aggiornare ogni sabato/domenica a seconda del giorno in
cui potrò usare il computer di mio padre, dovete sapere che quel genio del mio non
mi apre la pagina Efp per caricare i capitoli
2- non uccidetemi se in questo capitolo non ci sono tutti e nove gli eroi principali,
a seconda delle occasioni farò diventare protagonisti quelli ceh ci "dicono" di più,
comunque nel prossimo inserirò quelli ceh oggi erano un po' in secondo piano
basta, questo è tutto, ringrazio ancora tutti coloro che hanno inserito la storia tra le
preferite/seguite/ricordate e coloro che recensiscono
ogni volta, grazie, mi serve davvero sapere cosa ne pensate,
Mad <3

 

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Capitolo 7
*** di segugi infernali e corde di arcobaleno ***



I lunghi capelli mori erano tutto ciò che si intravedeva della ragazza, mentre il resto, era schiacciato sotto il corpo possente del segugio infernale. Legolas impugnò Alastrion, poi, con estrema calma, scoccò una freccia. Centro. Il segugio infernale si accasciò a terra con un guaito, prima di scomparire in una nuvola di cenere. In quel frangete un'altra bestia spuntò dietro alle spalle del figlio di Atena, poi un altro ancora, e un altro, finché tre segugi lo circondarono. Stava per essere attaccato quando una corda dai mille colori avvolse il corpo possente di un animale, stringendo fino a stritolarlo. Un’altra nuvola di cenere. La ragazza dai capelli mori comparve al fianco del semidio.
“Grazie” disse senza voltarsi la semidea.
“Non c’è di che” rispose Legolas, lo sguardo fisso su una bestia diversa dalle altre, dal manto bianco argenteo. Il figlio di Atena strinse la presa sull’arco, pronto a scoccare un’altra freccia. Impiegarono poco tempo a sbarazzarsi delle due bestie, poi si guardarono attorno: uno stormo di una decina di arpie aveva attaccato Ronnie e Drake, che però le stavano congelando senza troppa fatica, Percy stava lottando contro due empuse con indosso completino da cheerleader, accanto a lui Elizabeth sedeva su un albero sorridendo mentre canticchiava divertita, Hayleen aveva appena rinchiuso in una bolla di tenebre un piccolo gruppo di telchini sotto lo sguardo tra lo stupito e l’ammirato di Mike, mentre Jacob stava combattendo duramente contro altri segugi infernali. Legolas sorrise compiaciuto, poi si voltò verso la mora.
“Stanno tutti bene, ora la cosa migliore da fare è prepararsi per partire” le disse serio, poi iniziò a comprimere i suoi averi nel grande zaino verde. Cassandra lo guardò per un istante, gli occhi azzurri e i lunghi capelli platino gli ricordavano tanto un elfo del suo film preferito: il Signore degli Anelli. Poi anche lei si preparò per la partenza.

“Fortuna che ci sei tu, Liz! Altrimenti chi mi avrebbe aiutato?” bofonchiò Percy inondando l’ultima empusa.
“Te la stavi cavando benissimo” replicò lei con un sorriso furbo impresso sul volto. Il figlio di Poseidone sospirò, poi raggiunse Hayleen, che, poco discosta da lui, stava resistendo all’attacco di una decina di segugi infernali, che, almeno per la maggior parte correvano attorno spaesati, come se lei gli avesse tolto la luce dagli occhi, rendendoli ciechi. Il semidio sorrise, poi colpì con vortice la bestia più vicina, appuntandosi di scusasi con la signora O’Leary appena si fossero incontrati di nuovo. Poi la spada colpì ancora e ancora, finché tutti i mostri furono sopraffatti.
“Tutto bene?” domandò Percy avvicinandosi alla figlia di Nyx.
“Si” rispose lei, senza guardarlo negli occhi, temendo che lui s’accorgesse della ferita che le correva lungo tutto l’avambraccio. Il figlio di Poseidone iniziò allora a impartire ordini per l’imminente partenza, aiutando anche gli ultimi semidei a uccidere mostri che li avevano attaccati.

“Non possiamo più trattenerci a terra” esordì Percy fissando gli occhi dei presenti “La Città Eterna… bè, non ci resta che scoprirlo” disse, accennando un sorriso che si trasformò ben presto in una smorfia quando un pensiero lo colpì: se Anabeth fosse stata con loro probabilmente avrebbero saputo dove andare.
“Viaggeremo in cielo prima di attraversare il mare” concluse il ragazzo dagli occhi verde mare.
“E come faremo, solo Elizabeth ha delle scarpe alate” obiettò Jacob, fissando gli occhi in quelli del figlio di Poseidone e aspettando una risposta.
“Io un’idea l’avrei anche se credo che non tutti apprezzerebbero” ribatté il semidio sorridendo, poi si voltò verso Ronnie, nello stesso momento in cui un fischio acuto lasciava le sue labbra. Un gruppo di pegasi comparve in cielo. Blackjack svettava alla testa degli animali, sorvolando nuvole rosee e arancioni, atterrando poi, con estrema leggerezza, ai piedi del padrone. Ronnie rabbrividì visibilmente.
“Tutto okay?” domandò Drake avvicinandosi alla figlia di Borea che si era fatta bianca come un cencio e respirava affannosamente.
“Si” sussurrò poco convinta. Poi un pegaso bianco con penetranti occhi azzurro cielo le si avvicinò, sfregando il muso sulla sua gamba. La ragazza fulminò l’animale con lo sguardo, poi, però, iniziò ad accarezzarle il muso, con un movimento lento ma costante. E ti pareva pensò tra il rassegnata e lo sconvolta. Percy si voltò verso di lei, o meglio, verso il pegaso bianco dal pelo soffice che stava accarezzando.
“Dice che non sai cavalcare, che l’ultima volta sei caduta dalla sua groppa mentre si stava esibendo in un doppio salto mortale” disse il ragazzo, sorridendole rassicurante.
“E tu come lo sai?” replicò lei accigliata, ricordandosi solo dopo che Percy Jackson era un figlio di Poseidone.
“Mio padre” rispose infatti lui, indicando il cielo con un dito, poi le si avvicinò, e, dopo averle posato le mani sui fianchi la issò a cavallo, o, per l’esattezza, a pegaso. Un brivido percorse la ragazza mentre veniva delicatamente posata sul dorso possente dell’animale.
“Ehm… okay, ma io, quando volo…” la voce esitante strappò un sorriso al figlio di Poseidone.
“Ci riuscirai” disse accarezzando il muso dell’animale, poi si allontanò, avvicinandosi alla figlia di Hermes che sembrava alquanto spaesata tra la moltitudine di pegasi.
“Ce la fai da sola Liz?” domandò il ragazzo, avvicinandosi alla giovane che fissava un pegaso bordeaux dalla folta criniera mora.
“Certo” rispose lei, posando un piede sulla staffa e salendo sul dorso dell’animale. Poi, però, il piede si incastrò e, nell’atto di spostarsi col peso dall’altra parte del pegaso la ragazza sentì un sonoro crack, che precedette una rovinosa caduta a terra, arrestata dalle braccia forti di un semidio. Quando riaprì gli occhi, aspettandosi di incontrare quelli verde mare del figlio di Poseidone restò sorpresa nel constatare che non si trattava di Percy, bensì di un ragazzo dai ricci color fragola e dai penetranti occhi azzurri che la teneva sollevata a un metro circa da terra.
“Che volo!” esclamò il ragazzo sorridendo smagliante. Dietro di lui faceva capolino un pegaso dorato che si abbinava perfettamente coi capelli ribelli del ragazzo. Le grandi ali, anch’esse dorate, si aprivano battendo leggermente, incoronate dal sole di mezzogiorno.
“Wow, bel pegaso!” esclamò la ragazza, slacciandosi dalla salda presa del semidio. L’animale nitrì come per ringraziare la ragazza, che aggiunse: “Il mio sembra una ciliegia troppo matura” detto questo la sua bocca si tirò in una smorfia di disapprovazione. Facendo sorridere Jacob.

Hayleen sedeva un po’ in disparte, gli occhi fissi sull’orizzonte e la mente impegnata in mille riflessioni. Non s’accorse dell’ombra alle sue spalle. Un nitrito la convinse infine a voltarsi. Dietro di lei ritto sulle quattro zampe, stava il pegaso più bello che avesse mai visto. Il manto più nero di quello di Blackjack, la lunga criniera anch’essa del colore della notte e, nel muso, incastonati come diamanti, due occhi ambrati screziati d’oro che brillavano come stelle nel cielo.
“Lei è Lady Night” disse un ragazzo comparendo da dietro al cavallo “Come lo sai?” domandò alla semidea dai lunghi capelli mori. Hayleen ricordò che si trattava della figlia di Iride.
“Oh, adoro i pegasi e conosco a memoria tutti i loro nomi” rispose Cassandra sorridendo dolcemente.
“Come facevi a essere sicura?” domandò ancora la figlia della dea della notte. Sul volto dell’altra ragazza balenò un’espressione perplessa.
“Intendo, come facevi a sapere che Iride era la dea che tutto comprende?” si spiegò Hayleen senza guardare negli occhi la ragazza e, soprattutto, evitando la domanda che lei gli aveva posto. “Lo sapevo e basta” rispose Cassandra con una scrollata di capo, poi le pose una domanda che la ragazza non s’aspettava: “Chi era il ragazzo con cui stavi parlando prima che Percy ti chiamasse?” nella sua voce si poteva cogliere una punta di malizia, d’altronde non aveva mai parlato con Hayleen prima d’ora e, dovendo affrontare una missione suicida insieme sarebbe stato meglio conoscersi.
“Nessuno” rispose enigmatica la figlio di Nyx, scorgendo per la prima volta il pegaso color miele che seguiva la ragazza.
“Ehm, bel pony” disse poi cambiando argomento.
“Grazie” rispose l’atra, voltandosi verso l’animale, poi, con ossa agile, balzò sulla groppa del pegaso e trottò via, pensando a quanto strana fosse quella ragazza.

Drake si accostò alla sorella con fare protettivo.
“Potresti venire in sella con me, così non cadresti” le disse sorridendo.
“Posso farcela” replicò lei distratta, cercando di pensare ad altro mentre il suo pegaso bianco latte si esibiva in impennate di vario genere. Drake scosse il capo, salendo sul proprio cavallo, che era di un grigio pallido, lo stesso colore della tempesta.
“Capo, quando si parte?” domandò il figlio di Afrodite sorridendo.
“Non sono il capo” replicò Drake.
“Infatti dicevo a Ronnie” ribatté il figlio di Afrodite con un sorriso beffardo.
“Mike!” esclamò lei “Alla fine sei stato scelto tu, me lo sentivo” aggiunse sorridendo. Il viso del figlio della dea dell’amore si rabbuiò all’istante. “Già” disse, poi si voltò e, trattenendo le lacrime se ne andò.
“Che tatto sorellina” la canzonò il figlio di Chione scrollando la spalle.
“Io…non volevo” la voce della semidea era colma di preoccupazione.
“Gli passerà” le assicurò Drake, poi tutti furono richiamati da Percy e si diressero verso di lui aspettando i nuovi ordini.
“Adesso voleremo fino alla costa, non ci vorrà molto, penso una mezza giornata, da lì dovremo attraversare il mare, questa sarà la cosa più difficile” concluse il semidio, poi dopo aver fatto un cenno agli altri, diede ai pegasi l’ordine di partire.


angolo autrice: okay... scusate tanto il ritardo e il pessimo html... prendetevela coi compiti, la febbre e il mio stupido computer che ha deciso di non inserirlo più...

Nico: trovi sempre delle scuse è!? *sogghigna*

autrice: zitto tu, che non mi aiuti mai! *gli tira in testa la boccetta di sciroppo*

Nico: va bene, va bene, ma non scaldarti tanto!

autrice: va bene, alla prossima e buona lettura, che probabilmente se state leggendo questi scelri vuol dire che avete già fatto, spero che recensirete,
Mad

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Capitolo 8
*** capitolo 8_e volare e volare ***


Hayleen cavalcava in fondo al gruppo. Sentiva il vento fischiarle sul viso, sferzarglielo, e lo ringraziava, probabilmente, infatti, quella era l’unica cosa a tenerla sveglia e salda al pegaso. Guardò davanti a sé Percy che fissava il cielo, chiedendosi se la cosa migliore non fosse informarlo dello squarcio che le correva lungo l’avambraccio e che le imbrattava la pelle di sangue. Ad un tratto la ragazza sentì i sensi intorpidirsi, avrebbe voluto urlare ma era come se l’aria non le entrasse nei polmoni, come se le labbra non rispondessero ai suoi comandi. Poi accadde. Le braccia si fecero molli e così la presa, prima ferrea sul pomo della sella, si fece sempre più debole, tanto da non poter più reggere il peso del suo corpo. Si maledisse per aver scelto di viaggiare nella retroguardia, mentre guardava i suoi amici cavalcare davanti a lei, ignari di quello che le stava accadendo. In un attimo Hayleen si ritrovò a precipitare nel vuoto, quasi completamente incosciente. Sentì a malapena i nitriti di Lady Night che richiamavano gli altri semidei. Poi fu tutto buio. Buio e desolazione. Finché un lancinante dolore al braccio la svegliò.

Mike aveva la testa da un’altra parte, sapeva di doversi concentrare sulla missione, ma tutto ciò che il suo cervello voleva fare andava contro quello che il suo cuore richiedeva. Ecco come il ragazzo si ritrovò a pensare quanto la criniera scura di Lady Night gli ricordasse i capelli del fratello morto. Si voltò verso il pegaso in tempo per vedere una sagoma precipitare di sotto, senza un gemito. Spalancò gli occhi aprendo più volte la bocca nella speranza che una qualche parole vi scaturisse. “Sta cadendo” riuscì alla fine a gridare, attirando l’attenzione degli altri semidei. “Hayleen!” esclamò Percy, comandando a Blackjack un’impicchiata. Gli altri lo guardavano spaesati, sapevano bene che il figlio di Poseidone non sarebbe riuscito a raggiungerla in tempo, ma sentirlo ad altra voce fu per Mike una pugnalata al cuore. “Non ci riuscirà mai!” sbraitò, infatti, Drake, guardando preoccupato il moro che cercava invano di raggiungere l’amica, quindi qualcosa si sbloccò nel cuore del figlio di Chione. Richiamò a se tutte le sue forze focalizzando lo sguardo sul corpo inerme della ragazza che stava precipitando. Dalle sue braccia si scatenò una tempesta di neve che andò ad avvolgere il corpo della figlia di Nyx, rallentandole la caduta. “Non la tratterrò ancora per molto, Ronnie, fa qualcosa!” esclamò il ragazzo, fissando i gelidi occhi della “sorella”. Lei annuì, quindi protese un braccio ordinando alle fredde correnti del nord di sollevare il corpo di Hayleen. Senza alcuno sforzo i venti la sostennero come una bambola di porcellana tra le braccia di una bambina. Percy arrivò da lei, prendendola tra le braccia e posandola, delicatamente, sul suo pegaso color petrolio. “Bel lavoro!” urlò dal basso, poi s’accorse del sangue che fuoriusciva rapido dalla ferita “Atterriamo, ora!” ordinò poi, senza che la preoccupazione lasciasse il suo volto segnato dalle intemperie.

“Che succede, perché siamo atterrati!” Drake si avvicinò contrariato a Percy che aveva depositato la figlia di Nyx sull’erba fresca. “I mostri ci attaccheranno e tu decidi di lasciar fare un sonnellino ad Hayleen?” la voce del figlio di Chione era sempre più irata mentre afferrava una spalla del semidio dagli occhi verde mare e lo costringeva a voltarsi. “Taci, Drake! Non sono atterrato per una gita tra i boschi” replicò il figlio di Poseidone scandendo bene le parole e aspettando che tutti i semidei si riunissero attorno a lui “Hayleen è ferita” concluse poi. Se ci fosse stato un figlio di Apollo avrebbe pensato lui a curare la ragazza, purtroppo, però, la profezia non era stata così previdente. Drake strappò la manica della propria camicia, quindi si inginocchiò accanto alla ragazza e le premette la stoffa sulla ferita, per arrestare la perdita di sangue. “Ci troveranno” disse sovrappensiero il figlio di Chione. Percy lo guardò attentamente e, alla fine, decise di fidarsi, si alzò in piedi avvicinandosi al gruppo composto da semidei e pegasi, che discutevano animatamente sulla missione. “Come sta Hayleen?” domandò Cassandra con una punta di preoccupazione nella voce. “Drake le sta premendo la ferita, poi la benderemo e le daremo dell’ambrosia. La ferita è profonda ma non è quella a preoccuparmi, probabilmente è stata fatta dagli artigli di un segugio infernale” concluse fissando i ragazzi davanti a se. “Un taglio infernale?” domandò la figlia di Iride, che era l’unica ad aver capito cosa intendesse. Percy si ritrovò a pensare quanto quella ragazza, seppur mora, gli ricordasse Annabeth, una fitta al cuore gli fece temere di cadere a terra. Chiuse gli occhi e spalancò la bocca per respirare. “Tutto ok, amico” Mike si avvicinò al figlio di Poseidone, poggiandogli una mano sulla spalla. “Si” rispose quindi si voltò verso Cassandra “E si, intendevo una ferita infernale, ossia una ferita che ti lascia un marchio addosso, il marchio dell’Inferno” il moro si guardò attorno per cercare di capire se avessero appreso il concetto. “Come si toglie?” Legolas fissò gli occhi color del mare del loro leader in cerca di una risposta. Fu però la figlia di Iride a prendere parola. “Semplice, troviamo un figlio di Ade” ripose semplicemente. “Oh, hai ragione, credo ci sia un supermercato in quella direzione, proviamo lì” esclamò Elizabeth, con un sorriso furbo. “Gli unici figlia di Ade esistenti” Percy prese di nuovo l comando della situazione, lanciando un’occhiataccia alla figlia di Hermes “Sono Nico e Hazel, il primo è scomparso mentre la seconda è al Campo”. Tutti lo guardarono speranzosi. “Non abbiamo possibilità ne di tornare indietro ne d’intraprendere una lunga marcia per cercare Nico Di Angelo” il ragazzo scrollò le spalle, stanco e preoccupato. “Cos’è la cosa peggiore che può accadere?” chiese Ronnie, che si era appena rialzata da terra, dove stava cercando di riprendersi dopo la cavalcata sui pegasi. I suoi capelli, solitamente lisci perfetti, erano ora scompigliati e le ricadevano ribelli attorno al viso. Mike le si avvicinò con fare indagatorio: “Tanto c’è qualcosa che non va nei tuoi capelli!” esclamò, ricevendo in cambio un’occhiata tale da gelare il sangue nelle vene a chiunque. “La cosa peggiore?” tutti s voltarono verso Percy in attesa di una risposta “Beh, la cosa peggiore che può succedere è che i mostri ci ritraccino e sfruttino tutto ciò per conoscere la nostra posizione e attaccarci” continuò sovrappensiero, quindi il suo sguardo si fece determinato. “Controlleremo il perimetro finché rimarremo fermi qui! Cassandra a te l’est, Jacob l’ovest, Ronnie il sud e Legolas il nord” i ragazzi si sparpagliarono in varie direzioni, tenendo le armi accuratamente pulite e lucidate tra le mani. “Ehi! Anch’io voglio un lato” esclamò Elizabeth imbronciandosi. “Oh, avanti Liz, parla con Mike o schiaccia un sonnellino” disse con un gesto della mano. Poi però le sorrise, rivelandole tutta la preoccupazione che provava. “Va da Hayleen” il tono della ragazza si addolcì, peccato che non avesse capito che la sua preoccupazione fosse rivolta maggiormente a un’altra ragazza, una ragazza che gli aveva rubato il cuore per tenerlo legato a se. Annabeth Chase. Percy annuì, quindi tornò dall’amica ferita per aiutare Drake con le cure. Sul volto di Elizabeth comparve un sorrisino furbo, quindi la ragazza si diresse, a caso, verso uno dei quattro lati del perimetro, pronta a combattere o osservare gli altri combattere, a seconda delle occasioni.

Jacob sedeva su un alto ramo di un albero, intento a lucidare le punte delle sue frecce con estrema attenzione: sapeva che, una volta scoccate e colpito il bersaglio, sarebbero tornate automaticamente nelle sua faretra, così che in battaglia non doveva temere l’inutilità del suo arco, Caster. La pace regnava sovrana in quel luogo isolato, la pace regnava sovrana finché una ragazza arrivò, spodestandola. “Dovresti dipingere quell’arco di verde, io adoro il verde, il mio serpente è verde… aspetta un attimo… serpente!” la ragazza si mise le mani sulla faccia disperata “L’ho dimenticato, i fratelli Stoll si mangeranno Blakie” si lamentò, quindi, con una mossa agile, raggiunse Jacob sul ramo dell’albero, muovendo i piedi divertita. “Che stai facendo Jake?” chiese, sorridendo. “Non si vede, sto lucidando l’arco” rispose lui, rimpiangendo la pace che c’era fino a qualche istante prima. “Mmm… forse preferisci il viola?” continuò lei imperterrita, ignorando lo sbuffo spazientito del figlio di Eos “L’aurora boreale è viola, o sbaglio?” aggiunse poi, divertita. Jacob borbottò qualcosa di incomprensibile prima di scendere dal ramo. “E ora dove vai?!” esclama piccata la figlia di Hermes, seguendolo. “A fare un giro di ronda” rispose secco il ragazzo. “Vengo con te” stabilì lei, correndo al fianco del figlio di Eos “Sai, nel caso ti attaccassero avresti bisogno di una come me che…” la ragazza iniziò a raccontargli la sua vita, le imprese e tutto ciò di cui non si interessava affatto. Un rumore nel sottobosco, però, attirò la sua attenzione. “Zitta!” esclamò, facendola irritare. “Oh, tu non mi dici di stare zitta, capito?! Io sono venuta qui per…” Jacob le posò con forza una mano sulla bocca, tenendole il braccio dietro la testa. “Zitta” le sussurrò all’orecchio. Lei annuì. Un fruscio, stavolta più forte, convinse del pericolo anche la ragazza. Ad un tratto un toro della colchide spuntò fuori ruggendo. Prontamente Jacob spinse indietro la ragazza, mandandola a sbattere contro un albero, cosa che, però, le evitò lo scontro con il mostro. “Ahia” protestò Elizabeth, massaggiandosi la testa. “Scappa! Dai l’allarme!” rispose lui, impugnando Caster e incoccando una freccia. “Credi che ti lascerò a combattere da solo?” replicò lei, fintamente offesa. Jacob sbuffò rumorosamente, quindi fissò gli occhi rosso fuoco del toro. “Va da Percy” ordinò alla figlia di Hermes “Le mie frecce non lo fermeranno”.

Angolo autrice:
Salvee, ecco, dopo una lunga attesa e come sempre in ritardo.... L'OTTAVO CAPITOLO :3
Spero che vi piaccia, sono contenta di aver potuto aggiornare, finalmente :)
Grazie alle 5 persone che hanno recensito l'ultimo capitolo,
Alla prossima,
Mad💕

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Capitolo 9
*** apparizioni improvvise ***


Capitolo 9

“Una difficile lotta è in agguato,
ma un angelo aiuterà coloro senza peccato
infine gelo e vento insieme si uniranno,
 e la notte stessa sconfiggeranno…”

“Ho seguito i loro movimenti mio signore” esclamò orgogliosa Ofelia, quindi fissò gli occhi torbidi in quelli del ragazzo “Si trovano poco a est di qui, circa quattro o cinque kilometri” continuò.
“Bene, grazie per le informazioni” il semidio si sedette in terra, pallido come non mai. “Vi sentite bene?” lo spettro si avvicinò preoccupato al suo signore.
“Si, è solo che non ho mai mantenuto un’anima in vita tanto a lungo” spiegò il ragazzo con un gemito.
“Lasciami andare” la ragazza sorrise dolcemente, poi posò una mano sulla spalla del semidio, che sussultò appena, ma non si ritrasse “Ormai non ti servo più” aggiunse poi. Lui la guardò triste.
“Non posso, ti ho promesso la i campi Elisi” replicò scuotendo il capo.
“Vedrai, li otterrò, ma ora non tentare di tenermi ancora in vita, l’energia ti serve” detto ciò si chinò sul padrone, lasciandogli un bacio sulla guancia cerea, quindi scomparve, lasciando dietro di se soltanto una pallida ombra, un ricordo sfocato. Nico nascose una lacrima solitaria che gli rigava il volto, non avrebbe ma pensato di affezionarsi tanto a una persona, tanto meno a uno spettro. Scrollò il capo, concedendosi un’ora di sonno ristoratore.

Il toro scaraventò a terra il figlio di Eos, che però si riprese velocemente, difendendosi alla bell’ e meglio con l’arco. Colpì la bestia sul muso, costringendola ad arretrare un poco, ma ben presto si rese conto che non sarebbe riuscito a trattenerla ancora per molto. Le sue frecce colpivano la dura corazza del toro senza scalfirla. Le rimbalzavano addosso andando a finire lontano, poi, puntualmente, tornavano nella faretra del semidio. Jacob storse la bocca, continuando a colpire la bestia. Ad un tratto gli venne un’idea, un’dea folle e che, probabilmente non poteva funzionare, ma anche l’unica idea che gli era venuta in mente. Prese un’altra freccia dalla faretra e la posizionò nell’arco. Con estrema precisione scoccò, concentrando tutta la propria forza nella arma. La punta si conficcò nell’attaccatura tra il collo e la testa, l’unico punto libero dall’armatura, li risplendette dei colori dell'aurora boreale più bella. in quel momento Jacob capì che sua madre non l'aveva abbondonato, non del tutto almeno. Il toro si dimenò prima di accasciarsi a terra e esplodere in una nuvola di polvere.

“Percy! Percy!” esclamò Elizabeth, correndo.
“Che ti prende, Liz?!” esclamò Percy, guardandola interrogativo. La semidea si fermò di colpo, fissando gli occhi in quelli verde mare del ragazzo.
“L’ho dimenticato” un’espressione corrucciata apparve sul suo volto, mentre lei si sforzava di ricordare “Eppure lo so, fe l’ho sulla punfa della fingua…” aggiunse guardandosi la lingua come se potesse darle una risposta. Percy scrollò il capo, trattenendosi dallo sbattere la testa contro un masso, quindi si voltò verso Hayleen. Il colore era scomparso dal suo volto; la ragazza ansimava piano, come se non volesse preoccupare i suoi amici. Il figlio di Poseidone allungò una mano, portandole una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio, non poteva guardarla soffrire senza fare niente, si sentiva impotente e… inutile.
“Aiuto!” un urlo richiamò la sua attenzione. Percy si voltò fulmineamente all’indietro: Jacob stava correndo verso di loro con un branco di tori della Colchide, dorati e molto, molto furiosi.
“Ah, ci sono!” esclamò raggiante Elizabeth “Jacob è stato attaccato da…” il figlio del dio del mare non la fece finire, costringendola a voltarsi verso il semidio che aveva appena menzionato.
“Tori della Colchide?!” domandò sbuffando. Eppure non poté trattenere un sorriso divertito vedendo l’espressione corrucciata sul volto della figlia di Hermes. Entrambi i semidei sfoderarono le rispettive armi, pronti a combattere. Un toro si diresse verso Percy in piena corsa, quest’ultimo, però, scartò di lato, facendo finire a terra la bestia. Quindi con un movimento rapido affondò Vortice fino all’elsa nella corazza spessa del toro. Il mostro cadde rovinosamente a terra, ma non si dissolse. Intanto Elizabeth stava affrontando un’altra bestia. Volava a circa un metro d’altezza, scansando i continui attacchi dell’essere. Ad un certo punto la ragazza iniziò ad annoiarsi. Incrociò le gambe e posò la mano sul mento, sbuffando, tutto ciò lo fece sospesa due metri sopra la linea di terra.
“Percy, pensi che sia più bello il verde o il viola? Secondo me il primo ma Jacob si ostina a pensare che il viola sia meglio” disse ad un tratto, colpendo il toro della Colchide con mortale ramo che la bestia aveva involontariamente sollevato da terra.
“Ehi! Non ho mai detto di preferire il viola!” esclamò indignato il figlio di Eos, catapultandosi in avanti per schivare un corno dorato di una della bestie.
“Allora ammetti che aveva ragione io?!” replicò trionfante la semidea, quindi si posò in terra e, con un colpo deciso, fece volare il mostro lontano da lei.
“Fuori campo!” esclamò contenta, posandosi il bastone sulla spalla come fosse stata una mazza da baseball. Il toro, però, non restò lontano a lungo, infatti caricò nuovamente verso la ragazza. Elizabeth sbuffò, pronta a colpirlo di nuovo, ma la bestia non fece in tempo ad arrivare che si ritrovò richiusa in un ghiacciolo.
“Ehi!” protestò la figlia di Hermes, incrociando le braccia sul petto “Me la stavo cavando benissimo da sola” borbottò mettendo il broncio.
“In questo momento abbiamo problemi più seri” intervenne Ronnie, accanto al fratello. Fu proprio quest’ultimo che congelò il restante toro, per ottenere l’attenzione dei tre semidei.
“Hayleen sta morendo” esclamò. Il cuore di Percy perse un colpo, non si sentì neanche di protestare perché la figlia di Borea non era rimasta a pattugliare il confine. Iniziò a correre verso il punto in cui la castana giaceva, scansò un poco Mike e le si inginocchiò al fianco.
“Hayleen… Hayleen, mi senti?” domandò piano, come se, parlando troppo forte, la ragazza si sarebbe svegliata. Le poggiò una mano sulla fronte: scottava. “Dobbiamo fare qualcosa o presto sarà tutto inutile!” esclamò Drake con un’espressione assorta in volto.
“Se almeno ci fosse un figlio di Apollo…” sussurrò il ragazzo dagli occhi verde mare, quindi prese la mano di Hayleen e la strinse tra le sue. “Andrà tutto bene, te lo prometto” disse, quindi si diresse verso il confine nord.

Legolas aveva sentito un urlo e rumori di battaglia, il suo cuore voleva raggiungere i suoi amici, ma il suo istinto di guerriero e figli di Atena lo aveva trattenuto al suo posto: se lo avesse abbandonato e i mostri avessero attaccato anche da lì senza preavviso sarebbe stata la fine. D’altronde era piuttosto sicuro che i suoi compagni se la potessero cavare da soli, ecco perché rimase sorpreso nel vedere arrivare Percy.
“Legolas” lo chiamò il ragazzo, facendogli cenno di raggiungerlo. Quando il figlio di Atena gli fu accanto notò l’espressione preoccupata sul volto del semidio. “Qualcosa non va, Percy?” domandò spaventato, portando la mano verso la faretra: aveva imparato ad aspettarsi il peggio dalla vita. Il pensiero di Moon che gli moriva tra le braccia lo rese lucido e, allo stesso tempo impulsivo, pronto a combattere.
“Si tratta di Hayleen…” iniziò Percy, titubante, era evidente che parlare di quell’argomento gli faceva male “…avevamo sottovalutato la ferita, oltre che attirare mostri come lo zucchero attira le mosche la sta uccidendo” concluse sotto lo sguardo atterrito del figlio di Atena.
“Che dobbiamo fare?” chiese quest’ultimo, recuperando il suo sangue freddo.
“Trovare Nico, mandategli un messaggio iride o qualsiasi altra cosa, l’importante è che lo portiate qui” disse, insieme si avviarono verso il piccolo campo provvisorio che avevano istituito.
“Perché proprio io?” domandò stupito Legolas, cercando di reprimere quel senso di orgoglio che sentiva avvampare dentro di se.
“Perché sei un figlio di Atena e so per esperienza che, per trovare qualcosa o qualcuno, siete i migliori” rispose Percy, mentre un senso di solitudine e rimorso ormai familiare lo attanagliava. Lo sapeva per esperienza.
Fu una voce che avrebbe riconosciuto fra mille a ridestarlo dai suoi pensieri.
“Non avete bisogno di un figlio di Ade” Percy non si voltò, ma sulle sue labbra si formò un piccolo sorriso di sollievo.
“E perché no?!” esclamò Ronnie, poco avanti, girandosi verso il nuovo arrivato.
“Perché ce l’abbiamo già” ripose Percy, prima di imitare la ragazza e voltarsi “Ciao Nico” aggiunse.

 
angolo autrice (spaventata):
vi prego non uccidetemi per il ritardo... io vi voglio bene!
okay, sono un po' molto in ritardo con gli aggiornamenti,
ma non è colpa mia se i prof sono spietati e assetati di sangue
se vi state chiedendo se continuerò a mettere le barrette sulle parole...
si, mi dispiace ma sono cos' dolciii come Nico
grazie alle persone che continuano a recensire la storia
nonostante gli aggiornamenti a tempi di lumaca,
grazie alle presone che hanno aggiunto la storia alle
preferite/seguite/ricordate,
grazie
a tutti e lettori silenziosi (per scrivere lettori ci ho messo
mille anni, avendo sbagliato cinque/sei volte le lettere,
quindi: APPREZZATE!)
  e
grazie a colui che ha inventato la nutella, sei. il. mio. mito.

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Capitolo 10
*** ampolle romane e acque infernali ***


Capitolo 10

A.A.: dedico questo capitolo a tutte le Pernico come me, perché questa coppia è un po’ dappertutto, purtroppo non potrà mettersi con Percy o l’intera missione non avrebbe  senso -.-‘

 
Nico fissò i grandi occhi color petrolio in quelli acqua marina del figlio di Poseidone. Vi lesse tutta l’ansia che lo attanagliava, e avrebbe voluto stringerlo a se, lasciare che ogni brutta sensazione abbandonasse il suo corpo.
“Posso salvarla” stabilì alla fine, sapendo di aver, in qualche modo, alleviato le pene del ragazzo. Le labbra di Percy si sollevarono in un ampio sorriso.
“Cosa ti serve, piccoletto?” domandò il moro, d’un tratto allegro.
“Una sorella, una madre, un padre amorevole, una casa… o, tu intendevi per salvarla, vero?” rispose Nico, concedendosi una risatina. Era davvero felice di rivedere il ragazzo dagli occhi vede mare, soprattutto visto che era vivo.
“Si, piccoletto” rispose ridacchiando il più grande.
“Primo non chiamarmi piccoletto, secondo mi serve una cosa… ecco, una cosa…rara?” Percy colse il dispiacere nella voce del figlio di Ade.
“Cosa?” domandò allarmato, stringendo una mano fredda di Hayleen. Nico non poté trattenere una smorfia mesta nel vedere il contatto delle mani dei due semidei, riuscì però a nasconderla al più grande.
“Mi serve dell’acqua dello Stige in un’ampolla forgiata dai romani” rispose sospirando. Percy strabuzzò gli occhi, gemendo piano.
“Quanto tempo abbiamo” chiese, temendo la risposta “Sono passati due giorni da quando siamo partiti, quindi mancano esattamente sedici giorni prima che il mondo sia invaso dalle ombre” aggiunse poi, rabbrividendo impercettibilmente.
“Per salvarla? A occhi e croce direi quattro giorni, forse cinque se riusciamo a darle qualcosa da mangiare” rispose con una smorfia i figlio di Ade.
“Seguimi” detto ciò il ragazzo dagli occhi verde mare si incamminò verso il cerchio di semidei che discutevano concitatamente. Il silenzio calò sul gruppo, lasciando così a Percy la parola.
“Bene” esordì il figlio di Poseidone “Nico può salvare Hayleen, ma c’è un problema, ci serve un’ampolla romana e dell’acqua del fiume Stige, non è che per caso…” il moro lasciò la richiesta in sospeso, spostando gli occhi da un semidio a un altro, sperando nell’impossibile.
“Oh, certo, che sciocca! Chi è che non si porta dietro un po’ di acqua del fiume dell’Inferno?!” esclamò Elizabeth con un sorriso furbo. Questa volta, però, nessuno rise e il silenzio piombò nuovamente sul gruppo.
“Allora Ronnie, Mike e Cassandra, voi andrete a cercare un’ampolla romana nel Campo Giove, avete quattro giorni, al massimo cinque, quindi ci raggiungerete all’Inferno” Percy guardò i suoi compagni in cerca di obbiezioni.
“Voglio andare con mia sorella” Drake si alzò in piedi “Devo proteggerla!” aggiunse poi, guardando la ragazza che aveva ancora i capelli scombussolati dal viaggio via pegaso.
“Okay” acconsentì il ragazzo dagli occhi verde mare, quindi ritornò da Hayleen e la sollevò in braccio e, dopo aver detto ai pegasi di tornare al Campo, si unì a Nico per preparare la loro partenza negli Inferi.

 
“Dobbiamo arrivare al Campo Giove” esordì Drake alzandosi in piedi “Ossia a Berkeley Hill” precisò poi il figlio di Chione.
“Il che fa circa 4.600 kilometri” si intromise Legolas con un sorriso stampato in volto.
“Figlio di Atena, qual buon vento?” Drake gli allungò una mano che il ragazzo dai capelli platino strinse.
“Restate vivi” il sorriso sul viso del semidio scomparve lasciando posto a una seria preoccupazione.
“Promesso” rispose Cassandra, che si era alzata e gli aveva posato una mano su una spalla. Legolas annuì, quindi, rinnovando il sorriso sul suo viso, si allontanò dal gruppetto. Non avrebbe mai pensato di affezionarsi tanto a dei perfetti estranei, almeno fino a qualche giorno prima, ma, si disse, era anche del tutto comprensibile visto che si erano totalmente affidati gli uni agli altri, salvandosi la vita a vicenda.
“Pronto per un giretto negli Inferi?” la voce che lo raggiunse era fredda e tagliente.
“Nico Di Angelo, ho tanto sentito parlare di te al Campo” replicò l’altro voltandosi “Cosa vuoi?” aggiunse, spezzando il silenzio gelido che si era formato. Nonostante fosse un ragazzo magro, quasi scompariva accanto alla figura stabile di Percy, e benché avesse si e no quindici anni, il figlio di Ade era capace di incutere timore persino nell’animo forte di Legolas.
“Solo avvisarti che stiamo per partire” rispose scrollando le spalle l’altro, era evidente che fosse abituato all’ostilità e alla freddezza del distacco con le altre persone. Chissà da quanto non parla con qualcuno di vivo pensò il figlio di Atena, senza poter immaginare la totale realtà di ciò che si era appena figurato: un pallido spettro che beveva una tazzina di tè affianco a Nico Di Angelo.

 
“Odio i romani” bofonchiò la figlia di Iride, tornando a sedersi a terra. Non sapeva come quel pensiero le fosse venuto in mente, ma immaginava fosse dato dal fatto di costringerla a separarsi dal resto del gruppo per cercare una stupida e insulsa ampolla.
“Pronta Cassandra?” Mike le si avvicinò con un sorriso, alle sue spalle venivano i due fratelli, ognuno con uno zaino carico di provviste sulle spalle.
“Come arriveremo al Campo Giove in tempo?” domandò lei, quasi irritata, senza riuscire a scrollarsi di dosso l’immagine di una sciocca boccetta che Reyna le tendeva.
“Di sicuro non a piedi” replicò il figlio di Afrodite, con un’alzata di spalle.
“E di sicuro non cavalcando pegasi” aggiunse Ronnie rabbrividendo e portandosi una ciocca di capelli albini dietro un orecchio. Drake ridacchiò, cercando inutilmente di trattenersi e successivamente coprendola con dei colpi di tosse poco convincenti.
“Quoque tu Drake” esclamò lei indignata, quindi gli diede un pizzicotto sul braccio.
“Ahia!” il figlio di Chione prese a massaggiarsi il punto dolorante, con un’espressione teatralmente disperata.
“Finitela voi due” si intromise Mike, prendendo per il braccio ferito il semidio e allontanandolo dalla sorella “Sembrate due bambini” aggiunse poi, con aria fintamente autoritaria.
“Ha iniziato lui” esclamarono in contemporanea, additandosi, così che il figlio di Afrodite non riuscì più a trattenere una risata divertita.
“Comunque, io avrei un’idea” a quel punto fu Cassandra, che sembrava ancora concentrata, a prendere il controllo della situazione. Una loro amica stava morendo e loro scherzavano come dei bambini di cinque anni, dispettosi e capricciosi. Lo sguardo della ragazza si oscurò, facendo così cessare le risate degli altri ragazzi. “È un’idea folle e decisamente non ne usciremo vivi, ma è anche l’unica che abbiamo” aggiunse, incrociando le braccia.

 
“No, tu sei pazzo!” la ragazza arretrò di un passò scuotendo il capo “Io non mi lascio viggiombrare negli Inferi, tantomeno abbracciata a… lui” aggiunse indicando un sempre più scocciato figlio di Ade.
“Senti ragazzina o ti sbrighi o giuro sullo Stige che ti mollo qui” replicò quest’ultimo, insofferente agli insulti della semidea. Elizabeth si voltò sconsolata verso il figlio di Poseidone che annuì incoraggiante, quindi allungò una mano a prendere quella che Nico le stava porgendo, seppure evidentemente riluttante.
“A me piaceva vivere…” sussurrò, prima di lanciare un urlo che fu troncato a metà dalla loro scomparsa. Dall’ombra del pino ricomparve solo il ragazzo pochi secondi dopo, con un’espressione scocciata in viso.
“Avanti il prossimo!”

 
angolo dell'autrice:
spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto

sono contenta che continuiate a seguire la storia con interesse,
vorrei ringraziare principalmente DaughterOfOlympus,

Myrddin Emrys, SalmaSparrowMalfoy e Kallyope,
per aver recensito l'ulitmo capitolo,
e con questo vi saluto,

alla prossima,
Mad<3

 

 

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