Origami

di PotterWatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The shame of that day ***
Capitolo 2: *** The dead of night ***
Capitolo 3: *** Nostalgia ***
Capitolo 4: *** Xin Eohp ***
Capitolo 5: *** Here y'all ***
Capitolo 6: *** Atticus ***
Capitolo 7: *** Otaku ***
Capitolo 8: *** My Little Problem ***
Capitolo 9: *** Slumber ***
Capitolo 10: *** Gyakuten Senshi ***
Capitolo 11: *** Again ***
Capitolo 12: *** For good ***
Capitolo 13: *** Dedication ***
Capitolo 14: *** Let's Dance ***



Capitolo 1
*** The shame of that day ***


Origami


1.

The shame of that day



Ormai, la campanella aveva annunciato la fine delle lezioni da un pezzo; e dovunque, dai muri ai banchi ingombri, gingilli di carta colorata tingevano i raggi del sole.

Ma né chiasso né chiacchiere riempivano l'aula, come il loro solito; regnava un silenzio imbarazzato, rotto soltanto da qualche bisbiglio e da tenui singhiozzi. Un bimbo chino, appoggiato alla parete
da molti minuti, era circondato da un pugno di scolaretti stupiti.

N-non piangere!”
Non è niente, mica devi prendertela così...”

Avanti, Miles!” esclamò un ragazzino dai capelli castani, sbucando d'improvviso a farsi strada tra il crocchio. “Sì, lo so che gli origami sono facilissimi persino per me e che ti senti uno stupido; ma sai fare così tante altre cose... o no?”

Seguirono diversi attimi di silenzio; e solo allora una voce flebile si decise a sollevarsi da qualche centimetro più in alto.

M-Miles?”

Quando una mano gli si posò leggera sull'avambraccio, l'interpellato si decise ad alzare timidamente la testa. E la prima cosa che vide, nei contorni ancora sfocati delle ombre, fu un tenero volto che iniziava appena a sorridergli tra le grandi iridi blu.

Non devi piangere,” rise. “Nessuno è perfetto, Miles”.

~


Buonasera, o Aceattorneyani!
Sono sempre io, a occupare di nuovo il mio angolino con una raccolta del tutto libera, senza termini né progetto iniziale. L'unico scopo che mi propongo è scrivere drabble o flashfic per condividere con voi il mio incondizionato ammoreh per ogni singolo personaggio di questa impagabile trilogia. Ordunque, se avete intenzione di seguire Origami – non importa da quale a quale punto – aspettatevi assolutamente di tutto!

Ho voluto iniziare riferendomi a quell'episodio che ha ispirato il titolo – adorabile dialoghetto di Trials & Tribulations 5, disponibile verso la metà del caso

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Capitolo 2
*** The dead of night ***


Origami


2.

The dead of night



Al tempio Hazakura l'inverno durava tutto l'anno. A volte, però, nel solitario novembre, la morsa del gelo si chiudeva anche sulle anime, e l'estenuante lentezza del sangue nelle vene diventava quasi insopportabile.
C'erano notti di tempesta e neve, che raggelavano ogni spirito di vento 
il freddo spingeva le sue dita così a fondo da bloccare persino il tempo, lungo le venature del pavimento ligneo.
C'erano notti in cui il ghiaccio, dai remoti picchi dei monti, si spezzava ululando, e le sorelle tremavano anche sotto le soffici coperte, nonostante i bracieri fumassero di continuo nelle cellette.
Era in quelle notti che, tacendo, Iris si alzava dal letto e raggiungeva la sala grande a passi muti. Lasciava trascorrere molti minuti nel silenzio più profondo, percossa dall'angoscia. Scie bianche le si tracciavano davanti sulla grande tela del buio; e dall'altra parte della stanza si delineavano le nere arterie dell'altissima porta intagliata, il cui clangore impietoso – la serratura che aveva abbandonato i grandi occhi smarriti, così simili ai suoi, ad annegare nel fiume poco distante – Iris non avrebbe mai dimenticato.
Fino all'ultimo istante, quando il rimorso ed il terrore gocciolavano da ogni lato delle pareti, la donna rimaneva immobile. Solo alla fine di tutto, zuppa di gelo e dolore fino al profondo delle ossa, si alzava per recarsi all'altare e custodirne il fuoco sacro agli spiriti.
Sulla pietra ardente di carboni, quasi stordita dalla luce odorosa degli incensi, Iris si inginocchiava fra i tappeti di bambù, e piangeva.


~


Angst. Ma chi resisterebbe all'angst, quando scrive delle Fey?
Non che ami particolarmente le sorelle Hawthorne (vade retro, Dahlia), ma Iris mi riempie di pena e mi sembra inoltre un personaggio molto adatto ad essere descritto in una storia, considerando anche l'atmosfera così inquietante ed affascinante che si respira nell'ambientazione di T&T 5.
Spero apprezziate, e spero di tornare presto su questi lidi.
Un grazie immenso alle mie affezionate lettrici. Significate molto più di quel che possiate credere per me.

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Capitolo 3
*** Nostalgia ***


Origami


3.

Nostalgia


Haruka non amava particolarmente l'autunno.
Era la stagione in cui i colori, dalle vetrate del suo piccolo locale, stingevano e divenivano sempre più tenui, preparando la caotica città al suo lungo ed agitato sonno invernale. Già di norma, con le sue pareti grigie, il ristorante-bar passava quasi inosservato tra le grandi serrande di Tokyo; con il graduale turbarsi del clima, poi, l'ombra dell'imponente complesso di uffici legali lo copriva irrimediabilmente, rendendolo nulla più che una minuscola serie di vetri incastrata tra tante altre porte.
Per qualche strano caso, tuttavia, quell'anno qualcosa cambiò.
L'inizio di settembre portò con sé, assieme ai primi improvvisi spifferi di vento, un bel giovane alto e moro. Regolarmente, ad ogni mezzogiorno, lo vedeva arrivare in un eccentrico completo blu; ma ciò che senza dubbio saltava più all'occhio, fra le monotone giacche di avvocati e clienti comuni, era l'abito della ragazza sempre al suo fianco. Era una graziosa fanciulla sui diciotto anni, grassottella ed allegra, il cui sorriso sembrava non spegnersi mai.
Da quel giorno vennero quasi sempre, alla stessa ora; così, preparando loro due ciotole di ramen, Haruka assisteva da lontano – non senza un sorriso intenerito – a lunghi racconti di vita quotidiana, narrati delle espressioni più buffe che gli fosse dato di vedere nella sua quieta routine di ristoratore.
In una gelida giornata di dicembre, quando il sole pallido segnò il mezzogiorno, l'avvocato entrò solo, sedendo comunque allo stesso tavolo. Prima di recargli una sola scodella
, Haruka rimase a guardarlo per un attimo, mentre fissava con aria triste le nuvole lontane ammassate sull'orizzonte.


~


Pare che inventarmi personaggi ignoti e raccontarne il ruolo nella trama principale sia mio vizio inguaribile.
Piccola storiella post-PW:AA, ovviamente; come io immagino che Phoenix senta la mancanza della sua nuova e carissima amica.
Note pseudo-nipponiche: il nome Haruka (anche femminile, tra parentesi) non è messo lì a caso, e i fan delle CLAMP lo sanno di certo. Piccolo omaggio a xxxHolic e alle splendide amiche che lo leggono.
Il ramen è il piatto di cui la nostra adorata Maya è tanto ghiotta
nella versione originale, a scapito dei ben noti hamburger.

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Capitolo 4
*** Xin Eohp ***


Origami


4.

Xin Eohp




Decisamente, non era giornata.
Questo pensava il giudice nella sua corsa folle, combattuto tra la necessità di reggere il contenuto della cartella sfondata e il rischio di giungere in aula con un ritardo inaudito.

Non contento di impigliarsi nella ringhiera ed inciampare nei gradini dell'ingresso, era addirittura riuscito a rovesciare l'intero contenuto della tazzina di caffè, inzuppando le scarpe lustre di un collega stoicamente rassegnato. L'unica soluzione era correre – ma i corridoi del tribunale erano così lunghi e scintillanti di cera da imporre una certa cautela a chiunque, così assieme alla flebile speranza che il procuratore Payne non...
Accidenti.
Non appena la vista annebbiata riuscì a concentrarsi sull'uomo che aveva urtato senza quasi rendersene conto, il campo visivo del giudice fu occupato da un'alienante distesa di blu elettrico; e l'ansia frettolosa divenne preoccupazione, mentre il suo sguardo risaliva con orrore un busto colossale, strizzato in quella giacca troppo piccola, e incontrava capelli corvini dalle punte aguzze come lance, due occhi di fiamma viva, una pelle rossa come... 
Rossa?

S-sono desolato,” balbettò il giudice, lo sguardo fisso sul suo curioso distintivo da avvocato. “Mi perdoni, signor... signor?...”
L'energumeno ghignò e spalancò le fauci, mostrando una lingua rosso fuoco fra i denti leggermente aguzzi.
Io Phoenix Wright. KAPITO?”


~


O Furio, Furio. Come diamine sia stato possibile che tutti in quel tribunale ti abbiano scambiato per il mio Phoenix, è uno di quei misteri che solo Ace Attorney è in grado di creare, e che mai - dico mai - avranno una risposta, così come il funzionamento della polizia della Japanifornia. Ma questa è un'altra storia.
Il titolo è il simpatico soprannome di Furio, coniato dalla Mi(s)tica Maya, e spero veramente che sia stato conservato nella versione italiana.

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Capitolo 5
*** Here y'all ***


Origami


5.

Here y'all




La camera di Lotta era uno scrigno di polvere.
Almeno una volta alla settimana, sistematicamente, il blocco degli appunti e la stilografica sembravano giocare a nascondino e sfidarla per ore tra quelle pur minuscole quattro mura.
Che si insinuassero in qualche cassetto pieno di vecchi ritagli di giornale, sotto i rullini o tra le macchine rotte accatastate sugli scaffali, gli attrezzi del mestiere decidevano inspiegabilmente di sparire; e la giovane, per non rischiare il posto alla redazione del giornale, si doveva tuffare a cercarli, rovistando tra le macerie della sua antica passione fotografica.

Dove si sono cacciati?” sbottò, il cappuccino ancora caldo che le ribolliva nello stomaco. “Se non arriverò là alle otto in punto, questa volta saranno guai...”
Nella sua ricerca frenetica abbassò lo sguardo sulla scrivania: il decimo cassetto era socchiuso e rivelava il balenare di un piccolo oggetto.
Finalmente!” esclamò seccata, già pronta ad afferrare biro e carta. Tuttavia, Lotta era curiosa. Si fermò a guardare: al di sotto degli oggetti tanto ricercati, un rettangolo liscio e polveroso giaceva
abbandonato sul fondo del cassetto.
Il suo soffio rivelò una fotografia scolorita, scattata anni prima in un'aula di tribunale. Nonostante l'inchiostro avesse passato ormai moltissimo tempo in quel mobile pieno di polvere, i colori sbiaditi non avevano annullato la sua espressività; e i minuscoli volti erano ancora uguali a quelli di allora, malinconici ma felici, i loro lineamenti plasmati da un'immensa dolcezza.
Avrò sbagliato mestiere?” si chiese la giovane, per l'ennesima volta nella sua vita. “Forse ho davvero il talento di fotografa.”
Sorrise. Erano le otto e quindici.




~


Lotta, anche se non capisco come tu possa essere tanto pasticciona, sappi che ti amerò per sempre per aver scattato quella fotografia. Sì, la foto di PW:AA, che per sventura ora non posso allegare... ma credo che sia impressa in tutti i nostri cuori.
Che dire, se non che sono grata a tutti i miei lettori e recensori? Vi voglio bene, davvero. Fatevi sentire in tanti!

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Capitolo 6
*** Atticus ***


Origami


6.

Atticus



“Per di qua, Miles. Vieni.”
Aggrappato con fermezza alla mano del padre, un ragazzino di sette anni si faceva strada nei lunghi corridoi del tribunale. Ad ogni svolta – fra il viavai degli avvocati, le cartelle, il profumo della carta mischiato a quello del caffè – un quadro differente si presentava ai suoi occhi, facendoli sgranare per la meraviglia.
“L'aula di oggi è al quarto piano, dovremo
ah, buondì, von Karma.”
Miles notò l'antipatia repressa sui lineamenti del padre. Alzò la testa, pronto ad osservare l'imponente figura rivolta verso di loro. Era un alto procuratore di mezz'età, avvolto in una giacca dalle decorazioni ricche e leziose; il suo bizzarro gusto nel vestire risaltava quasi quanto l'arroganza della sua espressione.
“Avvocato Edgeworth,” rispose, la voce melliflua in ogni sfumatura. “Che piacere vederla. E... questo giovanotto?”
“Mio figlio Miles,” ribatté asciutto Gregory, spingendo appena il figlio in avanti. “Ieri ha chiesto espressamente di seguirmi in aula.”
“Ma guarda. Sei sulla buona strada, ragazzino,” osservò von Karma ridendo forte. Era una risata così priva di allegria, però, che Miles si sentì raggelare, a dispetto del caldo soffocante.
“Sai?” aggiunse poco dopo, guardando l'avvocato fisso in volto. “Devi essere davvero orgoglioso di essere figlio di tuo padre. Non dimenticarlo.”
Miles si strinse alla giacca di Gregory, lo sguardo pieno di ingenuo risentimento.
“Lo sono già, signore.”



~


Sorte tiranna!
Lo so, lo so. Se Manfreduccio non avesse mai fatto quello che ha fatto, be', a tutti noi mancherebbe qualcosa di davvero bello. 
Mando
di nuovo un fortissimo abbraccio ai miei lettori ed amici, Shari, Fede, Ely e tutti gli altri ; in particolare, però, voglio ringraziare una persona.
Grazie a Valentina, perché è veramente una scrittrice di fanfiction, perché sa mettersi in discussione. Grazie a Valentina, perché dall'inizio ha capito e accettato interamente il mio bizzarro modo di essere fangirl; ma soprattutto grazie a Valentina perché, senza sapere quanto, mi ha davvero aiutata, e con il massimo della spontaneità.
Non che i miei altri amici difettino di queste splendide qualità, ci mancherebbe; ma ringrazio Valentina perché me l'ha dimostrato negli ultimi giorni, e nel modo più piacevolmente sorprendente e sincero. E quindi questo capitolo, con questo personaggio ancora nel pieno della sua innocenza, alla sua tenera innocenza è dedicato.
Ave atque valete.

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Capitolo 7
*** Otaku ***


Origami


7.

Otaku



Sal Manella non era un ragazzino qualunque.
Sempre, sin dai tempi dei primi cartoni animati, era stato un ascoltatore singolare. Ora, da adolescente, il suo modo di trascorrere il tempo libero si stemperava in un ozio del tutto peculiare, con notevole preoccupazione dei genitori.
Era apparentemente sordo ad ogni esortazione a socializzare, come tutti i suoi insegnanti dicevano; eppure, nonostante la loro ansia crescente, il giovanotto si sentiva ogni giorno più esaltato. O almeno, a quanto pareva, lo diventava in modo direttamente proporzionale alle ore trascorse davanti al computer.
Un poco rincuorati dagli sguardi appagati del giovanotto, padre e madre lasciarono correre. Non intervennero durante i pomeriggi passati ad analizzare i forum o i social network; non gli impedirono di arrivare a scuola carico di tankobon di ogni colore, e neppure lo costrinsero a smettere di armeggiare sul suo Nintendo DS per tutta la ricreazione, immobile e indifferente agli sguardi sbalorditi dei compagni.
Si preoccuparono sul serio solo quando lo videro arrivare dalla vicina sartoria, con addosso un costume quasi alieno. Sconvolti, corsero a sequestrargli il computer – lo trovarono ancora acceso, aperto su una pagina di Word scritta in un linguaggio indecifrabile.
Fu allora che il giovane, ancora bardato a quel modo, si affacciò con delicatezza dalla porta, illustrando loro la verità con un'espressione fra il divertito e lo sprezzante.
Sal Manella era un fanboy.
E quello – quello soltanto – sarebbe stato il suo destino.


~


In realtà, non ho molto da dire. Questa drabble si commenta da sola.
Dedicato a tutti coloro che, come me, condividono questa quotidiana realtà, anche se a livelli un po' più ragionevoli. E ne vanno del tutto fieri.

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Capitolo 8
*** My Little Problem ***


Origami


8.

My Little Problem



Il capo della polizia di Tokyo era sempre molto occupato. Grandi responsabilità, grandi intervalli di tempo libero – che costantemente si impegnava a riempire con laboriosa dedizione – e grandi impegni caratterizzavano il suo impiego. Soprattutto, però, si trovava ad affrontare grattacapi e impicci di ogni genere; e proprio in quel momento, al culmine di un importante compito da sbrigare, l'ultimo arrivato della polizia richiedeva la sua assistenza.

Vattene, non ora. Ho da fare.”
La nuova recluta, però, sembrava decisa a non lasciarlo in pace. Gli occhi lucidi per l'ansia e la fretta, si muoveva a balzelloni proprio di fianco alla sua scrivania, ripetendo insistentemente le proprie ragioni.
Ma è importante, sto chattando con Regina55763! Non puoi interrompermi adesso!”
Era inutile: il giovanotto sembrava sordo a ogni tipo di risposta.

Vattene subito, o ti metterò fuori combattimento! Le ore di ufficio non mi hanno indebolito, sai? Sono ancora tutto d'un pezzo...”
Missile!”
Accorrendo in fretta dalla propria scrivania, il detective Gumshoe squadrò l'oggetto della collera del capo con aria ostile.

Allora, sempre a disturbare il capo? Non avrai ancora fame, vero?”
Gumshoe si mantenne ben piantato sui propri enormi piedi, la voce tonante ed imperiosa, nel tentativo di intimorire l'interlocutore. La sua severità, tuttavia, non poté durare a lungo; il cagnolino gli corse incontro abbaiando, e il suo scodinzolare festoso lo dissuase subito da qualunque inizio di rimprovero.
Nel tentativo di interrompere il suo allegro vociare – fin troppo allegro – il detective si affrettò a prenderlo per il collare e a guidarlo verso la porta, sotto gli occhi incolleriti del suo superiore.
“Muoviti e vieni fuori con me, o ti lancerà addosso il monitor,” bisbigliò, chino sulle orecchie a punta di Missile. “Se stai buono ti offrirò un po' di ramen. Che ne dici, amico?”
Le zampette saltellanti sulla strada non avrebbero potuto esprimere meglio la loro approvazione.



~


Credo che la nascita di questa one-shot sia stata decretata l'altro ieri, lassù, fra le nuvolette, da un certo qualcuno – qualcuno a cui non davo retta perché 1) non credo nella sua esistenza 2) ero china sul DS e non ho accennato ad alzare lo sguardo fino alle 02:20 di notte.
Dedicata a Crim, a Shari e al pomerano del mio cuorr.

GIOCATE A GHOST TRICK! GIOCATE A GHOST TRICK! GIOCATE A GHOST TRICK! GIOCATE A GHOST TRICK!

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Capitolo 9
*** Slumber ***


Origami



9.
Slumber


Nella stanza da letto, grande e spoglia, il buio era denso di dubbi.
Quella notte, l'indomani appariva del tutto incerto; e l'incertezza era qualcosa che Miles Edgeworth non conosceva da tempo. L'aveva creduta scomparsa, sepolta dal ferreo equilibrio della legge.
Morta.
Ciò che è morto non ritorna. Almeno così pensava. Ed ora non ne era affatto sicuro; la scena che aveva visto in tribunale, una manciata di ore prima, rovesciava le più profonde radici della natura stessa.
Si diceva che la morte fosse il tramonto della vita. Invece, ostinatamente, si ripresentavano a lui tutte le immagini che l'ultimo sole si era portato con sé: la sconfitta e l'errore, il volto determinato di una bella donna al banco della difesa, la luce accecante di un'aula di scuola lontana anni ed anni di distanza.
La strada che aveva cancellato a forza dalla sua memoria, per lasciarla in una tomba abbandonata al sole e all'acqua, si era ripresentata a fare la sua vendetta, proprio come Mia Fey. E aveva un volto, la carne, il respiro, i colori prepotenti della vita.

Non poteva essere, pensava. La morte è la fine.
È la fine, si ripeteva ostinato, tremando sotto le coperte.
E ancora, nonostante tutto, una parte di lui sapeva di sbagliarsi. Era soltanto l'inizio.


~


So di star scrivendo sulla situazione probabilmente più sfruttata dell'universo
– non ci sarà un maledetto fanwriter a non averne scritto epopee ma ne sentivo il bisogno. Ho completato il secondo caso appena un'ora fa. Poi, mentre stavo scrivendo questo, mi ha scritto una persona a me carissima, per comunicarmi che ha subito il terzo lutto di una sola estate. Pubblico in un giorno molto triste, quindi.
Un abbraccio forte a tutti i miei lettori.

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Capitolo 10
*** Gyakuten Senshi ***


Origami



10.
Gyakuten Senshi


La luna sorse nel ruggito del vento. Era tempo di combattere.
Il Samurai d'Acciaio avanzò fino allo spiazzo brullo in cima al colle, lasciandosi lambire dai lunghi fili d'erba cresciuti tutto attorno. L'armatura era fulgida e bianca, la lancia ritta sotto la luna sua compagna.
Fermezza e decisione si sprigionavano dalla sua intera figura, anche da sotto la maschera. Per lui non c'era più motivo di muoversi; non aveva più nulla in sospeso, se non l'attesa di un duello cruciale, che ormai si prolungava da ore. Ebbene – nonostante conoscesse bene la viltà del suo avversario, Tonosaman era molto perplesso.
Mai una volta il Giudice Oscuro si era fatto attendere; ad ogni combattimento, il Samurai non aveva nemmeno il tempo di distendere la lancia. Subito, il suo acerrimo nemico annunciava il proprio arrivo in un lampo di furore.
Quella notte era diversa. La larga pianura ai suoi piedi attendeva, non ancora segnata dalle sue crudeli orme.
Ad ogni modo, non aveva importanza; la fine era inevitabile. Lo sapevano entrambi, meglio di chiunque altro. Non c'era più radura o monte che non avesse offerto loro fugaci protezioni durante un combattimento, non c'era campo sulla Terra che non avesse bevuto il sangue delle loro ferite.
Quella era l'ultima terra. L'ultima lotta.
Durante il duello precedente, pur nel pieno delle forze e dell'abilità, nessuno dei due era riuscito a ferire l'altro; ma Tonosaman aveva giurato che tutto sarebbe terminato quella stessa notte.
Neo Olde Tokyo aveva bisogno di lui. Doveva porre fine a quella catena di morte ed ingiustizie, dalle origini ormai fin troppo lontane.
Il Samurai d'Acciaio attese molto a lungo, quella notte – rimase a scrutare la distesa d'erba fino all'orizzonte, oltre il tramonto della luna.
Per la prima volta, il Giudice Oscuro non si presentò.
Tonosaman non si arrese. Aveva giurato che non si sarebbe allontanato da quel colle senza aver conquistato l'ultimo rantolo del suo nemico; e così fece.
Mantenne la promessa e attese, instancabile, su quella terra, finché la sua storia si perse e si spense in un'altra alba; e il Samurai d'Acciaio svanì a sua volta, per lasciare soltanto un'altra luminosa stella a illuminare il firmamento degli eroi.


~

Insomma, Hammer, non mi puoi morire così prima dell'ultima puntata. Hai piantato in asso migliaia di ragazzini e il Samurai stesso. Povero, neanche la soddisfazione di vederti tirare le cuoia come si deve.
Lo ammetto, queste parodiche violazioni della quarta parete mi divertono follemente. L'idea del Samurai che attende di duellare nei tempi dei tempi – Evil Magistrate è impossibilitato a presentarsi, mi spiace! – era fin troppo allettante.. non potevo evitarlo.

Un abbraccio forte ai miei venticinq- ehm, tre o quattro lettori.

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Capitolo 11
*** Again ***


Origami



11.
Again

Avanti, Nick! Togliti quel broncio. Così si ringrazia il vecchio Larry?”
Phoenix si precipitò verso la porta. Neppure le due ore della cena avevano attenuato l'odore di fritto nelle sue narici; e ogni dettaglio della serata gli strillava che, disastri organizzativi permettendo, avrebbero potuto anche trovare un'alternativa migliore di un locale bisunto e affollato.
Certo,” ribattè sarcastico, nascondendo un sorriso. “Dovresti sempre pensarci mille volte, anche prima di organizzare un caffè al bar.”
Ma insomma!” mugolò Larry. “Ho solo avuto un leggero ritardo...”
... di trenta minuti sulla prenotazione? E nel ristorante sbagliato, poi.”
Esistono oggettini di carta chiamati promemoria, Larry,” ridacchiò Edgeworth, il quale, nonostante i capelli arruffati e l'aria stanca, sembrava il più attivo di tutti. “Ma non te la prendere, adesso.”
Hai sentito, Nick? Dai retta ad Edgey, una volta tanto.”
Da lontano, Phoenix si lasciò scappare una piccola risata. Larry già aveva dimenticato tutto; ora faceva mille complimenti a Maya, la quale, morta di hamburger e di sonnolenza, si trascinava aggrappandosi alla sua manica arancione.
Una manina calda lo afferrò d'improvviso.
Signor Nick,” mugolò Pearl da qualche angolo del suo sonno. “Non si è offeso, vero?”
Phoenix tacque a lungo. Gli occhi della bimba splendevano come stelle.
Figurati,” rise.“Siete sempre i miei amici, o sbaglio?”
La piccola mano si richiuse più forte sulle sue dita. Anche lei sorrideva.
Era solo un giovane avvocato, ma aveva visto di tutto; e pensava che prima o poi, in qualche frammento di reincarnazione o qualcosa del genere, la sua pazienza sarebbe stata premiata con la gloria di un santo. Per il momento era così – c'erano il caos,  le risa, gli sguardi imploranti di Maya. Quella era la compagnia, quello il suo tempo, ed erano molto più che sufficienti.
La prossima volta, però, lascia fare a me.”
Niiick!”



~


Portal e Ghost Trick sono viaggi così lunghi. Ace Attorney mi mancava come l'aria - un po' di sano fluff non poteva certo fare male, no?

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Capitolo 12
*** For good ***


Origami



11.
For good

Il dolore ritornava spesso.
All'inizio aveva dovuto svanire subito; era solo l'anello più pesante di una catena di disgrazie, e l'unico problema per cui non ci fosse davvero più speranza. Lui e Maya erano andati oltre, di corsa, per non vedersi costretti a perdere una seconda vita.
Tuttavia, in fondo, il lutto era rimasto. Quasi invisibile, là sotto a quel groviglio di problemi, era pur sempre in sospeso; si era cristallizzato subito, per poi cadere nel silenzio di giorni, di settimane e di anni, crescendo con il peso di ogni giorno.

Phoenix non si voltava mai indietro; mai, se non per le persone a cui teneva davvero. E non era raro – sempre meno raro, in effetti – che la sua mente si spostasse in un altro oggi e forse domani, dove quella figura alta e forte, un po' più avanti con gli anni, gli rivolgeva ancora sguardi esasperati dal suo fianco destro.
Ci sarebbero voluti molti altri processi per vederla cambiare, per vederla toccata, come tutti, dalla mano dell'esperienza. A volte Phoenix cercava di immaginarla
come sarebbe stata poi, come avrebbe douto essere. Ogni volta inseguiva una nuova immagine, con una sfumatura di dolore differente.
Anche chiudendo gli occhi, con le mani aggrappate al proprio volto, Phoenix non ci era mai riuscito. S
cettica o sorridente, se la vedeva al fianco; era ancora saggia, ancora giovane, in piedi alla sua destra.
Mia era rimasta dove era sempre stata. In eterno, come un monumento.


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Capitolo 13
*** Dedication ***


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13.
Dedication

Non c'era nulla che il detective Gumshoe non fosse pronto a fare per la giustizia.
Era chiaro a chiunque, specialmente a tarda notte. La selva di tazze vuote parlava di una dedizione senza pari
– avevano fondi neri come le ombre sotto ai suoi occhi, e le bustine di zucchero, accartocciate in un angolo, erano molte meno del solito.
Non era mai come il signor Armando, certo. A volte, però, gli passava vicino. Tutti si preoccupavano.
Era ancora più evidente quando sorrideva; sorrideva a trentadue denti e non gli importava di nulla, nemmeno del vuoto che di norma gli rispondeva. Il sorriso era lo stesso, sotto il vento, il sole o la pioggia battente; tra le file di colleghi stanchi, nella scia di procuratori delusi, era un segno di fiducia incrollabile. Tutti, in segreto, gli volevano un po' più bene per questo.
Era scritto nella sua faccia, e nei rammendi ormai aggrappati ovunque al verde sporco del suo impermeabile. Ogni cicatrice, strappo, cerotto lasciava dietro di sé una prova. E i suoi colleghi avevano imparato a leggerle
– le guardavano, con malcelata tristezza, nel vapore del misero ramen di ogni giorno.
Niente più della giustizia muoveva Gumshoe alle lacrime. Nulla, nelle investigazioni dei lunghi anni che seguirono, lo rese più coinvolto e più disperato della lunga ricerca; nulla, o almeno così si credeva.
Fu un pomeriggio piovoso a convincere Phoenix del contrario. Nel momento in cui lo colse a piangere su una grande busta marrone, l'avvocato strinse i denti, in un misto di stizza e compassione. 
Si convinse che era tempo di metterci una buona parola.
Il mese dopo, un urlo di gioia fece tremare il dipartimento. Non fu l'unico a riconoscere che giustizia era stata fatta. 

___

Per la seconda volta nelle mie fanfiction, decido che è ora di smetterla e ritocco la busta paga di Gumshoe. Glielo dobbiamo tutti, secondo me.
Smettila, Miles.
Sono contenta di passare di nuovo per di qua. Fare la fanwriter in versione anglofona è il mio mestiere, ormai. Ma perché no?

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Capitolo 14
*** Let's Dance ***


Origami



14.
Let's Dance

"Nick, hai mai pensato di fare il ballerino?"
Un avvocato molto annoiato e molto al verde trasalì, quasi strozzandosi sulla scodella di ramen. Muovere lo sguardo al televisore fu sufficiente a confermare i suoi sospetti;
a trasmettere un ridicolo balletto era proprio il polveroso schermo dell'ufficio, in attività incessante dalla mattina. 
Nessuno meglio di lui, ormai, sapeva che i pensieri di Maya funzionavano a induzione.
"Non fare quella faccia, Nick," sbuffò lei, vagamente delusa dalla sua reazione. "Un po' di esercizio non ti farebbe male. E neanche qualche soldo in più! Soprattutto qualche soldo in più."
"Taglia sul cibo e ne riparleremo, Maya."
"Nick!"
Neppure lo sguardo minaccioso di Pearl bastò a metterlo sull'attenti. Le figurine danzanti sulla scena non avevano nulla di aggraziato 
i vestiti sgargianti e i saltelli gli ricordavano fin troppo i marmocchi insopportabili che affollavano i centri commerciali.
"Sarei ridicolo," bofonchiò Phoenix. "Lo sai meglio di me."
Si alzò a riporre la scodella vuota subito dopo, augurandosi in cuor suo che a nessuno venisse mai la stessa idea di Maya.

___

Ormai inizia il mio quinto anno nel fandom, e posso dirlo. Ho visto cose che i fan novelli non possono neanche immaginare. Tra queste posso annoverare il musical Takarazuka ispirato al primo gioco. No, non fatelo. Non fatelo, per il vostro bene.

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