Origami di PotterWatch (/viewuser.php?uid=42547)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The shame of that day ***
Capitolo 2: *** The dead of night ***
Capitolo 3: *** Nostalgia ***
Capitolo 4: *** Xin Eohp ***
Capitolo 5: *** Here y'all ***
Capitolo 6: *** Atticus ***
Capitolo 7: *** Otaku ***
Capitolo 8: *** My Little Problem ***
Capitolo 9: *** Slumber ***
Capitolo 10: *** Gyakuten Senshi ***
Capitolo 11: *** Again ***
Capitolo 12: *** For good ***
Capitolo 13: *** Dedication ***
Capitolo 14: *** Let's Dance ***
Capitolo 1 *** The shame of that day ***
1.
The
shame of that day
Ormai, la
campanella aveva annunciato la fine delle lezioni da un pezzo;
e dovunque, dai muri ai banchi ingombri, gingilli di carta
colorata tingevano i raggi del sole.
Ma né chiasso né chiacchiere
riempivano l'aula, come il loro solito; regnava un silenzio
imbarazzato, rotto soltanto da qualche bisbiglio e da tenui singhiozzi.
Un bimbo chino, appoggiato alla parete da
molti minuti, era
circondato da un pugno di scolaretti stupiti.
“N-non
piangere!”
“Non
è niente, mica devi prendertela così...”
“Avanti,
Miles!” esclamò un ragazzino dai capelli castani,
sbucando d'improvviso a farsi strada tra il crocchio.
“Sì,
lo so che gli
origami sono facilissimi persino per me e che ti senti uno stupido; ma
sai fare così tante altre cose... o no?”
Seguirono
diversi attimi di silenzio; e solo allora una voce flebile
si decise a sollevarsi da qualche centimetro più in alto.
“M-Miles?”
Quando
una mano gli si posò leggera sull'avambraccio,
l'interpellato si
decise ad alzare timidamente la testa. E la prima cosa che
vide,
nei contorni ancora sfocati delle ombre, fu un tenero volto che
iniziava appena a sorridergli tra le grandi iridi blu.
“Non
devi piangere,” rise. “Nessuno è
perfetto, Miles”.
~
Buonasera,
o Aceattorneyani!
Sono sempre io, a occupare di nuovo il mio
angolino con una raccolta del tutto libera, senza termini né
progetto iniziale. L'unico scopo che mi propongo è scrivere
drabble
o flashfic per condividere con voi il mio
incondizionato ammoreh per ogni singolo personaggio di questa
impagabile trilogia. Ordunque, se avete intenzione di seguire Origami
– non importa da quale a quale punto – aspettatevi
assolutamente di tutto!
Ho
voluto iniziare riferendomi a quell'episodio che ha ispirato il
titolo – adorabile dialoghetto di Trials &
Tribulations 5,
disponibile verso la metà del caso
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Capitolo 2 *** The dead of night ***
2.
The dead of night
Al
tempio
Hazakura l'inverno durava tutto l'anno. A volte,
però, nel
solitario novembre, la morsa del gelo si chiudeva anche sulle anime, e
l'estenuante lentezza del sangue nelle vene diventava quasi
insopportabile.
C'erano
notti di tempesta e neve, che raggelavano ogni spirito di
vento – il freddo spingeva le sue dita
così a fondo da bloccare
persino
il tempo, lungo le venature del pavimento ligneo.
C'erano
notti in cui il ghiaccio, dai remoti picchi dei monti, si spezzava
ululando, e le sorelle tremavano anche sotto le soffici coperte,
nonostante i bracieri fumassero di continuo nelle cellette.
Era
in
quelle notti che, tacendo, Iris si alzava dal letto e
raggiungeva la sala grande a passi muti. Lasciava
trascorrere molti
minuti nel silenzio più profondo, percossa dall'angoscia.
Scie bianche le si
tracciavano davanti sulla grande tela del buio; e dall'altra parte
della stanza si delineavano le nere arterie dell'altissima porta
intagliata, il cui clangore impietoso – la serratura che
aveva
abbandonato i grandi occhi smarriti, così simili ai suoi,
ad annegare
nel fiume poco distante – Iris non avrebbe mai dimenticato.
Fino
all'ultimo istante, quando il rimorso ed il terrore
gocciolavano da ogni lato delle pareti, la donna rimaneva
immobile. Solo alla fine di tutto, zuppa di gelo e dolore fino al
profondo delle ossa, si alzava per recarsi all'altare e
custodirne il fuoco sacro agli spiriti.
Sulla
pietra ardente di carboni, quasi stordita dalla luce
odorosa degli
incensi, Iris si inginocchiava fra i tappeti di
bambù, e
piangeva.
~
Angst. Ma chi resisterebbe all'angst,
quando scrive delle Fey?
Non che ami particolarmente le sorelle Hawthorne (vade retro, Dahlia),
ma Iris mi riempie di
pena e mi sembra inoltre un personaggio molto adatto ad essere
descritto in una storia, considerando anche l'atmosfera così
inquietante ed affascinante che si respira nell'ambientazione di
T&T 5.
Spero apprezziate, e spero di tornare presto su questi lidi.
Un grazie immenso alle mie affezionate lettrici. Significate molto
più di quel che possiate credere per me.
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Capitolo 3 *** Nostalgia ***
3.
Nostalgia
Haruka
non amava particolarmente l'autunno.
Era la stagione in cui i colori,
dalle vetrate del suo piccolo locale, stingevano e divenivano sempre
più tenui, preparando la caotica città al suo
lungo ed agitato
sonno invernale. Già di norma, con le sue pareti grigie, il
ristorante-bar passava quasi inosservato tra le grandi serrande di
Tokyo; con il graduale turbarsi del clima, poi, l'ombra
dell'imponente complesso di uffici legali lo copriva
irrimediabilmente, rendendolo nulla più che una minuscola
serie di
vetri incastrata tra tante altre porte.
Per qualche strano caso,
tuttavia, quell'anno qualcosa cambiò.
L'inizio di
settembre
portò con sé, assieme ai primi improvvisi
spifferi di vento, un bel
giovane alto e moro. Regolarmente, ad ogni mezzogiorno, lo vedeva
arrivare in un eccentrico completo blu;
ma ciò che senza dubbio saltava più all'occhio,
fra le monotone
giacche di avvocati e clienti comuni, era l'abito della ragazza sempre
al suo
fianco. Era una graziosa fanciulla sui diciotto anni,
grassottella ed
allegra, il cui sorriso sembrava non spegnersi mai.
Da quel giorno
vennero quasi sempre, alla stessa ora; così, preparando loro
due
ciotole di ramen,
Haruka assisteva da lontano – non senza un
sorriso intenerito – a lunghi racconti di vita quotidiana,
narrati
delle espressioni più buffe che gli fosse dato di vedere
nella sua
quieta routine di ristoratore.
In una gelida giornata di dicembre, quando il sole pallido
segnò il mezzogiorno, l'avvocato
entrò solo, sedendo comunque allo stesso
tavolo. Prima di
recargli una sola scodella,
Haruka rimase a guardarlo per un attimo, mentre fissava con aria triste
le nuvole lontane ammassate sull'orizzonte.
~
Pare che inventarmi personaggi ignoti e raccontarne il ruolo nella
trama principale sia mio vizio inguaribile.
Piccola storiella post-PW:AA, ovviamente; come io immagino che Phoenix
senta la mancanza della sua nuova e carissima amica.
Note
pseudo-nipponiche: il nome Haruka (anche femminile, tra parentesi) non
è messo lì
a caso, e i fan delle
CLAMP lo sanno di certo. Piccolo omaggio a xxxHolic e alle splendide
amiche che lo leggono.
Il ramen è il piatto di cui la nostra adorata
Maya è tanto ghiotta nella versione originale, a scapito dei ben
noti hamburger.
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Capitolo 4 *** Xin Eohp ***
4.
Xin Eohp
Decisamente,
non era giornata.
Questo pensava il giudice nella sua corsa folle,
combattuto tra la necessità di reggere il contenuto della
cartella
sfondata e il rischio di giungere in aula con un ritardo inaudito.
Non
contento di impigliarsi
nella
ringhiera ed
inciampare nei gradini dell'ingresso, era addirittura riuscito a
rovesciare l'intero contenuto
della tazzina di caffè, inzuppando le scarpe lustre di un
collega stoicamente rassegnato. L'unica soluzione era
correre – ma i corridoi del tribunale erano così
lunghi e
scintillanti di cera da imporre una certa cautela a chiunque,
così
assieme alla flebile speranza che il procuratore Payne non...
Accidenti.
Non
appena la vista annebbiata riuscì a concentrarsi sull'uomo
che aveva
urtato senza quasi rendersene conto, il campo visivo del giudice fu
occupato da un'alienante distesa di blu elettrico; e l'ansia
frettolosa divenne preoccupazione, mentre il suo sguardo risaliva con
orrore un busto colossale, strizzato in quella giacca troppo piccola,
e incontrava capelli corvini dalle punte aguzze come lance, due occhi
di fiamma viva, una pelle rossa come...
Rossa?
“S-sono
desolato,” balbettò il giudice, lo sguardo fisso
sul suo
curioso distintivo da avvocato. “Mi perdoni,
signor...
signor?...”
L'energumeno
ghignò e spalancò le fauci, mostrando una lingua
rosso
fuoco fra i denti leggermente aguzzi.
“Io
Phoenix Wright. KAPITO?”
~
O Furio, Furio. Come diamine sia stato possibile che tutti in quel
tribunale ti abbiano scambiato per il mio Phoenix, è uno di
quei misteri che solo Ace Attorney è in grado di creare, e
che mai - dico mai - avranno una risposta, così come il
funzionamento della polizia della Japanifornia. Ma questa è
un'altra storia.
Il titolo è il simpatico soprannome di Furio, coniato dalla
Mi(s)tica Maya, e spero veramente che sia stato conservato nella
versione italiana.
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Capitolo 5 *** Here y'all ***
5.
Here y'all
La
camera
di Lotta era uno scrigno di polvere.
Almeno una volta alla settimana,
sistematicamente, il blocco degli appunti e la stilografica
sembravano giocare a nascondino e sfidarla per ore tra quelle pur
minuscole quattro mura.
Che si insinuassero in qualche cassetto pieno
di vecchi ritagli di giornale, sotto i rullini o tra le macchine
rotte accatastate sugli scaffali, gli attrezzi del mestiere
decidevano inspiegabilmente di sparire; e la giovane, per non
rischiare il posto alla redazione del giornale, si doveva tuffare a
cercarli, rovistando tra le macerie della sua antica passione
fotografica.
“Dove
si
sono cacciati?” sbottò, il cappuccino ancora caldo
che le
ribolliva nello stomaco. “Se non arriverò là alle otto
in
punto, questa volta saranno guai...”
Nella
sua
ricerca frenetica abbassò lo sguardo sulla scrivania: il
decimo
cassetto era socchiuso e rivelava il balenare di un piccolo
oggetto.
“Finalmente!”
esclamò seccata, già pronta ad afferrare biro e
carta. Tuttavia,
Lotta era curiosa. Si fermò a guardare: al di sotto
degli
oggetti tanto ricercati, un
rettangolo liscio e polveroso giaceva abbandonato sul fondo del
cassetto.
Il
suo
soffio rivelò una fotografia scolorita,
scattata
anni
prima in un'aula di tribunale. Nonostante l'inchiostro avesse passato
ormai moltissimo tempo in quel mobile pieno di polvere, i colori
sbiaditi non avevano annullato la sua espressività; e i
minuscoli
volti erano ancora uguali a quelli di allora, malinconici ma felici,
i loro lineamenti plasmati da un'immensa dolcezza.
“Avrò
sbagliato mestiere?” si chiese la giovane, per l'ennesima volta nella
sua
vita. “Forse ho davvero il talento di
fotografa.”
Sorrise. Erano
le
otto e quindici.
~
Lotta, anche se non capisco come tu possa essere tanto pasticciona,
sappi che ti amerò per sempre per aver scattato quella fotografia.
Sì, la foto di PW:AA, che per sventura ora non posso
allegare... ma credo che sia impressa in tutti i nostri cuori.
Che dire, se non che sono grata a tutti i miei lettori e recensori? Vi
voglio bene, davvero. Fatevi sentire in tanti!
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Capitolo 6 *** Atticus ***
6.
Atticus
“Per di qua, Miles.
Vieni.”
Aggrappato con fermezza alla mano del padre, un ragazzino di
sette anni si faceva strada nei lunghi corridoi del tribunale. Ad
ogni svolta – fra il viavai degli avvocati, le cartelle, il
profumo
della carta mischiato a quello del caffè – un
quadro differente si
presentava ai suoi occhi, facendoli sgranare per la
meraviglia.
“L'aula di oggi è al quarto piano,
dovremo – ah,
buondì, von Karma.”
Miles notò l'antipatia repressa sui
lineamenti del padre. Alzò la testa, pronto ad osservare
l'imponente figura rivolta verso di loro. Era un alto procuratore di
mezz'età, avvolto in una giacca dalle decorazioni ricche e
leziose; il suo bizzarro gusto nel vestire risaltava
quasi quanto l'arroganza della sua espressione.
“Avvocato
Edgeworth,” rispose, la voce melliflua in ogni
sfumatura. “Che piacere vederla. E... questo
giovanotto?”
“Mio
figlio Miles,” ribatté asciutto Gregory, spingendo
appena il figlio in avanti. “Ieri ha chiesto espressamente di
seguirmi
in
aula.”
“Ma guarda. Sei sulla buona strada, ragazzino,”
osservò von Karma ridendo forte. Era una risata
così priva di
allegria, però, che Miles si sentì raggelare, a
dispetto del caldo
soffocante.
“Sai?” aggiunse poco dopo, guardando l'avvocato
fisso in volto. “Devi essere davvero orgoglioso di essere
figlio di
tuo padre. Non dimenticarlo.”
Miles si strinse alla giacca di
Gregory, lo sguardo pieno di ingenuo risentimento.
“Lo sono già,
signore.”
~
Sorte tiranna!
Lo so, lo so. Se Manfreduccio non avesse mai fatto quello che ha fatto,
be', a tutti noi mancherebbe qualcosa di davvero bello.
Mando di
nuovo
un fortissimo abbraccio ai miei lettori ed amici, Shari, Fede, Ely e
tutti gli altri ; in particolare, però, voglio ringraziare
una persona.
Grazie a Valentina, perché è veramente una
scrittrice di fanfiction, perché sa mettersi in discussione.
Grazie a Valentina, perché dall'inizio ha capito e accettato
interamente il mio bizzarro modo di essere fangirl; ma soprattutto
grazie a Valentina perché, senza sapere quanto, mi ha
davvero aiutata, e con il massimo della spontaneità.
Non che i miei altri amici difettino di queste splendide
qualità, ci mancherebbe; ma ringrazio Valentina
perché me l'ha dimostrato negli ultimi giorni, e nel modo
più
piacevolmente sorprendente e sincero. E quindi questo
capitolo, con
questo personaggio ancora nel pieno della sua
innocenza, alla sua
tenera innocenza è dedicato.
Ave atque valete.
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Capitolo 7 *** Otaku ***
7.
Otaku
Sal
Manella non era un ragazzino qualunque.
Sempre, sin
dai tempi dei primi cartoni animati, era stato un ascoltatore
singolare. Ora, da adolescente, il suo modo di
trascorrere il tempo libero si stemperava in un ozio del tutto
peculiare, con notevole preoccupazione dei genitori.
Era
apparentemente sordo ad ogni esortazione a socializzare,
come tutti i suoi insegnanti
dicevano; eppure, nonostante la loro ansia crescente, il
giovanotto si sentiva ogni giorno più esaltato. O
almeno, a quanto pareva, lo
diventava in modo direttamente proporzionale alle ore trascorse
davanti al computer.
Un poco rincuorati dagli sguardi
appagati del giovanotto, padre e madre
lasciarono correre. Non intervennero durante i pomeriggi
passati
ad
analizzare i forum o i social network; non gli impedirono di arrivare a
scuola carico di tankobon di ogni colore, e neppure lo
costrinsero a smettere di armeggiare sul suo Nintendo DS per tutta la
ricreazione, immobile e indifferente agli sguardi sbalorditi dei
compagni.
Si
preoccuparono sul serio solo quando lo videro arrivare dalla vicina
sartoria, con addosso un costume quasi alieno. Sconvolti,
corsero a sequestrargli il computer – lo trovarono ancora
acceso,
aperto su una pagina di Word scritta in un linguaggio indecifrabile.
Fu
allora che il giovane, ancora bardato a quel modo, si
affacciò con delicatezza dalla porta, illustrando loro la
verità con
un'espressione fra il divertito e lo sprezzante.
Sal
Manella era un fanboy.
E
quello – quello soltanto – sarebbe stato il suo
destino.
~
In realtà, non ho molto da dire. Questa drabble si commenta
da sola.
Dedicato a tutti coloro che, come me, condividono questa quotidiana
realtà, anche se a livelli un po' più
ragionevoli. E ne vanno del tutto fieri.
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Capitolo 8 *** My Little Problem ***
8.
My Little Problem
Il capo
della polizia di Tokyo era sempre molto occupato. Grandi
responsabilità, grandi intervalli di tempo libero
– che
costantemente si impegnava a riempire con laboriosa dedizione
– e
grandi impegni caratterizzavano il suo impiego. Soprattutto,
però,
si trovava ad affrontare grattacapi e impicci di ogni genere; e proprio
in quel momento, al culmine di un importante compito da
sbrigare, l'ultimo arrivato della polizia richiedeva la sua
assistenza.
“Vattene,
non ora. Ho da fare.”
La nuova
recluta, però, sembrava decisa a non lasciarlo in pace. Gli
occhi
lucidi per l'ansia e la fretta, si muoveva a balzelloni proprio di
fianco alla sua scrivania, ripetendo insistentemente le proprie
ragioni.
“Ma è
importante, sto chattando con Regina55763! Non
puoi interrompermi adesso!”
Era
inutile: il giovanotto sembrava sordo a ogni tipo di risposta.
“Vattene
subito, o ti metterò fuori combattimento! Le ore di ufficio
non mi
hanno indebolito, sai? Sono ancora tutto d'un pezzo...”
“Missile!”
Accorrendo
in fretta dalla propria scrivania, il detective Gumshoe
squadrò
l'oggetto della collera del capo con aria ostile.
“Allora,
sempre a disturbare il capo? Non avrai ancora fame,
vero?”
Gumshoe si
mantenne ben piantato sui propri enormi piedi, la voce tonante ed
imperiosa, nel tentativo di intimorire l'interlocutore. La sua
severità, tuttavia, non poté durare a lungo; il
cagnolino gli
corse incontro abbaiando, e il suo scodinzolare festoso lo dissuase
subito da qualunque inizio di rimprovero.
Nel
tentativo di interrompere il suo allegro vociare – fin troppo
allegro – il detective si affrettò a prenderlo per
il collare e a
guidarlo verso la porta, sotto gli occhi incolleriti del suo
superiore.
“Muoviti e vieni fuori con me, o ti lancerà
addosso
il monitor,” bisbigliò, chino sulle orecchie a
punta di Missile. “Se stai buono ti offrirò un po'
di ramen. Che ne
dici, amico?”
Le
zampette saltellanti sulla strada non avrebbero potuto esprimere
meglio la loro approvazione.
~
Credo
che la nascita di questa one-shot sia stata decretata l'altro ieri,
lassù, fra le nuvolette, da un certo qualcuno
– qualcuno a
cui non davo retta perché 1) non credo nella sua esistenza
2) ero
china sul DS e non ho accennato ad alzare lo sguardo fino alle
02:20 di notte.
Dedicata a
Crim, a Shari e al pomerano del mio cuorr.
GIOCATE
A GHOST TRICK! GIOCATE A GHOST TRICK! GIOCATE A GHOST TRICK!
GIOCATE A GHOST TRICK!
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Capitolo 9 *** Slumber ***
9.
Slumber
Nella
stanza da letto, grande e spoglia, il buio era denso di dubbi.
Quella
notte, l'indomani appariva del tutto incerto; e l'incertezza era
qualcosa che Miles Edgeworth non conosceva da tempo. L'aveva
creduta scomparsa, sepolta dal ferreo equilibrio della legge.
Morta.
Ciò
che è morto non ritorna. Almeno così pensava. Ed
ora non ne era
affatto sicuro; la scena che aveva visto in
tribunale, una manciata di ore prima, rovesciava le più profonde radici della natura
stessa.
Si
diceva che la morte fosse il tramonto della vita. Invece,
ostinatamente, si ripresentavano a lui tutte le immagini che l'ultimo
sole si era portato con sé: la sconfitta e
l'errore, il volto
determinato di una bella donna al banco della difesa, la luce
accecante di un'aula di scuola lontana anni ed anni di distanza.
La
strada che aveva cancellato a forza dalla sua memoria, per lasciarla
in una tomba abbandonata al sole e all'acqua, si era ripresentata a
fare la sua vendetta, proprio come Mia Fey. E aveva un volto, la
carne, il respiro, i colori prepotenti della vita.
Non
poteva essere, pensava. La morte è la fine.
È
la fine, si ripeteva ostinato, tremando sotto le coperte.
E
ancora, nonostante tutto, una parte di lui sapeva di sbagliarsi. Era
soltanto l'inizio.
~
So di star scrivendo sulla situazione probabilmente più
sfruttata dell'universo – non ci sarà
un maledetto fanwriter a non averne scritto epopee –
ma ne sentivo il bisogno. Ho completato il secondo caso appena un'ora
fa. Poi, mentre stavo scrivendo questo, mi ha scritto una persona a me
carissima, per comunicarmi che ha subito il terzo lutto di una sola
estate. Pubblico in un giorno molto triste, quindi.
Un abbraccio forte a tutti i miei lettori.
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Capitolo 10 *** Gyakuten Senshi ***
10.
Gyakuten Senshi
La
luna sorse nel ruggito del vento. Era tempo di combattere.
Il
Samurai d'Acciaio avanzò fino allo spiazzo
brullo in
cima al colle, lasciandosi lambire dai lunghi fili d'erba cresciuti
tutto attorno. L'armatura era fulgida e bianca, la lancia ritta sotto
la luna sua compagna.
Fermezza
e decisione si sprigionavano dalla sua intera figura, anche da sotto
la maschera. Per lui non c'era più motivo di muoversi; non
aveva più
nulla in sospeso, se non l'attesa di un duello cruciale, che ormai si
prolungava da ore. Ebbene – nonostante conoscesse bene la
viltà
del suo avversario, Tonosaman era molto perplesso.
Mai
una volta il Giudice Oscuro si era fatto attendere; ad ogni
combattimento, il Samurai non aveva nemmeno il tempo di
distendere la lancia. Subito, il suo acerrimo nemico
annunciava il
proprio arrivo in un lampo di furore.
Quella notte era diversa. La larga pianura ai suoi piedi
attendeva, non ancora segnata dalle sue crudeli
orme.
Ad
ogni modo, non aveva importanza; la fine era inevitabile. Lo sapevano
entrambi, meglio di chiunque altro. Non c'era più radura o
monte che
non avesse offerto loro fugaci protezioni durante un combattimento,
non c'era campo sulla Terra che non avesse bevuto il sangue delle
loro ferite.
Quella
era l'ultima terra. L'ultima lotta.
Durante
il duello precedente, pur nel pieno delle forze e
dell'abilità,
nessuno dei due era riuscito a ferire l'altro; ma Tonosaman aveva
giurato che tutto sarebbe terminato quella stessa notte.
Neo
Olde Tokyo aveva bisogno di lui. Doveva porre fine a quella catena di
morte ed ingiustizie, dalle origini ormai fin troppo lontane.
Il
Samurai d'Acciaio attese molto a lungo, quella notte – rimase
a
scrutare la distesa d'erba fino all'orizzonte, oltre il tramonto
della luna.
Per
la prima volta, il Giudice Oscuro non si presentò.
Tonosaman
non si arrese. Aveva giurato che non si sarebbe allontanato da quel
colle senza aver conquistato l'ultimo rantolo del suo nemico; e
così
fece.
Mantenne
la promessa e attese, instancabile, su quella terra, finché
la sua
storia si perse e si spense in un'altra alba; e il Samurai d'Acciaio
svanì a sua volta, per lasciare soltanto un'altra luminosa
stella a illuminare il firmamento degli eroi.
~
Insomma,
Hammer, non mi puoi morire così prima dell'ultima puntata.
Hai piantato in asso migliaia di ragazzini e il Samurai stesso.
Povero, neanche la soddisfazione di vederti tirare le cuoia come si
deve.
Lo
ammetto, queste parodiche violazioni della quarta parete mi divertono
follemente. L'idea del Samurai che attende di duellare nei tempi dei
tempi – Evil Magistrate è impossibilitato a
presentarsi, mi
spiace! – era fin troppo allettante.. non potevo evitarlo.
Un
abbraccio forte ai miei venticinq- ehm, tre o quattro lettori.
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Capitolo 11 *** Again ***
11.
Again
“Avanti,
Nick! Togliti quel broncio. Così si ringrazia il vecchio
Larry?”
Phoenix
si precipitò verso la porta. Neppure le due ore della cena
avevano attenuato l'odore di fritto nelle sue narici; e ogni dettaglio
della serata gli strillava che, disastri organizzativi permettendo,
avrebbero potuto anche trovare un'alternativa migliore di un locale
bisunto e affollato.
“Certo,”
ribattè sarcastico, nascondendo un sorriso.
“Dovresti sempre pensarci mille volte, anche prima di
organizzare un caffè al bar.”
“Ma
insomma!” mugolò Larry. “Ho solo avuto
un leggero ritardo...”
“...
di trenta minuti sulla prenotazione? E nel ristorante sbagliato,
poi.”
“Esistono
oggettini di carta chiamati promemoria, Larry,”
ridacchiò Edgeworth, il quale, nonostante i capelli
arruffati e l'aria stanca, sembrava il più attivo di tutti.
“Ma non te la prendere, adesso.”
“Hai
sentito, Nick? Dai retta ad Edgey, una volta tanto.”
Da
lontano, Phoenix si lasciò scappare una piccola risata.
Larry già aveva dimenticato tutto; ora faceva mille
complimenti a Maya, la quale, morta di hamburger e di sonnolenza, si
trascinava aggrappandosi alla sua manica arancione.
Una
manina calda lo afferrò d'improvviso.
“Signor
Nick,” mugolò Pearl da qualche angolo del suo
sonno. “Non si è offeso, vero?”
Phoenix
tacque a lungo. Gli occhi della bimba splendevano come stelle.
“Figurati,”
rise.“Siete sempre i miei amici, o sbaglio?”
La
piccola mano si richiuse più forte sulle sue dita. Anche lei
sorrideva.
Era
solo un giovane avvocato, ma aveva visto di tutto; e pensava che prima
o poi, in qualche frammento di reincarnazione o qualcosa del genere, la
sua pazienza sarebbe stata premiata con la gloria di un santo. Per il
momento era così – c'erano il caos, le
risa, gli sguardi imploranti di Maya. Quella era la compagnia, quello
il suo tempo, ed
erano molto più che sufficienti.
“La
prossima volta, però, lascia fare a me.”
“Niiick!”
~
Portal e Ghost Trick sono viaggi
così lunghi. Ace Attorney mi mancava come l'aria - un po' di
sano fluff non poteva certo fare male, no?
|
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Capitolo 12 *** For good ***
11.
For good
Il dolore ritornava
spesso.
All'inizio aveva dovuto svanire subito; era solo l'anello
più pesante
di una catena di disgrazie, e l'unico problema per cui non ci fosse
davvero più speranza. Lui e Maya erano andati oltre, di
corsa, per non vedersi costretti a perdere una seconda vita.
Tuttavia, in fondo, il lutto era rimasto. Quasi invisibile,
là sotto a quel groviglio di problemi, era pur sempre in
sospeso; si era cristallizzato subito, per poi cadere nel
silenzio di giorni, di settimane e di anni, crescendo con il peso di
ogni giorno.
Phoenix non si
voltava mai indietro; mai,
se non per le
persone a cui teneva davvero. E non era raro – sempre
meno raro, in effetti – che la sua
mente si spostasse in un altro oggi e forse domani, dove quella figura
alta e forte, un po' più avanti con gli anni, gli
rivolgeva ancora sguardi esasperati dal suo fianco destro.
Ci sarebbero voluti molti altri processi per vederla cambiare, per
vederla toccata, come tutti, dalla mano dell'esperienza. A volte
Phoenix cercava di immaginarla – come sarebbe stata
poi, come avrebbe douto essere. Ogni volta inseguiva
una nuova immagine, con una sfumatura di dolore differente.
Anche chiudendo gli occhi, con le mani aggrappate al proprio volto,
Phoenix non ci era mai riuscito. Scettica o sorridente, se la
vedeva al fianco; era ancora saggia, ancora giovane, in piedi alla sua
destra.
Mia era rimasta dove era sempre stata. In eterno, come un monumento.
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Capitolo 13 *** Dedication ***
13.
Dedication
Non c'era nulla che il
detective Gumshoe non fosse pronto a fare per la giustizia.
Era chiaro a chiunque, specialmente a tarda notte. La selva di tazze
vuote parlava di una dedizione senza pari –
avevano fondi neri come le
ombre sotto ai suoi occhi, e le bustine di zucchero, accartocciate in
un angolo, erano molte meno del solito.
Non era mai come il signor Armando, certo. A volte, però,
gli passava vicino. Tutti si preoccupavano.
Era ancora più evidente quando sorrideva; sorrideva a
trentadue denti e non gli importava di nulla, nemmeno del vuoto che di
norma gli rispondeva. Il sorriso era lo stesso, sotto il vento, il sole
o la pioggia battente; tra le file di colleghi stanchi, nella scia di
procuratori delusi, era un segno di fiducia incrollabile. Tutti, in
segreto, gli volevano un po' più bene per questo.
Era scritto nella sua faccia, e nei rammendi ormai aggrappati
ovunque al verde sporco del suo impermeabile. Ogni cicatrice, strappo,
cerotto lasciava dietro di sé una prova. E i suoi colleghi
avevano imparato a leggerle –
le guardavano, con malcelata tristezza, nel vapore del misero ramen di
ogni giorno.
Niente più della giustizia muoveva Gumshoe alle lacrime.
Nulla, nelle investigazioni dei lunghi anni che seguirono, lo rese
più coinvolto e più disperato della lunga
ricerca; nulla, o almeno così si credeva.
Fu un pomeriggio piovoso a convincere Phoenix del contrario. Nel
momento in cui lo colse a piangere su una grande busta marrone,
l'avvocato strinse i denti, in un misto di stizza e compassione.
Si convinse che era tempo di metterci una buona parola.
Il mese dopo, un urlo di gioia fece tremare il dipartimento. Non fu
l'unico a riconoscere che giustizia era stata fatta.
___
Per
la seconda volta nelle mie fanfiction, decido che è ora di
smetterla e ritocco la busta paga di Gumshoe. Glielo dobbiamo tutti,
secondo me.
Smettila, Miles.
Sono contenta di passare di nuovo per di qua. Fare la fanwriter in
versione anglofona è il mio mestiere, ormai. Ma
perché no?
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Capitolo 14 *** Let's Dance ***
14.
Let's Dance
"Nick, hai mai pensato
di fare il ballerino?"
Un avvocato molto annoiato e molto al verde trasalì, quasi
strozzandosi sulla scodella di ramen. Muovere lo sguardo al televisore
fu sufficiente a confermare i suoi sospetti;
a trasmettere un ridicolo balletto era proprio il polveroso schermo
dell'ufficio, in attività incessante dalla mattina.
Nessuno meglio di lui, ormai, sapeva che i pensieri di Maya
funzionavano a induzione.
"Non fare quella faccia, Nick," sbuffò lei, vagamente delusa
dalla sua reazione. "Un po' di esercizio non ti farebbe male. E neanche
qualche soldo in più! Soprattutto qualche soldo in
più."
"Taglia sul cibo e ne riparleremo, Maya."
"Nick!"
Neppure lo sguardo minaccioso di Pearl bastò a metterlo
sull'attenti. Le figurine danzanti sulla scena non avevano nulla di
aggraziato – i vestiti sgargianti e i
saltelli gli ricordavano fin troppo i marmocchi insopportabili che
affollavano i centri commerciali.
"Sarei ridicolo," bofonchiò Phoenix. "Lo sai meglio di me."
Si alzò a riporre la scodella vuota subito dopo, augurandosi
in cuor suo che a nessuno venisse mai la stessa idea di Maya.
___
Ormai
inizia il mio quinto anno nel fandom, e posso dirlo. Ho visto cose che
i fan novelli non possono neanche immaginare. Tra queste posso
annoverare il musical Takarazuka ispirato al primo gioco. No, non
fatelo. Non fatelo, per il vostro bene.
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