Audaci scoperte e pazze lotte

di katyjolinar
(/viewuser.php?uid=3135)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


A Berk, come nel resto del mondo, in primavera, tra le altre cose si fanno le pulizie generali, gettando via le cose vecchie e ormai inutili per fare spazio al nuovo.
Ed era ciò che stava facendo Astrid, quella mattina. Seduta per terra, nel magazzino della sua casetta, rovistava tra vecchie armi e oggetti appartenuti agli antenati, mettendo da parte ciò che poteva essere gettato via e rimettendo in ordine il resto, per far spazio alle sue nuove cose.
Aveva appena aperto un baule, appartenuto alla madre, e lo stava svuotando, analizzando ogni oggetto con attenzione. Non si ricordava di lei, era morta mettendola al mondo, e la bionda non aveva mai avuto un padre che si prendesse cura di lei, così suo zio si era preso carico di quella piccola orfana e l'aveva cresciuta, tenendola con sé, almeno fino a quel fatidico giorno di oltre 10 anni prima, quando lo aveva visto soccombere all'attacco dell'Incubo Volante. Da allora era sempre stata sola, e aveva dovuto imparare a badare a sé stessa.
Lentamente tirava fuori quegli oggetti, cose che, da quando era piccola, aveva sempre avuto paura di toccare, nel timore di perdere anche quelle poche cose che le ricordavano una madre che non aveva mai conosciuto. Tutto, ovviamente, finì nelle cose da tenere, ordinatamente catalogato e disposto lungo le pareti del magazzino.
Mentre tirava fuori tutti quei ricordi di una vita del passato, le capitò in mano un piccolo libriccino rilegato in cuoio; lo osservò incuriosita, infine lo aprì, controllandone il contenuto.
Rimase sorpresa di ciò che lesse: era il diario della madre, per la precisione era il racconto dell'ultimo anno e mezzo di vita di quella donna, fino a pochi giorni prima del parto e, quindi, della sua morte.
Si sedette comoda, sfogliando le pagine di quella rara reliquia e leggendo alcune parti del testo. Man mano che andava avanti era sempre più sorpresa di ciò che stava scoprendo della madre e, più o meno a metà del libro, lesse una cosa che la lasciò senza parole.
Scattò in piedi e corse fuori, guardandosi intorno. Non poteva crederci! Non era possibile!
Hiccup passò davanti alla sua capanna in quel momento, trasportando, insieme a Sdentato, della legna per la scorta invernale. Lo fermò, trascinandolo dentro casa; aveva bisogno di condividere con qualcuno ciò che aveva appena scoperto, o avrebbe potuto impazzire, e l'unico con cui poteva farlo era il suo migliore amico.
"Hiccup... ho scoperto delle cose su mia madre..." confessò "E... so chi è mio padre!"

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 ***


Hiccup la fissò, confuso. La ragazza era agitata, e stringeva nelle mani un libriccino dall'apparenza molto vecchia.
"Cosa..." balbettò "Chi..."
Astrid gli porse il libercolo, aperto a una delle prime pagine.
"Leggi." lo incitò.
Hiccup lo fece, ma era sempre più confuso. Spalancò gli occhi, facendo un passo indietro, con aria terrorizzata.
"Ma allora noi siamo..." disse. Astrid scosse la testa e girò le pagine, andando avanti di un po', indicando uno dei capitoli. Hiccup lesse, fece un respiro di sollievo e guardò di nuovo l'amica "Mi stava venendo un colpo... ma allora chi..."
"Vai avanti." rispose semplicemente la ragazza "Leggi dove è dovuta andare."
Il ragazzo andò ancora avanti nella lettura. Quando arrivò al punto indicato dalla giovane, spalancò gli occhi, sorpreso.
"Sacri Dei! Ma allora tu sei figlia di..." esclamò.
"Esatto!" confermò Astrid, riprendendo il diario "Lo conferma anche lei, più avanti. Parla di come mi ha concepita."
"Sì, ma... tu sei nata qui a Berk." obiettò ancora Hiccup "Come è possibile?"
"Dice anche questo." continuò la bionda "È tornata quando mancavano tre mesi alla mia nascita. Tuo padre, in quanto capo di Berk, l'ha perdonarta e le ha permesso di tornare a vivere con il fratello, mio zio."
"Ma perché l'ha mandata via?" domandò il ragazzo "Le parti che mi hai fatto leggere non spiegano bene il motivo."
"Non lo so... forse per le sue idee..." rispose Astrid, stringendo il diario al petto "Ma credo che solo una persona possa rispondere a questa domanda."
"Mio padre, in quanto capo di Berk già a quel tempo." completò il moro "Andiamo. Magari se sapesse che sai di tua madre e tuo padre potrebbe spiegati quello che manca."
Astrid annuì e, insieme all'amico, si avviò dal capo villaggio, che era a casa a controllare alcuni documenti.
I ragazzi entrarono e lo fissarono, restando a distanza. La bionda, poi, fece un respiro profondo e fece un passo avanti.
"Capo Stoick, ho bisogno di parlarti." disse "Ho trovato il diario di mia madre, risalente al periodo attorno al mio concepimento. Vorrei chiederti i motivi del suo esilio, e perché non mi è mai stato detto nulla del fatto che sono figlia di Alvin."

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 ***


Stoick la fissò per qualche secondo, fece un sospiro arrendevole e fece cenno ai due giovani di sedersi al tavolo di fronte a lui, quindi mise via i documenti e si fissò le mani, giunte, raccogliendo le idee.
"Come sapete" disse "Quando avevo all'incirca la vostra età ero a capo di un gruppo di miei coetanei, un po' come voi e i ragazzi dell'Accademia. Della nostra banda, oltre a me e Skarakkio, c'erano Alvin, mio fratello Stizzabifolco, Valka e Astrid."
"Le nostre madri." commentò Hiccup, interessato.
"Mia madre si chiamava come me?" domandò la giovane, stupita.
"Sì, e ti somigliava molto, mia cara." confermò il capo, continuando il racconto "Esattamente come voi, ognuno aveva il proprio ruolo e la propria caratteristica, che lo rendeva unico ma allo stesso tempo parte del gruppo. Io ero il capo, Skarakkio era quello un po' fuori di testa ma che sapeva mediare nelle liti, mio fratello era il braccio, Alvin era il ribelle e le ragazze... beh, Astrid e Valka, anche, a modo loro, erano ribelli."
"In che senso?" domandò il giovane, interessato.
"Ad esempio tua madre, figliolo, era come te: i draghi la affascinavano, al punto che cercava ogni modo per avvicinarli e mettersi nei guai." disse l'uomo, sorridendo al ricordo della moglie "Mentre Astrid... lei era la paladina della parità tra le persone. Si batteva per eliminare certe tradizioni, come quella del matrimonio combinato."
"Tu dovevi sposare lei, vero papà?" lo interruppe Hiccup "C'è scritto sul suo diario. Dice anche che è riuscita a vincere quella battaglia, ma ha pagato un prezzo molto caro."
"Sì. I nostri genitori avevano combinato il nostro matrimonio." confermò Stoick "Nessuno di noi due era entusiasta, ma io avevo accettato la loro decisione, perché le tradizioni vanno rispettate, ma lei non si arrese e lottò per ottenere questa libertà. Nel frattempo ero diventato capotribù, e nonostante non l'amassi le volevo molto bene, così, approfittando della messa in esilio di Alvin, le diedi una scelta: se restava doveva sposare me, come ci era stato comandato, ma se non voleva farlo doveva andarsene."
"Cosa?!" esclamò Astrid, scattando in piedi "Perché? Tu ormai eri il capo! Potevi decidere di cambiare la decisione dei vostri genitori!"
"Non è così semplice, ragazza." la bloccò l'uomo, invitandola a sedersi nuovamente "Certe scelte non si possono annullare così. Avevo parlato con i miei genitori, ma l'unica cosa che ottenni fu questo: finché Astrid fosse vissuta a Berk sarebbe stata mia promessa sposa e, prima o poi, avremmo dovuto sposarci. Quindi le proposi quelle due alternative, e lei scelse di seguire Alvin, rendendomi libero di poter sposare la donna che amavo."
"Ovvero mia madre." concluse Hiccup, che aveva ascoltato attentamente tutto il racconto.
"E riguardo mio padre?" insistette Astrid "Sul diario dice che su Outcast Island hanno legato molto, e alla fine loro... sì, insomma, hanno fatto me. E dice che ad un certo punto, quando mancavano poche settimane alla mia nascita, ha deciso di tornare qui."
"Sì, è così." confermò Stoick "Quando tornò, Hiccup aveva appena una settimana, e lei era al sesto mese di gravidanza. Mi chiese se poteva restare qui fino alla nascita del suo bambino, perché voleva che tu crescessi qui, e una volta che fossi nata se ne sarebbe tornata da Alvin, lasciandoti alle cure di tuo zio. Le risposi che, per lei, la punizione era terminata, e che poteva restare qui anche dopo, ma rifiutò. Voleva restare con l'uomo che amava, in un posto dove era libera di non seguire le tradizioni, se non lo voleva, e dove era trattata da pari, e non da merce di scambio. Solo voleva che tu fossi al sicuro, nonostante le regole che lei reputava assurde, poiché Outcast Island non era il posto più adatto per crescere un bambino."
"Quindi mi avrebbe abbandonata qui in ogni caso?" esclamò la ragazza, stupita "E tutto perché nessun altro, a parte lei, ha mai davvero messo in discussione certe assurde tradizioni barbare?"
"Astrid, cerca di capire..." cercò ancora di spiegare Stoick "Se le tradizioni ci sono c'è un motivo, non sta a noi giudicarle..."
"No! Io non capisco!" continuò la giovane, scattando in piedi "Certe tradizioni sono una tortura inutile! Non hanno senso! Perché si deve essere costretti a sposarsi con una persona che non si ama? Anzi, no! Perché si deve essere costretti a sposarsi? Due persone devono essere libere di stare insieme, se si vogliono bene! Dovrebbe bastare questo!"
Non attese risposta, era davvero molto arrabbiata. Senza dire altro corse fuori, mentre Hiccup scattava in piedi e la seguiva, sperando di raggiungerla in tempo, prima che commettesse qualche pazzia.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 ***


Astrid correva veloce, e Hiccup fece molta fatica a starle dietro, rallentato come era dal suo piede di metallo. Finalmente la raggiunse al limitare della foresta; la afferrò per un braccio e non la mollò, e nella velocità della loro corsa persero entrambi l'equilibrio e caddero nella dura terra battuta che costituiva la pavimentazione di quel sentiero.
La ragazza stava per rialzarsi, per riprendere la sua fuga, ma Hiccup fu più veloce: le afferrò i polsi, bloccandoli entrambi per terra e si posizionò sopra di lei, usando il suo stesso peso, tutt'altro che leggero, per tenerla ferma.
Non gli piaceva usare la sua forza, non tutta, soprattutto con lei, ma dovette farlo, per cercare di far calmare l'amica. Senza muoversi di un millimetro la tenne bloccata a terra, guardandola serio.
"Datti una calmata, Astrid!" esclamò "Che ti prende?"
"Che mi prende?!" urlò lei, sempre più arrabbiata "E lo chiedi pure?! Tuo padre ha cacciato mia madre da Berk senza un vero motivo! Ecco che mi prende!"
Cercò ancora di liberarsi, ma il giovane fece forza e la tenne ferma. E più la bloccava, più lei si arrabbiava. Hiccup doveva calmarla, doveva farlo a ogni costo, altrimenti sarebbe stato impossibile ragionare con lei. Ciò che gli venne in mente di fare non sarebbe piaciuto né a lei, né a lui, lo sapeva, ma era l'unico modo: avrebbe dovuto agire come un capo, non come amico.
Fece un respiro profondo e si mosse velocemente; afferrò entrambi i polsi della giovane con una sola mano, continuando a tenerli bloccati sopra la testa e, con la mano libera, le afferrò il mento, obbligandola a girarsi per guardarlo negli occhi. Astrid oppose resistenza, come previsto, ma si bloccò quando vide che il giovane le stava riservando uno sguardo che, solitamente, riservava al cugino, quando questo faceva qualcosa di sbagliato: rabbia, fermezza e, soprattutto, autorità. Quello che la stava guardando in quel momento non era Hic, il suo migliore amico e il suo confidente, ma Hiccup, leader dei Cavalieri di Berk e futuro capotribù.
"Tu. Ora. Ti. Calmi." ringhiò il castano. Il tono era basso, autoritario, tipico di un uomo al comando.
Astrid annuì, e Hiccup, finalmente, la mollò, alzandosi e liberandola dal suo peso. La ragazza lo seguì, togliendosi la polvere dai vestiti.
"Bene, ora dimmi che ti prende." la incitò il ragazzo, con voce più calma, più normale.
"Mia madre..." sussurrò la bionda "Lei voleva che ci fosse parità di trattamento tra ragazzi e ragazze. Ed è stata cacciata per questo, perché voleva avere il diritto di scegliere chi sposare, e non accettare chi le venisse imposto dai genitori."
"Ma qui a Berk voi ragazze già siete trattate da pari!" obiettò il giovane "Siamo l'unica tribù vichinga dell'arcipelago in cui voi potete vestire come noi, e poi potete scegliere di diventare guerriere."
"Salvo poi diventare delle macchine sforna bambini una volta sposate, con un uomo che non scegliamo neanche noi, tra l'altro." continuò Astrid, seria.
"Astrid, lo sai che io non sempre vado d'accordo con le tradizioni..." cercò di spiegare Hiccup, calmo "Ma siamo vichinghi! Se certe tradizioni ci sono un motivo ci sarà."
"Bene. Allora spiegami il motivo per cui un uomo vichingo, se sposato, può avere tutte le amanti che vuole, mentre una donna vichinga deve restare fedele a quell'unico uomo, imposto dalla sua famiglia, e non può vivere con uno di cui è innamorata." disse lei, avvicinandosi di un passo all'amico e puntandogli un dito al petto.
"Beh, se il matrimonio non funziona esiste sempre il divorzio..." borbottò Hiccup "E comunque una donna dovrebbe conservarsi pura per..."
"Risparmiami questa roba maschilista che ci hanno cercato di inculcare fin da quando eravamo bambini!" lo bloccò "Lo so benissimo che, in fondo, pure tu la pensi come me!"
"Si, ma..." balbettò Hiccup, ma la ragazza non aveva ancora finito di parlare.
"Okay. Altra legge assurda: un uomo non è obbligato a mantenersi puro fino al matrimonio." disse ancora. Il giovane stava per obiettare, ma lei lo fermò con un gesto della mano "Sì, lo so che tu non approfitti di questa legge... fammi continuare! Ripeto: un uomo non ha obblighi in tal senso, ma se una donna resta incinta al di fuori del vincolo matrimoniale passa guai molto seri, a meno che non ci siano prove inconfutabili di costrizione! Spiegami questa diversità di trattamento tra uomini e donne!"
Hiccup balbettò ancora. Non sapeva come rispondere, ma in fondo sapeva che la sua amica aveva ragione, solo non capiva dove Astrid volesse arrivare.
La ragazza fece un respiro profondo e si avvicinò ancora all'amico, prendendogli le mani e guardandole.
"Hiccup, pensaci..." disse, calma "Mia madre si batteva perché io potessi avere gli stessi diritti che hai tu. Aveva ragione. Per questo ho appena deciso che riprenderò la sua battaglia, e so che tu sei d'accordo con me su certe cose, quindi vorrei che mi appoggiassi."

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 ***


Hiccup la fissò, indeciso. C'era una strana luce nei suoi occhi, cosa che, per esperienza, preannunciava guai seri.
"Che cosa vuoi fare?" domandò.
"Te l'ho detto, voglio continuare la battaglia di mia madre." rispose lei, senza mollargli le mani.
"Questo l'ho capito, ma in che modo?" insistette l'altro.
"Questo ancora non lo so, ma mi verrà un'idea a breve, di sicuro." disse la ragazza, sorridendo e facendo qualche passo verso il villaggio "Te lo dirò, quando la avrò, di sicuro. Ma se tu provi di nuovo a fare quello che hai fatto te ne pentirai amaramente!"
"Cosa ho fatto?" domandò il giovane, seguendola.
"Hai usato la forza!" esclamò Astrid.
"Cosa?! No, tu eri andata fuori di testa! Dovevo farti calmare in qualche modo!" obiettò Hiccup, agitando le braccia.
"Bloccandomi a terra e usando il tuo 'dolce' peso per impedirmi di muovermi?" continuò la ragazza, ancora arrabbiata "E poi cosa era quel tono di voce! Non lo hai mai usato con me!"
"Perché non ne ho mai avuto bisogno!" borbottò il ragazzo "Fino adesso non ho mai dovuto comportarmi da capo, con te!"
"Perché noi siamo amici, tu non sei il mio capo!" insistette Astrid, fermandosi di nuovo e guardando l'amico.
"È qui che ti sbagli." la corresse lui "Non mi piace sbandierarlo ai quattro venti, perché voglio trattare tutti voi da miei pari, ma io effettivamente sono il capo dei Cavalieri. Mi avete eletto voi a tale ruolo."
"Ecco un'altra assurda legge sessista!" borbottò la ragazza "Noi donne non abbiamo diritto a ruoli di responsabilità."
"Astrid, tu sei il mio secondo." obiettò Hiccup "È un ruolo di altissima responsabilità!"
"Bene. Facciamo un altro esempio." continuò lei, facendo un respiro profondo "Tu sei il figlio del capo, questo significa che, prima o poi, sarai tu a prendere il suo posto. Ora... tra qualche anno, volente o nolente, dovrai sposarti, quindi avrai necessariamente dei figli. Metti il caso che avrai solo figlie femmine. Cosa farai?"
"Beh, la legge dice..." cercò di spiegare il ragazzo, ma l'amica lo bloccò con uno sguardo eloquente, quindi si bloccò e alzò gli occhi al cielo "Non lo so, Astrid... non ci ho mai pensato..."
"Perché ci impediscono di farlo." spiegò Astrid "Tutte queste imposizioni ci rendono incapaci di pensare."
Hiccup sospirò e si fermò, prendendo la ragazza per un braccio, quindi la fermò e la guardò serio negli occhi.
"Va bene, Astrid." disse "Fai quello che vuoi, combatti la tua battaglia, ma non metterti nei guai."
La giovane sorrise e gli saltò al collo, stringendolo forte.
"Grazie, Hic! Sei un amico!" esclamò, senza mollarla, poi si guardò intorno. Erano appena tornati nella piazza centrale, e i paesani passavano, ignorandoli, occupati nelle loro mansioni; tornò a guardare il moro, furbamente "Ho appena avuto un'idea!"
"Cos..." cercò di chiedere Hiccup, ma non riuscì a dire altro, perché lei lo coinvolse in un bacio talmente intenso e profondo che gli fu fisicamente impossibile non ricambiarlo. Quando si staccarono lui era shockato, mentre lei lo fissava con un sorriso determinato, furbo e audace.
Il ragazzo voleva dire qualcosa, ma Astrid si avvicinò al suo orecchio e lo anticipò.
"Questo farà parte della mia lotta." sussurrò "Una donna nubile non può sedurre un uomo, perché incorrerebbe in pesanti sanzioni."
"Astrid, ti ho appena chiesto di non metterti nei guai!" la rimproverò il giovane, a bassa voce.
"Scegli tu: o mi aiuti, oppure vado a sedurre Moccicoso, per me non fa differenza." lo minacciò lei.
"Tu sei completamente pazza! Conosci chi è tuo padre da neanche due ore e già stai mostrando la sua tipica pazzia!" esclamò Hiccup, che stava cominciando ad arrabbiarsi "Non puoi metterti nei guai per certe stupidaggini!"
"Non sono stupidaggini, per me." lo corresse "E, come ho già detto, vorrei che mi appoggiassi."
"No, mi dispiace, ma questo non posso farlo." disse Hiccup, fermo. Astrid lo guardò con aria ferita, quindi si decise e si allontanò, tornando verso casa, non prima di aver tirato una spallata al ragazzo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 ***


Hiccup tornò a casa. Suo padre si era rimesso al lavoro, e alzò appena gli occhi dai suoi documenti, quando il figlio rientrò.
Il ragazzo lo fissò per qualche secondo, poi fece un sospiro esasperato.
"Credo che si metterà nei guai." disse "Vuole riprendere la battaglia di sua madre."
"Mh... allora sarà da tenere d'occhio." commentò l'uomo, posando di nuovo i documenti sul tavolo "E credo che questa volta tocchi a te farlo. Io mi sono dovuto prendere a carico delle decisioni riguardanti sua madre, quindi ora tu sarai responsabile per lei."
"Io? Ma papà..." obiettò il giovane "Non credo di poter..."
"Hiccup, tu sei il capo dei Cavalieri, giusto?" continuò Stoick, serio "Quindi dovresti vigilare sul comportamento degli uomini e delle donne a te sottoposti. E poiché Astrid è praticamente il tuo vice, la responsabilità è doppia. Ora, come ho detto, anni fa ho dovuto decidere sulle conseguenze delle azioni dei suoi genitori, quindi adesso delego a te lo stesso compito. So bene che Astrid potrebbe fare qualche pazzia, e potrebbe addirittura scavalcare la tua autorità, come faceva Alvin, con me, e come, saltuariamente, fa anche Moccicoso, con te; per questo ti dico la stessa cosa che ti dissi riguardo il comportamento di tuo cugino: so che le vuoi molto bene, ma pensa prima di tutto al bene della collettività, quindi agisci di conseguenza."
Hiccup annuì e fece per salire nella sua camera, ma il padre lo fermò di nuovo e gli porse il diario della madre di Astrid, che lei aveva mollato lì quando era corsa fuori, dopo che Stoick aveva raccontato loro la storia dell'esilio dei suoi genitori. Il ragazzo lo prese e salì nella sua stanza, poi si buttò sul letto, mentre Sdentato lo osservava tranquillo dal suo giaciglio, e fissò il soffitto.
Cosa avrebbe dovuto fare? Astrid aveva intenzione di infrangere molte regole fondamentali della sua gente, e sapeva che non sarebbe riuscito a fermarla facilmente. Inoltre il padre lo aveva delegato su tutte le decisioni disciplinari nei suoi confronti, ma non voleva arrivare al punto in cui era arrivato lui con la madre.
Abbassò lo sguardo e prese a fissare il libriccino che teneva ancora tra le mani. Il diario della madre di Astrid, l'unica cosa che le era rimasta di lei; sfiorò la copertina con un dito, esitante, poi lo aprì, cominciando a leggere dalla prima pagina. Magari gli sarebbe tornato utile per le decisioni future.
Il giorno successivo aveva già letto metà del diario, imparando molto su quella donna, e capendo anche da dove venissero molti dei tratti del carattere della sua amica.
Cercando di mantenere la mente lucida si diresse all'Accademia, volando su Sdentato, pronto a reagire nel caso Astrid avesse creato problemi.
E, come volevasi dimostrare, la trovò già nell'Arena, insieme agli altri, che stava cercando di attirare l'attenzione di Moccicoso, il quale la fissava terrorizzato, come se avesse avuto davanti un branco di Terribili Terrori affamati e lui fosse stato l'unica fonte di cibo del circondario.
Appena Hiccup mise il piede a terra, suo cugino lo guardò implorante, cercando di allontanare la bionda, che si era avvinghiata al suo braccio e non lo mollava. Ma era davvero Astrid quella lì? Persino gli altri tre sembravano farsi la stessa domanda, e la fissavano, restando a debita distanza, per timore che facesse qualcosa anche a loro.
Il ragazzo corse da Moccicoso e separò Astrid da lui, prendendola per le braccia, quindi si rivolse agli altri.
"Andate a farvi un giro con i vostri draghi, voi!" ordinò "Io devo fare quattro chiacchiere con questa pazza che sembra somigliare a Astrid."
Senza farselo ripetere due volte, Moccicoso, Gambedipesce e i gemelli si dileguarono in men che non si dica, così Hiccup poté mollare Astrid e la guardò severo.
"Dei Santissimi, Astrid!" esclamò "Cosa ti è preso? Non ti riconosco più!"
"Te l'ho già detto ieri." spiegò lei, incrociando le braccia.
"Vuoi sul serio sedurre Moccicoso?!" domandò il giovane, che non credeva alle proprie orecchie.
"Visto che tu non vuoi aiutarmi, allora mi arrangio da sola." rispose la ragazza, puntandogli contro il dito.
"Astrid, ti ho già detto che non devi metterti nei guai." sospirò il castano, avvicinandosi.
"Non lo sto facendo. Sto solo facendo la stessa identica cosa che lui ha sempre fatto con me." disse Astrid, facendo spallucce.
"A me sembrava terrorizzato, non sedotto. E questo, per me, è mettersi nei guai." enunciò, fermo, Hiccup "E, comunque, quello che stai facendo è pericoloso."
"Pericoloso? Ma per piacere!" rise lei, camminando verso il suo drago. Hiccup la fermò di nuovo e la guardò negli occhi, sempre più serio.
"Astrid, dico sul serio." la ammonì "Tu non hai idea di cosa può passare nella mente di un uomo, se una donna si dimostra interessata a lui. Se continui così potresti davvero finire in guai molto seri."
"Sì, certo. E tu che ne sai?" lo schernì lei.
"Io sono un uomo, certe cose le so." continuò Hiccup, senza mollarla "E ti dico una cosa: metti il caso che, continuando a provarci con mio cugino, lui si convinca che stai facendo sul serio. A quel punto cosa farai?"
"Io STO facendo sul serio!" puntualizzò Astrid.
"Oh, davvero? Quindi sei pronta ad andare fino in fondo con lui? Sai cosa intendo." insistette il giovane, allusivo, abbassando lo sguardo sul corpo della bionda.
La ragazza non seppe come rispondere. Restò silenziosa per qualche secondo, prima di accorgersi che la sua mano si era mossa in automatico, velocemente, e aveva colpito più forte che poteva la guancia dell'amico, che mosse appena la testa, prima di tornare a fissarla eloquente. Aveva avuto la risposta che si aspettava di avere: nonostante la determinazione, nonostante ritenesse i motivi della sua battaglia giusti, non sarebbe mai riuscita ad arrivare fino in fondo con Moccicoso.
"Ripeto quello che ho detto ieri: fai pure quello che vuoi, ma non metterti nei guai." disse ancora il castano, con voce molto bassa "Anche perche poi toccherà a me rimediare ai tuoi sbagli, dal momento che mio padre ha delegato a me qualunque decisione disciplinare nei tuoi confronti."
"Mh... d'accordo." rispose la giovane, sorridendo furbamente "Come vuoi tu, non ci proverò più con Moccicoso. Tornerò al piano iniziale."
Senza dire altro, alzò la mano e la passò, sensualmente sul petto di Hiccup, che la afferrò immediatamente.
"Astrid!" la sgridò, esasperato.
"Oh, andiamo, Hiccup!" esclamò la ragazza, avvicinandosi "Per favore, dammi una mano..."
"No! Ti ho detto che non posso farlo! Non per un motivo così stupido!" obiettò lui "E poi ti ho già detto che così non sei seducente! Così tu fai paura!"
"Detto da uno che la seduzione non sa neanche cosa sia..." borbottò Astrid, alzando gli occhi al cielo.
"La seduzione non è quello che fai tu." spiegò Hiccup "La seduzione è qualcosa che parte da dentro, e deve colpire al cuore, non... da altre parti! Quello che fai tu è... è adescamento, non seduzione!"
"Che differenza fa? Tanto per voi ragazzi è la stessa cosa." borbottò la bionda, alzando le spalle.
Hiccup alzò gli occhi al cielo. Doveva farle capire la differenza, oppure davvero si sarebbe messa nei guai. Fece un respiro profondo e si decise, quindi la prese per i fianchi e la attirò a sé, mettendo a stretto contatto i loro corpi, per farle sentire l'effetto che gli faceva la sua presenza a poca distanza da lui.
"Lo senti questo? È l'effetto che fa a qualsiasi uomo la vicinanza di una bella ragazza." spiegò "Questo è ciò a cui mira l'addescamento. Se, invece, vuoi sedurre qualcuno, devi andare oltre, puntare qui." le toccò il petto con due dita, senza allontanarsi di un millimetro da lei.
Astrid lo fissò, sconvolta. Il giovane non accennò a mollarla, né staccò gli occhi dai suoi; la ragazza doveva riprendere il controllo, oppure avrebbe perso la sua battaglia. Lei, in realtà, aveva solo imitato ciò che aveva visto fare dai ragazzi, e se per lui quello era addescamento, allora loro puntavano solo a quello, a soddisfare il piacere carnale; questo non toglieva il fatto che se una ragazza palesava un certo interesse per un uomo, sia questo un tentativo di adescamento o una seduzione, veniva severamente punita.
Però Hiccup le aveva appena detto che suo padre aveva delegato lui, riguardo i provvedimenti disciplinari nei suoi confronti. Questo significava che aveva tutto il tempo per escogitare un buon piano, prima che il ragazzo decidesse davvero cosa fare. Inoltre, se si concentrava unicamente su di lui, aveva ancora più tempo, quindi era un vantaggio per lei.
Il ragazzo interruppe Improvvisamente i suoi ragionamenti, mollando finalmente la presa e porgendole il diario di sua madre, che aveva nella sua sacca.
"Ieri lo avevi lasciato da me." disse "Ti conviene leggerlo, dice un sacco di cose interessanti. Tuo padre a quel tempo non era così pazzo come è ora, sai? Avventato sì, ribelle anche, ma non era pazzo; lo è diventato dopo, perché mio padre si è rifiutato di parlare con lui, dopo l'esilio. Secondo tua madre era pieno di rimorsi, e questo ha logorato la sua anima, anche se aveva cercato di mantenere un minimo di lucidità quando aspettavano te. Ma ormai aveva raggiunto il punto di non ritorno, e in un ultimo momento di lucidità è stato lui ad insistere perché Astrid tornasse a Berk: non voleva farti del male."
"Hai letto il suo diario senza il mio permesso!" esclamò, arrabbiata, prendendo il libercolo.
"Sì, perché volevo capire che tipo di persona fosse, per poterti aiutare." ammise Hiccup "E, lasciatelo dire, era una brava persona, lottava per qualcosa in cui credeva, e lo faceva nel modo giusto, solo che la gente, a quel tempo, non era ancora pronta. E anche Alvin era una brava persona, solo che credo ne abbia passate troppe, ed è impazzito. Magari, adesso, con il trattato di pace che c'è stato, potrebbe tornare anche l'uomo che era un tempo, e magari potresti pure aiutarlo, visto che sei sua figlia, ma di sicuro non facendo la pazza. Perché tu non lo sei. Tu sei audace, avventata, ma non sei pazza."
"Ma io..." sussurrò Astrid, senza parole, stringendo il diario di sua madre. Hiccup la fermò di nuovo, avvicinandosi e posandole delicatamente una mano sul fianco e guardandola negli occhi.
"Leggi bene quel diario, ti aiuterà." concluse "E anche io lo farò, ma smettila con questi tentativi di adescamento. Così non sei seducente; per quanto vale, dal mio punto di vista sei più seducente come sei al naturale, quindi sii solo te stessa, non cercare di essere ciò che non sei."
Detto ciò, le carezzò una guancia, e si avvicinò ancora, per posare un bacio sull'altra guancia, ma lei, frastornata da quel discorso, si era mossa nello stesso momento, così che le loro labbra si incontrarono a metà strada.
Fu Hiccup ad allontanarsi per primo. Senza dire altro, le aggiustò un ciuffo della frangia, poi fece qualche passo indietro, chiamò il suo drago e, con lui, uscì dall'Arena.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 ***


Astrid uscì dopo qualche minuto.
Affiancata da Tempestosa, camminò lungo la strada verso casa, pensierosa, stringendo il diario di sua madre al petto.
Quando lo aveva trovato, ne aveva letti solo alcuni brani sparsi, mentre Hiccup, in una notte, ne aveva letto metà. Forse aveva ragione: doveva leggere le parole della madre, per potersi informare meglio e agire nel migliore dei modi.
Arrivata alla sua capanna, si guardò intorno. La cucina era ordinata, ogni cosa aveva un suo posto, niente era lasciato al caso; tipico di Astrid: da quando era rimasta sola, all'età di sei anni, aveva dovuto badare a sé stessa. Non aveva voluto nessun altro, dopo lo zio, che si occupasse di lei, quindi si era data da fare e, per dimostrare che poteva farcela da sola, anche se era solo una bambina, aveva preso in mano la sua vita in quel modo, prendendo il controllo completo della sua casa.
Certo, a volte i compaesani venivano a controllare come stesse, e la rifornivano sia di cibo che di nuovi vestiti, ma era diventata perfettamente autonoma, e la cosa non le pesava affatto.
Ma in quel momento si rese conto di quanto quella situazione, in realtà, le pesasse; tutti i suoi amici, in un modo o nell'altro, avevano sempre avuto un adulto che li guidasse: Gambedipesce aveva ancora entrambi i genitori, i gemelli avevano la loro madre, Moccicoso suo padre, per quanto fosse severo, e Hiccup aveva sia il padre che Skarakkio. Ma lei chi aveva? Non aveva nessuno, era sola con sé stessa.
Per questo, quando aveva scoperto delle lotte di sua madre aveva deciso di emularla, per sentirla vicina in qualche modo, per renderla fiera di chiamarla figlia, anche se era nel Valhalla.
Sospirò, prendendo la sua sedia e mettendola vicino alla finestra, quindi si sedette e aprì il diario, cominciando a leggere dalla prima pagina.
Hiccup, intanto, sorvolava l'isola.
Appena uscito dall'Arena era saltato su Sdentato ed aveva spiccato il volo. Era preoccupato per Astrid, non voleva che si mettesse nei guai.
Capiva i motivi del suo comportamento, e condivideva le ragioni delle sue lotte. Anche lui voleva che uomini e donne venissero trattati da pari, che nessuno, a parte sé stessi, decidesse per la propria vita, ma sapeva bene che scardinare certe tradizioni era un'impresa impossibile.
Guardò in basso, e vide l'amica passare e dirigersi a piedi verso casa. Non la perse d'occhio finché non la vide entrare. Bene, per ora non avrebbe combinato altri danni!
"Cosa devo fare con lei, bello?" domandò al suo drago, dandogli una pacca sul collo. Sdentato fece un gorgoglio basso, neanche lui aveva idee: le femmine erano un mistero anche nel mondo dei draghi, figurati se poteva consigliarlo su come trattare una femmina umana.
Hiccup sospirò e decise di tornare a casa.
Quando entrarono in cucina, Stoick stava pranzando; il ragazzo, quindi, prese il suo piatto e ci versò dentro della zuppa, quindi si sedette a tavola, di fronte al padre.
"Come va con Astrid, figliolo?" domandò l'uomo, dopo qualche minuto.
"Sono riuscito ad arginare i danni, per ora." rispose lui, girando il denso liquido con il cucchiaio "Ma non so quanto durerà."
"Capisco. Quella ragazza se si mette in testa una cosa è impossibile fermarla, esattamente come suo padre... ma anche sua madre non era da meno..." commentò l'altro.
"Il fatto è che..." balbettò il giovane, cercando di riordinare le idee "Su alcune cose ha ragione. Sulla diversità di trattamento, ad esempio, io la penso come lei: uomini e donne dovrebbero avere gli stessi diritti e le stesse possibilità."
"Comprendo il tuo punto di vista, Hiccup." ammise Stoick, comprensivo "Però non devi dimenticare un dettaglio non trascurabile: uomini e donne non sono uguali, anche solo fisicamente. Prendiamo ad esempio la forza fisica: tu e Astrid avete più o meno lo stesso allenamento, perché tu sei un fabbro e lei è una guerriera, ma, obiettivamente, chi di voi due è più forte?"
"Fisicamente? Io, ma non mi piace che..." rispose il giovane, ma l'altro lo interruppe.
"Altra cosa: le donne hanno un dono incredibile, che noi neanche possiamo immaginare. Loro possono dare la vita." continuò il capo "Tu non puoi ancora rendersene conto, non hai ancora passato questa esperienza, ma quando una donna porta in grembo un bambino diventano, contemporaneamente, gli esseri più forti e i più fragili di tutto il creato. Quando tua madre era incinta era diventata molto più attiva, faceva di tutto, in meno di tre mesi aveva cucito tutto il tuo corredino, dimostrava una forza che io solo posso provare a immaginare, ma, contemporaneamente a ciò, si stancava in fretta, soprattutto vicino alla tua nascita non riusciva a stare in piedi a lungo, e quell'unica volta che non ero con lei è caduta dalle scale ed è entrata in travaglio, con settimane di anticipo sul termine previsto per la tua nascita." fece un respiro profondo, pensando a quel giorno di 18 anni prima, poi riprese a parlare "E non hai idea di cosa sia il travaglio. Devono sopportare un dolore intenso, che possiamo solo immaginare, per mettere al mondo un esserino che, per un bel po' di tempo, non potrà badare a sé stresso. È un momento pericolosissimo, sia per lei che per il figlio, ma loro riescono ad affrontarlo con una dose di coraggio degna del più audace dei guerrieri. Molte ce la fanno, ma altre, come la madre di Astrid, ci rimettono la propria vita per permettere che quell'esserino che hanno portato in grembo per così tanto tempo possa conoscere il mondo."
Hiccup ascoltò senza interrompere, ma non capiva bene dove il padre volesse arrivare. Lo fissò, in attesa di altre sue parole, che non tardarono.
"Quello che voglio dire, figliolo..." concluse "Capisco le ragioni della battaglia di Astrid, e capisco che tu possa condividerle, d'altronde se non fosse così tu non avresti delle donne nella tua squadra, né il tuo secondo sarebbe Astrid stessa, ma non devi dimenticare che Madre Natura ci ha fatto diversi, e devi considerare sempre queste differenze. E, a proposito di certe leggi, per rispetto verso la madre di Astrid, nel mio piccolo non pretendo che vengano applicate, e io stesso non le applico."
"Cosa intendi dire?" domandò il giovane, incuriosito.
"Una tra tutte: il matrimonio combinato per sancire alleanze e trattati di pace tra le tribù." spiegò "Se avessi applicato quella legge, tu e Astrid vi sareste dovuti sposare due anni fa, quando abbiamo firmato la pace con gli Esiliati, in quanto voi due siete i figli dei due capi, ma non ho voluto farlo, per rispetto verso la donna che l'ha messa al mondo. Se Astrid vorrà sposarsi, lo farà per amore."
Hiccup era senza parole. Davvero suo padre era disposto a soprassedere su una delle sue regole inviolabili? Allora era meno rigido e severo di quanto credesse!
Terminò il suo pranzo e mise il piatto nella tinozza, poi salutò ed uscì, seguito da Sdentato.
Camminò verso casa di Astrid, e la vide seduta vicino alla finestra, con gli occhi che vagavano sulle pagine del diario di sua madre, che teneva tra le mani. Si avvicinò a lei e, poggiando le mani sul davanzale, si affacciò all'interno e guardò la ragazza.
"Allora? La lettura è interessante come dicevo?" domandò, attirando la sua attenzione.
La giovane alzò gli occhi e gli sorrise, quindi mise via il libro e lo invitò a entrare. Hiccup si guardò intorno, osservando l'estremo ordine di quella cucina, poi seguì l'amica e si sedette con lei sul divanetto stretto posto vicino al focolare.
"Avevi ragione." ammise "Sto imparando molto sulla mamma, dal suo diario."
Il giovane annuì, guardandola, sembrava più serena, e questo era un buon segno, voleva dire che aveva abbandonato l'idea di comportarsi da pazza.
"Allora sei sempre convinta a continuare la sua battaglia?" chiese.
"Ora più che mai, Hiccup." disse la bionda, determinata.
"Va bene, ma devi farlo in un certo modo, non puoi imporre le tue idee così, non serve a niente, altrimenti." continuò il ragazzo "Io ti darò una mano, ma devi ascoltare ciò che ti dirò. Non ti impongo nulla, ma se non vuoi finire nei guai, e se vuoi davvero il mio aiuto, devi ascoltarmi."
Astrid annuì, così Hiccup le raccontò della conversazione avuta poco prima con il padre; la ragazza ascoltò attentamente, sorprendendosi alle ultime parole e, alla fine, fissò l'amico stupita.
"Davvero aveva pensato di farci sposare?" domandò.
"Ha detto che sarebbe stato logico farlo, perché si è sempre fatto così per i trattati di pace, ma non ha voluto per rispetto verso tua madre. Vuole che ti sposi solo se lo vuoi, e solo se ami davvero l'uomo che vorrai al tuo fianco." spiegò il moro, con calma.
"Sì, ma... il resto del discorso che ha fatto vanifica totalmente ogni argomentazione che favorisca la mia lotta." obiettò.
"Non necessariamente." la corresse Hiccup "Io e te siamo diversi, è vero, abbiamo differenti qualità, ma che si completano. L'obiettivo non è la parità pura, ma la collaborazione, questo, per me, significa avere pari diritti. Hai ragione nel dire che le leggi che ci sono limitano di molto i diritti di ciascuno, ma è altrettanto vero che io sono oggettivamente più forte di te, fisicamente, e ieri ne hai avuto la prova, eppure anche tu hai qualcosa in più di me. Come dice mio padre, voi donne siete fisicamente predisposte per il compito più bello e più pericoloso che Madre Natura ha inventato: voi mettete al mondo i bambini, e questa è la vostra forza. Per me, parità, non significa fare esattamente le stesse cose, non sempre, almeno. Per me significa collaborare, come ho detto. Nell'esempio di cui sopra, la collaborazione sarebbe che, ripeto, è solo un esempio... se tu fossi incinta, io farei di tutto per proteggerti, per evitare che ti affatichi, perché so che tu, in quel momento, non hai le mie stesse possibilità. Allo stesso modo, se io, a causa della mia gamba, alcune cose non le potessi fare, tu le potresti fare per me. Questa è la parità, per me."
Astrid ascoltò. Aveva ragione: doveva puntare su questo. In fondo lei aveva già una buona fetta della libertà che chiedeva, poteva usare questo vantaggio per convincere il resto del paese della validità delle sue idee.
"Io, grazie a tuo padre, quindi, possiedo più libertà di qualunque altra donna di Berk, in sintesi." disse "Persino di Testa Bruta, che fa parte del nostro gruppo, e quindi tu hai sempre considerato una nostra pari." Hiccup annuì, e lei gli prese la mano, guardandolo negli occhi "Hiccup, allora dobbiamo davvero mostrare a tutti che io sono una tua pari, che sono libera quanto lo sei te."
Il giovane annuì ancora. Astrid sorrise e si sporse verso di lui, posandogli una mano sulla guancia e unendo le labbra con quelle di lui.
Era un bravo ragazzo. Aveva salvato il villaggio dalla Morte Rossa, si era guadagnato una medaglia virtuale ai giochi del disgelo facendo vincere Moccicoso, ed ora stava per combattere insieme a lei per una nobile causa.
Si meritava davvero tutti quei baci.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 ***


Hiccup la lasciò fare, ricambiando quel dolce bacio. Era la terza volta in due giorni che le loro labbra si univano, e la cosa non gli dispiaceva affatto.
Astrid gli piaceva, gli era sempre piaciuta, e avere le sue attenzioni, nel modo giusto, non come aveva provato a fare in precedenza tentando di addescarlo, lo faceva stare bene.
La giovane si avvicinò ancora al ragazzo, prolungando quel contatto delle loro labbra. Non era la prima volta che lo baciava, lo aveva premiato in quel modo già altre volte, ma sentiva che quella volta meritava qualcosa di più. Si spostò in braccio a lui e lo strinse, mentre Hiccup le passava le braccia attorno ai fianchi.
Si separarono di qualche millimetro, guardandosi negli occhi, ma senza muoversi.
"Questo era un tentativo di addescarmi o di sedurmi, Astrid?" sussurrò il ragazzo, stringendola.
"Nessuno dei due." rispose lei, mentre gli passava una mano sui capelli "Questo era perché vuoi che io sia una tua pari... e questo perché mi vuoi aiutare..." lo baciò di nuovo, con ancora più dolcezza, mentre una mano scendeva sul suo petto.
Sentì il cuore, era forte, e batteva in sincrono con il suo. Interruppe di nuovo il bacio e gli sorrise, poi si guardò intorno e sospirò.
"Cosa c'è?" domandò Hiccup.
"Sono sempre sola, qui..." rispose, malinconica "Ci sono abituata, ma..."
"Ma ti manca avere qualcuno che si occupi di te." completò il ragazzo, comprensivo.
Astrid annuì, posando tristemente la fronte sulla spalla dell'amico, che le fece alzare la testa, per guardarla.
"Ascolta, se ti può far stare meglio, verrò a trovarti più spesso, così non stai sempre sola." disse Hiccup, rassicurante "Ora, però, stavo pensando... Che dici se facciamo un salto su Outcast Island? Così parliamo con Alvin e puoi fargli qualche domanda su tua madre."
"Quando?" chiese la ragazza, eccitata dall'idea di poter parlare finalmente con il padre.
"Anche subito, se vuoi." rispose Hiccup "magari andiamo con Sdentato, che è più veloce, così possiamo fare più in fretta."
Astrid annuì e si alzò, prendendo la sua sacca e mettendoci dentro il diario della madre, poi uscirono e raggiunse Sdentato, che sonnecchiava accanto a Tempestosa.
Hiccup se la prese con più calma, ma la raggiunse e, insieme, salirono inngroppa al drago e spiccarono il volo, in direzione di Outcast Island.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 ***


Ci vollero due ore di volo per giungere sull'isola degli Esiliati, che i due ragazzi passarono per lo più in silenzio.
Hiccup era concentrato sulla guida, ma sentiva Astrid, dietro di lui; la bionda si stringeva all'amico, serena, con le mani appoggiate ai suoi fianchi, ma saltuariamente le allontanava da lì, per spostargli qualche ciocca di capelli ribelle, dietro l'orecchio, oppure si sporgeva per posargli un bacio sulla guancia al volo.
Il giovane era felice di quelle attenzioni, significavano che qualcosa, nel loro rapporto amichevole, stava cambiando, che si stava evolvendo, ma la cosa che lo sorprendeva era che stava succedendo tutto molto velocemente, come se avessero, improvvisamente, preso la rincorsa dopo un periodo di stallo che durava da anni.
Astrid, dal canto suo, non ci pensava a certe cose. Sapeva solo che con Hiccup stava bene, che poteva parlare di qualunque cosa, e che, dopo quei discorsi che gli aveva fatto in quei due giorni, era molto più maturo di molti suoi coetanei. Per questo aveva deciso che si meritava quelle attenzioni, che gli avrebbe concesso qualcosa di più. D'altronde era una persona libera, una sua pari, e se a lui non dispiaceva, lei avrebbe potuto fare ciò che riteneva giusto fare.
Finalmente giunsero in vista dell'isola. Hiccup fece virare Sdentato, con attenzione: lì attorno era pieno di draghi selvaggi, ed era pericoloso. Scesero ancora, in cerca del villaggio degli Esuli e, finalmente, lo trovarono.
"Tranquillo, Sdentato." sussurrò il ragazzo, dando al suo drago una pacca leggera sul collo, poiché si era agitato un po' "Non è più pericoloso, non succederà nulla."
Atterrarono al centro della piazza centrale e, subito, un folto gruppo di Esuli si raccolse attorno a loro, con le armi sfoderate, pronti ad attaccare. Hiccup alzò le braccia, guardandoli uno per uno, e si mosse lentamente.
"Non vogliamo guai!" disse, scandendo ogni parola "Siamo venuti in pace. Dobbiamo vedere Alvin!"
"Mh... non vi fate vedere da un sacco di tempo..." commentò il vecchio Mildew, avvicinandosi ai due, che erano scesi a terra, accompagnato dalla sua fida pecora Fungus "Che cosa vuole il grande Hiccup dal capo degli Esiliati?"
"Non voglio creare guai, Mildew." ripeté il ragazzo, afferrando la mano di Astrid, che vedeva tesa "Siamo venuti a parlare con lui, nient'altro."
"Lasciateli stare!" tuonò la possente voce di Alvin, che si fece strada tra la folla e si fermò davanti ai giovani, fissandoli con la sua solita aria burbera "Allora cosa volete, voi due?"
"Ehm... è po... possibile parlare in privato?" balbettò Astrid, che si era leggermente intimorita, alla comparsa di quell'uomo.
"Perché?" insistette l'ormone, incrociando le braccia.
Astrid guardò l'amico, in cerca di aiuto, e lui cercò nella sacca della giovane, tirandone fuori il vecchio diario e porgendolo al capo degli Esiliati, che lo afferrò con sospetto e lo aprì, sfogliandolo. Infine alzò gli occhi, riservando uno sguardo truce ai suoi uomini, che si dispersero in men che non si dica, e tornò a rivolgersi ai due giovani e al drago.
"Andiamo alla mia capanna." disse "Credo che sarà una lunga chiacchierata."
I tre lo seguirono a casa. Appena entrati, Sdentato si accucciò vicino all'uscita, mentre Alvin invitò i ragazzi a sedersi, infine prese tre boccali e li mise sul tavolo assieme a una bottiglia di idromele. Infine si sistemò di fronte ai due e li guardò severo, mostrando il libriccino.
"Come avete avuto questo diario?" domandò, severo.
"Io... l'ho trovato mentre facevo le pulizie in casa." balbettò la bionda, a testa bassa "Apparteneva a mia madre."
"Questo diario era della mia compagna." spiegò l'uomo.
"Lo so." lo interruppe Astrid "Ti aveva seguito fin qui e avete vissuto insieme per parecchio tempo. Poi lei è rimasta incinta e, per paura di far male al bambino, hai insistito perché lei tornasse a Berk. È morta 18 anni fa, mettendomi al mondo."
Alvin la fissò, interdetto, infine si alzò e fece il giro del tavolo. Afferrò il mento della giovane e le fece alzare la testa, per guardarla meglio.
"Mi sei sempre sembrata una faccia conosciuta, ragazzina..." disse "E ora che ti guardo meglio... sei identica a lei. Tranne per gli occhi, lei li aveva verdi, tu invece ce i hai azzurri, come..."
"Come i tuoi, papà." completò la bionda, guardandolo negli occhi.
L'uomo stette un momento in silenzio, infine si abbassò all'altezza della giovane, allontanando la mano dal suo viso, come se avesse avuto paura di farle male.
"Sacro Odino..." sussurrò "Come lo hai scoperto?"
"Lo dice la mamma nel diario." riferì Astrid "Parlava molto di te. Dice anche come... come mi avete concepita." arrossì di colpo, abbassando lo sguardo.
"Oh, la sera in cui le ho detto che la sua lotta era più che legittima!" esclamò Alvin, sorridendo al lontano ricordo "Mi è praticamente saltata addosso appena ho finito di parlare. Tua madre aveva il fuoco in corpo, mia cara."
"Neanche tua figlia scherza, Alvin!" esclamò Hiccup, inserendosi nella conversazione "Se mi dessero una moneta per ogni volta che ci siamo messi nei guai a causa della sua avventatezza, sarei ricco!"
L'uomo sorrise di nuovo, alzandosi e tornando al suo posto, quindi si voltò verso il ragazzo e lo guardarla severo.
"Tuo padre sa che voi tre siete venuti qui, giovanotto?" domandò.
"Sa che sto aiutando Astrid." rispose il giovane, spicciamente "Abbiamo 18 anni, siamo adulti, ormai. Sa che non può tenere il guinzaglio troppo corto."
"Mh... figlia mia..." commentò l'uomo, rivolto di nuovo ad Astrid "Il tuo ragazzo è proprio un ribelle, ed è anche intelligente, ma nessuna delle due cose è una novità."
"Non è il mio ragazzo." lo corresse la ragazza "Siamo solo amici."
Alvin alzò un sopracciglio, ma non commentò oltre.
"Comunque..." continuò l'uomo "È stato a dir poco avventato venire qui da soli. Sì, abbiamo stilato un trattato di pace, ma la mia gente, come avete visto, non è ancora così amichevole nei vostri confronti. Se non fossi stato qui vi avrebbero come minimo imprigionato, in attesa del mio ritorno."
"Eravamo pronti a correre il rischio." ammise Hiccup, guardandolo fiero "Astrid voleva sapere qualcosa di più su sua madre, a parte ciò che è scritto sul diario e quello che ci ha raccontato mio padre, così siamo venuti da te."
"Cosa vi ha detto Stoick riguardo Astrid?" chiese Alvin, interessato.
"Che erano promessi e che lui non voleva annullare il fidanzamento, a meno che non se ne fosse andata da Berk."
"È così." confermò l'altro "Astrid è stata cacciata dall'isola circa un anno dopo che ero stato cacciato io. Me la sono trovata sulla spiaggia una mattina, stanca e affamata, così l'ho accolta e curata. E pensare che uno dei motivi per cui sono stato cacciato era perché mettevo in discussione alcune tradizioni..."
"Credo, però, che papà abbia capito di aver sbagliato." ammise Hiccup.
"È così." proseguì Astrid "Ha detto che, per rispetto per mamma, non vuole combinare alcun matrimonio per me, anche se c'è la prassi di usare i matrimoni per suggellare i trattati di pace, quindi, secondo questa logica, essendo io tua figlia..."
"Chi avresti dovuto sposare?" la interruppe Alvin, stringendo i pugni.
"Il figlio del capotribù di Berk, ovviamente." rispose il ragazzo "Ovvero me. Ma io sono d'accordo con il fatto che queste leggi sono assurde, se fosse successo mi sarei opposto in ogni modo possibile!"
L'uomo si rilassò, sorridendo e tornando a guardare la figlia.
"Ascolta, per quel che vale, mi dispiace per non essere stato presente, e per averti trattato male ogni volta che sei stata qui..."
"Non fa nulla..." lo fermò Astrid "Eri un nemico di Berk, e io non sapevo che sei mio padre. Almeno adesso hai fatto pace con Capo Stoick. Cerca solo di tenere la giusta via, la mamma non vorrebbe vederti impazzire di nuovo."
Alvin annuì a guardò alla finestra.
"Si sta facendo tardi." disse "Forse è meglio se tornate a Berk, oppure Stoick potrebbe seriamente preoccuparsi. Ma tornate pure quando volete, siete sempre i benvenuti, qui."
Hiccup annuì e prese la mano di Astrid, poi chiamò Sdentato, quindi uscirono e presero il volo, non prima di aver salutato Alvin.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 ***


Era diventato buio.
Sdentato volava basso, affidandosi all'ecolocazione, poiché quella sera era completamente senza luna.
Dovettero andare più lenti, per non rischiare di perdersi, ed entrambi i ragazzi erano all'erta, consci del fatto che quella zona era infestata da numerosi e pericolosissimi draghi selvaggi di ogni tipo. Dopo più di un'ora di viaggio, il Furia Buia era diventato nervoso: sentiva la presenza di altri suoi simili, ma non riusciva a capire dove fossero. Erano circondati.
"Buono, bello..." sussurrò Hiccup, cercando di calmare il suo amico.
"Che ha?" domandò Astrid, che non mollava i fianchi dell'amico, ed era tesa come una corda di un'arpa.
"Sente la presenza di altri draghi." riferì il giovane "E non gli piace, perché potrebbero essere ostili."
" Quanto manca a casa?" chiese ancora la ragazza, stringendosi di più a lui.
"Almeno un'altra ora e mezza, ma in realtà non saprei dirtelo con precisione. Stiamo volando molto più lenti che all'andata." continuò il ragazzo "Forse ci conviene trovare un'isola e accamparci per la notte. Mio padre domani mi farà una lavata di capo, ma almeno così domani possiamo viaggiare con la luce."
"Sì, ma... dove la troviamo un'isola qui?" obiettò Astrid "Siamo in mezzo all'Oceano!"
" Ce ne deve essere una nelle vicinanze. " rispose Hiccup, prima di rivolgersi a Sdentato "Andiamo, bello! Portaci lì! In fretta, perché sta arrivando un temporale."
Sdentato fece un brontolio gorgogliante e virò. Dopo un quarto d'ora erano in vista di un'isola scura, e si cominciava a sentire, in lontananza, il grande Odino che si preparava a scagliare i suoi fulmini.
Qualche goccia di pioggia scese, e un fulmine quasi li colpì. Hiccup imprecò, aggrappandosi meglio alla sella del suo drago. Per fortuna c'erano quasi, poteva vedere già un piccolo bosco sotto di loro; diede un ordine a Sdentato, che si abbassò ancora.
Ma successe un imprevisto: un fulmine, attratto dalle parti metalliche dei loro corpi, li colpì all'improvviso. 
I ragazzi vennero disarcionati, o almeno Astrid lo fu, perché Hiccup rimase attaccato al drago dalla corda che lo teneva fermo sulla sella, e che non si era sganciata quando avrebbe dovuto.
Caddero a terra, tra gli alberi, la ragazza non troppo lontana dagli altri due. Per fortuna era caduta in un manto di muschio, che aveva atutito, e non si era fatta niente.
Si alzò e corse in direzione di Sdentato, che era a terra e sembrava stordito, e Hiccup era steso accanto a lui, la corda era spezzata, ma lui sembrava privo di sensi. Si abbassò sull'amico e lo guardò, allarmandosi quando vide che una delle barre che costituivano l'ossatura della coda posticcia di Sdentato gli si era conficcata nello stivale, poco sopra la caviglia.
"Sacri Dei... Hiccup!" esclamò, avvicinandosi ancora e controllandogli la ferita alla gamba.
Il ragazzo aprì gli occhi, cercando di tirarsi su, ma la giovane lo fermò, indicando la sua gamba ferita.
"Stai fermo!" ordinò "Devo toglierti lo stivale e controllare la ferita!"
Hiccup annuì e la ragazza prese il pugnale dalla sacca al fianco del drago, che si era accucciato accanto a loro e faceva dei versi preoccupati. Quindi tornò dall'amico e, con attenzione, tagliò lo stivale, in modo da poterglielo sfilare senza fargli male.
Il castano la fissò, stringendo i denti, mentre lei finiva di togliergli lo stivale.
"Hiccup, devo toglierti questo ferro... farà molto male..." disse, calma. Il giovane annuì, e lei prese delle bende dal kit d'emergenza che il ragazzo aveva sempre con sé, prima di afferrare saldamente il ferro e guardare il volto dell'amico "Stai pronto..."
Con un colpo secco sfilò il ferro dalla caviglia di Hiccup, che urlò e svenne dal dolore, mentre Astrid gli fasciava in fretta la ferita.
Intanto aveva cominciato a piovere forte, e dovevano trovare un riparo. La bionda guardò il Furia Buia, che la capì al volo e la aiutò a caricare il ragazzo sulla sua schiena, insieme a lei, e partì di corsa, in cerca di un posto sicuro e al riparo dalla pioggia e dai fulmini.
Hiccup si riprese dopo un po'. Era disteso su una pelle di yak, che teneva sempre con sé quando volava, era senza la sua casacca e sentiva un forte dolore alla caviglia destra. Aprì gli occhi, trovando Astrid inginocchiata di fronte a lui, accanto al fuoco acceso da Sdentato.
La ragazza aveva i capelli sciolti, umidi per la pioggia, e si era tolta la maglia e la gonna, rimanendo con i pantaloni e la fascia che usava per coprirsi il seno. Evidentemente aveva messo ad asciugare tutto vicino al fuoco, anche la sua casacca.
Il ragazzo cercò di tirarsi su, ma sobbalzò appena sentì una fitta alla caviglia.
"Stai fermo!" disse la bionda, avvicinandosi e poggiando le mani sulle sue spalle, per farlo distendere di nuovo "È una brutta ferita, non devi muoverti, o ti farà più male!"
Il giovane annuì, guardandosi intorno, poi si rivolse all'amica.
"Tu stai bene?" chiese, preoccupato.
"Sì, tranquillo." lo rassicurò "Sdentato ha trovato questa grotta e ha acceso il fuoco. Ho messo i nostri vestiti ad asciugare, o rischiamo di prenderci un malanno..."
"Va bene..." sussurrò Hiccup "Domani mattina penseremo a come andarcene da qui... sempre che il dolore si calmi, perché così non riesco a pensare lucidamente."
"Adesso non devi farlo." lo rimproverò Astrid, prendendo un'altra coperta di pelle di Yak e sistemandogliela addosso, prima di stendersi accanto a lui "Dobbiamo riposare."
"Non sarà semplice..." si lamentò il ragazzo "Il dolore non mi dà tregua..."
La giovane lo guardò. Doveva inventarsi qualcosa per distrarlo dal dolore, in modo che potesse riposare almeno un po'. Ci pensò su un minuto, infine decise.
"Va bene... parità è collaborazione." disse, decisa "Lo hai detto tu, quindi ora collaboriamo. Devo farti distrarre dalla caviglia rotta, per cui concentrati su di me, qualunque cosa succeda, non devi togliere la tua attenzione da me, okay?"
"Ci provo, ma... cosa vuoi fare?" domandò il ragazzo, con un filo di voce.
"Non ti preoccupare, tu seguimi, non ti distrarre." insistette lei, tirandosi su e avvicinandosi ancora all'amico, per poi abbassarsi e posargli un bacio sulle labbra.
Hiccup ricambiò, ma capì cosa volesse fare. Prendendola per le spalle la allontanò delicatamente, guardandola negli occhi.
"Astrid, non credo che..." obiettò, ma la giovane lo fermò.
"Hiccup, sono una persona libera, ti sto facendo un dono, di mia spontanea volontà, per farti stare meglio, e non dirmi che non lo vuoi, perché so che non è vero." insistette, senza abbassare lo sguardo.
Era determinata, forte. E il ragazzo non riusciva a pensare lucidamente. Però aveva ragione: anche solo quel bacio di poco prima lo aveva fatto distrarre dal dolore, quindi decise che l'avrebbe seguita, qualunque cosa fosse successa.
Annuì, e lei sorrise, avvicinandosi di nuovo, per baciarlo. La lasciò fare, passandole una mano sui capelli.
La ragazza chiuse gli occhi, concentrandosi sui baci che si stavano scambiando. Erano dolci, intensi, unici!
Un brano del diario di sua madre le saltò alla mente, precisamente la descrizione della sua prima volta con Alvin. Aveva descritto i suoi baci allo stesso modo.
Ma aveva aggiunto altro.
Una stretta alla bocca dello stomaco.
Eccola!
E poi... Il cuore che accelera, per poi calmarsi di nuovo.
Ed ecco anche questo!
Si allontanò leggermente da Hiccup. Il suo sguardo era intenso, dolce, nonostante il dolore che sentiva alla gamba.
Ora sapeva cosa voleva fare.
Si finì di spogliare e si spostò sopra di lui, baciandolo di nuovo.
"Astrid..." sussurrò il giovane, che aveva di nuovo capito cosa avesse in mente "Non voglio che lo fai solo per distrarmi..."
"Non lo faccio per questo." lo rassicurò lei, aiutando l'amico a togliersi i pantaloni, prima di risistemarsi "Lo faccio perché sei l'unico a cui voglio davvero fare questo dono."
"Ma se poi..." cercò ancora di obiettare Hiccup, ma Astrid gli posò una mano sulle labbra, delicata.
"Se succederà qualcosa, se nascerà un bambino da questo, saprò che è figlio dell'uomo migliore che conosca." disse, dolce "Ma ora non pensarci. Pensa solo ad amarmi, è questo che vuoi, no? Ed è quello che voglio anche io."
Hiccup annuì, stringendola. Se lo voleva davvero, allora non c'era altro da dire. Si concentrò su di lei, per tutto il tempo.
Non sentiva più il dolore. Sentiva solo Astrid. I suoi movimenti. I suoi sospiri.
Il suo amore.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 ***


Astrid si svegliò all'alba.
Era stretta a Hiccup, che ancora dormiva, lamentandosi leggermente nel sonno. Lo guardò, era pallido, l'espressione era dolorante; evidentemente la caviglia non gli dava tregua, continuava a fargli male.
Almeno, però, era riuscita a farlo dormire, facendolo distrarre e concentrare su di lei, sul suo corpo e sui suoi movimenti, mentre faceva l'amore con lui.
Si era donata a lui senza pensarci due volte, e non aveva avuto alcun rimorso. Stava bene con Hiccup, e si era resa contro che, forse involontariamente, l'aveva sedotta, con i suoi modi di fare, con le sue attenzioni, le aveva preso il cuore.
Ma c'era dell'altro: era circa a metà della sua luna, ciò significava che c'erano grosse possibilità che il ragazzo avesse piantato un seme dentro di lei. Se era così, allora avrebbe creato parecchio scompiglio a Berk, perché era rimasta incinta fuori dal matrimonio. Ma non le importava, anzi, tanto meglio, avrebbe dato modo a lei di far valere i suoi diritti di persona libera, anche se poteva arrivare una punizione, nonostante tutto, nonostante quanto detto da Stoick. Era vero che aveva delegato il figlio su qualunque decisione disciplinare nei suoi confronti, ed era anche vero che, per rispetto verso sua madre le aveva concesso una maggiore libertà, ma le cose potevano cambiare da un momento all'altro, perché la regola era stata infranta per mano di Hiccup stesso.
Si tirò su e si vestì con calma, dando una pacca affettuosa a Sdentato, che si era accucciato vicino a loro, per tenerli al caldo, poi prese il kit d'emergenza e controllò le bende, perché sapeva che la caviglia di Hiccup doveva essere pulita e disinfettata.
Il ragazzo, finalmente, aprì gli occhi, guardandosi intorno. Astrid gli si avvicinò, prendendogli la mano.
"Astrid..." sussurrò, affaticato.
"Tranquillo, sono qui." rispose lei, calma "Devo controllarti la caviglia, ora. Ti farà un po' male."
Il giovane annuì e si tirò su a fatica, spostando la coperta dalla gamba destra, per permettere all'amica di curargliela. La ragazza prese dell'acqua dalla borraccia che avevano con loro e inumidì le bende pulite, prima di togliergli quelle che aveva usato il giorno prima.
Hiccup sussulto per il dolore, appena lei lo sfiorò, ma strinse i pugni e la lasciò fare.
"Non pensare al dolore, Hiccup..." disse la ragazza, concentrata sulla medicazione "Concentrati su altro."
"Non è semplice..." si lamentò il ragazzo "Fa parecchio male..."
"Okay, allora parliamo." insistette Astrid, finendo di fasciare la ferita e cercando di annodare bene la garza "Che ne pensi di mio padre?"
"Penso... penso che sia un po' fuori di testa, ma non credo sia il delinquente che credavamo che fosse..." rispose, mentre Astrid lo aiutava a indossare i pantaloni.
"Lo penso anche io." continuò la ragazza "È una brava persona, in fondo."
"Una brava persona che mi ucciderà quando saprà che abbiamo fatto l'amore, visto che non sono il tuo ragazzo..." sussurrò il giovane, infilandosi la casacca.
Astrid sospirò e si spostò, mettendosi al suo fianco e guardandolo negli occhi.
"Abbiamo fatto l'amore perché lo volevamo entrambi." lo rassicurò.
"Sì, ma... se sei rimasta incinta, io..." obiettò Hiccup, afferrandole le mani.
"Se succederà ci penseremo." lo fermò lei, dandogli un leggero bacio "Per quanto mi riguarda, io sono contenta in ogni caso, perché se sto portando in grembo un bambino, nostro figlio, è un grandissimo dono che mi hai fatto."
Hiccup restò in silenzio, guardandola. La ragazza era determinata, ferma, come sempre. Era questo che gli piaceva di lei, era così... diversa da lui, che era sempre stato chiuso in sé stesso, che si era sempre considerato un buono a nulla. Eppure lei non lo considerava così, se no non avrebbe mai voluto far l'amore con lui.
Cercò di muovere la gamba, ma una fitta lo bloccò, facendogli quasi mancare il respiro. Astrid fu subito accanto a lui, e lo sostenne, preoccupata.
"Santissimo Thor..." sussurrò "Fa addirittura più male di quando ho perso l'altra gamba... volevo provare a vedere di aggiustare la coda di Sdentato, ma mi sa che così non posso fare nulla..."
"Non fare nulla, allora." consigliò la giovane "Sicuramente tuo padre, non vedendoci a Berk, avrà avviato le ricerche."
"Lo penso anche io..." ammise Hiccup, poggiandosi con la schiena al fianco del suo drago, che si era avvicinato premuroso. Astrid lo aiutò e, in un gesto affettuoso, gi passò una mano suoi capelli, ma si bloccò e gliela posò sulla fronte, poi sulla guancia.
"Hiccup, hai la febbre!" riferì, allarmata, poi lo coprì bene e si alzò, prendendo la borraccia, rivolgendosi a Sdentato "Vado a prendere dell'acqua frescamdal ruscello che abbiamo visto non lontano da qui. Tu resta con lui, non lo mollare per alcun motivo!"
Sdentato fece un verso di assenso, così Astrid corse fuori dal loro rifugio, andando verso un ruscello che aveva notato la sera prima, mentre lei e il drago cercavano un posto sicuro e all'asciutto per poterci passare la notte.
Appena lo trovò si inginocchiò sulla riva, per poter riempire la borraccia, ma un suono attirò la sua attenzione. Si guardò intorno, all'erta: erano dei versi di draghi, in lontananza; sapeva che in quella zona c'erano molti draghi selvatici, per cui doveva stare attenta.
Sentì di nuovo quei versi, accompagnati da altri suoni che non riuscì a identificare. Guardò in alto, notando in lontananza due rettili in volo, per la precisione un Incubo Orrendo e un Gronkio. Guardò meglio, poi sentì delle voci, li stavano chiamando. Li riconobbe: Moccicoso e Gambedipesce, sui loro draghi!
Cominciò a urlare, agitando le braccia, attirando la loro attenzione. I due la videro e scesero di quota, atterrando vicino a lei.
"Grazie a Odino ci avete trovati!" esclamò Astrid, correndo loro incontro e saltando al collo di Moccicoso, che era stato il primo a scendere dal suo drago "Ieri siamo stati sorpresi dal temporale... La protesi di Sdentato è distrutta e Hiccup è ferito e ha la febbre..."
"Ehm... va bene..." rispose il moro, che si era irrigidito appena la ragazza gli era saltata al collo "Portami da loro, vediamo cosa fare. Gambedipesce, chiama gli altri! Di' che li abbiamo trovati e fai venire qualcuno per aiutarci."
Il biondo annuì e decollò, mentre Astrid faceva strada a Moccicoso e Zannecurve verso la grotta.
Quando entrarono, la bionda si inginocchiò accanto all'amico, che era pallido e sudato, e aveva di nuovo perso i sensi. Moccicoso lo controllò, prestando molta attenzione alla caviglia ferita, infine guardò Astrid, severo.
"Si può sapere dove siete stati?" domandò.
"Siamo andati a Outcast Island." rispose la ragazza, controllando il viso di Hiccup.
"Cosa?!" esclamò l'altro, in un improvviso impeto d'ira "E per quale motivo avete voluto scacciarvi nei guai? Gli Esiliati sono pericolosi!"
"Senti, Moccicoso, non ho alcuna voglia di farmi fare la predica da quello che si è sempre messo nei guai più di tutti!" sbottò la giovane, guardandolo negli occhi "Se proprio lo vuoi sapere, siamo andati a Outcast Island per parlare con mio padre! Ora vedi di fare qualcosa per Hiccup! Sta male!"
"Tuo padre?" chiese il moro, tornato improvvisamente serio.
"Alvin. Non te l'hanno detto? Sono sua figlia." spiegò lei, mentre faceva una carezza a Hiccup, che si era di nuovo svegliato e la fissava con la vista visibilmente annebbiata.
"Astrid..." sussurrò, con voce flebile "Ho sognato che ti univi a me..."
"È successo sul serio, Hiccup." rispose lei, dolcemente, aggiustandogli una ciocca di capelli sulla fronte "Ma ora devi stare tranquillo, tra poco ci riporteranno a casa."
Hiccup annuì e chiuse gli occhi, abbassando la testa per poggiarla sul seno della ragazza, che lo lasciò fare e guardò Moccicoso, che li fissava interdetto.
"Voi... voi due..." balbettò.
"Non una parola!" lo zittì "Piuttosto vai a vedere se sono arrivati gli altri, grazie!"
Il moro annuì e, senza dire altro, corse fuori. Astrid aveva ragione: la priorità, in quel momento, era riportarli a casa.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12 ***


Attesero i soccorsi a lungo.
Hiccup era di nuovo svenuto, aveva la febbre alta e, nei brevi periodi in cui era sveglio, delirava. Astrid non lo mollava, e neanche Sdentato; Moccicoso andava avanti e indietro tra la grotta e il ruscello per prendere l'acqua e cercare di abbassare la febbre al cugino. Era preoccupato, l'ultima volta che aveva visto il cugino ridotto così male era stato dopo aver sconfitto la Morte Rossa, quando aveva perso la gamba.
A pensarci bene, nonostante il ragazzo sembrasse deboluccio e denutrito, quella era stata l'unica volta che lo aveva visto malato, fin da piccoli era l'unico coetaneo che conosceva che non si era mai preso nulla di serio, e che guariva in fretta. Ma questa volta la ferita era grave, non come quando aveva perso la gamba, ma abbastanza da fargli salire la febbre.
Guardò Astrid. Era seduta vicino a Hiccup, con la sua testa poggiata sulle ginocchia; una mano gli carezzava i capelli, mentre l'altra gli bagnava la fronte con una garza inumidita dall'acqua portata da Moccicoso. Era pensierosa, ma c'era qualcosa di diverso nella sua espressione, più dolce, meno... meno infantile.
Moccicoso si sedette di fronte a lei, e la guardò, serio.
"Perché lui?" domandò "Cosa ha di tanto speciale per farti infrangere una regola importantissima?"
"Di che parli?" chiese, continuando a guardare il castano.
"Hai fatto l'amore con Hiccup." disse l'altro, sempre con lo stesso tono calmo "Ma non mi sei mai sembrata propensa a concederti a lui, anche se siete sempre stati molto amici. Cosa è cambiato?"
"Nulla, io..." balbettò la ragazza "Io non lo so... lui... lui è diverso..."
"Però due giorni fa hai tentato di sedurre me..." commentò Moccicoso, serio "Mi facevi paura, più che altro, ma è quello che hai tentato di fare."
"Ero... ero andata fuori di testa." ammise la giovane "È una lunga storia, Moccicoso, non posso raccontati tutto..."
"Sai, io sapevo che tu piaci molto a Hiccup." continuò il moro "È per questo che ci ho sempre provato con te, per fare un dispetto a mio cugino. Ma se avessi saputo che tu ricambiavi i suoi sentimenti non lo avrei mai fatto."
Astrid non rispose. Hiccup era tornato cosciente, e stava sussurrando qualcosa; restò attenta per ascoltarlo.
"Una femmina... voglio una femmina... bella come te..." sussurrò, con voce molto flebile.
"Di che parla?" domandò il cugino, incuriosito.
"Non è nulla, Moccicoso. Non preoccuparti." tagliò corto la giovane, facendo l'ennesima carezza all'amico.
In quel momento, finalmente, arrivarono i soccorsi, e i tre vennero riportati a Berk.
Hiccup venne immediatamente portato da Gothi, per controllarlo, e ci restò per parecchio. Astrid e Sdentato attesero fuori, in silenzio, camminando davanti alla casa, in attesa di notizie.
Stoick si avvicinò a loro e guardò serio la ragazza.
"Dove siete stati?" domandò, severo.
"Siamo andati a Outcast Island, signore." rispose lei, a testa bassa.
"Lo avevo intuito." ammise l'uomo "Volevi cercare altre notizie su tua madre, vero?" Astrid annuì, e Stoick sospirò, alzando gli occhi al cielo "Sei proprio uguale ai tuoi genitori, ragazza. Testarda e cercaguai esattamente come loro..."
"Chiedo scusa, Capo Stoick." si scusò la bionda "È stata una mia idea. Sono stata io ad insistere ad andare da papà." confessò, anche se sapeva che non era del tutto vero.
"Mh... lo sai che hai aggirato alcune regole del villaggio, vero?" la rimproverò, e lei annuì "Ma suppongo che Hiccup ti abbia anche detto che le decisioni disciplinari riguardanti i componenti dell'Accademia spettano a lui." Astrid annuì nuovamente. Stoick la guardò ancora e riprese a parlare "Però lui al momento non è in grado di fare nulla, quindi spetta a me decidere, finché lui non si sarà ripreso."
"Quale è la mia punizione, Capo?" domandò la giovane, rassegnata.
Stoick sospirò di nuovo, poi tornò a guardarla severo.
"Vai a casa tua." ordinò "Resterai confinata lì fino al nuovo ordine."
"Va bene, signore." accettò la ragazza "Posso solo chiedere una cosa? Posso avere notizie di Hiccup? È colpa mia se sta male ora, e io..."
"Va bene, ma ora vai." la bloccò l'uomo, indicando verso casa della giovane.
Astrid non disse altro e andò a casa, proprio mentre Gothi usciva e faceva cenno a Stoick di avvicinarsi, per parlare con lui.
"Dimmi tutto." la incitò. La vecchia scrisse la diagnosi sulla terra battuta, e l'uomo lesse attentamente "Beh, almeno non ha perso anche l'altra gamba. Quanto ci vorrà per riprendersi?" attese la risposta, che venne scritta immediatamente "Così tanto? Come? D'accordo, ma mi sembra tanto tempo... Va bene. Posso portarlo a casa ora?"
Gothi annuì, e Stoick entrò, prese il ragazzo e lo riportò a casa.
Aveva ancora la febbre alta, e il piede era stato fasciato e steccato perché l'osso potesse guarire, ma almeno era ancora vivo.
Lo depose sul letto e lo coprì bene, poi lo osservò.
Non se ne era mai reso conto sul serio, ma ora riusciva a notare che il figlio stava perdendo i tratti infantili, acquistando dei lineamenti da adulto. Sapeva che si faceva la barba già da un paio d'anni, ma non aveva mai preso sul serio la cosa; ma ora lo vedeva: Hiccup si era irrobustito, la voce era anche diventata più profonda, e in quel momento poteva notare, sotto quel leggero velo di barba che ricopriva le guance del giovane, dei lineamenti più affilati, più duri.
Non c'erano dubbi: suo figlio era definitivamente cresciuto, diventando un uomo.
E sapeva anche da tempo che provava qualcosa per Astrid, qualcosa che andava oltre l'amicizia, la stessa cosa che lui aveva provato per Valka, sua moglie. Sapeva che prima o poi avrebbe fatto qualche pazzia per lei... anzi, forse l'aveva appena fatta, accompagnandola a trovare suo padre su una delle isole più pericolose dell'arcipelago.
Non aveva nulla in contrario verso quei sentimenti, solo non voleva che i due ragazzi si mettessero nei guai per questo.
Astrid era forte, audace, testarda, e poteva fare qualcosa di avventato in qualsiasi momento, pur di far valere quei diritti tanto proclamati da sua madre, e Hiccup l'avrebbe seguita. Stoick doveva stare attento.
Per questo aveva appena deciso che i due giovani non si sarebbero potuti vedere per un po', almeno finché il figlio non si fosse ripreso.
Hiccup si lamentò nel sonno. L'uomo si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
"Mi dispiace, figliolo." sussurrò "Spero che tu capisca che lo faccio per il tuo bene."

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 ***


Hiccup restò malato per parecchio tempo. Le attività dell'Accademia dovettero, quindi temporaneamente fermarsi, poiché il capo, appunto, era malato, e il suo secondo era in punizione.
Astrid non poté uscire di casa, quindi Tempestosa venne presa in consegna dai quattro Cavalieri ancora liberi, che si presero l'impegno di farla volare con loro, finché non fossero terminati gli "arresti domiciliari", come li aveva chiamati Moccicoso.
Dopo tre mesi, finalmente, il ragazzo si riprese completamente. Aveva alternato periodi di veglia semi-lucida a momenti di delirio, cosa che, unita alla caviglia rotta, gli impediva di partecipare alla vita normale del paese.
Una mattina di metà estate riuscì finalmente a lasciare il letto. Reggendosi a due stampelle e affiancato dal suo fido Sdentato si avventurò fuori, circa mezz'ora dopo che suo padre era partito per compiere i suoi doveri di capo in giro per l'isola.
Si guardò intorno, conscio del fatto di aver perso un sacco di tempo per colpa della malattia, e si incamminò, reggendosi precariamente sulle due stampelle e sulla protesi, lungo la via centrale del paese, fermandosi, però, quando Moccicoso gli sbarrò la strada, atterrando di fronte a lui con il suo Zannecurve.
" Hiccup! Ti sei ripreso!" esclamò il moro, saltando giù dal drago "Era ora!"
"Così pare..." rispose l'altro, poggiandosi al Furia Buia per restare in equilibrio "Quanto tempo sono stato... assente?"
"Tre mesi. Ma non ti sei perso molto." lo informò Moccicoso "A parte, forse, la tua ragazza agli arresti domiciliari che sembra essere caduta in depressione."
"La mia che?!" esclamò Hiccup, non capendo a cosa si riferisse.
"Astrid." spiegò il giovane "Tuo padre l'ha messa in punizione per esservene andati via senza informarlo e, di conseguenza, esservi messi nei guai. Da quando siete tornati è confinata in casa, e ultimamente non vuole vedere più nessuno, a parte Gothi, che la va a trovare spesso per controllare se sta bene."
"In punizione? Da quanto tempo è in punizione?" insistette Hiccup, mettendosi meglio ritto sulle stsampelle.
"Te l'ho detto, da quando siete tornati, tre mesi fa." rispose Moccicoso, guardandolo confuso "Perché?"
"Tre mesi!" esclamò il castano "Qualunque cosa fosse successa nessuno si merita una punizione così lunga!"
Detto questo si incamminò verso la casa di Astrid, velocemente, per quanto la gamba di ferro e le stampelle glielo permettessero. Moccicoso lo seguì e lo fermò.
"Cosa vuoi fare?" chiese.
"Mettere fine alla punizione. Fino a prova contraria, Astrid è il mio secondo in comando all'Accademia, quindi spettano a me tutte le sue decisioni disciplinari." rispose Hiccup, determinato.
"Vuoi davvero metterti contro tuo padre?" domandò il cugino, intimorito.
"È stato lui a darmi questa delega, e intendo rispettarla." spiegò il ragazzo, riprendendo a saltellare verso la casa della bionda.
Moccicoso lo lasciò andare, e il giovane camminò a fatica verso l'abitazione della ragazza.
Senza neanche bussare aprì la porta d'ingresso, entrando e guardandosi intorno. Astrid si era appisolata sul divano; il ragazzo si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò, osservandola: sembrava triste, stanca. Qualcosa non andava.
Posò una mano sulla spalla dell'amica, scuotendola delicatamente; lei aprì gli occhi e lo fissò, tirandosi su.
"Hiccup..." sussurrò "Mi avevano detto che stavi meglio..."
"Sì, ma sono riuscito a uscire di casa solo oggi." disse il castano, sistemandosi accanto a lei e poggiando le stampelle lì vicino "Ho saputo che mio padre ti ha messo in punizione..."
Astrid annuì, abbassando la testa.
"Tuo padre ha detto che dovevi decidere tu." spiegò "Ma essendo che tu non eri in grado di farlo, in quel momento, era suo compito prendere quella decisione."
"D'accordo." annuì il ragazzo "Però ora sto bene, quindi sono in grado di decidere su cosa fare. E poiché sei stata abbastanza chiusa qui dentro, ora esci di qui. La punizione è sospesa."
La giovane lo guardò, accennando un sorriso, poi si avvicinò, passandogli le braccia attorno al collo e posando la fronte sul petto dell'amico. Gli era mancato molto, in quelle settimane, e rivederlo lì vicino a lei era stato come ritornare alla vita.
Il ragazzo ricambiò l'abbraccio e le baciò la fronte, guardandola preoccupato.
"Astrid, Moccicoso mi ha detto che Gothi viene a trovati ogni tanto..." disse "Ed ora che ci penso, sei un po' pallida... stai bene?"
"Sì, è solo che... ti sembrerà assurdo, lo so, ma in questo periodo mi sto stancando facilmente..." rispose la bionda, alzando gli occhi verso quelli del giovane "Anche se non faccio nulla... ma è normale."
"Non mi sembra tanto normale." obiettò l'altro, aggiustandole una ciocca di capelli "Di solito non ci si stanca in fretta, se si sta davvero bene."
"No, Hiccup. In certi casi è normale." continuò Astrid, senza abbassare lo sguardo "Per una donna, in certe condizioni..."
Hiccup spalancò gli occhi. Aveva finalmente capito cosa intendesse lei; voleva dire qualcosa, ma la giovane gli posò un dito sulle labbra.
Non voleva che si dicesse altro. Voleva solo che lui sapesse, perché era giusto farlo, ma non era più il momento di parlare.
Hiccup le prese delicatamente la mano e la spostò dalla sua bocca, quindi si abbassò su di lei, finché i loro volti non furono a pochi millimetri l'uno dall'altro, le sorrise e, finalmente, la baciò.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14 ***


Astrid chiuse gli occhi, socchiudendo le labbra per accogliere quel bacio in tutta la sua dolcezza.
Di nuovo sentì quella stretta allo stomaco, mentre la lingua di lui sfiorava la sua, lentamente, come una carezza fatta a qualcosa di molto fragile.
E di nuovo il cuore accelerò, per poi rallentare di nuovo, quando una delle mani di Hiccup si posò sulla sua guancia, con le dita tra i suoi capelli, e l'altra scendeva fino alla pancia, si insinuava sotto la maglia e si posava sulla pelle nuda, all'altezza dell'ombelico.
E poi... una nuova reazione si scatenò a quel prolungato contatto con quel giovane uomo. Lacrime, molte lacrime di gioia.
Astrid portava in grembo un bambino, un figlio concepito con il suo migliore amico, il frutto di un'unione avvenuta in contrasto con le regole della loro società, che sicuramente le avrebbe creato guai per questo, ma la giovane madre era pronta ad affrontare tutte le conseguenze, e ora sapeva che non era sola.
Si allontanarono di qualche centimetro, e Hiccup asciugò le lacrime della ragazza, delicato, prima di abbassare lo sguardo sulla mano ancora poggiata sulla sua pancia. Sorrise di nuovo, si sentiva stranamente felice. Ogni timore che aveva avuto tre mesi prima era scomparso, Astrid era incinta di un figlio suo, e non gli importava altro, se non del fatto che amava quella giovane donna, e già sapeva di amare quell'esserino che stava crescendo dentro di lei, e sapeva che avrebbe fatto di tutto per proteggerli.
"La legge imporrebbe che ci sposassimo." disse "Ma so che non è giusto. Non mi importa se è illegittimo, è nostro figlio, non ha nulla di diverso dagli altri."
La ragazza annuì, cercando di calmare quei singhiozzi.
"Tuo padre si arrabbierà, ma non mi importa..." continuò lei, tenendo stretto Hiccup "Sarà dura, ma voglio portare aventi questa battaglia."
"Io ti aiuterò." la rassicurò il giovane "Solo una cosa: sei vulnerabile adesso, quindi... in quanto tuo capo dovrei esonerarti da qualsiasi attività dell'Accademia, in quanto padre del bambino vorrei che stessi a riposo, ma in quanto amico so che non ti piace ricevere ordini, quindi te lo consiglio solo."
"Hiccup... sono stata ferma tre mesi..." obiettò Astrid "Vorrei tornare a cavalcare un drago, almeno per un po'..."
Il ragazzo sospirò, facendole una carezza. Era testarda, non poteva farci nulla.
"Allora facciamo così: un compromesso tra le tre cose." propose "Ti permetterò di cavalcare un drago per un po', ma non da sola. Starai su Sdentato con me, va bene?"
La giovane annuì, poggiando la testa sulla spalla del ragazzo, che continuava a tenere la mano sulla sua pancia; poggiò la sua su quella dell'amico e sorrise.
"Quando eravamo sull'isola che aspettavamo i soccorsi, stavi delirando." sussurrò "Hai detto che ti sarebbe piaciuto che fosse femmina."
"Davvero?" domandò Hiccup "Non è che ricordo molto, anche il modo in cui abbiamo... abbiamo concepito il bambino è un ricordo abbastanza nebuloso. In ogni caso non è importante, a pensarci bene. Deve solo essere sano. Ora che dici se andiamo a farci un giro fuori? Ne hai bisogno."
Astrid annuì e si alzò, passando le stampelle al giovane e aiutandolo a mettersi in piedi, quindi uscirono per strada, camminando affiancati e scortati da Sdentato, poi si andarono a sedere su un muretto, al sole, per poter godere di quel poco di caldo che gli concedeva la brevissima stagione estiva nordica.
Stettero lì, abbracciati, in silenzio, ignorando i passanti e godendo della compagnia reciproca, che per i tre mesi precedenti non avevano potuto avere.
"Comunque lo sa solo Gothi, a parte te." sussurrò la bionda, dopo un po' "Preferirei non dire niente agli altri, finché è possibile."
"Va bene, per ora rimandiamo." rispose il castano, comprensivo "Se lo dicessimo ora a mio padre, potrebbe avere una reazione non proprio positiva, e per adesso non sei ancora in grado di affrontarla."
"E per la decisione di cavalcare Sdentato con te?" domandò la ragazza, guardandolo negli occhi "Come lo spieghiamo agli altri?"
"Non ci sarà alcuna spiegazione da dare: io devo muovermi con le stampelle per almeno altri due mesi, quindi sei tu, in quanto mio secondo in comando, che devi guidare il mio animale." disse il giovane, con fare ovvio, alzando le spalle.
La giovane annuì, dandogli un leggero bacio, prima di scendere dal muretto e aiutarlo con le stampelle, quando dalla Sala Grande avevano chiamato per il pranzo. Si sedettero al loro posto e, dopo poco vennero raggiunti dagli altri Cavalieri.
"Oh, salve!" esclamò Moccicoso, scherzoso "Allora gli arresti domiciliari sono finiti?"
"A dire la verità non avrebbero dovuto neanche cominciare." ammise Hiccup "E, ragazzi, mi dispiace non essere stato presente, nelle ultime settimane."
"Beh, hai portato la tua ragazza in gita romantica sull'Isola degli Esiliati e siete finiti nei guai." scherzò il moro, ridendo sotto i baffi "È normale che poi tuo padre abbia deciso sulla punizione al posto tuo, visto che eri fuori uso, cugino."
Il giovane alzò gli occhi al cielo, poi sospirò e guardò Astrid, che gli aveva preso la mano.
"In ogni caso..." continuò "Ora si riprende, e ci sono alcune modifiche al programma di allenamento, che vorrei vengano rispettate." gli altri lo fissarono, in attesa, e lui riprese a parlare, serio "Prima cosa, io per un po' non potrò guidare Sdentato, per la caviglia rotta, quindi lo farà Astrid al mio posto. Seconda cosa, non voglio, ripeto, NON VOGLIO manovre pericolose che possano nuocere all'integrità fisica di ognuno di noi, quindi vedere di seguire i miei ordini. Basto io ad avere menomazioni fisiche e fratture osee, non voglio altri membri nelle mie stesse condizioni. E, per ora, è tutto."
Nessuno obiettò. Persino i gemelli non ebbero nulla da dire, nonostante la loro indole suicida. Il tono di Hiccup era stato così serio che tutti avevano deciso di accettare le sue condizioni. Decisero, quindi, di finire di pranzare, chiacchierando tra loro, allegramente come sempre, e tornare alle loro mansioni.
Dopo un po', al tavolo, rimasero solo Hiccup, Astrid e Moccicoso. Quest'ultimo guardava il cugino e la ragazza con fare indagatore.
"Cosa c'è, Moccicoso?" domandò l'altro, sospirando "C'è qualcosa che vuoi dirci?"
Il ragazzo li fissò per qualche altro secondo, quindi si rivolse alla bionda.
"Sei incinta, vero?" sussurrò, serio.
"Cosa... come hai..." balbettò la ragazza, stupita.
"Non sono così scemo come sembro." spiegò il moro "Tre mesi fa, poi, me lo hai confermato tu stessa che siete stati insieme. Ho fatto due più due e ho capito."
Hiccup si voltò verso Astrid. Si stava agitando, era nervosa. La abbracciò, per farla calmare, e tornò a rivolgersi al cugino.
"Senti, Moccicoso, questa cosa non la sa ancora nessuno, a parte te e Gothi." disse, calmo "E vorremmo che rimanesse così, almeno finché non sarà evidente. Non voglio che Astrid subisca un'altra punizione, ne ha appena terminata una."
Il giovane li fissò ancora, esaminando attentamente ogni parola detta, poi annuì.
"Va bene. Solo state attenti." consigliò "Quello che state facendo, qualunque cosa sia, è una pazzia. Tu o la tua ragazza finirete sul serio in guai molto seri."
"Non sono la sua ragazza." lo corresse Astrid. Moccicoso alzò un sopracciglio, guardandola interdetto, e lei spiegò "Non stiamo insieme, siamo solo amici. E, per la cronaca, è successo solo una volta."
Hiccup annuì alle parole dell'amica, stringendola a sé, e l'altro alzò gli occhi al cielo, mettendosi in piedi.
"Bah... a me non sembra che siate solo amici!" borbottò il ragazzo "Guardatevi! Siete appiccicati come due fidanzatini, e, per la cronaca, in un bacio tra amici non si ficca la lingua in bocca dell'altro... e soprattutto non si finisce a letto insieme! Comunque fate come volete, io non voglio entrarci in questa storia, sono affari vostri."
Detto questo si allontanò, lasciando i due ragazzi soli, ancora seduti al tavolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15 ***


La vita riprese normalmente, o quasi.
Hiccup, poco per volta, riacquistò l'uso della sua gamba completa, e finalmente abbandonò le stampelle. Nei primi giorni d'autunno aveva ripreso a camminare come prima.
Astrid ancora manteneva il segreto, anche se la pancia cominciava a notarsi, ma lei faceva sempre in modo che nessuno se ne accorgesse, almeno finché non fosse stato più che evidente. Certo, non era più in grado di fare molte cose, e si stancava più in fretta, ma almeno aveva Hiccup che la aiutava molto, e a volte anche Moccicoso, unico del gruppo a conoscenza della gravidanza, si dava da fare per darle una mano.
La ragazza, però, nonostante tutto, aveva sempre un aspetto felice, come se fosse stata avvolta in un'aura di felicità che contagiava chiunque le stesse vicino. Certo, non perdeva occasione di ribadire i suoi diritti e di combattere, a modo suo, la battaglia iniziata dalla madre, ma quella sua felicità interiore sembrava rendere gli altri più propensi ad ascoltarla. Persino Stoick ne fu contagiato, ad un certo punto, tanto che invitava spesso la ragazza a pranzo da loro, e non storceva più il naso quando lei e il figlio si abbandonavano a qualche coccola che di solo amichevole aveva nulla, cosa che inizialmente lo rendeva alquanto nervoso, poiché quel tipo di comportamento, secondo le regole della società, non era giusto che si tenesse tra due persone non sposate, e neanche in procinto di farlo.
Quella sera, Hiccup aveva cenato a casa di Astrid, come succedeva spesso, negli ultimi tempi, e si era intrattenuto un po' dopo, godendo del caldo propagato dal focolare e regalando qualche coccola alla ragazza, che non le rifiutava mai.
Erano seduti sul divanetto, o meglio, lui era seduto, lei invece era stesa, con la testa adagiata sulle cosce di Hiccup. Si guardavano, senza parlare, sorridendosi, mentre il ragazzo passava le dita tra i capelli della giovane; Astrid lo lasciava fare, tenendo una mano sulla pancia, non troppo pronunciata ma ormai visibile.
Ad un certo punto la giovane fece un'espressione sorpresa, seguita da un'altra, colma di dolcezza, quindi si tirò su e si strinse all'amico, baciandolo.
"Cosa c'è?" domandò Hiccup, incuriosito. Astrid non rispose, ma gli prese la mano e se la posò sulla pancia, sotto la maglia. Il ragazzo sentì un leggero movimento, e sorrise, sorpreso "Ehi! Si muove!"
"Sì, finalmente..." disse, finalmente, la giovane "È... incredibile! Non pensavo che..."
"Hai ragione, è un piccolo miracolo." ammise il castano, senza togliere la mano dalla pancia della ragazza "Il miracolo della vita."
"È meraviglioso, davvero." sussurrò la bionda, guardandolo negli occhi "Hiccup, tu non hai idea... Tu lo stai sentendo così, ma io... io lo sento dentro di me, ed è... è indescrivibile... il bambino, tuo... nostro figlio... prima sapevo che c'era, per via delle reazioni del mio corpo, ma ora... ora si muove, lo sento, è diventato reale!" sorrise, posando una mano su quella di Hiccup "Sacri Dei... stiamo per diventare genitori..."
"È così, Astrid." confermò il ragazzo "E per questo, d'ora in poi potrai contare sempre su di me. Qualunque cosa di cui tu abbia bisogno, chiedi."
La giovane lo fissò per qualche secondo. Quel ragazzo, quel giovane uomo, era il suo capo, ma era anche il suo confidente, il suo migliore amico, il suo sostenitore in quella battaglia per i pari diritti delle persone.
Ed era l'uomo con cui aveva concepito il bambino che stava crescendo dentro di lei. Colui con cui si era unita, cinque mesi prima, con l'intento di farlo distrarre dal dolore, ma in realtà, in fondo al cuore, sapeva che non era quello il motivo per cui lo aveva fatto.
Astrid si era donata a Hiccup non per farlo distrarre dal dolore, ma perché il suo corpo voleva ricongiungersi al suo cuore: Astrid Hofferson si era innamorata di Hiccup Horrendous Haddock III.
Si avvicinò nuovamente al giovane, posandogli un altro bacio sulle labbra, e si strinse a lui, avvicinando la sua bocca all'orecchio.
"Stai qui, stanotte, per piacere." sussurrò, dolcemente.
Hiccup la fissò, stupito, ma annuì, e lei sorrise, alzandosi dal divano e prendendogli la mano, per poi trascinarlo in camera. Il giovane la seguì senza discutere, mentre lei lo faceva sedere sul letto e lo baciava di nuovo.
"Hiccup, fai l'amore con me." disse ancora, guardandolo negli occhi.
"M... ma, Astrid... n... non p... possiamo... i... il ba... ba... bambino..." balbettò il giovane, ipnotizzato dallo sguardo dell'amica.
"Gothi dice che si può fare." lo rassicurò la ragazza "Solo che bisogna andarci più cauti per non rischiare di far male al bambino. Andrà tutto bene, so che tu starai attento, ti conosco."
Hiccup annuì, ancora incantato, e lei sorrise di nuovo, sfilandosi la maglia. Per la prima volta, il ragazzo poté vedere come si stava trasformando il corpo della giovane, come era cambiato da quando avevano fatto l'amore cinque mesi prima. Prese coraggio e la aiutò a spogliarsi, sfiorando con le dita ogni centimetro di pelle che riusciva a raggiungere; la osservò bene: il seno sembrava essere aumentato di dimensioni, non troppo, ma abbastanza da notarsi, le forme generali del corpo sembravano essersi arrotondate, segno che era ingrassata di qualche chilo in quelle settimane, ma la cosa più evidente era la pancia, rotonda e uniforme, sintomo di una gravidanza ormai oltre la metà del suo corso.
Sorrise. Non se lo aspettava, ma nel complesso trovava quella giovane donna ancora più bella del solito.
Le posò un bacio vicino all'ombelico, prima di farla sistemare sul letto e togliersi i suoi vestiti, e poi stendersi accanto a lei e baciarla di nuovo.
Astrid ricambiò, posando le mani sul petto di Hiccup, seguendo con le dita le linee dei muscoli del ragazzo. La volta precedente non aveva potuto godersi appieno l'esperienza, ma questa volta non voleva perdersi nulla.
Rimase piacevolmente sorpresa di quanto fosse muscoloso il giovane. Non era mingherlino come credeva, ma avrebbe dovuto aspettarselo: Hiccup era un fabbro, prima di essere un Cavaliere di Draghi, quindi era logico che la sua muscolatura fosse ben delineata.
Sapeva della sua forza fisica, l'aveva provata su sé stessa, ma aveva avuto modo di provare anche la delicatezza delle sue mani, la stessa che ora stava usando su di lei, per prepararla ad accoglierlo in quell'antico rituale.
Si baciarono a lungo, esplorando reciprocamente i propri corpi, assaporando ogni sensazione, ascoltando ogni sospiro dell'altro, prima di creare il legame che li avrebbe resi fisicamente, oltre che spiritualmente, una cosa sola.
I movimenti di Hiccup furono lenti, attenti, studiati in ogni minimo particolare per rendere partecipe la compagna, ma allo stesso tempo non rischiare di far del male a lei o al loro figlio.
Astrid lasciò che fosse lui a condurre, accogliendo ogni suo bacio, ogni carezza, ogni gesto d'amore che le riservava durante quella danza. Era anche piacevolmente sorpresa di come, rispetto alla prima volta, ogni sensazione sembrasse amplificata esponenzialmente, e continuava ad amplificarsi man mano che la musica giungeva verso il suo termine.
Quando tutto terminò, Hiccup si distese accanto a lei, guardandola, mentre lei riprendeva fiato. Era a suo dire meravigliosa, più di quanto si ricordasse, con i biondi capelli che scendevano sulle spalle, gli occhi chiusi e quel dolce sorriso sognante che le aveva visto solo da quando era incinta. Doveva ammetterlo: la maternità la stava rendendo più bella di prima.
"Sei stupenda, milady." sussurrò. Astrid aprì nuovamente gli occhi e si voltò verso di lui, riservandogli uno sguardo così dolce che il giovane non poté fare altro che stringerla a sé, tenendo una mano sulla pancia, all'interno della quale il loro figlio ancora si muoveva.
"Come ho fatto a non innamorarmi prima di te?" confessò lei "Tu mi stai dando la cosa più bella che potessi desiderare..."
Hiccup la baciò di nuovo. Lo amava... finalmente i suoi sentimenti erano ricambiati, non poteva desiderare di più, in quel momento. La strinse ancora a sé e chiuse gli occhi; avrebbe fatto qualunque cosa per lei. No, avrebbe fatto qualunque cosa per LORO, sia per Astrid che per il bambino, che man mano che passava il tempo diventava sempre più reale.
Entro poche settimane lo sarebbe stato. Entro poche settimane avrebbe davvero potuto chiamarsi padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16 ***


Nel frattempo, Moccicoso era uscito per un volo notturno con Zannecurve.
Non capitava spesso che lo facesse, ma ogni tanto si concedeva tale piacere, dando anche modo al suo drago di sgranchirsi le ali al di fuori delle ore di allenamento dell'Accademia.
L'aria era frizzante, ma per lui non era un problema: il suo drago forniva di serie il sedile riscaldato, cosa che gli altri potevano solo invidiare. Atterrò nell'Arena, saltando giù con un balzo e accompagnando l'Incubo Orrendo alla sua gabbia, ma appena si avvicinò, qualcosa nella gabbia del Bizzippo dei gemelli attirò la sua attenzione.
Si avvicinò con cautela e guardò dentro. Qualcuno stava dando del pesce al drago a due teste, riservando a ciascun capo una carezza; osservò con più attenzione, finché non riconobbe chi fosse.
"Testa Bruta? Che ci fai qui?" domandò.
"Eh?" esclamò la ragazza, quasi saltando per lo spavento e girandosi verso di lui "Oh... ciao, Moccicoso... stavo... stavo dando da mangiare a Vomito e Rutto..."
"Ma non gli avevate già dato da mangiare oggi pomeriggio?" obiettò il ragazzo "Su, ragazza, lascia tutto lì, ti riporto a casa, che comincia a fare freddo."
Bruta lo fissò, indecisa, infine lasciò lì gli ultimi pesci e raggiunse il moro, fuori dalla gabbia. Moccicoso la guardò, preoccupato.
"Qualcosa non va?" chiese, chiudendo i chiavistelli delle gabbie.
"Sto bene. Avevo solo bisogno di stare un po' sola." rispose la giovane, vaga.
"Va bene, non fa nulla, andiamo." disse Moccicoso, accompagnando la bionda fuori.
Camminarono in silenzio, verso le case, senza fretta. Il ragazzo guardò la bionda, notando che non aveva la sua solita aria allegra; qualcosa non andava sul serio, ma lei non voleva parlarne.
"Ehi! Un momento!" esclamò il moro, dopo un po' che camminavano "Oggi non è il compleanno tuo e di tuo fratello?"
"Già..." rispose Testa Bruta, poco convinta "Oggi è il nostro compleanno..."
Il giovane si fermò, afferrandola per un braccio. Ora era sul serio preoccupato: come mai l'amica non era di buon umore come al solito, soprattutto in un giorno come quello.
"Bruta, sul serio, che ti succede?" domandò, serio.
"È che... io e Tufo siamo sempre considerati insieme, mai singolarmente non esistiamo mai..." sussurrò, a testa bassa.
"È questo che ti rende triste?" continuò l'altro, senza mollarla "Il fatto che nessuno pensa solo a te?" Testa Bruta annuì, e Moccicoso la guardò per un attimo, prima di prendere una decisione; le lasciò il braccio e le passò il suo attorno al fianco, e le sorrise "D'accordo, ora ci facciamo un giro, solo io e te, e nessun altro. Va bene?"
Bruta annuì, accennando un sorriso e seguendo il ragazzo lungo la strada; camminarono per un po', mentre il ragazzo fissava l'amica, che sembrava ancora un po' giù. Dopo un po', cercando di farla riprendere, la prese per mano; lei si fermò e lo guardò, stupita, e Moccicoso distolse lo sguardo, arrossendo.
Cosa?! Moccicoso stava arrossendo?! Ma che gli era preso?! Un vero uomo non arrossisce, e Moccicoso era un vero uomo, non era come quella mezza tacca di suo cugino, che arrossiva ogni volta che Astrid lo guardava.
A dire la verità, ultimamente, Hiccup aveva perso quel l'abitudine, non arrossiva più in presenza della ragazza, anzi, era lui che faceva arrossire lei, ora; forse era effetto della gravidanza? Ma comunque questo non spiegava l'arrossamento istantaneo che il moro aveva appena subito. A meno che... no, non poteva essere, non a lui.
Si voltò di nuovo verso Bruta, era tornata triste. Non poteva permetterlo, non il giorno del suo compleanno; si guardò intorno, poi la trascinò sul retro della casa più vicina, quella di Astrid, e la fece sedere vicino al muro. Lei lo lasciò fare, e si abbracciò le ginocchia con aria pensierosa.
Moccicoso si avvicinò e le passò una mano tra i capelli, guardandola.
"Cosa c'è?" chiese "Perché sei ancora triste?"
"Non è nulla, è solo che..." sussurrò "Non lo so... io... non so come spiegare..."
"Provaci, ti ascolto." la incoraggiò il giovane, guardandola.
Bruta fece un respiro profondo e raccolse le idee, voltandosi verso l'amico.
"Astrid e Hiccup stanno insieme?" domandò "Perché sembra così, anche se loro dicono di no."
"Manco io li capisco, in realtà..." rispose il ragazzo "Sono due testoni! Si baciano, si coccolano... fanno sesso, come due che stanno insieme, ma dicono di non stare insieme..."
"Però sono una bella coppia." ammise la bionda "Lo trovassi io un uomo così..."
In quel momento, i ragazzi sentirono degli strani rumori provenire dalla finestra chiusa, sopra di loro; si trattava degli inequivocabili sospiri d'amore di Hiccup e Astrid. Testa Bruta e Moccicoso si fissarono, imbarazzati.
"Wow! Vogliono proprio infrangere un sacco di leggi!" esclamò il moro, alzandosi in piedi e aiutando la ragazza "Non solo l'ha messa incinta fuori dal matrimonio, ma si sta pure unendo a lei durante la gravidanza! È severamente vietato dalle regole!"
"A... Astrid è... è incinta?" balbettò Bruta, stupita.
"Non te ne eri accorta?" spiegò l'altro "È al quinto mese. Da quello che so è rimasta incinta quando si sonompersi quella volta che sono andati da Alvin."
"Oh... ora si capiscono molte cose..." commentò la giovane, seguendo di nuovo il moro per strada "Quindi è per questo che Hiccup non le fa più cavalcare molto i draghi?"
"Esatto." confermò l'altro "Mi chiedo per quanto tempo vogliano tenerlo nascosto: ormai è visibile la pancia di Astrid."
"A dire il vero non ci ho mai fatto caso: Astrid fa sempre in modo da distrarre l'attenzione da lì." continuò la bionda, prendendo l'amico sotto braccio "Però che fortuna... lei sta per avere un figlio dall'uomo più figo di Berk... cioè... dall'uomo che ama..."
"Troverai anche tu qualcuno, vedrai." la rassicurò Moccicoso, sorridendo, afferrandole delicatamente la mano.
"E se non lo trovassi?" domandò la giovane, tornata nuovamente triste.
"Su, che lo troverai!" esclamò il ragazzo, ma lei lo fissò seria, lui arrossì e distolse lo sguardo "Va bene... se non lo troverai... beh, ecco... magari... se vuoi... ecco, io... io posso..."
Improvvisamente, l'espressione di Bruta si addolcì, guardando il giovane, e le sue labbra si curvarono in un sorriso speranzoso. Il moro la fissò nuovamente, capendo il motivo di quella reazione. Senza pensarci due volte lasciò la mano dell'amica e afferrò delicatamente la sua nuca con entrambe le mani, poi la fece avvicinare e la baciò intensamente.
Testa Bruta ricambiò immediatamente, ma quasi svenne dall'emozione. Davvero stava succedendo? Davvero Moccicoso la stava baciando? Cavolo, come le piaceva quel bacio! Era così intenso, possessivo, ma allo stesso tempo era dolce.
Si separarono dopo qualche minuto, sorridendosi.
"Io non voglio fare come mio cugino." disse il ragazzo "Voglio seguire le regole, quindi domani chiederò la tua mano a tuo fratello, poi prepariamo subito il matrimonio. Quei due sono fissati col voler infrangere le regole, ma se ci sono bisogna rispettarle."
Bruta annuì, incantata. Era successo tutto in meno di mezz'ora, e non poteva crederci! mezz'ora prima era sola e triste, e ora aveva un ragazzo e sapeva che il giorno dopo sarebbe stata ufficialmente fidanzata... e appena possibile sarebbe stata sua moglie! Era grandioso!
Moccicoso le sorrise e la baciò di nuovo. Gli piaceva quella pazza ragazza, dovette ammetterlo, era davvero bella, secondo lui. Solo si chiese perché non se ne fosse accorto subito, avrebbe smesso prima di perdere tempo con Astrid, che in ogni caso non sarebbe stata sua, ma era di Hiccup fin dall'inizio.
Ma ora non aveva importanza, perché sapeva che entro poco sarebbe stata solo sua.
Senza parlare, la strinse a sé, poi la accompagnò a casa, il giorno dopo avrebbe pensato al resto.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17 ***


Il mattino seguente i ragazzi si trovarono sul tardi all'Accademia.
Hiccup e Astrid arrivarono con calma, a piedi, scortati dai loro due draghi, e notarono che Gambedipesce e Muscolone erano già sul posto.
"Buongiorno, Gambedipesce." lo salutò il castano "Già qui? Pensavo arrivassi con gli altri..."
"Oh... ehm... veramente avrei voluto." rispose il corpulento ragazzo "Ma sembrava che Moccicoso e Testa di Tufo stessero discutendo un qualche tipo di affare, e credo che ne avranno per un po'..."
"Che tipo di affari?" domandò Astrid. Sapeva fin troppo bene che la parola 'affari' legata a Moccicoso significava una sola cosa: guai in vista.
"Non lo so..." disse il ragazzone, facendo spallucce "Ho sentito che parlavano di prezzo di qualcosa... e riscatto... non ho capito bene..."
Hiccup guardo la ragazza. Prezzo... riscatto... affari... cosa diavolo avevano in mente quei due? Il giovane non poteva permettere che succedesse qualcosa di losco nella sua Accademia, già aveva da pensare alla sicurezza di Astrid, se si mettevano in mezzo anche Moccicoso e i gemelli poi sarebbe stato davvero un disastro!
Finalmente li videro arrivare. I due ragazzi discutevano ancora, a bassa voce, mentre Bruta camminava in mezzo a loro, sorridente, guardando un po' l'uno e un po' l'altro. Quando vide i tre, corse loro incontro, con aria felice, fermandosi davanti a Astrid e abbracciandola.
"Oddei, Astrid!" esclamò, allegra "Sono così felice! Non hai idea!"
"Ehm... che cosa è successo?" domandò l'altra, ricambiando l'abbraccio ma, contemporaneamente, cercando di allentarlo un po', perché era troppo caloroso e le stava mancando il respiro.
"Moccicoso ha chiesto la mia mano!" rispose Bruta "Questa primavera mi sposo!"
"Oh... ehm... è una notizia fantastica..." balbettò la giovane "M... ma potresti allentare la presa, per piacere? Non respiro..."
"Ah, scusa... me ne ero dimenticata..." si scusò la ragazza dalle lunghe trecce, allentando la presa e abbassandosi un po' per guardarle la pancia "Scusami, piccolino. Non volevo stritolare te e la tua mamma."
Hiccup sbiancò, afferrò con delicatezza ma contemporaneamente in modo autoritario Bruta per le spalle e la guardò negli occhi, serio.
"Come hai detto, scusa?" domandò.
"I... io..." balbettò la giovane, intimorita dallo sguardo severo dell'amico, ma Moccicoso si avvicinò e le tolse la mano del cugino dalla spalla e lo fissò con fare altrettanto severo.
"Non toccare la mia fidanzata, cugino." ringhiò.
"Glielo hai detto tu?!" esclamò l'altro, per nulla intimorito, strattonandolo per il braccio che gli stringeva il polso e trascinandolo dalla parte opposta dell'Arena, lontano dalle due ragazze e dagli altri due ragazzi.
"Beh, sì, ovvio!" rispose Moccicoso, guardandolo con rabbia "Se no come spiegavo i rumori che venivano da casa di Astrid, ieri sera, quando siamo passati lì vicino?"
Hiccup strinse i denti e lo afferrò per il colletto, guardandolo negli occhi, arrabbiato.
"Chi altro sa?!" disse, iroso.
"Nessun altro!" disse il moro, senza abbassare lo sguardo "L'ho detto solo a Bruta. In ogni caso continuo a sostenere che tu e Astrid siate completamente impazziti a voler a tutti i costi mettervi nei guai e tenere nascosto quel bastardino!"
"Ti proibisco di chiamare così mio figlio!" ringhiò Hiccup, tirando su il cugino per la collottola.
"Come dovrei chiamarlo? È quello che è, un bastardino! Se voi due non vi foste imputati a voler infrangere tutte le nostre leggi non sarebbe tale!" rispose Moccicoso, con lo stesso tono.
Hiccup stava per rispondergli a tono, ma Astrid corse da loro, separandoli e mettendosi tra i due. Guardò calma il compagno, che fece un passo indietro, alzando le mani in segno di resa, poi si voltò verso l'altro, che si aggiustò il colletto, borbottando.
"Finitela, voi due!" esclamò "Non voglio vedervi litigare! E tu, Moccicoso, rispetto il tuo punto di vista, ma tu vedi di rispettare il nostro! Se chiami di nuovo mio figlio in quel modo, giuro che questa volta lascio che Hiccup ti massacri di botte!"
Moccicoso rise. Suo cugino massacrarlo di botte? Ma dai! Un ragazzo pelle e ossa come lui non potreva nulla contro il possente vichingo che era il moro!
Astrid sospirò e lanciò un'occhiata a Hiccup, poi fece un passo indietro, lasciandogli il campo libero. Il giovane non se lo fece ripetere due volte, strinse il pugno e lo stampò con forza in faccia al cugino, che, stordito, perse i sensi e cadde all'indietro. Testa Bruta si avvicinò per soccorrerlo e Astrid le posò una mano sulla spalla.
"Tranquilla, si riprenderà in fretta." la rassicurò "Il tuo fidanzato ha la pelle dura."
L'altra annuì, mentre Hiccup scambiava uno sguardo con la ragazza e faceva avvicinare il resto della squadra.
"Ragazzi, devo parlare con voi." esordì "Ma quello che sto per dirvi non deve assolutamente uscire di qui. Quando sarà ora che gli altri sappiano, sarà unicamente compito mio o di Astrid farlo sapere."
"Ma se quello che ci dite non deve uscire di qui allora devo vivere qui all'Arena?" domandò Testa di Tufo, che, come al solito, non aveva capito nulla.
"No, tufo." rispose, calma, Astrid "Significa solo che devi mantenere il segreto."
"Quale segreto?" chiese ancora Tufo.
La giovane guardò il compagno, che annuì, quindi lei si avvicinò ai due ragazzi, prese le loro mani e se le poggiò sulla pancia.
"Ehi! Cosa..." balbettò Gambedipesce.
"Shhh!" lo zittì la bionda, che chiuse gli occhi, facendo dei respiri profondi. Il bambino, dentro di lei, fece una capriola, e sul volto dei due giovani comparve un'espressione stupita.
"Quello che state sentendo è mio figlio." riferì Hiccup, avvicinandosi e passando un braccio attorno al fianco della compagna "Lo abbiamo concepito questa primavera, poco prima che mi prendessi quella malattia. Non lo sa ancora nessuno, al villaggio, e, per ora, vogliamo che resti così."
"Ehm... perché?" domandò Tufo, che continuava a fissare la propria mano sulla pancia di Astrid.
"Perché sto combattendo una battaglia per cui è meglio che si sappia il più tardi possibile del bambino." rispose la giovane "Io e Hiccup ci amiamo, questo bambino è venuto per caso, ma la regola vorrebbe che ci sposassimo per forza, perché lui dovrebbe nascere all'interno del vincolo matrimoniale."
"Ma non vogliamo sposarci per forza." continuò il giovane, senza mollare la compagna "Vogliamo fare tutto con i nostri tempi, e per me mio figlio è mio figlio, legittimo in ogni caso. Non sarà un matrimonio a cambiare l'amore che provo per lui o per sua madre."
"Ma tuo padre si arrabbierà molto, quando lo verrà a sapere..." sussurrò Gambedipesce, tremando di paura.
"Non lo farà, se aspettiamo il momento giusto." spiegò Hiccup "Per adesso nessuno si è accorto di nulla, sappiamo che prima o poi si noterà, ma so che mio padre deve rispettare la memoria della madre di Astrid, quindi non potrà obbligarla a fare nulla che lei non voglia. Al massimo chi rischia sarò io, ma farò in modo che non succeda."
"Perché ce lo hai detto, allora, se non dovrebbe saperlo nessuno?" domandò ancora Gambedipesce, che si era allontanato e si era affiancato al suo drago.
"Perché io non posso più cavalcare i draghi." rispose Astrid, stringendosi al compagno "Ed è giusto che voi sappiate il motivo per cui non posso farlo."
"Esattamente." continuò il ragazzo, posando una mano sulla pancia di Astrid "Per questo, d'ora in poi dovremo abituarci ad essere uno in meno, almeno finché Astrid non sarà di nuovo in grado di volare. In ogni caso si sta avvicinando l'inverno, quindi per un po' non possiamo comunque volare a causa del freddo."
"Va bene. Ma se qualcuno al di fuori dell'Accademia dicesse qualcosa, che facciamo?" chiese di nuovo Gambedipesce, che sapeva bene di non essere in grado di mantenere a lungo qualunque segreto.
"Dragon Flight Club, Gambedipesce." rispose spicciamente il moro "Ora andiamo, abbiamo un sacco di lavoro. E qualcuno faccia rinvenire mio cugino, per piacere!"
Il ragazzo diede altri ordini, poi baciò con dolcezza la compagna e saltò su Sdentato, per dare inizio all'esercitazione.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18 ***


Altro tempo passò.
Hiccup e Astrid riuscirono, incredibilmente, a tenere nascosta la gravidanza anche se ormai era visibile, complice il fatto che Astrid aveva deciso di indossare casacche e abiti abbastanza larghi da non far vedere troppo i suoi sette mesi di gestazione.
Gothi la visitava spesso, spiegando sia a lei che a Hiccup molte cose che avrebbero dovuto sapere riguardo ciò che stava succedendo alle loro vite. La vecchia era paziente, e si stava dimostrando anche una persona fidata, in quanto non aveva detto nulla a nessuno, ben sapendo le volontà dei due ragazzi.
Intanto l'intero villaggio era stato coinvolto nei preparativi per il matrimonio di Testa Bruta e Moccicoso, e ognuno, a modo suo, faceva la sua parte.
Una mattina, Hiccup aveva deciso di sospendere gli allenamenti a causa del freddo intenso, per cui era a casa della ragazza, al caldo del focolare, che controllava, con lei, il contenuto di alcuni bauli che avevano trovato in soffitta.
Ne aveva appena aperto uno, tirandone fuori, poco per volta, il contenuto.
"Oh... guarda!" esclamò il giovane "Questo deve essere il corredo che tua madre aveva preparato per te! Fa proprio al caso nostro!"
"Hai ragione." ammise la bionda, prendendo tra le mani quella che sembrava una fasciatura per un neonato "È molto vecchia, questa roba, ma è ancora funzionale. Ed è bellissima! La mamma ha fatto proprio un lavoro stupendo!"
Hiccup sorrise, alzando lo sguardo sulla compagna, che aveva poggiato la fasciatura sulla pancia con aria sognante. Si alzò e la baciò, dolcemente, sedendosi accanto a lei e stringendola a sé.
"Mancano solo due mesi, è pochissimo, ormai." sussurrò, carezzandole la pancia.
"Mi stupisce che ancora nessuno se ne sia accorto... è così evidente..." sospirò Astrid, preoccupata "Mi aspetto le urla di tuo padre, da un momento all'altro... abbiamo davvero evaso un sacco di regole."
"Non preoccuparti, quello che rischia davvero, qui, sono io. Tu non rischi niente, perché lui si aspetta che tu non segui le regole, come faceva tua madre. Io, invece, dovrei essere il suo successore, e le regole le devo seguire, in teoria, ma unendomi a te non l'ho fatto." la rassicurò il giovane "Non ci pensare ora."
"Okay, ci provo." disse la ragazza "Però vorrei almeno che mio padre sapesse."
"Potremmo fare una gita a Outcast Island, se vuoi." propose il castano, baciandole la tempia "Dico a mio padre che vuoi rivedere Alvin prima di Snoggheldhon, non avrà nulla da obiettare, soprattutto se facciamo venire Gambedipesce con noi."
La ragazza annuì, carezzandosi la pancia, e Hiccup si alzò, mise via il baule e uscì per parlare con Stoick e Gambedipesce.
Mezz'ora dopo erano in volo verso Outcast Island. Astrid era seduta comoda sulla sella di Sdentato, tenuta salda da Hiccup e da alcune corde che la aiutavano a stare ferma in groppa al drago; accanto a loro, Gambedipesce volava in sella alla sua Muscolone, tremante.
"Hi... Hiccup..." balbettò il biondo, dopo un po' "Pe... pe... perché devo venire anche io all'Isola de... degli E... Esiliati?"
"Perché dopo quanto successo l'ultima volta, mio padre non ci avrebbe mai fatto andare da soli a trovare Alvin." rispose l'altro "Avrei chiesto a mio cugino, ma non volevo distrarlo dai preparativi del matrimonio."
"Ma... ma se quelli ci attaccano?" chiese ancora il giovane, intimorito.
"Non lo faranno." lo rassicurò Astrid "È stato firmato un trattato di pace, e mio padre non permetterebbe che ci facciano del male: sono sua figlia, e voi siete miei amici."
"Se lo dite voi..." borbottò Gambedipesce, stringendosi a Muscolone.
Dopo un paio d'ore, finalmente, arrivarono. I due draghi atterrarono di fronte alla casa del capo degli Esiliati, che uscì e andò loro incontro.
"Ragazzi, cosa ci fate qui?" domandò, mentre i tre giovani scendevano dalle loro cavalcature "Non è un po' freddo per andare in giro? Avrebbe potuto sorprenderci una tempesta."
"Gentile da parte tua preoccuparti per noi." lo salutò Hiccup "Ma già ci ha sorpreso l'ultima volta che siamo stati qui. Comunque Astrid voleva rivederti. Possiamo entrare in casa?"
Alvin si voltò verso la figlia, che gli sorrise, poi fece cenno ai giovani di entrare in casa. Hiccup prese delicatamente Astrid per i fianchi e la accompagnò dentro, mentre Gambedipesce li seguiva, guardandosi intorno, intimorito dalle brutte facce che lo circondavano.
"Sedetevi, ragazzi." li invitò l'uomo, indicando le panche attorno al tavolo.
La coppia non se lo fece ripetere e si sistemò, ma il corpulento biondo restò vicino alla porta, accanto alla sua Muscolone, che si era accucciata vicino a Sdentato.
"Ehm... i.. io..." balbettò "Io sto bene così..."
Alvin guardò gli altri due, e Hiccup fece spallucce. Il capo degli Esiliati, allora, indicò la panca e fissò il giovane, severo.
"Siediti, ragazzo." tuonò. Gambedipesce, spaventato dal tono di voce dell'altro, eseguì senza fiatare, sistemandosi tremante al tavolo, mentre i suoi due amici erano scoppiati a ridere.
"Stai tranquillo, Gambedipesce." lo rassicurò la bionda "Non ti farà nulla; c'è un trattato di pace tra le nostre tribù. Inoltre non penso che papà voglia provocare un dispiacere a sua figlia o a suo nipote."
"Hai ragione, ragazza mia.." ammise l'altro, andando a prendere dei boccali e una brocca di idromele, prima di rendersi conto delle parole della figlia, avvicinarsi di nuovo e guardarla, a bocca aperta "Come hai detto, Astrid?"
La giovane sorrise, scambiando uno sguardo con Hiccup, poi si alzò in piedi e si scoprì la pancia, rivelando la gravidanza.
Alvin la fissò, sorpreso, posò la roba che aveva in mano e, tremante, si avvicinò alla ragazza, poggiando il palmo sul pancione, che saltava visibilmente, poiché il bambino non stava fermo.
"Sacri Dei..." sussurrò "Da quanto tempo sei..."
"Sono rimasta incinta la notte successiva alla tua ultima visita." riferì Astrid, mentre il castano li raggiungeva e la prendeva per i fianchi. L'uomo spostò lo sguardo su di lui, che intuì la tacita domanda e anni i.
"Mio padre non lo sa ancora." disse il ragazzo "Siamo riusciti, miracolosamente, a tenerglielo nascosto fino adesso; ma quando lo saprà, sicuramente, ci saranno delle conseguenze non piacevoli, per me. Ma sono pronto a qualunque cosa: affronterei nuovamente la Morte Rossa, purché mio figlio sia al sicuro."
L'omone annuì, spostando la mano dalla pancia della figlia; la guardò e le sorrise, prima di abbassarsi e posarle un bacio sulla fronte.
"Hai trovato un brav'uomo, ragazza." disse, dando una pacca sulla spalla a Hiccup "Sarà sicuramente un padre migliore di quello che sono stato io. Tua madre sarebbe fiera di te."
"Grazie, papà." rispose Astrid, rimettendosi a posto la casacca, poi si voltò verso i due ragazzi "Forse è meglio se torniamo, è quasi sera, e non voglio viaggiare col buio."
"Hai ragione." ammise Hiccup, facendo un cenno a Gambedipesce, che si alzò e raggiunse Muscolone in un batter d'occhio "È meglio andare."
"Un momento, ragazzi." li fermò Alvin "Il viaggio di ritorno è lungo, e volare su un drago è scomodo, soprattutto per Astrid, nelle sue condizioni. Vi darò una nave abbastanza robusta per voi e i vostri draghi, con provviste e coperte. Ci metterete un po' di più, ma almeno non correrete troppi rischi."
I tre si guardarono, accettando il dono dell'uomo, e lo seguirono al porticciolo, dove Alvin diede alcuni ordini ai suoi uomini, che prepararono una nave, con provviste e tutto il necessario. I ragazzi assistettero ai preparativi, poi, poco prima di salire a bordo, Astrid abbracciò il padre.
"Grazie, papà." ringraziò "Vieni a trovarmi a Berk, quando vuoi. Tra un po' non potrò spostarmi molto."
"Lo farò di sicuro." promise l'altro "Voglio conoscere mio nipote. Ora vai, il tuo ragazzo e il tuo amico ti stanno aspettando."
La giovane sorrise e salì a bordo dell'imbarcazione e, quando fu tutto sistemato, salparono.
"Quanto ci vorrà per arrivare a casa?" domandò, dopo un po', Gambedipesce.
"Arriveremo stanotte, se tutto va bene. Non sono previste tempeste, per fortuna, quindi la traversata sarà veloce." riferì il moro, guardando l'orizzonte, prima di raggiungere Astrid, che si era seduta sotto la tettoia riparata vicino al timone, assieme ai draghi e stava coccolando uno dei tre Terribili Terrori che i giovani si erano portati dietro, da mandare in caso di comunicazioni urgenti con Berk.
"Stai bene?" domandò, premuroso, mettendole addosso una delle coperte offerte da Alvin.
"Sì. È solo che il bambino è un po' agitato..." rispose la ragazza "Probabilmente avrebbe preferito fare il viaggio di ritorno in groppa a Sdentato."
Hiccup sorrise e la baciò, carezzandole la pancia, poi andò ad aggiustare il timone, mentre Gambedipesce controllava l'orizzonte.
Un'altra mezz'ora passò, apparentemente tranquilla, finché ad un certo punto Astrid fece un lamento, tenendosi il pancione.
"Hiccup, c'è qualcosa che non va..." si lamentò "Credo mi si siano rotte le acque..."

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19 ***


Hiccup si avvicinò alla compagna, cauto, dopo aver bloccato il timone, mentre Gambedipesce fissava un po' l'uno e un po' l'altra, tremante, stringendosi a Muscolone.
Il giovane si abbassò, tastando la pancia alla ragazza, poi la guardò.
"È agitato..." disse "Dobbiamo farlo nascere, se ti si sono rotte le acque non c'è tempo da perdere."
Astrid annui, fissandolo con aria spaventata, mentre lui prese un foglio, scrivendoci qualcosa, e lo legò alla zampa di uno dei Terribili Terrori che si erano portati dietro.
"Avverto Moccicoso di far chiamare Gothi." riferì, liberando il draghetto "Gambedipesce, ho bisogno che tu stia al timone. Mantieni la rotta, e non ti preoccupare di altro."
"M... ma, Hiccup, io non..." balbettò il ragazzo, che tremava ancora come una foglia.
"Andrà tutto bene." lo rassicurò l'altro "Non avere paura. Se fai quello che ti ho detto non correremo rischi."
"Va... va bene..." rispose il biondo, correndo al timone, mentre il suo drago si andava a sedere accanto ad Astrid, fornendole, assieme a Sdentato, un buon riparo dal freddo.
Hiccup aspettò un po', quindi prese alcune coperte e vi avvolse la ragazza, preparandola al travaglio. Quando ebbe fatto, le fece una carezza e si posizionò di fronte a lei, controllandola.
"Dannazione!" imprecò, alzando di nuovo gli occhi verso la compagna "Astrid, non è possibile! Vedo già la testa!"
"Pro... probabilmente..." sussurrò la giovane "probabilmente la dilatazione era già massima da un po'..."
"Ma come hai fatto a non accorgertene?" insistette il ragazzo "Avresti dovuto avere le contrazioni!"
"Non lo so..." si lamentò lei, prima di guardarlo terrorizzata "Hiccup... mia madre... lei... lei è andata via quando sono nata... se... se succedesse, mi prometti che..."
"Non succederà!" la interruppe il giovane "Ora spingi!"
Astrid eseguì, lamentandosi e chinandosi in avanti, ma poi tornò a fissare Hiccup.
"Hiccup, ti prego..." pianse "Promettimi che ti occuperai di lui... che non lo abbandonerai..."
Il ragazzo sospirò, si sporse verso di lei e la baciò, guardandola negli occhi.
"Lo prometto." rispose "Ma so che non succederà. Vedremo crescere entrambi nostro figlio. Ora stai calma, e spingi di nuovo!"
Astrid annuì, eseguendo ciò che gli veniva detto.
Nel frattempo, a Berk, Moccicoso e Testa Bruta erano in giro per le vie del borgo, accompagnati dal fratello di lei.
Camminavano lentamente, chiacchierando tra loro e discutendo su alcune questioni riguardanti il matrimonio ormai quasi alle porte. Arrivati in piazza, trovarono alcuni compaesani che, diretti da Stoick, stavano facendo gli ultimi preparativi per lo Snoggheldhon, che si sarebbe celebrato il giorno successivo.
Si fermarono vicino al capotribù, guardandosi intorno. L'uomo si voltò verso di loro e sorrise.
"Oh, buonasera, fidanzatini!" li salutò, allegro "Abbiamo quasi finito i preparativi. Appena Hiccup e gli altri tornano, cominciamo la festa."
"Non dovrebbero essere già tornati?" domandò Bruta, guardando il cielo e aspettandosi di vedere arrivare i due draghi da un momento all'altro.
"Magari Alvin li ha trattenuti un po', per parlare con la figlia." giustificò Stoick.
"O magari si sono messi nei guai." suggerì Moccicoso "Cosa che non mi sorp..." non riuscì a terminare la frase, perché venne buttato a terra da un Terribile Terrore arrivato a velocità folle, ed ora era appollaiato sul suo petto e lo fissava, cantando felicemente.
"Ma perché la posta aerea deve sempre mettermi al tappeto?" borbottò il moro, afferrando il piccolo rettile e srotolando il messaggio dalla sua zampa e leggendolo "Ah... è Hiccup... dice che... dice che hanno avuto un contrattempo e arriveranno in ritardo, con una nave degli Esiliati."
"Che tipo di contrattempo?" domandò l'uomo, preoccupato.
Moccicoso esitò, guardando gli altri due, e cercò di nascondere il foglio con il messaggio.
"Ehm... non... non lo ha detto." balbettò, evitando di guardare il capo negli occhi, ma l'altro non ne fu convinto e gli prese il messaggio dalle mani e lo aprì.
Lesse le parole scritte dal figlio, con calma. Man mano che procedeva, la sua espressione cambiò: da preoccupato, divenne verde di rabbia.
"Travaglio?!" ruggì "Come sarebbe a dire?! Quello scellerato di mio figlio ha messo incinta Astrid, andando contro tutte le nostre regole! Oh, ma ora mi sente! Giuro che la punizione sarà esemplare!"
Detto questo, marciò verso il porto. I tre ragazzi lo seguirono, preoccupati: sapevano che sarebbe successo, prima o poi, ma in fondo non volevano che i loro amici passassero dei guai, per quanto se la fossero cercata.
Arrivati al molo, la barca che Alvin aveva prestato ai tre era ormai vicina. Moccicoso fissò il natante, poi decise e mandò Testa di Tufo a chiamare Gothi.
Quando la barca fu quasi attraccata, il ragazzo e la vecchia erano già lì. La druida salì sulla nave, scambiò uno sguardo con Hiccup, che stava scendendo, e andò ad occuparsi di Astrid.
Il castano scese e si fermò sul molo, stringendo un piccolo involto di coperte tra le braccia. Stoick si avvicinò e si piantò di fronte al figlio, arrabbiato.
"Ragazzo! Tu mi hai profondamente deluso!" ruggì "Hai idea di quante e quali rego..."
Le parole gli morirono in gola, quando Hiccup spostò un lembo della coperta, rivelandone il contenuto: una minuscola neonata sporca e tremante.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** 20 ***


"Papà, so quello che ho fatto, e sono pronto ad affrontare qualsiasi punizione tu voglia riservarmi." disse Hiccup, con voce calma "Ma prima vorrei che tu conoscessi Valka Astrid, mia figlia, tua nipote."
La piccola, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi, li aprì, rivelando di averli di un verde brillante, come quelli del padre.
"Sacri Dei..." sussurrò Stoick, intenerito "Guarda, figliolo... ha i tuoi occhi!"
Hiccup annuì, sorridendo, facendo un cenno a Moccicoso, che si avvicinò.
"Porti Astrid a casa, per piacere?" domandò "Io e la bambina arriviamo subito." il ragazzo eseguì, prese Astrid in braccio e, seguito da Gothi, andò verso la capanna della ragazza. Hiccup li guardò, poi tornò a rivolgersi al padre "Vorrei che le insegnassi tutto quello che sai, papà. Quando sarà il momento sarà lei a prendere il mio posto a capo del villaggio."
"CHE COSA?!" tuonò l'uomo, arrabbiato "No! Non se ne parla! Una donna non può avere certe cariche! La legge..."
Ma venne interrotto dalla piccola, che scoppiò improvvisamente a piangere. Hiccup la cullò, cercando di farla calmare.
"Tranquilla, tesoro, è tutto a posto." sussurrò il giovane, poi guardò nuovamente il padre "Papà, te l'ho detto come la penso io su certe cose. E lo sai che certe regole mi stanno strette, per questo, quando diventerò io il capo abolirò questa regola sulla successione, che tu lo voglia o no. E per questo voglio che insegni a lei tutte le tue conoscenze, come hai fatto con me."
Stoick abbassò di nuovo lo sguardo sulla bambina. Era davvero minuscola, come lo era stato Hiccup al suo tempo, ed ora si lamentava, stringendo la casacca del ragazzo con una delle sue esili manine.
Il giovane sorrise nuovamente, posando un bacio sulla fronte della neonata, poi si incamminò verso la casa di Astrid, seguito da suo padre.
"Quando è successo?" domandò, serio ma calmo il capo di Berk, dopo un po' "Quando l'avete concepita?"
"Quando mi sono fratturato la caviglia, sette mesi fa." rispose il ragazzo "È nata prematura di due mesi."
"Come te, figliolo." ammise l'omone "Esattamente come te."
Hiccup annuì ed entrò in casa, andando diretto alla camera della compagna. Gothi aveva appena finito di visitarla, quindi si avvicinò a lui e prese la piccola, per poter controllare anche lei. Il giovane, quindi, si sedette sul letto e guardò Astrid, distesa sotto le coperte, con gli occhi chiusi. La bionda lo sentì e li riaprì, sorridendogli.
"Come sta la nostra bambina?" sussurrò, con voce stanca.
"Sta bene." la rassicurò il ragazzo "Gothi la sta controllando e la sta lavando, tra poco tornerà qui, così potrai allattarla."
Astrid annuì, e dopo poco la vecchia si avvicinò, porgendole la piccola creaturina, ora pulita e avvolta nei vestitini creati dalla nonna, molto vecchi ma ancora morbidi e caldi. La giovane la prese e la strinse, lasciandola attaccare al seno e facendole qualche coccola.
"È così piccola..." sussurrò "Ho paura che possa non superare l'inverno."
"Aveva detto lo stesso mia moglie, quando è nato Hiccup." ammise Stoick, avvicinandosi alle spalle del giovane, che continuava a osservare la figlia neonata "Ma credo che vostra figlia sia fatta della sua stessa pasta: diventerà una donna forte, sicuro!"
"Spero che la mamma sia felice per noi..." sospirò il giovane, afferrando uno dei pugnetti che Valka stava agitando felicemente in aria mentre mangiava, e carezzandolo con delicatezza.
"Sai, figliolo, penso che lei abbia sempre saputo che un giorno voi vi sareste innamorati." disse l'uomo, poggiando una mano sulla spalla del figlio "Sai, quando è morta Astrid, anche se la bambina era stata affidata al fratello, è stata lei ad allattarla. Tu avevi appena tre mesi, e Val aveva abbastanza latte per entrambi... tu eri più piccolo del normale, nonostante fossi tre mesi più grande non superavi di molto Astrid, in dimensioni, ma eri sempre incantato a guardarla, e Valka ogni volta diceva 'sei già innamorato di lei? Allora da grandi sarete inseparabili!'"
Astrid sorrise, alzando finalmente gli occhi e incrociando quelli del compagno, poi alzò la mano e la posò sulla sua guancia, con dolcezza; Hiccup posò la sua su quella di lei, senza abbassare lo sguardo.
"Credo che anche mamma sarebbe d'accordo." ammise la bionda "Sul suo diario, nelle ultime pagine, parla anche del piccolo Hiccup: dice che, nonostante fosse all'apparenza debole, a suo parere sarebbe diventato il vichingo più valoroso di Berk."
"Io non ho nulla di speciale..." si lamentò il giovane "Sono solo un fabbro, e neanche dei migliori."
"Non è vero, Hiccup." lo corresse la ragazza, tornando a guardare la piccola, che si era saziata e si stava guardando intorno con aria assonnata "Una creatura speciale come la nostra Valka può solo essere figlia di un uomo speciale come te."
Hiccup arrossì, tornando a guardare la creaturina, che incrociò il suo sguardo, e, incantata, non lo mollò più, allungando un pugnetto verso di lui e facendo un verso che sembrava innamorato. Il ragazzo si sporse e le baciò la fronte, mentre Stoick gli diede un'altra pacca sulla spalla.
"Ora riposate." consigliò "Domani è Snoggheldhon, per cui possiamo approfittarne per presentare mia nipote alla tribù. E tu, figliolo, non credere che questo ti salvi dalla punizione! Sappi che ti aspetta qualcosa che non dimenticherai tanto facilmente!" ma in quel momento, Valka, che era ancora incantata a fissare il padre,spostò il suo sguardo sul nonno e, come se avesse capito le sue parole, scoppiò a piangere. Stoick sospirò e alzò gli occhi al cielo "E va bene... niente punizione. Ma tu guarda se doveva capitarmi una nipote che mostra lo stesso caratterino dei genitori già a poche ore di vita..."
Borbottando, quindi, se ne andò, mentre i due genitori si guardarono divertiti, dopo aver calmato la neonata.
"Mio padre ha ragione. Dovete riposare." ammise Hiccup, alzandosi dal letto e rimboccando le coperte alla compagna "Domani, poi, penseremo a tutto il resto."
La giovane annuì, mettendo la piccola accanto a sé, al caldo, mentre il ragazzo faceva loro una carezza e riservava loro un ultimo bacio, prima che si addormentassero entrambe.
Le guardò a lungo, sorridendo. Quelle erano le donne della sua vita, il suo presente e il suo futuro, e le avrebbe protette in ogni modo possibile.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** 21 ***


Il mattino seguente, quando Astrid si svegliò era presto.
Hiccup dormiva ancora, occupando solo un angolino del grande letto della ragazza, lasciando il resto a lei e alla bambina che, incredibilmente, aveva dormito tutta la notte, senza svegliarli. La ragazza le fece una leggera carezza, sorridendo; per mesi aveva aspettato quel momento, ed ora non le sembrava vero di poterla guardare e tenere in braccio. Ed era più bella di quanto potesse immaginare, il mix perfetto di lei e Hiccup.
La piccola aprì gli occhi, guardandola e agitando i pugnetti e le gambine con aria frlice, quando la riconobbe.
"Buongiorno, tesoro mio." sussurrò, prendendola su "Hai fame?" Valka fece un verso affamato e la guardò, in attesa, mentre Astrid la esaminava bene "Va bene, adesso ti do da mangiare, ma prima devo cambiati, non puoi andare in giro tutta sporca, oggi è un giorno importante."
La prese meglio e fece per tirarsi su, ma una fitta al basso ventre la fermò, facendole quasi mancare il respiro.
"Oh, cavolo... che male.." si lamentò, portandosi una mano alla pancia, mentre con l'altra stringeva la bambina "Lo aveva detto Gothi... poteva far ancora un po' male, dopo il parto..." sospirò e tornò a guardare Valka, che si era aggrappata alla sua camicia da notte e la fissava in attesa "Dovremo svegliare papà... d'altronde deve collaborare, se voglio che siamo pari grado."
Si girò verso Hiccup e lo scosse leggermente, finché lui non aprì gli occhi.
"Hiccup..." sussurrò la giovane "Valka deve essere cambiata. Mi dai una mano? È ancora un po' faticoso, per me, muovermi."
"Subito, milady." rispose il giovane, tirandosi su e allacciandosi la protesi in fretta, prima di raggiungerla e prendere la bambina "La principessa la cambia papà, così mamma può vestirsi con calma, prima di colazione."
Valka fece un verso allegro e si lasciò cambiare dal padre, che le parlò tutto il tempo. Astrid li osservò, sorridendo: era incredibile come si fosse immedesimato nella parte, in poche ore.
"Sacri Dei, ma quanta ne hai fatta?!" esclamò, scherzoso Hiccup, rivolto alla figlia, mentre la cambiava "Questa non è pupù di bambina! È pupù di yak!"
Valka rise divertita, e Astrid si avvicinò ai due, camminando lenta, dopo essersi vestita. Il ragazzo la guardò, preoccupato.
"Come ti senti?" domandò "Sei un po' pallida, se vuoi dico a mio padre di rimandare la presentazione di Val."
"Sto bene, Hiccup." lo rassicurò "Devo solo riabituarmi. Gothi ha detto che è normale..."
"Sicura?" chiese ancora il giovane, passandole la piccola, ora pulita e profumata.
"Sì, tranquillo." disse ancora lei, andando in cucina e sistemandosi sul divanetto per allattare la figlia "Però ho un po' fame. Che dici di preparare la colazione?"
"Subito, milady!" esclamò il castano, posandole un leggero bacio sulle labbra, prima di mettersi ai fornelli.
Mentre erano intenti nei loro compiti, bussarono alla porta. Hiccup andò ad aprire, trovandosi di fronte al padre, che teneva nelle braccia una culla in legno massiccio, con intagli e decorazioni a intarsio.
"Buongiorno figliolo, posso entrare?" domandò, salutando. Il ragazzo gli lasciò libero il passaggio e lui entrò, poggiando la culla al centro della cucina "Era la tua vecchia culla, Hiccup. Ho pensato che vi potesse tornare utile."
"Ma... Capo Stoick, non c'era bisogno!" esclamò Astrid, osservando il dono dalla sua postazione.
"Oh, sì che c'era bisogno!" replicò l'uomo, serio "Avete entrambe bisogno di riposare bene, quindi ognuna avrà il suo letto. Inoltre questa culla era da un sacco di tempo in magazzino a prendere polvere, è ora che qualcuno la usi! E chi, meglio di mia nipote, ha più diritto di usarla?"
"Papà... grazie... non ho parole..." lo ringraziò Hiccup, osservando le decorazioni del lettino "È davvero il miglior dono che potessi farci."
"Voi me ne avete fatto uno più bello, figliolo." rispose Stoick, indicando la piccola "Anche se comunque avete aggirato un po' troppe regole per i miei gusti. Davvero, dovrei punirvi entrambi."
"Shhh..." lo zittì Astrid "Lo sai che a Val non piace sentire certe cose."
L'omone alzò gli occhi al cielo, ma poi tornò serio, prese una delle sedie dal tavolo e si accomodò di fronte a Astrid.
"Ragazzi, dico sul serio." disse "Dovreste seriamente pensare di sposarvi... anzi, avreste già dovuto farlo mesi fa, quando Val era in cantiere. Non potete avere una figlia illegittima."
Hiccup sospirò, scambiando uno sguardo con la compagna, poi si sedette accanto a lei e si rivolse al padre.
"Papà, altrettanto seriamente, rispondimi con sincerità: se io fossi stato illegittimo mi avresti voluto meno bene?" domandò.
"Certo che no, ma..." balbettò l'altro.
"Appunto, papà." lo interruppe il giovane "A me non importa se Val è nata fuori dal matrimonio, io le voglio bene in ogni caso, perché è mia figlia, e nessun anello, nessun contratto potrà cambiare la cosa. E allo stesso modo amo Astrid, lei è la mia compagna, ed è la madre di mia figlia. Mi importa solo questo, nulla di più."
"Ci sposeremo, te lo prometto." concluse Astrid, afferrando dolcemente la mano del compagno "Ma lo faremo con i nostri tempi; ora vogliamo solo goderci la nostra bambina."
Stoick sospirò, alzandosi di nuovo in piedi, e annuì.
"Va bene." si arrese l'uomo "Come volete voi. Comunque stasera vi aspetto alla festa, sempre se Astrid se la sente; suppongo che tu non sia ancora in perfetta forma."
"No, ma non voglio mancare alla presentazione di mia figlia al villaggio." lo rassicurò lei "E non voglio neanche rimandare."
Il capo di Berk annuì, fece una carezza alla nipote e usci dalla casa.
Alla sera l'intero villaggio si raccolse nella Sala Grande.
Hiccup aveva accompagnato Astrid e la figlia prima che arrivassero tutti, in modo che la compagna potesse sistemarsi comoda vicino al focolare per potersi occupare della bambina.
In molti si avvicinarono per vedere la piccola, e altrettanti si congratularono con i genitori e il nonno, lodando la bellezza della neonata. Intorno alla coppia, dopo un po', si raccolsero anche i ragazzi dell'Accademia, ma quella che si incantò, principalmente, a guardare la nuova mascotte, fu Testa Bruta, che fece anche un sacco di domande alla neomamma, poiché voleva sapere tutto sulla maternità, essendo in procinto di sposarsi e, quindi, era logico che subito dopo sarebbe diventata madre anche lei.
Astrid rispose a tutte le domande, calma, continuando a cullare Valka, che si guardava attorno con aria curiosa, finché Stoick non fece un colpo di tosse, attirando l'attenzione su di sé: la cerimonia di presentazione alla tribù stava per cominciare. Hiccup prese delicatamente la figlia, avvicinandosi all'uomo, che gli sorrise, posandogli paternamente una mano sulla spalla.
L'intera tribù fece silenzio, raccogliendosi attorno al loro capo e a suo figlio, poi Stoick prese una ciotola di un unguento rituale dalle mani di Gothi e si voltò verso la bambina.
"So che era una cosa inaspettata." esordì, intingendo un dito nella ciotola "Ma sono lieto di dare il benvenuto nella tribù degli Hooligans a questo nuovo membro, la nuova generazione del clan Haddock!"
Hiccup si avvicinò ancora, fece un respiro profondo e si guardò intorno, scandendo bene le parole di quell'antico rituale, ma aggiungendoci anche del suo.
"Io, Hiccup Horrendous Haddock III, padre di questa creatura, insieme a Astrid Hofferson, sua madre e mia pari, assegno a mia figlia il nome di Valka Astrid Hofferson Haddock, dandole ufficiale benvenuto nella nostra tribù, alla presenza dell'intero villaggio quale testimone!" disse, a voce alta.
Stoick sorrise e si abbassò sulla piccola, disegnando una piccola runa benaugurale sulla fronte della bambina.
"Benvenuta tra noi, piccola Valka." disse "Che gli Dei possano guidare il tuo cammino e possano saggiamente consigliati nelle tue future scelte."
Ci fu un minuto di rispettoso silenzio, rotto solo dai versi curiosi della bambina, poi Stoick alzò la mano, solenne.
"Signori!" esclamò "Vi presento Valka, l'erede di mio figlio!"
Ci fu un grande applauso, seguito da esclamazioni e cori benaugurali, poi, lentamente, la festa riprese nel suo normale corso.
Hiccup andò a sedersi accanto alla compagna, che fece subito una coccola alla figlia, poggiando la testa sulla spalla del ragazzo. Si sorrisero, sereni, poi lui la baciò.
Era Snoggheldhon, e quella giovane donna gli aveva fatto il dono più bello che potesse mai desiderare: l'amore di una famiglia sua.
Ora bisognava continuare la strada. E la prossima tappa era vicina: il matrimonio di Moccicoso e Testa Bruta.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** 22 ***


L'inverno passò e arrivò la primavera, e con essa si avvicinò anche il momento del matrimonio tra Moccicoso e Testa Bruta.
I preparativi giungevano al termine, mancava poco ormai, e il ragazzo cominciava ad essere nervoso: per lui stava per iniziare una nuova vita, una vita fatta di responsabilità, di condivisione. Per lui stava per cominciare seriamente la vita di coppia, con tutto ciò che ne conseguiva.
Il giovane era felice, ma non poteva fare a meno di farsi mille domande, di chiedersi se sarebbe andato tutto bene o, dopo un po' Bruta avrebbe chiesto il divorzio. Per questo, la settimana prima del grande giorno, vagava senza meta per le vie di Berk, con la testa bassa e lo sguardo vagante.
Nel suo vagare si trovò a passare davanti a casa di Astrid, e dovette fermarsi perché la piccola Valka, ormai di cinque mesi, cercando di rincorrere Sdentato, gattonando, si era fermata di fronte a lui, e lo aveva guardato incuriosita. Hiccup le fu subìto accanto, e la prese su.
"Tesoro, attenta!" la rimproverò "Se Moccicoso non ti vedeva poteva rischiare di farti male!"
La bambina fece un verso di scuse e indicò il moro, così che il padre si voltò verso il cugino, notando la sua espressione.
"Ehi, Moccicoso, stai bene?" domandò, posandogli una mano sulla spalla.
"Sì... insomma... non so..." balbettò l'altro, facendo spallucce.
"Qualcosa non va con Testa Bruta?" chiese ancora il ragazzo, trascinandolo verso casa, dove Astrid si era affacciata per chiamarli, poiché era l'ora del pranzo per Valka.
"Non è che... ha a che fare col matrimonio, in realtà..." cercò di spiegare l'altro giovane guardandoli. Hiccup passò la piccola alla compagna, non prima di riservare un bacio a entrambe. Moccicoso sospirò e riprese a guardare "Però voi è come se foste sposati, anche se vi ostinate a non voler regolarizzare la condizione, quindi... magari potreste aiutarmi."
"Dicci tutto, cugino." lo incoraggiò il castano, facendolo accomodare al tavolo, mentre Astrid si sistemava sul divanetto con la piccola, per allattarla.
"Ecco, io..." balbettò il ragazzo, cercando di riordinare le idee, infine prese fiato e parlò, senza quasi respirare "Nonhoideadicosadevofarelaprimanottedinozze!"
"Oh, beh... in che senso?" domandò Hiccup, imbarazzato, lanciando uno sguardo alla compagna.
"Ehm... sì... ecco..." continuò l'altro, torcendosi le mani "So che si deve fare... quello... il problema è che... che... cheiononl'homaifatto..."
"Moccicoso, c'è una prima volta per tutto." lo rassicurò il cugino "Devi solo rilassarti, andrà tutto bene."
"Sì, ma... e se non fosse così?" obiettò il giovane "Se combinassi un disastro? Lei potrebbe chiedere il divorzio per questo... io morirei se succedesse."
"Stai tranquillo." intervenne Astrid, senza togliere gli occhi dalla figlia "Ricorda solo che siete in due, e che devi pensare a entrambi. Non avere fretta, prolungati con i preliminari, esplorate i vostri corpi e parlate."
"I preliminari?" domandò Moccicoso, interessato.
"Ciò che viene prima dell'atto vero e proprio." spiegò Hiccup "Serve a preparare entrambi a ciò che viene dopo, a creare quell'atmosfera di complicità che serve durante il sesso."
"E v... voi li fate?" chiese ancora il moro. Hiccup e Astrid si scambiarono uno sguardo leggermente imbarazzato, prima di rispondere.
"Ehm... da quando c'è Val, i nostri momenti di intimità si sono un po' ridotti." confessò Hiccup.
"Ma ogni volta non tralasciamo nulla, dai lunghi preliminari alle coccole dopo." completò la bionda, finendo di allattare la piccola e passandola al compagno per farle fare il ruttino.
"Le c... co... co... coccole dopo?" balbettò Moccicoso, rendendosi conto di quanto lacunosa fosse la sua educazione in tal senso.
"È un momento di relax dopo il sesso. serve a rafforzare il legame della coppia." spiegò il castano.
"E, occasionalmente, può diventare i preliminari per una seconda sessione consecutiva." concluse Astrid, stampando un bacio sulle labbra del compagno.
"Astrid!" la rimproverò lui, scherzosamente "Non puoi sbandierare ai quattro venti la nostra vita sessuale!"
"Uhm... quindi..." intervenne il moro "Preliminari lunghi e coccole successive..."
"Esatto." disse Astrid "E ricorda sempre che siete in due, non pensare solo a te, anche durante il... momento importante."
Moccicoso annuì e si alzò in piedi.
"Va bene. Grazie mille, cugini." li ringraziò, andando alla porta, risollevato.
Quando fu fuori, la coppia si guardò, sospirando.
"Moccicoso era proprio giù..." ammise il ragazzo.
"Non sapere da dove cominciare non è bello..." commentò la giovane.
"Beh, a noi non è che ci abbiano mai spiegato nulla..." continuò Hiccup, sorridendo alla figlia, che aveva appena fatto il ruttino.
"Noi queste cose un po' le abbiamo imparate sul campo, un po' le abbiamo fatte per istinto." disse la bionda, facendo una carezza alla piccola, che si stringeva al padre con aria coccolosa.
"Effettivamente hai ragione... ma le rifarei mille volte." ammise il ragazzo, coccolano la figlia, che non lo mollava.
Astrid sorrise, sedendosi accanto a lui e baciandolo dolcemente.
"Se un anno fa non fossimo andati a trovare mio padre, non saremmo mai arrivati qui." commentò.
"Se tu non avessi deciso di riprendere la lotta di tua madre, non sarebbe mai successo." la corresse lui, facendole una carezza.
"Non ho mai smesso di lottare, Hiccup." confessò la giovane "Solo che lo faccio in un altro modo, usando la mia influenza come tua compagna, e approfittando del fatto che Valka sarà in ogni caso il futuro capo villaggio, anche se prima o poi avremo altri figli."
"Ecco cosa amo di te." disse Hiccup "Non ti arrendi mai per qualcosa in cui credi. Ed è per questo che ti appoggio sempre."
"Ed io che pensavo che lo facessi perché avevi paura delle mie botte..." scherzò la bionda, tirandogli un pugno sul braccio, imitata dalla bambina, che rise, tirando dei piccoli pugni sul petto del padre.
Hiccup fermò le mani della bambina, con delicatezza, e gliele baciò, sospirando.
"Non so perché, ma con due donne in casa mi sento in minoranza..." si lamentò.
"Oh... chissà, magari prima o poi potrebbe esserci un altro maschio... o un'altra femmina..." rispose Astrid, vaga "nel secondo caso saresti in guai seri, mio caro marito."
"Oh, beh... però potrebbe passare un sacco di tempo." commentò il ragazzo, prendendola per i fianchi.
"Non così tanto." lo corresse lei "Se va bene, sette o otto mesi, forse anche meno, se succede come Val."
Hiccup la fissò, stupito. Non si aspettava quella notizia.
"Astrid, sei... siamo..." balbettò.
"Proprio così. E questa volta non ho alcuna intenzione di tenerlo nascosto: lo dirò a tutti alla festa del matrimonio di tuo cugino." concluse "Cosa che credo farà rallegrare maggiormente gli animi."
"E farà venire un altro colpo a mio padre: lo sai che sta spingendo perche anche noi ci sposiamo." disse Hiccup, sospirando.
"Ma noi siamo già sposati." lo corresse Astrid, mettendo la sua mano sinistra su quella del compagno "Non lo abbiamo fatto nel modo vichingo, ma concependo la nostra bambina."
Il ragazzo abbassò gli occhi sulle mani giunte. Sull'anulare della ragazza spiccava un anello, costruito da lui pochi giorni prima, quando era stato delegato dal cugino per la costruzione delle fedi nuziali. Ne aveva approfittato e aveva deciso di costruire quell'anello da regalare alla compagna: in oro e argento, con un motivo bicolore intrecciato e due piccole gemme, un acquamarina e uno smeraldo, incastonate nella trama metallica.
Glielo aveva regalato il giorno del loro primo anniversario, il giorno in cui avevano concepito quella bellissima creatura che ora teneva in braccio. E quello, agli occhi di tutti, rappresentava la loro unione, il fatto che ormai tutti dovevano considerarli sposati a tutti gli effetti.
Le prese meglio la mano e se la portò alle labbra, posando un bacio sulle dita della ragazza, delicato. Quella giovane donna era sua moglie, e nulla lo avrebbe fatto allontanare da lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** 23 ***


Una settimana passò e, finalmente, arrivò il gran giorno di Moccicoso e Bruta. Hiccup e Astrid vennero scelti nel seguito dei due sposi, quindi si alzarono presto per seguire tutti i preparativi.
Hiccup si presentò a casa di Moccicoso che già buona parte dei riti che anticipavano la cerimonia vera e propria erano stati fatti, e il moro stava per iniziare a indossare gli abiti cerimoniali.
Lo sposo era nervoso, e tremava come una foglia mentre Stoick e Stizzabifolco gli continuavano a dare suggerimenti sulla vita matrimoniale che, per lui, stava per cominciare e, quando il cugino fece il suo ingresso nella sua casa, quasi gli saltò al collo, in lacrime, felice di vedere qualcuno che, di sicuro, quel giorno non lo avrebbe ulteriormente agitato, anzi, forse avrebbe addirittura tentato di calmarlo.
"Hiccup! Grazie agli Dei sei arrivato!" esclamò, tenendo le mani sulle spalle dell'amico "Ti prego, aiutami! Sto impazzendo! Tuo padre e mio padre mi stanno riempiendo la testa di roba... e capisco meno della metà di quello che dicono!"
"Beh, fa parte della tradizione che gli uomini del seguito dello sposo lo istruiscano sulla futura vita matrimoniale..." tentò di spiegare Stoick.
"Sì, ma... c'è troppa roba da sapere!" si lamentò ancora Moccicoso, quindi si rivolse nuovamente a Hiccup "Avevi ragione tu: seguire troppo le tradizioni è una gran fregatura!"
Il giovane sospirò, alzando gli occhi al cielo, poi si voltò verso il padre e lo zio, serio.
"Okay, ora lo aiuto io a vestirsi, voi restate fuori, per piacere." disse, portando il moro verso la sua stanza.
"Ma la tradizione dice che..." obiettò Stizzabifolco, ma il figlio lo interruppe.
"Che la tradizione se la ficchi Loki dove dico io!" sbottò, stringendo i pugni "D'ora in poi si fa a modo mio, cioè a modo di Hiccup!"
Stoick balbettò ancora qualcosa, e Hiccup si rivolse nuovamente a lui.
"Papà, rassegnati." disse "Io e Astrid abbiamo iniziato la rivoluzione, ed ora non la puoi più fermare."
Infine i due giovani si chiusero in camera, per permettere allo sposo di finire di vestirsi.
"Non pensavo che sposarsi seguendo tutte le regole fosse così stressante..." si lamentò il moro, allacciandosi la camicia, mentre Hiccup gli preparava il mantello.
"Ecco perché io e Astrid non abbiamo voluto farlo in questo modo." confessò l'altro "A parte il fatto che certe tradizioni sono assurde, trovo che riempire la testa degli sposi con così tante nozioni in poco tempo sia stressante."
"Hiccup... cosa devo sapere, oltre a quello che mi hai detto la scorsa settimana?" piagnucolò Moccicoso "Tu sicuramente ne sai un po' più di me..."
"Oh, beh... posso solo consigliati di non trattarla come una proprietà, ma come una persona." consigliò Hiccup, riordinando le idee.
"Testa Bruta è la mia principessa. Non potrei mai trattarla come una mia proprietà." ammise il giovane, infilandosi gli stivali.
"Altra cosa: quando resterà incinta aiutala in casa." continuò il castano "Come facevo con Astrid. E aiutala anche dopo: ti sembrerà strano, ma un bambino ti succhia via un sacco di energie, e scaricare tutta la responsabilità sulla donna è, a mio parere, da vigliacchi."
"Io non sono un vigliacco... non voglio esserlo." piagnucolò Moccicoso.
"Bravo, sei già sulla buona strada, cugino." si congratulò l'altro "E ultima cosa: parlate molto. Serve a confrontarsi, a risolvere le divergenze. Si può anche litigare, ma solo se si parla si risolve."
"Tu e Astrid non litigate mai, però." osservò il moro.
"Oh, sì che lo facciamo!" ammise Hiccup, sorridendo e aiutando il cugino a indossare il mantello "Solo che non urliamo, né ci meniamo come la maggior parte delle coppie di Berk, quindi la cosa non viene sbandierata ai quattro venti."
"O... okay..." balbettò Moccicoso, ancora un po' insicuro "C'è altro che devo sapere?"
"No, è tutto." concluse Hiccup, dando una pacca sulla spalla dell'amico.
"Bene, allora possiamo andare... spero che Bruta abbia avuto un consigliere bravo quanto te..." affermò, facendo un respiro profondo.
"Astrid è nel suo seguito." disse il ragazzo "Di sicuro avrà dato anche a lei gli stessi consigli che ho dato a te."
Il moro annuì e, insieme all'altro uscì dalla stanza, raggiungendo i rispettivi padre, che aspettavano fuori con aria impaziente, scocciati del fatto di essere stati tagliati fuori da quella parte della preparazione alla cerimonia nuziale.
Stoick borbottò qualcosa, poi tutti insieme uscirono e si diressero alla Sala Grande, dove si sarebbe tenuto il rito.
Hiccup andò a sistemarsi al suo posto, in prima fila, in attesa dell'arrivo del corteo della sposa e, quando arrivò, Astrid lo raggiunse, mettendogli Valka in braccio, e la cerimonia poté, finalmente, cominciare.
I due sposi erano emozionati e nervosi, ma tutto procedette senza intoppi e, alla fine, si diede il via al banchetto.
Si mangiò in abbondanza, e non furono pochi neanche i canti e i balli e, ad un certo punto, quando tutti erano concentrati sull'ennesima portata di cibo, Hiccup si alzò in piedi, tenendo tra le mani il suo boccale di idromele, e attirò l'attenzione su di sé con un colpo di tosse.
"Vorrei fare un ulteriore brindisi per i nostri due sposi!" disse "Spero che la loro vita insieme sia lunga e colma di momenti felici." ci fu un applauso, ma il ragazzo lo fermò, alzando la mano "E vorrei dire a Testa Bruta... benvenuta nella nostra famiglia, cugina! Sono certo che Moccicoso sarà un ottimo marito e, in futuro, un altrettanto ottimo padre. Devo ammettere, però, che questa vostra unione ci ha colti abbastanza di sorpresa: non mi sarei mai aspettato che tu piacessi a lui, visto che andava dietro ad Astrid."
"È contro le regole tentare di sedurre una donna sposata, cugino!" intervenne lo sposo "E tu e Astrid è come se lo foste, dal momento che avete una figlia e vivete insieme!"
"A dire la verità, i figli tra poco saranno due." lo corresse Hiccup, guardando la compagna e sorridendole.
"CHE COSA?!" urlò Stoick, colto di sorpresa "Un altro?! Ma perché non volete proprio seguire le regole?!"
"Papà, mi conosci, non lo faremo mai." disse il castano, facendo spallucce "Ti ho già detto che ci sposeremo, ma a modo nostro e con i nostri tempi, quindi..." si voltò di nuovo verso Astrid e la guardò negli occhi "Lo faremo il prossimo anno, in questo stesso periodo, se la mia signora è d'accordo."
Ci fu un momento di silenzio, in cui Astrid cercò di elaborare l'informazione, poi un enorme sorriso si formò sul suo volto e, contemporaneamente, saltò al collo del giovane uomo, stringendolo con il braccio libero, poiché con l'altro teneva Valka.
"Sacri Dei, Hiccup!" esclamò, gioiosa "Sì! Sì! Sì! Mille volte sì!"
Il ragazzo strinse le due donne della sua vita, baciando la compagna. Ora erano davvero pronti.
Ora avrebbero finalmente firmato quel contratto, davanti agli Dei.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** 24 ***


Un anno dopo.
Era un giorno importante, a Berk. Il giorno del matrimonio del futuro capo villaggio con la sua compagna, nonché madre dei suoi due figli.
L'intero villaggio era in festa; i due ragazzi avevano voluto, di loro spontanea iniziativa, onorare una parte delle tradizioni del loro popolo, almeno per far felice il padre di Hiccup, che nonostante tutto non aveva mai voluto davvero abbandonare tali usi.
Quella mattina, Stoick, prima di recarsi a casa per aiutare il figlio a prepararsi, aveva un ultimo compito da svolgere: andare ad accogliere un ospite importante al porto, una persona che avrebbe presenziato al matrimonio, anche se i due sposi non ne sapevano ancora niente.
La nave attraccò, e l'uomo si avvicinò alla passerella che fu posata sul pontile, in attesa.
Poco dopo fece la sua comparsa Alvin, che scese sul molo e si avvicinò al capo di Berk, porgendogli la mano in segno di amicizia.
"Sono partito appena mi è arrivato il tuo messaggio." disse "Allora è oggi il gran giorno?"
"Sì. Ai ragazzi non ho detto nulla." rispose Stoick, stringendogli la mano e facendogli strada verso il villaggio "Ma sicuramente tua figlia sarà felice di vederti."
"Oh, beh, sicuro!" ammise l'altro "Tempo fa le avevo promesso che sarei passato, ma non ho mai trovato una buona occasione."
"Quale migliore occasione del matrimonio dei nostri figli, vecchio mio?" continuò Stoick, dandogli una pacca sulla spalla, prima di fermarsi davanti alla casa di Astrid "Vai pure. Astrid è lì dentro con i bambini, si sta finendo di preparare. Io devo andare ad aiutare mio figlio."
Alvin annuì e andò verso la porta, mentre l'altro si allontanò, tornando verso casa sua.
Bussò e dopo poco aprirono. Testa Bruta, l'assistente della sposa, si bloccò, fissando l'omone dall'aria minacciosa, indecisa su cosa fare.
"C'è posto per il padre della sposa?" chiese l'uomo, più cordialmente possibile.
Bruta annuì e lo fece entrare, un po' a disagio; l'altro fece qualche passo all'interno e si fermò in mezzo alla stanza, mentre una bambina di poco più di un anno correva da lui e lo fissava dal basso verso l'alto, incuriosita. Astrid la seguì, fermandosi sulla soglia della camera, con il figlio più piccolo in braccio, e guardando il padre, sorpresa.
"Papà!" esclamò, andandogli incontro.
"Ehi, ragazzina!" la salutò l'altro "Stoick mi ha fatto chiamare, non potevo mancare al matrimonio di mia figlia." la prese per mano e la fece girare su sa stessa "Fatti vedere... Sacri Dei, tua madre sarebbe davvero orgogliosa della donna che sei diventata!"
Astrid sorrise e la bambina si avvicinò cauta, aggrappandosi alle gambe del nonno ed esaminandole attentamente.
"Valka! Lascia stare le gambe del nonno!" la rimproverò la giovane.
Alvin sorrise e la prese su, lasciando che la piccola gli tirasse la barba.
"Oh, quindi questa brunetta è tua figlia?" domandò.
"Si, Astrid Valka." rispose la ragazza, poi indicò l'altro bambino "E lui è Alvin Stoick, ma lo chiamiamo tutti Al."
"Piacere di conoscerti, piccoletto." lo salutò l'uomo, prima di rivolgersi di nuovo alla figlia e alla sua assistente "Beh, suppongo che la sposa abbia bisogno di un accompagnatore. Posso offrirmi volontario?"
"Non devi neanche chiederlo, papà!" esclamò Astrid, lasciando i due bambini a Bruta e facendo cenno di precederla "Andiamo? Ci stanno aspettando."
Alvin annuì e porse il braccio alla giovane donna, accompagnandola alla Sala Grande.
Astrid era emozionata. Stava per convolare a nozze con l'uomo che amava, e quando lo vide il cuore cominciò a battere a mille.
Hiccup la aspettava. Ancora pochi passi e sarebbe stata sua.
Perché lei gli apparteneva, loro si appartenevano. E lo avevano capito solo collaborando insieme per quella pazza lotta per i diritti.
Lotta che stavano vincendo... o forse avevano già vinto.
Non era importante. Ora ad Astrid importava solo che stava per sposare il padre dei suoi figli.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2947490