Aniki & Otouto

di NightWatcher96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arancio e Rosso... problema grosso! ***
Capitolo 3: *** Un Pessimo Colpo di Fortuna ***
Capitolo 4: *** Sconfitti in Partenza ***
Capitolo 5: *** Il Prezzo del Tradimento ***
Capitolo 6: *** A Volte Ritornano! ***
Capitolo 7: *** Battaglia nel Vicolo ***
Capitolo 8: *** Come un Gioco ***
Capitolo 9: *** Foresta Pluviale ***
Capitolo 10: *** Notte Piovosa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Flebili tintinnii risuonavano dal laboratorio di un genio incompreso. Donatello Hamato non si era dato un attimo di tregua da quando Kirbi, il padre di April O'Neil era diventato una sorte di pipistrello mutante spaventoso, senza ricordi e facoltà di parola.

Le urla disperate e di rabbia della ragazza che aveva rubato il suo cuore dalla prima volta che l'aveva vista continuavano a martellargli la testa, sopraffando la stanchezza di poche ore di sonno e di pasti a malapena mangiati, spronandolo a continuare.

Aveva spesso riflettuto, nelle notti insonni e silenziose, che se sarebbe stato in grado di creare un Anti-Mutageno allora April avrebbe potuto nuovamente tornare a fidarsi di loro.

E di lui.

-Donnie!- chiamò Mikey, entrando nel laboratorio.

Il genio corrucciò leggermente la fronte all'interruzione e cercò di ignorare il fratellino minore che sfacciatamente gli si gettò sul guscio in un abbraccio tenero, facendolo quasi sbattere il mento sulla scrivania.

-Mikey! Non vedi che sto cercando di lavorare su un retro mutageno? Perché non vai ad infastidire qualcun altro? Sono molto occupato!-.

-Dai! Non c'è nessuno che vuole giocare un po' con me! Ti prego, almeno tu, grande e sapiente genio dell'intero sistema fognario di New Y...-.

-Risparmiati l'elogio, Michelangelo- interruppe bruscamente il viola, scrollandoselo di dosso. -Sono molto occupato. Devo trovare la formula per riportare Kirbi come un tempo-.

-Ma... tu sei sempre rinchiuso qui dentro e...-.

Il viola lo fulminò con un'occhiata gelida che bastò per fargli completamente perdere le speranze di trascinarlo fuori dal laboratorio per un po' di svago. Perché, in fondo, era proprio questa l'idea del giovane Mikey; era stanco di vedere suo fratello spremersi fisicamente e soprattutto intellettualmente pur di ripristinare l'amicizia con April.

-Va bene... almeno, posso portarti una tazza di caffè?- propose con voce morbida.

Le spalle tese di Donnie che si era spostato al suo banco da lavoro con alcune provette tutt'intorno, si rilassarono e lui stesso vi si voltò verso il fratellino minore con uno sguardo addolcito. Forse era stato troppo duro nei suoi confronti: Mikey era un bambinone, dopotutto, nonostante i suoi quindici anni suonati d'età.

-Grazie-...

 

In cucina, Leonardo e Raphael stavano consumando la loro colazione a base di latte, cereali e un po' di marmellata. Il sensei era nella sua stanza a meditare con una tazza di tè verde tra le mani infreddolite, pregustando gli ultimi minuti che lo separavano dall'essere il sensei di una nuova sessione di allenamento.

-Scommetti che Mikey sia riuscito nell'intento di tirar fuori Donnie dal laboratorio?- commentò Raph, fra una cucchiaiata e l'altra di cereali caldi.

Leonardo fece semplicemente le spallucce, dando un morso alla sua fetta biscottata con marmellata di fragole mentre il giovane quarto fratello faceva il suo teatrale ingresso borbottando qualcosa di assolutamente incomprensibile.

-Io credo proprio di no- ghignò Raphael.

Mikey ignorò quella frase e cominciò a preparare il caffé che avrebbe portato a Donnie; afferrò la macchinetta rovinata e ne riempì l'involucro inferiore d'acqua, aggiungendo il caffé e una volta stretta bene la mise sul fuoco, sedendosi al tavolo con un gemito esagerato.

-Muso lungo, eh?- sogghignò Raph, che aveva finito il suo pasto preferito.

-Non me ne parlare! Ormai non so più cosa inventarmi pur di far uscire Donnie da lì!- sbuffò il più piccolo a braccia conserte.

-Sì. Su questo hai ragione. Donnie esce di lì solo per allenarsi e per mangiare- commentò anche Leonardo, guardando la macchinetta argentata con la coda dell'occhio.

Il suo terzo fratellino stava sottoponendo a un regime piuttosto stressante il suo corpo e a lungo andare sarebbe crollato. Dovevano impedirlo prima che sarebbe successo.

-Non ti abbattere, Mikey. Sono sicuro che sarà lui a tornare il suo solito sè- rincuorò Leonardo, accarezzandogli la testa.

L'arancione diede un sorriso di gratitudine ma non concordava affatto; dopotutto, chiunque avesse avuto l'onore di conoscere il terzogenito, conosceva la testardaggine che lo portava a realizzare anche l'impossibile... solo che questa volta si era imbattuto in qualcosa di più grande di lui.

La macchinetta emise un fumo bianco dal beccuccio della parte superiore e l'aroma del caffé ormai pronto cominciò a galleggiare tutt'intorno; Mikey afferrò la solita tazza viola del genio e zuccherò il liquido scuro con due cucchiaini di granelli dolci e la depose su un vassoio, aggiungendoci anche una manciata generosa di biscotti alla glassa, i preferiti di Donnie.

-Nemmeno tu ti arrendi mai, vero?- commentò Raphael, apprezzando il buon cuore del fratellino.

Mikey annuì. -Perché non mi aiuti, Raph?-.

-Certo!- replicò subito l'altro, alzandosi rumorosamente. -Cosa devo fare?-.

-Prendimi la confezione di cornettini alla vaniglia che tanto piacciono a Donnie!-.

Raphael afferrò il sacchetto rosa dalla credenza leccandosi le labbra alla succulenta leccornia: dopotutto, lui era il primo ad amare i dolci ma ad odiare ingrassare!

Raggiunto il laboratorio, i due fratelli erano leggermente perplessi di ritrovarsi immersi in un silenzio talmente innaturale e non in un oblio fatto di bisbiglii di calcoli troppo complicati per semplici menti e ronzii di macchinari e apparecchiature.

Raphael sollevò un sopracciglio in preoccupazione e spinse leggermente la pesante porta ignifuca, facendo capolino all'interno, dove Donnie stava osservando un'ampolla bollire su un fornellino.

-Donnie, che combini?- chiese.

Senza nemmeno scomporsi per la brutale entrata vocale, Donnie agitò semplicemente una mano facendo segno di rimanere in silenzio, facendola poggiare sulle braccia conserte, mentre dondolava una gamba accavallata sull'altra.

-Donnie, il tuo caffé- provò Mikey e questa volta il viola si voltò con gratitudine.

-Mi avete portato uno stuzzichino serale? Oh, grazie!-.

-Serale?- ripeté Mikey, stupito. -Genio, guarda che qui siamo a colazione! E sono quasi le 08.00!-.

Il genio fece semplicemente le spallucce, facendo appoggiare il vassoio sul suo banco da lavoro. Adesso non poteva negare che l'aroma zuccherino lo stesse davvero deconcentrando e un brontolio farsi strada dal suo stomaco. Era affamato e non se ne era accorto!

-Grazie comunque- disse.

I due ninja fecero per andarsene quando Mikey avvertì un leggero lampo bianco attraversargli la mente: era un campanello d'allarme scaturito dalle sue potentissime doti empatiche. Si voltò verso Donnie senza nemmeno sapere per quale motivo e il suo cuore letteralmente si fermò.

Il viola era tornato nuovamente concentrato a tal punto da non guardare la sua mano stringere un contenitore di mutageno delle stesse dimensioni della tazza poco più in là e portarselo inesorabilmente verso la bocca.

-NO!- urlò Mikey, fiondandoglisi letteralmente addosso.

Il contenitore volò in quel lentissimo lasso di tempo, rovesciandosi verso la testa di un Mikey scioccato nel vedere una schiuma rossastra fuoriuscire dall'ampolla e mischiarsi al caffé rovesciato nell'impatto. Per grande sgomento di Raph, l'intero laboratorio venne inghiottito da una forte esplosione che allarmò sia Leo, che per poco non si era strozzato con il suo tè e il sensei, bruscamente uscito dalla trance meditativa.

-CHE SUCCEDE?!- gridarono i due, gelando a ciò che videro.

Il laboratorio era un pasticcio di fumo verdognolo, dove tre corpi giacevano in terra...



Angolo dell'Autrice

Lo so, lo so... mi ero ripromessa di concludere prima le altre storie per poterne aggiungere di nuove... ma chi ce la fa ad aspettare? Quando l'ispirazione sopraggiunge, tanto vale farla sbocciare nel pieno ritmo di una storia avvincente! Sapete, l'idea mi è venuta mentre stendevo i panni! Eheheheh! Beh, bando alle chiacchiere: ci si vede e soprattutto Buone Feste Rimanenti!

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Capitolo 2
*** Arancio e Rosso... problema grosso! ***


Contorni sfocati.

Leggeri brusii di sottofondo.

Un pulsare costante che ricordava di non essere ancora morti.

Raphael Hamato era stato il primo a risalire la nebbia mentale che lo aveva tenuto sopito per quasi otto ore, costruendo un alto muro di preoccupazione per Splinter e per Leonardo, che mai lo avevano lasciato da solo.

Neanche a Donatello che, adesso, cominciava a muovere leggermente la testa, pronto per abbandonare il sonno e tornare alla cruda realtà.

Né tantomeno Michelangelo, che con un cerotto sull'occhio sinistro, solo fortunatamente ferito da alcune schegge nell'impatto precedente e non danneggiato irriparabilmente, riposava accanto a Raphael, nel dojo, con una coperta addosso.

Splinter abbassò le orecchie, sospirando amaramente alla cupa aria che galleggiava nel dojo, dove nemmeno il fumo costante dell'incenso era riuscito a schiacciare; ma, in fondo, era normale. Era un padre e come tale aveva a cuore la salute dei suoi figli.

Leonardo, d'altro canto, continuava a mordicchiarsi nervosamente le labbra, fissando il vuoto con il corpo teso e inginocchiato davanti ai futon che ospitavano i suoi fratelli. Splinter lo aveva tenuto d'occhio da un po' e nell'arco di queste otto ore e trenta minuti non aveva cambiato espressione, continuamente roso dal senso di colpa.

-Lo sapevo...- aggiunse, d' un tratto. -Lo sapevo che avrei dovuto fermarlo prima che la sua stanchezza avesse preso il sopravvento! Ma no, non l'ho fatto e adesso chissà quali conseguenze ci saranno con quel mutageno. Quello poi! Nella nostra tana! Cristo, Donnie! Che diavolo ci vai a combinare?-.

Splinter non si pronunciò e mantenne uno sguardo indagatore, stupido dall'imprecazione del suo primogenito che stava continuando a borbottare istericamente.

Improvvisamente, il sensei catturò una sfumatura bordeaux piccola, proveniente dal primo futon alla sua sinistra: era Donatello che stava sbattendo le palpebre per allontanare la sfocatura della confusione e ripristinare gli ultimi ricordi prima dell'esplosione. Aveva un'espressione vuota e confusa.

Splinter fece subito segno a Leonardo di non pronunciarsi ulteriormente e si avvicinò a Donatello, accarezzandogli morbidamente la testa bendata.

-Padre...- mormorò dolcemente, emettendo un gemito.

-Donatello, sono così grato che i tuoi ricordi siano rimasti tali...-.

Il viola annuì piano, voltandosi verso destra, dove anche Raphael cominciava a muoversi piano.

-C... che cosa ha causato il mutageno?- biascicò.

-Per ora non lo sappiamo ancora. Tu, incredibilmente, non sei stato esposto ad alcuna traccia di esso e per tanto sei svenuto semplicemente per aver sbattuto la testa contro il pavimento- spiegò il maestro, notando il verde acceso delle iridi luminose del secondogenito.

-Se non fosse stato per Mikey, sarei diventato chissà quale mostro o peggio...- deglutì il viola, facendosi leva sulle braccia per alzarsi.

Il suo fratellino era tranquillo mentre riposava con quel cerotto sull'occhio, spiccante anche sopra la maschera che a nessuno era stata tolta.

Un rantolo strozzato giunse dalla bocca di Raph che inarcò la schiena a una fitta bianca di dolore proveniente dalla sua spalla destra, quella che aveva urtato lo spigolo acuminato del banco da lavoro di Donnie, nel disperato tentativo di salvarlo in qualche modo.

-La mia spalla...- gemette, respirando affannosamente.

Don provò a raggiungere l'arto ferito ma con un ringhio animalesco Raph lo allontanò, mettendosi seduto con la rabbia più bruciante nello sguardo diffidente.

-Stammi lontano!- ruggì, spostandosi a quattro zampe per proteggere il corpo di Mikey con il suo. -Hai già causato abbastanza guai per le tue manie di genio e ora guarda che cosa hai fatto! Per causa tua, chissà cosa diavolo potrebbe succederci!-.

Donnie deglutì amaramente e distolse lo sguardo, ferito nel profondo.

-Raph, ti prego, non aggredirlo- appianò Leo, anche se concordava con il rosso.

In fondo, cosa da poco, Don aveva quasi ucciso tutti e tre, no?

-E secondo te cosa dovrei dirgli? Grazie per averci mutato, forse?-.

Leonardo rimase impassibile e in quell'attimo anche l'ultimo fratello diede segni di ripresa con un colpo di tosse violento. Raph emise un nuovo ringhio nel tener lontano Donnie dal suo piccolo fratello e gli si sedette accanto, a gambe incrociate.

Tranne il braccio bendato, si sentiva a posto. Beh, eccetto per una leggera nausea.

-Mikey?- chiamò dolcemente, accarezzandogli la guancia con l'indice.

Il più piccolo schiuse l'unico occhio, mettendo piano a fuoco l'immagine verde acqua del soffitto, ombrato in alcuni punti. C'erano delle candele a rendere tremanti le ombre nette e scure e un leggero calore tutt'intorno. Ma bastò uno sguardo all'odio bruciante nelle iridi di Raph che di tanto in tanto si spostavano verso un Donnie seduto sul suo futon con lo sguardo basso, a farlo raggelare. Che si era perso?

-Come ti senti, figlio mio?- domandò il maestro.

Il giovane ci pensò su e rispose. -Sono stanco, padre... forse un po' l'occhio...-.

-E' normale, ragazzo mio-.

Mikey strinse la mano di Raph, guardandolo tristemente ma quest'ultimo, conoscendo la silenziosa richiesta di provare a non incolpare totalmente Donnie, distolse lo sguardo e lasciò il dojo, marciando a pugni stretti verso la sua camera.

-Donnie...- chiamò il giovane.

Il viola sobbalzò un po' e osò guardarlo. Le lacrime stavano già cadendo dai i suoi occhi spaventati nella realizzazione del male commesso.

-Donnie, non è colpa tua- continuò Mikey, sbadigliando.

Il viola si limitò semplicemente ad abbassare la testa, troppo affranto per poter davvero rispondergli con pura sincerità...

 

***

 

Un giorno era trascorso dall'incidente e nella tana una divergenza snervante regnava tra i quattro figli. Raph ruggiva e infieriva contro un Donnie che continuava a singhiozzare quando nessuno lo vedeva; Leonardo non spendeva una parola per risolvere la questione e il piccolo Mikey non trovava lo spirito per ripristinare la temibile famiglia di un tempo con qualche battutaccia o scherzo.

Era ormai notte fonda; la bianca luna era oscurata da grosse nuvole cariche di pioggia che rabbuiavano ulteriormente una New York flebilmente illuminata. Il vento scuoteva rabbiosamente le chiome sempreverdi degli alberi del Central Park, incutendo timore nei senzatetto che osservavano il mutarsi della notte fonda dalla discarica abbandonata.

Nelle fognature, però, accadeva ben altra cosa. In un rifugio sconosciuto alla maggior parte delle persone, una leggera luminescenza verde era comparsa sotto l'uscio della camera di Raphael che dormiva supino, con le mani riposate sull'addome coperto dalla sua coperta. Era talmente traquillo che non si sarebbe accorto di nulla. Nemmeno del flash comparso al centro del suo petto.

Era una luce intensa di un bianco contornato di verde acqua, in ricordo del mutageno che avvolse il suo corpo rilasciando piccole particelle di luce che lentamente svanirono l'una dopo l'altra, sotto la pelle del mutante di diciassette anni.

In un breve lasso di tempo, del flash non vi fu più traccia, inghiottito dal buio notturno reso innaturale da quella fonte nata dal nulla.

Ma dalla camera di Michelangelo, qualcos'altro di simile stava accadendo. Al centro della sua fronte un lampo rosato si espanse per tutta la camera, inglobando il suo corpo per poi lampeggiare per quasi trenta secondi e spegnersi dolcemente.

Nessuno si sarebbe accorto di nulla... ma il mattino seguente?

 

Circa cinque ore più tardi, dove New York sarebbe stata svegliata da un forte temporale invernale, occhi bordeaux arrossati dalla numerose lacrime versate nella notte e da un sonno tormentato da incubi mortali, fissavano il percorso breve che divideva la zona giorno da quella notte.

Donatello era un relitto, con la maschera afflosciata sul petto come un foulard e il corpo leggermente curvo in avanti, come uno zombie. La sua pelle pallida era fredda, ma nulla che potesse combaciare con l'abisso di disperazione che aveva gelato il suo cuore a tal punto che sentire i battiti sarebbe stata una vera sfida.

-Mikey... Raph...- articolò in un sussurro, avvicinandosi alla credenza per prendere la macchinetta del caffé.

Bastò quel gesto meccanico a riaccendergli un pizzicare al naso che andò a formare nuove lacrime calde sulle sue guance dalle altre rapprese. L'ultimo caffé glielo aveva preparato il fratellino cacciato via per dare la priorità al bene materiale.

-Mikey...- sussurrò, riponendo la macchinetta nella credenza.

Non aveva bisogno di una droga per il cervello... doveva solo vedere il suo fratellino. E così si avviò verso la zona notte, come un deva-vu al rovescio.

Per ironia della sorte, nel buio del corridoio due occhi verdi lo guardavano come una belva. Donnie fece immediatamente un passo indietro quando il suo corpo leggero andò a sbattere leggermente contro qualcuno.

-Guarda dove metti i tuoi piedi!- ringhiò una voce grave che gli ricordò molto qualcuno.

Donatello si spostò di lato, seguendo quell'imponente forma che grugniva verso la cucina. Non poteva essere davvero...

-RAPH!- gridò, ricorrendolo.

Tentò di prendergli un braccio ma d'un tratto si ritrovò schiacciato con il guscio alla parete e una mano possente sulla trachea, solo per intimidire e non per soffocare.

-Ti devi togliere dai piedi, hai capito?-.

Donnie era terrorizzato dal vedere quello sguardo bruciante d'odio così diverso dal solito che, nel corso degli anni, aveva incontrato in varie occasioni.

La luce rossastra della lampadina del frigo che si apriva lentamente illuminò parzialmente la cucina: Raphael accompagnò l'anta grigio metallizzato con un dito, sogghignando piano per poi tornare a Donnie. Quest'utlimo deglutì, fissandolo con occhi spalancati. La luminescenza alle spalle brillava nell'occhio destro del focoso, il cui corpo presentava una sfumatura morbida in grado di ammorbidire anche i bordi più spigolosi della dentellatura del guscio. Per il viola fu un vero shock realizzare quanto grosso e terrificante fosse diventato il secondo al comando dopo Leo.

-R... Raph...?- borbottò, tremando. -M... ma co... cosa ti è accaduto?-.

Il focoso lo lasciò, mettendosi a braccia conserte. Era più muscoloso, di una manciata di centimetri più alto di Donatello che lo fissava a bocca aperta; la sua voce era calata in un tono più profondo, cancellando ogni forma di fanciullezza in essa. Sembrava più violento e soprattutto letale.

-Non domandarmelo. Mi sono svegliato così- bofonchiò, accendendo la luce.

-Questo è assolutamente... incredibile...-.

Raph restrinse gli occhi nudi senza maschera e tornò al frigo per prendere una bottiglia di latte e i suoi soliti cereali dalla credenza, senza più dargli confidenza. Era ancora profondamente infuriato per la superficialità di Don ma... non poteva odiarlo davvero. Voleva solo dargli una lezioncina.

Un lampo d'argento brillò verso il rosso che catturò la traiettoria con la coda dell'occhio: in un secondo si destreggiò in un violento pugno scaturito dalle mani giunte a mò di bocca selvaggia e dalla gamba destra piegata in avanti.

Quello che rivelò essere Leonardo volò letteralmente verso il muro della cucina, crollando al suolo con un gemito di dolore e la katana con il quale aveva voluto eludere Raph tentennò sul pavimento, accanto al suo piede.

-Leo...!- espirò Raphael, inginocchiandoglisi accanto, per aiutarlo. -Stai bene?-.

L'azzurro schiuse un occhio e guardò attentamente, con shock, il volto più adulto che gli stava parlando. Quegli occhi verdi sarebbero appartenuti solo a suo fratello testa calda e non allo sconosciuto che gli aveva fatto ribollire il sangue e costretto ad attaccare. L'aveva visto in cucina con lo sguardo minaccioso e l'espressione impaurita di Donnie gli aveva fatto scattare l'impulso di iperprotettività.

Peccato che avesse fallito!

-Sto bene...- aggiunse, anche se un leggero scricchiolio delle costole lo fece trasalire. -O quasi...-.

-Diamine... ci sono andato troppo pesante-.

Alcuni frammenti incrinati dei mattoni della parete si erano addensati sul piastrone di un Leo che non riusciva a staccare gli occhi dal fratello in rosso. Era così adulto, forte, alto, un vero pilastro. E un leader. E il bendaggio alla spalla malconcia gli dava un tocco di un generale stimato che aveva guidato il suo esercito in numerose battaglie.

-Quanti anni potrebbe avere?- domandò, d'un tratto, rivolto a Donnie.

-Suppergiù... direi oltre i venticinque-.

Leonardo spalancò enormemente gli occhi, mentre si lasciava completamente sollevare da Raph e tornare con i piedi saldamente in terra. Suo fratello aveva... più di venticinque anni? Ma come...?

Un lampo bianco di realizzazione lo colpì improvvisamente: forse poteva collegare questa mutazione all'esplosione! Sicuramente sì!

-Conosco quello sguardo, Leo. E se stai pensando a quello che penso io, beh, la risposta è un secco . Caffé, soluzione chimica e mutageno hanno accresciuto il corpo di Raph- spiegò Donatello, acuto.

-Se questo è accaduto a me, che cosa sarà successo a Mikey?- formulò Raphael.

I passi leggiadri che solo il maestro Splinter possedeva tentennavano dal corridoio, soffermandosi in cucina. Il sensei aveva le orecchie ritte e teneva per mano l'ultimo delle tartarughe, osservando quasi con curiosità il cambiamento di Raph.

Aveva udito i discorsi dei figli e il tonfo spaventoso susseguitosi subito dopo. Si era chiesto che cosa fosse accaduto ma qualcuno lo aveva battuto sul tempo. Le sue shoji si erano aperte da piccole mani e un bambino lo guardò con occhi spaventati e grandi, uno dei quali coperto da un cerotto.

-M... Mikey?- espirò incredulo Leonardo, a bocca aperta.

La più piccola delle tartarughe raggiungeva la cintura del maestro Splinter; indossava la sua maschera su enormi occhi curiosi e il suo piccolo e magro corpicino era nudo.

-Che cosa ti è successo?- esclamò Raphael, avvicinandoglisi.

Il bambino frignò, nascondendosi dietro alla veste del maestro, spaventato dall'imponente muscolatura di Raphael.

-Un esatto contrario di ciò che è accaduto a te- sottolineò Donatello, affascinato.

-Cioè... io sono grande mentre lui è piccolo? Diavolo! Anche questa, adesso!- bofonchiò il mutante adulto, passandosi una mano sulla testa con frustrazione.

Mikey fece nuovamente capolino, seguendo affascinato Raphael prendere posto su una delle sedie della cucina; gli andò vicino, guardandolo con i suoi occhi azzurri scintillanti e gli appoggiò le mani sulle ginocchia, scodinzolando la sua piccola codina con eccitazione.

-Non ha spiccicato una parola. Don, che potrebbe essergli accaduto? E soprattutto, quanti anni ha?- formulò Leo, perplesso.

-Michelangelo è sempre stato un bambino molto timido, all'età di sei anni. Estremamente curioso, anche e sarebbe comparso davanti a ciò che per lui era nuovo da solo, dopo una prima diffidenza- raccontò il maestro Splinter, lisciandosi la lunga barbetta sotto al mento.

-Quindi Mikey dovrebbe avere sei anni, dico bene?- fece Donnie e Splinter annuì.

Raphael sospirò amaramente; adesso odiava sempre di più l'effetto di quella mutazione!

-Raphie?- mormorò improvvisamente Mikey, con una vocina dolce e tenera.

Il focoso sollevò un sopracciglio e lo afferrò delicatamente sotto le ascelle, mettendolo seduto sulle sue ginocchia. Mikey ridacchiò e lo abbracciò al petto, agitando alternativamente le sue piccole gambe.

-Penso che non abbia più paura di te- commentò Donnie.

Un improvviso gemito di Leonardo spezzò bruscamente quella sfera rosea di dolcezza che alleggiava intorno a Raph e Mikey; l'azzurro era in ginocchio, con le braccia strette alla sua vita e occhi stretti dal dolore pulsante sotto i piastroni. L'urto cominciava a pompare le conseguenze.

-LEO!- esclamò Donatello.

-S... sto bene...-.

-Non è vero!- gridò Mikey, scoppiando in lacrime. -Leo sta male! Raphie, Le-Le sta tanto male!-.

Raphael gli fece una carezza e sotto un cenno del maestro Splinter, lo raccolse in braccio, portandoselo in camera sua, sperando di calmarlo un po'.

-Non ti preoccupare, Mikey. Leo è forte e tu lo sai. Credo che ha bisogno solo di un cerotto- rincuorò Raph, anche se non lo pensava davvero.

Il piccolo spalancò gli occhi brillanti di lacrime, dondolandosi leggermente sull'amaca dove Raph lo aveva posto e allargò un enorme sorriso soddisfatto che fece leggermente arrossire il fratello più grande. Adesso capiva cosa il sensei volesse dire riguardo alla fanciullezza degli ultimo degli Hamato; Mikey era sempre stato carino ma da piccoli non se ne erano mai accorti.

-Cerotto!- ripeté.

Altro che cerotto, però. Leonardo aveva un leggero gonfiore appena sotto la giuntura dei pettorali superiori con quelli centrali e un costante scricchiolio doloroso. Era stato disteso sul lettino della sua camera, mentre Donnie tornava con una borsa marrone contenente attrezzi medici. Con il laboratorio fuori uso, avrebbero dovuto accontentarsi.

Dopo un'accurata quanto veloce occhiata, trovò il problema.

-Raph ti ha colpito molto duro, Leo. Quindi, la mia diagnosi è questa: costole rotte con una leggera lesione degli scuti centrali del tuo carapace. Trattamento: bendaggio stretto e riposo per due settimane. Nessun allenamento né tentativi di sfuggire ai miei ordini-.

Leo sbuffò giocosamente attraverso il dolore ma trasalì nuovamente quando il genio e il padre lo misero in posizione seduta per un perfetto bendaggio alle costole.

-Devo ricordarmi di non sorprendere più Raph con quell'affondo banale...- commentò. -Non si sa mai cosa potrebbe mai accadere in futuro...-...


Angolo dell'Autrice

Primo capitolo di questa storia. Dopo tanto tempo, mi sono divertita a scriverlo, con le varie battute e tutto il resto. E' semplicemente uno spasso e l'ironia drammatica dovrà ancora venire, quindi, prima di salutarvi, vi abbraccio calorosamente chiedendovi di aspettare i prossimi capitoli! Spero di aggiornare quotidianamente!
Baci e abbracci come le stelle nel firmamento!

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Capitolo 3
*** Un Pessimo Colpo di Fortuna ***


Era come un ritorno al passato per il maestro Splinter. Dopo quindici anni, stava avendo nuovamente l'opportunità di crescere un bambino e non poteva che gioirne, nonostante fosse anche preoccupato per questa nuova mutazione.

Il sensei sedeva in poltrona, osservando lo scandire del tempo sull'orologio a pendolo che capeggiava in salotto, appeso a uno dei pilastri portanti della tana. Il piccolo Mikey era seduto sulle sue ginocchia, guardando affettuosamente un Leonardo disteso sul divano con una gamba flessa e il braccio sulla fronte. Quest'ultimo fissava il soffitto, gettando di tanto in tanto occhiate scettiche su Raph che si allenava nel dojo.

-D'accordo, ragazzi!- irruppe Donnie, con due siringhe vuote nella mano. -Per capire come muoverci in questa situazione, è necessario prendere un campione di sangue-.

Michelangelo sbiancò come un lenzuolo, scuotendo istericamente la testolina, nascondendola nella pelliccia di Splinter che se la ridacchiava sotto i baffi. Donnie si strofinò la nuca con un sorrisetto cupo ma tornò subito alla questione.

-Raph, dai, cominciamo con te. Mi serve un po' del tuo sangue- disse.

Il focoso mugugnò un come risposta e gli tese il bicipite tre volte più muscoloso di quand'era un diciassettenne, mentre Donnie gli disinfettava la zona che sarebbe andato ad estrarre il sangue e a infilargli l'ago.

Non emise gemito e mantenne una faccia neutrale, per convincere il piccolo e tremante Mikey che non era un'operazione tanto malvagia.

-Fa male?- squittì il piccolo, ancora abbracciato a Splinter.

-Non più di tanto- replicò bonario Raphael.

Leonardo voltò le gambe verso il pavimento, cosicché suo fratello in rosso avrebbe potuto sedersi e combattere la vertigine; ciò, purtroppo, gli costò una dolorosa fitta che seppe, però, nascondere bene dietro un sorriso dolce.

Donatello fece segno a Mikey di essere il prossimo. Il piccolo scese dal grembo paterno con un salto e si avvicinò titubante ai suoi fratelli più grandi, con la manina davanti alla bocca e i grandi occhi circospetti.

-Dai, vieni qui- pronunciò Raph, mettendoselo seduto sulle ginocchia. -Ricordi la seconda regola dei ninja?-.

-Non avere mai paura-.

-Bravo!- ridacchiò Leonardo, accarezzandogli la testolina affettuosamente.

Ora più che mai Mikey era il fratellino che aveva sempre considerato nella sua vita e percepiva il formicolare dell'essere più che protettivo nei suoi confronti. Era consapevole che se Shredder o per mezzo dei suoi scagnozzi, sarebbe venuto a conoscenza di questo, avrebbe fatto di tutto per arraffarselo.

E lui avrebbe combattuto con tutte le sue forze per impedirlo.

-Nessuno li toccherà mai- pensò, stringendo i pugni sulle cosce.

Mikey emise un piagnucolio nel vedere l'ago brillante avvicinarsi sempre di più al suo piccolo braccio e nonostante le carezze affettuose del focoso sulla sua testa, scoppiò in lacrime.

-Quest'operazione sarà una battaglia, me lo sento!- gemette Donnie, sedendoglisi accanto. -Mikey, guarda che anche il grosso e possente Raph ha battuto la siringa-.

Il piccolo fissò il secondogenito per una risposta acquiescente e la ottenne con un cenno, tornando alla siringa criminale fra le dita di Donnie. Lui non voleva essere vigliacco. Era un ninja. Improvvisamente si fiondò sulle ginocchia del viola, alzando il suo braccio con una violenza tale che il naso del genio fu colpito in malo modo da un colpo con il dorso della mano.

-Prendi il sangue!- ordinò Michelangelo.

-Un momento, un momento! Mikey, guarda che non devi essere così irruento! Mi hai quasi fracassato il naso, così!- borbottò Donatello, palpando il povero muso alla ricerca di eventuali tracce vermiglie.

-Non ti facevo così donnicciola- sogghignò Raphael, battendo il cinque con il piccolo Mikey che fissava Leo a testa in giù.

Il viola sbuffò giocosamente e finalmente, con un piccolo strillo di sorpresa, riuscì a prelevare un campione del sangue di un Mikey che iniziò a piangere a singhiozzi.

-Mikey, se smetti di piangere ti do un bel lecca lecca!- appianò Donatello, un po' in colpa nel vederlo così fragile sotto il peso delle lacrime.

-D... davvero?-.

-Ma certo. Dammi la mano. Lo andiamo a prendere insieme- disse, conducendolo verso la cucina.

Il maestro Splinter si alzò, non trattenendo una risatina che la diceva lunga; i suoi due figli sussultarono, scambiandosi un'occhiata circospetta.

-Sensei, cosa c'è di così divertente?- domandò burbero Raphael.

-L'atteggiamento impavido che vi siete sempre imposti di tenere in tutti questi anni vacilla quando Michelangelo è intorno a voi. Questo dimostra che siete ancora ragazzini-.

Leonardo arrossì leggermente e Raph contrasse l'angolo della bocca in un sorrisetto. Sensei aveva proprio ragione e decisero di seguirlo per raggiungere la cucina. Non volevano certamente perdersi Don che consegnava il dolcetto al piccolo.

E infatti, Mikey aspettava con impazienza, seduto sul bordo del tavolo, agitando le gambe. Donnie sembrava sempre meno convinto della presenza del lecca-lecca e sperava davvero di non aver inutilmente impiantato false speranze nel minore imbronciato.

Fortunatamente, la sua mano alla ricerca nei mobili della cucina palpò un bastoncino con un cerchietto all'estremità e orgogliosamente consegnò il lecca-lecca a fragola a un Mikey che sollevò le braccia in aria, in pura estasi.

-Dolcetto!- gridò, iniziando a mangiucchiarlo.

Donnie rilasciò un respiro sollevato e fece cenno alla sua famiglia di mettersi all'opera per analizzare i campioni di sangue infilati nella sua cintura.

-Visto? La siringa non era cattiva- sogghignò amorevolmente Raph.

Mikey annuì convinto e gattonò per raggiungere Leonardo. -Lecca lecca?-.

-No, grazie, Mikey. E' il tuo-.

Il piccolo fece il broncio ma continuò comunque a gustarselo...

 

***

 

Un nero naso aveva fiutato per molto tempo l'aria cambiata nella notte di New York. Piccole spore si erano levate dal sottosuolo e modificate in polvere bianca. Neve.

Il bianco manto era contaminato e portatore di mutazioni se ingerito stupidamente; ma una Big Apple gremita di mutanti più o meno senzienti non era un'idea tanto negativa. Gli esseri umani non familiarizzavano con chi aveva quattro occhi o le fattezze di un pipistrello? Con un po' di fortuna oscura, sarebbero stati costretti a convivere con esseri trasformati.

Esattamente com'era accaduto a Chris Bradford e Xever, rispettivamente Rahzar e FishFace, due scagnozzi di Shredder. Erano su un tetto, parallelo alla nera cattedrale divenuta la Roccaforte di Oroku Saki, a fissare il buio senza vita alla ricerca d’informazioni.

-Torniamo dentro. Qui dentro si gela e non mi piacerebbe diventare un pesce surgelato- espirò FishFace.

-Tu vai pure se ci tieni alla tua pelle. Io rimango ancora un po' qui-.

-Ah, certo. Perché tu hai la pelliccia, Rahzar, eh?-.

Il cagnaccio non lo rispose e l'altro svanì nel buio di una gola fra due medi edifici; alzò la testa al cielo, continuando ad annusare qualcosa che lo aveva allarmato già da un po' di tempo. Sfortunatamente non sapeva cosa.

Saltò un condizionatore ricoperto di ghiaccio e appoggiò una zampa sul bordo del cornicione, vagando con lo sguardo fino a quando non adocchiò un tombino.

-Le tartarughe- mormorò, mentre il suo respiro si tramutava in nuvolette candide. -Forse anche loro percepiscono quest'aura-.

Rahzar atterrò come un falco sull'asfalto ricoperto di gelida neve, marciando silenziosamente verso il cerchio di gelido metallo.

-Non conosco la vostra tana, questo è certo. Ma vi stanerò prima o poi- mormorò, sollevando il coperchio del tombino, per calarsi al suo interno.

L'acqua stagnante inghiottì le sue zampe: un brivido corse lungo la schiena dai peli ispidi e ritti; Rahzar superò comunque lo shock iniziale e cominciò ad avanzare nel fetore delle fognature illuminate da alcuni neon a luce fredda.

Egli era quasi affascinato di vedere un mondo a lui sconosciuto e contorno in vari bivi che avrebbero condotto dall'altra parte di New York. Era quasi straordinario.

-Shredder sarà fiero di me quando troverò la tana di quegli insignificanti rettili a sangue freddo- commentò oscuramente, svoltando verso sinistra.

Vi era un ponte di metallo sopra una voragine oscura dove s’intravedeva dell'acqua stagnante. Probabilmente dovevano essere le cosiddette vasche che raccoglievano i liquami dai vari tubi che correvano lungo le pareti.

Il cane bipede superò senza problemi il suo primo ostacolo e svoltò verso destra, in un piccolo tunnel pendente dove una luce cremisi schiariva un'immensa vasca di acqua scura, recintata da un parapetto a sbarre di ferro, dove un tubo dal diametro inimmaginabile era puntato verso di essa, pronto a rigettare schifezze varie.

Rahzar fece un piccolo fischio nell'intravedere questo tubo susseguirsi verso l'alto e arricciarsi in una spirale lungo i muri, dividendosi in piccole tubolature che svanivano all'interno di altri tunnel. Una scala di metallo, alla sua sinistra, lo invitava a proseguire per raggiungere un nuovo background dai colori non più freddi, bensì caldi. Tendenti al rame.

Salì, dunque, mantenendo un passo moderato.

Rahzar contò il tempo impiegato: otto minuti netti.

-Questo posto è un labirinto- mormorò, guardando il percorso completato dietro di sé.

Era giunto davanti a un bivio in pendenza e in salita. Il cane si affidò al suo fiuto per imboccare il sentiero in salita che lo portò all'inizio di una metropolitana abbandonata e polverosa.

-Deve risalire alla fine dell'Ottocento- constatò, passando un artiglio contro alcuni mattoni rovinati dal tempo.

Era, ancora una volta, illuminato da una luce vermiglia che proseguiva verso nord, con una leggera curva verso sinistra.

-Sento che sono vicini- sogghignò, scattando in una feroce corsa.

Il vento freddo sibilava nelle sue orecchie canine, infondendogli una felicità sinistra al centro del petto. Poteva trovare la tana! Doveva assolutamente!

Rahzar non si preoccupò nemmeno dello sbarramento di alcune assi di legno: fece sfoggiò della sua agilità selvaggia per superarlo con salti e acrobazie nell'aria e proseguire.

Improvvisamente, si fermò, stupito da ciò che vide.

Era un veicolo abbastanza colorato, che aveva le fattezze di un vagone modificato da una mente superiore, con l'aspetto di un furgone all'ultimo grido. Lo riconobbe all'istante ma non si pronunciò fino a quando anche il suo fiutare gli venne incontro alla sua idea.

-Le tartarughe...- sogghignò malignamente, girando il capo verso destra, dove alcune scale conducevano a una sorte di salottino. -La tana... ho trovato la tana!-.

Rahzar era estremamente felice e s’intrufolò in essa, pronto per carpire segreti ed informazioni utili. Non avrebbe lottato, però, sarebbe stato in netto svantaggio.

La tana era la più strana e fornita che avesse mai visto in tutta la sua vita; era formata da una piccola cucina, camere varie, un dojo ben attrezzato. Una vera casa sconosciuta.

-Queste tartarughe ne sanno una più del diavolo- pensava, mentre si addentrava nella zona notte, osservando le porte chiuse dalle quali si udivano diversi russare.

D'un tratto, una delle porte si aprì cigolando, rivelando due occhi azzurri, uno dei quali era bendato da un cerotto candido. Rahzar si nascose subito dietro a un pilastro, seguendo la piccola tartaruga in possesso di un orsacchiotto consumato di pezza che entrava nella camera di Raphael.

-Chi è quella tartaruga piccola? Non mi risulta che abbiano figli- pensò il cane.

Uno spolvero di lentiggini sulle guance del piccolo ninja gli fece quasi sobbalzare il cuore: Rahzar emise un leggero ringhio dal basso della gola, facendosi quasi ironicamente scoprire.

-Entra, Mikey- richiamò una voce burbera, impastata dal sonno.

Per il cane, anche vedere un'imponente tartaruga senza maschera ma con gli occhi verdi fu sinonimo di sgomento. Che diavolo?!

-Sono Raphael e Michelangelo, ne sono certo!- pensò, mentre il focoso prendeva in braccio il minore e richiudeva la porta dolcemente. -Quando il maestro saprà di questo, sarò enormemente ricompensato! Magari potrò avere un po' del suo retro mutageno per tornare il Chris Bradford di un tempo!-.

Il cane scivolò via, veloce e malvagio com'era arrivato, frettoloso di spiattellare un grande segreto.

Ignari di tutto ciò, nella camera di Raph, il mutante più grosso aveva ben coperto quello più piccolo con varie coperte e gli accarezzava leggermente il nasino infreddolito.

-Non so perché mi viene così spontaneo coccolare Mikey e proprio dinanzi a tutti- pensò, baciando la fronte del suo fratellino sopito. -Devo proteggerlo. Ho... uno strano presentimento...-...



Angolo dell'Autrice

Un grazie enorme e speciale a HelleBach, Ayumi Edogawa, anche a Gru e CartoonKeeper8 e a tutti gli altri che fanno capolino nelle mie altre storie. Questo nuovo racconto mi sta prendendo a tal punto che mi viene la voglia spontanea di scrivere un capitolo al giorno! Eheheheh!
Colgo, intanto, l'occasione per augurarvi Buon Anno Nuovo e quella che rimane, ossia, l'Epifania! Un luminoso abbraccio come i fuochi d'artificio di stasera!

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Capitolo 4
*** Sconfitti in Partenza ***


Donatello aveva lavorato per tutta la notte nella sua cameretta, impossibilitato nell'usare il laboratorio ancora fuori uso, ma a un certo punto si era abbandonato al sonno profondo, tanto che nulla avrebbe potuto destarlo. Aveva trovato parecchie informazioni più o meno utili, analizzando i campioni di sangue prelevati sia da Raph sia da Mikey.

Un piccolo rumore dietro la sua sedia corvina lo fece, finalmente, svegliare. Il suo collo era indolenzito per aver riposato sulla tastiera del pc e l'intero corpo scricchiolò paurosamente quando si stiracchiò, sbadigliando più volte.

-Che notte...- mormorò, stropicciandosi gli occhi.

Una sensazione di osservazione comparve nella sua mente intorpidita: Donnie si voltò istintivamente verso la porta socchiusa del laboratorio e incontrò due luminose iridi azzurre che lo fissavano incuriosite.

Non ci badò, almeno fino a quando la manina dell'esserino poggiò sulla sua coscia in un gesto davvero molto affettuoso. E allora, la sua mente ripristinò ogni forma di collegamento con sinapsi e neuroni!

Don si avventò rumorosamente sulla sua lampada rossa da tavolo, vagando con mani tremanti e nervose alla ricerca dell'interruttore; questo si guadagnò una risatina dalla piccola tartaruga che gli arrivava al pad sul ginocchio.

-Questo non può essere!- esclamò scioccato. -Mikey... sei davvero tu?-.

-E chi se no?-.

Mikey sembrava avere quasi cinque anni ed era ancora più infantile della scorsa mattinata.

-D'accordo, d'accordo... cerchiamo di darci una calmata. Dunque, ieri avevi sei anni, oggi cinque- borbottò il genio, pizzicandosi il divario fra gli occhi. -Potrei azzardare la teoria che il regredire sia progressivo e giornaliero. Quindi, fra cinque giorni, a partire da adesso, tu potresti essere un piccolo uovo, dico bene?-.

Mikey non era molto interessato ai borbottii isterici di Donnie che, alzatosi, camminava avanti e indietro con le mani sulla testa, fra una risata nevrotica e un'espressione seria; lui voleva solo giocare!

-Vuoi giocare con me?- chiese, per l'appunto.

Il viola lo fissò selvaggiamente, muovendo a ripetizione la palpebra inferiore dell'occhio destro.

-Giocare, tu dici? Ecco, Mikey, non potresti andare da Leo? Sono sicuro che sia ancora a nanna!- disse, con un sorrisetto forzato.

Il piccolino fece il broncio e lasciò la stanza ma qualcosa sul pavimento catturò la sua attenzione. Era sicuramente un'impronta: non molto grande, fatta di fango e detriti minuti di pietruzze varie. Mikey inclinò il capo con fare curioso e corse a chiamare il genio che ancora parlava da solo.

-Donnie, c'è una pronta!- disse, tirandolo per una mano.

-U... una cosa?-.

-Una pronta... im... pronta!- ripeté, non ricordando più come pronunciare correttamente la parola.

-Un'impronta, dici?- corresse velocemente Donnie, prendendolo in braccio. -E dove?-.

Il bambino indicò fuori il laboratorio e il genio cominciò subito ad analizzarla con il suo esperto occhio da intelligente, mentre Mikey, sotto il suo braccio come un sacco, cominciava a frignare.

-Giù! Voglio stare giù!- gridò.

-Oh, sì! Scusa, scusa!-.

Michelangelo fece una linguaccia a suo fratello che nemmeno lo notò e s'infilò nella camera di un Leonardo che ancora riposava, dando il guscio al muro, dove il suo lettino era stato affiancato.

-Leo..!- ridacchiò sottovoce, cercando di arrampicarsi.

Sfortunatamente per lui, il materasso era troppo alto! La piccola tartarughina provò svariate volte, anche a usare le coperte come rampini ma si ritrovò sempre con il guscetto in terra.

I suoi leggeri vagiti divennero la sveglia dell'azzurro che sbadigliando, si svegliò, fissando stranito lo spiraglio di luce proveniente dal corridoio che vi si era allungato nella sua stanza.

-Avevo chiuso la porta, ieri sera...- disse, udendo dei piagnucolii infantili.

Quando si sporse dal letto, i suoi occhi sgranarono alla vista di un Mikey seduto in terra, con le mani a pugno sugli occhi umidi.

-Leo!- esclamò. -Salire da te!-.

Confuso, il maggiore lo prese semplicemente sotto le braccia e se lo appoggiò sul petto, cancellandogli amorevolmente le lacrime sulle guance; accese la luce e allora poté effettivamente farsi un rapido resoconto di cosa fosse accaduto a suo fratello.

Era più piccolo, tenero e carino.

-Oh, Mikey...- mormorò, socchiudendo tristemente gli occhi.

Il piccolo gli si accoccolò a fianco, nel calduccio e tirò il più velocemente possibile le coperte, pur di non sentire più freddo. Leonardo ridacchiò a quella tempesta di coperte e risolse il tutto semplicemente aggiustandogliele addosso.

-Come mai piangevi, Mikey?- domandò, riverso su un fianco, con il viso sostenuto dalla mano.

-Volevo vederti!-.

-E come mai?-.

-Per giocare perché Donnie ha detto di no!-.

Leonardo sollevò un sopracciglio, mordendosi le labbra pur di non ridere all'immaginazione che gli raffigurava un Don completamente ignaro in materia di bimbi e tornò presto ad accarezzare la piccola testolina del fratello sempre più bambino.

-MIKEY?!-.

-E adesso che diavolo succede?- pensò Leo, leggermente accigliato.

Era Raphael e da come continuava a correre nel corridoio, con passi pesanti esattamente come la sua stazza, sembrava piuttosto preoccupato. Che Mikey gli avesse tirato uno dei suoi scherzi?

-No. Non potrebbe. E' troppo piccolo, adesso- mormorò, prendendolo in braccio e uscirono insieme dalla camera.

L'azzurro rimase improvvisamente congelato; davanti ai suoi occhi, un alto, muscoloso Raphael, con i muscoli gonfi e gli addominali che avvallavano addirittura i piastroni più scuri, si era fermato dal proseguire una stramba ricerca nella zona giorno e voltato verso di lui. Un sorriso rassicurante si diffuse sul suo viso ancora più adulto e in un movimento quasi impercettibile ai riflessi ancora del tutto appannati del leader, acciuffò Mikey e lo strinse al petto.

-Ah, Dio! Mikey, che cazzo mi combini? Sparire nel cuore della notte e farmi prendere un attacco?- rimproverò con voce esageratamente contrariata. -Non si fanno queste cose, bricconcello che non sei altro!-.

Mikey scoppiò a ridere, agitando alternativamente i piedini e batté le manine su quelle molto più grosse di un Raphael addolcito che lo teneva sollevato per lanciarlo giocosamente in aria e riafferrarlo subito.

Leonardo deglutì, ancora con gli occhi sbarrati. Raphael era diventato ancora più alto e muscoloso, raggiungendo, suppergiù circa i due metri d'altezza. Era spaventosamente tosto e aveva l'aspetto di un vero padre per Michelangelo che se la rideva e borbottava parole incomprensibili.

-Scusa!- disse l'arancione, abbracciandolo al collo taurino.

-Bravo. E adesso sai che si fa? Un bagnetto!- ridacchiò l'altro, mettendoselo seduto sulla spalla. -Già, perché l'aroma della pizza al salame ti è rimasta addosso-.

-Le Le!- gridò Mikey. -Pronta! Pronta!-.

-Chi è pronta?- domandò subito l'azzurro.

Donatello, che nell'analizzare la strana impronta sul pavimento aveva ascoltato tutta la conversazione con un sorriso bonario, si alzò immediatamente, tenendo in una pinzetta un frammento della poltiglia rilasciata dall'impronta secca.

-Mi duole dirlo, ma stanotte qualcuno è stato qui- disse. -Mikey ha trovato l'impronta e adesso l'ho analizzata-.

-Cosa?!- esclamarono azzurro e Raphael.

-Hanno scoperto la tana, allora?- fece eco la voce adulta di Splinter che saliva lentamente le scale con sguardo scioccato.

-Purtroppo sì. E' indiscutibile, del resto. L'impronta parla più che chiaramente e la cosa peggiore è che non so chi sia stato a rintracciarci- continuò Donnie, sospirando pesantemente. -Posso solo dirvi che dalla grandezza, non è sembrata un piede umano-.

-Forse un gatto?- commentò un Raph duro.

Donatello riguardò l'alone di sporcizia e umidità che la fanghiglia aveva lasciato, sollevando un sopracciglio, mentre il resto della famiglia continuava ad azzardare ipotesi. Raph non aveva tutti i torti; poteva anche essere stato un animale, magare alla ricerca di cibo che vi si era introdotto fino alla tana e poi era scappato via. Ma questo era irreale, perché la posizione del rifugio era ben difficile da localizzare.

Allora erano stati pedinati?

Donnie vi s’inginocchiò, guardando attentamente l'impronta, senza accorgersi, essendo troppo concentrato, che il piccolo Mikey gli si era avvicinato con sguardo interrogativo.

-Donnie, pronta...- disse.

-Non adesso, Mikey. Sto cercando di capire di chi...-.

-UFFA!- strillò il bambino, nel suo orecchio. -Mi cacci sempre via! Anche nel laboratorio! Non mi vuoi bene tu! E io so di chi è la pronta!-.

Il cuore del genio gelò a quei singhiozzi così sinceri. Sebbene fosse stato un cucciolo, il piccolo Michelangelo era riuscito a ricordargli che pessimo fratello era e che sempre sarebbe stato, privilegiando troppo la scienza e i beni materiali. Doveva ringraziare a lui se non era morto o mutato.

E anche adesso cercava di spingerlo via.

-Mikey, scusami- disse, cercando di abbracciarlo.

Il piccolo indietreggiò e si andò a nascondere dietro la gamba di un Raph cupo e dallo sguardo di rabbia accecante, più crudele con i suoi trent'anni di vita. Donnie si mordicchiò le labbra, non potendo sentire quei continui singhiozzi dal suo piccolo fratellino ma non si pronunciò né fece nulla per non complicare ulteriormente le cose.

Un'idea gli venne in mente, inerente a ciò che Mikey aveva detto prima.

-Mikey- disse con un sorriso e le braccia aperte. -Mikey, dimmi, di chi è la pronta?-.

Il piccolo fece capolino da dietro un Raph che lo osservava a braccia conserte con un piccolo ghigno, esattamente come i sorrisetti divertiti per lo sguardo scettico del cucciolo, sui volti di Leonardo e Splinter.

-Rahzar- rispose.

Tutto improvvisamente gelò. Quel cagnaccio era stato qui? No, non poteva essere... era uno scherzo, giusto? Qualcosa scaturito dalla fervida immaginazione di Mikey che annuiva convinto e batteva le manine sulla tibia di un Raph altrettanto scioccato.

-Figlio mio, ne sei davvero convinto?- domandò il sensei, dopo un attimo di confusione.

-Pronta è come la zampa di Rahzar- espose il cucciolo, indicando le dimensioni con le sue manine.

Donatello s’irrigidì, confrontando immediatamente la macchia sul pavimento con l'immagine di Chris Bradford nella sua seconda e definitiva mutazione nella mente e anche lui si rese conto che Mikey non aveva bleffato.

-Rahzar è stato qui...- sussurrò, rivolto al vuoto, per poi ripetere la stessa frase ancora e con un tono più alto.

-Come cazzo è possibile?!- ruggì Raphael, con grande rabbia.

Il piccolo Mikey si scansò dal rosso, spaventato da quelle iridi ristrette e si nascose sotto la veste del sensei, scoppiando in lacrime. Per il focoso, il suono di quel terrore a causa sua, fu peggio di una pugnalata al cuore.

-Mikey...- mormorò afflitto. -Mi dispiace, piccolo. Non volevo farti paura-.

-Temo che, avanzando negli anni, la tua aggressività aumenta- spiegò il sensei, ritirando piano la veste che scivolò dalla testolina di Mikey e lo prese in braccio. -Donatello, ne sei davvero convinto?-.

-Mikey non ha sbagliato. Rahzar è davvero stato qui. Nella notte-.

-Allora questo significa che se è riuscito a individuare la giusta posizione, andrà a spiattellare tutto a Shredder, non è così? Mi auguro solo che non abbia visto Raph e Mikey! Sarebbero ancora più guai- mormorò Leonardo, con occhi stretti da una leggera fitta al costato bendato.

Calò il silenzio fatto di sguardi rammaricati. L'azzurro aveva evidenziato un fattore a loro ignaro; quindi, avrebbero dovuto fare qualcosa prima che il cagnaccio sarebbe riuscito nel suo infame intento.

-Ma se è stato qui nella notte, sarà già arrivato da Shredder!- squittì Donatello, pallido.

Leonardo fissò intensamente Raph e Sensei, negando debolmente.

Erano stati sconfitti ancor prima di lottare!

Il sensei si leccò le labbra, prendendo un respiro leggermente traballante, guardando Donnie che, sentendosi osservato, alzò istintivamente la testa.

-Novità sulle condizioni di Michelangelo e Raphael?-.

-Qualcuna sì.

Con un cenno, il sensei fece riunire la famigliola in cucina, proprio per discutere comodamente seduti, magari intorno a una tazza di tè o caffè che avrebbe aiutato a risvegliare ulteriormente la mente. E così fece. Preparò la teiera e la caffettiera, ma anche un pentolino con del latte per Mikey e Raph.

-Dai campioni di sangue, il tasso mutageno nel sangue di Raph e Mikey è cinque volte superiore al normale ed è un rischio, considerando che la loro età cambia allo scadere di ogni mezzanotte. Ho analizzato il tutto e sono arrivato alla conclusione che abbiamo circa quindici giorni di tempo per trovare una soluzione, prima che sia troppo tardi-.

-Perché quindici? Mikey ha cinque anni e se la loro età si modifica ogni giorni, per lui dovrebbero esservi solo cinque giorni- pronunciò acutamente Leonardo.

Donatello ridacchiò oscuramente, tirando fuori dalla cintura una boccetta che in altri tempi era stata usata per conservare il liquore, riempita di mutageno, con scritto Medicina Speciale nella sua storta calligrafia.

-Altro mutageno?!- ringhiò Raphael, balzando in piedi. -Sei uno stolto se pensi che lascerò applicare o bere questa robaccia a Mikey!-.

Il bambino in questione si limitò a sollevare gli occhi dai suoi piedini, con i quali stava giocherellando, seduto al centro del tavolo.

-Calmati, Raph- appianò Leonardo, con una mano sulla spalla.

Fu in quel momento che si accorse di quanto alto fosse diventato il secondogenito e che dovesse praticamente rizzarsi il più possibile sulle punte dei piedi per compiere un gesto realizzato molte altre volte. Raph sbuffò in risposta e tornò seduto, facendo una carezza a Mikey che fece una piccola fusa.

-Questo non causerà danni. Si limiterà solo a rallentare il processo. Ma dobbiamo essere svelti o domani potrebbe già essere troppo tardi, soprattutto per Mikey. Non vogliamo mica che diventi un uovo, vero?- spiegò Donatello, al massimo della serietà.

Il fischio acuto della teiera e l'aroma del caffè scossero il silenzio calatosi. Il sensei si alzò per riempire le tazze varie con i liquidi caldi e servirli in tavola.

-Attento a non scottarti, Michelangelo- disse amorevolmente.

Leonardo osservò la sua immagine riflessa nel tè verde e la risposta, per quanto difficile, gli apparve chiaramente.

-D'accordo, Donnie. Fai quello che devi su Mikey- disse, guardando poi un Raph stupito. -E tu, fratello?-.

Il focoso mugugnò una brutta copia di un e distolse lo sguardo, preferendo guardare Mikey che soffiava ironicamente e con tutta l'aria nei suoi polmoni sulla tazza bianca di latte.

Che tenero che era!

-Molto bene!- esclamò radiosamente il viola. -Giusto un sorso e tutto al tempo-.

-Ma come potremo mai tornare normali?- chiese d'un tratto Raph, prendendo un sorso di latte.

Donnie si rabbuiò nuovamente, strofinandosi la nuca. Buona domanda davvero. Non ci aveva effettivamente pensato da quando era stato intento a elaborare una soluzione chimica in grado di interferire con la progressiva duplicazione di cellule mutanti nel corpo.

-Io... beh, ecco...- farfugliò vergognosamente. -Non lo so...-.

Raphael sbatté un pugno sul tavolo e si trascinò nel dojo, sfogando tutta la sua rabbia sul sacco da box...



Angolo dell'Autrice

Un Buon Anno a tutti quanti da parte mia! A presto, ragazzi!

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Capitolo 5
*** Il Prezzo del Tradimento ***


Rahzar camminava trionfante sul corridoio che conduceva dinanzi al trono dove Shredder lo fissava con indifferenza, con accanto sua figlia Karai e l'arrogante FishFace.

-Maestro Shredder, ho qui buone notizie- introdusse, inginocchiandogli davanti.

Il malvagio scambiò semplicemente un'occhiata vagamente curiosa con Karai e si alzò, arrivandogli dinanzi. Il pelo del mutante drizzò all'aura pesante e negativa che gli era rivolta davanti ma provò a sottrarsene e continuò a parlare, tenendo sempre lo sguardo chino ai piedi di Shredder.

-Sono riuscito a scoprire dove si trovano le tartarughe e il tuo vecchio nemico, Hamato Yoshi-.

Shredder spalancò l'occhio sano e lo alzò ferocemente per la pelliccia sul petto, fissandolo con una rabbia scioccante.

-Sono bugie, Rahzar?- domandò letalmente.

-N... no, maestro! Sai che la mia lealtà è immensa nei tuoi confronti!- si difese, con balbuzie iniziale. -So davvero come giungere alla tana dei tuoi nemici e c'è di più-.

-PARLA!- ringhiò Shredder, sbattendolo pesantemente in terra.

Il cane deglutì, ignorando il pulsare palpitante che aveva iniziato a farsi strada nel suo femore sinistro.

-Raphael e Michelangelo sono diversi. Non sembrano essere più i teenager che abbiamo sempre affrontato. Il rosso era grosso, imponente e molto alto, come se avesse avuto una trentina d'anni mentre quello arancione era poco più che un bambino piagnucolante. Suppergiù, direi dell'età fra i cinque e i sei anni-.

Shredder fece un passo indietro, fissando curiosamente l'ammasso di nuvole che si addensavano nel cielo di New York. Queste erano davvero le notizie che aveva morbosamente cercato da tempo, ormai. Fece cenno con la testa a Karai per radunare subito il maggior numero possibile di Foot Bot Ninja per stanare i suoi vecchi nemici.

-Rahzar- disse. -Quest'oggi hai portato nuovo splendore al mio Clan. Adesso vai e conduci i tuoi soldati. Io ho alcune cose da fare ancora-.

Il cane sghignazzò subdolamente felice e si permise di dare una leggera spallata a una Karai che si era incupita nell'essersi sentita quasi estranea a quel momento.

-Karai, non perdere tempo! Vai immediatamente!- ordinò Shredder.

-Sì, maestro-.

La kunoichi avrebbe voluto vendicarsi se solo ne avesse potuto...

 

***

 

Bolle profumate inondavano il bagno immerso in una foschia di vapore caldo.

Stavano facendo il bagnetto a un Mikey graziosamente seduto nel lavandino, nelle amorevoli mani del sensei che non poteva che rallegrarsi nello svolgere un compito quasi dimenticato nel corso degli anni. Il piccolino emetteva gridolini felici alla schiuma sul suo piccolo corpo e rideva alla spazzola morbida che con cura lucidava il suo piccolo guscio, togliendo polvere dalle giunture degli scuti e batteri invisibili a occhio nudo.

-Ti piace, Michelangelo?- ridacchiò.

Il piccolo mostrò semplicemente il volto più estasiato che poté e cominciò a schiaffeggiare l'acqua, che traboccò oltre il lavandino, schizzando viso e piedi del maestro.

-Figliolo, calmati!- rise, avvolgendolo in un asciugamano giallo.

Tutto ben pulito e profumato, Mikey fu portato in cucina, dove Donatello era davanti al suo notebook con un'espressione vuota, Leonardo era disteso sul divano con un braccio che copriva gli occhi e Raphael era davanti alla tv, con il viso più rabbuiato che potesse costruirsi.

Il topo capì immediatamente che qualcosa non quadrasse.

-Donatello- pronunciò. -Problemi?-.

Il suono morbido della voce paterna lo fece sobbalzare; Don si limitò ad annuire, emettendo un grave sospiro amareggiato.

-Mi sento un perdente, maestro Splinter. Rahzar è venuto a conoscenza della nostra tana e sono sicuro che giungerà qua con una flotta di Foot Bot e con quel pazzo di Shredder. Inoltre, cercherà sicuramente di accaparrarsi Mikey per torturarlo o usarlo come ostaggio per farci cantare- rivelò, facendo una carezza alla guancia del suo fratellino che stava avvolgendosi simpaticamente nell'asciugamano.

Il sensei chinò la testa, lisciando il ciuffo di peli sotto al mento; suo figlio aveva ragione e per evitare conseguenze nefaste, ci sarebbe stato solo una cosa da fare, anche se la non più onorevole.

-Dobbiamo andarcene via, Donatello. Shredder non sarà qui da solo. Arriverà in massa per metterci alle strette e da svantaggiati, la vittoria non sarà da noi conquistata- disse. -So bene che potrebbe essere considerato un atto di codardia ma è la soluzione più ovvia-.

Il ninja in viola inclinò il capo da un lato, analizzando la sconvolgente proposta e annuì lentamente, sempre più d'accordo mentre il suo cervello elaborava possibili scene sanguinarie e crudeli riservate a tutti loro.

-D'accordo, sensei. Prendo le ultime provette con il quale ho realizzato...- fece Donnie, sbiancando. -Oddio! Mi sono dimenticato di consegnare il Ritarda-Mutageno a Raph e Mikey!-.

Il piccolo Mikey scoppiò a ridere per l'espressione terrorizzata che aveva segnato il volto del genio e cominciò a dondolarsi sul guscio, afferrando i suoi piedini.

-Beato te che non capisci la gravità dei problemi...- mormorò Don, intenerito.

-Donnie... pappa...- borbottò Mikey, mangiucchiandosi le manine.

Il sensei ridacchiò semplicemente, guardando l'orologio della cucina; erano le sedici del pomeriggio e nessuno aveva fatto ancora merenda. Afferrò, dunque, alcune mele e cominciò a tagliuzzarle in modo sottile per un Mikey che stava supino sul tavolo, guardando Donnie a testa in giù.

-Ecco qui, figliolo. Mangia pure- disse, porgendogliele.

Il piccolo non perse nemmeno tempo a richiamare con lo sguardo l'idea di una forchetta e con le nude manine divorò i piccoli pezzetti di mela, mentre Raphael e Leonardo facevano capolino in quel momento, con strane espressioni.

-Che succede, ragazzi miei?- sillabò il sensei, preoccupato.

Leonardo trasse un profondo respiro e scosse leggermente il capo, facendo un passo avanti.

-Ho avuto una... visione, sensei. Non era felice- mormorò a bassa voce, cercando di non catturare l'attenzione di un Mikey sorvegliato da Donnie.

-Continua, Leonardo-.

-Ho percepito una strana sensazione di oscure intenzioni. Era molto forte e... ho avuto la netta impressione che Shredder stesse arrivando!-.

Raphael ringhiò in un crescendo e si fiondò dritto sui gradini che facevano da ingresso dalla vecchia metropolitana abbandonata; guardò le rosse illuminazioni, ascoltando i tintinnii morbidi delle gocce d'acqua che lasciavano i tubi condensati e il rombo del vuoto intorno a lui.

Improvvisamente, nel pieno silenzio, udì un leggero stridio e bassi brusii alle sue spalle, dall'oscurità più nera. Raphael si voltò con scatto felino, sguainando i Sai.

Un luccichio argenteo brillò nel vuoto, seguito da sguardi d'oro minacciosi che si muovevano perfettamente coordinati con passi sempre più forti e riverberati.

-Oh, no...!- espirò Raphael, correndo in cucina. -Ragazzi! Sono qui! Ci hanno invaso!-.

-COSA?!- ringhiò Leonardo, voltandosi immediatamente verso un Mikey che, spaventato dalle grida, era scoppiato a piangere.

-Prendo la mia borsa con il Rallenta-Mutageno! Dobbiamo uscire dalla porta secondaria nel mio laboratorio!- fece eco Don, prendendo Mikey in braccio.

Gli Hamato si diressero verso lo scassato laboratorio del genio che depose in una borsa da sport alcuni appunti, un kit di pronto soccorso, il Rallenta-Mutageno e il suo notebook, indicando poi uno scaffale di ferro che era rimasto miracolosamente in piedi dopo l'esplosione.

-Spostiamolo!- ordinò.

Raphael si rimboccò le maniche e grazie all'adrenalina pompata nei suoi muscoli gonfi riuscì a spostare lo scaffale con un duro stridio. Dietro di esso vi era un muro, però.

Donatello pigiò un mattone che rientrò, aprendo finalmente un'uscita secondaria temporizzata, che li avrebbe condotti in un'altra zona fognaria, molto più lontana e celata. Profonda.

Il genio guardò un'ultima volta il suo amato laboratorio ancora da risistemare: forse non avrebbe mai più avuto una stanza così ben fornita.

-Dove andiamo?- chiese subito Leonardo.

Il genio afferrò una torcia dalla borsa e illuminò la caverna in pendenza buia e non più colpita dalla luminescenza del laboratorio. Ne puntò il raggio dorato verso Mikey tra le sue braccia che ancora singhiozzava terrorizzato e il suo sguardo vi si ammorbidì.

-Shhh, piccolino- mormorò con una carezza sulla testolina, rispondendo alla domanda di Leo. -Verso nord-.

-Sei sicuro?- chiese Raph, scettico.

-Ho esplorato a lungo questa galleria. La conosco come il mio guscio, quindi seguitemi senza far storie-.

Il sensei guardò ancora una volta alle sue spalle: forse Shredder era già arrivato nella tana...

 

Shredder assaporava la vendetta. Era giunto nella misteriosa tana delle tartarughe che avrebbe finalmente ucciso e ne osservava ogni caratteristica con grande interesse. Karai e Rahzar erano al suo fianco, pregustando l'inizio di una nuova era per il Clan.

-Questa è la tana- mormorò.

Uno dei Foot Ninja corse frettolosamente fuori dalla cucina, consegnandogli, con un inchino, un bastone smeraldino che Saki riconobbe immediatamente: era di Yoshi.

-Dove sono?- ringhiò, stringendo la mano guantata intorno al bastone.

Il Foot scosse semplicemente la testa in diniego ma Shredder, irato da quella risposta, gli conficcò le doppie lama del suo guanto nel petto, crashandogli la motherboard senza esitazione e il poveretto cadde riverso in terra, con un'ultima leggera scossa.

Karai deglutì, facendo istintivamente un passo laterale per sottrarsi a Shredder che, infuriato, afferrò Rahzar per la pelliccia, scuotendolo con violenza.

-E allora? Dove sono?!- urlò attraverso l'elmo.

-Glielo giuro, maestro Shredder... questa è la loro tana e fino a ieri sera erano tutti qui!- si difese tremante.

Shredder lo sbatté contro il divano, andando personalmente a controllare ogni stanza della zona notte, con la rabbia sempre più accecante. Ora che era arrivato fin qui, doveva ritirarsi perché dei suoi nemici non vi era più traccia?

-Come hanno potuto anticiparmi? Come facevano a sapere che avrei fatto irruzione qui?- pensava, mentre sbatteva o calciava una porta dopo l'altra.

Stanza su stanza, più o meno disordinata, delle tartarughe nemmeno l'ombra.

Quando arrivò al laboratorio di Donatello, non perse nemmeno tempo a cercare in quella baraonda causata dall'esplosione.

-Maledizione!- imprecò, sbattendo un pugno contro la cornice annerita della porta. -Come hanno potuto sfuggirmi così? Avranno scoperto Rahzar, sicuramente?!-.

Quest'idea gli sembrò improvvisamente la più concreta e dirigendosi nuovamente al punto iniziale, colpì a tradimento la schiena di Rahzar con un pugno, per poi tempestarlo di calci allo stomaco con violenza inaudita.

-Ti sei fatto scoprire, maledizione! La nostra missione è fallita per causa tua e adesso pagherai per la tua insolenza e il tuo alto tradimento!- ruggì, voltandosi verso Karai che s’irrigidì a quello sguardo glaciale.

-Maestro?- chiese con voce piatta, pronta per eseguire.

-Richiama i Foot Ninja. Quest'oggi abbiamo fallito-.

Miwa s’inchinò ed eseguì...

 

***

 

Avevano camminato per tutto il tempo, immaginandosi la faccia sconfitta di Shredder quando non li avrebbe trovati. Dalla galleria, erano giunti in una vecchissima stazione abbandonata, del primo Ottocento, dove ancora travi di legno sostenevano incredibilmente il soffitto di pietra scura.

Donatello non aveva detto una sola parola, guidando la sua famiglia in quei cunicoli bui, polverosi e inquietanti, troppo amareggiato nell'aver lasciato la tana in balia di Shredder. Questa era una lezione che gli ricordava quanto era stato stupito a non dotare di un sistema d'allarme ben avanzato la loro casa.

-Fermiamoci un po'- disse improvvisamente Raphael. -Leo non è in condizione di camminare-.

L'azzurro era appoggiato a una trave, con espressione di dolore e mano sull'addome fasciato. La stanchezza dipingeva il suo volto sbiancato e un velo di sudore gli aveva inumidito la maschera cobalto.

-N... non preoccupatevi per me... i... io posso ancora camminare...- mentì, facendo un passo avanti.

Ma le sue gambe cedettero e per pochi secondi pensò che si sarebbe andato a schiantare con il terreno aspro, ma due braccia possenti lo avvolsero alla vita e tutto il suo corpo passò in una posizione supina.

Raph lo aveva salvato e lo teneva in grembo, fissandolo quasi con un mezzo ghigno divertito.

-Milady, è comodo il suo letto?- schernì.

Leonardo fece una linguaccia ma anche un sorriso, per esprimere quanto avesse apprezzato quel gesto.

Mikey emise un grido acuto, dalle braccia di un Donnie le cui orecchie ronzarono: aveva freddo e di nuovo fame.

-Dio, quant'è complicato prendersi cura di un infante!- sbuffò giocosamente. -Sensei, ma tu come hai fatto con quattro di noi?-.

Il topo si limitò ad accarezzarsi la barba e a ridacchiare in risposta. -Vi lascio immaginare, ragazzi miei-.

-Fleddo! Fleddo!- gridò ancora il piccolo, sgambettando fra le braccia del viola.

-Non ho nulla per coprirti, Mikey. Mi spiace- replicò dispiaciuto il genio. -Nella mia borsa ho raccolto solo lo stretto necessario in fretta e furia. Quindi, non solo siamo senza coperte o sacchi a pelo ma anche senza cibo-.

Raph socchiuse gli occhi, indurendo automaticamente il volto adulto. Era ancora colpa di Shredder se adesso si trovavano in quest'infame situazione! Ma prima o poi si sarebbe vendicato. Quell'uomo doveva pagare per tutte le sue cattiverie, fin dai tempi in cui Splinter era Yoshi e viveva con Tang Shen e sua figlia Miwa.

Splinter ebbe, allora, un'idea: infilò il piccolo Mikey dentro il suo kimono per tenerlo al caldo anche con la sua pelliccia. Il bimbo si mise a ridere soddisfatto e guardò Raphael che se la ridacchiava.

-Ma tu guarda- commentò e il suo sorriso vacillò quando vide che Leo si era addormentato.

-Penso che dovremo fermarci. Siamo tutti stanchi- concordò Donnie, massaggiandosi i muscoli del collo.

Il sensei s’inginocchiò sul terreno e si chiuse in meditazione, dondolandosi un po' per poter far addormentare il suo piccolo angelo dagli occhi come il cielo.

 

***

 

Rahzar collassò duramente contro il pavimento di una cella molto piccola e trascinato da due Foot Bot verso due solitarie catene di metallo che pendevano dal muro abrasivo di pietra. In un bugigattolo di tre metri per due come quello, con solo una finestrella sbarrata per respirare e una pesante porta ignifuga per evadere, sarebbero iniziate terribili torture per punirlo del suo tradimento.

-Lasciatemi andare!- ringhiò, dibattendosi furiosamente.

L'ombra possente di Saki gli si allungò dinanzi, mentre lo guardava con odio bruciante. Schioccò le dita e i Foot si disposero lateralmente, cosicché potesse avvicinarsi al cagnaccio rognoso.

-Maestro, ti supplico! Permettimi di spiegarti!- implorò.

Shredder lo fissò, penetrandolo con il suo occhio maligno e alzò la mano, mentre Rahzar gelava: la chiuse a pugno e improvvisamente un fascio bianco illuminò le catene, scaricandogli nel corpo migliaia di volt in un brevissimo lasso di tempo.

-Martoriatelo per bene. L'ultimo colpo spetta a me- mormorò, chiudendosi alle spalle la porta cigolante...




Angolo dell'Autrice

Ehilà, gente! Watchi96 è tornata con quest'altro capitolo che spero vi sia piaciuto. Tutto procede secondo i miei subdoli piani e aspettate di leggere il resto che la mia mente mi detterà al momento che aprirò una nuova pagina per scrivere! Muahahahah! Un saluto e un abbraccio forte a tutti i miei amici su questo fandom!
 

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Capitolo 6
*** A Volte Ritornano! ***


Donnie aveva alzato gli occhi, diteggiando il flacone di ritarda-mutageno fra le sue mani. Ancora una volta si era dimenticato di darlo ai suoi fratelli. Gettò un'occhiata al T-Phone: l'orologio segnava quasi mezzanotte, ormai e doveva sbrigarsi ma sia Raph sia Mikey stavano dormendo e la sola idea di svegliarli stringeva il suo cuore. Però doveva farlo.
-Sensei- chiamò a bassa voce.
Il topo schiuse gli occhi, strappato dal sonno leggero in cui galleggiava e comprese all'istante ciò che Donnie aveva intenzione di fare con il flacone.
-Michelangelo, apri gli occhi- chiamò dolcemente, solleticandogli il nasino.
Il bimbo tra le sue braccia sbadigliò, agitò il piedino e fece un grido morbido di protesta per essere stato svegliato dal suo sonnellino. Donnie gli fece un sorriso di scuse e gli spinse sotto al naso un cucchiaio da minestra con quella specie di brodaglia azzurrata. Mikey girò automaticamente la testolina, disgustato.
-Ehi... Mikey, che ti prende?- chiese Raph, con voce impastata, sveglio per quei lamenti.
-Ora di prendere la medicina- ripeté Don.
Improvvisamente, una luce azzurrata avvolse il corpo di Raphael, mentre una rosata quello di Mikey: gli Hamato, sbigottiti, avrebbero assistito alla trasformazione che avveniva ad ogni mezzanotte e un minuto. Donatello guardò istintivamente l'orologio sul display del cellulare e attivò la videocamera, per filmare ciò che stava accadendo.
Il corpo di Raph non ebbe mutazioni di dimensioni: anzi, quando la luce si diradò, fu perfettamente come prima, solo con delle leggere borse sotto agli occhi. Mikey, al contrario, si ridimensionò, regredito a due anni d'età. Era più piccolo e terribilmente carino.
-Bababababa!- gridò.
-Un momento... come mai Mikey già non forma più una sola parola? A due anni non dovrebbe, non so, dire ancora i nostri nomi?- formulò Raph, accigliato.
Splinter scosse debolmente il capo in negazione.
-Non lo sapete, figlioli, ma vostro fratello ha imparato a parlare molto tardi, a quasi tre anni. Mi ha sempre preoccupato questo fattore ma alla fine ce l'ha fatta-.
-Tanto da diventare un vero chiacchierone, eh?- ridacchiò Donnie. Fece una carezza alla testolina di Mikey, la cui bandana, troppo grande, si afflosciò a mo' di foulard al suo collo. -Meglio se questa la tengo io. Non vorrei tu ti strozzassi, piccolo Mikey- disse, prendendola per infilarla nella borsa a tracolla.
-Ba! Ba!- urlò il bambino, non affatto d'accordo.
Donnie colse l'attimo: il fratellino aveva spalancato la bocca!
-Scusa, Mikey- farfugliò. -Ma questo è per il tuo bene!-. continuò, infilandogli il cucchiaio tra le labbra.
Michelangelo deglutì e scoppiò a piangere; nel tentativo di trarre conforto dalla persona più vicina, si aggrappò alla veste del sensei. Quest'ultimo gli accarezzò il guscio amorevolmente comprese le sue intenzioni e nel frattempo gettò uno sguardo a Raph impegnato a ingurgitare una cucchiaiata di quella brodaglia.
-Questa roba fa schifo...- borbottò con un'espressione ironicamente disgustata. -E secondo te dovrebbe impedire il cambiamento d'età? Spiegami, genio- affermò subito dopo con un tono vagamente divertito.
-Non c'è molto da spiegare. E' una semplice equazione, a dirla tutta. Si tratterebbe di estrarre la particella cellulare contenente il mutageno e riconvertirl...-.
-Basta così- stoppò il focoso. -Tanto non capirei comunque-.
Donatello fece le spallucce, continuando a rimettere tutto nella sua borsa. Quando avrebbero lasciato il loro momentaneo accampamento, nessuna mano oscura li avrebbe dovuti rintracciare a causa di una dimenticanza. Forse era un po' paranoico ma come spesso affermava Splinter, la prudenza stessa non era mai troppa.
Improvvisamente, il piccolo Mikey tossì. Raphael si tese come una corda di violino e nella foga di inginocchiarsi davanti al padre per controllare il faccino pallido del suo mini fratello, urtò involontariamente una spalla di Leo, ancora addormentato sul duro suolo. Quest'ultimo schiuse un occhio pigramente, si voltò verso la sua famiglia mentre sbadigliava pesantemente. Per un solo attimo si stiracchiò completamente ma il dolore esploso nelle sue costole lo fece grugnire e arricciarsi in una pallina stretta.
-Scordato...- piagnucolò con un fil di voce. Si mise lentamente seduto e solo allora notò i nuovi aspetti dei suoi fratelli. -Temo di essermi perso qualcosa, vero?-.
-Tranquillo, fratellone. Ho filmato tutto con il T-Phone per studiarmi in tutta calma la mutazione quotidiana- rincuorò Donnie, agitando il cellulare. -Ad ogni modo, Mikey è regredito a due anni. Adesso è il caso di dire che è un poppante in piena regola, mentre Raph ha ancora superato abbondantemente la trentina-.
Il faccino di Michelangelo si arricciò in un grosso broncio. Aveva vagamente afferrato il concetto del fratello di essere stato definito "lattante" e non gli andò affatto giù. Così, sgambettando con violenza, riuscì a sottrarsi dalle braccia del maestro, ad atterrare con il popò in terra e a gattonare vicino a Donnie per schiaffeggiarlo con le sue piccole manine sulle gambe.
-Ehi!- protestò il genio, a malapena trattenendo una risata.
Mikey gridò un'altra volta ma ben presto si stancò e strisciò vicino a Raphael, con un'ultima pernacchia per il viola.
-Ma tu guarda...- sbuffò Donatello.
-Ben ti sta. Mikey sarà anche piccolo ma capisce ancora- ridacchiò Raphael, solleticando il pancino del fratello piccolo. -Non è forse così?- stuzzicò.
Michelangelo sorrise ma ecco che un nuovo colpo di tosse gli incendiò la laringe.
-Abbiamo riposato abbastanza. Qui ci sono troppi spifferi e Mikey potrebbe anche peggiorare!- ringhiò lo stesso Raphael, in piedi.
Donatello lo guardò per qualche secondo, poi lo imitò e fece da supporto a Leonardo per aiutarlo a camminare.
-Dobbiamo proseguire per circa cento metri a nord; da lì in poi giungeremo in superficie-.
Il maestro Splinter alzò una mano tutt'un tratto: le sue orecchie si tesero e il suo naso puntò all'aria satura di un Chi forte e potente non così sconosciuto.
-Che succede, sensei?- espirò Leonardo.
-Una presenza- sussurrò, con gli occhi ristretti puntati sul buio della galleria a nord.
Rimasero tutti in silenzio, perfino Mikey, quando, in un crescendo nitido, cominciarono a percepire dei tonfi costanti uniti a respiri traballanti simili a quelli ottenuti da una corsa estenuante. Gli Hamato si strinsero in cerchio, pronti a intervenire e proteggere soprattutto il piccolo Michelangelo nella morsa degli starnuti da polvere.
Un fiato pesante riverberò nel buio e un paio di occhi azzurri scrutarono attenti la famigliola pronta all'attacco più avanti. Un rantolo strozzato sfuggì da piccole labbra carnose e un vento freddo si abbatté su Donatello.
Per un attimo, il tempo parve fermarsi. Il giovane genio fissò i volti increduli della sua famiglia riversi su di lui e quando abbassò titubante gli occhi alla chioma pel di carota che gli solleticava il mento, il cuore prese a battergli all'impazzata.
Braccia esili erano intorno alla sua vita, in un abbraccio. Occhi lucidi lo fissavano con profondo senso di colpa. Un solo nome gli si scolpì nella mente a caratteri cubitali.
-A... April...?- soffocò con la bocca improvvisamente troppo secca.
La O'Neil era proprio lì, schiacciata contro il suo petto e non era un sogno.
-Donnie... mi dispiace tantissimo per ciò che ho fatto... non era colpa vostra, no...- mitragliò in un fiume di lacrime. -Perdonatemi tutti quanti... io ho bisogno di voi...-.
Raphael avvampò di rabbia, al contrario e la spinse via con un semplice spintone. La giovane barcollò indietro alquanto scioccata nel ritrovarsi un mutante raffigurante vagamente un amico in passato.
-Un piagnisteo per risolvere le cose? Tipico delle ragazzine- introdusse. -Sei proprio una stupida, lo sai? Prima ci volti le spalle e cerchi di cancellarci dalla tua memoria, poi fai soffrire Donnie, addossandogli una colpa che nemmeno dovrebbe esistere. E infine torni qui, abbracciandoci, sperando che ti venga concesso facilmente il perdono?-.
Lentamente, la famiglia Hamato indietreggiò al fianco di Raphael, perfettamente concordante con lui. April non poteva trattarli così.
-Ma... ho sbagliato, lo so...- si difese la rossa.
-Mi dispiace, April ma Raph ha ragione. Hai fatto una tua scelta- confermò Leonardo, con voce piatta e crudele.
La rossa, allora, guardò Donatello sperando in qualcuno dalla sua parte ma quest'ultimo distolse semplicemente lo sguardo, senza profferire parola.
-Come vedi, nessuno è disposto a riaverti in squadra, April- evidenziò letalmente calmo Raph. -Non siamo giocattoli da tirar fuori quando vuoi. Adesso, sparisci se non vuoi avere rogne-.
La rossa deglutì ma non se ne andò. -In superficie sta succedendo qualcosa di strano! Le strade sono zeppe di Foot Bots in perlustrazione! Nella cattedrale brilla una luce rossa e Shredder ne è al suo interno!- spiegò.
-Perché dovresti chiedere aiuto a noi? Non c'è forse il tuo amico Casey Jones?- ribatté Donatello, marcando l'ultimo nome con disgusto.
-Vi prego! Se proprio non volete aiutare me, fatelo per tutte le persone della superficie!-.
Michelangelo guardò la sua famiglia avvolta nel silenzio del ponderare una scelta, poi si concentrò su April. Quest'ultima si accorse di lui solo in quel momento e gli fece un piccolo sorrisino intenerito.
-Bababababababa!- strillò, con due starnuti.
-Non mi dirai che vorresti darle un'altra possibilità, vero?- brontolò Raph. -Sei sempre stato troppo mollaccione di cuore, Mikey! Basta un sorriso e per te è tutto perdonato, eh?-.
Il bambino agitò le manine come avesse voluto colpirlo e scoppiò a ridere di gusto.
-Penso che la sua sia una scelta saggia- confermò anche il maestro, con un sorriso.
-D'accordo. Aiuteremo New York, ancora una volta- disse Leonardo, con un passo avanti. -Però, non certamente te, April-.
La rossa abbassò lo sguardo ma annuì. Del resto, una piccola parte del suo cuore si era già raffigurata una reazione del genere e dopo tutto ciò che aveva fatto ai suoi migliori amici questo era ciò che si meritava.
-Grazie- mormorò.
Raphael le diede uno sguardo mortale nel prendere tra le sue braccia il suo fratellino scodinzolante.
-Non parlare con me- sillabò con volto indurito.
La ragazza si affrettò a far loro strada. Di spalle, nessuno avrebbe potuto vedere un minuscolo sorriso farsi strada sulle sue labbra; dopotutto, i suoi amici non le avevano del tutto voltato le spalle...
 
***
 
Rahzar era un relitto nella sua cella d'isolamento. Era stato pestato e ridotto quasi in fin di vita per una punizione in base alla sua colpevolezza. L'aver condotto Shredder in un covo nemico dove l'attacco era già stato prevenuto con una fuga gli era costato così tanto che rimpiangeva la sua vecchia vita di Chris Bradford, il più agguerrito lottatore di Kung-Fu a New York.
Sputò un grumo di sangue e vi ci osservò il riflesso della sua testa ferita. L'occhio sinistro era gonfio a tal punto da non poterlo più usare. Il suo pelo frastagliato aveva un odore ferroso e al tatto sarebbe sembrato piuttosto appiccicoso.
Rahzar spostò l'unico occhio disponibile sui tredici Foot Bot armati di manganelli disposti in cerchio: lui era una pignatta non così felice. La cosa peggiore era senz’altro il colpo finale che avrebbe ricevuto da Shredder tra un po'.
In questo momento, nella stanza del trono era impegnato a osservare alcuni nuovi esperimenti genetici da Baxter Stockman e da ciò che aveva sentito si trattava anche di fumi vermigli in grado di mutare qualsiasi soggetto vivente in poco più di dieci secondi.
Chiuse l'occhio e rilassò il corpo. Non valeva più la pena dimostrarsi forte per resistere ai colpi che avevano spaccato due costole più la zampa sinistra.
-Tutta colpa di quei maledetti...- borbottò mentalmente. -Se mai dovessi riprendermi dal pestaggio finale o meglio ancora, sopravvivere, te la farò pagare, Michelangelo!-.
Improvvisamente, nella mente gli balenarono le immagini della tartaruga in questione. Inizialmente, si era dimostrato un vero fan, forse il vero e unico che avesse mai avuto nella sua vita umana. Lui lo aveva tradito, però.
Aveva visto quegli occhi traboccanti di lacrime e ferite nel cuore riflesse in essi... ma non si era fatto scrupoli a tendergli un'imboscata.
Mikey era sempre stato il suo avversario e nonostante tutto lo aveva sempre risparmiato. Non poteva negare che qualche volta le sue pazze acrobazie gli avevano scaturito un sorriso divertito.
Poi, l'immagine di quel piccolo Mikey con le lentiggini gli fece spalancare anche l'occhio gonfio. Sembrava così piccolo e tenero, con quell'orsacchiotto e il visino paffuto. Anche adesso gli formicolava il petto nell'aver pensato di sbranarlo.
Un'idea, però, gli si stava formando nella testa confusa.
Era contento che gli Hamato avessero lasciato la tana prima della grande disfatta.
Un sorriso strisciò sulle sue fauci ma quando l'ombra di Shredder gli si allungò dinanzi, si cancellò.
Qualche Foot Bot avrebbe voltato la testa verso la nera cattedrale per un grido mostruoso per una fine segnata...


Angolo dell'Autrice

Salve ragazzi! Rieccomi ad aggiornare un'altra storia! Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono, recensiscono o fanno semplicemente un giretto nella mia galleria! :)

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Capitolo 7
*** Battaglia nel Vicolo ***


Le strade della Big Apple erano davvero perlustrate e sorvegliate da una fitta schiera di Foot Bots armati di laser Kraang, ottenute da un'improbabile ma possibile alleanza con il Kraang Prime e lo stesso Shredder.
Sbucare dai tombini sarebbe stato troppo pericoloso e nemmeno percorrere i tunnel fognari verso sud-est, i quali conducevano verso la Cattedrale nemica, in quanto sorvegliati da altri droidi.
E Leonardo era giunto alla stessa medesima conclusione, in silenzio con la sua famiglia, celati dalle tenebre di un vicolo malridotto e grondante di spazzatura nauseabonda. A pochi passi potevano scorgere la Cattedrale ma accedervi sarebbe stato impossibile.
-Andiamo via da qui! Puzza!- brontolò Raphael, con Mikey tra le braccia. Il bimbo fece uno starnuto e un vagito preoccupato. -Visto? Non sono l'unico a pensare quanto sia malsano per Mikey- pronunciò con voce più bassa.
Donatello appoggiò istintivamente la mano sulla testolina del fratello bambino e automaticamente la sua espressione perplesse s'indurì in una preoccupata. Amaramente tirò un sospiro frustato, frugando nella sua borsa alla ricerca di un termometro.
-Che stai facendo?- domandò ancora Raphael, incuriosito.
-Mikey è un po' troppo freddo per me. Non va bene. Ha bisogno di una copertina o qualcosa per un po' di calore- pronunciò attento. Notò un bagliore di rabbia attraversare le iridi del fratello rosso verso la quarantina.
Il sensei infilò il bimbo nel suo kimono ancora una volta, poi lo accarezzò sulla testa in modo da distrarlo e non farlo parlare per evitare di attirare l'attenzione.
-Non dovrebbe essere la nostra battaglia, dannazione- imprecò Raphael.
-Invece sì. Se Shredder ha mobilitato tutte le sue truppe di robot è perché vuole stanarci. Probabilmente non deve aver gradito la tana vuota- ribatté deciso Leonardo, mentre correva con lo sguardo sugli edifici costeggianti la Cattedrale.
-Abbiamo bisogno di un posto dove nasconderci e progettare un piano- borbottò Donatello. -La tana è fuori questione-.
April aprì la bocca per ricordare loro che c'era pur sempre il suo appartamento disponibile ma si ricordò amaramente che era fuggita da lì proprio perché aveva incontrato un'orda di Foot Bots e Kraang. Senza sua padre si sentiva persa.
In un attimo, però, una nuova idea le si accese in testa. Forse era un po' prematuro, ma l'unico appartamento disponibile era quello di Casey. Gli avrebbe spiegato dei suoi amici una volta lì.
-Spero solo che non faccia lo scontroso, né vada a spifferare in giro sugli altri- pensò, adocchiando gli Hamato.
Raph sbatté un pugno contro un muro con rabbia. -Che cos'hai da fissare, si può sapere? Stai attenta a quello che fai!- ruggì seccato.
La rossa deglutì la paura per quella violenza scolpita in muscoli tonici e d'acciaio, prese un respiro profondo e rivelò la sua idea.
-No! Neanche per sogno!- bofonchiò Donatello, seccamente.
-Donnie, ti prego, è l'unico posto dove possiamo stare...-.
-Non da quello lì!-.
La rossa, allora, avvampò di rabbia. -Si può sapere cos'hai contro Casey? Lui è un bravo ragazzo e mi ha protetto contro Mutagen Man!-.
Fu il turno di Donatello di incendiarsi di pura ira. Tutti i suoi dubbi più profondi erano emersi con quella semplice frase della kunoichi improvvisamente piccola sotto gli sguardi furenti dei tre Hamato, Mikey compreso.
-Babababa! Bababababa! Babababababa!- gridò quest'ultimo, sgambettando nel kimono del sensei.
April sollevò semplicemente un sopracciglio.
-Non ci si può fidare di te! Se proprio ti piace Casey, perché non chiedi aiuto a lui, eh?!- esplose Donatello.
-Ragazzi...- pronunciò Leonardo, rivolto all'imboccatura del vicolo.
-Io sono venuta qui per scusarmi e ancora mi trattate male!- protestò la rossa, sbattendo un piede in terra.
-Senti un po', ragazzina! Abbassa la voce, hai capito? Siamo già stati troppo buoni a rivolgerti la parola, mi sa e tu hai ancora la foga di rivoltarti contro di noi? Se non gradisci la nostra squadra, smamma!- ruggì Raphael, pericolosamente a un centimetro dal suo viso.
April indietreggiò quasi davanti a quella mastodontica figura ma non lo fece per preservare la sua dignità.
-Ragazzi, voltatevi un attimo...- ripeté Leonardo.
-Raph ha ragione. Senti April, la nostra amicizia è rotta, dopotutto. Quindi, ognuno per le sue strade- obiettò Donatello, mentre si accarezzava il divario tra gli occhi.
-Idioti che siete!- gridò, frustrata, April.
Raph fece un ringhio animalesco, ormai al limite dal trattenere la furia di strozzare l'insolente ragazzina. Vene pulsanti comparvero sulla sua pelle smeraldo in un batter d'occhio e una ben definita fece capolino sulla tempia sinistra.
-RAGAZZI!- strillò Leonardo.
-Che c'è?!- protestarono all'unisono Raph, Donnie e April.
In fretta, sbiancarono. All'uscita del vicolo tante teste corvine di Foot Bots e alcuni droidi li stavano osservando da un po', tenendo le armi ritte e puntate su tutti loro.
-E... era questo ciò che stavi cercando di dirci, Leo?- balbettò Donnie, sguainando il suo Bo.
-Non mi dire...- sbuffò lo spadaccino in risposta.
Gli Hamato sguainarono le loro armi e la stessa April sfoggiò il Tessen. I Foot Ninja scavalcarono alcuni cassonetti e sacchi della spazzatura con agili balzi mentre altri si aggrapparono al muro come ragni; altri ancora si appollaiarono sulle ringhiere delle scale ignifuche.
-Kraang ha trovato gli obiettivi prefissati dai Kraang. Le tartarughe devono essere portate sulla Base dei Kraang non nella dimensione X! La Base dei Kraang è pronta per le tartarughe!- esclamò un Kraang.
Il rumore dei laser in accensione sembrò riverberare nelle orecchie degli ostaggi ninja. Con tutta probabilità, sguainando le armi avevano dato il via a una lotta di gran lunga svantaggiata.
Improvvisamente, uno dei Kraang piegò la testa da un lato e schioccò le dita. Alle sue spalle si fece strada un secondo robot senza il cervello rosa kraanghiano a pilotarlo, come tutti gli altri.
-Kraang, attivare tenaglia- ordinò il Kraang.
Dallo stomaco dell'altro robot si allungò un braccio meccanico di lucido metallo per afferrare in un gesto secco il piccolo Mikey. La tenaglia all'estremità principale dell'arnese si chiuse intorno al corpicino del bimbo e lo portò fra le braccia nemiche.
Il Kraang senza cervello aprì una mano e dal palmo crebbe un autentico globo di luce rosata per inghiottire il singhiozzante Michelangelo. Lo ingabbiarono in una manciata di secondi ma per gli Hamato si trattarono di lunghissimi minuti.
Realizzato effettivamente ciò che era appena accaduto, Raphael irruppe il silenzio meschino con un ringhio e da selvaggio vi si fiondò sull'ammasso di Kraang, distruggendoli con una furia tagliente dei suoi Sai.
Nessun automa resistette agli affondi delle lame dei pugnali danzanti su una melodia di follia allo stato puro. Fra un salto e una capriola, Raphael rivolse le iridi scomparse secondo la modalità stealth al robot che sorvegliava il globo con Mikey sospeso a mezz'aria ma qualcosa alle sue spalle lo anticipò.
Diradata la foschia vermiglia di collera, Raphael e tutti gli altri sollevarono lo sguardo a una figura fieramente irta sul cornicione dell'edificio più vicino alla battaglia nel vicolo. Era esile, non tanto altra e grazie ai raggi lunari avrebbero potuto scorgere lineamenti giovanili più altri di arnesi simili a mazze da baseball.
-Oh! Una rissa in piena regola e Casey Jones non è stato invitato?!- ironizzò mentre balzava nel vicolo con un atterraggio a quattro zampe.
Per un attimo trattenne un gemito di dolore alla forza dell'impatto interessata alle sue gambe ma tornò subito in piedi, picchiettando la mazza sulla sua spalla.
Sul volto, una maschera bianca e nera lo rendeva più pazzoide.
-Casey?- espirò April.
-Rossa?- rispose incredulo l'altro. -Ma che diavolo ci fai qui? Non sai che è pericoloso? Lascia a me l'azione-.
April scosse semplicemente il capo.
-Cosa vedono i miei occhi! Tartarughe giganti, robot pazzi, ninja e...- continuò. Quando fissò Splinter, cadde ironicamente di sedere in terra. -TOPI GIGANTI! AIUTO!- urlò nell'isteria tipica di una ragazzina.
-Il grande Casey Jones, eh?- ripeté atono Leonardo.
April gli rispose solo con le spallucce.
Senza più un pilota, la sfera con Mikey cominciò a salire verso il cielo.
-Bababababa!- strillò il piccolo, nella morsa del terrore.
-MIKEY!- gridò Raphael. Era pronto per intervenire ma un'orda di Foot e Kraang gli balzarono addosso per fargli perdere inutile tempo. -Ragazzi, pensateci voi!- implorò con voce camuffata. Il suo viso, dopotutto, era per metà schiacciato sull'umido asfalto della notte.
Donatello prese la situazione in mano: scagliò la naginata contro il muro per far penetrare la lama segreta in una delle intercapedini dei mattoni scrostati e la utilizzò come trampolino. Eseguito una capriola a mezz'aria, si fiondò all'ultimo istante sul globo mentre la sua mente imprimeva indelebile gli occhioni umidi del fratellino spaventato.
-Ci sono, ci sono!- gridò. Le sue braccia riuscirono a stringersi intorno al globo e Donnie atterrò sul cornicione di un altro edificio, ruzzolando un paio di volte. -Oh, che botta...- gemette.
Il globo cominciò a rotolar via, a causa della lieve pendenza dell'edificio, ma prontamente Donnie lo bloccò con il suo piede e si avventò ancora una volta su di esso, stringendolo a sé.
-Ti tengo, piccolo!- disse.
-Bababa!- esclamò giulivo il piccolo Mikey, alzando il aria le braccine.
-Adesso sta a me capire come tirarti fuori di qui- pronunciò Donnie, nel tentare di forzare in qualche modo la sfera rosata. -Forse sarà alquanto complicato...- borbottò subito dopo.
-DONNIE!- si udì con riverbero dal basso del vicolo.
Il citato balzò letteralmente in piedi con la sfera e Mikey sotto al braccio e si affacciò sul cornicione. Il volto di Raph era una macchiolina ben definita trasudante di preoccupazione. Donnie sollevò la palla con Mikey e un sorriso sollevato sbocciò sulle labbra del fratello ancora nella cerchia dei Foot Bots.
-Bababa...- borbottò Mikey.
-Dici che è ora di tornare a combattere?- chiese Donnie e il fratellino annuì. -Mi domando come tu possa comprendermi, sai?-.
Il bambino si mordicchiò le labbra in risposta. Forse non lo sapeva nemmeno lui!
Donatello usufruì delle scale antincendio per catapultarsi di nuovo nella mischia ma immediatamente gli ribollì il sangue nelle vene: Casey proteggeva April, tenendola stretta al petto mentre con la mazza da baseball colpiva i teschi robotici dei nemici.
-BABABA!- urlò improvvisamente Mikey.
Il viola non ebbe il tempo di capire cosa il suo piccolo fratello avrebbe voluto dire: un dolore accecante esplose sul suo volto e come conseguenza il suo corpo volò per qualche metro.
Una mano deforme afferrò la sfera con Michelangelo.
-Ti... Timothy...?- gemette Leonardo. Senza nemmeno voltarsi, stese un Kraang con una gomitata in pieno addome.
-Da quando lavora con il nemico...?- gemette Donnie, ancora supino in terra.
-Non lo so e non m'interessa!- gridò Raphie. -Mikey è mio!-.
Balzò verso Timothy, in versione Mutagen Man ma fu presto eluso con un pugno nello stomaco e spedito in un cassonetto. I Kraang ne approfittarono per aprire un portale, avendo ormai catturato un ostaggio succulento, ovvero Mikey.
-Non ve lo permetterò mai!- tuonò Splinter. Scagliò un kunai al centro del triangolo di metallo che apriva i portali per un corto circuito e così facendo sventò momentaneamente la minaccia.
In pochi secondi comparve alle spalle di Timothy, gli sfilò di mano Mikey e si catapultò nuovamente nella direzione opposta a combattere assieme ai figli.
I Kraang si scambiarono un'occhiata, poi uno di loro gettò una granata.
-ATTENZIONE!- avvertì Leonardo, inutilmente
Nessuno avrebbe avuto il tempo di fuggire.
Le ultime cose che avrebbero ricordato sarebbero stati un bagliore accecante, un calore e il buio assoluto...


Angolo dell'Autrice

Nuove fan e tanta gioia! Love it, guys! Non so davvero come ringraziarvi per seguirmi sempre e aspettarmi anche quando non pubblico per lunghi periodi! Così, tanto per evitare alla pigrizia di soffiarmi le idee, stasera aggiorno di nuovo con un capitolo d'azione limitata per ora. Per la prima volta, poi, introduco Mutagen Man che non mi piace ma mi era simpatico Timothy con la sua voce americana. Senza offesa, ma il doppiaggio italiano di questa nuova serie avrebbero potuto farlo a Milano, con i doppiatori originali del 1987 e 2003 non a Roma! Pazienza.
Ovviamente, queste sono le mie considerazioni. Ricordatevi che siamo in Paese libero dove ognuno ha le proprie idee.
Ciaooo!

 

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Capitolo 8
*** Come un Gioco ***


Prigionieri a noi conosciuti si risvegliarono l'uno dopo l'altro all'interno di una cella d'isolamento protetta da codici e password sconosciute. Il primo a sollevare con immensa forza il busto dal freddo e grigio pavimento fu Donnie. Per un attimo la sua visuale sdoppiò a causa di un capogiro per la violenza con il quale si era tirato su, poi tossì un paio di volte e infine, con la testa fra le mani, si mise seduto.
-Mi fa male tutto...- pronunciò, guardando gli altri riversi in terra a un passo dal risvegliarsi.
-Dove siamo...?- borbottò Leonardo, in un respiro tremante. Le sue costole inviarono una fitta di dolore per l'espansione del petto. -Dannazione... e pensare che durante la lotta non mi fa così male...- borbottò a malincuore e imitò il fratello dalla maschera viola.
Quest'ultimo si alzò barcollando per avvicinarsi alla finestrella infrangibile che faceva capolino sull'uscita della cella. Ci poggiò su la mano, in un gesto di sconforto e analizzò attentamente il corridoio candido così familiare.
-Ragazzi, siamo prigionieri dei Kraang- mormorò atono.
Improvvisamente, il focoso balzò in piedi, con il respiro affannato, guardandosi intorno con aria furtiva. Fra le varie teste ormai in piedi, un piccolo cucciolo mancava.
-D... dov'è Mikey...?- pronunciò.
-Babababa!-.
Raphael e tutti gli altri sollevarono lo sguardo sbigottito al soffitto e ne rimasero completamente attoniti. Oltre il tetto blindato si potevano scorgere stelle, alcune nebulose e pianeti lontani.
-Altro che Dimensione X...- espirò Leonardo, stupito.
-Siamo... nello spazio!- rivelò, infine, Donatello. -Cavolo! E' la prima volta che assisto a qualcosa di così affascin...-.
-Chiudi il becco!- lo interruppe bruscamente Raphael. -C'è Mikey da tirare giù da quella maledetta sfera sospesa a mezz'aria con il problema di arrivarci! E tu ci rompi le palle con l'affascinante mistero spaziale?!- gridò, con sarcasmo per l'ultima frase.
Donatello abbassò semplicemente il capo.
Il piccolo Michelangelo era ancora bloccato nel globo luminoso, sospeso a circa otto metri dal suolo. Quella prigione somigliava a un alto parallelepipedo.
-Bababa! Bababa!- urlò con le lacrime.
-Arrivo, piccolo!- esclamò Raphael, furente.
Si catapultò verso l'obiettivo saltando sulle pareti, sotto lo sguardo di tutti; purtroppo, non appena un solo dito sfiorò il globo luminoso, il suo intero corpo fu invaso da una scarica violenta d'elettricità. Raph lanciò un urlo di dolore e schiamazzò al suolo, con ustioni sui palmi delle mani e un leggero odore di carne bruciata. La sua famiglia gli fu subito al fianco.
-Raph!- esclamò Leonardo, sollevandogli la testa nella piegatura del braccio.
Il focoso schiuse lentamente gli occhi e per qualche attimo rimase assente; quando cominciò a muovere leggermente le iridi, si riprese.
-Che botta...- pronunciò.
-Già. A parer mio una grande scossa. Sei fortunato a essere ancora cosciente- rispose Donnie, con lo sguardo rivolto a un Mikey in lacrime ancora troppo in alto.
-Dobbiamo riuscire a tirarlo fuori di lì- esclamò Splinter.
Nella preoccupazione generale, Casey Jones sbuffò sonoramente e attirò l'attenzione su di sé con un pugno contro il muro.
-Che c'entro io in questa storia?- ringhiò. -Anzi, April con che razza di gente pratichi tu? Credevo fossi una ragazza normale!- continuò velenosamente, riferito agli Hamato.
La rossa deglutì un grumo troppo pesante nel suo esofago e non si pronunciò; anzi, indietreggiò di un passo senza osar guardare nessuno.
Nonostante Donatello covasse ancora astio nei confronti della kunoichi traditrice, non digerì affatto l'insinuazione di Casey, ancora a sbraitare di quanto fosse degradante ritrovarsi insieme a un ammasso di mutanti. Gli si avvicinò minaccioso, lo afferrò per il bavero della logora felpa e lo sbatté contro la porta per costringerlo a fissarlo negli occhi.
-Stammi a sentire, tu! Non ti permettere minimamente di affibbiare una colpa del genere su April! Tutti abbiamo dei segreti, tutti commettiamo errori! Conosci il proverbio "sbagliare è umano, perseverare è diabolico"?- tuonò in un crescendo.
Casey rimase sbigottito dalla sfuriata ma proprio in quel momento un tonfo fuori la porta lo bloccò. Chiunque stesse per entrare, lo avrebbe sicuramente colpito alle spalle; così, pensò di spingere Donatello da parte per fronteggiare l'eventuale nemico a testa alta.
Un astronauta in nero fece la sua comparsa con un laser stretto tra le mani. Attraverso il casco ombrato analizzò i volti aggressivi dei suoi prigionieri; poi, puntò a Mikey e rimase con il collo teso verso il globo in alto per un'interminabile manciata di secondi.
-Che hai da fissare?!- strillò addirittura Leonardo.
L'astronauta lo fissò incuriosito e gli puntò contro il laser, azionando il grilletto senza alcuna esitazione. L'azzurro non batté ciglio nella sua dimostrazione d'intimidazione; anzi, compì perfino un coraggioso passo avanti.
-Abbassa l'arma- intimò con voce piatta.
Raphael non smise un attimo di ringhiare mentre con un occhio guardava Mikey che, completamente ignaro della situazione, si stava dondolando sul guscetto, borbottando paroline del tutto incomprensibili. Un sorriso gli comparve sulle labbra ma non durò che pochi secondi.
-Fai silenzio, parassita- replicò letale l'astronauta, con voce gracchiante.
Leonardo si stupì che l'altro avesse compreso la sua lingua e risposto anche.
-Abbassa l'arma, ti ho detto- replicò il leader deciso.
-Leo, ti sei accorto che siamo completamente disarmati?- sussurrò Donnie, dietro di lui. -E questo vuol dire che hanno anche il Retro Mutageno!-.
-Sta calmo- rincuorò Leo, ancora con lo sguardo fisso sull'astronauta.
Improvvisamente, il globo rosato esplose in un "flop" con minute particelle brillanti; Mikey si ritrovò a galleggiare per un attimo nell'aria ma inesorabilmente piombò verso il basso.
Laser o meno, Raph si lanciò in un balzo straordinario e lo afferrò prontamente. Non appena vide Michelangelo ridere soddisfatto a quello che per lui era sembrato un gioco, trasse un respiro di sollievo.
Il grosso dito del secondogenito fu stretto nella manina del suo fratellino in un gesto davvero tenero.
-Sì, ti voglio bene anch'io- sussurrò.
L'astronauta rinfoderò il laser sulla schiena e cominciò ad applaudire. I presenti non emisero neanche una parola.
-Molto bravo, Raphael- disse, facendo tendere il citato. -I tuoi riflessi sono ben allenati, davvero come dicono le voci di corridoio-.
Raphael socchiuse gli occhi in risposta. -Chi sei tu? Cos'è che vuoi esattamente da noi? Anzi, cerchi rogne?- ringhiò, mentre si alzava con Mikey in braccio.
-Bababa!- rise quest'ultimo, agitando le manine.
L'astronauta si mise a ridere di gusto e ben presto calò giù la zip della sua tuta, cosicché potesse disfarsi dell'uniforme e mostrarsi nella sua vera natura. Era un uomo che ricordava molto i M.i.B, al servizio del Presidente degli Stati Uniti.
Indossava un lungo soprabito nero, in tono a capelli impomatati, occhi e occhiali, cravatta e perfino pantaloni e scarpe lucide. L'unico colore differente era solo il bianco della camicia.
-Il mio nome è John Bishop, agente secreto americano che si occupa di sventare minacce aliene- si presentò.
-Non ho mai sentito parlare di te- bofonchiò Casey.
L'uomo in nero contrasse il viso in una gelida espressione di rabbia ma non si pronunciò e avanzò con nonchalance verso Raphael e il minuscolo Michelangelo.
-Mi ha da subito affascinato il vostro aspetto. Avete la stessa genia ed errore genetico nel DNA- disse, afferrando il mento di Raph in una mano. -A mio parere, fra tante creature che modestamente ho vivisezionato, voi siete quelle più affascinanti- adulò ma il focoso si sottrasse con un brusco movimento del collo.
Bastò un semplice sguardo di Mikey verso Bishop a farlo tremare di paura. Il rosso indietreggiò, avendo cura di tenere una mano protettiva fra il guscio e la testolina.
-Tu sei suo padre?- sogghignò Bishop.
Il focoso non rispose.
-Potrebbe anche esserlo, dopotutto ma siete fratelli. I risultati non sbagliano- rispose Bishop, alzandosi gli occhiali sul naso. Passeggiò con le mani dietro alla schiena verso gli altri e li osservò attentamente. -Soltanto nei loro DNA ho riscontrato una massiccia concentrazione di cellule mutate per una crescita o rimpicciolimento corporeo. Perchè?- domandò, rivolgendosi addirittura a Donnie.
Quest'ultimo si masticò le labbra pur di non dargli alcuna soddisfazione.
-Mi sembravate così senzienti, prima e piuttosto allenati a parlare. Cosa vi trattiene? Forse non avete mai avuto a che fare con un uomo, prima d'ora?- stuzzicò.
-Non hai risposto alle nostre domande- rispose Splinter.
L'uomo dimostrò chiaramente interesse verso di lui; poi si alzò gli occhiali sul naso e tornò verso l'uscita della cella.
-Non siete infetti. La quarantena è inutile- affermò, infilando una mano nel suo soprabito. Appena tirò fuori un telecomando tascabile, la situazione degenerò. -Mi raccomando. Questo è un labirinto. Cercate di restare in vita e di non fare brutti incontri- ironizzò e schiacciò il pulsante rosso dell'affare.
Gli Hamato ebbero solo il tempo di guardarsi: dal suolo si alzarono circa tre capsule di vetro che li divisero in coppie da due. Splinter si ritrovò con Leo, April con Casey, Raph, Don e Mikey come ultima squadra.
-Figli miei!- esclamò Splinter.
La base di quelle capsule si rivelò una piattaforma in grado di spingerli in pochi secondi verso delle aperture nel pavimento. Bishop ghignò a tutta la scena e lasciò la cella quando si ritrovò totalmente da solo...
 
***
 
La prima capsula spedì la Squadra Tre in un bosco fitto, con le fattezze terrestri. Donatello atterrò sulla morbida erba con una capriola, mentre Raphael con Mikey tra le braccia usufruì di un salto mortale e atterraggio a squat.
Il cielo era variabile, con nubi grigie e tristi. Le cime degli alberi dalla conformazione ad anello intorno a quello spazio erboso frusciavano nel vento gelido. Non c'era nessun altro al di fuori di loro tre.
Michelangelo starnutì un paio di volte e prese a tremare.
-Don, ci serve una coperta! Ha freddo!- tuonò Raphael.
-Dove vuoi che la tiri fuori, si può sapere?!- ruggì l'altro, con i nervi a fior di pelle.
Tutta quella situazione lo aveva stressato a tal punto di diventare irascibile. Raphael grugnì ma ben presto, in lontananza, una sorte di stand gli saltò all'occhio.
-Ehi, guarda un po' lì, testone- indicò.
-Una tenda? Cosa ci farà mai in mezzo a un bosco?-.
-E lo domandi a me? Muoviamoci, piuttosto! Mikey ha bisogno della coperta!-.
Donatello scosse il capo, seguendolo. Corsero in modalità stealth verso il bersaglio ma all'ultimo istante si acquattarono dietro a una folta serie di cespugli. Non erano sicuri di essere completamente da soli. E se qualche trappola sarebbe scattata di lì a poco?
Mikey starnutì un'altra volta e cominciò a tirare le code della maschera di Raphael per costringerlo ad avvolgerlo in qualcosa di caldo.
-Vado io. Tu rimani qui. Esporre Mikey è troppo pericoloso, adesso- anticipò Donatello, con il canto degli uccelli in sottofondo.
Il focoso annuì e lo seguì in silenzio nell'infiltrazione in quello strano stand grigio. Donnie era sempre all'erta, guardandosi intorno ad ogni manciata di secondi e l'udito era ben teso. Dopo qualche minuto, però, abbassò la guardia.
-Non c'è nessuno qui- pronunciò.
Il suo sguardo ricadde sul tavolo di ferro sul quale erano disposti strani zaini colorati e sacchi a pelo. Donatello si grattò la tempia con fare pensieroso ma un bigliettino gli catturò l'attenzione. Lo prese e lo lesse.
 
Hamato Donatello/ Raphael = Squadra Tre
 
-Questo biglietto sa di gioco- ammise con lieve stizza. Fece le spallucce e afferrò lo zaino verde con il suo nome per poter tornare dal fratello.
-Allora?- chiese quest'ultimo. -Che cosa c'era nello stand?-.
-Nulla di che. Solo un tavolo con numerosi zaini. Ho preso questo perché ha il nostro nome-.
Raphael non seppe cosa dire quando lesse effettivamente il biglietto attaccato alla cerniera dello zaino.
-Beh, apriamolo e cerchiamo di capirci di più- propose.
Donatello obbedì e titubante cominciò a scrutare nello zaino. Tirò fuori due coperte, un sacco a pelo ampio, una fune e un coltello affilato in un fodero di cuoio.
Raphael avvolse immediatamente la coperta intorno al suo piccolo fratellino e incredibilmente quest'ultimo si addormentò con il pollice in bocca.
-E adesso che si fa?- domandò.
-Non lo so. Potremo ispezionare in giro e capirci di più- propose Donnie, consegnandogli il coltello. -Tienilo tu. Dopotutto, le tue sono armi taglienti. Io mi rifarò un bastone con qualche bel ramo lungo. Qui è pieno di legna, no?-.
Raph lo accettò, lo legò nella sua cintura e abbracciò velocemente il fratello, rialzandosi in piedi.
-Hai ragione, Nerd. Non ha senso rimanere qui. Per di più, per quando ne sappiamo, potremmo ritrovarci la notte addosso in un baleno. Muoversi-.
Donatello si mise lo zaino sulle spalle e guardò malinconicamente il cielo, mentre il fratello spianava la strada con qualche calcio a una pianta troppo cresciuta.
Chissà gli altri dov'erano...


Angolo dell'Autrice

Nuovo capitolo qui! Un grazie speciale e come sempre ai miei amici sul Tarta Mondo di Efp! Siete grandi, ragazzi!
Secondo voi, questo capitolo, a che film è ispirato? :)

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Capitolo 9
*** Foresta Pluviale ***


Una lunga distesa di sabbia biancastra costeggiava un interminabile orizzonte azzurro di mare increspato. Vere palme frusciavano nel vento leggero e afoso, dondolandosi in un ritmo immaginario che trascinava anche le soffici nuvole bianche nel cielo cristallino.
Splinter e Leonardo erano proprio lì, da soli e con le proprie forze su cui contare. La capsula li aveva gettati sulla sabbia e sprofondata in essa per scomparire misteriosamente, lasciandosi dietro una piccola duna di granelli smossi.
Non vi era silenzio in quel posto tanto strambo; gli uccelli celati nella fitta boscaglia cantavano in modo forte e sovrapposto, il mare rumoreggiava con insistenza e la vegetazione stessa accompagnava il tutto con violenti fruscii che infastidivano il fine udito dei due ninja.
Eppure, in quel girotondo di suoni ad alto volume, una melodia di un flauto si elevava quasi impercettibile, ben lontana e difficile da individuarne l'esatta provenienza. Le note più acute di quello strumento rapivano ed incantavano: Leonardo e Splinter a malapena poterono sottrarsi e pensare lucidamente su come muoversi.
-Vieni, figlio mio. Cerchiamo di trovare qualcosa che ci possa aiutare a capire dove siamo- propose il maestro Splinter, ottenendo un cenno dal figlio ancora in parte rapito da quella melodia.
Puntarono verso sud-est, verso la sabbia che dall'orizzonte s'incurvava a mo' di mezza luna. Alla loro sinistra la vegetazione appariva più fitta e minacciosa, apparentemente popolata da infidi occhi maligni che li osservavano con fastidio. Verso il loro nord, delle palafitte facevano capolino insieme a logore abitazioni di legno costruite su altissimi alberi dai tronchi che partivano robusti alle radici e si assottigliavano verso l'estremità superiore. Per accedervi, delle scale di legno, funi e liane facevano capolino e si dondolavano nel vento con un movimento lento.
-Potremmo dire di essere in Somalia. Vagamente, ricordo che una volta Donnie ci illustrò il diverso sistema di habitat della gente del posto- mormorò Leonardo.
-Forse. O probabilmente tutto questo è una ricreazione illusoria del nemico. La prudenza è essenziale, Leonardo. Siamo come pedine nelle mani di un essere angusto-.
-Hai, sensei- rispose l'azzurro.
Superata una buona metà della costa, i due si ritrovarono davanti una grossa roccia dove su una facciata vi erano incisi strani simboli che non rispecchiavano alcuna lingua a loro conosciuta. Era un ibrido fra geroglifici, caratteri cirillici e kanji.
Leonardo li studiò attentamente, appoggiando la mano sull'abrasiva superficie. Le punte delle dita tracciarono i lievi solchi di quei caratteri sconosciuti.
-Dovremmo prestare attenzione, maestro?- domandò.
-Probabilmente sì. Non vedo altre pietre così intorno a noi-.
Un sole. Una palma, un gatto dalle sembianze di tigre e una luna. Accanto seguivano un kanji del fuoco, della terra e un hirigana.
-Che cosa vorrà dire?- borbottò Leonardo, mentre assimilava quei simboli.
Improvvisamente, il maestro Splinter si tese come una corda di violino; appoggiò la mano sul petto di Leonardo e indicò alcune ampie foglie di arbusti come nascondiglio. La mente dello spadaccino si riempì di dubbi ma ben presto, la sua risposta giunse, costringendolo istintivamente ad acquattarsi il più possibile dietro alla fitta flora.
Un improvviso ronzio.
Leonardo scrutò attento fra la vegetazione per capire meglio da cosa o chi era prodotto quel sordo rumore; quando alzò gli occhi verso alcuni alberi non molto distanti da loro, il suo cuore si fermò. Un grosso alveare dalle dimensioni spropositate era attorniato da enormi api intente ad ultimare il loro nido.
Terrorizzato, tirò una manica del kimono del maestro per attirare l'attenzione sugli enormi insetti dai brillanti e acuminati pungiglioni. Al momento, non erano stati percepiti.
Il maestro Splinter gattonò verso alcuni tronchi alla loro destra ed entrambi vi si appiattirono contro la corteccia.
-Non ho mai visto vespe tanto grandi!- sussurrò Leonardo. -Ma che razza di posto è mai questo?-.
-Non lo so, figlio mio. Però non possiamo rimanere qui. Dobbiamo assolutamente imboccare una strada diversa e allontanarci da quegli insetti il più possibile- rispose Splinter.
Un leggero scricchiolio catturò l'attenzione di Leonardo. Per un attimo notò qualcosa acquattato su un ramo di un albero davanti a loro, ben nascosto dalle ampie foglie smeraldo. Un sibilo di metallo brillò per un secondo fra tutto quel verde; Leonardo chiuse gli occhi, incapace di affidarsi a quel senso e lasciò al suo corpo il compito di muoversi.
Tre le sue mani giunte, fece capolino una freccia.
Leonardo guardò confusamente Splinter per una risposta, poi volse gli occhi ristretti a due fessure dubbiose verso una strana macchia scura.
Una ragazzina atterrò davanti ai loro occhi. Aveva capelli magenta legati in due codini, occhi verde menta, una felpa verde acqua, un pantalone bordeaux e scarpe nere. Stretto in un pugno scorsero un arco. La giovane sorrise e fece ai due cenno di seguirla.
Il maestro Splinter fu il primo ad accettare quella proposta fatta di sguardi e silenzio.
Lasciarono quella tappa pericolosa, passando il meno rumorosamente possibile il fogliame alto quanto loro e non appena furono abbastanza lontani, in un piccolo spazio erboso ad anello, si fermarono.
-Certo che se non fossi intervenuta, vi sareste sicuramente cacciati in un grosso guaio. Quelle vespe uccidono in tre secondi i malcapitati che minacciano il loro nido. Fidatevi. Il loro pungiglione ha ucciso un avversario della Squadra Otto- spiegò la ragazza. -Mi chiamo Angel, della Squadra Quattro-.
Il sensei e Leonardo si scambiarono nuovamente un'occhiata perplessa.
-Sono Leonardo e questo è mio padre, Splinter. Siamo finiti in questo posto per puro caso e...-.
-Ah! Voi siete la Squadra Uno! Ho sentito che in molti hanno scommesso su di voi!- lo interruppe Angel, con un leggero luccichio malizioso negli occhi. -Sì, ma non cantate vittoria troppo presto. Questi sono i Giochi e solo un vincitore potrà uscirne vivo. Quindi, un'alleanza finché sarà possibile è un'ottima mossa ma alla fine anche un amico dovrà essere messo da parte- raccontò con una nota di tristezza.
Leonardo si sentì improvvisamente preoccupato per i suoi fratelli e soprattutto per Michelangelo. Dov'erano finiti? E soprattutto stavano bene?
-Dov'è il vostro zaino?- domandò Angel, curiosa.
-Zaino?- ripeté il maestro.
Angel si scrollò di dosso l'oggetto in questione, di un lilla acceso per delucidarli. A quanto pare dovevano aver dimenticato di leggere le regole dei Giochi.
-Questo- indico, rimettendoselo sulle spalle. -Non mi direte che non ne avete preso uno alla tenda, in partenza! Siete già svantaggiati, allora!-.
-Senti, Angel. Non è stata una nostra scelta partecipare a questi Giochi, quindi se tu saresti così gentile da spiegarci un po' di cose ti saremmo estremamente riconoscenti!- sbuffò Leonardo, parlando anche in nome del turbato Splinter.
La giovane arricciò le labbra ponderando una risposta mentre li scrutava attenta; alla fine, si sciolse in una risatina compiaciuta e annuì calorosamente.
-Mi siete già simpatici. Quindi vi accontenterò la richiesta. Però, ricordatevi che non servono parole. Vi basterà vedere con i vostri occhi per capire quanto basta- disse. -Potrei cominciare con il dirvi che vi necessiterebbero degli zaini come il mio ma questo comporterebbero quasi otto ore di cammino per tornare alla tenda. Quindi, aspetteremo di incontrare qualche avversario, farlo fuori e accaparrarsi lo zaino con il necessario. Semplice, no?- spiegò, con una piccola ironia finale.
-Noi non uccideremo nessuno senza un motivo!- sbottò Leonardo, dagli occhi gelidi. -Il credo Bushido sul quale io e il mio maestro ci basiamo ci vieta di uccidere per proseguire-.
-Oh, che peccato. Io ci penserei su due volte prima di affermare ciò. Vi stupirete nel ritrovarvi assatanati pronti a scannarvi per vincere- rispose annoiata Angel.
Leonardo era pronto per replicare ancora una volta ma Splinter lo fermò con una mano sulla spalla. E così facendo i due scelsero di seguire la giovane ragazzina nel bosco.
Angel, però, li fermò; aprì e chiuse una mano un paio di volte davanti al viso confuso di Leo per farsi ridare la freccia. Quando lo spadaccino realizzò ciò, obbedì senza fiatare.
-Sono importanti. Le ho fabbricate io stessa. State attenti, però. Hanno la punta avvelenata- spiegò nel rinfoderare l'arnese nel cilindro sulla schiena.
-Allora perché ce l'hai scagliata una contro?- sbuffò Leonardo.
-Mi sembra ovvio, no? Per farvi accorgere di me-.
Il maestro Splinter ridacchiò: quella ragazzina ci sapeva proprio fare, vero?
In silenzio, s’incamminarono verso ovest, schiaffeggiando i fastidiosi arbusti che sbarravano la strada. Davanti ai loro occhi, non vedevano altro che terreno, sottili tronchi e rami più fitti che vi s’intrecciavano contro il cielo sotto forma di una cupola naturale pronta a schermare il cielo.
Non osarono fiatare neanche per un momento.
Sia Splinter, sia Leo non si fidavano completamente di Angel e quest'ultima, con il suo mutismo, non faceva altro che alimentare tali considerazioni...
 
Squadra Uno e Squadra Quattro raggiunsero finalmente la fine di quell'interminabile foresta. Alle loro spalle, gli uccelli gorgheggiavano ancora più violentemente di prima ma con la differenza che il vento era completamente calmo.
D'un tratto, la melodia del flauto percepito inizialmente, ricominciò.
Leonardo girò il capo in varie direzioni con la speranza di individuarne, mentre un'improvvisa sonnolenza cresceva nel suo corpo. In un attimo, calde mani gli si premettero contro le orecchie, costringendolo a non sentire più nulla. Sotto quel silenzio, la lieve stanchezza indotta da quei suoni stridenti lo abbandonò.
Leonardo osservò il sensei e Angel: quest'ultima teneva le orecchie tappate ma suo padre no, a causa sua. Prima che le palpebre del maestro avrebbero potuto chiudersi, gli appoggiò le mani sui fori uditivi e gli sorrise in gratitudine.
Angel indicò di correre via di lì con un cenno della testa; i due la obbedirono immediatamente e ben presto, si ritrovarono davanti a familiari palafitte.
-Cos'era quel flauto?- pronunciò Leonardo.
-E' una trappola. Lo si sente musicare nello stridio degli uccelli: serve a far appisolare e di conseguenza perdere tempo. Stiamo attenti, d'ora in poi. Avvicinandoci a questo posto, potremmo sentirlo nuovamente- rispose Angel, intenta a scrutare in giro.
Proprio come in antichità, capanne facevano capolino su autentici pali i quali sbucavano dall'acqua. Alle loro spalle, altre bicocche malridotte sorgevano sugli alberi altissimi individuati inizialmente.
-Che cosa dovremmo cercare esattamente qui?- domandò il maestro Splinter.
-Una Boccia di vetro. Chi scommette su di noi, ci invia qualcosa che torna utile nel proseguimento dei Giochi-.
Un fruscio alle loro spalle mise in allarme: dal fogliame, sbucarono tre avversari armati di sfollagente. I tre si voltarono con scatto felino e si restrinsero a cerchio pronti per combattere. I tre avevano delle nere tute addosso maleodoranti di pattumiera, cinture grigie e stivali di un giallo canarino.
-Questi chi sono?- esclamò Leonardo.
-Se non erro, appartengono a un grassone che si fa chiamare Uomo della Spazzatura- spiegò acuta Angel, sguainando arco e frecce. -Appartengono alla Squadra Dodici- continuò. -Mi raccomando: uccideteli senza pietà o loro lo faranno con voi!-.
I tre uomini si avventarono sui nostri eroi, dividendosi all'ultimo istante. Angel si abbassò per evitare di essere stordita con una gomitata alla nuca e contrattaccò con un calcio alla schiena il quale spedì il nemico dritto sulla sabbia. Senza pietà, la ragazzina infilzò l'uomo con una delle sue frecce, uccidendolo. Alzò poi il capo per vedere come se la stessero cavando gli altri.
Splinter non ebbe problemi, essendo un maestro ninja. Gli furono sufficienti un paio di balzi laterali per avvicinarsi e bloccare le fasciature muscolari del suo avversario con il segreto Attacco Nervino, utilizzato la prima volta contro TigerClaw.
Leonardo si destreggiò abilmente anche con lo scricchiolio delle sue povere costole. Nonostante non avesse le sue katana, sfoggiò il suo miglior corpo-a-corpo. Evitò lo sfollagente dritto al pettorale sinistro con una ruota verso destra e con una verticale cinghiò la vita dell'uomo con le gambe per poi spedirlo contro una roccia con il massimo impatto.
Angel terminò il lavoro eliminando gli altri due avversari con le sue frecce.
-Era davvero necessario?- bofonchiò Leonardo.
-Sì. Lo era- rispose seccata la ragazzina.
Una volta assicurati che i nemici erano realmente morti, i tre proseguirono. S’inoltrarono verso le palafitte, studiandole mentalmente con ammirazione. Sembrava vivere in prima esperienza le tradizioni di una tribù completamente sconosciuta.
Nelle capanne aleggiava il vento caldo il quale trascinava racconti terribili di stragi senza pietà e di morti sanguinarie. Leonardo deglutì un grumo di disagio: non gli piaceva questo posto.
-Entriamo- propose Angel, indicando la scaletta di legno di una palafitta. -E' necessario addentrarci qui se vogliamo trovare la Boccia-.
-Io voglio solo ricongiungermi ai miei fratelli- protestò morbidamente l'azzurro.
Splinter gli appoggiò la mano sul guscio affinché potesse rincuorarlo in qualche modo. Suo figlio gli rivolse occhi carichi di dolore, invece.
-Leonardo- sussurrò Splinter, mentre Angel spariva nella palafitta. -Non abbatterti, ragazzo. So che è difficile trovarsi lontano dagli altri ma dobbiamo perseverare e avere anche fiducia in noi stessi e negli altri-.
-Ma sensei... io non mi fido...- ammise Leonardo.
Suo padre gli strinse le spalle e negò piano. -Lo so. Affrontare il nuovo e con esso i suoi volti è difficile ma bisogna adattarsi-.
Sulle labbra dello spadaccino comparve un sorriso sincero.
-Ehi! L'ho trovata!- esclamò, improvvisamente, Angel. Appena scese la scaletta usata per salire, s’inginocchiò sulla sabbia e mostrò il suo bottino. -Vediamo cosa ci mandano!- disse eccitata.
La sfera cromata, brillante sotto al sole torrido e riflettente qualsiasi cosa sulla sua fredda superficie fece uno scatto e si aprì. Angel mise da parte la metà superiore che fungeva da coperchio e tirò fuori una bussola, un kunai e tre shuriken.
-Prendo la bussola- disse la ragazzina. -Ci può servire-.
-Io il kunai- pronunciò Leo, accarezzando la fredda lama tagliente. -Sensei, a te stanno bene gli shuriken?- domandò, ottenendo un cenno dal citato.
-D'accordo. Suggerirei di cominciare a cacciare per mettere qualcosa sotto ai denti. Tra poche ore sarà buio e questo significa più guai. Meglio rifocillarsi- pronunciò Angel, infilandosi la bussola in tasca.
Il maestro Splinter annuì.
-Hai intenzione di essere ancora la nostra alleata, Angel?- domandò Leo, a bruciapelo.
La ragazzina si finse offesa ma poi scoppiò a ridere. -Ovviamente, Leo. Avete ancora bisogno di una guida qui-.
L'azzurro ammorbidì la sua espressione. Dopotutto, questa ragazza non era così angusta come aveva pensato inizialmente. Forse, poteva davvero provare a fidarsi di lei.
-Spero stiate bene, ragazzi...- pensò, con un velo di tristezza...


Angolo dell'Autrice

Buona domenica, ragazzi! Eccomi qui ad aggiornare ancora una volta! Wow, mi stupisco da sola! Eheheheh!
Allooooora, passando subito al sodo e non certamente parlando di uova sode, vorrei consegnare il primo premio (?) a CartoonKeeper che ha indovinato. Ottimo.
Dato che ho sempre voluto fare un crossover con The Hunger Game, ho deciso di indirizzare questa storia in un tono avventuristico/d'azione perché sarebbe stato troppo ripetitivo rimanere sulla Terra, scegliere la Dimensione X e altre cose. Del resto, sono argomenti già trattati in "Little One".
Inoltre, ho deciso di aggiungere personaggi dimenticati della serie TMNT 2003.
Ringrazio tutti coloro che mi seguono con un caloroso abbraccio!

 

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Capitolo 10
*** Notte Piovosa ***


Il vagito di un infante risuonava in una grotta lunga ed oscura.
Era Michelangelo, aggrappato alle forti braccia di Raphael, nella morsa dei colpi di tosse e degli starnuti. I suoi occhioni brillavano di lacrime e il suo piccolo corpo tremava.
Raphael non era riuscito a calmarlo; inizialmente, era bastato affidarsi alla coperta tirata fuori dallo zaino preso da Donnie, ma lungo un percorso in discesa attraverso il bosco, Mikey aveva ceduto ai piagnistei.
Donatello si grattò la nuca, guardando il sentiero diretto verso la salita inoltrata nella selva ancora più tetra. Il cielo era un ammasso di nubi notturne corvine, invece.
-Credo sia meglio accamparci qui- propose.
I due maggiori, a malincuore, si addentrarono nella grotta chilometrica e vi si sistemarono dietro a una fitta boscaglia umida, cresciuta grazie alla luce solare filtrante da alcuni buchi nel soffitto e l'acqua piovana che sgorgava da essi.
-Abbiamo anche una porta, visto?- ironizzò Donatello, tirando le ginocchia al petto.
Raph annuì senza prestare troppa attenzione; era impegnato a cullare il piccolo Mikey ancora singhiozzante. Il baby fratello gli strinse un dito tra le sue manine nel disperato bisogno di un po' di conforto.
-Perché piange in questo modo?- domandò preoccupato.
-Suppongo abbia fame... ma dubito che qui dentro troveremo qualcosa per sfamarlo- rispose sconsolato Donatello.
Raphael gli fece una lunga occhiata, rimuginando sulle parole del fratello e improvvisamente, gli si accese un'idea. Si alzò in piedi con aria fiera, consegnò il bambino a Donatello e gli fece cenno di tacere.
-Dove vai?- chiese ugualmente il genio.
-A cercare cibo. Mikey ha bisogno di mangiare-.
-Ma ti rendi conto in che posto siamo? Che cosa speri di trovare qui? Se punti a delle bacche, corri il rischio di avvelenare Mikey!- scattò Donatello, facendolo irrigidire. -Rimani qui. Sono sicuro che alla fine Michelangelo si stancherà e dormirà-.
Raphael ribollì di rabbia, però comprese effettivamente la veridicità di quanto appena assimilato. Tornò seduto, accanto al fratello minore, tirando un ginocchio al petto cosicché potesse appoggiarci un braccio su e lasciarlo dondolare a ritmo dei suoi pensieri.
Il pianto di Mikey continuò a riverberare nella grotta ancora per dieci lunghissimi minuti, poi si addormentò sfinito, con ancora alcune lacrime sul visino paffuto.
Donatello gli aggiustò la coperta sulla testolina e sul corpo, mentre lo avvicinava a sé il più possibile neanche fosse stato suo figlio. Si voltò a guardare la bocca della caverna, dove una corrente d'aria fredda entrava e raffreddava ancora di più l'oscuro riparo. Un lampo brillò di bianco per un attimo, si susseguì un forte tuono e le prime gocce di pioggia caddero, divenendo via via una forte pioggia.
-Per fortuna non si è svegliato- costatò Raphael.
-E' troppo stanco e affamato per svegliarsi- rispose mogio Donnie.
Raphie si tirò nuovamente in piedi per stiracchiarsi; si avvicinò alla bocca della caverna per osservare la pioggia allargare pozzanghere sul sentiero dissestato.
-Dormi un po', Donnie. Inizierò io il primo turno di guardia- disse, senza guardarlo.
Il fratello genio lo ringraziò in silenzio con un sorriso. Usò lo zaino come cuscino e si rannicchiò a pallina, con il piccolo Mikey molto vicino a sé. Lo vegliò per qualche minuto fino a quando il sonno non lo rapì.
Raphael gli si avvicinò di soppiatto; da come respirava tranquillo, Donnie non si sarebbe svegliato subito né avrebbe sentito nulla. Era una perfetta occasione per addentrarsi un po' di più nella caverna alla ricerca di qualcosa da mangiare.
"Farò presto" pensò, baciando la guancia di Mikey...
 
La grotta era più lunga di quanto avesse immaginato Raphael. Rocce smeraldo e violacee formavano un puzzle con il tetro grigio della galleria. Il ninja dovette stare attento a non inciampare in alcuni rialzi del suolo frastagliato e dopo un'interminabile camminata che spense le sue speranze di trovare qualcosa da mangiare, giunse davanti a qualcosa di strabiliante.
Era un frutteto sotterraneo.
Raphael deglutì e vi si avvicinò verso quegli alberi minuti, poco più alti di lui, dove i rami si abbassavano verso il suolo duro e compatto a causa di grossi frutti gialli davvero molto pesanti. Avevano un profumo gradevole, simile a fragole con limoni.
Raph ne raccolse uno. -Chissà se sono commestibili...- rifletté a bassa voce.
Stanco di continue esitazioni, la sua mano voltò alla cintura, brandì il coltello dal fodero e squartò senza pietà il frutto preso. Un succo lattiginoso gli colò sul palmo della mano davvero gradevole stando al suo odore. Ancora lievemente titubante, Raph lo leccò un po' e lo assaporò.
Era molto dolce, gradevole e più scendeva nell'esofago, più la fame cominciava a farsi sentire, finché un ringhio non lo fece ridacchiare.
-Penso siano buoni- esclamò e ne raccolse il più possibile.
Fortunatamente, durante il tragitto nella grotta a passo di corsa, Raphael non sentì il benché mimino malore. Una volta raggiunto il capezzale, costatò felicemente di essere stato molto veloce, nonostante avesse il fiatone.
"Fossi giovane come dovrei, mi sentirei ancora pieno di forze" pensò a malincuore.
Donnie e Mikey dormivano ancora profondamente e svegliarli non sarebbe stata una grande idea, così, Raphael Hamato continuò il suo turno di guardia, combattendo ferocemente contro la morsa del sonno...
 
***
 
Un fuoco brillava tra la fitta vegetazione, così diramata da creare un riparo naturale dalla pioggia scrosciante; il suo fumo bianco odorava di cibo cotto, sotto la cupolotta di foglie smeraldine e si spingeva in ogni direzione.
A riscaldarsi e a mangiare fagiani e pesci cotti, vi erano Leo, Splinter ed Angel. I tre avevano trascorso il resto della giornata a cacciare cosicché potessero ritrovarsi ben riposati e soprattutto carichi di energia nel nuovo giorno che immancabilmente sarebbe giunto.
Avevano dato sfoggio all'impeccabile mira con l'arco di Angel per ammazzare al volo uccelli, all'agilità di Leo nel pescare e al fiuto di Splinter per trovare anche alcune bacche commestibili.
-Forte la vostra storia- commentò Angel, dopo un morso al suo pesce abbrustolito.
Leo aveva deciso di raccontarle grosso modo la storia della sua mutazione e di come si fossero ritrovati bloccati in una situazione tanto pericolosa come i Giochi. Angel aveva ascoltato con grande interesse tanto da cancellare definitivamente la sua eccessiva diffidenza.
-E tu cosa mi racconti?- domandò a sua volta Leonardo.
Angel fece le spallucce nel tentativo di sottrarsi a qualche altra domanda. Sarebbe stato difficile trovare un filo per aggrovigliarlo al gomitolo della sua storia di come si fosse ritrovata in questa situazione. Però ci provò.
Leonardo si era fatto coraggio a raccontare dettagli segreti a una sconosciuta come lei.
-Beh, cominciamo con il dire che sono scappata di casa. I miei si sono separati e vivevo fino a pochi mesi fa con il nuovo marito di mia madre. Era un uomo così meschino che imbrogliava mia madre con una facilità impressionante solo per spillarle soldi e quant'altro- cominciò con evidente rabbia. -Su di me aveva sempre provato ad attuare violenze. Io non gli sono mai andata a genio. Il sentimento è reciproco tutt'ora, almeno- sbuffò, spezzando il bastoncino usato per sostenere il pesce arrostito. -Avrei tanto voluto rimanere con mio padre ma se ne è andato di casa una notte e nessuno ha più saputo di lui. Ho anche un fratello, Ryan ma anche lui ha lasciato la nostra casa perché odiava il marito di mamma...-.
-Che storia triste...- biascicò Leonardo.
Angel annuì e continuò. -Mio fratello Ryan è uno scavatore e si è occupato personalmente del tesoro segreto dei Wolpeart, comunque- disse con una nota d'orgoglio. -Avrei potuto andare a vivere con mia nonna, a New York ma non avevo i soldi necessari per un biglietto areo. Tanto per la cronaca, vivevo a Montreal-.
Leonardo prese un altro morso del suo pesce, così avvolto dal racconto della ragazzina. Era sicuro che la parte migliore dovesse ancora arrivare.
-Una notte ho fatto una scelta. Mi sono unita ai Purple Dragon, mi hanno inizializzato e ho cominciato a guadagnare tanti soldi nei furti alle gioiellerie, come pugile nei quartieri più malfamati e a portare a termine piccole missioni di truffe o di scippi-.
-Purple Dragon?- espirò Leonardo.
-Sì. Forse gli stessi che mi hai detto tu. Probabilmente la stessa banda in due luoghi diversi- confermò Angel.
Splinter spalancò gli occhi, sorpreso; quasi stentava a credere che una ragazzina di quattordici anni potesse essere un'abile borseggiatrice. Però gli occhi verdi di Angel non mentivano e malgrado il ghigno trionfale sulle sue labbra, una grande disperazione traboccava nelle nere pupille.
-Continua, figliola- aggiunse.
-I miei affari andavano più che bene e sono sempre sfuggita alla polizia. Poi, però, ho incontrato un uomo chiamato Bishop. Mi ha offerto di guadagnare molto di più... ho accettato e mi sono ritrovata in questo posto a pagare per il mio errore- borbottò con tristezza. -E questo è il mio racconto-.
-Da quanto tempo sei qui?- domandò Leonardo.
-Non molto. Due settimane, direi. La mia storia è molto recente- rispose l'altra, alimentando il fuoco crepitante. -Che ne dite di riposare un po'?- propose, poi.
Splinter si alzò in piedi, con l'indice premuto contro le labbra. Avrebbe cominciato lui il turno di guardia. Angel aprì la bocca per farsi spiegare le intenzioni del topo ma Leo la anticipò, scuotendo il capo con un sorriso. La ragazzina allora comprese e si rannicchiò in terra, addormentandosi con il tepore del fuoco...
 
***
 
La pioggia non aveva smesso un momento; anzi, era aumentata ogni mezz'ora e con essa un forte vento si era alzato. La flora tremava sotto il diluvio, i rami si piegavano quasi pronti a spezzarsi, gli arbusti più deboli rotolavano via, recisi dai fulmini che piombavano dalle nuvole corvine.
Per fortuna, per le orecchie di Mikey l'orchestra della bufera era una muta nottata. Il bambino non si era mosso dalla sua coperta, né svegliato, a differenza dei suoi fratelli maggiori.
Appena si era svegliato Donatello, Raph gli aveva raccontato della sua perlustrazione ed era scoppiato a ridere al broncio del genio in quanto quell'idea era andata contro il suo parere. Però, nel vedere quei gonfi frutti simili a dei palloni da rugby, lo conducevano ad apprezzare le gesta di Raph.
-Sono morbidi. Mikey potrà mangiarli- aveva detto il viola, assaggiandone uno. -E' incredibile che in posto del genere vi sia addirittura un frutteto!-.
-Già e la cosa ha stupito perfino me- rispose Raph, orgoglioso. -Adesso svegliamo Mikey-.
Donatello gli mosse dolcemente la manina; in un primo momento, il piccolo non diede segni di risveglio e per Raphael già questo fu un colpo al cuore di puro terrore. Per fortuna, con delle continue carezze sul pancino, si risvegliò, sbadigliando e strofinandosi nella coperta.
Fece un colpetto di tosse e si mordicchiò simpaticamente le labbra.
-Ba! Ba!- disse eccitato.
-Oh, buongiorno anche a te!- esclamò felice Donnie. -Raph ha trovato la pappa. Scommetto sei affamato, vero?-.
Mikey emise un acuto squittio di gioia. Radiosamente, il focoso staccò un pezzetto di quei frutti ancora sconosciuti e lo imboccò. Il piccolo inghiottì il suo cibo in un baleno e aprì da solo la bocca per averne ancora di più.
-A momenti temevo che l'avrebbe sputato- sospirò sollevato Donatello.
-Mikey è un bravo bambino- confermò Raph, rivolgendosi poi all'interessato. -Dico bene, pulcetta?-.
-Bababa!- protestò Mikey, interessato semplicemente a mangiare.
In una decina di minuti, due frutti erano ormai vuoti e in terra ne rimaneva solo la stessa buccia deforme appartenente alla famiglia degli agrumi.
Mikey fece uno starnuto ma anziché piagnucolare, dimostrò di essere molto più in forze e vispo. Si dondolò sul guscetto, ridendo soddisfatto.
-Bababababababa!- tubò, intento ad afferrarsi i piedini.
-Ottima mossa, Raph. Adesso, riposati tu. Tocca a me fare il secondo turno- propose Donnie.
Incredibilmente, il fratello focoso non obiettò nulla e si sistemò di fianco in terra, con la testa sullo zaino. Mikey gli si rannicchiò vicino e gridò a Donnie affinché comprendesse che desiderava condividere la coperta con il rosso.
-Ma tu guarda...- ridacchiò Raph, in uno sbadiglio. -Beh, notte Don-.
-Buonanotte-...
 
***
 
-Grande! Non solo ci troviamo non si sa dove ma anche in una prateria dove c'è una specie di cancello altissimo ed invalicabile? Casey Jones è l'ultima volta che ti seguo!- urlò una voce femminile.
Era April, ovviamente arrabbiatissima di trovarsi in mezzo al verde, con un cielo cristallino e alberi all'orizzonte. La capsula attivata da Bishop li aveva spediti qui.
-Calmati, Rossa. Dopotutto, questo posto è strano anche per me- si difese Casey, scrutandosi intorno.
All'occhio gli saltò qualcosa. Sorgevano piccole capanne fabbricate dall'esperienza e una buona dose di legname a sud: delle figure si muovevano, altre correvano ed ultime ancora osservavano incuriosite le enormi porte di ferro di quel cancello misterioso.
-Penso che non siamo i soli. Andiamo a chiedere informazioni- fece Casey, prendendola per mano.
I due corsero il più velocemente possibile e in pochi minuti superarono l'immensa prateria, ritrovandosi in quell'accampamento che ricordava un campeggio giovanile. Tanti ragazzi impegnati a svolgere qualcosa si fermarono, avendoli notati e li fissarono con apatia.
Non sembrarono minacciosi.
-Pensi ci attaccheranno?- sussurrò April.
-Spero di no... ma se così fosse, ci penserà il mio judo a stenderli!- sogghignò Casey.
-Anche voi bloccati qui?- domandò un piccolo bambino di anni sette.
Aveva capelli castani arruffati, un berretto rosso, una maglietta bianca e vermiglia, un jeans largo e scarpe candide.
-Non si potrebbe esattamente dire così... però sì- rispose April.
Gli altri numerosi ragazzi sgranarono gli occhi, sbiancando. La rossa non comprese effettivamente cosa diavolo fosse loro preso ma la sua risposta giunse sotto forma di mormorio.
-Una ragazza qui!-.
Lei non capì ma si rese subito conto di essere davvero l'unica del gentil sesso in quel posto e tutto ciò le alimentò maggiormente i già numerosi dubbi nella sua mente confusa.
-Il mio nome è Tyler. Stavo cercando di liberare mia madre dai M.o.B quando mi hanno catturato degli uomini misteriosi. Mi sono risvegliato qui- raccontò il bambino. -E voi?-.
-Normale scazzottata a New York e una botta in testa- rispose Casey. -Il mio nome è Casey Jones e questa è la mia amica April O'Neil-.
-Benvenuti al Labirinto, allora- sogghignò una voce alle loro spalle. -Mi presento. Mi chiamo Mondo Geko!-.
Era una rana gialla con macchie rossa, senziente ed antropomorfa. Indossava una maglietta nera, un jeans che lasciava scoperte le sue esili caviglie e scarpe corvine. Sotto al braccio stringeva uno skateboard.
Casey si guardò intorno confuso. -Labirinto? Dove?-.
-Si mormora che oltre quelle porte vi sia un grosso labirinto. Attraversarlo è complicato e ve lo dice uno che ci ha provato con altri- spiegò Tyler, in un sospiro.
-Ma noi non possiamo restare qui!- esclamò April, nella morsa della disperazione.
Questo le fece guadagnare l'attenzione di tutta la truppa di ragazzi e arrossì.
-Vi consiglio di rimanervene buoni- borbottò Geko, allontanandosi noncurante verso le bicocche di legno. -Anzi, stasera ci sarà da festeggiare il vostro arrivo. Fatevi un giretto, se volete. Ma ascoltate un consiglio: non superate mai e poi mai quel cancello. Potreste non tornare più o peggio...- borbottò di spalle. -La morte-.
April e Casey non poterono far altro che scambiarsi un'occhiata preoccupata...



Angolo dell'Autrice

Salve! Oggi aggiorno di nuovo, non siete contenti? Come? Sì? Benissimo!
Passiamo al dunque. Dagli Hunger Game ci siamo spostati a un altro film, che (non so se l'avete visto) si chiama Mazes: Il labirinto. Non è proprio un crossover, bensì solo delle piccole idee che richiamano vari film, con personaggi nuovi, vecchi e perfino della serie del 1987. Vi anticipo che ci sarà anche un luogo di magia e stregoneria.
Avete già capito no?
Chi si ricorda del palazzo Wolpeart? Che avventura, vero?
Oggi ho introdotto nel capitolo Tyler. Chi si ricorda di questo bambino? Ehehehe! Ricordo che quella in cui Raph lo aiutava a salvare sua madre era una fra le mie puntate preferite!
E Mondo Geko, che non si affida a quello del 1987, bensì in uno spoiler intravisto nella sigla delle TMNT 2012, Terza Stagione.
Preparatevi al peggio, ragazzi! Un abbraccio a tutti quanti!

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