A volte capita di perdersi...

di bebe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Cap.2 ***
Capitolo 3: *** Cap.3 ***
Capitolo 4: *** Cap.4 ***
Capitolo 5: *** Cap.5 ***
Capitolo 6: *** Cap.6 ***
Capitolo 7: *** Cap.7 ***
Capitolo 8: *** Cap.8 ***
Capitolo 9: *** Cap.9 ***
Capitolo 10: *** Cap.10 ***
Capitolo 11: *** Cap.11 ***
Capitolo 12: *** Cap.12 ***



Capitolo 1
*** Cap.1 ***


A tutte le bambine piace la storia di Cenerentola, a me per prima. Adoravo farmela leggere da mia madre quando ero piccola…è la favola perfetta: la ragazza sfortunata, vittima dei soprusi della vita e delle sorelle, che viene ricompensata dal fato con l’incontro del principe, che se ne innamora e la porta con sé nel suo castello.
E’ quello che in fondo tutte noi sogniamo. Ma quello che non sappiamo è cosa succede dopo, una volta che si chiude la porta del castello. Diamo per scontato che tutto fili alla perfezione, senza problemi, senza intoppi. Ma questo accade, appunto, solo nelle fiabe, nella vita è un po’ diverso.
Mi chiamo Evie Parker Bloom, ho 36 anni e sono una scrittrice. Bè, in realtà è più corretto dire che ero una scrittrice. Ho iniziato giovanissima, appena dopo la laurea ho pubblicato un romanzo che ha avuto un buon successo ed ho smesso di scrivere dopo il matrimonio con lui, Orlando, proprio Orlando Bloom, la star dei Pirati dei Caraibi.
Lui era il mio principe azzurro ed io la sua Cenerentola. Ci siamo conosciuti quasi per caso ad una prima: lui era lì perché l’attore protagonista era un suo amico, mentre io supportavo lo sceneggiatore, che era amico mio. Quando l’ ho visto al rinfresco ho pensato che fosse l’uomo più bello di tutta la sala: emanava una luce particolare eppure sembrava così avvicinabile, così alla portata di tutti. Uno scambio di battute, poi ognuno per la sua strada. Pensavo che non l’avrei più rivisto, che sarebbe rimasto un piacevole aneddoto da raccontare alla mia amica Mel, invece, dopo nemmeno una settimana, l’ ho rivisto ad una cena a casa di amici. E da allora non ci siamo più lasciati. Avevo 24 anni, lui 30; dopo sette mesi siamo andati a convivere nella sua villa di Los Angeles e dopo due anni ci siamo sposati. Per tutto il resto del mondo lui era Orlando Bloom , l’attore, per me era ed è solo Orlando, un uomo meraviglioso, spontaneo, genuino, generoso, che sa essere adorabilmente infantile ed inaspettatamente equilibrato.
Abbiamo avuto due figli, Alex ha 8 anni e Amy 4. La nostra vita sembrava perfetta, quasi una sorta di revival della fiaba di Cenerentola, anche esteticamente piacevamo ai media: il bell’attore moro, dal piacevole accento inglese e la deliziosa scrittrice, di media altezza, ben proporzionata, viso ovale, lineamenti delicati, con capelli castano chiaro ed occhi azzurri. Ed  è andato tutto bene finché non ho scoperto cosa succede davvero quando il portone del castello si chiude.
Vivere con un attore non è strabiliante come sembra. Prima di tutto perché si perde la propria identità: sono passata da scrittrice emergente a ‘moglie di’, perdendo una buona fetta di credibilità nel mio ambiente. Chi pensava che avrei sfruttato il nome di mio marito per scrivere si è sbagliato di grosso, non solo perché non l’ ho mai fatto, ma perché ho rinunciato. Non è stato lui a chiedermelo, però quando si hanno due bambini ed un marito sempre in giro per il mondo non rimangono molte scelte. Ed io non ho scelto di avere figli per lasciarli in pianta stabile alle bambinaie, quindi ho deciso di fare la mamma e la moglie a tempo pieno. Eh si, perché essere la moglie di una celebrità diventa un lavoro full time; tutti si aspettano che tu sia sempre perfetta, impeccabile, che risponda a tono, magari con qualche battuta arguta ed osservazioni spiritose.
Si aspettano che tu lo accompagni sul red carpet fasciata in un elegante abito d’alta moda e sorridente, perché una come te non può avere problemi, deve essere sicuramente felice, appagata e per questo ti trovi a sorridere, anche se magari in limousine avete appena litigato.
Ci si trova spesso a casa da sole, anche per settimane, mentre lui è in Europa o in Asia a girare film od a pubblicizzarne uno. E ci si abitua a passare sopra alle chiacchiere, alle cattiverie gratuite che si leggono sui giornali, ai rumours che vogliono tuo marito innamorato ora della co-protagonista ora dell’assistente di produzione, ci si abitua ai paparazzi appostati sotto casa, che ti seguono ovunque, dalla spesa alla visita dal ginecologo o dal pediatra. Ci si accontenta degli scampoli di tempo fra un film e l’altro, si prendono aerei con prole al seguito per raggiungerlo sul set, per stare con lui e per dar modo ai bambini di vedere il loro papà.
Non voglio lamentarmi, lavorare in miniera sottopagati è decisamente peggio. Vorrei solo che le persone capissero che non è tutto oro ciò che luccica, che per ogni status c’è un prezzo da pagare. E questo prezzo non è mai troppo alto, almeno non finché si è innamorate e finché tuo marito ti fa sentire amata, protetta, al sicuro. In fondo noi donne siamo in grado di passare sopra a tutto per amore. L’ hanno fatto in tante, l’ ho fatto anch’io ed avrei continuato. Ma l’anno scorso le cose sono cambiate ed hanno preso una direzione che mai mi sarei aspettata.
Questa è la mia storia….

Era il 14 marzo 2007. Orlando era da poco tornato da Londra, dove era stato per registrare alcune interviste e prima ancora si era fermato in Croazia per cercare la location di un film che avrebbe co-prodotto.
Da un po’ circolavano voci, erano uscite anche foto sue in compagnia di un’altra, un’attrice emergente israeliana poco più che ventenne. Al telefono Evie non gli aveva mai chiesto nulla, non perché non sospettasse, ma perché preferiva parlarne a voce. Era stato lui, stranamente, a toccare l’argomento, a precisare che si trattava solo di un rapporto di lavoro, visto che la ragazza era in lizza per una parte. Ovviamente sua moglie non era convinta della sua spiegazione, ma a chilometri di distanza non c’era molto che potesse fare. Così aspettò che tornasse.
Lui rientrò a casa nel primo pomeriggio, salutò i bambini, si fece una doccia e poi andò a letto senza mangiare, era esausto per il fuso orario. Evie non pensava fosse possibile, ma capì che era cambiato qualcosa, che si era allontanato solo dormendoci insieme; le sembrò diverso appena sceso dalla macchina ed anche osservandolo dormire percepì che qualcosa non andava. Intuito femminile? Forse. Fatto sta che l’indomani, dopo aver fatto colazione, mentre Alex ed Amy erano al parco con la tata, le disse che doveva parlarle.
“Che succede?”- gli rispose, già allarmata.
Restò in silenzio alcuni istanti, senza guardarla, poi riprese:
“Non devi chiedermi niente?”-
“No…voglio che me lo dica tu cosa succede…”- rilanciò con determinata calma.
“Evie io…ti ho mentito…con Neela non è solo lavoro…”- confessò.
Rimase ghiacciata; dal sospettare un tradimento all’averne la certezza ce ne passava ed in mezzo c’erano solo dolore e rabbia.
Tuttavia restò calma, forse pure toppo.
“Ci vai a letto?”- domanda retorica…
“Si…”- ammise.
A quel punto Evie, senza nemmeno sapere perché, si alzò e ripose il latte in frigorifero. Dentro era a pezzi, ma dall’esterno non voleva che si notasse. Era sempre stato un suo difetto, era troppo controllata e vivere con lui sotto i riflettori di certo non l’aveva aiutata.
“Da quanto va avanti?”- si trovò a chiedergli.
“Circa un mese…mi spiace…non volevo che lo sapessi così…”-
“Davvero? E come pensavi di dirmelo? Volevi mettere i cartelloni?”- osservò aspramente.
Lui restò in silenzio, evitandole almeno le solite scuse di circostanza. Lei riusciva a pensare solo a come evitare uno scandalo che avrebbe danneggiato solo i bambini ed ovviamente alla sua carriera, ormai le veniva naturale.
“Va bene…basterà farci vedere fuori insieme e tutto si sgonfierà…naturalmente da oggi  dormirai in un’altra stanza…poi vedremo…”- gli disse e poi si  avviò al piano superiore per vestirsi. Purtroppo per lei, era una donna molto pratica, fino a rasentare la freddezza assoluta.
“C’è dell’altro…”- ricominciò lui.
Si voltò e lo osservò. Cosa poteva esserci ancora?
“Evie…io…io credo di essermi innamorato di lei…”-
Ad una scappatella era preparata, inconsciamente forse l’aveva anche messa in conto ma questa variante davvero non se l’aspettava.
Non voleva sapere altro, non riusciva più nemmeno a guardarlo.
“Prendi le tue cose e vattene…”- gli intimò, prima di scappare di sopra e rifugiarsi in bagno. Ed una volta lì pianse. Non era di ferro e per quanto cercasse di dimostrarsi forte, era solo una donna innamorata che era stata tradita e che si sentiva ferita ed umiliata. Pensò a quello che è successo, per cercare di capire se e dove avesse sbagliato.
Lo sentì entrare in camera da letto, pensò che stesse prendendo le sue cose, come gli aveva appena detto di fare, tanto la valigia era ancora intatta, sarebbe stato come se non fosse mai tornato.
Poi lui si avvicinò alla porta del bagno.
“Per favore, parliamone…Evie, ti giuro, non volevo che andasse così…”- le disse.
Ma lei non rispose. Non aveva voglia di ascoltarlo, né tantomeno di consolarlo o di bersi le sue giustificazioni.
“Dì ai bambini che sono dovuto ripartire…forse dovremmo parlargli insieme…quando sarai pronta…”- aggiunse.
Era passato poco più di un anno da quel giorno. Ora lui viveva in un attico insieme alla sua nuova fiamma mentre Evie era rimasta nella loro casa coi bambini. Già, i loro figli. Sperava di non dover mai fare i conti con le loro faccine tristi e smarrite e con le loro domande: ' dov'è papà?' , 'perché non torna?', 'non ci vuole più bene?'. Lo sforzo più grande era sicuramente tenerli fuori da tutto quello schifo, proteggerli dai giornalisti, che continuavano imperterriti a fare domande, ad appostarsi sotto casa, a voler sapere chi fosse la nuova ragazza, come l' avesse presa etc. E soprattutto proteggerli da quella parte di lei che si sentiva ancora ferita a morte, umiliata, ingannata, che avrebbe voluto dire loro la semplice e cruda verità...'papà si è innamorato di un'altra donna...'. Finora comunque ci era riuscita, non aveva mai parlato male di lui. Anzi, lei ed Orlando li avevano avvisati insieme, avevano detto ad Alex ed Amy che per un po' lui sarebbe andato a vivere per conto suo, perché a volte ai grandi capitava di non capirsi e di aver bisogno di stare lontani, proprio come stava succedendo a loro. I bambini si erano ‘bevuti’ questa bugia bianca, ma col tempo avevano capito che c'era dell'altro ed avevano anche smesso, dopo un'iniziale curiosità, di fare domande.
Amy era ancora piccola, ma era molto sveglia. Somigliava molto al padre: aveva il viso della sua stessa forma, i capelli lunghi, mori, leggermente mossi, ma gli occhi azzurri come quelli della madre. A volte Evie la osservava giocare o guardare i cartoni: assumeva quell'espressione adorabilmente corrucciata ed attenta, la stessa di Orlando. Era tenerissima ed affettuosa, solare ed allegra.
Alex, invece, somigliava più a lei, soprattutto caratterialmente. Era abbastanza alto per la sua età, aveva capelli ed occhi castani. Lui era quello riflessivo, taciturno eppure estremamente attento e ricettivo. Risentiva dell'assenza del padre più di quanto lasciasse trasparire; aveva sempre odiato il suo lavoro, perché lo allontanava da loro, si rifiutava anche di vedere i suoi film o le sue interviste televisive. Dopo quello che era successo, era diventato terribilmente protettivo nei confronti della madre, il che la lusingava ma la preoccupava anche: non voleva che perdesse la spensieratezza tipica della sua età per adempiere ad un compito che non gli spettava.
Evie non ostacolava in alcun modo le visite di Orlando ai loro figli, non avrebbe mai potuto essere così meschina. Li poteva vedere quando voleva, senza problemi. Stavano gradualmente ritrovando un equilibrio, un rapporto quantomeno civile per il bene di Amy ed Alex, ma ormai le era chiaro che sarebbe più riuscita guardarlo con gli stessi occhi.
















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Capitolo 2
*** Cap.2 ***


Grazie a chi ha letto ed in particolare a chi ha recensito!!Buona lettura!

Quella sera erano passate a trovare Evie le sue sorelle: Elizabeth, la più grande, aveva 38 anni, Emma, la ‘piccola’ di casa, ne 28. Erano così simili eppure così diverse.
Beth era una specie di donna bionica, almeno Evie l’aveva sempre vista così. A scuola era la più atletica e la più secchiona: arrivava prima in ogni manifestazione sportiva cui partecipava ed aveva anche ottimi voti. Era una dentista, moglie felice da 12 anni di un agente di commercio, mamma di 2 bambini. Forte, volitiva, sempre ottimista, aveva sempre le idee chiare su tutto.
Emma, invece, era estroversa, spigliata, non aveva peli sulla lingua e, nonostante fosse la più giovane, era molto disincantata nei confronti della vita in generale e dell’amore. Non era mai stata con un ragazzo più di 4 mesi, diceva che dopo un po’ le veniva l’orticaria e si sentiva soffocare. Era l’addetta stampa di un’importante azienda inglese, adorava stare in mezzo alla gente ed organizzare eventi.
Siccome i bambini erano con Orlando e si sarebbero fermati a dormire da lui, le tre sorelle ne approfittarono per mangiarsi una bella pizza, vedere un dvd e sgranocchiare pop- corn. Ma il meglio arrivò dopo il film.
“Allora? Novità?”- le chiese subito Emma.
“No…direi di no…tutto tranquillo…”- rispose.
“Quando ti decidi a scrivere qualcosa?”- aggiunse Beth – “…non puoi sprecare così il tuo talento…dammi retta…”-
“Potresti scrivere una specie di memoriale….una sorta di manuale di sopravvivenza per chi sta o è stato con una star…”- rilanciò giuliva Emma.
“Si, come no?”- commentò Evie.
“Dovresti farlo davvero…lo dovresti sputtanare…”- consigliò la piccola di casa, sul piede di guerra.
“Emma…è sempre il padre dei miei figli…”- le ricordò.
Rimase un attimo in silenzio e scrutò Beth. Da quando Orlando se n’era andato non le aveva ancora detto cosa ne pensasse, non si era sbilanciata ed Evie sapeva che ciò non era dovuto ad una mancanza di opinione. Un’opinione ce l’aveva di certo, ma credeva si trattenesse per non farla rimanere male.
“E tu? Non dici niente?”- la pungolò.
“Cosa dovrei dirti?”-
“Per esempio quello che pensi….”-
“Va bene…ma non credo ti piacerà molto…ho sempre pensato che fosse solo un egocentrico, un bambino viziato…sembrava sempre che tutto per lui fosse un gioco…ti ha sposata, è vero…ma cos’altro ha fatto per te? Niente…ti sei sempre occupata tu di tutto…smaniava per diventare padre e tu l’ hai accontentato…ma appena si è stancato è tornato a lavorare, a girare per il mondo come meglio credeva…tu l’ hai sostituito, hai fatto da madre e padre ai bambini…gli sei stata accanto, lo hai sempre incoraggiato…e lui dov’era? Ha lasciato che abbandonassi il tuo lavoro, solo perché gli faceva comodo….Questo matrimonio l’ hai tenuto in piedi praticamente da sola…sono sicura che starai meglio senza di lui…ti meriti di meglio…”- concluse sorseggiando del prosecco.
La guardò incredula e divertita allo stesso tempo.
“Però…! Questo sì che è parlar chiaro…mi meraviglio di quanto tu sia riuscita a resistere, tenendoti tutto per te…!”- la prese bonariamente in giro.
“Lo sai che ho ragione…si è messo in ridicolo….deve essere stata una specie di crisi di mezza età in anticipo…va in giro con una che potrebbe essere sua figlia…”- aggiunse.
“Quanti anni ha di preciso?”- domandò Emma incuriosita.
“21”- le risposero quasi in coro le altre due.
“Appunto…e lui quanti? 42 no? Lo vedi? Potrebbe essere sua figlia…”- rimarcò convinta Beth.
“Ma Evie può riprenderselo quando vuole…questa è solo una cosa passeggera….”- intervenne Emma.
“Tu dici?”- le domandò Evie ridacchiando, per niente convinta.
“Ma certo! Tornerà da te strisciando…i giornali stanno facendo il conto alla rovescia…sono tutti dalla tua parte…”- le spiegò.
“Non avevo dubbi…le mogli tradite hanno ancora il loro fascino…”- commentò.
“E comunque se vuoi saperlo nelle ultime foto non sembravano così affiatati…anzi, sembrava avessero appena litigato….Tornerà da te, è solo questione di tempo”- precisò.
“Scusa ma non eri tu quella che sosteneva che l’amore è eterno finché dura…che morto un Papa se ne fa un altro…?”- le fece notare divertita.
“Che c’entra? Tu ed Orlando siete un’altra cosa…lui ti adora…per questo tornerà…”-
“Ed a quel punto tu lo manderai a spasso voglio sperare…”- suggerì decisa Beth.
“No che non lo farà…lo ama….”- le rispose l’altra convinta.
“Oh grazie…è bello che parliate di me come se non fossi qui…”- osservò.
“Lo faresti davvero? Lo riprenderesti a casa?”- le chiese Elizabeth quasi scandalizzata.
“Non lo so…non ho detto niente io…a dire il vero non credo sia possibile…non tornerà…”-
“Ma se tornasse?”- le chiese ancora Emma.
“Non lo so…”- ammise.
“Lo ami ancora?”- continuò nel suo terzo grado.
“Ma non lo so…basta con tutte queste domande..”-
“Perché non provi a riconquistarlo?”- aggiunse.
“Cosa? Lui l’ ha lasciata per una squinzia qualsiasi, ha piantato in asso la sua famiglia ed ora lei dovrebbe addirittura riconquistarlo?”- sbottò Beth.
“Grazie Beth, un po’ meno livore la prossima volta eh?”- osservò guardandola – “Ragazze non so cosa farei…e non ci voglio nemmeno pensare…però una cosa è certa…non voglio riconquistare proprio nessuno…se mai volesse tornare a casa allora sarebbe lui a dover riconquistare me…”- precisò decisa.
“Brava sorella, così si parla!”- esclamò Beth.
“Mi conosce…stiamo insieme da 12 anni…se è bastato un momento di confusione o una ragazza fresca e disponibile a mandare tutto all’aria, allora forse il nostro matrimonio non era la roccia che credevo, ma solo una bolla di sapone…”- commentò drasticamente Evie.
“Eddai…se ti dicesse che ha sbagliato…che è stata una sbandata, un’avventura senza importanza non lo perdoneresti?”- rilanciò Emma.
“Ti ho detto che non lo so…non ci ho pensato e non voglio nemmeno farlo…Orlando non è il tipo che torna indietro…se siamo arrivati a questo punto è perché la sua scelta l’ ha già fatta…”- le rispose seccamente.
“E per una volta tanto ti ha fatto un favore, fidati di me…”- osservò Beth sarcastica – “Il mare è pieno di pesci…tu sei bella, brillante, intelligente…non ti ci vorrà molto a trovare un sostituto molto più in gamba di lui…”-
“Quanto sei acida…dici così perché non ti è mai andato a genio…con me è sempre stato carino…”- la rimproverò la piccola di casa.
“Lo credo bene! Tu ti fai conquistare con tre moine…”- rispose per le rime l’altra.
“Ok, time out ragazze…io me ne tiro fuori…vado a prendere altri pop- corn…”-

Quando le ragazze se ne furono andate, Evie non riuscì a fare a meno di ripensare a quello che si erano appena dette. Finora era stata così attenta a proteggere i bambini e ad assicurarsi che non risentissero troppo della separazione, che non si era soffermata a leggersi dentro. Non sapeva se stava bene o male…aveva accettato la cosa e, dopo il trauma iniziale, si era limitata a prendere atto del cambiamento, senza farsi troppe domande, probabilmente in un meccanismo inconscio di autodifesa. Era come se, per la prima volta, si rendesse davvero conto che era da sola in quella grande casa, sola nella loro camera da letto, sola nel loro lettone…e, anche se si sarebbe fatta tagliare un braccio pur di non ammetterlo, non poteva negare che le mancasse. Le mancava la sua vicinanza, la consapevolezza di poter fare affidamento su di lui; le mancavano il suo sorriso, il suo profumo, le sue mani, il modo in cui le posava sui suoi fianchi prima di entrare insieme in una stanza e la loro intimità. Non pensava solo al sesso, o almeno non solo a quello. Si riferiva ai momenti intimi che si condividono con la persona che si ama, come ad esempio le chiacchiere prima di addormentarsi, i discorsi sui bambini, sulla loro educazione, la condivisione delle loro speranze per il loro futuro, la colazione insieme appena svegli a letto, prima di subire l’attacco dei bambini nel lettone, gli sguardi complici di intesa. Le pesava doverne fare a meno e, soprattutto, le pesava pensare che ora lui avrebbe condiviso tutto questo con un’altra.
Aveva sempre pensato che quando una storia finiva la colpa non stesse da una parte sola e che la percentuale di responsabilità andasse spartita all’interno della coppia. Ovviamente il suo caso non faceva eccezione, solo avrebbe voluto sapere in cosa avesse sbagliato. Più ci pensava, più non riusciva a trovare errori grossolani, mancanze clamorose o distrazioni da parte sua. Eppure dovevano esserci…forse non gli era stata abbastanza vicina o per lo meno non nella maniera che lui sperava; ammetteva di averlo un po’ trascurato dopo l’arrivo dei bambini, specialmente dopo la nascita di Amy, anche perché era reduce da una gravidanza passata quasi interamente a letto, ma era certa di aver rimediato in seguito. Più semplicemente poteva essere che l’amore che lui sentiva per lei, così come era nato, fosse sfiorito e lo avesse spinto verso altri lidi. Doveva essere così, per quanto fosse difficile da accettare. Il problema era che lei lo amava ancora. Sapeva bene che non doveva ed in effetti provava una gran rabbia nel vederlo, era ancora così arrabbiata e ferita che gli avrebbe volentieri rovinato quel suo bel faccino a furia di ceffoni, ma non poteva né voleva permettersi di darlo a vedere. Continuava stupidamente ad affidarsi al suo orgoglio e si sforzava di mostrarsi sempre al meglio. Oddio, ormai non era più nemmeno uno sforzo, oramai le veniva naturale. Non voleva che lui potesse pensare che l’aveva distrutta o che lei stesse ancora male e spesso lo negava anche a se stessa.
Comunque sia, a prescindere da quello che poteva provare o pensare lei, il dato di fatto era che era finita, che presto si sarebbero trovati a firmare le carte per il divorzio ed il loro matrimonio sarebbe rimasto lontano ricordo. Nonostante ciò sarebbero rimasti legati per sempre, volenti o nolenti, perché avevano due figli. Evie sperava solo che la loro separazione non li danneggiasse a lungo andare; poteva sopportare di aver fallito come moglie, ma non avrebbe mai accettato mai un fallimento come madre. Alex ed Amy erano in assoluto le persone più preziose e care che aveva, avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro.

La mattina dopo Evie si era svegliata di buon umore, grazie al buongiorno coccoloso di Amy, che si era catapultata nel lettone alle 7.30 precise. Se l’era spupazzata per bene, con bacini e coccole. Poi, dopo un altro po’ di ozio sotto le coperte, erano scese in cucina a preparare la colazione, in attesa che anche Alex le raggiungesse.
Si era accorta però quasi subito che Amy era stranamente silenziosa, proprio lei che in genere era una chiacchierina sin dopo la sveglia. Le  sembrava quasi pensierosa, preoccupata.
“Che c’è cucciola? Non ti senti bene?”- le domandò preoccupata.
“No mami…sto bene…”-
“Sicura? Non è che hai la febbre…?”- le toccò la fronte ma non scottava.
“E dai, dillo a mamma…che ti succede? Hai litigato con qualche bambino al parco?”- insistette.
Lei la guardò con un’aria a metà tra lo spaesato e l’incuriosito e le disse con disarmante semplicità:
“Mami…ieri sera da papà….ero già a letto, ma mi scappava la pipì…così sono andata in bagno…e ho visto papà e la sua amica sotto la doccia che si toccavano…”-
“Oh…”- riuscì solo a dire, trattenendo la serie di improperi diretti ad Orlando che vagavano nella sua mente – “… e loro ti hanno vista?”-
“Sì…non subito però…”-
“Ti hanno detto qualcosa?”-
“Papà mi ha detto di uscire…poi è tornato da me con l’accappatoio e mi ha riportata a letto…e poi ha detto solo che si stavano lavando…ma a me non sembrava mica…”-
Nonostante il suo primo istinto fosse quello di attaccarsi al telefono per insultare il suo quasi ex marito, mise da parte la rabbia ed il nervoso che sentiva già alla bocca dello stomaco, per cercare di mettere una pezza all’ennesima colossale leggerezza di Orlando.
“Bè, vedi tesoro…quando due persone si vogliono bene e vivono nella stessa casa, può succedere che…che facciano la doccia insieme…”-
“Come papà e Neela?”-
“Si…esattamente così…per questo li hai visti lavarsi e scambiarsi qualche coccola…capito?”-
“Sì mami…”-
“Ora promettimi che busserai sempre prima di entrare in bagno in casa di altri, ok?”-
“Va bene…”-
“Brava cucciola…ora finisci la colazione…”-
Dopo questo imprevisto, Evie andò a svegliare anche Alex, quindi accompagnò entrambi i bimbi a scuola ed andò, come sempre, a fare la spesa, in lavanderia ed a sbrigare alcune commissioni che rimandava da troppo tempo.
Ma per tutto il tempo non riuscì a togliersi dalla testa quello che aveva combinato Orlando. Avrebbe voluto parlargli, perché non poteva far passare in sordina una cosa del genere, ma sapeva anche che prima si sarebbe dovuta calmare o avrebbe finito per dirgli cose che non pensava passando inevitabilmente dalla parte del torto. Quindi si sforzò di pensare ad altro e, rientrata a casa, chiamò la domestica e le disse di prendersi una giornata libera. Pensare alle faccende di casa e riordinare di sicuro l’avrebbe tenuta impegnata.
Nel pomeriggio, dopo aver dato una mano ad Alex coi compiti, si mise a preparare una torta con Amy, sempre con l’unico obiettivo di tenersi rilassata ed occupata e ci era quasi riuscita, quando ecco, col suo proverbiale tempismo, arrivare Orlando: jeans sdruciti, felpa nera con cappuccio, occhiali da sole, cappellino in testa e faccia da schiaffi.
Lasciò che salutasse i bambini e che ci giocasse per una buona mezz’ora, mentre lei se ne stava a distanza di sicurezza in cucina.
Quindi, infornata la torta, chiese ad Alex di restare in salotto con Amy ed invitò Orlando a seguirla in studio.
“A volte io davvero mi chiedo se ci sei o ci fai…”- gli disse non appena chiusa la porta alle sue spalle.
Lui le fece  un sorrisino tirato e si grattò la testa.
“Immagino che Amy ti abbia detto…”-
“Immagini bene…si può sapere cosa ti passa per la testa?”- riprese.
“Evie, per favore…calmati e fammi spiegare…so che sei arrabbiata ma…”-
“Arrabbiata? No caro mio…sono furiosa e….e allibita…mi chiedo come puoi essere così superficiale anche rispetto ai tuoi figli…”-
“Adesso sei ingiusta…”- le fece notare con aria seria – “…erano le undici passate…l’avevo appena controllata, stava dormendo…non potevo certo immaginare che si sarebbe svegliata di colpo…”- si  giustificò.
“Oh santa pazienza Orlando! E’ una bambina di 4 anni…certo che si sveglia all’improvviso…ma ovviamente tu non puoi saperlo, dato che negli ultimi anni sei stato più  in giro per il mondo che a casa….”-
“Stiamo parlando delle mie mancanze come marito o di quello che è successo ieri? Sono un po’ confuso…”- ribatté lesto.
“Stiamo parlando di te…vogliamo partire dal fatto che ti porti la tua amichetta a casa quando stai coi ragazzi o dal fatto che non ti sei nemmeno premurato di darle una spiegazione?”- gli disse seccamente.
“Neela non è la mia amichetta…vive con me…e questo lo sai…per quanto riguarda Amy pensavo che fosse giusto che ne parlasse con te…tu sei più adatta a spiegarle certe cose…”-
“Ma davvero? Chissà perché ma non mi stupisce…comunque hai sbagliato…avresti dovuto parlarle subito…”-
“Ho fatto quel che ho potuto, ok? È stato imbarazzante…non sapevo cosa fare…”- tentenna appena.
“Oh poverino…è stato imbarazzante…e per lei credi sia stato piacevole vedere suo padre sotto la doccia con un’altra donna?”- precisò tagliente.
“Cristo Evie…so che ho sbagliato, possiamo evitare di farne un dramma?”- sbottò lui.
“Tipico…”- osservò caustica sorridendo nervosamente.
“Tipico cosa?”- le domandò stranito.
“Il tuo atteggiamento…tu fai la cazzata e poi te ne lavi le mani e minimizzi…”-
“E tu usi questo incidente come pretesto…”- rilanciò lui avvicinandosi a lei con aria di sfida.
“Scusa?”-
“Amy non c’entra…ti dà fastidio che fossi con Neela…”- aggiunse.
“Certo che hai davvero una gran faccia tosta!”- sbottò lei decisa – “Per chi mi hai presa? Per una ragazzina piccosa? Con che coraggio ti permetti di mettere in dubbio il mio buon senso di madre? Il fatto che tu ragioni ancora come un bambino dell’asilo non significa che tutto il resto del mondo faccia esattamente come te!”- concluse seccamente.
Orlando non ci mise molto a risponderle.
“Hai ragione tu…come al solito ovviamente…”- disse con tono volutamente sarcastico – “…ma come ho potuto pensare che tu potessi anche solo lontanamente essere gelosa di Neela? Proprio tu, che sei così perfetta, sempre così controllata…”-
“Smettila di fare il buffone”- lo riprese.
“Altrimenti cosa fai? Mi sculacci?”- rilanciò spavaldo, fronteggiandola.
Ad Evie scappò un sorrisino tirato. Tuttavia, non si lasciò scomporre dal suo atteggiamento e guardandolo negli occhi le scappò detto:
“Quando fai così mi chiedo perché ci siamo sposati…”-
Lui accusò il colpo, ma si sarebbe fatto tagliare una mano pur di non mostrarlo.
“Siamo in due allora…accanto a te mi sono sempre sentito inadeguato…qualsiasi cosa facessi non era mai abbastanza, non importava quanto successo avessi fuori, in casa non ero mai alla tua altezza…”-
“Non sai nemmeno quello che dici…sei assurdo…”- ribatté.
“Lo vedi? Tu non sbagli mai, sei perfetta…faresti impallidire anche un santo…io invece sono solo un uomo e se mi sono innamorato di un’altra è perché mi ero stancato di avere a che fare con una maestrina…”- la punzecchiò volutamente ed in maniera forse più cattiva di quanto avrebbe voluto.
“Quindi me lo sono anche meritata…”- osservò stupita ed al contempo ferita dalle sue parole – “…questa è buona…ma d’altra parte cosa posso aspettarmi? Sarebbe un evento se una volta, una sola nella tua vita ti prendessi la responsabilità di quello che fai”-
“Eh già…è molto più comodo dare tutta la colpa a me piuttosto che pensare a dove puoi aver sbagliato tu…tanto tu non sbagli mai”-
“Piantala con questa storia…se tu hai o avevi dei complessi di inferiorità nei miei confronti non è un problema mio, ma soltanto tuo…”- gli fece notare duramente.
“Io non ho proprio nessun complesso…”-
“Da come ti comporti sembrerebbe il contrario…tu non hai le palle per stare con una donna che abbia un minimo di personalità e di carattere…tu vuoi qualcuna che viva della tua luce riflessa per sentirti sicuro ed avere il controllo della situazione…”-
“Adesso fai anche la psicanalista?”- la stuzzicò lui.
“Oh, non ci vuole una laurea per capirlo…sei molto meno complicato di quello che pensi….comunque non è questo il punto e non sono più nemmeno affari miei per fortuna…Tu puoi fare quello che vuoi con chi vuoi quando vuoi…ma quando con te ci sono i miei figli pretendo che ti comporti in maniera impeccabile…tu sei il loro padre ed hai il diritto di vederli, ma lei non c’entra nulla e non voglio che li frequenti, né tantomeno si faccia beccare con te sotto la doccia…”- riprese per niente intimorita dal suo atteggiamento.
“E’ stato un incidente…non era in programma che passasse da me…quando ho i bambini lei torna sempre nel suo appartamento…”-
“Non mi importa niente di quello che fate né dei vostri accordi…mi interessa solo che i bambini siano sereni e tranquilli…un altro incidente del genere e te li faccio vedere solo qui a casa…sono stata chiara?”- lo avvisò.
“Chiarissima…Ora, col tuo permesso, vorrei tornare dai miei figli…”- disse pungente, quindi si voltò per uscire.
“Un’ultima cosa…”- aggiunse.
Lui si voltò verso di lei con un’espressione indecifrabile.
“La settimana prossima andrò da un avvocato…a questo punto è meglio mettere tutto nero su bianco e divorziare…non c’è motivo per aspettare ancora…”-
Lo vide incupirsi.
“Hai intenzione di usare quest’episodio in sede di divorzio?”- le chiese allarmato.
“No…pensi che sia così meschina? Però non deve ripetersi più…”- precisò.
“Non succederà di nuovo…hai la mia parola…”- la rassicurò lui.
Quindi rimasero entrambi in silenzio, come se non sapessero cosa dirsi. Ma la verità era ben diversa…
“Mi dispiace…io non volevo…”- riprese lui – “…so che adesso magari non mi crederai o più probabilmente non te ne farai niente, ma non volevo che le cose andassero così…però è successo…”- le spiegò incerto.
“Non ha senso parlarne…come ti ho già detto mi interessa solo il bene dei bambini…”- rispose lei, ostentando un distacco che era solo apparente.
“Certo…lo so…anch’io voglio solo il loro bene…forse come marito non sono stato granché, ma i ragazzi sono tutto per me…”- osservò accorato.
“Si, lo so…ora torna da loro…hanno bisogno di te…”- lo esortò lei.
Annuì e tornò dai bambini.




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Capitolo 3
*** Cap.3 ***


Grazie alle mie fedelissime commentatrici, un bacio enorme!! Grazie anche ai lettori silenti! Buona lettura!

Dopo quella discussione, Orlando ed Evie non tornarono più sull’argomento. Tuttavia, era evidente che la situazione fra i due fosse piuttosto tesa. Si limitavano ai convenevoli e, se costretti a rivolgersi la parola, parlavano solo ed esclusivamente dei loro figli. Inoltre, erano sempre di pessimo umore…e la cosa non poteva certo sfuggire ai loro familiari ed amici.
Quel pomeriggio Orlando si era dedicato all’attività fisica. Aveva fatto due ore di palestra col suo amico di sempre, Chris, quindi si era concesso una rilassante e defaticante sauna. L’amico aveva intuito che qualcosa non andasse, dato che Orlando era più silenzioso del solito e si era dedicato con eccessiva concentrazione agli esercizi fatti.
Lo osservava distrattamente, aspettando che si decidesse ad aprire bocca ed a vuotare il sacco, ma dopo un’altra mezz’ora di persistente silenzio, gli disse:
“Ti hanno morso la lingua per caso?”-
L’altro, pensieroso, si voltò verso di lui.
“Come scusa?”-
Chris ridacchiò scuotendo la testa.
“Santo cielo…si può sapere cosa ti è successo? Non hai ancora aperto bocca…problemi sul lavoro? O con la ragazzina?”- e con ragazzina Chris intendeva ovviamente Neela. Non la sopportava e non gli andava particolarmente a genio, cosa, peraltro, reciproca.
“Ma niente…è solo che…ho discusso con Evie…”- ammise infine stancamente.
“Ah…che hai combinato stavolta?”- gli scappò detto.
Orlando lo fissò stranito.
“Si può sapere perché date sempre tutti per scontato che sia colpa mia?”- osservò deciso.
“Adesso non cambiare argomento…che è successo?”- rilanciò l’altro, per nulla smontato.
Lui rimase in silenzio alcuni istanti, come a riordinare le idee, quindi gli rispose:
“Qualche sera fa avevo i bambini da me…li avevo messi a letto da poco, quando è arrivata Neela e…bè, sai com’è…ci siamo messi a fare altro…e….Amy poi si è svegliata di colpo, è venuta in bagno e ci ha sorpresi…insieme…sotto la doccia…”- spiegò leggermente imbarazzato.
“Oh no…”-
“Purtroppo si invece….”-
“Io sono andato in pallone, non sapevo cosa fare…perciò le ho solo detto che ci stavamo lavando, mi pareva la cosa migliore da fare…Evie l’ ha saputo e si è incazzata a morte…ne ha fatto un caso di Stato, come al solito…”- commentò.
“Bè…mi pare comprensibile…”- gli fece notare Chris.
“Grazie…bell’amico!”-
“Eddai eh…ora non fare il permaloso…prova un po’ a metterti nei suoi panni…se Amy avesse sorpreso Evie sotto la doccia con un altro, non avresti fatto il matto? Giura che non è così…ti conosco bello mio,  a me non la fai!”- concluse sornione.
“Ma che c’entra! E’ stato un incidente, mica l’ ho fatto apposta…lei è sempre così rigida, così intransigente…lo è sempre stata…”- rimarcò.
“A me pare solo una madre che si preoccupa per i suoi figli…e tu dovresti ricordarti che è anche una moglie tradita…e ferita…”-
“Avresti dovuto sentirla…mi ha detto delle cose orribili e parecchio pesanti…bè, certo anch’io non sono stato lì buono a farmele dire…mi considera un superficiale, ha detto che ho mancato di rispetto anche ai bambini…che faccio delle cazzate e poi me ne lavo le mani…”-
“Era arrabbiata…cosa ti aspettavi? Dei complimenti? E comunque perdonami ma anche se sono tuo amico sarò sincero…è stata una leggerezza…chiunque reagirebbe male se sapesse che il proprio o la propria ex si è fatta sgamare dalla figlia con un'altra persona…ora però non pensarci più, ma fai in modo che non si ripeta…Evie non è una stupida, sa che sei un buon padre…”- gli fece notare Chris.
Orlando sospirò a fondo, quindi riprese:
“Ha detto che andrà dall’avvocato…per il divorzio…”- e sembrò deluso nel dirlo.
“Bè? Mi pare scontato…cosa pretendevi? Stai con un’altra donna, ci convivi…”- gli ricordò.
“Si ma…”-
“Ma cosa? Orlando?”- lo richiamò – “…ha cambiato idea? Ci stai ripensando?”- gli domandò quasi speranzoso.
“No…mi sembra evidente che con Evie le cose non funzionano più, no? E questa litigata è stata la conferma…ho solo paura che ci siano dei casini…che magari si faccia convincere dal suo avvocato a farmi la guerra, che ne so…non è tanto una questione di soldi…sono pronto a darle tutto quello che vuole…ma voglio continuare a vedere i bambini quando voglio, ho bisogno di loro…”-
“Ma cosa vai a pensare? E’ una donna intelligente, mica un mostro! Sa quanto bene vuoi ad Alex ed Amy…non ti impedirà mai di fare il padre…stai tranquillo, non cambierà nulla…”- lo rassicurò.
“Speriamo…”- osservò ancora l’altro.


Nel frattempo, appena fuori Londra, Evie era a casa di sua sorella Beth, che l’aveva invitata a pranzo da lei coi bambini. Dopo pranzo, mentre i cuginetti giocavano fra loro in salotto, le due sorelle erano rimaste in cucina per bersi un caffè e confidarsi.
Più che altro, Beth parlava a ruota libera, mentre Evie si limitava a sorridere di tanto in tanto, a dare risposte fugaci e non troppo convinte, mentre dondolava nervosamente una gamba.
Ad un certo punto, sua sorella le mise una mano sul ginocchio e guardandola le disse:
“La vuoi smettere per favore? Mi stai facendo venire il mal di mare!”- ironizzò.
“Scusa…non me ne rendevo nemmeno conto…”-
“Mi dici che hai? Sono giorni che sei strana…che succede?”- le domandò premurosa.
“Nulla…davvero…è tutto a posto…”- le rispose, sforzandosi di essere convincente.
L’altra la osservava, per nulla convinta.
“Ti conosco…so cosa ti fa stare così…anzi, dovrei dire chi ti fa stare così…avanti, spara….cos’ ha fatto stavolta Orlando?”-
Evie sorrise divertita.
“Almeno ti ho fatta ridere! E’ già qualcosa!”-
Quindi la sorella le raccontò tutto, dall’episodio sotto la doccia alla loro discussione del giorno dopo.
“Vedi? E poi tu ed Emma vi stupite se ce l’ ho con lui…”- sentenziò Elizabeth, per nulla sorpresa.
“Io non capisco…ti giuro che a volte mi sembra impossibile che sia andata così…non ho mai pensato che fosse perfetto, ma mai mi sarei aspettata questo…e non parlo solo dell’episodio in sé…credo alla sua buona fede, so che non l ‘ha fatto apposta a farsi beccare…ma quello che mi ha detto dopo è così…così…ingiusto…e anche…così….vero…”- osservò amareggiata.
Beth strabuzzò gli occhi.
“Vero? Mi stai dicendo che pensi che abbia ragione lui?”- rimarcò perplessa.
“Bè…mi ha accusata di essere solo gelosa di Neela…e forse…ha ragione…lo so che non dovrei, so che dovrei andare avanti, fregarmene…che dovrei solo essere arrabbiata con lui…ed in parte lo sono…ma sono anche un pò gelosa, devo ammetterlo…”-
“Oh Evie…”-
“No eh? Non usare quel tono!”- la ammonì.
“Che tono scusa?”-
“Quello che hai appena usato…lo stesso tono che si usa con chi è irrimediabilmente e drasticamente senza speranze!”- precisò.
Sua sorella scoppiò a ridere.
“So che non dovrei…ma come faccio? Lui è stato mio, solo mio per 12 anni…mi sale la bile solo nell’immaginarlo con un’altra…è più forte di me…e vorrei capire, vorrei sapere perché, cos’ ho fatto, dove ho toppato…”-
“Tu non hai fatto niente…”- tagliò corto l’altra.
“No Beth…le colpe non stanno mai da una parte sola…se si è innamorato di un’altra è anche colpa mia…forse sono davvero stata troppo intransigente…troppo maestrina con lui…ma se l’ ho fatto è stato in assoluta buona fede…”-
“Tesoro…non devi…basta rimuginare, basta farsi dei sensi di colpa inutili…è andata così…tu non sei perfetta così come di certo non è perfetto lui…stare insieme comporta sacrificio, compromessi, comprensione…io ti conosco, so che donna sei…quello che sentivi per tuo marito era reale…chiunque stando con voi lo percepiva, lo vedeva…se proprio Orlando non se n’è reso conto o lo mette in dubbio vuol dire che non ha capito nulla di te…quindi stai serena e vai avanti…le cose succedono sempre per un motivo, credimi…adesso magari non capisci quale, ma presto capirai….”- la rassicurò.
“Si…forse hai ragione tu…comunque al più presto andrò a parlare con un avvocato…voglio il divorzio…andare avanti così non ha più senso…”-
“Brava, fai bene…”-
“E poi ho una bella notizia…”- riprese.
“Avanti, sentiamo…”- la incitò Beth.
“Mi ha chiamata Harry Taylor…ricordi? Lavorava per la casa editrice che ha pubblicato il mio primo ed ultimo libro…si occupava delle correzioni, mi faceva delle note…”-
“Oh si…si, me lo ricordo bene…era sempre tanto gentile”- rammentò l’altra.
“Bè, ora ha una casa editrice tutta sua e…vorrebbe che facessi il bis e pubblicassi qualcos’altro…”-
“Ma è splendido! Finalmente! Sono davvero contenta…sarebbe un peccato mortale sprecare un talento come il tuo….”-
“Lo incontrerò la prossima settimana…per ora ne abbiamo parlato solo al telefono…ma mi è sembrato intenzionato a convincermi…mi lascerebbe carta bianca… in pratica posso decidere se scrivere un romanzo o tenere una rubrica settimanale su uno dei suoi periodici…”- spiegò.
“E’ davvero fantastico! Mi raccomando, cogli l’occasione al volo! Penso sia il momento giusto per rimetterti in pista!”- la spronò.
“Tu dici?”- osservò Evie incerta e mangiucchiandosi un’unghia.
“Certo! I bambini sono già grandini e tu hai tempo per te finalmente…così potrai dedicarti a fare quello che più ti piace…è la tua seconda possibilità, non lasciartela sfuggire…”-
“Già…hai ragione…tu però non montarti ancora la testa…prima voglio pensarci bene….sono ancora un po’ arrugginita…”-
“Mettiamola così…ho fiducia in te e so che è ben riposta!”- tagliò corto convinta Beth.


Qualche giorno dopo Evie si recò all’incontro di lavoro col signor Taylor. La casa editrice si trovava proprio in centro, in un enorme edificio a 6 piani. Taylor, oltre ad occuparsi di libri e di scrittori emergenti, era anche editore di uno dei maggiori quotidiani inglesi nonché di due riviste periodiche, una dedicata all’attualità ed alla moda e l’altra alla divulgazione scientifica. La redazione si trovava al terzo piano, così come il suo ufficio.
Mentre la segretaria, una ragazza poco più che ventenne, con un tailleur nero che le conferiva un’aria molto professionale e seriosa, con tanto di occhialini dalla montatura leggere, la annunciava, Evie si guardò intorno: c’erano vita, confusione, fermento, poteva inspirare l’odore della carta appena stampata mista a caffè che qualcuno probabilmente aveva da poco bevuto. Forse proprio in quel momento, per la prima volta dopo anni, si rese conto di quanto il lavoro le mancasse e solo l’idea di poter fare parte di una squadra, di un gruppo di persone con un obiettivo la riempì di gioia.
“Signora Parker…”- la richiamò la segretaria – “Può entrare…il direttore la sta aspettando…”-
“Grazie…”- rispose solo, facendosi strada nell’ufficio di Taylor.
Non appena la vide, lui si alzò e le andò in contro per salutarla calorosamente.
“Evie…è un piacere vederti…santo cielo, sei ancora più bella…”-
“E tu sei sempre il solito esagerato…ti trovo bene Harry…”-
In effetti Harry era sempre stato molto gentile e disponibile con lei, l’aveva conosciuta quando era ancora praticamente una ragazzina e l’aveva sempre spronata ed incoraggiata come un padre farebbe con una figlia. E questo interesse era assolutamente sincero e disinteressato, dal momento che Taylor era dichiaratamente gay da anni. Era un uomo sulla cinquantina, con un aspetto molto gradevole pur non essendo troppo curato: aveva i capelli brizzolati e leggermente mossi, una barbetta di 2-3 giorni e l’aria vispa, così come gli occhi, di un azzurro intenso.
L’uomo la fece accomodare, quindi riprese:
“Allora…cos’ hai fatto in questi anni lontana da me?”-
“Bè, vediamo…due figli tanto per cominciare…la moglie, la casalinga e la mamma…ed ora…faccio la separata in attesa di divorzio…”- rispose con studiata noncuranza.
“Oh si, questo lo so…nel mio ambiente le voci girano…anche se mi sono sempre rifiutato di pubblicare articoli su di te ed il tuo matrimonio…mi devi un favore…”-
“Ho notato…e ti ringrazio…”- gli rispose sincera.
“Ma la mia domanda di prima era riferita al lavoro…non hai più pubblicato nulla, ma hai continuato a scrivere vero?”-
“In effetti...no…”- rispose Evie, spostandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Cominciava a sentirsi come una studentessa sotto esame. Harry le aveva sempre fatto quell’effetto e continuava a farglielo.
“Come mai?”- indagò lui.
“Bè sai come funziona…cambiano le priorità…sono arrivati i bambini e non ho più trovato il tempo…e quando c’era ero troppo stanca per mettermi a scrivere…”- confessò candidamente.
“Male…pensavo che una come te ce l’avesse nel sangue questo lavoro…ricordi cosa ti dissi la prima volta che ci siamo visti, dopo che ho letto i primi 3 capitoli del tuo libro?”- le domandò fissandola attentamente.
“Si…mi dicesti che avevo inchiostro e non sangue che mi scorreva nelle vene…”- ricordò sorridendo.
“Esatto…le persone come te, come noi, si sentono perse se non scrivono…scrivere dovrebbe essere il nostro ossigeno…”- le fece notare.
“Già…ma poi si cambia…si hanno anche altre priorità…”- ribatté, sistemandosi meglio su quella poltroncina che ora più che mai le sembrava dannatamente scomoda e stretta.
“Non vorrai propinarmi la storia dell’istinto materno, che ha soverchiato tutte le tue ambizioni? …Mi vuoi dire che ti senti realizzata solo come madre e che ti basta quello? Io non ci credo…”- osservò caustico.
“Comincio a chiedermi perché mi hai convocata…”- commentò a voce alta Evie, tormentandosi le mani.
“Per offrirti un lavoro…”-
“Allora dimmi cos’ hai in mente…arriviamo al punto…”- lo esortò.
“Sei irritata”- commentò li scrutandola attentamente.
“No…bè, si…sembra che tu ti diverta a tenermi sulla corda…sai quanto ti stimo e quanto ti sono grata per tutto quello che hai fatto per me…sei stato il mio mentore e non ti ringrazierò mai abbastanza…ma le scelte che ho fatto nella mia vita sono e restano mie…sono state scelte consapevoli, forse rischiose, ma non me ne pento…quindi se vorrai che lavori o collabori con te, possiamo parlarne e vedere se c’è un indirizzo comune da seguire, altrimenti me ne andrò e saremo amici come prima…comunque vada, il punto è non mi psicanalizzare e non elencarmi uno dopo l’altro tutti gli errori che secondo te ho commesso…”- gli spiegò con determinata calma.
Harry rimase in silenzio alcuni istanti, quindi scoppiò a ridere genuinamente.
“Oh Dio…allora ci sei ancora? La Evie che conoscevo, determinata e combattiva non è stata seppellita da decine e decine di pannolini…”- osservò ironicamente.
“Ma quanto sei perfido…ci sono cascata con tutte le scarpe!”- aggiunse lei sorridendo distesa.
“Lo sai, è più forte di me…e poi volevo assicurarmi che il matrimonio con una star del cinema non ti avesse trasformata in una snob…”-
“Oh andiamo...mi conosci, potrei mai diventare così?”- rispose ridendo.
“Uhmmm…snob no, non sei il tipo…ma se devo essere sincero…”- cominciò a dire.
“Avanti…lo so che non vedi l’ora di essere sincero…”- lo esortò lei.
“Il gossip per ovvie ragioni lo seguo anch’io…e di foto vostre a qualche evento ne ho pubblicate…all’inizio ti riconoscevo…nei gesti, in certe tue espressioni…eri proprio tu…anche nelle interviste, quando lo accompagnavi sul red carpet…poi ti ho persa…”-
“Cosa vuoi dire?”-
“Mah…che non mi sembravi più tu…la Evie che conoscevo io era sempre spontanea, impulsiva……avevi il fuoco dentro, ti accendevi con niente…e ti entusiasmavi con niente…poi ti ho osservata bene ed eri diversa…controllata, spesso taciturna…come se ti fossi accorta che gli stavi rubando dello spazio magari, della visibilità…ed hai scelto di metterti nell’ombra, per lasciarlo scintillare da solo…”- le disse con sincerità.
Questa volta fu lei a restare in silenzio.
“Ne deduco che la diagnosi è corretta…”- aggiunse lui sornione.
“Bè, sei sempre stato molto empatico…è vero…la tua disamina non fa una piega…ho cercato di restare quella che ero, ma non era così semplice come pensavo…”-
“Non mi è mai andato molto a genio l’attore, lo sai…”- gli scappò detto.
“Lo so…ma non è stata colpa sua in questo caso…il punto è che non avevo a che fare solo con lui…finché siamo stati fidanzati non ci sono stati problemi, ma una volta sposati, mi sono resa conto che avevo sposato anche il suo entourage…e da un giorno all’altro, mi sono trovata in casa persone che mi dicevano come vestirmi, cosa dire, cosa fare…ho cercato di abituarmi, di fare buon viso a cattivo gioco, sperando che alla lunga le cose migliorassero, ma quando ho capito che non era una situazione temporanea, me ne sono tirata fuori…”- ammise.
“Capisco…bè, ora hai l’occasione di tornare in pista…sempre che tu lo voglia davvero…”-
“Si, certo che lo voglio…quindi bando alle ciance, parlami di lavoro!”- lo esortò Evie.
L’incontro proseguì per un’altra mezz’ora ed alla fine raggiunsero un accordo che soddisfacesse entrambi. Harry avrebbe voluto che Evie scrivesse un altro romanzo, ma lei non se la sentiva, non era ancora pronta, quindi accettò di collaborare occupandosi di una rubrica per uno dei suoi periodici di attualità, cosa che le avrebbe permesso di tornare alla scrittura ma in maniera decisamente più soft e con possibilità di gestire meglio sia il suo tempo che l’argomento da trattare.
Stava cominciando un nuovo capitolo della sua vita…






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Capitolo 4
*** Cap.4 ***


Grazie di cuore a chi legge silenziosamente e soprattutto a chi legge e recensisce!! Buona lettura!

Mentre Evie riprendeva la sua vita lavorativa da dove si era interrotta, Orlando era impegnato con le ultime riprese del film che aveva co  - prodotto, e non solo…
Neela alla fine non era stata scelta per il suo film, perché non convinceva né l’altro produttore, né il regista. Ma la ragazza non si era certo arresa: era giovane e bella, con il viso dai tratti regolari, occhi verdi, lunghi capelli mori, un fisico slanciato con le forme al punto giusto, era determinata ed aveva grinta. Ultimamente aveva preso parte ad una produzione, si trattava di una parodia, una sorta di collage di film decisamente famosi, rivisitata e corretta in chiave goliardica ed ironica; non era certo una partecipazione di spessore, ma le aveva permesso di mettersi in mostra e di far parlare di sé, cosa che le riusciva piuttosto facile.
In effetti, la ragazza non disdegnava di parlare della sua vita privata e, soprattutto, della relazione con Orlando, cosa che lui mal digeriva. Avevano già litigato più volte per questo motivo ed anche quella sera stavano discutendo, complici le ultime dichiarazioni della ragazza rilasciate in un’intervista a ‘In Touch’, corredata da foto discinte.
“E’ stato un colpo di fulmine…la scintilla è scattata subito, sin dal primo momento…è stata un’attrazione fortissima…”- lesse a voce alta lui – “Era proprio necessario? Non potevi usare altri termini? Detto così sembra che siamo finiti a letto la prima sera…”- osservò caustico.
Lei gli si avvicinò mettendosi a sedere accanto a lui.
“Non vedo il problema…ho detto la verità…mi sei piaciuto da subito e lo sai…la gente può pensare quello che vuole…non sono affari miei…”- tagliò corto in maniera sbrigativa.
“Io ero sposato…anzi, tecnicamente lo sono ancora…e ho due bambini…”- le ricordò.
“E quindi? Temi forse che possano leggere la rivista? Credo preferiscano i fumetti…”-
“A volte mi chiedo se ti sforzi o se ti riesce naturale essere così…così…superficiale….non voglio chiacchiere, non voglio pettegolezzi, ce ne sono stati fin troppi…non è giusto nei confronti dei miei figli… e nemmeno di Evie…”- la riprese.
“Ah, ecco!”- rimarcò lei alzandosi e versandosi del vino – “…è questo il problema…Evie, come sempre…”-
“E’ la madre dei miei figli…penso di doverle almeno un minimo di rispetto…”- osservò seriamente.
“Appunto, hai detto bene…tu le devi rispetto…io non le devo nulla…”- precisò secca.
Lui la fulminò con lo sguardo e si alzò velocemente per andarsene. Aveva bisogno di prendere un po’ d’aria, per evitare di dire cosa che non pensava.
“Così dimostri solo che ho ragione…”- gli fece presente.
“Pensala come ti pare…”-
“Cosa pretendi da me? Io non mi vergogno di quello che c’è tra noi…non ci vedo niente di male a parlarne…”- precisò.
“Non è questione di vergognarsi…sto parlando di rispetto…non c’è bisogno di sbandierare ai quattro venti quello che senti per me…prima di tutto dovresti dimostrarlo a me”- rispose lui deciso, guardandola negli occhi.
“Non te lo dimostro forse?”-
“Me lo dimostri a letto…ma non significa che sia amore…per il resto mi pare che tu abbia una gran voglia di pubblicità… lo capisco, sei giovane, vuoi sfondare…ma non tollero che tu  lo faccia alle mie spalle…”- le disse tagliente.
Lei lo fissò stranita.
“Non dici sul serio…adesso sei stanco, sei stressato per il film…farò finta che questa discussione non ci sia mai stata…forse ho sbagliato, ok? Ti prometto che starò più attenta…”- gli disse più conciliante.
Lui si limitò a guardarla, senza dire nulla. Poi riprese:
“Senti, forse dovremmo rallentare…è successo tutto troppo in fretta…e ho sbagliato anche io…ma non è così che volevo che andasse…io non voglio pubblicità, non voglio che parlino di me…sono un attore, è questo che faccio per vivere, non mi interessa che girino pettegolezzi, anzi mi infastidisce…quindi credo che sia meglio staccare per un po’…prenderci una pausa…” – le spiegò con determinata calma.
“Mi stai lasciando?”- gli domandò incredula.
“Ti sto chiedendo di prenderci una pausa…io finisco il mio film, tu finisci di fare le tue cose, le tue interviste, la campagna pubblicitaria che ti hanno offerto…stiamo lontani per un po’ e poi vediamo…”- precisò.
“Se è questo quello che vuoi…”- riuscì solo a dire lei.
Quindi Neela recuperò la sua borsa e se ne andò, lasciandolo solo. Ed in effetti Orlando non si era mai sentito così solo. Era come se improvvisamente vedesse Neela ed il loro rapporto con occhi disincantati: tra loro era scattata subito la scintilla, questo era vero, ma si era spenta lentamente ed inesorabilmente come un fuoco di paglia ed ora, dopo la passione, non restava quasi niente, forse nemmeno le ceneri.
E lui cominciava a chiedersi se ne fosse valsa la pena; aveva rinunciato alla sua famiglia, mandando all’aria il suo matrimonio, per stare con lei, ma ora non era più sicuro di aver fatto la scelta giusta.
Se, inizialmente, si era buttato in quella storia con l’entusiasmo di un ragazzino, come fanno tanti uomini stanchi della routine matrimoniale, adesso sentiva crescere in sé il tarlo del rimorso e tutte le pecche di cui aveva accusato Evie, tutti i suoi difetti, così come la rassicurante normalità del loro rapporto gli mancavano.
Magari non c’era più il trasporto dei primi tempi, mancava un po’ di pepe, di spensieratezza, ma era assolutamente normale per una coppia che aveva dei bambini, però di Evie era stato innamorato davvero e, forse, lo era ancora. Con Neela, invece, era stata solo una forte attrazione, le voleva bene ma aveva riversato sul loro rapporto aspettative troppo alte e decisamente eccessive. Lui non era più un bambino, era un uomo fatto ed aveva bisogno di avere accanto una donna, non una ragazzina desiderosa di notorietà e visibilità. Peccato che se ne rendesse conto solo adesso, quando oramai poteva essere tardi per recuperare cioè che aveva perso…

Passarono lentamente tre mesi, nei quali Orlando si dedicò alla promozione del film, ad interviste televisive e radiofoniche per pubblicizzarlo, mentre Evie continuava a dedicarsi alla sua rubrica sulla rivista. Era un periodo positivo per entrambi, che sembravano aver riacquistato un po’ di serenità grazie ai rispettivi impegni lavorativi.
I loro rapporti erano un po’ più distesi, ma si limitavano più che altro ai discorsi sui bambini, non andavano mai oltre, non si soffermavano a parlare di loro due o di questioni personali.
Purtroppo fu il destino a farli riavvicinare, riservando una spiacevole sorpresa ad Evie.
Suo padre, infatti, mancò improvvisamente a seguito di un infarto. Ovviamente fu un brutto colpo per lei e per la sua famiglia, sia lei che le sue sorelle erano molto legate al padre e la sua prematura scomparsa segnò un momento particolarmente doloroso per loro.
Evie cercò di farsi forza, tenendosi impegnata col lavoro ed anche Alex ed Amy le erano di grande aiuto e la sostenevano col loro amore e con la vitalità tipica della loro giovane età.
Una sera, mentre era a casa da sola, dato che i bimbi si erano fermati per la notte da sua sorella Beth in campagna, si lasciò andare alle emozioni e pianse a lungo, forse come non le succedeva da tempo. Piangeva per suo padre, ma anche per la fine del suo matrimonio. E Dio solo sa quanto ne avesse bisogno. Fino ad allora era rimasta come anestetizzata emotivamente, non aveva lasciato trasparire alcuna emozione, ora si stava concedendo un cedimento, fisiologico e comprensibile. In fondo aveva subito due lutti a distanza piuttosto ravvicinata: prima aveva ‘perso’ suo marito, poi suo padre. Ad un certo punto, sentì suonare la porta: era Orlando. Si asciugò velocemente gli occhi e, stupita, gli aprì.
“Ciao…come mai qui? I bambini non ci sono…si fermano da mia sorella per la notte…”- precisò svelta, con l’aria smarrita.
“Si, lo so…Alex mi ha chiamato e me l’ ha detto…visto che eri sola ho pensato che avessi bisogno di compagnia…”- e rispose sorridendole dolcemente.
Ovviamente non gli erano sfuggiti i suoi occhi lucidi e l’aria stanca. L’aveva vista piangere solo due volte, lacrime di felicità però, in occasione della nascita dei loro bambini. L’aveva sempre accusata di essere fredda, ma ora che la vedeva indifesa le faceva una gran tenerezza.
“Mi fai entrare? Fa freschino qui fuori…”- riprese lui.
“Ah si, certo…scusa…”- gli rispose, facendolo entrare in casa – “Che hai lì?”- riprese, riferendosi alla busta che aveva in mano.
“Solo alcuni generi di conforto primari…I tuoi biscotti preferiti, quelli al cocco e nocciola…e una bottiglia di whiskey…”- le rispose sornione.
“Da quando il whiskey è un genere di conforto primario?”- gli fece eco lei sorridendo.
“Che io sappia da sempre…!”- rispose vispo, andando con disinvoltura in cucina e prendendo due bicchieri.
Quindi si misero a sedere in salotto, davanti al camino acceso. Erano entrambi un po’ impacciati, da tempo non condividevano un’atmosfera così intima, rassicurante ed anche familiare, per molti aspetti.
Orlando versò un po’ di whiskey nei bicchieri, quindi le porse il suo.
“Non credo sia il caso…io reggo poco l’alcol…”- tentennò lei, esitando a prendere il bicchiere.
Lui la guardò e fece una smorfia piuttosto buffa.
“Oh andiamo…prendi e bevi…prometto che non mi approfitterò di te…”- aggiunse in maniera solenne.
Evie gli sorrise e finalmente afferrò il bicchiere.
“Molto bene…allora, alla nostra!…”- esclamò lui, prima di bere tutto in un sorso, salvo poi sbizzarrirsi con una serie di smorfie, cosa che fece ridere di gusto Evie.
“Ehi…non vale…tu non hai ancora bevuto…forza!…La bottiglia è ancora piena e la serata è lunga…”- la ammonì.
Lei non gli rispose, ma bevve a sua volta, quindi ripose soddisfatta il bicchierino sul tavolino.
“Oh, adesso ci siamo…”- osservò lui.
Quindi rimasero in silenzio alcuni istanti, semplicemente godendosi quel momento di inaspettata armonia fra loro e ritrovata complicità. Lui la osservava furtivamente, di tanto in tanto, ma ancora non parlava. Alla fine, si decise a chiederle quello che gli premeva sapere.
“Come stai?”-
Lei spostò lo sguardo su di lui, con un’espressione indecifrabile.
“Così…”-
“Mi è dispiaciuto tanto non poterci essere…ho provato a tornare, ma il volo è stato ritardato, ho cambiato destinazione per cercare di trovare una coincidenza ed arrivare in tempo ma non ci sono riuscito…”- le spiegò mortificato lui, riferendosi al fatto che non aveva potuto presenziare al funerale, in quanto bloccato in Europa per la promozione del film.
“Non importa…non ti preoccupare…i fiori che hai mandato erano stupendi…e anche il biglietto…sai scrivere delle cose così belle a volte…”- gli rispose sinceramente grata.
“Bè, se lo dici tu che sei sempre stata la scrittrice di casa, è di sicuro un bel complimento…”- osservò sorridendole.
“Ti accontenti di poco…”-
“Non direi…”- precisò lesto, quindi si versò altro whiskey ed aggiunse: – “…hai fatto bene a riprendere a scrivere…mi è piaciuto molto l’articolo che hai scritto sulle elezioni americane…disincantato, obiettivo, chiaro…”-
Evie rimase di stucco: non si aspettava certo che lui leggesse la sua rubrica. Tuttavia, quel complimento le fece un enorme piacere.
“Leggi le mia rubrica?”- domandò incredula.
“Certo! Perché? Non posso? Compro il giornale come tutti gli altri e lo leggo…”- le rispose disinvolto.
“E’ solo che…bè, non mi aspettavo che leggessi i miei articoli…mi sembra un po’ strano vista la nostra situazione…tutto qui…”- rispose, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, come era solita fare quando era nervosa. E la cosa ovviamente non sfuggì ad Orlando, che però preferì far finta di niente.
“Strano? Boh…non so, non ci ho mai pensato in questi termini a dir la verità…quindi deduco che non andrai a vedere il mio film…”-
“E se invece l’avessi già visto?”- rilanciò lei.
A questo punto fu lui a fissarla con aria incredula.
“Davvero?”_
In tutta risposta lei ridacchiò divertita.
“No…in realtà no…ma non è detto che non lo faccia…”- precisò – “…versane ancora anche a me per favore…”-
Lui non se lo fece ripetere due volte e la accontentò.
“Mi farebbe piacere se andassi a vederlo…magari non portarci i bambini, perché non è proprio adatto a loro…però, se hai tempo e non sai cosa fare, fai un giro al cinema…mi piacerebbe sentire la tua opinione…”- le disse sincero.
“Perché se qui?”- ripose lei, guardandolo negli occhi e cambiando repentinamente argomento.
“Te l’ ho detto…sapevo che eri sola a casa…immaginavo che non stessi granché bene e ho pensato che ti servisse compagnia…”- le spiegò.
“Lei sa che sei qui?”- gli domandò diretta, riferendosi a Neela.
Lui ci pensò un attimo prima di risponderle. Voleva dirle la verità, ma al contempo non voleva correre il rischio che lei fraintendesse il motivo della sua visita.
“Ci siamo presi una pausa…ultimamente non andavamo nella stessa direzione…”- tagliò corto.
E lei non indagò oltre. Aveva pur sempre davanti l’uomo che aveva amato con tutta se stessa per più di dieci anni, era impensabile per lei mettersi a consolarlo e ad incoraggiarlo, tra l’altro proprio in un momento in cui lei per prima aveva bisogno di consolazione.
Quindi lui si alzò ed osservò alcune foto che campeggiavano sul camino. Foto di famiglia, di loro due insieme, ma soprattutto fotografie dei loro figli.
“Sai, non ho mai capito una cosa…”- buttò lì.
“Cosa?”- gli chiede curiosa.
“Perché Alex non vuole mai vedermi…intendo, perché si rifiuta di vedermi in televisione e di guardare i miei film…non ha mai nemmeno guardato i Pirati dei Caraibi…e pensare che quando l’ ho girato speravo un giorno di farlo vedere ai miei figli!”-
“Non fare così…”- gli disse ridendo – “…e comunque, se può consolarti qualche settimana fa ha visto il primo episodio della trilogia…”-
“Allora c’è speranza!”- esclamò soddisfatto e sollevato.
“Non è che non voglia vederti o rendersi conto di quello che fai…ma per lui sei solo il suo papà, un papà che lavora e che va spesso all’estero per lavoro…il resto non gli interessa…rifiuta i tuoi film perché sa che sono quelli a tenerti lontano da lui…”- gli spiegò semplicemente…comunque adesso ha nove anni…è un ometto…comincia a metabolizzare meglio le cose…”-
“Amy però non ha mai fatto così…eppure è più piccola…”-
“Amy è diversa…non ha lo stesso carattere di Alex…lei è solare, sempre allegra…affronta tutto con spensieratezza e spero tanto che si mantenga sempre così…sono diversi Orlando…non puoi pretendere che si comportino allo stesso modo, né devi trattarli ugualmente…ognuno di loro va preso in maniera diversa…”- gli fece notare, ma non con un intento da saputella o da maestrina, bensì con tenera delicatezza.
“Mi dici come fai?”- le chiese disarmato.
“A fare che?”-
“Quello che fai”- rispose lesto – “…qualsiasi cosa fai ti riesce bene…sei sempre sicura, sempre decisa…sai sempre esattamente cosa fare…non so come ci riesci…è una cosa che ti ho sempre invidiato…sei così in tutto, come scrittrice, giornalista, come madre…”- osservò.
“E’ davvero così che mi vedi? Sicura e controllata?”-
Lui annuì, mentre lei scosse la testa, sorridendo incredula.
“Sbagli…io non sono così…e di sicuro non è vero che qualsiasi cosa faccio riesce bene…guarda noi due…”- commentò sarcasticamente.
“Bè, eravamo in due…anch’io ho la mia parte di errori…”- la rassicurò lui.
“Invece comincio a pensare di no…voglio dire, comincio a capire perché hai detto che ti sentivi sempre inadeguato e sotto esame…mi spiace, non era quello che volevo…”- osservò tristemente, ricordando le accuse che lui le aveva mosso durante la loro ultima discussione, dopo l’incidente della doccia. L’alcol le aveva sciolto la lingua…
“Ma no, no…”- si affrettò a precisare lui, andando a sedersi accanto a lei – “…senti, lascia stare quello che ho detto l’altra volta…ero arrabbiato, ma non lo pensavo davvero…ho esagerato…in fondo se non ci fossi stata tu in questi anni, mentre io ero via, i bambini non sarebbero di certo cresciuti così bene…ho sbagliato tanto anch’io…ti ho accollato anche la mia parte di responsabilità come genitore e non è stato giusto da parte mia…”- le spiegò accorato.
“Perché non me l’ hai mai detto? Perché non mi hai mai detto come ti sentivi?”- gli chiese lei in un soffio.
“Non lo so…”- ammise sincero – “…forse perché non volevo mostrami debole o insicuro…non so…”-
Evie restò in silenzio alcuni istanti, come per riordinare le idee, quindi riprese:
“L’unico motivo per cui pensavo di poter affrontare qualsiasi problema, per cui sembravo così forte…era averti al mio fianco….”- aggiunse poi sinceramente con gli occhi lucidi.
Orlando non rispose, e non riusciva nemmeno a guardarla negli occhi, tanto era lo stupore e l’emozione che sentiva dentro. Aveva l’impressione che quello potesse essere il momento giusto per dirle tutta la verità, per farle capire che era pentito di quello che le aveva fatto, ma temeva di rovinare tutto.
Erano vicinissimi e lei d’istinto gli carezzò un braccio, attirando la sua attenzione. Finalmente incontrò i suoi occhioni nocciola; si fissarono per alcuni istanti e poi si baciarono. Fu un bacio dolce e delicato, che racchiudeva in sé le emozioni più differenti, come succede a chi sta insieme da sempre e si conosce alla perfezione.
Lei si staccò da lui e si alzò in piedi, tendendogli la mano perché la seguisse. Insieme salirono le scale e si ritrovarono nella loro camera da letto. Orlando era piacevolmente confuso e stupito; non si aspettava certo che le cose potessero prendere quella piega, ma non aveva nessuna intenzione di fermarla. Era come se la rivedesse per la prima volta, come se avesse di fronte la Evie che aveva conosciuto a quella festa, la stessa ragazza spontanea e piena di vita. Lei percepì il suo smarrimento e gli si avvicinò, carezzandogli lievemente una guancia; poi lo guardò negli occhi, prima di baciarlo nuovamente, ma stavolta lui la fermò. La osservò a lungo, carezzandole il viso ed i capelli, quindi la baciò, con tutto il desiderio e l’amore che si era ostinato a reprimere in quei mesi. E lei lo stringeva a sé, ricambiando con altrettanto trasporto ed accarezzandolo piano, lentamente, con amorevole dedizione
La fece stendere sul letto ed iniziò a spogliarla piano e con attenzione, mentre lei gli sfilava via il maglione. Una parte di lui gli suggeriva di fermarsi finché era in tempo, di non lasciarsi guidare dall’impulso, ma l’altra parte più istintiva aveva preso il controllo. Voleva stare con lei e farci l’amore, come se non fosse successo niente, come se quei mesi d’inferno, di litigi ed incomprensioni fossero stati solo un incubo. Voleva sentirsi nuovamente sicuro stretto a lei, amato e coccolato. La baciò a lungo, con passione e disarmante tenerezza, toccandola sapientemente; si muoveva sicuro sul suo corpo, quel corpo che conosceva bene, mentre lei assecondava i suoi movimenti e non smetteva di cercare le sue labbra.
Fare l’amore con lei era assolutamente coinvolgente e totalizzante, ed era stato così fin dalla prima volta; da subito avevano saputo creare un’intesa perfetta, avevano raggiunto un’intimità profonda, che non si misurava solo col sesso, ma che andava oltre, e che era fatta di sguardi, gesti, parole appena accennate.
Dopo quella dolce lotta, rimasero entrambi senza fiato, distesi l’uno vicino all’altra. I loro stati d’animo, però, erano ben diversi: mentre Orlando era al settimo cielo, convinto che finalmente le cose fossero tornate a posto, lei, invece, sembrava assente. Non era stata assolutamente meccanica, anzi, l’aveva sentita reattiva ed appassionata, come non era da tempo con lui, ma pareva quasi a disagio ora.
Tuttavia, non volle guastare quel momento di ritrovata quiete, preferendo tenere quell’impressione per sé. Si accoccolò meglio contro di lei e si addormentò profondamente.







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Capitolo 5
*** Cap.5 ***


La mattina dopo Evie si svegliò più tardi del solito. Si stiracchiò pigramente, rigirandosi sotto le coperte. Solo allora vide che non era sola e si ricordò di quanto successo quella notte. Orlando dormiva ancora, girato su un fianco, col viso rivolto verso di lei. Lo osservò a lungo, sfiorandogli anche il viso con le dita, in un gesto affettuoso ed amorevole. Ma nella sua mente la situazione fra loro era tutt’altro che risolta. Per quanto quell’improvviso ritorno di fiamma l’avesse spiazzata e colpita, non poteva dimenticare da un momento all’altro tutta la sofferenza e l’umiliazione causate dal suo tradimento. Lui le mancava, ma non poteva permettersi di cedere così, su tutta la linea, in maniera così affrettata; le serviva del tempo, aveva bisogno di riflettere, di stare ancora per conto suo, per capire se davvero sarebbe riuscita a perdonarlo ed a guardarlo ancora con fiducia e rispetto.
Persa in quei pensieri, controllò distrattamente l’ora ed ebbe un sussulto: erano quasi le nove e di lì a poco sua sorella Beth le avrebbe riportato i bambini.
Si alzò svelta infilandosi la vestaglia, quindi recuperò i suoi vestiti e sparì in bagno. Si diede velocemente una risciacquata e si vestì in fretta e furia, prima di tornare in camera da letto.
Orlando nel frattempo si era svegliato e per prima cosa aveva allungato la mano sul suo cuscino, non trovandola si era tirato un po’ su, guardandosi intorno, ancora assonnato e spaesato. Proprio in quel frangente Evie uscì dal bagno. Si guardarono per alcuni istanti, erano lievemente impacciati.
“Buongiorno”- le disse lui sorridendole teneramente, ignaro dei reali pensieri della donna.
“Ciao…”- gli rispose lei, sistemandosi i capelli – “Fra poco mia sorella riporta i ragazzi…è meglio se non ti fai trovare…scendo a fare del caffè, tu intanto vestiti, fai presto…”- aggiunse già distaccata.
Lui naturalmente percepì questo suo atteggiamento freddo, gli sembrò che volesse nuovamente mettere delle distanze fra loro.
“Sembra quasi che tu non veda l’ora che me ne vada…”- osservò sorridendo – “…capisco che tu voglia dire ai ragazzi che siamo tornati insieme con più calma, ma non sarebbe una tragedia se mi trovassero qui…”-
“Non ho mai parlato di tornare con te…”- precisò lei.
“Ehi aspetta…frena un attimo…”- le disse, mettendosi a sedere sul letto e guardandola – “…cosa succede? Stanotte hai detto che mi amavi, che volevi…”- cominciò a dire, ma Evie lo interruppe.
“Quello che ho detto o fatto stanotte non conta nulla…è stata una parentesi, un momento di debolezza…non avremmo dovuto…”- gli spiegò, senza però riuscire a guardarlo negli occhi.
A quel punto Orlando, che pensava di aver risolto le cose, fu costretto ad un brusco risveglio e sentì solo una gran delusione.
“Non è vero…senti, capisco che tu possa essere spaventata…magari le cose sono andate troppo in fretta, ma non posso credere che stanotte non abbia significato niente per te…erano anni che non facevamo l’amore così, con questo trasporto, quest’intensità…”-
“E’ stato solo sesso…non dargli più importanza del dovuto…”- tagliò corto lei.
Lui la guardò incredulo, confuso, deluso. Non poteva credere alle sue orecchie, non riusciva ad accettare di essersi sbagliato, di aver frainteso.
“Pensavi davvero che bastasse questo per farmi tornare indietro? Eri davvero convinto che bastasse una notte di sesso perché ti perdonassi e dimenticassi l’umiliazione di un tradimento sbattuto su tutti i giornali?”- rilanciò lei nervosamente.
“Ovviamente no, ma speravo che fosse un punto di partenza…”- precisò lui.
“Bè, hai pensato male…non posso dimenticare quello che è successo…non posso dimenticare dall’oggi al domani quello che hai fatto…non è stato solo un tradimento Orlando…se fosse stato solo quello col tempo avrei potuto passarci sopra…tu mi hai detto che ti eri innamorato di lei…”- gli fece notare – “…e poi vieni qui, ci facciamo una bevuta e siccome le cose con quella non funzionano pensi che io ti riprenda a casa come se niente fosse?”- concluse seccamente.
Colto nel vivo, Orlando si affrettò a ribattere:
“Oh andiamo…stanotte sapevi esattamente cosa stavamo facendo…non eri affatto sbronza…non ti ho chiesto nulla, tantomeno di tornare a casa subito…ma credevo che ci avresti pensato…non possiamo mandare tutto all’aria così…io non voglio…e non lo vuoi nemmeno tu, altrimenti avresti già fatto preparare le carte per il divorzio dal tuo avvocato…”-
Queste sue ultime parole presero decisamente in contropiede Evie, che, tuttavia, non volle darlo a vedere.
“Bè, io…me ne sono scordata…sono successe troppe cose tutte insieme…”- si giustificò faticosamente – “Perché vuoi tornare? Lo fai solo per Alex ed Amy?”- gli chiede poi.
“No…lo faccio anche per loro, si, ma soprattutto per noi due…”- cominciò a dirle. Ma capì che lei aveva giustamente bisogno di qualcosa di più per provare a fidarsi nuovamente di lui e credere ancora nel loro rapporto, quindi aggiunse:
 -“…io ti amo ancora Evie…lo so che ho sbagliato e ho combinato un casino…ma in realtà non ho mai smesso di volere te…ho fatto un errore, ma non ero innamorato davvero…è stata una sbandata…mi sono perso, a volte capita di perdersi, no? Ma adesso so cosa voglio fare e dove voglio stare…il mio posto è con te…se mi vuoi ancora…so che è difficile e che hai bisogno di tempo e ti prometto che ti lascerò tutto il tempo che ti serve…”- le disse sincero.
Evie lo aveva osservato attentamente mentre le parlava. Lo conosceva bene, era sicura che fosse stato sincero, ma al contempo era spaventata; temeva di affrettare i tempi, di sbagliare, di illudere i loro figli, forse temeva soprattutto la possibilità che un domani si potesse ripresentare la stessa situazione, cioè che lui si ‘perdesse’ nuovamente. E non era certa di voler correre il rischio…
“Mi dispiace…è tardi…”- rispose lapidaria. - “C’è un altro…”- rincarò la dose per convincerlo.
“Non dici sul serio…”- rimarcò incerto.
“Si invece…”-
“E chi è?”-
“Non penso siano affari tuoi…comunque lavora alla redazione…”- mentì.
“Brava Evie…cos’è stata? Una specie di ripicca?”- osservò rabbiosamente, alzandosi e rivestendosi in fretta.
“No, niente di tutto questo…è stato solo un momento di debolezza…per tutti e due…”- gli rispose con determinata calma.
Lui si limitò a fissarla, senza aggiungere altro, quindi uscì dalla loro stanza e raggiunse la porta.
Mentre lui usciva i ragazzi stavano rientrando accompagnati a sorpresa dalla nonna Violet, la madre di Evie. La donna notò l’espressione tirata e nervosa di Orlando, ma fece finta di nulla, visto che c’erano i nipoti e si limitò a salutarlo.
“Papi!!”- esclamò subito Amy vedendolo e gli saltò praticamente in braccio.
“Ciao piccola…come sta la mia principessa?”- le domandò lui, abbracciandola forte.
“Bene…la nonna ci ha fatto la torta al cioccolato…”- gli rispose soddisfatta – “…e poi ho giocato coi cuginetti…”-
“Brava la mia cucciola…”- le disse, baciandole la fronte – “…e tu campione, cosa mi racconti?”- domandò ad Alex, scompigliandogli i capelli.
Il bambino fece spallucce.
“Sono stato a pescare con lo zio Jack…abbiamo preso tre trote…”-
“Davvero? Bravissimo…uno di questi giorni ti ci riporto allora…”-
“Come mai sei qui? Ci aspettavi?”- gli chiese Alex.
“No…e si…cioè, sono capitato da queste parti e ho fatto un salto…giusto per vedere se eravate già a casa…per fare colazione insieme…ma ora è tardi e devo scappare al lavoro…”- mentì.
“Ah…capito…”- osservò il bambino.
“Ma domani prometto che passo a prendervi e stiamo tutto il giorno insieme, va bene?”-
“Siiii!!”- esclamò contenta Amy, che era comprensibilmente più facile da corrompere.
“Ok…”- rispose anche Alex, molto meno convinto.
“Allora a domani ciurma…mi raccomando, fate i bravi eh?”- aggiunse.
Quindi salì in macchina e ripartì velocemente, mentre i ragazzi entravano in casa con la nonna.


Più tardi, quella stessa mattina, mentre Amy ed Alex guardavano un cartone in televisione, Evie era in cucina con sua madre. Violet si era limitata ad osservarla con aria sorniona, senza dire nulla, non le aveva chiesto spiegazioni né l’aveva tartassata di domande, ma aveva intuito che tra sua figlia ed il genero fosse successo qualcosa. Le era bastato vedere l’espressione di Orlando appena arrivata e quella di Evie poco dopo.
“Pensavo passasse Beth a riportarmi i ragazzi…”- le disse ad un certo punto la figlia, finendo di riordinare la cucina e mettendosi finalmente a sedere per bersi un caffè con la madre.
“L’idea era quella, ma ho preferito riaccompagnarli io, giusto per stare un altro po’ con loro…”- le spiegò.
“Hai fatto bene…anzi, dovresti venire a trovarci più spesso…”- osservò.
“Evie, mi vuoi dire cosa succede?”- le domandò di slancio sua madre. Sapeva quanto sua figlia potesse essere testarda ed era certa che se non glielo avesse chiesto esplicitamente lei non le avrebbe mai parlato spontaneamente.
“Niente…perché me lo chiedi?”-
“Per favore…sono tua madre…ti conosco da una vita…mi pare evidente che è successo qualcosa con Orlando…vuoi spiegarmi?”- riprese.
Dal momento che anche Violet era ostinata quanto la figlia, Evie decise che era meglio vuotare il sacco subito, per evitarsi un lungo ed estenuante terzo grado. Le raccontò tutto, della sua visita della sera prima, dei loro discorsi, di quella complicità ritrovata, della notte passata insieme ed anche del brusco risveglio.
“Lo so che pensi che abbia sbagliato, ma prima di dare ragione a lui, come sempre, mettiti nei miei panni…non mi ha solo tradita, il che di per sé era già grave, ma si è innamorato di un’altra…ed ora fa marcia indietro e dice che si è sbagliato…come posso fidarmi ancora?”- le spiegò accorata.
“Prima di tutto io non ho ancora aperto bocca…secondo poi non è vero che sono sempre dalla parte di Orlando…se alle volte sono stata più indulgente e malleabile con lui è solo perché mi faceva tenerezza…la giungla di Hollywood deve essergli sembrata un asilo nido in confronto alla famiglia Parker!”- osservò – “…capisco le tue paure…però…”-
“Però?”-
Sua madre fece un lungo sospiro, conscia che quello che stava per dire non sarebbe piaciuto alla figlia, quindi riprese:
“Tu sola puoi sapere se ne vale la pena…tu cosa vuoi? Vuoi dargli un’altra possibilità?”-
“Io…io vorrei sapere cosa fare…ma non lo so…se tornassi con lui so già che sarebbe tutto diverso…io sarei diversa…”-
“Bè, diverso non significa per forza peggiore tesoro…le fece notare Violet.
“Non potrei più fidarmi…ero sicura che non mi avrebbe mai fatto del male, ero convinta che non ne fosse capace…e invece….”-
“Senti, so che ti senti ferita e confusa…ma non lasciarti guidare dalla rabbia e dall’orgoglio…E’ stato con un’altra, ha sbagliato, è vero…ma un domani potrebbe succedere anche a te di sbagliare ed in quel caso credo che vorresti che lui ti stesse a sentire…”- osservò.
“Parli bene tu…sei stata sposata per 40 anni con l’uomo migliore che potessi desiderare…papà ti adorava…”- le fece notare Evie.
Violet si fece improvvisamente seria ed i suoi occhi lucidi. E la sua commozione non era dovuta alla nostalgia ed alla malinconia per la recente perdita del marito, ma aveva radici più profonde.
“E’ vero…tuo padre era un uomo meraviglioso…ma non era perfetto…anche lui ha avuto una relazione extraconiugale…”-
“Cosa? No, non dici sul serio…non può essere…”- rimarcò la figlia incredula.
“Invece si…”- precisò.
“Ma come…come può essere? Perché non ci hai mai detto nulla? Io non mi sono mai accorta di nulla e nemmeno Emma e Beth…siete sempre andati d’accordo…”-
“Bè, prima di tutto non sono cose che si possono dire ai figli…sono sempre stata del parere che quello che accade fra marito e moglie debba restare fra loro, i figli non c’entrano…è successo poco dopo la nascita di Emma…tu avevi 8 anni e tua sorella 10…ricordi che vi dicemmo che papà sarebbe andato in Francia per lavoro?”-
“Si…si, mi pare…anzi, adesso che mi ci fai pensare me lo ricordo bene…era stato fuori a lungo, un paio di mesi credo…”- rammentò.
“Non era in Francia…era a casa di sua sorella…avevo scoperto che aveva avuto una storia con una sua dipendente e l’avevo cacciato di casa…però a voi abbiamo propinato la bugia del viaggio di lavoro ovviamente…eravate ancora piccole e non volevo farvi soffrire per niente…”-
“Non riesco a crederci…mi sembra così strano…”- ammise Evie.
“Lo so…ma è così…negli ultimi mesi prima della nascita di Emma avevamo avuto dei problemi, discutevamo spesso…e lui ha perso la testa per quella ragazza…si chiamava Cindy…Cindy Mitchell…era giovane, esuberante, pendeva dalle sue labbra, lo venerava e lo reputava perfetto…cosa che io non facevo da tempo…ero sua moglie e conoscevo a menadito tutti i suoi difetti, così come i suoi pregi…una mogli deve saper incoraggiare ma anche strigliare all’occorrenza..e tuo padre si era stufato…perciò ha scelto di lasciarsi lusingare da una ragazzina condiscendente…ma è durata poco e mi ha giurato che era pentito e che non l’avrebbe più rifatto…”-
“E tu l’ hai perdonato…”- osservò la figlia.
“Si…all’inizio è stata dura…mi sentivo ferita, umiliata…proprio come te…ma poi, proprio stando lontani, ho capito quanto in realtà mi mancasse…non potevo stare senza di lui…il matrimonio è un compromesso tesoro…è molto più complicato di quanto si creda, è come stare in equilibrio su un filo…bisogna collaborare, venirsi incontro…essere pronti ad accettare gli errori dell’altro…”-
“Ma dopo com’è stato? Voglio dire, le cose tra voi funzionavano?”- le domandò.
“Direi proprio di si, visto che nessuna di voi si è mai accorta di nulla! I primi tempi dopo questo piccolo incidente di percorso sono stati un po’ singolari…sembrava che entrambi camminassimo sulle uova, ma poi le cose si sono sistemate naturalmente…ed eravamo più affiatati di prima…diciamo che quell’errore è servito molto a tutti e due…abbiamo imparato ad ascoltarci davvero, a venirci incontro, ad accettare più volentieri il compromesso…siamo stati ancora felici…e se tornassi indietro rifarei la stessa scelta…”- concluse accorata.
“Io ho bisogno di ancora un po’ di tempo…”- ammise l’altra.
“Certo, lo capisco…quello che non afferro è come mai tu gli abbia mentito, dicendogli che hai un altro…”-
“Non so…per scoraggiarlo credo…in realtà l’ ho detto senza pensarci…mi è uscito così…”- rispose.
“A volte sai essere così complicata…ti costava tanto dirgli la verità? Ammettere che sei confusa e che hai bisogno di rifletterci? Sono sicura che ti avrebbe lasciato il tempo necessario per capire e valutare le cose…”- la rimproverò.
“Per favore eh…non cominciare a sgridarmi…ho fatto quello che sentivo…vedremo come andranno le cose…ora sono troppo confusa anche solo per pensarci…e poi a dirtela tutta temo che lui sia venuto qui soltanto perché è in rotta con quella…”- ammise infine.
“Oh ti prego! Non essere assurda! Ti ha detto che ti ama, che vuole stare con te e che è pentito…che avrebbe dovuto dirti di più?”- le fece notare.
“Non lo so…io…io credo di aver paura….”- ammise non senza fatica.
“Paura di cosa esattamente?”- la incalzò la madre scrutandola.
“Di fare la cosa sbagliata…di perdonarlo e poi rinfacciargli che mi ha tradita al primo litigio…di non fidarmi più di lui, di diventare una di quelle mogli sospettose che controllano nelle tasche delle giacche e dei pantaloni…ma soprattutto, ho paura che torni con me per abitudine e non perché è davvero quello che vuole…”- concluse.
“Tesoro…”- le disse Violet, posando una mano su quella della figlia – “…le tue paure sono assolutamente comprensibili…ma solo tu puoi sapere se vale la pena di rischiare o meno…anche volendo, non potrei aiutarti…posso solo dirti che quando è capitato a me, ho deciso di rischiare e non ne sono affatto pentita…prenditi del tempo, pensa, rifletti e quando sarai pronta, deciderai cosa fare…cerca di stare tranquilla, al momento giusto saprai prendere la decisione migliore per te e per la tua famiglia…” la rassicurò la madre.










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Capitolo 6
*** Cap.6 ***


Dopo quell’imprevisto ritorno di fiamma tra Evie ed Orlando, i due non tornarono più sull’argomento, anzi, cercavano di tenersi il più possibile alla larga e di circoscrivere i loro contatti alla consegna dei bambini. Orlando passava da casa a prenderli, si fermava giusto cinque minuti e poi se ne andava con loro e lo stesso accadeva quando li riportava. Si limitavano a scambiarsi qualche parola sul tempo o sui figli, quasi come fossero due estranei.
Erano entrambi molto tesi ed impacciati, pure se con stati d’animo diversi. Evie si sentiva quasi in colpa per la reazione avuta e si era pentita di aver detto ad Orlando di avere un’altra storia. Purtroppo era solo impaurita, temeva di aver sbagliato a cedere, a concedersi quel momento di debolezza ed era convinta di essere per lui solo una sorta di ripiego, quel porto sicuro dove tornare dopo una delusione.
Orlando, invece, era deluso ed arrabbiato: si sentiva preso in giro ed era convinto che lei si fosse comportata così solo per ripicca, per rendergli pan per focaccia e, in fondo, una parte di lui, che puntualmente si ostinava a non ascoltare, non riusciva a biasimarla.
Intanto il tempo passava e, se Evie si era buttata nel lavoro, per distogliere la sua mente da altri pensieri, Orlando, sentendosi rifiutato, aveva finito per cedere ancora una volta a Neela. Ed esattamente come era successo la prima volta, anche in quest’occasione la stava usando per dimenticare i problemi con Evie, per stordirsi e non pensare a niente. E Neela era proprio quello che gli serviva: era giovane, smaliziata e, nonostante il carattere fumantino e ribelle, con lui era assolutamente arrendevole. Orlando non era ancora riuscito a capire se si comportasse così con lui in nome di un sentimento profondo e radicato o se più semplicemente e meschinamente lo considerasse una sorta di gallina dalle uova d’oro che le avrebbe permesso di spiccare il volo e di entrare in pianta stabile nel dorato mondo del cinema, ma la cosa non lo angustiava più di tanto. Lei lo faceva star bene e non gli creava problemi, almeno per il momento. Inoltre, aveva finalmente deciso di rivolgersi ad un legale per ottenere il divorzio. Ormai gli sembrava l’unico passo sensato: aveva cercato di ricucire con sua moglie, ma lei lo aveva respinto e rifiutato, quindi ora voleva chiudere per sempre quel capitolo e darle quello che evidentemente doveva volere anche lei.
Quel pomeriggio era appena tornato dall’appuntamento col suo avvocato. Era un po’ stanco e pensieroso. Si versò da bere e si mise a sedere sul divano. Poco dopo Neela rientrò, carica di pacchetti, dopo l’ennesima maratona di shopping.
“Ciao amore!”- gli disse pimpante.
“Ciao…”- gli rispose lui molto meno entusiasta.
“Giornataccia?”- domandò lei, posando le buste all’ingresso, sfilandosi la giacca e raggiungendolo in salotto.
“No…sono solo un po’ stanco…”- tagliò corto. Non aveva voglia di darle troppe spiegazioni.
“Capisco…sei stato dall’avvocato?”-
“Si…non dovrebbe volerci molto…parlerò con lei per sapere se ha intenzione di rivolgersi ad un legale di sua fiducia o se si fida del mio…”- le spiegò.
“Bene…allora presto sarai libero a tutti gli effetti…”- osservò allegramente lei.
“Si…così pare…”- rimarcò, bevendo l’ultimo sorso dal suo bicchiere.
“Allora dobbiamo festeggiare…”- riprese lei con tono suadente – “…ora vado di là e riempio la vasca, poi mi raggiungi e ci facciamo un bel bagno rilassante insieme, ti va?”- concluse ammiccando.
In realtà quello che voleva davvero Orlando era sapere chi stesse frequentando Evie e perché l’avesse respinto, era questo il tarlo che lo stava divorando da quella mattina, era assurdamente ed anche intempestivamente geloso della sua quasi ex moglie.
Ma ovviamente doveva tenersi queste considerazioni per sé…
“Mi sembra un’ottima idea…tu intanto vai…arrivo subito…”- le disse, sforzandosi di sembrare coinvolto.
Mentre Neela preparava la vasca, fece una brave telefonata ad Evie. In casa però non c’era nessuno, solo la segreteria telefonica, che era ancora la stessa che avevano registrato insieme. Le lasciò un breve messaggio: < Sono io…ho bisogno di parlarti…passo domani alla solita ora a prendere i bambini…fatti trovare…>.
Quindi si alzò e raggiunse la ragazza in bagno. Si fece coccolare e finirono, come spesso succedeva, per fare l’amore. Ed altrettanto puntualmente Orlando si rendeva conto che quello che lo legava a Neela era solo sesso, niente a che vedere con ciò che aveva costruito con Evie e che aveva provato quella notte con lei. Stava semplicisticamente applicando la legge del chiodo scacciachiodo, ma sapeva bene che non avrebbe potuto continuare così a lungo, perché non era innamorato di lei.


Il giorno dopo, come preannunciato dal messaggio lasciato in segreteria, Orlando passò a prendere i bambini per portarli a casa sua.
Lo accolse Rosa, una signora di circa quarantacinque anni, di origine argentina, che Evie aveva assunto da poco per darle una mano con la casa, dato che col lavoro ed i bambini non aveva più molto tempo ed un aiuto le faceva comodo.
“Buenas dias seňor Orlando, prego, entri... Alex ed Amy sono quasi pronti…“- lo accolse.
“Salve Rosa…la signora è in casa?”-
“Si, è in cucina…”-
“Bene, la raggiungo là…intanto controlli i bambini per favore…”- le chiese.
La donna annuì ed andò di sopra, mentre lui si spostò in cucina. Evie era lì, stava consultando un ricettario e sembrava molto concentrata.
Lui si schiarì appena la voce, per attirare la sua attenzione.
“Ciao…”- gli disse lei, alzando lo sguardo ed incontrando  suoi occhi.
“Sono passato a prendere i ragazzi…”-
“Si si…ho sentito il tuo messaggio…è successo qualcosa?”- gli chiese, cercando di mascherare la sua agitazione e l’emozione che, nonostante tutto, sentiva ogni volta nel rivederlo.
“Volevo solo avvisarti che sono stato dall’avvocato…nel giro di poche settimane i documenti per il divorzio saranno pronti…te ne farò avere una copia, così potrai farli vedere al tuo legale…”- le disse senza tanti giri di parole.
“Oh…va bene…”- rispose. Non poteva negare che quella fosse una doccia gelata.
“Che c’è? Sei stupita?”- osservò lui scrutandola.
“Bè…io…no, dopotutto ho visto le tue foto…sei tornato con lei…quindi immagino che avrai…che avrete fretta”-
“Risparmiami queste cazzate…”- ribattè lesto lui avvicinandosi – “stavolta non ti permetto di fare la parte della povera vittima…non è quello che volevi? Hai un altro, no? Quindi con chi sto o non sto io non conta…saremmo arrivati comunque a questo punto, l’ hai voluto tu…”- le fece notare.
Evie sapeva che questa volta lui aveva ragione ma non voleva dargli soddisfazione, assecondando, ancora una volta, il suo orgoglio.
“Io? Questa è bella! Sono forse stata io ad andarmene di casa?”- rilanciò.
“Sai benissimo di cosa parlo…Io avrò anche sbagliato, ma almeno ho ammesso i miei errori…un po’ tardi forse, ma l’ ho fatto…”-
“Doveva essere un pentimento davvero sentito e profondo, visto che dopo nemmeno dieci giorni sei tornato con quella…”- lo punzecchiò.
“Tu fai la predica a me? Tu, che sei stata a letto con me pur frequentando un altro?…un comportamento del genere come lo definiresti?”- la provocò.
Quell’atteggiamento aggressivo ed arrogante ebbe su Evie un effetto controproducente. Se prima aveva pensato di dirgli la verità e di ammettere di amarlo ancora e di avergli mentito sulla sua presunta nuova relazione, ora era più che mai convinta di aver fatto la cosa giusta.
“Direi che non è certo peggio del comportamento della tua attuale ragazza, che predilige gli uomini sposati…ma la colpa non è nemmeno sua….è solo di quelli come te, che per ragionare usano un organo molto distante dal cervello…e pensare che c’ero quasi cascata alla storia del pentimento…fortunatamente ho ancora un briciolo di lucidità”- rispose con determinata calma.
“Io voglio sapere perché mi hai preso in giro…”- riprese lui deciso, facendosi ancora più vicino.
“Non so di cosa parli…”- rispose lei, cercando di allontanarsi, ma lui glielo impedì, frapponendosi fra lei e l’isolotto della cucina.
“Invece si…ce l’avevi in mente dall’inizio vero? E devo ammettere che l’ hai pensata bene…venire a letto con me e poi darmi il benservito…un ottimo modo per vendicarti…”- commentò con una punta di malcelata rabbia.
“Per te è tutto un gioco vero? Si riduce tutto a quello….io ero innamorata di te, mi fidavo…sei stato tu a prendermi in giro…di sicuro avrò fatto i miei errori, avrò sbagliato anch’io con te, ma tu non ne hai mai parlato…non mi hai mai detto nulla, ti comportavi come se andasse tutto bene…e alla fine te ne sei uscito con la storia, scontata peraltro, della moglie pesante e soffocante…comodo no? Solo che mi sarei aspettata un po’ più di fantasia da uno che nella vita fa l’attore…forse la verità è che sai recitare meglio con te stesso…”- rispose lei, per niente intimorita dal suo atteggiamento.
Lui fece qualche passo indietro, come se accusasse il colpo.
“Bene…allora divorziare è senz’altro la cosa migliore che possiamo fare…”- chiosò.
Quindi rimasero entrambi in silenzio, senza neppure guardarsi. Lui fece per uscire dalla cucina, ma poi tornò indietro e riprese:
“Io sarò anche uno stronzo ed il peggiore degli uomini…ma ero pronto a ricominciare e lo sai…se finisce così è per colpa tua…perché come sempre dai retta solo al tuo orgoglio, quindi sai che ti dico? Tieniti il tuo orgoglio…ma se un giorno dovessi cambiare idea, non sperare di trovarmi…”- aggiunse freddamente.
Detto questo, si avviò verso l’ingresso, dove si sentiva il vociare di Alex ed Amy ed uscì con loro.
Evie restò in cucina, in preda ad una miscela di sentimenti contrastanti. Puntualmente, ogni volta che aveva discusso con Orlando durante il matrimonio e non solo, pur se sapeva di avere ragione, lui riusciva a farla sentire in dolo, a metterla all’angolo. Ed anche stavolta non era stato da meno, in pratica l’aveva incolpata della fine del loro matrimonio ed aveva insinuato in lei il tarlo del dubbio. Se mai avesse cambiato idea, lui non l’avrebbe perdonata. Atteggiamento tipicamente suo. Evie si sentiva spiazzata, ma anche arrabbiata e tremendamente nervosa.
Perciò, giusto per allentare la tensione, decise di andare a far visita a sua sorella Emma, che da tempo le chiedeva di passare da lei per consigliarla sull’arredamento del suo nuovo appartamento.
La piccola di casa Parker fu piuttosto sorpresa di vederla arrivare.
“Ehi, chi si vede!”- le disse accogliendola – “quasi non ci speravo più…”- aggiunse vispa.
“Invece eccomi qua!”- rispose lesta Evie, quindi si guardò intorno – “Bene bene bene…bello, davvero bello, mi piace! Spazioso, luminoso, accogliente…vedrai che non ci vorrà molto per sistemarlo…”-
“Dici? Lo spero anche perché le mie finanze non sono illimitate…già ho la spada di Damocle del mutuo da pagare…non posso fare follie per un po’….”- osservò l’altra.
“Non preoccuparti, vedrai che troveremo quello che fa al caso nostro…ho portato un sacco di riviste, di sicuro c’è quelli che cerchi…”- le disse Evie.
Quindi le due si  misero a sfogliare le riviste di arredamento e passarono così occupate gran parte del pomeriggio. Era proprio quello che sperava Evie: tenere la mente impegnata e non pensare a nulla, tantomeno ad Orlando.
Peccato però che sua sorella minore avesse una specie di radar e riuscisse sempre e comunque ad intuire quando qualcosa non andava…
“Allora, ora che abbiamo deciso come arredare il mio rifugio, dimmi di te…come va? Mi sembri pensierosa….”- esordì Emma, prendendola alla larga.
“Chi? Io? No, no…sto bene…i bambini stanno bene…il lavoro va bene…”-
“Tutto bene insomma…”- sottolineò l’altra con aria furba.
“Si, direi di si…non ci credi vero?”-
“Per niente!”-
“Ecco, lo sapevo…”-
“E’ inutile Evie…tu le balle non le sai proprio raccontare….è più forte di te…avanti, sputa il rospo! E scommettiamo che so come si chiama?”- aggiunse ridacchiando.
“Divertente…sei davvero comica….”-
“Si eh? Però non sbaglio….che succede ancora tra voi?”- riprese, arrivando al nocciolo della questione.
Quindi Evie non poté fare a meno di raccontarle gli ultimi avvenimenti, compresa la notte passata con lui, omettendo però la rivelazione della madre sul tradimento del padre…
Emma rimase alcuni istanti in silenzio, con un’espressione adorabilmente concentrata.
“Dunque…penso sia stato geniale da parte tua dirgli che hai un altro…il tarlo della gelosia funziona sempre…ti fa molto novella Desdemona…con Otello ha funzionato….”- osservò.
“Si, ma non è esattamente la sua fine che spero di fare….”- sottolineò l’altra.
“Vabbè, adesso non guardare il pelo nell’uovo….dicevo, l’idea era buona, ma dovevi essere più vaga…”-
“Cioè?”-
“Cioè avresti dovuto insinuargli il dubbio…fargli capire che qualcuno ti ronzava intorno…il messaggio subliminale doveva essere ‘ehi cocco, se non righi dritto, ho le mie riserve in panchina pronte a consolarmi ’ e non ‘troppo tardi dolcezza, i supplementari sono finiti ’….”- concluse con l’aria di chi la sa lunga.
In tutta risposta, Evie cominciò a ridere di gusto.
“Bè? Si può sapere che hai da ridere? Insolente!”- protestò l’altra rifilandole una linguaccia.
“Scusa….scusami tesoro…è che sei così buffa quando fai questi discorsi…e così tremendamente convinta….”- disse ancora, tra una risata e l’altra.
“Certo che lo sono…e ho ragione…se solo qualcuno mi ascoltasse, capirebbe che è vero!”-
“Ok…scusa…”- riprese Evie, ricomponendosi – “vorrei davvero che bastasse questo…ma ormai con Orlando è talmente finita che dovrebbero inventare un altro termine…”- osservò più seriamente e con un certo rammarico.
“Non credo…però…penso che stavolta abbia ragione lui…capisco i tuoi dubbi e le tue paure…ma avresti dovuto essere sincera e dirglielo…insomma, lo accusi di averti taciuto i problemi, di non averti mai detto come si sentisse….e poi tu fai lo stesso? non so…sembra quasi che tu…”- cominciò a dire ma poi si interruppe.
“Cosa? Sembra che io cosa?”- la incitò l’altra incuriosita.
Emma sospirò a lungo, poi riprese:
“Bè, ecco…sembra che tu tema il giudizio degli altri… che tu abbia paura che possano cambiare idea su di te se mostri loro le tue fragilità….”-
“Ma no…io non…non sono così…non è vero…”- protestò.
“Allora perché non gli hai detto la verità?”- rilanciò.
“Non lo so…”- ammise stancamente.
“Lo vedi?”-
“Io credo che sia inutile starne a parlare…ha dimostrato che le mie paure sono fondate…era talmente pentito che dopo il mio rifiuto è tornato subito a farsi consolare da quella…”- osservò sarcastica.
“L’ hai detto sorella…la parola chiave è rifiuto…si è sentito respinto, rifiutato…e un uomo rifiutato cosa fa? Si butta nella braccia della donna condiscendente e remissiva…è un classico…chiamalo orgoglio, chiamala debolezza, ma è una reazione spontanea…”-
“Quindi è colpa mia…”- constatò stancamente.
“E’ colpa di tutti e due, perché siete due testoni…io la soluzione ce l’avrei…vi chiuderei entrambi in uno stanzino…o vi massacrate o fate una maratona di sesso…”-
“Emma!”- la richiamò.
“Che c’è? Io dico che prima vi massacrate e poi fate l’amore…è matematico…dalle grandi liti nascono le grandi passioni…pensa alla Taylor con Burton….”-
“Ok…mi arrendo…sei troppo in forma oggi per poterti contraddire…ora torno a casa…quando sei libera fammi uno squillo, così andiamo a fare incetta di mobilio….”- le disse Evie salutandola.
“Certo..quando vuoi sono qui, ok?”- rispose l’altra abbracciandola.
Era incredibile: nonostante Emma fosse la più piccola, alle volte si dimostrava inaspettatamente equilibrata, pur dietro quell’aria scanzonata di chi non prende nulla sul serio.
Rientrata nella sua casa vuota, Evie ripensò alle parole della sorella e capì che forse, sotto sotto, non aveva del tutto torto. Si mise a riguardare le foto sue e di Orlando, quelle delle prime vacanze trascorse insieme, del matrimonio, con i bambini piccoli. Quei tempi le sembravano così lontani ora. Eppure erano stati felici! Se toglieva la patina della rabbia e della delusione scaturiti dal suo tradimento, riusciva a ricordare esattamente come si sentiva quando stavano insieme; ricordava perfettamente il sapore del primo bacio che si erano scambiati nello stanzino del guardaroba del ristorante che aveva fatto da cornice alla loro prima cena; oppure l’espressione nervosa ed adorabilmente tenera di Orlando il giorno in cui le chiese di sposarlo o quella assonnata ed arruffata della mattina appena sveglio o ancora quella che gli si era dipinta sul viso non appena gli avevano messo fra le braccia Alex e poi anche Amy…Erano frammenti di vita vera, di una famiglia che forse non si sarebbe più ricomposta. E di certo non era questo che voleva, non era così che doveva finire.
Non era giusto per i loro figli, né per lei. Da quanto tempo non pensava a cosa fosse meglio per lei? Da troppo. Forse aveva davvero ragione Harry, quando le aveva detto ‘ era come se ti fossi accorta che gli stavi rubando dello spazio magari, della visibilità…ed hai scelto di metterti nell’ombra, per lasciarlo scintillare da solo…’.  ; Lo aveva fatto davvero e, se inizialmente quello doveva restare circoscritto solo alle uscite pubbliche insieme, alla fine si era trovata intrappolata in quel modo di comportarsi ed aveva finito per fare lo stesso anche a casa. Si era come messa da parte, anteponendo le esigenze degli altri, in primis di suo marito, alle sue.
Ora però era arrivato il momento di pensare a se stessa, se lo doveva, con o senza Orlando.


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Capitolo 7
*** Cap.7 ***


Eccomi...dopo settimane di assenza rieccomi finalmente col nuovo capitolo! Magari non molti se ne saranno accorti, ma ero ad un punto morto e davvero a corto di idee, ma per fortuna ora sembro aver ritrovato la retta via ( e che Dante mi perdoni!!). Ringrazio chi ha letto e commentato finora, ma soprattutto Amaranta, che mi ha spronata a continuare e Moon, che mi ha fornito un interessante spunto, senza il quale non avrei ripreso a scrivere forse! Grazie care!

Mentre Evie era in preda a questi ripensamenti, Orlando era a casa sua coi bambini. Avevano passato il pomeriggio fuori, al parco ed erano andati sui pattini a rotelle, quindi, dopo aver mangiato un gelato insieme, erano rientrati e si stavano preparando per la cena.
O meglio, Orlando stava preparando della pasta, Amy colorava il suo album da disegno appollaiata sullo sgabello della cucina ed Alex cercava di finire i compiti di matematica, anche se in realtà stava sulla stessa pagina da dieci minuti abbondanti.
“Papà papà…guadda! Ti piace?”- esclamò la piccola mostrando tutta soddisfatta il suo disegno.
“E’ bellissimo bambolina! Me lo lasci qui, così lo tengo?”- osservò Orlando, avvicinandosi a lei e dandole un bacio in fronte.
La bambina annuì entusiasta.
“Mi metti giù? Voglio guaddare i cattoni”- aggiunse tendendogli le braccia. Lo sgabello era piuttosto alto e lei era alta quanto un soldo di cacio.
“Agli ordini! Solo dieci minuti però, poi si mangia”- le disse suo padre sollevandola prontamente e  mettendola a terra; Amy annuì meccanicamente, senza ascoltarlo veramente, l’unica cosa che le premeva in quel momento erano i suoi cartoni, infatti mi mise sul divano ed assunse la sua solita aria concentrata davanti al plasma.
Orlando tornò a controllare la pasta, poi diede un’occhiata ad Alex.
“Ehi giovanotto, tutto a posto? Ti serve aiuto con i compiti?”- gli chiese, mettendosi dietro di lui – “Ah…le equivalenze…non piacevano molto nemmeno a me quando andavo a scuola…e temo che ti serviranno a ben poco nella vita, ma vanno fatte!”- aggiunse.
In realtà aveva notato che suo figlio ogni volta che stava con lui era apatico, pensieroso, sembrava scontento di stare col padre, come se lo vivesse come un obbligo ed Orlando non sapeva come approcciarsi a lui, lo sentiva distante.
“Non fa niente…tanto sono per dopodomani…mi aiuterà la mamma domani…”- tagliò corto il ragazzino, chiudendo il quaderno. Era il suo modo per chiudere le trasmissioni col padre, evidentemente.
“Come vuoi…”- gli rispose il padre.
Ma poi recuperò due biglietti da un cassetto,  si mise a sedere accanto al figlio.
“Senti Alex, un mio amico mi ha offerto due biglietti per la partita di Champions League del Manchester United…ti va di andarci?”- riprese mostrandoglieli.
Finalmente il ragazzo alzò lo sguardo e fissò il padre: sembrava quantomeno interessato.
“Ma…giocano durante la settimana?”- gli chiese.
“Bè, credo di si…mi pare sia un martedì o un mercoledì…vedrò di informarmi bene sulla data…”-
“No, non fa niente…durante la settimana c’è scuola…”- tagliò corto, tornando a rinchiudersi nel suo guscio.
Orlando però era un uomo molto testardo…
“Eddai…è solo una partita! Che vuoi che sia! Non succede niente se salti un giorno di scuola o se entri un’ora dopo!”- gli fece notare.
“Non posso…non si fa…”-
Suo padre fece una strana smorfia, strabuzzando gli occhi incredulo, forse perché alla sua età avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non andare a scuola.
“Ah però…che figlio saggio ed equilibrato! Hai ragione, magari non è bene saltare la scuola per una partita, ma le regole sono fatte per essere infrante a volte…sono sicuro che anche la mamma non avrebbe niente da dire…”-
“Non ci vengo…grazie ma non mi interessa…”- ribadì e fece per scendere dallo sgabello per raggiungere la sorellina, ma Orlando lo bloccò prima.
“Ok, ho capito…non vuoi andarci con me…ma almeno prendi i biglietti, magari ti ci porta lo zio…”-
“No, grazie…”-
“Mi dici perché ce l’ hai tanto con me, eh?”-
“Non voglio niente da te, neanche i tuoi biglietti…vacci con qualcun altro”- rispose duramente.
“Ehi ragazzino cambia tono! Che ti piaccia o no sono tuo padre e non tollero che tu mi risponda così…”- lo riprese severamente.
“A te non te ne frega niente di noi…sei andato via di casa, no? Allora lasciami stare! Non c’eri prima e non ci sei adesso…non è cambiato niente!”- sbottò contrariato.
“Non sai di cosa parli Alex…”- osservò in un soffio suo padre, cercando di star calmo.
“Tanto fra un po’ avrai una nuova famiglia, come il padre di Kevin o quello di Steven…e ti dimenticherai di noi…ti odio, ti odio!”- continuò.
Ma a quel punto la pazienza di Orlando andò a farsi benedire. Immaginava che non fosse facile per suo figlio accettare la situazione, ma non poteva non reagire.
Gli schioccò un ceffone in pieno viso. Se ne pentì l’istante immediatamente successivo, naturalmente, dal momento che i ceffoni in genere bruciano più a chi li dà che a chi li riceve.
Alex lo guardò con aria ferita prima di scappare a chiudersi in camera sua.
La stessa Amy, che aveva assistito alla scena dal salotto, sembrava smarrita. Suo padre non l’aveva mai sculacciata e tantomeno l’aveva fatto con suo fratello. Spalancò la bocca sgranando gli occhioni ed esclamò in maniera buffa:
“Oh oh…Alex è nei pasticci…”-
“Vai a lavarti le mani…è pronto…”- le disse Orlando.
Quella sera lui e la piccola Amy cenarono da soli, Alex non uscì dalla sua stanza. Rimasero in silenzio, anche se per motivi ovviamente differenti. Amy si era già scordata di quanto successo ed era intenta a mangiare i suoi spaghetti, mentre suo padre era piuttosto pensieroso. Continuava a rimuginare su quanto successo, pensando ogni volta ad un finale diverso; era pur vero che Alex si era comportato male e che era andato ben oltre il limite, ma era altrettanto certo che schiaffeggiandolo avesse incrinato ulteriormente il loro rapporto, che già era precario.
“Papi…sei rabbiato?”- gli chiese ad un tratto Amy, col suo buffo modo di esprimersi.
“No…sono solo un po’ triste…”- le rispose, accennandole un sorriso – “Ma poi passa, non preoccuparti…”-
Quindi riprese:
“Amy…tu lo sai che ti voglio bene, vero?”-
“Scì papi, lo so…anche io ti vojio bene…”- rispose vispa con un tenero sorriso.
“Grazie amore…”- aggiunse lui, stringendole una manina e posandoci un bacino sopra.
Finirono di cenare, poi guardarono insieme un po’ ti televisione e intorno alle 9.30, come sempre, Orlando aiutò la figlia a prepararsi per la nanna. La mise a letto, le lesse una storia, finché la bimba non si addormentò.
Passando davanti alla porta della stanza di suo figlio si sentì ancora bruciare la mano. Detestava dover essere severo, era una cosa che non gli era mai stata congeniale e, se avesse dato retta all’istinto, sarebbe entrato a fare mea culpa. Ma non era nemmeno uno stupido e sapeva che essere genitori a volte comporta anche questo.
Sistemò un po’ la cucina, poi fece scaldare la pasta rimasta, la mise in un piatto e la portò ad Alex.
“Posso?”- domandò, facendo capolino dalla porta.
Il bambino stava leggendo un fumetto e gli rispose senza distogliere lo sguardo dalla sua lettura.
“E’ casa tua…”-
“Ho pensato che avessi fame…”- disse Orlando, posando il piatto sul comodino e cacciandosi le mani in tasca.
Suo figlio non rispose, guardò di sottecchi il piatto ma senza aggiungere nulla.
“Forse dovremmo parlare…Alex mi dispiace per lo schiaffo…lo sai che non mi piace arrivare a questi punti, ma non posso accettare che tu mi manchi di rispetto…sono tuo padre e anche se non ci credi o non ti sembra vero ti voglio bene…”- precisò deciso.
Lui chiuse il fumetto e lo guardò senza dire ancora niente.
“Lo so che è difficile…sono cambiate tante cose, non abito più con voi…ma non significa che non ci tenga a voi e che non vi voglia bene…questo non succederà mai, siete la mia vita, non basterebbero nemmeno 100 elettroshock per farmi dimenticare di te e di tua sorella!”- aggiunse, sedendosi sul letto.
“Adesso mi dici con calma cosa ti prende? Hai paura che mi risposi? Che abbia degli altri figli? Come ti salta in mente?”-
“Anche ai miei compagni è successo…i genitori dicevano che andava tutto bene…poi si dividevano…e il loro papà si metteva con un’altra donna…il padre di Kevin adesso ha un altro bambino dalla nuova moglie…e Kevin non lo vede più…”- gli spiegò candidamente.
“Ti prometto che non succederà…”- lo rassicurò.
“Dicevi anche che con mamma andava bene…”- osservò prontamente Alex, fissandolo negli occhi.
“Lo so…ma è diverso in questo caso…non ho la palla di vetro, non so cosa succederà in futuro, ma so per certo che tu ed Amy siete le persone più importanti della mia vita e lo sarete sempre…siete parte di me, sangue del mio sangue…rinunciare a voi sarebbe come…come rimanere monco…senza un braccio o una gamba…come farei a sopravvivere?”-
“Non puoi sistemare le cose con la mamma?”- gli domandò speranzoso.
E questa domanda colse decisamente in contropiede Orlando.
“E’ complicato…”- ammise grattandosi la testa.
“Perché? Non le vuoi più bene?”-
“Si, certo che gliene voglio…senti, non sei più un bambino e sei sveglio, quindi ti farò un discorso da grande, ok?”-
E lui annuì, mettendosi a sedere meglio sul letto.
“A volte quando due persone stanno insieme, quando sono una famiglia, come noi….come la mamma ed io insomma…bè, a  volte capita di pensarla in modi diversi, di vedere le cose da prospettive diverse…di avere anche priorità ed obiettivi diversi…e quando succede l’amore, anche se c’è ancora, da solo non basta…capisci cosa voglio dire?”-
“Si, credo di si…però se l’amore c’è, il resto si può risolvere no? Non è più difficile il contrario?”- osservò acutamente.
“Giusta osservazione…si, in teoria si…però in pratica è più dura…non sempre si riescono a risolvere i problemi e ad appianare le cose…Ma quello che devi sempre ricordare è che comunque vada tra me e mamma, con voi non c’entra…siamo i vostri genitori e lo saremo a vita…questo non cambierà mai, mai per nessuna ragione, intesi?”-
“Si…capito…”-
“Quindi togliti dalla testa tutte quelle strane idee…non ti liberi di me facilmente signorino!”- lo prese bonariamente in giro.
E finalmente Alex rise. Questo era in assoluto il regalo più bello che potesse fare a sui padre!
“Allora? Ci vieni alla partita?”-
“Si!”- esclamò, saltandogli al collo ed abbracciandolo.
Orlando lo strinse forte, scompigliandogli affettuosamente i capelli.
“Me la prometti una cosa?”- aggiunse.
Alex lo guardò ed annuì.
“Non crescere troppo in fretta…a volte sei così posato, così equilibrato…e dici delle cose così intelligenti…io vorrei illudermi ancora per qualche anno che tu dipenda da me…ma mi sa che sei già un ometto..”- osservò fra il serio ed il faceto.
“Promesso papà…”- rispose lesto il bambino, sorridendo divertito.
Da quel momento in poi, il rapporto tra padre e figlio si stabilizzò. Forse era proprio di quello scossone che avevano bisogno per ritrovarsi.
Ma quella non sarebbe stata l’unica novità…
La mattina dopo, quando Orlando riportò a casa i ragazzi, ebbe una spiacevole sorpresa. Stava per parcheggiare l’auto nel vialetto, come faceva sempre, ma notò che era già occupato dalla macchina di Evie e da un’altra, che non aveva mai visto.
Di lì a poco, ancor prima che lui ed i ragazzi scendessero, vide sua moglie accompagnare fuori di casa una persona: un uomo di circa 50 anni, dall’aspetto piuttosto giovanile, capelli scuri, corti, alto e vestito in maniera elegante. Si salutarono in maniera affettuosa, dandosi un bacio sulla guancia. Sembravano parecchio in confidenza…
Con una scusa, convinse i ragazzi ad aspettare a scendere, fingendo di cercare qualcosa nel cruscotto, quindi, una volta che il misterioso amico di Evie se ne fu andato, li accompagnò in casa.
I bambini entrarono e salutarono allegramente la madre, mentre Orlando la osservava a distanza, già perso nelle congetture più disparate. Era convinto che fosse quello l’uomo di cui lei gli aveva parlato dopo la notte passata insieme.
“Ciao…”- gli disse lei.
“Ciao…”- rispose asciutto.
“Avete fatto u bravi con papà?”- domandò ai figli.
Al che Alex si girò ad osservare il padre, in una muta preghiera perché sorvolasse sul loro bisticcio; Orlando gli strizzò l’occhio, sorridendo, ma ci pensò Amy a fare da grillo parlante.
“Alex ha fatto rabbiare papà…”- spifferò subito con genuina naturalezza.
“Non è vero…brutta spiona!”- la zittì il fratello maggiore.
“Insomma che succede? Alex, che hai combinato?”- domandò Evie, scrutando prima il figlio e poi Orlando.
“Ma niente…non è successo niente…piccole incomprensioni sull’ora per andare a dormire…”- mentì Orlando – “Niente di grave…!”-
Quindi si avvicinò ai figli per salutarli.
“E’ tutto a posto, vero campione?”- si accertò, carezzandogli la testa.
“E tu signorina dovresti imparare a non fare la spia…non è bello sai?”- aggiunse rivolto ad Amy.
Evie mangiò la foglia ed invitò i ragazzi ad andare a cambiarsi, perché voleva portarli con lei a trovare la nonna.
Una volta soli, però, ritornò sull’argomento.
“E’ tutto ok? Cosa nascondete tu e tuo figlio?”-
Orlando ridacchiò divertito.
“Mio figlio? Ah già…è vero, quando combina qualche pasticcio diventa solo roba mia…”- osservò divertito.
“Intanto però non rispondi….”- gli fece notare.
“Ho risposto prima…non è successo niente…cose da uomini…”- tagliò corto.
“Ah…capisco…cose che io non posso capire immagino…”-
“Immagini bene donna…”- precisò.
“Ah bè, allora…non insisto…vi lascio il vostro segreto…”-
“Io non ho nessun segreto…tu invece?”- ribattè lui.
Lei lo guardò con un’aria a metà fra il sorpreso ed il curioso.
“No…cosa ti fa pensare che ne abbia?”-
“Mah…non si sa mai…avrai anche tu qualcosa che vuoi tenere per te…”- rilanciò, senza però dirle apertamente a cosa si riferisse.
“Se così fosse non lo direi a nessuno, non ti pare? Nemmeno a te”- rispose, stando al gioco.
“Questo già lo sapevo…”-
“Sei strano…”- osservò Evie.
“Chi? Io? No…non direi…comunque ora devo andare…chiamo stasera, così ci organizziamo per la settimana, ok?”- aggiunse prima di andarsene.
Evie lo fissò stranita mentre si allontanava lungo il vialetto. Le era parso strano, con tutte quelle domande sibilline e non capiva dove volesse andare a parare.
A sua volta Orlando era stranamente infastidito per aver visto Evie così in confidenza con un altro e solo l’idea che quell’uomo potesse essere il suo compagno lo agitava.

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Capitolo 8
*** Cap.8 ***


Ecco un nuovo capitolo...io mi sono divertita parecchio a scriverlo, spero di riuscire a far sorridere anche voi! Non sono molto brava coi ringraziamenti, ma davvero apprezzo il vostro affetto e i vostri commenti, quindi grazie a tutti coloro che leggono, a chi ha aggiunto questa fic fra i preferiti, ma soprattutto a chi lascia un commento: Amaranta, Moon, Klood Summer89....grazie ragazzuole!!Buona lettura!

Passarono diversi giorni, in cui apparentemente le cose fra Orlando ed Evie non si smossero. I loro rapporti erano estremamente cordiali, ma comunque limitati ai bambini ed a conversazioni di ordinaria amministrazione.
In realtà Orlando era guardingo e si era addirittura messo a seguire e controllare quella che era ancora sua moglie. Si sentiva terribilmente stupido ed infantile, ma era stato più forte di lui. Una mattina era capitato per caso in centro, poco distante dall'edificio in cui si trovava la casa editrice per cui lavorava Evie. Aveva sbrigato le sue commissioni ed avrebbe potuto tranquillamente tornare a casa, ma non lo fece. Alzò gli occhi verso il settimo piano, chiedendosi cosa stesse facendo Evie; se la immaginava al computer, intenta a scrivere qualche articolo pungente, col suo stile brillante ed accattivante. E poteva ricostruire nella sua mente l'espressione concentrata ed attenta sul suo viso.
Visto che era ora di pranzo, pensò di farle un'improvvisata, così attraversò la strada e raggiunse la casa editrice.
La segretaria alla reception lo accolse sorridente con un cortese "Buongiorno...posso aiutarla?"-
"Si, lo spero...sto cercando la signora Parker...sono...bè, sono suo marito...tecnicamente..."- le rispose sfoderando uno dei suoi migliori sorrise. E si sorprese a pensare che se Evie l'avesse visto lo avrebbe subito preso in giro, dandogli del lumacone.
"Oh certo, so che è suo marito...Evie è uscita poco fa...è andata a pranzo fuori..."- gli disse giuliva.
"Ah...sarebbe così cortese da dirmi dove è andata, magari la raggiungo...ero passato proprio per invitarla a pranzo..."- aggiunse.
"Mi pare di averla sentita parlare col signor Walker del Fifteen, il ristorante in Westland Place... "- rispose.
L'immediata euforia di Orlando nell'aver ottenuto l'informazione che voleva si tramutò in stupore non appena sentì quel nome.
"Il signor Walker? Allora non è sola..."- osservò con un certo malcelato fastidio.
"No, sono usciti poco fa come le dicevo..."-
"Capisco...allora forse non è il caso che la disturbi..."-
"Vuole lasciarle un messaggio?"-
"No, grazie...non importa...non le dica nemmeno che sono passato..."- tagliò corto.
"D'accordo, come vuole..."- disse congedandosi.
Sapere che Evie era a pranzo con un altro lo infastidiva e non poco, ma una parte di lui era terribilmente curiosa di vedere questo tizio e di verificare se fosse lo stesso che aveva visto uscire da casa sua quella mattina. Perciò, senza pensarci due volte, tornò alla macchina e si diresse al ristorante.
Poco prima di entrare fu tentato di lasciar stare, ma ormai era lì e sentiva come il bisogno fisico di sapere. Quindi entrò nel locale e si fece dare un tavolo, cominciando ad occhieggiare con nonchalance fra i tavoli per individuare i suoi obiettivi.
Non li scorse subito, solo una volta accomodatosi al suo tavolo, che era in un angolo della seconda sala, quella più piccola, li vide: Evie era seduta al suo tavolo in compagnia proprio dello stesso uomo che aveva visto lasciare casa loro.
Rimase di sasso...una parte di lui se l'aspettava certo, ma dal dubbio all'averne la certezza ce ne passava!
Li osservò a lungo, finché Evie, accortasi forse di avere uno sguardo addosso, si girò distrattamente ed incrociò i suoi occhi.
Spiazzata, fece di tutto per mascherare la sua sorpresa, facendogli un cenno di saluto con la mano. A quel punto lui si alzò e raggiunse la coppia.
“Ehi…che sorpresa…”- disse Evie, alzandosi per salutarlo con un bacio sulla guancia.
“Eh già…neanche ci fossimo dati appuntamento…”- osservò lui.
Rimasero in silenzio alcuni istanti, impacciati e lievemente nervosi, ma poi fu lei a rompere quel momento di empasse.
"Ah, che maleducata...Orlando, lui è Jordan Walker, il redattore della sezione cronaca del giornale...Jordan, lui è Orlando..."- disse presentandoli.
"Sono suo marito..."- aggiunse lesto lui, mentre Jordan si alzava per stringergli la mano.
"Si, so bene chi è...."- rimarcò l'uomo, mentre Evie guardava Orlando con un’aria a metà strada tra il divertito ed il perplesso.
"Bè? Che c'è? Tecnicamente siamo ancora sposati..."- precisò tranquillamente lui.
La donna scosse la testa e Jordan sorrise con l’espressione divertita.
Era un uomo dall'aspetto curato, anche se non all'eccesso, coi capelli scuri e gli occhi azzurri nascosti dietro un paio di occhiali dalla montatura leggera, che accentuavano la sua aurea intellettuale. Comunque non doveva avere meno di una cinquantina d'anni, come Orlando aveva sospettato.
"E' un piacere conoscerla...Evie mi ha parlato di lei...devo scusarmi però, temo di non aver mai visto un suo film..."-
"Oh bè, non è un problema...è ancora in tempo per rimediare...anche se non penso che i miei film siano proprio il suo genere...immagino preferisca lavori alla Via col Vento...o forse dei western..."- rimarcò volutamente, con un sottile riferimento alla sua età più che ai film in sé.
Ma l'altro, che aveva dalla sua molta più esperienza e savoir faire, non fece una piega e rispose con estrema calma:
"Più che altro sono interessato ai film impegnati...che siano recenti o meno, in bianco e nero o no non è un problema...diciamo che sono più incline ai film alla 'Michael Clayton'...amo i film di Mendes ad esempio...ritengo che 'American Beauty' e 'Revolutionary Road' siano ottimi esempi di modernità e che fotografino bene la condizione di certe coppie...Non ha avuto una parte lì anche lei? Ah no, scusi...mi sono ovviamente confuso con Michael Shannon..."-
Orlando deglutì a fatica. Capì immediatamente che il suo interlocutore non era affatto stupido, né sarebbe stato facile metterlo all'angolo con qualche battutina sagace o un qualche improvvisato doppio senso.
"Bene bene...abbiamo un intenditore qui...Forse dovrebbe passare dalla cronaca alle recensioni cinematografiche..."- commentò.
"Forse...in tal caso, se si liberasse un posto alla cronaca, sarà mia premura avvisarla, casomai fosse interessato a cambiare genere anche lei..."- ribattè l'altro.
"Ok...time out...direi che per oggi possiamo chiudere qui la versione moderna di mezzogiorno di fuoco cowboys!"- intervenne Evie, guardando malamente entrambi.
"Peccato...era uno scambio di vedute così interessante!"- sottolineò volutamene Orlando - "Ma hai ragione...ora vi lascio finire il vostro pranzo in pace..."-
"Buon appetito anche a lei..."- aggiunse Jordan.
"Credo che andrò da un'altra parte...improvvisamente mi è passata la fame...e poi ora che ci penso ho appuntamento e sono in ritardo...Neela mi starà aspettando..."- precisò guardando Evie.
Lei lo salutò e lasciò che se ne andasse.
"Si può sapere che ti prende Jordan? No, dico io...da Orlando me le aspetto certe reazioni, ma da te..."-
"Che ho fatto? Eddai, mi sono solo divertito un po'...i tipi come lui sono così scontati...la battutina sui film, l'allusione alla mia età...gli ho reso la pariglia...forse un tantino infantile, hai ragione...ma dannatamente divertente..."- le rispose sincero.
"Sarà...ma proprio perché sei più grande di lui pensavo lasciassi correre...invece vedo che a prescindere dall'età voi uomini ragionate tutti allo stesso modo..."-
"Che intendi dire?"-
"Che quando vedete un altro gironzolare attorno al vostro giocattolo vi irritate e correte a delimitare il territorio...mi aspettavo da un momento all'altro che uno di voi due facesse pipì contro la gamba del tavolo..."- disse sarcasticamente, incrociando le braccia al petto.
Jordan scoppiò a ridere, genuinamente divertito.
"Lo vedi? Tu con uno così eri sprecata..."-
"Ah, davvero? E immagino che invece con uno come te non lo sarei...."-
"Dai, sto dicendo sul serio...magari non proprio con me, anche se la cosa non mi spiacerebbe affatto, tutt'altro...ma di sicuro non con un uomo che è cronicamente affetto dalla sindrome di Peter Pan e che non ha un briciolo di maturità..."-
Evie restò in silenzio. Per quanto una parte di lei trovasse fastidioso sentir parlar male di Orlando, l'altra, quella che lo conosceva bene, sapeva che un fondo di verità c'era.
"Cambiamo argomento ti prego...è sempre il padre dei miei figli e non mi va di parlarne, non così..."- tagliò corto.
"Certo, come vuoi...ti chiedo scusa, non volevo infastidirti..."- precisò accorato.
Lei gli sorrise, quindi ripresero a mangiare ed a parlare di lavoro.

Più tardi, rientrando nel suo attico nel centro di Londra, Orlando sembrava un leone in gabbia. Più ci pensava più gli saliva il nervoso, si sentiva un idiota per aver seguito il suo istinto ed essersi presentato al ristorante. Cosa ci aveva guadagnato? Nulla ed in più si era fatto mettere all'angolino da quel Jordan. E questo per il suo orgoglio era davvero un affronto. Inoltre era scappato via come un coniglio, perché non poteva tollerare di restare lì ad osservare quei due, solo il pensiero gli provocava la nausea.
Non aveva nessun appuntamento con Neela.
Quindi Orlando restò fuori a lungo, fece anche una passeggiata ad Hyde Park, tanto per cercare di sedare la rabbia che sentiva, mangiò un boccone in un pub e poi tornò a casa, ancora di pessimo umore. Sperava di rilassarsi e voleva solo farsi una bella doccia. Ma purtroppo ebbe una brutta sorpresa.
Quando arrivò a casa, infatti, trovò i mobili del salotto spostati, il divano accanto alla portafinestra e, soprattutto, un gruppetto di persone che stavano posizionando luci, riflettori e quant'altro in casa sua.
"Amore!"- esclamò vispa Neela, andandogli incontro e dandogli un bacio, seguita da una donna di poco più di trent'anni con un taccuino in mano.
"Ciao..."- rispose asciutto - "Mi spieghi cosa succede?"-
"Oh bè, stiamo facendo una piccola intervista...e poi qualche foto..."- gli rispose.
"Ah ok...allora esco, torno dopo, così potete finire con calma..."- tagliò corto lui, facendo per andarsene, ma la ragazza lo trattenne prendendolo per un braccio.
"Ma no, resta...a dire il vero...speravo che arrivassi, anzi, in realtà ti stavo aspettando...pensavo che potremmo fare qualche foto insieme..."- gli propose sbattendo gli occhi.
Lui non fece nemmeno in tempo a rispondere, perché intervenne la donna che stava alle spalle di Neela.
"Sarebbe una cosa carina...siete la coppia più chiacchierata degli ultimi mesi..."-
Orlando la guardò con aria infastidita.
"Scusi...lei è?"-
"Sono Stacy Edison...lavoro per GQ...stiamo preparando un servizio sulla sua ragazza e speravamo che volesse partecipare anche lei..."- gli spiegò.
"Non credo...grazie ma è un tipo di pubblicità che non mi interessa..."- tagliò corto lui, andando a passo svelto in camera da letto. Ed anche lì regnava il caos più assoluto, dal momento che Neela aveva sparso sul letto una marea di vestiti, probabilmente per cercare quello più adatto alle foto.
La ragazza fece buon viso a cattivo gioco, scusandosi con la giornalista e raggiunse Orlando in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Lui si stava accendendo una sigaretta e non fece una piega nel trovarsela lì.
"Non dovresti fumare qui...poi rimane puzza di fumo..."- gli fece notare.
"Oh scusa...fumerei in salotto o andrei in terrazza...ma ci sono una decina di sconosciuti in casa mia e a quanto pare questo è l'unico posto dove posso stare..."- osservò polemico.
"Ti detesto quando fai così...insomma, mi dici cosa ti costa fare due foto con me?"-
Lui la fulminò con lo sguardo.
"Ti ho già detto e ridetto che non mi va di fare questi teatrini...cerco sempre di evitarlo…non l’ ho fatto mai, nemmeno per il mio matrimonio...non voglio finire ancora su un giornaletto di gossip, quindi veditela da sola..."- sbottò piccato.
"Ah ecco...siccome non l' hai fatto con lei, non puoi farlo nemmeno con me..."-rimarcò la giovane, alludendo ad Evie.
La guardò come se fosse un'aliena.
"Io giuro che non capisco come ragioni...quanti anni hai? Cinque per caso? Il gossip non mi interessa...io sono un attore, non un saltimbanco, chiaro? E comunque si, per l'ennesima volta ovviamente la mia famiglia c'entra, ma non nel modo che pensi tu! Ho due bambini a cui devo rispetto...perciò non mi farò usare per farti pubblicità...e la prossima volta che hai intenzione di organizzare un set sei pregata di farlo da un'altra parte o almeno di avvisarmi, intesi?"- concluse duramente.
Neela non rispose, si limitò a fissarlo con un'espressione naturalmente ferita, quasi come se si sentisse oltraggiata, quindi se ne andò. Giustificò la ritrosia di Orlando adducendo come scusa una forte emicrania, concluse l'intervista, posò per alcune foto. Prima di sera la troupe del giornale se ne andò e la ragazza si mise a riordinare il salotto.
Nel frattempo Orlando si era fatto una doccia e poi era rimasto confinato in camera da letto a leggere. Non sentendo più alcun vociare provenire dal soggiorno, si affacciò per controllare che non ci fosse più nessuno e vide Neela, sola, intenta a spostare il divano.
"Lascia...faccio io..."- si offrì. Si avvicinò al divano e lo spostò verso il centro della stanza, di fronte al televisore al plasma.
"Grazie..."- gli disse in un soffio senza guardarlo.
Lui sospirò rumorosamente.
"Ce l' hai ancora con me?"- le chiese finalmente.
"Non dovrei? Sei stato scostante e prepotente...lo so perché fai così...ti conosco...hai avuto una brutta giornata, qualcosa è andato storto o forse hai discusso con la tua quasi ex moglie...e allora te la prendi con me..."- gli disse.
Inaspettatamente aveva centrato il punto. Era molto più perspicace di quanto lui non pensasse.
"Senti mi spiace...però non mi va che tu organizzi queste cose senza parlarmene...non mi va di tornare a casa e di trovarci una specie di set..."- precisò più conciliante.
"Si, lo so...perché è casa tua questa...io sono qui di passaggio, giusto?"-
"Ma che c'entra? Non intendevo questo..."-
"Ah no? Va bene, diciamo che ti credo...ma non sopporto che tu mi faccia sentire sempre un'ospite...anzi peggio, un'intrusa direi...quando ci sono i tuoi figli devo andarmene e possibilmente togliere ogni segno della mia presenza, adesso non posso nemmeno decidere di farmi fare un'intervista? L'avrei fatta a casa mia se vuoi proprio saperlo...ma ho i pittori e lo sai, te l' ho detto l'altro giorno...ti avevo avvisato, ma ovviamente non ti ricordi...non mi ascolti nemmeno più quando parlo..."- aggiunse nervosamente.
"D'accordo...scusa, ho esagerato...ma resta il fatto che non amo certi tipi di pubblicità...questo lo sai, ne abbiamo già parlato fino alla nausea..."- riprese lui, ponendo l'accento sull'argomento che più gli stava a cuore di tutta quella faccenda.
"Bè forse sarebbe il caso di riparlarne...Mi trattano tutti come una specie di puttanella...per tutti sono la rovinafamiglie che ha distrutto la coppia dell'anno...sono stanca, perché non lo capisci? Come se la colpa di tutto fosse mia...e tu? Tu ovviamente sei immune da qualsiasi critica...neanche ti avessi puntato una pistola alla tempia per convincerti a venire a letto con me! Adesso sono stufa, sarebbe anche ora che tu ti prendessi le tue responsabilità...non mi aspetto certo che tu mi difenda, quello grazie al cielo riesco a farlo da sola...ma se almeno una volta facessi un'intervista con me o una foto la gente capirebbe che non è una storia squallida e losca...sarebbe un modo per dimostrare che era quello che volevi anche tu e che non hai ripensamenti..."- gli fece notare.
E quella decisamente un'altra sorpresa per Orlando. Chi avrebbe mai detto che Neela potesse essere così decisa anche con lui? Fino ad allora aveva sempre accettato le sue idee e le sue decisioni senza colpo ferire, ma ora la musica sembrava cambiata.
Tuttavia, non se la sentiva di ufficializzare la loro relazione in maniera così smaccata, come lei gli stava chiedendo.
"Adesso non sono pronto, ma ci penserò, va bene? E comunque dovresti fregartene di quello che dice la gente...la pensino come gli pare...ci sarà sempre qualcun pronto a criticare, non devi farti condizionare..."- le suggerì, cercando di sviare la discussione dall'argomento principale.
"Lo terrò presente...ora se non ti spiace, ho bisogno di una doccia..."- riprese stancamente lei troncando ogni questione.
"Ehi..."- la richiamò lui, prendendola per la mano ed attirandola a sé - " scusa...mi spiace..."- le disse, dandole un bacio a stampo.
Lei gli accennò un sorriso.
"Per stavolta ti perdono...ma vedi di fare il bravo..."-
"Io sono sempre bravo...per dimostrartelo mentre ti fai lo doccia preparo la cena, ok?"-
"Ottima idea... trovo che gli uomini bravi ai fornelli siano terribilmente sexy..."- aggiunse maliziosa.
Quindi andò a farsi la doccia e lasciò Orlando alle prese con la cena.
Passarono una tranquilla serata in casa, gustandosi la carne che aveva cucinato lui. Dopo cena rimasero sul divano a guardare un film e poi andarono a dormire. Ma anche quella sera, come ormai accadeva da un po', non fecero l'amore. Lui le disse di esser stanco e la ragazza mangiò la foglia, anche se cominciava davvero ad avere seri dubbi su cosa stesse accadendo fra loro.
























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Capitolo 9
*** Cap.9 ***


Dopo quell’incontro al ristorante Orlando ed Evie continuarono a vedersi, ma senza mai tornare sull’argomento, prima di tutto perché non erano quasi mai da soli, ma sempre attorniati dai loro figli, in secondo luogo perché entrambi, seppur per diversi motivi, preferivano evitare bellamente la questione. Evie si era sentita come una scolaretta colta in flagrante mentre ‘bigiava’ la scuola e lo stesso Orlando, nonostante l’iniziale e naturale fastidio, sapeva bene di non aver alcun diritto di farle delle scenate di gelosia.
Così passarono circa due settimane, finché un pomeriggio Evie, uscita dal lavoro prima per sbrigare alcune commissioni, si trovò nei pressi della palazzina in cui abitava Orlando. Aveva in programma di chiamarlo, perché di lì a poco sarebbe stato il compleanno di Amy e pensava di organizzare una festa in famiglia per lei, ma visto che era l’ e che aveva tempo, decise di salire da lui, sperando di trovarlo solo e non con la sua nuova compagna.
L’attore era in casa e stava leggendo alcuni copioni che non lo convincevano affatto. Quando il campanello suonò sbuffò spontaneamente, scocciato e timoroso che fosse l’ennesima scocciatura, invece, appena aprì la porta, notò con stupore che aveva davanti probabilmente l’ultima persona che pensava di vedere.
“Ciao…”- le disse meravigliato.
“Ciao…ti disturbo? E’ un brutto momento? Sai, passavo di qui e volevo parlarti di una cosa…”- gli spiegò.
“No, no…entra pure…stavo solo leggendo dei copioni…ma fanno schifo, quindi posso anche fare una pausa…”- osservò con malcelata amarezza, facendola entrare.
“Mi spiace…ma…sei solo?”- si accertò lei entrando.
“Si…solo soletto…lei è fuori  e credo non rientrerà prima di sera….”- le rispose riferendosi a Neela ed abbozzando un sorriso.
“Siediti pure…posso offrirti qualcosa?”- riprese – “Mi sono appena fatto del tè…se ti va….”-
“Si, grazie…volentieri…”- rispose, seguendolo in cucina e guardandosi intorno.
La sua curiosità non sfuggì ad Orlando, che le sorrise spontaneamente e le disse:
“Che te ne pare? Non ci eri mai stata qui vero?”-
“Ehm, veramente no…direi che non c’è mai stata occasione…”- rimarcò lei – “comunque è carino…ti sei sistemato bene…è molto spazioso e luminoso…”- aggiunse.
Lui nel frattempo stava versando il tè in due tazze.
“Per il momento è perfetto…anzi, quando non ci sono i bambini mi sembra fin troppo grande…”- osservò, porgendole la sua tazza e mettendosi a sedere al tavolo della cucina.
Evie lo imitò, restando però in silenzio alcuni istanti.
“Allora mi dicevi? Dovevi parlarmi di qualcosa? E’ successo qualcosa?”- le domandò lievemente preoccupato.
“Oh no...no, stai tranquillo…è tutto a posto…è una cosa che devo dirti da un po’ in realtà, ma prima d’ora non ce n’è stato modo o c’era la diretta interessata…si tratta del compleanno di Amy…mancano dieci giorni e pensavo di organizzare una festa a casa…e dato che ero qui nei paraggi ho pensato di salire e parlartene di persona…”-
“Ah, si…certo…hai fatto bene…”-
“Tu sei a Londra vero? O stai per partire per lavoro?”- si accertò.
“No, no…ci sono…solo che, bè, ci ho pensato anche io e…insomma, vista la nostra situazione e visto che gli ultimi tempi sono stati un po’ particolari e difficili, soprattutto per Alex ed Amy, pensavo che potremmo fare qualcosa di divertente tutti insieme…così sarebbe come festeggiare il compleanno di entrambi, mi pare se lo meritino…”-
“Avanti dimmi…cosa avevi in mente esattamente?”- gli chiese curiosa, posando la tazza e poggiando il mento sulla mano, per scrutarlo meglio, con aria attenta ed interessata.
“Pensavo ad un viaggetto a Disneyland a Parigi…in fondo è da tempo che gli promettiamo di andarci, no? Poi è successo quel che è successo e non ne abbiamo più parlato…ma mi pare una buona idea…”-
“Addirittura? Non so…cioè, si potrebbe anche fare ma non sono sicura che sia il momento adatto…”-
“Perché no scusa? Parigi è a meno di due ore di aereo…possiamo andare a Disneyland e visitare un po’ la città con loro…ci fermiamo quanto basta…magari giusto tre o quattro giorni…tanto le scuole finiscono fra un mese, non succede niente se Alex salta qualche giorno…a meno che…”- buttò lì sornione, interrompendosi volutamente.
“A meno che? Cosa? Dai, finisci la frase…”- lo incitò lei fissandolo.
“Bè, a meno che tu non abbia delle cose da finire qui e quindi non possa assentarti…o forse qualcuno da vedere…”- rispose, scandendo lentamente le ultime parole.
Evie scosse la testa e ridacchiò divertita.
“Sei veramente un bel tipo! Dovevo immaginare che saresti andato a parare lì…”-
“Chiedevo soltanto…”- precisò lui, sorseggiando un po’ di tè.
“Oh no, tu non chiedi mai…tu alludi, è ben diverso…”- rimarcò decisa.
“Eddai! Non giocare con le parole scrittrice…tanto vinci tu, già lo sappiamo…”-
“Per te è sempre tutto un gioco, vero?”- lo pungolò.
“No…non sto giocando…voglio solo capire se ti va bene la mia idea o no…tanto se non andiamo stavolta ce li porto quest’estate quando sono in vacanza con me i ragazzi a  Parigi…pensavo solo che sarebbe stato carino andare tutti e quattro insieme…”-
“Non pensi che sia un pò rischioso? Non vorrei che si mettessero strane idee in testa…”- osservò pragmaticamente.
“Strane del tipo? Che possiamo rimetterci insieme?”-
“Bè, si…strane del tipo che tu abiti con un’altra ma vieni a Parigi con me…”- aggiunse.
“Non credo…non è una fuga romantica…andiamo via coi nostri figli…Quindi rilassati e tranquillizza il tuo Jackson…dormiremo in stanze separate e mi comporterò da gentiluomo…”- le suggerì ironicamente.
“Si chiama Jordan…e comunque, ti ringrazio del pensiero, ma fossi in te mi preoccuperei della tua di situazione…non penso che la tua ragazza farà i salti…”- ribatté.
“Neela è un problema mio…non penso che avrà da ridire e se anche fosse la cosa non mi interessa…i miei figli sono al primo posto, vengono prima di chiunque altro…”- puntualizzò deciso.
“Se lo dici tu…vorrà dire che…che ci penserò…devo vedere come organizzarmi al lavoro, non dovrebbe essere un problema, ti farò sapere nel giro di pochi giorni…”-
“Devo ammettere che però non me l’aspettavo…”- riprese Orlando, giocherellando con la tazza.
“Cosa? Che non ti dicessi subito di no?”- osservò divertita lei.
“Che te la facessi con uno più grande…”- buttò lì, sputando finalmente il rospo.
Evie lo guardò spiazzata ed anche un po’ infastidita.
“Non sono affari tuoi…e, comunque se può consolarti, nemmeno io mi aspettavo che ti facessi cogliere da una crisi di mezza età anticipata e ti divertissi con una ragazzina…”- gli rispose.
“Allora ci siamo sorpresi in due…certo immagino che la cosa abbia i suoi vantaggi…avrà sicuramente più esperienza di me…ho qualche dubbio sulla resistenza fisica, ma d’altronde non si può avere tutto dalla vita…”- commentò sarcastico.
A quel punto lei si alzò di scatto, visibilmente irritata dalla piega che stava prendendo la conversazione.
“Quanto sei volgare…”- si lasciò sfuggire.
“Per così poco? No, se volessi essere volgare te ne accorgeresti…”- disse calmo, restando seduto dov’ era.
“Sei veramente un bambino…per te conta solo il sesso, ovviamente tutto ruota intorno a quello…è il criterio che usi per misurare le persone e le relazioni, vero? Mi spiace doverti dare questa notizia, ma in un rapporto tra due persone ci sono anche altre cose…ma è inutile che te ne parli…”-
“Oh ma fammi il piacere”- sbottò lui alzandosi e puntando le mani sul tavolo – “Per chi mi hai preso? Per un maniaco? O forse per un idiota? Certo che so che ci sono altre cose! Siamo stati insieme per dodici anni…parli come se non mi conoscessi!”-
“Infatti temo che sia proprio questo il punto…non penso di averti mai conosciuto davvero! Mi sono innamorata dell’idea che avevo di te forse, ma quell’idea evidentemente non coincideva con la realtà, visto com’ è andata a finire…”-
“Non è vero…non ho mai finto con te e questo lo sai…tu amavi me, non la tua idea di me…mi amavi anche quando ti facevo incazzare o facevo delle stupidate…”- precisò, pungolato nell’orgoglio.
“E va bene…ammettiamo che sia vero…forse la verità è che tu non amavi me…dicevi di amarmi, ma ti sei sempre riempito la bocca della parola ‘amore’ senza darle il giusto peso, senza sapere cosa significasse! E infatti alla prima occasione sei andato a scaldarti sotto le coperte di un’altra, senz’altro molto più smaliziata”- lo riprese duramente.
Il tradimento subito la faceva ancora soffrire, si era sentita umiliata come donna e per certi versi anche offesa nella sua femminilità, come se lei non fosse abbastanza interessante o divertente nell’intimità. Era un tarlo che covava dentro da quando aveva saputo di Neela.
“Ma che cazzo dici? Pensi che sarei stato così tanto con te se non fossi stato davvero innamorato? Avrei finto per anni e anni? Fossi così bravo come attore avrei già vinto una dozzina di Oscar! Andiamo, non puoi pensarlo sul serio…io ti amavo…magari in altre storie l’ ho detto senza pensarlo, ma con te non c’è stata una sola volta in cui l’abbia detto tanto per dire…Non ci credi? Allora pensa a questo: a quando ti ho baciata la prima volta, quando ti ho chiesto di venire a vivere con me…quando giocavamo a scarabeo e usando le lettere ti ho chiesto di sposarmi…e anche a quando litigavamo per delle cazzate e tu te ne andavi sbattendo la porta per poi rientrare per fare pace e io mettevo il muso…a quando mi hai detto che eri incinta, quando sei rimasta a letto dei mesi perché rischiavamo di perdere la bambina…quando sono entrato in sala parto con te a farmi insultare e stritolare la mano, a vederti star male da morire per regalarmi le due cose più belle della mia vita…o ancora alle prime sere passate insieme a mangiare pop corn sul divano e a parlare di tutto, senza sapere da dove eravamo partiti, ma con la voglia di continuare a parlare e a parlare…questo cos’era? Questo non era solo sesso…”- concluse serio.
Evie lo fissò, incapace di parlare, come se non riuscisse a trovare le parole, proprio lei che con le parole ci lavorava.
“Non dici niente eh?”- riprese lui.
“Dico che…che è meglio che vada…”- rispose in un soffio, recuperando borsa e giacca.
“Troppo comodo…prima mi attacchi, mi dai del superficiale e dell’immaturo tra le righe…e poi scappi?”- le fece notare lui.
Lei, che stava raggiungendo l’ingresso, tornò indietro e lo guardò negli occhi. Sembrava smarrita, ma anche arrabbiata.
“E cosa vuoi che ti dica? Che hai ragione tu? D’accordo…hai ragione…tu mi amavi, se è andata male è colpa mia…che senso ha parlarne ora? Me lo dici?”- gli chiese accorata.
“Io non ti sto dando la colpa di niente…volevo solo dimostrarti che ti sbagli…che quello che sentivo per te era sincero e reale…”-
“Sai cosa credo invece? Che la tua sia solo un’infantile ripicca…mi hai vista con un altro e la cosa non ti va giù…così si spiega anche la patetica scenetta del ristorante…pensavi che sarei rimasta per tutta la vita a piangere crogiolandomi nei ricordi? Bè, hai pensato male! Non sei l’unico ad avere il diritto di rifarsi una vita!”- concluse stizzita, prima di allontanarsi per andarsene.
Ma Orlando fu più veloce e la agguantò malamente per un braccio, attirandola a sé e facendole cadere la borsa e la giacca.
“Lasciami! Mi stai facendo male!”- gli fece notare, cercando di divincolarsi, ma lui non l’ascoltò.
“Vuoi davvero saperlo? Si, mi ha dato fastidio vederti con quello…mi ha dato molto fastidio, soprattutto immaginarti con lui a letto…è una cosa che mi manda in bestia!”- le confessò candidamente con un certo nervosismo nella voce.
“Almeno adesso sai come mi sono sentita”- rimarcò lei, riuscendo finalmente a divincolarsi dalla sua stretta.
Lui però non aveva intenzione di lasciarla andare via non ancora almeno. Le si avvicinò ulteriormente, bloccandola fra sé ed il tavolo.
“Non è lui che vuoi…”- osservò fissandola con un lampo malizioso che gli attraversava lo sguardo.
Evie si sentiva davvero messa alle strette, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla cedere.
“E tu cosa ne sai di cosa voglio io?”- lo provocò.
“Penso di saperlo meglio di lui…”- le disse.
Quindi si chinò leggermente su di lei, cominciando a tormentarle il collo con lievi baci, per poi risalire appena sotto il suo orecchio, in maniera estremamente sensuale.
Lei si scansò, senza però riuscire ad andarsene.
“Smettila! Cos’è? Vuoi giocare o forse la tua bella ti manda in bianco e ti serve una sostituta?”- gli fece notare piccata.
“La smetto solo se mi dici che quello lo ami…tu dimmi che lo ami e che io non sono più niente per te e ti lascio andare…”- rilanciò con aria di sfida.
“Tutto qui? Amo Jordan e tu non conti più niente…”- gli disse sbrigativa, cercando per l’ennesima volta di andarsene da lì.
“Eh no…guardami in faccia mentre lo dici….”- le chiese, prima di riprendere a baciarla, carezzandole la schiena con una mano ed insinuando l’altra sotto la camicetta che indossava.
A quel punto Evie cominciò a sentirsi mancare il fiato, ma ancora non voleva cedere, non poteva permettersi di dargli questa soddisfazione.
“Io…io amo…”- cominciò a dire. Lui alzò gli occhi per incontrare i suoi, ma lei non continuò, così riprese nella sua lenta tortura, avvicinandosi pericolosamente ed inesorabilmente alle sue labbra, finché non si trovarono occhi negli occhi.
“Dicevi?”- la pungolò lui.
Evie lo fissò a lungo, come attirata da quegli occhi e da quella bocca che conosceva bene ed alla fine lo baciò.
Lui sorrise compiaciuto sulle sue labbra, ricambiando con trasporto ed intensità quel bacio. Le fece scorrere le mani sulla schiena, attirandola a sé, quindi, senza staccarsi dalle sue labbra, le slacciò la camicetta con una certa urgenza, mentre lei gli sfilava via la felpa ed armeggiava con la cinta dei suoi jeans.
Orlando la sollevò per i fianchi e la mise a sedere sul tavolo, intrecciando le gambe con le sue. Continuarono a baciarsi a lungo, toccandosi ed accarezzandosi, poi, prima ancora che lei potesse abbassargli i boxer, lui la sollevò nuovamente, lasciando che lei gli circondasse la vita con le gambe, la portò in salotto e lì alla fine fecero l’amore, dando sfogo a tutte le emozioni che in tutti quei mesi di separazione avevano cercato di soffocare: passione, amore, disperazione, ma anche rabbia, dolore e rancore per le reciproche incomprensioni.
Fecero l’amore due volte quel pomeriggio, la prima in maniera decisamente appassionata, coinvolgente ed intensa, la seconda più lentamente per assaporare a fondo ogni istante.
Restarono abbracciati a lungo, senza dirsi niente, solo baciandosi ed accarezzandosi di tanto in tanto, persi ciascuno nei propri pensieri, finché non fece buio.
“Ma che ore sono?”- gli domandò lei, rompendo il silenzio.
“Le 6.30 passate…”- le rispose lui, controllando l’orologio.
“Cosa? Ma è tardissimo! Devo tornare a casa…mia sorella mi darà per dispersa…mi aveva anche detto di far presto perché aveva un impegno…”- osservò ansiosamente, balzando in piedi e rivestendosi in fretta.
“Minuto più minuto meno…”- commentò sornione Orlando, afferrandola ed attirandola sul divano per baciarla ancora.
Lei non si sottrasse e ricambiò con piacere, ma poi si staccò da lui e gli fece notare:
“Dai, lasciami andare…e poi Neela dovrò tornare prima o poi…”-
“Ah già…è vero…sarà qui fra poco…”- si rammentò, come se fosse improvvisamente tornato alla realtà, cercando i boxer e cominciando a rivestirsi.
Si ricomposero velocemente, senza dirsi nulla, senza commentare quanto successo.
“Allora…vado…per Parigi ti faccio sapere…nel frattempo però non dire niente ai ragazzi per favore…non voglio ci restino male se per qualche motivo salta tutto…mi faccio sentire io…”- gli chiese, prima di andare.
“Si, come vuoi…tu però cerca di liberarti…”- si raccomandò.
“Ci provo…a presto…”- aggiunse, quindi gli diede un ultimo bacio ed uscì.
Orlando chiuse la porta e ripensando a quello che era successo non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto.






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Capitolo 10
*** Cap.10 ***


Dopo quel pomeriggio passato insieme Orlando ed Evie si rividero altre volte, ufficialmente per parlare dei figli e per organizzare la gita a Disneyland. In pratica, però, erano finiti di nuovo per fare l’amore.
Erano ancora abbracciati a letto, nell’appartamento dell’attore, entrambi in silenzio, si limitavano a coccolarsi teneramente, come fossero due ragazzini alla prima cotta. Nessuno dei due voleva toccare l’argomento, si ostinavano a fingere che fosse tutto normale, anche se erano spinti da motivazioni diverse.
Evie, forse per la prima volta in vita sua, non sapeva cosa fare. Se la prima volta che era tornata a letto con lui aveva dato la colpa al whiskey che aveva bevuto, ora non sapeva come spiegarselo, non aveva giustificazioni. Però una cosa non poteva negarla, avevano ritrovato un’intesa incredibile e si sentiva esattamente come agli inizi della loro storia, quando ogni momento era buono per stare insieme. E, se da un lato questa ritrovata complicità la lusingava innegabilmente come donna, dall’altro moltiplicava i suoi dubbi. Aveva paura che non fosse abbastanza per riprovare a stare insieme, temeva che fosse solo una specie di rimpatriata per lui o, peggio ancora, si stava convincendo di essere solo una sorta di porto sicuro per Orlando. Le pareva chiaro che con Neela le cose non funzionassero o che, comunque, non andassero come lui avrebbe sperato ed ora ecco che cercava un riavvicinamento, tornando all’ovile perché deluso da più eccitanti aspettative rimaste invece inattese.
Non che non amasse più suo marito, in fondo lo amava, anche se non era ancora pronta ad ammetterlo nemmeno con se stessa, ma aveva anche paura delle sue reazioni: se avesse accettato di ritornare con lui era sicura che alla prima occasione di scontro gli avrebbe rinfacciato tutto e questo di certo non era il viatico per una riconciliazione vera e propria, soprattutto considerando che avevano la responsabilità di due bambini.
Dal canto suo Orlando non era certo meno confuso di lei, anzi, conoscendo bene Evie sapeva che quella specie di pseudo relazione clandestina che avevano allacciato poteva rivelarsi disastrosa. Non bastava il sesso per mettere a tacere i dubbi o per risolvere i problemi, né tantomeno per rimediare agli errori fatti. Tuttavia, non si sognava nemmeno lontanamente di parlagliene, perché, per quanto quella situazione fra loro fosse precaria, non voleva farne a meno. Lui la amava, gliel’aveva già confessato quella prima notte a casa sua, dopo la scomparsa del signor Parker, ma non aveva ottenuto la reazione sperata, dal momento che lei gli aveva sbattuto in faccia di avere un altro per la testa. Insomma, si era già esposto  ed aveva ottenuto picche! Naturalmente, quella scoperta lo aveva sorpreso ed infastidito più di quanto non immaginasse, fino all’incontro con quell’uomo che era entrato nella sua vita e che temeva potesse prendere il suo posto. Ed ora si aggrappava con tutte le sue forze a quella piccola parentesi, a quegli incontri fugaci, ai momenti di tempo ritagliati nelle loro giornate all’insaputa di Neela e Jordan, sperando che alla lunga le cose potessero sistemarsi.
“Allora si va a Parigi!”- esordì lui, spezzando quel perdurante silenzio.
Lei alzò lievemente la testa, incontrando il suo sguardo ed abbozzò un sorriso.
“Così pare…è quasi tutto pronto, manca la parte più bella, ovvero dirlo ai ragazzi! Partiamo mercoledì prossimo e rientriamo sabato…”-
“Perfetto…ti va di dirglielo insieme?”- le propose.
“Si, certo…se vuoi puoi passare stasera…magari resti a cena, a loro farebbe piacere!”-
“Stasera non posso…ho una specie di incontro di lavoro…facciamo domani sera?”-
“Va bene…”- convenne lei – “Saranno contentissimi…”- osservò.
“Lo spero…se potessi vorrei che fosse sempre così…intendo, che fossero sempre sereni e felici…ma temo che sia possibile…e poi stanno crescendo così in fretta…Alex mi sembra davvero già un ometto, per certi discorsi che fa, per come è equilibrato…mi pare ovvio che non ha preso da me! Ed Amy…bè, la mia piccolina è una pazzerella…ma non credo durerà ancora per molto…se solo penso che fra qualche anno mi parlerà di ragazzi mi sento male…”- commentò, condendo il tutto con una buffa smorfia di disappunto, che fece ridere di gusto Evie.
“Ah eccolo qui il padre geloso! Lo sapevo che eri meno sciolto di quello che vuoi sembrare…ma mi sembrano discorsi un po’ prematuri, Amy sta per compiere solo cinque anni, quindi promettimi che aspetterai ancora un po’ prima di comprare un fucile anti- spasimanti, ok?”- gli chiese divertita.
In tutta risposta lui le fece una linguaccia.
“Aspetto fino ai dieci, ma poi lo compro!”- ribattè lesto.
“Puoi stare tranquillo Bloom, tua figlia è ancora nella fase di pieno innamoramento per il suo papà…”- gli fece notare tra il serio ed il faceto.
“Davvero?”- le domandò visibilmente sollevato.
“Oh si…non fa che parlare del suo papà…papi qui papi lì…dice che sei il più bello del mondo, il più buono…che sei l’attore più bravo e anche che sei il più forte…”- gli spiegò.
Lui scoppiò a ridere, in maniera distesa e contagiosa.
“Ah bè, quello perché quando viene qui si arrampica sempre sullo sgabello della cucina e poi però non riesce a scendere e la metto giù io…immagino che per lei equivalga alle fatiche di Ercole…!”- osservò.
Lei lo guardò intenerita, era così solare e rilassato quando parlava dei loro figli. Poteva incolparlo di tante cose magari e di tante mancanze come marito, ma sicuramente non poteva accusarlo di non essere un buon padre.
“Mi pare che anche con Alex vada meglio, no?”- si accertò.
“Si…direi di si…forse avevamo solo bisogno di parlare un po’…”- rispose.
Rimase in silenzio qualche minuto, come se dovesse riordinare le idee, poi riprese:
“Sai cosa? Ti sembrerà banale e stupido anche ma…quando pensavo alla possibilità di avere dei figli, bè, come ogni uomo credo, pensavo ad un maschietto…ero sicuro che sarebbe stato facile fare il padre, educarlo, crescere con lui…invece non lo è affatto! Con Amy è un po’ come se vivessi di rendita, con Alex invece è complicato…”-
“Lo so…credo dipenda anche dai momenti, dalle fasi…dalla loro età…e poi dal loro carattere…io avevo il problema contrario…”- ammise guardandolo.
“Davvero? Non dirmi che fai fatica con Amy? Ti adora!”- rimarcò sorpreso.
“Si, ma…ho sempre paura di sbagliare, di viziarla troppo…con lei sono molto più severa che con Alex…non perché voglia fare l’arpia, ma perché ho sempre pensato che la sconfitta peggiore come madre fosse tirar su una figlia viziata, egoista…una gattamorta insomma! C’è da dire che per fortuna lei non dà segni di ‘gattamortismo’…”-
“Insomma avevi paura di aver partorito una mini Paris Hilton!”- aggiunse lui divertito.
“Esatto, proprio così…!”-
“Ma ti pare? Con due genitori così non farebbe in tempo nemmeno se lo volesse!”- precisò, quindi ridacchiarono entrambi.
All’improvviso però sentirono un rumore provenire dall’ingresso, l’inequivocabile tintinnare delle chiavi che aprono la serratura. Ed entrambi drizzarono le orecchie, scattando sincronicamente a sedere sul letto.
“Amore…sono a casa!”- squittì la voce di Neela.
“Oh cazzo!”- esclamò lui, alzandosi alla velocità della luce e raccattando le sue cose per vestirsi.
“Oh mio Dio…cosa facciamo adesso? Cosa…dove…che faccio io?”- gli bisbigliò nervosamente Evie.
“Orlando…ci sei?”- richiamò nel frattempo Neela, che doveva già essere arrivata in sala.
“Ok…calma! Ora io vado da lei e con una scusa la porto fuori…così puoi andartene, intesi?”- le disse in un soffio, rivestendosi in fretta e furia.
Evie si limitò ad annuire. Si sentiva come una ragazzina colta in flagrante dai genitori, rientrati prima del previsto a casa.
Orlando finì di ricomporsi e raggiunse la ragazza.
“Ehi…ciao…pensavo fossi fuori…ma dov’eri?”- gli fece notare andandogli incontro e baciandolo.
Lui ricambiò il bacio con molta meno convinzione e poi si staccò da lei.
“Ero…ero in bagno…mi sono fatto una doccia e stavo finendo di asciugarmi…”- mentì.
Neela non si curò più di tanto della sua risposta, ma riprese a baciarlo, tormentandogli il collo e carezzandogli il sedere.
Lui la lasciò fare per qualche istante, poi le disse:
“Ehi…calma…”- col tono più conciliante che gli riusciva, per non insospettirla.
“Mi sei mancato così tanto…”- rispose lei languidamente.
“Sei stata via solo due giorni!”- osservò divertito – “A proposito, com’è andato il servizio fotografico per la campagna pubblicitaria?”-
“Bene…ma non ho voglia di parlare…non adesso…è da quando sono salita sull’aereo che penso a quello che voglio farti…”- tagliò corto lei, insinuando una mano sotto la sua maglietta e l’altra direttamente nei suoi pantaloni.
A quel punto lui, visibilmente imbarazzato, si allontanò.
Lei lo fissò stranita.
“Bè? Che ti prende?”- gli chiese infastidita, notando il suo imbarazzo.
“Scusa…io…io…pensavo che potremmo andare a pranzo fuori…che ne dici?”-
Neela non rispose subito, continuava a fissarlo, cercando di capire cosa non andasse. Era da tempo che lui si sottraeva alle sue attenzioni e lei cominciava ad essere stufa oltre che sospettosa.
“A pranzo fuori? Io cerco di eccitarti e di fare l’amore con te e tu vuoi portarmi a pranzo fuori?”- domandò, cominciando ad innervosirsi.
“Pensavo fosse carino…abbiamo tutto il tempo…possiamo continuare quel discorso dopo…”-
E lei stava per ribattere, quando si sentì un rumore provenire dalla camera da letto. Evie, involontariamente, aveva urtato un soprammobile, che cadendo sul parquet aveva fatto un gran fracasso.
Orlando si girò di scatto verso la porta della camera da letto, sudava freddo e non sapeva più che pesci pigliare, mentre la ragazza lo squadrava con aria inquisitrice.
“Cos’è stato?”-
“Non so…sarà caduto qualcosa…ho lasciato la finestra aperta, magari col vento….”- buttò lì.
“No…c’è qualcuno in casa…non eri solo, vero? C’è qualcunA in camera da letto!”- sbottò inviperita lei, dirigendosi a passo svelto proprio sul luogo del delitto ed aprendo svelta la porta.
Orlando, che non era riuscito a bloccarla, rimase qualche passo indietro, cercando di preparare una buona scusa o una giustificazione per quello che stava per accadere.
Fortunatamente, però, Evie, fiutato il patatrac, era riuscita a nascondersi nel ripostiglio antistante il bagno ed ora stava là dentro, pregando che quei due uscissero alla svelta.
Quando Orlando si accorse che non c’era nessuno, soffocò un sospiro di sollievo.
“Visto? Chi pensavi che ci fosse? Dovrei offendermi…”- le fece notare.
La ragazza era allibita. Avrebbe messo la mano sul fuoco, era sicura di trovare un’altra donna, invece niente e la portafinestra era aperta, come lui le aveva appena detto.
“Io…ero sicura…voglio dire, sei così strano ultimamente…non mi tocchi più, mi respingi…”- osservò lei stancamente.
“Neela…non fare la tragica…è solo un periodo…sono preso da altre cose lo sai, sto cercando il film giusto da produrre…”- le rispose.
La ragazza non rispose, era davvero incredula e confusa.
“Su, dammi retta…usciamo a mangiare qualcosa, parliamo un po’ e vedrai che dopo andrà meglio…”- le suggerì, prendendola per la mano e facendola uscire dalla camera.
Dopo poco Evie sentì la porta blindata dell’ingresso chiudersi e tirò un sospirò di sollievo. Uscì dal ripostiglio, si passò una mano fra i capelli e non riuscì a nascondere un sorrisino tirato. Era diventata l’amante di suo marito e stava per essere scoperta dalla sua ragazza, la stessa per la quale era stata lasciata. In che razza di situazione si era cacciata? Le sembrava tutto così assurdo, ai limiti del grottesco quasi.
Però non poteva non ripensare a quello che aveva sentito, in particolare alle lamentele di Neela, che si sentiva trascurata e che forse non era più in cima ai pensieri erotici di Orlando, il che in fondo le faceva anche piacere ed era una sorta di rivincita per lei.
Si diede una controllata veloce allo specchio, quindi se ne andò e tornò a casa dai ragazzi.

La sera dopo, come da accordi, Orlando cenò a casa ed insieme ad Evie diedero ai ragazzi la notizia. Inutile dire quanto Amy ed Alex fossero entusiasti di quel regalo inaspettato, erano davvero al settimo cielo. Ma senza dubbio la cosa che più li rallegrava era poter stare nuovamente insieme ai loro genitori, come ai vecchi tempi.
Ben presto arrivò il giorno della partenza per Parigi. I due ‘amanti’ nel frattempo non si erano più visti, i loro contatti erano stati solo telefonici, visto che tra impegni di lavoro ed di organizzazione del viaggio il tempo era davvero risicato.
Ovviamente avevano bellamente evitato di rievocare lo scampato pericolo di qualche giorno prima, semplicemente non ne parlavano, si comportavano come se nulla fosse, anche se era evidente che qualcosa bolliva in pentola.
La prima giornata a Parigi fu veramente indimenticabile: andarono subito a Disneyland, dopo aver sistemato i bagagli in albergo e passarono là tutto il giorno. I ragazzi erano euforici e molto felici. Si divertirono un mondo fra giostre, spettacoli di clown o sul ghiaccio. Sarebbero rimasti lì per sempre! Ed anche i loro genitori erano rilassati, scherzavano tranquillamente, contagiati dall’allegria dei figli.
Rientrarono in albergo giusto in tempo per darsi una rinfrescata ed andare a dormire, visto che avevano cenato direttamente nel parco giochi.
Evie si era sistemata in una suite con camera da letto matrimoniale per lei, che comunicava con la camera dei ragazzi, con due letti singoli, mentre Orlando alloggiava sempre allo stesso piano, in una suite poco più piccola.
Erano le undici passate e lui moriva dalla voglia di rivederla. Era pur vero che avevano passato insieme tutta la giornata, ma non erano mai stati da soli né aveva potuto lasciarsi andare ad un minimo gesto affettuoso per paura di confondere i loro figli. Dopo aver alzato la cornetta per chiamare la sua camera più volte ed averla riappesa altrettante, l’attore decise di andare di persona a darle la buonanotte. Uscì spedito dalla sua suite e raggiunse quella di Evie, dall’altro capo del corridoio.
La donna, che stava leggendo, o meglio, era ferma sulla stessa pagina da almeno un quarto d’ora, fu distolta dai suoi pensieri dal bussare alla porta. Si infilò la vestaglia ed andò ad aprire.
“Ciao…”- le disse semplicemente.
“Ciao…quanto tempo!”- osservò ridacchiando e strappandogli un sorriso.
“Dormono?”- domandò, riferendosi ai bambini.
“Si, sono crollati appena hanno toccato il letto…si sono divertiti un mondo oggi…ah, per tua informazione Amy ha deciso che da grande vuol lavorare a Disneyland…”- lo avvisò.
“Fantastico…allora possiamo risparmiare sull’università!”- rispose, stando al gioco.
Restarono alcuni minuti a scrutarsi reciprocamente, senza dirsi nulla.
“Volevo…volevo solo darti la buonanotte e…e poi pensavo che…visto che le due pesti dormono, magari potresti venire da me, giusto dieci minuti…in un eccesso di golosità ho ordinato fragole e una bottiglia di champagne…non farmi brindare da solo…”- aggiunse.
“Champagne? A Parigi? Un tantino prevedibile Bloom…”- osservò lei divertita – “Non so se è il caso…se uno dei due si sveglia?”-
“Ma no…hai detto che sono crollati, no? Tireranno dritti fino a domattina…in caso puoi lasciargli un biglietto…e comunque la porta è blindata, non c’è niente di pericoloso, siamo in un albergo…mica ho intenzione di rapirti! Al massimo fra un’ora sarai tornata…non se ne accorgeranno nemmeno…”-
Lei ci pensò un po’ su. In fondo non aveva tutti i torti, per una volta poteva anche pensare solo a lei, senza sensi di colpa.
“E va bene…dammi solo un attimo…”- gli disse, quindi, rientrò in camera, scrisse un biglietto in cui lasciava detto ai ragazzi di essere scesa nella hall e di non uscire per nessun motivo dalla stanza, lo lasciò in bella vista e seguì suo marito nella sua suite.
Lui le versò dello champagne, mentre lei mangiucchiava una fragola.
“A cosa brindiamo?”- le chiese, porgendole il flute.
“Dunque….assolutamente a Minnie e Topolino!”- rispose divertita.
“Mi sembra giusto! A loro ed al nuovo lavoro di Amy!”- aggiunse ridacchiando.
Rimasero in silenzio, persi entrambi nei propri pensieri, cullati dal frizzante scoppiettare delle bollicine nei bicchieri.
Lui era anche disposto a fermarsi lì, non voleva necessariamente andare oltre, per quanto l’occasione fosse perfetta e Parigi il migliore degli scenari; aveva già fatto la sua mossa, invitandola in camera sua, ora sperava che fosse lei a sbilanciarsi.
Evie, dal canto suo, era dubbiosa. Il rischio di esser scoperti e la situazione in sé erano eccitanti, doveva riconoscerlo, ma aveva paura del dopo. Si era già scottata e non voleva accadesse di nuovo. Alla fine però, complice l’atmosfera, forse anche lo champagne ed il clima rilassato, mise da parte i suoi timori. Lui era lì, era estremamente invitante e bello e le faceva sempre lo stesso effetto. Decise di cogliere la palla al balzo, posò il bicchiere sul tavolino, gli si avvicinò e lo baciò intensamente. Ed Orlando contraccambiò con urgenza quel bacio, stringendola a sé e lasciando vagare le sue mani lungo la sua schiena, fino a carezzarle in maniera sensuale il sedere. A quel punto lei scostò leggermente la testa, offrendogli il collo, che lui cominciò a tormentare con lievi baci e leggeri morsi appena accennati. Quindi le sfilò la vestaglia, spingendola giocosamente lentamente sul letto a baldacchino, senza staccarsi da lei; la baciava ed accarezzava con dedizione, toccandola sapientemente, con la sicurezza garantita dalla conoscenza, mentre lei subiva il suo attacco, passandogli le dita fra i capelli.
Poi, Evie si tirò un po’ su e cominciò ad armeggiare a sua volta per spogliarlo. Lo fece stendere piano sul letto, baciandolo, scendendo dalle sue labbra al suo collo, per poi soffermarsi sul suo torace, alternando morbidi baci a carezze sempre più ardite e languide. Sentiva il suo respiro farsi corto e la cosa la incoraggiava a continuare, mentre lui le accarezzava le spalle e le braccia.
Quando finalmente furono liberi dalla biancheria, lei con delicatezza e lentezza si mise sopra di lui e cominciò a muoversi piano, senza fretta alcuna. Lui le portò le mani sui fianchi, assecondando i suoi movimenti e mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore. E alla fine, poco prima di raggiungere il culmine della passione, la fece scivolare rapidamente sotto di sé, imprigionandole le braccia sopra la testa e baciandola con intenso trasporto.
Si lasciarono andare l’uno accanto all’altro, ancora col fiato corto, senza dire nulla. Ed anche quella volta non affrontarono l’argomento, non chiarirono la loro situazione, come se avessero paura di rovinare tutto. Lei rimase lì con lui per circa un’ora, poi si rivestì e tornò nella sua stanza.



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Capitolo 11
*** Cap.11 ***


Anche durante la breve permanenza a Parigi Orlando ed Evie continuarono a vedersi di nascosto. Di giorno stavano coi bambini e si comportavano in maniera assolutamente impeccabile, compenetrati nel loro ruolo di genitori, senza sbilanciarsi e senza dare adito ad equivoci, per non confondere od illudere i loro figli, mentre la sera, una volta messi a letto Alex ed Amy, si concedevano bollenti incontri nella suite di lui.
La situazione era senza dubbio paradossale. Erano ancora sposati, ma in attesa di divorzio, aspettavano giusto il tempo necessario perché i documenti fossero pronti, inoltre lui aveva anche una storia con un’altra donna, tuttavia non riuscivano a staccarsi, a dare un taglio netto. Evie, in particolare, si sentiva più libera ed anche più disinibita: le sembrava di esser tornata agli inizi della loro storia, anche se si rendeva perfettamente conto che era un’assurdità continuare così.
Quella relazione clandestina andò avanti ancora, anche dopo il ritorno dalla ville lumiére. Ma, com’era prevedibile, inevitabilmente uno dei due ad un certo punto aprì gli occhi e decise di analizzare lucidamente la loro situazione.
Era un pomeriggio infrasettimanale ed i due ‘amanti’ avevano deciso all’ultimo minuto di vedersi. Non era in programma, semplicemente si erano sentiti per telefono per discutere di altro ed alla fine si erano accordati per trovarsi. Decidere il luogo del ritrovo fu decisamente complicato: l’attico di Orlando era off limits, anche se lui non ne aveva specificato la ragione ed altrettanto poteva dirsi per casa loro, dove c’erano i ragazzi con nonna Violet. Alla fine, optarono per una soluzione pratica, anche se un po’ triste: si videro in un motel appena fuori Londra, per non attirare l’attenzione.
Erano arrivati ovviamente separati, dopodiché Orlando aveva sbrigato le formalità del caso alla reception, dando dei nomi falsi e lasciando una generosa mancia al proprietario per assicurarsi la sua discrezione. Evie nel frattempo lo aspettava nella camera 523, guardandosi intorno. La stanza era semplice e senza troppi fronzoli, ma almeno sembrava pulita; il piccolo bagno era decorato con delle piastrelle che trovò orrende di un assurdo verde pistacchio. Era assorta nella contemplazione della camera, non perché le interessasse davvero, ma perché era un modo come un altro per non pensare a quanto fosse tutto assurdo.
Fu così che la trovò Orlando, di spalle, sulla soglia della porta del bagno. La abbracciò da dietro, posando un bacio sulla sua spalla.
“Che fai?”- le domandò.
“Niente…prendevo confidenza con l’ambiente…”- rispose lei, posando le mani sulle sue.
“Queste piastrelle sono…”- riprese lui.
“…orribili, vero?”- lo anticipò lei.
“Non era il termine che avevo in mente ma senza dubbio rende bene l’idea e senza troppi giri di parole!”- osservò ridacchiando e facendola ridere a sua volta.
Quindi chiuse la porta, la osservò e le disse malandrino:
“Bè, direi che abbiamo di meglio da fare che dedicarci alle piastrelle del bagno…”- e cominciò a sfiorarle un braccio, attirandola poi a sé.
“Lo spero…”- aggiunse lei, prima di baciarlo con intenso trasporto.
Si sentiva dannatamente bene, sicura, disinvolta, quasi come se fosse un’altra persona e senz’altro la particolarità della loro situazione accentuava questa sua predisposizione.
Si strinse a lui, lasciando correre le mani sulla sua schiena ed arrestandole poco sopra il suo sedere, mentre con le labbra aveva preso a tormentargli il collo, intervallando lievi baci a leggeri morsi appena accennati. Lui la lasciava fare, mordendosi di tanto in tanto il labbro inferiore e sospirando.
Evie gli passò una mano dietro la nuca ed attirandolo a sé lo baciò nuovamente sulla bocca ed orlando ricambiò intensamente quel bacio. Continuarono a baciarsi per un tempo che ad entrambi parve infinito; d’un tratto, lei si staccò da lui e lo prese per mano, guidandolo verso il letto. Quindi  riprese a baciarlo, mentre gli sbottonava e sfilava la camicia, senza staccarsi dalle sue labbra ed armeggiava coi jeans per levarglieli. Lo baciò sul collo, per poi scendere fino al petto. Orlando stava per sfilarle la maglietta che indossava, ma lei fece di non col capo e lo spinse a sedere sul letto. La assecondò, osservandola mentre si spogliava davanti a lui, finché non rimase con la sola biancheria intima addosso e gli si avvicinò. Le cinse i fianchi con le braccia, le baciò l’ombelico ed il ventre e nel frattempo le accarezzava le gambe. Lei gli accarezzò affettuosamente i capelli, per poi obbligarlo a coricarsi, distendendosi poi sopra di lui. Lo baciava senza posa, tracciando un percorso fatto di baci più o meno arditi, partendo dalle labbra, per poi scendere all’incavo del collo, raggiungere il suo petto, il torace, la sua pancia, mentre con una mano andava a stuzzicare il suo punto più sensibile, insinuandosi direttamente nei suoi boxer. Lui ebbe un sussulto di sorpresa, ma naturalmente non aveva alcuna intenzione di fermarla.
La lasciò fare ancora per un po’, subendo quell’attacco così appassionato, poi, ad un certo punto, pensò che fosse ora di ricambiare; le posò le mani sui fianchi, scostandola con delicata fermezza da sé ed invertendo le posizioni. Si portò sopra di lei, semplicemente limitandosi a guardarla e strusciandosi appena contro di lei. Struffò il naso contro il suo, ridendo appena, poi riprese a baciarla, prima lentamente e a fior di labbra, via via con sempre più trasporto, mentre le sue mani vagavano lungo quel corpo che conosceva bene, andando a toccare le sue corde più sensibili.
Finirono così per fare l’amore in maniera coinvolgente ed appassionata, quasi come fossero tornati ai giorni delle loro luna di miele in Thailandia.
“Forse dovremmo parlare…”- disse lui rompendo quel silenzio, mentre erano ancora abbracciati.
“Di cosa?”- rispose, fingendo di cadere dalle nuvole.
“Bè, magari di noi due…tanto per cominciare…”-
“Non penso sia il caso…”- lo liquidò, prendendo tempo.
“Ti rendi conto di quanto siamo caduti in basso oggi?”- riprese lui, deciso a chiarire la loro situazione.
Lei sollevò il viso quanto bastava per incontrare i suoi occhi.
“Intendi per il motel? Bè, in effetti…fa molto ‘amanti clandestini ’…”- osservò
“E’ squallido…”- tagliò corto lui in un moto d’orgoglio.
Evie si slacciò da quell’abbraccio e si mise a sedere, coprendosi con il lenzuolo.
“E va bene…non è il massimo ma…”-
“Non c’è nessun ma…cosa stiamo facendo? Voglio dire, che senso ha andare avanti così? Ormai sono quasi due mesi che ci vediamo di nascosto, all’insaputa di tutti…ci incontriamo, finiamo a letto senza poi parlare di cosa succede….è assurdo…noi siamo sposati…non siamo due che hanno una relazione occasionale o che scopano e basta…”- le fece notare con decisione.
Naturalmente Evie sapeva bene che aveva ragione, la sua disamina non faceva una piega, ma dar ragione a lui significava ammettere, prima di tutto con se stessa, che aveva paura e non era ancora pronta a farlo.
“Non so cosa dirti…”- osservò in un soffio, evitando volutamente di guardarlo.
“Impossibile…qualcosa da dire ce l’ hai…dimmelo! Avanti, ti ascolto…”- la incitò.
“Orlando smettila, per favore…non voglio pensare a niente, ok? Non mi pare il caso di farsi troppe domande…”- precisò spazientita.
“A me invece si…sono stanco di nascondermi, stanco dei sotterfugi…tu no? Non ci credo…sentiamo, cos’ hai detto a Jordan per giustificare la tua assenza?”- la provocò.
“Non sono affari tuoi…e comunque non gli devo spiegazioni…”- tagliò corto.
“Ah no? E cos’è? Una specie di rapporto libero?”- riprese.
Lei rimase in silenzio alcuni istanti. Non stava con Jordan, non avevano affatto una relazione, e sicuramente non per volontà dell’uomo, che sarebbe stato ben contento di frequentare Evie, ma lei era sempre stata molto chiara ed aveva chiarito che fra loro ci sarebbe sempre e solo stato un rapporto di lavoro, oltre ad una sana amicizia.
Forse era arrivato il momento di dirlo anche ad Orlando, il quale era sicuro del contrario.
“Non è un rapporto...non stiamo insieme, contento? Siamo solo amici…e colleghi…”- rispose infine.
Lui la osservò sempre più confuso. Se prima giustificava le sue riserve ed i suoi dubbi, convinto che volesse in un certo modo proteggere il suo nuovo compagno, ora non riusciva proprio a capire il suo comportamento.
“Non state insieme?”- si accertò, giusto per scrupolo.
“No”- ribadì.
“Mai stati insieme?”-
“No! Devo scrivertelo col sangue?”-
“Non capisco…mi avevi detto tu di avere un altro…e poi l’ ho visto uscire da casa nostra una mattina…mentre riportavo i ragazzi…e poi al ristorante…perché non mi hai mai detto niente?”-
“Perché non c’era niente da dire…era semplicemente passato a farmi leggere degli articoli…siamo solo amici…”-
Se, da una parte, questa scoperta sollevava non poco Orlando, dall’altra lo preoccupava: infatti non riusciva a capacitarsi del perché Evie accettasse una situazione del genere pur non avendo legami con nessun altro. Non era da lei.
Lei percepì la sua confusione, d’altra parte si conoscevano bene.
“Che c’è? Ti stai chiedendo perché non ho mai detto niente? Perché ho accettato di vederti così?”-
Lui annuì, con l’aria terribilmente smarrita.
“Non lo so…forse perché così era più semplice…forse mi sono divertita a farti credere quello che volevi…”- ammise candidamente.
E lui la guardava quasi con disappunto, con una malcelata vena di delusione negli occhi.
“Eh no...non guardarmi così…proprio tu? Tu che mi hai tradita con un’altra, con cui peraltro convivi…”- osservò piccata.
“Almeno io sono stato sincero…pensi che non avrei potuto tenere il piede in due scarpe? Avrei potuto eccome…ma ho scelto di dirti la verità, per quanto dolorosa fosse!”- sbottò contrariato.
“E dovrei ringraziarti? Dovrei ringraziarti per aver mandato all’aria tutto?”-
“Non ho detto questo…e comunque, per la centesima volta, non ti ho detto nulla perché non c’era niente da dire!”- ribadì.
“Ma hai lasciato che credessi che stavate insieme…”-
“E’ un tuo problema…”- tagliò corto.
“No, è anche tuo!”-.
“Hai ragione, è anche mio…perché sono sicura che se non avessi avuto il dubbio che potessi stare con un altro adesso non saremmo qui!”- osservò seccamente.
“Cosa vorresti dire?”-
“Che eri solo geloso…anzi, forse nemmeno quello, solo ti dava fastidio il fatto che potessi stare con un altro e allora hai cercato di riprenderti il giocattolino! Tanto per te è tutto un gioco! Rivolevi me ma hai continuato a stare con Neela…e poi non dirmi che non tieni il piede in due staffe!”-
“Sai benissimo che con lei non funziona…”-
“Oh si, certo…questa l’ ho già sentita…guarda caso un po’ prima che finissimo a letto insieme la prima volta… e dopo nemmeno dieci giorni eri tornato con lei”- precisò.
“Sono tornato con lei perché tu mi hai rifiutato! Io volevo rimettermi con te e tu lo sai bene…sei stata tu a sbattermi in faccia un’altra storia…sei stata tu a dirmi che era troppo tardi! E comunque, per tua informazione, l’ ho lasciata…a quest’ora starà finendo di portar via le sue cose…ecco perché non siamo andati da me!”- le ringhiò visibilmente arrabbiato.
Quindi si alzò in fretta dal letto e si rivestì altrettanto velocemente, scuro in volto.
“Io non…non so perché l’ ho fatto…”- cominciò a spiegare lei, timidamente. Scoprire che tra lui e Neela era davvero finita fu una specie di doccia gelata, l’aveva davvero presa in contropiede.
“Lo so io perché…volevi vendicarti…era una sottile ripicca, per ripagarmi della stessa moneta…ti facevo più matura! E pensare che per anni mi sono sentito un idiota superficiale in confronto a te…mi sembrava sempre di sbagliare, di non fare la cosa giusta…robe da matti! Adesso hai avuto la tua rivincita! Ti sei dimostrata che potevi riprendermi quando volevi e rendermi pan per focaccia…sarai contenta no? Brava, davvero complimenti!”-
“Non fare così, per favore…dammi il tempo di…”-
“No, il tempo è scaduto…non cercarmi più…”- concluse seccamente andandosene e sbattendo la porta.
Evie rimase lì, seduta su quel letto che solo poche ore prima li aveva visti complici amanti. Si sentiva stupida, confusa e smarrita. Aveva scioccamente dato retta al suo orgoglio, facendo credere ad Orlando di stare con un altro, in un maldestro modo di tutelarsi, di proteggersi da altre delusioni, ma alla fine quella bugia si era ritorta contro di lei e nel peggiore dei modi.
Voleva solo prendersi un po’ di tempo, frequentarlo e vedere se c’era ancora una base da cui ripartire, ma ora tutto era inevitabilmente compromesso. L’aveva preso in giro, non del tutto volontariamente, ma l’aveva fatto e sapeva bene che se c’era una cosa che lui non sopportava era proprio di sentirsi raggirato. Ed ora non sapeva cosa fare per rimediare.
Rimase lì, rannicchiata a letto, cercando di riordinare le idee, quindi si rivestì e tornò a casa. Era talmente tesa e stanca che pareva uno straccio, tanto che sua madre si preoccupò non poco, temendo che stesse male. La rassicurò, dicendole che aveva solo avuto una brutta giornata al lavoro e Violet, per nulla convinta, mangiò la foglia ed aspettò che fosse lei ad aprirsi, lasciandole i suoi tempi.
Nel frattempo, Orlando gironzolava senza meta in macchina. Non aveva voglia di rientrare a casa e, soprattutto, non voleva rischiare di trovarci ancora Neela. Lasciarla non era stata una cosa facile, e non perché non fosse ciò che realmente voleva, ma perché la ragazza non era di certo il tipo che si arrende senza combattere ed aveva tentato il tutto per tutto pur di fargli cambiare idea.
Era ancora visibilmente arrabbiato, si sentiva ferito, deluso e preso per i  fondelli, proprio dall’unica donna che riteneva incapace di farlo. Nonostante le incomprensioni, aveva sempre nutrito un’enorme stima nei confronti di Evie; per lui era un raro esemplare di donna pulita, leale, sincera e l’aveva pensato sin da subito, fin dai primi incontri. Era genuina, schietta, non era il tipo da cui aspettarsi tiri mancini, non era un’ammaliatrice, né si vendeva per ciò che non era e non aveva mai usato certe astuzie femminili per convincerlo a fare qualcosa che non condivideva.
Eppure, quel pomeriggio, si era trovato davanti una donna completamente diversa, che l’aveva preso in giro, che per la prima volta in vita sua gli aveva mentito, portando avanti quella specie di recita per settimane intere. Non sapeva come spiegarselo e non riusciva a giustificarla, non ancora almeno.
Nei giorni a seguire i due evitarono di incontrarsi,a che solo per sbaglio. Orlando passava a prendere i ragazzi, ma li aspettava fuori in macchina e parimenti si limitava ad aspettare di vederli rientrare in casa quando li riaccompagnava.
Naturalmente quel clima di tensione era ben percepito anche dai loro familiari, primi fra tutti da Alex ed Amy, che, nonostante le rassicurazioni dei genitori ed i loro tentativi di tenerli fuori dai loro problemi, non erano due stupidi ed avevano fiutato che c’era qualcosa che non andava, soprattutto ripensando ai giorni spensierati e felici trascorsi tutti insieme a Parigi.
Evie era ormai decisa ad arrendersi. Ci aveva pensato a lungo ed aveva realizzato che probabilmente la cosa migliore fosse divorziare ed andare ognuno per la propria strada. Erano successe troppe cose, negli ultimi tempi i loro rapporti si erano allargati e ristretti come fossero un elastico, ma l’ultima loro discussione aveva forse segnato la rottura definitiva. Era convinta che lui non l’avrebbe perdonata e questa convinzione la irritava terribilmente. Infatti, non riusciva a capire come mai lui le avesse più volte chiesto di perdonarlo, passando sopra al suo tradimento, mentre si era poi dimostrato incapace di fare lo stesso ed il tutto solo per un’innocente bugia. Evie si sentiva in credito, in un certo senso, nei suoi confronti e quel suo atteggiamento ostile la infastidiva alquanto. E già quello avrebbe dovuto servirle da campanellino d’allarme. La sua rabbia nei confronti di quell’uomo che era ancora suo marito smascherava chiaramente che c’era ancora un forte sentimento a spingerla verso di lui, benché lei si ostinasse a negarlo. Lo amava ancora, ma anche quella volta non voleva cedere.
Come spesso accade, però, furono gli eventi a decidere per lei. Ultimamente la donna si sentiva strana, affaticata, stanca e le capitava di avere improvvisi attacchi di sonnolenza, anche in pieno giorno. Quei sintomi non le erano affatto sconosciuti, ricordava bene di essersi sentita così quando aspettava Alex, ma si autoconvinse che fosse solo un malessere passeggero oppure le avvisaglie di un’influenza. Invece i giorni passavano e quei fastidi non accennavano ad attenuarsi, così si decise a fare un test di gravidanza, che risultò positivo. Aspettava un bambino da Orlando…quando vide le due striscette quasi le venne un colpo. Rifece il test altre due volte, ottenendo sempre lo stesso esito, ma ancora non voleva crederci. Per questo, fece anche delle analisi del sangue, per averne la certezza matematica. Ovviamente anche gli esami del sangue confermarono i risultati dei tests: era incinta di 6 settimane.
A quel punto, se possibile, Evie era ancora più confusa. Quello era di certo il momento meno adatto per avere un altro figlio, per non parlare dei suoi correnti rapporti con Orlando, dato che praticamente non si rivolgevano la parola. Non sapeva davvero cosa fare. Le sembrava assurdo aspettare un figlio concepito all’interno di una relazione clandestina, perché di quello si era trattato, anche se erano ancora sposati, ‘tecnicamente sposati ‘, come precisava sempre lui.
Era altrettanto vero, però, che clandestina o meno, quella relazione era stata dettata dall’amore, perché lei lo amava ancora ed a questo punto non poteva più negarselo. Tuttavia, i dubbi aumentavano di giorno in giorno; doveva dirlo ad Orlando, lui aveva tutto il diritto di saperlo, ma aveva anche paura, temeva che questa gravidanza l’avrebbe spinto a tornare con lei per senso del dovere più che per reale volontà. E questo non poteva sopportarlo.
Era disposta a fare mea culpa, ammettendo i suoi errori, era pronta a ricominciare, ma voleva essere sicura che lui la volesse davvero, che volesse veramente tornare a casa. Diversamente, avrebbero definito la loro situazione divorziando, ed avrebbero cresciuto anche quel bambino da genitori separati.

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Capitolo 12
*** Cap.12 ***


Se qualcuno non se ne fosse accorto, ma ne dubito, ho aggiornato con tre capitoli, concludendo così anche questa fanfiction che è ufficialmente l'ultima che scrivo! Per motivi personali ho deciso di non pubblicare più e non vi nascondo che la cosa spiace a me per prima...ma era una decisione che covavo da tempo e l'andazzo preso in particolare dalla sezione ff su attori mi ha spinta a chiudere definitivamente. So di non essere una gran perdita, quindi sarò breve e ringrazierò le mie fedeli commentatrici, chi ha speso cinque minuti per leggere ciò che scrivo e chi ha inserito le mie ff tra i suoi preferiti! Grazie a tutti!

Evie era convinta della sua decisione e non sarebbe tornata indietro. Avrebbe detto ad Orlando del bambino, ma non avrebbe mai accettato un rapporto di facciata o dettato dal suo senso del dovere. Tuttavia, i giorni passavano ed ancora non aveva trovato il modo o forse il coraggio di dirglielo.
La cosa la rendeva pensierosa e preoccupata e questi suoi stati d’animo non sfuggirono alle sue sorelle ed a sua madre. Se però Violet ed Emma si dimostravano presenti pur con discrezione, senza pressarla e lasciandole i suoi tempi, Elizabeth, la sorella maggiore, era stufa di attendere, aveva fiutato che qualcosa non andava ed era più che certa che c’entrasse il suo amato cognato.
Per questo una mattina, dopo averle telefonato per assicurarsi che fosse libera, raggiunse Evie a casa sua, decisa a farla parlare. Le lasciò giusto il tempo di finire la colazione, prima di cominciare con l’interrogatorio.
“Allora? Come stai? Come va il lavoro?”- esordì scrutandola.
“Bene…al lavoro fila tutto liscio e…anche a casa tutto bene…”- rispose tranquillamente.
“Novità?”- riprese Beth.
“No…direi di no….”-
“Eppure mi sembri strana….non oggi in particolare, ma già da un po’….”- osservò sibillina.
Evie si sforzò di restare calma e di non mostrare segni di cedimento. Conosceva bene sua sorella e sapeva che, se ci si metteva, poteva diventare peggio dell’Inquisizione Spagnola.
“Strana? Non mi pare…”- tagliò corto.
“Mah…negli ultimi mesi eri sempre così frizzante, avevi una luce particolare negli occhi…adesso invece sembri un po’ spenta, stanca anche…”- precisò.
“Davvero? Bè, in effetti in questi giorni sono un po’ debole…credo stia per venirmi l’influenza…”- rispose, sperando che l’interrogatorio fosse finito.
“Non sarà che hai dei problemi amorosi? Non uscivi con un tuo collega….anzi, no…era lui che ti faceva il filo…non sarà che si è stancato di aspettare e quando hai capito che ti interessava era troppo tardi?”- indagò.
“Ma chi? Jordan? Ma no…non c’è mai stato niente…siamo solo amici….”-
“Allora c’entra Orlando…”- sentenziò sicura.
Ed al solo sentire quel nome l’espressione di Evie cambiò, il che per Beth fu come una tacita ammissione.
“Ah ecco! Lo sapevo…che ha fatto stavolta?”-
“Beth ti prego…non mi va di parlarne….”-  le disse stancamente.
“Ok…tanto credo di saperlo già…ho letto che ha lasciato quella sciacquetta…ed immagino che sia corso da te per pregarti di riprenderlo…ed ora tu sei confusa….”-
“No…sei fuori strada…credo che questa volta lui si aspetti che lo preghi io di riprovarci…”- ammise stancamente.
“Cosa? E perché mai?”- osservò quasi scandalizzata Elizabeth.
Evie rimase alcuni istanti in silenzio, quindi, ben consapevole che sua sorella non se ne sarebbe andata finché non avesse saputo la verità, si decise a raccontarle tutto.
“Senti, io ti dico tutto, ma prometti che lo terrai per te, ok? Non voglio che nessuno lo sappia, nemmeno mamma ed Emma…non ancora almeno…”- si raccomandò.
“Certo…così però mi fai preoccupare….che succede?”-
“Succede che per circa due mesi sono stata l’amante di Orlando…”- le rivelò.
“Cosa?”- osservò l’altra incredula.
“Ci siamo visti di nascosto…e non per parlare o giocare a scacchi…non so cosa mi è preso…era già successo una volta, dopo la scomparsa di papà…è passato a trovarmi, abbiamo bevuto e sull’onda dei ricordi siamo finiti a letto insieme, ma prima che tu possa pensar male, ero perfettamente consapevole di ciò che facevo…”- precisò.
“E poi? Che è successo?”- la incitò a continuare la sorella.
“La mattina dopo mi sentivo così confusa…lui mi aveva appena detto di amarmi ancora, che era pentito e che voleva tornare a casa…mi ha presa in contropiede ed io gli ho mentito, gli ho detto che quella notte non significava nulla e che avevo un altro…e lui ci ha creduto, tant’è che quando ha visto Jordan uscire da casa mia e poi al ristorante con me ha pensato che stessi con lui…poi un giorno sono stata da lui, prima del compleanno di Amy, per decidere cosa fare…e siamo finiti di nuovo a letto…e così per i due mesi successivi, Parigi compresa….”-
“Immagino che tu non sappia cosa fare…”- rimarcò Beth.
“L’ultima volta che ci siamo visti è saltato fuori che con Jordan non c’è nulla…si è incazzato come una iena, si è sentito preso in giro…mi ha accusata di averlo ingannato appositamente per vendicarmi…in pratica mi ha fatto passare per la megera della situazione, la strega che si è presa gioco dei sentimenti del povero marito pentito e ancora innamorato…”- ironizzò.
“Bè, tesoro…sai bene che mi aggrapperei a qualsiasi cavillo pur di bastonare Orlando, ma stavolta ti sei comportata maluccio…”- le fece notare.
“Lo so…adesso non vuole più vedermi né parlarmi…”- osservò.
“Lo conosci…è testardo ed orgoglioso fino al midollo…dagli un po’ di tempo…”- le consigliò.
“Non è così facile…c’è un’altra cosa…qualcosa che non era previsto…e lui deve sapere…”- riprese incerta.
“Che altro c’è?”-
“Sono incinta…”- le disse infine.
“Sei…sei sicura?”-
“Si…ho fatto tre volte il test a casa e le analisi in ospedale…sono proprio incinta…”- le confermò.
“Evie devi dirglielo…”-
“Lo so…solo che ho paura…adesso lui ce l’ ha con me…ed io non voglio che torni a casa solo per senso del dovere….non è così che doveva andare…non volevo prenderlo in giro, volevo solo avere ancora un po’ di tempo per pensare e per riflettere su di noi…non volevo ingannarlo né tantomeno incastrarlo…”-
“Oh tesoro…per quanta poca stima abbia di lui non penso sia così stupido da pensare una cosa simile…”- la rassicurò amorevolmente.
“Si ma…adesso è tutto complicato…”- osservò mestamente.
“Senti, tu lo ami? Rispondi sinceramente…al di là di tutto quello che è successo, del tradimento e della sua sbandata….lo ami?”- le domandò guardandola negli occhi.
Evie sospirò, cercando di riordinare le idee e prendendo tempo, anche se la risposta la conosceva già.
“Si…lo amo…”- rispose infine, quasi emozionata. In fondo era la prima volta che lo ammetteva a voce alta, dopo i problemi degli ultimi tempi.
“Allora vai da lui e diglielo…vedrai che capirà…e appena saprà del bambino si dimenticherà di tutto il resto…e non per senso del dovere, ma perché anche lui ti ama…so che forse sono l’ultima da cui ti aspetti di sentirti dire certe cose, ma penso sia sincero…e poi è inutile che tu stia qui a rimuginare, vai da lui e parlagli, il resto verrà da sé…”- le suggerì.
Incoraggiata dalla conversazione con Beth, Evie decise che era davvero arrivato il momento di chiarirsi con Orlando. Così, la mattina dopo, mentre i ragazzi erano a scuola, andò da lui.
“Ciao…”- gli disse, quando lui andò ad aprirle.
L’attore era sicuramente sorpreso della sua visita, ma era ancora palesemente arrabbiato con lei. Aveva quell’espressione vagamente imbronciata che lei aveva imparato bene a conoscere nel corso degli anni.
“Come mai qui?”- le chiese senza troppi fronzoli.
“Io…avrei bisogno di parlarti…ti chiedo solo cinque minuti…”- rispose incerta.
Si aspettava che lui non le rendesse le cose facili, ma sperava che almeno fosse un po’ meno ostile.
“Entra…”- aggiunse, richiudendo poi la porta alle loro spalle – “Hai fatto bene a passare…sarei venuto io a casa stasera…devo farti firmare alcune cose…”- riprese poi.
Quindi si allontanò alcuni istanti, per poi tornare da lei con una cartellina porta documenti. Si mise a sedere sul divano, invitandola con un gesto della mano a fare altrettanto ed aprì la cartellina, spargendo sul tavolino i documenti in essa contenuti.
E con sua grande sorpresa Evie capì che si trattava delle carte per il divorzio. Orlando faceva davvero sul serio.
“I documenti per…”- iniziò a dire.
“…per il divorzio si…”- aggiunse lesto lui, completando la frase – “…leggili pure prima di firmare…non c’è niente di nuovo comunque, è tutto come avevamo concordato con l’avvocato…e di fatto non cambierà nulla…la casa resta a te, c’è la cifra che verserò per i bambini, le modalità di visita e bla bla bla…”- le spiegò brevemente.
Lei lo guardava, cercando di carpire il suo stato d’animo. Sembrava estremamente distaccato e freddo, come se stesse parlando di una cosa che non lo riguardasse.
“Prima di firmare devo parlarti…è importante…”- precisò, con determinata calma.
Finalmente lui alzò gli occhi incontrando i suoi. Gli parve un po’ pallida e stanca, ma fu colpito dalla determinazione che aveva nella voce.
“Non credo ci sia molto altro da dire…comunque, avanti, ti ascolto….”- le rispose, mettendosi a sedere meglio sul divano ed incrociando le braccia.
“Ecco io…circa quanto è successo l’ultima volta, volevo che tu sapessi che…- cominciò col dire.
“Io invece vorrei non parlarne più…”- precisò seccamente.
“Invece ne parliamo eccome…”- riprese lei decisa – “…devi starmi a sentire, poi se resterai della tua idea firmerò queste carte e non torneremo mai più sull’argomento…ma ora vorrei che mi ascoltassi…”- concluse fissandolo negli occhi.
“E va bene…continua…”-
“Ho sbagliato…e tu hai tutte le ragioni del mondo per avercela con me…è che ero confusa…per questo ti ho mentito e ti ho detto che avevo un altro…quella sera, intendo la prima volta che siamo finiti a letto insieme, ero così contenta, mi sembrava che fosse tornato tutto a posto…ma la mattina dopo mi sono venuti una miriade di dubbi…per quanto ti avessi perdonato col corpo e con il cuore, con la testa non ero ancora pronta…e so che avrei semplicemente dovuto dirtelo, ma non ci sono riuscita…è stato più forte di me…chiamala codardia, chiamalo orgoglio…ho fatto la cosa più comoda ed ho mentito…non volevo prenderti in giro, davvero non era mia intenzione…e anche nelle settimane successive, quando abbiamo continuato a vederci, ogni volta ero sul punto di parlarti, ma poi mi mancava il coraggio…non sapevo da dove cominciare…non sapevo come avresti reagito…la verità è che…che io ti amo…e lo sapevo anche quella prima sera…solo che temevo le mie reazioni, non mi sentivo sicura e non volevo correre il rischio di affrettare i tempi…”- gli spiegò candidamente.
Lui la osservò per un tempo che a lei parve infinito, senza aprire bocca.
“Mi ami?”- le domandò infine, quasi incredulo.
“Si…è sempre stato così…dietro la rabbia e la delusione c’era solo amore, nonostante tutto…io ti ho perdonato e spero che anche tu possa perdonare me…”- concluse.
Ancora lui rimase in silenzio.
“Se però vuoi che firmi queste carte…le firmerò…io non voglio il divorzio, sia ben chiaro…ma se è quello che vuoi tu…allora lo farò…”- aggiunse.
“Io voglio tornare a casa…divorziare è l’ultimo mio pensiero…solo che…bè, Evie mi hai fatto incazzare…prima ho pensato che stessi con quello…poi abbiamo ripreso a vederci ed ogni volta speravo che mi dicessi di tornare con te…e alla fine ho scoperto che mentivi…pensi che io non fossi confuso? Bè, lo ero eccome…perché non me l’ hai detto prima, eh? Ti diverti a farmi dannare?”- osservò in maniera buffa.
“Scusami…hai ragione, ho sbagliato…”- ammise.
Lui sospirò, quindi riprese:
“Vieni qui…”- esortandola a farsi abbracciare.
E lei diligentemente si avvicinò a lui, stringendolo e lasciandosi quasi cullare dalle sue braccia, stretta in quell’abbraccio forte e protettivo.
“Sei una peste…tale e quale a quando ci siamo incontrati…poi per strada ti sei un po’ persa…ma alla lunga la tua essenza è ritornata in superficie…”- osservò divertito.
“E ti dispiace?”- gli chiese di getto.
“Assolutamente no, anzi, mi mancava…ed avevo quasi paura che fosse colpa mia se eri cambiata…”- aggiunse.
“Bè, a volte capita di perdersi, no? L’ hai detto anche tu…”- gli fece notare.
“Direi di si…l’importante poi è ritrovare la giusta direzione”- precisò lui, carezzandole la testa.
Evie rimase in silenzio, semplicemente godendosi quella ritrovata armonia e complicità, quindi alzò un poco la testa, lo fissò negli occhi e lo baciò. Orlando ricambiò quel bacio con intenso trasporto, accarezzandole la schiena e stringendola ancora di più a sé.
“Aspetta…c’è un’altra cosa che devo dirti…”- lo bloccò lei, già col fiato corto.
“Che succede ancora?”- rimarcò lui, quasi preoccupato.
“Tranquillo, è una cosa bella…almeno dovrebbe esserlo..anche se non era previsto…né programmato…”- riprese lei.
“Cioè?”- disse scrutandola.
“Sono incinta…”- gli rivelò finalmente, visibilmente emozionata.
E lui sgranò gli occhi, spiazzato e sorpreso da quella notizia.
“Dici sul serio? Ne sei certa?”-
“Si…sono di sei settimane…ti dispiace? So che magari non è il momento adatto…forse era meglio aspettare, ma…bè, aspetto un bambino…e forse sarà da incoscienti ma sono pazza di gioia!”-
L’attore non perse tempo nemmeno a risponderle, semplicemente le diede un bacio, carico di tenerezza e di gratitudine, decisamente più eloquente di mille parole.
“Ovvio che sono strafelice…non potevi farmi regalo più bello…”- aggiunse poi, staccandosi da lei.
“Sei sicuro? Non voglio che tu ti senta incastrato o obbligato in alcun modo…”-
“Evie…vuoi farmi incazzare ancora? Ma che discorsi fai? Siamo sposati…ormai mi ha incastrato tanto tempo fa…”- le fece notare ridacchiando divertito.
“Scemo!”- lo apostrofò lei, dandogli un pizzicotto su un fianco.
“Permalosa…! Torno con te perché ti amo, testona! Mi spiace solo di aver dovuto starti lontano per rendermene conto…Abbiamo perso un sacco di tempo inutilmente…se solo avessimo parlato prima dei nostri timori, ci saremmo risparmiati tante cose spiacevoli…”- osservò seriamente.
“E’ vero…però possiamo rimediare…ed evitare di ripetere gli stessi errori in futuro…”- aggiunse lei.
“La mia piccola peste saggia…”- rimarcò lui, prima di baciarla nuovamente.
E così, nonostante i problemi e le difficoltà, nonostante entrambi si fossero persi per ragioni differenti, Evie ed Orlando ripartirono da loro due e dalla loro famiglia, da Alex ed Amy e dal bambino che sarebbe arrivato di lì a qualche mese. Si erano ritrovati più uniti e più forti di prima, forti di quel sentimento puro e sincero che li legava e che aveva permesso loro di ricucire le trame delle loro vita insieme.









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