The rise of the darkness

di Pendragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Cercando un po' di luce. ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Il Campo viene attaccato ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: L'attacco delle Ombre ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: Ipotetici alberi genealogici e dee inquietanti. ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: E quando il gioco si fa duro… i pegasi si tirano indietro e passano il testimone agli spiriti del vento ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: Un freddo incontro ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII: Gli animaletti di ghiaccio non sono adorabili quanto si pensa ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII: He's beautiful but he's cold as ice ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX: Il tuffo della morte ***
Capitolo 11: *** Capitolo X: Spettri del passato ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI: A quanto pare ai fantasmi non piace il sale ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII: E infuriano le Furie ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIII: L'anziana guardiana. ***
Capitolo 15: *** Capitolo XIV: Il trio ***
Capitolo 16: *** Capitolo XV: Previsioni ben poco rassicuranti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


The rise of the darkness

Prologo
 

ella vita di un semidio mai dare qualcosa per scontato.
Proprio in quella mattinata di inizio dicembre, infatti, in cui tutto sembrava normalissimo, le cose iniziarono a mettersi male.
Erano circa le nove del mattino e Celsi, un’indeterminata dai capelli color fiamma, si aggirava quatta quatta fra le postazioni dei figli di Demetra, intenti a curare i loro orti, stringendo fra le braccia una scatola da cui proveniva uno strano cri cri. Dentro quella scatola c’erano grilli, chiaramente, ed erano lo “strumento” scelto dalla ragazza per organizzare uno scherzetto coi fiocchi ai figli della dea dell’agricoltura. Per quanto abile e silenziosa fosse la ragazza un paio di occhi la colsero comunque e poi ne seguì un richiamo.
« Celsi! Cosa accidenti stai facendo? » la rossa, nell’udire quella voce, si congelò e si voltò verso colei che l’aveva richiamata, trovando Michela Green a fissarla con le braccia conserte. Celsi sorrise innocente alla figlia di Demetra, nascondendo la scatola dietro la schiena.
« Ma nulla, Michi! Cosa ti fa credere che io stia combinando qualcosa? » disse Celsi.
« Il tuo tono di voce e le mani dietro la schiena sono abbastanza sospettose. » rispose la figlia di Demetra. « Stavi organizzando uno scherzetto ai miei fratelli, vero? »    
« Chi? Io? Ma quando mai! » ribattè Celsi. michela scosse il capo.
« Adesso tu vieni da Chirone con me. » disse fermamente. Non appena Michela afferrò il braccio dell’Indeterminata dai capelli rossi… tutto si fece buio, alla faccia del e luce fu. Le due rimasero paralizzate a causa di quello strano fenomeno, anche se Celsi colse l’occasione di sgattaiolare lontana da Michela, stando ben attenta a non far aprire la scatola con i grilli. Mentre fra i semidei si scatenava il panico arrivò il centauro Chirone nella sua forma mitologica e pronto a combattere.
« Entrate nelle vostre cabine! » ordinò Chirone, brandendo due spade. Gli unici ad ascoltarlo furono i più piccoli che, spaventati, andarono a cercare riparo nei loro letti. I più grandi, invece, erano riluttanti ad andarsene e guardavano il cielo color pece.
« Ho detto- » iniziò il centauro, con tono serio e irremovibile, ma fu fermato dall’apparizione di un lampo di luce. 
Si è risolto tutto!, pensò Celsi, tirando un sospiro di sollievo. Chiaramente si sbagliava.
La luce proveniva da una figura che si dirigeva verso il Campo con grazia. Atterrò delicatamente, con le ali dorate spiegate. Tutti si resero conto che quella figura era effettivamente vestita di luce. Il suo vestito cambiava colore, seguendo il motivo dell’arcobaleno. 
« Divina Iride! » esclamò Chirone, flettendo le zampe equine per inchinarsi alla dea. I ragazzi presero esempio dal centauro, sconvolti da tutti gli eventi.
« Vi porto infauste notizie, » disse la dea. « il dio Apollo è scomparso e il carro del sole è stato rubato. »
« Com’è possibile? » chiese Chirone.
Iride si alzò di nuovo in volo. « È l’ascesa delle tenebre »



Pendragon's Notes


Salve bella gente! 
Benvenuti alla mia nuova fanfiction interattiva! 
Come ci si poteva aspettare solo da me l'idea è folleazzardata, ma, ricordate, yolo e quindi sì, eccomi qui!
Allora, andiamo un attimino con ordine, perchè sennò finisco con l'andare a parlare di lama, unicorni, procioni, caramelle e no, non mi sembra davvero il caso. First of all! Nel prologo abbiamo visto due personaggi: Celsi, simpaticissima indeterminata, e Michela Green, una carinissima figlia di Demetra. Queste due donzelle non sono di mia proprietà, infatti Celsi è il frutto della mente di una mia amica a cui avevo promesso il posto mentre Michela è un personaggio di _MikyCullen_ a cui anche avevo promesso il posto e quindi yup, ecco qui le vostre fanciulle :3
Ora veniamo agli affari *prende un  gatto e lo accarezza in modo sinistro*. Per questa fanfiction mi servono 8 guys, 8 piccoli semidei che voi creerete e che prenderanno vita tramite le mie ditina sadiche, 4 boys e 4 girls. Accetto un solo OC a persona, così come un solo OC per dio. Eddai, gli dèi sono infiniti, sono sicura che non ci saranno problemi uwu
Vi chiedo una cosa, però: non sparite dopo avermi appioppato il personaggio. Pretty please :3
Ora vi lascio la scheda da compilare per il vostro pargoletto!
Nome =
Cognome = 
Età =
Genitore divino e rapporti con egli =
Genitore mortale e rapporti con egli =
Aspetto fisico =
Carattere =
Poteri e abilità =
Arma e nome dell'arma =
Storia =
Ama = 
Odia =
Altro =
Prestavolto =


Ecco qua :3 
Aspetto le vostre partecipazioni! A presto!
Baci,
Pendragon 

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Cercando un po' di luce. ***


The rise of the darkness

Cercando un po' di luce
 


ì, rischiare di essere soffocato dalle coperte era decisamente un segno che la giornata sarebbe stata pessima.
Ma facciamo un piccolo passo indietro.
Dopo essersi svegliato - rigorosamente più di un’ora dopo le continue chiamate dei suoi fratelli - calciando via le coperte che avevano attentato alla sua vita quella notte, Harry si diresse in bagno, per darsi una lavata e, cosa più importante, riempire del suo sacrosanto gel i suoi capelli biondi.
Dopo aver approvato il suo aspetto allo specchio, agguantò l’arco ed uscì dalla cabina con un sorriso sulle labbra, anche se era un po’ deluso dal fatto di non poter fare colazione. Doveva prendere in considerazione l’idea di alzarsi un po’ più presto, la mattina.
Arrivato al poligono di tiro con l’arco trovò Caleb Collins, bendato, mentre una ragazza lo faceva girare su se stesso per poi mettergli in mano delle freccette. Il figlio di Tyche, confidando in sua madre, prese a lanciare varie freccette verso un bersaglio. Freccette che andarono tutte a segno, chiaramente.
« Questa sarebbe l’azione sconsiderata del giorno, eh, Caleb? » scherzò il figlio di Apollo, mentre l’altro si toglieva la benda e lo guardava con i suoi occhi marroni.
« Ma quale azione sconsiderata! Avevo tutto sotto controllo! » sorrise il figlio di Tyche, muovendo la mano con noncuranza. « E comunque, il giorno è ancora lungo! Chi lo sa che succederà? »
Ecco, la frase “il giorno è ancora lungo” portò sfortuna a tutto il mondo. Il che era comico, se si pensava che quelle parole erano uscite dalla bocca di un figlio della dea della fortuna.
Perché? Be’, tutto sprofondò nell’oscurità.
« Dicevi, Collins? » 
 
 
♦  ♦
 
 
a che accidenti è successo? » esclamò Ted Smith, dopo che intorno a lui tutto si era fatto buio proprio mentre pattinava. O meglio, insegnava a pattinare.
« Non lo so, Teddy, ma se rischiavo di uccidermi con la luce, ora che sono al buio puoi anche iniziare a farmi una lapide di ghiaccio. » disse Matt Stevenson, per poi pregare il suo amico figlio di Chione di far sparire il ghiaccio e quei pattini, sempre di ghiaccio, che aveva creato. Ted ascoltò molto distrattamente il figlio di Eos, agitando una mano e facendo sparire tutto. Sentì un tonfo, seguito da un imprecazione del suo amico, ma non se ne curò molto.
« Fa un po’ di luce, Matt. » ordinò, mettendo una mano sulla spada che portava sempre con sé, più per rassicurarsi che per usarla. In tutti quegli anni l’aveva usata si e no un paio di volte.
« Oh, sì, tranquillo, Teddy. Sto bene. » borbottò il figlio di Eos, facendo comparire tre palle di luce, che lasciò fluttuare davanti a lui.
 « Non chiamarmi “Teddy”. » intimò il figlio di Chione. « Cos’è quella luce? » chiese poi, guardando davanti a sé.
« Direi una delle piccole torce fluttuanti che ho creato. » rispose Matt.
« Idiota, quella. » sbuffò Ted, indicando davanti a sé e scuotendo il capo.
« Oh, ma certo! Quella! » esclamò allegro il figlio di Eos.
« Sai cosa è? » Ted aggrottò le sopracciglia scure. Come faceva a saperlo se era lì con lui?
« Ma certo che no! »
Cavolo, ma come faceva ad essere il suo migliore amico? Aveva costantemente voglia di trasformarlo in una bella statua di ghiaccio e buttarlo nel Pacifico!
« Andiamo a vedere, che è meglio. »
 
 

 

 
elsi si chiese perché mai  gli dèi non volevano farle fare scherzi. Voleva solo liberare delle locuste sui campi dei figli di Demetra, capirai che scherzo. Con l’aiuto dei figli di Ecate aveva persino stregato le locuste, in modo tale che non distruggessero nulla, ma facessero prendere solo uno spavento ai figli della dea dell’agricoltura.
Invece, a quanto pare, Apollo era stato scaraventato gli dèi solo sanno dove – o forse no – e il buio le aveva impedito di fare lo scherzo, costringendola ad andare in giro per il Campo a cercare delle fiaccole per avere un po’ di luce. L’unica luce che guidava lei e altri tre ragazzi era una tenue luce violacea fatta da un figlio di Ecate, che aveva evocato una fiammella.
Seguendo quel fuocherello viola, arrivarono ad un capanno dove i semidèi lasciavano varie cianfrusaglie quando non servivano. A detta di Chirone, lì si potevano trovare quelle grandi fiaccole per fare un po’ di luce.
Dopo che Harold, il suddetto figlio di Ecate, aprì la porta, Celsi notò in quella luce fioca una strana ombra sulle pareti, che aveva un che di minaccioso. La ragazza dai capelli rossi, però, mise su un sorrisetto furbo, intercettando, quasi per sbaglio, lo sguardo di Anouk Goddess, una figlia di Nyx, che stava osservando l’ombra a sua volta. Tra le due ci fu un’intesa silenziosa.
Forse c’è ancora speranza, per uno scherzo, pensò Celsi.
« Per l’Olimpo! » strillò Celsi. « Cos’è quello?! »
Francis Stan, figlio di Nike, e Harold Evans videro l’ombra “minacciosa” e sgranarono gli occhi, portando immediatamente le mani sulle armi.
« Pronti a combattere! » gridò Francis. « Siamo sotto attacco! »
Celsi sentì in lontananza rumori di altri ragazzi che si agitavano e correvano a prendere le armi ma, prima che anche solo un rinforzo arrivò, si sentì un cagnolino abbaiare. Il fuocherello viola illuminò un piccolo volpino che posò le zampe sulle gambe di Celsi, abbaiando felice. Le ragazze risero, mentre i due uomini – che sarebbero poi passati alla storia come quelli che se la fecero sotto per un volpino – maledicevano le due in greco antico.
 
 
♦  ♦
 
 
nouk, dopo lo scherzo improvvisato con Celsi, aveva iniziato a sistemare le fiaccole e accenderle insieme ai figli di Efesto, che erano grati alla ragazza per la sua voglia di aiutarli.
Nonostante fosse figlia della dèa della Notte, Anouk non poteva fare a meno di trovare sollievo in quella luce artificiale.
In quella completa oscurità, sentiva la presenza di sua madre sulla sua pelle, cosa che no, non le faceva piacere, le metteva i brividi. Aveva sempre nutrito un certo terrore nei confronti di sua madre, e quel buio non faceva altro che aumentarlo.
Che ci fosse lei dietro tutto questo?
Era possibile, ma non aveva questa sensazione. Credeva che dietro questo ci fosse qualcosa di peggio di Nyx.
Resa ancor più nervosa da quel pensiero si morse le labbra rosse mentre accendeva la terza fiaccola, per poi voltarsi di scatto dopo che una mano si era posata sulla sua spalla. Riconobbe il viso di Lily Jackson, figlia di Poseidone, che le sorrideva dolcemente.
« Ciao, An. »  disse Lily, aprendo le braccia per accogliere la figlia della dea della Notte.
Anouk, che quando si parlava di essere coccolati sembrava una bambina la mattina di Natale, si fiondò fra le braccia dell’amica, dimenticandosi per un po’ dell’oscurità.
« Ciao, Lils. »  rispose Anouk. Quando sciolsero l’abbraccio, la figlia del dio del Mare si guardò intorno.
« Certo che è proprio una bella atmosfera, questa. » scherzò Lily.
Anouk fece un sorriso e guardò il cielo nero, senza nemmeno una stella. « Meravigliosa, oserei dire. »
Lily concordò scherzosamente, per poi avanzare una proposta.
« Ti va di venire a bere una cioccolata nella mia cabina? Tanto per rilassarci e non pensare a questa catastrofe. » 
Ho decisamente bisogno di distrarmi, pensò la figlia di Nyx.
« Posso inzuppare i pop corn nella cioccolata? » chiese, con tono serio.
« Cosa? » Lily scoppiò a ridere, prendendo sottobraccio l’amica e avviandosi verso la sua cabina.   
 
♦  ♦
 
 
èrard, quando l’oscurità era calata, era corso a rinchiudersi nella sua cabina, sedendosi sul letto per stare da solo e pensare, dato che arrampicarsi su un albero era fuori discussione.
Pensava a quella notte, tempestata come sempre da incubi. Questo era molto peggio degli altri, però. Aveva un che di molto realistico e, se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire la voce di quell’essere, una cosa così orrenda che non si poteva descrivere.
Salve, piccolo figlio di Atena. Sei venuto ad ammirare colui che ti ucciderà?
Quella frase continuava a risuonarli nelle orecchie, gelandogli il sangue nelle vene.
Sappiate che io sono ovunque, in ogni angolo. Io conosco ogni vostra debolezza, ogni vostra paura. Battermi sarà impossibile, per voi.
Gèrard richiamò tutta la sua conoscenza, perché scoprire di più sulla situazione era diventato l’attuale scopo della sua vita.
Tenete d’occhio l’oracolo, Mezzosangue. Potrebbe parlare.
E poi rise.
Il figlio di Atena scosse forte la testa, cercando di togliersi quella risata dai suoi pensieri. Chiaramente era solo un gesto istintivo, che non funzionò per niente.
Metà di voi saranno già morti, prima di arrivare a me. Siete senza speranza.
« Ma si può sapere chi sei?! » gridò esasperato Gèrard.
Non aveva intenzione di dirlo ad alta voce, ma purtroppo non si controllò.
« Dunque, vediamo. Sono tuo fratello. » disse una voce, seguita dalla porta che si chiudeva. Gèrard vide Anthony guardarlo confuso.
« Piantala. » borbottò con la sua solita acidità.
« Ma- » provò a protestare il fratello.
« Stai zitto. »
Quell’ordine non era tanto per la battuta che aveva fatto Anthony, ma più che altro per uno strano rumore che sentiva in lontananza, come se qualcuno stesse battendo forte contro qualcosa.
 


Pendragon's Notes

Bene, semidei, eccoci qua con il primo capitolo di questa nuova avventura!
Innanzi tutto: grazie per aver partecipato! Mi fa davvero piacere che il prologo vi abbia spinti a partecipare :3
Grazie anche per avermi mandato dei personaggi così carucci *^* già in questo capitolo iniziamo a conoscerne qualcuno, ovvero:
 
Harry Blake, il figlio di Apollo di Sabaku No Konan Inuzuka;
Ted Smith, il figlio di Chione di The Reckless Angel;
Celsi, l’Indeterminata di cui sicuramente conosciamo già il genitore divino, della mia amica;
Anouk Goddess, la figlia di Nyx di _Littles_;
Gèrard Fernandez, il figlio di Atena di devilenemies.
 
Vi sono piaciuti? :3
E a voi, somme menti che hanno creato certe meraviglie, chiedo: sono stati resi secondo il vostro gradimento? Spero vivamente di sì!
Be’, iniziano a succedere cose strane o, meglio, ancora più strane e… ne vedremo delle belle!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e, se vi va, lasciatemi una recensione dove mi fate sapere la vostra opinione!
Vi do appuntamento al prossimo capitolo con nuovi personaggi e nuovi casini!
Baci,
 
Pendragon 

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Capitolo 3
*** Capitolo II: Il Campo viene attaccato ***


The rise of the darkness

Il Campo viene attaccato
 
 


elene si chiese quando Tyche si sarebbe data una mossa, mettendo fine a quella serie di sfortunati eventi.
Poco prima il mondo cade nell’oscurità più  totale, poi un esercito di Lestrigoni e Dracene assetati di sangue semidivino stavano prendendo a calci e pugni la barriera.
Non si era preoccupata più di tanto, la barriera aveva sempre retto senza problemi, almeno fino a quando Michela Green non aveva fatto sapere a tutti che la barriera iniziava a creparsi. Ci fu il panico generale e i semidei corsero a destra e a manca a prepararsi per l’imminente battaglia.
La figlia di Zeus strinse il suo arco bianco. Stava progettando di salire su un albero e attaccare dall’alto gli invasori, ma qualcuno venne in suo aiuto dandole un’idea migliore: Xanthos, il suo pegaso.
« Ciao, bello. » disse, accarezzandolo.
« Che bel cavallo! » esclamò una voce. Selene si voltò, vedendo un ragazzo circondato da tre sfere di luce. Lo riconobbe subito: Matt Stevenson, colui che nel giro di cinque secondi era entrato nella sua lista nera. Il figlio di Eos si avvicinò per accarezzare il cavallo e Selene estrasse subito una freccia dalla faretra e la incoccò. « Non toccare il mio pegaso. » disse risoluta.
Matt fece un salto indietro. « Calmati, Sel. » disse il ragazzo.
« Selene, per te. » borbottò la figlia di Zeus.
« Matt, vieni qui ad aiutarmi piuttosto che inquinare il mondo con il tuo essere irritante! » quel ragazzo salvò Matt.
« Sempre gentile, Teddy. Arrivo. » sbuffò il figlio di Eos, allontanandosi da Selene e Xanthos.
Osservò quello stupido ragazzo finchè non sparì dalla sua vista, poi ritornò ad accarezzare Xanthos. Sentì un rumore raccapricciante, come di vetri che si infrangono, e capì che era il momento di attuare la sua strategia. Saltò in groppa al pegaso e disse: « Entriamo in gioco noi, bello. »
 
♦  ♦
 
aniel era arrivato da poco al Campo Mezzosangue, desideroso di conoscere un po’ meglio il modo di fare dei Greci. Erano veramente simpatici, a dire il vero. Aveva conosciuto una sua sorellastra, Lily Jackson, una ragazza molto dolce e simpatica.
Avrebbe gradito un soggiorno tranquillo più duraturo ma, a quanto pare, non era possibile.
Appena la barriera si ruppe, Daniel corse con sua sorella verso il punto dove si erano schierati tutti i semidei, stringendo forte Tsunami, la sua spada. I mostri correvano contro i semidei, che si lanciavano all’attacco distruggendoli, uno ad uno. Sembravano avere la meglio, e questo rincuorò il figlio di Nettuno.
Si tuffò nella mischia senza esitare ulteriormente, uccidendo dracene su dracene. Lily era accanto a lui che lo aiutava. Era molto brava a combattere, ma Daniel non riusciva a non pensare al fatto che, da un momento all’altro, potesse essere uccisa. Anche se l’aveva conosciuta da poco era pur sempre sua sorella, non voleva perderla.
« Dan! Attento! » strillò Lily, impegnata con una dracena.
Il ragazzo si voltò per trovare un Lestrigone che stringeva una lancia – l’aveva vista agli allenamenti, quella lancia… - e stava per trafiggerlo. Prima che potesse reagire, il Lestrigone si dissolse in polvere giallognola. Daniel vide una freccia, probabilmente quella che lo aveva salvato, ed una ragazza in groppa ad un pegaso che lanciava frecce molto velocemente.
Si appuntò mentalmente di ringraziare quella ragazza prima di tornare ad uccidere qualche mostro.
Mentre combatteva cercò di avvicinarsi sempre di più al bosco, dove sapeva di trovare un ruscello. Appena fu abbastanza vicino da sentire l’energia dell’acqua, utilizzò i suoi poteri e intrappolò tre Lestrigoni ed una Dracena in un tornado d’acqua. Qualcuno, poi, pensò bene di assicurarsi che quell’allegro quartetto fosse morto al cento per cento, scagliando quattro frecce. Il ragazzo aveva i capelli bianchi. Non lo conosceva, ma lo aveva visto fare cose assurde quando ancora c’era il sole.
Neanche il tempo di riprendere fiato che già altri quattro Lestrigoni li furono addosso. Questi erano sorprendentemente veloci e forti e Daniel sarebbe morto di certo, se non fosse stato per un’onda che scaraventò via i mostri.
« Non c’è di che, fratello! » disse Lily, andando ad aiutarlo.
 
♦  ♦
 

ncarnation ci aveva preso gusto a liquefare i mostri con le sue palle di fuoco nero. Oppure a sommergerli di morti pronti a combattere.
Sì, si stava decisamente divertendo.
Certo, usare i suoi poteri la stava sfiancando, ma non lo avrebbe mai dato a vedere.
Una dracena dall’occhio particolarmente allentato la provocò, intimandole di arrendersi e offrendole una morte indolore. La figlia di Ade, tuttavia, si limitò a scagliare un’altra palla demoniaca.
« Encarnation non si arrende mai. » mormorò, dopo aver distrutto la mostruosa avversaria.
Si voltò a destra, vedendo Gèrard Fernandez un po’ in difficoltà. Cacciò uno dei suoi pugnali, Nukpana, e lo scagliò verso il mostro che stava dando filo da torcere al figlio di Atena.
Gèrard si voltò verso la ragazza.
« Avevo tutto sotto controllo. » le disse.
« Uomini. » si limitò a dire la figlia di Ade, mandando uno spettro a prendere il suo pugnale per concentrarsi meglio sulla battaglia. Non poteva certo pensare a quell’idiota del suo ex, adesso.
Mentre le sue forze iniziarono a venire meno, Encarnation notò che i vari invasori iniziavano ad allontanarsi, uscendo dal Campo piano piano.
La testa le scoppiava e non capiva bene cosa stava succedendo e perché stava succedendo. Di certo quei mostri non erano tipi da arrendersi.
Sedendosi, o meglio accasciandosi a terra la figlia di Ade osservò il Campo vuoto da nemici.
« Abbiamo vinto? » chiese a nessuno in particolare.
Una voce femminile le rispose. « Definisci “vinto”. »
 
♦  ♦
 
abriela Suarez aveva sollevato da terra Encarnation Muerte, che si reggeva a stento in piedi. Infilò la mano in tasca cacciando un po’ di ambrosia per poi offrirla alla figlia di Ade.
« Dovresti riposare ed evitare di usare così spesso i tuoi poteri. » la rimproverò Gabri.
« Wow, non sapevo fossi figlia di Apollo. » rispose Encarnation, addentando l’ambrosia e recuperando un po’ le forze.
« Non serve essere figli di Apollo per notare queste cose. » disse Gabriela, mettendosi una ciocca dietro l’orecchio. « Va in infermeria. » le suggerì.
« Me la caverò. » e se ne andò. Gabriela la osservò allontanarsi con le mani sui fianchi, scuotendo la testa in disappunto.
Accanto a lei comparve suo fratello, facendole prendere un colpo.
« Fran, non puoi renderti sempre invisibile e spaventarmi in questo modo. » e con questo diede un pugno al suo gemello.
« Gabri, con questo buio non è necessario rendersi invisibili. » puntualizzò Francisco. Lei ci pensò su e poi annuì.
« Stai bene? » chiese poi Francisco, guardando Gabriela che aveva uno sguardo assente.
« Secondo te, Fran? Hai visto cosa è successo. Questo è solo l’inizio. » spiegò la figlia di Afrodite.
« Ce la caveremo come ce la siamo cavata oggi. »
Gabriela spinse lo sguardo fin dove poteva nel Campo, vedendo solo la distruzione causata dalla battaglia, ragazzi feriti che venivano caricati su delle barelle dai figli di Apollo e, il peggio del peggio, ragazzi morti.
Non voleva contarli, ma non erano pochissimi.
Le si strinse il cuore e si morse il labbro, chiudendo gli occhi per non vedere simile scempio.
Senza neanche rendersene conto si stava allontanando da quella zona.
« Dove vai? » le urlò il fratello.
« Ad aiutare i figli di Apollo. Nella cabina. Non lo so. »
 
♦  ♦
 
Michela era corsa da Rachel Elizabeth Dare subito dopo che i Lestrigoni e le dracene se ne erano andati.
Aveva capito che era il momento di intervenire con un’impresa, era inevitabile.
Entrò piano nella grotta dell’Oracolo, trovandola vuota.
« Rachel, ci sei? » chiese. Nessuno rispose, ma lei continuò ad addentrarsi, ammirando i disegni sparsi qua e la. In genere non amava curiosare fra le cose altrui, ma era troppo nervosa, curiosa e spaventata, in quel momento per seguire la sua etica.
In un disegno undici ragazzi erano raffigurati di spalle. Era sicura che, fra una ragazza bassa dai capelli rossi e una ragazza dai capelli castani e biondi ci fosse lei.
In un altro disegno, una figura avvolta in un mantello rosso sangue e con il viso oscurato teneva legato un carro in un abisso e, nel foglio seguente, sempre la stessa figura era inchinata davanti ad una figura fatta d’oscurità, dai lineamenti indistinguibili, che stringeva qualcuno in mano.
« La luce dal mondo è stata rubata, ora l’oscurità regna incontrastata »
Michela sobbalzò lasciando cadere i disegni.
« Rachel! » esclamò. « Scusami, non volevo curiosa- »                  
« Il sacrificio che le tenebre necessitano per regnare è l’impresa che i Mezzosangue a termine dovranno portare.
I Prescelti in cuor loro sanno che dovranno partire e i dolori più atroci dovranno patire.
Il figlio del Sole e la figlia del messaggero il dio perduto dovranno ritrovare ma i loro numerosi compagni non li potranno aiutare.
La prole del cielo, della terra e del mare il carro rubato dovranno recuperare.
I figli della saggezza, del gelo e della luce affronteranno la dea dal viso truce.
Infine i primi che il Re affronteranno alla colomba, alla Notte e alla natura apparterranno.
Se validi saranno e le paure sconfiggeranno il loro sangue intatto conserveranno.
Se dalla paura si faranno catturare il loro sangue dovranno essere pronti a versare e a quel punto l’oscurità non si potrà fermare.  »
Rachel cadde a terra e Michela corse a soccorrerla, scioccata da quella profezia, pericolosamente dettagliata.
« Chirone. » disse Rachel, aprendo piano gli occhi. « Tu sai chi sono… chi sono gli altri. Vai da Chirone. »
 
♦  ♦
 
ed, se fai il bravo ti regalo un ghiacciolo, ok? » disse Matt, cercando di fasciare le ferite del figlio di Chione.
« Se non chiudi il becco ti trasformo io in un ghiacciolo. » sibilò Ted, fulminando con lo sguardo il figlio di Eos.
« Lo so che vorresti essere curato da un attraente figlio di Apollo in un infermeria, ma dovrai accontentarmi di un adorabile figlio di Eos nella cabina ventidue. » replicò Matt, sorridendo.
« E dove sarebbe questo adorabile figlio di Eos? »
« Ah-ah, che simpatico. Teddy, ammetti la tua cotta per me e falla finita. » provocò Matt, sorridendogli furbo.
« Senza offesa, ma preferirei buttarmi nel Tartaro masticato pian piano da una Chimera piuttosto che stare con te. » disse Ted, scuotendo la testa.
Matt rise, finendo di fasciare il braccio del suo amico. « Et voilà! » disse Matt, riponendo tutti gli strumenti nella cassetta di pronto soccorso. « Sei stato un bravo bambino. » lo lodò Matt, accarezzandogli il capo.
Ted non parlò neanche, si limitò a sospirare e borbottare qualche insulto verso il suo migliore amico.
I loro momenti di profondo amore vennero interrotti da qualcuno che bussava insistentemente alla porta. Matt andò ad aprire, passandosi una mano fra i capelli verdi, e si ritrovò davanti Michela Green, Gèrard Fernandez e Harry Blake.
« Michela, potrei denunciarti per disturbo della quiete pubblica. » scherzò Matt, mentre Ted compariva dietro di lui.
« O disturbo ad altre cose. » mormorò il figlio di Atena. Matt fece appena in tempo a spingere Ted dentro la cabina per poi uscire completamente e chiudere la porta, risparmiando a Gèrard di diventare l’iceberg di Titanic.
« Allora, che succede? » chiese il figlio di Eos con le mani sui fianchi.
« Profezia. Impresa. Prendi Ted e vieni. » disse velocemente, per poi dirigersi di corsa verso un’altra casa.
Matt guardò confuso gli altri, e Harry prese parola.
« Praticamente dobbiamo andare nella Casa Grande perché una profezia è stata pronunciata e Michela sa chi sono gli eroi menzionati. » disse velocemente.
Matt annuì e aprì la porta. « Teddy, è richiesta la nostra presenza. »



Pendragon's Notes

Buona sera, gente ♡
Allora, pensavo di non riuscire ad aggiornare oggi, ma l’enorme insistenza di una mia amica mi ha spinta ad aggiornare oggi quindi… sì, se sono qui a rompere le palline è colpa sua u.u
Ma non perdiamoci in queste inutili chiacchiere!
Vi piace il capitolo? Io non ne sono particolarmente soddisfatta, ma sai che novità! :D
Spero di aver reso anche questi personaggi come immaginavate! E a proposito di personaggi, riassumiamoli un po’ :3

Selene Winchester, figlia di Zeus di Kallyope;
Daniel Helcott, figlio di Nettuno di Jennifer Daylerk;
Encarnation Muerte, figlia di Ade di Malfoy_Zabini_Nott;
Gabriela Suarez, figlia di Afrodite di ChicaCate94;
Michela Green, figlia di Demetra di MikyCullen;
Matt Stevenson, figlio di Eos di riordansideas.
 
Carucci *--*
Inoltre, mi sembra giusto dare merito ai bellissimi Caleb Collins, figlio di Tyche, e Lily Jackson, figlia di Poseidone u.u
Saranno anche secondari, ma sono meravigliosi :3
Poi… poi…AH! La profezia. Non so che cosa ho scritto, giuro D: non è assolutamente il mio massimo, potevo fare di più :\ Spero vi sia piaciuta comunque, però :3
A brevissimo inizierà l'impresa vera e propria, con azione e sofferenza. Tanta sofferenza. So che non aspettate altro 

Ora scappo! Come al solito vi invito a lasciarmi una recensione e ringrazio chi me l'ha lasciata nello scorso capitolo. Siete l'amore :3
A presto!
Baci,

Pendragon 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III: L'attacco delle Ombre ***


The rise of the darkness

L'attacco delle ombre


Harry Blake

 

arry era appena entrato nella Casa Grande insieme a Ted, Matt e Gèrard dato che c’erano delle novità. A quanto pareva l’oracolo aveva parlato, il che significava solo una cosa: un’impresa.
Aveva quasi trafitto un suo fratello mentre tirava con l’arco quando Michela gli era arrivata alle spalle esordendo con un “dobbiamo parlare”. Nessuno le aveva insegnato a non arrivare alle spalle di un ragazzo armato?
Alcuni ragazzi erano già sparpagliati per la sala, in attesa dell’inizio della riunione speciale. Il figlio di Apollo notò che, oltre ai semidei, c’era anche Rachel, il loro oracolo, che in quel momento sembrava una bambina, dato che era seduta per terra e su un foglio stava passando ripetutamente la matita, creando un disegno che, molto probabilmente, le era stato suggerito dallo spirito di Delfi. Si sedette sul divano, accanto ad Anouk Goddess, e la salutò, donandole un sorriso.
« Che giornata radiosa, non trovi? » scherzò Harry.
Anouk rise. « Meravigliosa. »
« Hey, » li richiamò Ted. « Noi avremmo intenzione di parlare di un’impresa in cui, a quanto sembra, siete coinvolti anche voi due. Smettetela di fare i piccioncini e, di grazia, prestateci attenzione. »
Harry mormorò un « Parla proprio lui di piccioncini. » forse non lo disse così a bassa voce, dato che il figlio di Chione gli rifilò un’occhiata che avrebbe fatto congelare anche un fuoco ardente. Letteralmente. 
Chirone si voltò verso Michela, e la incitò a farsi avanti e poi, sempre con lo stesso sguardo, guardò Rachel, che lasciò la matita per terra e si alzò, affiancando Michela.
« Allora, » iniziò il centauro: « Volete condividere con noi ciò che sapete? » 
La figlia di Demetra guardò l’oracolo, come a chiederle chi dovesse cominciare.
« Prima Michela è venuta a trovarmi e, appena l’ho vista, l’oracolo ha cominciato ad agitarsi ed ho pronunciato una nuova profezia. » disse. « Questa profezia è… be’, più precisa del solito. Assegna ad ognuno i rispettivi compiti. Ad esempio, dice che un figlio del dio perduto e una figlia del messaggero ritroveranno questo dio. »
« In più, l’oracolo mi ha detto che io ero a conoscenza dell’identità dei prescelti e, be’… ecco perché vi ho chiamati. »
Tutti si guardarono, rendendosi conto solo in quel momento che cosa gli aspettava.
La salvezza di mio padre è nelle mie mani?, pensò Harry, che in quel momento si sentiva come se un grosso macigno gli fosse piombato sulle spalle e lo stesse pian piano schiacciando. Era una grande responsabilità.
La figlia di Nyx probabilmente interpretò il suo stato d’animo e allora posò una mano pallida sulla spalla del ragazzo, che la guardò con i suoi occhi azzurri pieni di gratitudine.
« Come continua la profezia? » chiese Celsi. Harry si rese conto solo allora che la giovane non era ancora stata riconosciuta. Perché era stata chiamata? Passò in rassegna tutti i presenti e poi si rese conto che nessuno apparteneva al “messaggero”, ovvero Hermes. Perciò Harry ipotizzò che dovesse essere lei quella che avrebbe salvato Apollo insieme a lui, e pertanto si trattava di una figlia di Hermes. 
Tutto torna, constatò Harry.
Rachel si schiarì la voce e cominciò a spiegare cosa diceva la profezia, indicando uno a uno i vari ragazzi che nominava sotto il titolo di “figlio della saggezza” “figlia della terra” e altri.
« Avrei preferito una profezia meno esplicita. » disse Daniel.
« Ci sono un po’ di punti poco chiari, comunque. » notò Gèrard. « Ad esempio, chi sarebbe questa dea dal viso truce? E questo Re? »
Harry si mise a pensarci, era davvero una domanda difficile.
« Per quanto mi riguarda la dea potrebbe essere quella vecchia arpia di Hera. » sentenziò Encarnation, picchettando l’indice e il medio sul ginocchio. Harry fece un mezzo sorriso.
« Certe cose si scoprono solo vivendole. » disse Matt, assumendo un’aria pseudo-filosofica.
« Wow, sei proprio utile. » sbuffò Selene.
« Dai ragazzi, non iniziate. » implorò Gabriela. 
Harry lanciò uno sguardo a Chirone, che se ne stava zitto zitto in disparte, senza dire nulla, accarezzandosi la barba castana e fissando gli occhi millenari su un punto imprecisato del pavimento. Non ci voleva molto a capire che, molto probabilmente, Chirone aveva qualche sospetto. Qualche sospetto che, però, non voleva condividere con nessuno dei presenti. 
Il figlio di Apollo, allora, determinato nell’estrapolare qualche informazione dal centauro, parlò, mettendo fine al brusio che si era venuto a creare dai semidei che discutevano.
« Conosco quello sguardo, Chirone. Cosa ci stai nascondendo? » dopo quella domanda, tutti i semidei si voltarono a guardare il centauro, che alzò la testa e guardò il ragazzo spaesato.
« Nulla, stavo solo pensando. » si difese il centauro.
« Tu conosci le risposte alle nostre domande, non è vero? » a parlare questa volta fu il figlio di Nettuno, che però usò un tono più garbato di quello di Harry. Non che il figlio di Apollo fosse stato così maleducato, poi.
Chirone sospirò. « Ho solo un ipotesi. »
« Chirone, anche solo questa tua ipotesi potrebbe aiutarci. Per favore. » chiese piano Anouk.
« D’accordo, » disse il centauro, messo ormai alle strette. « Solo pronunciare il suo nome mi causa un profondo sgomento, ma… quanto ne sapete sugli dèi primordiali? »
Siamo fregati, pensò Harry, appena sentì “dèi primordiali”. Erano entità potentissime, a suo avviso, come potevano undici semidei a caso sconfiggerne uno? Sarebbe stata un suicidio. Poi, però, si ricordò che la missione comprendeva anche il salvataggio di suo padre a cui, nonostante non fosse stato esattamente il padre dell’anno in sedici anni di vita, teneva, e ora, proprio quando aveva bisogno di lui, non poteva abbandonarlo.
« Sta scherzando, spero. » disse Celsi con una nota di nervosismo nella voce.
« Vorrei tanto, Celsi. Vorrei tanto. » biascicò Chirone.
« Ma è impossibile! » protestò Gabriela.
Ted guardò Gabriela e, con il suo solito tono di voce, un misto fra il seccato e l’altezzoso, disse « Nessuno ha mai detto che sarebbe stato semplice, principessina. »
« Ma quale dio primordiale, Chirone? » continuò la figlia di Afrodite, ignorando il commento del ragazzo.
« Credo sia abbastanza palese. » sussurrò Anouk sovrappensiero. 
Harry la guardo, in cerca di spiegazioni, ma, prima che la figlia di Nyx potesse aprire bocca, qualcuno fuori urlò « Alle armi! »
Gli Undici saltarono in piedi, precipitandosi verso la finestra per vedere cosa stesse succedendo. Sentivano i rumori della battaglia e, grazie alla luce delle fiaccole, vedevano anche i loro compagni combattere, ma non vedevano nemici.
« Quanti attacchi ci sono, oggi?! » esclamò Selene, staccandosi dalla finestra per dirigersi verso la porta.
« Chi ci sta attaccando, più che altro! » disse Harry, seguendo la figlia di Zeus. In men che non si dica, tutti erano fuori, che si guardavano intorno cercando gli aggressori.
« Ma sono invisibili! » esclamò Celsi, tenendo saldamente in mano il suo boomerang. 
Gèrard lanciò un urlò. Harry si voltò e lo vide per terra, mentre veniva trascinato lontano da loro. Una palla di luce volò oltre il figlio di Atena e colpì chiunque lo stesse tenendo. 
« Che cos’era?! » chiese.
« Sono… sono le ombre! Siamo attaccati da delle… ombre! » esclamò Anouk, prendendo il suo pugnale.
« E come accidenti le facciamo fuori le ombre? » chiese Daniel nervoso.
« Con la luce! » esclamò Harry. « Matt, raduna i tuoi fratelli, subito. » il figlio di Eos obbedì, correndo a cercare i suoi fratelli. « Noi cerchiamo di non farci sopraffare. »
« Tenete. » disse Ted, dando a ciascuno una fiaccola. 
Harry si sentì afferrare il braccio ed una strana sensazione di gelo lo avvolse. Fortunatamente fu rapido nell’illuminare quella zona, e vide anche una strana figura dagli occhi di un color rosso spento che lo lasciò soffiando infastidito.
« Se vedete dei piccoli luccichii rossi, attaccate. » avvisò Harry.
Tutti fendevano l’aria con le fiaccole, allontanando quegli esseri spaventosi. Quella più avvantaggiata era Anouk, che grazie ai suoi poteri da figlia di Nyx riusciva a controllare le Ombre e a distruggerle, ma non poteva andare avanti a lungo. 
Il figlio di Apollo tirò un sospiro di sollievo quando vide numerose sfere fatte di luce sfrecciare nel Campo e disintegrare gli oscuri nemici. Purtroppo, però, ne arrivavano sempre di nuovi. Stava per arrendersi al pensiero che non sarebbero sopravvissuti a quell’attacco, anche perché notava numerosi ragazzi in difficoltà, feriti o- no, non voleva pensarci. All’improvviso arrivò qualcuno ad aiutarli.
Una figura alata stava scendendo dal cielo, illuminando tutto intorno a loro. Le Ombre sibilarono e si disintegrarono, lasciando dei leggeri stampi della loro forma sul terreno. Harry non era mai stato tanto felice di vedere la dea dell’arcobaleno, perché solo di lei poteva trattarsi.
Iride atterrò davanti ai ragazzi con grazia. Poi, dopo essersi guardata intorno, disse « Sta iniziando. Ormai l’inizio è prossimo. Vi siete attardati! Dovete partire. Subito. »
Detto questo, senza aspettare risposte, si alzò in volo e sparì.
Stupidi dei criptici, si disse Harry, passandosi una mano fra i capelli biondi, che erano appiccicati alla fronte a causa del sudore. Devo rimettere il gel, decise, dimenticandosi per un attimo della situazione.
A risvegliarlo dai suoi pensieri fu una voce maschile, che parlava con il fiatone. Matt Stevenson. « Che mi sono perso? »





Pendragon's Notes

'Sup people? Sono tornata! Capitan Ovvio mode on
Non so se lo avete notato, dato che è una cosa così poco ovvia, il capitolo è, interamente, sotto il pov di Harry Blake perchè, sì, ho deciso di fare un pov a capitolo, così da impersonarmi meglio nei vari OC :3
Ora... il campo è stato attaccato. Again. Mai na gioia e mai 'nmomento de pace per 'sti sfigati. Che mafia! Tra l'altro sono stati attaccati dalle ombre, quindi proprio sfiga level: over 90000. Come si fanno a far fuori le ombre definitivamente? E chi lo sa!
Nico: Tu lo sai.
Forse.
Be', direi che i nostri amichetti, dopo aver spiegato per bene cosa è successo a Matt, devono necessariamente partire per l'impresa, prima che succeda qualcosa di molto, molto più brutto *ride sadicamente*
Nulla, spero che il capitolo vi sia piaciuto :3 
Vi invito a lasciarmi una recensione, come al solito, e grazie di seguirmi e farvi sentire. Vi amo!
Vado, ora uwu
Baci,

 
Pendragon 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: Ipotetici alberi genealogici e dee inquietanti. ***


The rise of the darkness

Ipotetici alberi genealogici e dee inquietanti


Ted Smith

 
 

« Che mi sono perso? » 
Non cambierà mai, pensò Ted quando vide il figlio di Eos piombare davanti a lui e gli altri con il fiatone. 
« Un deus ex machina più che letterale. » rispose Ted mettendo le mani nelle tasche dei jeans e guardando il suo migliore amico negli occhi.
« Per non parlare del fatto che, prendendocela con comodo, abbiamo reso la fine del mondo ancora più imminente. » aggiunse Encarnation giocando con uno dei suoi pugnali.
« Oh. » rispose Matt. « Niente di importante, perfetto. » si strinse nelle spalle e sorrise ai compagni, passandosi una mano fra i capelli verdi. Il figlio di Chione lo guardò alzando un sopracciglio e scosse il capo.
« Invece di sparare cretinate potresti andare a prepararti, deficiente. » borbottò e voltò le spalle a tutti, dirigendosi a testa alta e passò veloce verso la sua cabina. 
Il suo amico, che non perdeva mai l’occasione di importunare qualcuno, lo seguì allegro e, una volta raggiunto il fianco del semidio, si mise una mano sul cuore e disse: « Aw, Teddy. Le tue parole mi scaldano il cuore! »
« Io te lo congelo quel cuore. » rispose bruscamente Ted.
« Come Elsa con Anna in Frozen! Ci pensi che Elsa potrebbe essere tua sorella? Saresti imparentato con un personaggio fantastico! E Jack Frost potrebbe essere tuo fratello! »
« Matt… » disse piano il figlio di Chione in tono di avvertimento.
« E magari siete figli di Re Ghiaccio e Chione! Oh, ora tutto ha un senso! » continuò il figlio di Eos, iniziando a snocciolare tutto un possibile effettivo albero genealogico di Ted. Quest’ultimo, esacerbato da quel chiacchiericcio senza fine, alzò la mano e la puntò verso Matt, ricoprendo la zona delle labbra con uno strato di ghiaccio.
« Non sei mai stato tanto bello! » esclamò Ted, ringraziando il cielo per quell’attimo di silenzio. Vide una luce accanto a lui e poi di nuovo un suono fastidioso.
« Nah, credo che con le mie labbra versione non-polaretto il mio fascino si alzi di almeno dieci punti! » rise Matt, e mise un braccio intorno alle spalle dell’altro. « Dai nanerottolo, devi ammetterlo che così sono molto meglio! » 
« Sai come saresti davvero bellissimo? » disse Ted, fermandosi a squadrare il ragazzo. 
« Sentiamo. » rispose curioso il figlio di Eos.
« Versione statua di ghiaccio, con un’ancora intorno al collo abbandonato sul fondo dell’Oceano Pacifico. Guarda, saresti meglio di Brad Pitt! » rispose Ted.
« E tu sai come saresti bello? » ribatté Matt. Il figlio di Chione guardò l’amico con un sopracciglio alzato.
« Con un sorriso sulle labbra, per una volta. Hai davvero un bel sorriso. » disse Matt, serio per la prima volta in tutta la sua vita. Ted cercò di non arrossire e di guardare altrove. Il figlio di Eos rise e diede una leggera spinta all’amico. « E dopo questo momento, assolutamente no homo, ti saluto e vado a preparare l’occorrente per il viaggio. Adieu! »
Ted guardò il suo amico allontanarsi per poi sparire nella sua cabina. Rimase fermo per un po’, poi scosse il capo ed entrò nella sua cabina, iniziando a fare mente locale di quello che gli sarebbe servito in quel pericoloso viaggio.
Il figlio di Chione realizzò che lui, Gèrard e quell’idiota di Matt avrebbero dovuto affrontare una dea dal viso truce, di cui l’identità era sconosciuta tutti. Come avrebbero potuto pensare di sconfiggere un nemico sconosciuto? Di certo rivolgersi agli dèi sarebbe stato inutile, erano un mucchio di immortali che parlavano per enigmi, facendo saltare i nervi alla loro povera prole mortale.
Ted si inginocchiò per terra, allungando un braccio sotto al letto e muovendolo, fino a sentire sotto le sue dita la stoffa del suo zaino nero. Lo tirò fuori e ci passò velocemente la mano sopra, per togliere la polvere che si era accumulata.
Il ragazzo era così concentrato sul suo zaino che aveva abbassato la guardia e non si era accorto che qualcosa si muoveva dietro di lui.
Se ne accorse quando ormai era troppo tardi, purtroppo, quando ormai la creatura oscura – un’Ombra che aveva deciso di andare a trovarlo perché evidentemente sentiva troppo la sua mancanza – aveva afferrato la spalla del ragazzo, riempiendo il suo corpo di un freddo sinistro. E a far congelare un figlio di Chione ce ne voleva!
Ted non era in grado di reagire o gridare per chiedere aiuto – sia perché non voleva, dato che odiava sentirsi in debito con le persone, sia perché una fredda striscia nera si posò sulla bocca, impedendogli di parlare. 
Ted lottò per liberarsi, ma fu del tutto inutile. Presto sentì la forza di volontà sparire e le palpebre chiudersi lentamente e fu trascinato nell’oblio.

Tutto era buio, freddo, spaventoso. Ted si guardava intorno, ma non riusciva a vedere nulla. Sentiva qualcosa di ruvido intorno ai suoi polsi e alle sue caviglie, come se fossero legati da una corda. Cercava di liberarsi con l’aiuto dei suoi poteri, ma questi erano spariti. Non riusciva più ad evocare il ghiaccio e tutto ciò lo preoccupò ancora di più. Come aveva fatto a perdere i suoi poteri?
« Non agitarti, Figlio del Ghiaccio. » disse una voce. Ted strinse i denti e cercò di capire da dove provenisse ma era come se la proprietaria – perché era una voce femminile senza alcun dubbio – si trovasse in ogni centimetro della stanza in ogni momento.
« Tu chi sei? » borbottò Ted, sforzandosi per rompere le corde.
« Piacere, Theodor Smith, io sono la tua rovina. Oh, non sforzarti troppo con quelle corde. Sono magiche, neanche Ercole sarebbe in grado di spezzarle. » rise.
« Ok, Rovina. Dove mi trovo? » chiese.
« Nel luogo della tua morte. » rispose semplicemente.
Ma questa qui sa dare risposte decenti?, pensò irritato Ted.
« Siete caduti nella mia trappola, Theodor. Siete solo degli sciocchi semidei, come pensavate di battermi? »
« Un momento! » esclamò Ted. « Tu sei lei! Sei la dea dal viso truce! » 
« Buongiorno, Theodor. » replicò la dea seccata. 
« Dove sono Matt e Gèrard? » chiese il figlio di Chione, con la rabbia e l’angoscia che avevano deciso di colonizzare il suo cuore. 
« Ah, quei due. » disse la dea. « Tranquillo, moriranno anche loro. Ma prima, Theodor… » 
Il figlio di Chione lanciò un urlò di dolore non appena sentì una fredda lama sprofondargli nella schiena.
Ted? Ted?

Ted aprì lentamente gli occhi, notando due occhi chiari fissarlo con preoccupazione e una mano posata sulla sua guancia.
« Terra chiama Ghiacciolo! Ghiacciolo è pregato di rispondere. » chiamò la voce.
« Matt stai... stai bene? » chiese piano Ted.
« Io una meraviglia! » rispose Matt confuso.
« La vera domanda è: come stai tu? » si aggiunse una voce femminile. Ted vide Celsi guardarlo con la curiosità negli occhi. 
« Siamo entrati e ti abbiamo trovato a terra privo di sensi. » aggiunse Matt.
Privo di sensi?, si chiese Ted.
« Sono sempre stato qui? » chiese Ted.
« Credo che abbia sbattuto la testa. » sentenziò Michela.
Ted, ricordandosi quelle terribili immagini, si portò una mano alla schiena, notando che non c’era nulla che non andava. 
« Largo, largo! Arriva l’infermiere Blake! » Harry Blake comparve davanti a Ted. 
« Ma che ci fate tutti qui?! » esclamò Ted. « C’è, per caso, una festa in corso?! » 
« Ok, solita acidità: presente. Non credo che sia successo qualcosa di grave. » affermò Harry, mettendo una mano sulla fronte del figlio di Chione. Successivamente gli mise davanti un pezzo di ambrosia. « Mangia, su. »
Ted non ne voleva sapere, sembrando un bambino capriccioso.
« Aspettate! Ci penso io! » disse Celsi, prendendo l’ambrosia dalle mani di Harry. « Allora, Iceberg, apri bene la bocca che sta arrivando il Titanic! » disse, causando delle risate generali.
Ted lo guardò e alzò gli occhi al cielo. « Sentite, sto bene. Lasciatemi in pace. »
« Almeno spiegaci che cosa è successo. » chiese Matt, guardando preoccupato il suo amico.
« Nulla, davvero. Non è niente, posso sopravvivere. Non dobbiamo partire? Bene, sparite, così posso prepararmi. » replicò Ted, alzandosi in piedi a fatica. Nessuno si muoveva.
« Fuori. » intimò Ted. I ragazzi si mossero, tranne il figlio di Eos che rimase a guardare Ted con le braccia incrociate. « Anche tu, Matthew. »
« Scordatelo. Non me ne andrò finché non mi dirai cosa è successo, Theodor. »
Piacere, Theodor Smith, io sono la tua rovina.
« Per favore, non chiamarmi mai più Theodor. » disse il figlio di Chione rabbrividendo.
« Um, ok… » disse Matt. « Ted, è successo qualcosa di grave, vero? »
Quella fu la prima di molte domande che Ted decise di ignorare, facendo tranquillamente il suo zaino. Non guardò Matt in faccia e fece finta di non ascoltarlo, ma stava diventando insistente.
Fortunatamente finì prima di sistemare il suo zaino e, mettendoselo in spalla, si voltò verso l’amico.
« Zitto, Stevenson. » mormorò Ted avviandosi alla porta.
« Ma- » provò a ribattere Matt.
« Matt, dobbiamo partire per una missione. Una missione molto importante, ok? Non possiamo perdere tempo a parlare dei miei “problemi”, capito? Bene, muoviti. »
Aprì la porta con decisione ed uscì, seguito dal suo amico. 
Fecero un paio di passi e poi si fermarono, sgranando gli occhi dallo stupore.
« E quella? »

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V: E quando il gioco si fa duro… i pegasi si tirano indietro e passano il testimone agli spiriti del vento ***


Vorrei dedicare questo capitolo alla mia amica Luciana che, oltre ad avermi sopportata per tre lunghi giorni senza sosta, mi ha aiutata – e non poco – nella stesura di questo capitolo, ridandomi la forza per scrivere ogni qual volta avevo un piccolo blocco.
Ti voglio bene, goditi la tua “Callie”
 
The rise of the darkness

quando il gioco si fa duro... i pegasi si tirano indietro e passano il testimone agli spiriti del vento
 
Celsi
 
 
elsi ebbe la stessa reazione di Ted e Matt quando vide undici pegasi neri e grigi disposti per trainare una specie di grande slitta.
« Dov’è Babbo Natale? » fu la prima cosa che chiese ai suoi compagni la presunta figlia di Hermes.
A risponderle fu Harry. « Ma che dici Celsi? Babbo Natale? » mentre parlava aveva sgranato gli occhi dallo stupore. « Ma non vedi che non ci sono le renne? »
« Tra l’altro non è neanche periodo! » aggiunse Matt.
A quel punto Ted, con la sua tenera acidità se ne uscì con « Ma se siamo a dicembre, genio. »
Celsi, allora, fece un gesto noncurante della mano, minimizzando la puntualizzazione di Ted.
Si sentì un rumore di zoccoli che, indubbiamente, annunciava l’arrivo del loro amato maestro Chirone. Gli eroi si voltarono a guardare il centauro con mille domande negli occhi e il vecchio seppe comprenderle quasi tutte e dare loro una prima risposta. « Questo mezzo di trasporto è un dono di Iride »  spiegò toccando la testa di un pegaso.
« E se anche Iride si preoccupa per noi siamo proprio messi male. » borbottò Ted e Celsi non poté fare a meno di concordare con il Polaretto.  Le avevano detto che Iride era andata a fare un po’ l’eremita, lasciandosi alle spalle gli dèi e i semidei, e questo suo interessamento non lasciava presagire niente di buono.
« Che, hai paura Smith? » lo provocò Encarnation con un sorrisetto.
Ted le rifilò uno sguardo capace di bruciare perfino l’oceano e allora Daniel si voltò verso la figlia di Ade e disse « Non giocare con il fuoco, ragazza. » 
Celsi si accigliò  e si rivolse a Daniel. « Forse intendevi dire non giocare con il ghiaccio. » 
Gèrard sbuffò sonoramente. « Quando abbiamo finito di fare Cabaret possiamo anche partire per la missione, eh. » 
« Hmm altri cinque minuti mamma. » si lagnò per scherzo Harry, sembrando un bambino che doveva svegliarsi per andare a scuola, scatenando dei risolini.
Chirone richiamò il silenzio e, una volta che lo ebbe ottenuto,  invitò i semidei a salire su quel mezzo di trasporto.
I ragazzi annuirono e poi Harry esclamò « Io voglio il posto vicino al finestrino! »  
« Non per smontarti l’entusiasmo ma tutti i posti hanno il “finestrino”. » ripose Anouk, virgolettando con le dita la parola finestrino.  
Chirone, poi, facendo le sue solite raccomandazioni e congedò i semidei con la frase « Andate, la Groenlandia vi aspetta. »
 
 
 
 
♦  ♦

 
Mentre i pegasi sorvolavano le terre e le acque grazie alle solite sfere di luce gentilmente offerte da Matt e Daniel era prossimo a vomitare di tutto e di più, Celsi si chiedeva perché dovessero andare proprio in Groenlandia. Forse dovevano andare a trovare i pinguini? Ad arruolare renne per la slitta? Magari dovevano solo fare un apprendistato per aspiranti Babbi Natali giacché il vecchio barba lunga si era stancato di rischiare multe per eccesso di velocità ogni 24 dicembre sera-
Magari se evitava di procrastinare e iniziava a consegnare i regali già da prima evitava di fare tutto così in fretta, pensava Celsi mentre guardava il cielo scuro. Io sì che sarei un’ottima Consegna-Regali! Appena tutto questo sarà finito faccio domanda di assunzione, decise, non rendendosi conto di quanto buffi e infantili suonassero i suoi pensieri.
Proprio mentre organizzava il suo futuro si perse un interessante dialogo fra il moribondo Daniel  e i pegasi che si stavano lamentando principalmente, a detta di Daniel, delle sfere brillanti (“è troppo vicina!” “mi sto ustionando il muso!” “E se la ingoiassi per sbaglio? E se mi andasse di traverso?!”).
Alla rossa, però, non sfuggì certo lo stato irrequieto della povera Anouk che si torceva le dita e guardava a destra e sinistra continuamente.
« Che ti prende, An? Ti vedo un po’… rabbuiata. » disse Harry, pensando di aver fatto chissà quale battuta.
« Tutto il mondo è rabbuiato, Blake. » lo zittì Selene. I pegasi sbuffarono ed immediatamente dieci paia di occhi si voltarono verso Daniel, aspettandosi una traduzione. Il figlio di Nettuno, allora, si schiarì la gola e disse: « “Tutto il mondo tranne noi che andiamo a fuoco” »
Matt borbottò qualcosa sul fatto che nessuno apprezzasse i suoi doni ma tutti erano concentrati su Anouk, quindi non gli diedero molto peso.
La figlia di Nyx, prendendo un respiro profondo, espose il suo cruccio « Percepisco le tenebre diventare più forti. La situazione sta diventando critica, abbiamo poco tempo. Dobbiamo affrettarci. »
« E in che modo potremmo andare più veloci? » chiese Gabriela.
« Hai appena vinto il premio “Miglior Domanda Senza Risposta dell’Anno”! » ironizzò Encarnation, battendo lentamente le mani.
« Intanto cerchiamo di controllare questo vento. » sbuffò Gèrard sistemandosi i capelli.
In quel momento, Celsi notò gli occhi di Michela illuminarsi mentre sussurrava qualcosa per poi esordire « Ma certo! Gli spiriti del vento! »
« Gli spiriti del vento cosa? » chiese Gèrard.
« Ovvio: potremmo catturarli e usarli al posto dei pegasi. Sono indubbiamente più veloci! » spiegò la figlia di Demetra e i pegasi iniziarono a nitrire.
« “Sì, sì, certo! Ottima idea!” “Dovreste eleggere questa ragazza come vostro capo!” » tradusse automaticamente Daniel con tono monocorde a causa della nausea che aveva.
Selene guardò Michela alzando un sopracciglio « E come avresti intenzione di prendere questi spiriti del vento? »
La risposta fuori uscì dalle labbra di Celsi « Ma con le carote ovviamente! »
Matt concordò con l’amica « Hai perfettamente ragione! Preghiamo Demetra per avere un po’ di questi ortaggi magici! »
Harry non sembrava molto convinto e, immediatamente, espresse il suo disappunto « Quella dispensa solo cereali. »
« Cereali un po’ schifosi tra l’altro. » rispose Celsi, facendo una smorfia di disgusto.
Michela, allora, con un tocco di offesa nella voce, chiese « E tu come fai a saperlo? »
« Lascia perdere, Miky. » disse la ragazza. Dopo pochi secondi sorrise allegra « Idea! Chiediamo a paparino! »
« Paparino? » chiese Daniel.
« Volevo dire… chiediamo ad Hermes! » si corresse. Ormai Celsi era già fermamente convinta che Hermes fosse suo padre nonostante non l’avesse ufficialmente riconosciuta.
« Ok, chiediamo ad Hermes! » esclamò Matt, per poi giungere le mani in segno di preghiera. « Oh, Hermes. Oh, divino Hermes. Sommo Hermes, ci rivogliamo a te. »
Celsi imitò Matt. « Invochiamo te, che sei il dio più figo dell’Olimpo. » disse la ragazza.
Harry, tanto per completare il Trio Meraviglia, si aggregò ai due ragazzi. « Il dio più figo insieme ad Apollo, si intende. Insomma, divino Hermes, protettore dei viandanti che porta messaggi in tutto il mondo… lascia che ti onori con un haiku! »
In quel momento un sacchetto marroncino cadde in testa ad Harry, fermando ogni suo tentativo poetico. Anouk lo raccolse e lo aprì, trovandoci dentro delle zollette di zucchero e un bigliettino scritto in greco.
« Vorrei ricordarvi che in mezzo a voi avete una figlia di Zeus, geniacci. » lesse la figlia di Nyx e tutti si voltarono a guardare  Selene, che sembrava leggermente confusa. « P.s., » continuò Anouk. « Non accetto pagamenti in haiku. P. P. S.: Sono io il dio più figo. Non si discute. »
Celsi sorrise e prese una zolletta di zucchero per poi mettersela in bocca. « Grazie pa- Hermes! » esclamò rivolta al cielo.
« Ok, ora… perché ci ha fatto notare che abbiamo una figlia di Zeus? » chiese Matt poggiando con noncuranza il gomito sulla spalla di Ted.
Gèrard lo guardò come a dire ma sei serio? ma poi spiegò anche al figlio di Eos il motivo di questo appunto. « Zeus è il dio del cielo, Matthew. Gli spiriti del vento vagano nel cielo. Che cosa deduciamo da tutto ciò? »
« Che il cielo è molto presente intorno a noi? » scherzò Matt.
Ted alzò gli occhi in aria. « Non ti sfugge niente, Lampione. » lo prese in giro, togliendo il braccio del ragazzo da dosso a lui.
« Nemmeno a te, Ghiacciolo. » e detto ciò il figlio di Eos sfiorò con l’indice la punta del naso del figlio di Chione, che lo guardò come oltraggiato.
« Da quanto Mister Pannolino Alato vi ha ficcato una freccia lì dove il divino Apollo non fa battere i suoi raggi? » chiese Celsi con un sorrisetto furbo ed un’alzata di sopracciglia.
Prima che potessero nascere battute a doppio senso o minacce d’ibernamento da parte di un certo maniaco dei ghiaccioli Selene deviò il discorso. « Io non so come controllare gli spiriti del vento. » borbottò.
« Devi provarci, Sel, » la incoraggiò Gabriela. « Tutto sommato tuo padre è il dio del cielo, sono sicura che ce la farai. »
La figlia di Zeus sbuffò ma poi annuì.
« Hey! Perché lei può chiamarti Sel ed io no? » si lamentò Matt.
« C’è chi può e chi non può. » rispose Celsi con un sorrisetto.
Selene si sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio e si schiarì la voce. « Se non vi dispiace dovrei concentrarmi. » disse. Celsi percepì nella sua voce una punta d’insicurezza e di paura che il suo volto, però, voleva nascondere. La figlia di Zeus pregò a bassa voce suo padre in modo un po’ restio e poi si alzò in piedi, allungando la mano sinistra davanti a lei.
« Comando voi, spiriti del vento, di obbedire ai miei ordini: venite da noi. » disse solennemente Selene. Per un primo momento non successe nulla, nessuno osava parlare. Lo sguardo di tutti era puntato su Selene, che sicuramente stava iniziando a sentirsi un po’ a disagio.
Improvvisamente, poi, cadde un fulmine che illuminò quel cielo oscuro e immediatamente un forte vento si scontrò contro i volti dei semidei.
« Zeus si sta rendendo veramente utile! » esclamò contenta Gabriela.
Selene sbuffò, tenendosi forte alla slitta per non cadere. « Bene, ora come avete intenzione di catturarli? » chiese la figlia di Zeus.
« Ehm… improvvisiamo? » propose Michela.
« Prendiamo i pegasi e usiamoli per volare e catturare gli spiriti. » disse Anouk. I pegasi nitrirono indispettiti e la figlia di Nyx si accigliò. « Ho detto qualcosa di male? »
Daniel scosse il capo. « “Io non voglio prendere il tipo delle sfere”. Matt i pegasi non possono proprio sopportarti. » ridacchiò Daniel, che aveva assunto una sfumatura ancora più verdognola.
« Che ingrati! » esclamò Matt.
Harry fece una smorfia. « Io detesto i cavalli! Se poi devo lanciarmi da una slitta e aspettare che uno di loro mi prenda… no grazie. »
« Sarebbe bello avere tempo per una chiacchierata… » iniziò Gèrard.
« Ma direi che, prima di essere scaraventati in mare, ci conviene seguire l’idea di Anouk! » completò Ted.
Daniel si affrettò a liberare i pegasi dalle briglie con non poca difficoltà e ordinò loro di disporsi in modo che i semidei potessero salirci sopra.
« Come facciamo a salirci? » chiese Encarnation poco convinta.
« Saltate giù, i pegasi non vi lasceranno cadere. » assicurò il figlio di Nettuno sicuro di sé.
« Un vero e proprio suicidio. » borbottò Celsi. Preso un respiro profondo, poi, la ragazza si buttò giù dalla slitta ed il suo stomaco venne stretto dalle forti braccia della paura e il suo cuore iniziò a battere velocemente.
In quel momento aveva creduto davvero che sarebbe morta ma poi, per fortuna, un meraviglioso pegaso grigio con delle macchie nere intorno alle zampe frenò la sua caduta, prendendola in groppa. Celsi guardò le sue mani e notò che tremavano veramente tanto mentre le sue ginocchia si erano tramutate in gelatina.
« Celsi tutto bene? » gridò Matt.
« S-sì! Tranquilli, buttatevi! È morbido! » rispose Celsi.
« Ne abbiamo già parlato! Babbo Natale non c’entra nulla! » disse Harry, per poi fare il grande salto anche lui, atterrando su un pegaso. Senza aprire gli occhi il figlio di Apollo chiese « Sono ancora vivo o mi sto facendo un giretto nell’Ade? »
« Vivo e vegeto, Harry! » rispose Celsi.
Uno dopo l’altro, poi, i semidei si lanciarono giù dalla slitta, tra urli e preghiere, e atterrarono tutti – perfino Matt! – in groppa a un pegaso. La rossa sentì Harry lamentarsi del fatto che non sapesse portare un cavallo, mentre stringeva forte il collo del pegaso, quasi fino a strozzarlo.
« Blake, se stringi ancora di più quel pegaso morirà e ti lascerà cadere! » lo rimproverò Selene.
« Non sono bravo in equitazione! » si giustificò Harry.
Celsi vide Anouk dirigersi verso Harry e allungargli una mano. « Vieni, così evitiamo una tua morte. » offrì. Il figlio di Apollo non se lo fece ripetere due volte e, afferrata la mano di Anouk, si diede una spinta e finì seduto dietro alla figlia di Nyx su quel bellissimo pegaso nero.
Tra quei due c’è qualcosa, notò Celsi con un sorrisetto. Purtroppo non ebbe il tempo necessario per far maturare quel pensiero siccome davanti a lei comparve un fumo nero che si plasmò a forma di un dragone, facendola sbiancare.
La ragazza si cacciò una mano in tasca e prese il fagotto con le zollette di zucchero. « Vuoi un po’ di zucchero? È buono! » propose. Lo spirito ruggì forte, facendole volare via la zolletta dalle mani e costringendola a reggersi forte per evitare una caduta rovinosa. « Ok, non ti piace lo zucchero. » disse Celsi, prendendo il suo boomerang. « Mi costringi ad usare le cattive maniere! » minacciò, perfettamente conscia che un boomerang non avrebbe potuto ferire un dragone di vento.
La creatura fece per avventarsi contro Celsi ma fu tirata indietro da Gabriela, che aveva un’innata capacità di controllare gli elementi. Il dragone si dissolse e, allontanatosi un poco, si trasformò in una gigantesca aquila che ripartì all’attacco.
Anouk cercava di tenere a bada degli spiriti usando delle corde fatte di pura oscurità che reggevano bene, ma non abbastanza da contenere gli spiriti abbastanza a lungo. Ted provava a congelare gli spiriti, ma chiaramente era molto difficile. Gabriela provava a controllarli con i suoi poteri strani e Selene, nonostante non le piacesse molto, scatenava dei fulmini per imprigionarli.
Celsi voleva disperatamente rendersi utile ma non sapeva come. Non aveva chissà quali poteri da usare sul vento e quelle furie non volevano saperne di accettare le zollette che Hermes aveva mandato. Si stava sentendo veramente inutile a stare ferma, impotente, su quel pegaso.
A riportarla alla realtà da questi pensieri da complessata fu un’altra folata di vento. Questa volta, però, non era fredda e furiosa come le precedenti ma aveva un che di amichevole e caldo.
Davanti a lei comparve un uomo dalle ali color ruggine, folti capelli neri e la pelle abbronzata. Gli occhi erano di un blu quasi inquietante, dando l’aria di una pozza che esiste dall’alba dei tempi. Celsi capì subito che si trattava di un dio.
Il dio gridò qualcosa in greco, che Celsi tradusse automaticamente come fermi, spiriti del vento. Gli spiriti non ascoltarono e allora il nuovo arrivato estrasse la spada e la puntò in alto, gridando con più fermezza l’ordine. Questa seconda volta gli spiriti ascoltarono e si fermarono immediatamente.
« Mi manda Eolo sotto preghiera della dea messaggera. Vi ordino di trasformarvi in cavalli e scortare questi eroi nelle terre del gelo, ora. » gli spiriti del vento iniziarono a mutare, diventando dei cavalli attraversati, ogni tanto, da qualche fulmine. Nessuno osava fiatare, erano troppo occupati a studiare le mosse sicure e aggraziate del dio, che aveva iniziato a legare i cavalli alla slitta.
« Chi sei? » chiese diffidente Encarnation. Il dio non alzò nemmeno lo sguardo su di lei per risponderle, si limitò ad accennare un sorrisetto.
« Come mai così poca fiducia in qualcuno che vi ha aiutati, Encarnation Muerte? » la provocò il dio.
Celsi inclinò la testa di lato e poi parlò. « Sei… Zefiro, dico bene? » chiese.
« Favonio? » chiese poi Daniel.
« Sì, sì. » rispose il dio, continuando a concentrarsi sui nuovi cavalli. « Prego comunque. »
« La ringraziamo, divino Zefiro. » disse Michela.
« Il suo aiuto è stato molto importante per noi. » continuò Anouk.
« Immagino. » replicò Zefiro. « Però ora non abbiamo tempo per i ringraziamenti, dovete affrettarvi. »
« Già, a quanto pare siamo dei ritardatari cronici. » commentò Selene.
Zefiro annuì e, senza dire un’altra parola, osservò i semidei salire a bordo della slitta. Quando arrivò il turno di Celsi il dio strinse fra le sue dita calde il polso della ragazza che si voltò a guardarlo.  Il dio le diede una piccola sfera, cinta a metà da una corda color oro. La sfera era azzurra ma aveva delle chiazze grigie che si spostavano sulla superficie come fossero nuvole.
« Che cos’è? » chiese la semidea.
« Quando arriverà il momento lo saprai. Custodiscila bene. » e, con questa frase, il dio sparì in un soffio di vento.



Pendragon's Notes

Il vostro incubo La vostra Pendragon è tornata! Come butta?
Oh, ecco qua i nostri cari semidei che, finalmente, sono partiti per l'Impresa! La Groenlandia? Terra strana, non trovate? C'è tanto freddo ;)
Perchè proprio in Groenlandia? Che cosa gli aspetta?
Ma nulla di che! Seriously, Babbo Natale vuole fare dei colloqui di lavoro! Secoli e secoli di lavoro iniziano a stancare il vecchio Barba Bianca. Che ve ne pare di Santa Celsi? Secondo voi sarebbe in grado di portare doni ai bimbi in una notte?
Hermes: E chi meglio di lei!
Ma concordo!
Comunque sia, i pegasi non apprezzano il povero Matt e quindi fanno una proposta! Spiriti del vento, wo-oh! E insieme a loro compare *rullo di tamburi perfettamente inutile perchè già lo sapeteZEFIRO! *--* Ditemi che non sono l'unica ad adorare questo dio :') no giuro, mi ha sempre interessata tantissimo *^*
A voi non frega nulla però vabbè lol.
Niente, come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto, vi ringrazio mille volte per seguire questa storia e lasciarmi un parere. Vi adoro :3
Ora evaporo! Alla prossima!

 
Pendragon 
 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: Un freddo incontro ***


The rise of the darkness

Un freddo incontro

Anouk Goddess
 



a slitta di Iride veniva trascinata a velocità massima verso la Groenlandia, costringendo Anouk a stringersi a Harry, nascondendo il suo viso nell’incavo del collo del figlio di Apollo per la paura che le attanagliava lo stomaco. Ogni tanto osava dare uno sguardo veloce ai suoi compagni, notando che tutti cercavano di reggersi più forte possibile alla slitta. Tutti eccetto Matt, che stava improvvisando Titanic in piedi, con le braccia spalancate, mentre un preoccupatissimo Ted lo aveva afferrato per il retro della maglietta e lo pregava con insistenza affinché si sedesse. Ogni qual volta che la slitta veniva scossa per qualche ragione Anouk tornavaa rifugiarsi da Harry sentendosi un po’ in imbarazzo, anche se non poteva prendersi il lusso di preoccuparsi di possibili situazioni imbarazzanti, dato che probabilmente stavano andando fra le braccia di una possibile morte atroce. 
« Stai comoda, An? » chiese di punto in bianco Harry con tono scherzoso. 
« Sì, » mormorò, sentendo il sangue salire leggermente verso le sue guance candide. « Probabilmente fra poco morirò perciò mi godo comodamente gli ultimi istanti della mia vita. » aggiunse. 
« Guarda il lato positivo: se moriremo cadendo in mare diventeremo dei cubetti di ghiaccio e il nostro corpo si conserverà » disse Harry. « E gli scienziati ci ritroveranno e ci studieranno! Saremo dei gioielli per la scienza! » 
« Oh, be’, se la metti così sono più tranquilla! » rispose la figlia di Nyx, ridendo e rilassandosi un po’. Lanciò di nuovo uno sguardo ai suoi amici, che sembravano divertiti dalla scenetta messa su da Matt, Celsi ed un Ted non particolarmente coinvolto. Sui loro volti sferzati dal vento si poteva scorgere un chiaro sorrisetto, persino sul viso di Selene e Gèrard
« Jack, non lasciarmi! Salti tu salto io, ricordi? » diceva Matt. Ted, per tutta risposta, lo minacciava: « Se non ti siedi ti faccio saltare io da qualche parte! » borbottava stizzito. Celsi aveva preso coraggio e si era alzata, stendendo le braccia in alto e unendo le mani, divaricando poi leggermente le gambe. « Io faccio il palo! » aveva stabilito, mentre anche Daniel aveva afferrato Celsi per la maglietta per evitarle una caduta. 
«Jack! Abbiamo anche il palo! Guarda, Jack! » continuava Matt, facendo ridere tutti. 
« Jack? » intervenne Harry. « Buffo, ho sempre visto Teddy più come l’iceberg che infrange i sogni dei passeggeri del Titanic, costringendo quasi tutti i passeggeri ad affrontare una morte deprimente con una canzoncina strappa lacrime in sottofondo. » 
Matt guardò il figlio di Apollo sorridendo. « Mache, Harry. Il fatto è che tu vedi solo questo lato di Ted, ma in realtà lui è- » il figlio di Eos non finì la frase che si ritrovò seduto sulle gambe di Ted a causa di uno scossone che gli aveva fatto perdere l’equilibrio. Anouk osservò con attenzione tutta la scena, notando come gli occhi dei due ragazzi si erano incontrati, causando un rossore inaspettato sulle gote del figlio di Chione. Anouk sorrise, incrociando lo sguardo di Celsi. Le due si intesero perfettamente. 
« Oh miei dei! » esclamò Encarnation, coprendosi con una mano la bocca. « Ted Smith, figlio di Chione, è arrossito! Ted Smith è imbarazzato! Ted Smith prova emozioni! » lo prese in giro la figlia di Ade con un ghigno. Stranamente, il diretto interessato non rispose a tono alla provocazione, ma scelse di ignorarla. 
« Hey, guardate! La Groenlandia! » esclamò Daniel. 
Selene si alzò e si sporse verso gli spiriti del vento. « Scendete! » ordinò la figlia di Zeus e gli animali d’aria iniziarono una brusca discesa, nella quale Anouk non faceva altro che pensare: “moriremo, moriremo, questa è la volta buona! Moriremo!” e si strinse di più ad Harry, completamente terrorizzata. Ad un tratto ci fu un impatto molto poco delicato e, dopo che la figlia di Nyx ebbe aperto gli occhi, si ritrovò davanti solo un deserto ghiacciato. Il freddo penetrò immediatamente nelle ossa della ragazza, che si strinse le braccia al petto e prese a battere i denti. 
« F-fa un po’ freschetto, eh? » chiese Encarnation tremando. 
« Ma n-no! Sem- sembra di stare ai Car-araibi » rispose Celsi. 
« Smettetela di lamentarvi e muovetevi. » borbottò brusco Ted, camminando davanti a tutti con naturalezza, mentre gli altri sembravano pinguini zoppi. Mentre camminavano – se di camminare si poteva parlare – davanti a loro comparve una giovane ragazza. Anouk la studiò, notando tanti piccoli particolari strani. Primo fra tutti: la ragazza aveva la pelle bluastra, come se fosse congelata. Cosa che probabilmente era. Le iridi erano rosso sangue e sembravano perforarti l’anima ogni qual volta che ti guardavano. Che altro? Fluttuava. I suoi piedi nudi erano ad almeno otto centimetri da terra. 
« Vi stavamo aspettando. » disse con voce che al tempo stesso era amichevole e distaccata. 
« Chi ci stava aspettando? » chiese Gèrard. Lady Ghiacciolo ignorò il quesito del semidio e si concentrò su Ted. 
« Principe Theodor! » e fece un goffo inchino. « Non mi avevano avvertita del suo arrivo! » 
« P-principe? » chiese Anouk confusa. 
« Ora capisco tutto. » disse Ted, incrociando le braccia al petto. 
« Coraggio, la Regina vi aspetta! » esclamò poi lei. 
« Regina? Principe? » chiese Selene accigliandosi. 
« Mia madre. » rispose Ted, iniziando a camminare.

Cammina cammina, i semidei arrivarono davanti ad un enorme palazzo fatto interamente di ghiaccio, con due uomini armati con la pelle blu come Lady Ghiacciolo che difendevano l’ingresso. 
« Salve, Niamh » la salutarono i guardiani, permettendole di passare insieme ai suoi ospiti. Niamh, a quanto pareva si chiamava così, ricambiò solo con un cenno del capo. « Pensavo che Chione vivesse insieme a Borea in Quebec » sussurrò Anouk a Daniel e Celsi, che in tutta risposta si strinsero nelle spalle e continuarono a camminare. Anouk sentiva sempre più freddo e si aspettava che, non appena avessero incontrato Chione, sarebbe morta congelata. Invidiò Ted, che con il freddo si sentiva perfettamente a suo agio. I ragazzi si fermarono davanti ad un gigantesco portone, ovviamente fatto di ghiaccio, che Niamh aprì senza indugio. 
« Entrate, prego. » 
I semidei l'ascoltarono ed entrarono nella sala, dove su un trono era seduta, con fare annoiato, Chione, che aveva un diadema di argento e diamanti fra i capelli corvini. 
« Oh, vi fate attendere vedo. » sibilò la dea infastidita. « E non conoscete neanche le buone maniere! » si lamentò. I ragazzi si guardarono non sapendo a cosa stesse alludendo la dea. Poi, ad un tratto, Anouk realizzò che Chione era una regina, la regina dei ghiacci, e per tanto voleva essere trattata come una regina. La figlia di Nyx si inchinò, poggiando un ginocchio aterra e tenendo l’altro flesso, dove poggiavauna mano. 
« Mia signora » salutò. Gli altri, dopo un attimo di esitazione, la imitarono, salutando con educazione la dea. 
Ted rimase in piedi a guardare la madre. « Madre, » la chiamò: « gli altri stanno congelando, non tollerano il freddo così bene come me. Fa qualcosa. » 
La dea sbuffò. « Credi che mi importi se i tuoi amici muoiono congelati o meno? » 
« Guarda, madre, non li definirei nemmeno miei amici e vederli crepare a causa del freddo è ciò che desidero maggiormente, credimi. Però, senza di loro, il mondo finirà in balia delle tenebre. Dobbiamo ritrovare il Sole. » 
« Mi ritengo offeso, Ted » si lamentò Matt, e Anouk gli diede una gomitata, poichè quel commento era decisamente fuori luogo.
«Taci, stupido figlio di Eos! » sbraitò Chione. « Solo perché mio figlio prova qualcosa per te ciò non significa che tu possa prenderti tutte queste libertà. » 
Matt assunse una faccia scioccata mentre guardava Chione e poi Ted. Ci avrei giurato, fu l’unica cosa che riuscì a pensare Anouk in quel momento imbarazzante. 
« Non provo nulla per quell’idiota! È solo una palla al piede. » sbuffò. « Ora, per favore, dai dei vestiti più caldi a questi sfigati. » 
Chione ci pensò su per un attimo e poi schioccò le dita, facendo apparire sui corpi dei semidei dei vestiti più caldi, che diedero subito piacere ai giovani infreddoliti. 
« Grazie, divina Chione. » disse Michela, stringendosi nel cappotto verde che le era comparso addosso. 
Lei fece un gesto annoiato con la mano. 
« Ora potrebbe dirci perché siamo venuti qui? » chiese Anouk, tirando su col naso. Si era sicuramente presa un bel raffreddore. 
« Perché quella hippy rompi scatole mi ha pregata, anzi, supplicata… ha fatto irruzione una decina di volte nel mio palazzo per convincermi ad aiutarvi, perché ho delle armi che potrebbero salvarvi la vita. » 
« Ottimo! Dove sono queste armi? » chiese Harry guardandosi intorno. 
La dea rise gelidamente. « Ah no, caro mio! » esclamò; « Prima avete tardato, mancandomi di rispetto, manonostante ciò ho acconsentito a darvi degli abiti più caldi. Ora, se volete quelle armi, ve le dovrete guadagnare. » 
« Non dire queste cretinate, madre! Dacci quelle armi così possiamo andarcene. » sputò Ted con rabbia. 
Tra i due non scorreva di certo buon sangue, e Anouk lo aveva notato. 
« Silenzio, Theodor! » lo rimproverò e il ragazzo strinse i pugni. La dea schioccò le dita e altri guerrieri gelati comparvero dietro agli eroi, tenendoli stretti nelle loro mani di ghiaccio. Anouk sentiva di nuovo quel freddo invadente nel corpo, nonostante il cappotto e la sciarpa che la proteggevano. 
« Voi tre. » chiamò Chione, indicando Anouk, Gèrard e Ted, che a differenza degli altri era libero. « Affronterete una sfida. Se la supererete avrete le armi se fallirete, beh, statue di ghiaccio. » spiegò in breve la dea. 
« Scordatelo! » replicò Ted. « Ma ti senti? Sei pazza! Dacci quelle maledette armi e basta. » 
La dea guardò duramente suo figlio e, alzando una mano, lanciò qualcosa contro Matt: « Ecco un piccolo incentivo per te, figliolo. Se non ti dai una mossa, il tuo prezioso amichetto morirà. », e sorrise maleficamente, mentre il figlio di Eos si accasciava a terra.



Pendragon's Notes

Il sole splende, gli uccellini cinguettano, l'aria è piacevole... e io devo rintanarmi in una fortezza prima che sia troppo tardi. Amanti di Matt, non uccidetemi! Per lo meno è venuto fuori un certo segreto che era già abbastanza evidente ma vabbè, quindi... niente, sono a rischio uccisione comunque.
Ad ogni modo! Ecco cosa dovevano fare in Groenlandia: fare una visitina e Chione! Poraccia, si sentiva tanto sola. Tra l'altro ce le aveva anche più girate del solito, quindi si son ritrovati proprio bene i nostri eroi.
Dato che andare, prendere le armi e ripartire era troppo facile Chione s'è 'nventata una bella sfida oh sì facciamo ricadere la colpa su Chione  e quindi Ted, Gèrard e Anouk dovranno affrontarla e vincere, se vogliono salvare Matt. Che tipo di sfida lo vedrete nel prossimo capitolo, ovviamente u.u
Intanto, grazie come sempre a chi legge e recensisce, mi mettete sempre un sorriso sulle labbra con le vostre recensioni *^* 
Poi un grazie speciale a _Littles_, la mia dolce e bravissima beta che fa sembrare i miei capitoli un po' meno una specie di aborto, lol :')

Ok, niente altro da dire :')
Aspetto un vostro parere sul capitolo ^^
Alla prossima! *va a barricarsi in una fortezza*

 
Pendragon 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII: Gli animaletti di ghiaccio non sono adorabili quanto si pensa ***


The rise of the darkness

Gli animaletti di ghiaccio non sono adorabili quanto si pensa

Gèrard Fernandez
 

enza sapere come, Gèrard si era ritrovato fuori, a terra in mezzo alla neve, insieme a Ted e Anouk. Si alzò togliendosi di dosso quella sostanza bianca e fredda, aiutando poi la figlia di Nyx a rialzarsi. Ted aveva già abbandonato indietro i due ragazzi, avviandosi da solo con i pugni serrati verso una meta nota a pochi. Il figlio di Atena prese la sua spada ed alzò gli occhi al cielo, iniziando a seguire il ragazzo.
« Asociale fino all’ultimo, eh? » borbottò il ragazzo verso Anouk.
La figlia di Nyx guardò dispiaciuta il figlio di Chione che camminava furioso davanti a loro. « Cerca di capirlo, Ger. Il suo migliore amico sta per morire per mano di sua madre. Tu come reagiresti? »
« Ehm cercherei di fare squadra, forse? » ironizzò il figlio di Atena.
« Se fare squadra con voi significa perdere tempo allora no, grazie » rispose il figlio di Chione che si era fermato e si stava guardando intorno. Quando lo raggiunsero Anouk posò una sua mano candida sulla spalla del semidio: « Salveremo Matt, Ted » promise con voce rassicurante.
Gèrard notò un lampo di gratitudine passare negli occhi di Ted, che poi sparì subito quando si tolse di dosso la mano della ragazza. Il figlio di Atena preferì non fare commenti, nonostante in genere dicesse tutto ciò che gli passasse per la testa. Sinceramente il vero motivo per cui aveva preferito stare zitto era uno solo: non ci teneva a diventare un ghiacciolo. Ted era parecchio suscettibile e in quel momento , sicuramente, odiava tutto e tutti.
Un verso spezzò il silenzio intorno a loro, un verso inquietante, un misto fra un ruggito ed un muggito. 
« Che accidenti era quella cosa? » chiese Gèrard stringendo più forte la spada.
« L’animaletto di mia madre » rispose Ted preoccupato.
« Vale a dire? » domandò Anouk allarmata. 
« Iskaldt, un gigantesco ibrido fra un leone ed un toro. » rispose Ted.
« Iskaldt? » chiese Gèrard. 
« Nella nostra lingua sarebbe qualcosa come Ghiaccio Freddo. » spiegò il figlio di Chione.
« Quindi è un gigantesco ibrido fra un leone ed un toro di ghiaccio?! » esclamò Anouk. Ted annuì. 
« Quindi per salvare Matt dobbiamo uccidere quella bestia? »
« Sì ma… è assurdamente impossibile… » Ted sembrava scoraggiato.
Il figlio di Atena, allora, diede una spinta al ragazzo con la spalla. « Non ti facevo uno che si arrende così facilmente, Smith » cercò di distrarlo. Di certo un polaretto depresso non avrebbe aiutato nessuno.
« E chi si arrende, » rispose brusco Ted: « andiamo. »
Passo dopo passo si sentivano i ruggiti sempre più forti e dei rumori di catene che venivano tirate e non era esattamente incoraggiante. Un ennesimo ruggito e i tre vennero investiti da una breve tempesta di neve che li costrinse a ripararsi gli occhi con un braccio. Quando il tutto passò… Gèrard si aspettava un mostro, ma non un gigante di tre metri a quattro zampe. Intorno al collo aveva un collare d’acciaio da cui partivano quattro lunghe catene che erano tenute saldamente dai leccapiedi di Chione. Gli occhi rosso sangue del mostro brillarono di gioia quando vide i semidei. Sembravano dire: che gioia, è arrivata la cena che avevo ordinato!
« Quello è Iskaldt, suppongo… » mormorò Anouk scioccata.
Gli accalappia giganti di ghiaccio tirarono un sospiro di sollievo vedendo i tanto attesi semidei e lasciarono andare le pesanti catene che tenevano fermo il mostro, dissolvendosi poi in un pop sonoro.
Gèrard osservò per bene la creatura: come tutti in quel regno di ghiaccio Iskaldt era blu. Intorno alla testa aveva una criniera di ghiaccio, da cui spuntavano due enormi corna acuminate, pronte a trafiggere qualcuno. Intorno al naso, sorprendentemente nero, portava un gigantesco anello di metallo più grande della testa di Gèrard. Il corpo era quello di un toro ma le zampe quelle di un leone scattante.
Il mostro di alzò sulla zampe posteriori e ruggì, creando un’altra bufera di neve. 
Ecco a cosa bisognava stare attenti con quell’adorabile animaletto:
1) Evitare di avvicinarsi troppo alle zampe a causa dell’alta probabilità di essere schiacciati;
2) Stare fuori dalla rotta-di-fiato, in quanto avrebbe potuto congelarti o bloccarti in una tormenta.

« Ted a tua madre i bei cagnolini proprio non piacciono eh? » borbottò il figlio di Atena.
« Come diamine facciamo a far fuori questa cosa? » chiese Anouk.
Gèrard, stupidamente, scattò in avanti e corse verso le zampe posteriori della creatura, provocando un taglio con la spada. Da quel taglio fuoriuscì un rivolo d’acqua che andò a bagnare il terreno, ghiacciandosi. Il mostro non parve apprezzare, dato che colpì Gèrard con la coda scaraventandolo contro una roccia. Il ragazzo rimase stordito dall’impatto e provò ad alzarsi, traballando e poggiando la sua mano sulla fredda superficie della roccia, trasalendo al contatto. Alzò il viso sul mostro che, ancora offeso per quell’affronto, soffiò sul ragazzo. Probabilmente se non fosse stato per una piccola cupola di ghiaccio che lo aveva avvolto Gèrard sarebbe morto. Iskaldt si voltò verso Ted infastidito, alzandosi di nuovo sulle zampe posteriori e ritornando a terra sbattendo con quelle anteriori talmente tanto forte che ci fu un piccolo terremoto che fece cadere numerose stalattiti e rompendo la cupola protettiva di Gèrard. La creatura caricò Ted e Anouk, che presero a correre verso Gèrard che ancora era un bel po’ intontito. Ted lo afferrò per un braccio, trascinandoselo dietro per sottrarlo dalla furia omicida del cucciolo di Chione. Continuarono a correre mentre Anouk cercare di manipolare le tenebre per distrarre Iskaldt. Lo rallentava, sì, ma non quanto avrebbe dovuto.
Ad un certo punto trovarono una grotta e ci si infilarono dentro senza pensarci due volte, nascondendosi dietro una roccia. Avevano il fiatone e il loro respiro pesante era, oltre ai versi furiosi del mostro, l’unico rumore che si sentiva.
« Le nostre armi non servono a nulla » notò Anouk, rimettendo a posto il suo pugnale nero.
« No, per niente. » concordò Gèrard, buttando indietro la testa.
Ted si guardò le mani. « Il ghiaccio, chiaramente, è perfettamente inutile. »
« Ci serve del fuoco. » Gèrard, perfettamente conscio però che non c’era materiale per accenderlo. Con profondo terrore sentirono Iskaldt muovere i primi passi nella caverna. Ted imprecò.
« Ci troverà, dobbiamo andarcene. » disse Anouk.
« Come? » domandò Ted stressato. Gèrard lo guardò mentre si passava una mano sul viso. Più tempo passava…
Il figlio di Atena cercò di ideare un piano. « Anouk, » la chiamò a bassa voce: « tu sai renderti invisibile usando il controllo sulle tenebre, vero? » chiese.
Lei annuì. « Solo di notte ma ora che non c’è più il sole credo che ci riuscirò a prescindere dall’orario. » mormorò.
« Ottimo! » esclamò il figlio della saggezza.
« Che hai in mente? » chiese Ted accigliandosi.
« Puoi renderci tutti e tre “invisibili”? » chiese. Anouk rimase un po’ perplessa.
« No… sì… forse. Non c’ho mai provato, Gèr. » rispose la ragazza.
« Potresti provarci? » chiese ancora e Anouk, un po’ insicura, annuì. Chiuse gli occhi e rivolse i palmi delle mani verso l’alto, mormorando qualcosa in greco. Una strana sensazione avvolse Gèrard, stringendogli lo stomaco in una morsa. Si sentiva cieco ma vedeva e non se lo sapeva spiegare. Anouk divenne ancora più pallida a causa delle forze che aveva perso ma si sforzò comunque ad alzarsi.
Ted si alzò e la prese prima che potesse cadere. « Ha- ha funzionato? » chiese con un filo di voce.
« Credo di sì, Anouk. » rispose Ted reggendola. Gèrard si alzò e affiancò i ragazzi. « Addentriamoci. »
« Cosa?! Vuoi intrappolarci Fernandez? » lo aggredì Ted.
Gèrard prese un respiro profondo per evitare di dare un pugno al ragazzo. « Non so se lo hai notato ma quella bestia occupa l’intera uscita! »
« Ragazzi… » chiamò Anouk. « Non so per quanto riuscirò a tenerci nascosti. Muoviamoci. » 
Con uno sbuffo Ted seguì il figlio di Atena che si era avviato nelle profondità della grotta. « Nessuno che sa usare un po’ di luce eh. » borbottò, rendendosi solo dopo conto di quello che aveva detto. Si diede dello stupido e si voltò a guardare Ted che guardava impassibile avanti.
Anouk chiamò Ted e Gèrard, avvisandoli di non riuscire più a tenere il controllo. Non erano abbastanza lontani. Tempo pochi secondi dall’avviso di Anouk che Gèrard si sentì scoperto e privato di quella strana sensazione. Male, male, male. Iskaldt si rese conto dei ragazzi che erano proprio in bella vista e ruggì in quello strano modo, iniziando a caricare i poveri ragazzi. Il figlio di Chione lasciò la ragazza stremata fra le braccia di Gèrard. « Iniziate a correre! » ordinò.
« Che cosa vuoi fare idiota?! » lo rimproverò il figlio di Atena. « Vieni! »
« Zitto e corri! » ringhiò Ted. Gèrard prese in braccio Anouk e corse via, portando la ragazza al sicuro. Si voltò indietro e vide il figlio di Chione puntare la mano contro il soffitto pieno di stalattiti e stringere il pugno, facendoli crollare tutti addosso all’animale, stendendolo e bloccandolo ma di certo non per sempre.
Ted corse verso di loro e insieme iniziarono a cercare un rifugio. Ogni volta che entravano in un cunicolo Ted lo sigillava con una lastra di ghiaccio. Certo, Iskaldt avrebbe distrutto tutte le lastre ma per lo meno lo avrebbero rallentato. Al sesto cunicolo si fermarono sia perché erano troppo stanchi sia perché in quella parte c’era qualcosa di strano. Molto strano. Nelle pareti vi erano incastonate delle pietre che illuminavano leggermente tutto quel posto che, per loro sorpresa, era un vicolo cieco. La cosa scioccante era che in quel luogo non c’era molto ghiaccio, anzi.
Gèrard fece sedere Anouk per farla riprendere e iniziò a camminare ed esplorare quel luogo. Si specchiava in quei cristalli dai diversi colori – giallo, blu, rosso, rosa – che facevano luce e guardava a terra, cercando qualcosa da usare per accendere il fuoco. Quello era un luogo di fortuna, probabilmente, perché Gèrard trovò delle pietre adatte per accendere un bel fuocherello e, fra le crepe nelle rocce, un po’ di erba secca.
« Gèrard che fai? » lo chiamò Ted.
« Ho trovato un po’ di erba secca e delle pietre. Ora cerco dei bastoni. » spiegò. Ted andò da lui e strappò i nuovi “acquisti” dalle mani del ragazzo. « Intanto io accendo il fuoco. »
« Lo sai accendere? » chiese scettico.
« Lo scopriremo. » e se ne tornò accanto ad Anouk, sedendosi a gambe incrociate. Gèrard riprese la sua ricerca, guardando in ogni angolo della grotta. Fortunatamente iniziò a trovare ciò che cercava, dato che, poggiato ad una parete, c’era un ramo abbastanza lungo per essere usato come una torcia. Ne trovò altri cinque, nascosti in parti assurde, certo, ma li trovò, tornando trionfante verso Anouk, che stava mangiucchiando un pezzetto di ambrosia per rimettersi in forze, e Ted, che era rannicchiato in un angolo con le gambe portate al petto e il viso nascosto nelle braccia poggiate sulle ginocchia.
« Eureka! » esclamò, poggiando davanti a loro quella legna.
« Ottimo, Ghiacciozilla è anche parecchio vicino quindi… » disse Ted, abbandonando la sua posizione che lo faceva assomigliare ad un bambino impaurito. Si avvicinò ai rami trovati miracolosamente da Gèrard e, presone uno, ne incendiò la punta grazie alle fiamme del fuoco che aveva acceso. « Arrostiamo qualche didietro ghiacciato. »
Gèrard e Anouk imitarono Ted, aspettando con i bastoni di fuoco il nemico che, a giudicare dalla terra che tremava un po’ ad ogni rumore di passi, era vicinissimo. Il suono di un vetro che si infrange.
« E con questa le ha rotte tutte. È qui. » disse Ted. Neanche a dirlo che il fiato gelato di Iskaldt penetrò nella caverna, spegnendo per poco il fuoco. Quando il suo brutto muso fece capolino nel loro nascondiglio Anouk rivolse il palmo della mano verso la creatura di Ghiaccio, facendo comparire intorno alla bocca piena di denti aguzzi una specie di benda color pece che evitava al ragazzone di congelare tutto.
« Al mio tre tiriamo! » gridò Gèrard, tenendo alzata quell’arma di fuoco improvvisata. «Uno… due… TRE! » i bastoni volarono, colpendo la bestia che si lamentò in modo atroce, iniziando a sciogliersi nel punto in cui era stata colpita. Dai buchi creati dal fuoco iniziò a fuoriuscire l’acqua, che doveva essere il sangue del mostro, e i semidei si affrettarono ad accendere altre armi e colpirlo. L’acqua sgorgava a fiumi e la creatura cadde con il muso sul fuoco, sciogliendosi lentamente. Quando l’anello che era appeso al naso cadde ormai Iskaldt era un pezzo di ghiaccio bucherellato. I tre esultarono. Anouk abbracciò Gèrard allegra e poi anche Ted che, un po’ riluttante, la strinse a sé. Il figlio di Chione guardò il figlio di Atena e allungò il braccio verso di lui, tendendogli la mano. Gèrard la strinse.
« Hai fatto un ottimo lavoro per essere un idiota. » ammise Ted con un sorrisetto divertito.
Il figlio di Atena scosse il capo. « Per essere un ghiacciolo mestruato anche tu non sei stato male! »
Ted accennò ad una risata, chinandosi poi a raccogliere, con molta difficoltà, l’anello del mostro. « Andiamo. » 

 
 
♦  ♦

Fu dura ritornare al palazzo di Chione. La caverna era buia, il loro sentiero era illuminato solo dalla flebile luce di un cristallo che avevano estratto e portato con loro e non ricordavano che via avevano preso, esattamente, dato che quando erano arrivati alla caverna con i cristalli scappavano terrorizzati da un mostro dall’alito di ghiaccio. Ogni minuto che passava Ted diventava sempre più preoccupato e stringeva più forte le dita intorno all’anello che trascinava, facendo sbiancare le nocche. Non lo aveva mai visto così in ansia.
« Matt sta bene Ted, non preoccuparti. » lo rassicurava dolcemente Anouk e Ted si stava sicuramente aggrappando disperatamente alla speranza che gli davano quelle parole. Gèrard non parlava molto, lanciava solo sguardi al ragazzo per vedere il suo stato che non faceva altro che peggiorare. Certo, avrebbe potuto decidere di stare zitto fino alla fine ma no, aveva voglia di parlare.
« Quindi è vero quello che ha detto tua madre? » chiese a Ted. « Sui sentimenti che provi verso Matt, intendo. » 
Ted non rispose, cercando di nascondere il viso su cui si era formato un leggero rossore. 
« Amico guarda che non è una brutta cosa. » lo rassicurò Gèrard.
« E tu? I tuoi sentimenti verso una figlia di Ade? » chiese Ted, deviando il discorso. 
« Non li nascondo mica, Ghiacciolo. » rispose Gèrard, pensando alla sua ex ragazza, Encarnation, con la quale l’ intera relazione era stata una montagna russa. « E non cambiare discorso. » 
Ted sembrò riluttante ma forse aveva il bisogno di aprirsi con qualcuno, dato che era solito tenersi tutto dentro: « Sì, provo qualcosa per Matt che va ben oltre la semplice amicizia. Ci sto pensando da un bel po’ di tempo, non riesco a immaginare la mia vita senza di lui. Peccato che sarà una vita solo di amicizia. » disse Ted con un tono di tristezza nella voce. « Dèi, sono suonato come una dodicenne innamorata. » aggiunse aggiungendo una risata di autocritica.
« Ted è una cosa bellissima! » esclamò Anouk sorridendo. « Devi assolutamente parlarne con Matt, lo sai vero? »
« Non essere ridicola! » borbottò Ted. « Che cavolo, è il mio migliore amico! È imbarazzante! Potrei rovinare tutto. »
« Ma per favore! » intervenne Gèrard. « Credo che sia già un miracolo se non ti è ancora saltato addosso baciandoti con passione! » il figlio di Atena sorrideva divertito del raro imbarazzo di Ted.
« Idiota. » mormorò scuotendo il capo.
« Comunque se non lo dici tu ci penserò io. » sentenziò Gèrard ridacchiando.
« Tu provaci e hai presente Iskaldt? Ti sembrerà un tenero gattino. » minacciò Ted. 
I tre, dopo numerosi tentativi – tutti falliti – da parte di Anouk e Gèrard di conoscere di più sulla vita sentimentale del figlio di Chione, giunsero al palazzo. Ted entrò come una furia, mentre gli altri due cercavano di stargli al passo, e, non appena giunsero nella sala del trono, Ted gettò per terra il “trofeo” davanti a sua madre, guardandola con aria di sfida.



Pendragon's Notes

Buonciao, gente ♡
*si da una controllata* sì, viva e illesa. La mia fortezza ha funzionato!  *weird happy dance*
Aehm.. sì, sforziamoci di essere serie.
DUNQUE!
Abbiamo scoperto che Chione ha una strana ossessione per gli ibridi giganti di ghiaccio desiderosi di mangiare un po' di semidei. Bah, valla a capire quel fiocco di neve che non è altro! Well, per lo meno la Provvidenza (Manzoni viene a trovarci un po' ovunque aw 
♡) ha fatto sì che il trio vincente - no ma seriamente, sto amando il trio Anouk-Ted-Gèrard ♡ - trovasse il materiale adatto per fare un bel falò e arrostire marshmallow  creare delle armi infuocate per squagliare il mostro. Gioite! Ora come reagirà Chione alla muta sfida di suo figlio? Matt si salverà? Ted ammetterà i suoi sentimenti per Matt AHAHAHAAH domanda a cui non c'ò bisogno di una risposta *evil smile*  ? Che succede/è successo fra Encarnation e Gèrard? Perchè non la smetto di fare domande? Mi aiutate?
Nico: *le tira uno scappellotto*
AHI!
Oh, ha funzionato! Grazie :3
Um, niente di che ora. Grazie mille a voi come al solito per leggere e recensire! You make me happy 
Grazie poi a _Littles_ per il betaggio impeccabile, ti adoro 
Aspetto commenti per questo capitolo :3
A presto!
Pendragon 

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII: He's beautiful but he's cold as ice ***


The rise of the darkness

He's beautiful but he's cold as ice

Matt Stevenson
 


l figlio di Eos aveva freddo, tanto freddo. Sentiva una fastidiosa sensazione di gelo che lentamente si impossessava con prepotenza del suo corpo, congelandogli letteralmente il sangue nelle vene, spostandosi pericolosamente verso il cuore. Aveva ripreso coscienza da poco ma avrebbe preferito rimanere svenuto ed incosciente fino alla fine. È così che morirò, dunque, pensava avvilito Matt. Si sentiva solo, dato che i suoi compagni erano trattenuti da quei ghiaccioli con i piedi e non potevano dargli conforto. Si sentiva incredibilmente solo, anche perché gli mancava la persona più vicina a lui. Cercò di liberarsi della sua immagine e si concentrò su qualcos’altro. Tanto era il suo desiderio di vita che iniziò a pregare tutti gli dèi – sua madre in primis – che conoscesse, implorando di salvarlo. Forse qualcuno ai piani alti aveva provato pietà per lui – o si era stancato della suavoce irritante – perché sentì le porte di ghiaccio aprirsi e qualcuno entrare con passi pesanti, buttando qualcosa per terra. 
«Iskaldt è morto » disse una voce mortalmente seria. Matt la riconobbe subito, chiaramente. « Ora mantieni la tua parola. » 
Alzando leggermente la testa vide Chione scendere dal trono con grazia ed eleganza, avvicinandosi al figlio con un sorriso sul volto. 
« Vi siete battuti bene. » 
« Ci ha visti? » chiese Anouk Goddess. 
« Ho visto tutto. » rispose Chione con tono glaciale. A quanto pare, interaggire con qualcuno che non ha il suo sangue le fa proprio schifo, notò il figlio di Eos. 
« Tutto… tutto? » chiese allarmato Ted. 
« Certo. » aveva un sorriso canzonatorio sul viso, quella stramaledetta dea. 
« Sì, ok, hai avuto una buona visione. Ora rispetta la tua promessa. » intervenne Gèrard impaziente. A Chione non piacque per niente il tono del ragazzo, Matt lo vedeva. Per un breve istante pensò che la dea volesse congelare anche Gèrard, ma non lo fece. «Va bene, » annuì lei: « ma non ora. Niamh? » 
Quella sottospecie di spirito si avvicinò alla dea pronta ad eseguire i suoi ordini: « Potresti scortare i nostri ospiti nelle camere? » mentre diceva questo le sue dita schioccarono e subito dopo sentì qualcuno correre verso di lui, tastandogli il polso. 
« Ok, è ancora vivo… » era Harry.
« Tieni questa, Ted. » sentì dire alla dea Matt. « E ora sparite dalla mia vista. » dopo quella frase Ted si precipitò dal ragazzo mezzo congelato. Matt lo guardò negli occhi e sorrise. « Ehilà, Teddy. » mormorò. Ted non rispose, alzando lo sguardo verso Harry e annuendo. L’istante dopo Matt era trascinato via con l’ausilio dei due ragazzi che seguivano un altro spiritello quasi del tutto uguale a Niamh. Arrivarono davanti ad una porta che si apriva su una strana ed arrangiata infermeria con letti decisamente poco accoglienti. Tuttavia Matt si ritrovò steso su uno di essi, tremando dal freddo. Ci fu una breve discussione fra Harry e Ted che il ragazzo non capì bene ma sentì delle gocce calde e dolci finirgli in bocca e scendergli giù per la gola. Il freddo crescente si fermò e Matt smise di tremare. Sono morto?, si chiese. Ma no non era morto, se lo sentiva. Pian piano il gelo retrocedeva, lasciandogli però quella sensazione di freddo. 
« Matt? » lo chiamò Ted. 
« Che c’è? » biascicò l’interpellato con voce roca. « Nulla. » rispose scuotendo il capo. « Harry, lasciamolo riposare. »

 
♦  ♦

Matt contava i secondi, i minuti, le ore. Era stanco di stare chiuso in quella maledetta “infermeria” da solo. Perché doveva starci la dentro, poi? Stava bene! Il suo sangue non si stava più congelando lentamente ma aveva ripreso a scorrere tiepido e regolare nelle sue vene. Perché questa esigenza di tenerlo segregato lì dentro? Contava, contava, contava. Non poteva fare altro. Aveva contato circa quattro ore e mezza e si era stancato. Alzò il busto e portò i piedi fuori dal letto, stiracchiandosi come un felino non appena fu un piedi. Si guardò intorno e, infine, prese una coperta, avvolgendosela intorno. Il rischio di congelamento era svanito, sì, ma il ragazzo continuava a sentire freddo. Si avvicinò alla porta e poggiò una mano sulla fredda maniglia, esercitando una leggere pressione e tirando piano la porta verso di sé. Camminò in punta di piedi, cercando di fare il meno rumore possibile, e si chiedeva dove fosse Ted. Guardò le varie porte confuso e alla fine si decise a provarne una. Bussò e una voce femminile si lamentò, andando comunque ad aprire. Matt la riconobbe subito: Celsi. « Matt? » borbottò assonnata. 
« Ehi, Celsi! » la salutò con un sorriso. « Per quale malsano motivo vieni a bussare alle camere della gente a notte inoltrata? » chiese sbadigliando. 
« Ho bisogno di un informazione. » spiegò il figlio di Eos. 
« E non potevi aspettare domani per averla? » chiese. 
« Um, no. » rispose stringendosi nelle spalle. « E sia. Chiedi pure. » 
« Dov’è la stanza di Ted? » La rossa si grattò il capo. « Quella lì » rispose con la voce impastatadal sonno indicando una porta posta sul lato opposto del corridoio. 
« Va bene, grazie. Buona notte, Celsi! » la salutò Matt, voltandosi per raggiungere la sua meta. 
« Mi raccomando, usate sempre le protezioni. » si raccomandò con un ghigno, per poi sparire nella sua camera. Matt scosse il capo e andò a bussare alla porta del suo amico. Rimase in piedi fuori nel corridoio per un po’, aspettando l’arrivo di Ted. Quando sentì i suoi passi un sorriso si dipinse sul volto del ragazzo. Una chiave venne girata e Ted comparve in tutto il suo splendore. « Matt cosa cavolo ci fai qui? Torna in infermeria! » lo sgridò. 
Il figlio di Eos alzò gli occhi al cielo. « Ciao anche a te. »
« Che ci fai qui? » disse contrariato. 

« Mi mancava il mio Bobby Drake. » disse semplicemente con un alzata di spalle. 
« Il tuo Bobby Drake? » chiese confuso. 
« Lascia perdere. Posso entrare? » domandò sorridendo. Ted ci pensò un po’ e poi si spostò, facendo entrare il ragazzo. Matt si diresse senza troppe cerimonie sul letto, sedendocisi sopra a gambe incrociate. Ted rimase impalato dopo aver chiuso la porta, non sapendo cosa fare. « Vieni Teddy, io ho bisogno di calore umano. » disse il ragazzo. 
« Um? » mormorò Ted, venendo riscosso dai suoi pensieri. 
Matt ghignò. « Dolcezza, so che sono super attraente ma evitadi fare fantasia poco caste su di me. » scherzò. 
Ted rispose acido: « Preferirei accoppiarmi con quella lampada piuttosto che fare anche un minimo pensiero su di te. » 
« Deve essere interessante, insomma- » 
«Continua la frase e ti caccio fuori a calci. » minacciò il figlio di Chione. 
« Va bene, va bene, sto zitto. Vieni qui e basta, però. Ho bisogno di calore umano! » si lamentò. Ted sbuffò e si avvicinò, sedendosi incerto sul letto. Il figlio di Eos si stese su un fianco, ancora avvolto nella sua coperta. 
« Ora mi abbracci. » ordinò. 
« Te lo scordi, Linus. » borbottò. 
« Ted, per favore! » pregò allungando di molto la “o” e girandosi verso Ted, mettendo su degli occhioni tristi che avrebbero fatto concorrenza al Gatto con gli Stivali. 
« No. » rispose impassibile. 
« Me lo devi. » disse. 
« Perché? » 
« Perché è colpa del tentato congelamento da parte di tua madre se ho freddo. » 
« E che colpa ne ho io?» 
« Be’, di certo non posso chiedere a tua madre di riscaldarmi con un abbraccio. » 
« Ah sì? » 
« Sì. È una maledettissima arpia con le mestruazioni di ghiaccio! » disse Matt innervosito. Odiava profondamente Chione. Ted rise. Matt amava la sua rara risata. Era dolce e gli metteva allegria. 
« Su questo non posso darti torto. » rispose Ted ancora ridendo. 
« Quindi? » incalzò Matt. « Mi riscaldi? » 
« Stai chiedendo ad un figlio di Chione di riscaldarti? Sul serio? » cercò di temporeggiare il corvino ma Matt lo fermò subito. 
« Teddy. » 
Ted si morse il labbro. « O-okay… ma ad una condizione: smettila di chiamarmi Teddy. » 
« Va bene. » acconsentì. Matt ritornò alla sua posizione originale e Ted, un po’ timidamente, lo avvolse con le sue braccia color neve, facendo combaciare il suo petto con la schiena del figlio di Eos. 
« Grazie. » sussurrò Matt, portando una sua mano a sfiorare quella di Ted. Era fredda, ma andava bene così. « Posso chiederti unacosa? » 
« E chiedila. » 
« Davvero tu… ehm… provi qualcosa per me? » chiese giocherellando con le dita dell’amico. Ted non rispose subito ma, alla fine, parlò con voce tremula: « Io.. n- » iniziò ma poi si schiarì la gola e parlò normalmente. « No, Matt. Non provo assolutamente niente. » dichiarò. 
« Ok. » rispose Matt. Calò il silenzio. Nessuno dei due parlò e Ted, probabilmente, stava già per lasciarsi abbracciare da Morfeo ma Matt pensò che quel dio non meritasse di abbracciare quel ghiacciolo con le gambe e lo chiamò:
« Ted. » 
« Che vuoi? » 
« Sei un pessimo bugiardo, ma mi piaci comunque. »

 
♦  ♦

La mattina vennero svegliati dalla porta che si apriva velocemente ed un allegro: « Se è femmina chiamatela Celsi! » 
Ted si separò immediatamente da Matt, che se la prese con comodo. « Celsi, tesoro, è biologicamente impossibile per noi mettere al mondo un pargoletto. » 
« Fa nulla! Potete adottare. » rispose Celsi. 
« Touchè. » rise Matt. 
« Ma di che accidenti state parlando?! » sbottò Ted rosso in viso. 
« Lo sai di che stiamo parlando, Ted. » intervenne Harry poggiato alla porta. 
« Aw, Ted! Alla fine glielo hai detto! » si aggiunse Anouk. 
« Detto cosa? » replicarono il figlio di Apollo e la Non-Così-Tanto-Indeterminata. 
« Nulla! » 
« “Vieni Harry, lasciamolo riposare”. Vedo come lo hai fatto riposare, caro il mio Ted. » scherzò Harry. 
« Sparite! » strillò Ted mentre Matt, alzato appoggiato sui gomiti, rideva dell’imbarazzo del suo Bobby Drake. 
« Ha ragione, donzelle. » disse Harry allontanandosi dalla porta e mettendo un braccio intorno alla spalle di Anouk con un sorriso. « Lasciamo a questi due amanti un po’ di intimità. » e si allontanò ridendo insieme alle ragazze. Ted borbottava parole poco carine contro i ragazzi che se ne erano appena andati e allora Matt lo tirò in basso per un braccio e lo abbracciò. « Buongiorno Polaretto. » sussurrò allegro. 
« Buongiorno Lampadario. » sbuffò Ted. 
« Lampadario? » chiese diverito. « Aw, quindi vuoi accoppiarti con me? » 
« Per amor degli dèi, no! » replicò il figlio di Chione arricciando il naso. 
« Ripeto: fai schifo a mentire. » ridacchiò. Ted alzò gli occhi al cielo. 
« Senti, » iniziò Matt: « credo che io e te dovremmo parlare, non trovi? » 
« No. » disse serio, liberandosi dalla stretta di Matt e scendendo dal letto, per poi dirigersi in bagno. Matt osservò tutte le sue mosse con un sorriso sulle labbra. Ted era bello, molto bello, ma era freddo come il ghiaccio. Non avrebbe mai ammesso qualcosa che fosse legato alle emozioni. Fregandosene di quel no il figlio di Eos iniziò a parlare: « Guarda che ieri non stavo scherzando, Ted. A me piaci. Davvero. Credo di aver iniziato a provare un certo interesse per te più o meno, um, da quando ci siamo conosciuti. Ecco perché ti stavo sempre addosso e cercavo di fare amicizia. Ho sempre pensato che tu non provassi nulla per me – sinceramente non pensavo che provassi nemmeno tanto affetto o che fossi capace di provare affetto ma sorvoliamo – ma quando tua madre ha detto quelle parole… Ted, per favore, ho- ho bisogno di sapere. » 
« Te l’ho detto. » rispose Ted dal bagno ma era chiaro che stesse mentendo. O, almeno, Matt sperava che stesse mentendo. 
« Ted… » disse piano. Il ragazzo uscì dal bagno. 
« Vai a darti una sistemata che poi andiamo a fare colazione. » disse semplicemente. Matt sospirò. Era una battaglia persa. Fu pronto abbastanza in fretta e insieme si avviarono nella sala da pranzo (perdendosi circa tre volte). Matt era, stranamente, taciturno e Ted non si lamentava certo di quel tanto raro silenzio, camminando con le mani in tasca. Quando arrivarono alla loro meta trovarono tutti i loro compagni già seduti e allegri – chi più chi meno, certo. Selene parlava con Michela tranquillamente, Gèrard, Daniel ed Encarnation avevano intavolato una conversazione con Celsi che sicuramente, più che altro, stava facendo cabaret. Vicino a quel gruppeto Anouk e Harry parlavano fra loro o, sarebbe più corretto dire, Harry flirtava con la ragazza, vista la sua espressione facciale e la reazione della figlia di Nyx, che sorrideva e scuoteva il capo. Quando si sedettero al tavolo e Celsi si accorse di loro iniziò a parlare a raffica. « OH! Ecco i miei ragazzi! Allora, ne abbiamo parlato tutti. Io faccio il prete – non preoccupatevi, ho tutte le carte in regola – Michela, Gèrard, Anouk e Daniel saranno i testimoni, Encarnation e Selene coloro che si lamenteranno per tutto il matrimonio e Gabriela ed Harry le damigelle! » 
« Ho sempre sognato di fare la damigella da grande! » esclamò Harry con gli occhi che brillavano di gioia. 
« Perché io e Selene dobbiamo essere quelle che si lamentano? » si lamentò, per l’appunto, Encarnation. 
« Perché era rimasto solo quel posto. » si giustificò Celsi. 
« Di che state parlando? » chiese Ted inarcando un sopracciglio. 
« Del vostro matrimonio! » rispose Gabriela con un sorriso. 
« La volete smettere con questa storia? » borbottò Matt e tutti lo guardarono con gli occhi sgranati. Borbottare non era il suo compito!

 
♦  ♦

Chione aveva finalmente donato le tanto patite armi ai semidei che di certo non capivano che cosa fossero o come avrebbero dovuto usarle. Matt, ad esempio, si rigirava in mano quella scatoletta con la tentazione di aprirla ma si doveva fermare ogni volta. L’ultima che ha aperto una scatole per curiosità non è finita tanto bene, pensava ricordandosi il mito di Pandora. Stanco di torturarsi con quella curiosità si rimise la scatolina in tasca, ritornando a concentrarsi sui suoi compagni che salutavano Harry e Celsi dato che, da quel momento in poi, sarebbero partiti per andare a cercare Apollo. Da soli. In quel momento Harry stava abbracciando forte Anouk e il figlio di Eos accennò ad un sorriso, richiamando poi Celsi: « Ehi, Rosso Malpelo! Vieni qui! » disse spalancando le braccia. 
Celsi sorrise e andò ad abbracciarlo. « Come faremo senza di te? » disse Matt stringendo la ragazza fra le braccia. 
« Non ce la farete, semplice. » rispose lei accennando una risata. « Fa attenzione, ragazzina. » si raccomandò. 
« Vedi di non morire, Mattie. Altrimenti poi con chi lo sposo Ted? » 
« Ieri mi ha professato il suo profondo desiderio di accoppiarsi con una lampadina quindi vedi tu. » Celsi rise e si allontanò dopo aver teso la mano a Ted per augurargli buona fortuna (Ted le aveva stretto la mano!), andando a sedersi sul Cavallo-Spirito-Del-Vento che aveva precedentemente sottratto alla slitta insieme ad un altro per Harry, che non sembrava molto contento di dover partire in groppa ad uno spirito del vento sotto forma equina. 
« Be’, su, gente! So che la mia presenza è un elemento necessario per voi ma dovete andare avanti per la vostra strada! » esclamò Harry salendo titubante addosso allo spirito. Con un ultimo saluto Celsi ed Harry partirono verso la destinazione che la mappa che Chione aveva donato loro indicava.



Pendragon's Notes

Hello gente ♡
Ok, questo capitolo è un qualcosa di fluff e lento di mia intenzione. Ebbene sì, questo capitolo è proprio Med as fuck perchè sì, un po di questi cuoricini (nonostante Ted sia uno stronzetto cacasotto, mpf) ci vuole sempre
 ♡
Matt è salvo! Posso finalmente uscire dalla fortezza! *esce e si ritrova una folla rabbiosa di Med shippers* Ma forse anche no *rientra*

Be', Med a parte... è avvenuta la prima separazione con Harreh e Cels che vanno gli dei solo sanno dove per recuperare un certo biondino. Ce la faranno o moriranno? Eheheh :3
Ho davvero poco da dire, oggi, quindi passiamo ai ringraziamenti:
Grazie a voi meravigliose personacine che recensite, leggete, aprite semplicemente la storia, non mi avete ancora uccisa... insomma, grazie a tutti :')
Grazie, al solito, a _Littles_ per il betaggio 

Grazie alla mia gatta che mi scalda con il suo ciccionismo peloso (?).
Buh, alla prossima! Aspetto i vostri pareri ♡

Baci,
 
Pendragon 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX: Il tuffo della morte ***


The rise of the darkness

Il tuffo della morte

Selene Winchester
 


arry e Celsi avevano lasciato il gruppo e si erano diretti verso terre lontane per salvare Apollo. La figlia di Zeus sperava veramente che riuscissero in questo salvataggio. Ammirava Apollo e la sua prole e avrebbe tanto voluto farne parte ma doveva accettare, a malincuore, di discendere da Zeus, il padre degli dèi, e se doveva sentirsi importante per il sangue che le scorreva nelle vene, be’, Selene non capiva perché. Certo, non disdegnava suo padre, sotto sotto ci teneva a lui, però… scosse il capo, inondando ancora di più la sua faccia con alcune ciocche biondo cenere. Doveva concentrarsi sull’impresa, non sul suo genitore divino.
« … E dunque per prole del cielo si riferiva sicuramente a Selene, mentre per- » la voce di Michela Green che pronunciava il suo nome la riportò ufficialmente con la testa sulla slitta di Iride. Con un’espressione poco intelligente mormorò un “hm?”, facendo zittire Michela.
« Stavo riassumendo la profezia, Sel. » spiegò la figlia di Demetra.
« Ah, già. » banalizzò con un gesto della mano.
Michela la guardò stranita. Probabilmente si chiedeva come facesse a prendere una profezia sottogamba. Il fatto era che Selene era preoccupata ma, come al solito, indossava una maschera d’indifferenza per nascondere le sue emozioni. « Dicevo… Selene, Encarnation e Daniel dovranno recuperare il carro di Apollo. Gèrard, Ted e Matt dovranno affrontare la dea dal viso truce, che no, non ho idea di chi sia e poi Gabriela, Anouk e io affronteremo il… Re. »
« Chi è questo Re? » chiese Gabriela.
Ted le scoccò uno sguardo scocciato. « Fai sul serio, Gabriela? Non hai ancora capito chi accidenti sia? »
Oggi è più girato del solito, pensò Selene. Anouk, poi, con voce calma a paziente richiamò il nome del ragazzo per rimproverarlo e poi si rivolse a Gabriela: « Gabri, avevamo accennato ad un dio primordiale, ricordi? » iniziò Anouk. « Be’, quel dio primordiale è il mio, um, patrigno? Insomma, è Erebo. »
Selene spalancò gli occhi. Aveva qualche sospetto, aveva il nome del dio delle tenebre vivo nella sua mente, ma si era rifiutata di darsi retta (cosa abbastanza strana). Se Erebo si era risvegliato… come potevano loro, un gruppo di semidei che per qualche miracolo non si erano ancora uccisi a vicenda – perché, sì, bisognava ammettere che non erano il gruppo più unito della storia -, sconfiggere il dio primordiale delle tenebre? Ma che sostanze illegali assumevano le Parche prima di tessere la tela del destino?!
« Erebo il… dio delle tenebre? » chiese la figlia di Afrodite con gli occhi sbarrati.
« No, Erebo il mio zio nano sudamericano che vende gelati in piazza. » rispose sarcastico Ted, beccandosi una gomitata nelle costole da parte di Matt che, però, non nascose un sorriso. Nemmeno Selene fu brava a nascondere un leggero sorriso divertito. Insomma, immaginarsi il temibile Erebo come un nanetto che vendeva gelati era esilarante!
« Essere gentile non ti ucciderebbe, sai? » disse infastidita Gabriela.
« Forse, ma sarebbe noioso. » replicò il figlio di Chione.
« Di un po’, Theodor, ti senti in qualche modo realizzato a comportarti così? » Gabriela era abbastanza innervosita. Selene non sapeva se intervenire o meno. 
« Um, è abbastanza divertente a dire il vero, sì. » rispose il ragazzo con menefreghismo. Gabriela serrò i pugni e allora intervenne Matt che, alzandosi, spinse Ted di lato, sedendosi fra lui e Gabriela.
« Cosa speri di risolvere, Matt? » chiese Selene.
« Appena ricominciano… una bella sberla simultanea a tutti e due e siamo tutti più contenti. » spiegò il figlio di Eos sorridendo. Tutti, meno che Gabriela e Ted, scoppiarono in una fragorosa risata. Il clima di tensione e ansia precedente si allentò un po’, come se quella risata fosse una formula magica per diradare le sensazioni negative. 
Certo, la risata allontanò pure un po’ l’ansia e la paura dai cuori dei semidei ma di certo non innalzò delle barriere protettive contro certi mostriciattoli che, sentito l’odore dei semidei e scambiatolo per quello di una succulenta bistecca, batterono le loro alacce e si stagliarono sopra i semidei. La prima a notare quelle creature fu Michela che, accigliandosi, alzò lo sguardo e, con il volto pieno di terrore, esclamò: « Grifoni! »
I semidei rivolsero il naso al cielo e, dopo aver visto quei mitologici ibridi, sentirono il raccapricciante verso di una donnina-uccello e una decina di altri mostri giunse a dare una mano ai grifoni.
« E arpie! » aggiunse Matt. « Eddai ma una che ce ne vada bene no, eh? » 
« Già, probabilmente sarebbe il caso di cambiarci nome in semisfigati. » borbottò Gèrard impugnando la sua spada.
« Io direi completamente sfigati! » replicò Selene prendendo il suo arco e incoccando una freccia, puntandola contro un grifone grazie alle lampadine fluttuanti di Matt. La lasciò sfrecciare verso la creatura, riducendola in polvere dorata che le si riversò addosso. Tossicchiò leggermente, per liberarsi dei residui di mostro che le erano finiti in bocca.
« Dèi, i grifoni fanno schifo! » disse incoccando un’altra freccia.
« Di certo non dovremmo mangiarli, Selene! » rispose Ted lanciando un raggio di ghiaccio contro un’arpia e rendendola un gigantesco ghiacciolo mitologico che cadde pesantemente in mare e, a quel punto, intervenne Daniel che fece ingoiare dalle acque quel cubetto malefico.
« E certo, saranno loro a mangiare noi! » fece Encarnation uccidendo con uno dei suoi pugnali un grifone che si era avvicinato troppo. « E fuori tre. »
« Ne rimangono circa altri ventuno. » puntualizzò Gabriela.
« Bazzeccole! » disse Matt facendo scappare un grifone tramite una palla di luce con le sembianze di un ninja scordinato. Come se quel “bazzeccole” fosse una parola d’ordine, altri mostri alati arrivarono, arrivando a circa trentasei avversari pennuti.
« Tu non stai mai zitto eh? » sbuffò Selene distruggendo altri due mostri.
« Ho una bella voce, perché privarvene? » e detto ciò un esercito di luci fluttuanti (che rendevano l’atmosfera simile a quella vistasi nel film “Rapunzel”) sotto forma di ninja, conigli e cocker – e Selene poteva anche giurare di aver visto una luce sagomata a immagine di Freddie Mercury – avvolse un’arpia, distruggendola.
Gli spiriti del vento iniziarono ad essere più irrequieti e l’equilibrio sulla slitta era precario, molto precario. Selene non riusciva più a tirare frecce così bene e allora si costrinse a chiudere gli occhi, rivolgere i palmi delle mani in alto e pregare in silenzio suo padre. Quando riaprì gli occhi si alzò del vento e delle nubi si addensarono minacciose nel cielo. In un attimo un fulmine squarciò l’aria, abbattendo cinque o sei nemici.
« Arpie arrosto… slurp! » commentò Ted congelando di nuovo un’altra arpia.
Selene ghignò e poi rivolse di nuovo i palmi verso l’alto ma, prima che potesse fulminare altri elementi, un’arpia le afferrò il braccio fra gli artigli affilati, tirandola verso il bordo della slitta. Fortunatamente la figlia di Zeus estrasse una freccia e la conficcò nel petto del mostro, disintegrandolo. Si toccò il braccio e sentì un liquido caldo e vischioso sporcarle la mano e trattenne un’imprecazione in greco fra i denti; si era procurata un bel taglio. 
« Selene! Tutto bene? » esclamò Michela. La figlia di Zeus annuì piano, un po’ disorientata a causa del dolore. Rivolse di nuovo i palmi verso l’alto richiamando un fulmine, ignorando che, debole com’era a causa della copiosa perdita di sangue che stava avendo, quell’uso dei suoi poteri poteva farle molto male. Quando il fulmine cadde gli spiriti del vento si imbizzarrirono, facendo sobbalzare il carro. Selene, con la testa che le girava fortemente, barcollò e, arrivata al bordo della slitta, si tenne saldamente con le gambe che tremavano. Il sangue continuava a sgorgare. Ci fu un’altra potente scossa e Selene non poté evitare di venire sbalzata all’indietro, nel vuoto più assoluto avvolta dalle tenebre.
Sentiva l’aria avvolgerla e la distanza d’aria bruciata sempre con più velocità.
Fantastico, è così che morirò, pensava Selene, incapace di provare anche solo a chiedere a suo padre di salvarla, dato che la paura e l’imminente morte le avevano annebbiato il cervello. Selene Winchester, il meteorite spara fulmini umano annegato nell’oceano o morto dissanguato. Grandioso, pensava ancora. Sentiva altre urla di terrore oltre al vento che le fischiava nelle orecchie. Era ad un passo dal perdere definitivamente conoscenza ma fece appena in tempo e sentire qualcosa di freddo avvolgerla e poi… il nulla.



Pendragon's Notes

Avete completamente perso le speranze dell'happily ever after con me, vè?
 Selene è andata incontro ad un triste destino, RIP.
...

...
...

Nah, sto scherzando. Se dovessi uccidere qualcuno succederebbe in modo molto più cruento e terribile quindi, state tranquilli, Selene non ha esalato l'ultimo respiro :3
Non so perchè vi sto dicendo questo ma... boh, sappiatelo per vostro uso e consumo. Dunque, abbiamo assistito ad un altro momento da SemiSfigati (cioè tutti sono da semisfigati, poracci) ma, in compenso, abbiamo un bell'arrosto di arpie e grifoni! *prende un vassoio pieno di carne* Favorite? Offre la ditta Fulmini&Saette (?) :3
Dio ho problemi seri.
Comunque sia... vi dispiace per Selene? Ve lo sareste mai aspettato? Fatemelo sapere :3
As usual, ringraziamenti time!
Grazie a voi, meraviglie, che leggete e mi lasciate qualche bella parolina e grazie a _Littles_, mi amor, che beta con tanta tenerezza (perchè, sì, sei cutie girl!) :3
Ora vado, nella speranza di non essere uccisa per Selene, lol.
A presto!

 
Pendragon 

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Capitolo 11
*** Capitolo X: Spettri del passato ***


The rise of the darkness

Spettri del passato


Michela Green
 


ichela era scioccata. Tre dei suoi compagni d’avventura erano stati sbalzati fuori dalla slitta, costretti a precipitare da una quota mortale verso il mare freddo, oscuro e inospitale che avevano sotto. Tra l’altro Selene era anche ferita, come poteva sopravvivere? Cercava di concentrarsi sull’annientare quante più arpie possibili ma, in quelle condizioni, era alquanto complicato: non poteva fare a meno di pensare ai suoi amici. Ogni colpo diventava sempre più difficile, però: Michela sentiva un contatto freddo sulle sue braccia, come se qualcuno la stesse trattenendo, limitando i suoi movimenti. Si voltava per vedere di chi – o cosa – si trattasse ma non c’era nulla se non una sensazione di disagio. 
Fortunatamente, blocchi o no, i semidei riuscirono a far fuori l’esercito di mostri e, quando anche l’ultimo grifone fu abbattuto, la figlia di Demetra corse a cercare di calmare i cavalli fatti di vento. Fu difficile, estremamente difficile, perché, insomma, sua madre era una dea della terra, non del cielo, dei venti o altro, gli spiriti non avrebbero certo ascoltato lei, e Selene, l’unica che poteva fare qualcosa, era sparita nel nulla con Daniel ed Encarnation al seguito. Semplicemente perfetto.
Alla fine, però, i pegasi si calmarono. Forse il legame che Michela aveva con la natura l’aveva aiutata a tranquillizzare gli spiriti almeno un po’ o forse qualche dio del vento aveva provato pena per loro. Ma, in qualunque modo fosse successo, l’importante era che gli spiriti non erano più imbizzarriti e i semidei non rischiavano di farsi un tuffo di decine di metri in acque potenzialmente ostili. 
Michela si lasciò cadere pesantemente al suo posto e si passò una manofra i capelli castani.
« State tutti bene? » chiese Gèrard.
« Poteva andare peggio. » rispose Gabriela esaminandosi i graffi che aveva sulle braccia. Michela annuì, ignorando le ferite che si era procurata e fissando un punto non precisato davanti a lei. Stava per entrare in un mondo tutto suo ma una presa – questa volta calda – sul suo polso, e un successivo piccolo strattone, la riportarono alla realtà. La figlia di Demetra si voltò e trovò Matt Stevenson che le esaminava le ferite con occhio critico.
« Hm… sarebbe meglio ripulirle queste ferite, potrebbero infettarsi e aggravarsi. » il figlio di Eos frugò nel suo zaino ed estrasse una bottiglietta di nettare ed un po’ di ovatta. Michela sorrise al ragazzo.
« Non sapevo che fossi un medico, Matt. » disse mentre il ragazzo le ripuliva le ferite.
Lui si strinse nelle spalle. « Sai, è uno dei miei mille talenti. »
« Ma quali talenti? » s’intromise Ted guardando il ragazzo con le braccia conserte. Matt si morse il labbro inferiore e poi si voltò verso Ted e, con una leggera punta di fastidio nella voce, disse: « Nessuno ti ha interpellato, Ted. » il figlio di Chione sbarrò gli occhi per lo stupore mentre gli occhi dei ragazzi si posavano prima su Matt e poi su Ted, per finire poi di nuovo su Matt. Non era da Matt comportarsi così, per niente, e Michela percepì che tra i due era successo qualcosa. Ted, registrato l’avvenimento, rispose a tono: « Come, scusa? » c’era tanta tensione fra i due che si sfidavano con lo sguardo e prima che il figlio di Eos potesse dare inizio ad una vera e propria discussione (ancora, non era da lui) Gèrard intervenne.
« Time out, time out. Non mettetevi a fare le prime donne, voi due, e concentriamoci sulla missione, ok? » disse il figlio di Atena fulminando i due con lo sguardo. Michela studiò Matt e notò che nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso ma erano troppo sfuggenti per poter dire cosa. La ragazza notò che Anouk studiava Ted in confusione. « Matt… » provò Michela.
« Andrà tutto bene, Mic. Selene è in gamba ed è molto forte, così come Encarnation e Daniel che, tra l’altro, è anche figlio di Nettuno, perciò l’oceano è suo amico. Se la caveranno, fidati di me. » il figlio di Eos parlava velocemente e teneva gli occhi fissi sulle ferite che stava medicando. Michela non voleva parlargli di quello e sapeva che Matt lo aveva capito ma, dalla sua reazione, preferì non indagare. « Già, hai ragione. »
« Mi chiedo perché non siamo scesi ad aiutarli. » intervenne Gabriela.
« Perché, tesoro mio, non so se lo hai notato ma eravano attaccati da mostri da ogni dove! » sbottò Ted.
« Stai calmo, amico. » ammonì Gèrard. « Comunque, Gabriela, Ted ha ragione. Non ne avevamo possibilità e quando l’attacco è finito eravamo troppo lontani, ormai. »
« Come ha detto Matt hanno Daniel con loro, l’oceano non sarà un problema. » disse Anouk. 
« Già ma, ragazzi, » intervenne Michela. « Dobbiamo scendere. »
« Perché? » chiese Matt.
« Gli spiriti sono stanchi. » fece notare la figlia di Demetra.
« Come? » Ted accennò una risata sarcastica. « Ragazza, sono letteralmente soffi di vento, non possono stancarsi. »
Michela era una ragazza paziente perciò prese un respiro profondo e continuò. « Forse l’ho notato solo io ma i pegasi di vento hanno notevolmente rallentato ed uno è rimasto con una nuvolosa zampa e basta, nell’attacco. » spiegò. « E poi anche il vento più forte cessa di soffiare, alla fine. »
« Toccante, » replicò il figlio di Chione. « ma forse, e dico forse, hai ragione. »
« D’accordo, » intervenne Gèrard. « chi vuole dare le indicazioni agli spiriti? »
Gabriela si alzò. « Ci provo io. » si avvicinò al bordo della slitta e chiese ai tassisti mitologici di atterrare non appena avessero trovato terra. Fu questione di minuti, a dire il vero. Tutto un tratto i cavalli si lanciarono in picchiata alla massima velocità e Michela, tenendosi stretta ad un bordo della slitta per non cadere, represse un urlo che le stava nascendo in gola.
« ATTERRARE! NON FARCI FARE LA FIGURA DEI METEORITI! » urlò Matt per farsi sentire oltre il rumore del vento forte che suonava nelle loro orecchie. Michela si preparò al peggio (un impatto esplosivo con nessun sopravvissuto) e strinse gli occhi, ripensando a tutta la sua vita.
Andrà tutto bene, andrà tutto bene, cercava di autoconvicersi Michela e, alla fin fine, tutto andò bene. Certo, l’atterraggio fu brusco ma, almeno, non ci furono morti. I ragazzi scesero dalla slitta in fretta (chi baciava terra, chi era sul punto di vomitare e chi si guardava intorno sospettoso), spaventati dall’idea che i loro tassisti potessero spiccare il volo all’improvviso.
« Dove siamo? » chiese Matt.
« Come se ne avessimo idea. » disse Ted passandogli lo zaino. « Dobbiamo solo goderci la visita e sperare che non succeda nulla di male. »
« Sai che succederà. » intervenne Anouk.
« Miss Positività fatta persona, eh? » la prese in giro Ted con un pugno sulla spalla. Anouk sorrise al figlio di Chione. 
« Ho un motivo per essere pessimista in questi casi. » rispose Anouk. Michela si ritrovò a concordare e si sedette per terra, poggiando la schiena contro il tronco di uno degli alberi della foresta dove erano atterrati. 
« Forse dovremmo accendere un fuoco. » disse strofinandosi le mani per creare un po’ di calore. « Vado a raccogliere un po’ di legna. »
« Vengo con te. » decise Anouk avvicinandosi alla figlia di Demetra. Allora si aggiunse anche Matt, che stava creando delle nuove lucette volanti. « Vi accompagno. Non voglio lasciare due donzelle a vagare da sole nei boschi. »
« Romeo. » schernì Ted alzando gli occhi al cielo.
Matt alzò gli occhi al cielo. « Gèrard occhio che Gabriela e Ted non si scannino. » disse. « Andiamo. »
I tre semidei si inoltrarono nel bosco con l’ausilio delle luci di Matt e guardavano ai loro piedi se c’era qualche ramo caduto che poteva servire per alimentare un fuoco. Ogni qual volta che ne trovavano uno lo raccoglievano e lo tenevano stretto fra le braccia, in completo silenzio. Più camminavano, meno parlavano e più Michela si sentiva a disagio. Percepiva di nuovo una strana sensazione, sentiva degli occhi estranei che la fissavano e ogni tanto provava un po’ di freddo, come se un secchio di acqua ghiacciata si liberasse del suo contenuto su di lei. A causa di questo disagio la figlia di Demetra si schiarì la voce e parlò, cercando di dare una risposta ai suoi dubbi. « Che ti succede, Matt? » chiese dopo aver raccolto un altro ramo caduto e voltandosi a guardare il figlio di Eos che, in tutta risposta, si strinse nelle spalle.
« Cosa? Sto benissimo. » rispose lui.
« Intendo per come ti comporti. » spiegò Michela.
« Già, sei strano. Sei freddo, non rispondi alle provocazioni con delle provocazioni e, soprattutto, tratti male Ted. » diede manforte Anouk.
« Non ho nulla, sono solo entrato in un periodo no. » minimizzò. Il caro figlio di Eos, però, non sapeva che se due ragazze volevano sapere qualcosa l’avrebbero saputa.
« Questa scusa non regge, » disse Michela. « ti comporti così solo quando si tratta del tuo amico. »
« Deve essere successo qualcosa fra di voi. » asserì Anouk. « Qualcosa di brutto, al contrario di quanto avevo sperato. »
Matt si passò una mano fra i capelli tinti e sbuffò. « Sono solo frustrato da lui. »
Anouk accennò un sorriso. « Se ci fosse stato Harry avrebbe detto che voi due siete costantemente sessualmente frustrati. »
« Quel tipo ha una brutta influenza su di te, An. » scherzò Matt e la figlia di Nyx gli diede una spinta amichevole, accennando ad una risata.
« Tu invece, Mic? » chiese poi il ragazzo. « Come stai messa a ragazzi? »
La figlia di Demetra gli puntò un rametto contro e il ragazzo alzò le mani come se lo stessero minacciando con una pistola carica di proiettili. « Non ci provare. »
« Frena, » disse abbassando il rametto. « provare a fare cosa? »
« A cambiare discorso, Lamp-Man. » disse Michela.
« Beccato. » ridacchiò Matt.
« Ci spieghi che diamine hai? » Anouk guardava Matt con fare indagatorio, come se la risposta alle sue domande si celasse dietrolo strato di pelle del ragazzo. Il figlio di Eos si passò il pollice sul labbro inferiore e sbuffò, dando un calcio ad un sassolino.
« So com’è fatto, non pretendo dimostrazione d’affetto enormi o roba simile ma… porco Crono, ho confessato di provare qualcosa per lui e niente, si è comportato al solito io non sono gay e ha ignorato la questione, continuando anche a comportarsi come un maledetto idiota. » sbottò esasperato e stringendo i pugni. 
Michela si morse il labbro e si avvicinò al ragazzo, poggiandogli la mano sul braccio e tirandolo poi in un abbraccio. « Matt… » sussurrò. Il ragazzo si divincolò dall’abbraccio con le guance arrossate e gli occhi pericolosamente lucidi. 
Anouk sbuffò una risata e i due la guardarono confusi. « Perché ridi? » chiese Matt.
« Nulla è solo che… Ted è etero nella stessa misura in cui io sono ottimista! » ridacchiò. « Fa solo fatica ad accettare questi sentimenti troppo grandi e nuovi ma tranquillo, alla fine ci riuscirà. »
« Be’ se lo dice la dottoressa Goddess allora sono pi- ma che è questa roba!? » esclamò il figlio di Eos guardando per terra. Michela seguì il suo sguardo e notò una densa coltre di nebbia addensata intorno ai loro piedi. Improvvisamente i ragazzi furono scossi da dei brividi e il loro fiato fuoriusciva sottoforma di nuvolette bianche.
« Prima non faceva tanto freddo. » notò Michela battendo i denti.
« No, infatti. » convenne Anouk. 
Matt, dopo aver scandagliato la zona, indicò un punto a circa venti metri da loro, avvolto fino all’orlo dalle nebbie. « Viene da lì. Andiamo a dare un’occhiata. »
« Sì, certo, andiamo incontro ad una violenta e tremenda morte da film horror. » sbuffò Anouk. Michela diede una pacca sulla spalla a Matt.
« Il tuo Ted è tanto gay. » disse per poi iniziare a camminare.
Dopo aver bruciato i metri di distanza che gli separarono da quella che si rivelò una grottta ci fu una discussione su se fosse meglio entrare o meno e chiaramente, alla fine, entrarono, con Anouk che ripeteva « Peggiore idea di sempre. »
Nella caverna si sentivano sussurri, lamenti e, talvolta, grida disperate, come se stessero torturando qualcuno. 
« Che razza di posto è questo? » chiese Michela rabbrividendo.
« Il posto dove si sta consumando la- » iniziò Anouk, che venne però interrotta da Matt.
« La peggiore idea di sempre, abbiamo capito. » tagliò corto il ragazzo fermandosi e portandosi una mano sul fianco, iniziando a tamburellare con le dita sul suo bacino. « Ci sono tre gallerie. Ottimo. Quale prendiamo? »
« Non dovete scegliere. » disse una voce femminile. I tre sobbalzarono. « Tre entrate, una per ognuno di voi. »
« Chi è la? » chiese Matt in allerta.
« Non mi conoscete? » chiese la voce.
« Ehm no. Sarebbe così gentile da presentarsi? » disse Michela.
« Io sono il soffio della morte, il freddo che provi nelle ossa, la persecuzione, il tuo nome chiamato nel silenzio. » rispose la donna.
« Um, » disse Matt. « No, mi dispiace. Non conosco nessun soffio della morte eccetera ma, se mi cerchi su facebook, possiamo fare amicizia. »
« Scherzi con me, giovane semidio? » ringhiò la voce.
« Solo per alleggerire la tensione in questo mortorio, sai. » continuò. Michela gli sferrò una gomitata ma Matt non se ne curò più di tanto. « Coraggio! Fatti vedere, soffietto! »
La nebbia si concetrò in un punto, creando un piccolo uragano nebbioso, dal quale uscì una donna. Il viso era di un pallore mortale, gli occhi completamente neri e il corpo avvolto in un vestito color neve. Era dannatamente inquietante e l’alone di disperazione intorno a lei non migliorava la situazione. Michela ragionò velocemente e sputò fuori un nome.
« Melinoe. » disse sbarrando gli occhi.
« La dea dei fantasmi? » chiese Matt. « Ah ora si spiega il mortorio. »
« L’ultima volta sei quasi diventato un polaretto perciò… chiudi il becco. » sussurrò Michela.
« Andate nella gallerie. » intimò Melinoe. Michela prese il suo strinse il suo pugnale, nonostante sapesse che era perfettamente inutile contro la dea e contro i fantasmi.
« Non mi alletta molto come idea, mi dispiace. » rispose Anouk. Gli occhi della dea scintillarono e una folata di vento spinse i ragazzi all’indietro. A Michela facevano male le braccia e la caviglia, aveva fatto un pessimo atterraggio. Si alzò in piedi barcollando e poggiò una mano sulla fredda parete. Si guardò intorno e vide che sparse ovunque nella galleria c’erano una dozzina di candele che, insieme alla nebbia fredda, davano un’aria inquietante al posto. La figlia di Demetra si chiese cosa avesse in mente Melinoe. Perché erano la dentro? 
« Guardate chi c’è! » esclamò una voce. Michela si congelò e fissò dritto davanti a lei. Un ragazzo alto, con i capelli biondi tirati indietro con un po’ di gel. « Michela la pazza! »
Michela strinse i pugni. « Goeff. » sibilò.
« E Alexander. » disse una seconda voce e un altro ragazzo comparve davanti a lei.
« E Logan. » ed ecco un altro ragazzo.
« Anastasia e Sarah. » due ragazze vestite alla moda, quasi del tutto identiche, la fissavano con superbia. 
Gli incubi della sua vita scolastica.
« Parli ancora con gli animali? » chiese Logan con un ghigno.
« Certo che sì. » intervenne Anastasia.
« Non ha amici, con chi altro potrebbe parlare? » la gemella rise con cattiveria e Michela avrebbe solo voluto darle un pugno. 
« Che volete?! » ringhiò la figlia di Demetra. « Non siete nemmeno morti, che ci fate con gli spiriti? »
« Siamo i fantasmi del tuo passato, pazzoide. » rise Alexander.
Michela indietreggiò senza volerlo e Geoff – no, quello non era Geoff Kal, era solo un illusione, non era reale. « Siete solo un illusione! » gridò. 
« Forse, ma ciò che diciamo è vero. » disse Geoff. Michela si voltò e si allontanò verso l’uscita con passo veloce.
« Ed eccola di nuovo che scappa! » disse Sarah.
« Vuoi essere una degli eroi che salveranno il mondo quando scappi in continuazione. Oltre che pazza sei pure fifona! »si aggiunse Anastasia.
« Si chiedono perché l’impresa fallirà e be’, è semplice: Michela Green. Condurrai tutti ad un fallimento tremendo, ad una morte atroce. Sara il fallimento dell’impresa! »
Michela sentiva le ginocchia molli. « Chiudete la bocca, voi non ne sapete nulla. » disse a denti stretti.
« Certo che lo sappiamo. Siamo spiriti, gli spiriti sanno tutto. » disse Logan.
« Voi siete vivi e vivete molto, molto lontano da qui perciò so che è un’illusione, questa. » Michela scuoteva il capo e si tappava le orecchie, giacchè le “accuse” continuavano a volare. Non riusciva a parlare o a reagire ma, ad un tratto, sentì delle urla e dei lamenti e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi. « Anouk! Matt! » esclamò e si voltò a correre.
« Scappa pure, pazzoide! Sarà una gioia vederti fallire! » ripetevano ancora le voci.
« Crepate nel Tartaro! » urlò e, combattendo con tenacia contro gli spiriti che provavano a trattenerla, si ritrovò fuori dalla galleria e le sue gambe cedettero, facendola cadere per terra.
Non aveva molta forza nel suo corpo ma, sentendo le urla dei suoi amici, si affrettò ad appoggiarsi alla parete e tirarsi su, trascinandosi nel secondo tunnel. Sentiva la voce di Anouk forte e chiara, così come il suo pianto, e si fece forza per andare a cercare e tirarla fuori di lì. La nebbia era fittissima e per poco Michela non inciampò nella figlia di Nyx, rannicchiata per terra con le orecchie coperte dalle sue mani. Lacrime disperate scorrevano lungo le guance della ragazza.
« No! Vattene via! » strillava Anouk disperata. Michela le prese il viso fra le mani e la guardò dritta negli occhi. 
« Anouk! Non è reale, non è reale. Qualsiasi cosa tu stia vedendo non è reale! » diceva, cercando di riportarla alla realtà. « Devi capirlo! Devi accettare che non è reale e tutto finirà, An! » continuava Michela ma Anouk scuoteva il capo e piangeva. Michela si concentrò e riuscì a vedere ciò che vedeva la figlia di Nyx: un uomo. Si somigliavano abbastanza, perciò la figlia ipotizzò che quello dovesse essere suo padre.
« Non era questo ciò che avevo programmato, hai scombussolato i miei piani. » ringhiò l’uomo. Anouk strinse gli occhi. 
« Mi dispiace! » urlò.
« No, no! » disse Michela scuotendola. « An, An va tutto bene. Va tutto bene. Lui non è qui, lo sai vero? Non è qui, An. » ripeteva Michela ma non cambiava nulla.
« Tu… sei solo la testimonianza di un errore compiuto con la donna sbagliata, la donna che mi ha rovinato la vita! » continuava il padre.
« No Anouk, non è vero. Tu sei una ragazza forte, coraggiosa… straordinaria. Non sa quello che dice, An, non lo sa. Tu non sei un errore, va bene? »
« Lo è, è debole. » si intromise l’uomo.
Anouk scuoteva il capo. « Vattene via! Vattene! Cosa vuoi da me?! »
« Anouk è solo un’illusione! Per amor degli dèi, è Melinoe che gioca con il tuo cervello. Lui non è qui! » continuava Michela. « Non è qui e mai lo sarà, non ti toccherà mai. »
Anouk, a quelle parole, sembrò reagire. Tolse le mani dalle orecchie e riaprì gli occhi rossi e gonfi. « Non… non è qui? »
« No, Anouk. » confermò Michela.
« Un’illusione. Una stupida illusione… lui non è qui! » Anouk scattò in piedi ed estrasse il suo pugnale di ferro dello Stige avventandosi contro lo spirito e colpendolo. Questo esplose in un mare di nebbia e Anouk, distrutta, si poggiò alla parete tremando. Michela la osservò mentre si metteva una mano sulla tempie e assumeva un’espressione di dolore. « Stai… stai bene? » chiese. Era una domanda stupida, ovvio che non stava bene. Anouk, molto onestamente, scosse il capo in segno di diniego. « Ehi, » disse Michela mettendole una mano sulla spalla. « è tutto finito. Tutto finito. »
Anouk emise un sospiro tremulo. « Ce la fai a camminare, An? » chiese la figlia di Demetra. « Dobbiamo recuperare Matt. »
« Matt! » esclamò Anouk staccandosi troppo velocemente dalla parete e perdendo l’equilibrio. Se non fosse stato per Michela sarebbe caduta con la faccia a terra. « Sì, sì. Ce la faccio, andiamo a salvarlo. » balbettò. Michela annuì e l’aiutò ad uscire.
« Ah, maledette! » Michela riconobbe immediatamente la voce di Melinoe e imprecò mentalmente.




Pendragon's Notes

Buonsalve a voi, people! si ho cambiato di nuovo nickname, don't judge me
E siamo giunti al decimo capitolo di questa interattiva undicesimo se contiamo l'introduzione ma vabbè  e, sorprendentemente, sono ancora viva e vegeta, io. Onestamente non l'avrei mai detto dopo, um, tutte le cose brutte che ho fatto passare a certi personaggi (e che continuo a far passare) #BadKarmaForMe.
Da undici che erano son rimasti in sei, i nostri cari amichetti, e si son ritrovati ad essere i vicini di casa temporanei di Melinoe. Che allegra compagnia! Già, di tutti i posti dove potevano atterrare son finiti proprio in bocca a Melinoe, che sfiga, eh? *sadist smile*
Tra l'altro Anouk, Michela e Matt, seguendo la perfetta logica dei film horror, si sono avventurati nel luogo spettrale e pericoloso invece di tornare indietro worst idea ever, ma perchè nessuno ascolta mai noi persone pessimiste? e hanno dovuto affrontare i loro spettri passati. Michela la gente bigotta che la tormentava a scuola, Anouk suo padre e Matt... che cosa è toccato a Matt? 
Quanto posso essere bastarda per finire il capitolo in questo modo AHAHAHAHA  *evil raccoon laugh*
Vabbè, su, prima o poi lo scoprirete :33
Dunque, vi volevo ringraziare perchè leggete questa storia, per lasciarmi un piccolo parere e, soprattutto, per avermi fatta arrivare illesa ad oggi nonostante i possibili propositi di violenze, torture, uccisioni etc che avete avuto contro di me più di una volta, sicuramente. Mi sto divertendo veramente tantissimo con questa storia (il sadismo regna sovrano!) e spero che a voi possa sempre continuare a piacervi:3
Ora vi lascio, ci si sente!
Baci,
 

Pendragon 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo XI: A quanto pare ai fantasmi non piace il sale ***


The rise of the darkness

quanto pare ai fantasmi non piace il sale

Gabriela Suarez
 


ed guardò verso il punto in cui tre dei loro compagni si erano allontanati. «Ci stanno mettendo troppo» asserì, cercando di celare una certa preoccupazione che, però, non passò inosservata a Gabriela. All’inizio non ci diede molto peso a quella nota triste e preoccupata ma poi, vedendo il piede del ragazzo alzarsi e abbassarsi colpendo il suolo con un ritmo irritante e osservando come i suoi occhi si spostavano dal terreno verso quella
direzione. La figlia di Afrodite accennò un sorriso, capendo il perché di quel nervosismo.

Nonostante non nutrisse particolari simpatie per quel figlio di Chione provò una strana morsa di compassione e tenerezza. 
«Dai non preoccuparti,» disse piano; «ora tornano.»
Ted le scoccò un’occhiata infastidita. «Ehi, principessina,» disse, per poi schioccarle le dita davanti agli occhi con fare arrogante, «puoi abbandonare il tuo mondo di unicorni rosa e nuvolette glitterate e tornare nel mondo reale?»
Gabriela vide Gèrard ghignare e scuotere il capo. Lei sbuffò e incrociò le braccia al petto, indispettita. «Cercavo di aiutarti, Ted.» sbottò.
«Non l’ho apprezzato» disse. 
«Ted calmati.» anche Gèrard cercò di rassicurare il figlio di Chione. Quest’ultimo si strinse il ponte del naso fra indice e pollice e sbuffò, alzando poi la testa di scatto.
«Sono l’unico ad aver notato una cosa semplice e preoccupante?!» scattò.
Gabriela si chiese a cosa si riferisse il moro, prendendo fra le mani una ciocca castano chiaro e passandosela fra le dita, con fare pensoso. Lei non aveva notato niente di strano che gridasse “Pericolo! Pericolo! Giovani semidei stanno rischiando di incontrare Caronte!”. Probabilmente era troppo preoccupato per un certo figlio di Eos…
«Che cosa c’è di strano?» chiese alla fine la figlia di Afrodite.
Il ragazzo sbuffò. «Prima Matt aveva dato vita a due piccole luci, di quelle che “fabbrica” lui, e si vedevano mentre ora…»
«Oh.» dissero Gabriela e Gèrard, rendendosi conto di quello che aveva detto il figlio di Chione. Il figlio di Atena si alzò di scatto, sguainando la spada.
«Andiamo.» disse sicuro di sé, iniziando a fare strada. Gabriela si portò una mano dietro la schiena e afferrò il manico della sua katana, tirandola fuori stringendola forte fra le mani. Camminava dietro il figlio di Atena, guardandosi intorno per scovare possibili pericoli perché, data l’aria tetra del luogo, di pericoli ce ne erano eccome. Gli occhi grigio perla della figlia di Afrodite si posarono su una grotta avvolta dalla nebbia, una nebbia che sapeva di innaturale, che ispirava fortemente il desiderio di starne alla larga.

Chiaramente ci andremo comunque, intuì Gabriela un po’ spaventata. Guardò i suoi due compagni d’avventura e dopo avergli visti fissare l’entrata della grotta e poi guardarsi negli occhi dando vita ad un muto discorso lei, mordendosi il labbro, disse: «Maddai, non possono essere stati tanto stupidi da entrare lì dentro!» 
«Siamo semidèi,» replicò Gèrard: «siamo tanto stupidi
Il figlio di Chione le lanciò un’occhiata quasi di biasimo. «Guarda che se hai paura puoi startene qui, principessina. Nessuno sentirà la tua mancanza.»
Gabriela lo guardò irritata. «Non ho paura. Andiamo» e si portò avanti, urtando con poca grazia la spalla di Ted e sorpassandolo, andando avanti con passo austero. Mentre camminava sentì Gèrard dire qualcosa come “datti una calmata, tigre” verso Ted, che replicò con qualcosa che Gabriela sperò di aver capito male. Come poteva tanta acidità essere compressa in una sola persona? Sbuffò infastidita mentre si ritrovava ad un passo dall’entrare nella caverna. Sentì una mano fredda sulla sua spalla darle una pacca.
«Su, cuor di leone, prima le donne» la provocò Ted, lanciandole un’occhiata piuttosto eloquente. La figlia di Afrodite storse il naso al ragazzo ed entrò. Il freddo le penetrò nelle ossa, facendola rabbrividire, ed una sensazione di paura e disagio cominciò ad invaderle lentamente il corpo. Strinse più forte la sua katana e rimase immobile, mentre i suoi compagni la raggiungevano. Averli accanto la rassicurò un po’ e cercò di ignorare quella strana sensazione che le stringeva il cuore in una terribile morsa.
Ad un tratto una voce graffiante, acuta, fredda e spettrale invase le orecchie della figlia di Afrodite.
«Ah, maledette!» le nebbie si dissiparono lentamente e, mentre queste si allontanavano, Gabriela riuscì a cogliere un dettaglio particolare ed inquietante: non erano nebbie. Erano spiriti, tanti fantasmi uniti che avevano colonizzato quella zona. Tra tutti quelli spiriti riuscì ad individuare una donna che era consistente, che era viva, toccabile al contrario degli spettri. Vide i lunghi capelli disordinati e pieni di nodi dello stesso colore delle ali di un corvo che arrivavano a metà schiena, dove si vedeva l’inizio di un vestito di lino bianco. La pelle delle braccia sembrava un foglio di carta, dal pallore, e Gabriela presto capì che quella donna non era una semplice donna e che, soprattutto, non aveva buone intenzioni. Gabriela si sporse ulteriormente e vide due altre figure, palesemente stanche, distrutte, soprattutto quella che identificò come Anouk Goddess. La donna stava per attaccare e Gabriela intervenne, facendo l’azione più stupida che potesse fare.
«Ehi!» urlò. La donna si girò, con una smorfia di rabbia dipinta sul volto che traspariva con violenza dagli occhi… neri. Quella donna aveva gli occhi completamente neri! Il coraggio che Gabriela aveva raccolto scemò a quella vista ma ormai il danno era fatto.
«Altri semidei, perfetto» sibilò la donna, «mi divertirò di più.»
Gèrard si fece avanti, studiando la donna. «Sei Melinoe, giusto?»
Melinoe…, Gabriela scavò nella sua mente per ricordare quel nome e, alla fine, lo trovò. Ma certo! La dea dei fantasmi! Ora tutto iniziava a quadrare.
La dea annuì.
«E vuoi farci del male, torturarci psicologicamente?» chiese il figlio di Atena. Gabriela lo guardò come a dire non è forse ovvio? ma tenne quel pensiero per sé.
«Esattamente!» esclamò la dea con un sadico sorriso che si faceva largo sul suo volto pallido.
«Sul serio?» chiese ancora Gèrard. «Da quel che so io, tu sei la dea che faceva superare le paure, gli spettri di una persona. In un modo un po’ dark hai sempre agito per il bene. Che cosa è cambiato?» aggiunse Gèrard. Melinoe strinse i pugni.
«Tutto» sibilò.
«Sì, questo lo avevamo poco poco notato.» intervenne Ted bruscamente. 
«E perché?» domandò il figlio di Atena.
«Perché a rafforzare le persone che cosa ho ottenuto?» chiese di rimando la dea. «Ah, già, nulla. Sono stata dimenticata, segregata in una grotta negl’Inferi, senza il potere di fare nulla!» ringhiò poi.
«Ora sei fuori dagli inferi, però.» notò Gabriela.
«Nuovo datore di lavoro.» rispose semplicemente la dea. «Mi ha tirata fuori dall’Oltretomba, mi ha dato un paio di lavoretti da fare e io gli sono debitrice, sono al suo completo servizio.»
Ted fece schioccare la lingua. «Quindi non si leverà di torno neanche con un per favore?»
«Sì» rispose la dea.
«Guardi che i miei per favore sono a dir poco rari.» fece ancora Ted.
«Confermo» commentò flebilmente Anouk.
Gabriela non capiva perché stavano facendo salotto con quella dea invece di aiutare Anouk, Michela e Matt e, tra l’altro, non vedeva traccia di quest’ultimo, anche se sentiva delle urla che assomigliavano in modo preoccupante a quelle di Matt. Poi si lamentavano se perdevano pezzi! 
«Mi faccia indovinare,» disse Ted: «il suo nuovo datore di lavoro è un simpatico tipetto di nome Erebo
«Sei un tipo sveglio.» ironizzò la dea, «E voi siete contro Erebo.»
«Sei una tipa sveglia.» replicò Ted, facendo il verso alla dea degli spettri.
La dea lo guardò con un ghigno. «Sei simpatico. Potrei pensare di risparmiarti e renderti il mio schiavo a vita.»
«Che gentile,» disse Ted, «ma mi sento costretto a declinare l’offerta.»
«Ingrato.» fece la dea. «Allora ti torturerò e ti ucciderò come gli altri.»
«Viva l’uguaglianza!» esclamò Ted. Solo quando Gabriela vide lo sguardo concentrato di Gèrard capì cosa stava succedendo. Quel botta e risposta fra Ted e Melinoe serviva a guadagnare un po’ di tempo per far pensare ad un piano il figlio di Atena. Gabriela sperò che quel tempo fosse stato sufficiente. 
«Possiamo offrirti di meglio.» disse poi Gèrard.
«Anche se fosse… non sono interessata.» dichiarò fermamente Melinoe con un’alzata di spalle.
«Un posto sull’Olimpo.» propose il figlio di Atena. Gabriela lo guardò scioccata. Un posto sull’Olimpo?! Era praticamente impossibile!
La dea scoppiò a ridere. La sua risata era fredda e ti dava la sensazione di mille pezzi di vetro conficcati nel cuore. «Come se gli dèi potessero acconsentire!»
Gèrard si strinse nelle spalle. «Lo faranno. Mi fido di loro.»
«E come mai?» chiese la dea con un sopracciglio alzato.
«Perché è grazie a loro se ora ti sconfiggerò.» affermò sicuro di sé. Gabriela pensò che quel ragazzo dovesse essere veramente impazzito. Con cosa potevano sconfiggerla? Era una dea e loro dei semidei. Avevano davvero poche speranze.
«Ah sì?» lo derise la dea. Gèrard mise una mano dietro la schiena, come facevano gli illusionisti davanti ai bambini piccoli prima di mostrar loro della così detta magia, e poi la riportò avanti, stringendo in mano un barattolo lungo di alluminio. Gabriela non sapeva per cosa essere più confusa: se per come aveva fatto a far apparire il barattolo o per l’utilità del barattolo.
La dea lo guardò con aria di sospetto. «Che cosa c’è lì dentro?»
«Sale.» rispose Gèrard con un sorriso divertito. La figlia di Afrodite ci pensò su e poi realizzò che, a quanto ne sapeva, il sale allontanava gli spettri. Certo, Melinoe non era proprio un fantasmino ma magari il principio era sempre quello. Sperava.
La dea sibilò e con un gesto veloce della mano spinse uno spirito contro i tre. Prima che Gèrard potesse gettare del sale sul fantasma intervenne Ted che lo colpì con un raggio di ghiaccio. Il getto colpì la faccia di ectoplasma del fantasma che deviò e sgusciò in un angolo oscuro della grotta. Mentre Melinoe era impegnata ad imprecare Gabriela colse l’attimo, scagliandosi addosso alla dea e colpendola allo stomaco con la katana. Lacerò il vestito bianco e dalla ferita iniziò a sgorgare l’icore. Melinoe si portò una mano sulla ferita, lasciando che il fiotto abbondante di liquido color oro le impregnasse le mani.
Anche Gèrard colse l’attimo. In un secondo aprì il contenitore e le lanciò dei bianchi cristalli di sale addosso. Dove il sale aveva fatto contatto la pelle della dea iniziò a bruciare a sanguinare finché, dopo il secondo getto, non sparì in un urlo.
Mentre Gabriela si aggrappava alla speranza di aver vinto la dea, Gèrard intervenne.
«Diamoci una mossa, non tarderà a tornare.» affermò per poi dirigersi verso Anouk e Michela. Un altro urlo fece muovere Gabriela e Ted, che si avventurarono in una galleria, quella dalla quale venivano le urla. I fantasmi si ritiravano con lentezza verso gli angoli bui della zona, cercando comunque di afferrare i nuovi arrivati con le loro gelide mani fumose.
«Matt!» chiamò Ted, ma il suo amico non rispose. Allora lo chiamò anche Gabriela ma, comunque, la risposta non giunse. Mentre disperavano per cercarlo sentirono un singhiozzo, un pianto sommesso, e cercarono di seguire il suono di questo. Fortunatamente – se così si può dire – il pianto era di Matt, che giaceva per terra in posizione fetale. Numerosi fantasmi lo afferravano da svariate parti e Gabriela giurò di aver sentito delle voci flebili dire “vieni con noi, unisciti a noi”. La figlia di Afrodite minacciò i fantasmi con la katana e intimò loro di andare via. Forse fu un po’ di lingua ammaliatrice che contribuì a sottomettere gli spiriti ma, ora come ora, non era importante. Ted si inginocchiò accanto al figlio di Eos e iniziò a scuoterlo, chiamando il suo nome. 
Gabriela vide i capelli, tinti di verde, di Matt appiccicati al suo viso a causa del sudore e dalle lacrime che sgorgavano dai suoi occhi. La pelle era bianca quasi come quella di Melinoe e ciò era alquanto preoccupante. Gli diede dei leggeri schiaffetti sul viso madido di sudore e, questa volta, Matt rispose, chiedendo in un sussurro se quello accanto a lui era davvero Ted.
«Sì, sì, sono io. Dobbiamo uscire di qui.» disse Ted con urgenza, tirando il figlio di Eos su per un braccio, mettendolo con la schiena dritta. Questo, però, si aggrappò al figlio di Chione, stringendolo in un abbraccio disperato e scoppiando a piangere ancora più forte.
«Non possiamo uscire di qui» pianse, per poi allontanarsi bruscamente. «E tu non sei reale. Lo so che non lo sei, qui è tutto un inganno.»
«Certo che sono reale, razza di idiota!» sbuffò Ted. «Alza il tuo flaccido sedere e usciamo di qui. Adesso» afferrò di nuovo il braccio del figlio di Eos e Gabriela afferrò l’altro, aiutando il figlio di Chione. Quando fu in piedi – anche se le sue gambe tremavano e doveva per forza aggrapparsi ai due per non cadere – Gabriela e Ted lo trascinarono fuori da quel tunnel, sperando che Melinoe non fosse già ritornata all’attacco. 
«Eccoli!» esclamò Gèrard non appena vide i tre ragazzi fuori dalla galleria. «Non abbiamo molto tempo, i fantasmi stanno già tornando e ciò significa che sta tornando anche lei. Di corsa!»
Correndo velocemente – o, almeno, provando a correre velocemente, dato che trascinarsi un figlio di Eos mezzo morto dietro non consentiva il massimo della velocità – giunsero all’uscita dalla grotta, precipitandosi fuori con un salto. Gèrard si fermò e s’inginocchiò per terra, iniziando a mettere una linea di sale lungo tutta l’apertura del buco che faceva da entrata.
«Che fai?» chiese Gabriela.
Gèrard finì la sua opera e poi si alzò, guardandola dritta negli occhi. «Le blocco la strada.» disse semplicemente.
«Andiamo alla slitta.» ordinò piano Ted, guardando Matt. Gli altri annuirono e iniziarono ad allontanarsi, questa volta più lentamente. Ad un tratto sentirono un urlo di rabbia e frustrazione e si voltarono, trovando la dolcissima Melinoe che cercava di superare quella barriera di sale senza, però, riuscirci.
«Con questo affronto avete scritto il capitolo finale delle vostre vite!» urlò la dea imbestialita.
«Diamoci una mossa» disse Gèrard.
«Che fretta c’è? È intrappolata.» replicò Gabriela.
Gèrard le scoccò un’occhiata. «Sì, lo so, ma è una dea, non so per quanto il sale potrà trattenerla.»
La figlia di Afrodite annuì, accelerando il passò in direzione della slitta. Mentre correvano Gabriela si voltò verso Gèrard e gli pose un'altra domanda.

«Ma come hai fatto con il sale?» domandò con il fiatone.
«Ho pregato mia madre,» disse. «le avevo chiesto qualcosa per fermare Melinoe.» aggiunse poi senza fermarsi e senza voltarsi verso Gabriela.
«Non ho mai amato Atena così tanto!» esclamò Michela, ancora visibilmente scossa per l'incontro con Melinoe.  La figlia di Afrodite non poteva certo biasimarla.

Quando raggiunsero la meta Gabriela emise un sospiro di sollievo. Erano vivi.



Pendragon's Notes

Salve bella gente!
Sono tornata! Gioite! *si sentono in lontananza dei grilli*
Grazie, grilletti. Voi non mi abbandonate mai 

Bene! Sotto il POV di Gabriela abbiamo assistito all'incontro tra Melinoe e la sua sconfitta seh come no, come se fosse finita qui! Ringraziamo Atena e la sua immensa utilità. Ripetete dopo di me: grazie divina Atena

Atena= *compare* non c'è di che *scompare*
c: Comunque... be', Matt ha rischiato di morire. Di nuovo. Non sarà il caso di... *si nasconde nella sua fortezza* Ok, continuiamo. Matt ha rischiato di morire di nuovo perchè, poraccio, ha la sfiga del personaggio amato da tutti che, come ben saprete, consiste in una sofferenza atroce e una morte. Anche se non sempre quest'ultima... ma la sofferenza sì, costantemente.
Nico= E chissà di chi è la colpa!
Ma delle fangirl, ovvio :3 vi voglio bene, people
Nico= Ah be', non di te la sadica, certo.
Affatto :3
Um, niente.
Ringrazio con tutto il cuore
_Littles_, la mia dolce beta, sempre disponibile a sistemare le imperfezioni nei miei capitoli. Grazie, gioia 
Ringrazio anche voi, anime pazienti e adorabili, che leggete la storia e mi lasciate una recensione. Ve se ama 
Spero di leggere i vostri pareri anche per questo capitolo, mi farebbe davvero piacere ♥
D'accordo, ora sparisco :3
A presto!
Baci,

 
Pendragon
 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XII: E infuriano le Furie ***


The rise of the darkness

infuriano le Furie

Celsi 
 


uella non era già di per sé una bella situazione - insomma, due semidei che dovevano affrontare gli dei solo sanno cosa per salvare Apollo da soli? Roba da pazzi! - ma poi avere un figlio di Apollo terrorizzato dai cavalli quando questi erano l'unico mezzo di trasporto disponibile be'... Di certo Celsi non era proprio entusiasta della sua vita in quel momento.
Che poi non erano neanche dei cavalli veri e propri, erano solo dei soffi di vento sagomati ad animale che sfrecciavano nel cielo! Questa informazione, però, non tranquillizzava Harry, che non faceva altro che programmare il suo funerale. Data, ora, colore ed estetica della bara, vestito che avrebbe indossato da morto, canzone che sarebbe stata suonata..
Che esagerazione!
Celsi, infatti, non mancava mai di provocare il figlio di Apollo con una frecciatina e il ragazzo, dal canto suo, la zittiva, ricordandole di controllare la mappa.
La rossa obbediva, controllando il tragitto che stavano percorrendo. Dalla Groenlandia, a detta di Chione, sarebbero dovuti andare in Islanda, l'isola dove il trio sorge e regna.
Celsi non aveva idea di che cosa la dea stesse parlando ma, a dirne una, non era sicuramente un trio amichevole.
«Sei troppo pessimista.» le diceva Harry, tenendosi forte al suo cavallo.
«Disse quello che si sta organizzando il funerale.» replicava Celsi con un sorrisetto. Non era pessimista, si era solo abituata al fatto che, ai semidei, neanche i sedicenti alleati facevano del bene.
In quel momento Celsi s'interrogò sulla salute di Matt, chiedendosi se stesse andando tutto bene al figlio di Eos che per poco non aveva stretto una mano con Morte. Sospirò, ritornando a guardare la mappa per poi arrotolarla e rivolgendosi al figlio di Apollo.
«Facciamo mente locale.» disse Celsi seria. «Che trii ci sono nella mitologia Greca?»
Harry ci pensò su. «Le adorabili Parche.» 
«Ci sta. Poi ci sono le Grazie.» rispose Celsi.
«I Tre Pezzi Grossi,» aggiunse il figlio di Apollo. «e, se vogliamo parlare di intrighi amorosi peggio del Segreto, abbiamo la threesome Afrodite-Ares-Efesto.» puntualizzò poi il biondo. Celsi rise.
«Come dimenticare quei tre.» disse. «Ma siamo fuori strada. Dobbiamo concentrarci su Apollo. Un trio legato a lui?»
«E che ne so io!» replicò il ragazzo.
Celsi inarcò un sopracciglio, sorridendo sarcasticamente. «Sei suo figlio.» fece notare.
Harry ci pensò un po' su, guardando il cielo, per poi avanzare una proposta. «Le Muse?»
«Quelle sono nove, Harry.» rispose la rossa.
«Be', la radice quadrata di nove è tre.» puntualizzò Harry con fare da saputello.
«E tre sono i lati di un triangolo, perciò...» disse piano Celsi, guardandosi intorno con fare circospetto, e poi, come se stesse per suggerire un intrigo di chissà quale genere, aggiunse «Stiamo andando incontro agli Illuminati!»
Harry la guardò serissimo inarcando un sopracciglio, assumendo la sua miglior espressione da ma sei seria? e poi, dopo essersi guardati negli occhi per qualche secondo, scoppiarono a ridere.
«Ma come ti vengono?»
«Ispirazione divina»
Il figlio di Apollo scoppiò a ridere per quell’informazione, per poi aggrapparsi saldamente al collo del pegaso di vento, dato che si era impennato e aveva iniziato a dare di matto. Quello di Celsi si era allontanato dal compagno, nitrendo infastidito. La ragazza immaginava che quel verso dovesse significare qualcosa tipo datti una calmata, amico.
«Ehi! Buono, buono!» ordinò Celsi. «Non farmi chiamare Zefiro.» a sentire il nome del dio lo spirito si calmò, sbuffando preoccupato. Harry guardò stralunato la sua amica, chiedendo il perché di quell’improvviso scatto del cavallo.
Celsi guardò davanti a lei, aguzzando lo sguardo, e vide un movimento strano. Le era parso di vedere un’ala color nero pece. «Non lo so, Harry, ma qualcosa mi dice che c’entra la cosa che ho appena visto, nascosta fra la nebbia.»
«E, la buttò lì, andremo a vedere di cosa si tratta, vero?»
Celsi lo guardò e fece un largo sorrise. «Mi pare ovvio, Harry. Altrimenti come facciamo a rischiare di morire?»
«Giusto,» replicò Harry. «Sai cosa sarebbe interessante, però? Provare a restare in vita
Celsi storse il naso e rise. «Come sei noioso!» detto ciò spronò il suo spirito, gettandosi nella nebbia densa e gelida che avvolgeva uno scenario sconosciuto.
Quando attraversò la coltre di nebbia una strana sensazione le strinse lo stomaco, una sensazione molto simile al disagio. Prese un respiro profondo, fermando il pegaso,  e aspettò che il figlio di Apollo la raggiungesse.
«Celsi senti—?»
«Sì.» rispose la rossa.
«Credo che mio padre sia vicino.» disse Harry. Celsi annuì, capendo che, probabilmente, quella non era semplice nebbia, ma Foschia e se c’era della foschia c’era qualcosa di divino.
Celsi fece per prendere la mappa di Chione, che aveva un puntino color ghiaccio che rappresentava loro e che, chiaramente, si spostava sulla mappa in base a come loro si spostavano nella realtà, ma non fece in tempo a spiegarla che tre figure sfrecciarono verso l’alto, finendo davanti a loro e innervosendo i cavalli. Erano tre geni alati, con la bocca aperta in un urlo e i denti aguzzi in bella vista, i vestiti stracciati e una torcia e una lancia fra le mani.
«Chi sono queste gioie della natura?» chiese Harry con il suo miglior tono da incantatore di donne. Purtroppo quelle donne incutevano così tanto sgomento che dagli occhi del figlio di Apollo trapelava tutto  tranne che la solita sicurezza.
«Siamo le Erinni o, se preferite, Furie.» disse una, dal vestito color rosso sangue. Più Celsi lo guardava più, con orrore, si rendeva conto che, molto probabilmente, quello non era il colore della stoffa. «Io sono Aletto.»
«Io Megera.» si presentò soffiando un’altra, con il corpo fasciato da un vestito grigio.
«Io Tisifone.» disse l’ultima, che indossava un vestito bianco e verde.
«Che nomi adorabili.»
Megera gli puntò contro la lancia, digrignando i denti aguzzi. «Ti prendi gioco di noi?»
«Ma diceva sul serio! Anche io trovo i vostri nomi adorabili!» intervenne Celsi, che si ritrovò la lancia di Aletto e Tisifone puntata contro. Pessima mossa.
«Ok, ok, cambiamo approccio.» disse Harry. «Veniamo in pace. Harry e Celsi amici
Le Furie soffiarono.
«Piano, piano, signore,» disse Celsi, alzando le mani in segno di resa. «voi non dovevate perseguitare i traditori della famiglia o roba del genere?»
Tisifone grugnì un sì. «Bene, noi amiamo la famiglia, sul serio. Stiamo giustappunto andando a salvare il padre di Harry, Apollo.»
«Già, noi agiamo per il bene della famiglia quindi… potreste lasciarci passare?» chiese Harry. Le Furie si guardarono, indecise sul da farsi, e alla fine Aletto annuì.
«Va bene.» acconsentì. Le sue amabili sorelle iniziarono a soffiare e lamentarsi, dato che, sicuramente, avrebbero preferito avere semidei arrostiti da servire ad un banchetto che compiere una buona azione.
Quasi senza pensarci Celsi spinse la sua mano fino al boomerang, stringendo l’arma e tenendosi pronta ad utilizzarla prima che fosse troppo tardi.
«Fate silenzio!» intimò furiosa Aletto. «Non vi lasceremo semplicemente andare.» aggiunse poi, mostrando i denti aguzzi e ingialliti.
Dèi, ma negl’inferi non sanno cosa sia l’igiene orale, pensò disgustata Celsi, sperando subito dopo che la creatura non sapesse leggere nel pensiero. Si scambiò uno sguardo nervoso con il figlio di Apollo, che si strinse preoccupato nelle spalle.
«Potrebbe spiegarci cosa intende con non vi lasceremo semplicemente andare?» chiese Harry, mordendosi l’interno guancia.
«Un accordo.» disse seria Aletto, guardando la punta affilata della sua lancia.
«Di che genere?» chiese Celsi.
«Voi state andando a salvare Apollo,» disse la Furia. Come se non ci fossimo spiegati prima, pensò Celsi, stringendo sempre più forte la sua arma. Sapeva che, molto probabilmente, i termini dell’accordo sarebbero stati a dir poco orribili. Insomma, stavano trattando con una Furia, un essere che veniva dritto dalle profondità infernali, non avrebbe certo proposto cose come “vi lasciamo passare, sì, ma voi dovete portarci dei biscotti al cioccolato!” o qualcosa del genere. Non era una bella idea trattare con una Furia, questo era più che risaputo, ma non avevano altra scelta. «e incontrerete i suoi carcerieri, chiaramente.»
«Carcerieri?» chiese Celsi.
«L’isola dove il trio sorge e regna.» ricordò Harry.
«Esatto.» disse Aletto. «Tra quei carcerieri c’è una persona che ci è stata sottratta.»
Megera soffiò. «Quell’assassino!» strepitò, agitando la torcia e la lancia.
Celsi si appellò a tutta la sua conoscenza in materia di mitologia greca per afferrare l’identità dell’assassino ma, nonostante fosse spesso definita un’enciclopedia di mitologia con le gambe, non riusciva a capire di chi si trattasse.
«Sottratto alla nostra punizione eterna e tenuto lontano da noi!» si unì Tisifone.
Improvvisamente a Celsi venne un nome in mente e, effettivamente, tutto quadrava! La persona che le Erinni cercavano era in un certo senso legata ad Apollo e, se Celsi ben ricordava, aveva un buon motivo per avercela con il dio del Sole.
«Calme, sorelle, calme.» ordinò risoluta Aletto. «Questi due semidei ci riporteranno quel dannato.»
«Lo faremo?» chiese senza pensarci Celsi.
«Sì,» rispose Aletto. «Questo, mia cara, è il nostro accordo: quando troverete quell’assassino dovrete catturarlo, spezzare l’incantesimo e riportarcelo. Ma!» e ti pareva che non c’era un “ma”, disse fra sé e sé Celsi. «Non dovrà avere neanche un graffio, non gli dovrà essere torto un solo capello
«Se lo odiate perché lo volete sano e salvo?» chiese logicamente Harry.
Megera sorrise malignamente. «Perché noi e solo noi possiamo fargli del male.» le tre risero sadicamente, mandando brividi lungo la spina dorsale di Celsi.
«Che succede se al vostro amico accade qualcosa?» chiese Harry.
«Ma, soprattutto, come lo rompiamo l’incantesimo?» domandò invece Celsi, rendendosi conto che un figlio di Apollo ed una probabile-figlia-di-Hermes non avevano capacità magiche.
«Con questo.» disse Megera, facendo comparire un oggetto fra le sue mani.
Tisifone ghignò. «E per rispondere alla tua domanda, figlio di Apollo, se gli accade qualcosa o non riuscirete nella vostra missione… morirete e vi tormenteremo in eterno.»





Pendragon's Notes

Salve bella gente! 
Avete visto chi è tornato, oltre a me? Harry, Celsi e gli spiriti del vento! E tra l'altro abbiamo le adorabili [ insert sarcasm here ] Furie!
Aw, ma che bel quadretto, non trovate? :3
Be', abbiamo scoperto dove Harry e Celsi dovevano andare, ovvero l'Islanda (voglio andarci anche io, damn ç_ç), e che cosa dovevano fare, a parte salvare Apollo come diceva la profezia, gn. Devono affrontare un trio, ma di chi si tratta? Di un membro del trio vi ho già praticamente svelato l'identità. Chi è che, nella mitologia greca, è stato costretto alla persecuzione da parte delle Erinni/Furie/Benevole dopo aver commesso un omicidio? Any guess? Dai, dai dai! Do un muffin blu a chiunque indovini u.u
Non credo di avere altro da dire se non augurarmi che il capitolo vi sia piaciuto e che, come al solito, gradirei un vostro parere :3
Ora scappo, ci vediamo al prossimo capitolo!
Un bacio,
 
Pendragon 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIII: L'anziana guardiana. ***


The rise of the darkness

{ L'anziana guardiana }

Daniel Helcott


aniel aveva appena fatto in tempo a scorgere Selene cadere dal carro che delle zampe con lunghi artigli neri lo afferrarono per le spalle, tirandolo su nel cielo privo di luce. Provava molto dolore nei punti in cui gli artigli si conficcavano nella carne ma, da bravo romano, lo sopportò, lottando per liberarsi.
Quando ormai la sua arma aveva privato quel mostro della vita si rese conto che non era stata una buona idea, dato che il grifone lo aveva
portato ad essere sospeso nel vuoto. Cadde come Selene verso il buio, dove sicuramente la morte lo attendeva a braccia aperte. Non aveva paura, avrebbe soltanto voluto aiutare di più i suoi compagni. Lui doveva recuperare il carro assieme ad Encarnation e Selene ma, a quanto pare, non sarebbe successo. L’impresa era a rischio fallimento e il mondo sarebbe stato inghiottito dalle tenebre.

I pensieri dell’impresa gli occupavano la mente ma, all’improvviso, in un momento di pura lucidità, riuscì a sentire il rumore delle onde del mare, ricordandosi che loro stavano volando sull’oceano.
Raccolse tutte le sue forze a sé e richiamò il potere di suo padre. Udì le onde diventare più rumorose e, ad un tratto, si sentì avvolgere dall’acqua gelida che rallentò la sua caduta, portandolo lentamente verso il mare. Pregò di essere riuscito a salvare anche Selene, che non fosse troppo tardi.
Quando fu nell’oceano cercò Selene. Era buio e quel poco che si vedeva era dovuto alle luci fluttuanti di Matt ma, fortunatamente, bastò per intravedere la sagoma di una ragazza che veniva lentamente ingoiata dalle acque. La raggiunse velocemente, aiutandosi con le correnti, e le circondo  la vita con un braccio.
« Daniel! » lo richiamò una voce familiare: Encarnation.
« Encarnation? » chiese. Percepì degli spostamenti d’acqua e la presenza della figlia di Ade accanto a lui. Daniel realizzò che erano vivi – o almeno sperava che Selene fosse ancora viva – ed erano insieme. Il loro lavoro non era ancora finito. « Encarnation, al mio tre andiamo giù. »
« Cosa? Ma sei pazzo? » chiese stupita la figlia di Ade. « Dobbiamo farci riprendere! »
« Fidati di me! » urlò Daniel. « Uno… due… tre! »
Presero entrambi un bel respiro e si inabissarono nelle acque. Daniel creò una bolla d’aria intorno a loro, donando ossigeno e sicurezza a Encarnation e Selene. Si sforzò un po’ di più ed ordinò alle correnti di portarli al sicuro sulla terra ferma.
 
 
Le mani di Daniel affondavano nella soffice  e umidiccia sabbia della spiaggia su cui erano stati portati. Il figlio di Nettuno non era mai stato più contento di sfiorare la terra in vita sua. Si passò una mano fra i capelli e sospirò, lanciando un’occhiata alle sue compagne i cui corpi erano illuminati da una luce giallastra… una luce?
Daniel si guardò  intorno, rendendosi conto di varie fonti di luce che tempestavano i dintorni. Si accigliò, chiedendosi a cosa fossero dovute, ma poi lasciò passare quel pensiero in secondo pieno. Selene era ferita, aveva perso molto sangue ed era svenuta e probabilmente anche Encarnation era stata ferita.
« Da- Daniel… » lo richiamò Encarnation. I denti le battevano e lei tremava, stringendosi le braccia al petto. Stava congelando, sarebbe morta da lì a poco se non fosse intervenuto.
Daniel non sapeva esattamente cosa fare, non lo avevano mai istruito su come aiutare qualcuno che stava per morire per ipotermia, e fu attraversato da un momento di panico. Prese dei respiri profondi, buttandosi poi sul suo zaino – asciutto grazie alla sua capacità di non bagnarsi se voleva – e cercò dell’ambrosia e la pozione ottenuta con polvere di corno di unicorno sciolta nell’acqua del piccolo Tevere. Si precipitò a darne un po’ ad Encarnation.
« Ci faranno guadagnare tempo. » disse ancora leggermente in preda al panico.
Encarnation accennò con il capo a Selene. « Anc- anche lei, Daniel. » e si mise in bocca un cubetto di ambrosia, bevendo poi quell’intruglio a lei sconosciuto. Sembrò riprendere un po’ più di colore ma era ancora a rischio. Diede la bottiglia a Daniel e gli disse di darla a Selene.
Sì avvicinò al corpo privo di sensi della ragazza e le alzò il capo, avvicinandole il collo della bottiglia alle labbra.
« Non risolverai poi tanto così, ragazzo. » affermò una voce. Daniel alzò lo sguardo e vide una donna anziana davanti a lui. La mano destra stringeva un bastone con il quale si reggeva mentre quella sinistra stringeva il manico di una torcia sul quale brillava un fuoco verde. La pelle era candida, piena di rughe sul viso. I profondi occhi brillavano di viola, sembravano emanare luce propria.
« Chi sei? » chiese il figlio di Nettuno.
« Posso dare alle tue amiche tutte le cure necessarie. » rispose l’anziana donna. « Non ho cattive intenzioni, devi credermi. Voglio solo aiutare. »
« Ripeto: chi sei? » chiese nuovamente Daniel. La donna scosse il capo.
« Ne parleremo dopo, Daniel Helcott. » rispose lei avvicinandosi ad Encarnation e tendendole la mano con cui reggeva la torcia, lasciando l’oggetto levitare nell’aria. Encarnation si allontanò di qualche millimetro dalla donna, diffidente. La donna la guardò con fare di rimprovero e allora la figlia di Ade, incerta, accettando l’aiuto della donna e tirandosi su. Daniel era ancora poco convinto ma chiuse lo stesso la bottiglia per poi riporla nello zaino, prendendo in braccio Selene e portandola nella direzione in cui andava la donna. Encarnation era accanto a lui, con le braccia ancora strette al corpo, e guardava la donna con sospetto.
« Ci stiamo davvero fidando di questa donna? » mormorò verso il figlio di Nettuno. « Insomma, compare all’improvviso affermando di poterci aiutare, ha dei raccapriccianti occhi viola e sa il tuo nome! Non è mai un buon segno, Daniel! »
Il figlio di Nettuno la guardò. « Possiamo fidarci di lei, lo so. Me lo sento. »
« Io non mi fido. » borbottò Encarnation.
« Preferisci morire, Encarnation? » la riprese Daniel, stanco di quei lamenti. Encarnation lo fulminò con lo sguardo ma preferì non rispondere, continuando a seguire la donna fino ad una piccola casa circondata dagli alberi. La donna aprì la porta, facendo entrare prima Daniel con Selene e poi Encarnation, rimanendo per ultima e chiudendo la porta dietro di lei. La prima cosa che Daniel vide fu un caminetto dentro il quale scoppiettava vivace un fuoco. Daniel fece segno alla figlia di Ade di andare lì vicino a scaldarsi un po’ ed Encarnation, sempre guardandosi intorno con sospetto, fece così.
« Metti la ragazza sul divano. » gli disse la donna. Daniel eseguì l’ordine, adagiando Selene sul divano color terriccio. Guardò Encarnation, che si stava beando avidamente del calore del fuoco, e poi riportò lo sguardo sulla donna che controllava il battito a Selene.
« Se ne sta lentamente andando. » annunciò.
« Faccia qualcosa, allora! » intervenne Encarnation bruscamente. La donna la ignorò, poggiando la mano sulla fronte priva di colore di Selene. Iniziò a cantilenare in una lingua arcana e misteriosa e Daniel osservò i vestiti di Selene asciugarsi. La donna si avvicinò al caminetto, infilando una mano fino a toccare il fuoco. « Cosa sta-- » iniziò Daniel scioccato. Le parole finali non furono mai pronunciate perché la mano della donna era integra, nessun segno di bruciatura! Una fiammella le danzava sulla mano indisturbata. Si avvicinò alla figlia di Zeus e avvicinò la fiamma al suo corpo.
« Ferma! » gridò Daniel sguainando la spada. La donna lo guardò ed accennò un sorriso.
« Rilassati, romano. Non le farà male. » disse sicura di sé lei. Portò la fiamma sul petto di Selene, in corrispondenza del cuore, e la lasciò danzare su di lei. La fiamma danzava con eleganza e aumentava le sue dimensioni man mano che la cantilena che la donna aveva ripreso a cantare andava avanti. Daniel osservava quella pratica magica con gli occhi spalancati e rapito da quelle parole arcane di cui non aveva idea del significato.
La donna sollevò la manica larga del suo vestito ed estrasse un pugnale, tenuto in un fodero nascosto sotto alla manica. Daniel fece per intervenire a sua volta ma, sorprendentemente, Encarnation lo fermò, trattenendolo per il polso e rivolgendogli uno sguardo serio, che non ammetteva repliche.
La lama del pugnale attraversò il palmo della donna, provocando un taglio dal quale cominciò ad uscire fuori del sangue. Strinse la mano a pugno, per agevolare l’uscita di quel liquido rosso, e la posizionò sopra le labbra della figlia di Zeus. Delle gocce scivolarono dentro le labbra semiaperte della semidea  e poi intinse due dita nel sangue e tracciò un simbolo sulla fronte della ragazza che Daniel non riuscì ad interpretare, dato che non si vedeva bene. Terminò la sua cantilena e, per un paio di secondi, tutto cadde nel buio, facendo martellare il cuore nel petto di Daniel. Quando le luci ritornarono Daniel vide Selene muovere la testa ed emettere qualche lamento, mentre il suo viso riprendeva colore. Ringraziò gli dèi dal sollievo.
La donna si avvicinò ad Encarnation e le posò una mano sulla fronte, mormorando ancora in quella lingua, guarendo completamente anche la figlia di Ade.
« Cosa… cosa è successo? Dove mi trovo? » la voce di Selene era roca e le parole trascinate, pronunciate a grande fatica. « Perché sento la bocca come se avessi leccato una sbarra di metallo? » continuò poi, provando a rialzarti.
« Non sforzarti, semidea. Sei ancora debole. » l’ammonì la donna. « Devi riposare, avrai le tue risposte più tardi. Lo stesso vale per te, Encarnation Muerte. »
« Non è possibile avere un più tardi dato che stiamo andando incontro ad una maledettissima apocalisse! » sbottò Encarnation, battendo con il piede per terra per il nervosismo. Daniel sapeva che dovevano recuperare il carro più il più in fretta possibile ma sapeva anche che, in quelle condizioni, si sarebbero fatti uccidere subito e tanti saluti. Encarnation cercò sostegno nel suo sguardo ma Daniel fu costretto a non darglielo, scuotendo il capo. « Dovete riposare. »
La figlia di Ade fece per protestare ma la donna, prontamente, posò due dita sulla fronte di Encarnation, facendole diventare le labbra pesanti. « A pensarci… sono un po’ stanca… » biascicò alzandosi e trascinandosi verso la poltrona più vicina, per poi rannicchiarcisi sopra e crollare in un sonno profondo. Selene aveva richiuso le palpebre e si stava lasciando abbracciare da Morfeo senza bisogno di interventi magici. Daniel osservò la donna allontanarsi da quella stanza e, senza indugiare, la seguì. Si ritrovò in una piccola cucina dove un le dispense erano piene zeppe di vasi a bottiglie di vetro piene di erbe e sostanze non ben identificabili. Daniel guardò la donna versare dell’acqua fumante in due tazze e prendere uno di quei vasetti e, senza pensarci, il figlio di Nettuno avanzò un nome. « Ecate? » la dea della magia era abbastanza valida come ipotesi. Insomma, che quella donna fosse una strega era più che ovvio! Poi, adesso che ci pensava, la torcia che aveva in mano era simile a quella che aveva la dea nelle varie rappresentazioni. E il simbolo sulla fronte di Selene? Da quel poco che aveva visto poteva essere un Tre, il numero che, secondo la tradizione, era legato alla dea.
La presunta dea imbastì un sorriso all’indirizzo di Daniel. « Non dirmi che ci sei arrivato davvero adesso, Daniel. » lo prese bonariamente in giro. Il figlio di Nettuno cercò di non arrossire e poi studiò la donna. Immaginava Ecate giovane, con un fascino intrigante… non così. Ecate sorrise furbescamente. « Sai come ci si riferisce a me, Daniel? » chiese Ecate, fissandolo con i suoi penetranti occhi viola. Daniel provò a ricordare ma l’epiteto della dea proprio non riusciva a lasciare la sua bocca. Scosse il capo.
« Triplice. » disse, dando una tazza a Daniel. Il figlio di Nettuno guardò scettico il liquido all’interno del contenitore che emanava grandi quantità di vapore, investendolo con un odore di zenzero e fragole. « È solo un infuso, Daniel. » lo rassicurò la donna. « Comunque, vuoi sapere perché sono una vecchia signora invece che una bellissima giovane? » di nuovo quel sorriso furbo. Daniel arrossì, capendo che la dea aveva afferrato i suoi pensieri. « Be’, questo è uno dei miei tre aspetti: giovane, donna-madre, anziana donna. »
« E lei è solo anziana donna o è solo così che vuole apparire, nascondendo le altre due dentro di lei? » Daniel desiderò non aver posto quella domanda. Che senso ha?, si chiese.
« Quando ci è stato detto – be’, mi è stato detto, che avremmo aiutato, Daniel, abbiamo deciso di dividerci e venire nei luoghi segnati dal destino. Io, anziana donna, sono qui come consigliera, aiutante e, soprattutto, guardiana. Sono fragile per l’azione, figlio di Nettuno, » il ragazzo dubitava che fosse vero ma decise di non farlo presente, benché probabilmente la dea gli aveva letto la mente. « non posso combattere come faranno le mie altre immagini. Sorveglio, è questo il mio compito. »
« Sorveglia cosa? »chiese prendendo di malavoglia un sorso dalla sua tazza. La dea allungò le mani lungo il tavolo, rivolgendo i palmi verso l’alto. « Vuoi vedere? »
Daniel annuì, intuendo le intenzioni della dea e posando le sue mani, calde per il contatto con la tazza, su quelle fredde della dea. Ecate prese un respiro e, immediatamente, i suoi occhi viola iniziarono a brillare. Lentamente ogni colore nell’occhio della divinità fu spazzato via da del nero che si estendeva lentamente dentro di lei, come se qualcuno le avesse versato dell’inchiostro nero negli occhi.
Il figlio di Nettuno percepì un dolore lancinante che andava dalla punta delle dita fino al gomito. Provò a mettere la parola fine a quel contatto ma la dea gli bloccò i polsi. Spalancò gli occhi e la scena davanti a lui cambiò.
 
Una donna era al centro di un incrocio, il corpo fasciato da un vestito che era l’unione dello stile greco e quello romano color lilla. Alzava le braccia pallide verso il cielo, gridando una formula magica. Su di lei comparvero dei nuvoloni minacciosi e, un paio di secondi dopo, un fulmine la colpì. Daniel provò a muoversi ma era paralizzato. Dal fumo che aveva causato il fulmine uscirono tre figure di età diverse che, dopo essersi scambiate uno sguardo d’intesa, camminarono nelle diverse direzioni dell’incrocio.
Divenne tutto bianco e poi la scena cambiò di nuovo. Questa volta, però, erano due scene in contemporanea. Da un lato vedeva Harry e Celsi che scendevano in groppa ai pegasi verso la terra, con delle arpie che guardavano dall’alto i semidei scendere giù. Rabbrividì. Che stava succedendo?
Dall’altro lato vide gli altri componenti della squadra correre via da una grotta. Anouk era ridotta male, camminava tenendosi a Michela e nemmeno la figlia di Demetra sembrava messa benissimo. La cosa più preoccupante era, però, Matt steso fra le braccia di Ted. Sembrava senza vita, era pallidissimo e negli occhi del figlio di Chione Daniel leggeva tanta preoccupazione. Era preoccupato per quei ragazzi, chissà che cosa stavano passando…
Ritornò con lo sguardo su Celsi ed Harry che camminavano in qualche terra, guardandosi intorno con fare sospetto. Una voce ruppe il silenzio, da loro. Qualcuno disse qualcosa come “benvenuti” in modo freddo e raccapricciante e, quando delle sagome si formarono, la visione cambiò di nuovo.
Stava scendendo delle scale con una torcia in mano. Stava scendendo sotto terra, era ovvio, e rischiava di cadere ad ogni gradino dato che erano tutti irregolari e umidi.
Scese dall’ultimo gradino, illuminando le zone con la torcia. Mosse qualche passo alla cieca, non sapendo di preciso dove stesse andando. L’odore lì sotto non era affatto gradevole: puzza di chiuso, terra, aria consumata e… sangue. Era solo una visione ma percepiva tutti gli odori, sfortunatamente.
Si chiese a cosa fosse dovuto l’odore del sangue anche se non voleva davvero saperlo. Poggiò una mano ad una parete, ritraendola subito e guardandola alla luce della torcia. Sangue, la sua mano era piena di sangue. Illuminò la parete e vide che anche quella era ricoperta di sangue. Soffocò un urlo e si voltò. In quell’esatto istante un tremendo odore di zolfo gli invase le narici e, subito dopo, un ammasso di tenebre nero si alzò.
Erebo?!, pensò terrorizzato Daniel. È qui? Che ci fa qui?
L’essere aprì gli occhi, rivelando degli enormi cerchi completamente rossi. Daniel provò freddo, molto freddo. La creatura fatta di ombre spalancò la bocca fatta di denti aguzzi e ruggì.
 
Daniel separò le sue mani da quelle della dea, cadendo a terra e annaspando per prendere aria. Il cuore batteva come un martello pneumatico nel suo petto. L’ultima visione lo aveva terrorizzato.
Ecate gli porse l’infuso, costringendolo a bere. Quell’intruglio riuscì a calmarlo dopo l’esperienza appena vissuta e, dopo un altro paio di respiri, Daniel disse: « Harry… Celsi… la luna. »



Pendragon's Notes

Heeey! What's up you guys? Pendragon is here! 
Scusatemi il ritardo =.= avevo il capitolo bello pronto ma non riuscivo ad aggiornare per problemi di connessione ew non sarà mica il karma che mi prende a calci per le sofferenze che ho inferto a certi personaggi?
Ma ora sono qui con il tredicesimo capitolo! quattordici se contiamo il prologo, che emozione
Siamo ritornati sui semidei che cadono dal cielo! Povere stelline :3
...
...
...
No ok, scusate. Ho una particolare propensione per le battute squallide.
AD OGNI MODO!
Selene, Encarnation e Daniel stanno bene, come potete vedere. Certo, avranno qualche piccola ferita, hanno rischiato l'ipotermia, hanno perso i sensi... ma sono solo dettagli, non badiamoci u.u
Fa la sua comparsa 
Ecate, la mia amata dea *^*
Non so voi, ma io provo un profondo amore per questa divinità e buh, dovevo inserirla u.u Nelle sue tre diverse forme, poi *w*
Ok, io mollo tutto e vado a farmi sacerdotessa di Ecate.
Coscienza= Sta delirando. Ignoratela.
Ma io... io sono seria :c mpf, vabbè.
Be', secondo voi che significa l'ultima frase che dice Daniel? Dai, è tipo la cosa più dannatamente easy al mondo u.u
E niente, ho finito le cose da dire anche oggi :3
As usual vi ringrazio per le recensioni, per aver aggiunto questa storia alle seguite/preferite e per leggermi, sopportarmi nei miei scleri e nelle mie idee che diventano sempre più folli :'3
I LOVE YOU ALL, FOLKS! 
Ora sparisco in una nuvoletta di unicorni e torno a sciogliermi come un bravo pupazzo di neve.
Alla prossima!
Baci,

 
Pendragon 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo XIV: Il trio ***


The rise of the darkness

{ Il trio }

Harry Blake


ormalmente Harry sarebbe stato felice di finire di cavalcare uno spirito del vento sagomato a forma di pegaso e tornare, letteralmente, con i piedi per terra; quella volta, tuttavia, avrebbe preferito attardarsi un po’ e svolazzare nel cielo con quella creatura mitologica.  Quelle tre furie, però, erano state chiare: il tizio sconosciuto che si erano perse per evitare di finire sul menu della cena. Un patto equo, dopotutto.
«Quante probabilità abbiamo di sopravvivere?» chiese a voce altra per farsi sentire oltre il rumore del vento che rimbombava nelle orecchie e faceva lacrimare gli occhi al figlio di Apollo mentre la discesa procedeva veloce. La rossa si voltò a guardarlo e, con voce altrettanto alta, rispose: «Vuoi una risposta ricca di ottimismo o di pessimismo?»
«Facciamo che lasciamo perdere!» dopo questa affermazione Celsi accennò una risata, ritornando a guardare di sotto, dove la terra si avvicinava sempre di più a loro. Harry strizzò gli occhi e si strinse allo spirito, contando il tempo che passava.
Dopo aver contato dieci secondi percepì il suo destriero rallentare e riaprì gli occhi, vedendo la terra vicinissima. Il figlio di Apollo si guardò intorno, notando poco lontano da loro un concentrato di nubi temporalesche che vorticavano in una specie di bolla di cui  solo la vista faceva attorcigliare lo stomaco al ragazzo. Si voltò verso la compagna d’avventure, indicandole il punto su cui aveva posato gli occhi azzurri. Celsi annuì, spronando il suo spirito a cavalcare verso quel punto, seguita a ruota dal figlio di Apollo.
Più si avvicinavano più Harry sentiva quella morsa allo stomaco che lo rendeva molto nervoso. Prese dei respiri profondi per rilassarsi e pensare lucidamente a come salvare suo padre, sconfiggere il Trio e riportare alle Erinni ciò che avevano perso.
Non fece in tempo a pensare ad una singola cosa che era già arrivato al luogo d’interesse. Scese dallo spirito, così come Celsi, e dopo che i loro tassisti mitologici furono liberi da tutto si dissolsero in un soffio di vento, infrangendosi contro i visi dei due ragazzi. «Che carini.» commentò Celsi legandosi i capelli rosso fuoco in una coda.
«Carinissimi.» replicò Harry, sbuffando leggermente siccome quei maledetti spiriti gli avevano rovinato il ciuffo.
«Andiamo?» fece Celsi, stringendo il suo boomerang. Harry annuì e i due mossero qualche passo. Erano vicinissimi alla coltre di nuvole e, non appena provarono ad attraversarla, sentirono una certa resistenza. Era come se qualcosa impedisse loro di entrare. Harry spinse una mano all’interno, facendo tanta fatica, e alla fine questa venne spinta via con forza.
«Ok,» disse Harry. «spiegazioni?»
Celsi si morse il labbro, studiando la situazione. «C’è un campo di forza che ci respinge, chiaramente.» dedusse la ragazza.
«Chi è che vuole tenere Harry Blake fuori dalla sua vita?» chiese indignato il figlio di Apollo.
«Be’…» iniziò Celsi, grattandosi il lato del naso.
Harry alzò un dito. «Zitta.» lei rise e poi ritorno a concentrarsi sul campo di forza, portando lo sguardo su vari punti.
«Se ci provassimo insieme?» disse poi il figlio di Apollo. «Tu ci metti la forza e io il fascino, che dici?»
La ragazza gli diede un pugno sul braccio, ridacchiando per poi mettersi in posizione, imitata da Harry. Le mani si fermavano sulle nuvole, lanciando qualche loro ciuffo scorrer loro fra le dita, mentre contavano fino a tre e iniziare a tentare di entrare con tutte le loro forze. La forza del campo cercava di respingere i ragazzi ma loro non si arresero, avevano una missione da compiere. Harry sentì una goccia di sudore scendergli dalla fronte mentre digrignava i denti e i muscoli gli andavano a fuoco per lo sforzo.
Dopo una serie di sforzi Harry e Celsi finirono dall’altra parte delle nubi, distesi per terra e sudati. Ci erano riusciti. Si sorrisero e il figlio di Apollo si alzò, offrendo poi una mano alla sua amica, che la afferrò e si tirò su, passandosi una mano sulla fronte. Quella bolla era illuminata, come se il giorno non se ne fosse mai andato. Forse era la presenza di suo padre…
Qualcuno dietro di loro batté placidamente le mani. «Davvero un’entrata in scena eroica.» schernì una donna. Loro si voltarono e videro colei che aveva parlato.
I suoi capelli castani erano portati sciolti e ricadevano fin sotto le spalle in morbide onde, incorniciando dolcemente un viso ovale e dalla carnagione olivastra, dove due occhi verdi brillavano di una luce millenaria. Il corpo alto e snello era avvolto in un vestito blu in stile greco e le arrivava fino alle caviglie, dove si scorgevano i lacci dei sandali che portava. Aveva un ghigno sul viso e Harry ci avrebbe messo la mano sul fuoco: era tanto bella quanto pericolosa.
«Maleducata, direi.» si aggiunse un uomo. Indossava il classico vestito maschile usato nell’antica Grecia, così come i sandali. I capelli neri erano riccioluti e folti, gli occhi azzurri e la carnagione abbronzata. Fra le mani si rigirava un pugnale su cui era presente del liquido dorato. Icore.
Harry strinse i pugni, sapendo che quel sangue apparteneva a suo padre. «Già ci dispiace di non aver suonato il campanello ma be’, sapete… non c’era.» disse Harry, tenendosi pronto al combattimento.
«Però abbiamo portato qualcosa per farci perdonare!» intervenne Celsi con un sorriso raggiante. Alzò il suo boomerang con orgoglio. «Una bella sconfitta
Esplose una risata fra i nemici. «Ma davvero?» ed ecco il terzo. Biondo, freddi occhi castani e abbronzato anche lui. Indossava una veste grigia e sulle spalle aveva un mantello, mentre stringeva fra le dita un bastone.
«Già, però vorremo prima sapere chi stiamo per sconfiggere. Sapete, roba da eroi…» disse Harry, impugnando Heather, il suo fidato arco.
«L’arroganza va sempre punita!» rimproverò l’ultimo arrivato, incrociando le braccia al petto.
«Suvvia, Tamiri, non essere maleducato!» lo riprese la donna con un sorriso.
Celsi inarcò un sopracciglio. «Tamiri? Quel Tamiri?» il biondo annuì. «E ci vieni a parlare tu di arroganza?»
Harry vide Tamiri stringere le dita sul suo bastone, stringendo finché le nocche non diventarono bianche. Se Harry non ricordava male, Tamiri era un poeta e musico greco che aveva avuto la brillante idea di ritenersi migliore delle muse. Suo padre era accorso dalle dee delle arti, riferendo tutto, e le donne si erano fatte valere, scagliandosi contro di lui e…
«Ma tu non dovresti essere cieco, muto e con un piccolissimo principio di Alzheimer?» chiese Harry. Tamiri strinse ancor più forte il bastone.
Che permaloso, pensò Harry.
«Mi hanno guarito, figlio di Apollo.» pronunciò “figlio di Apollo” con disprezzo. «Il mio signore è buono.»
«Intendi Erebo?» Tamiri fece cenno di sì. «Cioè, quell’Erebo? Stiamo parlando dello stesso dio o…?» fece Celsi.
«Silenzio, ragazza.» la zittì la donna.
«Oh, Cassandra! Io mi stavo divertendo!» si lamentò l’altro.
Ah fantastico, abbiamo anche la visionaria pessimista inascoltata, pensò Harry.
«Taci anche tu, Oreste.» sbuffò Cassandra.
Ed ecco spiegate le Erinni, Harry guardò Celsi: dovevano prendere Oreste vivo e indenne.
«Ok, belle presentazioni molto spontanee.» commentò sarcasticamente Celsi. «Ora… possiamo andare a prendere Apollo o dobbiamo ingaggiare un noioso combattimento contro di voi?»
Tamiri alzò gli occhi al cielo. «Perché volete salvare quel dio così disperatamente?»
«A mio nonno non piace che mio padre stia fuori così tanto con i suoi amici. Sai, il coprifuoco.» disse Harry.
«L’umorismo non ti salverà dalla morte, Harry Blake,» sibilò Cassandra. «non ti conviene scherzare con noi.»
«Volete salvare un uomo che ci ha condannati? Un uomo capace di infliggere punizioni tremende?» chiese irritato Tamiri.
«Il vostro cruccio è solo colpa vostra!» replicò Celsi. «Cassandra, tu hai infranto il voto che gli avevi fatto.»
«Tamiri, tu hai commesso un atto di arroganza e superbia.» intervenne Harry. «E Oreste, sei stato tu a chiedere consiglio all’oracolo. Potevi non seguirlo, ma hai ucciso tua madre in ogni caso. È stata una tua scelta.» a Harry veniva naturale difendere suo padre e quello che diceva era anche la verità! Purtroppo, però, quei tre non erano dello stesso avviso.
Cassandra serrò i pugni. «Avreste potuto salvarvi, sapete? Avreste potuto unirvi a noi! Perché combattete per gli dei?»
«Soprattutto tu, Celsi. Sempre che questo sia il tuo vero nome… non sei nemmeno stata riconosciuta! Come puoi combattere per qualcuno che non ti considera nemmeno?» provocò Oreste con rabbia. Harry si voltò a guardare allarmato Celsi, preoccupata che quelle parole potessero far cambiare schieramento alla rossa. Lei serrò la mascella e guardò i tre.
«Io— io persi la memoria.» disse. «potrebbe avermi riconosciuta tempo fa.» la voce era ferma. «E anche se fosse gli dèi ascoltano le nostre preghiere e ci proteggono. Ci hanno aiutato più di una volta in questa impresa, non ho motivo di tradirli.»
Harry si lasciò andare in un sospiro di sollievo. «Dunque… credo sia il caso di combattere.» decise Harry, incoccando una freccia e scoccandola verso Cassandra. Lei prese la freccia al volo, fermandola a qualche centimetro dal suo viso. «Come sei prevedibile, Harry Blake.» lo schernì spezzando la freccia e buttando le due estremità a terra.
«Sei una veggente, siamo tutti prevedibili con te!» ribatté Harry. Cassandra rise di gusto, seguita da un ghigno dei due uomini. «È per questo, miei cari, che so che perderete. Lo prevedo.» disse.
Il figlio di Apollo inarcò un sopracciglio. «Mia madre mi ha insegnato a non dare retta a profezia sbagliate, quindi…»
Lei divenne seria e unì le mani a coppa, chiudendo gli occhi e mormorando qualcosa. Un vento si alzò, scompigliando i capelli a tutti i presenti, e sembrava che stesse per arrivare un uragano. Fra le mani di Cassandra comparve una sfera nera come la notte che solo alla vista riusciva a provocare una terribile sensazione di gelo nelle ossa. «Ti dimostrerò di come le mie parole valgono la pena di essere ascoltate.» disse a denti stretti, alzando la sfera sopra la sua testa. La luce iniziò a dissolversi, cedendo il posto al buio che inghiottiva senza distinzioni tutto il mondo.
Quando fu abbastanza buio la profetessa lasciò cadere a terra la sfera, infrangendola in mille pezzi. Delle onde che sembravano fatte di fumo presero a strisciare fuori dall’oggetto ormai in pezzi.
«Ombre.» disse allarmata Celsi.
«I vostri preziosi dei queste cose non ve le insegneranno mai, non vi insegneranno nulla!» rise Oreste. Nonostante non ci fosse luce, Harry vide distintamente le ombre alzarsi e prendere sembianze pseudo umane e senza volto, con dita lunghe che terminavano in artigli. Rimasero ferme, non attaccarono.
«Solo perché siete ragazzi simpatici vi vogliamo dimostrare un po’ di misericordia» disse Tamiri. Harry incoccò una freccia e, seguendo il suono della voce, la puntò contro l’uomo. «ultima occasione per salvarvi: unitevi a noi. Saremmo grandiosi insieme! Potremmo fare tante cose!» disse con voce suadente.
«Offerta allettante,» concesse Celsi. «ma noi preferiamo rimanere dalla parte dei vincitori!»
«Come desiderate, eroi.» Cassandra mosse una mano e le ombre si mossero velocemente, così come Harry che scagliò la freccia contro il punto dove doveva trovarsi Tamiri. Si sentì un urlo di dolore, aveva centrato il bersaglio. Immediatamente dopo l’urlo ci fu una lucetta bianca che brillava a intermittenza.
«Celsi, occhi!» avvisò Harry coprendosi gli occhi, imitato da Celsi. Una frazione di secondo dopo un forte flash illuminò l’area, provocando sibili nelle Ombre e urli negli avversari.
Frecce abbaglianti, pensò soddisfatto, benedetti figli di Efesto!
Celsi approfittò per lanciare il suo boomerang contro Cassandra ed Harry sperò che avesse preso bene la mira.
«MALEDETTA!» ululò la donna.
Sì, aveva preso bene la mira.
«OMBRE!» urlò Oreste. Harry prese un’altra freccia ma non fece in tempo a metterla sull’arco che due mani gelide e con artigli scuri gli presero le braccia, facendo penetrare nella carne quelle estremità acuminate. Il figlio di Apollo venne sollevato da terra e lanciato di lato, verso la barriera di nubi. Urtò con forza la schiena contro quella coltre nera, non riuscendo a respirare per un attimo. Sentiva il sangue scorrergli sulle braccia ma non se ne curò. Si rialzò e fece qualcosa di stupido: corse verso i tre completamente disarmato, imitato poi da Celsi a sentire il suo urlo di battaglia.
Nemmeno la persona più onnisciente del mondo saprebbe dire se fossero stati più stupidi o coraggiosi.
Harry si gettò addosso a quello che, dalla voce, identificò come Tamiri. Il vecchio poeta lo colpì sul viso con il suo bastone ma il figlio di Apollo non si arrese di certo!
Quando Tamiri caricò il secondo colpo Harry afferrò il bastone, strappandolo dalle mani dell’uomo e mettendoglielo velocemente sulla gola, impedendogli la respirazione. Tamiri combatteva per liberarsi, riuscendo a tratti a liberarsi da quella stretta opprimente sulla gola e prendendo qualche respiro affannoso, ritrovandosi poi con l’oggetto premuto sulla trachea.
«Fossi in te mi fermerei, figlio di Apollo» disse Oreste. «O vuoi che la tua amichetta muoia?»
Harry si voltò e vide il luccichio del pugnale del matricida e la sagome di Celsi tenuta stretta dall’uomo, che le teneva il pugnale sulla gola.
«Preferisci uccidere Tamiri o salvare la tua amica?» chiese Cassandra.
Harry lasciò il bastone e si alzò, venendo poi bloccato da Tamiri che gli mise il bastone alla gola ma senza premere come stava facendo lui prima.
«Bene, vedo che hai un po’ di buon senso.» rise Tamiri.
«Vedi che la mia profezia non era sbagliata, Harry?» gongolò Cassandra. «Ora… che ne facciamo di voi?»
E fu in quel momento che successe.
Harry sentì una voce nell’aria, flebile ma dalle parole ben distinte. «Harry… Celsi… la luna.»
Gli sembrava la voce di Daniel, il figlio di Nettuno che avevano salutato insieme agli altri prima di partire da soli alla volta dell’Islanda.
«Che cos’è stato?» chiese Oreste.
Harry vide Celsi muovere lentamente un braccio ed infilarsi la mano in tasca, per poi estrarla stringendola a pugno.
«Cassandra che si sbaglia!» esclamò, gettando qualcosa a terra. Un fumo grigio uscì sibilando dall’oggetto e poi ci fu uno scoppio, come un fuoco d’artificio,  e una fiamma azzurra salì in alto fischiando sonoramente, colpendo la coltre di nubi e sfondandola per poi esplodere, distruggendo la parete. Per la sorpresa i tre erano indietreggiati di colpo e Tamiri lasciò cadere Harry a terra. Il figlio di Apollo, aiutato dalla luce della luna, vide la freccia rotta da Cassandra e si affrettò a prenderla, stringendola con forza fra le dita.
«NO!» urlò Cassandra. Harry alzò lo sguardo verso il cielo e vide tre carri d’argento splendenti avvicinarsi velocemente a loro.
«Come ha fatto a infrangere la barriera anti dei?» sbraitò Tamiri.
Barriera anti dei, pensò Harry, ecco perché opponeva una certa resistenza a noi, siamo mezzi dei.
I carri atterrarono e tre bellissime fanciulle scesero armate. Harry riconobbe sua zia Artemide, armata di arco e frecce d’argento e vestita come una delle sue cacciatrici. Le altre due, a rigor di logica, dovevano essere Selene, la dea della luna piena, e Ecate, che era anche la dea della luna calante.
«Non è possibile!» gridò Cassandra furiosa.
«Oh sì, invece.» replicò Harry. Cassandra si voltò ed Harry le colpì con la freccia al petto, dritta al cuore. Urlò di rabbia, richiamando le ombre prima di accasciarsi a terra in fin di vita e sporcare l’erba con un grumo di sangue che uscì dalla sua bocca. Fuori una.
Celsi recuperò il suo boomerang ed Harry il suo arco.
«Andate, giovani eroi! Salvate mio fratello!» disse Artemide distruggendo un’ombra. Harry afferrò con sicurezza Celsi e la trascinò lontana dalla battaglia, dove le ombre erano aumentate notevolmente.
«Dove si trova?» chiese Celsi.
«Sento che è qui vicino.» Harry mosse istantaneamente alcuni passi a destra per poi camminare in linea dritta finché non si scontro contro un masso. «Vieni a darmi una mano.» Celsi lo raggiunse e insieme presero a spingere la roccia, riuscendo a rivelare un’entrata circolare. La ragazza diede qualche pacca in testa ad Harry. «Bravo cagnolino, ti sei meritato un biscottino!» scherzò. Lui accennò un sorriso.
«Be’, prima le signore.» disse.
«Non ci provare nemmeno, Harry.» replicò lei. Lui alzò gli occhi al cielo e si sedette sul bordo della buca. Si spinse lentamente più avanti finché non cadde, battendo con il sedere per terra.
«Celsi, scendi.» la chiamò, alzandosi e rendendosi conto che toccava quasi il “soffitto” con la testa.
Il figlio di Apollo sentì un tonfo. Era arrivata Celsi. «Non è esattamente così che immaginavo il Paese delle Meraviglie.» disse alzandosi.
«Paese delle meraviglie?» domandò.
«Eddai, Harry. Il coniglio, la buca…» spiegò cominciando a camminare. Harry scosse il capo, studiando la strada illuminata da torce che stavano percorrendo. Il figlio di Apollo svoltava in cunicoli e prendeva strade ai bivi senza parlare, senza pensarci nemmeno un attimo. Era guidato dall’istinto. Celsi non chiedeva spiegazioni, semplicemente si fidava di lui.
Ad un tratto Harry si fermò, facendo sbattere Celsi, poco più indietro di lui che si guardava distrattamente intorno, contro la sua schiena.
«Harry ma che—» iniziò, ma poi si fermò e sgranò gli occhi. «Oh.»
Davanti a loro c’era Apollo, legato per i polsi a due pali con catene che a intermittenza brillavano d’oro. Sembrava che stessero prosciugando la forza vitale al dio che aveva il mento poggiato sul petto ed era in ginocchio. Harry corse da lui allarmato, prendendogli il viso fra le mani.
«Padre!» lo chiamava, ed Apollo rispondeva con versi che faceva anche fatica ad emettere.
«Ha— Harry… le catene… spezza le catene

 
 
 
Pendragon's Notes

Heey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
E rieccoci con Harry e Celsi e un minuscolo cliffhanger ma ok! Insieme al nostro belliffimo duo abbiamo anche il misterioso trio che tipo mentre scrivevo immaginavo quei tre farabutti che si prendevano per mano e facevano “il potere del trio coincide col mio” stile Streghe, composto da Oreste, Cassandra e Tamiri! Che bella squadra!
Allora, certe uscite stupide che avete letto non erano assolutamente contemplate all’inizio  ma sapete, ho una vena super idiota che fabbrica battutacce che istigano al suicidio comica e non riesco a controllarla, quindi lol :3
Ad ogni modo… a me per certi versi non ispira tanto il capitolo, soprattutto lo scontro, ma.. be’, spero che a voi sia piaciuto u.u io ho una bassa autostima e sono abbastanza insicura sulle robe che scrivo quindi capitemi
Eee… boh, che altro dire? Vi ringrazio di cuore per le meravigliose recensioni che mi lasciate. Siete l’amore! *^* adoro leggere cosa ne pensate dei capitoli, meritate tanti biscotti per tutto u.u
Ora scappo :3
Alla prossima, cupcakes ♥

 
Pendragon 

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Capitolo 16
*** Capitolo XV: Previsioni ben poco rassicuranti ***


, che ormai praticamente mi salutava con un un perentorio "Aggiorna!", e alla mia cara Jolly, che mi ha fatto il grande favore di mettere la sua abilità da beta a mia disposizione, di nuovo.


The rise of the darkness

{ Previsioni ben poco rassicuranti }


Encarnation Muerte

 
Ciò che ad Encarnation non piacque di quel soggiorno fu ritrovarsi la dea della magia in sogno, seduta su una sedia a dondolo che ondeggiava avanti e indietro, come una nave fra le onde che la spingevano prepotentemente da un lato e dall'altro. La vista di quella vecchia che si dondolava era profondamente inquietante, anche perché accompagnava quel movimento con una lenta e flebile litania che sapeva, in tutto e per tutto, di antico e misterioso.
Encarnation nel suo sogno si trovava dietro la sedia a dondolo in una stanza buia e spoglia, con solo una serie di candele accese e poggiate nei posti più disparati che contribuivano a dare al luogo un atmosfera tetra. Si sentiva come se fosse stata presa all'improvviso per recitare in uno di quei film sulle streghe che aveva visto un paio di volte qualche anno addietro, quando ancora non sapeva di essere una semidea. 
La sedia si fermò, la litania smise di riempire l'aria ed Encarnation fece appena in tempo a sbattere le palpebre che si ritrovò la dea in piedi, a qualche centimetro di distanza da lei. Il cuore della figlia di Ade si arrestò per una frazione di secondi, riprendendo poi a martellare con furia nel suo petto mentre la paura le inondava il corpo, imprigionandola con la sua morsa.
La donna allungò la sua mano verso la semidea, che repentinamente fece un salto all'indietro, aumentando la distanza. Lei rise, avvicinandosi di più e riprovandoci. Questa volta Encarnation non riuscì a muoversi e lasciò che le dita della rugosa mano le mettessero una ciocca dei suoi folti capelli bruni dietro l'orecchio.
« Così tanta bellezza » sussurrò con un velato tono di amarezza che le macchiava la voce. « è così ingiusto che sia costretta a sparire ed essere ingoiata dalle tenebre... » aggiunse.
Encarnation spalancò gli occhi, scioccata da quella affermazione. « Come? » chiese incupendosi. Veloce come prima la dea tornò sulla sedia, riprendendo quel ritmico dondolio accompagnato da un continuo sussurrare il nome della figlia di Ade. 
La semidea capì che doveva raggiungerla e mettersi di fronte a lei e così fece, ricevendo poi l'invito - che suonò più come un ordine - di sedersi a terra. Per quanto le suonò curiosa come richiesta Encarnation obbedì, venendo poi circondata da delle candele disposte a cerchio intorno a lei.
« Cara, cara Encarnation Muerte, figlia degli Inferi. Tuo padre ti attende, lo sai? » disse lugubre.
« Che cosa significa? » chiese tremando. 
« La bestia vi aspetta, sta già pregustando il vostro sangue. Non avete speranza alcuna, miei giovani eroi, vi ucciderà. » la voce non lasciava trapelare nessuna emozione e ciò fece rabbia a Encarnation. Stava parlando di queste cose con così tanta leggerezza?
« E se non c'è speranza perché diamine siamo qui, allora? » sibilò indispettita.
Lei giocherello con la fiamma. « Esiste un modo per averla. »
La figlia di Ade guardò con fare interrogativo la dea, attendendo che continuasse. « Esiste un'arma in grado di uccidere le tenebre e solo un degno figlio di un dio delle ombre, quale Ade, può impugnarla... » guardò con fare penetrante la semidea. « E si tratta di te, Encarnation Muerte. »
Non sapeva come accogliere questa informazione. Lei poteva uccidere la bestia, poteva impugnare la spada, poteva salvare tutti... « E sentiamo, qual è il prezzo da pagare? » chiese. C'era sempre un ma, sempre un prezzo da pagare.
« La tua anima. » disse con tono asciutto. « La tua anima verrà bruciata dopo l'utilizzo di quell'arma. »
Encarnation scattò in piedi, non potendo credere alle sue orecchie. « Che cosa?! » strillò con il cuore che sembrava pronto a schizzarle via dal petto. « La mia anima? »
Anche la dea scattò in piedi, avvicinandosi a lei e mettendole le mani sulle spalle. La guardò duramente, pronunciando con tono aspro la sua frase. « Non essere egoista. Moriresti comunque, ma con il tuo sacrificio il mondo sarà salvo. »
Detto ciò, Encarnation sentì qualcosa di affilato attraversarle lo stomaco, dilaniando la sua pelle e fuoriuscendo dalla schiena. Il dolore era lancinante, non aveva mai provato nulla di simile in vita sua. Fece per urlare ma, al posto della voce, dalla sua bocca fuoriuscì un fiotto di sangue dall'amaro sapore metallico. Il liquido rosso sporcò il pavimento, arrossandole le labbra e posandosi in piccoli schizzi sui suoi vestiti. Alzò gli occhi sulla dea, trovandoci al suo posto un viso dai tratti disumani e neri occhi demoniaci.

Con un urlo venne separata dal mondo di Morfeo e si mise in piedi, sebbene le sue gambe tremassero notevolmente, rischiando di cedere.
Istintivamente si portò una mano tremante all’altezza dello stomaco, per poi portarla davanti ai suoi occhi l’istante successivo e notare, con sommo orrore, che la punta delle sue dita era macchiata di sangue. Del suo sangue. Abbassò lo sguardo sul punto in cui era stata trafitta, trovando la maglietta lacerata e sporca di quel caldo liquido rosso, con una macchia che si allargava a vista d’occhio. 
Aprì la bocca per riempire la stanza con un urlo ma, per qualche ragione, la voce non uscì. Non riusciva né a muoversi, né a parlare. Era terrorizzata. 
Portò le sue dita rese appiccicose dal sangue a stringere la pelle del suo braccio, provando un piccolo dolore. Era tutto vero, questo non era un incubo.
Era posseduta dal panico e non riusciva a fare nulla; sarebbe morta così, impotente. 
Fece in tempo appena a chiedersi che cosa stesse succedendo, perché proprio in quel momento e perché proprio a lei, ma poi alle sue orecchie giunse una voce; una voce tipica degli anziani, una voce che le trasmise un certo senso di calma e sicurezza. Una voce che la chiamava. 
Encarnation si voltò, non vedendo però nessuno. Ritornò a guardare le sue mani insanguinate, trovando però qualcosa di strano: erano pulite.
Un momento prima, però, erano ricoperte dal suo sangue. Spostò lo sguardo sulla maglietta, trovandola intatta e pulitissima, nessuna traccia di sangue. Il suo cuore saltò un battito, mentre iniziava a sentirsi frustrata da tutta quella situazione. Stava forse impazzendo? 
Si passò una mano sul viso, lasciandola poi ricadere stancamente contro il suo fianco. Quando lo fece, le sue dita urtarono contro qualcosa e abbassò lo sguardo, vedendo che spuntava da un fodero sconosciuto l’elsa di una spada. Lei non usava spade
Strinse forte la fredda impugnatura, tirando verso l’alto per estrarre l’arma. Una volta estratta la portò davanti ai suoi occhi, studiandone l’oscura e affilata lama. Lasciò, senza pensarci, che il pollice carezzasse con lenti e tremanti movimenti l’elsa, percependo delle lettere in rilievo disegnate la sopra. Indirizzò l’impugnatura in modo che i raggi della luna che penetravano dalla finestra la illuminassero, rendendo leggibile quell’iscrizione. 
Era scritta in greco, e ciò non sorprese la figlia di Ade che, appellandosi alla capacità che tutti i semidei avevano di leggere quella lingua antica, tradusse lentamente la scritta. 
“Un’anima per un’anima” 
Lasciò cadere quasi di riflesso la spada per terra, facendo alcuni passi indietro senza staccare gli occhi da essa, la cui lama sembrava risucchiare le tenebre che la circondavano. 
Le parole che le erano state dette in sogno le si affollavano in mente, ripetendosi come in un loop. “La tua anima verrà bruciata”. 
Lei non voleva morire. Per quanto le doleva ammetterlo, aveva paura. Una grande paura. Non poteva pensarci quella donna? Sembrava saperne di più su tutto, e sembrava anche più potente, nonostante l’aspetto di una vecchia nonnina. 
Si mise le mani fra i capelli, frustrata, serrando gli occhi e sospirando mentre si allontanava dalla spada per raggiungere la porta, giacché voleva uscire e prendere una boccata d’aria e non vedere quella spada. Tuttavia, non appena mise piede fuori dalla porta, sentì qualcosa appeso alla sua vita. Abbassò lo sguardo e ritrovò con sommo shock la spada. 
Sussultò, guardando con orrore l’arma, e fu in quel momento che una voce familiare rimbombò nelle sue orecchie. 
« È forse codardia quella che avverto, Encarnation? » 
All’iniziò pensò che quella voce bassa, quello strascicamento di parole, fossero solo nella sua testa, ma dovette ricredersi quando, voltandosi, individuò la figura di un uomo. Era alto, magro – scheletrico, anzi – e aveva dei folti capelli che arrivavano fino alle spalle. Emanava un bagliore cupo, e i suoi occhi erano penetranti e scuri. Erano molto simili ai suoi. 
Non ci mise molto a riconoscerlo, e infatti dopo pochi attimi sussurrò: « Padre ». Lui annuì lentamente, continuando a spostare lo sguardo dalla spada a lei, da lei alla spada e così via. « Che ci fai qui? » chiese poi Encarnation. 
Il dio avanzò di un paio di passi, per poi lanciare uno sguardo al cielo color pece. « Primo: non sono davvero qui. Cose da dio.» disse, guardando intensamente la figlia prima di aggiungere: « Secondo: un padre non può salutare la propria figlia? » 
« Non tu. Non sei quel tipo di padre. » sbottò la ragazza. 
Ade roteò gli occhi, incrociò le braccia al petto, assumendo una posa di rimprovero, e cambiò discorso. « Tu non hai risposto alla mia domanda, Encarnation. È forse codardia quella che avverto? » 
La ragazza guardò il padre con un misto di confusione e rabbia, poi si rese conto del peso che pendeva dal suo fianco e capì, capì a cosa si riferiva Ade.
« No. » affermò decisa, nonostante sapesse che non era la verità pura. Ade lo sapeva, e infatti sbuffò una risata scettica e derisoria, alla quale la figlia rispose mettendosi automaticamente sulla difensiva. « È confusione, non ho la minima idea di cosa stia succedendo! » sbuffò. 
« E invece sì. » rispose tranquillamente Ade. « Sei terrorizzata. Ma suvvia, sei solo una ragazzina. » la provocò il dio dell’oltretomba. Encarnation strinse i pugni. 
« Non chiamarmi così. » sibilò in tono velenoso, quasi fosse un serpente pronto ad avventarsi su di una vittima. Ade si avvicinò alla figlia con passo elegante e altero, guardandola intensamente con i suoi occhi di ossidiana. 
« E allora non comportarti come tale. » le parole uscirono in un sussurro lieve ma deciso, accompagnate da un’espressione imperscrutabile. 
Un brivido percorse la spina dorsale della ragazza, alla quale ogni parola che voleva pronunciare morì in gola, alla quale un freddo gelido attanagliò ogni muscolo, immobilizzandola sul posto. 
Il labbro inferiore le tremava per la rabbia e gli occhi scuri erano velati da delle lacrime che non voleva lasciar scappare.
Encarnation non piangeva. 
Il tetro silenzio che la assordava con tutta la tensione di cui era pregno venne rotto dalla voce del dio degli Inferi, che questa volta pronunciò le parole in un tono più dolce, più paterno.
« Encarnation, » disse, e un sospiro seguì il nome della figlia. « capisco che tu sia spaventata, è perfettamente normale, ma, per l’Olimpo!, non puoi cedere alla codardia e all’egoismo! » la rimproverò il padre. Ade sembrava veramente stanco, ora che lo guardava meglio, e nei suoi duri occhi di pece si poteva vedere un guizzo di preoccupazione e disperazione. 
Encarnation rimase sempre più senza parole.
« Puoi salvare tutti con un semplice atto di coraggio, figlia mia, oppure lasciare che i tuoi amici periscano, insieme a tutto il mondo come lo conosci. » continuò, poi mise le mani sulle spalle di lei e con tono asciutto chiese: « Vuoi morire da eroina o da codarda? »
Non rispose, si limitò a guardare l’elsa della spada sotto una nuova luce, sfiorandola con dita tremanti e tastando il freddo pungente che la ricopriva. 
Ade annuì, avendo compreso la scelta della figlia, e allontanandosi all’indietro con passo lento le disse: « Può suonare lugubre, ma per te morire è come tornare a casa dopo un lungo viaggio ». Quella voleva essere una frase di rassicurazione, ma non fece altro che far sprofondare il cuore di Encarnation e costringere il suo stomaco in una stretta di panico. Il dio stava scomparendo lentamente e, prima che potesse sparire dalla vista di Encarnation, sussurrò qualcosa di appena comprensibile, che suonò come una frase di rassicurazione.
La figlia di Ade tremava. 
Avrebbe tanto voluto smetterla, ma un fortissimo turbinio di emozioni la stava distruggendo dall’interno, privandola di ogni controllo.
Sentiva la testa in un batuffolo di ovatta, insieme ad una voce sfumata che la chiama.
Pensava che se la stessa immaginando, ma poi sentì due mani afferrarla per le braccia nell’esatto momento in cui le sue deboli gambe tremanti non furono più in grado di reggere il suo peso. 
Fu come risvegliarsi dopo un turbolento sonno.
Tutto intorno a lei era più chiaro, i suoni non erano più ovattati e il tremore si era fermato. Ci mise un paio di secondi a riconoscere Daniel, che con delicatezza si era seduto a terra accanto a lei, senza lasciare la presa.
La figlia di Ade emise un verso a metà fra un grugnito e un gemito, spingendo via il romano con poca grazia e rimettendosi faticosamente in piedi e cercando poi di mantenere l’equilibrio.
Daniel non era certo sorpreso dal comportamento della ragazza e, dopo essersi anche lui rialzato, le chiese cosa ci facesse fuori tutta sola.
Encarnation si allontanò da lui di un paio di passi, senza mai spostare lo sguardo da terra. « Avevo bisogno di una boccata d’aria. » brontolò. 
« E vuoi spiegarmi quel… quell’attacco che hai avuto prima? » incalzò il figlio di Nettuno, non trovando le parole adatte a descrivere quello che era successo poco prima. 
Come era prevedibile, Encarnation si mise automaticamente sulla difensiva. « Non sono affari che ti riguardano, Helcott. »
Il ragazzo sospirò e fece per rispondere, ma venne interrotto dalla voce impaziente di Selene. 
« Se avete finito, la nonnina ha qualcosa da mostrarci prima della nostra partenza. » disse, poggiata alla porta con le braccia incrociate al petto. La sua figura era illuminata da dietro grazie alle fiammelle di Ecate, che le conferivano un aspetto tetro, quasi fosse uscita da qualche film horror. 
Senza replicare Encarnation si diresse dentro la casa della guardiana con passo svelto, seguita da Daniel che – ne era sicura – la fissava con disappunto e rimprovero.
Selene chiuse la porta, raggiungendo i compagni seduti intorno al tavolo di Ecate, ed Encarnation percepì il suo sguardo puntato sulla spada e si irrigidì, sperando che la figlia di Zeus non facesse domande.
La dea la guardò con i suoi occhi millenari e incurvò gli angoli della bocca in un sorriso malinconico appena visibile e poi prendendo una fiammella color prato che vagava per la casa iniziò a parlare, plasmando quell’inusuale fuoco in modo da renderlo più grande. 
« Quanto mi dispiace, miei eroi, » disse scuotendo mestamente la testa. « il destino non vi è amico. »
« Questa sì che è una novità. » replicò sarcasticamente Selene, soffiando una ciocca bionda via dal suo viso. Daniel le rifilò una gomitata ed un’occhiataccia eloquente, alla quale la figlia del dio del cielo rispose con uno sbuffo sonoro.
« State per affrontare un demone terribile, miei cari. Vorrei assistervi nella battaglia, sono sincera, ma non è ciò che le Parche hanno deciso. » continuò e la fiamma tremolò, mostrando l’immagine di una caverna. Solo a guardarla l’entrata riempiva il cuore di Encarnation di angoscia pura. 
La ragazza contemplò l’immagine, realizzando che quella sarebbe stata la sua tomba. La spada sembrò farsi più fredda e pesante, ma lei cercò di ignorare questa sensazione, concentrandosi sulla della che prendeva con delicatezza la mano di Daniel per posare sul suo palmo la fiamma, ora tornata alla dimensione originaria.
« Sarà la vostra guida. » spiegò e allungò una mano verso la porta, che si aprì sulle tenebre con un sinistro cigolio.



Pendragon's Notes

Heey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
No, non sono morta, sono viva e vegeta e in forte ritardo. Sono passati secoli dallo scorso aggiornamento, ma tra un problema là ed un imprevisto qua, ispirazione lì, lontana da me, ed impegni scolastici tirati fuori dal nulla qui non sono riuscita ad avere nè la forza nè l'occasione per scrivere, ed è una brutta cosa ;-;
Non sono nemmeno del tutto soddisfatta di quello che è venuto fuori, non è che succeda poi questo granchè :c volevo metterci un po' più di azione, ma alla fine ho preferito chiuderlo qui per lasciare un po' di suspance e per dedicarmi al 100% alla lotta con la misteriosa creatura successivamente uwu
Spero vi sia piaciuto comunque, fatemi sapere quello che ne pensate in una recensione :3
Giuro che cercherò di essere più costante da adesso in avanti! (Lù, mi rivolgo  a te: per ogni volta che non rispetterò questo giuramente avrai il diritto di leggere una pagina del quadernetto magico e poi suonarmelo in testa)
Non ho altro da dire, credo. Mi scuso ancora e... alla prossima!
Baci,

 
Pendragon 

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