Il dolce sapore della vendetta - pov Percy

di Lidja_
(/viewuser.php?uid=756524)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -1- ***
Capitolo 2: *** I'm a mess ***
Capitolo 3: *** -3- ***



Capitolo 1
*** -1- ***


Ancora una volta la Principessa Andromeda naviga per le acque del Pacifico. Io e Beckendorf corriamo sul ponte dopo aver piazzato l'ultimo fuoco greco. Le gambe mi fanno male e il cuore pulsa nel petto come a chiedere una tregua ma soprattutto un brutto presentimento mi attanaglia il cervello.
Per favore, aiutami!”
Improvvisamente mi ritrovo appoggiato al parapetto con il mio amico che mi supplica.
Non abbandonarmi” continua lui mentre altri due me lo tengono fermo.
Cosa aspetti?” mi chiede uno “Scappa, salvati!”
Ti prego, Percy. Non abbandonarmi. Non puoi! CODARDO!”
Ovunque mi giri quegli occhi vitrei sono lì ad aspettarmi e a sottrarmi la poca forza che credevo di avere. Mi fissano e si aspettano qualcosa, qualcosa che però non otterranno.
I-io non posso salvarti! Non c'è niente che possa fare” gli grido di rimando.
Poi l'esplosione.

Mi svegliai nel mio letto tremando. Era passato tanto tempo e ancora quel pensiero mi tormentava. Quello che avevo fatto a Beckendorf era imperdonabile, da vero codardo. Non avrei mai dovuto lasciarlo lì a morire.
Cos'altro avresti potuto fare? mi chiese una vocina nella testa Nulla
Mi alzai a fatica dalla branda della casa numero 3. Mi infilai un paio di jeans e la maglietta arancione del campo. Uscii per evitare di pensare a quella domanda e per paura di tutte le risposte che avrei potuto trovare.
'Ho fatto la cosa giusta' continuavo a ripetermi, e ormai ci credevo.
L'unica cosa che mi permetteva di uscire per qualche minuto da quei pensieri era la vita al campo che, a tre settimane dalla mia vittoria su Crono, era quasi tornata quella di sempre: scalate sulla parete di lava, corse con le bighe, cavalcate sui pegasi, partite di pallavolo con le ninfe, ma soprattutto IMPRESE. Ce ne erano sempre di più ora che la guerra era finita e Rachel se la stava cavando benissimo.
Ma questa volta nemmeno un bel duello con un figlio di Ares mi avrebbe fatto stare meglio. Avevo bisogno di parlare con qualcuno, e c'era solo una persona di cui potessi fidarmi. Mi diressi verso la casa numero 6 ma qualcosa mi fermò. Le volevo ancora bene, ma ora tutto era cambiato. Avevo fatto le mie scelte. Così mi girai e corsi verso la foresta, dove l'ultima di queste mi stava aspettando.
Non avrei mai pensato che mi sarei innamorato di lei eppure eccomi lì che fremevo al pensiero di tenerla ancora tra le mie braccia.
<< Silena! >> chiamai e la mia voce si incrinò. Era ancora strano pronunciare il suo nome.
<< Pensavo non saresti venuto >> una figura uscì dall'ombra. I suoi grandi occhi azzurri mi fissavano sorridenti ma io riuscivo a leggere oltre quel velo e vedere il dolore e il desiderio che la riempivano.
<< Scusa >> borbottai << Ora però sono qui >> le feci notare ritrovando tutta la sicurezza che quel sogno mi aveva strappato.
Feci un passo e le afferrai il braccio costringendola ad avvicinarsi.
Prima che le nostre labbra si incontrassero un lampo le passò negli occhi. Stava pensando a Beckendorf. Non potevo negare di averlo fatto anche io nelle ultime settimane passate con lei. Si incolpava della sua morte e si era rifugiata nella nostra relazione clandestina per superarla, se solo avesse saputo...
Cercai di ignorarlo e le passai una mano sul collo portandola nei capelli. La strinsi a me mentre le nostre labbra si rincorrevano. Lei gemette e il bacio diventò improvvisamente salato. Mi passò una mano sulla schiena seguendo la linea dettata dalla colonna vertebrale fino all'unico punto che mi teneva ancora legato al mondo mortale. Mi irrigidii e mi scansai velocemente. Come è possibile temere la persona che si ama?
La guardai e i suoi occhi erano rossi: stava piangendo.
<< Non dovremmo fargli questo >> mi disse singhiozzando.
<< Devi dimenticarlo e andare avanti, Silena >> le asciugai una lacrima, lei mi prese la mano, la strinse e mi fece un sorriso poco convinto.
<< Sai, forse potrei andare avanti se tu lasciassi la biondina e noi potessimo essere una coppia normale >>
<< E' questo che vuoi? >>
<< Sì, voglio che lasci Annabeth e voglio poterti vedere fuori da questa foresta piena di mostri >>
<< Lo farò stasera, promesso >>
Questa volta la baciai dolcemente.


Silena  






Spero di ricevere tante recensioni, mi piacerebbe moltissimo sapere cosa ne pensate.
E' la mia prima fanfiction quindi non troppo cattivi (quanto basta) per favore :3
Potrete trovare la stessa storia raccontata dal punto di vista di Annabeth pubblicata da _Fanvergent_ 

Dedico questa storia proprio a lei, grandissima scrittrice nonché mia migliore amica.. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** I'm a mess ***


Quella sera arrivò troppo presto e io e Annabeth camminavamo una di fianco all'altro senza parlare. Avrei voluto sapere cosa le passasse per la testa ma avevo paura a chiederglielo. Stavo cercando il coraggio di dirle di Silena, dirle che non la amavo ma che avevo bisogno di lei, che non volevo che se ne andasse. Come si poteva dire una cosa del genere a una persona e sperare anche che questa ti abbracciasse e ti augurasse buona fortuna per il tuo amore?
Si stava tormentando le mani. Era preoccupata per qualcosa. Odiavo vederla preoccupata.
Cominciai a pensare che forse non era il momento giusto per aggiungere altri problemi alla sua vita. Come rassicurarla? Come consolarla?
Se almeno avessi saputo cosa c'era che non andasse..
Poi il mio cervello smise di funzionare. Il desiderio di vederla felice era più forte della razionalità.
La spinsi contro il muro della mia cabina e la baciai. Non so cosa mi fosse passato per la testa. Non era questo che volevo ma vederla soffrire mi faceva ancora male, anche se probabilmente la causa ero proprio io.
I nostri baci non erano come quelli con Silena. Appassionati, sì, ma non per il senso di colpa o il dolore, questi sapevano di paura: paura di perdersi, paura di lasciarsi cadere, paura di non essere abbastanza. La strinsi ancora di più per impedirle di tremare. Una mano scivolò sotto la maglietta mentre le baciavo il collo.
<< Vuoi entrare? >> mi sentii bisbigliare.
Cosa? Sei impazzito? mi gridò la voce nella testa.
<< I-I-Io, no >> balbettò lei palesemente nervosa << Non sono.. >>
Mi allontanai per permetterle di respirare e per cercare di tornare lucido. Cosa diavolo stavo combinando? Lei stava ancora cercando una scusa per non entrare e per evitare di dirmi quello che non fosse.
<< Sono stanca >> mentì lei.
Ringraziai gli dei per questo salvataggio, le rifilai un 'Notte' un po' frettoloso e la lasciai sola e scioccata appoggiata al muro della mia cabina.
Mi stesi sul letto ancora vestito, scosso da quello che avevo appena fatto.
Ma a cosa diamine stavo pensando? Non era questo che volevo. Io volevo solo renderla felice.
Ripensai a Silena, alla promessa di quella mattina e a tutto il male che continuavo a farle. Non potevo permettermi che mi abbandonasse, avevo bisogno di lei. Forse era arrivato il momento di dimostrarglielo.
Mi alzai di fretta, corsi fuori e poi alla porta della cabina numero 10.
Mi tremavano le mani ma dopotutto era normale, no? A fatica bussai e fu, per mia fortuna, proprio lei ad aprire.
Le afferrai una mano senza dire niente e me la tirai fino alla mia casa.
<< Percy ma sei impazzito? Ti rendi conto di che ora siano, non possiamo uscire dalle cabine a quest'ora! E se ci beccassero? >>
Finalmente chiusi la porta alle mie spalle
<< Ora vuoi spiegarmi che diavo- >> non la lasciai finire.
Le afferrai la testa e cominciai a baciarla. Più la baciavo e più avevo bisogno di lei. Avevo bisogno di sentire il suo corpo ancora più vicino. La spinsi contro la scrivania mentre lei gemeva, le mani sotto il sedere e in un attimo era alla mia altezza appoggiata sopra. Cominciai a baciarle il collo e lei mi passava le mani sulla schiena e fra i capelli.
Mentre la mia bocca era occupata a lasciare piccoli segni rossi sul suo collo le mie mani esploravano ciò che c'era sotto la sua maglietta, i fianchi, il ventre piatto e il seno.
Improvvisamente mi afferrò il bordo della maglia e me la sfilò. Rimase un attimo a fissarmi per poi fare lo stesso con la sua. Indossava un reggiseno rosso che, pur standole benissimo, era solo un'intromissione tra i nostri due corpi. Riprendemmo a baciarci e a esplorarci finché un altro piccolo gemito salì dalla sua gola.
<< Oh Charlie >>
Scioccato e con l'orgoglio ferito mi scostai velocemente da lei.
Mi fissava con lo sguardo di chi ha appena perso il suo giocattolo preferito. E se fossi stato solo questo per lei? Un giocattolo da usare e riusare per poi essere rimpiazzato all'arrivo di uno migliore?
<< Percy, m-mi dispiace tanto >> mi disse ancora ansimando
Rimanemmo a guardarci per un po'. Cosa fare?
Fregatene! mi disse la stupida vocina.
<< Forse dovresti andare >> le consigliai ridandole la maglietta
<< Percy non fare così.. sai che ti voglio bene >> un altro pezzo del mio cuore era stato distrutto << è stata solo... l'abitudine >>
<< Vuoi scherzare? Silena fuori >> mi infilai anche la mia maglia e le aprii la porta
<< Mi dispiace >> ripetè lei sull'uscio
Appena se ne fu andata mi buttai sul letto e provai ad addormentarmi ma troppi pensieri mi invadevano la mente. Possibile che io provassi qualcosa di più rispetto a lei? E se fossi stato veramente solo un passatempo? Avrei solo voluto sapere cosa fare,​ con Annabeth che mi amava e Silena che avrebbe dovuto farlo. La mia vita mi sembrava un incubo e con l'arrivo del sonno ne avrei vissuto un altro.



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** -3- ***


Ancora una volta sognai Beckendorf. Mi guardava con occhi vitrei pieni di dolore, un dolore che provoca solo il tradimento di un amico. “Sei stato tu. Mi hai ucciso tu!” gridava. Poi un'altra esplosione.
Mi svegliai nuovamente tremando. Questa volta non persi tempo, mi alzai e andai alla fontana che mi aveva regalato mio padre. Dovevo parlargli, avevo bisogno del suo aiuto. Presi una moneta dal fondo e la lanciai nell'arcobaleno formato dagli schizzi della fontana.
<< Divina Iride accetta la mia offerta. Mostrami Tyson sul Monte Olimpo >>
Aspettai qualche attimo e la faccia di mio fratello sostituì l'arcobaleno.
<< Ciao fratello >> gridò Tyson sgranando l'occhio.
<< Ehi Tyson. Come stai? Ti piace il nuovo lavoro? >>
<< Tyson si diverte tanto. Ho già cacciato un po' di brutti mostri che cercavano di entrare sulla Grande Montagna e mi sono fatto questa >> disse alzando il braccio e mostrandomi una cicatrice che lo percorreva dalla spalla al gomito << Gli amici dicono che sono invidiosi >>
<< Bravo Tyson ma fai attenzione, qualche cicatrice va bene ma vedi di non farti ammazzare >>
Il sorriso scomparve dalla faccia del ciclope.
<< Scusa campione, ultimamente ho un po di problemi >>
<< Percy non ha chiamato solo per sapere come andava. Percy vuole un aiuto >>
<< Sì campione, sono nei guai. >>
Dovevo dire che stavo ferendo Annabeth al suo più grande fan. Come avrei fatto?
<< Sto facendo del male a una ragazza >> cominciai.
<< Come quel mostro ha fatto con Tyson? >>
<< No. Ma forse è anche peggio. Il problema è che non posso smettere di mentirle senza fargliene dell'altro >>
<< Io dico che se Annabeth scopre cosa le nascondi ti farà male lei >> mi rispose Tyson sorprendendomi.
<< Annabeth? Chi ha parlato di Annabeth? >> dissi scioccato.
<< Tutte le volte che parli di lei hai qualcosa negli occhi >>
Qualcosa negli occhi. Forse Tyson aveva ragione, forse Annabeth significava qualcosa di più per questo mi facevo tutti quei problemi. Sì certo, le volevo bene, non potevo sopportare l'idea che se ne andasse, ma finiva qui, giusto?
Beh forse non proprio.. mi rispose l'odiosa vocina.
Dopotutto mi aveva salvato la vita più volte di quanto mi piacesse ammettere, era normale che le fossi così legato.
E se non fosse solo per questo?
Io amavo Silena. Di questo ne ero certo, ma c'era qualcosa che...
<< Dovresti farti coraggio e pensare al bene di Annabeth >> mi disse riportandomi alla realtà << ora Tyson deve andare se no papà si arrabbia, a presto fratellone e ricorda: qualche cicatrice va bene ma vedi di non farti ammazzare >> mi fece un gran sorriso e scomparve.
Ancora una volta Tyson mi aveva stupito. Dopotutto aveva ragione: era meglio dire subito la verità ed evitare che soffrisse ulteriormente. Questo non toglieva che fosse dannatamente difficile. Mi ripromisi che quella sera, dopo il falò le avrei parlato.
Ovviamente più si avvicinava l'ora di cena più il mio coraggio scemava.
Passai il resto della mattinata sdraiato sulla mia branda, da solo.
Era incredibile come ci si potesse sentire soli in un campo pieno di ragazzi.
Finalmente, che fosse per il bisogno di cibo o semplicemente per la noia, verso pranzo decisi di alzarmi per unirmi a tutti gli altri nel padiglione. E pensare che quello che mi aspettava era un altro tavolo vuoto mi face deprimere ancora di più.
Non feci in tempo a uscire dalla porta che altri problemi mi precipitarono addosso, o meglio, mi corsero in contro.
<< Percy! Per fortuna ti ho trovato! >>
Juniper aveva la faccia sconvolta. Ansimava come non avevo mai visto fare a una ninfa. Forse non avevo mai visto una ninfa ansimare.
Da quando Grover il suo fidanzato, nonché mio migliore amico, era partito per salvare il mondo dai mortali e la loro spazzatura, io e lei ci eravamo avvicinati molto.
Quando ne sentiva la mancanza veniva da me, parlavamo di lui e cercavamo di capire dove fosse. Un paio di volte lo avevamo persiano chiamato con l' iPhone (la 'i' sta per Iride, la dea dell'arcobaleno) ma lui era parecchio impegnato.
<< Mi dispiace ragazzi ma uno dei miei compagni è rimasto intrappolato in un taglia erba. Vi chiamo io più tardi >> ci disse una volta. Ovviamente non richiamò.
Vedendo Juniper così spaventata pensai che si trattasse di lui, che gli fosse successo qualcosa di orribile. Per fortuna mi sbagliavo.
<< Juniper, rilassati. Concentrati e raccontami cosa è successo >>
Lei fece due respiri e si passò una mano sugli occhi verdi.
<< Stanotte stavo facendo una passeggiata nella foresta. Mi facevo gli affari miei e pensavo a Grover e all'improvviso un ragazzo è uscito dall'ombra. Non mi sono preoccupata troppo, sai sono tanti quelli che cercano di testare il proprio coraggio, ma quando ho provato a convincerlo di tornare a letto ha fatto un ghigno che mi ha spaventata molto >>
Juniper si fermò e prese un grande respiro. Cominciai a temere che il problema non fosse un ragazzo in giro per la foresta di notte, dopotutto si erano viste cose anche più strane.
<< Non era solo un ragazzo avventato, vero? >>
Juniper si guardava i piedi scalzi e sembrava in imbarazzo. Cercava di dirmi qualcosa ma era evidentemente spaventata di quello che avrei pensato.
<< Era.. era.. morto >> disse infine.
Il mio sguardo doveva essere pieno del dubbio che mi invadeva la mente perché subito si giustificò
<< So che può sembrare strano ma non sono impazzita. Gli occhi erano vuoti, senza emozioni. Percy, potevo vedergli attraverso.. bè più o meno. Ma sono sicura di ciò che ho visto >>
Alzò la mano e mi mostrò un pezzo di stoffa nera e logora.
<< Prima di andarsene mi ha lanciato questa >>
Inizialmente pensai che fosse solo uno straccetto ma mi resi presto conto che era qualcosa di più terrificante.
<< Dove è andato? >> chiesi strappandoglielo dalle mani.
Rimase in silenzio parecchio tempo fissando un punto impreciso sopra la mia spalla.
<< Juniper-dove-è-andato? >>
<< Per favore non arrabbiarti con me >> mi implorò << Si è... girato ed è corso contro un albero, lui è... scomparso nell'ombra, letteralmente. So che può sembrare... >> 
Non sentii la fine della frase perché stavo già correndo verso la foresta. Non poteva essere, non poteva essere tornato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2968853