I Westergård - Ascesa e caduta di una famiglia

di AidenGKHolmes
(/viewuser.php?uid=657277)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Speranze infrante ***
Capitolo 2: *** Chi osa vince ***
Capitolo 3: *** Il leone del nord ***



Capitolo 1
*** Speranze infrante ***





I WESTERGÅRD - ASCESA E CADUTA DI UNA FAMIGLIA

 

Capitolo I - Speranze infrante

 
 
"Spesso le aspettative falliscono, e più spesso dove più sono promettenti; e spesso soddisfano dove la speranza è più fredda e la disperazione più consona"
 
- William Shakespeare


 
***

 
Silenzio. Nient'altro che silenzio.

Quella mattina il silenzio più assoluto era l'unico suono che si poteva udire in qualsiasi stanza, corridoio o piano di Villa Westergård, un'immensa e raffinata costruzione risalente a non più di cent'anni addietro.
L'enorme residenza sembrava trovarsi in una dimensione parallela, dove non esisteva nè tempo, nè spazio... nè tantomeno felicità.

Vi erano solo la casa e i suoi occupanti.

Ogni tanto si poteva udire, per qualche breve istante, il violento fruscio del vento penetrare attraverso le spesse vetrate appannate dello studio di Hans, che tuttavia non distoglieva lo sguardo dal cupo paesaggio del parco signorile che si stagliava al di fuori.
I suoi occhi verdi si spostavano rapidamente dalle siepi, ormai secche e dai colori spenti, fino alle enormi betulle, le cui foglie ambrate sembravano essere l'unico colore vagamente brillante in quel panorama spento e deprimente.

Tutti gli ambienti dell'edificio erano illuminati fiocamente dalle eleganti lampade ad olio dorate lungo le pareti ricoperte di carta da parati color cremisi, creando così un'atmosfera quasi spettrale, accentuata ulteriormente dalle grigie nuvole che solcavano il cielo autunnale come giganteschi cavalli al galoppo.
Era come se la natura avesse predisposto ogni cosa per far sì che quel giorno sembrasse il più deprimente e triste possibile.

<< Obiettivo raggiunto, dunque... >> Borbottò Hans tra sè e sè, mentre si alzava dalla morbida poltrona in pelle marrone, per poi avvicinarsi alla gigantesca libreria di mogano e far balzare gli occhi da un volume all'altro, senza prestare particolare attenzione ai titoli. Era come se la sua mente stesse cercando di distrarlo dalla grave perdita che la sua famiglia aveva appena subito, ma senza riuscirci neanche lontanamente.

Istintivamente il giovane aprì una piccola anta del mobile, afferrando velocemente una piccola bottiglia di liquore, quasi per paura che il padre lo scoprisse, per poi versarsi un goccio in un piccolo bicchiere di cristallo collocato poco distante.
Un istante prima di portarselo alla bocca, Hans sogghignò leggermente; non era una risata divertita o isterica. Era il tipico sorrisetto sarcastico di chi si rende conto di una sciocchezza appena compiuta o detta.

Essere scoperto da suo padre? Ormai non correva più tale rischio... nè per l'alcol, nè per qualsiasi altra faccenda.

Il buon vecchio Knutte Westergård aveva finalmente chiuso gli occhi, dopo mesi di sofferenze celate e cure tanto dispendiose quanto inutili. Era stato visitato da tutti i migliori medici della Danimarca, erano stati comprati medicinali che provenivano persino da terre lontane, come la Russia o la Scozia, ogni membro della famiglia si era sforzato di trovare una soluzione a quel grave malanno...

Ma a nulla era servito. Knutte, dal canto suo, era rimasto saldamente alla guida della sua centenaria azienda mercantile, molto conosciuta in tutto il regno di Danimarca. Era un lavoratore infaticabile che era riuscito a mettere in secondo piano la sua malattia, dedicando gli ultimi mesi che aveva da vivere agli affari.
La fine era vicina, ne era consapevole; proprio per questo lavorò febbrilmente giorno e notte: voleva essere sicuro che, nel momento in cui avrebbe lasciato l'azienda ad uno dei suoi figli, la situazione fosse la migliore possibile.

Era sempre stato un buon padre per i suoi tredici figli, e anche loro ricambiavano la stima e la considerazione che Knutte aveva per loro. Con l'esclusione di Hans, tutti lavoravano nelle sedi esterne, anche piuttosto lontano da Aarhus, dove era collocata la residenza signorile della famiglia, tuttavia ad ogni occasione si organizzavano cene e ricevimenti, spesso invitando le personalità più in vista del paese.
In realtà il rapporto tra i tredici figli era come un gigantesco iceberg: se ne poteva scorgere solo la punta, ma non la smisurata massa immersa sotto il pelo dell'acqua.

 Il suo ingegno e le sue capacità in fatto di commercio, così come quello di suo padre e di suo nonno, avevano fatto sì che nel corso degli anni la Selskab Westergård i Nord 1 ottenesse un fatturato annuo di decine di migliaia di corone, un risultato molto importante per una società dedita quasi esclusivamente all'esportazione di prodotti danesi.

I Westergård erano così divenuti una tra le dieci famiglie più influenti ed abbienti del regno, oltre che una dal maggior numero di discendenti, almeno in quella generazione.

Ed ora Knutte era passato a miglior vita. Alla fine la gigantesca falce della morte lo aveva raggiunto, sebbene il suo decesso fosse avvenuto, a detta dei medici che ne dichiararono la morte, durante il sonno.
Una degna uscita di scena per uno degli uomini d'affari più eclettici di quegli anni.

Da quel giorno la vita di Hans Westergård, il più giovane tra i dodici figli di Knutte, non sarebbe mai più stata la stessa.




 
***



Il funerale avvenne in grande stile: ogni autorità del regno era presente quando la luccicante bara di legno venne calata all'interno della buca, nella parte più elegante del cimitero di Aarhus.
Nessuno osava fiatare, alcuni tenevano lo sguardo fisso al suolo, quasi in segno di riverenza verso quella persona tanto ricca e potente quanto dall'animo gentile.

Le gocce di pioggia erano sottili come aghi da cucito e pizzicavano in continuazione la bianca pelle di Hans, mentre i suoi capelli venivano lentamente inumiditi da quella pioggia leggera come seta. Ma nulla avrebbe potuto distogliere il suo sguardo dalla raffinata lapide in marmo finemente decorato che sormontava la tomba del padre.

"Qui giace Knutte Westergård, un uomo che si è costruito da solo" Recitava l'incisione, scritta con un'elegante grafia.

Era proprio vero... Knutte era un esempio da cui trarre ispirazione non solo per gli affari commerciali, ma anche per le piccole faccende quotidiane. Non si arrendeva mai, aveva sempre una soluzione per tutto... o quasi.

Tra tutte le riflessioni che infestavano la mente di Hans, un pensiero si fece più luminoso degli altri, come una candela accesa nel buio totale di una stanza. Chi avrebbe preso le redini dell'azienda, ora che Knutte era morto?
La sua mente iniziò, contemporaneamente, a creare assurde teorie che vedevano i fratelli come possibili avversari con cui misurarsi per ottenere il ruolo di dirigente.

E tutte quelle persone attorno a lui... non erano altro che approfittatori... cercavano di sfruttare la situazione per poter avere facile accesso al patrimonio della famiglia ed ottenere prezzi agevolati sulle esportazioni o le importazioni... nessuno amava realmente Knutte, secondo Hans. Solo lui lo stimava profondamente, ragion per cui il posto di proprietario gli spettava di diritto.

Ne era fermamente convinto... sicuramente tutti quegli anni di apprendistato al fianco di suo padre sarebbero stati la chiave con la quale avrebbe rilevato l'azienda di famiglia. Aveva persino rinunciato a gestire una filiale in maniera indipendente, proprio come facevano i suoi fratelli, pur di imparare da colui che vedeva come un maestro.

<< Sicuramente il notaio me lo confermerà... >> Concluse poi Hans. Subito dopo il funerale, infatti, i tredici figli dell'ormai defunto proprietario si sarebbero recati presso lo studio del dottor Jessen, per essere messi a conoscenza del testamento che Knutte aveva preparato non appena ebbe scoperto la sua malattia, in quanto certo della sua dipartita.

In quella piccola stanza, tra i legni pregiati delle pareti, ricoperte da pannelli, i vistosi tappeti e le piccole piantine esotiche collocate ai lati della stanza, i tredici fratelli attendevano impazienti di conoscere la propria fetta di eredità.
Non si erano lasciati andare a convenevoli e salamelecchi, a giudicare dalla situazione sarebbe stato quantomeno inappropriato.
Erano ancora scossi per la perdita del padre, certo... ma la loro curiosità era comunque umana e comprensibile e, certamente, ognuno di essi avrebbe scambiato volentieri la propria parte di lascito pur di riportare in vita Knutte.

Il dottor Jessen, un piccolo signorotto sovrappeso e stempiato, sul cui naso erano appoggiate un paio di piccole lenti rotonde, aprì lentamente una busta giallastra che era stata chiusa con un sigillo di cera rossa, per poi estrarne un unico foglio ripiegato in più parti.

I nomi dei figli erano stati riportati seguendo l'ordine di anzianità, ma il desiderio di vedere il nome "Hans Westergård" inciso sulla targa dorata dell'ufficio del padre  fece si che il ragazzo non se ne rendesse nemmeno conto; continuava a pensare che, se nessuno era stato ancora nominato dirigente... era perchè il padre aveva riservato tale onore al figlio minore. Non prestava minimamente attenzione a ciò che i fratelli avevano ereditato, nè alle note che il dottore leggeva di volta in volta.

<< ... infine lascio al mio tredicesimo figlio, Hans, una quota in denaro di corone settemilacinquecento, oltre all'uso di Villa Westergård come sua abitazione privata >> Pronunciò il notaio, senza distogliere i suoi occhi neri dal foglio.

In quel momento un brivido percorse il corpo di Hans in lungo e in largo, mentre la gola gli si seccava improvvisamente. Tutto lì? Quella era la considerazione che Knutte Westergård aveva avuto per quel giovane che aveva rinunciato alla sua adolescenza, ai piaceri della gioventù e persino all'ammissione all'Accademia di Copenaghen per seguirlo negli affari della ditta?

Contava davvero così poco, in famiglia?

<< ... dal momento della lettura del testamento la gestione della Selskab Westergård in termini economici e gestionali passa al mio secondogenito, Rasmus Westergård, colui che, in tutti questi anni, ha compiuto enormi passi avanti nell'amministrazione della succursale di Esbjerg.

Possa Dio aiutarvi e guidarvi sulla giusta via.

Confidando che farete un ottimo lavoro, cedo il passo ai miei successori.

Con affetto, vostro padre

Knutte Westergård >>

<< Questo è quanto, signori >>  Concluse infine il notaio, richiudendo con delicatezza la busta e posandola sul grande scrittoio.


Non ci fu bisogno di altre parole: tutti si alzarono e, dopo aver cordialmente salutato il dottor Jessen, uscirono dallo studio, avvolti nei loro pesanti cappotti neri. Tutti sembravano piuttosto esaltati da ciò che Knutte aveva riservato a ciascuno di loro. In attesa di salire sulle carrozze che li avrebbero riportati a casa, ognuno si complimentava con gli altri per ciò che avevano guadagnato quel giorno.

Tutti sembravano nuovamente rallegrati... tranne una persona.

Hans era piuttosto distaccato dal gruppo dei tredici fratelli, che si erano messi a discutere animatamente a proposito della direzione della società. Nessuno sembrava minimamente insoddisfatto, tranne lui. Ma che cosa poteva fare per cambiare tale situazione? Quelle erano le ultime volontà del padre, volente o nolente era tenuto a rispettarle.

Era amareggiato e ferito da tale comportamento. Si meritava di più, senza dubbio. La Villa e una misera parte del patrimonio famigliare non erano certo una ricompensa adeguata per tutti quegli anni di servizio e dedizione agli affari.
Il trattamento a lui riservato gli aveva sempre fatto credere di essere in qualche modo speciale, una specie di "figlio preferito" del padre.
Invece era tutta una farsa, una messinscena, un grande inganno?

Questo dubbio amletico, nei giorni successivi, lo logorò in continuazione; tentò in tutti i modi di distrarsi, passeggiando tra gli eleganti quartieri della cittadina, nel suo elegante soprabito, e trascorrendo innumerevoli ore nella biblioteca privata della Villa, immerso in quei capolavori letterari dell'antichità che aveva sempre trovato tanto affascinanti  quanto incredibili, ma che ora si ritrovava a leggere svogliatamente.

Desiderava soltanto una cosa che non avrebbe mai potuto ottenere. Ma Hans non era il tipo che si rassegnava facilmente.




 
***



Rasmus era seduto davanti alla scrivania lucidata alla perfezione, intento a concludere la lettura di un paio di lettere inviate da alcuni suoi contatti nell'entroterra europeo. Ora che aveva preso il comando dell'azienda doveva essere sempre informato su tutto ciò che i suoi acquirenti richiedevano e spesso la mole di richieste di determinati prodotti era immensa, oltre a dover tener conto della domanda e dell'offerta e di altri fattori di vitale importanza per far sì che un affare andasse finalmente in porto.

Tra calcoli mentali e scenari ipotetici relativi all'espansione della propria azienda all'estero, il nuovo proprietario non si accorse che qualcuno aveva bussato alla porta, ragion per cui tale gesto venne ripetuto con maggiore decisione. A quel punto i suoi occhi azzurri si posarono sulla doppia porta che dava accesso allo studio.

<< Avanti >> Rispose Rasmus, senza distogliere lo sguardo dalle missive.

Subito dopo la sua risposta, Hans entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle con delicatezza. Il ragazzo si era continuato a chiedere, durante la sua attesa nel corridoio, quale fosse la questione di vitale importanza di cui Rasmus doveva parlargli.

<< Ho un incarico da affidarti, Hans... >> Disse Rasmus, sistemandosi l'anello in oro massiccio che portava al dito, per poi aprire un cassetto ed estrarne una busta, che allungò al fratello.

Hans non ebbe il tempo di leggerne il mittente nè, tantomeno, il contenuto, dal momento che Rasmus gli spiegò subito di cosa si trattasse.

<< Dobbiamo cercare subito di espanderci... nostro padre, pace all'anima sua, è stato molto bravo nel consolidare la posizione della Selskab
Westergård all'interno del mercato danese. Tuttavia, per rimanere competitivi, è necessario spostare la nostra attenzione all'estero, creando nuove sedi nei regni vicini; il modo migliore per iniziare è acquisire alcune piccole società prossime al fallimento e trasformarle in sedi distaccate. Mi segui fin qui? >>

Hans annuì immediatamente, sebbene non capisse bene dove volesse arrivare.

<< Ebbene, ho già individuato una compagnia di partenza da cui iniziare. Ti occuperai tu di ogni acquisizione, ragion per cui sarai inviato spesso all'estero per gestire il passaggio di proprietà e trattare con gli ex padroni >>

L'animo di Hans, in quel momento, si incrinò. Da un lato era felice di tale compito, che dimostrava il fatto che qualcuno, tra i suoi fratelli, confidava nelle sue immense potenzialità, ma d'altro canto tale incarico era visto come una specie di premio di consolazione, come per evitare qualsiasi sua rimostranza per la sua poca utilità all'azienda.

Nonostante i suoi dubbi e le sue incertezze... non poteva tirarsi indietro. In fondo... è dalle singole gocce che nascono gli oceani, giusto?

<< Dove sarò mandato, dunque? >> Indagò Hans, lasciando intendere il suo assenso per la partecipazione a tale iniziativa.

<< Arendelle, una piccola cittadina lungo le coste norvegesi. Il proprietario, tale Agdar, ha dichiarato fallimento circa una settimana fa ed ha accettato una mia richiesta di acquisizione della sua società per salvare l'attività di famiglia. Partirai tra due giorni >>

Per una decina di secondi, Hans non disse nulla; già pianificava la ricompensa da chiedere a Rasmus per l'avvenuto accordo tra quel mercante norvegese e la loro ricchissima famiglia. E a tale prima impresa ne sarebbero certamente seguite altre. Avrebbe presto scalato la piramide sociale della sua famiglia... avrebbe finalmente avuto il ruolo che gli spettava di diritto.

Era un piano perfetto.

<< E sia >> Disse infine, fissando il fratello maggiore dritto in quei suoi occhi freddi ed inespressivi.



 
***



Note dell'autore: non smetterò mai di torturarvi, muahahahahaha!

Ok, no, seriamente, non so da dove sia saltata fuori questa storia. Seriamente.
Non ho bevuto, nè assunto sostanze strane, mi sono svegliato stamattina ed ho iniziato a pensare ad una trama casuale per una long... e quella da me appena introdotta non mi sembrava tanto male.

Ma comunque... Hans è di nuovo protagonista di una long, yay! E le sue caratteristiche saranno in parte... canoniche, se così si può dire, mentre altre... beh, non proprio.

Che altro dire se non "Spero vi piaccia, nel caso sapete dove abito, io nel frattempo mi nascondo nel carro armato"?
Scherzi a parte, se avete critiche da muovermi sono sempre ben accette.

A presto

Kesserling



Annotazioni:
1  Traduzione danese per "Compagnia Westergård del Nord"

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chi osa vince ***





I WESTERGÅRD - ASCESA E CADUTA DI UNA FAMIGLIA



Capitolo III - Chi osa vince



"Chi non osa osservare il sole in volto non sarà mai una stella"

- William Blake



Le ore, in talune occasioni, trascorrono più velocemente non solo dei minuti, ma perfino dei secondi.    Il cervello di una persona può, inoltre, essere impegnato a gestire migliaia di pensieri, che ronzano nella mente come mosche attirate dall'inebriante odore del miele, ma può capitare anche la situazione totalmente opposta, ovvero la completa assenza di qualsivoglia tipo di preoccupazione e riflessione, come se la mente si trovasse in una specie di stato catatonico dal quale, tuttavia, è molto facile risvegliarsi e comprendere con stupore quanto tempo sia passato dall'interruzione involontaria di qualsiasi attività.

Il comportamento di Hans, dopo quel fugace scambio di occhiate con Elsa, sembrava rispecchiare proprio il primo di questi due atteggiamenti sopradescritti.
In preda ad un innaturale stato di agitazione, il giovane rampollo della famiglia Westergård continuava a vagare tra la sedia dello scrittoio e il letto, come un'anima senza pace nel peggiore dei gironi infernali.
Qualcosa, nel freddo sguardo di quella fanciulla dai capelli platinati, lo aveva colpito come una fucilata e qualsiasi cosa tentasse di fare per distrarsi sembrava solo un'inutile perdita di tempo.  

Il sole era già alto nel cielo scandinavo, quella mattinata stranamente limpido come una pietra preziosa e privo da qualsiasi nuvola. Al di fuori della finestra la grande piazza cittadina si apriva davanti all'edificio in tutta la sua magnificenza; i negozi e le piccole botteghe avevano ormai aperto i battenti alla clientela, mentre il caffè letterario di Arendelle si stava, lentamente, riempiendo di gentiluomini e borghesi nei loro eleganti abiti scuri, intenti a discutere in maniera animata dei più importanti avvenimenti del continente.

In altre occasioni Hans non si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di visitare con calma la cittadina, nel tentativo di trovare, tramite una ricerca più approfondita, le successive imprese da acquisire dopo quella di Agdar. Era una tecnica che, nel corso degli anni, aveva affinato fino a farla diventare la punta di diamante delle sue abilità commerciali. Eppure era come se l'impresa alla quale era interessato in quel momento fosse più importante di qualsiasi altra azienda presente in città.
Forse era solo per provare a se stesso che non avrebbe rinunciato all'acquisizione di tale società solo per l'intromissione di un piccolo borghese come quel Bjorgman... o forse era proprio un vago sentimento di sfida verso questo sconosciuto che lo tratteneva dal compiere le sue solite sortite in "avanscoperta"?

Mentalmente, il ragazzo continuava ad analizzare e ponderare ogni singola frase che avrebbe utilizzato per condurre in porto la trattativa con Agdar. Ogni offerta andava ragionata accuratamente; come le frecce sono gli strumenti di morte del migliore degli arcieri, le parole e l'eloquenza erano l'arma più letale di cui Hans disponeva.
E intendeva mostrare di saperle maneggiare al meglio, quasi come a dare una prova di maestria in tale ambito.

Immerso in tali, importanti pensieri, Hans si accorse solo dopo alcuni minuti di una piccola folla che si era nel frattempo radunata di fronte all'uscio dell'appartamento. I loro visi e movimenti lasciavano intendere chiaramente che non erano giunti sino a là per una semplice chiacchierata e i bastoni che impugnavano confermavano quest'ultima ipotesi. Fu solo allora che Hans si ricordò delle parole di Agdar.

<< ... i creditori sono arrivati a minacciare di morte me e le mie figlie... >>

Evidentemente le persone a cui Agdar doveva restituire ingenti quantità di denaro non erano poche, ma arrivare ad uccidere per una questione di soldi... questo era davvero troppo.
Non c'era una ragione specifica che giustificasse quel che Hans fece subito dopo: in preda all'adrenalina uscì velocemente dalla stanza e si recò al piano terra. Agdar aveva già provveduto a chiudere le pesanti tende purpuree, ma le grida e le minacce sembravano non cessare mai. Se non avesse fatto qualcosa avrebbero sicuramente tentato di entrare nell'edificio. Quando una folla è in preda alla rabbia è capace di arrivare ad atti orribili, compresa la violenza su due ragazze innocenti. Nel salotto, Elsa e la figlia minore, una ragazza dal viso coperto di lentiggini e dai capelli, se possibile, più rossi di quelli di Hans, erano sedute sul divano.  Elsa era intenta a cercare di tranquillizzare la sorella, evidentemente terrorizzata dalle grida e dagli insulti provenienti dall'esterno.

<< Herre1 Hans... signore... è meglio che torni nella sua stanza, non è sicuro rimanere qui... >> Disse Jan, la guardia incaricata della sicurezza del giovane, cercando di impedirgli di avvicinarsi ulteriormente alla porta d'ingresso, verso la quale Hans sembrava diretto.

In tutta fretta era rientrata anche la sentinella che fino a pochi minuti prima era rimasta appostata fuori dall'uscio. Nel trovarsi di fronte ad una folla simile si era rifugiato istintivamente nell'edificio, senza nemmeno tentare di affrontarli. Era pagato per difendere, ma in tali circostanze nessuna paga sarebbe stata sufficiente per convincerlo a rischiare la vita in modo così avventato.

<< A che proposito? Per aspettare che quella marmaglia di bifolchi faccia irruzione qui dentro e linci questa famiglia? Non credo proprio... >> Rispose gelido Hans, scostandolo con decisione e aprendo la porta; nello stesso istante la sua mano tremante si appoggiò sul pugnale nascosto nella parte interna della giacca.

Perchè lo stava facendo? C'erano motivi sensati per i quali Hans si sarebbe dovuto sentire in dovere di proteggere quella famiglia da un'orda di creditori inferociti?
Nel momento in cui l'aria della piazza investì il suo viso, penetrando dallo spiraglio della porta semiaperta, realizzò che stava semplicemente lottando per la sua preda, così come un lupo contende la carcassa di un cervo morto ad un suo simile: la famiglia di Agdar era la sua preda e nessuno poteva pensare di mettersi tra di lui e il suo bottino.

Nessuno.

<< Tu che fai, vieni o preferisci andare a nasconderti? >> Domandò Hans, beffardo, alla sua guardia del corpo. Il ragazzo non dovette ripetere due volte la domanda: imbracciando il fucile, Jan lo seguì a ruota fuori dall'edificio, assieme alla seconda sentinella. La psicologia, dopotutto, era utile non solo nel mondo del commercio...
Hans dovette essere rapido a richiudersi la porta alle spalle, onde evitare che qualcuno cercasse di fare irruzione nell'appartamento.

Gli sguardi dipinti su quei volti erano la rappresentazione visiva della rabbia, dell'odio, del desiderio di riprendersi finalmente tutte quelle corone che avevano benevolmente prestato a quel pezzente di Agdar... ma quel giorno non avrebbero recuperato un bel niente. Di questo, Hans ne era fermamente convinto.

<< Signori, un po' di contegno, per cortesia... >> Esclamò Hans, nel tentativo di evitare uno scontro diretto con la folla, sebbene fosse arrivato a dubitare dell'efficacia dei suoi metodi pacati e diplomatici, almeno in quella circostanza.

<< Vaffanculo! >> Gridò qualcuno tra le numerose persone presenti, mentre il suo insulto venne velocemente coperto da altre ingiurie verso Hans e la famiglia di Agdar.
<< Come non detto... so bene che quest'uomo deve molte corone a ciascuno di voi, ma non è con la violenza che si risolvono queste dispute... >>
<< Vediamo se è veramente così! >> Gridò un uomo di mezza età coi capelli ricci ed un paio di folti baffi neri, rimasto fino a quel momento in prima fila, pronto ad assaltare l'abitazione, sferrando un pugno diretto verso il volto del ragazzo.

Hans, da parte sua, ebbe riflessi abbastanza pronti da riuscire ad evitare il colpo, per poi torcere il braccio all'aggressore con una tale violenza che gli parve di udire lo spezzarsi netto dell'osso del braccio. L'uomo cadde a terra in preda al dolore, trascinandosi a fatica verso i suoi compagni.
Nel frattempo Hans aveva estratto il pugnale ed era pronto ad infilzare come una bestia chiunque avesse osato muovere un solo passo verso di lui.
Le due guardie avevano caricato i fucili e ora li puntavano contro la folla, cambiando bersaglio ogni pochi secondi, nel tentativo di mantenerli in riga ed impedirgli di tentare un assalto, sebbene sapessero di non avere speranze in caso di aggressione: avevano una sola pallottola in canna, dopodichè si sarebbe trasformato in un duello corpo a corpo e, considerato il numero degli avversari, sarebbe stata una lotta persa in partenza.

Improvvisamente, dal lato di una stradina laterale poco distante, giunsero una decina di uomini in uniforme e armati di moschetto, capitanati da un signorotto di mezza età dalla calvizie incipiente. Evidentemente qualcuno, in città, aveva notato l'assembramento e le grida, ragion per cui erano state avvertite quelle che, con tutta probabilità, erano alcune delle guardie cittadine.
Alla vista dei soldati, come scarafaggi alla vista della luce, i rivoltosi scapparono in tutte le direzioni, correndo tanto veloce quanto glielo permettessero le gambe: alle guardie venne dato ordine di inseguire alcuni dei sovversivi.

<< Il giorno in cui riuscirò a trascorrere un mese senza dover sventare linciaggi sarà quello in cui rassegnerò le dimissioni... >> Bofonchiò il capo dei soldati, per poi posare il suo sguardo su Hans << Avete assunto una nuova guardia? E con quali soldi? >> Constatò stupito
<< In realtà, signore, sono semplicemente un uomo d'affari in visita, ma mi sembrava più che doveroso cercare di proteggere la famiglia del signor Agdar, specie dopo l'ospitalità che hanno mostrato nei miei confronti... >> Disse Hans, sperando di apparire come una specie di eroe agli occhi di quel capitano.

Ma nel profondo del suo cuore, Hans conosceva il reale motivo per cui aveva agito così: sperava di guadagnare punti e fargli salire la classifica degli affaristi preferiti di Agdar. Di lui e della sua famiglia non gliene poteva importare di meno, ma la sua azienda... era l'obiettivo finale al quale puntava. E doveva, in qualche modo, sovrastare l'altro suo concorrente, Bjorgman, se voleva avere la sicurezza di acquisire l'azienda.

<< Beh, si può dire che siete stato coraggioso. Non in molti avrebbero affrontato una folla inferocita senza battere ciglio. Vi ammiro, per questo. Ora andate, devo scambiare quattro chiacchiere col signor Agdar. E' stato un piacere conoscerla... >> Affermò lui, prima di farsi scortare all'interno dell'appartamento dalla guardia della famiglia. Hans li seguì a ruota, ma sapeva perfettamente di non avere il permesso di partecipare alla discussione che si era già avviata in salotto, per cui si limitò a salire lentamente le scale fino al piano dove si trovava la sua stanza. E fu in quel momento che il giovane si accorse che la porta di fianco a quella che dava alla camera degli ospiti, fino a quel momento rimasta sempre chiusa, era semiaperta. Dal piccolo spiraglio che si era creato, Hans intravedeva diverse librerie colme di tomi di qualsiasi grandezza concepibile, mentre un'elegante moquette rosso scuro ricopriva il pavimento. Sapeva di non poter entrare là dentro senza autorizzazione, ma il suo istinto gli continuava a ripetere che, forse, avrebbe trovato qualcosa da usare a suo vantaggio nella trattativa per l'annessione della società.

Avrebbe agito a fin di bene... verso se stesso.

Una volta entrato non ebbe nemmeno l'accortezza di richiudersi la porta alle spalle: sarebbe stata un'incursione rapida e mirata. Alla luce dei raggi solari che penetravano tramite la grande vetrata della stanza, Hans si mise a frugare dentro i cassetti della scrivania lucida come uno zaffiro. Nessuno di essi era stato chiuso a chiave, precauzione che ad Agdar probabilmente sembrava inutile, visto che lo studio era perennemente sigillato.

Durante ogni secondo trascorso là dentro, il ragazzo temeva in continuazione che qualcuno sarebbe piombato alle sue spalle, scoprendo le sue vili azioni proprio come una madre scopre il figlio con le mani nella marmellata. Tutto, attorno a lui, era immerso nel silenzio: gli unici rumori udibili erano i suoi profondi respiri e il suono tagliente e secco dei fogli che venivano letti velocemente, per poi essere rimessi nelle loro posizioni originarie.

Non riusciva a trovare nulla, vi erano solo lettere, resoconti di viaggi, schizzi di disegni senza senso probabilmente realizzati in momenti di noia o di tensione... dov'erano le informazioni scottanti? I bilanci fallimentari dell'azienda, i registri di entrate ed uscite, gli elenchi delle merci vendute in quei mesi... non vi era nulla di tutto ciò, là dentro. La frustrazione iniziava ad invadere il corpo di Hans, ma questo non bastò a farlo demordere: doveva esserci per forza qualcosa, qualsiasi dettaglio insignificante sull'azienda di Agdar.

Ed, effettivamente, fu proprio la sua caparbietà a fargli ottenere il risultato sperato:

Nell'ultimo cassetto, nascosto sotto una scatola metallica di sigari, vi era la chiave che apriva il suo futuro. Quello che trovò era tutto ciò di cui necessitava: un piccolo quaderno in pelle colmo di annotazioni, dati di vendita, resoconti sulle perdite, bilanci mensili a dir poco allarmanti... aveva trovato l'uovo di Colombo: tramite queste informazioni poteva sviluppare una strategia durante la trattativa, in quanto conosceva i reali rischi che l'azienda correva; in altri termini, sapeva da dove partire per formulare offerte irrifiutabili.

Gli serviva solo qualche ora in più per studiare il quaderno, ma non poteva restare là. Con un rapido gesto fece scivolare il quaderno nella tasca interna della giacca, per poi ritornare velocemente nella sua stanza.
La sua mano si era appena posata sul pomello dorato della porta, quando i suoi movimenti vennero congelati da una voce femminile mai udita prima di allora.

<< Signor Westergård, una parola... >> Disse timidamente la ragazza dai capelli rossi che, nel frattempo, era comparsa dalla scala. Hans non si mosse di un millimetro, il timore di essere scoperto lo sovrastava come una montagna.
<< Al vostro servizio, madame >> Rispose Hans, asciutto, fissandola in quei suoi occhi azzurri come il cielo del grande nord. Temeva che, da un momento all'altro, sarebbe giunta la fatidica domanda: cosa ci faceva nello studio di suo padre, da solo? Sarebbe giunta inesorabile, come un giudizio divino, era solo questione di tempo.

<< Ecco, io... non so bene come dirlo... volevo solo ringraziarvi... per aver difeso l'appartamento, pur non facendo parte della nostra famiglia... mio padre è un uomo così solo, ultimamente... è bello che sia rimasto qualcuno di buono, al mondo >> Confessò Anna, realmente convinta di ciò che aveva appena detto.

Ad Hans non importava nulla, nè di lei, nè di Agdar, nè di quel posto... voleva solo dimostrare ai suoi fratelli che non era l'ultima ruota del carro, nella prestigiosa azienda Westergård. Ma ovviamente non poteva rivelare i suoi veri sentimenti.

<< E' stato un piacere, signorina... Anna, giusto? >> Domandò il giovane, sforzandosi di ricordare il nome della ragazza dal viso lentigginoso.
<< Sissignore... è stato un periodo difficile per tutti, nella nostra famiglia... non so bene come funzionino le regole del commercio, ma... vi metterete d'accordo... voi e mio padre, intendo... le ristrettezze economiche dell'ultimo periodo finiranno? Grazie a voi? >>

Se Hans doveva ingraziarsi qualcuno... tanto valeva che fosse una persona che lo ammirasse in modo sincero e disinteressato. Al diavolo Elsa, i suoi segreti... Anna era una via più facile, più diretta... ma nonostante quello di cui Hans si convincesse, il desiderio di conoscere ciò che Elsa celava dietro quel viso bianco come la neve non l'avrebbe mai abbandonato, nemmeno dopo tutti gli eventi che seguirono.

<< Spero proprio di poter aiutare la vostra famiglia, vi prometto che farò tutto il possibile, milady >> Affermò falsamente Hans, abbozzando un mezzo sorriso sulle sue labbra.

Il viso di Anna si illuminò: allora... vi era ancora una speranza. Si sarebbe risolto tutto, in un modo o nell'altro. L'emozione e la felicità scaturirono in uno dei gesti più banali e semplici, privo di malizia e di qualsiasi altro obiettivo subdolo.

Le labbra della ragazza stamparono un piccolo bacio sulla guancia del ragazzo, che fu immediatamente percorso da un formicolio che si propagò fino alla punta dei piedi. Era la prima volta, in tutta la sua vita... nessuno gli aveva mai mostrato così tanto affetto. Era sempre preso dagli affari, dal denaro, dai commerci... avrebbe pagato qualsiasi somma per sentire di nuovo le labbra gelide della ragazza posarsi sulla sua pelle.
Tuttavia Anna si rese immediatamente conto che non doveva lasciarsi andare a simili atteggiamenti, ma purtroppo era consapevole che, in un momento di intensa felicità, faticava a controllarsi. Non era certo la prima volta, ed infatti la ragazza arrossì all'istante, per poi scusarsi sommessamente, prima di tornare da sua sorella, al piano inferiore, non prima di aver lanciato un ultimo sorriso entusiasta ad Hans.

Il giovane rampollo della famiglia Westergård era rimasto come paralizzato: la sua mente era un turbinio di sentimenti, pensieri, emozioni... non sapeva bene cosa provare.
Il primissimo pensiero che attraversò il suo subconscio, non appena ne ebbe ripreso il controllo, fu uno solo:

<< Sono un essere spregevole... >>

 

***


Note dell'autore: Porco cane, sono quasi due mesi che non aggiorno. Ok, sono anche io un essere spregevole, lo so. Che dire, adesso ho ritrovato l'ispirazione, per cui spero di riuscire a pubblicare in modo più regolare, ma come già detto siamo in inverno, il periodo apatico del sottoscritto. Yay!

Ci ho lavorato parecchio, a questo capitolo, sebbene i tempi siano stati enormemente dilatati a causa di impegni, di voglia di fare nulla ecc... quindi spero che comunque sia valsa l'attesa, per quei pochi che seguono la serie :)

Come sempre, vi ringrazio se siete arrivati fino in fondo e vi invito, se vi andasse, a lasciare una recensione o una critica, nel malaugurato caso in cui abbia fatto casini :)

A presto

Kesserling




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Il leone del nord ***





I WESTERGÅRD - ASCESA E CADUTA DI UNA FAMIGLIA



Capitolo II - Il leone del nord


 
"Uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo"
 
- Don Bosco




Il cielo norvegese era debolmente illuminato dai fiochi raggi solari. Era una mattinata grigia e cupa quella in cui Hans giunse ad Arendelle, a bordo di una delle enormi navi da trasporto possedute dalla Selskab Westergård. Il debole vento nordico scompigliò immediatamente i capelli ramati del giovane nell'esatto momento in cui uscì dal sottocoperta dell'imbarcazione, dove si era rifugiato durante tutto il viaggio con la scusa di controllare personalmente la lista di beni che sarebbero stati venduti al loro arrivo. E nessuno dei marinai poteva disobbedire ad una tale richiesta, se avanzata da un Westergård.

Così Hans venne lasciato solo, in mezzo a quella moltitudine di casse e sacchi di tela ingiallita, immerso nell'odore dei legni, del ferro di armi ed armature e dei balsami provenienti da qualche raffinata fabbrica danese. Nelle sue orecchie non giungeva altro suono che quello dello scricchiolio incessante e sinistro della chiglia,  eppure era come se i suoi pensieri fossero una specie di interlocutore che, come lui, non aveva altro desiderio che trovare un passatempo per ingannare il tempo.

E quale modo migliore se non torturare la mente di Hans con continui dubbi e domande ancora senza risposta?

Nella sua testa, il ragazzo continuava a domandarsi perchè il padre avesse scelto proprio Rasmus, il fratello più silenzioso e distaccato, fatta eccezione per Hans. Tra tutti e tredici, era l'unico ad interessarsi ai commerci e al profitto in maniera così fredda e razionale, senza mai puntare ad ottenere il massimo da ogni transazione e da ogni acquirente... Era l'esatta antitesi di quello che erano Hans e gli altri undici fratelli.

Ma allora... perchè lui? E perchè lo aveva spedito ad Arendelle? Stava architettando qualcosa della quale voleva tenerlo all'oscuro? Con Hans lontano da Aarhus chissà quali altri cambiamenti avrebbe introdotto all'interno della società, ma in fondo restare in città sarebbe stato comunque inutile, dal momento che Hans non aveva il benchè minimo potere sul dirigente dell'azienda.

Se voleva scalare la tortuosa piramide sociale della società doveva trovare strade alternative. Ed un'acquisizione era l'ideale per cominciare.

La pelle di Hans venne pizzicata con violenza dalla brezza marittima del porto, non appena Hans mise piede, per la prima volta, su uno dei grandi moli di pietra di Arendelle. Nel suo elegante abito bianco, il ragazzo scrutava ogni singolo edificio della città, in cerca degli obiettivi futuri da annettere alla società. Empori, tipografie, piccole attività bancarie... trovare un obiettivo successivo non sarebbe stato affatto difficile.
Era come una partita di scacchi: bisognava pensare tre mosse in avanti rispetto all'avversario che, nel suo caso, si trattava del tempo.

Doveva sbrigarsi a mettersi in luce, per evitare che le imprese dei suoi fratelli vanificassero tutti i suoi sforzi.
Sistemandosi il bavero della giacca, Hans si incamminò lungo le grandi vie del paese, scortato da una delle guardie private ingaggiate dalla compagnia. Uomini così potenti potevano essere facilmente vittima di aggressioni, non solo da parte di comuni ladri, ma anche da uomini e donne ridotti in miseria dalla loro avidità e sete di denaro.

Le strade erano incredibilmente pulite ed ordinate, le aiuole della grande piazza dove Hans era diretto erano ben tenute, quasi al pari di quelle di Villa Westergård. Ovunque regnava una gran tranquillità, nonostante la discreta quantità di persone nelle strade. I negozi erano ancora chiusi, ma non era comunque raro incontrare qualche commerciante intento a sistemare i propri prodotti su una bancarella.
Tra tutti i negozi, botteghe e caffè letterari della piazza in cui Hans si era recato, su indicazione di Rasmus, gli occhi del giovane caddero su un edificio di due piani dai muri color rosso acceso, interrotto solamente dal biancore contrastante di un paio di piccoli balconi e del contorno marmoreo delle finestre, dalle quali fuoriusciva una fioca luce giallastra, probabilmente di una lampada ad olio.

Corrispondeva perfettamente alla descrizione che suo fratello gli aveva riportato. Era indubbiamente la sua destinazione.

Nel silenzio più assoluto Hans fece per avvicinarsi alla grande porta d'ingresso, riccamente intagliata, ma improvvisamente la sua andatura, dapprima piuttosto rapida, rallentò notevolmente, dopo che ebbe notato una sentinella in uniforme ed armata di fucile appostata vicino all'uscio. Hans non si capacitava del motivo per cui necessitassero di una qualche forma di sorveglianza armata per la loro residenza. Anche alla Villa vi erano alcune guardie disposte lungo il perimetro, ma il loro era un terreno ben più grande di un appartamento cittadino che, per quanto elegante e raffinato, non avrebbe costituito una grande attrattiva per eventuali malviventi.

Nel vedere i due uomini avvicinarsi, la sentinella si posizionò di fronte alla porta, mantenendo comunque un atteggiamento amichevole, sebbene non avesse ancora aperto bocca. Senza esitazione Hans estrasse una piccola lettera ripiegata dalle tasche interne della sua giacca, per poi porgerla alla guardia, fissandola dritta nei suoi occhi neri come la pece.

<< Attendete qui, prego >> Disse pacatamente la sentinella, entrando nell'appartamento e chiudendosi la porta alle spalle. Passarono solo un paio di minuti, prima che dall'interno riemerse un uomo dai capelli biondo scuro e con un paio di baffi ordinati e ben tenuti, che porse immediatamente la mano ad Hans, lasciandosi sfuggire un emozionato << E' un piacere incontrarvi! >>, pronunciato in maniera convinta e sincera. Hans rispose a quella stretta di mano con convinzione, rassicurato dal fatto che l'essere così impazienti di vedere colui che avrebbe rilevato il cento per cento della sua attività lasciava presagire un acquisizione facile e veloce. Quell'Agdar aveva un aspetto molto bonario, sarebbe stato un gioco da ragazzi.
 
Il giovane venne subito invitato ad accomodarsi, seguito a ruota dalla sua guardia del corpo, che tuttavia rimase, su ordine di Hans, di fianco all'entrata.

<< Gradite una tazza di caffè, liquore o... >> Si premurò di chiedere ad Hans, il quale tuttavia rispose con un educato cenno del capo, lasciando intendere che non era giunto fino a là per fare colazione. I suoi obiettivi erano ben altri.

Il salotto dell'abitazione era stato arredato con gusto e stile: le pareti, ricoperte da carta da parati dai motivi ricercati, rendevano l'ambiente stranamente confortevole, quasi più di Villa Westergård. All'interno del caminetto scoppiettava un fuoco che, per quanto piccolo, era sufficiente a riscaldare la stanza in maniera soddisfacente. Il giovane venne invitato a sedersi su una delle tre poltrone dalle linee settecentesche, mentre Agdar, adagiato su un elegante divanetto dai cuscini cremisi, lasciava cadere un paio di zollette di zucchero nella tazzina di ceramica smaltata, per poi iniziare a mescolare il tutto con delicatezza, quasi come se un cuoco di alto livello stesse preparando una ricetta dagli ingredienti rari e prelibati.

<< E' una fortuna che sia potuto recarmi ad Arendelle in questo periodo, solitamente siamo sempre sommersi di lavoro >> Mentì Hans, fissando Agdar nell'atto di portarsi alle labbra quella bevanda dall'odore allo stesso tempo pungente e gradevole. Nonostante tutti gli impegni dell'azienda vi sarebbe stato sempre tempo per i soldi e i facili guadagni. Ma mentire era uno dei tanti modi per giungere all'obiettivo.
<< Immagino, signor Westergård. Possedete una delle società commerciali più importanti d'Europa, il fatto che abbiate trovato il tempo mi rende molto felice, così come sono felice del fatto che abbiate accettato la nostra proposta... come avrete visto non siamo in condizioni economiche esattamente stabili... >> Rispose Agdar, posando la tazzina sul vassoio in argento del tavolino da caffè.
<< Non vi seguo >> Confessò Hans << Avete una dimora di tutto rispetto, vi potete permettere addirittura il caffè... >>
<< Come avrete notato, siamo stati costretti a dotarci di una guardia all'ingresso... i creditori, nell'ultimo periodo, sono arrivati a minacciare di morte me, mia moglie e le mie figlie... abbiamo speso gli ultimi risparmi per ingaggiare una sentinella, ma ormai siamo arrivati al limite delle nostre possibilità economiche... >> Rivelò l'uomo, passandosi nervosamente una mano sulla manica della vestaglia. Il suo sguardo era stranamente cupo e rattristato, ma il ragazzo non sembrava provare la benchè minima empatia verso di lui.
<< Per fortuna pare che tutte queste vostre ansie stiano per terminare... ho qui con me il contratto, se aveste la bontà di darci un'occhiata >> Ribattè Hans, estraendo una pergamena arrotolata da una seconda tasca interna e allungandolo ad Agdar. Tuttavia non fece in tempo a prenderlo in mano, che subito confessò un dettaglio che rischiava di compromettere i piani di Hans.
<< Ecco... da quando ho inviato la lettera alla vostra compagnia sono cambiate alcune cose... >> Ammise Agdar, mentre il suo sguardo vagava distrattamente sul documento.
<< Come sarebbe? >> Chiese Hans, senza capire.
<< La vostra azienda non è più l'unica ad essere interessata all'acquisizione... è subentrato un nuovo acquirente, un certo Bjorgman, proveniente da un paesino poco fuori città. Tuttavia non ha ancora avanzato nessuna offerta, ragion per cui dovrete attendere il nostro colloquio, fissato per domattina >>

In quel preciso istante, tutti i piani di Hans, così accuratamente studiati e ponderati, si dissolsero come fumo tra le sue dita. La semplicità nell'acquisizione e la rapidità con la quale avrebbe espanso, per la prima volta, la Selskab Westergård al di fuori dei confini danesi... erano a rischio.
Per un attimo, il pensiero di abbandonare quell'affare e cercare qualche altra azienda da conquistare balenò nella testa di Hans, veloce come un lampo che squarcia le nubi, ma venne subito seguito da un nuovo sogno di gloria: sarebbe tornato ad Aarhus da vincitore, dopo una lunga trattativa avrebbe fatto crollare le ambizioni di quel Bjorgman come un castello di carte. Spesso, durante le trattative, tutti i possibili acquirenti sparivano come scarafaggi alla vista della luce, nel momento in cui la Selskab Westergård entrava in gioco: nessuno aveva le capacità economiche della sua azienda, nè tantomeno uomini d'affari abbastanza capaci per concludere qualsiasi negoziato e con chiunque.

Quel tale, Bjorgman, si sarebbe pentito di essersi mostrato interessato alla società di Agdar, pur sapendo che i primi ad aver manifestato attrattiva erano stati proprio i suoi fratelli.

<< Sta bene, dunque. Dovrò rimandare alcuni incontri che avevo fissato in Danimarca, ma non penso che ci saranno problemi >> Finse nuovamente Hans.
<< Chiedo umilmente scusa se vi sto facendo perdere tempo... in qualche modo cercherò di ricambiare il vostro interesse... >> Ringraziò sommessamente Agdar, mentre il suo volto si illuminava dalla felicità. Il suo unico interesse era ottenere il denaro utile a pagare i creditori e mettere, in questo modo, la sua famiglia fuori pericolo. Non vi era cattiveria, nè avidità, nei fini per i quali avrebbe usato quel piccolo patrimonio... solo una profonda preoccupazione verso i suoi cari.

<< Non sarà necessario, veramente... >> Tentò di dire Hans, ma venne interrotto subito dopo dal suo interlocutore.
<< Il minimo che possiamo fare è ospitarvi presso la nostra residenza, almeno finchè il contratto non sarà firmato >> Propose Agdar, visibilmente entusiasta all'idea che, presto, tutti i loro guai sarebbero svaniti nel nulla.

L'idea lasciò Hans interdetto; da un lato la proposta lo allettava notevolmente: da quel breve soggiorno avrebbe potuto scorgere eventuali punti deboli dell'animo di Agdar sui quali far leva. Ma, d'altro canto, persino lui poteva essere spiato e gabbato senza che se ne rendesse nemmeno conto. Tuttavia non aveva altra scelta, dal momento che un personaggio illustre come un Westergård non poteva certo abbassarsi a soggiornare in qualche squallida locanda. Fu proprio il pensiero del poco dispetto che avrebbe avuto verso il suo stato sociale a spingerlo ad accettare la proposta.

Tra quelle mura, Hans avrebbe studiato la sua preda, come un leone si apposta nella savana, in attesa di aggredire un'indifesa gazzella.
Era il leone del nord, e nessuno riusciva a separarlo dalle occasioni di guadagno.

Ma era sempre così?

***

 
Non appena la proposta di Agdar venne accettata dal riluttante Hans, la sua guardia del corpo venne inviata al porto con l'ordine di trasferire i pochi averi che il ragazzo si era portato per il viaggio nell'abitazione dove avrebbe soggiornato. Fortunatamente l'equipaggio della nave era sotto il comando diretto di Hans, ragion per cui non se ne sarebbero andati senza uno specifico ordine del giovane.

L'unico baule che Hans si era portato da Aarhus venne trasportato immediatamente nell'appartamento di Agdar; fu allora che ad Hans venne un'altra idea geniale: il mostrarsi volenteroso ed attivo, seppur parte di un rango elevato della borghesia, avrebbe certamente giovato all'impressione, già di per sè molto positiva, che Agdar aveva di lui.
Proprio per questo motivo Hans aiutò la sua guardia del corpo a trasportare il bagaglio al secondo piano. Lungo le scale, tuttavia, fece un incontro con la creatura più affascinante che Hans avesse mai visto.

Una ragazza dai capelli biondi raccolti in una lunga treccia era seduta su una poltrona, i suoi occhi azzurri, fino ad allora rimasti fissi su un libro dalla rilegatura in pelle si spostarono sui due uomini, intenti a trasportare la pesante cassapanca nella stanza degli ospiti, non appena questi entrarono nel suo campo visivo. Lo sguardo di Elsa, la figlia maggiore di Agdar, si incrociò per qualche secondo con gli occhi color smeraldo di Hans. Nello sguardo della ragazza vi era qualcosa che fece sentire il giovane a disagio, come se fosse un ospite non gradito... o come se quella giovane dalla pelle pallida come la neve fosse pienamente a conoscenza della sua sete di denaro.

Una volta che i suoi effetti personali vennero sistemati nella stanza, Hans venne lasciato solo dalla sua guardia del corpo, che aveva ricevuto l'ordine di tornare alla nave e aiutare l'equipaggio a sorvegliare le merci rimaste nella stiva.
Il giovane Hans si sedette allo scrittoio e, alla luce della lampada ad olio, tentò di scrivere una missiva a Rasmus, nella quale avrebbe comunicato il suo tardivo rientro ad Aarhus. Tuttavia la sua mano sembrava rifiutarsi di scrivere. Nella sua testa vi erano solo gli occhi glaciali di quella ragazza, che lo fissava impassibile, con uno sguardo quasi sprezzante.
Non sbagliava mai ad interpretare le occhiate che gli venivano lanciate: Hans era certo che la ragazza sentiva la presenza di Hans come una specie di invasione del suo spazio personale.

Ma che c'era, di così terribile, da nascondere?

Hans continuava a ripetersi che stava diventando troppo paranoico... era impossibile che quella giovane fosse a conoscenza delle sue reali intenzioni. In fondo non lo conosceva nemmeno, non poteva odiarlo senza uno specifico motivo.
Fu allora che la mente di Hans venne illuminata improvvisamente: se fosse diventato amico di una delle figlie... probabilmente sarebbe stato più semplice entrare nelle grazie di Agdar ed ottenere la società ad un prezzo ancora più vantaggioso.

Il fallimento non era nemmeno contemplato dal giovane.


 
***



Note dell'autore: ok, ci ho messo un sacco di tempo a scrivere questo capitolo, principalmente perchè sono entrato nella fase "Apatia portami via", tipica del mese di dicembre.
Comunque sia ci ho lavorato su a giorni alterni, per cui ho avuto modo di rivedere il lavoro più volte.
Da questo capitolo inizia la narrazione vera e propria: non sono successi colpi di scena particolari, ma non è più una specie di enorme introduzione come il capitolo precedente.

Fatemi sapere cosa ne pensate, evitando di caricare i cannoni e puntarli contro casa mia XD

A presto :)

Kesserling



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2914569