Cracked

di zwingli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Everything has changed ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Cracked

 

Era passato moltissimo tempo, così tanto che Percy avrebbe potuto dire di non riconoscere più quel posto, tuttavia, sebbene in tutti quegli anni avesse cercato di dimenticarlo con tutto se stesso, non era mai riuscito a scordarlo completamente, c'era sempre quel piccolo particolare, quell'unico rimorso che lo riportava lì, come se, alla fine, non fosse mai scappato.

Non tornava a Troy da quasi 4 anni, da quando era fuggito dalla sua "casa", o almeno quel luogo che avevano imparato a chiamare così. A volte, a distanza di mesi, era entrato in auto, da New York a Troy ci volevano soltanto tre ore, in fondo. Ma puntualmente al casello autostradale scoppiava a piangere e tornava indietro. Tutti quei ricordi, quelle esperienze, erano ancora partecipi della sua vita, non erano ormai semplici incubi, non sarebbero mai diventati dei brutti sogni e basta, non sarebbe mai riuscito a svegliarsi sereno al mattino, dimenticandosi ogni giorno che no, non doveva più farsi toccare il corpo, lentamente, in modo straziante, fino a perdere tutto il pudore, fino a consumare tutte le lacrime. Perché era questo che aveva fatto per tutta la sua vita, che lo avevano obbligato a fare. A Troy, dove Percy era cresciuto, viveva una bellissima signora, Fanny Houghtman, sarebbe diventata sicuramente una stella di Hollywood, ai suoi tempi, se non fosse stato per piccoli inconvenienti di vario genere. Sì, era davvero una donna stupenda sebbene non fosse più nel fiore degli anni, certo tutta quella bellezza era solo esteriore, dentro aveva il marcio. Forse il suo cuore era marcito in seguito alla sua carriera fallita e al divorzio con il suo adorato marito, oppure dopo alla morte di sua figlia Angela, ma questo non spiegava certamente ciò che faceva. Fanny accoglieva degli orfanelli in casa, li serviva e li riveriva, era davvero un amore di donna, poi se quelle "adozioni" fossero in regola e da dove provenissero i soldi per mantenere tutti quei bambini nessuno se lo domandava, insomma, ci si poteva solo che fidare, di una persona amorevole così. E infatti cresceva quei bambini presi dalla strada nel migliore dei modi: andavano tutti a scuola, erano sani, non si ammalavano mai e avevano molti amici. Fanny li spingeva in ogni modo possibile ad essere perfetti, lei si aspettava il meglio dai suoi cari trovatelli. Certo come tutti quei ragazzini facessero ad essere svegli e freschi di giorno a scuola nessuno se lo spiegava, visto che ogni sera la signora Houghtman riceveva vari ospiti nella sua accogliente casa, ma insomma, lei stava per compiere una carriera brillante, evidentemente erano tutti suoi vecchi amici appartenenti alle classi più abbienti. Tuttavia quella bella signora rappresentava tutto ciò che ci potesse essere di più orribile in quella società. Lei era cupidigia, era avarizia, era perversione.

La maggior parte di quei bambini lasciava la scuola a 15 anni per motivi di vario genere -povera donna, non aveva abbastanza soldi, evidentemente!-, solo i più forti continuavano. Nessun cittadino di Troy, ovviamente, poteva immaginare che di notte quella donna così adorabile potesse fare della sua casa un bordello. Ecco a cosa servivano tutti quei ragazzi. In un primo momento i bambini, abituati alla malavita degli orfanotrofi o, nei casi più gravi, alla vita per strada, abbandonati dai genitori biologici nella loro più tenera età, amavano quella signora che li aveva accolti in casa sua, trattandoli nel migliore dei modi, ma dopo qualche mese i più grandi si accorgevano che la loro nuova mamma iniziava a trattarli diversamente e che non era una cosa affatto comune, fra i loro coetanei, passare la notte con le mani di signori in giacca e cravatta nelle mutandine.

Percy era stato trovato da Fanny quando aveva 12 anni e si ricordava perfettamente di come, soltanto due mesi dopo la sua adozione, lo aveva consegnato nelle mani di una donna grassoccia coni capelli biondo platino, "Ti trova molto carino, Perce" gli aveva detto la sua mammina "Comportati bene, è una nobildonna!".

I bambini imparavano a tenere la bocca chiusa ben presto, rimanevano sempre ben impresse le punizioni, di gran lunga superiori e più temibili di una sculacciata, riservate ai "ribelli ingrati", come la signora Fanny chiamava i ragazzini che cercavano di chiamare la polizia o altro.

Percy era stato preso quasi nello stesso periodo di un altro bambino che allora aveva 8 anni: Nico Di Angelo, orfano di entrambi i genitori a causa di un incidente. Lui, sin dai primi tempi, era stato sfruttato più che altro per piccoli lavori di casa a vantaggio della padrona, considerato troppo magro e troppo pallido per poter piacere a qualcuno. Nico era stato spesso vittima di invidia o di prese in giro da parte degli altri bambini, alcuni risentiti perché a lui molto raramente spettava di dover passare la notte con signori grandi e grossi come loro dovevano fare, altri invece si sentivano superiori perché loro ricevevano soldi per quello che facevano, mentre lui si sporcava le mani in cucina e basta. Inutile dire che Percy, spinto da quella sua bontà e dal quel senso di protezione innato, fece subito amicizia con Nico, cercando di distrarlo più che poteva da quella sporca realtà in cui vivevano.

La maggior parte dei ragazzi, una volta cresciuti, scappavano, così come aveva fatto Percy, di certo Fanny non si poteva permettere di perdere la sua merce preziosa lasciandola andare allo sbaraglio. Tuttavia, quando uno dei suoi figliocci si dava alla fuga, lei non se ne curava più di tanto, certa che non sarebbero riusciti ad andare molto lontano. Soprattutto per questo motivo molti dei ragazzi rimanevano con lei, dicendo che ormai erano abituati a quella vita, faceva parte di loro. Era proprio questa la cosa più orrida, Fanny cresceva così quei bambini, insinuando quasi  nei loro cervelli l'idea che fosse giusto e normale vendere il proprio corpo. Percy era rimasto basito e schifato quando la maggior parte degli altri ragazzi più o meno coetanei, cresciuti con lui in quella casa, rifiutarono di fuggire con lui, sentendosi dire cose del tipo "Alla fine non è così male, Perce, qui abbiamo tutto". Così se ne era andato infuriato all'età di 18 anni, lasciandosi alle spalle tutti gli altri e i loro auguri di trovare qualcosa di migliore. In quel momento, seduto sulla panchina di fronte Casa Houghtman, gli sfuggiva davvero il motivo per cui non aveva portato Nico con sé, abbandonandolo lì da solo a marcire, nonostante lui, all'epoca quattordicenne, avesse chiaramente espresso il desiderio di scappare con lui. A quella richiesta Percy aveva semplicemente detto che era troppo piccolo, non poteva correre tutti quei rischi, ma in ogni anno passato lontano da quel posto era venuto alla conclusione di esser stato solo un fottuto egoista. Allora aveva declassato Nico al livello di tutti gli altri compagni, troppo arrabbiato con loro e ritenendoli così ottusi e accecati da Fanny da non capire che la libertà valeva molto di più di una misera banconota donatagli dai clienti dopo una notte di sesso. Forse era proprio per quel motivo che non riusciva a lasciarsi quel posto nefando alle spalle, il ricordo degli occhi tristi e malinconici e i singhiozzi di Nico al momento della sua partenza erano stati il suo grande rimorso della sua fuga; e forse era proprio per quel motivo che era tornato, ormai ventiduenne, davanti a quella casa a Troy, cittadina a tre ore da New York. Sperava di rivederlo, sperava di poterlo portare con sé questa volta, rimediando all'errore commesso 4 anni prima.

In quel momento qualcuno uscì dalla casa, probabilmente doveva buttare la spazzatura, portava un grosso sacco appresso. Ormai era sera e Percy non seppe riconoscerlo. Si chiese se in quegli anni Fanny fosse riuscita ad incastrare altri poveri bambini. La figura si avvicinò al cassonetto che si trovava a qualche metro di distanza dalla panchina di Percy. Fu proprio quando si trovò accanto al secchione, sotto la luce di un lampione, che lo riconobbe. Era Nico. Era cresciuto moltissimo, doveva avere più o meno 18 anni. Aveva mantenuto i suoi lineamenti dolci nel viso, ma quel pallido malaticcio aveva lasciato posto ad una pelle candida, quasi marmorea; si era alzato e sebbene fosse magro come Percy lo ricordava, la canottiera nera che indossava tradiva un fisico atletico. Dopo aver buttato l'immondizia si sciolse i capelli che teneva legati, lasciandoli disordinati, gli arrivavano quasi alle spalle. Alzò la testa verso il cielo e a Percy sembrò di vederlo sospirare. Dopo qualche minuto passato a contemplare le stelle che non si vedevano a causa delle luci del centro abitato, Nico si girò, tornando verso la casa. Quando ormai si trovava a metà strada, però, si girò di nuovo, come se avesse notato qualcosa. Fu in quel momento che vide la figura di Percy.

 

 

NDA

Aaaallora, non so bene che dire perché è una cosa che ho scritto di getto questo pomeriggio. Mi rendo conto di aver scritto una cosa grossa, forse delicata, quindi capisco anche che non so se riuscirò a proseguire questa long nel migliore dei modi, non ho pensato nemmeno ad un'eventuale fine, tutto nascerà da questo primo mini capitolo. Quindi, spero soprattutto di non lasciarla in sospeso, visto che ci tengo molto, difatti ho intenzione di approfondire al massimo i caratteri dei due personaggi principali. Tuttavia non credo includerò altri personaggi della saga, ma tutto può cambiare, ripeto che non ho ancora la minima idea di come proseguire ed argomentare il tutto, ahimè. In ogni caso spero vi piaccia e mi farebbe tanto tanto taaaanto piacere se recensiste, dicendomi cosa ne pensate, visto che è solo un'idea di fiction, ecco.

 

P.s. Sono ancora stanchissima  da ieri, come penso la maggior  parte di voi, quindi scusate se la struttura è un po' contorta e se ci sono errori. Comunque spero che tutti voi abbiate passato un felice Capodanno c:

 

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Capitolo 2
*** Everything has changed ***


 

Cracked

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Everything has changed

 

Il cuore batteva troppo forte, quasi dolorosamente. Nico non poteva credere che si potesse provare una sensazione così tremenda. No, tremendo non era l'aggettivo giusto. Provava gioia, rabbia, nostalgia, nemmeno lui stesso riusciva a comprendere cosa gli stesse accadendo; il sangue gli faceva tremare le vene e la testa sembrava voler scoppiare. No, Nico non capiva cosa gli stesse succedendo, cosa stesse capitando al suo corpo, ma di certo non era positivo per lui. Per questo motivo decise di girare i tacchi e tornarsene in casa, sebbene Percy (era sicuro fosse lui) avesse iniziato a sorridergli in una maniera indecifrabile, sarebbe potuto sembrare quasi inquietante.

Cosa poteva spingere una persona a tornare al proprio patibolo, nel posto dal quale era scappato con tanto astio e rancore, ma comunque molta speranza stretta nelle tasche? Che cosa su quel maledetto mondo poteva riportare un uomo all'origine di tutti i suoi mali? Solo un pazzo maniaco lo avrebbe fatto.

Nico aveva ingenuamente sperato di riuscire ad arrivare dentro casa e di poter chiudersi il portone alle spalle, rintanarsi in camera e convincersi che no, quello era solo un tipo qualunque che somigliava a Percy, lui se n'era andato. Tuttavia si ricredette amaramente quando si sentì abbracciare da dietro la schiena, prima con indecisione, poi con fermezza, tale da farlo quasi innervosire. Fece dei piccoli respiri veloci per mantenere la calma. Quello non era Percy, non poteva esserlo!

Poi sentì degli scossoni: forti, disperati. Di primo Nico impatto pensò quasi ad un terremoto, ma se la sua mente fosse stata più lucida avrebbe capito subito che quelli erano singhiozzi. Sentiva un peso sulla schiena (o forse era nel cuore?) che stava diventando quasi opprimente. Le mani della persona iniziarono a tremare, e fu proprio quel tremolio a fargli perdere la pazienza, quelle piccole scosse gli subentravano nella pelle, diventando un tutt'uno con il suo corpo, facendogli venire i brividi.

"Nico..."                                                               

Era un sospiro, una supplica più che un'affermazione, quasi non gli sembrava più il suo nome, pronunciato da quella voce roca e spezzata. Voce che, lo sapeva, era quella di Percy. Bruciava ammetterglielo, ma Nico l'avrebbe riconosciuta sempre, o meglio, non avrebbe mai potuto dimenticarla mentre gli diceva "Sei troppo piccolo" sulla soglia di quella stessa casa, appena prima di scomparire per 4 anni.

"Ciao, Percy"

Gli era venuta la pelle d'oca e non sapeva se per la gioia, per la rabbia o per il vento che si stava innalzando. Rimase rigido per secondi che sembrarono interminabili e riprese a respirare solo quando Percy lo lasciò libero.

"Hai visto, sono tornato, alla fine" disse titubante.

E dopo quelle parole Nico non poté fare a meno di dargli uno schiaffo. Doveva essere davvero impazzito, in tutto quel tempo. Come poteva fare ciò, come poteva dirgli quella frase? Nico aveva passato gli ultimi anni a convincersi che Percy fosse morto, ovunque si trovasse, per lui non esisteva più. Ormai i loro legami si erano spezzati, come un fiorellino che cerca di crescere ma viene rotto da un temporale. Il ragazzo maggiore aveva fatto la sua scelta anni fa, aveva deciso di abbandonarlo e in quel momento per Nico risultava inconcepibile che avesse potuto tornare sui suoi passi. Per quale motivo, poi? Si era forse pentito? Sentiva mancanza del luogo in cui era cresciuto? Aveva bisogno di soldi? Lui che aveva cercato in tutti i modi di convincere i compagni a scappare era tornato contro ogni logica?

Percy si portò una mano sulla guancia, più per la sorpresa che per il dolore. Davvero non si era aspettato nulla del genere? Pensava forse che Nico lo avrebbe potuto accogliere a braccia aperte?

Il minore cercò di colpirlo ancora, questa volta sul petto, ma non ci riuscì. La testa gli pulsava, il suo petto si alzava e riabbassava ad intervalli irregolari, gli occhi erano appannati. Stava piangendo, singhiozzando rumorosamente e aggrappandosi al petto di Percy, che solo un secondo prima avrebbe voluto fracassare.

"Sono passati quattro anni, Percy, quattro"

"Lo so, scusami, sono stato un idiota. Mi puoi perdonare?"

"Dov'eri quando ne avevo bisogno? Mi hai lasciato crescere qui, da solo,quando avevi promesso che avremo affrontato tutto insieme"

Percy lo strinse, accarezzando impercettibilmente la pelle candida delle sue braccia: era ancora morbida, come quella che aveva da bambino. Volse lo sguardo verso la casa, domandandosi se tutti i suoi vecchi "fratelli" fossero ancora lì dentro, se stessero già lavorando, se Fanny avesse notato l'assenza di Nico.

"Tranquillo, sono venuto a prenderti, ti porto a New York, andiamo a vivere insieme"

Il più piccolo si staccò di scatto, strabuzzando gli occhi e iniziando a scuotere la testa violentemente.

"No, no, non posso, non posso"

"Come non puoi? Ho una casa a New York e credo di riuscire a mantenere entrambi, ho pensato già a tutto non devi preoccuparti di nulla"

"Non posso! Non cercarmi più Percy, vai via!"

Nico indietreggiò lentamente, per girare poi tutto il corpo e scappare. Ma Percy non se lo sarebbe fatto sfuggire, non di nuovo. Lo afferrò per un polso, stringendolo forse troppo.

"Ti prego! Perdonami. Non riuscivo a tornare, avevo paura, ero terrorizzato di quello che avrei ritrovato. Ma ora sono qui, vieni con me ti scongiuro"

Percy era sconvolto, davvero non riusciva a capire. Si sentiva un po' come un bambino che il primo giorno di scuola veniva messo vicino di banco ad uno sconosciuto; non sapeva come comportarsi. Ingenuamente, quando era tornato a Troy, si era aspettato che Nico lo avrebbe accolto non proprio a braccia aperte, ma sicuramente che alla fine lo avrebbe perdonato, che tutto sarebbe tornato come prima, fra loro due. In quel momento, però, guardando il suo vecchio amico negli occhi, tutta la speranza che si era caricata nel suo cuore scomparve in pochi istanti.

"Non posso, scusami, non posso venire con te"

Percy abbassò lo sguardo sul candido polso che ancora stringeva fra le mani, quasi fosse l'unico appiglio disponibile, l'unico sostegno che gli permetteva di non sgretolarsi. Come se fra i due ragazzi fosse lui quello rotto, spezzato dall'esperienza, come un vecchio vaso che inizia a creparsi senza un apparente motivo.

La pelle di Nico era liscia e candida e il suo braccio era snello, vagamente androgino, ma in tutta quella grazia c'era qualcosa che non andava, agli occhi di Percy. Qualcosa di estremamente sbagliato, anche se non capiva cosa. Rimanendo in silenzio, il maggiore girò leggermente il polso, riuscendo finalmente a scorgere mille screziature rosate dalle misure irregolari che rovinavano tutta la parte interna del braccio di Nico. Infine si accorse che delle cicatrici molto simili erano presenti sulla spalla destra e se ne intravedevano alcune appena sotto le clavicole. Quando il più piccolo si accorse di quello che stava accadendo si sottrasse da quella presa che in quel momento gli pareva tanto debole, mentre solo qualche minuto prima gli era sembrata una morsa fortissima. Scosse un poco la testa, rifiutandosi di piangere ancora e tuttavia non accorgendosi che le lacrime si stavano già facendo strada sulle sue guance.

Percy era immobile. La testa gli sembrava troppo leggera mentre il cuore si stava facendo sempre più pesante ad ogni respiro che inalava. Anzi, non era nemmeno sicuro che stesse respirando.

"Nico, cosa è successo... Cosa... Cosa è cambiato?"

"Tutto, è cambiato tutto"

E il ragazzino, senza voltarsi indietro, tornò in quella casa tranquilla all'apparenza e scivolò via dalle mani di Percy, proprio come era accaduto quattro anni prima; solo che in quel momento era Nico ad andarsene.

 

 

 

Non pioveva, ma non faceva nemmeno bel tempo, era da tre giorni ormai che il cielo era completamente grigio, l'aria era secca e tutti sembravano essersi fermati nelle loro case e nei loro uffici, come se fossero in una vecchia palla con la neve che ormai nessuno agitava da tempo. Tutto era bloccato, o almeno Percy si sentiva bloccato. Non era più andato a lavoro,dal giorno in cui era tornato a Troy. Tutto coraggio sprecato, continuava a ripetersi. Si sentiva un codardo, proprio come in tutti quegli anni passati a nascondersi, a costruirsi una vita fatta di illusioni, senza accorgersi che ci voleva ben poco a farla crollare. Era bastato un soffio, un tutto è cambiato, a spazzare via le sue certezze, ciò per cui si era tanto illuso. Eppure ci aveva creduto, aveva sperato davvero che tutto sarebbe andato secondo i piani, invece si era fatto intimidire, si era comportato come un bambino. Quando Nico era tornato indietro, Percy era rimasto stordito, con gli occhi spalancati e la bocca aperta; poi era entrato in macchina per tornarsene a New York, nel suo piccolo appartamentino. Da quel giorno aveva compiuto ogni gesto in modo automatico, senza pensare realmente. Stava lì con il corpo,ma la sua mente era altrove. Se ne era andato di nuovo, ma questa volta non poteva perdonarselo.

Aveva anche smesso di rispondere alle insistenti chiamate di Annabeth e Jason, come se non bastasse. Ma loro non potevano capire, loro non sapevano. Percy si stava chiudendo di nuovo in se stesso, senza voler riscuotere davvero la situazione. Sapeva di dover fare qualcosa, ma non ci riusciva. Negli anni passati il suo contrasto interiore si era intensificato sempre di più, finché non era riuscito a tornare a Troy; in quei giorni stava crescendo di nuovo, fino a diventare opprimente.

Percy si alzò dal divano, si infilò le scarpe, prese la sua solita giacca con il portafogli in tasca e uscì dal suo appartamento, con i capelli spettinati, la bocca impastata e gli occhi verdi oscurati dalla tristezza e dalle profonde occhiaie.

 

 

Stranamente Percy si stupì di vedere che la sua vecchia casa non era cambiata. Erano passati soltanto pochi giorni da quando vi aveva incontrato Nico per la prima volta dopo troppo tempo, ma in un certo senso si era aspettato che fosse diversa, forse perché lui stesso si sentiva tale.

Ormai era tardi, se non ricordava male i primi clienti sarebbero già dovuti arrivare. O forse Fanny aveva cambiato orari? Chissà se veniva sempre la stessa gente; chissà se qualcuno era scappato, dopo di lui, o se erano ancora tutti lì a marcire. Non avrebbe mai creduto di poterlo fare, e ad essere sinceri non era nemmeno sicuro se fosse la cosa giusta, ma ormai aveva già suonato il campanello e in quel momento non poteva fare altro che aspettare.

Una donna sulla cinquantina aprì la porta. I capelli biondo sabbia erano laccati alla perfezione e sembravano voler imitare la forma di una nuvola; il trucco immacolato metteva in risalto gli occhi neri e il rossetto smagliante tingeva le labbra sottili, tirate il un largo sorriso, che si annichilì alla vista di colui che aveva bussato la porta. Lo aveva riconosciuto, Fanny lo aveva riconosciuto in meno di un istante. Se un momento prima sembrava tranquilla e disinvolta, ora si irrigidì, aggiustandosi la collana di perle attorno al collo e lisciandosi il tubino blu scuro che indossava. Era sempre stata una persona elegante, soprattutto durante le sue soirées.

"Perce, caro"

"Buonasera"

Gli occhi della donna lo scrutavano da cima a fondo, implacabili; gli mettevano ansia, lo facevano sentire di nuovo bambino, quando veniva affidato a degli sconosciuti e non sapeva cosa fare.

"E' passato tanto tempo"

"Chi non muore si rivede, no?" Percy cercò di scherzare, anche se quella battuta in quel momento gli parve goffa e fuori luogo.

Fanny sollevò l'angolo sinistro della bocca, facendo formare una piccola ruga sulla pelle di porcellana. Chissà quanti trattamenti anti età si era pagata con lo sporco denaro ricavato dalla sua "impresa".

"Sappi che se ti trovi qui perché vuoi dei soldi, o la mia protezione, o qualsiasi altra cosa ti possa esser passata per quella stupida testa, sappi che io ti ho dimenticato, non esisti per me, quindi la risposta è no"
Percy la guardò con sdegno.

"Seriamente? Non mi ridurrei mai a tali livelli. Devo vedere una persona"

"Sono stata una benedizione per te, ragazzino, non ti permetto di parlarmi in questo modo"

Lo sguardo di Fanny si intenerì, ma in fondo era un'attrice, sapeva come comportarsi.

"Ho detto che devo vedere una persona. Nico. So che è qui"

"Be', io ho già detto di no, non puoi, Nico è impegnato"

"Chiamo la polizia se non mi fai entrare"

"Oh, non credo proprio, non l'hai fatto in quattro anni e come te non l'ha mai fatto nessun'altro, ho cresciuto dei codardi, ecco"

Percy strinse i pugni e le mascelle.

"Ho bisogno di parlargli"

"Arrivi comunque tardi, tesoro, è diventato grandicello ormai, ti sei perso un bel po' di cose. Vai via, da bravo, e io non mi arrabbierò, altrimenti li chiamo io i piedi piatti, stai diventando parecchio fastidioso e tu sai bene quanto mi adori il Tenente, no? Vai via, Percy"

"Ti pago, fammi entrare come cliente"

"Dovresti conoscere molto bene i miei prezzi, non scherzare"

Il ragazzo estrasse il portafogli dalle tasche e prese di fretta parecchi dollari, porgendoli a Fanny. La donna strabuzzò gli occhi, rimanendo comunque esitante. Era una persona molto orgogliosa, ma alla fine la sua indole venne sconfitta dal desiderio del denaro. Afferrò le banconote e strattonò Percy nella casa, chiudendo forte la porta alle loro spalle.

"Vieni, ma poi non farti rivedere mai più, ragazzino"

Fanny si fece strada in un corridoio pieno di porte chiuse, dalle quali provenivano strani rumori, per poi entrare in una stanza esagonale: il salotto. Era cambiato un poco, ma i mobili e il colore delle pareti erano sempre gli stessi, quindi Percy lo riconobbe facilmente. L'unica cosa che non gli era familiare era una piccola porta coperta da una tendina, di quelle che si mettevano alle entrate dei negozi. Dovevano aver aggiunto una stanza, pensò, prima non c'era.

Fanny scostò la tendina, facendo entrare prima Percy, per seguirlo subito dopo.

La stanza era piccola e calda, affollata. Ragazzini e adulti si mischiavano, unendosi in gruppi o in coppie. Curioso come i più piccoli fossero quelli meno vestiti. Fra i ragazzi c'era Nico. Percy ci mise un po' ad individuarlo, era in un angolo, seduto su una poltrona rossa. O meglio, era a cavalcioni su un uomo, accomodato sulla poltrona. Nico era senza maglietta, i jeans neri appena sbottonati. Il suo corpo si strusciava su quello dell'adulto, seguendo il ritmo di una canzone immaginaria. L'uomo gli passò una cosa nella mano destra, per poi farlo alzare e passare ad un'altra ragazza dalla pelle molto scura e i capelli ricci. Percy non l'aveva mai vista prima.

"Ti avevo detto che era impegnato al momento" disse Fanny con completa noncuranza, guardandosi un'unghia su cui lo smalto iniziava a scrostarsi leggermente.

Nico si avvicinò verso di loro, aveva i piedi scalzi e si muoveva lentamente. Ancora non si era accorto di chi fosse il ragazzo in compagnia della sua "mamma", o forse non era in grado di riconoscerlo. Aprì la mano, permettendo a Percy di vedere cosa gli avesse passato quell'uomo: una piccola pasticca bianca, che trionfava sul palmo di Nico. Questi la guardò ancora un po', poi senza esitare la portò alla bocca e la ingurgitò. Poi riprese a camminare a testa bassa verso l'entrata della stanza. Era quasi accanto a Percy, rimasto troppo sconcertato da quella visione per andargli incontro e fare tutto ciò che non aveva potuto qualche sera precedente.

Nico alzò finalmente il volto, accompagnando una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sistemandosi il codino che si era fatto per domare la chioma. I suoi occhi slittarono intorno alla stanza, soffermandosi piano piano su tutti i presenti. Sembrava spaesato. Poi, finalmente, si accorse di Percy. Nico gli si avvicinò in fretta, sorridendo. Quando gli fu abbastanza vicino da potergli parlare, sospirò. Aveva gli occhi lucidi e rossi, le pupille erano dilatatissime.

Fanny se ne andò, facendo tintinnare la tendina alle loro spalle. Gli altri non sembravano essersi accorti dell'intruso, che faticava ancora ad ambientarsi. Percy si sentiva semplicemente strano. Lui stesso aveva vissuto per tanti anni quelle cose, ma ora tutto gli sembrava così irreale da lasciarlo senza fiato.

"Hai visto?" disse Nico con una voce che non sembrava nemmeno più la sua "Ora sono carino anche io, ora la gente mi vuole, non devo più lavare i piatti incucina, fanno tutti come voglio io"

E gli passò accanto con la leggerezza di una farfalla in volo, senza dire nient'altro, facendo solo un sorriso rivolto più a se stesso che a Percy; un sorriso che esprimeva tutta la sua soddisfazione.

 

 

 

            Nda

Tadaaaaaaaaaaaaa! Sono viva anch'io eheh!

Be', che dire,questa fiction mi sta piacendo davvero, sono fiera di me, almeno per ora, e spero di continuare nel migliore dei modi.

Okay, credo di essere stata un po' cattiva questa volta, ma non voglio dire altro, desidero solo sapere cosa ne pensate voi. Soooo, lasciatemi tante recensioni e io vi darò tanti bacini. Alla prossima! <3

 

 

 

 

 

 

 

 

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