Love is like coming home after a long trip

di inevitable_vale
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crazy eyes for you ***
Capitolo 2: *** I'll take you there. ***
Capitolo 3: *** You lift my heart up when the rest of me is down. ***
Capitolo 4: *** There's no escape, so keep me safe. ***
Capitolo 5: *** I just wanna feel your embrace ***
Capitolo 6: *** Who is the lamb and who is the knife? ***
Capitolo 7: *** A Kiss With A Fist ***
Capitolo 8: *** Sadness is a blessing ***
Capitolo 9: *** No ordinary love ***
Capitolo 10: *** Alone together ***



Capitolo 1
*** Crazy eyes for you ***


Mentre si guardava allo specchio e perfezionava quella linea di eye-liner nero che tanto amava, Alex Vause si ritrovava a capire che non era qualificata per niente. Si ritrovò a scrutarsi meglio, quella mattina. Aveva degli occhi glaciali ma accoglienti, di un verde spento ma magnetico, nascosti dietro un paio di occhiali da sexy segretaria. Un sorriso che spesso teneva per se, ma malizioso e ammaliatore. I suoi capelli neri, abbinati a quegli occhi così particolari e alla sua carnagione lattea, la facevano sembrare una splendida visione. Il giorno in cui aveva finito le scuole, l'aveva capito. Era tenace, astuta, prepara a tutto ma, come diceva sempre lei, "non era qualificata per fare niente". Non si era iscritta a nessun college, le rette erano folli per chi viveva in un buco di 30mq con una madre che faceva 4 lavori per darle ciò che poteva. A lei però, interessava poco, sapeva che avrebbe trovato la sua strada, all'inizio un po' sterrata e disastrata si, ma sarebbe riuscita a mettersi sulla carreggiata giusta. Fu così che dopo anni di lavori massacranti e demotivanti, sulle orme di sua madre, Alex riuscì a trovare un impiego demotivante ma almeno non massacrante. Non avrebbe mai pensato di finire in un college, né come studentessa, pensava sorridendo tra se e se, né tanto meno come assistente di un tale professore di lettere. E invece, eccola lì, pronta per la Smith University, pronta alla sua nuova avventura. Si, avventura, perché Alex viveva tutti i cambiamenti come una grande nuova avventura. Finito con il make up, si diede una sistemata ai capelli, e indossò la giacca di un semplice ma formalissimo tailleur nero, sotto il quale aveva abbinato una camicetta bianca che aderiva perfettamente a quelle che erano le sue prosperose forme. Non sapeva neanche come ci era finita a fare l'assistente al college, infatti quando entrò nel campus e si vide circondata da ragazze e ragazzi quasi della sua età, si stupì di se stessa ma si ricompose, in fondo era solo un lavoro come un altro, non richiedeva particolari abilità e pagava meglio degli impieghi svolti fino a quel momento. Trovata l'aula, con una puntualità imbarazzante, si guardò intorno e il professore al quale avrebbe fatto da assistente era già lì. Un normale 60enne dai capelli bianchi, basso, occhiali da topo di biblioteca e tante parole altolocate. Superate le presentazioni, il professor Leonard Bloom le spiegò le sue mansioni. Accendere le tecnologie, trovare la lezione del giorno, distribuire eventuale materiale d'approfondimento e poi starsene seduta lì, ad aspettare la fine della lezioni. Le sembrava il paradiso. Alle 9.00 in punto, iniziarono ad arrivare i primi studenti, alcuni già familiari con l'aula e il professore, altri no. Alex scrutò i nuovi arrivati, con i quali non aveva assolutamente nulla in comune: erano tutti così anonimi, spenti e frustrati. Tutti. Poi, arrivò l'eccezione alla regola, l'avventura nell'avventura di cui Alex aveva bisogno. Occhi blu, calorosi, capelli lunghi e biondi, disposti in una strana acconciatura, un corpo esile e straordinariamente attraente, avvolto da strane fantasie floreali. Inconsciamente, Alex la seguì con lo sguardo per tutta l'aula, e solo quando il prof si rivolse a lei, distolse l'attenzione dalla giovane Laura Ingalls Wilder, come l'aveva già ironicamente soprannominata nella sua mente. Svolti i suoi impegnativi compiti, ovvero premere ON, Alex si sedette al suo posto, dietro la cattedra del Professore che nel frattempo aveva iniziato la sua lezione d'introduzione. Da lì, poteva ammirare tutte quelle facce da borghesucci annoiati. La bionda che aveva catturato la sua attenzione, però, non le dava quella sensazione, infatti ritornò a fissarla nel momento in cui la ritrovò tra i visi che affollavano l'aula. Era così impegnata a scrutare Laura Ingalls che non si accorse di aver attirato l'attenzione di più ragazzi, che maliziosamente bisbigliavano tra loro e le lanciavano sorrisi ammiccanti. L'attenzione che cercava di attirare, era però quella della bionda, che la “accontentò”. Infatti, la ragazza le rivolse un sorriso imbarazzato, dietro il quale nascondeva uno strano nodo nello stomaco. Alex, compiaciuta, sorrise maliziosamente. Non pensava mica che quel noioso lavoro avrebbe potuto darle così tanti spunti in un solo giorno. Continuarono a scambiarsi sguardi ambigui, tant'è che la bionda arrossì spesso, stranita dalle proprie reazioni. A fine lezione, il Prof. Bloom intimò tutti di ritirare il materiale introduttivo dalla sua assistente. Alex notò solo in quel momento di aver attirato l'attenzione di più ragazzi e con freddezza consegnò quanto ordinato dal prof. Quando arrivò la giovane hippie, Alex abbandonò la sua aria fredda e sorrise, sorniona, rivolgendosi all'oggetto delle sue attenzioni.
- “Una firma qui e sei libera, Laura Ingalls Wilder.” - la guardò accennando un sorriso.
- “Come scusa?”

- “Niente..” - continuò a sorridere abbassando lo sguardo,
- “Ecco il tuo materiale...” - disse, accigliando gli occhi e cercando di scoprire il suo nome, impossibile da decifrare dalla sua firma,
- “Piper Chapman, non si legge? Ah, grazie per il materiale” - disse farfugliando.
Alex rise di gusto

- “Cazzo no, non si legge niente. Hai sbagliato facoltà, bimba, con questa scrittura potresti fare il dottore.”

Piper si sentì strana, ad esser chiamata bimba da una persona appena vista. Non sapeva interpretarne le intenzioni, se era un bimba ironico o un bimba diverso. Si ricompose.

- “Mi sarebbe piaciuto giocare al dottore stamattina invece che venire qui” - oddio che aveva detto?! Non se lo spiegava neanche lei, non era mai stata incline a battute a doppio senso, ad essere sfrontata, ma era appena successo e la reazione di Alex la stupì ancora di più. La mora infatti, alzò un sopracciglio e sorrise.

-“Ah, non dirlo a me!” - Alex dentro stava scoppiando dalle risate ma si dovette contenere e fece segno a Piper di fare spazio agli altri per continuare a distribuire il materiale. Piper, abbassò gli occhi e sorridendo nervosa, andò via. Continuò ad avere quel sorriso stampato, senza capire il motivo. Quando smise di sorridere, si girò e guardando verso la mora assistente, si accorse che oltre ad avere dei magnetici occhi verdi, aveva delle forme perfette. Non si era mai trovata ad osservare così una donna, ma quando incrociò di nuovo il suo sguardo, se ne sentì completamente rapita, si sentì così a suo agio che in lei imperversò disagio e scappò via. Era follia pura, 2 ore nella stessa stanza, a scambiarsi sguardi con una sconosciuta. Non la preoccupava aver flirtato inconsciamente con una donna, ma la metteva a disagio la troppa familiarità che questa infondeva in lei. Si sentiva a casa, in quegli immensi occhi verdi. Alex, dal canto suo, aveva l'impressione che quel lavoro non fosse poi così demotivante, visti i presupposti. A differenza della bionda, della quale aveva notato il piacevole disagio, Alex sapeva benissimo quello che era successo. Lo sapeva da una vita. Non aveva mai avuto disagio a sentirsi così. La giornata continuò blandamente tra ON e OFF, fogli e firme e poi volse al termine. Ora aveva solo bisogno di un po' di conforto liquido con qualche amica in qualche assurdo bar della città. Si ritrovò con 3 amiche in un bar vicino il campus e con la sua birra in mano, tolti i panni professionali, indossava una t-shirt nera dei Gun's Roses che mostrava i suoi tatuaggi e la sua delicata pelle bianca. D'improvviso la serata ebbe una svolta, entrò in quel bar Piper. Piper si, ora non serviva più il soprannome Laura Ingalls Wilder che però usò comunque per attirarne l'attenzione. Questa, infatti, si girò con occhi sorpresi, con un accenno di sorriso guardò Alex per poi voltarsi verso il bancone. Alex, allora, si alzò e si diresse al fianco della bionda, appoggiando la birra di fronte a se. Si voltò e dopo averne squadrato ogni centimetro, si rivolse a lei con la sua calda e rauca voce.
- “Preferisci bimba? Eppure dovresti essere onorata di ricevere un nomignolo così impegnativo al primo incontro. Poi, se non sai chi è Laura Ingalls Wilder, hai davvero sbagliato facoltà”. Ridacchiando, osservò attentamente i movimenti della bionda che si girò verso di lei. Quest'ultima, curiosa e divertita, fece una smorfia e inarcando il sopracciglio, abbozzò un sorriso e chiese sfrontatamente:

- “Ma tu, chi sei?” - la sua voce era decisa, dolce, divertita e le parole uscirono di nuovo senza che ne avesse controllo.

- “Non so, chi vuoi che io sia?” - rispose Alex, con un tono sensuale e divertito.

Alex fissò Piper sorridendo maliziosamente e Piper fissò Alex, divertita ma confusa.



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ps. Fatemi sapere che ne pensate, è la prima volta che pubblico qui e vorrei qualche parere, se vi va! :)

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Capitolo 2
*** I'll take you there. ***


Rieccomi dopo una settimana, provo a continuare questa FF! Spero di avere dei pareri, per capire se sto andando in una direzione giusta :)
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Quando ritornò al suo appartamento, che condivideva con due amiche, Alex Vause si sentiva elettrica, rigenerata. Piper, pur sembrando timida e estranea ad attenzioni femminili di quel genere, l'aveva colpita. Erano rimaste per ore a stuzzicarsi, guardarsi. Quando poi Alex sfiorò la mano della ragazza, entrambe sentirono una scarica di tensione. Piper ebbe un sussulto nello stomaco e iniziò a guardare più intensamente Alex. Quest'ultima invece, si rese conto che Piper non era soltanto piacevole da guardare ma anche da ascoltare, e sfiorare. Aveva una voce delicata, a differenza della sua rauca e sensuale. Il modo in cui sorrideva, la faceva sorridere di riflesso. Il mattino seguente, un venerdì cupo e grigio, di quelli che fa venir voglia di dormire tutto il giorno, Alex andò in cucina per fare colazione, e lì trovò le sue due coinquiline che la accolsero con del caffé. 

-“Ma che fine hai fatto ieri, Vause?” - chiese Nicky, la sua eclettica, perspicace e diretta collega di sventure. Alex sorridendo, prese il caffé e afferrò una delle ciambelle presenti sul tavolo.
- “Sono inciampata in un disastro.” - Nicky la guardò incuriosita.
- “Che tipo di disastro? Un vedovo sfrontato? Una ragazza etero?”
-“Il secondo tipo..” - rispose Alex, scuotendo la testa.
- “E com'è questo disastro? Lo sai come la penso sulle ragazze etero...quelle ti fottono sempre.” - disse Nicky ridendo amaramente.
- “Ah si, lo vedo..” - rispose Alex, guardando l'altra coinquilina, Lorna, che lanciò un'occhiataccia a Nicky. 
- “Non divagare, chi è e com'è questo disastro?” - Nicky era sempre più curiosa, Alex aveva provato a cambiare discorso e questo significava solo una cosa: un vero disastro in arrivo.
- “Oddio Nichols, stai tranquilla. Nessun disastro in arrivo. E' solo una che segue i corsi del professore del quale sono assistente.” 
- “Solo?! Dove cavolo ti vai a infilare? Lo sai che è contro le regole flirtare con un'alunna? Il disastro sei tu, idiota!” - Disse Nicky portandosi le mani in testa, 
- “Esistono regole di questo genere? Oddio! Cazzo, meno male che mi sono trattenuta ieri. Questo lavoro non mi entusiasma ma non lo rischierei per una etero, bionda, dagli occhi azzurri e con due gambe perfette.” - Rispose Alex, quasi credendo in quello che stava dicendo. Nicky notò l'indecisione nei suoi occhi e le raccomandò di trattenersi, non ne valeva la pena, probabilmente era solo una ragazzina alla ricerca di nuove esperienze. Alex, concordò con Nicky e andò a farsi una doccia. Invece, Piper quella mattina si svegliò nella sua perfetta vita, sconvolta da quell'incontro. Stava pensando cose che non avrebbe dovuto pensare. Quella sinuosa mora dagli occhi verdi l'aveva stregata. Non capiva come e quando era successo, ma le continuava a tornare in mente la sensazione che aveva provato quando Alex le aveva sfiorato la mano, quello sguardo che le diede, quella carica elettrica che condivisero. Era una follia, era un'assistente universitaria, ad un corso che seguiva. Ma Piper continuava a rivivere quei momenti, fin quando non arrivò alla porta Polly, la sua migliore amica. Piper non le parlò della serata che aveva trascorso e cercò di scacciare via Alex dai suoi pensieri. Quando il week-end finì, Piper ripensò ad Alex lungo la strada che la portava in aula, dove avrebbe rivisto l'intrigante mora. Scrollò la testa, quasi volesse scacciare via ogni pensiero. Entrò in aula e Alex non c'era, così come neanche il professore. Fu quasi delusa ma allo stesso tempo rilassata. Il suo castello di sabbia crollò subito perché dopo qualche minuto comparse il Prof. Bloom con Alex al seguito. Era più attraente di quanto ricordasse, soprattutto con quella camicia bianca che le aderiva alla perfezione e quel blue jeans che evidenziava l'andatura sicura della giovane assistente. Questa volta fu Piper a seguire con lo sguardo Alex. E tutti i buoni propositi scomparsero, persi nelle labbra della mora. Labbra che d'improvviso diventarono l'oggetto del desiderio di Piper, che scosse di nuovo la testa, cercando di tornare in sé. O per lo meno, cercare di ritrovare sé stessa. Alex, dal canto suo, era più brava ad imporsi limiti e come si era ripromessa, evitò di dare attenzioni a Piper, non la cercò con lo sguardo, la evitò, anche se stranamente, sentì la sua presenza nell'aria. Sentiva il suo sguardo addosso ed era difficile non ricambiarlo; scrutare e provocare era una delle cose che preferiva, fare sua una “preda” con il solo sguardo, era qualcosa che faceva ogni volta. Ma questa volta, no. Avrebbe trovato una nuova avventura, meno rischiosa. Ma da quand'è che il rischio le faceva paura? Da quand'è che si tirava indietro di fronte alle regole? Non sapeva perché questa volta non voleva superare i limiti. La mattinata volse al termine e ignorare lo sguardo di Piper fu più difficile del previsto, ma non impossibile. Tornata a casa per pranzo, Alex cercò Nichols e le urlò qualcosa.
- “Non le ho rivolto neanche uno sguardo, che te ne pare?”
- “Sisi, perfetta. Ma avresti voluto?” - Disse Nicky, urlandole in risposta.
Alex si fermò e pensò; avrebbe voluto eccome. Ma, evitare Piper Chapman, era diventata una sfida. Senza capire che questa voglia di evitarla, non faceva altro che alimentare la voglia di averla. Nicky l'aveva capito, come sempre. Capiva le cose prima degli altri. Ma non volle dire niente ad Alex, forse sarebbe riuscita ad evitarla davvero. Piper, dal canto suo, era amareggiata. Aveva fantasticato troppo? Mentre mangiava il suo pranzo alla caffetteria del college, Polly la fece ritornare sulla terra.
- “Piper, ci sei?” - chiese Polly scrutando la bionda amica, che aveva lo sguardo fisso nel nulla.
- “Scusa...dicevi?” - Rispose Piper, completamente distratta e con lo sguardo che tornò a rivolgersi a Polly.
- “Non dicevo niente, non hai detto una parola da quando ci siamo sedute. Che hai?” 
- “Oh. Niente, sono solo stanca. Il lunedì mattina dovrebbe essere abolito.” - Tagliò corto Piper. Finito il pranzo, salutò Polly e come di consueto, si recò a lezione camminando distrattamente. Ad un certo punto, sentì un urto e quando alzò gli occhi, si ritrovò faccia a faccia con quelle labbra. Le due si scrutarono per qualche secondo, dopo di che si chinarono insieme a raccogliere ciò che quell'urto aveva creato. Piper farfugliava scuse, Alex sorrideva  ma non più maliziosamente, il suo era un sorriso distaccato e la cosa faceva impazzire Piper. Prima mi attira nella sua ragnatela e poi si allontana? Per Alex, invece, stava diventando sempre più difficile non essere se stessa, trattenersi. Mentre le due raccoglievano ciò che era sul pavimento, la mano di Piper sfiorò inconsciamente quella di Alex e i loro sguardi si incrociarono di nuovo, con quella carica che non faceva altro che eroderle dentro. Quando si rialzarono, Alex afferrò Piper per una mano e andarono in un'aula vuota. Quel tocco, quella stretta, era ciò che Piper aveva in testa da quella maledetta sera al bar. Quando Alex lasciò la presa, si sollevò gli occhiali sulla testa, in quel modo sensuale e sicuro in cui più volte Piper si era persa durante la lezione. Si appoggiò ad un banco e a braccia incrociate si rivolse alla bionda tentazione. 
- “Questa cosa deve finire qui. Quella sera ero alticcia, non avrei dovuto rivolgermi a te con così tanta confidenza. Ci sono delle regole e dobbiamo ritornare a rispettarle, chiaro?” - Alex farneticava cose in cui non credeva, ma che doveva dire. Piper la guardò sorridendo, per la prima volta si sentiva spavalda.
-“Ma le regole sono noiose.”- questa volta era Piper a sapere quello che stava dicendo, sicura come non mai. Si avvicinò ad Alex, le sfiorò il gomito, sfiorò quella camicia che aveva a lungo osservato e alzò lo sguardo verso gli occhi dell'altra - “Tu non credi?” - Alex era bloccata, combattuta tra il giusto e il desiderio. Fissava quel contatto, con la voglia di ricambiarlo. Raccolse le forze, si ricompose, prese la mano di Piper e la spostò, a malincuore, lontana da se. 
- “Non mi sembra il caso. Fai la brava ragazzina, e ritorniamo in quell'aula come se nulla fosse.” - Alex raccolse le sue cose e andò via, lasciandosi Piper alle spalle. Si sentiva afflitta. Non aveva ancora capito perché voleva tenersi alla larga da quella bellissima avventura. Sentì Piper alle sue spalle che la fermò, afferrandola dal polso e sussurrandole all'orecchio. 
- “Non finisce qui, tranquilla.” - e la superò, anticipandola nell'uscita dall'aula. Alex, questa volta, sorrise fiera di se ma con la stessa convinzione di Piper. Non sarebbe finita lì. Per fortuna.

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Capitolo 3
*** You lift my heart up when the rest of me is down. ***


Grazie a tutte per le recensioni, sono felice di sapere che apprezzate! Ecco il nuovo capitolo, un po' più lungo. Spero di non deludervi, un abbraccio! :)

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Di tanto in tanto, nascosto nella sua mente, riaffiorava in Alex il desiderio di incontrare suo padre. Non l'aveva mai cercato, perché sapeva che sua madre non l'avrebbe presa bene. Ma ora era una persona indipendente, poteva provare ad incontrare quell'uomo che non sapeva neanche della sua esistenza. Sua madre, Diane, le aveva solo detto che era stato il front-man di una rock-band molto seguita ai suoi tempi, e che lei era stata una delle poche fortunate a far breccia nel suo cuore. Poi però, aveva deciso di tenerlo fuori dalla sua vita, aveva preferito crescere Alex da sola. Quell'uomo non era decisamente pronto per essere il padre di sua figlia. E forse non lo sarebbe mai stato. Durante il cammino verso un nuovo giorno di lavoro, Alex si trovò di fronte una locandina dove figurava la band di suo padre: si sarebbero esibiti nel pub del campus. Le si gelò il sangue, rimase ferma, con la sua tracolla in spalla, a leggere e fissare quella locandina. Quante possibilità c'erano che una band vecchia di 30 anni potesse ritornare a suonare proprio nel pub del college dove Alex aveva finalmente un lavoro? Cercò di riprendersi, segnò la data nel suo cellulare e rimase lì, ferma. D'improvviso, sentì qualcuno chiamarla:“Miss Vause!”. Arrivò dalla sua sinistra e cautamente, si avvicinò a lei. Non aveva ancora capito da quale direzione la stessero chiamando, quando sentì una mano che all'altezza del gomito, delicatamente, la sfiorò. Quando si girò, e ritrovò la bionda studentessa, sgranò gli occhi e si riprese definitivamente.

- “Aspettavi me, Vause?” - disse Piper, sorridendo. Quando però si accorse che Alex rimase a fissarla, si sentì in soggezione. Quegli occhi verdi la lasciarono immobile.
-“No. Assolutamente.” - Alex cercava di rimanere distante dalla giovane, e quella mattina ci sarebbe riuscita più delle altre volte. Era troppo scossa. Avrebbe avuto la possibilità di conoscere, finalmente, suo padre. Piper, dal canto suo, si aspettava una risposta del genere e divertita, guardò la locandina che aveva rubato tutte le attenzioni di Alex.
- “Cercavi forse il coraggio di chiedermi di accompagnarti a questa specie di concerto di nonnetti?” - Alex non poté evitare di ridere. Piper ne fu compiaciuta.
- “Non credo accadrà, anche perché ho già chi mi accompagna. Ci vediamo in aula, ragazzina.” - rispose Alex, lasciando Piper che, per un attimo, si era incupita, torturata da mille domande. Che? Ha già qualcuno? L'avrà detto per allontanarmi. Bel tentativo, ma no. Piper, segnò la stessa data su uno dei suoi fogli e raggiunse l'aula. La lezione iniziò e il Prof. Bloom spiegava come quel giorno avrebbero dato un'occhiata alla letteratura nel cinema. Quando si ritrovarono a guardare sprazzi di “Orgoglio e Pregiudizio”, Alex inarcò lo sguardo, scetticamente seguì quel pezzo perché non sapeva esistesse un film di un libro che tanto aveva amato. 

“Devo dirvelo, mi avete stregato anima e corpo.”.

Istintivamente, senza alcuna razionalità, Alex andò con lo sguardo da Piper che era lì, a fissarla. Nonostante cercasse di rimanere sulle sue, c'era una parte di lei che contro ogni barriera da lei stessa imposta, la spingeva verso l'esile bionda. Piper abbozzò un sorriso e Alex ricambiò. Le due continuarono a scambiarsi occhiate per tutta la lezione, separarsi per la fine della giornata fu strano. Tornando a casa, dove trovò solo Lorna, Alex posò le sue cose.
- “Quella ragazzina...mi farà perdere questo stupido lavoro.” - Lorna la guardò e le sorrise affettuosamente.
- “Alex, a me puoi dirlo. Lo sai che ho guardato troppo West Side Story e adoro le cose complicate e impossibili.” - Alex scosse la testa.
- “Io ci provo con tutta me stessa, ad allontanarla. Ad allontanarmi. Ma lei è sempre lì e io so sempre dove trovarla. Non so praticamente niente di lei, ma è come un fottuto magnete. Non so quanto riuscirò ancora ad evitarla.” - Lorna era sorpresa, mai aveva sentito parlare così Alex. Aveva avuto qualche storia, ma finiva sempre perché Alex non aveva più interesse. Questa volta era il contrario. L'interesse non andava via, nonostante ci provasse con tutte le forze. Era come se s'innescasse un meccanismo di difesa; dentro di se aveva paura di trovare qualcuno che non avrebbe mai mollato ma avrebbe stretto a sé, diventandone dipendente.
- “Non puoi sopprimere ciò che senti...ciò che desideri, non ne sei neanche capace.” - amorevolmente, Lorna, prese il suo cappotto, baciò Alex sulla guancia e uscì per andare a lavoro.
- “Grazie.” - le disse la mora che, rimasta sola, andò nella sua stanza e cercò uno dei cd di suo padre. Mentre lo ascoltava, iniziava a pensare a cosa avrebbe detto a quell'uomo, all'oscuro della sua esistenza. Non sapeva cosa aspettarsi, che tipo di persona avrebbe trovato.

Quando arrivò il venerdì, quel venerdì che aspettava da due settimane, Alex si sentiva strana. Le tornava in mente la prima volta che sua madre le aveva mostrato una vecchia foto di lei e quell'uomo. Del primo cd di suo padre che aveva comprato. La prima volta che aveva ascoltato la sua voce. Tornò bambina per un attimo e si ricordò quanto soffriva, nel sentirsi così diversa da tutti. Quell'inutile sensazione era scomparsa con gli anni. Ma ricompariva in quei giorni, perché inevitabilmente, ricollegava l'assenza di suo padre a quei duri anni. Aveva sempre immaginato che l'avrebbe incontrato indossando una giacca in semi-pelle bianca. Ma la sua giacca era di pelle ed era nera. Le fantasie che aveva sviluppato da bambina erano inevitabilmente cambiate; la giacca non importa – pensò tra se e se. Indossò un jeans nero, degli stivali in pelle, una tshirt grigia e la sua giacca di pelle nera. Avrebbe voluto chiedere a Nichols e Lorna di andare con lei ma, avendo avuto paura dell'epilogo che quell'incontro avrebbe potuto avere, immaginò quanto sarebbe stato strano spiegare loro chi era quell'uomo. Nessuno sapeva nulla di suo padre, non amava parlarne. Quindi, uscì di casa e si ritrovò nel pub, in anticipo di mezz'ora. Il locale le era familiare, ci era stata altre volte, anche quella sera con Piper. Ripensare a quel sorriso luminoso, anche se per un attimo, le portò un briciolo di serenità, che però sparì quando intravide il camerino della band. Si fece coraggio e andò a bussare. Ad aprirla fu proprio lui: era invecchiato, ma era rimasto lo stesso di quelle foto. Quando lo guardò, le si illuminarono gli occhi.
- “E tu chi sei, bambola?” - le disse l'uomo, con quella voce che aveva ascoltato per anni solo da un cd.
- “Alex, tua figlia.” - gli porse la mano, lui la strinse e rimase per un attimo senza parole. La fece entrare nel camerino, dove c'erano gli altri membri della band. Alex si sedette in quella stanza, piena di fumo, opprimente, con risate da ogni dove. I due si scrutarono sospettosamente. Quando suo padre si sedette di fronte a lei, la guardò meglio.
- “Cavolo. Sei uno schianto. Se non m'avessi detto chi eri, ci avrei fatto sicuramente un pensierino.” - rideva con gli altri, mentre Alex si sentì profondamente a disagio. E' questo l'uomo che ho sognato di incontrare per anni? Ecco perché non voleva che lo incontrassi.
Chiese se ci fosse un bagno e sparì per qualche momento, andò a trattenere le lacrime e a rimanere compatta. In fondo, non era niente. Non aveva mai avuto un padre, poteva continuare a non averlo se questo era il suo. Quando uscì, si trovò di fronte l'unico uomo che in quella stanza non ridacchiava ubriaco.
- “Delusa?” - le disse l'uomo, dalla carnagione scura, sicuramente non americano.
- “Non avevo chissà che aspettative.” - rise scetticamente Alex.
- “Non sono esattamente le parole che ci si aspetta da un padre, immagino. Ma per fortuna, non mi sembri assolutamente uguale a lui..” - continuò a guardarla, mentre Alex pensò che quell'uomo, non aveva tutti i torti - “Io sono Fahri, comunque.” - aggiunse in fine. La mora, si sistemò gli occhiali e rispose - “Alex. E tu cosa ci fai con questi nonnetti? Io ho la scusa di essere la figlia di una di loro.” - rise, per un attimo si sentì più rilassata.
-“Diciamo che sono miei clienti.”
- “Sei il loro manager? Hanno ancora un manager?”
- “Non questo tipo di clientela. Diciamo che offro altri tipi di servizi, diversi.”
- “Cosa fai quindi?” - chiese Alex sospettosa.
- “Lavoro per un cartello internazionale di droga.” - disse lui.
Alex inizialmente rise, poi si rese conto che non era uno scherzo e tornò in lei una sensazione di inquietudine. Fahri le si avvicinò e le porse un biglietto dicendole qualcosa.
- “Se dovessi mai avere bisogno di qualcosa, ecco il mio numero.”
- “Non ho bisogno di queste schifezze.” - lo guardò con un'aria convinta.
- “Qualsiasi cosa, anche un lavoretto extra.” - Alex prese il biglietto, lo infilò in tasca e salutò il fornitore di droga di suo padre. Uscita dal bagno, si trovò difronte suo padre, che ora preferiva chiamare “coglione”. Era troppo fatto per rendersi conto di lei, di sua figlia.
- “Addio!” e lo lasciò alle sue spalle, come aveva fatto sempre, quando si sentiva diversa, quando guardava le sue compagne di scuola abbracciare i loro perfetti padri. Uscì abbastanza delusa da lì. Non era delusa da quel coglione perché alla fine era così che se lo immaginava. Era delusa da se stessa. Per averci sperato. Per aver sperato che potesse avere anche lei un padre. Ma quel treno era passato e ormai aveva imparato a farne a meno. Doveva ricordarselo, sarebbe stato facile andare avanti. Non aveva ancora voglia, però, di stare in mezzo alla gente. Rimase per qualche minuto nei pressi dei bagni, ben lontani dai camerini. Spalle al muro e testa alta. Un po' come tutta la sua vita, sempre a lottare per non essere buttata giù. La testa alta ora le serviva per trattenere le lacrime. Quando si sentì quasi al sicuro dalle incombenti lacrime, si guardò intorno e come un film che ormai le sembrava di aver visto più volte, si ritrovò, dall'altro lato del corridoio, quel biondo angelo che ormai sbucava nella sua vita in ogni momento. Si guardarono a distanza di qualche metro, Piper si era accorta del precario stato di Alex e aveva timore ad avvicinarsi. Lo fece e si mise al suo fianco, guardandola attentamente, senza dire niente. Quando Alex smise di evitarla, la guardò e continuò a non dire niente. Era uno sguardo combattuto. Si era di nuovo acceso quel conflitto che la torturava ogni volta che Piper le si avvicinava.
- “Serataccia?” - chiese Piper timidamente.
- “Scherzi? E' così che mi diverto.” - ridacchiò amaramente Alex. Piper la guardò trattenere le lacrime, cosa che non le riuscì questa volta. Alex si voltò dall'altro lato, non voleva spiegare nulla a nessuno. Sentì l'indice di Piper sul suo volto; le raccolse quella lacrima. Con lo stesso indice, le sfiorò il mento e ne riportò lo sguardo lì dove lo voleva: nel suo. La guardò intensamente, aveva ancora il suo dito sul volto di Alex che voltatasi senza opporre forza, raggiunse la mano di Piper con la sua e la allontanò dal suo visto, senza però lasciarla, stringendola più forte.
- “Vuoi andare via di qui?” - le sussurrò Piper. Alex fece cenno di si con la testa e le due, ancora mano nella mano, andarono via di lì. Fu così naturale lasciarsi andare, stringere quella mano, guardare quegli occhi. Fu come trovarsi di nuovo, ricomporsi. Andarono in un market, comprarono della vodka e trovarono una panchina, dove avrebbero potuto iniziare a parlare. Dopo il primo sorso di tequila, le parole iniziarono a venire e tutto da lì, fu più naturale. Alex aveva lasciato un po' di spazio tra se e Piper ma quest'ultima lo riempì avvicinandosi improvvisamente alla mora. Allora Alex, in risposta a quella mossa, portò il suo braccio alle spalle di Piper, lungo la panchina, ma senza sfiorarla.
- “Non ti arrendi mai tu?” - disse Alex, guardando con serietà Piper.
- “Vorresti davvero che lo facessi?” - fu la risposta di Piper, anch'essa seria.
- “No.”
- “Bene. Non l'avrei fatto.” - questa volta Piper sorrise. E Alex abbozzò anche lei un sorriso.
- “Non avrei mai dovuto stuzzicarti il primo giorno, ora guarda in che situazione siamo.” - disse Alex sollevando un sopracciglio, come al suo solito. Ma aggiungendo un sorriso.
- “Non avresti dovuto, davvero poco professionale.”- disse Piper, provocatoriamente.
- “Sono nota per essere poco professionale. Non mi dici niente di nuovo.” - Alex questa volta fece una smorfia. Piper sorrise ancora. Continuavano a guardarsi compiaciute, senza dirsi nulla ma dicendosi tutto. Quando una persona ti prende così, non c'è molto da dire – pensò Alex nella sua mente. Piper, nel tentativo di rubare la vodka da Alex, sfiorò le sue dita e iniziò ad accarezzarle, dimenticando completamente la bottiglia. Dopo aver osservato quel gesto, Alex si inumidì le labbra, portò la mano che era alle spalle di Piper sulle guancia della bionda, spostò una ciocca di quei dorati capelli, avvicinò lentamente la sua faccia a quella di fronte a lei. I loro nasi si sfiorarono, i loro sguardi si trovarono per un momento e poi Alex la baciò, lasciando la mano sulla guancia, quasi per paura che questa potesse sfuggirle. Ma Piper, mai l'avrebbe fatto. Alex si allontanò per prendere fiato e posare quell'ingombrante bottiglia al suo lato. La bionda aprì gli occhi, osservò le labbra di Alex, portò la sua mano lungo il collo della sua assistente preferita e questa volta fu lei ad avvicinarsi. Alex sorrise e posando la sua mano su quella di Piper, rispose alla richiesta di quest'ultima. Quando la bottiglia di vodka cadde per terra, urtata da Alex, le due, distratte dall'urto, si allontanarono. Si continuarono a guardare, strette l'un nell'altra, come se fossero da sempre lì.
- “Perché stavi in disparte, al pub?” - ruppe il silenzio Piper.
- “Ho incontrato mio padre, quella specie di frontman della band, per la prima volta. Un coglione. Una delusione che mi sarei dovuta aspettare. E tu perché eri lì?”
- “Io amo le band di nonnetti un po' coglioni.” - le due risero, a loro agio. Lo scoccare dell'orologio della piazza, fece rendere conto le due ragazze che era mezzanotte. Entrambe furono sorprese. Alex accarezzò di nuovo il volto di Piper, sospirando, scosse la testa.
-“Domani ti vedrò? - chiese la mora.
- “Se sento la sveglia, si.” - sorrise Piper, di nuovo. Aveva sorriso ad Alex per tutta la sera.

- “Vedi di sentirla, allora.” - la baciò dolcemente sulla guancia, le diede un ultimo sguardo e slegandosi dalla presa, le due si rimisero in piedi.
- “A domani.” - Dissero contemporaneamente. Risero di nuovo e si lasciarono lì, con la consapevolezza che si sarebbero ritrovate. Quella serata, per Alex, fu decisamente dolce-amara. Ma come si era sempre detta, il passato era passato e non avrebbe influenzato il suo presente. Suo padre non le avrebbe offuscato la mente e non avrebbe cancellato quella gioia che Piper aveva riportato in lei. Non aveva spazio per il passato. Piper invece, era al settimo cielo. Tornò nella sua stanza sentendosi come un adolescente al primo bacio. Ripensava agli occhi di Alex, alle sue soffici labbra e al delicato tocco che aveva. Ripensò anche al fatto che domani non avrebbe potuto sfiorarla e si rese conto che non sarebbe stato facile. Alex non era così semplice da avere, l'aveva capito. Ma non aveva paura di legarsi a lei, di perdersi in lei, come era successo nelle ore precedenti, quando il mondo era scomparso e Alex era diventata il suo sole.

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Capitolo 4
*** There's no escape, so keep me safe. ***


Mentre si svestiva, si rifugiava nel caldo del suo letto, Piper, pensò che di gran lunga preferiva il calore delle braccia di Alex. E di quegli occhi, dall'apparenza fredda. Si sfiorò le labbra e sorrise. Alex era stata lì. Con così tanta dolcezza. E passione. Nei suoi occhi aveva solo frammenti degli occhi di Alex. Era completamente annebbiata. Aveva dimenticato il mondo. Aveva perso il senso del tempo. Quando guardò la sveglia, si rese conto che era terribilmente tardi. Di nuovo, aveva perso la concezione del tempo. Si sentì fiera di se stessa, non aveva mollato la presa. Aveva finalmente afferrato Alex. Aveva finalmente stabilito un contatto. Contatto? Cazzo. Sbarrò gli occhi nel cuore della notte. Era ormai sabato mattina. Improvvisamente si rese conto di non avere il numero di Alex. Come avrebbe potuto aspettare fino a lunedì? Avrebbe voluto almeno scriverle qualcosa, chiamarla. Sentire quella voce così calda, così rauca, così stuzzicante. Scosse la testa, delusa da se. Che idiota. Che idiota. Continuava a ripeterselo finché non si addormentò. Alex, invece, tornata al suo appartamento all'alba, dopo aver raggiunto Nicky in un pub, trovò nelle sue tasche un numero. Era quello di Fahri. Questo le fece ricordare che non aveva il numero di Piper. Idiota. Prese il biglietto, lo accartocciò e lo buttò nel cestino all'angolo della sua stanza. Si buttò nel suo letto e crollò. La mattina dopo, svegliarsi fu impossibile. Ma non aveva fretta e quindi si alzò quando la giornata le sembrò pronta per essere iniziata. Oggi era la prima a svegliarsi, avevano fatto l'alba, tutte. Fece il caffè, le venne voglia di preparare qualcosa di diverso per colazione e iniziò a ripensare ai pancake che sua madre le preparava sempre la domenica. Guardò l'ora, erano le 11. Prese il suo telefono e compose il numero. Voleva sentirla. Aveva bisogno di lei. Nonostante tutto, nonostante provasse con tutte le sue forze a cancellare quel coglione dalla sua testa, non ci riusciva. Finalmente rispose. Era bello sentire la sua voce.

- “Buon giorno, mamma.” - disse Alex, con metà voce.
- “Buon giorno a te. Hai la voce di chi ieri si è divertito.” - rispose Diane, sua madre. Alex si schiarì la voce e ridendo, riprese a parlare.
- “Mmm, abbastanza. Tu cosa hai fatto?”
- “Ho lavorato, ho staccato a mezzanotte, lo sai come funziona.”
- “Non capisco perché continui a fare questi turni del cazzo..”
- “Alexandra! Che parole usi, sei un'insegnante ora!”
- “Assistente.”
- “Beh, non dovresti parlare in maniera più fine?”
- “Mmm, dovrei?” - Alex rise e continuò - “E non cambiare discorso. Ti ho chiesto perché continui a fare questi turni del cazzo.”
- “Perché non dovrei? Ormai sono abituata, non so che farmene del tempo libero! La casa è sempre vuota, tu non ci sei..” - Alex sentì un vuoto nello stomaco. Si sentiva in colpa. Aveva lasciato sua madre da qualche anno, ma si sentiva sempre in colpa. Però, non poteva continuare a stare lì. La vera vita, le vere opportunità erano altrove. E sua madre lo sapeva, ma odiava vederla andare via ogni volta.
- “Scusami.” - fu l'unica cosa che Alex riuscì a dire.
- “Non devi, è normale che tu non ci sia. E' meno normale che non ti vedo da 3 settimane!”
- “Scusami, di nuovo. Ho avuto parecchio da fare, ma vengo presto. Promesso.”
- “L'hai promesso, presto!”
- “Presto! Ti voglio bene, lo sai. E mi manchi.” - disse Alex, di nuovo a mezza voce.
- “Te ne voglio anche io, lo sai, piccola.” - Alex sorrise alle parole di sua madre e non volle dirle che ieri aveva visto suo padre. Di quanto fosse un totale coglione. Di quanto avesse ragione. Di quanto le fosse grata per averglielo portato via. Semplicemente, la salutò e preparò la colazione. Aveva già iniziato a mangiare, quando finalmente si vide in cucina Nicky. Alex le rise in faccia. Aveva un aspetto tipicamente da Nicky. Quest'ultima, la guardò male e chiese, senza parlare, cosa fosse così divertente. Alex indicò la sua faccia con la mano, evitò anche lei di parlare e rise di nuovo. Nicky iniziò a mangiare, a sorseggiare caffé. Le due fecero colazione silenziosamente. Alex ruppe il silenzio.

- “L'ho baciata ieri, prima di raggiungerti.” - Nicky, riemerse dal suo insolito silenzio, spalancò gli occhi.
- “Che? Che ne è stato dei buoni propositi? Delle scelte “prudenti” e “responsabili”?”
- “Non me ne fotte un cazzo.” - disse Alex sorridendo con fierezza. Nicky rise di nuovo.
- “Mi stavo preoccupando. Non ti buttavi in un casino da tempo!” - le due risero di nuovo.
- “E quindi? Farfalle nello stomaco? Cazzate del genere?” - chiese Nicky curiosa.
- “Farfalle che? Ah! L'influenza di Lorna si fa sentire!” - rispose Alex sorridendo. - “E' stato... non so, come quando butti giù un cicchetto di vodka tutto d'un fiato. La gola in fiamme, calore ovunque, lo stomaco che brucia. Strano, ma niente male, anzi.” - disse con un sorriso compiaciuto.
- “Cazzo, Vause. Sembra la menopausa! Ma penso di aver capito che intendi.” Le due continuarono a sorseggiare il loro caffè, Nicky riprese a parlare.
- “E ora?”
- “E ora mi devo far dare il suo numero.”
- “E poi?”
- “E poi le scrivo, la chiamo, le mando foto indecenti.”
- “Cogliona. Intendo, poi come la gestite?” - Alex aveva capito benissimo dove Nicky volesse arrivare. Ma non ci voleva pensare. Non aveva ancora pensato ad un futuro lontano, ma neanche ad uno troppo vicino.
- “Ah, non ne ho idea. Non ci ho pensato. Non so se ci sarà qualcosa da gestire.” - disse Alex, con freddezza. Effettivamente, era stato solo un bacio, un fottutissimo e meravigliosissimo bacio nel quale si erano perse entrambe. Si erano perse e Alex, nello specifico, non aveva pensato ad altro. Nicky la capì, alla fine si somigliavano ed era per questo che si capivano al volo, che sapevano come far riflettere l'altra.
- “Capisco.” - disse Nicky, facendo un occhiolino ad Alex ma sapendo di aver svegliato in lei quella paura di fare programmi. Quella paura di avere una relazione, delle quali non sapeva niente. Non sapeva le regole, non sapeva come comportarsi. Viveva tutto con passione, senza preoccupazioni e così, le piaceva. Il week end volò e le due si ritrovarono, come d'abitudine, ognuna al suo posto. Si sorrisero e si scambiarono un colloquiale “buongiorno” quando si ritrovarono vicine. Piper, si era avvicinata alla cattedra e aspettava, apparentemente per parlare con il Prof. Ma era frenetica. Alex la guardò incuriosita.
- “Che c'è?” - le chiese a testa bassa, senza guardarla, per non farsi notare.
- “Non ho il tuo numero!” - le disse Piper, guardandola. Alex alzò la testa, le sorrise e iniziò a scrivere. Fece strisciare il foglio sul tavolo, e Piper lo afferrò.
- “Ti scrivo più tardi.” - disse Piper.
Alex, si guardò intorno e l'aula era deserta, Piper era l'ultima a parlare con il Prof. Poté quindi concedersi di osservarla. Percepiva anche il suo profumo, dolce ma delicato, quel profumo di lavanda, di biancheria pulita. Quel profumo che due sere prima, aveva abbracciato, baciato. Continuò ad osservarla. Lucente, disinvolta ma a volte impacciata. E bella. Dannatamente bella. Quando Piper salutò il Prof, si girò verso Alex e le disse “Arrivederci”, sorridendole e illuminandola. Alex rispose e fece una smorfia. Non sapeva come avrebbe fatto, ma aveva intenzione di vedere quel sorriso per tanto, tanto tempo.

Era tardi e Alex aveva appena posato il libro che stava leggendo. Aveva solo voglia di dormire. Il suo cellulare iniziò a vibrare. Era un numero che non conosceva. Non aveva voglia di riprendere a leggere, qualsiasi cosa fosse. Avrebbe rimandato a domani.

23.24: “Sono Piper, adesso hai il mio numero. Chiamami quando vuoi.”
23.25: “Anche adesso, puoi chiamarmi anche ora.”
23.26: “O tra qualche minuto, quando vuoi.”
23.40: “Ho voglia di sentire la tua voce, ma mi basterebbe anche un sms.”
23.50: “Scusami, sei Alex? Non vorrei aver sbagliato numero. Anzi, non vorrei aver ricevuto il numero sbagliato!”


Quando Alex si svegliò, il mattino dopo, iniziò a sorridere messaggio dopo messaggio. 5 messaggi e 2 chiamate perse. Era Piper. Era impazzita e Alex era divertita.

8.53: “Non hai il numero sbagliato, ragazzina. Stavo dormendo! Ci vediamo in giro!”
8.53: “Pensavo mi avessi dato il numero sbagliato! Scusami. Mi manchi.”


Alex, sorrise. Ma si sentì strana. In trappola. Una dolce trappola. Ma non sapeva cosa rispondere. Aveva voglia di stringere a se Piper, di guardare in quegli occhi cielo.

9.06: “Ah! Cazzo, avrei dovuto darti un numero sbagliato, non ci ho pensato! :D”
9.07: “Stronza! Mi raggiungi nel parco dietro i laboratori di ingegneria per le 15?”
9.08: “Ok, buona lezione Pipes!”.


Era il suo giorno libero ed era strano varcare il cancello dell'università. Indossava un jeans chiaro, stivali neri con tacco e una camicia nera, in parte trasparente. Quando arrivò nei pressi del parco, vide gli occhi di Piper accendersi. Era lì che pranzava, da sola. C'era qualcuno ma non del loro corso. Facoltà completamente opposte. Intelligente, Piper. Alex si accomodò al fianco della bionda, senza avvicinarsi troppo. Le due si guardarono per qualche secondo. Alex la osservava divorare il suo panino e sorrise. Piper, si sentì osservata e le offrì il suo pranzo. Alex disse che era apposto, aveva già pranzato e continuò a guardarla divertita. Piper sorrise.
- “Non fissarmi, mi imbarazza.”
- “Lo so, mi piace questo in una ragazza.” - Sorrise Alex. Quel sorriso così ammaliante, accattivante, che faceva crollare tutte le certezze di Piper.
- “Hai intenzione di riempirmi di sms quando non ti rispondo entro 10 minuti?” - continuò a sorridere Alex.
- “Se è necessario a ricevere una risposta, si!” - la guardò con sfida Piper, e poi sorrise.
- “Dovrò cambiare numero.” - scosse la testa Alex, divertita.
- “Forse anche città. O addirittura Stato.” - rispose Piper, che nel frattempo aveva finito di mangiare. Sentì Alex avvicinarsi. Spostarsi gli occhiali sulla testa. Afferrarle dolcemente la mano. Accarezzarle le dita. Abbozzò un sorriso. Scrutò le labbra di Piper. Si bagnò le sue. Piper la osservava, in attesa. Si guardarono intorno, erano rimaste sole. Piper si avvicinò per baciare Alex. Le mancavano quelle labbra. Alex però, posò dolcemente la mano sulla bocca della bionda e le impedì di baciarla. Le sorrise, maliziosamente. Si spostò alla alla sua sinistra. Le diede invece un bacio sulla guancia, che durò qualche secondo. Piper chiuse gli occhi e sorrise.
- “A che ora hai lezione?” - le sussurrò Alex nell'orecchio, guancia a guancia. Sentì il desiderio di Piper pulsare. Questa deglutì. Non era pronta a sentire quella voce così vicino. Ad avere il respiro di Alex sul suo collo.
- “Fra mezz'ora.” - riuscì a mala pena a rispondere. In ogni suo gesto, in ogni sua parola, Alex era così decisa, seducente. Piper era disorientata. Nessuno le aveva fatto quell'effetto, mai. Ricevette un altro bacio sulla guancia, poi sul collo, sorrise di nuovo. Appagata dall'effetto che causava in Piper, Alex continuò a baciarla dolcemente sul collo, sulla guancia, sullo zigomo, sul naso ma senza sfiorale mai le labbra, lasciandola piena di desiderio. Poi si allontanò. Sorrise. Notò come Piper osservasse ogni suo movimento, compiaciuta.
- “Ci sentiamo più tardi? Inizia a tartassarmi solo se non ti rispondo entro 20 minuti, ok?” - rise di gusto. Piper le diede un buffetto sulla spalla e sorrise. Alex si alzò e lasciò la mano della bionda studentessa, le fece un occhiolino, riposizionò gli occhiali sui suoi occhi e andò via. Si sentiva bene, aveva in un certo senso ripreso il controllo di se quando era con Piper. Amava vedere Piper disorientata, eccitata. Le piaceva stuzzicarla, prenderla in giro perché le sue reazioni erano così imbarazzate, incerte e..adorabili.

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Capitolo 5
*** I just wanna feel your embrace ***


Erano passate settimane da quella serata, da quel pomeriggio. Le loro vite continuavano a scorrere ordinariamente, come nulla fosse. O almeno era così che chi le circondava, le viveva. Era tutto come sempre. Vivevano di fugaci sguardi tra la gente, di baci rubati all'ombra. E la notte era il loro giorno. Era il solo momento in cui potevano essere insieme senza attirare sguardi indiscreti. Erano lontane da tutto e tutti. Erano sole anche in mezzo alla gente, tutto il resto faceva da sfondo. Quei baci precari, quei sorrisi strappati tra la folla, rendevano tutto più inebriante. Tornare a casa, senza essersi sfiorate, iniziava a divenire insopportabile per Alex. Parlarle al telefono per ore, inevitabile. Stare insieme quando possibile, indispensabile. C'era qualcosa, in Piper, qualcosa che la rendeva così fatale per Alex. Quell'essere imbarazzata, vulnerabile, aperta, la rendeva un magnete. E Alex, non aveva assolutamente voglia di contrastare quel magnetismo che Piper emanava. Aveva deciso di sistemare la sua stanza, un totale caos. Vestiti sparsi, libri in ogni dove, cicche di sigarette e bicchieri vuoti. Un totale caos. Ma Alex, ne usciva sempre indenne, dal caos. Imparava sempre. E sarebbe riuscita a sistemare quel casino. Trovò un biglietto per terra, era il numero di Fahri. Era rimasto lì per tutto quel tempo. Colta da un attimo di curiosità, compose quel numero e sentì la voce dell'uomo all'altro capo del telefono.

- “Fahri? Sono Alex.” - disse incerta, chissà se si ricordava di lei.
- “Alex? Oh, Alex! Finalmente. Come mai tutto questo tempo?”
- “Avevo perso il tuo numero. Come va?” - incalzò Alex.
- “Bene. Gli affari vanno alla grande, anche troppo. E tu? Ti sei ripresa?”
- “Bene, mi è passata la delusione.”
- “Quella non passa mai davvero. Dovremmo parlarne a quattro occhi, sai. Torno in città dopo domani, che ne dici di un caffè?”
- “Va bene. Ci aggiorniamo allora.”
- “Con piacere. A risentirci, Alex!” - la chiamata finì lì. Alex non sapeva perché aveva composto quel numero, perché aveva contattato uno spacciatore di droga e aveva parlato con lui del più e del meno. Forse perché non era abituata alla staticità, alla quotidianità. Aveva bisogno di una scossa di tanto in tanto, non riusciva a rimanere ferma nella stessa posizione. Ci riusciva solo quando guardava Piper. Sorrise. Piper, le aveva scritto un sms qualche minuto fa. Mentre leggeva le sue parole, pensava ancora a quella telefonata. Magari sarebbe finita lì, un caffè in amicizia, non si sarebbe messa in una posizione pericolosa, ma aveva voglia di rincontrare quell'uomo, l'unico che in quella stanza, in quella serata, l'avesse confortata e distratta dal totale disastro in cui si era scontrata. Sorrise. Farsi amici spacciatori di droga. 'Solo io posso fare certe cose'. Pensò tra se e se.

19.22: “Mi chiami quando puoi? Mi manchi.” - Piper.
Non ci pensò un attimo e la chiamò. Il telefono squillò appena due volte. Piper rispose subito.
- “Però, stai migliorando, mi richiami subito!”
- “Non ti abituare, non avevo nulla da fare.” - disse Alex ridendo.
- “Sei cattiva dentro, nel profondo!” - rispose Piper.
- “Vuoi che chiudo?” - chiese Alex divertita.
- “Non lo faresti mai.” - disse Piper, con sicurezza.
- “Sicura?” - la stuzzicò Alex.
- “Si.”
Alex smise di parlare e chiuse la telefonata, ridendo. Dopo 2 secondi, Piper la richiamò.
- “Stronza!” - disse Piper, apparentemente arrabbiata.
- “Lo rifaccio?” - chiese Alex ridendo, adorava stuzzicare la sua ragazzina.
- “Smettila.” - Piper stava cercando di rimanere arrabbiata.
- “Vieni qui, ora.” - disse Alex, decisa.
- “Dove?” - chiese Piper, disorientata.
- “Da me, ti mando l'indirizzo per sms. Ti voglio qui.”
- “Ma...dovrei...ok, mi preparo.” - rispose Piper, incerta.
- “Ti do 20 minuti per essere qui, ragazzina.” - disse Alex sorridendo.
- “Ok, ok! Ce la posso fare. A fra poco.” - Piper chiuse la telefonata. Alex le scrisse l'indirizzo e rapidamente, finì di sistemare la stanza, poi uscì da lì e si diresse in soggiorno, dove Nicky e Lorna guardavano la tv.
- “Sta venendo qualcuno. Qualcuna.” - disse Alex.
- “Beata lei!” - rispose sarcasticamente e maliziosamente Nicky. Alex rise e le rispose lanciandole un cuscino.
- “Non farmi sentire cazzate del genere quando arriva. Vi ho solo informate.”. Nicky e Lorna, si guardarono sorridendo e fecero cenno di aver capito. Nicky, si mise una mano sulla bocca e fece capire ad Alex che sarebbe stata muta. “Esattamente così!” disse Alex sorridendo. Lo squillò del suo cellulare la fece allontanare dalle due amiche, che curiose, cercarono di capire se fosse già arrivata.

- “Dove sei?” - chiese Alex.
- “Non lo so, qui fuori.” - rispose Piper.
- “Arrivo.” - rimase al telefono, fin quando non la trovò. La prese per mano e la guidò verso casa. Una volta chiusa la porta alle sue spalle, la tirò a se, posò le mani su quegli esili fianchi e la baciò lentamente. La desiderava da giorni, da ore. La osservò poi, soddisfatta, appagata. Spostò una ciocca di quei biondi capelli, prese il suo viso tra le mani e le sorrise.
- “Cena con me stasera.” - chiese Alex.
- “Va bene.” - rispose Piper, sorpresa ma felice.
- “Pizza o cinese?” - l'unica cosa che le avrebbe fatto scegliere.
- “Pizza, ovvio.”
- “Ok.” - la baciò di nuovo, sulla guancia però.
- “Profumi di buono” - disse Alex mentre con il naso le sfiorava il collo. Piper sorrise mentre le accarezzava il braccio. Si sentì poi osservata. Non da Alex. Si girò e intravide le amiche di Alex. Con gli occhi sbarrati, guardò Alex, piena di domande.
- “Sono le mie coinquiline.” - le accarezzò la guancia con le labbra e la rassicurò, guardandola negli occhi. Ah, quegli occhi. Erano inebrianti quasi come il suo profumo. Erano così blu che non riusciva a far altro che sorriderle, grata.
- “Ho sete, che mi offri?” - chiese Piper, ritornata tranquilla.
- “Acqua o vodka. A te la scelta.”
- “Acqua, per favore.” - sciolto l'abbraccio, le due andarono in cucina.

La fece accomodare sullo sgabello vicino il tavolo e le versò un bicchiere d'acqua. Piper iniziò a sorseggiare. Le due continuavano a fissarsi, con gli occhi pieni di gioia. Di desiderio. Di parole, inutili. Alex rimase appoggiata di spalle al lavandino, Piper si alzò per posare quel bicchiere e si diresse verso Alex, si appoggiò a lei, posò il bicchiere alle sue spalle, le sfiorò di nuovo il braccio, quel braccio che poi la strinse a se. La bionda si spostò verso l'orecchio di Alex. Lo baciò. Sentì la mora sospirare. La strinse ancora di più, portò la mano sotto la bianca maglia di Piper e ne sfiorò la pelle sui fianchi.

- “Portami nella tua stanza.” - sussurrò Piper.
- “Mmm.” fu l'unica cosa che Alex le disse, con tono stupito. Sparirono dalla cucina. Arrivate nella stanza, Piper fu catturata dai libri di Alex. Si sedette sul letto e iniziò a sfogliarli. Alex la raggiunse subito dopo aver messo un po di musica.
- “Li hai letti?” - chiese Alex.
- “No, ma ne ho sentito parlare.”- rispose Piper.
- “Posso prestarteli se vuoi.” - disse Alex. Piper posò i libri sul comodino.
- “Non sono qui per noleggiare libri.” - sorrise. Alex inarcò le sopracciglia, piacevolmente stupita.

- “Mmm, perché sei qui?” - le chiese maliziosamente.
- “Sono qui per te.” - Alex sentì un vuoto nello stomaco. Si sentì strana. Piper lo notò e non sapeva che fare. Le due rimasero immobili ma Alex ritornò in se.
- “Bene.” - la premiò con un bacio sulla spalla, poi sul collo, e infine sulle labbra. Piper si sentì meglio. Vivevano quegli attimi di incertezza che si vivono quando si incontra una persona nuova, quando se ne devono ancora conoscere tutti i tratti. Dovevano ancora capirsi del tutto. Ma non ci riuscivano perché la passione prendeva sempre il sopravvento. Si riempivano di baci quando potevano, come in quel momento, e scordavano di chiedersi qualsiasi cosa avessero pensato.

- “Hai fame?” - si fermò Alex.
- “Forse.” - rispose Piper, timidamente. Alex sorrise. Uscì dalla stanza, andò di sotto e tornò con il suo cellulare. Aveva ordinato la cena. Le sue coinquiline erano uscite. Tornata in camera, trovò Piper in piedi che si guardava intorno. Rimase ad osservarla sull'uscio della porta.
- “La cena arriva tra 20 minuti, mi aiuti ad apparecchiare?” - sorrise. Piper le andò incontro.
- “Certo!” - le rispose con un sorriso immenso, appagante. Non c'era nulla di sbagliato in un momento come quello, in un sorriso così radioso, in loro due. La cena arrivò, finì e finalmente le due riuscirono a parlare, a conoscersi, a ridere. Quando Piper disse che era ora di andare, entrambe avevano una faccia seccata. La accompagnò alla macchina, le diede di nuovo un bacio. La guardò andare via e rientrò a casa. Si chiuse la porta alle spalle e il suo telefono si illuminò.

22.38: “Blue Caffè. Venerdì alle 18. Ok?” - Fahri.
22.41: “Ok,a venerdì!” - fu la risposta di Alex.

____________________________________________________________________ Spero di non aver fatto un passo falso con questo capitolo, forse troppe cose? O troppe poche? Grazie a chi mi sta seguendo e commentando, spero vi piaccia questo nuovo update! :-)

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Capitolo 6
*** Who is the lamb and who is the knife? ***


Fahri l'accolse con un abbraccio. Come se si conoscessero da una vita. Alex ricambiò. Si accomodò e Fahri iniziò a chiederle di tutto, di sua madre, di suo padre, di quale fosse il suo attuale impiego e se fosse appagante. Alex fece spallucce, era il meglio che poteva avere. Aveva sempre cercato di ricavare il meglio da ciò che il mondo le offriva. Passarono minuti, a parlare. Sentiva quella persona così vicina, così paterna. Eppure lei, non aveva idea di come fosse avere un padre.

- “Tutto questo è strano, sai.” - disse Alex.
- “Cosa?” - rispose Fahri.
- “Il modo in cui ci siamo conosciuti.” - Alex sorrise - “Essere qui. A parlare come due vecchi amici. Amici, perché penso tu abbia capito che non sei esattamente il mio tipo. Nessun uomo lo è.” - disse sorridendo Alex.
- “L'ho capito subito. Così come ho capito che saresti perfetta per la mia 'impresa'.”
- “Impresa? Così lo chiami il tuo spacciare?” - disse Alex a bassa voce, ridendo.
- “Oh cara, è molto più di un semplice spacciare. Non immagini le quantità che spostiamo nel mondo. Il mio è un business internazionale.” - disse soddisfatto Fahri.
Alex continuò a guardarlo, affascinata dalla potenza che emanava quel ruolo.

- “Perché sarei perfetta per la tua 'impresa'?” - chiese Alex.
- “Sei discreta, razionale, hai il controllo di te stessa e sai ritrovarlo quando lo perdi.”
- “E tutte queste cose le avresti dedotte nei 20 minuti dell'incontro che ho avuto con mio padre?” - chiese Alex, divertita da quella descrizione che era tutt'altro che sbagliata.
- “Per fare quello che faccio, è importante capire chi hai di fronte nel minor tempo possibile. Ne sei capace anche tu. Lo so.”
- “Me la cavo a leggere le persone, effettivamente.” - rispose Alex, sollevandosi gli occhiali sulla testa.
- “Sarebbero soldi facili.” - disse Fahri, scrutando Alex.
- “Facili? Più che altro rischiosi.”
- “Fidati, ne varrebbe la pena.”
- “Non lo so, non so se sarei in grado.”
- “Lo sei. Altrimenti non ti avrei detto niente. E po ti aiuterò io all'inizio.” - fu la risposta di Fahri, al quale Alex rivolse uno sguardo dubbioso ma intrigata da quella proposta. Continuarono a chiacchierare, si promisero di rivedersi presto, per decidere, discutere meglio. Alex aveva paura di vedere in se una certa eccitazione per quell'offerta. Aveva paura che sarebbe stata perfetta per quel 'lavoro'. La spaventava vedere come non le importava dei rischi. Si diresse direttamente all'università, dove la lezione sarebbe iniziata in mezz'ora. Arrivata in aula, salutò il Prof che era già lì e con silenzio svolse i suoi compiti. Quei noiosi e ordinari compiti. L'unica cosa che le rendeva sopportabile recarsi a lavoro era cercare quegli occhi nell'aula, seguire quell'irresistibile figura nei movimenti. Ma oggi, Piper, non si era ancora vista in aula. Alex se ne accorse quando la maggior parte degli allievi stava prendendo posto. Continuò a guardare la porta dell'aula, ormai chiusa, nella speranza di vederla spuntare da un momento all'altro. Nulla. Quelle ore sembravano non passare mai. Quel momento le fece capire che forse la proposta di Fahri sarebbe stata una via d'uscita. La miglior via d'uscita. Non vedeva il suo attuale lavoro come terribile ma era così statico. Era il contrario di Alex. Infatti, non era nelle sue corde fare sempre le stesse cose. Era per questo che aveva cambiato un'infinità di lavori. E poi, avrebbe potuto avere Piper, in pubblico, senza problemi e avrebbe avuto tanti soldi. Trascurò il fatto che quella fosse un'attività pericolosa, ma forse non voleva vederne i pericoli, né la scarsa moralità. Pensò però, a come avrebbe potuto spiegare o mentire a sua madre sul suo nuovo lavoro. Non l'avrebbe mai accettato. Avrebbe potuto però comprarle una casa, comprarsi una casa. Vivere una vita economicamente stabile, smetterla di divincolarsi tra la precarietà. Ma chi le assicurava che sarebbe diventata abbastanza brava da fare tanti soldi? Chi le avrebbe assicurato che non sarebbe stata beccata? O peggio, che un suo errore non le sarebbe costato caro? E come avrebbe potuto nascondere una tale attività a chi le stava intorno, a chi le voleva bene? Era difficile. Finalmente la lezione finì, sembrava fosse passata una vita. Alla fine di essa, come di consueto, diversi studenti si avvicinarono al Prof per chiarimenti. Anche Piper di solito lo faceva. Ma non c'era. Non si era presentata. E questo era piuttosto strano, Piper non mancava mai. Rinunciava a stare con lei fino a tardi per poter seguire tutte le lezioni. Decise di scriverle un sms. 


11.14: “Pipes, stai bene? Non ti ho vista a lezione.”

Era ora di pranzo e Alex non aveva ancora ricevuto una risposta. Iniziava quasi a preoccuparsi. Provò a telefonarla ma non ebbe risposta. La giornata passò apatica, non vedeva Piper da due giorni e si accorse che le iniziava a mancare. Cavolo.


23.46: “Hai dimenticato che sono partita con i miei? Ritorno martedì!”

L'aveva dimenticato si. Completamente cancellato. Cercò di fare mente locale e ricordò che quando Piper iniziò a dirle di un week end programmato con i suoi, lei la stava sentendo ma non ascoltando; stava immaginando da dove avrebbe iniziato ad assaporarla, come fosse una torta. Adorava ascoltarla parlare, divagare su ogni piccola cosa. Ma quel giorno, non riusciva proprio a seguirla, era ipnotizzata da quella camicetta bianca quasi trasparente, divorata dal desiderio e così finì per interromperla mentre questa le stava dicendo che i suoi avevano programmato un week end al lago. Piper non riuscì a dire altro quando Alex iniziò a baciarla ovunque, a toccarla appassionatamente e senza freni. Ecco, si, le aveva accennato qualcosa, ricordò sorridendo. Con la certezza che non avrebbe visto Piper per altri 4 lunghissimi giorni, cercò di capire come avrebbe trascorso il resto della settimana. Mentre leggeva comodamente sul divano, con la tv a farle compagnia, una pubblicità colse la sua attenzione. C'era una bimba che chiedeva a sua madre di prepararle la merenda. Sorrise. Chiuse il libro, spense la tv e andò in camera sua. Preparò uno zaino con qualche vestito e le cose necessarie, lasciò un biglietto in cucina per avvisare Nicky e Lorna, uscì, mise in moto la macchina, fece il pieno e prese l'autostrada. Sarebbe andava a trovare sua madre, 6 ore di viaggio le dividevano.
Arrivata di fronte casa sua, nel suo quartiere, si accorse che nulla era cambiato. Telefonò a sua madre, ignara del fatto che Alex fosse lì.

- “Mamma?”
- “Alex? Come mai così mattiniera? Stai bene?”
- “Si, ho un po' freddo.”

- “Ti sei ammalata?”
- “No, sono fuori, sto aspettando.”
- “Cosa aspetti?”
- “Aspetto te, vieni ad aprirmi!”

Diane spalancò la porta con gli occhi pieni di gioia: Alex era lì. La abbracciò forte, la baciò affettuosamente e la trascinò dentro casa.

- “Che ci fai qui!?” - chiese Diane con entusiasmo.
- “Sono venuta a trovarti, come promesso.” - Alex sorrise, felice anche lei di rivedere sua madre.
- “Quasi non ci credo!” - Diane le diede un altro abbraccio.
- “Vuoi qualcosa di caldo?” - le chiese.
- “Oh, grazie! Qualsiasi cosa!” - rispose Alex.
Diane iniziò a preparare del caffé, guardando ogni tanto la sua Alex. Era così fiera di lei.
- “Allora, raccontami tutto! Come va il lavoro? C'è qualcuno di nuovo nella tua vita? Dimmi tutto!” - Diane era euforica.
- “Bene. Forse.” - rispose Alex, con fare misterioso.
- “Alexandra! Non parlare a monosillabe, lo sai che lo odio!” - Alex sorrise.
- “Cosa vuoi sapere? Vai diretta.”

- “Tutto. Il lavoro va bene? Non riesco ancora a crederci che tu sia finita al college!”
- “Va bene, è noioso ma almeno non è stressante. Va bene, si.”
- “E..c'è qualcuno?” - chiese Diane incuriosita.
- “Forse.”
- “Forse? Si o no. Alex, non essere misteriosa con me!” - la curiosità di Diane non faceva che aumentare.
- “Ok, ok. Può darsi di si, ma insomma, non so cosa siamo, se siamo qualcosa.”
- “Ma che significa che non lo sai? - disse Diane sorridendo, e ritornando al caffé che era quasi pronto. Alex le sorrise.
- “Non lo so. Non ne abbiamo esattamente parlato. Ci conosciamo da due mesi, forse. Non abbiamo esattamente fatto il gioco del 'chi sono io per te, chi sei tu per me'. Non lo so.” - Alex era genuinamente confusa e Diane ne fu stupita.
- “E' un passo in avanti. Non sai cos'è ma è più di niente.”
- “Si, ok. E tu invece? Non devo conoscere nessuno? Hai mollato qualche lavoro? O fai ancora la pazza qua e la?” - chiese Alex sviando il discorso. Parlare di Piper con sua madre la metteva terribilmente a disagio. Anzi, parlare di Piper la metteva a disagio. Non sapeva davvero come definire ciò che avevano. Non sapeva neanche cosa avessero.
- “Alex, lo sai che le bollette e il mutuo non finiranno mai. Non ho tempo di conoscere nessuno, e poi sono datata ormai.”
- “Mamma, lo sai che gli anni non hanno scalfito la tua bellezza.” - le disse Alex.
- “Oh, me la devi presentare questa ragazza. E' colpa sua se ti sei rammollita?”
- “Ah! Non cambiare discorso!” - sorrise Alex.
- “Sei tu che l'hai cambiato per prima! Dimmi solo il suo nome, poi mi farai sapere cosa siete in un altro momento.” - disse Diane ironica.
- “Piper. Segue il corso in cui sono assistente. Non dirò altro. Parliamo d'altro?”
- “Oh. Oh. Perché non ne vuoi parlare? Cos'è tutta questa riservatezza, Alex?”
- “Beviamo il caffé.” - Alex iniziò a sorseggiare la sua tazza senza aggiungere altro. Diane la guardò incuriosita. Alex non era mai stata riservata. Di poche parole si, ma le diceva tutto. Se stava in silenzio, i motivi erano due. O era davvero presa, o era in una situazione pericolosa. Diane posò la sua tazza, guardò seriamente Alex.
- “E' sposata? E' stata in prigione? Spaccia? Ha ucciso qualcuno? Oddio Alex, in che roba ti sei cacciata!” - chiese in preda al panico. Alex scoppiò a ridere. Doveva dire qualcosa per calmarla.
- “Ma che vai a pensare! No. No. Nulla di tutto ciò!”
- “E allora qual è il problema?” - incalzò Diane.
- “Il problema? Mi piace un sacco. Non riesco a pensare ad altro. Ogni cosa che faccio, penso a come sarebbe farla con lei. Ogni volta che dico qualcosa di divertente, penso se farebbe ridere anche lei. Mi ha completamente rincoglionita. Questo è il problema.” Diane la guardò sorpresa ma con un sorriso. Continuò a sorseggiare il caffé e poi annuì con la testa.
- “Bene.”
- “Non va per niente bene.” - Alex scosse la testa, ridendo. Il discorso si chiuse lì. Andò a sistemarsi nella sua vecchia stanza e sua madre, dispiaciuta, uscì per andare a lavorare. Ritornare a casa sua, fece riemergere un sacco di ricordi. Ritornare in quella stanza, ritrovare tutte le cose che si era lasciata alle spalle, le diede i brividi. Il suo letto era ancora lì, pronto per lei in ogni momento. Si sedette, si guardò intorno. Era tutto come l'aveva lasciato. Una parete catturò la sua attenzione, si alzò e la scrutò da vicino. Iniziò a strappare i poster delle rock band che tanto aveva amato, solo perché erano come suo padre. Andò poi a buttare tutto nella spazzatura. Rimase fuori a fumare una sigaretta. Si guardò intorno. Non era davvero cambiato nulla. Ogni cosa era al suo posto. Ogni vicino era ancora lì. Il telefono le vibrò in tasca. Lo prese. Apri quel messaggio.

20.16: “Pensavo a te e ti ho scritto. Che fai? Come stanno trascorrendo le ore senza di me? Mi inizi a mancare un po'.”. - Piper.

Alex sorrise. Si affrettò a rispondere.

20.17: “Solo un po'? Solo un po'? Comunque sono da mia madre, era il week-end giusto per farle visita!”
20.18: “Mi stai dicendo che ti manco anche io? ” - Piper.
20.18: “Forse.”
20.19: “Ok. I tuoi forse sono un si. Ora devo andare, ci sentiamo presto. Baci.”- Piper.
20.19: “Forse! Ah! Non vedo l'ora di risentirti. ”


Quando sollevò lo sguardo dallo schermo, vide una figura che le era familiare, avvicinarsi. Era proprio lei. Scrutò meglio. Oh si, era proprio lei: Julie.



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Ci ho messo più del solito a pubblicare, ero un po' incerta...non so dove sto andando, ve lo farò sapere nei prossimi capitoli! :D

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Capitolo 7
*** A Kiss With A Fist ***


- “Alex? Che ci fai tu qui?!”
- “Julie? Tu che ci fai ancora qui!” - le due si abbracciarono. Altri ricordi riaffiorarono nella mente di Alex. Julie era una vecchia amica. O qualcosa di più. Avevano provato a stare insieme, ma durò meno di un mese. Alex non riuscì ad esserle fedele. Ma le volle bene. Riguardandola, in quel momento, era proprio come la ricordava. Capelli biondi, occhi azzurri, esile, carnagione chiara, sorriso timido ma raggiante. Aveva qualcosa che le ricordava Piper, pensandoci bene. Ma ora aveva un aspetto stanco. Julie la invitò per un te, e Alex fu felice di accettare. Si erano lasciate senza rancore, avevano provato a rimanere amiche. Alex non era pronta ad impegnarsi, a legarsi ad una persona in quel senso, a rimanere in quella città che non le dava opportunità. Julie non desiderava altro. Inevitabilmente, le loro vite si separarono. Ritrovarsi in quel pomeriggio fu inaspettato ma c'era ancora complicità tra loro; fu facile quindi parlare, scherzare, ricordare insieme il passato con un sorriso, e a volte amarezza, soprattutto per Julie. Quando Alex guardò l'orologio, si rese conto che sua madre sarebbe tornata a breve.

- “E' stato bello ritrovarti, ma...mia madre torna a breve da lavoro, non la vedo da tanto, sono venuta apposta per lei. Devo proprio andare.”

- “Come sempre.” - disse Julie con tono stizzito.
- “Julie...dobbiamo davvero rivivere quei momenti?” - chiese Alex scocciata.
- “No. Lasciami almeno il tuo numero.” - Alex glie lo scrisse su un tovagliolo.
- “Così va meglio?” - chiese la mora, abbozzando un sorriso.
- “Molto. Ecco il mio. Sai, anche se non abbiamo funzionato come coppia e anche se te ne sei andata, senza lasciare traccia di te, non significa che non possiamo essere semplicemente amiche.”
- “Amiche? Ti andrebbe bene? L'ultima volta che ci siamo viste...la cosa non ti piaceva.”
- “Ho imparato ad accontentarmi, sai?” - Julie si alzò dal tavolo, si avvicinò ad Alex per salutarla. Quando si ritrovarono faccia a faccia, si fissarono. Julie non aveva mai davvero dimenticato Alex. Esserle amica, era sempre stato troppo poco. Quando Alex andò via, portò con se pezzi di Julie. In quel momento, tutto riaffiorò; ogni parola fu contraddetta, ogni desiderio assecondato. La baciò sulle labbra. Alex rimase immobile.
- “Questo non è da amiche.” - disse Alex allontana Julie con la mano.
- “E' stato più forte di me.”
- “Julie...non potrebbe mai funzionare. Non sono quasi mai qui, ho una vita totalmente diversa. Tu hai sicuramente qualcuno, a giudicare dall'anello che porti al tuo anulare e...io ho qualcuno.”

Per quanto strano suonasse, Alex aveva finalmente confessato di avere qualcuno. Julie, sconfitta, si allontanò. Era quasi arrabbiata. Quasi seccata dal fatto che Alex fosse diventata capace di legarsi a qualcuno, di sentirsi di qualcuno, solo quando quel qualcuno non era lei.
- “Quando ti ho rivista, sono salita sulla giostra dei ricordi. Ho pensato a quante possibilità ci fossero che ci incontrassimo di nuovo. Ho pensato che il destino ci avesse voluto far rincontrare. Ma ho pensato male. Tu hai qualcuno. Io ho decisamente qualcuno. Non so che mi è preso. E' che ti penso ancora, sai. Anche se ho costruito un'altra vita, io ti penso ancora. Mi manchi, anche come semplice amica. Non so perché ti ho baciata. Cioè lo so, ma non so perché l'ho fatto sapendo....”
- “Shhh, Julie. Va bene. Io ho passato il pomeriggio a strappare poster dalla mia camera, capisco com'è risalire sulla 'giostra dei ricordi'. Possiamo essere amiche.” - Alex le diede un abbraccio e le due si salutarono. Julie la guardò uscire. Allontanarsi. Lasciarla di nuovo lì. Quel bacio, pensò tra se e se, aveva il sapore di un pugno. Alex, era sorpresa. Non pensava che dopo tanti anni, Julie potesse ancora sentirsi così. Eppure non le aveva mai dato speranza. Anche se ripensandoci, era stata piuttosto stronza con lei per un periodo. Il periodo in cui provarono a stare insieme. In quel momento, l'amicizia fu scalfita. Il sesso rovinò tutto. Dopo quell'unica volta, provarono ad essere una coppia ma il risultato fu pessimo, tanto che non riuscirono ad essere neanche più amiche. Si riavvicinarono, ma non era come una volta. Quando Alex andò via, si erano allontanate così tanto, da non lasciarsi neanche un recapito per sentirsi.

Tornata a casa, sua madre era già lì. Alex la raggiunse in soggiorno, si sedette al suo fianco e si voltò verso di lei con gli occhi spalancati.
- “Non immagini con chi sono stata oggi pomeriggio!” - disse Alex.
- “Julie?”- rispose sua madre, distogliendo lo sguardo dalla tv e voltandosi verso di lei.
- “Cazzo, mi hai tolto l'effetto sorpresa!” - Alex rimase sorpresa per la facilità con cui sua madre aveva indovinato.
- “Ti pensa ancora, vero? Ogni tanto continua a chiedermi di te.”
- “Oh, l'ho notato. Ma le ho detto che ho qualcuno. E poi ha un anello!” - disse Alex, appoggiandosi alla spalliera del divano.
- “Ah! Quindi questo qualcuno..è effettivamente importante! La mia piccola impegnata seriamente, potrei piangere!” - disse Diane ridendo.
- “Ok, esageriamo. Non ci parlo più con te.”
- “Alex!” - Diane le prese la mano - “E' bello vederti finalmente capace di legarti a qualcuno. Sarebbe più bello sentirtene parlare ma...aspetterò che tu sia pronta.”
- “Grazie.” - rispose Alex, ricambiando la stressa di mano e sorridendole timidamente.

Cenarono, il discorso non riemerse più. Alex chiese della famiglia, degli amici. La serata volò. Risvegliarsi nel suo letto fu strano. Fecero colazione insieme, uscirono insieme, pranzarono e poi, fu ora di partire. Fu come se nessun giorno le avesse divise, nessun km le avesse allontanate. La loro complicità, era qualcosa che in tanti invidiavano. Ma era una complicità che si instaurò quando le due si trovarono sole nel mondo, a doversi far strada insieme. Salutarsi di nuovo, fu seccante. Ma Alex promise che sarebbe tornata presto. Strette in un abbraccio, Diane iniziò a parlarle mentre si allontavano.

- “Vieni in compagnia la prossima volta, ok? Non voglio che fai tutta questa strada da sola.” - le disse Diane, sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Alex la guardò, capì che in quella richiesta c'era poca preoccupazione ma solo tanta curiosità. Sorrise. In realtà, le sarebbe piaciuto. Ma prima, avrebbe dovuto definire le cose con Piper. Capire a che punto erano. E questa era una cosa che la spaventava perché si sentiva immensamente legata a Piper. Aveva paura che ammetterlo, dirlo a Piper, l'avrebbe spaventata e avrebbe reso le cose strane. Una sensazione raramente percepita. Alex salì in macchina, uscì dal parcheggio e salutò con la mano Diane che ricambiò. Più avanti, c'era anche Julie, probabilmente l'aveva osservata per tutto il tempo. Alex le rivolse un cenno con la mano. Quest'ultima non ricambiò ma sorrise. Imboccata l'autostrada, cominciò a contare le ore che la dividevano da casa, dalla sua casa.

Erano circa le 23 quando Alex arrivò a destinazione. Rientrò a casa e trovò Nicky pronta ad interrogarla.

- “Dove sei stata? Week-end romantico?”
- “Ah!” - Alex scoppiò a ridere - “Sono andata da mia madre, idiota!”
- “Ah, peccato. Ero già pronta ad ascoltare tutti i dettagli più scabrosi!”
- “Mi dispiace, nessun dettaglio scabroso. Anzi, sai chi è ancora fissata con me?!”
- “Julie?”
- “Oh cazzo, ma lo sapete tutti?! Solo io non me l'aspettavo?!” - scoppiarono a ridere.
- “Cavolo Alex, lo sapevano tutti. Quella era completamente andata, fottuta, impazzita per te. Ma cosa gli fai tu alle donne?!” - Alex sorrise maliziosamente, toccò leggermente i suoi occhiali.
- “Segreto.” - e continuò a sorridere, finché non rise di nuovo. - “Vado a lasciare le mie cose.” - disse Alex, sparendo nella casa e recandosi nella sua camera. Il telefono iniziò a squillare. Era Piper. Alex rispose.

- “Alex?”
- “Si?”
- “Sei a casa?”
- “Appena tornata.”
- “Posso venire da te?”
- “Ora? Non sei, tipo, al lago con i tuoi?”
- “No. Allora posso?”
- “Certo, vieni.” - Piper chiuse il telefono. Alex percepì inquietudine e fretta nella voce della giovane. Dopo neanche 20 minuti, Piper le mandò un sms. Era già lì. Alex la raggiunse e notò che l'inquietudine che aveva percepito, era proprio lì. Nessuna parola, nessun sorriso. Rimasero a guardarsi. Alex era profondamente confusa. Piper si buttò tra le sue braccia e iniziò a piangere. La strinse forte a se, pur non sapendo quale fosse il motivo. Ma la strinse più forte che poteva.

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Capitolo 8
*** Sadness is a blessing ***


La accolse nelle sue braccia, nella sua casa e poi nel suo letto. La lasciò lì, le preparò un panino, qualcosa da mangiare. Le prese dell'acqua e la raggiunse. Si sedette al bordo del letto, vicino a lei. Appoggiò tutto sul comodino di fianco. Piper si girò verso di lei, si mise su di un fianco e continuò ad osservare Alex silenziosa. Questa, le sfiorò la spalla con il palmo della mano. Continuò ad accarezzarla, a darle conforto, senza sapere a cosa servisse quel conforto. Spostando la mano alle sue spalle, appoggiandosi al letto, si avvicinò per baciarla, lentamente. Si guardarono, a pochi centimetri. Piper accennò un sorriso e con una mano avvicinò Alex a se, baciandola timidamente sulla bocca. Alex ricambiò, con più sicurezza. Si fermò, naso a naso. I loro respiri si unirono, i loro occhi si trovarono. Alex cercò disperatamente una risposta in quegli occhi. Le diede un bacio sulla guancia e si allontanò. Piper sospirò, quasi come se stesse cercando le parole per spiegare. Per dirle cosa fosse successo. Alex non la fissava più, le voleva lasciare il suo spazio. Si sentì osservata e si voltò verso Piper.
- “E' per me?” - le chiese la ragazza, puntando il panino con lo sguardo.
- “Se vuoi, si.” - Se vuoi si, potrei essere la persona che ti consola sempre, che ti bacia quando le parole non bastano. Quella che ti stringe a se quando ti senti distrutta, in mille pezzi. Se vuoi, si.
- “Grazie.” - Disse Piper sollevandosi e afferrando il panino. Cominciò a mangiarlo. Sorseggiò un po' d'acqua. Nel frattempo Alex si allontanò e andò verso la finestra, a scrutare la città. Stava piovendo, era quasi buio e sembrava che il mondo lì fuori si fosse fermato. In quel momento, mentre Alex era immersa nell'immagine di fronte a lei, evitando di forzare Piper a fare o dire qualcosa che non si sentisse pronta a dire, il telefono della mora squillò. Era sua madre. Aveva dimenticato di chiamarla per farle sapere che era tornata sana e salva a casa.
- “Alex? Sei arrivata?”
- “Si, da un'ora forse. Scusami se non ti ho chiamata prima. Sto bene, sana e salva!”
- “Perché non mi hai chiamata prima? E' successo qualcosa?”
- “No, no. Tutto bene, ho solo avuto visite...”
- “Piper?” - chiese Diane, tranquillizzata e improvvisamente curiosa.
- “Si.” - rispose Alex osservando Piper che ricambiò lo sguardo incuriosita.

- “Ah! Va bene, allora ti lascio alle tue cose. La prossima volta ricordati di chiamarmi però, ok?”
- “Va bene, buona notte. Ti voglio bene.” - Alex chiuse la telefonata e posò il cellulare sulla scrivania. Rimasta seduta sul bordo della finestra, si voltò verso Piper che iniziò a sorriderle, pronta a dire qualcosa. Alex rimase in attesa. Si scrutarono, in silenzio. Passarono dei minuti, senza che nessuna delle due proferisse parola. Eppure avrebbero avuto tanto da dirsi, chiedersi. Alex si alzò e andò verso il suo letto, occupato da una silenziosissima Piper.
- “Ho perso.” - esordì Alex.
- “Cosa?” - rispose Piper confusa.
- “Il gioco del silenzio?” - le rispose aggiustandole una ciocca di capelli e sorridendole. Piper sorrise, prendendole la mano che l'aveva sfiorata qualche secondo prima.
- “Non so neanche da dove iniziare...”
- “Puoi dirmi tutto quello che vuoi.”
- “Il mio week-end è stato un disastro. Il tuo?” - Piper iniziò a sciogliersi, a sentirsi più libera, a sentirsi al sicuro semplicemente stringendo la mano di Alex.
- “Non mi posso lamentare.”
- “Mi abbracci un po'?” - chiese Piper con un sorriso a cui Alex non seppe resistere. Era così dolce che non poté far altro che sorriderle in risposta, spostarsi alle sue spalle e abbracciarla a cucchiaio.
- “Non c'è bisogno di chiederlo.” - le bisbigliò all'orecchio, dopo averle sistemato i capelli in modo che nulla potesse impedirle di sentirla. Di percepire il suo affetto. Non poteva vedere la sua espressione ma era sicura che Piper stesse sorridendo, finalmente tranquilla, tra le sue braccia. La baciò sul collo lentamente. In risposta Piper, dopo qualche secondo, si girò verso di lei, faccia a faccia, osservandola e ritornando seria. Era pronta a parlare. Alex lo intuì e per farle capire che era lì, ad ascoltarla, poggiò la sua mano sul fianco della bionda
- “Sono arrivata a questa casa al lago e c'erano degli amici di famiglia che non conoscevo. Avevano progettato un week end con degli amici.”
- “Che cosa terribile.” - le rispose Alex sorridendo. Piper fece una smorfia, pronta a continuare il racconto.
- “Guarda caso questi amici di famiglia hanno un figlio della mia stessa età e guarda caso tutti sapevano tutto ciò che avevamo in comune io e questo.” - il sorriso scomparse dal volto di Alex, ma la sua mano rimase su Piper.
- “Ti rendi conto? Hanno progettato un week end per farmi incontrare un estraneo! E la cosa bella è che lui ne era a conoscenza! Mi sono sentita la stupida del villaggio, quella che ha bisogno di mamma e papà per concludere qualcosa! Cazzo, mia madre ha queste manie di onnipotenza, mi gestisce come fossi una marionetta.”
- “Una marionetta molto sexy.” - Nonostante la situazione stesse prendendo una piega che non piaceva ad Alex, questa cercò di sdrammatizzare, di alleggerire la cosa, anche perché Piper stava divagando su sua madre quando l'unica cosa che le interessava era sapere cosa era successo con quel ragazzo. Perché era ovvio che il solo incontro combinato non potesse averla scossa così tanto. Piper sorrise, perse il filo del discorso al complimento di Alex. Poi ricordò cosa stava dicendo.
- “Facevano di tutto per lasciarci soli! Ti rendi conto? Come fossimo nel 1800 quando combinavano i matrimoni! Allora ho preso mia madre in disparte e le ho chiesto cosa stesse provando a fare. Sai che mi ha risposto?”
- “No. Ma Nicky e mia madre sicuramente lo saprebbero.” - rispose Alex sarcasticamente, ricordando come sia Nicky che sua madre avevano intuito la storia di Julie.
- “Mi ha detto 'cerco di portarti sulla retta via.'. Testuali parole. Ero disorientata. Poi continua e fa 'Polly mi ha detto che ti ha vista con una mora'.” - Alex rimase silenziosa, tra il divertito e lo scioccato. Voleva dire qualcosa di divertente ma le 'testuali parole' di mamma Chapman erano già abbastanza divertenti. Tristemente divertenti.
- “Ti rendi conto? Mi vuole sistemare con un ragazzo qualsiasi solo perché Polly, quell'idiota che non si fa gli affari suoi, le ha detto di avermi visto con una mora!” - Piper iniziava a perdere le staffe ed era bella anche in quei momenti. La fronte arricciata, gli occhi che urlavano disprezzo. Alex non poté che sorridere a quella scena.
- “Chi è questa mora?” - le chiese ridendo. Piper rispose con una finta faccia seria, quasi a dirle 'idiota, chi potrebbe mai essere?' e poi sorrise.
- “Ai tuoi non piacciono le more?” - incalzò Alex sorridendo.
- “A mio padre si, ma mia madre non l'ha mai voluto sapere.” - rispose Piper sorridendo, un po' amaramente questa volta.
- “Ai tuoi non piace che a te piacciano le more?”
- “Bingo!” - rispose Piper sorridendo genuinamente. I suoi genitori non sapevano neanche che le piacessero le more. O le ragazze in genere. In realtà neanche Piper lo sapeva.
- “Ho litigato con mia madre. Ma quello è stato solo l'inizio.” - Piper ricominciò a raccontare. - “Larry, così si chiama, ci ha spudoratamente provato con me per tutta la sera. Quando gli ho detto che vedevo già qualcuno, anzi, qualcuna, mi ha guardato tra lo schifato e l'eccitato. E poi...”
- “E poi?” - chiese Alex, senza più sorridere ma con gli occhi attenti, a scrutare in quelli blu di Piper.
- “E poi ho litigato anche con mio padre. Mi hanno fatto sentire tutti incredibilmente strana, mi hanno teso una trappola, mi hanno mancata di rispetto. Ho preso il primo passaggio e...eccomi qui. Anzi, sono andata prima da Polly. Quell'idiota. Non mi ha mai chiesto di te, lo sapeva, ma non mi ha chiesto niente. Anzi, ne ha parlato con mia madre. Lei, che più di chiunque sa com'è mia madre. Cazzo, mi sento tradita da tutti.” - Piper era quasi in lacrime. A quel punto Alex le afferrò il mento e la baciò, le asciugò le lacrime con un altro bacio e poi la guardò.
- “Tutti?”
- “Tranne la mora, spero.” - disse Piper, ridendo tra le sue lacrime. Alex le sorrise e continuò ad asciugarle le lacrime dolcemente. Il cellulare di Piper iniziò a vibrare, spezzando quel momento. Decisa, lo spense e ritornò ad Alex. Non voleva più parlare. Non ne poteva più di rivivere quei momenti in cui tutti l'avevano fatta sentire come la persona più terribile e strana del mondo. Così, si rifugiò tra le labbra dell'unica anima con la quale riusciva a collegarsi in quel periodo. La baciò passionalmente, inaspettatamente per Alex che fu felice di ricambiare. Spezzando il bacio, Piper si avvicinò all'orecchio della mora.
- “Fammi dimenticare tutto.” - Alex sentì un brivido lungo la schiena e capì ciò che Piper le stava chiedendo. La guardò per un momento, dove la bionda le confermò la richiesta con uno sguardo pieno di desiderio. Si spostò su di lei, spense la bajour al suo fianco e cominciò a baciarla. A spogliarla. Di tutto. Delle sue paure, delle sue incertezze, dei suoi vestiti, delle sue delusioni. Cominciò ad esplorare ogni parte di quel corpo che ora era suo, tra le sue mani. Con delicatezza ma con passione, la baciò dal collo a scendere. Tra i suoi seni, sui suoi seni. Sul suo addome. Sui suoi fianchi. Alex era compiaciuta quasi quanto Piper. Cominciò a farle dimenticare tutto davvero. L'unica cosa che Piper riusciva a dire o pensare era Alex, che stava esaudendo esattamente le sue richieste. E in quei momenti non riuscì che a pensare ad altro. A nient'altro. Consapevole di essere a buon punto, Alex scomparve sotto il lenzuolo e finì per raggiungere il punto più sensibile di Piper, che gemente, sentì ogni pensiero negativo lasciare la sua mente, riempita solo da Alex, e dal piacere che questa le stava infliggendo.

Al suo risveglio, Alex trovò Piper stretta a se e sorrise. Si spostò per cercare la sveglia e scoprire che erano appena le 9 di lunedì mattina. Si slegò dalla stretta di Piper, scese dal letto alla ricerca di qualcosa da indossare e dopo rimase ad osservarla. Era perfetta in quel momento, più del solito. Un raggio di luce ne illuminava il viso, che sembrava completamente rilassato e appagato. Proprio in quel momento, vibrò il suo cellulare, con insistenza, anche se Alex aveva provato ad evitarlo. Non era la prima volta che vibrava, ma le altre volte non poteva proprio prestargli attenzione. Erano un paio di messaggi. Un numero sconosciuto ma di cui Alex capì subito l'identità. Era Julie, senza alcun dubbio.
- “Alex...” - una voce assonnata le fece alzare lo sguardo.
- “Scusa..” - disse Alex preoccupata di averla svegliata.
- “Vieni a darmi il buon giorno..” - la richiesta di Piper fu qualcosa che fece sorridere Alex.
- “Così si chiede? Che educazione hai avuto?”
- “Per favore?” - le sorrise dolcemente Piper. Ora si che poteva darle il buon giorno. In realtà andava bene anche prima, ma voleva rimanere a guardarla un altro po'. Ritornò sul letto e la baciò.
- “Grazie.” - furono le parole di Piper a fine bacio, accompagnate da un sorriso immenso.
- “Che ore sono?”
- “Le 9 e qualcosa..” - fu la risposta di Alex.
- “Ho bisogno dei miei vestiti.”- disse Piper sollevandosi, ancora assonnata e avvolta solo dal lenzuolo. Ritrovando la sua camicia, notò che i bottoni non esistevano più e con uno sguardo accusatorio guardò Alex che la osservava ridendo.
- “Come posso andare in giro con questa camicia?”
- “Vieni a lezione così, ti prego.” - le rispose sorridendo maliziosamente. Aprì un cassetto e cercò una maglia che potesse andarle; glie la lanciò e la indossò. Completamente rivestite le due scesero a fare colazione. Piper finì subito e andò a prendere le sue cose al piano di sopra. Una vibrazione la fece sobbalzare. Guardò il telefono di Alex, istintivamente. 5 chiamate perse e 3 messaggi non letti. Chi diavolo era? E perché Alex non aveva risposto? Piper, in quei giorni già piena di sfiducia e sospetto, non riusciva a evitare di pensare al peggio. Quel telefono le urlava “controllami” in tutte le lingue del mondo. Continuò a fissarlo. Stanca del conflitto interiore che la stava divorando, si avvicinò al telefono, lo prese tra le mani. Nessun codice o segno di sblocco. Guardò le chiamate perse, erano tutte da un numero sconosciuto. Guardò poi i messaggi che erano sempre da un numero sconosciuto, lo stesso delle chiamate. Aprendo il primo messaggio, Piper sentì già un vuoto nello stomaco.


2.34: “Mi manchi. Torna da me.”

Poi il secondo.

2.45: “Non riesco a smettere di pensare al nostro bacio.”

Boom, come una coltellata nella schiena. Poi il terzo.

3.02: “Ti prego chiamami, ho bisogno della tua voce.”

Piper era quasi in lacrime. Anche Alex l'aveva tradita? Rimase con il cellulare in mano per qualche momento. Poi lo posò sul comodino, raccolse le sue cose e scese di sotto.

Ritornata in cucina, trovò Alex di spalle, intenta a sciacquare le loro tazze. Rimase lontana.
- “Vado.”
- “Di già?” - rispose Alex rimanendo di spalle.
- “Si.”- fu l'unica risposta di Piper. Alex allora si girò stranita, sentendo freddezza in quelle risposte. I suoi sospetti furono confermati dell'espressione rigida di Piper.
- “Ok.” - le rispose semplicemente. Pensava che, probabilmente, la giovane avesse ripensato al suo week-end e la cosa l'avesse scossa di nuovo.
- “Ciao.” - Piper andò via senza un abbraccio, senza un bacio, senza una carezza. Alex capì che non poteva essere semplicemente il pensiero del week-end ad averla resa così. Rimase a pensare, a ricollegare i punti. Tutto andava bene finché non era risalita in camera dove era rimasta per un po di tempo...sola. Salì in camera, notò che tutto era al proprio posto. Il cellulare vibrò di nuovo. Alex spalancò gli occhi. Improvvisamente, capì. Che cosa aveva letto Piper? Neanche Alex aveva ancora avuto tempo di leggere.


9.48: “Pensavo di potermi fidare almeno di te, invece non sei diversa dagli altri.” - Piper.

Sentì un nodo in gola, andò a leggere i messaggi di Julie e poi lanciò il telefono.

“Fottuta Julie.” 

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Capitolo 9
*** No ordinary love ***


Aveva passato tutta la mattina a cercare di non pensarci, a scacciare via ogni pensiero negativo. Aveva provato a pensare razionalmente. Aveva deciso che avrebbe dovuto parlarne con lei, smetterla di viaggiare con la mente e chiedere un chiarimento a lei. Non poteva credere che Alex l'avesse tradita, non riusciva a farsene una ragione. Ne avrebbe parlato con lei e nessun altro. L'avrebbe guardata negli occhi – si, quegli occhi verdi, grigi che erano diventati il suo rifugio – e le avrebbe chiesto la verità. Piper da sempre aveva la tendenza a immaginare, a tenersi tutto dentro, a non chiedere. Ma ora non ce la faceva più, voleva solo guardare Alex negli occhi e sentire la sua versione. Non voleva trarre conclusioni da sola. Avrebbe provato almeno ad ascoltarla. Non poteva semplicemente lasciarla andare sulla base di sue supposizioni. Arrivata a lezione, Alex era al suo posto, dietro la cattedra e Piper la guardò, incerta ma non arrabbiata. Alex la vide, e mille pensieri riempirono la sua mente. Non poteva lasciare che Piper credesse a quello che aveva letto. Non poteva lasciare che Piper la allontanasse sulla base di stupidi messaggi ricevuti ma non corrisposti. Entrambe, dentro loro, sapevano che dovevano solo parlarsi, ritrovarsi faccia a faccia per capirsi. A loro bastava uno sguardo, un sorriso. Alla fine della lezione, Piper aspettò Alex fuori la porta, nascosta quasi. Quando sentì la sua voce avvicinarsi – e quella voce la riconosceva bene, l'avrebbe riconosciuta anche a distanza, era ormai la sua guida nel buio – si preparò, sentì mille parole che volevano uscire ma le represse tutte. Si limitò ad aspettarla. Quando Alex fu visibile, controllato che non ci fosse nessuno alle spalle della mora, le afferrò la mano. Alex si girò e sorrise istintivamente. Anche se era tutto confuso, incerto, quel sorriso fu qualcosa di automatico, si generò da solo e anche la risposta di Piper, fu ormai una risposta automatica. Un sorriso abbozzato. Entrambe si ricomposero e Piper fece cenno ad Alex di seguirla. Andarono in un aula vuota, la stessa in cui Piper 'sfidò' Alex per la prima volta.

- “Ho bisogno di una spiegazione su quei messaggi che ho letto. So che non dovevo leggerli ma non ne me pento. Ho bisogno di una spiegazione.” - Piper sputò tutto fuori, cercò di essere controllata e calma. Il contrario di quello che era in quei momenti.
- “Piper...non significavano niente. Era Julie, una vecchia amica – occasionalmente ragazza – che ho ritrovato quando sono andata da mia madre. Le ho lasciato il numero, non avevo neanche il suo. Ha cominciato a scrivere lei. Io le ho detto che ho qualcuno..aveva detto che voleva essermi amica ma poi..”
- “E tu le baci tutte le tue 'amiche'?” - chiese Piper stizzita.
- “Se mi fai finire, magari capisci..” - rispose Alex un po' innervosita dalle supposizioni della bionda. Ci fu un attimo di silenzio.
- “Mi ha detto che voleva essere solo amica, poi mi ha baciata, ma io l'ho allontanata. Devi credermi. Non c'è niente.”
- “Alex...io ti voglio credere...ma...” - incerta, balbettante, aveva perso la compostezza.
- “Piper, devi credermi. Ci sei solo tu per me.” - disse Alex, afferrandole la mani.
- “Davvero?” - Piper chiese con un tono tra l'entusiasta e il dubbioso.
- “Davvero.” - rispose Alex guardandola negli occhi e avvicinandosi cautamente.
- “Quindi non c'è niente?”
- “Niente. Piper...”

- “La amavi?”
- “No. Ma amo te.” - glie lo disse a pochi centimetri dal suo volto, guardandola fissa negli occhi, stringendole la mani e focalizzandosi solo su di lei. La sua voce era così profonda e convincente che per un momento Piper sentì l'eco di quelle parole anche nelle sue ossa. Non c'era nient'altro. Nessun altro. Piper sorrise. Con una voce gioiosa, si rivolse ad Alex, guardandola negli occhi.
- “Mi ami?”
- “Si. Non è una cosa che dico spesso e a chiunque. Devi dirmelo anche tu.”
- “Ti amo anche io.” - Piper ubbidì, ma mai aveva eseguito un ordine con tanta spontaneità. Si scambiarono un bacio, breve ma affettuoso. Il luogo dove si trovavano non permetteva di più. Si fissarono solo.
- “Ok?” - chiese Alex.
- “Ok.” - risposte Piper.

Scongiurata la crisi Julie, Piper ormai era spesso da Alex, aveva conosciuto le sue coinquiline. Alex invece aveva preferito non conoscere Polly, non che Piper avesse insistito più di tanto. Neanche lei voleva vederla o sentirla dopo quello che aveva fatto. Alex nel frattempo, tenendo tutti all'oscuro, aveva iniziato a lavorare per Fahri. Era spesso via nei week-end, ma a volte anche nei giorni della settimana. Riusciva a destreggiarsi tra il lavoro da assistente e il lavoro da spacciatrice di droga. Giorno dopo giorno, vedendo i risultati del suo secondo lavoro, si convinceva che quella era stata la scelta giusta. Amava non doversi preoccupare del fitto, delle spese. Amava poter comprare quello che voleva, per se, per sua madre, per Piper. Nessuno l'avrebbe scoperta, a quanto pare era davvero tagliata per quell'attività. Le ultime settimane da assistente furono frenetiche, gli esami si avvicinavano e Piper era spesso impegnata a studiare. I momenti che poteva dedicare ad Alex erano sempre meno, ma anche Alex aveva i suoi impegni, amplificati dalla sua attività con Fahri. Le due però, non si allontanarono; anzi, la scarsità di momenti, notò Alex, non faceva che accrescere il bisogno di averla; il bisogno di guardarla sorridere, di ascoltarne le preoccupazioni per gli esami, di possederla. Quel pomeriggio, Piper guardò l'orologio e si rese conto che ne aveva abbastanza di quei libri. Volevo solo vederla. Abbracciarla. Attrarla a se. Amava sentire il desiderio che scorreva in Alex, che accendeva anche il suo. Erano come fiamme, si alimentavano l'una con l'altra. Alex era nell'ufficio del prof, sola, a preparare gli esami su indicazione del Prof, quando sentì bussare alla porta. Non si aspettava nessuno. Non si aspettava di certo Piper. Quando vide che era lei, un sorriso esplose sul suo volto. Quando notò Piper chiudere la porta a chiave, alle sue spalle, il sorriso gioioso diventò malizioso. Senza scambiarsi una parola, le andò incontro, prima la strinse tra le sue braccia, ne inalò la sua essenza e la baciò sulla guancia.
- “Ciao” - le sussurrò sensualmente all'orecchio, lasciandole un altro bacio. Piper lasciò andare un verso di piacere. Alex sorrise.
- “Dimmi...che stasera ceniamo insieme.” - riuscì a dire lentamente Piper, persa nelle attenzioni di Alex che la trascinò sulla sua scrivania.
- “Mmm, stasera non posso.” - non le disse altro, aveva poca voglia di parlare. Aveva voglia di fare altro. Guardò Piper, le fece capire le sue intenzioni e iniziò a spogliarla. Piper sbarrò gli occhi.
- “Tu sei pazza!” - le sussurrò la bionda.
- “Shhh.” - fu l'unica risposta di Alex che la ammutolì nel modo migliore che conosceva. Le diede un morso sul collo, poi un bacio come a scusarsi. Continuò così per qualche minuto e Piper non protestava più ma non riusciva più a trattenere i sospiri di piacere. C'era qualcosa in quei sospiri, in quelle urla represse, che non faceva che alimentare la voglia di Alex. Capì che Piper stava raggiungendo il massimo piacere quando sentì la presa della bionda stringerla sempre più a se. Mentre era con il volto immerso tra i biondi capelli e le mani impegnate nei pantaloni di Piper, si allontanò per respirare.
- “Pipes..”
- “Non ti fermare.” - le disse a mezza voce.
Non poteva, neanche volendo. Quando Piper stava per urlare, perché proprio non riusciva più a trattenersi, scaltramente si portò verso la sua bocca e la baciò, evitando l'urlo.
Era riuscita ad evitare che Piper le facesse troppe domande. Riuscì a prendere il volo per Los Angeles, dove avrebbe dovuto recuperare dei soldi per Fahri che l'avrebbe poi aspettata a Chicago. Arrivata alla prima destinazione, tutto andò liscio. Sull'aereo per Chicago, ebbe un momento di panico perché la sua valigia finì in stiva. Non avrebbe potuto tenerla sotto controllo come sempre. Quando arrivò alle seconda destinazione, la valigia sembrava persa. Il panico iniziò ad assalirla. Cercò di rimanere calma, chiese informazioni e scoprì che probabilmente, se non era sull'altro aereo in arrivo, era andata persa o rimasta all'aeroporto di Los Angeles. Iniziò a sentire brividi di freddo, nonostante fosse maggio. Quando Fahri la chiamò, non gli disse subito della valigia persa ma gli spiegò che l'aereo aveva subito un ritardo ma sarebbe arrivata lì tra un'ora. Quando capì che avrebbe incontrato il boss, Kubra, quel giorno, l'ansia ebbe un picco. Non era possibile, l'unica volta che qualcosa andava storto, avrebbe incontrato Kubra. Cazzo. Dopo qualche minuto d'ansia, si accorse che l'aereo era arrivato ed era il momento di controllare se era arrivata anche la sua preziosissima valigia. La scorse tra altre dieci valigie e sollevò le braccia, guardando in alto come per ringraziare qualcuno. Chiamò Fahri e lo raggiunse dove egli gli indicò.

Si ritrovò in un locale cupo, con delle luci soffuse. Fahri era lì ad aspettarla con altra gente. Altri uomini, tutti molto divertiti dal contesto. Alex si avvicinò e porse la valigia a Fahri che sorridendole la fece accomodare al tavolo.
- “Kubra, questa è Alex. Il nostro prodigio.” - la indicò girandosi verso uno degli uomini.
- “E' un piacere conoscerti, finalmente. Stai facendo grandi cose per noi. Grazie.” - furono le parole dell'uomo di fronte a lei, calvo, dalla carnagione mulatta e dai lineamenti orientali, che poi le offrì un bicchiere nel quale le versò champagne. Alex sorseggiò, a suo agio.
- “Il piacere è mio.” - furono le sue uniche parole, pieni di sicurezza.
La serata trascorse piacevolmente e Alex capì subito di essere finita in uno strip club. La cosa le faceva relativamente piacere. Quando un'avvenente ragazza le si avvicinò, lei le disse qualcosa all'orecchio e questa le sorrise, spostando le sue attenzioni verso gli altri ospiti di quel tavolo.
- “Che le hai detto?” - chiese curioso Kubra.
- “Le ho chiesto se gentilmente poteva evitare di sedurmi perché voglio rimanere fedele. E' una cosa nuova che sto provando.” - concluse Alex sorridendo, ma con fare serio. L'uomo di fronte a lei, rispose con un sorriso.
- “C'è davvero un fortunato?”
- “Una fortunata.”
- “Ah, giusto! A quanto pare ci piacciono proprio le stesse cose!” - disse ridendo l'uomo dai tratti orientali.
- “A quanto pare si!” - rispose Alex. Osservato l'orologio, si rese conto che era tardi ma non sapeva se sarebbe stato opportuno lasciare il boss e quel tavolo. Fahri era andato a chiedere dell'altro champagne e Kubra d'improvviso era diventato loquace. Cosa che non infastidiva Alex, anzi. Quando tutti furono abbastanza provati dalla serata, si alzarono per andare via. All'uscita, Alex stava per chiamare un taxi quando Kubra la chiamò in disparte. Le diede una busta e le sorrise.
- “Un extra per il piccolo intoppo che hai avuto all'aeroporto.” - Alex sbarrò gli occhi. Sperava non si sapesse di quei momenti di panico. Come poteva saperlo Kubra? Lei non l'aveva detto a nessuno.
- “Grazie. Ma come fai a saperlo?” - chiese Alex.
- “Ho i miei contatti. In ogni aeroporto. A presto Alex.” - si scambiarono una stretta di mano e ognuno andò per la sua strada. Quando fu nel suo albergo, fu sorpresa dal notare la tranquillità che aveva in se. Come se tutta quella situazione fosse normale, legale, assolutamente non preoccupante. Chiamò Piper che subito rispose.

- “Alex?”
- “Si?”
- “Dove sei?”
- “In giro. Perché?”
- “Sono andata a casa tua. Nicky mi hai detto che sei partita. Dove sei andata?”
- “Sono a Chicago ma torno domani. Perché sei andata a casa mia?”
- “Perché mi mancavi? Anzi mi manchi? Ultimamente ci vediamo poco, sparisci per giorni. Devo preoccuparmi?”
- “No. Sto solo avendo un periodo impegnativo, pianificando cose qua e la. E mi manchi anche tu. Ma ti giuro che dopo questo piccolo viaggio, avremo un po' di relax.”
- “Davvero?”
- “Davvero.”
- “Cosa intendi per relax?”
- “Dimmi il nome di una località in cui vorresti essere.”
- “Tahiti!”
- “Andiamo a Tahiti!”
- “Cosa?”
- “Prepara una valigia con quanto necessario, quando torno andiamo a Tahiti.”
- “Eh? Scherzi? Io ho gli esami tra tre settimane!”
- “Avrai il tempo per studiare, piccola genia.”
- “Sei seria?”
- “Mai stata più seria.”
- “Quindi Tahiti sta accadendo? Ti rendi conto che non è una cosa ordinaria?”
- “Nulla tra noi è ordinario, ragazzina. Prepara il tuo miglior bikini, Tahiti ci aspetta già!”

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Capitolo 10
*** Alone together ***


Mentre scrivevo questo ultimo capitolo, stavo ascoltando "Alone Together" di Daley ft. Marsha Ambrosius. 
Ringrazio chi ha seguito questa storia e mi scuso se vi ho fatto aspettare così tanto per quest'ultimo capitolo. Ho deciso di finirla così, dopo tanto tempo a rifletterci. 
Sento di non averla sviluppata esattamente come volevo, forse perché è la prima volta che scrivo una storia, forse perché scrivere non è il mio forte! Comunque, ho già qualche altre idea per la testa, magari qualche one-shot. ♥ 

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Mancavano poche e ore e sarebbero arrivate a Tahiti, come promesso. La guardava dormire, con la testa appoggiata al finestrino e la mano stretta nella sua. La guardava e pensava, le sfiorava il dorso della mano con il pollice e s'interrogava. Come avrebbe reagito se le avesse confessato cos'era che la teneva spesso lontana da lei? Piper era tendenzialmente avvezza ad ogni tipo di pericolo, ad ogni tipo di comportamento illegale. Aveva persino paura di parcheggiare in divieto di sosta. Cosa avrebbe pensato di Alex se questa le avesse confessato di essere implicata in un cartello internazionale di droga? La voce del pilota che annunciava l'arrivo a destinazione la distolse dai suoi pensieri e la soffice voce di Piper le fece alzare gli occhi verso di lei. Le si avvicinò, con il suo mega sorriso assonnato, le diede un tenero bacio sulla guancia, al quale Alex rispose con un sorriso e un bacio sulla mano che aveva nella sua.
- “Buongiorno?”
- “Sono le 4 di pomeriggio..”
- “Buona sera, allora?”
- “Un po' presto per la sera?”
- “Ciao?”
- “Ciao.” - la guardò sorridendo, e in quel momento capì che probabilmente non sarebbe mai stata in grado di confessarle il suo segreto; perdere quel sorriso, quel modo in cui la guardava e teneramente la stringeva a se, non poteva permetterselo.  Scesero dall'aereo, mano nella mano, recuperarono le loro valigie e presero un taxi. Arrivate in albergo Alex accese il suo cellulare dove trovò due chiamate perse da parte di Fahri. Fece segno a Piper che andava a chiedere qualcosa alla reception e uscì. Piper, entusiasta, non fece molto caso al cambiamento d'espressione di Alex e cominciò a sistemare le sue cose. Era tutto così perfetto, Alex era così perfetta. Non c'era niente fuori posto. Era tutto ciò che una persona potesse sognare.

Fahri voleva proporle un lavoro. Sarebbe dovuta andare a Londra per qualche giorno. Era qualcosa di importante. Quando Alex gli disse che non era a New York, senza precisargli dove, e che quindi non poteva accettare, sentì un po' di delusione nella voce dell'uomo. Si sentì come se avesse tradito la sua fiducia, come se avesse perso parte della sua stima. Ma capì anche che quella vita, quel 'lavoro' sarebbe stato un continuo spostarsi, abbandonare tutto e tutti senza poter spiegare. Iniziava a vederne i lati negativi. La riflessione ricominciò, ma fu di nuovo interrotta, sta volta da un caldo abbraccio alle sue spalle e dal calore del respiro di Piper sul suo collo. Unì le sue mani a quelle della bionda, girò il volto verso di lei e le sorrise.
- “Andiamo in spiaggia? E' una giornata meravigliosa!” - Piper era entusiasta, felice, al settimo cielo.
- “Ma certo. Sei già pronta?” - le chiese Alex, che fu coinvolta in quell'entusiasmo, scordandosi completamente di ciò che la stava turbando.
- “Io si! Tu, sbrigati o ti lascio qui!” - Alex sorrise di nuovo, stretta nell'abbraccio di quella ragazza così gioiosa e affettuosa. Si andò a preparare e dopo qualche minuto raggiunse Piper in spiaggia. Era davvero una giornata perfetta, era piena di amanti, amici, bambini. Era come vivere in un mondo a parte, dove nessuna preoccupazione esisteva, dove nessuna sveglia suonava, dove il mondo reale non ti buttava giù giorno dopo giorno. Era come rinascere. Quell'isola, quel sole, e quella ragazza che l'aspettava...erano un paradiso terrestre. Stese il suo telo da mare al fianco di Piper, che alzò la testa e la scrutò con un accenno di sorriso.
- “Cosa?” - le chiese Alex.
- “Sei...bellissima.” - le disse Piper. Alex si sdraiò al suo fianco, si avvicinò al suo orecchio e le rispose.
- “Anche tu.” - sorrise anche lei, le diede un bacio casto sulla guancia. Ma a Piper non bastava e la baciò sulle labbra, con iniziale timidezza e poi con passione. Chiamare paradiso quel momento era poco. Il sole sulla pelle, la leggera brezza tra i capelli, il sapore di Piper sulla sua bocca. Nient'altro contava, nient'altro l'avrebbe distratta. Quando il bacio venne interrotto da Piper, sembrò come svegliarsi. Il paradiso però era ancora lì, in quegli occhi blu che la guardavano con amore, in quelle mani che le sfioravano il viso.
- “Mi ami?” - chiese all'improvviso Alex.
- “Più di ogni altra cosa.” - fu la risposta di Piper.
- “Riusciresti ad amarmi qualsiasi cosa succeda?” - Alex chiese seriamente.
- “Non riuscirei ad immaginare di non amarti.” - rispose ancora più sicura Piper. Si avvicinò di nuovo per baciarla, questa volta senza timidezza.
- “Mi ameresti anche se stessi facendo qualcosa di sbagliato?” - a questo quesito, Piper guardò Alex con una luce diversa, chiedendosi cosa stesse intendendo.
- “Che hai fatto?” - questa volta, la risposta di Piper fu diversa. A quel punto Alex notò il cambio di espressione della ragazza e si sentì gelare il sangue, nonostante fossero sotto il sole bollente di Tahiti.
- “Ho prenotato solo per una settimana, mi ami comunque?” - cercò di sviare tutto, non era pronta a confessare. Forse non lo sarebbe mai stata. Forse doveva solo mollare tutto e vivere semplicemente con Piper. Forse doveva mollare Piper? No, non riusciva ad immaginarsi senza di lei.
- “Un po' di meno!” - fu la risposta di Piper che con un finto broncio sorrise, e ritornò tranquilla anche se, dentro sé sentiva che Alex intendeva altro. Ma non voleva rovinare quel momento. Alex si avvicinò di nuovo alla sua bocca e sorridendo incominciò a baciarla di nuovo.

Dopo un'intera giornata l'una nelle braccia dell'altra, ad amarsi e a volersi più che mai, le due erano stanche e dormire fu la cosa più naturale del mondo. Caddero in un sonno profondo abbracciate e Piper si svegliò esattamente come si era addormentata, con la faccia immersa nel collo di Alex e nel suo caldo abbraccio. Guardò l'ora ed erano le 11 di mattina. Si girò ad osservare la mora al suo fianco, che si era svegliata e la guardava pensierosa.
- “Dillo.”
- “Cosa?”
- “Lo so che vuoi dirmi qualcosa..”
- “Chiederti qualcosa..”

- “Vai, ora o mai più..” - le disse Alex sorridendo e recuperando i suoi occhiali sul comodino al suo lato. La strinse di più a se, la baciò sulla guancia e rimase in attesa di quelle parole che sapeva, avrebbero cambiato tutto perché non avrebbe potuto mentirle. O ci avrebbe potuto provare ma sarebbe stato impossibile mentirle con gli occhi, Piper l'avrebbe capito.
- “Dimmi cos'è quella cosa sbagliata che stai facendo.” - fu seria, quelle parole furono come una freccia che squarcia perfettamente l'obiettivo. La guardò negli occhi, non sorrise più. Piper era in attesa e aveva come la sensazione che questa volta non poteva mentirle.
- “Potrei essere immischiata in qualcosa di illegale.”
- “Potresti? Come fai a non saperlo? E quanto illegale?” - Piper la interrogò. Alex sospirò, non riusciva più a guardarla negli occhi.
- “Qualche mese fa ho conosciuto una persona che mi ha offerto un lavoro, un lavoro non esattamente legale.”
- “E..?”
- “E l'ho accettato dopo un periodo di incertezza.”
- “Quindi tutti questi viaggi, queste assenze..sono dovute a questo lavoro?”
- “Si.” - Alex finalmente si girò per guardare la ragazza al suo fianco. La sua voce non era dura, non era neanche dolce come al solito. Piper voleva solo capire.
- “Cos'è?” - Piper ruppe quel breve silenzio, catturando gli occhi di Alex nei suoi.
- “Droga.” - fu l'unica cosa che Alex riuscì a dire, con quegli occhi puntati addosso, la cui reazione la spaventava più di quanto una pistola puntata in quel modo l'avrebbe spaventata. Piper rimase spiazzata, pensierosa, si vedeva che non sapeva più cosa dire.
- “Dì qualcosa, ti prego.” - Alex la implorò, portando una mano sulla guancia della bionda a pochi centimetri da lei.
- “Alex...che devo dire?” - la faccia di Piper era dubbiosa, combattuta, non sapeva davvero che dire. Ad un certo punto, ritrovò le parole ed esplose.
- “Sei in pericolo? Potrei essere in pericolo? Hai intenzione di continuare? Io non so...non so se potrei sopportare l'ansia di saperti in pericolo.”
- “Non credo, non lo so. La mia unica paura è quella di perderti, del resto non m'importa.”
- “E allora perché ti sei messa in questa posizione? Lo sai che nulla di buono può venir fuori da questa cosa!” - Piper si alzò e si mise seduta sul letto, guardando Alex che la seguì nei movimenti.
- “Non lo so. Non l'ho vista come un problema, come qualcosa di brutto...finché non ho pensato a te. E chiaramente avevo ragione. La cosa non ti piace.”
- “Per niente! La cosa mi spaventa.”
- “Pipes...”
- “Cosa?”
- “Non devi aver paura...non farei mai niente per metterti in pericolo.”
- “Tu no, ma che succede se ti sfugge tutto di mano? Non dipende da te, Al!” - Alex fu spiazzata da quelle parole, davvero. Fino a quel momento aveva ignorato tutto, tutti i pericoli. Tutte le negatività. Piper notò quell'indecisione, quel cambio di espressione.
- “Non dirmi che non ci avevi pensato. Che hai in testa?”
- “Non lo so...sembra tutto perfetto, facile. Lo è infatti.”
- “Perfetto?”
- “Si.” - le due rimasero in silenzio, a scrutarsi attentamente.
- “Io non so se posso...”
- “Se puoi cosa, Pipes?” - Alex in quel momento ebbe paura. Più paura di quando la valigia non arrivava e tutto sembrava incasinato.
- “Saperti in pericolo! Potrebbero arrestarti, o peggio...non so se posso sopportare una vita così, sempre con l'ansia di non rivederti e di vederti andare via per sempre.” - Alex fu mossa da quelle parole. Pensava che Piper si sarebbe fatta più problemi per l'illegalità della cosa e non per la sua pericolosità. La cosa la ferì ancora di più. Solo in quel momento capì quanto aveva sbagliato. Quanto quella strada dall'apparenza scorrevole e perfetta fosse invece ingannevole e sbagliata. Fu come svegliarsi all'improvviso, come veder sparire all'improvviso un'oasi nel deserto. Ritrovarsi nella realtà.
- “Che faccio ora?” - Alex era persa. Era come vedere il suo castello di carte disfarsi, come vedere crollare un palazzo di fronte ai suoi occhi. Piper la strinse a se, Alex la strinse più forte, come ad aggrapparsi ad un'ancora per evitare di sprofondare in quell'abisso di incertezze che in pochi minuti era diventata la sua vita.
- “Risolveremo tutto, insieme.” -  Le sussurrò Piper all'orecchio, guardandola negli occhi e sorridendole. Lì, in quel paradiso terrestre, le due si preparano ad affrontare l'inferno da sole ma insieme, senza dirselo. Non sapevano esattamente come si davano le dimissioni da un cartello internazionale di droga. Ma loro due c'avrebbero provato, sicure di avere almeno una spalla su cui appoggiarsi nelle difficoltà. Se le cose si fossero messe male, sarebbero sparite insieme. Avrebbero ricostruito il loro paradiso ovunque; bastava essere l'una nelle braccia dell'altra, legate nel profondo, unite da uno sguardo che ormai le incatenava dolcemente. Nulla era impossibile finché l'una era al fianco dell'altra, insieme

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