Solar; figlia del Sole

di Cladzky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'arrivo ***
Capitolo 2: *** Una complicata società ***
Capitolo 3: *** Un lavoro semplice ***
Capitolo 4: *** Badare a dei bambini ***
Capitolo 5: *** Una rissa in un vicolo ***



Capitolo 1
*** L'arrivo ***


4500 milioni di anni fa' nasco io, il Sole. Vi ho osservati per millenni voi umani e non vi capisco. Stavate felici, come ominidi a dondolarvi fra i rami degli alberi d'Africa e poi con l'evoluzione avete cominciato a edificare, distruggere, inventare... E tutto questo al prezzo di milioni di vite. Ci sono stati momenti in cui io e i miei figli vi guardavamo e ridevamo di voi che tanto faticavate a passare un pezzo di carta che chiamavate "modulo". Altri momenti, invece ci rattristavamo delle vostre inutili guerre, in cui morivano invano tante persone per un nonnulla. Diverse volte ho mandato i miei figli sulla Terra per placarvi. Era l'anno 2015 o come lo chiamate voi e mi resi conto che oltre alle già tante guerre che inasprivano un terzo del mondo, la restante parte, invece di porvi rimedio incitava anzi a lottare. Per giunta inquinavate l'ambiente e abbattevate intere foreste. Era giunto il momento di aiutarvi e mandare un altro mio figlio, come vostra guida. Stavolta toccava a Solar, non certo la più matura, ma contavo che migliorasse col tempo.

A Tokyo era una giornata qualunque, come tutte le altre. Il sole splendeva nella volta celeste mentre piccole nuvole erano disseminate in quella grande prateria azzurra. Un sottile strato di smog velava la città appena percettibile, ma abbastanza fastidioso. Gli abitanti ci erano abituati dopo tanti anni, ma speravano che prima o poi qualcuno facesse qualcosa. In fondo ci sono sempre gli altri a fare tutto no?
La spiaggia era deserta, il mare calmo, nessuna barca in vista. Il luogo migliore dove apparire. Una palla di luce apparve a 2 metri da terra, dal colore giallo chiaro, quasi bianco. La pallina da piccola sfera si tramutò velocemente, con un grosso bagliore, in un cilindro di dimensioni umane. A poco a poco il cilindro scomparve rivelando un corpo umano a braccia tese, senza però perdere la luminosità. Lentamente  si dissolse anche lo strato luminoso,  e il corpo si colorò di vivaci colori. L'essere era una ragazza di circa 18 anni, graziosa d'aspetto. Naso all'insù, occhi grandi con iride verde. I capelli rossi lucenti, come fossero metallici, erano di media lunghezza con un piccolo ciuffetto sulla nuca. Era vestita con una maglietta rosso rame a maniche corte, le quali terminavano con due strisce di vestito, che penzolavano dalla spalla. Sul ventre la maglietta si apriva con una parabola sul ventre che partiva dai fianchi e finiva appena sotto il seno, mostrando l'ombelico. Seguiva una cintura di pelle marrone e una gonna di colore nero. Calzava due stivali azzurri, che invece di coprire tutta la gamba erano una specie di  gambali greci, e intorno alle caviglie vi erano dei cerchi attaccati con una perlina bianca. Le mani mostravano dei guanti di pelle liscia color marrone chiaro con gli stessi cerchi delle caviglie.
La figura non rimase a lungo sospesa nel vuoto e cadde sulla sabbia di sedere.
-Ehi!- Esclamò la ragazza rialzandosi, volgendosi verso il sole. Lo guardò come se guardasse una persona, con sguardo arrabbiato.
-Sono tua figlia! Esigo un po' di rispetto!- detto questo si girò e si incamminò verso la città.
-Guarda un po' se mi deve trattare così!- disse lamentandosi fra sè e sè.
Solo allora si accorse di un grosso muro grigio che separava in basso la spiaggia e sopra Tokyo essendo sopraelevata al livello del mare. Prima la ragazza guardò perplessa la costruzione, poi si chiese -E questo cos è? 
Guardandosi attorno vide una scalinata. Non aveva mai visitato la Terra e ancora non sapeva un granché di tutto questo.
-Penso lo si usi per salire- disse pensierosa dirigendosi esitante verso le scale. Salì barcollante i gradini, o almeno i primi dieci, Infatti ci prese la mano e cominciò a salire sempre più velocemente. Era curiosa di vedere questi umani nel dettaglio. Dopo una corsa che le sembrò infinita raggiunse la fine della scalinata. La meraviglia fu' enorme. 
Per la prima volta vedeva i grattacieli, le persone, i lampioni, i cartelli, tutto!

La sua missione ebbe inizio.

 

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Capitolo 2
*** Una complicata società ***


Solar si guardò attorno. Immense strutture di vetro e metallo si alzavano davanti a lei. Pali di ferro si elevavano a 5 metri di altezza.
migliaia di persone camminavano in strada indaffarate nelle loro faccende di tutti i giorni. C'era chi teneva in mano uno strano oggetto nero o bianco, porgendoselo all'orecchio, parlando da solo; chi invece teneva per mano un suo simile più basso di statura. Strane macchine sfrecciavano su un terreno al centro della via su un selciato nero, ornato di strisce bianche. Solar era meravigliata da tutto ciò, quasi spaventata. In mezzo a tutto questo però si chiedeva dov'erano gli alberi e l'erba o della semplice terra che sembrava essere sostituita da pietra lavorata.
Suo padre gli aveva spiegato che il mondo stava venendo lentamente distrutto dagli uomini e che la sua missione era inserirsi nella società, capire come funziona e dirigere la razza umana verso una vita migliore, destandola dal sonno della ragione.
Arrivò ai piedi di una piccola costruzione, con spazi che invece di essere riempiti con le pareti erano incastonati grandi vetrate che permettevano di ammirare strani abiti. La ragazza sbirciò dentro e vide due umani che parlavano.
Uno era dietro una bassa costruzione di legno, l'altro davanti ad essa con in una mano uno degli abiti, di cui la costruzione era piena all'interno, e nell'altra degli strani foglietti grigi. Il primo prese i foglietti che l'altro gli porgeva e lo congedò con parole che non potevano essere sentite dalla ragazza,  in quanto le pareti dell'edificio impedivano la propagazione del suono all'esterno.
 Solar, da quanto aveva avuto modo di capire, intuì che la società umana si basava su quella carta, in quanto lei, suo padre e i suoi fratelli, avevano visto cose del genere mentre osservavano gli umani. La società umana era più complicata di quel che credeva.
Senza perdersi d'animo decise di chiedere informazioni. Lei e i suoi familiari sapevano ogni lingua terrestre ed non aveva preoccupazioni sul farsi capire.
La prima persona che gli capitò era una signora che teneva per mano un bambino. Era vestita con un lungo cappotto nero e aveva capelli neri lisci e occhi a mandorla, più o meno come tutti in quella città.
Solar gli toccò leggermente la spalla per attirare la sua attenzione e questa si voltò.
-Mi scusi- chiese -sa come si ottiene quella carta per gli scambi?
La signora prima la guardò perplessa, inarcando un sopracciglio, poi gli rispose seccata.
-Si lavora signorina e ora si allontani!
Detto questo la donna proseguì per la sua strada, ma con passo affrettato. Solar prima rimase immobile stupefatta, dopo si voltò e sbuffò.
-Certo che gli umani non sono un granché ospitali- Si disse fra sé e sé.
Si mise poi a pensare a ciò che la donna gli aveva detto. "Lavorare".
Si diresse allora con passo veloce verso un'altra persona, un uomo alto con cappello e giacca gialla.
-Mi scusi- disse -sapete dove posso trovare lavoro?

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Capitolo 3
*** Un lavoro semplice ***


Solar era seduta su quella poltroncina da almeno mezz'ora ormai. Il signore le aveva detto che in quella struttura che lui chiamava "ufficio di collocamento", avrebbe trovato lavoro, quello che le serviva per ottenere ciò che gli umani chiamano soldi.
L'ufficio era in cima ad una gigantesca struttura simile a tutte le altre che lo affiancavano, che da quanto ha capito si chiamavano, strutture simili, grattacieli.
Aspettava nella "sala d'attesa" su una poltroncina blu, in finta pelle, con altre uguali disseminate ai lati della stanza.. Ai lati della porta che conduceva all'ufficio c'erano due vasi con all'interno due piante dalle lunghe foglie, che toccavano terra. Solar se ne rallegrò, in quanto per tutta la sua camminata per le vie di Tokyo non ne aveva incontrato un solo filo d'erba.
Prima di lei era entrato un giovane sulla ventina, che ora discuteva con la consulente del piccolo ufficio.
Solar era impaziente di entrare, per ottenere quel "lavoro".
Mentre aspettava girava i pollici per contenere l'eccitazione.
Finalmente la porta si aprì e il ragazzo prima di lei uscì. Poteva finalmente entrare.
Aprì lentamente la porta per sbirciare dentro.
-Avanti.- Fece una voce femminile dal tono gentile -Entri pure.
-Ehm.. salve!- Salutò imbarazzata Solar.
La ragazza entrò nell'ufficio. Le tre pareti verso l'interno erano di un colore giallo canarino, mentre la parete verso l'esterno semplicemente non c'era sostituita da una vetrata, che illuminava la stanza
al centro della quale vi era una scrivania in ebano, con sopra un sacco di fogli e un portapenne. sul lato sinistro del mobile invece era appoggiata una fotografia di una famiglia felice. Dietro la scrivania, seduta su una sedia girevole, c'era la proprietaria dell'ufficio di collocamento. Era una signora di circa trent'anni, bionda, coi capelli ricci, vestita con una giacchetta blu, che lasciava intravedere sotto il collo una maglietta rosa. Aveva degli orecchini argentati, con incastonati una pietra rossa. Le labbra apparivano rosso ciliegia e gli occhi a mandorla erano colorati di un'iride marrone.
-Si sieda pure- Le disse la signora indicando con la mano delle sedie davanti alla scrivania.
Solar si sedette ansiosa e le due cominciarono il colloquio.
-Allora- cominciò la donna -Qual è il suo nome, il suo cognome?
La domanda lasciò Solar spiazzata. Suo padre gli aveva detto che non doveva rivelare la sua identità se non in caso di bisogno. Ma lei come al solito non pensava alle eventualità e non si era mai preparata nel caso gli avessero chiesto il nome.
-Sal Hira- Disse d'istinto Solar, quasi gridando. 
- Dunque- riprese la signora - Ha già delle esperienze lavorative?
Solar rimase un attimo pensosa meditando al significato di quella domanda.
-No- Rispose imbarazzata la ragazza, guardando con i suoi occhi verdi altrove.
-D'accordo e... lei ha qualche capacità particolare?
-Be'... Sono un'ottima poliglotta e convivo bene con tutti.
-Bene, E la sua età?
-4,5 miliardi.
La risposta di Solar impressionò la donna. La ragazza però non ne capiva il motivo. Insomma, cosa c'era di strano se aveva 4500 milioni di anni?
-Ok- disse la signora, con un'espressione che si sforzava di dimostrarsi normale, ma che dava l'impressione di una che stesse parlando con una pazza -Ho un lavoro che fa' per lei.

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Capitolo 4
*** Badare a dei bambini ***


Solar camminava pensosa per le vie di Tokyo. La signora all'ufficio le aveva spiegato il sistema monetario e l'orario.
-Certo che quella signora è stata davvero gentile! - Si disse la ragazza, portandosi una mano guantata alla nuca, sorridente -Anche se dopo avermi spiegato tutto sembrava molto stanca. Chissà perché?
Solar guardò ancora il foglietto con l'indirizzo che la donna le aveva dato prima di congedarsi. Sebbene conoscesse ogni lingua terrestre non sapeva cosa significasse. Ma a questo c'era rimedio, bastava chiedere in giro, come aveva già fatto e che finora si erano dimostrati utili i consigli delle persone a cui aveva posto le proprie domande.
-Mi scusi- Disse rivolgendosi ad un uomo, che leggeva un libro su una panchina -Sa' dov'è la scuola materna Inikino?
-Certamente- rispose l'uomo -Si trova nell'undicesimo quartiere di Tokyo.
Solar non capì e chiese ancora -E dove si trova l'undicesimo quartiere?
 
La ragazza, grazie alle indicazioni del signore, aveva trovato la scuola materna Iniko. Da quanto aveva potuto apprendere dalle spiegazioni sull'orario, Solar avrebbe dovuto iniziare il suo lavoro alle 13.30 e finire alle 14.30.
Le materne erano una costruzione di cemento bianco, che saliva per due piani, senza un tetto spiovente, ma un piatto soffitto, che si poteva raggiungere attraverso delle scale. L'edificio era più o meno un grosso parallelepipedo, e ne sarebbe stato uno perfetto se non ci fosse un grosso orologio sulla sommità che obbligava la costruzione a salire di un altro metro, ma solo nel punto centrale, dove era posto.
Delle larghe finestre erano fissate al muro frontale e posteriore e permettevano una vista sull'ampio giardino, circondato da un basso muretto.
Solar, sinceramente, non gli parve che gli fosse stato spiegato il suo compito e ci pensò solo allora.
Non si accorse che ormai erano le 13.30.
Una campanella suonò e una folla di bambini uscì dalle porte spalancate delle materne. Tutti urlavano e correvano festosi e Solar si dovette spostare prontamente per non essere investita dalla carica.
Gli ultimi ad uscire furono tre bambini ed un'adulto.
L'uomo si diresse verso la ragazza, lasciando i bambini alle porte seduti sul pianerottolo.
-Lei deve essere Sal Hira, giusto?- Chiese l'uomo con un sorriso .
Era vestito con una giacchetta grigia, cravatta viola a strisce e pantaloni anch'essi grigi.
-Sì- Disse Solar nascondendo un certo imbarazzo, in quanto non ancora abituata a quel nome.
-Bene. Vede quei ragazzi devono restare qui un'altra ora, perché i loro genitori, non possono venirli a prendere adesso.
-Capisco.
-Vede, lei deve badare ai bambini fini al loro arrivo, che è fra un ora.
-Va bene- disse la ragazza senza sapere cosa dire ancora.
 
Non accadde niente di abbastanza importante durante l'ora. i bambini giocavano nel prato a giochi che Solar non conosceva. Accadde però un fatto degno di essere riportato.
Mentre due dei bambini, due femmine, giocavano sull'altalena, l'altro rimaneva seduto appoggiato ad un albero del prato.Solar gli si avvicinò curiosa.
-Ehi- disse toccandogli la spalla con l'indice, piegando le ginocchia per raggiungere la sua altezza -Perché non giochi con quei due?
Il ragazzo aveva i capelli biondi sparati, occhi azzurri e vestito con maglietta bianca e pantaloncini rossi.
-Perché non mi va'
-Come mai?
-Non gioco con le femmine. E poi è preferisco rimanere qui a immaginare.
Solar non rispose. Era troppo perplessa per ribadire.

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Capitolo 5
*** Una rissa in un vicolo ***


La giornata trascorse lentamente. Solar, dopo il suo turno di lavoro, aveva visitato il resto della città. Non aveva però pensato a trovare un posto per la notte e di conseguenza si ritrovò a vagare per le vie di Tokyo alla ricerca di qualche posto dove coricarsi.
Quando era con suo padre non aveva mai visto l'oscurità e sinceramente non ci teneva a conoscerla.
Le strade, prima affollate e vive, avevano ora un' aspetto tetro e depresso. I palazzi che durante il giorno riflettevano la luce del Sole, ora erano illuminati di luce propria dall'interno.
Solar non sapeva dove dormire e passare la notte. Dormire per strada era fuori discussione e sinceramente fino ad allora non aveva mai avuto bisogno di dormire. Infatti prima di scendere sulla Terra era una specie di divinità, ora laggiù conservava sì, diversi poteri, ma aveva anche bisogno di alimentarsi e riposare.
Mentre i suoi dubbi la assalivano, fu' attirata da delle voci. Prima confuse, poi man mano che si avvicinava, sempre più chiare e forti. Gli parve di aver udito parole come "fermo" e "male", ma il resto delle frasi gli sfuggiva.
Si avvicinava sempre di più alla causa dei suoni, perché ora poteva comprendere frasi di senso compiuto.
-Vuoi andare dalla mamma?- diceva una voce con sprezzante ironia. Poi un rumore di un oggetto di metallo sbattuto sul cemento.
-Mi sa che casa ci arriverai con un leggero ritardo- Stavolta la voce era un'altra, più gracchiante e fastidiosa di quella di prima.
Solar ormai era a pochi passi da coloro che parlavano. Erano tutti maschi e circa tre o quattro di numero. Le voci provenivano da un vicolo, che si insinuava fra due sporche costruzioni. La ragazza presa dalla curiosità e anche da un certo timore, sbirciò da dietro il muro.
C'erano quattro ragazzi, tre davanti ad uno messo con le spalle ad una rete metallica, e da quanto sembrava i tre non erano certo delle brave persone. Quello al centro del trio era un ragazzo dai 18 o poco più, vestito con una maglia nera rappresentante un teschio, leggins strappati alle ginocchia ed una bandana rossa in fronte, che avvolgeva dei capelli marroni. Quello a destra era un ragazzo della stessa età di grossa corporatura, pantaloncini blu scuri e maglietta arancione, con capelli neri leggermente lunghi e spettinati.
Il terzo a sinistra di un'età forse superiore agli altri due, ma non lo si intuiva poiché era molto basso rispetto agli altri due, circa 1,50 cm. di altezza, piccoli baffetti, e capelli biondi rasati quasi a zero. Era vestito con una giacchetta di pelle nera e pantaloni felpati, anch'essi neri. Sebbene quello più ridicolo aveva comunque un'aria minacciosa e per di più era armato di spranga.
Il ragazzo minacciato era un 16enne, capelli verdi, evidentemente tinti, felpa grigia con la bandiera del Giappone stampata sopra, pantaloni pesanti blu scuri e scarpe da ginnastica.
-Sentite- Parlò sudando il ragazzo -non ciò voglia di giocare, okay?- Avrebbe voluto sembrare naturale, ma il timore glielo si leggeva in  faccia.
Solar non sapeva se quella la si poteva definire un'azione illegale o completamente normale nel mondo degli umani. In fondo era giunta sulla Terra quella mattina. Sentiva però che non era giusto ciò che facevano quei tre. Decise di agire.
Un lampo bianco attraversò l'aria, sfiorando i capelli marroni del ragazzo al centro, sollevando una gran polvere di ciuffetti. Il ragazzo si voltò di scatto, in direzione di Solar.
Quello era uno dei sopracitati poteri della ragazza. Era in grado di lanciare piccoli raggi di calore, non certo all'altezza della potenza di suo padre, ma sicuramente sufficienti a farsi rispettare.
-Che diavolo?!- Era la prima cosa che venne in mente al ragazzo con la bandana. Tutti e tre ora erano voltati verso di lei. Avevano espressioni di meraviglia e collera.
-Tu chi cavolo sei?- Esclamò il ragazzo sovrappeso. In realtà non disse esattamente "cavolo" ma preferisco non inserire parole volgari.
-Il mio nome non vi riguarda, voglio solo che lasciate in pace quel tizio- Solar aveva una posa da supereroina on le mani sui fianchi.
-Togliti dai piedi stupida!- Ringhia il l'uomo con la spranga.
La ragazza si avvicinò al ragazzo con la bandana, con sguardo provocatorio.
-Meglio che ve ne andate a casa tutti e tre- Non c'è bisogno di spiegare chi parlò.
-La bambina vuole giocare...- disse il ragazzo con i leggins, con un sorriso maligno -E allora giochiamo!
Il ragazzo con la maglietta arancione prese Solar alle spalle tenendola per le braccia. La ragazza non ebbe il tempo di rendersi conto di ciò che succedeva, che il ragazzo con la bandana la colpì violentemente allo stomaco con un pugno. Solar gemette sputando un piccolo flotto di sangue.
Socchiuse gli occhi per il dolore, e dopo qualche secondo cercò di divincolarsi dalla presa, ma il tizio sovrappeso era troppo forte.
-Hai fatto male i tuoi conti idiota!- Sbraitò all'improvviso la ragazza, rivolta al ragazzo con la bandana -Non si tratta così una figlia del sole!
Il ragazzo con la bandana inarcò un sopracciglio, ma non ebbe il tempo di fiatare che Solar alzò di scatto le gambe, colpendolo in pieno petto. Lui si tirò immediatamente indietro dolorante piegandosi, con le mani al torace.
Per liberarsi invece del ragazzo che la tratteneva saltò in avanti piegandosi, con il ragazzo, rimasto sorpreso, sulla schiena. Fece poi un salto mortale all'indietro, sempre col tizio aggrappato. Questa era un'altro potere di Solar, una grande agilità. Atterrando elegantemente in piedi, il ragazzo cedette cadendo pesantemente a terra. 
Il nano che aveva osservato con occhi stupefatti la scena, alzò prontamente la spranga per colpirla, ma il tutto si era svolto così velocemente che restava con l'arma alzata esitante. Solar volgendosi verso di lui gli puntò l'indice contro da cui partì un fulmine bianco che velocissimo colpì l'oggetto ferroso, togliendolo dalle mani del nano.
Quest'ultimo con occhi sgranati, fissò Solar per pochi secondi, per poi darsela a gambe.
Il ragazzo con la bandana, aveva chiuso gli occhi per il dolore, perdendosi la scena, durata pochi secondi. Quando li riaprì si ritrovò con il ragazzo dalla maglietta arancione, steso a terra, pancia in giù e il nano che scappava in strada.
Non gli ci vollero molti secondi per unire le idee e seguire l'amico con la giacchetta in pelle.
Il ragazzo coi capelli verdi non era meno sorpreso dei suoi aggressori e corse a ringraziare quella sua inaspettata salvatrice. Si accostò a lei e con parole timide gli disse.
-Ehm... grazie- Era la prima cosa che gli era venuta in mente.
Lei lo guardò con un sorriso, coi suoi occhi verdi.
-Di niente! Però è meglio se vai a casa-Gli rispose Solar, indicando con lo sguardo l'uscita dal vicolo.
-Sì ma... Posso sapere almeno come ti chiami?
Prima di rispondere la ragazza ci pensò su. Sì, gli sembrava un buon momento.
-Solar. Chiamami Solar!
 
Nota: Scusate se questo capitolo è arrivato in ritardo, ma fra problemi familiari e (stupidi) compiti non ho avuto tempo.
Però il capitolo è arrivato e con esso l'azione!
 

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