ホーカス · ポーカス: a magic lie.

di tbhhczerwony
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter I ***
Capitolo 2: *** Chapter II ***
Capitolo 3: *** Chapter III ***
Capitolo 4: *** Chapter IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Chapter I ***


ホーカス·ポーカス: a magic lie.

{ Chapter I }

In giro per la strada c’era un sacco di gente che andava e veniva per i viavai, alcune macchine che partivano a grande velocità per il lavoro e anche dei pullman. Un ragazzo dai capelli rossi, legati in una codetta bassa, occhiali di montatura color grigio-bianco rettangolari e occhi neri era dentro quel pullman pieno di gente, era in piedi affollato da persone e non ce la faceva più a stare lì, ma ormai era quello il pullman che doveva prendere ogni giorno per andare a lavoro. Sospirò, ormai soffocato dal caldo che c’era in pullman, il bello è che era pieno inverno, se usciva fuori rischiava di beccarsi un bel raffreddore, anche se aveva già la tosse ed era già tanto. Prese il suo cellulare e guardò l’ora, subito dopo si guardò in giro per i vari finestrini e vide che era già arrivato a destinazione, premette il tasto per fermare l’autobus e cercava di andare verso l’uscita del mezzo di trasporto, ripetendo varie frasi come «Mi scusi può farmi passare?» oppure un semplice «Permesso». Appena l’autobus si fermò poté uscire fuori, finalmente. Prese un respiro profondo e sorrise.
«Ah, finalmente un po’ d’aria!» esclamò contento. Subito dopo, mentre il pullman partì, iniziò a proseguire per la sua strada per andare a lavoro tranquillo. Prese il cellulare dalla sua tasca e riguardò l’orario, tra almeno dieci minuti erano le nove, così decise di correre per proseguire la strada.
Appena arrivò era ormai stanco ed erano le nove e un minuto, entrò nella sala professori e salutò i suoi colleghi.
«C-ciao» continuò, ansimando per la stanchezza «Scusate per il ritardo…».
Tsurumasa scelse di lavorare come professore alla Raimon Jr. High, professore di fisica e scienza. Adorava quel lavoro, aveva studiato un sacco e aveva faticato per averlo, ma ne era valsa la pena. Haruna era ancora insegnante lì, si voltò verso il ragazzo e sorrise.
«Ciao Hayami-kun»
«Buongiorno Otonashi-san»
La blu sorrise, guardando il rosso. Ripensò ancora a undici anni fa, quando lo vedeva triste, sconsolato, l’aveva visto crescere, era cresciuto con lui e, in quell’anno, era insegnate lì insieme a lei. Era veramente stupita di ciò. Lo stava ancora guardando, mentre lui stava prendendo dal suo armadietto vari libri, appena finì si voltò verso di lei.
«Qualcosa non va, Otonashi-senpai?» domandò Hayami.
Otonashi ridacchiò, scuotendo la testa imbarazzata. «No, no, tranquillo. Sto benissimo» continuò, «Solo, mi ricordo ancora quando avevi quattordici anni ed ero io la tua insegnante, che ricordi».
«Già, e non solo insegnante, anche manager della squadra»
Tsurumasa sospirò, sorridendo appena. «E’ un vero peccato che ora la squadra non ci sia più e stiano cercando nuovi membri, vorrei tornare piccolo solo per questo»
Haruna ridacchiò, subito dopo sospirando anche lei. «Già... Anche io volevo tornare piccola per restare con la mia squadra, è un vero peccato che non sia possibile»
«A chi lo dici»
Tra i due ci fu un po' di silenzio, il rosso prese la sua borsa e si diresse verso la porta della sala professori.
«Beh, devo andare» continuò, «A dopo».
La blu sorrise, alzò una mano e l'agitò lievemente per salutarlo. «A dopo»
Hayami aprì la porta e uscì, chiudendola prima di andarsene. Si diresse in terza A, la classe dove in quel momento doveva andare per la prima ora. Corse per le scale, cercando di arrivare in tempo e, appena finì le scale si diresse nella classe. Appena entrò vide che prima la classe era in completo subbuglio, ma quando aprì completamente la porta vide che tutti quanti si misero in piedi davanti ai loro banchi.
«Buongiorno professore!» esclamarono gli alunni in coro.
Tsurumasa andò davanti alla cattedra e sorrise, mettendosi la mano destra dietro la nuca e ridacchiando nervosamente, imbarazzato. «Buongiorno anche a voi, ragazzi. Scusate per il ritardo» disse, sedendosi sulla cattedra, gli alunni fecero lo stesso, sedendosi ognuno sui loro banchi.
Il rosso si guardò un po' in giro e vide un aereoplano di carta per terra, in mezzo a due banchi della fila centrale e la fila a sinistra, negli ultimi due banchi.
«Ehm, ragazzi, chi è stato a buttarlo lì, quello?» domandò, indicando l'aereoplano di carta.
Due ragazzi che stavano negli ultimi due banchi –uno della fila centrale e l’altro della fila sinistra— si guardarono negli occhi, impauriti.
«Su, non mordo mica, potete dirlo» ridacchiò l'occhialuto, aspettando risposte.
I due ragazzi si alzarono. Quello della fila sinistra era alto e magro, capelli verdi e corti, sbarazzini, occhi color ametista e pelle pallida. L'altro invece era basso, capelli castano scuro e lunghi fino a metà collo, molto lisci e, aveva una frangia che arrivava fino alle sopracciglia. Occhi castano scuro e pelle chiara, tendente al rosa. Avevano tutti e due un'espressione piuttosto impaurita, si inchinarono davanti al banco.
«Siamo stati noi, professor Hayami» dissero in coro, imbarazzati e nervosi.
«Mh» mugugnò Hayami, «Ok, ma state tranquilli, rilassatevi, non siate così nervosi. Non sono mica malvagio» ridacchiò, poi continuò a parlare «Uno di voi andrà a buttare l'aereoplanino, solo questo».
Il verde e il castano si guardarono nuovamente, come per dire “Ci vai tu a prenderlo e buttarlo” - “Oh, no, ci vai tu, caro” o altre frasi del genere. Si voltarono a guardare il professore.
«Può scusarci un momento?» domandò il più basso.
«Certo, fate pure» rispose Tsurumasa.
I due si stavano parlando sussurrando, cercando di non farsi sentire da Hayami e dai loro compagni. Appena finirono, il più alto andò a buttare nel piccolo bidone della spazzatura l'aereoplanino di carta. In quel momento il rosso fece l'appello e cominciò a spiegare loro l'argomento nuovo di scienze. Dopo due ore suonò la campanella.
«...Se una mela diventasse della dimensione della Terra, gli atomi nella mela sarebbero approssimativamente delle dimensioni della mela originale» concluse di spiegare, indicando i disegni che aveva fatto alla lavagna, che successivamente cancellò.
Mise il pennarello nero della lavagna sulla cattedra, poi prese i tre libri che aveva poggiato due ore prima sulla cattedra e da terra prese la sua borsa, salutò gli alunni e uscì dalla classe, dirigendosi verso la sala professori.
Lì c'erano Haruna e altri due professori, la professoressa Yuko e il professor Hiroyuki. Yuko Yazawa era una donna normalmente né alta né bassa, insomma, d'altezza normale, ma di solito portava scarpe con i tacchi, aveva i capelli lisci e corti, biondo scuro, occhi nocciola e pelle mulatta. Hiroyuki Shimizu invece era un uomo giovane, più o meno dell'età di Tsurumasa -quindi tra i vent'anni, anche se quest'ultimo ne aveva venticinque–, piuttosto alto, fisico robusto, capelli neri e di media lunghezza, sbarazzini, occhi castani e pelle chiara.
«Ehilà» salutò Tsurumasa.
«Ehi, Hayami» lo salutò Hiroyuki, sorridendo, alzandosi e andando vicino a lui, dandogli il cinque.
Le altre due insegnanti lo salutarono con un sorriso e un semplice «ciao». Il rosso aprì il suo armadietto e mise dentro i libri che aveva in braccio poco prima.
«Te ne vai di già?» domandò Otonashi.
«No» rispose Hayami, «Sto prendendo il libro di fisica, devo andare in prima tra un po'»
«Capisco».
Appena finì la ricreazione i quattro insegnanti si separarono ognuno per la propria strada, Tsurumasa andò in prima D, in quella classe doveva rispiegare -perché per il giorno dopo aveva programmato una verifica- la lezione di fisica: Albert Eistein, dovevano sapere la lezione al meglio, sia orale che scritto.
Ci era rimasto tre ore in quella classe, tutto quanto fisica, per i suoi alunni sembrava quasi impossibile che fossero passate così in fretta. Tsurumasa ridacchiò al pensiero, adorava la fisica e con le sue spiegazioni e quel modo simpatico che ha di spiegare con gli alunni, era tutto più bello. Molti ragazzi lo ammiravano, quasi che volevano fare anche loro i professori in futuro, volevano essere come lui.
Appena finirono le ore scolastiche tutti andarono a casa, al rosso mancavano i tempi in cui era alle medie, sempre in quella stessa scuola in cui insegnava, la Raimon. In quel periodo doveva tornare a casa in pullman, sempre, dato che aveva deciso di vivere vicino ad Osaka.
Tornò a casa dopo mezz'oretta di viaggio, la casa non era né grande né piccola, anzi abbastanza normale e aveva due piani. Viveva solo con il suo gattino Kuro-chan e la sua amica, Felicity Kanzaki. Felicity viveva da lui perché purtroppo non aveva trovato luoghi più vicini a Tokyo, lì era pieno e quindi chiese all'amico se poteva vivere da lui. Al rosso non dava fastidio, anzi, ultimamente non voleva stare molto solo, non gli importava nemmeno se fosse stato un ragazzo o una ragazza a vivere da lui, bastava fosse una persona, o che respirasse, il suo gattino nero non bastava, poveretto.
«Eccomi di ritorno, Felicity-chan!» salutò, entrando in soggiorno.
«Ehilà» disse la rosa, sorridendo.
Anche lei non era cambiata poi tanto in undici anni, aveva i capelli rosa un po' più corti, ma sempre pomposi, portava un cerchietto viola in testa, con un fiocco in cima e, aveva sempre la solita frangia, con qualche piccolo cambiamento in alcuni ciuffi.
Kuro-chan si avvicinò piano piano alla gamba destra di Tsurumasa, strusciandosi e miagolando felice. Il rosso lo prese in braccio e sorrise, accarezzandolo e dandogli dei grattini dietro le orecchie, il piccolo gatto faceva le fusa.
«Ti sono mancato, eh, Kuro-chan?» domandò, prendendolo da sotto gli incavi delle zampe anteriori e rivolgendogli lo sguardo verso di sé. Il gattino miagolò di nuovo, avvicinando il faccino un po' più al viso dell'occhialuto.
Hayami ridacchiò, poi rimise a terra il gattino. Kanzaki si alzò dal cuscino che c'era davanti al kotatsu, dirigendosi in cucina.
«Oggi cucino io~» disse la ragazza.
«D'accordo!» rispose il rosso, dirigendosi in camera sua.
Poggiò per terra la sua cartella e si cambiò d'abito, una semplice maglietta blu a maniche lunghe, dei pantaloni grigi e calze di lana, indossò anche una mantella di tessuto pesante, anche se in soggiorno c'era la stufa e il kotatsu, c'era comunque un po' freddo. Tornò in soggiorno, sedendosi davanti al kotatsu e mettendoci sotto le gambe, tremando un po' dal freddo.
Dopo qualche minuto Felicity tornò con un vassoio in mano, c'era il piatto di Tsurumasa e il suo, per pranzo, c'era anche quello di Kuro-chan, che lo poggiò per terra per farglielo mangiare. Invece i due –ovviamente- mangiarono sul kotatsu, guardando un programma TV a caso e chiacchierando della loro giornata.
La sera i due uscirono un po' di casa, andando un po' in giro per le strade. Dopo un po' di tempo, mentre camminavano, Tsurumasa vide davanti a sé -a pochi metri di distanza- un ragazzo che gli sembrava molto familiare. Si fermò e si tolse gli occhiali, pulendo le lenti con la manica del cappotto.
«Tsurumasa-kun, che succede?» domandò Felicity.
«Non ci credo, è davvero lui...» mormorò fra sé e sé il rosso. Cominciò a correre verso il ragazzo.
Era un po' più basso di lui, pelle molto scura, capelli azzurro-ghiaccio e piuttosto folti, più lunghi del solito ed erano legati in un piccolo codino basso, aveva sempre quel ciuffo che gli copriva l'occhio sinistro, era proprio lui, Kurama Norihito. Si voltò verso l'occhialuto, che urlava il suo nome mentre correva. «No, Hayami...?» sussurrò tra sé e sé, contento di vederlo. Fece una breve corsetta verso di lui per raggiungerlo, e si abbracciarono, poi quando sciolsero l'abbraccio si guardarono, sorridenti.
«Come va?» domandò Hayami.
«Beh, diciamo bene... posso dire che... forse, ho superato la morte di Minamisawa.. non ci penso più molto spesso» rispose Kurama, con aria intristita e ridacchiando nervosamente, poi sorrise, «E a te, invece?»
«Dai, a me va piuttosto bene, vorrei solo che alcuni miei alunni s'impegnassero un po' di più... ce n'è uno in particolare, a cui vorrei dedicare più tempo, che prende quasi sempre due o tre» disse il rosso, ridacchiando.
«Mi ricorda qualcuno, quel ragazzo in particolare» annuì l'azzurro, sorridendo malinconicamente.
«Uhm? Chi?» chiese Tsurumasa.
«E chi secondo te? Quello stesso ragazzo che è partito per l'India e non si sa più se sia tornato o meno... sai benissimo di chi parlo, su! E non mi dire che non ci hai sofferto, perché non ci credo»
L'occhialuto sospirò. Norihito abbassò lo sguardo, prendendosi un piccolo ciuffo di capelli tra le dita della mano destra e rigirandoseli tra quelle. «Scusa, non volevo essere sgarbato... in fondo ci siamo rivisti dopo molto tempo...»
«No, non ti preoccupare... sta tranquillo» mormorò il rosso, sorridendogli.
Felicity si avvicinò ai due, piuttosto insicura. «Ehm...»
«Oh, ciao, Felicity. Anche a te non ti vedo da tempo» disse Kurama.
«Ciao Kurama! Eh, sì, è proprio vero... sono passati undici anni ma per noi sembra un'eternità» ridacchiò Kanzaki.
«Beh, ora che siamo tutti qui, potremmo anche prenderci una pizza al ristorante italiano, voi che dite? Così, per festeggiare... insomma, la nostra amicizia che ci lega da undici anni o anche più!» propose l'azzurro, sorridendo.
«La trovo una bella idea» disse il rosso, annuendo convinto e sorridendo.
«Già, anch'io!» esclamò la rosa, anche lei sorridendo.
I tre si diressero verso il ristorante italiano che c'era lì vicino, a pochi chilometri di distanza da loro. Erano veramente contenti di essersi rivisti dopo molto tempo.
 
Mentre i tre camminavano, c'era qualcuno che li fissava, da dietro un muro. Stava piangendo in silenzio e sorrideva malinconicamente, asciugandosi le lacrime dal viso con le dita.
«Tsurumasa-san...»
Di notte, più o meno le due a casa di Tsurumasa e Felicity, si sentiva la suoneria del cellulare del primo, il rosso era seduto nella sua scrivania della sua camera da letto, stava correggendo alcuni compiti in classe dei suoi alunni di varie classi.
Prese il cellulare e guardò il numero, non era per niente familiare. Ma decise di rispondere lo stesso.
«Sì, pronto?» disse, piuttosto interrogativo.
«Ehilà», la voce che gli stava parlando era così familiare, perse un battito quando la sentì. Sorrise tristemente.
«Ciao» disse debolmente.
«Come stai?» domandò il ragazzo dall'altra parte del telefono.
«Bene... e tu invece?» 
«Benone» quel ragazzo sospirò, «Sono contento di risentirti».
«Lo sono anch'io... dimmi... q-quando ci rivedremo?»
Sospirò nuovamente. «Non lo so, io spero comunque presto»
«Lo spero anch'io» disse il rosso, quasi piangendo, per fortuna dall'altra parte del telefono non si sentì.
Dopo qualche secondo chiusero la chiamata lì e, Hayami guardò il display del suo smartphone molto attentamente, commosso. Sospirò e sorrise, poggiando il cellulare vicino a sé e riprendendo a correggere i vari compiti in classe.
Appena finì erano più o meno le due e mezza di notte, sbuffò, poggiando i compiti in classe vicino alla sua cartella scolastica, poi si alzò dalla sedia della scrivania e si avvicinò al suo letto, finalmente poteva dormire in pace, o almeno era ciò che credeva lui. Perché si ritrovò continuamente a pensare a qualcosa in particolare, mentre cercava di addormentarsi.





{ Angolo di Ele }
allooora mi scuso prima di tutto per il mega-ritardo per il seguito ;A;
e poi, volevo dirvi anche... boh, all'inizio faccio sempre capitoli corti, capitemi (?)
e poi volevo dire anche... YEEE FINALMENTE *cough* perché ho scritto il primo capitolo di questa storia che è il seguito di “—what am I really?” e son tipo felice, ahw.
Oh, ditemi pure un po' i vostri pareri, perché di questo capitolo sono poco convinta e allo stesso tempo convinta e allo stesso tempo no, allo stesso tempo sì INSOMMA AVETE CAPITO yep- quindi spero appunto che come primo capitolo vi sia piaciuto!~
Au revoir,
Eleanor

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Capitolo 2
*** Chapter II ***


{ Chapter II }

Un ragazzo era affacciato alla finestra di camera sua, guardando il cielo stellato la notte. Voltò lo sguardo verso il cellulare, guardando l'ultimo numero che aveva chiamato. 
Sorrise speranzoso, una lacrima dall'occhio sinistro gli rigò il viso, tornò a guardare il cielo stellato dalla finestra, mettendo la mano destra sul vetro. 
Sospirò e si diresse verso il suo letto, sedendosi e poggiando il cellulare nel comodino di fianco a quello, poi si coricò sul letto, coprendosi con il piumone azzurro cielo.
«Voglio rivederti di nuovo»

°°°

«Takano» pronunciò Tsurumasa, chiamando l'alunno alla cattedra.
«Sì, professor Hayami» rispose il ragazzo. Era alto quasi come il rosso, aveva i capelli color marrone chiaro, beige, insomma. Cortini, ma arrivavano fino alla nuca e, in quel momento lì portava degli occhiali -perché li usava solo per leggere- di montatura rettangolare e color blu scuro, dietro le lenti di quegli occhiali c'erano due occhi color nocciola. Si alzò dalla sedia del suo banco, lasciando lì il libro che stava leggendo e avvicinandosi alla cattedra di Hayami, che aveva il suo compito in mano.
I due parlavano del compito in classe di Takano, aveva preso solo novantasei invece dei suoi soliti cento. Tsurumasa ridacchiò probabilmente è innamorato, pensò.
«Comunque tranquillo, sarai stato distratto in quel momento. Anche a me capitava, forse anche troppo spesso, sai?» raccontò il rosso, si mise una mano dietro la nuca, piuttosto imbarazzato, sorridendo.
Takano ridacchiò. «Capisco, comunque non si deve scusare, in fondo il compito l'ho fatto male io, non lei».
«Male? Ohh, suvvia! Esageri! Novantasei va benissimo, è comunque un ottimo, solo... non hai preso cento come al solito, tutto qui»
L'alunno ridacchiò una seconda volta «In effetti è vero»
Hayami sorrise e consegnò il compito a Takano, che poi si andò a sedere nel suo posto. Prese un altro foglio, lesse il nome e il cognome.
«Yamazaki» pronunciò. L'alunna si alzò dal banco e si avvicinò a lui. Era piuttosto bassa, capelli neri e sciolti, un occhio era coperto da un ciuffo e i suoi occhi erano castano scuro. Vide che nel foglio c'era scritto in rosso un quaranta. Era impossibile, lei prendeva quasi sempre distinto e non addirittura insufficiente.
«Yamazaki, ehm... è successo qualcosa?» domandò, a bassa voce.
«N-no, nulla» balbettò sussurrando Yamazaki, scuotendo lievemente la testa, tenendosi come sempre la mano destra in petto, timorosa di tutto.
Tsurumasa sapeva benissimo che lei stava mentendo, la guardò dispiaciuta e le prese la mano sinistra fra le sue, stringendola.
«So bene che stai mentendo... è successo qualcosa e tu ci stai ancora pensando» mormorò il rosso. La ragazza lo guardò un po', poi annuì. «Prova a non pensarci. Magari tutto si risolverà... che dici?».
Yamazaki lo guardava ancora negli occhi, tenendosi ancora la mano destra nel suo petto. Il rosso sospirò. «Lo so, non sono molto bravo a dare consigli ma... provaci» sussurrò ancora. «D'accordo?»
La ragazza dai capelli neri annuì, Hayami le porse il compito in classe e lei si andò a sedere nel suo posto.
Tsurumasa sospirò, pensando a ciò che aveva detto all'alunna. Perché non faccio anch'io così? Penso ancora ai miei più grandi problemi e... il suo pensiero venne interrotto da un suo stesso -e secondo- lieve sospiro. Prese un altro foglio dei compiti in classe e invitò l'alunno che aveva chiamato ad avvicinarsi alla cattedra.

°°°

Norihito era a casa di Tsurumasa e Felicity -che era fuori di casa in quel momento-, parlando con il primo, che gli raccontò della chiamata della scorsa notte.
«Sul serio ti ha chiamato?!» chiese incredulo l'azzurro, tenendo fra le mani -seduto con le gambe sotto il kotatsu- la tazza di tè.
«Già» rispose semplicemente il rosso, sorseggiando il tè.
«Ma sei sicuro che era proprio la stessa persona che era partita per l'India sen—»
«Sì, Norihito, era lui, te lo posso assicurare. La voce era la sua, il numero era diverso»
Kurama rimase a bocca socchiusa, ancora con sguardo incredulo. Poi abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore, una lacrima gli rigò il viso. Hayami lo guardò con aria triste, sospirando.
«Kurama... so che sei arrabbiato con lui, ma non ce n'è motivo...» mormorò l'occhialuto.
L'amico si voltò verso di lui di scatto, sgranando gli occhi e sbatté una mano sul tavolino, con aria aggressiva. «Non ce n'è motivo...? Non ce n'è motivo, Tsurumasa?! Hai idea di ciò che hai appena detto?! Quindi per Minamisawa non dovrei essere triste allora?! Non c'è motivo nemmeno per questo, eh?!».
Tsurumasa lo guardò con sguardo scosso, sgranando di poco gli occhi. Subito dopo si voltò altrove, mordendosi il labbro inferiore e assottigliando gli occhi. Norihito lo guardò dispiaciuto, voltandosi anche lui altrove, vergognato.
«Scusa se ho alzato il tono della voce... non volevo... non volevo nemmeno tirare in ballo Minamisawa»
«No, non importa...»
«L'unico che avrebbe bisogno di una bella ramanzina qui sono io... faccio ramanzine agli altri, poi... sono un essere senza cuore»
Il rosso si voltò di scatto verso di lui. «Non è affatto vero!»
L'azzurro sospirò. «Sì che è vero... io son fatto così, ho un carattere veramente... uff... non mi piace. Ho sempre odiato il mio carattere»
«Ma è proprio perché sei fatto così che sei un ragazzo unico... tu sei coraggioso, la maggior parte delle persone non è come te» l'occhialuto sospirò, «Io invece sono solamente un codardo. Vedi? Me lo sono meritato... è partito per un paese lontano prima che–» fu interrotto improvvisamente da uno schiaffo sulla guancia destra, da parte di Kurama. Non si era nemmeno accorto che da un po' era vicino a lui. Hayami si toccò la guancia dolorante, mentre l'azzurro lo guardava piangente.
«Ma perché dici tutto ciò?! Dici cose che non sono neanche vere! Che sei, tornato quattordicenne per caso?!» gli urlò contro ancora l'azzurro.
Il rosso lo guardò con aria triste, mentre alcune lacrime gli rigavano il viso. «E' la verità! È tutto vero, Io sono una persona orribile!»
«Non ci posso credere, Tsurumasa...» mormorò inizialmente, «Non sei più un ragazzino, per la miseria! Comportati da adulto adesso che lo sei!» gridò poi.
Tsurumasa lo fissò ancora con quegli occhi ormai piangenti, sgranati. Norihito si girò di spalle all'amico, ancor più vergognato di quanto non lo fosse un attimo prima.
«Scusa se ti ho tirato uno schiaffo... ma le frasi che ti ho detto sono vere... ragiona, ti prego... non voglio soffrire ancora, è già tanto se soffro ancora, da undici anni... siamo ancora dei bambini dentro di noi, mi dici come cavolo è possibile? Dovremmo essere più maturi ormai, invece non lo siamo...» mormorò, iniziando a piangere.
Felicity aprì la porta scorrevole della piccola sala dove c'erano i due. 
«Ciao ho comprat-» la ragazza si bloccò nelle parole, i due si voltarono verso di lei, ancora con quegli sguardi.
«Uhm... è successo qualcosa?» chiese la rosa, perplessa.
«N-no, nulla di particolare» rispose il rosso, sorridendo appena. L'azzurro annuì, sorridendo anche lui e risedendosi nel posto davanti all'amico nel kotatsu.
«Bene» disse Kanzaki, sorridendo «comunque ho comprato qualcosa di buono al mercatino qua vicino, vi preparo qualcosa?».
«Certo, grazie» annuirono i due.

°°°

Mentre Norihito percorreva la strada di casa sentì il suo cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni. Lo prese e vide un numero sconosciuto. Inarcò un sopracciglio, non molto convinto se rispondere o meno, ma decise di rispondere.
«Chi è?» domandò.
«Ehi, Kurama» salutò. 
Non ci poteva credere, fermò il suo percorso e sgranò gli occhi. Sentiva in sé di nuovo la rabbia, ma doveva calmarsi, prese un respiro profondo.
«Ciao» disse solamente, quasi a denti stretti.
«Da quanto tempo, vero?» 
«Sì, molto tempo»
Tra i due ci fu un po' di silenzio, per almeno due minuti.
«Che mortorio...»
Kurama ringhiò. «Sappi che non sei divertente»
«Non intendevo in quel senso... comunque... non vorresti parlare un po'? Non mi racconti nulla?» chiese il ragazzo dall'altra parte del telefono.
«Ho fretta» rispose repentino l'azzurro.
«Uhm. D'accordo. Beh, tra un po' devo andare anch'io... ci si sente» disse.
«A presto» salutò Kurama, chiudendo la chiamata.
Mentre Norihito ripercorreva la strada di casa ringhiò lievemente, cercando di eliminare dalla mente quel ragazzo. Basta... no. Lui non è più in questo posto, è andato via... traditore... pensò, ormai non è più quello di una volta.

°°°

Era sera, per puntualizzare erano le otto e mezza e Tsurumasa e Felicity stavano cenando, seduti uno di fronte all'altro nel loro kotatsu al centro della piccola stanza.
Tsurumasa fissava il suo piatto, pensieroso; Felicity alzò lo sguardo verso di lui, preoccupata. 
«Tsurumasa-kun?» lo chiamò la rosa.
Il rosso voltò lo sguardo verso di lei. «Mh?»
«C'è forse qualcosa che non va? Ti vedo un po'... come dire, strano...»
Hayami sorrise appena. «No, tranquilla, sto bene»
«Uhm... sicuro?» domandò Kanzaki, preoccupata.
«Sicurissimo. Tranquilla, Felicity-chan»
«Uhm... d'accordo» borbottò la ragazza.
Poche orette dopo andarono entrambi a dormire. Tsurumasa era in camera sua a sistemarsi il letto. Si coricò, infilandosi sotto le coperte.

°°°

—-Tsurumasa si ritrovò di nuovo ragazzo quattordicenne, all'improvviso. Si toccò i capelli, sentì di nuovo le sue vecchie codette in testa, si tolse gli occhiali e li guardò, erano tondi, quelli vecchi.
«Ma perché sono diventato di nuovo piccolo?» domandò a voce bassa, tra sé e sé.
Era vestito con la divisa della Raimon Jr. High e con sé aveva anche la borsa grigia con tracolla e il disegno del fulmine giallo nella borsa. Si guardò in giro ed era proprio nella Raimon Jr. High. Fece uno sguardo piuttosto stupito, guardando il grande edificio.
Qualcuno gli diede una leggera pacca sulla schiena.
«Hayami-san!» esclamò una voce familiare. Troppo familiare.
Si voltò verso la parte opposta del grande edificio della Raimon e davanti a sé si trovò proprio lui, Hamano Kaiji.
«Ha-hamano-kun» balbettò. Ma mi chiedo... perché siamo di nuovo piccoli?
«Dai su, andiamo! Faremo tardi!» esclamò Kaiji, come suo solito, prendendogli un braccio e trascinandolo con sé di fretta.
Passarono -ovviamente- la giornata scolastica e, in quella giornata Hamano fece un guaio, così per punizione dovette pulire la classe, da solo.
Hayami entrò nella classe, sorridendo.
«Hamano-kun?» lo chiamò, e il corvino si voltò verso di lui, sorridendo radioso.
«Ehilà, Hayami-san» salutò, posando vicino a un banco la scopa con cui stava pulendo per terra.
«Vuoi che ti do una mano a pulire la classe?» domandò il rosso, guardandosi intorno.
«Oh, no, sta tranquillo... finirò in fretta» rispose Kaiji, non smettendo di sorridere. 
«Ma finiremo in fretta se-» Tsurumasa fu interrotto da un suo bacio sulle labbra. Non se l'aspettava. Avvampò e poi ricambiò. Appena si sciolsero, Hamano sorrise nuovamente.
«Beh, se proprio vuoi~» disse.

°°°

Tsurumasa si svegliò sussultando. Ansimava e piangeva, piangeva nel sonno, poco prima, mentre stava sognando. Si asciugò le lacrime con la manica della camicia azzurra. Sospirò e assottigliò gli occhi, in un'espressione triste.
«Mi manchi troppo»







Angolo di Ele
questa volta è più corto... bwah-
ukkidetemi ;w;
beh, vabbè, a parte questo... spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto! 
E... ora vado che è tardi- owo
Au revoir,
Eleanor

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Capitolo 3
*** Chapter III ***


{ Chapter III }

Tsurumasa sbuffò, guardando fuori dalla finestra di camera sua. Pioveva a dirotto, ed era domenica. Solitamente una domenica si interpreta come una bella giornata di sole, si va fuori in giardino, si incontrano gli amici e si esce di sera con loro a cena, invece quella domenica era veramente brutta, ma Tsurumasa se l'aspettava.
Uscì da camera sua e vide Felicity seduta davanti al kotatsu -tenendo in mano una tazza di tè-, con le gambe sotto la coperta di quello. Si voltò verso il rosso e sorrise.
«Buongiorno, Tsurumasa-kun» disse dolcemente la rosa.
«Beh, proprio buongiorno non direi...» mormorò l'occhialuto, ridacchiando.
«Eh, già...» Kanzaki sospirò, «...senti che pioggia, fuori».
Hayami annuì, poi si sedette davanti a lei nel kotatsu, sorridendole. Felicity ricambiò il sorriso, poggiando la sua tazza di tè sopra il tavolino.
«Vado a prenderti la tua tazza?» domandò, alzandosi.
«Sì, grazie!»
Felicity andò verso la cucina, e quando arrivò cominciò a mettere nella tazza il tè. Intanto Tsurumasa prese il telecomando della TV dal kotatsu e si voltò verso la televisione per accenderla, cominciando a girare per vari canali. Dopo qualche secondo sentì un urlo della ragazza provenire dalla cucina.
Scattò in piedi e corse verso la cucina, vide che Kanzaki era per terra, tremante. Lei andò a stringersi ad Hayami, che si stava preoccupando sempre di più e la strinse a sé.
«Che è successo?»
Il rosso non ricevette risposta, la rosa tremava e non riusciva nemmeno a parlare. L'occhialuto abbassò lo sguardo e vide che c'era del vetro rotto in terra, veniva dalla porta a vetri che c'era davanti ai due a fianco alla cucina.
Ma che cos'è successo? pensò, guardando alternativamente i pezzi di vetro a terra e l'amica. La portò in soggiorno, la fece sedere su una sedia e la fece aspettare lì, mentre lui prendeva le fasce e l'acqua ossigenata da camera sua. 
Appena tornò cominciò a metterle dell'acqua ossigenata sulla ferita, era nel ginocchio destro. Subito dopo cominciò a fasciargliela. Felicity lo guardò attentamente negli occhi. Erano piuttosto lucidi e lo sguardo era determinato. 
«Tsurumasa?» lo richiamò Felicity.
«Uhm?» Tsurumasa voltò lo sguardo verso di lei.
«A cosa pensi?» domandò la rosa.
«Eh? Ma perché?» chiese il rosso, perplesso.
«Non so, ti vedo... strano... diciamo».
Appena Hayami finì di fasciare la ferita a Kanzaki alzò lo sguardo. La ragazza gli guardò il volto, c'erano delle lacrime che si stavano lievemente asciugando. Felicity si alzò dalla sedia e gli toccò una guancia.
«Stai piangendo...» gli mormorò.
«Uh?» 
Tsurumasa si passò una mano negli occhi. «Oh... sì è vero...»
Felicity lo guardò con sguardo triste, poi il rosso andò verso la cucina per andare a pulire il danno che era successo. La rosa si sentiva piuttosto in colpa a farlo fare a lui, ma quest'ultimo le disse che non doveva affaticarsi troppo e non era un problema.
Nello stesso momento in cui Kanzaki stava arrivando in soggiorno squillò il cellulare di Hayami, che era poggiato sulla parte in legno del kotatsu. Si avvicinò al cellulare e si azzardò a guardare chi era che chiamava.
«Uhm...» mugugnò la ragazza.
«Chi è?» domandò l'occhialuto dalla cucina.
«Ehm... è Kurama!»
«Rispondi tu, per favore!»
Felicity andò in camera sua e aprì la chiamata, tremava leggermente e stava sudando freddo. Si sentiva piuttosto in colpa, aveva mentito per provare a rispondere a quella chiamata.
«P-pronto?» pronunciò la ragazza.
«Oh, Felicity-chan!»
La rosa rimase un po' senza parole, non sapeva che dire.
«Come stai?»
«Bene, bene... tu invece?»
«Bene. E... Tsurumasa, invece? Ti stai prendendo cura di lui?»
«Beh, diciamo che ci stiamo prendendo cura di noi a vicenda...»
Il ragazzo al telefono ridacchiò. «Certo, capisco»
Anche Felicity ridacchiò, poi sospirò. 
«Ah, senti» cominciò la voce al cellulare.
«Sì?»
«Voglio dirti una cosa, ma non dirla a Tsurumasa» iniziò, sospirò un attimo e poi ricominciò a parlare «Io sono tornato in Giappone da pochi giorni».
Kanzaki sussultò. Che faccio ora?
«Oh... a-aspetta... q-quindi...»
«E' una sorpresa. Se vuoi puoi dirlo a Kuram-»
«Ma Kurama è arrabbiato con te... se poi viene a sapere che sei tornato da pochi giorni io... n-non so...»
Il ragazzo sospirò una terza volta. «Credo di averla combinata grossa andando in India... anche se erano problemi di famiglia...»
«Problemi di famiglia?» domandò la rosa.
«Vedi, obaa-san si era sentita male e... dato che era piuttosto grave io, okaa-san, la mia onee-chan e Chojiro, il compagno di okaa-san siamo dovuti andare in India per assisterla» rispose.
«Capisco...»
«Beh, se magari avvisti Norihito da qualche parte diglielo. Non voglio che lui sia arrabbiato con me per niente»
«Uhm, d'accordo» annuì la ragazza.
«Bene. Ora devo andare... ehm... senti, un'altra cosa»
«Sì?»
«Forse domani vado in giro per il vostro quartiere per andare a fare varie compere. Domani dovete uscire, tu e Tsurumasa?»
«Io... penso di sì, di sera però, anche se domani è il suo giorno libero»
«Bene, dove andate?»
«Dobbiamo andare al ristorante di okonomiyaki con Kurama e Midori»
«Magari ci incontriamo lì... per caso, tra virgolette. Tu che dici?»
«Sì, d'accordo»
«Bene ehm... allora a presto, Felicity-chan»
Chiusero lì la chiamata e Felicity tornò in soggiorno e vide Tsurumasa seduto sul kotatsu. La ragazza poggiò il cellulare nel kotatsu davanti al rosso, che lo prese in mano. «Cosa voleva Kurama?»
«Oh, no, niente di particolare. Per un attimo credeva che non poteva venire con noi al ristorante di okonomiyaki invece deve venire» mentì Kanzaki, ridacchiando alla fine della frase.
«Capisco. Certe volte è un po' sbadato» affermò Hayami, ridacchiando.

***

Norihito decise di uscire un po', giusto per prendere un po' d'aria, anche se forse ce n'era troppa, dato che era ormai inverno. Strinse un po' di più il suo viso nella sciarpa che teneva al collo, infreddolito, guardandosi in giro per la strada.
Dopo qualche minuto di camminata volse lo sguardo in avanti, davanti ad una fermata dell'autobus vide un ragazzo.
Per la precisione, quel ragazzo era piuttosto altino, pelle scura, capelli corvini e alzati, e una fascia azzurra in testa, vestito con una camicia bianca, jeans blu scuro e scarpe da ginnastica nere.
Kurama non ci poteva credere. Non credeva ai suoi occhi.
Corse verso l'altro lato della strada, dove c'era il ragazzo e, si mise dietro l'angolo del muro. 
«Non può essere veramente lui...» sussurrò tra sé e sé, guardando da dietro il ragazzo.
Decise poi di non pensarci più, si voltò dalla parte opposta e se ne andò, decidendo un po' dove andare.
Il ragazzo dai capelli corvini si guardò in giro.
«Che strano... mi sembrava che qualcuno mi stesse osservando...» mormorò tra sé e sé.

Nel frattempo Norihito stava ancora correndo, dopo un po' si fermò davanti ad un parco, affaticato. Entrò nel parco e si sedette su una delle panchine, alzando lo sguardo al cielo, inspirando l'aria fredda invernale e sospirando lievemente.
Cominciò lentamente a nevicare e, un piccolo fiocco di neve finì nella punta del naso dell'azzurro. Mise in avanti la mano sinistra e alcuni piccoli fiocchi di neve finirono su quella, raffreddandogli lentamente la mano. Continuò a guardare il cielo, pian piano la neve aumentava. 
Si alzò dalla panchina e si diresse verso casa sua, camminando tranquillamente e stringendo un po' di più il suo viso nella sciarpa.
«Lo devo dire o no, a Tsurumasa?» mugugnò sottovoce fra sé e sé, mentre abbassava lo sguardo per terra, fermandosi per qualche secondo. Sospirò, poi ricominciò a camminare verso casa sua.



Il giorno dopo Felicity cercò di svegliare Tsurumasa. Era mezzogiorno e, anche se era il suo giorno libero, come pensava la ragazza, non doveva di certo rimanere a letto tutto il giorno.
«Suuu~ uffa, svegliati!» esclamò la rosa, cominciando ad agitarlo lievemente, ma niente. Non si svegliava proprio.
Kanzaki sbuffò. «L'hai voluto tu» mormorò, e cominciò a rotolarlo nel letto –con molta delicatezza, detto sarcasticamente- e lo fece cadere per terra. Hayami sussultò e si alzò da terra, con sguardo mezzo divertito, mezzo intontito dal sonno e confuso. 
Felicity si mise a ridere; il rosso aveva i capelli ancora legati, ma scompigliati, la vestaglia verde aperta e sotto aveva una maglietta bianca e dei pantaloni neri, che stavano quasi per scendere.
«Ohi, ti stanno scendendo i pantaloni» rise la rosa.
«Non me lo dici prima?! Sono pure larghi questi cosi» ridacchiò, tirandosi lievemente su i pantaloni, subito dopo prese dal comodino a sinistra vicino al suo letto gli occhiali. «Beh, che ore sono?» chiese, mentre puliva le lenti degli occhiali con la manica della vestaglia.
«E' mezzogiorno» rispose tranquillamente Kanzaki.
Hayami sobbalzò. «Cosa?!» esclamò.
La ragazza gonfiò una guancia, con espressione imbronciata e mettendosi le mani sui fianchi. «Vedi perché ti ho fatto cadere dal letto?!»
Tsurumasa sospirò. «Uffa... stavo dormendo così bene...»
Il piccolo Kuro-chan entrò in camera del padrone, incuriosito delle chiacchiere dei due. Si avvicinò alla gamba destra del rosso, strusciandoci su la testa. Tsurumasa prese il gattino in braccio e lo accarezzò dietro le orecchie e nel collo, il piccolo gatto nero cominciò a fare le fusa.
«Beh, comunque... che faccio? Colazione o pranzo?»
«Tutto quello che vuoi~» disse Felicity, troppo tranquillamente.
«Mh, con quel tono mi sembri quasi un Ditto in uno di quei meme su facebook...» mormorò l'occhialuto, cominciando ad andare in soggiorno con ancora in braccio il suo gattino.
La rosa ridacchiò, seguendolo. Il ragazzo era in cucina a dar da mangiare al gatto, mentre lei lo guardava. Appena finì, Hayami aprì il frigorifero e prese dell'aranciata, poi dal mobile in alto prese un bicchiere e ci versò l'aranciata. Subito dopo posò nuovamente il cartone d'aranciata dentro il frigorifero e lo richiuse.
Si voltò verso Kanzaki, con aria perplessa. «Mi sento leggermente osservato»
La ragazza ridacchiò. «No beh, mi stavo chiedendo come saresti ora con i codini che avevi quando eri più piccolo»
«Uhm?» mugugnò ancora confuso il rosso, poi ci pensò. «Mh... hai un altro elastico?» domandò poi.
«Te ne presto uno dei miei... non ti disturba se è colorato, vero?»
«No, basta che sia un elastico, tutto qui»
«D'accordo!»
Felicity si diresse in camera sua, Tsurumasa la seguì e appena arrivarono nella camera della ragazza, lei gli diede un elastico giallo. Lui lo prese, si sciolse i capelli e si fece i codini come li aveva da più giovane.
La rosa ridacchiò. «Adorabile! Mancano solo gli occhiali tondi~»
«Ahh, quelli li ho lasciati a casa di okaa-san...»
«Che peccato».
Il rosso si sciolse di nuovo i capelli e si rifece la codetta bassa che aveva poco prima, ma sistemata meglio. Si stiracchiò lievemente, schioccandosi anche le ossa del collo, poi mise le mani sui fianchi, guardando Kanzaki, sorridendo.
«Pancakes?» domandò.
«Okay!» rispose la ragazza.
I due si diressero in cucina, in una mezz'oretta -poiché si facevano vari scherzi con gli ingredienti, qualche volta- prepararono due pancakes, uno a ciascuno. 
«Sono venuti veramente bene! Mi piacciono un sacco» disse Felicity, sorridendo.
«Non avevo mai preparato dei pancake... chissà come mi è venuta quest'idea!» ridacchiò Tsurumasa.
«Ti sarà venuta così a caso perché hai fame»
«Può darsi» mentre diede un morso al suo pancake si voltò verso la televisione, prendendo il telecomando in mano «Beh, un po' di TV no? Abbiamo sempre così tanta... allegria tra noi...» disse sarcasticamente il rosso, ridacchiando.
La rosa ridacchiò, sorridendogli. Il ragazzo accese la televisione, mettendo qualche canale a caso. 

Dopo qualche oretta decisero di uscire. Andarono un po' in giro per i vari negozi del centro di Tokyo -c'erano arrivati in macchina-, appena si fermarono in un negozio di immobiliari, Tsurumasa guardò la vetrina con occhi luminosi e un sorriso.
«Suppellettili!» esclamò.
Felicity ridacchiò. Come al solito, se vedeva in vetrina dei suppellettili non ci capiva più nulla. «Se vuoi entriamo per vedere un po' che c'è di bello» propose la ragazza, avvicinandosi a lui.
«D'accordo!»
Prima che i due riuscissero ad entrare dentro il negozio, qualcuno toccò una spalla a Tsurumasa.
«Uh?» il rosso si voltò verso la persona che l'aveva toccato, era Norihito.
«Ehilà, Norihito-san» salutò l'occhialuto, sorridendo.
«Io. Devo. Parlarvi» disse l'azzurro, scandendo bene le parole.
«Uhm... okay, ti ascoltiamo» mormorò Felicity.
«Si tratta... si tratta di...»
«Di...?» ripeté Hayami.
«Si tratta di Hamano»
I due sobbalzarono; soprattutto Kanzaki poi, che il giorno prima aveva parlato con lui, mentendo ad Hayami dicendo che stava parlando con Kurama.
«Di Hamano?» domandò Hayami, perplesso.
«Posso anche essere pazzo... e probabilmente sì, ma giuro, giuro su qualsiasi cosa vogliate, che l'ho visto. L'ho visto davanti alla fermata del pullman vicino al parco lì vicino» spiegò Kurama.
«S-sul serio?» chiese Kanzaki, ormai stava già sudando freddo.
«Sì! Non so se sono pazzo io, se il pranzo di ieri mi ha dato alla testa o cose del genere... ma io l'ho visto!» esclamò l'azzurro, mettendosi le mani fra i capelli.
«Se non era una visione allora significa che è veramente qui...» mormorò Tsurumasa, sorridendo lievemente. «Oh, quanto sono felice»
«Tsk, ci deve delle spiegazioni, ricordi?» esordì Norihito, incrociando le braccia al petto, con aria seccata.
«Su... non te la prendere con lui...» disse il rosso.
«Hm» mugugnò l'azzurro.

***

La sera si prepararono per andare al ristorante di okonomiyaki, insieme a Norihito e Midori, come si erano programmati. Felicity doveva assolutamente chiamare quel ragazzo con cui aveva parlato il giorno prima. Si alzò dal tavolo e si diresse verso il bagno del ristorante.
«Felicity, dove vai?» domandò Midori.
«Uhm, vado solo un momento al bagno e torno» rispose la rosa, sorridendo nervosamente e avviandosi verso il bagno.
Aprì la porta del bagno delle donne ed entrò in una delle cabine. Compose il numero e si mise il cellulare nell'orecchio.
«Pronto?» sibilò il ragazzo.
«C'è un problema... Kurama ti ha visto mentre eri nella fermata dell'autobus vicino al parco...» mormorò la ragazza a bassa voce, parlando piuttosto velocemente.
Dall'altra parte del telefono il ragazzo sussultò. Ecco perché mi sentivo osservato...







{ Angolo di Ele }
TAAAAAAADAAAAN-
suspaaaaaance. No okay, la smetto, seriamente.
Bene, terzo capitolo, yay! Ci sono arrivata!
Spero che vi sia piaciuto e che vi abbia anche incuriosito, volevo farlo un po' più lungo ma... bwah beh... çvç ditemi un po' che ne pensate..
Au revoir,
Eleanor

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Capitolo 4
*** Chapter IV ***


{ Chapter IV }


Non c'è altra scelta. Se Kurama mi ha visto...
Kaiji chiuse la chiamata con Felicity e corse via da camera sua, andando vicino all'ingresso di casa sua, indossando il cappotto e uscendo di casa velocemente. Cominciò a correre per strada, per raggiungere il ristorante dove c'erano Felicity con gli altri.

❦ 
Mentre correva, un'ombra nera lo stava guardando. Quell'ombra ridacchiò.
«Ci si rivede»



Tsurumasa si voltò verso Felicity, che era rientrata dal bagno delle donne. Le sorrise. 
«Eccoti qua» disse.
La rosa sorrise. Midori ridacchiò e guardò alternativamente gli amici. «E' così bello che ci siamo rivisti!» affermò allegra.
«Lo penso anch'io» mormorò Norihito. Tsurumasa sorrise lievemente, ripensò ancora a ciò che aveva raccontato l'azzurro. Quindi Kaiji era lì in città... non vedeva l'ora di rivederlo. Felicity sorrideva, ma il rosso sapeva benissimo che sotto quel sorriso c'era qualcosa. Guardò la ragazza con aria perplessa e le toccò lievemente un polso, mentre Seto e Kurama parlavano per conto loro.
«C'è qualcosa che non va?» mormorò Hayami, guardandola ancora con aria perplessa.
«U-uhm? No, v-va tutto bene, Tsurumasa-kun» rispose a bassa voce Kanzaki.
«Sicura? Ti vedo un po'... strana» 
«Beh... v-volevo dirti-»
Midori mise un braccio dietro il collo di Felicity amichevolmente, sorridendo allegra.
«Su, adesso festeggiamo!» esclamò la rossa.
Tsurumasa sospirò lievemente, sorridendo e guardando le due ragazze. Felicity ridacchiò.
«Ah, come siete tristi voi due, un po' d'allegria, su!» disse Seto.
«Midori-tan ha ragione, sorridete un po' di più» ridacchiò Kurama.
«Kurama, ci penso io!»
E lì ci fu una risata collettiva, dopo qualche minuto poi arrivò una cameriera e prese le ordinazioni dei quattro ragazzi, che presero quattro okonomiyaki diversi. Passarono la serata al ristorante ridendo, scherzando, parlando anche dei loro ricordi degli anni scolastici, soprattutto quelli di dieci anni prima, anche se il periodo più “difficile” era nel secondo anno delle medie.
Appena Felicity e Tsurumasa tornarono a casa era più o meno l'una e mezza di notte. Felicity andò in cucina, mentre Tsurumasa andò in camera sua.
Mentre la rosa sistemava delle cose in cucina, sentì miagolare, anche troppo forte, sembravano quasi delle urla invece che miagolii di gatto. Andò verso il soggiorno e trovò la porta aperta della camera di Hayami con lui davanti e, vide Kuro-chan davanti a lui.
«Mi sta sgridando...» mormorò il rosso, cominciando a ridacchiare divertito guardando la rosa, che stava cominciando a ridere anche lei.
L’occhialuto prese in braccio il piccolo gattino nero, che mentre lo accarezzava, come sempre, gli faceva le fusa. Dopo qualche secondo mise giù il gattino e si diresse verso il corridoio per andare verso il bagno. Mentre il rosso era in bagno, la rosa si avvicinò a Kuro-chan, che si andò a poggiare sulle sue gambe mentre lei si inginocchiava davanti a lui per accarezzarlo.
Lo prese poi tra le sue braccia e gli avvicinò il viso con il suo musino, con espressione triste, sospirando.
«Secondo te che devo fare... glielo dico o no?» domandò a bassa voce, il gattino esalò un basso miagolio, avvicinandosi alla guancia della ragazza e toccandogliela con il suo piccolo naso umido. Dagli occhi di Felicity uscirono un po' di lacrime, mentre stringeva a sé il piccolo gatto nero.
Tsurumasa entrò in soggiorno e sorrise, ma appena sentì i bassi singhiozzi della ragazza si avvicinò a lei, preoccupato.
«Che succede, Felicity?» domandò.
«Oh?» la rosa mise giù il gatto e si asciugò il viso con le maniche della maglietta, poi si voltò verso il rosso, che poggiò la mano destra sulla sua spalla sinistra. «Va tutto bene, Tsurumasa»
«Non ci credo,» continuò, «è da quando siamo al ristorante che ti comporti in modo strano... sono preoccupato, mi dici che hai?»
Kanzaki lo guardò per un po', poi lo abbracciò, stringendosi al suo petto. «S-scusami» balbettò, ricominciando a piangere.
Hayami era piuttosto spiazzato, le accarezzò la testa e con l'altra mano la strinse a sé toccandole una spalla. «Ma per cosa, che è successo? Hai rotto qualcosa che c'era in camera mia... hai rotto qualche mio bicchiere, che hai fatto di male?»
La ragazza tra le lacrime gli rispose, «I-io... s-sapevo da molto p-prima di Kurama che Ha-hamano era qui in città... e io n-non te l'ho detto... s-scusami... s-scusa... i-io volevo dirtelo... ma avevo p-paura...».
Tsurumasa ridacchiò, continuando ad accarezzarle la testa. «Paura di cosa, scusa? So che non ti è mai piaciuto sentirlo, soprattutto da me, ma... beh, siamo amici, anzi, migliori amici e, comunque io non ti avrei mai fatto nulla di male. Stai tranquilla»
Felicity alzò lo sguardo, guardandolo negli occhi «S-sul serio?»
«Certo. Non sarei stato un vero amico sennò... e poi, se non ti perdonavo non ti abbracciavo, io ti ho abbracciato, no?» il rosso continuò a ridacchiare.
La rosa avvampò lievemente «Uhm... ha-hai ragione. G-grazie e... s-scusa lo stesso...» mormorò, mentre altre lacrime le scendevano dagli occhi.
«Adesso basta piangere però» disse Hayami, mentre l’abbracciò di nuovo.
«D'accordo», Kanzaki annuì e sorrise appena.
I due andarono ognuno nella propria camera dopo qualche minuto. Tsurumasa, proprio mentre si stava addormentando, ricevette un messaggio sul cellulare.
Prese il telefono e lo accese, assottigliò gli occhi, poiché la luce gli dava fastidio in quel momento. Guardò il display e di chi era il messaggio? Di Hamano. Lesse il messaggio, c’era scritto “Aishiteru”. Sussultò lievemente e avvampò, non sapeva proprio che scrivere, ma l'unica cosa da fare era rispondergli con un altro “aishiteru”, almeno era ciò che pensava lui, e così fece.
Poggiò il telefonino nel comodino vicino a sé, a destra e poi si rimise sotto le coperte, sospirando. Chiuse gli occhi e si addormentò dopo qualche minuto.

***

«Takano»
«Presente»
«Yamazaki» dopo pochi secondi aver pronunciato il cognome dell'alunna, Tsurumasa si guardò in giro. «Non c'è Yamazaki?» domandò alla classe.
«No, professor Hayami» il ragazzo che pronunciò quelle parole dovette pentirsi di averlo detto; la porta della classe si aprì e lì davanti c'era l'alunna Yamazaki.
«Buongiorno... m-mi scusi per il ritardo professor Hayami...»
«Hai la giustificazione?» domandò il rosso.
«No... m-ma gliela porto domani, promesso!» balbettò la corvina, inchinandosi davanti a lui. Hayami ridacchiò appena. «Va bene, va’ pure a sederti» disse dolcemente.
La ragazza camminò lentamente verso il suo banco e si sedette. Tsurumasa chiuse il registro di classe e prese il libro di scienze, cominciando a sfogliarlo.
«Prendete il libro a pagina centouno» disse, guardandosi in giro per la classe. Appena gli alunni aprirono il loro libro, il rosso si alzò e cominciò a fare dei disegni della materia alla lavagna, stava disegnando dei vari atomi, protoni, elettroni e neutroni, iniziando anche a spiegare l'argomento. Dopo qualche minuto si interruppe, risedendosi alla cattedra e prendendo in mano il libro, aprendolo. «Leggi tu, Matsumoto»
«Sì, professore» disse un ragazzo dai capelli blu, lisci e lunghi fino a metà collo, occhi azzurri, alzandosi in piedi davanti al banco e iniziando a leggere. Tsurumasa, si distrasse per un attimo a guardare il secondo banco della fila sinistra vicino alla finestra, dove c'era seduta Yamazaki Fuyuko; era con le braccia conserte sul banco, poggiata sopra a quelle c'era la sua testa e il suo sguardo era rivolto verso la finestra. 
«Ehm... professor Hayami...» disse Matsumoto, richiamando l'attenzione di Hayami.
«Sì?»
«Ho finito di leggere...»
«Oh, ehm... puoi sederti...» Matsumoto annuì e si risedette. «Leggi tu, Itou»
«Va bene» annuì una ragazza dai capelli lunghi, mossi, raccolti in una coda di cavallo alta, aveva una frangia che le arrivava fino alle sopracciglia e occhi color nocciola. Si alzò davanti al banco e cominciò a leggere.
Appena finirono le ore scolastiche, Tsurumasa uscì dall'edificio della Raimon sorridendo, poi si accorse di Fuyuko che mentre camminava verso il cancello, barcollava e camminava piano. Si avvicinò velocemente a lei.
«Yamazaki, tutto bene?» le chiese.
«O-oh?» la corvina si voltò verso di lui «P-professor Hayami... sì, s-sto bene...» rispose lei, toccandosi il ciuffo che copriva il suo occhio destro.
«Ne sei sicura? Stai tremando un po' e... quando cammini... barcolli; e poi anche stamattina ti ho vista che eri un po’ sovrappensiero»
Yamazaki rimase in silenzio, abbassando lo sguardo, poco dopo lo rialzò, guardando Hayami negli occhi. «Professor Hayami... posso confidarmi con lei?» domandò.
Me l'aspettavo che c’era qualcosa che non andava... pensò il rosso. «Certo, vieni in sala professori, in questo momento è vuota e possiamo parlare tranquillamente» le rispose gentilmente, invitandola a rientrare nell'edificio della Raimon Jr. High insieme a lui.
Appena arrivarono nella sala professori, la fece sedere in un tavolo, lui si sedette davanti a lei.
«Su, racconta» disse.
Fuyuko deglutì lievemente, alzandosi le maniche della sua divisa scolastica e facendo vedere gli avan bracci a Tsurumasa. C’erano delle ferite, alcune leggere e altre molto profonde, e colava ancora un po’ il sangue. Il rosso guardò le ferite dell’alunna, con espressione sconvolta…
…Gli tornò in mente undici anni fa…



I singhiozzi erano piuttosto soffocati, voleva cercare di abbassare il volume dei suoi singhiozzi, ma il risultato era quello. Le lacrime gli solcavano il viso, scendevano sempre di più; gli occhiali erano poggiati nel letto, a fianco a lui, era seduto e aveva le mani sul viso.
«Io me lo merito» iniziò il ragazzo dai capelli rossi, «Merito solo la morte. Perché sono ancora qui? Qualcuno me lo può dire?».
Poggiate sul comodino vicino al suo letto, vide delle forbici. Lame appuntite, affilate come dei coltelli o delle asce. Si avvicinò al comodino e prese le forbici.
Aveva sempre avuto paura delle cose appuntite, delle lame, dei coltelli, aveva paura di morire. Ma in quel momento lo voleva, voleva morire davvero e non gli importava niente. Poggiò le forbici nelle sue gambe e si scoprì gli avan bracci, cominciando così a tagliare la pelle del braccio destro, alcune lacrime andavano lì, bruciandogli la pelle; faceva male, anche troppo, ma voleva continuare, così continuò a tagliare, tagliare ancora, procurandosi un sacco di ferite sul braccio. Finito lì cominciò nell’avan braccio sinistro. 
Cercò di resistere ai gemiti e alle urla di dolore, si morse il labbro inferiore, procurandosi una piccola ferita, dove uscì un po' di sangue, cercando di resistere al dolore.




«Professor Hayami... si sente bene?» domandò Fuyuko, con aria preoccupata.
Tsurumasa si voltò verso di lei, interrompendo i suoi tragici ricordi «Sì.. sì, sto bene, Yamazaki.» le rispose, «È solo che… mi hai ricordato… me… quando avevo la tua età…»
«C-come?» balbettò la corvina, «Anche lei si tagliava, da ragazzo?».
«Sì... esattamente» mormorò il rosso, guardandole ancora gli avan bracci; i tagli della ragazza erano molto più profondi di quelli che si faceva lui, ma magari lei se li faceva più spesso e non lo diceva, così decise di domandarglielo: «Ma questi tuoi tagli... voglio dire... te li fai abitualmente?»
«Sì, ogni giorno... P-professore... io...» Yamazaki iniziò a piangere, mettendosi le mani in volto. Hayami l'abbracciò, per darle conforto; ormai per lei non era più solo un professore, era un amico con cui parlare, era soprattutto per questo che gli alunni ammiravano Hayami, lui consolava i suoi alunni, li proteggeva, voleva loro bene, molto.
«Puoi superare questi momenti, come li ho superati io;» disse Tsurumasa, «dimmi... hai problemi in famiglia?».
«S-sì... c-come l’ha intuito?» domandò la corvina, «Anche lei aveva problemi in famiglia?».
«No, beh, io avevo problemi con gli amici... in famiglia andava tutto bene, solo il mio migliore amico sapeva della mia tristezza...»
Fuyuko non rispose, si limitò solamente ad ascoltare. Tsurumasa le accarezzò lievemente la testa. «Qualche tuo amico sa della tua tristezza?»
La corvina scosse lievemente la testa, continuando a piangere alzando lo sguardo, facendolo incontrare con quello del rosso, che le sorrideva.
«Ti aiuterò; magari ai colloqui parlerò con i tuoi genitori, farò loro un bel discorsetto»
Yamazaki annuì, accennando un sorriso. «La ringrazio professor Hayami»
«Quando serve aiuto, sai sempre dove trovarmi~» disse Hayami, sorridendole; ma subito dopo cambiò espressione, da sorridente a pensierosa. «Anzi in realtà no, dato che sono in altre classi e il lunedì ho giorno libero»
Fuyuko ridacchiò, seguita poi da Tsurumasa.

***

Tsurumasa camminava per strada, tornando a casa sua. Aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Improvvisamente si fermò. Si sentiva osservato, seguito, dietro di sé sentiva dei passi. Cercò di non pensarci e ricominciò a camminare, tremando lievemente. Si fermò di nuovo. Altri passi che si avvicinavano a lui. Si guardò in giro e guardò il suo orologio da polso velocemente, come diversivo, e prese a correre velocemente.
I passi che lo seguivano si facevano veloci, allora lui aumentò la velocità della corsa, nascondendosi poi dietro un muro di mattoni. Il respiro si faceva sempre più irregolare, affannoso, per via della corsa veloce che aveva fatto.
I passi si avvicinarono a lui, ormai era finito in un vicolo cieco, era in trappola. Si appiattì al muro, come se in qualche modo poteva proteggerlo, ma una carezza che iniziò sulla guancia e finì sul collo, gli fece riaprire gli occhi che poco prima erano chiusi e strizzati.
«Tsurumasa-san» sibilò una voce maschile.
Era così familiare a Tsurumasa, era proprio lui. «Ha-hamano-kun...» balbettò a bassa voce, incredulo. Sorrisero, il rosso stava piangendo, commosso e si abbracciarono, stringendosi forte.
«Inizialmente mi sono spaventato... mi hai fatto paura...» mormorò Hayami, stringendosi un po' più al corvino.
«Scusami...» ridacchiò Hamano, stringendosi anche lui al rosso e accarezzandogli lievemente la schiena. Poco dopo si guardarono in volto, sorridendosi. 
Tsurumasa si toccò un occhio con un dito, stava ancora piangendo dalla felicità. Kaiji lo guardò.
«Sei... sei così bello» gli mormorò, facendolo avvampare in volto.
«Ha-hamano...» balbettò l'altro, ancora piangendo.
«Mi sei mancato... tantissimo» gli sussurrò ancora, questa volta avvicinandosi al suo orecchio.
L'occhialuto ridacchiò lievemente, ancora con le guance teneramente rosse. «A-anche tu mi sei mancato tanto» disse timidamente, «B-beh... ma non dovremmo stare qui... potremmo dare s-spettacolo, non ti pare?».
Kaiji sbuffò lievemente, ridacchiando «Dolce timidone, non sei cambiato di una virgola a parte l'aspetto fisico~» gli disse, baciandogli lievemente la guancia sinistra. Anche se... ora siamo uguali in altezza, heh~ pensò poi. «Va bene... casa tua?»
«Certo» rispose il rosso.

***

Felicity aprì la porta e davanti a sé vide Tsurumasa e Kaiji. Sorrisero, il corvino e la rosa si abbracciarono amichevolmente.
«Finalmente vi siete trovati...! Oddio, come sono commossa...» disse Kanzaki, sciogliendo l'abbraccio suo e di Hamano e guardando i due sorridendo, mentre Hayami chiudeva la porta.
«Ohw... mi ricordate i vecchi tempi, Santo Cielo...» mormorò Felicity, mettendosi le mani davanti alle labbra, come per resistere al pianto di gioia.
«No, dai, è già tanto se ho pianto io, Felicity-chan» ridacchiò Tsurumasa, seguito poi dagli altri due.
«S-sì, sì scusatemi... ah, cavoli... avevo letto da qualche parte infatti che “i ricordi vanno dimenticati, se brutti ti faranno sentire male, e anche se belli ti fanno sentire male lo stesso perché non puoi più ricostruirli”... o qualcosa del genere» disse la rosa, asciugandosi le varie lacrime che stavano già scendendo dai suoi occhi.
«Però allo stesso tempo, è bello ricordarsi dei vecchi tempi, no?» commentò Kaiji, sorridendo.
«Sì, è vero» rispose il rosso.
«Anche se... quei tempi erano un po’... tristi per te, Tsurumasa-kun» mormorò Kanzaki.
«Beh, guardiamo i lati positivi, su» rise Hayami, Hamano gli diede una piccola pacca sulla spalla.
«Ehi, ehi, ehi, stai andando nell'altra sponda? Stai finalmente diventando un po' più ottimista, eh?~»
Tsurumasa ridacchiò, mentre Kaiji gli diede un lieve bacio sulla guancia. Felicity li guardò, sorridendo.
«Ma che dolci che siete... comunque Tsurumasa è ancora pessimista, te lo dico io, Kaiji, anche se mi dice che i suoi alunni lo apprezzano, ci sono altri che non lo apprezzano affatto e ha paura che»
Tsurumasa fece un lieve colpo di tosse, bloccando ciò che stava spiegando Felicity. «Sempre sui particolari, ehm»
«Alunni? Tsurumasa, tu sei un professore?» domandò Kaiji.
«Già, professore di scienze e fisica» rispose il rosso, sorridendo.
«Ohw, quindi non hai molto tempo libero...» mormorò triste il corvino.
«Beh, ovviamente, la domenica è libera e il lunedì anche»
Hamano sorrise. «Bene, bene... qualche domenica vuoi farmi compagnia a casa? Magari dormi da me e torni lunedì pomeriggio»
«Mh, sarebbe una bella idea»
«E magari qualche volta porti anche Felicity, uff, odio stare solo... anche se c'è il mio cane»
«Hai un cane? Noi abbiamo un gatto, anche se è più mio che suo» disse Hayami, ridacchiando.
Kanzaki bloccò la loro conversazione. «Ehi, non stiamo così in piedi... vi va’ del tè? Ci mettiamo nel kotatsu, dato che c’è freddo»
«Sì, in effetti mi fanno male le gambe a stare così» disse il rosso, voltandosi verso il corvino.
«Sono d'accordo».
I due andarono verso il soggiorno, mentre la rosa si avviò in cucina, a preparare il tè. Tsurumasa e Kaiji si misero sotto le coperte del kotatsu, sedendosi davanti a quello. Si scambiarono un sorriso, poi il corvino si avvicinò al suo volto, baciandogli dolcemente le labbra. Il rosso ricambiò il bacio, mentre l’altro iniziava ad approfondirlo, iniziando a dare un po’ di morsi sulle labbra e facendo intrecciare la lingua con quella dell’occhialuto, che si sentiva le guance in fiamme da quant’erano rosse.
Dopo pochi minuti, Felicity guardò la scena, tornata con il vassoio con sopra tre tazze di tè, bustine di zucchero e tre cucchiai. I due erano a terra, ancora baciandosi. Appena sentirono Felicity avvicinarsi a loro, si ricomposero, Kaiji si mise nuovamente nel suo posto e Tsurumasa nel suo, entrambi imbarazzati.
«Sc-scusaci Felicity» balbettò il corvino, quasi ridacchiando e con le guance rosse.
«S-scusa» mormorò a bassa voce il rosso, anche lui balbettando e con il volto completamente rosso.
La rosa ridacchiò e si mise nel suo posto, davanti al rosso, poggiando il vassoio nel tavolino in legno, prendendo la sua tazza, la sua bustina di zucchero e il suo cucchiaino. «Non importa» disse, anche lei con le guance un po' arrossate. «Siete veramente teneri... allora è vero che gli opposti si attraggono, forse anche molto~».
«F-f-fe-felicity-chan!» esclamò Hayami, ormai imbarazzatissimo, quasi non riusciva a parlare.
Hamano si mise a ridere, seguito poi da Kanzaki e Hayami. Mentre bevevano il tè parlarono un po’, di cosa fanno in casa, di cosa fanno di solito e, Kaiji raccontò a Tsurumasa -perché a Felicity l'aveva già raccontato al telefono- del perché era in India. Il rosso capì, doveva dirlo a Norihito, in fondo non voleva che lui continuasse a credere che fosse un traditore della loro amicizia.
Dopo quel fatto, continuarono un po' a parlare di come passavano la loro giornata di solito, insomma, la solita routine. Hamano raccontò anche che doveva cercarsi lavoro, lo stesso Kanzaki, dato che non voleva che lavorasse solamente Hayami in casa, avrebbe faticato troppo, per lei. Felicity e Tsurumasa raccontarono anche un po' di Norihito, che faceva il dottore all'ospedale vicino alla Raimon Jr. High -solo che il rosso e l'azzurro non avevano molto tempo per vedersi-. Kaiji ne era piuttosto sorpreso, non se l'aspettava da lui.
Passarono la giornata così, parlando un po' del più e del meno e, si fecero le undici di sera, anche se avevano cenato insieme, non ci avevano proprio fatto caso.
«Ohww... mi sa proprio che devo tornare a casa!» esclamò il corvino, con espressione teneramente imbronciata.
Felicity e Tsurumasa fecero una piccola risatina, poi la prima si avvicinò a quest'ultimo, sorridendo, ma rivolta verso Kaiji. «Ehi senti, Kaiji-kun... puoi rimanere qui, se vuoi, per oggi»
L'occhialuto arrossì. «E-e-eeehm... s-sì! Felicity ha ragione!»
«Ma non ho il ricambio... come faccio?» domandò il corvino.
«Te lo presta Tsurumasa-kun! State nella camera insieme, veeero Tsurumasa, mh?~»
«E-ehm... s-sì, ti presto tutto io...»
«Perfetto, quindi sei a posto! Oggi rimani qui a dormire, Kaiji!» esclamò la rosa, andando il corridoio e dirigendosi in camera sua, sembrava quasi come se volesse fuggire. Il rosso si alzò dal cuscino del kotatsu e corse verso la camera di Kanzaki, riuscendo ad aprire la porta e le sussurrò ridacchiando, ma con tono minaccioso: «Se stai pensando di stalkerarci mentre dormiamo, te lo scordi proprio, mia cara. Sei una donna morta se lo fai».
Kanzaki gli sorrise, un sorriso che aveva una punta di malizia «Ohhh, ma davvero? Guarda, ho un sacco di paura, io. Tanto lo so che non dormirete stanotte~»
Hayami rimase un po’ in silenzio, poi bofonchiò un’altra frase che si poteva considerare comicamente minacciosa «Razza d’una yaoista pervertita che non sei altra».
La ragazza rise, e chiuse la porta di camera sua, continuando a ridere. Si mise a ridere anche il rosso, che si diresse verso il soggiorno e guardò Hamano, trasformando la sua espressione da ridente a imbarazzata «Beh... allora sistemo il letto» disse a bassa voce, andando in camera sua.





{ Angolo di Ele }
Eeeeed eccomi qua, finalmente! Yay! Ce l'ho fatta *^*
Anche se sono in ritardo, ma... "meglio tardi che mai", no? *appare Midorikawa selvatico, Nozomi manda in campo Haruna! (?)* No okay.
Beh, spero che vi sia piaciuto questo capitolo, ditemi tutto tramite un piccolo commento!~
Au revoir,
Eleanor

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


notes: mi sto abituando a fare l’angolino sopra invece che sotto e, ODDIO SONO COMMOSSO PERCHÈ STO TIPO AGGIORNANDO, SÌ! Uh, bene, ora mi calmo. E, unica premessa: c’è una scena inedita del “dieci anni fa”, è nella fanfiction precedente, quindi nel prequel, ma inedita cuz l’ho pensata ora, HAHAHA sono intelligente, sì.

Capitolo V

Tsurumasa aprì gli occhi, sentendoseli quasi “bruciati” dalla luce solare del mattino. Si mise seduto, togliendosi dal collo – quasi lo strozzava – il braccio di Kaiji, per poi stirarsi le ossa delle braccia; subito dopo si alzò in piedi, prendendo il telefono e notando che nello schermo c’era scritto “04:05 AM”.
Scrollò le spalle, ormai si era alzato, dopotutto. Prima di uscire da camera sua, sistemò le coperte a Kaiji, sorridendo, subito dopo uscì dalla stanza, preparando il caffè.
Sbadigliò, mettendosi una mano davanti alle labbra. Poi si ricordò di una cosa, sussurrandola tra sé e sé: «Oggi ci sono i colloqui con i genitori…» continuò, «Chissà se in qualche modo posso sistemare la situazione di Fuyuko… magari parlandone con sua madre o suo padre…».
Passò la mattinata sbadigliando, anche mentre guardava la TV, mentre beveva – la seconda – tazza di caffè. Verso le cinque e mezza si addormentò sul divano, con la tazza mezza vuota del caffè poggiata sul tavolino – tra l’altro c’era anche una goccia della bevanda che stava cadendo dalla tazza da poco prima. La tovaglietta del tavolino che era sul punto di cadere, come anche Tsurumasa, che era spaparanzato sul divano a dormire, russando rumorosamente, forse era la posizione in cui era messo che lo faceva russare così.
Verso le sei, il ragazzo si sentì scuotere da qualcuno, e sentì una voce femminile, molto familiare, che lo continuava a chiamare in lontananza.
«Svegliati, Tsuru-chan!» esclamò Felicity.
Il ragazzo scattò in piedi, mettendosi sull’attenti «Signorsì!», urlò.
«Ma che ti prende?! Vatti a preparare, che tra un po’ passa il pullman per andare a scuola! E ricordati che stasera hai i colloqui con i genitori!»
«A-a-ah! Sì hai ragione Felicity!» esclamò intimorito, «Mi sono addormentato pur avendo bevuto due tazze di caffè, che vergogna…» subito dopo si riprese, «Ma non devo perdere tempo, devo andare a vestirmi!»
Subito dopo, Hayami scattò in camera sua – stranamente non riuscendo a svegliare Hamano, ci voleva ben altro per svegliarlo, a quanto pare – e prese i suoi vestiti, correndo in bagno. Qualche minuto dopo si trovava già fuori di casa. Felicity si guardò un momento in giro, notando che la cartella di Tsurumasa era poggiata sul comodino vicino al divano.
Corse fuori casa e, non appena vide che il ragazzo era già lontano, urlò il suo nome, lanciando verso di lui la cartella, che lo colpì dritto sulla schiena; ma almeno, la prese, poi urlò un ringraziamento alla ragazza dai capelli rosa, correndo subito davanti alla fermata.

La sera, verso le cinque e mezza – quindi un’oretta dopo l’orario scolastico – cominciarono gli incontri con i genitori. Come di consueto, Tsurumasa si trovava sempre lì in ritardo, era lì da solo, nell’aula professori a prendere le pagelle di tutte le classi in cui insegnava, poi mise dentro il suo armadietto un paio di libri, subito dopo andò verso l’aula che gli era stata “affidata”, in cui c’erano un professore di tecnologia e l’altra era una professoressa di inglese.
Lui si sedette nel suo banco, poggiando le pagelle vicino a lui. Davanti a sé vide una donna di media altezza, dai capelli blu con sfumature azzurre e occhi azzurri, vestita con una tuta da ginnastica rossa.
«Salve» disse. Hayami ricambiò il saluto, stringendole la mano, poi entrambi si sedettero l’uno di fronte all’altro.
«Sono la madre di Yoshimoto Takeshi» sorrise la donna.
«Oh, sì, vediamo un po’… seconda M...» mormorò, cercando nel registro la sezione dell’aula, trovandola, subito dopo cercò il nome Matsumoto. Non appena lo trovò, sorrise, «Takeshi è un ragazzo molto educato e allegro» continuò, «Certo, mi spiace dirlo… ma, almeno, nella mia materia… dovrebbe impegnarsi un po’ di più. Ho visto la sua pagella, e vedo che eccelle molto nella lingua inglese e francese, ma anche giapponese»
«Sì, mio figlio è un appassionato di lingue, un giorno vorrebbe visitare l’Inghilterra, l’America e la Francia»
«Lo vedo, spesso me lo dice» ridacchiò, «Con me gli studenti tendono spesso a confessarsi, a raccontare molte cose che succedono in casa, non so perché»
«Non so, forse perché è il più giovane» ridacchiò la donna, «Non so se posso permettermi, quanti anni ha?»
«Ho ventiquattro anni…» rispose lui, «Non sono l’unico “giovane” però, c’è anche un professore di matematica, che ha solo due anni in meno di me, o un’insegnante di giapponese che ha un anno in più di me».
«Pazzesco» disse lei, «Comunque… se vuole posso aiutare mio figlio, ma ho paura che lui non voglia essere aiutato da me, sa’, è molto testardo…»
«Non si preoccupi, presto inizieranno i corsi di recupero, in fondo molti di questa classe hanno difficoltà in questa materia, dicono che capiscono come spiego, ma… dopo se lo dimenticano subito, ma credo che sia un problema loro perché non ascoltano come dovrebbero»
«Su questo sono d’accordo con lei» ridacchiò la donna, «Mi scusi, ora devo andare, ho palestra proprio tra pochi minuti»
«Aspetti, vuole prendere la pagella di suo figlio?»
«Sì, grazie»
Tsurumasa cercò tra le pagelle e, non appena trovò quella di Yoshimoto, la diede gentilmente alla donna, sorridendole. Subito dopo, quest’ultima uscì da quell’aula, salutandolo.
Passarono da lui altre due persone, uno era un uomo, che era il padre di Itou, e l’altra era la madre di Takano. Passarono un paio di minuti e, si trovò davanti una donna di vecchia conoscenza.
«…Eleanor?» mormorò.
«Ciao» salutò, sorridendo appena.
«Ma… tu che ci fai qui?» domandò.
La guardò meglio, era vestita come una semplice donna che si stava avvicinando ai quarant’anni, che era appena uscita da lavoro. Soprabito nero, camicia bianca con papillon nero, gonna lunga fino alle ginocchia, stretta e nera, stivali neri, i capelli, soliti, castani, lisci e con frangia lunga fino alle sopracciglia, legati però in un’unica odango; gli occhi erano sempre gli stessi, sottili – in quel periodo molto più di venti-dieci anni fa - di color castano scuro, che con quelle ciglia assomigliavano agli occhi di Kyousuke o Masaki. Gli venne alla mente un vecchio ricordo, di dieci anni fa…
Eleanor teneva tra le sue braccia Tsurumasa, che aveva il volto poggiato sulla sua clavicola, con quel solito sguardo triste. La ragazza, non appena sorrise, pensò a dieci anni fa, quando aveva diciannove anni – anche meno, quindi possiamo fare anche venti anni fa – che era sempre con quello sguardo serio, a fissare tutto e tutti, come se fosse sempre senza emozioni, incapace di sorridere, di esprimere rabbia, gioia, tristezza.
«Tu pensi di essere così, ma io non la penso come te» disse Eleanor, «Conosco bene le tue qualità, e ne hai un sacco»
«Non è così» mormorò il rosso, «Dentro di me c’è un essere impuro, spregevole»
«Smettila, io non ti credo. Sei una persona speciale», continuò, «Saresti un insegnante perfetto, per mia figlia».
Hayami alzò lo sguardo, poi si mise seduto davanti a lei. «Tu sei incinta?»
«Sì» ridacchiò lei.
«Ma… allora perché ci provi con me?»
«Oh, non so, mi sono sempre piaciuti i ragazzi più piccoli di me, il mio ragazzo infatti ha due anni in meno di me»
«Ma tu non mi hai mai detto di essere fidanzata!»
«Oh, su, volevo farti spaventare un po’!»
Figlia… è di sicuro una delle mie alunne.
Scosse lievemente la testa, poi sorridendo gentilmente fece sedere davanti a sé Eleanor. Rimasero in silenzio per un po’, poi Tsurumasa riprese la parola.
«Ma tu… madre di chi sei?»
«Yamazaki Fuyuko» rispose lei.
Sentendo quel nome, Hayami prese a sudare freddo. Non sapeva proprio cosa dirle. Sorrise appena, prendendo la pagella di Fuyuko.
«Diciamo, che… beh, da lei mi aspettavo meglio… sto cercando di aiutarla, ma sembra che lei, insomma… non riesca… “a comprendere”» spiegò, gesticolando.
«Capisco… in fondo siamo entrambe in un periodo difficile» rispose Eleanor.
«Come mai?» domandò Tsurumasa.
«Vedi, mio marito è morto pochi giorni fa, ma non abbiamo mai saputo che malattia ha contratto, e quindi in casa c’è quasi sempre e solo Fuyuko da sola, io sono fuori per lavoro… devo mantenere il posto come se fossi due persone contemporaneamente…»
«Mi dispiace molto… è terribile».
Rimasero per un po’ in silenzio, poi Hayami si alzò in piedi, guardando Eleanor dall’alto al basso.
«Presto ci saranno i corsi di recupero, ma lei non la voglio mantenere solo per le mie materie. In fondo sento dire da molti che non riescono a comprendere le spiegazioni della maggior parte dei professori, ma loro riescono a rimediare, lei invece continua a scendere. Vorrei aiutarla personalmente, tenerla di più a scuola, poi magari accompagnarla a casa se si fa tardi. Che dici, ti va bene?»
La donna lo guardò, inizialmente perplessa, poi spalancò leggermente gli occhi, stupita, per poi sorridere, alzandosi e guardando, ancora sorridente, il ragazzo. Gli strinse la mano destra con entrambe le mani, «Ti ringrazio» disse.
«Ah, figurati, per me non c’è problema, anzi, è un piacere… adesso Fuyuko come sta? È a casa o è qui con te?»
«È giù vicino al cancello della scuola insieme a un’amica di un’altra classe, non so se la conosci o se è tua alunna, si chiama Serenity Jones»
Tsurumasa spalancò leggermente gli occhi, «Serenity hai detto?» domandò, ricordandosi della ragazza bionda che gli appariva sempre in sogno quando era in seconda media.
«Sì, si chiama Serenity… è tua alunna?»
«No, sarà di qualche altra classe…» mormorò, perplesso, poi sorrise, «Non farci caso a questa mia reazione» ridacchiò.
«Non importa» sorrise Eleanor di ricambio, «Ora devo andare»
«Oh, sì… d’accordo. Ci vediamo presto allora»
«Certo, a presto».
Dopo che Eleanor se ne andò, arrivarono altri genitori destinati a lui, alcuni mancavano, ma almeno c’erano quasi tutti. Non appena gli orari dei colloqui furono conclusi, Tsurumasa tornò in sala professori e mise a posto alcune cose – comprese le pagelle – nel suo armadietto, poi tornò a casa.
Qualche giorno dopo – proprio il giorno in cui dovevano cominciare i corsi di recupero serali – la mattina, Tsurumasa decise di chiedere ai professori se poteva tenere, per Fuyuko, non solo le lezioni delle sue materie, ma anche quelle delle altre. Loro erano d’accordo, dato che per loro, Fuyuko era una ragazza a cui non piaceva fare niente, né disegnare, né stare al telefono, tanto meno studiare.
Hayami sospirò, mentre ci pensava, percorrendo la strada del corridoio per andare nella classe in cui doveva andare in quel momento. Da lì non si prospettava una bella giornata, come direbbe Midorikawa: “il buongiorno si vede dal mattino”, pensava.
Entrò in classe, più precisamente in 3-A. Cominciò a fare l’appello, poi diede i giorni e gli orari per i corsi di recupero, subito dopo cominciò a spiegare la lezione di fisica.
La sera, verso le cinque e mezza, cominciarono i corsi serali. Le classi erano miste, le prime andavano con le prime, le seconde con le seconde e le terze con le terze, quindi se gli alunni delle classi erano pochi, la maggior parte non si conoscevano – o, se si conoscevano, erano amici da un po’ di tempo.
Nella classe in cui doveva insegnare quel giorno Tsurumasa, c’erano alunni differenti delle seconde, ed erano nell’aula di una terza – quindi le aule erano abbastanza casuali.
Di alunni della 2-B c’erano Fuyuko e Matsumoto, mentre gli altri – per loro due – erano quasi tutti sconosciuti, soprattutto per Fuyuko, che là in mezzo conosceva solamente Serenity, che era la sua migliore amica, ovviamente si sedettero vicine, nel primo banco vicino all’entrata della classe; Fuyuko si mise vicino al muro, mentre Serenity nell’altro posto a sinistra.
Una ragazza dai capelli rossi e lisci, insieme a due ragazzi, uno dai capelli blu e corti e l’altro verdi e di media lunghezza, si avvicinarono al banco di Yamazaki e Jones.
«Ma guarda guarda, Yamazaki, anche tu sei qui!» disse la ragazza, ridacchiando, i due ragazzi la seguirono.
Serenity aveva lo sguardo rivolto al cellulare, ne approfittò per scrivere un messaggio a Fuyuko, che guardava con aria perplessa i tre ragazzi. Non appena il cellulare della corvina vibrò tra le sue mani, guardò il messaggio da parte della celeste.
“Ignorali” c’era scritto. Yamazaki decise di seguire ciò che c’era scritto, rimanendo fissa con lo sguardo sul cellulare.
«Ehi, Yamazaki-chan, ti ho appena salutato» continuò a dire la rossa.
«Già, ti abbiamo salutato, tu non saluti?» domandò il blu.
Matsumoto si avvicinò ai tre, «Lasciatele stare…»
«Eh dai, Tsukki, le stiamo solo salutando» disse il verde.
«Vi conviene lasciar perdere, venite qua adesso».
I tre si avvicinarono a Matsumoto – da loro soprannominato “Tsukki” – che prese il cellulare e su Line creò un gruppo con Serenity e Fuyuko, chiamato “We are cool, that’s all”, scrivendo “adesso potete stare tranquille”.
Serenity sorrise, poi diede un piccolo colpetto sul braccio di Fuyuko. «Dai, almeno abbiamo qualcuno di cui fidarci» le sussurrò.
In quel momento entrò in classe Tsurumasa, e tutti si sedettero nei loro banchi.
«Buongiorno professore» dissero i ragazzi, alzandosi dai banchi e inchinandosi davanti ai banchi. Il ragazzo ricambiò il saluto, poi fece firmare ai ragazzi su un piccolo registro i loro nomi a fianco a quelli dell’elenco.
Cominciò a spiegare la lezione, che – in pratica – ricominciava dall’inizio, quindi da “cosa è la fisica” e viceversa.
Non appena finì la lezione – che era solo di due ore, una di fisica e l’altra di scienze – tutti uscirono.
«Aspetta, Yamazaki» disse Tsurumasa.
«Uh?» Serenity e Fuyuko si voltarono verso di lui.
«Tu va’ pure, Serenity» le disse la corvina, e si salutarono.
Fuyuko si avvicinò a Tsurumasa, perplessa. «Professore?» pronunciò, «Come mai… mi ha chiamata?»
«Vedi… ho chiesto a tutti i professori della tua classe se mi lasciavano con te non solo per le mie materie, ma anche per le loro. Così non solo ti aiuterò nello studio, ma… magari possiamo parlare insieme dei tuoi problemi»
La ragazza rimase in silenzio ad ascoltarlo, poi abbassò appena lo sguardo, indecisa, ma subito dopo lo rialzò «Ne ha parlato con mia madre ai colloqui, vero?».
Hayami ridacchiò, «Sai, non immaginavo che tua madre fosse una mia amica di dieci anni fa, che cercava sempre di consolarmi… sai cosa mi disse? Mi disse che per te, sarei stato un perfetto insegnante».
«Quindi la conosce da quando aveva la mia età?»
«Esatto… mi ha raccontato di tuo padre, e dei suoi problemi con il lavoro. Poi, mentre entravo in classe, sentivo delle voci e, ho notato che ci sono dei ragazzi che ti prendono in giro. Mi dispiace di non averlo notato prima… sai, io vorrei prendermi sempre cura dei miei alunni, specialmente di te» continuò, «Non sto facendo alcuna preferenza, ma… credo che tu sia quella che abbia più bisogno d’aiuto. Tra la tristezza deve essere difficile fare i compiti e studiare, come ti ho già detto è capitato anche a me».
«Non mi prendono solo in giro…» mormorò.
«Uhm? Che intendi?»
«Vede… come ha detto, non ha notato alcuni avvenimenti che mi sono successi… le racconto quelli più recenti…» e cominciò a raccontare.
Raccontò che quella stessa ragazza dai capelli rossi che era in quel momento in classe, un giorno le buttò addosso un secchio d’acqua, un giorno era ghiacciata, l’altra era bollente.
Un altro giorno, un’altra ragazza, insieme a quella dai capelli rossi, la portarono in bagno e la buttarono in un secchio d’acqua pieno di detersivo per lavare per terra, poi le misero la testa dentro l’acqua della tazza del water e, quello stesso giorno dovette uscire prima da scuola, fortuna che c’era sua zia a prenderla.
«…è davvero terribile… ma perché lo fanno?»
«Alcuni credono che io faccia paura… che io sia posseduta… e allora, dato che loro hanno paura, preferiscono prendermi in giro invece che “aiutarmi”… sparlano di me… in continuazione, le voci più famose di me è che faccio riti satanici, o che sono un’otaku… ma io sono una semplice ragazza e… non passo il mio tempo guardando anime o leggendo manga…»
«Ma poi non c’è nulla di male nell’essere appassionata di qualche serie, no?»
«Giusto, però…»
«Tu stai tranquilla, per il momento posso solo dirti di ignorarli, ma se ti trovassi in altre situazioni del genere, ti consiglio di iscriverti ad una palestra di autodifesa, ad esempio un mio amico fa arti marziali, potrei chiedere a lui»
Fuyuko abbassò leggermente lo sguardo, «Non so se sarò capace»
«Calma, con pazienza imparerai tutto. Ti assisterò».
La corvina rialzò lo sguardo, quasi commossa dalle sue parole; sorrise, iniziando a far scendere delle lacrime dai suoi occhi, «La ringrazio professore»
«Chiamami pure con il mio nome e darmi del tu quando siamo soli» ridacchiò lui.
«Va bene se ti chiamo Hayami?»
«Puoi chiamarmi come vuoi».
I due si sorrisero, poi programmarono per la prossima lezione di corsi serali, altre lezioni di altre materie in cui doveva essere aiutata. Tsurumasa accompagnò Fuyuko a casa sua – ovviamente guidato da quest’ultima – e non appena arrivarono, si salutarono.
Hayami andò alla fermata dell’autobus, non appena arrivò, salì e si sedette in un sedile della prima fila, guardando il finestrino e sorridendo, lasciando cadere una lacrima solitaria dal suo occhio destro.

—Si trovò in un posto completamente illuminato; non sembrava affatto la Terra e non sembrava neanche l’autobus su cui era seduto.
Si guardò in giro, perplesso. Qualcosa emanò una luce accecante davanti a lui, si mise le braccia davanti agli occhi; non appena finì, guardò cosa c’era davanti a lui.
Era lei.
«Tsurumasa» disse la bambina, «Sei riuscito a resistere alla tentazione del suicidio… è così?»
«Non è possibile… sei proprio tu…»

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


note: quanto è che non aggiorno? Da secoli. E oggi che avevo ideuzze ho deciso di aggiornare, yay! Per la gioia di tutti (?) spero che questo capitolo vi piaccia anche se c'è tanta suspance alla fine del capitolo come al solito, non odiatemi. <3 ah e ho cambiato font, non so perché. /?/ ah, e ricordate il prequel di questa fanfic, "what am I really?"? Ho fatto uno spin-off su Minamisawa per cercare di spiegare meglio la situazione, si trova proprio qui, se volete passateci!
 



 


Capitolo VII
 

—Si trovò in un posto completamente illuminato; non sembrava affatto la Terra e non sembrava neanche l’autobus su cui era seduto. 
Si guardò in giro, perplesso. Qualcosa emanò una luce accecante davanti a lui, si mise le braccia davanti agli occhi; non appena finì, guardò cosa c’era davanti a lui. 
Era lei. 
«Tsurumasa» disse la bambina, «Sei riuscito a resistere alla tentazione del suicidio… è così?» 
«Non è possibile… sei proprio tu…»
La bambina sorrise, «Eriko…» mormorò ancora lui, stupito.
«Sei cambiato… è questo che succede alle persone che crescono…?» domandò Eriko, perplessa.
Tsurumasa ridacchiò, «Ma certo» rispose, «Ho ventiquattro anni ormai, e sono un insegnate alla Raimon».
La bambina lo guardò sorridendo, «È incredibile come passa in fretta il tempo…» disse, «Quando è il tuo compleanno?» gli chiese poi.
«Il sette settembre» rispose lui.
«Oh, ma è domani!» esclamò lei, sparendo subito dopo.
 
Tsurumasa aprì gli occhi, ritrovandosi in pullman, che si stava fermando proprio nella strada in cui lui doveva andare. Si alzò dal sedile e andò verso l’uscita, subito dopo percorse la strada per tornare a casa. Ripensò alla breve chiacchierata che aveva fatto con Eriko, la bambina fantasma che gli compariva sempre in sogno undici anni fa; era vero, il giorno dopo era il suo compleanno. Ancora non ci credeva che stava per raggiungere i trent’anni, e l’età che avrebbe avuto l’indomani, venticinque anni, lo dimostrava. Appena finì la breve strada per tornare a casa, prese le chiavi dalla borsa e le usò per aprire la porta di casa, subito dopo essere entrato la richiuse, poggiando a terra la borsa e mettendo nell’appendiabiti il soprabito che aveva sopra la camicia bianca, andando subito dopo verso il soggiorno, dove ci trovò Felicity seduta sul cuscino davanti al tavolo basso, insieme a Kuro-chan, appallottolato sul tavolo dormiente; sembrava una piccola palla di pelo tutta nera.
La ragazza dai capelli rosa si voltò verso il coinquilino, salutandolo e sorridendo, naturalmente lui ricambiò, sedendosi a fianco a lei e raccontandole tutto ciò che era successo a scuola, raccontandole anche della faccenda di Fuyuko. Felicity sentendo il racconto si rattristì, però sentendo che lui l’avrebbe aiutata, sorrise. Un argomento tirava l’altro e Tsurumasa finì per parlare del suo compleanno, dicendo che se lo era ricordato solo qualche minuto fa.
«Che tonto» ridacchiò lei, «Ultimamente non hai cognizione del tempo, eh?».
Il rosso rise, «Hai ragione…» mormorò, «A proposito, non ho cenato». Si alzò dal cuscino davanti al tavolino e si diresse in cucina, prendendo dallo scaffale in alto uno dei ramen istantanei, poi chiuse lo sportello, prendendo dell’acqua calda e aprendo il ramen istantaneo, mettendoci dentro l’acqua e aspettando qualche minuto, poi ritornò nel tavolino, sedendosi a fianco all’amica, mangiando il ramen mentre guardavano la tv, dove c’era in onda un programma comico. Dopo mezz’oretta cambiarono canale, mettendo un film horror, lo guardarono mentre mangiavano patatine fritte, un altro ramen e infine delle bibite al gusto tropicale in lattine.
Chi si addormentò per primo fu Tsurumasa, che era coricato a terra con le gambe sotto il tavolino, mentre Felicity, abbastanza interessata al film, era ancora sveglia, sebbene anche lei volesse dormire, ormai era la stessa pasta, l’assassino andava ad uccidere tutti e il sangue sembrava quasi in 3D, ma non stupì nessuno dei due, dato che era tutto registrato abbastanza male, sembrava uno di quei video fatti dai ragazzini di dieci anni che si divertivano a fare i finti film, pensavano, ma fatto da degli adulti.
Dopo poco tempo la ragazza spense il televisore, andando in bagno a lavarsi i denti, per poi andare a letto, lasciando l’amico dormire per terra, mentre Kuro-chan lo guardava perplesso. Forse pensava che era tornato a casa sbronzo.
La mattina dopo Tsurumasa si svegliò, si mise seduto per terra e sentì un forte dolore alla schiena per come aveva dormito poco prima. Si alzò da terra e camminò in giro per casa, mentre Kuro-chan lo inseguiva miagolando con tono alto e qualche volta dandogli qualche piccola zampata sulle gambe, come per chiamarlo; ma lui era troppo concentrato sul cercare Felicity, aveva controllato persino in camera sua. Era rimasto a casa da solo e non riusciva a capire perché.
Un piccolo graffio – e anche un ennesimo miagolio urlato - che gli fece il gattino sulla gamba sinistra lo riportò alla realtà, guardò Kuro-chan perplesso, poi ridacchiò.
«Scusami… adesso ti do da mangiare» gli disse, andando verso la cucina seguito dal gattino, che lo guardava mentre gli metteva dei croccantini dentro la ciotola. Subito dopo sospirò, sistemandosi gli occhiali nel setto nasale, poi si sciolse i capelli, sistemandosi il codino. Subito dopo andò in camera sua a prendere dei vestiti e andò in bagno a cambiarsi, poi uscì, andando verso il corridoio di casa e indossando le scarpe da ginnastica vicino all’uscita, subito dopo uscì di casa e prese in mano il cellulare, chiamando Felicity, che rispose dopo poco.
«Sì?» disse lei.
«Ma dove sei? Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò lui, preoccupato.
Felicity ridacchiò, «Ma come, non hai letto il messaggio che ti ho lasciato sul tavolo mentre dormivi?» domandò poi. Tsurumasa ci pensò, non aveva letto nessun messaggio, «No» — «Lo immaginavo» sospirò lei, «Ad ogni modo sono da Norihito, raggiungimi» disse, poi chiuse la chiamata.
Hayami mise il telefono in tasca, correndo verso casa di Norihito, che si trovava a pochi metri da dove era lui in quel momento. Arrivò davanti al condominio e suonò il citofono di casa Kurama, che aprì il portone, così che Tsurumasa potesse entrare. Salì le scale, arrivando al secondo piano, andando davanti a una porta su cui c’era un cartello ovale fatto di porcellana con su scritto “Kurama” a caratteri cubitali. Suonò il campanello e subito si trovò davanti a lui Norihito tutto sorridente che lo fece di fretta entrare, mentre qualcuno davanti a lui gli scoppiò delle stelle filanti, fili colorati e coriandoli addosso, urlando “Sorpresa”. Erano Felicity, Midori, Akane, Takuto, Ranmaru, Tenma, Kyousuke e naturalmente Kaiji.
Tsurumasa sorrise, guardando tutti i suoi amici che non vedeva da un sacco di tempo. «Vi ringrazio!» esclamò, ridacchiando, mentre si toglieva di dosso alcuni fili e stelle filanti. Guardò i suoi amici, anche loro erano cambiati nel corso del tempo. I capelli di Akane erano legati in una sola treccia che teneva nel lato sinistro, ed era leggermente più alta; Takuto aveva i capelli un po’ più lunghi e più mossi, aveva al collo un pendente con una gemma viola; Ranmaru portava i capelli legati in una crocchia bassa e portava gli occhiali con montatura ovale e rossi; Tenma aveva i capelli un po’ più lunghi e aveva un codino appena sopra la nuca e in testa portava degli occhiali da sole a specchio blu; Kyousuke era quasi il solito, solo che aveva i capelli sciolti al contrario di come li aveva di solito undici anni prima, ma non si aspettava di trovarlo lì, soprattutto per il suo compleanno.
Norihito portò il rosso davanti alla torta, facendolo sedere sul tavolo, dove poi si sedettero tutti, cantandogli la tipica canzone di buon compleanno, dopo ciò, lui soffiò sulle candeline e tutti – compreso lui – applaudirono. «Okay, ora che inizi la festa!» esclamò Kurama, ridendo.
Poco dopo Tsurumasa si avvicinò a Felicity, «Ecco perché non ti trovavo in casa, era per la festa a sorpresa» ridacchiò. Lei sorrise, «Beh, però vedo che l’hai presa bene! Scusa, per averti fatto preoccupare, però…» — «Oh, tranquilla… la tua era una giusta causa».
Subito dopo il rosso andò a salutare Akane, Takuto e Ranmaru. «Non sei cambiato di una virgola, scherzo ovviamente» disse il rosa, sorridendo. Hayami ridacchiò, «E tu, come mai porti gli occhiali?» chiese, rivolto a Kirino, che si sistemò gli occhiali, «Beh, problemi alla vista…» — «Un classico» i quattro risero. Yamana poi rivolse le attenzioni verso Shindou, toccandogli i capelli, «Guarda i suoi capelli! Non sono belli così lunghi?» domandò, mentre il castano ridacchiava nervoso, «Dai, cara, mi metti in imbarazzo…». Hayami lo guardò perplesso, «“Cara”?!».
«Sì, stiamo insieme da poco» disse Takuto, sorridendo e cingendo il braccio destro nelle spalle di Akane, fece la stessa cosa Ranmaru su Takuto, «E ovviamente se loro saranno convolati a nozze io sarò il testimone!», subito dopo i quattro risero, mentre Yamana e Shindou erano abbastanza imbarazzati.
Poco dopo andò a salutare Tenma e Kyousuke; come al solito, il primo era gioioso e allegro, quest’ultimo invece era sempre serio. «Quindi andrete a vivere insieme qua vicino?» domandò il rosso. Matsukaze annuì, «È un palazzo di cinque piani, noi andremo a vivere in uno degli appartamenti del terzo» disse, «L’appartamento è un po’ piccolo, però è sufficiente per entrambi» ridacchiò. Hayami sorrise, «Sono felice per voi».
Mentre Hayami parlava ancora con Tsurugi e Matsukaze, Kurama stava cercando il coraggio di parlare con Seto. Ultimamente erano usciti insieme, e lui quando stava insieme a lei sentiva un forte legame che non era solo amicizia, ma qualcosa di più. La guardò cercando di non farsi vedere, mentre le sue guance si colorarono un po’ di rosso, anche se grazie alla sua pelle scura non si vedeva poi tanto.
Midori lanciò lo sguardo verso di lui e Norihito si voltò velocemente da un’altra parte. «Perché mi fissavi in quel modo?» domandò lei. L’azzurro mugugnò sottovoce, imbarazzato, «Non ti stavo fissando» le rispose, «Non sono tipo da fissare le persone» mentì subito dopo.
«Non me la dai a bere» disse la rossa, prendendogli il braccio destro e tirandolo a sé, «Parla, nanetto». L’azzurro la fulminò con lo sguardo, «Come mi hai chiamato?», lei avvicinò il suo volto a quello di lui, «Nanetto» ripeté lei mormorando.
All’improvviso i due si sentirono Kaiji dire «Ancora litigate? Che novità… secondo me finirete insieme prima o poi», i due si guardarono, arrossendo in volto, poi si voltarono verso il corvino, con sguardi minacciosi, «Cos’hai detto?!». Kaiji alzò le mani, ridacchiando nervoso, «Ehi, guardate che stavo scherzando!», Tsurumasa guardò la scena e ridacchiò divertito, in effetti Midori e Norihito formavano una bella coppietta, pensava. Subito dopo il corvino si avvicinò a lui.
«Noi due abbiamo un conto in sospeso» gli disse, poggiandogli un gomito nella spalla sinistra.
Il rosso ridacchiò imbarazzato, un po’ rosso in volto, «D-di che parli?» - «Lo sai» ridacchiò Hamano, «Ragazzi, io vado, ci vediamo!» esclamò, gli altri ricambiarono il saluto e lui, accompagnato da Kurama, uscì dall’appartamento.
Dopo mezz’oretta tutti se ne andarono, compresi Tsurumasa e Felicity, che però rimasero a fare un giretto per la città insieme. Andarono prima in un piccolo bar a bere del tè freddo e mangiare dei dolcetti, poi si fermarono in un parco, dove c’era anche un piccolo parchetto per i bambini con i giochi. Era quasi ora di pranzo, quindi era abbastanza normale che fosse un po’ vuoto e pieno di vecchietti seduti nelle panchine a chiacchierare tra loro.
Sebbene i due fossero già adulti, preferirono andare verso il parchetto dei bambini e ricordarsi di quando erano adolescenti, a volte uscivano insieme anche per sciocchezze come queste, come dicevano loro, ma era divertente. Si sedettero nelle altalene e cominciarono a dondolare, parlando, scherzando e ridendo insieme.
Poco dopo Kanzaki prese il suo cellulare e inquadrò con la telecamera Hayami, che in quel momento aveva lo sguardo rivolto verso l’alto, sovrappensiero. «Che fai, il ragazzo tumblr?» gli domandò, ridendo.
Lui si voltò verso di lei, perplesso, mentre lei prese a ridere più forte mentre lo riprendeva con la telecamera. «Ma cos’è, un filmato?» domandò il rosso ridacchiando. «Sì» rispose la rosa, ci fu qualche secondo di silenzio tra i due, poi scoppiarono in una risata in coro, subito dopo lui le prese il telefono di mano, inquadrandola, «Saluta il mondo di Twitter» disse, ridendo, «Ciao!» esclamò lei, tra le risate. Il video finì dopo pochi secondi, poi il rosso le restituì il cellulare.
«Okay, adesso possiamo anche essere sputtanati da mezzo mondo» disse Tsurumasa, continuando a ridere. Rise anche Felicity, mentre pubblicava il video su Twitter, «Secondo me Norihito sarebbe il primo a farlo». Dopo mezz’oretta passata al parco andarono verso la fermata del pullman. I due si guardarono perplessi, «Tsuru-tan» disse lei. «Sì?» - «Dove stiamo andando adesso?».
Lui la guardò sorridendo, poi prese a ridacchiare – e subito dopo anche lei - «Non ne ho idea» le rispose. «E perché ci andiamo?» - «Non lo so», i due presero a ridere nuovamente, poi trovarono Kaiji passare di lì. Felicity lo bloccò tirandogli la felpa, «Tu vieni con noi!» esclamò. Kaiji si voltò verso i due, ridacchiando «Ma che fate qui?» - «Aspettiamo il pullman senza motivo» rispose Tsurumasa, ridendo. Il corvino li guardò, abbassando lo sguardo e sorridendo, «Siete seri?» i due annuirono, ridendo, «Dai vieni con noi, ci annoiamo sennò» disse la rosa. Il rosso invece si alzò dalla panchina, i due lo guardarono perplessi.
«E tu dove vai?» domandò Hamano. Hayami si voltò verso di lui, «Corro veloce a prendere Kuro-chan, non può stare tutto il giorno da solo» rispose, poi corse velocemente verso la strada di casa. Tornò dopo trenta minuti, con alle spalle uno zaino.
L’autobus arrivò dopo qualche minuto, i tre salirono e presero i posti nella colonna a destra, gli ultimi posti. Felicity si sedette vicino al finestrino e Tsurumasa – con in braccio Kuro-chan – e Kaiji erano seduti davanti a lei. Dietro al posto di Tsurumasa c’era seduto qualcuno con un’aria abbastanza losca, ma non emanava nemmeno un’aura buona e il rosso lo sentiva. Scattò a guardare in alto, perplesso.
«Tutto bene?» domandò Kaiji.
Lui si voltò a guardarlo, «Sì…» rispose, prendendo ad accarezzare la testolina del gattino che teneva tra le braccia, in quel momento gli stava facendo le fusa.
Il tipo losco fece un sorriso maligno, ascoltando la conversazione, mentre si leccava le labbra e sogghignava maleficamente.
 
 

«I found you»


 

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