Determinate

di Old_Memories_of_us
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo / Chapter 1. ***
Capitolo 2: *** Chapter 2. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5. ***
Capitolo 6: *** Chapter 6. ***
Capitolo 7: *** Chapter 7. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9. ***



Capitolo 1
*** Prologo / Chapter 1. ***


 
 

<< Wow, dirti che sei stata fantastica è dir poco! >>  disse euforica la mia migliore amica.
<< Non riesco a crederci di averlo fatto davvero.. >> dissi non credendo alle mie stesse parole.
<< E invece ci sei riuscita! >> disse abbracciandomi di scatto.
<< Sono fiera di te >> disse mio padre arrivando insieme a mia madre e mia sorella.
<< E chi se lo sarebbe mai aspettato >> disse mia sorella con una faccia sorpresa per poi farci scoppiare tutti a ridere.
Non ci state capendo granchè vero? Beh, adesso vi spiego.

5 ore prima

<< Secondo te, è meglio questo >> disse alzando un vestito turchese con la mano destra << o questo? >> mostrando con la mano sinistra un vestito rosso praticamente uguale al primo.
<< Trina..ma sono esattamente identici! >>
<< Grazie per l’astuta osservazione Vic >> disse ovvia.
<< E allora perché me lo hai chiesto? >> chiesi con un espressione confusa.
<< Ah, gli adolescenti di oggi! >> disse sospirando << non ne capiscono proprio niente di moda >>
<< Devo ricordarti che hai solo due anni in più di me? >>
<< Oh giusto..ma adesso non cambiare discorso! >>
Ne sarei uscita pazza, questo era poco ma sicuro.
<< Comunque quello turchese >> dissi alzandomi per prendermi un bicchiere di cola dalla cucina.
<< E ci voleva tanto? >> disse facendo un’ espressione che non saprei nemmeno descrivere.
<< Lasciamo perdere, quindi indosserai questo per la tua esibizione alla “School of Art”? >>
<< Esattamente, ancora non capisco perché non ti sei iscritta lì, invece che in quella tua stupida scuola di estetista >>
<< Lo sai che non mi esibirei mai davanti a tutta quella gente >> dissi risoluta.
<< Ti conosco da quando sei nata e non mi hai mai fatto sentire come canti quindi non posso darti nessun giudizio, ma se hai preso da me >> disse indicandosi con i pollici << sarai sicuramente una bomba! >>
<< Certo certo >> dissi sarcasticamente, Trina era brava a cantare, ma diciamo che si sentiva un po’ troppo sicura di sé e molte volte si lasciava troppo prendere dalla musica iniziando a stonare e fare strani movimenti con il corpo, lei lo chiama ballare, ma non lo ammetterà mai.
<< Cambiando argomento >> dissi guardandomi l’orologio al polso << A che ore dovevi essere lì? >>
<< Esattaaamente..ORA! >> disse iniziando a correre verso l’uscita per poi chiudere con un rumore fortissimo la porta.
Mi alzai dal divano in cui mi ero seduta pochi attimi prima, presi le sue chiavi della macchina dal mobiletto e mi posizionai con il braccio alzato vicino alla porta d’ ingresso.
Trina aprì la porta e le prese al volo per poi richiudere velocemente la porta urlando un “Grazie!” e mettendo in moto l’auto.
Stasera alla School of Arts si sarebbe tenuta una specie di recita, in cui molti alunni della scuola avrebbero mostrato il loro talento scegliendo tra la recitazione, il canto o la danza, io me la cavavo nel canto ma ero troppo timida per esibirmi e per questo cantavo sempre in camera mia o solo davanti alla mia migliore amica Marie.

30 MINUTI PRIMA DELL’ INIZIO DELLO SPETTACOLO (PROVE)

<< Allora tesoro, sei agitata? >> chiese la mamma a mia sorella.
<< Mamma, sai anche tu che non lo sono >> disse guardandola con ovvietà.
<< Trina, muoviti, prova generale! >> disse un uomo brizzolato con la barba e vestito in un modo stravagante e colorato, presumo sia il suo professore.
<< Arrivo! >> disse urlando non molto delicatamente mia sorella avviandosi sul palco.
Iniziò a cantare la sua canzone e quando arrivò il ritornello, iniziò a muoversi su e giù per il palco facendo finta di essere in una passerella, ma ad un tratto non accorgendosi di uno scalino cascò andando a finire addosso all’ addetto delle luci, facendo così cadere anche lui.
<< Trina stai bene?! >> dissi correndo verso di lei, anche se stavo cercando di non ridere.
<< Certo Vic, ma che domande sono! Sono a terra perché volevo abbracciare il pavimento, ma che domande! >>
<< Tesoro stai bene? >> disse nostra madre correndo verso di noi con papà ed il professore.
<< Dio, aiutami tu! >> disse Trina alzando le mani verso l’alto << comunque è tutto apposto, tranquilli >> disse alzandosi per poi quasi perdere l’equilibrio se non veniva trattenuta da nostro padre.
<< A me non sembra.. >> disse il professore.
<< E’ solo un leggero dolore alla caviglia, passerà! >> disse provando a camminare senza però riuscirci.
<< Ed ora come farò con lo spettacolo?! >> disse come se quella fosse la cosa più importante in quel momento.
<< Credo non potrai farcela con la caviglia così, c’è qualcuno che ha assistito a tutte le tue prove? >> disse il professore, ed in quell’ esatto momento tutti gli sguardi si rivolsero a me, mentre io mi guardai dietro sperando di trovare qualcuno, ma a quanto pare la sfortuna era con me quel giorno.
<< Non contate su di me! >> dissi diventando paonazza.
<< Ti entra anche il vestito dai, adesso muoviti e vai a cambiarti in camerino, su forza, 5 minuti e si comincia! >> disse spingendomi all’ interno del camerino.
Mi osservai allo specchio e pensai a qunto fosse assurda la situazione, insomma non potevo certo immaginarmi che mia sorella si facesse male alla caviglia proprio ora, non potevo arrivare dopo?! Lo spettacolo era iniziato da circa 20 minuti e decisi di andare a vedere i famosi talenti della scuola dato che tra poco sarebbe toccato a me.
Da dietro le quinte vidi 4 ragazzi che si esibivano in una canzone dei Muse, uno dei miei gruppi preferiti, e devo ammettere che erano davvero bravissimi, ad un tratto il ragazzo alla batteria mi rivolse uno sguardo strano che non seppi decifrare, per poi tornare a scatenarsi muovendo le bacchette.
Continuavo ad osservare l’esibizione quando un sospiro accanto a me mi fece voltare.
<< Ehi, che hai? >> dissi scoprendo che era mia sorella.
<< Non credi che siano stupendi? >> mi disse con gli occhi a cuoricino.
<< Beh, non sono male >> ammisi.
<< Non sono male? Ma li hai visti?! A volte mi domando come facciamo ad essere sorelle >>
<< Chi sono? >> chiesi incuriosita.
<< Sono i più popolari della scuola, quello che sta cantando in questo momento è Calum Hood, quello accanto è Luke Hemmings, quello con i capelli verdi si chiama Michael Clifford ed infine alla batteria c’è Ashton Irwin >> disse indicandomeli uno per uno.
Finì l’esibizione e loro venirono dietro le quinte per poi dirigersi verso i camerini senza degnarci nemmeno di uno sguardo.
<< Devono essere davvero simpatici >> dissi forse a voce troppo alta dato che si girarono guardandomi storto.
<< Victoria, tocca a te! >>
Fu così che mi ritrovai catapultata al centro del palco, con la musica che risuonava nelle casse.
Iniziai a cantare timorosa di non essere brava abbastanza, per poi iniziare piano piano a prendere confidenza e a scatenarmi insieme ai ballerini.
Finita l’esibizione chiusi gli occhi per paura della reazione del pubblico, ma mi sorpresi sentendo una marea di applausi, così con un sorriso che arrivava fino alle orecchie tornai dietro le quinte dopo aver fatto un inchino.

TORNANDO AL PRESENTE

<< Aspetta, Marie tu da dove sei comparsa? >> dissi confusa.
<< Non mi sarei persa questa occasione per niente al mondo! >> disse ridendo.
<< Ehi, Victoria, che ne dici di iscriverti qui? >> disse il professore di prima che scoprì si chiamasse Smith.
<< Ehm.. >> esitai.
<< Accetta! >> dissero tutti in coro.
<< Ehm..Va bene! >> dissi euforica,  per poi scoppiare per l’ennesima volta a ridere.

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Capitolo 2
*** Chapter 2. ***


Stavo ancora dormendo beatamente avvolta dalle mie calde coperte quando sentì la sveglia suonare con quel suo solito rumore fastidioso simile ad un trillo, interrompendo il mio ennesimo sogno con Leonardo Di Caprio. Con la calma di una lumaca mi scostai le coperte di dosso, presi i vestiti preparati ieri sera per l’occasione e mi diressi in bagno. Provai ad aprire la porta ma era chiusa a chiave, così bussai sperando che all’ interno non ci fosse mia sorella.

« Occupato! » urlò Trina.
« E te pareva.. » sussurrai, ma a quanto pare forse un po’ troppo forte.
« Ti ho sentita! La prossima volta ti alzi prima, invece di continuare a fare sogni perversi su Di Caprio » esclamò dall’ interno della stanza.
« Guarda che non faccio sogni perv.. dai muoviti che non voglio fare tardi il mio primo giorno! » dissi con voce agitata.
« Tutto tuo, ti aspetto giù » disse uscendo dal bagno già pronta « e muoviti che se no facciamo tardi! » urlò, per l’ennesima volta, mi domando cosa abbia sempre da urlare.

Entrai, chiusi la porta e mi preparai in fretta, ma prima di uscire, mi soffermai ad osservare il mio riflesso nello specchio. I capelli castani e lunghi mi ricadevano mossi lungo le spalle, per poi finire poco più in giù del seno, i miei occhi marroni continuavano ad osservare ogni minimo particolare del mio corpo, fino a soffermarsi sulle labbra rosa e sottili, passando poi al naso proporzionato al mio viso. Pensai a quanto poco assomigliassi a mia sorella, ma non solo caratterialmente, anche esteriormente. Sono più alta di 2 o 3 centimetri rispetto a lei, la pelle leggermente più chiara, ed il mio viso è meno arrotondato, ed anche se delle volte non la sopporto, credo che sia una delle ragazze più belle che abbia mai visto.

« Vic muoviti è tardi! » sentì dire da mia madre al piano di sotto.

Così corsi in cucina, afferrai un cornetto al volo, e raggiunsi Trina che era già nella sua nuova 500 bianca dopo aver dato un bacio sulla guancia dei miei genitori.
Mentre andavamo verso la scuola, mi accorsi di quanto fossi agitata all’ idea di iniziare un nuovo anno scolastico in mezzo a persone che non conosco, iniziando a farmi paranoie su paranoie, e se non piacessi a nessuno?

« Smettila subito » disse mia sorella, come leggendomi nel pensiero.
« Di fare cosa? » chiesi facendo la finta tonta.
« Lo sai, non devi preoccuparti degli altri, hai un carattere forte e sei determinata, per non parlare del tuo talento, cosa che non mi sarei mai aspettata, ribadendolo, quindi stai tranquilla » disse continuando ad osservare la strada.
Mi girai leggermente con la testa poggiata al sedile verso di lei e iniziai ad osservarla.
« Che c’è? » chiese rivolgendomi uno sguardo veloce per poi tornare a concentrarsi sulla guida.
« Niente è che..grazie » dissi sorridendogli sincera.
Fermata la macchina ad un semaforo rosso, si girò verso di me e sorrise.

Arrivammo a scuola circa 15 minuti dopo, Trina mi accompagnò alla segreteria per chiedere i miei orari e dopo averli presi mi fece fare un breve giro della scuola, così da potermi ambientare.

« Ed infine questa è l’aula di recitazione » disse aprendo una grande porta gialla per mostrarmi l’aula con dentro un piccolo palco in fondo alla stanza, e piena di sedie blu.
« Perché non ci sono i banchi? » chiesi curiosa, osservando la classe.
« E’ un’ aula di recitazione, a che servirebbero i banchi? » sentì dire da una voce profonda dietro di me.
Mi girai di scatto, trovandomi faccia a faccia con il ragazzo della scorsa sera, accompagnato dai suoi tre amici.
« Potreste farci passare, dovremmo entrare » disse il ragazzo con i capelli verdi, mi sembra si chiamasse Michael.
« Sì cer.. » iniziò mia sorella guardandolo come un bambino guarda un giocattolo nuovo.
« Certo che no, dove sono finite le buone maniere? » chiesi suscitando l’attenzione di qualche alunno ancora presente nell’ atrio.
« Come scusa? » chiese il biondino dagli occhi azzurri.
« Luke lasciala perdere, dai andiamo, è solo una ragazzina » disse un ragazzo con una canottiera nera e bianca dei Ramones e la pelle un po’ più scura rispetto agli altri.
« Ehi, aspetta un secondo » dissi assottigliando lo sguardo verso la maglietta « dove hai comprato la maglia? » continuai osservandola ammirata.

Tutti mi guardarono stupiti, mentre mia sorella si sbattè una mano sulla fronte con fare esasperato.

« Scusatela è che stamattina non ha mangiato molto e.. »
« Perché, ti piace? » chiese il ragazzo, ricevendo un pugno sulla spalla dal biondo.
« Direi di sì » risposi non riuscendo a togliere gli occhi da quella maglia che non riuscivo a trovare in nessun negozio.
« Beh, mio zio me l’ha portata dall’.. » iniziò a raccontare prima di essere interroto dal ragazzo con la badana rossa, che rivolgeva uno sguardo di rimprovero al ragazzo che avevo di fronte.
« Scusate se interrompo le vostre chiacchere da donne » disse cercando di imitare una voce femminile « ma mancano due minuti per l’inizio delle lezioni e non vorrei arrivare in ritardo »
« Ash, non te ne è mai importato niente di queste cose » disse Michael guardando confuso l’amico.
« Da oggi sì, va bene? » rispose scontroso « e adesso andiamo » disse trascinandosi dietro i tre.
Mi girai verso mia sorella che mi stava osservando in silenzio.
« Primo giorno, e già combini casini » esclamò « e non è ancora incominciata la prima ora! »
« Ma ho chiesto soltanto dove ha preso la maglietta, che ho fatto di male?! » chiesi esasperata.
« Cerca di non dargli fastidio ok? » mi disse soltanto.
« Va bene, va bene »
« Promettilo. »
« Loro non portano rispetto a me, ed io dovrei portarlo a loro?! » chiesi con un’ espressione sconvolta in volto.
« Esattamente, ti ci abbituerai » affermò spostandosi la frangia dagli occhi e avviandosi verso la sua classe.
« E se non ti ascoltassi? »
« Ne riparliamo in mensa » disse scoccandomi un’ occhiataccia « adesso va in classe, buona fortuna »
« Grazie mille.. » dissi pensierosa mentre la vedevo allontanarsi, cercando di ricordarmi dove fosse la mia prima classe della giornata.

Con l’aiuto della mappa riuscì a raggiungere rapidamente l’aula di musica, in cui a detta di Trina spiegavano la storia della musica e raccontavano dei vari artisti che hanno fatto la storia.
Con il cuore che batteva a mille bussai alla porta, e non appena udì un “avanti” detto da una voce femminile, entrai, chiudendomi la porta alle spalle.

« Lei deve essere la signorina Henderson, giusto? » chiese lei sorridendomi cordiale.
« Sì, sono io » dissi cercando di sembrare tranquilla.
« Io sono la professoressa Benson, puoi sederti a questo banco proprio davanti alla cattedra dato che è completamente vuoto, anzi.. » affermò pensierosa « Hemmings, perché non vieni qui davanti a fare compagnia a Victoria? » spalancai gli occhi non appena sentì l’ultima frase.
« Ma no, la ringrazio! Sto benissimo anche da sola, dico davvero » dissi sperando che cambiasse idea, ma a quanto pare, non fu così.
« Hemmings, spostati subito, forza muoviti! » esclamò la professoressa nel frattempo che io mi sedevo.

Lui con uno sbuffo si alzò e si venne a sedere accanto a me. Nel frattempo che la Benson si girò per scrivere alla lavagna, Luke iniziò a parlare.
« Proprio nello stesso corso dovevamo capitare? » sussurò spazientito cercando di non farsi sentire.
« Perché, non ne sei felice? » chiesi sarcasticamente, mettendo su una faccia da cucciolo con tanto di labbro inferiore sporto in fuori.
Lui scosse la testa e tornò a “concentrarsi” sulla lezione.

« Beh, come inizio in questa scuola, non è poi così male.. » pensai facendo un lungo sospiro per poi rivolgere lo sguardo alla lavagna. 

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Capitolo 3
*** Chapter 3. ***


« Quuuindi, tu mi stai dicendo che la Benson ti ha messo accanto ad Hemmings, e tu vuoi andare a chiedergli di spostarti? » domandò sconvolta mia sorella seduta dalla parte opposta del tavolo.
« Esattamen.. » provai a dire prima di essere interrotta.
« Ma cosa diavolo ti salta in mente?! » mi gridò contro, facendo girare quasi tutte le persone presenti nella mensa.
« Trina, ti prego, la smetteresti di urlare? Ci stanno guardando tutti! E poi non eri tu quella che diceva di non dargli fastidio? » dissi citando le sue esatte parole.
« Beh, non ha tutti i torti.. » disse Ansel, seduto accanto a me.

Appena arrivata in mensa, mia sorella non aveva fatto altro che tempestarmi di domande riguardo alle lezioni e a chiedermi se avevo conosciuto qualcuno, ma soprattutto continuava a domandarmi se avevo rispettato la sua promessa. Menomale però che Ansel, un suo amico conosciuto questa mattina, venne in mio soccorso prima che la situazione degenerasse.

« E tu da che parte stai? » gli chiese furiosa.
« Dalla parte del giusto » disse imitando la voce di un supereroe, con tanto di pugno alzato.
« Vedi, anche Ansel è d’accordo, fidati è meglio così » dissi chiudendo il discorso.

Mia sorella aprì la bocca per ribattere, ma poi la richiuse, continuando a mangiare la pasta che aveva nel piatto.

« Ehi, che ne dite di giocare al lancio dell’ uva? » domandò tuttun’ tratto Ansel, spezzando così il silenzio che si era creato.
« Al lancio dell’ uva? » chiesi confusa.
« Praticamente, io mi allontano un po’ » disse spostandosi leggermente verso destra « e provo a tirarti dell’ uva in bocca, dopo, tu fai lo stesso con me, ci stai? »
« Ci sto » esclamai « e tu Trina? Vuoi giocare? »
« No grazie » disse risoluta.

Così, Ansel iniziò a tirarmi dei chicchi d’uva, centrandoli tutti, non chiedetemi come, nella mia bocca.

« Mi spieghi come diavolo hai fatto?! » chiesi allibita.
« Se te lo dico, dovrei ucciderti » disse con un sorrisetto provocatorio « ora fammi vedere cosa sai fare » affermò passandomi dei chicchi d’uva.

Dire che ero negata, era un complimento. Ho una mira che fa praticamente pena, infatti lo centrai in ogni parte del viso, fuorchè dentro la bocca.

« Se sapevo che avrei rischiato di perdere un occhio, non ti avrei mai chiesto di giocare, giusto perché tu lo sappia » affermò scuotendo la testa « comunque, è la tua ultima possibilità » disse indicando con lo sguardo l’ultimo chicco d’uva rimasto.

Lo presi e mi concentrai socchiudendo gli occhi per mirare nella giusta direzione, ma come ho detto prima, la mia mira non è delle migliori, e per questo presi qualcuno al tavolo accanto al nostro, e non appena si girò, rimasi sconvolta. Ma è una maledizione!

« L’ hai tirato tu questo? » chiese Ashton, girandosi e mostrando il chicco nella sua mano.
« Io? » dissi indicandomi « mmh.. no, non so chi sia stato » esclamai, passandomi una mano dietro il collo e guardandomi intorno, mentre Ansel e mia sorella ridacchiavano cercando di non farsi vedere.
« Lo so che sei stata tu » disse avvicinandosi, sotto lo sguardo confuso dei suoi amici  « ti ho vista »
« E allora perché me lo chiedi? » chiesi retoricamente guardandolo negli occhi.
« Non ti conviene rispondermi così ragazzina »
« Fino a prova contraria, avrei la stessa età di Hemmings, eppure lui non lo chiami ragazzino » esclamai sfrontata.

Lui colto alla sprovvista, non rispose.
Intorno a noi si levarono dei mormorii dagli studenti, gente che si chiedeva se quella nuova conoscesse Ashton Irwin e la sua banda, altri curiosi volevano sapere come andava a finire la vicenda, ed altri ancora erano vogliosi di sapere cosa avrebbe risposto Ashton a così tanta sfrontatezza.
Ma lui non disse niente, semplicemente si passò una mano fra i capelli mossi e si allontanò uscendo dalla mensa, sotto lo sguardo stupito di tutti, ma soprattutto del mio, che non si aspettavano questa sua reazione.

ASHTON’ S P.O.V.

Non posso crederci, nessuno si era mai permesso di parlarmi così, figuriamoci una ragazza appena arrivata in questa scuola. In questi anni mi sono creato una maschera di sicurezza che nessuno era mai riuscito a scavalcare, e poi arriva lei, che nemmeno in due secondi ci era riuscita. Non sono il tipo che tutti descrivono, sono solo un ragazzo con la passione della musica che mette tutto se stesso nei suoi testi, ma questo nessuno, ad eccezione dei miei amici, lo sa. Non mi piace mostrare le mie debolezze, per questo mi comporto così, ma sono così abituato a tenere questa maschera, che ormai ho la convinzione di essere diventato questo tipo di persona.

« Ehi Ash! » mi sentì chiamare, così mi girai, vedendo tre figure venirmi incontro.
« Ehi ragazzi.. » dissi sussurrando.
« Ci spieghi che cavolo è successo lì dentro? » mi chiese Mike.
« Niente, solo che non sopportavo più la visuale di quella »
« Devi ammettere che ti ha zittito per bene eh! » esclamò Cal.

Tutti gli rivolgemmo un’ occhiataccia, e lui abbassò prontamente lo sguardo.

« Ash, sicuro sia solo questo? » continuò Mike.
« Sì tranquilli, è solo che non me l’aspettavo. »
« Beh, finalmente » esclamò Calum.
« Finalmente cosa? » chiedemmo in coro.
« Finalmente qualcuno che ti zittisce Ash! Noi conosciamo il vero te, e dovrebbero conoscerlo tutti, sei una persona fantastica, non devi aver paura dei giudizi degli altri, perché facendo così, peggiori solo le cose. »

Questa volta fu il mio turno di abbassare lo sguardo.

« E’ questo che pensate tutti? » chiesi guardandoli uno ad uno, per poi vederli annuire lentamente.
« Amico noi ti vogliamo bene ma.. » iniziò Luke.
« Oh al diavolo! » lo interruppi « anche il vostro comportamento non è dei migliori, e venite a fare la predica a me? Scusate ma è meglio che me ne vada » esclamai avviandomi verso l’uscita.
« Non puoi andartene così! » mi urlò dietro Luke.

Ma per la seconda volta nell’ arco della giornata, non risposi, e andai avanti.

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Capitolo 4
*** Chapter 4. ***


VICTORIA P.O.V.

Erano circa le 23, ed io stavo rannicchiata con una cioccolata calda in mano nella piccola poltrona rossa posta accanto alla finestra della mia camera, mi piaceva stare lì, soprattutto quando pioveva, come in questo caso. Continuai ad osservare le gocce che cadevano per un tempo indefinito, mi capitava spesso, mi ha sempre aiutato a pensare, ma oggi particolarmente. Da quando ho avuto quello “scambio di opinioni” piuttosto acceso con Irwin, non sono riuscita a pensare ad altro, è la cosa mi stava preoccupando parecchio.
Se ne era andato così, come se nulla fosse successo, lasciando me e tutti gli altri sconvolti. Nonostante non lo conoscessi bene, sapevo che non era solito comportarsi così, e questo non aveva fatto altro che scaturire i miei sensi di colpa. Credo ancora che se lo sia meritato, sia chiaro, semplicemente non sono mai stata il tipo a cui piace offendere gli altri o tantomeno credersi superiore, sono una ragazza senza peli sulla lingua è vero, ma non avrei mai detto niente con l’intenzione di ferirlo. La cosa che mi fece più male, fu però, vedere lo sguardo che assunse prima di sparire dalla mensa, come se avesse avuto paura di qualcosa.
Mi alzai dalla poltra e appoggiai la tazza ormai vuota nel comodino bianco accanto al letto, per poi andare a dare un’ ultima sbirciata fuori per vedere se l’acquazzone tendeva a diminuire, ma a quanto pare non ne aveva nessuna intenzione. Guardando verso il lato destro della strada, notai però, una figura incappucciata che camminava lentamente, senza far caso all’ acqua che continuava a bagnarla incessantemente. Aguzzai la vista, tanto quanto la pioggia mi permetteva, e notai che la figura apparteneva ad un ragazzo, con dei riccioli che fuoriscivano bagnati dal cappuccio, ma guardando più attentamente, rimasi sorpresa di scoprire che quel ragazzo era Ashton. Non so perché lo feci, ma senza pensare mi misi le ciabatte e corsi giù per le scale fino ad arrivare alla porta principale, per poi aprirla velocemente cercando di fare meno rumore possibile. Lui intanto era arrivato poco più avanti di casa mia, così corsi verso di lui per poi bloccarlo per un polso e girarlo verso di me. Vidi subito il suo sguardo sconcertato nel vedermi, di certo non si aspettava che proprio io, forse la causa dei suoi problemi, si facesse viva davanti a lui nel bel mezzo della notte sotto un temporale, per di più in pigiama e senza ombrello.

« Che stai facendo? » chiese guardandomi profondamente negli occhi.
« Cosa sto facendo io? Cosa stai facendo tu! Non vedi che sta diluviando?! »

Lui restò in silenzio, intorno a noi c’era solo il rumore della pioggia che arrivava a contatto con l’asfalto. Dopo qualche minuto si decise a parlare.

« Ti conosco da un giorno, cosa vuoi da me? »
« Assolutamente niente, ma ora vai a casa o rischi di prenderti un malanno. »

La sua espressione si tramutò in sorpresa e confusa.

« Cosa ti importa se mi ammalo o no? Infondo per te non sono nessuno. »

Questa risposta mi fece confondere ancora di più le idee. Insomma, va bene che mi è sempre piaciuta la pioggia, ma non credo sia normale uscire durante la notte solo per provare l’emozione di bagnarsi come succede nei film. Non credevo fosse un tipo permaloso, non abbiamo neppure avuto una vera e propria discussione, ma osservandolo e guardandolo negli occhi in quel momento, vidi soltanto un ragazzo tormentato, che da molto tempo aveva paura di qualcosa, e non so grazie a quale coraggio mi feci avanti.

« Ashton..perchè non vieni dentro? » scossi la testa in direzione di casa mia.
« Io.. non credo di poter.. c’è insomma.. » disse insicuro.

Tutto mi sarei aspettata tranne che questo, da come le persone lo descrivevano, non avrei mai pensato che Ashton Irwin si sarebbe dimostrato insicuro davanti agli occhi di qualcuno, specialmente ai miei. Si vedeva già dall’ aspetto che era un ragazzo che non si faceva facilmente mettere i piedi in testa da nessuno ed aveva la risposta sempre pronta, ma.. cosa stava succedendo?

« Senti, i miei genitori non ci sono, mia sorella Trina ne ha approfittato per andarsene da qualche sua amica a dormire, voglio soltanto provare ad aiutarti. »

Presi nuovamente il suo polso per poi portarlo vicino alla porta, aprirla e spingerlo, letteralmente dentro casa. Lo vidi guardarsi intorno per un po’, e dopo qualche minuto spostò la sua attenzione verso di me, che intanto gli porgevo un asciugamano appena preso per asciugarsi.
Dopo gli diedi dei vecchi vestiti di mio padre, che credevo fossero della sua taglia, gli mostrai dove era il bagno ed io andai in camera per cambiarmi.
Circa 10 minuti dopo ci ritrovavamo seduti sul grande divano bianco del salotto, a debita distanza, in religioso silenzio. Così provai ad alleggerire la tensione che era presente nell’ aria.

« Ehi, hai visto che coincidenza? Sei passato proprio sotto casa mia, nel momento esatto in cui io ho guardato la strada, sembra di essere in una fan fiction! » esclamai, trovando però la situazione davvero tipica di una di quelle storie che si leggono su internet.

Ma lui non accennava intenzione di parlare, anzi, restava fermo immobile continuando ad osservare un punto sconosciuto davanti a se con occhi persi.

« Senti, Ashton » dissi portandomi una ciocca di capelli castani dietro l’orecchio « io non so se la colpa di tutto questo sia mia ma.. » iniziai.
« Non è colpa tua, almeno credo.. » sussurrò, rivolgendo finalmente il suo guardo su di me « prima pensavo che lo fosse, ma ora non credo più sia così. »


ASHTON’S P.O.V.

L’ho detto davvero? Io e la mia stupida boccaccia. Non mi sarei mai immaginato che avrei vissuto una situazione del genere, di solito tra i miei amici ero quello orgoglioso, che non ammette mai i suoi errori, ma anche quello che ha più paura di esprimersi veramente. Victoria era davanti a me, intenta a fissare ogni mio minimo particolare. Chissà cosa starà pensando di me in questo momento, vedere uno che cammina in mezzo alla strada di notte e durante un temporale senza ombrello, non è da tutti i giorni, ma non so perché stasera avevo sentito la necessità di farlo.

« Vuoi sfogarti? » mi chiese con l’espressione più seria che le abbia mai visto indossare.
« Come scusa? » le domandai « ma se ci odiamo. »

Non riuscivo davvero a capire cosa le passasse per la testa, qualche ora fa ci scannavamo davanti a tutta la scuola, e adesso mi chiede di sfogarmi, ma nonostante tutto, trovai quel gesto estremamente dolce. Da quando uso parole come “estremamente”? Ma soprattutto, da quando penso che una persona sia “dolce”?

« Non è che ti odio » rispose « semplicemente non mi piace il tuo comportamento. »

Il mio comportamento, beh, a quanti non piace, perché mi sono ridotto così?

« Ashton, dico davvero, se in questo momento hai bisogno di qualcuno, io sono qui per ascoltarti. »

Più andava avanti a parlare e più non ci credevo. Lei la ragazza che conosco da un misero giorno, e che mi ha zittito davanti a tutti, stava provando a darmi una mano. Lei, che ha fatto crollare ogni mia certezza di essere riuscito a costruirmi una maschera impenetrabile di sfrontatezza verso gli altri, arrivando perfino a farsi odiare e a comportarsi da “duro” per non mostrare le sue debolezze, voleva provare a capire cosa mi passasse per la testa.

« Non mi conosci, sono troppo complicato. »
« Le cose complicate sono il genere di cose che preferisco » rispose con un sorriso.

Allora, spinto da non so cosa, gli raccontai tutto, iniziando da come, quando ero più piccolo, venivo preso in giro dai miei compagni per la mia insicurezza e di come ciò aveva influito sul mio comportamento. Di come Luke, Michael e Calum mi avevano aiutato e sostenuto nonostante tutti, e di quanto non riuscirà mai a ringraziarli a dovere per tutto quello che hanno fatto per lui. Gli raccontai anche di come avevo utilizzato le dicerie delle gente per crearmi una nuova immagine, una persona che tutti avevano il timore di insultare o di deridere, una persona che incute timore, eccetto quando è sul palco. Lì, ero semplicemente me stesso. Raccontai di come mi ero sentito quando, dopo tanto tempo, qualcuno mi aveva risposto a tono, utilizzando la mia stessa strafottenza, e dimostrandomi che non le facevo per niente paura, anzi.
Finito il lungo racconto, mi aspettai che dicesse le solite cose che si dicono quando provi pena per una persona, ma invece, lei, inaspettatamente, mi abbracciò, come se avesse capito che non avevo bisogno di parole, ma di fatti. Rimasi immobile per qualche secondo, cercando di capire cosa stava succedendo, per poi portare le mani dietro alla sua schiena per stringerla a me, e senza neanche che me ne accorgessi mi scivolò una lacrima, che asciugai velocemente sperando che non l’avesse notata.

« Farò finta di non aver visto niente » mi sussurrò all’ orecchio.

Non sapevo se il nostro rapporto sarebbe cambiato o meno da quella notte, sapevo soltanto che eravamo più simili di quanto credevo, soltanto che lei aveva più sicurezza, anche se dall’ esterno poteva sembrare il contrario.
La mattina dopo mi svegliai presto, notando che Victoria dormiva ancora rannicchiata sul divano e che, finalmente, era uscito il sole. Raccolsi tutta la mia roba e rimisi i miei vestiti, ormai asciutti, lasciando quelli del padre di Vic su una sedia, poi, prima di andarmene, scrissi un biglietto.
Chi se lo sarebbe mai aspettato, grazie.
                             -Ashton

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Capitolo 5
*** Chapter 5. ***


ASHTON' S P.O.V.

 
Prima di avviarmi verso la scuola, decisi di chiamare Luke e chiedergli di riunire tutti, lui, Calum e Michael, al solito posto per fare colazione. Era un posto vicino al parco centrale, non molte persone ci andavano, forse perché non era molto esposto, dato che era in una di quelle piccole vie non molto famose in città, o semplicemente perché era un tipico bar anni 60’, stile quello presente nel film “Grease”, ed ai ragazzi della mia città non interessano questo genere di cose. Tornando a noi, avevo deciso di raccontargli ciò che era successo la scorsa notte, insomma, erano i miei migliori amici, non mi avrebbero mai giudicato.

« No aspetta, non ho capito bene.. » sbottò ad un tratto Mike incredulo.
« Invece si che hai capito Mike. »
« Quindi, tutto questo.. » disse agitando le mani in aria « è accaduto davvero? » completò la frase, dando voce ai pensieri di tutti.
« Sì.. » affermai arrossendo leggermente.
« ATTENZIONE ATTENZIONE, ASHTON IRWIN E’ ARROSITO, RIPETO, E’ ARROSITO! » iniziò a sbraitare Luke, alzandosi perfino dalla sedia e indicandomi con entrambi gli indici, come a voler mostrare a tutti chi ero.
« Luke, sta zitto e siediti! » affermò Calum, tirandolo giù a sedere dalla maglietta, ricevendo un suo sguardo inceneritore e uno mio di ringraziamento.
« Beh, per quanto abbia voglia di continuare a sentire la storia più assurda ma anche dolce della mia vita » continuò Cal alzandosi « dovremmo iniziare ad avviarci verso la scuola. »

Diedi un’ occhiata al mio orologio, sì, era proprio ora di andare.

« Ciao Milly! » salutammo la signora leggermente in carne con dei lunghi capelli ricci e rossi che le ricadevano lungo le spalle, seduta dietro la cassa del locale, ormai come una zia per noi, dopo aver pagato.

Appena arrivammo davanti alla scuola, iniziai a guardarmi attorno in cerca di una persona.

« Allora Romeo, hai intravisto la tua Giulietta da qualche parte? »  scherzò Luke.
« Non stavo cercando Vic, se è questo che intendi » mi misi subito sulla difensiva.
« Io non ho nominato nessuno » disse con un sorriso furbo, facendo ridere gli altri.

Va bene, ormai era ovvio che lo avessero capito tutti, ma continuai comunque la mia ricerca. Non so, con lei mi sentivo bene, avrei voluto che fossimo amici. Di solito non ho mai avuto amiche femmine, non ero proprio il tipo, e forse non lo sono neanche ora, ma Victoria è particolare, con questo non dico che mi piaccia, sento che con lei posso essere il vero me stesso senza aver paura di essere giudicato. Ad un tratto una gomitata interruppe i miei pensieri.

« Ma che cav.. » iniziai, prima di essere interrotto da uno sguardo di Calum che mi indicava l’entrata.

Mi girai subito, avendo capito perfettamente a che cosa, ma soprattutto a chi, si riferisse quello sguardo. Oggi la trovai più carina del solito, non che abbia mai pensato fosse brutta, ma dalla scorsa sera la vedevo con occhi diversi. Aveva dei comuni jeans blu con una camicetta bianca sopra a mezze maniche, e degli occhiali da sole che coprivano i suoi teneri occhi marroni, aspetta, ma cosa stavo pensando?!

« Sei proprio sicuro che non ti piaccia? » mi domandarono i miei amici per la centesima volta nell’ arco della mattinata.
« Vi ho già detto di no, la vorrei accanto solo come amica » tagliai lì il discorso.
« Se ne sei convinto te.. » sentì borbottare da Michael « comunque, che aspetti ad avvicinarti? »
« Niente è solo che.. e se per lei tutto questo non è significato niente? »

Michael, Calum e Luke si guardarono per un secondo negli occhi, per poi annuire contemporaneamente e spingermi, letteralmente, addosso a Victoria. Lei, non aspettandoselo, essendo di spalle, si sbilanciò e cascò, ed io, da perfetto gentil uomo quale sono, cascai sopra di lei, non riuscendo a mantenere l’equilibrio.

Aprì la bocca per iniziare ad urlarmi qualche parola poco carina, ma appena vide che ero io, la richiuse subito.
« Ehm..ehi! » esclamai salutandola con la mano, per poi portarmela dietro al collo in modo imbarazzato.
« Ehi Ash! » esclamò invece lei abbracciandomi di scatto « come stai? »
« Bene grazie » risposi mentre gli tendevo la mano per aiutarla ad alzarsi.
Lei la afferrò prontamente e si alzò, scuotendosi infine i pantaloni per levare gli ultimi residui di polvere rimasta.
« Tu invece come stai? » le domandai.
« Levando il leggero raffreddore, bene direi » rispose, continuando a sorridere.
Perché doveva avere quel sorriso così dolce? Un finto colpo di tosse, interruppe la nostra conversazione.
« Oh giusto, Ashton lei è Selena, la mia migliore amica, Sel lui è Ashton, il ragazzo di cui ti avevo parlato.. » disse rivolgendole uno strano sguardo.

Davanti a me si presentò una ragazza molto carina, con lunghi capelli mossi castani scuri tendenti al nero, occhi scuri, e di media altezza. Iniziai ad allungare la mano per presentarmi, ma qualcuno mi precedette.
« Piacere dolcezza, io sono Luke Hemmings, ma per te posso essere chiunque tu voglia » disse facendole il baciamano, per poi far alzare e abbassare le sopracciglia velocemente, guardandola negli occhi.
Vidi Victoria e Selena cercare di non scoppiare a ridergli in faccia, ma io proprio non ci riuscì.
« Scusateci, è appena suonata la campanella e dobbiamo entrare subito » disse Victoria velocemente, stampandomi un bacio sulla guancia e avviandosi verso l’entrata della scuola, trascinandosi con se Selena per un braccio.

« Chiunque tu voglia? » continuai a ridere.
« Innamorato non prendermi in giro, cioè l’hai vista? » controbattè con tono ovvio.
« Non sono innamorato! » ripetei per l’ennesima volta « comunque sì, era carina. »
« Solo carina?! Era semplicement.. »
« Ehi voi due! » sentimmo Mike e Calum urlare poco distanti da noi « avete intenzione di muovervi? La campanella è suonata da cinque minuti! »
VICTORIA’S P. O .V.
 
Oggi ero particolarmente contenta, sia perché la mia migliore amica si sarebbe trasferita nella mia scuola, sia per aver migliorato il mio rapporto con Ashton. Appena sveglia, trovai un suo biglietto, lo trovai un gesto molto dolce. Raccontai tutto a Selena mentre venivamo a scuola, e lei, avendo anche solo sentito nominare Ashton, rimase comunque sorpresa dal suo atteggiamento.

« Dall’ odio reciproco, ai baci e agli abbracci eh? » mi chiese, mentre aspettavamo che la segretaria le desse dei fogli.
« Dio, sono sembrata una scema vero? » chiesi con tono agitato.
 
« Non è che lo sei sembrata, lo sei » disse iniziando a ridere « comunque, si vede che inizia a piacerti. »
« Che coooosa? » iniziai, prolungando la lettera “o” « non è affatto vero! »
Lei mi scrutò con i suoi grandi occhi scuri, tenendo il suo solito sorriso furbo che utilizza quando sa di avere ragione.
« Non mentirmi ragazza, sai benissimo che non ci riesci. »
Okey, che non sappia mentire, è risaputo ormai, ma provarci è meglio di niente no?
« Fidati, non mi piace. » affermai avviandomi verso la classe di canto.
« Beh, non ancora! » mi urlò dietro, iniziando anche lei ad avviarsi verso la sua classe.
« Ashton Irwin non mi piace, Ashton Irwin non mi piace.. » continuai a ripetermi in testa.

Appena arrivata davanti alla porta della classe, mi ritrovai faccia a faccia con Calum Hood.
« Prima le signore. »
« Grazie mille » risposi stando al gioco.
Appena entrata, non trovai nessun posto libero, se non per il primo banco davanti alla cattedra.
« Perfetto.. » sussurai andandomi a sedere, seguita da Calum.

Il professore entrò subito dopo di noi, era lo stesso che avevo conosciuto prima della mia esibizione.
« Che ne dite se oggi qualcuno di voi cantasse? » esclamò entusiasta.

Subito tutti alzarno le mani, tutti tranne me e Calum. Io perché, anche se ero riuscita a cantare allo spettacolo, ancora non me la sentivo di cantare davanti ad altra gente. Calum semplicemente perché non aveva sentito, e continuava a pensare ai fatti suoi.

« Dato che non c’è nessun volontario.. » disse sarcasticamente, mentre io intanto andavo sempre più in giù sulla sedia « Henderson, Hood, perché non venite voi? »
Calum, come cascato dalle nuvole, lo guardò.
« Dove dovremmo venire scusi? » chiese con uno sguardo stralunato.

Tutta la classe cominciò a ridere, me compresa, mentre il professore non sembrava poi così divertito. Così si passò una mano tra i capelli bianchi esasperato.

« Victoria, Calum, venite a cantare. »
« Dobbiamo proprio? »
« VICTORIA. »
« Vengo vengo » dissi alzandomi velocemente e andando alla cattedra, posizionandomi vicino a Calum.

Mi sentì subito agitata vedendo gli sguardi di tutti su di me, e mentre pensavo ad un modo per scappare, che so dalla finestra, sentì afferrarmi la mano destra saldamente. Mi girari ed incontrai lo sguardo di Calum, era calmo, come se mi dicesse di stare tranquilla perché lui era lì con me. Lo ringraziai mentalmente, e decisa la canzone iniziammo a cantare.
Come solitamente faccio, quando mi concentro e penso semplicemente alla canzone e a cosa esprime, chiudo gli occhi, immaginandomi la storia che si contiene dietro di essa.

Finita, aprì gli occhi, accorgendomi solo adesso di aver tenuto la mano di Cal per tutta la durata della canzone. Nessuno fiatava, ed io diventai rossa per l’imbarazzo. Dopo qualche secondo il professor Smith, si levò gli occhiali da vista ed iniziò ad applaudire, intimando gli altri a fare lo stesso. Calum invece, sembrava tranquillissimo e continuava ad osservare tutti sorridendo.

« Ragazzi, voi due da soli cantante benissimo, ma insieme.. CIOE’ VI SIETE SENTITI? »

Okey, adesso mi sembra leggermente impazzito, forse dovrei chiamare qualcuno, ha uno sguardo strano, come emozionato.

« Che ne dite di fare i provini per la recita scolastica? Sareste perfetti in Romeo e Giulietta! » continuò il professore.
« Io non credo che.. » iniziò a dire Calum, prima di essere interrotto da un rumore assordante del spostarsi di una sedia.

Mi girai verso quella direzione, e vidi un Ashton camminare velocemente verso la porta, aprirla e poi chiuderla con un tonfo secco. Possibile non mi fossi accorta della sua presenza? Ma soprattutto, perché aveva reagito così? Ashton Irwin non smetterà mai di stupirmi.

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Capitolo 6
*** Chapter 6. ***


ASHTON' S  P.O.V.
 
« Mi spieghi che diavolo ti succede?! » mi urlò contro Calum, non appena mi ebbe raggiunto sotto il grande albero posto al lato destro del cortile « sei scappato via senza nessuna ragione! Sai che sei a rischio bocciatura, e ti metti a fare queste cazzate?! »

Non ero proprio a rischio bocciatura.. okey, forse lo ero, ma non mi sembrava di aver combinato chissà che cosa. Mentre vedevo Calum e Victoria cantare insieme, è stato come se il mondo si fosse ridotto a quella stanza, c’eravamo solo noi tre, loro ed io, e sinceramente non so dire cosa provai con esattezza quando vidi di sfuggita le loro mani intrecciate, ma sono certo che c’entri con l’irritazione ed il fastidio.

« Vi ho visti.. » sussurrai.

« Hai visto cosa? »

« Ho visto le vostre mani. Mentre cantavate. » lui allora, parve capire.

« Ashton, credi davvero che ti farei mai una cosa del genere? » chiese, come se la risposta fosse ovvia, e lo era, ma mi limitai a stare in silenzio. Lo vidi prendere posto accanto a me.

« Sul serio, Ashton, so quanto tu tenga a lei, e anche se non lo ammetterai tanto facilmente, so che ti piace. »

Mi girai per guardarlo negli occhi. In tutta la mia vita non mi era mai piaciuta nessuna ragazza in quel senso. Non ero mai stato uno di quei ragazzi che pensava all’ amore, solo al divertimento. Questa era una cosa totalmente nuova per me, ed io, non avevo idea di cosa fare.

« Come si fa? » chiesi guardando la poca erba presente nel cortile.

« Come si fa, cosa? » domandò confuso.

« Come si fa a capire quando ti piace qualcuno? »

Calum sorrise teneramente, non aspettandosi sicuramente una domanda del genere. Alzò il viso verso il cielo mentre si appoggiava meglio al tronco dell’ albero, oggi il sole stava in alto indisturbato, poche nuvole erano presenti. Dopo essersi passato una mano tra i capelli, ed aver fatto un lungo sospiro rispose.

« Sai, credo che non ci sia una vera e propria risposta a questa domanda, insomma, ognuno interpreta l’amore come vuole, perciò, ti dico come la penso io. Quando ti innamori di una persona, è come se quella, rappresentasse il centro del tuo mondo, non aspetti altro che vederla, anche con la scusa più banale. Ogni cosa che fa, ti sembra perfetta, trovi lei perfetta. Per non parlare del sorriso. Quello si che ti manderà in confusione. »

« Calum, tu sei mai stato innamorato? » lo interruppi.

« Sì » ammise dopo qualche secondo « ed anche se ho sofferto molto, credo che l’amore sia il sentimento più bello che possa esistere, non fartelo scappare. »

Così dicendo si alzò, si scosse i jeans neri con le mani, e si avviò verso l’interno della scuola.

« Calum! » urlai, alzandomi anche io e facendo qualche passo avanti.

« Grazie. »

Lui mi sorrise, uno di quei suoi sorrisi dolci che riserva solo alle persone a cui vuole realmente bene, e si riavviò verso l’interno.
Decisi di rientrare al suono della campanella. Adesso avrei avuto recitazione, lo stesso corso di Victoria, ho mai detto di essere fortunato? Con tutta la calma del mondo, presi lo zaino nero e mi avviai verso la mia classe, appena varcata la soglia, il professore non c’era ancora, così mi sedetti indisturbato all’ ultimo banco. Di Victoria nessuna traccia, magari ha deciso di non veni.. sentì il movimento dello spostarsi di una sedia accanto a me. Non appena alzai gli occhi, incrociai il mio sguardo con il suo color cioccolato. Nessuno dei due parlava, stavamo semplicemente zitti, ma nessuno di noi due osava distogliere lo sguardo.

« Allora, vuoi dirmi cosa ti è preso prima? Credevo che il nostro rapporto fosse migliorato.. » credetti di sentire una nota triste nella sua voce.

« Ma è così Vic! Scusami è solo che.. non mi sono sentito tanto bene » decisi di non dirgli la verità, sicuramente a lei piacevo solo come amico, perché distruggere il nostro rapporto di amicizia appena creato? E poi, ancora non sapevo con esattezza i miei sentimenti, o forse non volevo accorgermi di quello che in realtà provavo, ma non ci pensai.

« Ed ora come stai? » mi chiese con tono leggermente preoccupato, ma so che non mi credette.

« Meglio, grazie » le risposi con un sorriso tirato.

Ad interrompere la nostra conversazione, fu l’arrivo del professore, che come una furia si mise a girare intorno alla cattedra, per poi mettersi a scrivere alla lavagna la parola “IMPROVVISAZIONE”. Tutti lo guardammo confusi.

« Improvvisazione? » domandò qualcuno dal fondo della classe, non saprei esattamente dire chi.

« Sono contento che tu sappia leggere Jordan » varie risatine si sparsero per la classe « vuoi anche spiegarci cosa significa? »

Il ragazzo, sentitosi tirato in causa, abbassò la testa e scosse la testa in segno di negazione.

« Bene » continuò il professore « adesso vi dividerò in coppie, e tra circa 15 minuti, ogni coppia mi farà vedere qui sul palchetto, cosa significa per voi la parola “imitazione”, create scene immaginarie o che potrebbero realmente accadere, su su ampliate le vostre menti! »

Victoria mi guardò spaventata, ed io trattenni a stento una risata.

« Ah e se non l’avevate capito, le coppie sono quelle dei compagni di banco. »

Perfetto, così avrei avuto più occasioni di passare del tempo con lei. Prese un foglio ed una penna, mise tutto al centro del banco, e si sporse verso di me.

« Da quando nell’ aula di recitazione ci sono i banchi? »

« Il professor Smith diciamo che.. non è un tipo comune, ecco. » cercai di spiegare.

Lei parve capire, così iniziammo a scrivere qualche idea su cosa mettere in scena tra un quarto d’ora, sono certo che andrà tutto benissimo, so gestire questo tipo di situazioni.
2 MINUTI DOPO.
 
« Perché questa cavolo di penna non deve funzio.. » iniziai a dire scuotendo la penna blu avanti e indietro per cercare di farla andare, ma purtroppo, quella scoppiò, e lo schizzo non prese solo me.

« ASHTON! » l’urlo di Victoria risuonò per tutta la classe, facendo voltare tutti nella nostra direzione, compreso il professore.

La guardai dispiaciuto, mormorando circa mille volte scusa, ma siccome non riuscivo mai a tenere chiusa la mia boccaccia…

« Ehi, ma lo sai che il blu ti dona?! » giurai di aver visto tutte le ragazze della mia classe sbattersi una mano sulla fronte, mentre i ragazzi continuavano semplicemente a fissarci incuriositi.

Dopo aver capito che le parole utilizzate, non erano state del tutto inappropiate, piano piano mi abbassai la bandana verde indossata la mattina, fino a cercare di coprirmi il viso, leggermente arrossato.

« Signorina Henderson, credo debba andare a cambiarsi la maglietta.. » disse il professor Smith, osservando la camicia ormai blu di Vic « Ha un cambio in palestra? »

Victoria annuì, dicendo di aver lasciato il suo borsone in una delle panche nello spogliotaio, proprio vicino al suo stipetto. Detto questo, il professore si voltò verso di me, ed iniziò a fissarmi, per poi togliere i grandi occhiali da vista e tenendoli su una mano.

 « Ashton, perché non vai a prendere la maglietta alla signorina Henderson? Sono sicuro che non sarai così maleducato di dire di no. »

« Perché dovrebbe mettere mano tra le mie cose? Posso andarci benissimo anche da sola! » okay, forse l’avevo fatta innervosire.

« Prima di tutto moderi il tono, seconda cosa, sono certo che il signor Irwin non farà il guardone, prenderà la maglia e tornerà subito qui, giusto? » affermò con un tono che non ammetteva repliche.

Così, mi alzai e mi diressi verso gli spogliatoi della palestra. Girato l’angolo, vidi i miei tre migliori amici seduti tranquillamente con le spalle agli armadietti, che continuavano a parlare dei fatti loro.

« Si parla del diavolo e spuntano le corna eh? » Mike si alzò e facemmo il nostro solito saluto.

« Ehi scimmioni, stavate parlando di me? » domandai con una certa nota di curiosità nella voce, osservandoli uno ad uno.

« Calum ci stava raccontando di quello che è successo a lezione » mi rispose Luke, continuando ad aggiustarsi il suo adorato ciuffo biondo.

Calum gli schioccò un’ occhiataccia, e lo stesso feci anch’io con lui. Con la bocca gli mimai un “più tardi ne riparliamo”, cercando di non farmi vedere dagli altri due.

« Aaaallora.. » cercò di cambiare discorso Cal « cosa ci fai fuori dalla classe? Mi stai diventando un cattivo ragazzo piccolo Ash? » disse strizzandomi le guance come solitamente fanno le nonne con i nipoti.

Gli levai le mani dal mio viso e gli diedi un leggero colpo sulla spalla, lui di tutta risposta continuò ad osservarmi con uno sguardo tra il furbo e il malizioso, e gli altri non erano da meno.

« Punto primo: Anche voi non siete in classe » loro annuirono, incitandomi ad andare avanti « e punto secondo: Devo andare a prendere una maglietta a Victoria in palestra. »

« Una maglietta? Perché? »

« Avete presente la camicia bianca che indossava questa mattina? » loro annuirono nuovamente « diciamo che da bianca, è diventata blu grazie ad una penna » dissi passandomi una mano dietro al collo, come facevo sempre quando ero imbarazzato.

Alzarono tutti e tre gli occhi al cielo, ed iniziarono a domandarmi tutto sull’ accaduto, i soliti ficcanaso. Così gli chiesi di accompagnarmi in palestra, e durante il tragitto raccontai per filo e per segno come si era svolta la vicenda. Arrivati in palestra, ancora non avevano smesso di ridere.

« Menomale che gli amici si vedono nel momento del bisogno! » pensai rassegnato alzando gli occhi al cielo, iniziando poi a cercare il borsone, individuandolo sopra una delle tante panche di legno. Lo aprì e iniziai a cercare una maglia.

 
 VICTORIA’S P.O.V.
 
« Perché ci sta mettendo tanto.. » continuai a pensare, scarabbochiando nel mio quaderno frasi sconnesse e disegni vari, osservandomi di tanto in tanto la camicia, mentre gli altri mettevano in atto le loro rappresentazioni. Alzai la mano destra per attirare l’ attenzione del professore.

« Mi dica Henderson. »

« Posso andare in bagno perfavore? E’ abbastanza urgente.. »

« Definisca urgente. »

Ma sta dicendo sul serio?

« Ecco io.. ho un problemino femminile, ecco » tentai di spiegarli malamente, anche se era solo una scusa.

« Cioè? » mi domandò confuso. Dio aiutami tu.

« Il Mar Rosso ha deciso di spostarsi e di trasferirsi nelle mie mutande, così le va bene?! » dissi ormai al limite della sopportazione.

Lui spalancò gli occhi, così come il resto degli alunni presenti in classe. Mi ordinò poco gentilmente di uscire, meglio così, era questo il mio intento. Anche se non volevo che mi sbattesse fuori.. va beh ci penserò più tardi, adesso devo raggiungere quel cretino. Così mi incamminai a passo svelto per i corridoi deserti. Arrivata davanti alla porta degli spogliatoi, sentii più di una voce, così appoggiai cautamente l’orecchio alla porta, cercando di non aprirla, ma non sentendo bene, la spostai leggermente, in modo da vedere chi ci fosso all’ interno.

La scena che mi si presentò davanti non fu una delle migliori. Ashton intento a frugare nel mio borsone, e fin qui non c’era niente di strano, ma dietro di lui c’era un Luke che giocava a mosca cieca con Calum e Michael, con un qualcosa che non identificai subito a coprirgli gli occhi. Mi sporsi un po’ di più, e diventai rossa di rabbia. Spalancai la porta e loro si imbolizzarono.

« Ehi ragazzi, che succede? » domandò Luke preoccupato, con ancora quel coso a coprirgli gli occhi. Appena se lo tolse, capì.

« COME VI SIETE AZZARDATI A PRENDERE IL MIO REGGISENO?! »

Luke passò velocemente il reggiseno in mano a Calum, che lo passò a Michael, che a sua voltà lo passò ad Ashton. Lui si girò alla sua destra, ma non trovando nessuno, si portò le mani dietro la schiena.

« Quale reggiseno? » chiese con un sorrisetto innocente, ma che trapelava quanto in realtà fosse nervoso.

Non mi diedero il tempo di parlare. Ashton posò l’oggetto nel borsone, mi tirò la prima maglietta che gli capitò sottomano sul viso, per poi scappare velocemente insieme agli altri. Ma prima di andarsene definitivamente si avvicinò al mio orecchio.

« Ricordati, le brave ragazze sono cattive ragazze non ancora scoperte » e così dicendo, se ne andò, lasciandomi un grande punto interrogativo in testa.

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Capitolo 7
*** Chapter 7. ***


VICTORIA’S P.O.V

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Sapevo che si sarebbe messa a ridere. Ma non pensavo che ridesse per addirittura 20 minuti sdraiata sul letto della mia camera, sfacendolo completamente e nascondendosi sotto il piumone bianco.

« Non… posso… crederci… » adesso non riusciva nemmeno a parlare. Iniziò a battere le mani furiosamente continuando a ridere.

« Sel, sembri una foca. »

Lei si fermò di colpo, si girò lentamente verso di me, ci guardammo per un tempo indefinito, e scoppiamo a ridere contemporaneamente.
Il nostro rapporto era particolare. Non amavamo chiamarci con i soliti nominogli tipo “amore” o “cucciola” e non ci dicevamo spesso “ti voglio bene”, ma me lo dimostrava con i fatti ogni singolo giorno, così come io facevo con lei.

Improvvisamente la porta fu spalancata da mia sorella.

« Dio Trina, mi hai fatto perdere 10 anni di vita! »

« Oh che esagerata » disse levandosi le scarpe e lasciandole davanti alla porta per poi sdraiarsi accanto a noi nel letto.

« Accomodati pure » affermai sarcasticamente « vuoi anche un tè o altro? »

« No no, sto bene così grazie » disse muovendo la mano come a farmi stare zitta.

Iniziò a fissarmi, inutile dirvi che era piuttosto inquietante. Eravamo in tre, sdraiate su un letto ad una piazza e mezzo, che di li a poco, si sarebbe rotto. Dopo qualche secondo di silenzio, Sel iniziò a parlare.

« Quindi sei venuta qui perché.. »

Trina distolse lo sguardo da me, per poi passarlo su Sel. Poi iniziò ad alternarlo da me a lei. Dopo uno sbuffo, ormai stufa del suo strano comportamento, gli fermai la testa con le mani.

« Parla. »

Per la prima volta in tutta la mia vita, la vidi arrossire. Era la più esuberante tra le due, se doveva dire qualcosa la diceva, non si vergognava di niente, ma soprattutto di nessuno, eccetto.. Oh aspetta.

« Per caso il nome: Michael Clifford, c’entra qualcosa? » subito sposto lo sguardo ai suoi piedi, mentre Sel continuava ad osservarla curiosa seduta a gambe incrociate con un cuscino rosso tra le mani.

« Ti ha fatto qualcosa? No perché se è così giuro che.. » provai a parlare prima di essere interrotta da lei.

« Vic, non mi ha fatto assolutamente niente, solo che.. credo, credo di provare qualcosa per lui. »

Sentì un tonfo. Sel era letteralmente caduta dal letto, e dato che io ero la cosa più vicina alla quale aggrapparsi, mi trascinò con lei. Le rivolsi un’ occhiataccia, ma lei non se ne curò, continuando a guardare con occhi sorpresi mia sorella.

« MA CHE DAVVERO?! » era la solita.

« Sono venuta qui per chiedervi una mano, strano ma vero » affermò poco dopo Trina tra sé e sé « ho saputo che stasera andranno in discoteca, come tutti i sabati, e noi, NATURALMENTE, ci troveremo li per caso » fischiettando si girava i pollici.

« Solo io la trovo inquietante? » mi girai verso Sel, che cercava di mettere apposto i suoi lunghi capelli inutilmente, così rassegnata mi rigirai verso la pazza.

« E noi cosa centreremmo scusa? » chiesi guardandola dal basso, visto che lei era l’unica ancora nel letto.

« Verrete con me, ovvio. »

Naturalmente rifiutai, non potevo certo presentarmi in discoteca solo perché mia sorella voleva provarci con Michael! Inutile dire che circa 4 ore più tardi eravamo nella punto blu di Sel, tutte “ vestite e profumate ”, almeno così aveva detto Trina, pronte per andare in discoteca. Okay pronte proprio no, almeno, io non lo ero per niente. Ero ancora furiosa con Ashton e gli altri, e sicuramente non gliel’ avrei fatta passare liscia. Ancora non avevo capito la sua ultima affermazione prima di uscire dallo spogliatoio, ci pensai molto, ma senza mai trovare una risposta logica, così alla fine rinunciai. Appena arrivate, e dopo aver parcheggiato nel parcheggio della discoteca, entrammo. Subito cercai di abbassare il cortissimo vestito nero che quelle due mi avevano costretto ad indossare, arrivava a malapena a metà coscia, ed io non ero proprio il tipo da vestito, figuriamo di questo. I loro vestiti avevano all’ incirca la stessa lunghezza del mio, solo che quello di Trina era rosa e quello di Sel bianco. Dovevo ammettere che erano stupende, e se Michael non se ne fosse accorto, ci avrebbe rimesso lui. Neanche a farlo apposta, passarono proprio davanti a noi, non degnandoci di uno sguardo, quando ad un trattò un Luke con una faccia più che sorpresa, fermò gli altri e li costrinse a tornare indietro, davanti a noi.

« Ragazze, che piacere avervi qui! » urlò Luke per sovrastare il volume della musica, rimanendo però concentrato a fissare la mia amica, che, stufa, alzò gli occhi al cielo.

« Si, visto che casualità? » avevo mai detto qualcosa riguardo la stupidità di mia sorella?

Ad un tratto sentì picchiettarmi alla spalla. Mi girai trovando un ragazzo abbastanza alto, moro con un ciuffo all’ insù e la pelle olivastra.

« Ehi dolcezza, sono Zayn, ti andrebbe di ballare? » mi chiese porgendomi la mano.

Le altre due iniziarono a darmi gomitate ai fianchi, incitandomi ad andare, cercando, inutilmente, di non farsi vedere. Siamo qui per divertirci no? Così accettai e afferrai la mano del moro, sotto i fischi di approvazione di mia sorella e della mia migliore amica. Mentre ci avviavamo al centro della pista, sentivo uno sguardo perforarmi la schiena, ma non me ne curai, pur sapendo di chi fosse. Sapevo di provare qualcosa per Ashton, ma conoscevo la sua reputazione, e anche se speravo che cambiasse per me, non sarebbe mai accaduto. Riportai la mia attenzione sul ragazzo davanti a me, che intanto aveva poggiato le mani sui miei fianchi, socchiudendo gli occhi a causa delle forti luci di vari colori che continuavano ad alternarsi nella stanza.

« Non credo di aver capito il tuo nome.. »

« Forse perché non l’ho detto » gli sorrisi, incrociando le mani dietro il suo collo « chiamami Vic »

« Vic.. mi piace » sorrise a sua volta. Parlammo molto, scoprì che oltre ad essere davvero un bel ragazzo, era anche molto simpatico. Avevamo molti gusti in comune, solo che, non so per quale motivo, non mi sentivo totalmente a mio agio, forse perché non ero abituata ad avere contatti così intimi con un ragazzo già dalla prima volta che lo incontro. Ad un tratto lo vidi avvicinarsi piano al mio viso, alle mie labbra, ero come paralizzata, lo volevo? Non feci in tempo a decidere, perché una mano mi afferrò saldamente il polso e mi trascinò via, sotto lo sguardo stranito di Zayn. Dopo qualche secondo, mi accorsi che la persona in questione era Ashton. Così, impuntai i tacchi a terra, riuscendo a fermarmi, facendo fermare così anche lui, che si girò e mi guardò furioso.

« Mi spieghi che cavolo ti prende?! » gli urlai contro, se prima ero furiosa, ora lo ero anche di più.

« Ti prego dimmi che stai scherzando. » e mentre lo disse, si avvicino di più a me, attaccando il suo corpo al mio. A quel contatto sobbalzai.

« Io non riesco a capirti, un giorno sembra che tra noi possa esserci qualcosa di più di una semplice amicizia, e il giorno dopo ti comporti come se mi odiassi, io davvero non so più cosa fare.. » sentii le lacrime impossessarsi dei miei occhi, ma non dovevo piangere, non in quel momento almeno.

« Lo sai anche tu che non ti odio, Dio » sbattè i pugni al muro dietro la mia schiena, tenendomi intrappolata tra le sue braccia « io.. io non so perché, insomma, sei acida, stronza.. »

« Hai intenzione di continuare a lungo? » sbottai, guardandolo negli occhi.

« Però sei anche tremendamente bella, bella da togliere il fiato, talmente bella che non te ne accorgi nemmeno, non ti accorgi dell’ effetto che fai. »

Rimasi paralizzata. Non sapevo cosa dire. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiusi subito. Quegli occhi, mi ci perdevo dentro, non riuscivo a pensare ad altro. Che mi stava succedendo? Sapevo che Ashton non mi era indifferente, ma non credevo possibile che mi facesse provare tutto questo. E se mi stavo.. innamorando? No, non potevo, anzi, non dovevo, insomma, lui era Ashton Irwin, poteva avere qualunque ragazza ai suoi piedi, perché proprio me?

« Perché mi hai trascinata qui? » sussurrai, abbassando lo sguardo, non appena ebbi ripreso conoscenza dai miei pensieri. Lui mi alzò il mento con il pollice e l’indice, facendo incontrare di nuovo i nostri sguardi.

« Hai visto quello? Ci stava provando spudoratamente con te! Insomma, non ti conosce nemmeno, come cavolo si permette di.. »

« Ashton.. » lo interruppi « sei, sei geloso? » non so con quale coraggio riuscii a chiederglielo.

Ma la sua risposta non tardò ad arrivare.

« Cazzo se lo sono! » cosi dicendo, mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Anche se non lo ammetterò mai, era il bacio che aspettavo da sempre, e me ne resi conto solo in quel momento. Lo sentii sorridere sulle mie labbra.

« Questo cosa significa? » gli chiesi, tra un bacio e l’altro.

« Che lei » bacio.

« Signorina Henderson » bacio.

« da oggi sarà la mia ragazza » mi diede un ultimo bacio a stampo.

« Allora accetta? » mi chiese con quel suo sorriso furbo, che farebbe innamorare il mondo intero.

Senza che se lo aspettasse lo baciai io, questa volta con più passione.

« Questo le basta come risposta? »

« Mmh.. credo di non aver capito bene.. » disse accorciando lentamente la poca distanza che ci separava.

Portai le mani tra i suoi capelli, e lui mise le sue nei miei fianchi. Iniziò un bacio che volevo non finisse mai, un bacio pieno di passione, ma soprattutto, di amore.

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Capitolo 8
*** Chapter 8. ***


VICTORIA’S P.O.V.

 
Ero, per l’ennesima volta, in ritardo. Possibile non riesca mai ad essere puntuale? Spensi la sveglia che, per un motivo sconosciuto, era suonata 20 minuti dopo, mi scostai velocemente le coperte di dosso, e mi avviai verso il bagno, rischiando di inciampare ad ogni minimo passo. Mentre scendevo le scale a chiocciola per andare in cucina, sentì la porta principale sbattere con un tonfo secco. Perfetto. Mia sorella se ne era andata senza aspettarmi. Sicuramente voleva farmela pagare per essere praticamente sparita la sera prima, senza dirgli niente. A proposito della scorsa sera, ancora non riesco a crederci. Ho sempre sognato un principe azzurro, come quello delle fiabe, e invece ho trovato un ragazzo perfetto in canottiera e jeans strappati. Mi risvegliai dai miei pensieri scuotendo la testa, corsi in cucina, presi una fetta di toast, diedi un bacio sulla guancia a mia madre che continuava a urlarmi cose come “non cambierai mai”, ottenendo in risposta un semplice “è per questo che mi vuoi bene” con tanto di linguaccia, per poi prendere di corsa lo zaino rosso fuoco della eastpack e correre in direzione della scuola. Non appena chiusi la porta, mi ritrovai davanti un Ashton appoggiato con la schiena alla sua enorme Range Rover nera, nella mano destra mostrava dondolando a destra e sinistra il suo iphone, con uno dei suoi soliti sorrisetti sarcastici. Cliccò il tasto centrale, facendo illuminare lo schermo.

« Ti sembra l’ora? Sei fortunata che passavo di qui per caso.. » disse avvicinandosi e cingendomi la vita con le braccia.

« Se questo è il risultato, dovrei fare tardi più spesso » risposi, imitando lo stesso sorrisetto presente sul suo volto.

Con uno scatto fulmineo unì le sue labbra alle mie, in un bacio tutt’ altro che casto. Dopo qualche secondo lo allontanai leggermente, poggiando le mani sulle sue spalle.

« Mi dispiace Casanova, ma non vorrai mica arrivare in ritardo vero? »

Mi guardò mordendosi leggermente il labbro inferiore, per poi seguirmi all’ interno della vettura e avviarci verso la scuola.
Arrivammo circa 10 minuti dopo, meglio non dire che Ashton aveva leggermente superato i limiti di velocità, sotto le mie preghiere e imprecazioni contro di lui, che agitata, continuavo a dirgli di rallentare per paura di fare un incidente, sono paranoica, lo so.
La campanella era appena suonata, così, mano nella mano, raggiungemmo i ragazzi e Sel che erano intenti a chiacchierare tra loro e ad avviarsi ognuno nelle rispettive classi.
Appena ci videro strabuzzarono gli occhi, evidentemente sorpresi. Sel mi guardava con uno sguardo malizioso, che lasciava intendere tutto quello che pensava, mentre gli altri continuavano a passare il loro, dai nostri visi alle nostre mani intrecciate. Calum guardava Ashton sorridente, ed Ash faceva altrettanto, sembrava comunicassero con lo sguardo, tramite un linguaggio che solo loro riuscivano a capire.
Passato qualche attimo di silenzio, mi schiarii la voce.

« Allooora, entriamo? »

Neanche il tempo di dirlo, che Sel mi tirò per un braccio e mi trascinò dentro, con la scusa di non voler entrare tardi, quando in realtà, non gliene era mai importato granchè. Riuscii a malapena a salutare tutti con un gesto veloce della mano e Ashton con un bacio sulla guancia, che continuava a trascinarmi via, sotto gli sguardi straniti degli altri, ma soprattutto quello interessato del biondo.

« La rivorrei intera eh! » sentii gridare da Ashton poco prima che Sel mi trascinasse dietro l’angolo del corridoio, sparendo così dalla loro vista.

Ci fermammo nei bagni delle ragazze, lei si posizionò di fronte a me, puntando i suoi occhi marroni nei miei, del medesimo colore.

« Non credi che oggi sia proprio una bella giornata? »

Sorrise, capendo che stavo provando a cambiare discorso, ma non si arrese.

« Così è per questo che sei sparita ieri sera? » esclamò, continuando ad avere quell’ inquietante sorriso malizioso che aveva da quando mi aveva vista arrivare.

« Probabile.. »

« Vic. »

« Eh? »

« Chupa Vic, chupa. »

Scoppiamo a ridere contemporaneamente, non sarebbe mai cambiata. Mi ricordai solo in quel momento che eravamo nel bagno del primo piano, e la prima ora era già inizia da 10 minuti buoni. Ma a quanto pare, non interessava molto alla ragazza davanti a me.

« Allora, perché mi hai trascinata fin qui? »

« Niente di particolare, volevo chiederti questo. »

Osservai il bagno, le pareti colorate di un rosa smorto, ed un’ unica finestra che dava sul piccolo cortiletto sul retro.

« Fammi capire, quindi, tu mi hai portata.. qui » dissi indicando con le mani lo spazio che mi circondava « solo per sapere se ero con Ashton ieri sera? »

Lei fece finta di pensarci, grattandosi la testa con fare intellettuale.

« Esattamente. »

« SELENA MAR.. »

Mi interruppe mettendomi le mani sulla bocca.

« Inutile che cerci di fare l’arrabbiata, oggi hai gli occhi a cuoricino cara » sussurrò, prendendomi in giro.

Diventai rossa dalla vergogna, guadagnandomi una strizzata di guancia da parte sua.

« Ora è meglio che andiamo, è abbastanza tardino.. » affermò guardando l’orologio che aveva al polso.

Le rivolsi un’ occhiataccia e ci avviammo verso la classe di ballo.
Appena arrivammo davanti alla classe, notammo che la porta era aperta. Strano, solitamente il professore di danza la chiudeva sempre. Guardammo dentro e notammo che i ragazzi e le ragazze erano disposti in due file, una di fronte all’ altra, ma del professore nemmeno l’ombra. Così mi sporsi ancora di più con la testa, Sel sopra di me, fece la stessa cosa.
Ad un tratto qualcuno dietro di noi si schiarì la voce, noi ci girammo lentamente e contemporaneamente, temendo che fosse chi pensavamo, e infatti fu così.

« Cosa state facendo ancora fuori dalla classe?! »

Io e Sel ci indicammo, con una finta faccia stranita.

« Non fate le finte tonte, dico proprio a voi »

« Ma professore, noi eravamo qui dal suono della campanella, solo che lei non ci ha vist.. aspetti, ma lei sta arrivando ora? » chiese con tono indagatore Sel.

Lui diventò rosso, non so se di vergogna o di rabbia, fatto sta che ci ritrovammo spedite dal preside.

« Che irascibile » sbottò la mia migliore amica, guadagnandosi una mia occhiataccia.

Appena svoltato l’angolo, vedemmo che non eravamo state le uniche ad essere mandate dal preside, nelle piccole sedie verde scuro poste accanto alla porta c’era la banda al completo: Luke, Ashton, Michael, Calum e, non ci potevo credere, mia sorella.

« Anche voi qui eh » disse Michael « perché? »

Solo in quel momento notai che erano tutti e cinque sporchi di tinta, e a quanto pare non fui l’unica ad accorgermene.

« Ma che diavolo avete combinato?! » gridò molto delicatamente Sel, ricevendo in risposta uno “shh” dalla vecchia bidella con gli occhiali alla Harry Potter che stava pulendo il corridoio.

« Chiedilo a tua sorella. »

Lei sentendosi tirata in causa alzò lo sguardo. Nei suoi occhi vidi tristezza, ma soprattutto pentimento. Ma pentimento di cosa? Più tardi gli avrei parlato. Abbassò nuovamente lo sguardo, intenta ad osservarsi la grande macchia di tinta verde posta nella parte alta della sua maglietta, stonando altamente con il colore rosa dell’ indumento.

« Piccolo incidente? » tentò di discolparsi.

Michael stava per replicare quando la grande porta in legno si spalancò mostrando il preside, un uomo calvo sulla quartina, che ci invitò ad entrare tutti.
Io e Sel spiegammo il motivo per cui eravamo lì, e appena finito chiese agli altri di fare lo stesso. Michael stava per iniziare a parlare, quando Calum lo precedette, frustato passandosi una mano nei capelli scuri.

« Adesso le spiego brevemente ciò che è successo » iniziò, sotto lo sguardo attento e curioso dell’ uomo davanti a noi « in poche parole: eravamo a lezione di pittura, ad un tratto Michael ci prova con quella Cece del 4° anno, c’è l’ ha presente? Quelle con due tet.. »

« Calum. » lo apostrofò Ashton.

« Mh.. scusate, comunque dicevo, ci provava con questa ragazza, quando ad un tratto Trina » indicò mia sorella « ha versato della tinta gialla in testa a Mike, per un motivo sconosciuto, ed ha iniziato ad urlare cose senza senso, noi, essendo dietro di Michael, siamo stati presi anche noi dalla tinta, mentre lui per vendetta ha fatto quello che vede nella maglietta di Trina. »

Il preside spostò lo sguardo sulla maglia di Trina, spalancando gli occhi, poi si grattò la testa.

« Cosa dovrei fare con voi? »

Iniziò un momento di silenzio, in cui tutti cominciarono ad osservarsi a vicenda negli occhi, preoccupati di quale sarebbe stata la nostra sorte. Non c’è bisogno di dirvi che mi soffermai soprattutto su Ashton.

« Ho deciso. Voi sette starete per una settimana a scuola anche il pomeriggio per dare una mano con le pulizie, adesso andate. »

Prima di uscire, sentì la mano di qualcuno cercare la mia, e appena notai che la persona in questione era Ashton, non esitai nemmeno un secondo a far intrecciare le nostre mani, sentendone il bisogno. Ci sorridemmo a vicenda per poi uscire dall’ ufficio.
Vidi mia sorella iniziare ad andarsene, ma la fermai per un braccio con la mano ancora stretta a quella di Ash.
Lei si girò e mi guardò, prima osservando curiosamente la nostre mani intrecciate, poi guardandomi negli occhi. Diedi un’ occhiata ad Ashton, e lui capì subito.

« Forse è meglio che vi lasci sole » disse lasciandomi un bacio a fior di labbra « ci vediamo a pranzo » mi disse per poi raggiungere gli altri che erano scomparsi appena usciti dall’ ufficio del preside.

Andammo nel piccolo cortile nel retro della scuola, durante le lezioni era sempre deserto se non per qualche ragazzo arrivato in ritardo che decideva di entrare all’ ora dopo o semplicemente per chi non aveva voglia di stare in classe o era stato sbattuto fuori. C’era poco vento, ma sembrava volesse venire a piovere, così mi misi la felpa rossa che avevo legata alla vita.
Lei con uno sbuffo si mise ad osservare i pochi fiori viola presenti nell’ aiuola pur di non guardarmi negli occhi. Le alzai la testa, permettendole di incrociare il mio sguardo.

« Allora Trina, mi spieghi che cosa diavolo è successo? » chiesi facendo arrivare le maniche della felpa fin sopra le mani per riscaldarle e incrociando le braccia.

« Niente Vic, niente, semplicemente non mi andava che quella stesse attaccata a Mike » disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

« Ma non ti è passato per la mente che, non so, era una pazzia?! »

Lei di tutta risposta alzò gli occhi al cielo e si andò a sedere sui gradini davanti alla porta che collegava il cortile al corridoio. Alzò lo sguardo è mi osservò dal basso.

« No. »

Mi sbattei letteralmente una mano sulla fronte. Non poteva dire sul serio. Con cautela mi sedetti accanto a lei, poggiandole una mano sulla spalla.

« Senti, so che ti piace Michael » lei provò ad interrompermi « lasciami finire, ma se vuoi, come dire, “conquistarlo”, non credo che questo sia il modo giusto. »

« Oh.. quindi te ne sei accorta? »

« Tesoro, se ne sono accorti tutti tranne lui. »

In risposta ricevetti semplicemente un grugnito. Molto femminile Trina, davvero. Sospirai, allungando le gambe lungo i gradini più in basso.

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Capitolo 9
*** Chapter 9. ***


Guardai per la ventesima volta l’orario all’ orologio bianco appeso alla parete, possibile che una persona ci metta così tanto per venire a dirci cosa fare? Era da circa una mezz’oretta che aspettavamo dentro un’ aula della scuola che il preside o una bidella venisse a dirci come muoverci, ma fino ad ora, non si era ancora visto nessuno.

Spostai lo sguardo a ciò che avevo intorno. Il braccio di Ashton circondava le mie spalle, mentre io avevo la testa poggiata sulla sua spalla, entrambi eravamo seduti con le spalle contro al muro color panna dell’ aula e le gambe distese. Sel e Luke sembrava stessero litigando, il che non era una novità, in questi giorni quei due litigavano un giorno si e l’altro pure, mi domando se Luke smetterà mai di provarci con lei o se la mia migliore amica cederà. Punterei più sulla seconda. Calum e Michael stavano accovacciati su un banco vicino alla finestra, il primo guardava il paesaggio fuori, non che ci fosse qualcosa così bello da vedere nel parcheggio della scuola, l’altro invece dormiva beatamente, emettendo sbuffi ogni tanto, facendo spostare un ciuffetto che gli ricadeva in fronte. Ed infine c’era mia sorella. Non c’era bisogno di guardarla per sapere cosa stesse facendo. Continuava ad avere i suoi soliti occhi a cuoricino mentre osservava il ragazzo dai capelli verdi dall’ angolo della stanza, cercando, inutilmente, di non farsi vedere.

« E’ ancora convinta che non lo sappiamo? » mi sussurrò all’ orecchio Ash.

« Probabile » sussurrai, continuando ad osservarla « molto probabile. »

Lo sentii ridere, e giurai di non aver mai sentito un suono più bello. Gli strinsi la mano, non so per qualche motivo, sentivo di averne bisogno, e lui fece lo stesso.

Ad un tratto sentimmo dei passi veloci lungo il corridoio, ci girammo e trovammo la bidella davanti alla porta con le braccia conserte e lo sguardo severo. Iniziò a scuotere la testa, facendo muovere di qua e di la i suoi capelli scuri che avevano davvero bisogno di un po’ di colore.

« Voi che ci fate ancora qui? »

Calum, dopo aver dato una gomitata a Michael per svegliarlo, le mostrò il foglietto rosso datoci dal preside il giorno prima, con sopra una scritta grande e nera che recitava la parola “DETENZIONE”.

Sbuffò, per poi pulirsi le mani nel suo, già pieno di macchie, grembiule blu, e guardarci uno ad uno.

« Forza venite a prendere i secchi, le spugne e tutte le altre cose, sarà un lungo pomeriggio. »

Ashton mi diede un bacio sulla testa prima di alzarsi, e porgermi la mano per fare lo stesso.

 « Ragazzi, siete da diabete » un Michael ancora mezzo assonnato si fece avanti.

In risposta ottenne un piccolo schiaffo sul collo da Sel, che continuava a lamentarsi di quanto i ragazzi non capissero niente dell’ amore.

Dopo qualche minuto ognuno di noi aveva in mano qualcosa. Quel giorno, fortunatamente, dovevamo pulire solo il teatro, peccato che era immenso. Ci guardammo tutti intorno stralunati, non sapendo cosa fare o come dividerci i compiti.

« Sarà meglio iniziare se vogliamo finire entro stanotte » affermò sarcasticamente Calum con una scopa rossa in mano.

« Bene, dividiamoci i compiti » disse Luke disponendoci uno per uno in fila indiana « Mike, tu e Trina vi occuperete di spazzare la stanza, Vic e Ash, voi spolvererete ed infine voi due, Cal e Sel, laverete. »

« E tu cosa farai? » domandò scettico Ashton.

« Io supervisionerò il tutto, ovvio. »

In risposta ottenne tre spugne in testa.
Gli passai una scopa e gli scoccai un’ occhiataccia, che diceva tutto.

Iniziammo a pulire la stanza, e dovevo ammettere che Luke alla fine non se la cavava poi così male, anche se i battibecchi con Sel erano continui.

Con la testa tra le nuvole, continuai svogliatamente a pulire l’enorme scrivania posta davanti al palco, probabilmente era lì che il professor Smith si sedeva quando faceva le audizioni per gli spettacoli. Mi misi le cuffiette, cercando di far accelerare il tempo, cosa inutile, il tempo sembrava non voler passare mai. Dopo qualche minuto, sentì qualcuno toccarmi la spalla. Avevo sempre odiato quando qualcuno cercava di parlarmi quando avevo le cuffie, così, spazientita, mi girai. Nemmeno il tempo di accorgermi chi era, che mi ritrovai il viso completamente bagnato, per non parlare dei capelli e del resto del corpo. Dopo qualche secondo riuscii ad aprire gli occhi, trovandomi davanti un Ashton con un sorrisetto che non prometteva niente di buono.

« Mmh.. quindi è così che tratti la tua ragazza? » chiesi, fintamente offesa, ma lui non sembrava mi stesse ascoltando, anzi, non mi guardava nemmeno in faccia. Abbassai il viso per vedere cosa stesse guardando. Solo allora notai che la maglietta bianca che avevo indossato la mattina, era diventata trasparente.

« Ti sembra il caso? » gli diedi uno schiaffo dietro al collo.

Fece un lamento di dolore, portandosi una mano dietro al collo, stando attento a non far cadere la sua amata bandana. Pensavo che prima o poi se la sarebbe addirittura sposata, se avesse potuto.

Vidi gli altri venire verso la nostra direzione, Trina e Sel erano più o meno nelle mie stesse condizioni.
Appena Calum mi arrivò accanto ridendo, con una mano alla bocca, cercando inutilmente di non farsi vedere, mi osservò da capo a piedi, per poi scoppiare in una risata ancora più forte. Era tenero quando rideva, le sue narici continuavano ad allargarsi e richiudersi, a ritmo del suo respiro.

Ma ad un tratto, smise di ridere e divenne rosso. Capii subito il perché, e, a quanto pare, anche Ashton. Lo vidi togliersi la camicia a quadri gialli e neri che si era messo sopra la canottiera bianca per poi avvolgermela intorno alle spalle, aiutandomi ad indossarla e chiudendo poi tutti i bottoni. Lo guardai stranita, un po’ come tutti, ma anche riconoscente.

« Che avete da guardare? Muoviamoci forza. »

Evitai di dirgli che se la mia maglietta era diventata in quello stato, era per colpa sua. Così continuai a pulire, con un sorriso sulle labbra che valeva più di mille parole.

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