Castle of Glass

di Rozzy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thorin ***
Capitolo 2: *** Bard ***
Capitolo 3: *** Legolas ***



Capitolo 1
*** Thorin ***


Questa storia è puro frutto dell'ispirazione del momento, di immagini mentali e di idee che mi son venute nel corso del tempo.
Non posso promettervi che avrà un gran senso, o un gran filo logico, anche se mi sono sforzata di darglielo.
Saranno 3 capitoli, ognuno incentrato sulla relazione tra Thranduil e un secondo personaggio.
Spero siano di vostro gradimento.



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CASTLE OF GLASS

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PRIMO CAPITOLO - THORIN


Thranduil è come un castello di vetro:
senza tempo e senza età, rinchiuso nell'isolata torre d'avorio che è la sua reggia, Thranduil non conosce corruzione fisica e non conosce decadimento.

Sono passati molti anni dal giorno in cui ha voltato le spalle al mio popolo negandoci aiuto durante l’attacco del drago Smaug.
Eppure, sul suo viso altero e indifferente come allora, pare che non sia passato neanche un secondo.

I suoi occhi verdi screziati di grigio, come l'erba bagnata di rugiada nel primo mattino, penetranti e antichi, i suoi capelli color diamante, la bocca volitiva, la compostezza statuaria, sono gli stessi di quando venne a far visita a Erebor alla corte di mio nonno re Thror anni or sono. 

Mentre mi fissa dall'alto del suo trono, con disdegno e circospezione, pare che il tempo si sia fermato, sul suo bel, regale viso.


Non so cosa aspettarmi da lui, perché so che in lui albergano sentimenti estranei alla tranquillità compassata degli altri elfi che ho incontrato durante questo viaggio:
In lui, assieme alla millenaria saggezza dai contorni esoterici che caratterizza il suo popolo, combattono anche il desiderio, l'avidità, e soprattutto la paura.

La vita mi ha insegnato che la paura è il sentimento più pericoloso, in un nemico, perchè lo porta a compiere atti che in altre circostanze non si immaginerebbe neanche

E io lo so, che Thranduil ha paura.

Ha paura del fuoco del Drago, ha paura dell'Oscurità che sorge da ovest e della minaccia di Dol Guldur

Ha paura per se stesso, per suo figlio, per la sua gente.

Cosa posso aspettarmi da una simile creatura, flagello mai dimenticato della mia vita?

Perchè per quante maledizioni gli possa lanciare, per quanti insulti gli possa vomitare addosso, per quanta rabbia e rancore possa scagliargli contro, la verità Ë che contro di lui nulla posso.

Lui ha in mano il mio destino, la vita dei miei uomini e dei miei nipoti.

Io, forse, ho più paura di lui.




L'inaspettato però diventa ancor più sorprendente, quando dopo giorni di interminabile prigionia, il re chiede che io venga portato nelle sue stanze

Ho visto scorrere interminabili corridoi sospesi nell'aria e incuneati tra le grotte, mentre due guardie mi trascinavano per le braccia e dietro alla coda del suo mantello di velluto color rubino che si inoltrava nel buio.

Mi sta dando le spalle anche in questo momento, mentre siamo in piedi nelle sue stanze

Le guardie sono state mandate via momenti fa, e siamo soli.

Io, e la schiena dell'ultimo re degli Elfi, che mi guarda silenziosa

"Thranduil. Cosa vuoi da me?"

Gli chiedo, e so che nella mia voce eccheggia non poco timore mal dissimulato


Lo vedo alzare il capo, e poi girarlo leggermente di profilo verso di me:
guarda per terra, le ciglia nere come la notte poggiano sulla sua guancia
dalle sopracciglia lievemente aggrottate intuisco un certo turbamento.

Ed è il primo sentimento che non sia totale indifferenza, o beffa, che gli vedo esprimere dacché ricordi.


Poi accade l'impensabile:

Thranduil con un gesto fluido della mano destra scosta la cascata di capelli argentei dalla schiena, portandoli a lato su una spalla, e
la veste di velluto color rubino scivola lentamente sulle sue spalle; vedo apparire gradualmente centimetro su centimetro di pelle diafana, leggermente macchiata da qualche -inaspettata- lentiggine sulle spalle ampie e muscolose, apparentemente liscissima sulla lunga e possente schiena che si stringe sempre più sino a una vita stretta, e poi si allarga su fianchi e glutei generosi.
Il suo corpo, pur tornito da anni di guerre, non reca traccia del millenario decadimento che ci si aspetterebbe.

Stringo i pugni fino a lacerarmi la pelle dei palmi delle mani con le unghie, e chiudo gli occhi:
Vedo anni di vita scorrermi davanti agli occhi:
anni di dolore e di esilio, anni di fatica e di umiliazione.
Vedo il me stesso che ha guidato un popolo disperato e reietto alla ricerca di una nuova casa.
Vedo un re senza corona diventato servo degli uomini, che giorno e notte -deriso e maltrattato- lavora nelle forge con incudine e martello per guadagnarsi da vivere.
Vedo le guerre e le battaglie, gli anni di pellegrinaggio alla ricerca di mio padre, il matrimonio di mia sorella, la nascita dei miei nipoti;

Vedo un essere umano che aveva dimenticato la magia, la bellezza, il desiderio in favore dell’istinto di sopravvivenza.

E poi vedo quello che ho davanti, ed è come se con lo spirito e col corpo tornassi a quando, da giovane principe di Erebor, incontrai il re degli elfi per la prima volta, e mi stupii di quanto un essere in carne ed ossa potesse possedere tutte quante le qualità di una pietra preziosa, e una simile, incomprensibile bellezza.


E' precisamente in questo momento che mi rendo conto di non aver più alcuna possibilità di fuga.

Non c’è più speranza né redenzione, mi dico mentre vedo le mie mani sfiorare i suoi fianchi.

Non c’è mai stata, penso mentre la mia fronte si appoggia alla sua schiena.

Non ne ho mai avuta, mi rendo conto mentre con uno strattone violento attiro il suo corpo eburneo a me.

Lui è per me, in questo momento, è una stella che brilla in fondo a un pozzo di nera disperazione.
La prima cosa bella dopo anni di orrori.

Chiamatela pazzia, chiamatela malattia del drago, chiamatela cupidigia o lussuria
Ma non giudicatemi per aver desiderato la più bella delle gemme della Terra di Mezzo, urlo nella notte mentre, con violenza mi spingo dentro di lui, mentre piango convulsamente calde lacrime sopra i suoi capelli, sparsi sopra il corpo riverso e stringo la sua mano destra chiusa a pugno sul lenzuolo di seta rossa, e bacio di sbieco la sua piccola bocca semichiusa, le sue guance imporporate e bollenti che sfiorano le mie e i suoi verdi occhi liquidi che mi trafiggono l'anima.

Non giudicatemi perché non esiste uomo, elfo, hobbit, nano o stregone che sarebbe in grado di resistere a tale stregoneria, a tale maleficio.

Che non vorrebbe accesso a questo splendido castello di vetro e diamanti che è l'ultimo re degli elfi.

Che non si dispererebbe nella consapevolezza che niente di tutto questo sarà mai suo se non per un singolo istante di lussuria

Nessuno sa,
ansimo, mentre la sua schiena si inarca e la sua testa bionda si riversa all'indietro nell’orgasmo. 

Nessuno può saperlo, grugnisco, mentre crollo in una ragnatela di braccia e capelli

...e poi chiudo gli occhi
  

FINE CAPITOLO 1


Il capitolo 2 arriverà a breve, non appena avrò tirato insieme delle idee che già ci sono.



 

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Capitolo 2
*** Bard ***


Come promesso ecco il capitolo due in tempi quasi decenti! Grazie a chiunque stia leggendo^^
 

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CASTLE OF GLASS
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CAPITOLO 2 - BARD


Thranduil è come un castello di vetro.

Splendido, possente, tragico...

...E completamente fuori posto e fuori tempo nel mondo degli uomini.

Un uomo semplice come me non può pretendere di comprendere le grandi forze mistiche che muovono la nostra terra, ne può sperare di vedere e conoscere molto altro oltre alla propria triviale realtà 

Un chiattaiolo analfabeta come me non può certo ambire ad essere messo a parte dei segreti degli elfi.

Per quelli come noi, per cui portare il pane e quattro monete in una casa che puzza di pesce fine giornata per evitare di morire di fame è l'unica reale ambizione, gli elfi sono una leggenda, una fiaba per bambini.

Nel migliore dei casi sono un popolo distante e disinteressato, completamente avulso dalla nostra realtà quotidiana, con cui si possono fare buoni affari.

Si "possono" se il loro lunatico quanto terribile e soprattutto mai visto re e di buon umore, naturalmente.

Va da sé, la tanto temuta ira di re Thranduil era l'unica caratteristica del Sire elfico di cui eravamo a conoscenza.

Fino a ieri, ovviamente.

Fino al giorno in cui sua maestà si è degnato di mostrarsi con tutto il suo esercito dorato in tutto il suo splendore nella piana davanti alla città di Dale.

Non nego che lo stupore per la sua comparsa è stato pari solo allo stupore per il suo aspetto.

O per la sua cavalcatura...

Non resta certo molto spazio, nella vita di un pescatore di ponte lago lungo, per il culto della bellezza.

Nè per la cura personale.

E' per questo che dico che Thranduil è fuori posto in questo luogo e in questo momento di miseria e orrore.

Lui, con le sue dita ingioiellate e la sua veste dorata, più simile a un dio che a un uomo, che arriva cavalcando un alce gigante e riesce a muovere un esercito con un mezzo cenno del capo, non sembra appartenere a questo mondo.

Eppure...

Eppure, mentre lo vedo scrutarmi da sotto le sue ciglia così vezzosamente lunghe, il possente sovrano elfico, e parlare con lo stregone grigio, e atteggiare il suo viso a smorfie divertite, e sorbire il suo miglior vino rosso mollemente seduto su un trono (già, un TRONO) posto al centro della sua tenda, mi rendo conto di quanto Thranduil, invece, sia estremamente reale 

C'è uno stratega abilmente calcolatore dietro al pomposo generale.

C'è un guerriero avido, sanguinario e vendicativo dietro all'altero sire elfico.

C'è malizia in lui, c'è furbizia e sfrenata follia.

Non vedo nulla di saggio, pacato, equilibrato e giusto come i sire elfici delle leggende 

Quando dico che Thranduil mi spaventa, lo dico a ragion veduta.

Mentirei però se non ammettessi di trovarlo anche estremamente attraente.

Thranduil ha la bellezza spaventosa degli dei, quella altera e algida ed eterea degli elfi, quella maliziosa e seducente degli uomini.

Cosa può fare, un uomo umile e semplice come me, con una simile creatura?

La vita mi ha insegnato a lottare per la sopravvivenza, non a comprendere la mente labirintica di un potente sire elfico.

Quindi, quando Thranduil mi invita con un cenno della mano ed un sorriso obliquo a fermarmi nella sua tenda per bere assieme a lui dopo la dipartita dello stregone e dell'hobbit, accetto se pur con qualche riserva.

Cosa vuole da me, Thranduil, che lo stregone, un suo generale, un suo qualsiasi sottoposto non possa offrirgli, in termini di conversazione e di compagnia?

Non sono una buona compagnia, quando ubriaco, e glielo comunico con una risata.

“Cosa vuoi da me, Thranduil?”

Gli chiedo

Lui abbassa le ciglia nere sulle guance pallide, un breve, enigmatico sorriso che gli increspa la bocca.

Per un attimo, i suoi tremendi occhi inquisitori color del ghiaccio celati, mi trovo di nuovo a respirare.

E’ il gesto più umano che gli abbia visto fare dal suo arrivo.

Ma il sorriso sparisce ben presto, i suoi occhi in un attimo sono di nuovo su di me.

Thranduil si alza languidamente dal trono, si avvicina a me fino quasi a sfiorare le mie gambe con le ginocchia senza mai togliermi gli occhi di dosso, e poi chinandosi leggermente posa il bicchiere sul tavolo al quale mi sono seduto minuti prima.

Minuti o forse ore

Credo di aver perso la cognizione del tempo durante la conversazione che abbiamo avuto.

E a essere sinceri, di detta conversazione ricordo ben poco.

Si parlava dell’inverno che sta arrivando, di pesca, di vino, di ricostruzione e di tesori.

Si parlava di trivialità, e sono certo che sia stata anche una conversazione illuminante che prima o poi ricorderò, ma al momento la stanchezza e il vino mi annebbiano la mente.

 

I miei occhi vedono solo quello che ho davanti

Cioè Thranduil, a meno di un metro dal mio naso, che si versa un altro bicchiere di vino

e che fa per versarlo anche a me

 

gli blocco il polso con la mano destra, gli dico basta, che ne ho avuto abbastanza per stasera

 

Lui torna a guardarmi, 

io mi perdo in particolari che, da sobrio, non avrei mai notato:

 

le mani di Thrandul sono pallide, è vero, quasi diafane

Ma sono mani grosse ed eleganti, le dita lunghe e i polsi forti.

Ha mani da spadaccino, mani da curatore, mani da re, il sire elfico.

Gli anelli ne accentuano l’eleganza mascolina, il potere e lo status

 

Che profumo ha, un re degli elfi?

Questo re degli elfi profuma vagamente di una qualche fragranza silvestre leggermente muschiata, e di vino che sta ingerendo in gran quantità.

Per un uomo abituato alla sola puzza di pesce e sudore, addosso agli altri uomini suoi pari, il fatto che questo uomo non abbaia alcun odore sgradevole è già inebriante …

 

La parte più stupefacente, però è che questo elfo emette calore.

L’apparenza è gelida, quasi glaciale, ma il suo corpo, come i suoi occhi terribili, sembra essere estremamente umano nel dare e ricevere calore.

 

Ed è proprio mentre speculo su quanto sia differente, da vicino, questo essere apparentemente evanescente, che Thranduil si allontana e, con mia grande sorpresa, inizia, dandomi le spalle, a togliersi uno strato dietro l’altro dei vestiti che ha indosso

Sarei pazzo se dicessi che non ci avevo pensato

Un uomo può sopportare fino a un certo numero di occhiate languide, sguardi malcelati da lunghe ciglia e sorrisi impertinenti prima di iniziare a farsi delle domane (e a darsi delle risposte)

Quest’uomo non è un uomo con dei pregiudizi, ed è un uomo che ha trovato conforto dove l’ha trovato e con chi l’ha trovato, dopo la morte di una moglie troppo giovane.

Anche se definire “conforto” quello che potrebbe darmi Thranduil è come definire Smaug una lucertola, mi dico mentre la schiena del Re appare, spicchio dopo spicchio, sotto il broccato dorato che la copriva fino a pochi minuti fa.

Thranduil, per uno come me poco avvezzo alla bellezza, è la quintessenza del bello, mentre lascia che le proprie vesti scivolino a terra e le scavalca con eleganza

E’ una cascata in mezzo al deserto, una stella nel buio di una notte senza luna.

Peccato che le mie mani non sono più avvezze ad accarezzare qualcosa di così bello e raffinato, mi dico mentre mi alzo in piedi e mi avvicino a lui, il passo instabile.

Thranduil si volta di profilo.

Il suo profilo è perfetto, esattamente come il resto di lui.

Mi chiede, con la sua soffice voce baritonale, se dividerò con lui il letto stanotte.

Se gli farò compagna la notte prima della battaglia.

Rispondo spogliandomi a mia volta, e arrivando dietro alla sua schiena a mia volta completamente nudo.

Thranduil sospira, e lascia che la tua buona testa ricada indietro, sulla mia spalla.

Mentre lo guardo che, con gli occhi chiusi, sospira e geme a ogni carezza che le mie mani pongono sulla sua schiena, sul suo petto muscoloso, in mezzo alle sue cosce, e quando apre la bocca in un grido neanche troppo silenzioso mentre stringo la mano a pugno sulla sua virilità, mi rendo conto che questo castello di ghiaccio è esattamente come me.

Mentre, sempre stando in piedi, mi struscio in mezzo ai suoi glutei e lui di rimando si inarca contro di me, prendendo la mia testa dal dietro e quasi strappandomi i capelli nella foga di impossessarsi delle mie labbra, capisco che non c’è niente di magico, o di fatato in questo Re degli elfi.

Mentre poco dopo lo spingo contro il trono e prendo dal dietro lui, che chinato carponi le braccia sui braccioli geme convulsamente, comprendo che questo elfo è disperato quanto me.

Mentre vedo il mio pene che lo penetra con foga violenta, e noto la contrattura delle sue spalle, l’inarcarsi della sua schiena, le sue gambe che si allargano per accomodare le mie spinte e le sue mani, le stesse mani che avevo ammirato prima, che stringono i braccioli del trono per aiutarlo a non perdere l’equilibrio, sento il bisogno di vedere il suo viso

Un viso sconvolto dal piacere al punto da farlo lacrimare, mi rendo conto quando, presa una manciata di suoi capelli, torco la sua testa verso di me.

E’ quindi con sommo piacere che, quando vengo dentro di lui con una lunga, poderosa spinta, raggiungo la consapevolezza di aver dato sollievo a entrambi un momento di felicità, n questa vita miserabile.

Thranduil si gira di scatto, mi allaccia le dita dietro alla testa e con ben poca gentilezza mi spinge in ginocchio per terra.

Viene poco dopo, nella mia bocca.

 

La sua figura, imbrattata di sperma e sudore , spettinata e arrossata, le labbra morse e spaccate, il fiato corto e le pupille dilatate, che si accascia ansimante sul trono senza eleganza è quanto di più bello abbia mai visto.

Si, la quintessenza della bellezza, se non lil suo apice, mi dico mentre a mia volta mi accascio a terra pulendomi la bocca col dorso della mano.

E il buio si impossessa di me.



FINE CAPITOLO 2

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Sconclusionato come il capitolo 1, ma sentivo bisogno di scrivere una Bard/Thranduil da una vita.
Il capitolo 3 tirerà le somme della facenda (spero) da un punto di vista più "esterno".
Stay tuned!

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Capitolo 3
*** Legolas ***


Capitolo finale, che tira le somme di questa, lo ammetto, sconclusionata storia.
Questo capitolo è solo parzialmente figlio di BofA. Parzialmente perchè non ho trovato lo sviluppo del rapporto padre-figlio nel terzo film particolarmente soddisfacente (per non dire di più e di peggio...), e quindi, credo, ci ho messo del mio.
Il risultato è questo, frutto di una riflessione lunga anni su quale potesse essere la relazione fra un figlio come Legolas e un padre come Thranduil, e allo stesso tempo cerca di tirare le fila degli altri due capitoli.
Spero vogliate leggerelo e, magari, anche lasciarmi una vostra opinione.
Enjoy!

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CASTLE OF GLASS
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CAPITOLO 3 - LEGOLAS


Guardatelo:

 

Guardatelo ora, il vostro e mio re.

 

Guardatelo ora, il vostro e mio generale.

 

Guardatelo ora, il vostro e il mio padre.

 

Guardatelo mentre con la disperazione nel cuore viaggia fra le rovine di Dale piangendo i suoi morti e leccandosi le ferite.

Guardatelo, mentre si pente di aver guidato al massacro centinaia di vite.

Guardatelo, mentre si ricorda di cos’è la morte, cos’è il dolore.

Guardatelo, mentre cade in ginocchio piangendo la scomparsa di molto di ciò che amava, e mentre trema al solo pensiero del male che ancora deve venire.

 

Guardatelo, il vostro castello di vetro, mentre si frantuma senza pietà.

 

….

 

Thranduil Oropherion: il mio eroe.

 

Il padre, innanzitutto:

una mano ferma e una voce severa, che nel silenzio austero e sibillino di Bosco Atro mi ha cresciuto come un padre e come una madre.

Non posso certo dire che sia stato un padre affettuoso, ma allo stesso tempo non posso dire che sia mai stato assente.

O meglio, fisicamente sicuramente lo era; ma la sua presenza, a Bosco Atro, è ovunque.

Nella vita delle persone a lui vicine, è una costante.

Dietro la mia educazione culturale e militare, c’è sempre stato lui.

Dietro alla scelta delle persone che mi hanno affiancato e seguito fin dalla nascita, c’è stato lui. 

Dietro qualsiasi mia scelta, c’è stato lui.

E a me è sempre bastato.

La carezza sulla testa e il breve sorriso che gli arrivava fino agli occhi che riservava solo a me quando mi sedevo a colazione, pranzo, e cena al tavolo a fianco a lui, l’ancor più breve bacio sulla fronte che mi dava tutte le sere prima che mi accompagnassero a letto a dormire, il “dormi bene, mia verde foglia” che mi sussurrava tutte le notti mentre nessuno lo vedeva pensando che non lo sentissi, quando veniva a trovarmi prima di andare a sua volta  dormire -forse per controllare che respirassi, forse per concedersi due minuti in privato col proprio figlio- , a me bastavano.

Avevo, d’altra parte, una schiera di tate, balie, maestri e compagni che facevano in modo che non mi sentissi solo in sua assenza.

Come ogni principe, immagino.

Non ho mai sentito la mancanza di una madre che non ricordo, essendo morta prima ancora che prendessi coscienza di me. Come può mancare una persona di cui non si ha memoria? Solo in età adulta ho iniziato a pormi delle domande e a non riuscire a trovare delle risposte, ma la vera e propria mancanza di una madre non l’ho mai sentita.

Thranduil, il mio signor padre, era la mia guida, l’infallibile e splendido padre che amministrava con giustizia la vita di tutti noi e che mi faceva sentire al sicuro sotto il suo sguardo forte e benevolo.

 

Il re, in un secondo momento:

Posso distinguere la coscienza dell’operato di mio padre in due fasi:

la prima, quella eroica: mio padre era il re. In quanto re, era onnipotente e meraviglioso.

Terribilmente “grande”, seduto sul suo trono, splendido e fulgido mentre cavalcava l’alce rivestito di broccati d’oro.

Mo padre, ai miei occhi, non sbagliava mai.

Non c’era decisione che prendesse che fosse ai miei occhi errata. Il suo popolo lo amava incondizionatamente, come me, e io lo sapevo.

Tanto mi bastava per fare di lui il mio Dio.

In un secondo momento, coincidente più o meno con la mia età adulta, venne l’analisi critica.

Da questa analisi critica, mio padre ne uscì ancora una volta vincitore.

Ero venuto a sapere, durante i miei primi viaggi, delle critiche che il mondo esterno a noi gli muoveva.

Che pensavano a lui come a un tirannico dittatore isolazionista, che non si fidava di nessuno e  non dava ascolto a nessuno se non a se stesso.

Non so cosa mi aspettassi che gli altri pensassero di lui: la mia anima però, innamorata dello splendore del mio magnifico padre, non ne volle sapere.

Rispondevo a ogni critica difendendolo con fervore religioso: non sapevano, loro, cosa aveva sofferto.

Quanti dolori c’erano stati, nella vita di mio padre, per renderlo così freddo e austero.

Non sapevano cosa voleva dire convivere con la minaccia costante, appena fuori dai nostri confini, del Male.

Ragni giganti, orchi, persino draghi.

Il nostro regno era assediato da malvagità ostili.

Lui faceva solo ciò che era giusto per difendere tutti noi.

 

Il generale, infine:

Solo un Dio può muovere un esercito con un cenno del capo. Solo un Dio può chiedere a migliaia di soldati perfettamente addestrati di morire per lui e sentirsi rispondere “si, signore” senza un battito di ciglia.

Ho imparato a combattere ispirandomi a lui.

Ho imparato ad uccidere ispirandomi a lui.

Ho imparato a difendere il mio regno a costo della morte ispirandomi a lui.

Lui è sempre stato l’occhio che più speravo di impressionare durante i miei addestramenti.

La sua approvazione è stata l’unica cosa che abbia sempre desiderato, nel momento in cui mi hanno dato cariche sempre più alte e sempre più prestigiose tra le guardie del nostro regno.

Non c’è passo militare che io abbia fatto che non sia stato guidato dalla volontà di soddisfare al meglio gli ordini di mio padre, del mio generale.

L’infallibile capo supremo del nostro letale esercito.

 

In quale momento tutto questo è cambiato?

In quale momento quel grandioso castello di vetro che era mio padre per me si è frantumato?

 

Mia madre è stata la prima crepa.

I numerosi amanti che mio padre ha avuto dopo la sua morte, la seconda.

La consapevolezza che il castello di vetro e l’apatia sentimentale in cui mi aveva imprigionato sin dalla nascita si stava frantumando, la terza.

La coscienza che era lui il fautore di questa distruzione, che è stato lui con le sue stesse mani a smontare pezzo pezzo quella visione salvifica e meravigliosa che avevo, che avevamo di lui, l’ultima.

 

Come dicevo, di mia madre non ho alcun ricordo.

Non sono mai stato, come forse si è già intuito, un figlio ribelle. Vissuto sempre all’ombra di un’intoccabile magnificenza che adoravo e rispettavo, non mi son mai permesso di affrontare argomenti che sapevo a lui poco graditi.

E io ben sapevo che quello di mia madre era un argomento non gradito, una ferita mai completamente chiusa.

Pensavo che il dolore per la sua perdita fosse stato così grande da inibire qualsiasi altro sentimento.

E soprattutto, pensavo che niente e nessuno avrebbe potuto sostituire Lei nella sua vita, in nessun modo.

 

Mentirei se dicessi che non sapevo che mio padre avesse degli amanti.

Ma un conto è sapere, è ascoltare voci di corridoio e scegliere di non crederci o fare buon viso a cattivo gioco, un conto è rendersene conto coi propri occhi.

La sera che ho visto Thorin lasciare la stanza di mio padre con aria sconvolta e gli occhi spiritati, e che, preso da un panico irragionevole per ciò che poteva essere successo al mio re, aperta la porta trovai il mio signor padre, riverso sulla pancia nudo in un groviglio di capelli e lenzuola, gli arti coperti di lividi che piangeva come un bambino, qualcosa dentro di me si ruppe.

Dentro di me seppi che qualunque cosa fosse successa in quella stanza, dove l’odore di sesso regnava sovrano, era stata assolutamente consensuale.

Cosa mi aveva sconvolto di più?

Vedere mio padre che piangeva? O forse vedere coi miei occhi che mio padre era in grado di provare dei sentimenti, delle passioni, delle voglie al contempo distruttive ed estremamente umane? O forse rendermi conto, per la prima volta nella mia vita, che mio padre aveva fatto qualcosa di apparentemente insensato e …sbagliato, come condividere il proprio letto e il proprio corpo con un nemico, un prigioniero?

E quanti, sbagliati e assurdi come Thorin, ce n’erano stati, negli ultimi anni?

Da quel momento, è come se la visione che avevo di mio padre sia sia incrinata.

Non riuscivo più a guardarlo negli occhi senza chiedermi cos’altro non avevo capito, cos’altro mi era sfuggito, quali altre verità avevo volontariamente deciso di ignorare su di lui.

improvvisamente tutto era più chiaro, tutto diverso. Tutto aveva cambiato prospettiva.

I nani, Erebor, il drago, le gemme nella montagna...perchè non parlava mai di mia madre.

 

Eppure ho combattuto ancora al suo fianco

Ho combattuto ancora, insieme agli uomini.

Ed è lì che ho conosciuto l’ultimo pezzo del puzzle: Bard

L’uomo di Pontelagolungo che, come tutti, vedeva mio padre come l’irraggiungibile luce in fondo a un tunnel di tormenti,come una meravigliosa divinità salvifica.

Ma ho visto il suo sguardo, dopo la sua battaglia, e ho compreso che anche lui aveva capito.

Capito quello che, nel giro di una settimana, ho capito anch’io

Che mi ero sempre rifiutato di vedere.

 

Capito che mio padre, non è altro che una fulgida illusione di se stesso.

 

Lui finge di essere un Dio, ma in realtà è il più fragile di tutti noi.

Lui è quello che avrebbe condotto un esercito alla guerra solo per un capriccio, solo per un’inimicizia dalle tinte losche con un nano.

Tutto il suo splendore non è che una maschera per la follia, estremamente umana che si porta dentro, e che ho sempre rifiutato di concepire.

Una maschera per il groviglio di desideri, sensi di colpa, paure, che non può non nascondere.

Lui è come un ragno tessitore, che con la sua fulgida e radiosa personalità ti imprigiona nella sua rete, e che quando ti rendi conto del mostro che c’è dietro, ti distrugge.

Ha distrutto me, ha distrutto Thorin, ora mi chiedo se non abbia distrutto anche mia madre, o l'uomo di Puntelagolungo che ha ucciso il Drago e che ora, forse, spera che lui l'aiuti nella ricostruzione della città di Dale.

Non posso fargliene una colpa.

Non posso accusarlo di essere umano, volubile, vulnerabile e spietato come qualsiasi altro essere che popoli Arda.

Ma non posso neanche accettarlo.

 

E’ per questo che ora mi incammino verso le Terre Selvagge:

non posso sopportare il crollo del mio, personale castello di vetro.

 

Ho bisogno di tempo per capire, per riflettere

E forse un giorno sarò in grado di tornare da lui

Da mio padre, non dal mio Eroe.

 

FINE
 

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