Jess

di paoletta76
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. un nuovo arrivo ***
Capitolo 2: *** 2.ghiaccio e fuoco ***
Capitolo 3: *** 3. Un Colpo Al Cuore ***



Capitolo 1
*** 1. un nuovo arrivo ***


Non è nemmeno una della squadra..
 
La propria voce, e quella nota di disprezzo, ora sembravano bruciargli nel cuore. Ora, che teneva fra le braccia la più fragile delle immagini della donna che amava.
 
L'aveva odiata, fin dall'inizio, fin da quando l'aveva vista mettere piede nella sala riunioni. Profondamente, visceralmente, come si odia la persona che sostituisce il tuo migliore amico, quella che con la sola presenza serve a ricordarti ogni giorno che lui non c'è più.
 
Non è colpa sua, Spike.. non è stata lei, ad uccidere Lou..
 
Adesso la voce di Sam si sovrapponeva ed intrecciava alla sua.
 
Le sollevò il viso, leggero, andando ad asciugarle le lacrime con la punta delle dita. Le circondò il busto con un braccio, attirandola a sé e rimanendo per un lunghissimo istante ad ascoltare i battiti sommessi di quel cuore.
 
Jess non era come le altre. Forse, non lo era mai stata. Fin dal primo istante in cui aveva incrociato i suoi con quegli occhi color del mare.
 
Aveva ancora addosso i segni di quell'orribile giornata. L'edificio universitario, studenti e professori fatti evacuare dalla polizia. Le lacrime e la paura negli occhi del suo migliore amico, le voci degli altri colleghi che si sovrapponevano discutendo sul come agire.
 
Lui aveva già deciso. Qualunque fossero stati gli ordini, non avrebbe abbandonato un amico.
Perché il suo primo dovere era salvare vite. Perché Lou era un amico e basta.
 
Va bene così..
 
Quella voce nell'interfono, prima del boato. Prima del lunghissimo grido disperato di una voce non più sua, prima di crollare ginocchia a terra.
Aveva desiderato di morire. Anche lui, una volta per tutte.
 
Oggi è morto il tuo amico.. domani morirà mio figlio..
 
In fondo, suo padre aveva ragione.
 
Era uscito senza dire una parola, la mattina dopo. Diretto al distretto, diretto al proprio dovere, macerando nel dolore e nella rabbia di vedere che, intorno, il mondo continuava a girare come se niente fosse successo.
 
Già.. non è successo niente..- aveva pensato, chiudendo l'auto e dirigendosi a passi svogliati verso l'ingresso - ora entri, prendi il tuo posto, e Lou è già lì pronto a ridere e prenderti in giro. Come sempre.
 
Niente da fare. Su quell'armadietto campeggiava una foto bordata di nero, ed il suo cuore provò l'effetto di perdersi nel vuoto, notando l'addetto che, a lato dell'altra porta, sostituiva la scritta "Jules" con un'altra che citava "Girls".
 
- Fra cinque minuti in sala riunioni.
La voce del sergente, dura, priva del solito amichevole tono. I suoi occhi scuri avevano appena fatto capolino oltre la porta, per scomparire subito cercando di non incrociare né i suoi né quelli degli altri uomini.
Erano scivolati fuori dallo spogliatoio senza scambiarsi una parola, ed allo stesso modo avevano preso posto attorno al tavolo della sala riunioni.
Quell'unica sedia vuota sembrava bruciare.
 
Poi, lei. Alta all'apparenza poco più di Jules, spalle dritte ed un ciuffo di ricci neri imbrigliati a fatica, pelle leggermente ambrata ad incorniciare un paio di occhi cristallini.
Fossero stati in un'altra occasione, in un altro contesto, l'avrebbe osservata meglio e giudicata davvero bella, forse troppo bella per essere una recluta dell'SRU.
 
Ma "lei" era qui per un motivo che nessuno avrebbe voluto ricordare. E la rabbia ed il dolore gli chiusero di nuovo il cuore.
 
- L'agente Jessica Collins.
Greg l'annunciò senza tono da benvenuto, snocciolando i nomi degli altri a presentarglieli.
La ragazza attese il cenno della sua mano, prima di prendere posto sulla sedia vuota, consapevole della tensione che respirava.
 
- Collins proviene dal quindicesimo distretto, ha tre anni di servizio e due d'esperienza nella loro unità di risposta strategica. E' qualificata nell'autodifesa e per le armi letali, oltre ad avere un secondo livello in materia di informatica ed intercettazioni.
 
Una recluta..
 
Aveva abbassato appena il viso, masticando amaro, andando col pensiero all'ultimo giorno vissuto accanto al sorriso del proprio migliore amico.
 
- Sei con noi, agente Scarlatti?
 
La voce di Greg risuonò all'improvviso, a risvegliarlo da quel sogno ad occhi aperti fatto di mare, di sole e di sound giamaicano.
 
- Sì..
Si passò appena la mano sul viso, forzandosi di restare ancorato alla realtà.
- Allora Collins uscirà con te, oggi. E sarai tu, il suo istruttore.
 
Non poteva averlo detto, non a lui.
 
Mi stai prendendo in giro? recitavano i suoi occhi, restando l'unico ancora seduto mentre tutti gli altri scivolavano oltre la porta.
No. fu la risposta silenziosa dello sguardo di Greg.
 
Si sollevò di scatto, allontanando la sedia e voltando le spalle.
- Và con lui.
Greg emise un leggerissimo sospiro, sperando di non aver fatto una mossa sbagliata.
La ragazza annuì appena, eseguendo l'ordine e ritrovandosi in un attimo sul sedile accanto all'uomo che, in tutta la squadra, la stava sicuramente odiando di più.
 
- Lo so.
 
Quella voce, cristallina, interruppe il flusso dei pensieri dell'agente Scarlatti. La mano della ragazza stringeva il grigio della divisa, e quegli occhi di cristallo lo stavano insopportabilmente fissando.
- Non ti voglio giudicare. Lo so. So cosa pensi, come ti senti.
- Hai acquisito i superpoteri, in tre anni di servizio? - replicò lui, sarcastico, restando con lo sguardo fisso alla strada.
- Ho sulla pelle le tue stesse cicatrici. So cosa significa, vedere un altro al posto della persona a cui tenevi di più. Soprattutto quando sai che lui non c'è più per colpa tua.
 
Adesso quella voce si velava d'amarezza, e la ragazza voltava i suoi occhi azzurri oltre il finestrino del lato passeggero.
- Basta una tua parola, e me ne andrò anche da qui..
 
Ricordava di aver sentito un moto strano, fra il cuore e lo stomaco. Come il crearsi di una crepa, il crollare dei pezzi nel vuoto.
 
Non è stata colpa tua..- avrebbe voluto rispondere - non è morto per colpa tua. Sono stato io, quello incapace di fare abbastanza..
Il pensiero arrivò alla frontiera delle sue labbra e ci s'infranse.
E poi silenzio, per il resto di quell'interminabile e vuoto turno di pattuglia. Silenzio nello scivolare lontani dalla macchina, diretti a spogliatoi diversi e a destinazioni lontane.

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Capitolo 2
*** 2.ghiaccio e fuoco ***


Un altro giorno, poi un altro ed un altro ancora. Il progressivo ammorbidirsi degli altri, la rabbia che in lui si faceva più intensa insieme al dolore.
 
Un mese, e Jess aveva occupato a tutti gli effetti la sedia di Lou.
Aveva assimilato i loro ritmi, sorpreso i colleghi con la propria agilità e, grazie alla capacità innata di sparare indifferentemente con entrambe le mani, conquistato l'ammirazione incondizionata di Ed e Sam.
- Sei un mostro! - scherzava quest'ultimo, lasciandola ridere.
 
Jess rideva. Lo faceva raramente, e quasi mai in sua presenza, forse consapevole che le cose, fra lei e l'istruttore designato, non sarebbero mai cambiate, nonostante lui non avesse ancora mai pronunciato le parole necessarie a toglierla definitivamente di mezzo.
 
Jess rideva e lo pungeva, mantenendo le distanze ed evitando anche di usare il nomignolo con cui tutti da sempre lo conoscevano. 
Gli dava fastidio.
 
Ma che vuole saperne, quella! Non è neanche una della squadra..
 
Forse l'aveva sentita, quella frase acida e fuori posto, all'interno di una conversazione fra colleghi nello spogliatoio. Forse per questo continuava a chiamarlo Michael.
 
- Ho sistemato tutte le armi ripulite e contrassegnato ogni elemento come da manuale. 
Una sera gli era piombata quasi alle spalle, senza preavviso e senza vergogna nei confronti della schiena nuda di Wordy.
- Ok. - aveva replicato lui, vuoto, degnandola del minimo indispensabile d'attenzione.
- Se non ti da fastidio, proseguirei domani con le prove di disinnesco.
- Ok..- aveva ripetuto lui, con una nota di stanchezza.
- A domani, Michael. Ragazzi..
Jess s'era avviata verso la porta, accennando un saluto, e a pochi passi da lì s'era sentita rimbeccare aspramente:
- Il resto della squadra mi chiama Spike.
 
Jess aveva bloccato i propri passi, voltandosi appena.
- Ma io non sono una della squadra..
La sua voce un soffio, prima che la sua figura scomparisse oltre la porta regalandogli di nuovo la sensazione di precipitare nel vuoto.
 
- Adesso basta, Spike.
Kevin aveva scosso appena la testa, con disapprovazione.
- Che dovrei fare, eh? Che dovrei fare? - replicò lui, disorientato ed allo stesso tempo sempre più infastidito.
- Andare a parlarle. Ormai le è chiaro, che la destesti. Non è mica stupida.
Sam aveva incrociato le braccia, prendendo per una volta il posto del fratello maggiore.
- E che dovrei dirgli? Sentiamo!
- Non è colpa sua, Spike.. non è stata lei, ad uccidere Lou, e tu lo sai. Ostinarti in questo senso è stupido ed infantile.
 
Era rimasto per un attimo bloccato sui propri piedi, prima di decidere che forse il negoziato sarebbe stata la scelta migliore. Un sospiro, ed aveva levato il passo in direzione parcheggio, senza neppure fermarsi per togliere quanto gli rimaneva addosso della divisa.
 
- Jess!
La sua voce era caduta nel vuoto.
- Jess! Aspetta!
Aveva dovuto allungare il passo, per arrivare ad acchiapparle la mano, trattenendola e costringendola a prestargli attenzione.
Che vuoi? recitava il suo sguardo, ora completamente glaciale.
- Devo.. devo parlarti. - replicò, col tono di chi sta cercando perdono, mentre quella manina scivolava via di scatto dalla sua - non è stata colpa tua.. questo lo so, ma..
 
Jess chiuse gli occhi, con un sospiro. Profondo, pesante, prima di socchiudere le labbra ed iniziare a parlare.
- So che non lo fai apposta, Michael. E' più forte di te. E' lo stesso dolore che mi ha costretto a scappare dal quindicesimo.
 
Lui aggrottò le sopracciglia, cercando di capire.
- Facevo parte della squadra due. Il mio istruttore, il mio migliore amico..- lei emise un altro sospiro, come cercando di evitare quel ricordo - qualcosa di più.. si chiamava David, aveva il tuo stesso ruolo. Mi ha lasciato andare avanti, in un'azione di disinnesco che avrebbe dovuto essere da manuale. Ho sbagliato. Il prezzo è stata la sua vita.
 
Ora Jess deglutiva amaro, la sua voce si riempiva di crepe e quei suoi occhi azzurri si facevano liquidi di lacrime, abbassandosi al suolo.
 
L'unica cosa che era riuscito a fare era stato scivolarle addosso in un abbraccio, depositandole un bacio impercettibile fra quei riccioli neri.
Jess non aveva quasi reagito, arrivando a malapena a sfiorargli il busto con la punta delle dita.
 
- Guarda che puoi toccarmi.. non ti mordo, promesso..
S'era sorpreso a sorridere, ed era stato felice di contagiarla, almeno un po'.
Le braccia di Jess gli avevano circondato i fianchi, quei riccioli neri s'erano lasciati andare ad appoggiarsi sulla sua spalla. E poi un istante di silenzio, infinito, prima di sciogliersi l'uno dall'altra rimanendo a mani intrecciate.
 
Ti accompagno a casa..
 
Greg era sembrato felice e fiero, la mattina dopo, vedendoli scambiarsi uno sguardo complice oltre il tavolo della sala riunioni. Un'altra scelta azzeccata.

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Capitolo 3
*** 3. Un Colpo Al Cuore ***


Poi, quel preciso istante, quello che aveva cambiato tutto in maniera inaspettata. Curioso ruolo, per il proiettile di un cecchino..
 
Il cortile della fabbrica appariva insidiosamente deserto, e pieni di incognite i riflessi delle vetrate che lo circondavano.
- Wordy, Sam.. voi squadra Alfa, perlustrate il lato nord. Spike, Jess. Con me.
Ed non era rimasto ad ascoltare obiezioni, e a loro non era rimasto che eseguire l'ordine del caposquadra.
 
Un crepitìo, improvviso, seguito dall'eco di uno sparo.
Voltarsi attorno, cercare di individuarne la fonte invano. L'unico segno lasciato era quella divisa antracite abbandonata al suolo a pochi passi da Spike.
 
- Agente a terra!!
 
Scivolare accanto a lei, trascinarsi e trascinarla al sicuro, mentre il fuoco diventava intenso e continuo. Il respiro che si faceva veloce, spezzato, il cuore in gola, le mani a slacciarle il giubbetto ed allentarle le cinghie dell'equipaggiamento per verificare l'entità dei danni.
Il sangue che gli bagnava le mani e la divisa, mentre cercava di appoggiarla al proprio busto e scostarle i capelli dal viso.
No, ti prego no.. non di nuovo.. non proprio lei..
 
Ma non eri tu quello che doveva controllare la recluta? E' in bagno da almeno dieci minuti! Che diavolo avete combinato, ieri sera?
La voce di Ed quasi rideva, chiara e limpida nella sua testa. Ricordava d'aver sollevato le mani e piegato le labbra in una smorfietta innocente.
 
- Niente.
- Niente che? Possibile che vi lascio una sera soli in libera uscita e la fai ubriacare? - senza perdere quel tono divertito, il caposquadra s'era voltato verso un altrettanto innocentissimo Sam - sei stato tu?
- No.- Sam s'era defilato ridendo, lasciando che Ed scuotesse la testa e richiamasse l'ordine con un sospiro:
- Vai a vedere come sta, dai..
- Non ha bevuto poi così tanto, boss.- Spike gli s'era affiancato lungo il corridoio, continuando a ridere leggero.
- Ottimo modo, per farle festeggiare l'anniversario. Se penso che meno di dieci mesi fa ancora la odiavi a morte..
- Non la odiavo a morte..
- No. Bugiardo.- Ed aveva sollevato appena il sopracciglio, arrivando alla porta del bagno comune, quella da cui continuavano ad arrivare i rumori di un essere umano alle prese con un pesante doposbornia.
 
Spike aveva riso, spingendo con la spalla la porta e lasciandosi seguire.
Certo, che vomitava pesante, per aver bevuto solo due birre, la novellina..
 
- Ehi! Ehi, Collins! Tutto bene? - Ed aveva alzato appena la voce, e come risposta aveva ottenuto un debole lamento:
- Benissimo..
 
Oltre le sue spalle, il sorriso di Spike era andato velocemente in fade, al comparire di quella figura che, fasciata nella divisa, sembrava ancora più minuta sotto a quella cascata di riccioli malamente imbrigliata in un ciuffo sbilenco.
- Datti una sistemata, dai.- Ed le aveva allungato una pacca sulla spalla, con fare paterno - fra dieci minuti briefing. E che non si ripeta mai più.
 
La ragazza aveva fatto cenno di sì con la testa, prima di dargli le spalle e dirigersi alla fila dei lavabi.
- Ehi.. tutto ok? - l'istruttore le si era affiancato, leggermente più preoccupato per quello strano pallore.
Troppo, per una semplice stupida sbornia..
- Sì..- aveva mormorato Jess, velocemente, raccogliendo acqua gelata e passandola sul viso una, due volte.
- Credevo lo reggessi meglio, l'alcool.
- Ci sono stati giorni migliori.- aveva replicato lei, quasi impercettibile.
- Jess.
- Non mi rimproverare. Ne ho già abbastanza.
- Hai bevuto solo due birre, finché eri con me. Che t'è successo dopo che ti abbiamo riportato a casa..? Perché se hai dei problemi, io sono qui. Siamo tutti, qui. Non serve che li anneghi nell-
- Sono incinta, Michael.
 
Michael. Erano almeno dieci mesi, che non lo chiamava più col suo nome di battesimo.
Non l'aveva chiamato così neanche quando l'aveva invitata alla festa a casa dei suoi, in autunno. Eppure quella era stata una sera speciale..
 
La sera in cui aveva notato quello sguardo strano, su di sé, sorpreso a flirtare con Winnie..
 
Quella in cui aveva osato qualcosa di più, che un semplice abbraccio o raccoglierle le mani..
 
- Jess.- adesso il suo tono si faceva implorante.
- Sono fuori dalla squadra, lo so.- aveva replicato lei, in un soffio - non avrei neanche dovuto dirtelo..
- Mi dispiace, dovrò fare rapporto. E' per la tua sicurezza, non lo faccio per cattiveria.. quando Jules-
- Lo so. Fai il tuo dovere.- lei aveva abbassato il viso, sollevando le mani e raccogliendo di nuovo i capelli, in modo un po' più ordinato.
- Se posso fare qualcosa, Jess.. qualsiasi..
 
La voce gli tremava, ora. Quelle parole avrebbero dovuto lasciarlo indifferente; erano rimasti d'accordo di non legarsi emotivamente, di lasciare il loro rapporto esclusivamente sul piano fisico e..
 
Su che piano, Spike? Quante volte avete dormito insieme, dopo la sera della festa? Cinque, sei? Come ti sei sentito, quando dopo aver fatto l'amore, tre settimane fa, ti ha detto che era meglio restare liberi e non finire come Sam e Jules? Dov'è caduto, il tuo cuore, quando le hai risposto che aveva ragione?
Perché non sei stato abbastanza deciso da dirle che no, non ha nessuna ragione, che ti sei innamorato di lei e ormai è troppo tardi per tornare indietro?
E perché ora ti senti morire, ora che lei ti dice che porta un bambino in sé e scopri che forse si è solo divertita, con te.. e che qualcuno a cui legarsi l'ha trovato e non sei tu..?
 
- Hai.. l'hai detto al padre..?
Ecco. La voce se n'era uscita per conto suo, e fanculo al coraggio e fanculo anche al briefing fra dieci minuti.
Jess aveva sollevato quegli occhi di ghiaccio contro i suoi e gli era sembrato che una mano andasse a chiudergli la gola, lasciandolo completamente senza respiro.
- Gliel'ho detto. Adesso.- aveva replicato lei, di nuovo quasi impercettibile, prima di sollevarsi e dirigersi alla porta - andiamo. C'è un briefing.
 
Il telefono squillava a vuoto, la finestra di quel minuscolo appartamento appariva malamente illuminata dalla luce di una lampada da tavolo. Della lampada accanto al divano, per la precisione, s'era detto appoggiando la fronte sulle dita, continuando a domandarsi cosa gli stesse impedendo di uscire dall'auto e salire a chiederle spiegazioni, dopo aver buttato giù la porta a pugni se necessario.
 
No, non avrebbe potuto. Non dopo averle fatto rapporto, averla messa in difficoltà con Greg, averla resa oggetto di pesanti rimproveri da parte di Ed. Non dopo un turno passato senza sentirle dire una parola, non dopo averla messa fuori dalla squadra con una firma su una manciata di fogli.
 
Jess aveva ingoiato a viso basso e non aveva aperto bocca.
Non l'aveva detto a nessuno, che il padre del bambino che aspettava da tre settimane ed il proprio istruttore erano la stessa persona.
 
Ed ora lui era lì, sotto quella casa, fermo in auto ad osservare i suoi movimenti da oltre un finestrino appannato.. e cielo, lì fuori si gelava.. e Jess era sola, e stava male, e quel bambino forse aveva bisogno di un padre vero, non di un vigliacco come lui..
 
Vigliacco. Vigliacco e stupido, ecco cosa sei. Non hai neppure fatto caso a come ti guardava, ieri sera in birreria, mentre la sorella di Sam ti si attaccava al collo e tu ridevi come un cretino.. e quella maledetta radio suonava quella maledetta canzone..
La stessa della notte in cui per la prima volta le hai detto quello che pensavi fin dall'inizio, che era bellissima, troppo bella per quella divisa, e poi non sapevi più dove trovare le parole e ci ha pensato lei, a chiuderti la bocca con un bacio e..
 
Spike! Spike!
 
Aprì gli occhi di scatto, scosso dalla mano robusta di Greg. Davanti a sé, il corridoio grigio ed asettico di un ospedale. E non c'erano più parole, e non c'era più il profumo della birra né quello della pelle di Jess.
 
Solo il sangue ormai rappreso a formare larghe chiazze scure sul grigioblu della divisa.
 
Sollevò le dita, le scoprì tremanti e rosse. Un gesto improvviso, rabbioso, per scuotere via quel sangue, arginato dalla presa forte del superiore contro le spalle:
- Spike! Calmati! Va tutto bene, stà tranquillo!
 
Non va niente, bene.. dannazione..
Si sollevò di scatto, cacciando fuori il fiato tutto insieme.
- Mi dispiace.- mormorò - non sono riuscito.. è successo di nuovo, e io non sono riuscito..
- Non è stata colpa tua.- Greg gli strinse appena le dita attorno al braccio - vieni. Devi darti una pulita, non vorrai che ti veda ridotto così..
 
Sgranò gli occhi, rivolgendoli al superiore. Chissà se Greg l'aveva percepito, l'impennarsi dei battiti del suo cuore..
- Sta bene, Spike. La ferita è brutta, ma non è in pericolo di vita. C'è una cosa, però.- il superiore fermò i propri passi all'ingresso del bagno - devo dirti la verità. Lei non vuole vederti. E' Jules, quella che ha insistito. E temo di sapere perché.
- Il.. il bambino..?
- Jess non avrebbe dovuto partecipare all'azione di questa mattina. Non so chi l'abbia autorizzata, a sostituire Jules. Lei è mortificata; continua a dire che se non fosse stato per la febbre improvvisa di sua figlia, questa mattina ci sarebbe stata lei, in azione, che a Jess non sarebbe successo niente. I documenti per tenerla in panchina li avevi firmati tu, e questa mattina era tua responsabilità, bloccarla. Ma non l'hai fatto.
- Io..
- Cos'è successo fra voi due?
- Lei.. lei è..
- Era tuo, vero?
 
Spike sollevò gli occhi su quelli del superiore, rimanendo per un lunghissimo istante a fissarlo a labbra socchiuse. Ecco. Se qualcuno gli avesse sparato, in questo preciso istante, non avrebbe sentito un dolore più intenso.
- E.. era?
- Credo che dobbiate parlare.
 
La ragazza gli dava le spalle, raggomitolata in un angolo del letto con il viso rivolto alla finestra e quei riccioli neri sparsi senz'ordine tutti intorno.
- Vattene.- mormorò, quasi impercettibile, all'avvicinare dei suoi passi.
- Jess..
- Ho detto vattene.
La voce cercava di apparire cattiva, ma era piena di crepe e lacrime.
- Jess, ti prego.
- Eravamo d'accordo. Nessun impegno, nessun legame. Tu hai lei e io non ho più niente.. ora vattene..
- Tu hai ME, Jess.. hai me..- si fece coraggio, andando ad appoggiarsi al letto, poco oltre le sue spalle, e piegandosi a raccogliere le sue spalle - e io non ho lei né nessun altro.. ho te e solo te.. e non me ne frega niente di quello che ci siamo detti fino ad ora. Io..
 
Io ti amo, Jess.
 
La propria voce non conteneva più rabbia o disprezzo, ma continuava a bruciare.
 
L'aveva odiata, fin dall'inizio, fin da quando l'aveva vista mettere piede nella sala riunioni. Poi qualcosa aveva preso il posto dell'odio, piano piano, silenzioso. Ed ora Jess aveva trovato un posto tutto suo dentro di lui. Si piegò appena, le passò il braccio oltre le spalle e se l'attirò addosso, senza tante inutili parole, lasciandole sfogare le lacrime fino a quando non tornò a sentire solo il suo respiro, più tranquillo e leggero.
 
Comunque sarebbe andata a finire, non l'avrebbe lasciata andare. Mai.
 
 
 

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