Reflected In The Mirror di cisqua92 (/viewuser.php?uid=690448)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SAI, ROSA… -PARTE I- ***
Capitolo 2: *** CAP.1 IL TRIO “OCHE GIULIVE” ***
Capitolo 3: *** CAP.2 SPAZI INVISIBILI VIOLATI ***
Capitolo 4: *** CAP.3 GIURAMENTO ***
Capitolo 5: *** CAP.4 INVITI ***
Capitolo 1 *** SAI, ROSA… -PARTE I- ***
SAI, ROSA… -PARTE I-
Sai, Rosa… ho sempre odiato il mio riflesso allo specchio. Sono pienamente convinta che non riflette ciò che sono realmente.
Distorce la realtà. È un’invenzione odiosa. Subdola. Crudele. Soprattutto in quest’epoca, dove l’aspetto esteriore è più importante di quello interiore.
Ma fino a qualche anno fa, non mi importava.
Sono sempre stata sovrappeso, fin da bambina, ma ero in pace con me stessa. Nella mia gioia di bambina, non mi interessava molto l’aspetto estetico. Volevo solo divertirmi e giocare con gli amici. Poi un giorno, come un fulmine a ciel sereno, mi sbatterono in faccia la realtà.
Mi ricorderò per sempre quel giorno. Era l’inverno dei miei 11 anni, ed io ero in classe insieme a qualche mio compagno a chiacchierare di non ricordo cosa tranquillamente. Sta di fatto, che uno di questi miei compagni di classe, all’improvviso si voltò verso di me e mi disse: “Senti un po’, perché non fai un po’ di palestra?”.
Puoi solo immaginare come mi sentì dopo aver udito quella frase.
Una volta tornata a casa, mi guardai allo specchio e per la prima volta in vita mia, odiai ciò che vidi: una bambina in sovrappeso.
Da quel momento, mi isolai sempre di più dal resto della classe, entrando nell’antipatia collettiva e subendo tutta una serie di atti di bullismo psicologico. Alla quale non detti molto peso e ben presto la smisero, ignorandomi deliberatamente.
Mentre io, nel mio intimo, mi logoravo lentamente, convinta che se nessuno voleva stare con me, era per via del mio aspetto.
Ero troppo grassa per stare con loro.
Ero troppo grassa per stare in compagnia di quelle mie bellissime e magrissime compagne di classe.
Ero troppo grassa per piacere a quel mio compagno di classe tanto carino.
Ero troppo grassa e questo non mi permetteva di avere niente.
Niente.
Pensa come mi ha ferito profondamente quel commento. È una ferita che tutt’ora non si è rimarginata e che torna molto spesso a farsi sentire.
Anche se meno prepotentemente.
Si, perché da quando sei apparsa tu, la mia vita ha subito un cambio radicale.
Ti ricordi il primo giorno che ci incontrammo?
Ti eri appena trasferita nella nostra scuola e come un uragano eri entrata nella mia classe esclamando: “Buongiorno a tutti! Mi chiamo Rosalya e da grande voglio fare la stilista!”.
Entrasti subito nella cerchia dei “bellissimi”.
E come non avresti potuto? Tu sei bellissima. Dentro e fuori.
Con quei capelli d’argento e gli occhi d’oro, un fisico che farebbe invidia alla più famosa top model e quel carattere così allegro e spontaneo.
Come potevo, io, così grassa e brutta, anche solo pensare di poterti stare accanto?
Eppure tu… nella tua bellezza… dove ti andasti a sedere? Nel banco vuoto accanto al mio. E, sfoggiando quel tuo bellissimo sorriso, mi parlasti per la prima volta: “Ciao! Posso sedermi accanto a te?”.
Ricordo che ti fissai come se tu fossi un alieno. Balbettai un “Si, certo” e tu ti sedesti senza smettere di sorridermi.
Da quel momento. Tu mi hai cambiato la vita. Mi hai salvata, Rosa.
E per questo, ti sarò riconoscente a vita. |
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Capitolo 2 *** CAP.1 IL TRIO “OCHE GIULIVE” ***
CAP.1
IL TRIO “OCHE GIULIVE”
-
Ciao! Posso sedermi accanto a te? -
La
ragazza seduta nel banco infondo alla classe, vicino
alla finestra che dava sul cortile, si voltò a guardare
l’ultima arrivata. Quest’ultima
sorrideva radiosa, aspettando una sua risposta.
“Perché
è venuta proprio da me?”
Si domandò la
ragazza seduta, ricordandosi all’ultimo che quello accanto al
suo è l’unico
banco libero in tutta la classe.
-
S-si… certo… -
-
Grazie! - Il sorriso si allargò sul viso della nuova
arrivata. Appoggiando lo zaino a terra, si tolse il cappotto e si
sedette.
Facendo finta di niente, la ragazza seduta vicino alla finestra,
approfittando
del fatto che l’ultima arrivata stesse tirando fuori i libri
per la lezione odierna,
la osservò.
“È
proprio bella.”
Pensò.
La
nuova arrivata era magrolina, con lunghi e fluenti capelli
argentati raccolti in una treccia morbida, occhi color
dell’oro, estremamente
luminosi e allegri. Indossava un semplice mini-abito color lavanda in
lana, dal
collo ampio e le maniche lunghe, leggings bianchi e stivaletti neri con
dei
ponpon attaccati dietro. Ma la nuova arrivata, stava solo fingendo di
non
essersi accorta che la ragazza la stesse osservando.
“È
naturale…”
pensò sorridendo “…
sono nuova. È giusto che sia incuriosita.”
Senza
smettere di sorridere, la nuova arrivata si voltò
verso la ragazza che sobbalzò e tornò a fissare
il libro aperto davanti a sé. Era
imbarazzata, la nuova arrivata l’aveva sorpresa mentre lei la
fissava. Congiunse
le mani sotto al banco e iniziò a torturarsi le pellicine
attorno alle unghie,
come soleva fare quando era nervosa. Ovvero ogni volta che entrava in
classe.
“
Sicuramente si arrabbierà e mi
sgriderà.” Ma
non fu così. La nuova ragazza continuava a sorridere e
questo le diede
un pochino di coraggio, quel tanto che bastava per sollevare lo sguardo
verso
di lei, anche se di poco.
-
Mi presento. Io sono Rosalya, ma puoi chiamarmi Rosa. Anzi,
devi chiamarmi Rosa! -
-
Oh… v-va bene. -
Rosa
inclinò la testa di lato e ridacchiò.
-
Quando qualcuno si presenta, è perché vuole
conoscere
il nome dell’altro. Mi dici il tuo? -
La
ragazza sobbalzò e tornò a guardare il libro
arrossendo
leggermente. Rosa s’incuriosì nel vederla reagire
in quel modo.
-
I-io… ecco… m- mi chiamo… -
La
sua voce era ridotta in un sussurro e Rosa non riuscì
a capire il nome della sua nuova compagna. Provò a chiederle
di ripetere, ma l’ingresso
della professoressa la interruppe.
Così
ebbe inizio il primo giorno di scuola di Rosalya.
Le
prime quattro ore di lezione volarono, e in un lampo
arrivò l’intervallo. Rosa aspettava con ansia quel
momento. Voleva richiedere
il nome alla sua compagna di banco, ma il caos la distrasse e la
ragazza ne approfittò
per prendere qualcosa dallo zaino e fuggire via. Neanche quel
comportamento
sfuggì a Rosa.
“L’intervallo
è il momento da passare con gli amici. Perché
è fuggita così?e
cos’ha preso dallo zaino?”
Curiosa,
la nuova arrivata si alzò e tentò di
raggiungerla, ma venne bloccata dalla restante componente della classe
che,
incuriosita, le si avvicinarono. Ma prima tra tutti, fu una ragazzina
che si
piazzò prepotentemente di fronte a Rosa.
-
Ciao! Hai detto che ti chiami Rosalya, giusto? - Le
domandò la biondissima ragazzina dagli occhi verdi e un neo
sotto l’occhio
sinistro. Rosa la osservò rapidamente: vestiva alla moda ed
era troppo truccata
per avere solo 13 anni. E dal modo in cui si spostava i capelli in
continuazione, Rosa capì che quella ragazzina era una snob
con la puzza sotto
al naso.
-
Si. E tu come ti chiami? -
-
Ambra. Dì un po’, ti piacerebbe fare un giro? Ti
faccio
vedere la scuola e tutti i posti più
“in”. -
“No,
scusa… ha detto “in”? Santo cielo!
È un termine più antiquato di mio
padre! Questa mi sta già antipatica.”
Ma
Rosa era una persona educata. Perciò decise di
accettare. Ambra sorrise felice e, prendendola a braccetto, la
accompagnò fuori
dalla classe vantandosi della sua nuova amica e presentandola a tutti
come
tale. Rosa non disse null’altro se non il suo nome, dato che
Ambra non stava un
secondo in silenzio. Durante il giro, fece la conoscenza di altre due
ragazzine,
Charlotte e Li, entrambe molto belle e le tre formavano un trio
perfetto.
“
Il trio “oche giulive”. Ecco, ho trovato il loro
giusto nome.”
Dopo
circa cinque minuti, arrivarono in cortile, e lo
sguardo di Rosa venne catturato da una figura accovacciata sotto un
albero,
intenta a leggere quello che sembrava un libro o un fumetto. Rosa non
riuscì a
capire, ma riconobbe la sua compagna di banco. Ambra si accorse che la
nuova
arrivata non la stava ascoltando, così ricatturò
la sua attenzione.
-
Non ti interessano i ragazzi? -
-
Come? - Rosa si voltò verso la “capa
giuliva”, la quale
sembrava particolarmente irritata dal fatto che dovesse ripetere il
discorso
appena finito.
-
Ti stavo parlando dei ragazzi della scuola, ma sembra
che non ti importi. -
-
Non più di tanto. Senti, mi puoi dire il nome di quella
nostra compagna di classe? - E indicò la sua compagna di
banco. Il “trio
giulivo” si sporse per vedere a chi si stesse rivolgendo
Rosa. Resosi conto di
chi fosse, le tre si guardarono stupite per poi scoppiare a ridere,
attirando l’attenzione
della ragazzina che alzò gli occhi dal libro che stava
leggendo per osservare
la scena, sapendo già come sarebbe andata a finire. Rosa le
guardò
esterrefatta.
“Perché
ridono?”
Li
fu la prima a parlare.
-
Ma chi? Ciccio-lynn? Oh no, ti prego! Quella non merita
le tue attenzioni! -
-
Esatto! - Intervenne Ambra - Ciccio-lynn non è nessuno
in confronto a noi. Quella se ne sta sempre per i fatti suoi, leggendo
schifezze o disegnando oscenità, non partecipa a nessuna
attività della classe
ed è una schiappa negli sport. E poi, andiamo,
l’hai vista? Si veste da schifo,
ha una risata orribile e dei capelli da spavento. Inoltre, non hai
visto com’è
grassa? È peggio di un maiale! -
Rosa
non volle credere alle proprie orecchie. Guardò il
trio con la bocca spalancata e sentì la rabbia salire
velocemente. Bruscamente,
allontanò il braccio della bionda dal suo e la
osservò inorridita.
-
Come vi permettete di dire una cosa del genere? Siete…
crudeli! Siete cattive! Non voglio avere nulla a che fare con voi tre
zitelle
acide! - E si allontanò infuriata verso la classe, ignorando
il trio che si
mise a parlottare tra di loro.
“Lo
sapevo…”
Pensò la ragazza seduta sotto l’albero, osservando
la
nuova arrivata a braccetto con il “trio
bellissime”. Tornò a leggere
tristemente il suo libro, ignorando tutto ciò che la
circondava e sentendo una
nuova ferita lacerare il suo piccolo cuore di tredicenne già
dolorante.
“Le
parleranno di me e lei riderà con loro e si
divertirà a prendermi in
giro… è sempre così… sono
troppo grassa per avere un’amica”.
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Capitolo 3 *** CAP.2 SPAZI INVISIBILI VIOLATI ***
CAP.2
SPAZI INVISIBILI VIOLATI
Dopo
aver scaricato la rabbia girovagando per qualche
minuto senza meta, Rosa decise di sedersi sulla scalinata
dell’ingresso in modo
da ripensare a ciò che le era appena accaduto a mente
più lucida. Ignorando gli
sguardi curiosi dei suoi nuovi compagni di scuola, Rosa
pensò che non trovava
giusta la descrizione della sua compagna di banco fornitale dalle tre
oche. Pensava
che, prima di dare giudizi, bisognava conoscere molto bene una persona.
“Non
si giudica un libro dalla copertina!”
Sbuffò
arrabbiata e si guardò un po’ intorno allo scopo
di individuare qualcosa su cui sfogarsi, ma il suo sguardo venne
nuovamente
catturato dalla sua compagna di banco ancora intenta a leggere sotto
l’albero. Anche
se lontana, Rosa ebbe modo di
osservarla meglio. Era seduta a gambe incrociate e poggiava la schiena
contro
il tronco dell’albero, la testa bassa e lo sguardo rivolto al
libro aperto e
appoggiato alle gambe. Indossava una semplice tuta, forse un
po’ troppo grande
per lei, e delle scarpe da tennis. I capelli rosso amaranto, erano
raccolti in
una sciatta coda alta che non rendeva giustizia al suo colore di
capelli e la
frangetta, troppo lunga, le nascondeva gli occhi, ulteriormente
nascosti dagli
occhiali da vista. A quella vista Rosa arricciò le labbra.
“Ha
bisogno che qualcuno l’aiuti col look, questo è
vero. Ed è vero che è
un po’ robusta, ma questo non vuol dire che sia una brutta
persona. E poi si
può rimediare!”
Si alzò e
raggiunse la ragazza, la quale non si accorse della sua presenza e
continuò a
leggere. Rosa sorrise e congiunse le mani dietro la schiena.
-
Ehi, ciao. -
La
ragazza sobbalzò a alzò lo sguardo verso Rosa. In
questo
modo, quest’ultima ebbe modo di vedere il colore dei suoi
occhi per la prima
volta. Nocciola.
-
Accidenti! Ma lo sai che hai dei bei occhi? -
La
ragazza strinse le labbra e arrossì appena, poi
tornò
a leggere il libro.
-
Non.... sono niente di speciale. -
-
Ah no? -
La
ragazza scosse la testa. Rosa inclinò la testa di lato
e la osservò ancora.
“Non
capisco se la sua è timidezza o se c’è
qualcosa sotto.”
Decise
di sedersi accanto a lei e notò che la ragazza si
spostò appena, sciogliendo le gambe e portandole al petto
nascondendo il libro.
A Rosa non sfuggì quel particolare: spostandosi, aveva
creato un confine
invisibile tra loro, dove non vi era alcun contatto fisico. Rosa non
volle
insistere e rimase immobile e in silenzio, aspettando il momento giusto
che
arrivò quando vide la ragazza riprendere a leggere e
rilassare leggermente i
muscoli. Sorrise. E quel sorriso, non sfuggì alla ragazza.
“Perché
sorride? Perché è qui?”
-
Per-perché sei venuta qui? -
-
Oh beh, i miei genitori stanno divorziando e la mamma
ha voluto avvicinarsi alla zia, cioè a sua sorella, per non
restare sola. Sai è
un momento delicato… comunque, siamo qui da tre settimane,
ma tra una cosa e l’altra
ho iniziato scuola solo oggi. Inoltre, mia mamma e mia zia stanno per
aprire il
loro primo negozio in proprio quindi puoi solo immaginare il casino che
c’è in
casa! Senza contare il fatto che domani ci sarà
l’inaugurazione del negozio. Ti
andrebbe di venire? Fanno degli sconti apertura per i clienti! Ah, ho
dimenticato di dirti che mamma è un’estetista
mentre la zia è parrucchiera… perché
mi guardi così? Ho qualcosa sul naso? -
-
Oh! No no. -
La
ragazza non si era accorta che, durante tutto quel
monologo, la stava fissando shockata e con la bocca aperta.
Arrossì imbarazzata
e tornò a leggere il libro. Anche se leggere non era il
termine appropriato,
dato che, presa dall’ansia, non riusciva a leggere una sola
parola. Quindi,
sfogò la sua inquietudine sulle pellicine, come faceva
sempre. Nemmeno questo
gesto sfuggì a Rosa.
-
Sai, non dovresti mangiarti le pellicine. Potrebbe venirti
il giradito! -
-
Il… cosa? -
-
Un’infezione. È brutta, sai? Mamma mi ha detto che
ti
si gonfia il dito e… -
“Ma
quanto parla?”
-
S-scusa ma… io ti ho chiesto perché…
sei venuta qui
vicino a me… non perché ti sei trasferita. -
-
Oh! Accidenti che figura… scusa, avevo frainteso.
Beh… perché
voglio conoscerti. -
-
Come? -
La
ragazza si voltò di scatto verso Rosa, la quale
restò
sorpresa nel vedere la sua espressione.
-
Voglio conoscerti. -
-
M-ma… perché? -
-
Come perché? - Sorrise - Sei una mia compagna di classe
e mi piacerebbe instaurare un bel rapporto con tutti quanti! Anche con
te. -
La
ragazza scosse la testa incredula.
-
Ma… prima ti ho vista… parlare con
Ambra… non ti ha
parlato di me? -
-
Eccome se lo ha fatto. Ma a me non interessano i
giudizi altrui. Per giudicare bisogna conoscere, no? Quindi
ricominciamo! -
Rosa
si alzò e invitò la ragazza a fare altrettanto.
Titubante,
quest’ultima si mise in piedi chiudendo il libro e
osservandola sospettosa ma
curiosa al tempo stesso. Prima d’ora, nessuno si era preso la
briga di
interessarsi a lei e, anche se la situazione le sembrava strana, le
faceva
piacere. Rosa sorrise e le porse la mano.
-
Ciao! Io mi chiamo Rosa. Ho tredici anni e mi sono
trasferita qui da poco. Tu come ti chiami? -
La
ragazza osservò prima la mano tesa e poi Rosa.
Stava
sognando? O era tutto vero? Una “bellissima” si
stava presentando a LEI e voleva conoscere il SUO nome?
Perché?
“Ci
sarà qualcosa sotto? Magari uno scherzo…
sarà d’accordo con Ambra?
Però…
i suoi occhi mi sembrano sinceri… che devo fare?”
Rosa
attese pazientemente che la ragazza davanti a lei prendesse
coraggio e le afferrasse la mano. Sorrise radiosa quando lo fece e
restò
piacevolmente sorpresa nel sentire la presa salda e forte della
ragazza, al
contrario di ciò che potrebbe sembrare o dimostrare
l’espressione tesa ed
imbarazzata sul suo viso paffuto.
-
Io… mi chiamo Catelynn. Ho… tredici anni e abito
qui. -
Rosa
rise felice e questo strappò un sorriso anche a
Catelynn.
-
Ti posso chiamare Cate? Anzi no! Lynn! Posso? -
Catelynn
annuì non del tutto convinta. Nessuno abbreviava
il suo nome, tranne i suoi genitori, e la cosa le parve molto strana.
“Al
massimo lo storpiano in “ciccio-lynn”.”
Rosa
lasciò la presa e, tornando a incrociarle dietro la
schiena, disse una particolare frase che fece girare la testa a
Catelynn e che
la lasciò confusa più che mai.
-
Diventiamo amiche, ti va Lynn? -
La
campanella suonò proprio in quel momento
|
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Capitolo 4 *** CAP.3 GIURAMENTO ***
CAP.3
GIURAMENTO
Note:
Non sono morta! Eccomi qui, dopo secoli e secoli…
non voglio rovinare l’atmosfera del capitolo, quindi vi
chiedo scusa per il
ritardo e… beh… eccovi il capitolo 3.
Durante
la lezione, Rosalya era molto pensierosa. Non
riusciva a non pensare alla reazione di Catelynn, la sua compagna di
banco che,
alla sua richiesta di amicizia, era rimasta come imbambolata,
fissandola a
lungo con la bocca spalancata senza proferire parola. Rosa ci
restò molto male
quando lei fuggì in classe senza risponderle, ma quello che
le fece più effetto
fu l’espressione della ragazza: i suoi occhi erano velati dal
panico, era
agitata, ansiosa e si guardava intorno come se avesse davanti a
sé una persona
malintenzionata creando un muro invisibile tra sé e Rosa
portandosi le mani al
petto. Rosa la guardò tristemente andare via con un unico
pensiero in mente: “Perché
ha reagito così?”
Gomito
sul banco e testa appoggiata svogliatamente sulla
mano, Rosa fissava un punto vuoto davanti a sé, senza
prestare particolare attenzione
al professore di algebra che tentava di spiegare un nuovo argomento
senza
particolare successo. Sospirando, con la coda dell’occhio
Rosa notò dei
movimenti molto particolari della mano di Catelynn che impugnava
saldamente una
matita facendola scorrere abilmente su un foglietto di carta nascosto
dietro
l’astuccio, lontano dalla vista del professore e di chiunque
si fosse voltato
verso di lei. Rosa fu rapita da quei movimenti così decise e
si sporse
leggermente per vedere il disegno della compagna di banco, trattenendo
una
risata nel vedere la caricatura del professore. Rosa, felice di aver
trovato un
altro modo per tentare un approccio con Catelynn, strappò un
lembo di un foglio
di quaderno e iniziò a scrivere.
“Il
tuo disegno è davvero bello! Sei brava a disegnare
^^”
Lo
passò a Catelynn la quale, dopo averlo letto,
fissò
Rosa come se quest’ultima avesse detto un’eresia.
Rosa scrollò le spalle senza
smettere di sorridere. Catelynn prese il foglietto e, dopo aver letto
il
messaggio più di una volta, scrisse la sua risposta per poi
porgere il foglietto
a Rosa.
“Nessuno
mi ha mai fatto i complimenti per i miei
disegni.”
Rosa
rispose. “Scherzi?! Ma se sono bellissimi! Sei molto
brava ^^ ne hai fatti altri??”
“Qualcuno.”
“Me
li fai vedere??”
“Li
ho a casa.”
“Posso
venire a vederli, finite le lezioni??”
Da
lì, Catelynn non rispose più. Ma Rosa non si
arrese e
continuò a scrivere bigliettini. Uno dietro
l’altro. Finché Catelynn, sfinita,
non acconsentì.
Finita
la lezione, Rosa fu un razzo a rimettere tutte le
sue cose nello zainetto e ad indossare il cappotto. Ballonzolava
allegra ed
impaziente da un piede all’altro in attesa che Catelynn si
preparasse.
-
Allora, hai fatto? -
-
Si, quasi. -
-
Dai sbrigati! Voglio vedere i tuoi disegni! -
Catelynn
abbassò lo sguardo quando notò che
l’ultima
frase aveva attirato l’attenzione del “trio delle
bellissime” le quali,
fissandole, parlottavano tra di loro. Anche Rosa le aveva notate, ma
non ci
dette molto peso, era più interessata al fatto che Catelynn
non riusciva ad
esprimere il suo disagio come farebbe una qualsiasi persona in quella
situazione.
-
Hai fatto? -
-
Si. - Rispose Catelynn tirando su la zip della giacca. Rosa
sorrise e, insieme, si diressero verso l’uscita, una
camminando allegra, l’altra
con le mani nelle tasche e nascondendo parte del viso nel colletto alto
della
giacca. Il tutto sotto la supervisione del “trio”,
che non smise un istante di
parlottare.
-
Allora… come raggiungiamo casa tua? -
-
In autobus. Di qua. -
Rosa
la seguì, stringendosi nel suo cappotto bianco una volta
fuori, quando furono accolte dalla fredda temperatura di quel
pomeriggio
autunnale.
-
Brr… ma tu non hai freddo? -
-
No. Sto bene. -
-
Non vedo l’ora di salire sull’autobus! È
persino
nuvoloso, credo che pioverà… e io non ho
l’ombrello! Cavolo! Quanto dista da scuola
casa tua? -
-
Circa 15 minuti di autobus. E la fermata è proprio
sotto casa, quindi non ci bagneremo. -
Rosa
annuì sollevata e, mettendo una mano in tasca, estrasse
il telefono ed iniziò a comporre un messaggio. Catelynn la
guardò.
“Cavolo!
Quello è l’ultimo modello uscito… bella
e pure ricca… che ci fa qui
con me?”
-
Ecco. - Esclamò Rosa premendo il tasto di invio e
riponendo il telefono in tasca. - Ho avvisato mamma che sarei rientrata
più
tardi. -
-
Bene. Ecco la fermata. -
Le
due guardarono il pannello, che segnava l’arrivo del
bus tra 2 minuti. Rosa esclamò sollevata nel vedere che non
sarebbe dovuta
restare al freddo ancora a lungo. E, infatti, l’autobus non
si fece attendere e
si fermò, puntuale, davanti a loro aprendo le porte. Una
volta salite, si
diressero verso i primi posti liberi, Catelynn vicino al finestrino e
Rosa
subito affianco. Neanche il tempo di partire, che iniziò a
piovere.
-
Oh! Che fortuna! Hai visto? -
-
Già. -
Catelynn,
non ancora del tutto convinta della sua
decisione di farla venire a casa con sé, si
concentrò sul panorama urbano oltre
al finestrino. Ma Rosa non aveva intenzione di trascorrere i 15 minuti
di
viaggio in silenzio.
-
Raccontami qualcosa di te. -
-
Perché? -
-
Beh, dato che siamo amiche, mi sembra logico che
parliamo di noi stesse. E poi io ti ho già detto di me! Ora
tocca a te. -
Catelynn
sospirò esausta senza smettere di guardare fuori
dal finestrino. In particolare le gocce d’acqua sul vetro
che, unendosi, davano
vita a un caleidoscopio di forme geometriche che trovava parecchio
interessanti.
Ammirando quelle forme, si ritrovò a pensare che era
parecchio tempo che non
portava una sua compagna di classe a casa sua. E questo la rendeva
nervosa. Ma,
anche se non ne sapeva il motivo, Rosa le ispirava fiducia e la sua
insistenza
non la trovava poi così irritante. Sospirò nel
tentativo di rilassarsi.
-
Cosa vuoi sapere? -
-
Non so… hai fratelli? -
-
No. -
-
Che lavoro fanno i tuoi? -
-
Mamma è infermiera e papà poliziotto. -
-
Wao! Che accoppiata perfetta! E tu che vuoi fare da
grande? -
-
Non ho ancora deciso. -
-
Come no? È importante fare dei progetti per il futuro. Dato
il tuo talento, perché non fai una scuola d’arte? -
-
Non lo so. Ci devo pensare. -
-
Hai animali? -
-
Un cane. -
-
Ooh! Che razza è? -
-
Un Bull Mastiff di 2 anni. Non è un
“cagnolino”. -
-
No? Quanto è grande? -
-
Fai conto che peserà sui 50 chili. -
-
Ah… e come si chiama? -
-
Dagger. -
-
È un maschio? -
-
Si. -
E
cadde il silenzio. Uno strano silenzio. Catelynn,
preoccupata per l’improvviso ammutolirsi della sua vicina, si
voltò piano verso
di lei e la vide fissare imbronciata un punto indefinito del sedile di
fronte a
sé. Curiosa, provò a guardare anche lei verso
quel punto, ma non vide nulla di
strano.
“Magari
ha paura dei cani. Anzi, è sicuramente così. Alla
prossima fermata,
inventerà una scusa e se ne andrà.”
Catelynn
raccolse il coraggio a due mani e, deglutendo un
paio di volte e sentendo il cuore in gola, aprì la bocca per
parlare, ma Rosa
battè le mani un paio di volte e, chiudendole a pugno, le
alzò sopra la testa
esclamando: - I cani grandi non mi fanno paura! Io non ho paura! -
Catelynn
battè le palpebre un paio di volte, perplessa e
rossa in viso, dato che Rosa aveva attirato l’attenzione di
qualche passeggero.
Affondò la testa nelle spalle, imbarazzata.
-
Co… come? Rosa… non urlare, ci stanno guardando
tutti. -
-
E allora? Quello era il mio modo di farmi coraggio! -
Si voltò verso di lei sorridendo. - Funziona, sai? Dovresti
provare! E poi, ora
non posso avere paura. -
-
Perché? -
-
Perché sono felice! Mi hai chiamata
“Rosa” e mi hai espresso
il tuo disagio di tua iniziativa. È un bellissimo passo
avanti! -
“È
felice?”
Quella
parola lasciò Catelynn spiazzata. L’aveva resa
felice
solo perché l’aveva chiamata col diminutivo e
perché le aveva espresso un suo
sentimento? Rosa divenne seria all’improvviso, vedendo
l’espressione smarrita
della ragazza. Sospirò e le afferrò una mano,
stringendola tra le sue, e
portandola vicino al petto la fissò negli occhi in un modo
così intenso che
Catelynn non riuscì a distogliere lo sguardo, pur essendo
tesa ed imbarazzata.
-
Senti, Lynn. Io non so cosa ti sia successo in passato.
Ho intuito qualcosa, ma voglio che sia tu a parlarmene quando te la
sentirai. Ma
qualunque cosa sia successa, questa non deve bloccarti e impedirti di
fare
nuove amicizie o nuove esperienze. Qualunque muro tu abbia, qualunque
dubbio,
incertezza o paura, io voglio aiutarti ad affrontarle e a vincerle. -
-
P-perché? -
-
Perché io vedo in te una splendida persona e voglio aiutarti
a tirarla fuori, farla vedere a tutti senza paura. Perché
questo vuol dire
essere amiche. Ed è questo quello che voglio essere per te. -
-
Ma perché io? Perché non…
Ambra… o Li o Charlotte… perché
io? -
Rosa
strabuzzò gli occhi.
-
Ma chi? Quelle oche? Non hanno nulla di interessante da
mostrare… io voglio essere amica tua perché tu mi
piaci! È così difficile da
capire? -
“Certo
che lo è. Eccome se lo è.”
Catelynn
riuscì, finalmente, a distogliere lo sguardo da
quegli occhi color oro e a liberare la mano tornando a fissare il
finestrino
più triste di prima. Anche Rosa fu presa dallo sconforto.
Sentendosi le lacrime
agli occhi, li stropicciò.
“Vedrai.
Diventerò la migliore amica che tu abbia mai avuto!
È un
giuramento!”
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Capitolo 5 *** CAP.4 INVITI ***
“La
vita è come un righello da 10 cm.
Noi
siamo il numero 5.
È
vero che alla nostra destra ci sono numeri più grandi,
coloro che stanno meglio.
Ma
è anche vero che alla nostra sinistra ci sono numeri
più bassi, coloro che stanno peggio.”
In
questi ultimi mesi del 2014, ho capito cosa vuol dire
essere il numero 5.
Ecco
a voi il capitolo 4. Grazie per aver aspettato così
a lungo e buon anno nuovo.
CAP.4
INVITI
Catelynn
faceva veramente fatica a credere che quella
ragazza volesse esserle amica. Nella sua esperienza, aveva visto solo
doppi
giochi e prese in giro. Fidarsi di qualcuno, le era davvero molto
difficile.
Eppure… quegli occhi dorati che la fissavano,
così sicuri di sé, le facevano
credere che di lei poteva fidarsi. Così, decise di darle
un’opportunità.
Una
volta scese dall’autobus, Catelynn prese a rovistare
nello zaino alla ricerca delle chiavi mentre Rosa osservava i dintorni.
-
Tu abiti in questo condominio? A che piano? -
-
Al nono. -
-
Ma che bello! Allora hai anche un bel balcone
panoramico! Io sono al piano terra e non riesco a vedere bene la
Città. È un
quartiere tranquillo, qui! Con molti alberi. Il tuo cagnone ne
sarà felice! -
-
Già. A proposito di Dagger, non ha coscienza della sua
stazza. Quindi, stai vicina al muro e lontana dalle scale quando sei
vicina a
lui. -
-
Oh. Va bene. -
Catelynn
la guardò dubbiosa per qualche istante prima di
infilare le chiavi nella toppa e aprire il cancello. Rosa era in ansia,
i cani
non le erano mai piaciuti molto e l’idea che di lì
a poco ne avrebbe dovuto
incontrare uno di 50 chili non la faceva stare tranquilla. In
ascensore,
durante la salita, Catelynn notò l’ansia crescere
attorno a lei, ma la vide
anche tentare di farsi coraggio. Finchè, come aveva
già fatto quel pomeriggio,
Rosa non battè le mani e, portandole in alto chiuse a pugno,
gridò: - Io non ho
paura! Ormai sono qui e non voglio rinunciare a conquistare
l’amicizia di Lynn!
-
Senza
farsi vedere, Catelynn trattenne una risatina
aiutata dal suono del campanello dell’ascensore. Una volta
aperte le porte e
percorso il corridoio, giunsero davanti alla porta
d’ingresso. Rosa s’irrigidì nel
sentire i passi del cane dietro la porta.
-
I… i tuoi sono in casa? -
-
No. -
-
E riesci a tenere fermo il cane? -
-
Secondo te? -
Catelynn
infilò le chiavi nella toppa e le girò, aprendo
la serratura. Questo provocò la reazione del cane, il quale
iniziò ad agitarsi
e a guaire felice. Rosa deglutì e si irrigidì
ulteriormente quando Catelynn
aprì la porta e uscì il cane che, dopo aver fatto
le feste alla padroncina, si
concentrò su Rosa annusandola. Con la testa, le arrivava
tranquillamente
all’altezza del petto, ma nonostante la stazza, Rosa lo
ammirò per la sua
tranquillità. Non le era saltato addosso, la stava
semplicemente annusando
curioso. Inoltre, pensò che fosse un magnifico esemplare:
pelo raso color sabbia
tranne che per il muso, che presentava
una maschera nera, coda ferma e lunga, orecchie a
“V” anch’esse nere, occhi
scurissimi e naso nero e umido. Rosa sorrise e in con il ritrovato
coraggio,
allungò una mano verso il suo muso per fargliela annusare.
-
Ciao Dagger! Ma lo sai che sei proprio bello? Io sono
un’amica! Non mi mangiare e andremo d’accordissimo!
-
Catelynn
assistette a tutta la scena con molta
attenzione. Sapeva perfettamente che i cani riconoscono quando una
persona ha
buone intenzioni o no e scrutò Dagger in ogni sua reazione.
E fu sollevata nel
vederlo scodinzolare e leccare allegramente la mano tesa della sua
compagna di
classe.
-
Bravo, Daggy. A casa ora. -
Una
volta rientrati tutti in casa e liberatesi delle
giacche e degli zaini, Catelynn fece accomodare Rosa in cucina la quale
ne
approfittò per guardare la casa. Gli arredi in generale
erano un misto di stile
moderno e antico, quasi tutto in legno. L’ingresso dava
subito su un grande
salotto, adornato da un paio di divani beige attaccati alle pareti
sovrastati
da qualche quadro. La TV, posta su un tavolino sempre in legno e
accanto ad una
libreria colma di libri, era sull’altro lato della stanza
dove, poco lontano,
vi era la finestra che dava sul balcone che aveva visto prima in
strada.
Percorrendo un breve corridoio subito dopo la sala, raggiunsero la
cucina,
anch’essa molto grande e coi mobili in legno, ma non prima di
aver superato tre
stanze.
-
Qui c’è camera tua? -
-
Si. Anche camera dei miei e il bagno. Accomodati. - E
le indicò una sedia. Rosa si sedette e assistette alla
consegna del “premio” di
Catelynn a Dagger, il quale consisteva in un biscottino che Dagger
gustò con
piacere sulla sua cuccia accanto all’ingresso.
-
È troppo forte il tuo cane! Hai proprio una bella casa,
comunque! -
-
Grazie. Vuoi qualcosa da bere? -
-
Volentieri! -
-
Acqua o succo? -
-
L’acqua va bene. -
E
la servì. Lasciò Rosa in cucina ed
entrò in camera, non
aveva dimenticato perché erano lì.
Perché Rosa era lì. Catelynn prese un
quaderno blu da sopra la scrivania e rimase a fissarlo per qualche
minuto. Era
la prima volta che mostrava i suoi disegni a qualcuno. E si sentiva
strana.
Come se fosse messa a nudo. Ma ormai, aveva deciso di buttarsi e
provare ad
accettare l’amicizia di quella strana ragazzina argentata
vestita così bene da
sembrare una bambolina. Respirò a fondo e tornò
in cucina dove Rosa l’aspettava
sorridente.
-
Li tieni lì dentro? -
Catelynn
annuì e le porse il quaderno. Rosa lo prese e
iniziò a sfogliarlo, ma Catelynn aveva paura, quindi si
allontanò da lei e si
diresse verso il frigo dove prese una bottiglietta di succo. Mentre
beveva,
sentiva lo sfogliare delle pagine. Finchè Rosa non
scoppiò a ridere mostrandole
un disegno.
-
Oddio! Ma questa è Ambra? -
Rispose
annuendo. Rosa tornò a guardare il disegno che
ritraeva un’Ambra in versione vipera vestita come una pop
star stile anni’80.
-
Ma lo sai che sei molto brava? Adoro questo disegno! E
gli altri… fantastici! -
Rimase
rapita da quei disegni. Ognuno di loro esprimeva
completamente il pensiero e i sentimenti di Catelynn nel momento in cui
li
aveva disegnati. Quando era triste, quando era arrabbiata, felice o
inquieta.
Piccole variazioni nel tratto, nelle linee, nei colori che ad una prima
occhiata potevano sfuggire. Ma non a Rosa. Lei aveva visto queste
variazioni,
aveva iniziato a comprendere quella ragazza che l’aveva
invitata a casa. Ed era
sempre più convinta di volerla aiutare. Alzò lo
sguardo dal disegno e sorrise
nuovamente a Catelynn.
-
Ehi, Lynn. Ne fai uno per me? -
La
ragazza stava bevendo mentre Rosa le porse questa
domanda e per poco, dallo stupore, non si strozzava. Tossì a
lungo prima di
riuscire a dire qualcosa.
-
Io… cosa? -
-
Si, ehm… stai bene? -
-
Hai detto che vuoi che ti faccia un disegno? -
Rosa
rimase in silenzio per qualche istante,
osservandola. Era rossa in viso e non sapeva se era perché
le era andato di
traverso il succo o per altri motivi. Sospirò e
sfogliò il quaderno fino a
quando non trovò una pagina bianca. L’ultima. Le
porse il quaderno.
-
Per favore, mi faresti un disegno? -
Catelynn
era stupefatta. “Perché
vuole un mio disegno?”
Il
suo pessimismo tornò a farsi sentire. Aveva paura che
Rosa volesse un suo disegno per mostrarlo ad altri e prenderla in giro.
Eppure,
osservando i suoi occhi, non vedeva nulla di malvagio. Erano limpidi,
sicuri di
sé. E gentili. Chiuse gli occhi per un istante e
sospirò a fondo, prima di rispondere.
-
Va bene, ma non adesso. Te lo porto una volta finito. -
Rosa
si aprì in un sorriso a trentadue denti e annuì
ridendo.
-
Wao! Che risata felice e che bel sorriso! -
-
Mamma! -
-
Oh! Buona sera signora! -
-
Per carità, dammi del tu e chiamami per nome,
cioè
Celine. E tu sei? -
-
Oh, mi scusi… scusa! Sono Rosalya, una compagna di
classe di Lynn e sua nuova amica! -
-
“Lynn”? Ma che bel nomignolo! -
-
Mamma… -
Rosa
osservò madre e figlia. Avevano gli stessi tratti
del viso, ma al contrario della figlia, la madre aveva gli occhi
azzurri e i
capelli castani. Non era molto alta ed era abbastanza rotondetta, ma le
sue
forme erano messe ben in risalto da un tubino nero stretto in vita da
una
cintura in cuoio e un paio di decolleté nere.
“Ottima
scelta!”
La
madre di Catelynn appoggiò la borsa da lavoro sul
tavolo e sbuffò sonoramente.
-
Uff.. che giornata… oggi il reparto era un delirio! -
-
Mi dispiace. Ma adesso puoi riposare! -
-
Ooh ma che carina! Senti, cara. Si è fatto tardi e noi
tra poco ceniamo. Ti va di rimanere? -
-
Mamma! -
-
Dovrei chiedere alla mamma… le telefono al volo! - E si
allontanò col telefono in mano. Celine sorrise e
iniziò a disfare la borsa
quando notò l’espressione contrariata della
figlia.
-
Perché quella faccia, Cat? Andiamo! È la prima
volta
dopo chissà quanto tempo che porti un’amica in
casa! Penso sia normale che sia
su di giri… -
-
Non è per quello. -
-
E allora per che cos’è? È una ragazzina
così carina! Dalle
una chance. -
Catelynn
sospirò e nel mentre tornò Rosa.
-
Ha detto di si e che mi passa a prendere alle 20, se
per voi va bene. -
-
Va benissimo! Allora serata tra donne! -
-
Tuo marito lavora? -
-
Esatto. Fa il turno di notte, quindi torna domani
mattina. -
La
cena passò tranquilla. Celine era molto curiosa e fece
a Rosa molte domande a cui lei rispose con molta allegria. Fu una
serata
serena, come non se ne vedevano da tempo in casa di Catelynn. Lei
stessa la
passò serenamente, parlando poco, ma ascoltando molto e
ridendo di tanto in
tanto, cosa che fece Rosa molto felice e lo stesso tempo Celine. A fine
serata,
le due ragazze andarono in sala a guardare un po’ di TV
mangiando gelato mentre
Celine finiva di sistemare la cucina. Finchè non
suonò il citofono. Tra gli
abbai di Dagger, Celine andò a rispondere.
-
Si? Oh, buona sera! Si… si, la faccio scendere…
non vuole
salire due minuti? Per un caffè? … va
bene… va bene, sarà per un’altra volta!
Arrivederci.
-
-
Chi era, mamma? -
-
La tua mamma, Rosa. È sotto che ti aspetta. -
-
Noo.. sono già le 20?! Uffa… -
-
Suvvia, Rosa. Puoi tornare quando vuoi, noi saremo
felicissime di riaverti per cena! -
-
Davvero? Che bello! Allora ad un’altra cena! -
-
Di nulla! Cat, l’accompagni al portone? -
-
Si. -
Rosa
recuperò la giacca e lo zaino, accarezzò Dagger e
seguì Catelynn fuori casa.
-
Buona notte, Celine, e grazie ancora per la cena! -
-
Buona notte, alla prossima! -
E
scesero. In silenzio. Una volta varcato il portone, una
macchina fece suonare il clacson e Rosa alzò una mano in
segno di saluto.
-
Ecco mia mamma. Strano che non scende… sarà
stanca… -
-
Mh. -
-
Allora ci vediamo domani a scuola! Buona notte! -
E
corse verso la macchina. Catelynn la guardò aprire lo
sportello e salutare la madre. Fece per salire, ma si bloccò
all’improvviso sentendosi
chiamare da Rosa. Si voltò verso di lei e la vide sorridere
e scuotere
energicamente una mano.
-
Ehi Lynn! Mamma ha detto che vuole conoscerti e che ti
aspetta domani in negozio, verso l’orario di chiusura! Dopo
scuola verrai con
me, quindi avvisa tua mamma! -
Cat
sbattè più volte le palpebre, perplessa e un
po’
spiazzata. Forse colta alla sprovvista, le rispose senza pensare e, a
parer
suo, un po’ troppo allegramente.
-
Volentieri! -
Rosa
esultò e salì in macchina. Catelynn rimase a
guardare l’auto allontanarsi, ancora confusa e con mille
dubbi in testa.
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