Reflected In The Mirror

di cisqua92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SAI, ROSA… -PARTE I- ***
Capitolo 2: *** CAP.1 IL TRIO “OCHE GIULIVE” ***
Capitolo 3: *** CAP.2 SPAZI INVISIBILI VIOLATI ***
Capitolo 4: *** CAP.3 GIURAMENTO ***
Capitolo 5: *** CAP.4 INVITI ***



Capitolo 1
*** SAI, ROSA… -PARTE I- ***


SAI, ROSA… -PARTE I-
 
Sai, Rosa… ho sempre odiato il mio riflesso allo specchio. Sono pienamente convinta che non riflette ciò che sono realmente.
Distorce la realtà. È un’invenzione odiosa. Subdola. Crudele. Soprattutto in quest’epoca, dove l’aspetto esteriore è più importante di quello interiore.
Ma fino a qualche anno fa, non mi importava.
Sono sempre stata sovrappeso, fin da bambina, ma ero in pace con me stessa. Nella mia gioia di bambina, non mi interessava molto l’aspetto estetico. Volevo solo divertirmi e giocare con gli amici. Poi un giorno, come un fulmine a ciel sereno, mi sbatterono in faccia la realtà.
Mi ricorderò per sempre quel giorno. Era l’inverno dei miei 11 anni, ed io ero in classe insieme a qualche mio compagno a chiacchierare di non ricordo cosa tranquillamente. Sta di fatto, che uno di questi miei compagni di classe, all’improvviso si voltò verso di me e mi disse: “Senti un po’, perché non fai un po’ di palestra?”.
Puoi solo immaginare come mi sentì dopo aver udito quella frase.
Una volta tornata a casa, mi guardai allo specchio e per la prima volta in vita mia, odiai ciò che vidi: una bambina in sovrappeso.
Da quel momento, mi isolai sempre di più dal resto della classe, entrando nell’antipatia collettiva e subendo tutta una serie di atti di bullismo psicologico. Alla quale non detti molto peso e ben presto la smisero, ignorandomi deliberatamente.
Mentre io, nel mio intimo, mi logoravo lentamente, convinta che se nessuno voleva stare con me, era per via del mio aspetto.
Ero troppo grassa per stare con loro.
Ero troppo grassa per stare in compagnia di quelle mie bellissime e magrissime compagne di classe.
Ero troppo grassa per piacere a quel mio compagno di classe tanto carino.
Ero troppo grassa e questo non mi permetteva di avere niente.
Niente.
Pensa come mi ha ferito profondamente quel commento. È una ferita che tutt’ora non si è rimarginata e che torna molto spesso a farsi sentire.
Anche se meno prepotentemente.
Si, perché da quando sei apparsa tu, la mia vita ha subito un cambio radicale.
Ti ricordi il primo giorno che ci incontrammo?
Ti eri appena trasferita nella nostra scuola e come un uragano eri entrata nella mia classe esclamando: “Buongiorno a tutti! Mi chiamo Rosalya e da grande voglio fare la stilista!”.
Entrasti subito nella cerchia dei “bellissimi”.
E come non avresti potuto? Tu sei bellissima. Dentro e fuori.
Con quei capelli d’argento e gli occhi d’oro, un fisico che farebbe invidia alla più famosa top model e quel carattere così allegro e spontaneo.
Come potevo, io, così grassa e brutta, anche solo pensare di poterti stare accanto?
Eppure tu… nella tua bellezza… dove ti andasti a sedere? Nel banco vuoto accanto al mio. E, sfoggiando quel tuo bellissimo sorriso, mi parlasti per la prima volta: “Ciao! Posso sedermi accanto a te?”.
Ricordo che ti fissai come se tu fossi un alieno. Balbettai un “Si, certo” e tu ti sedesti senza smettere di sorridermi.
Da quel momento. Tu mi hai cambiato la vita. Mi hai salvata, Rosa.
E per questo, ti sarò riconoscente a vita.

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Capitolo 2
*** CAP.1 IL TRIO “OCHE GIULIVE” ***


CAP.1 IL TRIO “OCHE GIULIVE”
 
- Ciao! Posso sedermi accanto a te? -
La ragazza seduta nel banco infondo alla classe, vicino alla finestra che dava sul cortile, si voltò a guardare l’ultima arrivata. Quest’ultima sorrideva radiosa, aspettando una sua risposta.
“Perché è venuta proprio da me?” Si domandò la ragazza seduta, ricordandosi all’ultimo che quello accanto al suo è l’unico banco libero in tutta la classe.
- S-si… certo… -
- Grazie! - Il sorriso si allargò sul viso della nuova arrivata. Appoggiando lo zaino a terra, si tolse il cappotto e si sedette. Facendo finta di niente, la ragazza seduta vicino alla finestra, approfittando del fatto che l’ultima arrivata stesse tirando fuori i libri per la lezione odierna, la osservò.
“È proprio bella.” Pensò.
La nuova arrivata era magrolina, con lunghi e fluenti capelli argentati raccolti in una treccia morbida, occhi color dell’oro, estremamente luminosi e allegri. Indossava un semplice mini-abito color lavanda in lana, dal collo ampio e le maniche lunghe, leggings bianchi e stivaletti neri con dei ponpon attaccati dietro. Ma la nuova arrivata, stava solo fingendo di non essersi accorta che la ragazza la stesse osservando.
“È naturale…” pensò sorridendo “… sono nuova. È giusto che sia incuriosita.”
Senza smettere di sorridere, la nuova arrivata si voltò verso la ragazza che sobbalzò e tornò a fissare il libro aperto davanti a sé. Era imbarazzata, la nuova arrivata l’aveva sorpresa mentre lei la fissava. Congiunse le mani sotto al banco e iniziò a torturarsi le pellicine attorno alle unghie, come soleva fare quando era nervosa. Ovvero ogni volta che entrava in classe.
“ Sicuramente si arrabbierà e mi sgriderà.” Ma non fu così. La nuova ragazza continuava a sorridere e questo le diede un pochino di coraggio, quel tanto che bastava per sollevare lo sguardo verso di lei, anche se di poco.
- Mi presento. Io sono Rosalya, ma puoi chiamarmi Rosa. Anzi, devi chiamarmi Rosa! -
- Oh… v-va bene. -
Rosa inclinò la testa di lato e ridacchiò.
- Quando qualcuno si presenta, è perché vuole conoscere il nome dell’altro. Mi dici il tuo? -
La ragazza sobbalzò e tornò a guardare il libro arrossendo leggermente. Rosa s’incuriosì nel vederla reagire in quel modo.
- I-io… ecco… m- mi chiamo… -
La sua voce era ridotta in un sussurro e Rosa non riuscì a capire il nome della sua nuova compagna. Provò a chiederle di ripetere, ma l’ingresso della professoressa la interruppe.
Così ebbe inizio il primo giorno di scuola di Rosalya.
 
Le prime quattro ore di lezione volarono, e in un lampo arrivò l’intervallo. Rosa aspettava con ansia quel momento. Voleva richiedere il nome alla sua compagna di banco, ma il caos la distrasse e la ragazza ne approfittò per prendere qualcosa dallo zaino e fuggire via. Neanche quel comportamento sfuggì a Rosa.
“L’intervallo è il momento da passare con gli amici. Perché è fuggita così?e cos’ha preso dallo zaino?”
Curiosa, la nuova arrivata si alzò e tentò di raggiungerla, ma venne bloccata dalla restante componente della classe che, incuriosita, le si avvicinarono. Ma prima tra tutti, fu una ragazzina che si piazzò prepotentemente di fronte a Rosa.
- Ciao! Hai detto che ti chiami Rosalya, giusto? - Le domandò la biondissima ragazzina dagli occhi verdi e un neo sotto l’occhio sinistro. Rosa la osservò rapidamente: vestiva alla moda ed era troppo truccata per avere solo 13 anni. E dal modo in cui si spostava i capelli in continuazione, Rosa capì che quella ragazzina era una snob con la puzza sotto al naso.
- Si. E tu come ti chiami? -
- Ambra. Dì un po’, ti piacerebbe fare un giro? Ti faccio vedere la scuola e tutti i posti più “in”. -
“No, scusa… ha detto “in”? Santo cielo! È un termine più antiquato di mio padre! Questa mi sta già antipatica.”
Ma Rosa era una persona educata. Perciò decise di accettare. Ambra sorrise felice e, prendendola a braccetto, la accompagnò fuori dalla classe vantandosi della sua nuova amica e presentandola a tutti come tale. Rosa non disse null’altro se non il suo nome, dato che Ambra non stava un secondo in silenzio. Durante il giro, fece la conoscenza di altre due ragazzine, Charlotte e Li, entrambe molto belle e le tre formavano un trio perfetto.
“ Il trio “oche giulive”. Ecco, ho trovato il loro giusto nome.”
Dopo circa cinque minuti, arrivarono in cortile, e lo sguardo di Rosa venne catturato da una figura accovacciata sotto un albero, intenta a leggere quello che sembrava un libro o un fumetto. Rosa non riuscì a capire, ma riconobbe la sua compagna di banco. Ambra si accorse che la nuova arrivata non la stava ascoltando, così ricatturò la sua attenzione.
- Non ti interessano i ragazzi? -
- Come? - Rosa si voltò verso la “capa giuliva”, la quale sembrava particolarmente irritata dal fatto che dovesse ripetere il discorso appena finito.
- Ti stavo parlando dei ragazzi della scuola, ma sembra che non ti importi. -
- Non più di tanto. Senti, mi puoi dire il nome di quella nostra compagna di classe? - E indicò la sua compagna di banco. Il “trio giulivo” si sporse per vedere a chi si stesse rivolgendo Rosa. Resosi conto di chi fosse, le tre si guardarono stupite per poi scoppiare a ridere, attirando l’attenzione della ragazzina che alzò gli occhi dal libro che stava leggendo per osservare la scena, sapendo già come sarebbe andata a finire. Rosa le guardò esterrefatta.
“Perché ridono?”
Li fu la prima a parlare.
- Ma chi? Ciccio-lynn? Oh no, ti prego! Quella non merita le tue attenzioni! -
- Esatto! - Intervenne Ambra - Ciccio-lynn non è nessuno in confronto a noi. Quella se ne sta sempre per i fatti suoi, leggendo schifezze o disegnando oscenità, non partecipa a nessuna attività della classe ed è una schiappa negli sport. E poi, andiamo, l’hai vista? Si veste da schifo, ha una risata orribile e dei capelli da spavento. Inoltre, non hai visto com’è grassa? È peggio di un maiale! -
Rosa non volle credere alle proprie orecchie. Guardò il trio con la bocca spalancata e sentì la rabbia salire velocemente. Bruscamente, allontanò il braccio della bionda dal suo e la osservò inorridita.
- Come vi permettete di dire una cosa del genere? Siete… crudeli! Siete cattive! Non voglio avere nulla a che fare con voi tre zitelle acide! - E si allontanò infuriata verso la classe, ignorando il trio che si mise a parlottare tra di loro.
 
“Lo sapevo…” Pensò la ragazza seduta sotto l’albero, osservando la nuova arrivata a braccetto con il “trio bellissime”. Tornò a leggere tristemente il suo libro, ignorando tutto ciò che la circondava e sentendo una nuova ferita lacerare il suo piccolo cuore di tredicenne già dolorante.
“Le parleranno di me e lei riderà con loro e si divertirà a prendermi in giro… è sempre così… sono troppo grassa per avere un’amica”.

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Capitolo 3
*** CAP.2 SPAZI INVISIBILI VIOLATI ***


CAP.2 SPAZI INVISIBILI VIOLATI
 
Dopo aver scaricato la rabbia girovagando per qualche minuto senza meta, Rosa decise di sedersi sulla scalinata dell’ingresso in modo da ripensare a ciò che le era appena accaduto a mente più lucida. Ignorando gli sguardi curiosi dei suoi nuovi compagni di scuola, Rosa pensò che non trovava giusta la descrizione della sua compagna di banco fornitale dalle tre oche. Pensava che, prima di dare giudizi, bisognava conoscere molto bene una persona.
“Non si giudica un libro dalla copertina!”
Sbuffò arrabbiata e si guardò un po’ intorno allo scopo di individuare qualcosa su cui sfogarsi, ma il suo sguardo venne nuovamente catturato dalla sua compagna di banco ancora intenta a leggere sotto l’albero.  Anche se lontana, Rosa ebbe modo di osservarla meglio. Era seduta a gambe incrociate e poggiava la schiena contro il tronco dell’albero, la testa bassa e lo sguardo rivolto al libro aperto e appoggiato alle gambe. Indossava una semplice tuta, forse un po’ troppo grande per lei, e delle scarpe da tennis. I capelli rosso amaranto, erano raccolti in una sciatta coda alta che non rendeva giustizia al suo colore di capelli e la frangetta, troppo lunga, le nascondeva gli occhi, ulteriormente nascosti dagli occhiali da vista. A quella vista Rosa arricciò le labbra.
“Ha bisogno che qualcuno l’aiuti col look, questo è vero. Ed è vero che è un po’ robusta, ma questo non vuol dire che sia una brutta persona. E poi si può rimediare!”
 Si alzò e raggiunse la ragazza, la quale non si accorse della sua presenza e continuò a leggere. Rosa sorrise e congiunse le mani dietro la schiena.
- Ehi, ciao. -
La ragazza sobbalzò a alzò lo sguardo verso Rosa. In questo modo, quest’ultima ebbe modo di vedere il colore dei suoi occhi per la prima volta. Nocciola.
- Accidenti! Ma lo sai che hai dei bei occhi? -
La ragazza strinse le labbra e arrossì appena, poi tornò a leggere il libro.
- Non.... sono niente di speciale. -
- Ah no? -
La ragazza scosse la testa. Rosa inclinò la testa di lato e la osservò ancora.
“Non capisco se la sua è timidezza o se c’è qualcosa sotto.”
Decise di sedersi accanto a lei e notò che la ragazza si spostò appena, sciogliendo le gambe e portandole al petto nascondendo il libro. A Rosa non sfuggì quel particolare: spostandosi, aveva creato un confine invisibile tra loro, dove non vi era alcun contatto fisico. Rosa non volle insistere e rimase immobile e in silenzio, aspettando il momento giusto che arrivò quando vide la ragazza riprendere a leggere e rilassare leggermente i muscoli. Sorrise. E quel sorriso, non sfuggì alla ragazza.
“Perché sorride? Perché è qui?”
- Per-perché sei venuta qui? -
- Oh beh, i miei genitori stanno divorziando e la mamma ha voluto avvicinarsi alla zia, cioè a sua sorella, per non restare sola. Sai è un momento delicato… comunque, siamo qui da tre settimane, ma tra una cosa e l’altra ho iniziato scuola solo oggi. Inoltre, mia mamma e mia zia stanno per aprire il loro primo negozio in proprio quindi puoi solo immaginare il casino che c’è in casa! Senza contare il fatto che domani ci sarà l’inaugurazione del negozio. Ti andrebbe di venire? Fanno degli sconti apertura per i clienti! Ah, ho dimenticato di dirti che mamma è un’estetista mentre la zia è parrucchiera… perché mi guardi così? Ho qualcosa sul naso? -
- Oh! No no. -
La ragazza non si era accorta che, durante tutto quel monologo, la stava fissando shockata e con la bocca aperta. Arrossì imbarazzata e tornò a leggere il libro. Anche se leggere non era il termine appropriato, dato che, presa dall’ansia, non riusciva a leggere una sola parola. Quindi, sfogò la sua inquietudine sulle pellicine, come faceva sempre. Nemmeno questo gesto sfuggì a Rosa.
- Sai, non dovresti mangiarti le pellicine. Potrebbe venirti il giradito! -
- Il… cosa? -
- Un’infezione. È brutta, sai? Mamma mi ha detto che ti si gonfia il dito e… -
“Ma quanto parla?”
- S-scusa ma… io ti ho chiesto perché… sei venuta qui vicino a me… non perché ti sei trasferita. -
- Oh! Accidenti che figura… scusa, avevo frainteso. Beh… perché voglio conoscerti. -
- Come? -
La ragazza si voltò di scatto verso Rosa, la quale restò sorpresa nel vedere la sua espressione.
- Voglio conoscerti. -
- M-ma… perché? -
- Come perché? - Sorrise - Sei una mia compagna di classe e mi piacerebbe instaurare un bel rapporto con tutti quanti! Anche con te. -
La ragazza scosse la testa incredula.
- Ma… prima ti ho vista… parlare con Ambra… non ti ha parlato di me? -
- Eccome se lo ha fatto. Ma a me non interessano i giudizi altrui. Per giudicare bisogna conoscere, no? Quindi ricominciamo! -
Rosa si alzò e invitò la ragazza a fare altrettanto. Titubante, quest’ultima si mise in piedi chiudendo il libro e osservandola sospettosa ma curiosa al tempo stesso. Prima d’ora, nessuno si era preso la briga di interessarsi a lei e, anche se la situazione le sembrava strana, le faceva piacere. Rosa sorrise e le porse la mano.
- Ciao! Io mi chiamo Rosa. Ho tredici anni e mi sono trasferita qui da poco. Tu come ti chiami? -
La ragazza osservò prima la mano tesa e poi Rosa.
Stava sognando? O era tutto vero? Una “bellissima” si stava presentando a LEI e voleva conoscere il SUO nome? Perché?
“Ci sarà qualcosa sotto? Magari uno scherzo… sarà d’accordo con Ambra? Però… i suoi occhi mi sembrano sinceri… che devo fare?”
Rosa attese pazientemente che la ragazza davanti a lei prendesse coraggio e le afferrasse la mano. Sorrise radiosa quando lo fece e restò piacevolmente sorpresa nel sentire la presa salda e forte della ragazza, al contrario di ciò che potrebbe sembrare o dimostrare l’espressione tesa ed imbarazzata sul suo viso paffuto.
- Io… mi chiamo Catelynn. Ho… tredici anni e abito qui. -
Rosa rise felice e questo strappò un sorriso anche a Catelynn.
- Ti posso chiamare Cate? Anzi no! Lynn! Posso? -
Catelynn annuì non del tutto convinta. Nessuno abbreviava il suo nome, tranne i suoi genitori, e la cosa le parve molto strana.
“Al massimo lo storpiano in “ciccio-lynn”.”
Rosa lasciò la presa e, tornando a incrociarle dietro la schiena, disse una particolare frase che fece girare la testa a Catelynn e che la lasciò confusa più che mai.
- Diventiamo amiche, ti va Lynn? -
La campanella suonò proprio in quel momento

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Capitolo 4
*** CAP.3 GIURAMENTO ***


CAP.3 GIURAMENTO
 
Note: Non sono morta! Eccomi qui, dopo secoli e secoli… non voglio rovinare l’atmosfera del capitolo, quindi vi chiedo scusa per il ritardo e… beh… eccovi il capitolo 3.
 
 
Durante la lezione, Rosalya era molto pensierosa. Non riusciva a non pensare alla reazione di Catelynn, la sua compagna di banco che, alla sua richiesta di amicizia, era rimasta come imbambolata, fissandola a lungo con la bocca spalancata senza proferire parola. Rosa ci restò molto male quando lei fuggì in classe senza risponderle, ma quello che le fece più effetto fu l’espressione della ragazza: i suoi occhi erano velati dal panico, era agitata, ansiosa e si guardava intorno come se avesse davanti a sé una persona malintenzionata creando un muro invisibile tra sé e Rosa portandosi le mani al petto. Rosa la guardò tristemente andare via con un unico pensiero in mente: “Perché ha reagito così?”
Gomito sul banco e testa appoggiata svogliatamente sulla mano, Rosa fissava un punto vuoto davanti a sé, senza prestare particolare attenzione al professore di algebra che tentava di spiegare un nuovo argomento senza particolare successo. Sospirando, con la coda dell’occhio Rosa notò dei movimenti molto particolari della mano di Catelynn che impugnava saldamente una matita facendola scorrere abilmente su un foglietto di carta nascosto dietro l’astuccio, lontano dalla vista del professore e di chiunque si fosse voltato verso di lei. Rosa fu rapita da quei movimenti così decise e si sporse leggermente per vedere il disegno della compagna di banco, trattenendo una risata nel vedere la caricatura del professore. Rosa, felice di aver trovato un altro modo per tentare un approccio con Catelynn, strappò un lembo di un foglio di quaderno e iniziò a scrivere.
“Il tuo disegno è davvero bello! Sei brava a disegnare ^^”
Lo passò a Catelynn la quale, dopo averlo letto, fissò Rosa come se quest’ultima avesse detto un’eresia. Rosa scrollò le spalle senza smettere di sorridere. Catelynn prese il foglietto e, dopo aver letto il messaggio più di una volta, scrisse la sua risposta per poi porgere il foglietto a Rosa.
“Nessuno mi ha mai fatto i complimenti per i miei disegni.”
Rosa rispose. “Scherzi?! Ma se sono bellissimi! Sei molto brava ^^ ne hai fatti altri??”
“Qualcuno.”
“Me li fai vedere??”
“Li ho a casa.”
“Posso venire a vederli, finite le lezioni??”
Da lì, Catelynn non rispose più. Ma Rosa non si arrese e continuò a scrivere bigliettini. Uno dietro l’altro. Finché Catelynn, sfinita, non acconsentì.
 
Finita la lezione, Rosa fu un razzo a rimettere tutte le sue cose nello zainetto e ad indossare il cappotto. Ballonzolava allegra ed impaziente da un piede all’altro in attesa che Catelynn si preparasse.
- Allora, hai fatto? -
- Si, quasi. -
- Dai sbrigati! Voglio vedere i tuoi disegni! -
Catelynn abbassò lo sguardo quando notò che l’ultima frase aveva attirato l’attenzione del “trio delle bellissime” le quali, fissandole, parlottavano tra di loro. Anche Rosa le aveva notate, ma non ci dette molto peso, era più interessata al fatto che Catelynn non riusciva ad esprimere il suo disagio come farebbe una qualsiasi persona in quella situazione.
- Hai fatto? -
- Si. - Rispose Catelynn tirando su la zip della giacca. Rosa sorrise e, insieme, si diressero verso l’uscita, una camminando allegra, l’altra con le mani nelle tasche e nascondendo parte del viso nel colletto alto della giacca. Il tutto sotto la supervisione del “trio”, che non smise un istante di parlottare.
- Allora… come raggiungiamo casa tua? -
- In autobus. Di qua. -
Rosa la seguì, stringendosi nel suo cappotto bianco una volta fuori, quando furono accolte dalla fredda temperatura di quel pomeriggio autunnale.
- Brr… ma tu non hai freddo? -
- No. Sto bene. -
- Non vedo l’ora di salire sull’autobus! È persino nuvoloso, credo che pioverà… e io non ho l’ombrello! Cavolo! Quanto dista da scuola casa tua? -
- Circa 15 minuti di autobus. E la fermata è proprio sotto casa, quindi non ci bagneremo. -
Rosa annuì sollevata e, mettendo una mano in tasca, estrasse il telefono ed iniziò a comporre un messaggio. Catelynn la guardò.
“Cavolo! Quello è l’ultimo modello uscito… bella e pure ricca… che ci fa qui con me?”
- Ecco. - Esclamò Rosa premendo il tasto di invio e riponendo il telefono in tasca. - Ho avvisato mamma che sarei rientrata più tardi. -
- Bene. Ecco la fermata. -
Le due guardarono il pannello, che segnava l’arrivo del bus tra 2 minuti. Rosa esclamò sollevata nel vedere che non sarebbe dovuta restare al freddo ancora a lungo. E, infatti, l’autobus non si fece attendere e si fermò, puntuale, davanti a loro aprendo le porte. Una volta salite, si diressero verso i primi posti liberi, Catelynn vicino al finestrino e Rosa subito affianco. Neanche il tempo di partire, che iniziò a piovere.
- Oh! Che fortuna! Hai visto? -
- Già. -
Catelynn, non ancora del tutto convinta della sua decisione di farla venire a casa con sé, si concentrò sul panorama urbano oltre al finestrino. Ma Rosa non aveva intenzione di trascorrere i 15 minuti di viaggio in silenzio.
- Raccontami qualcosa di te. -
- Perché? -
- Beh, dato che siamo amiche, mi sembra logico che parliamo di noi stesse. E poi io ti ho già detto di me! Ora tocca a te. -
Catelynn sospirò esausta senza smettere di guardare fuori dal finestrino. In particolare le gocce d’acqua sul vetro che, unendosi, davano vita a un caleidoscopio di forme geometriche che trovava parecchio interessanti. Ammirando quelle forme, si ritrovò a pensare che era parecchio tempo che non portava una sua compagna di classe a casa sua. E questo la rendeva nervosa. Ma, anche se non ne sapeva il motivo, Rosa le ispirava fiducia e la sua insistenza non la trovava poi così irritante. Sospirò nel tentativo di rilassarsi.
- Cosa vuoi sapere? -
- Non so… hai fratelli? -
- No. -
- Che lavoro fanno i tuoi? -
- Mamma è infermiera e papà poliziotto. -
- Wao! Che accoppiata perfetta! E tu che vuoi fare da grande? -
- Non ho ancora deciso. -
- Come no? È importante fare dei progetti per il futuro. Dato il tuo talento, perché non fai una scuola d’arte? -
- Non lo so. Ci devo pensare. -
- Hai animali? -
- Un cane. -
- Ooh! Che razza è? -
- Un Bull Mastiff di 2 anni. Non è un “cagnolino”. -
- No? Quanto è grande? -
- Fai conto che peserà sui 50 chili. -
- Ah… e come si chiama? -
- Dagger. -
- È un maschio? -
- Si. -
E cadde il silenzio. Uno strano silenzio. Catelynn, preoccupata per l’improvviso ammutolirsi della sua vicina, si voltò piano verso di lei e la vide fissare imbronciata un punto indefinito del sedile di fronte a sé. Curiosa, provò a guardare anche lei verso quel punto, ma non vide nulla di strano.
“Magari ha paura dei cani. Anzi, è sicuramente così. Alla prossima fermata, inventerà una scusa e se ne andrà.”
Catelynn raccolse il coraggio a due mani e, deglutendo un paio di volte e sentendo il cuore in gola, aprì la bocca per parlare, ma Rosa battè le mani un paio di volte e, chiudendole a pugno, le alzò sopra la testa esclamando: - I cani grandi non mi fanno paura! Io non ho paura! -
Catelynn battè le palpebre un paio di volte, perplessa e rossa in viso, dato che Rosa aveva attirato l’attenzione di qualche passeggero. Affondò la testa nelle spalle, imbarazzata.
- Co… come? Rosa… non urlare, ci stanno guardando tutti. -
- E allora? Quello era il mio modo di farmi coraggio! - Si voltò verso di lei sorridendo. - Funziona, sai? Dovresti provare! E poi, ora non posso avere paura. -
- Perché? -
- Perché sono felice! Mi hai chiamata “Rosa” e mi hai espresso il tuo disagio di tua iniziativa. È un bellissimo passo avanti! -
“È felice?”
Quella parola lasciò Catelynn spiazzata. L’aveva resa felice solo perché l’aveva chiamata col diminutivo e perché le aveva espresso un suo sentimento? Rosa divenne seria all’improvviso, vedendo l’espressione smarrita della ragazza. Sospirò e le afferrò una mano, stringendola tra le sue, e portandola vicino al petto la fissò negli occhi in un modo così intenso che Catelynn non riuscì a distogliere lo sguardo, pur essendo tesa ed imbarazzata.
- Senti, Lynn. Io non so cosa ti sia successo in passato. Ho intuito qualcosa, ma voglio che sia tu a parlarmene quando te la sentirai. Ma qualunque cosa sia successa, questa non deve bloccarti e impedirti di fare nuove amicizie o nuove esperienze. Qualunque muro tu abbia, qualunque dubbio, incertezza o paura, io voglio aiutarti ad affrontarle e a vincerle. -
- P-perché? -
- Perché io vedo in te una splendida persona e voglio aiutarti a tirarla fuori, farla vedere a tutti senza paura. Perché questo vuol dire essere amiche. Ed è questo quello che voglio essere per te. -
- Ma perché io? Perché non… Ambra… o Li o Charlotte… perché io? -
Rosa strabuzzò gli occhi.
- Ma chi? Quelle oche? Non hanno nulla di interessante da mostrare… io voglio essere amica tua perché tu mi piaci! È così difficile da capire? -
“Certo che lo è. Eccome se lo è.”
Catelynn riuscì, finalmente, a distogliere lo sguardo da quegli occhi color oro e a liberare la mano tornando a fissare il finestrino più triste di prima. Anche Rosa fu presa dallo sconforto. Sentendosi le lacrime agli occhi, li stropicciò.
“Vedrai. Diventerò la migliore amica che tu abbia mai avuto! È un giuramento!”

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Capitolo 5
*** CAP.4 INVITI ***


“La vita è come un righello da 10 cm.

Noi siamo il numero 5.

È vero che alla nostra destra ci sono numeri più grandi, coloro che stanno meglio.

Ma è anche vero che alla nostra sinistra ci sono numeri più bassi, coloro che stanno peggio.”

In questi ultimi mesi del 2014, ho capito cosa vuol dire essere il numero 5.

Ecco a voi il capitolo 4. Grazie per aver aspettato così a lungo e buon anno nuovo.

 

CAP.4 INVITI

 

Catelynn faceva veramente fatica a credere che quella ragazza volesse esserle amica. Nella sua esperienza, aveva visto solo doppi giochi e prese in giro. Fidarsi di qualcuno, le era davvero molto difficile. Eppure… quegli occhi dorati che la fissavano, così sicuri di sé, le facevano credere che di lei poteva fidarsi. Così, decise di darle un’opportunità.

Una volta scese dall’autobus, Catelynn prese a rovistare nello zaino alla ricerca delle chiavi mentre Rosa osservava i dintorni.

- Tu abiti in questo condominio? A che piano? -

- Al nono. -

- Ma che bello! Allora hai anche un bel balcone panoramico! Io sono al piano terra e non riesco a vedere bene la Città. È un quartiere tranquillo, qui! Con molti alberi. Il tuo cagnone ne sarà felice! -

- Già. A proposito di Dagger, non ha coscienza della sua stazza. Quindi, stai vicina al muro e lontana dalle scale quando sei vicina a lui. -

- Oh. Va bene. -

Catelynn la guardò dubbiosa per qualche istante prima di infilare le chiavi nella toppa e aprire il cancello. Rosa era in ansia, i cani non le erano mai piaciuti molto e l’idea che di lì a poco ne avrebbe dovuto incontrare uno di 50 chili non la faceva stare tranquilla. In ascensore, durante la salita, Catelynn notò l’ansia crescere attorno a lei, ma la vide anche tentare di farsi coraggio. Finchè, come aveva già fatto quel pomeriggio, Rosa non battè le mani e, portandole in alto chiuse a pugno, gridò: - Io non ho paura! Ormai sono qui e non voglio rinunciare a conquistare l’amicizia di Lynn! -

Senza farsi vedere, Catelynn trattenne una risatina aiutata dal suono del campanello dell’ascensore. Una volta aperte le porte e percorso il corridoio, giunsero davanti alla porta d’ingresso. Rosa s’irrigidì nel sentire i passi del cane dietro la porta.

- I… i tuoi sono in casa? -

- No. -

- E riesci a tenere fermo il cane? -

- Secondo te? -

Catelynn infilò le chiavi nella toppa e le girò, aprendo la serratura. Questo provocò la reazione del cane, il quale iniziò ad agitarsi e a guaire felice. Rosa deglutì e si irrigidì ulteriormente quando Catelynn aprì la porta e uscì il cane che, dopo aver fatto le feste alla padroncina, si concentrò su Rosa annusandola. Con la testa, le arrivava tranquillamente all’altezza del petto, ma nonostante la stazza, Rosa lo ammirò per la sua tranquillità. Non le era saltato addosso, la stava semplicemente annusando curioso. Inoltre, pensò che fosse un magnifico esemplare: pelo raso color  sabbia tranne che per il muso, che presentava una maschera nera, coda ferma e lunga, orecchie a “V” anch’esse nere, occhi scurissimi e naso nero e umido. Rosa sorrise e in con il ritrovato coraggio, allungò una mano verso il suo muso per fargliela annusare.

- Ciao Dagger! Ma lo sai che sei proprio bello? Io sono un’amica! Non mi mangiare e andremo d’accordissimo! -

Catelynn assistette a tutta la scena con molta attenzione. Sapeva perfettamente che i cani riconoscono quando una persona ha buone intenzioni o no e scrutò Dagger in ogni sua reazione. E fu sollevata nel vederlo scodinzolare e leccare allegramente la mano tesa della sua compagna di classe.

- Bravo, Daggy. A casa ora. -

Una volta rientrati tutti in casa e liberatesi delle giacche e degli zaini, Catelynn fece accomodare Rosa in cucina la quale ne approfittò per guardare la casa. Gli arredi in generale erano un misto di stile moderno e antico, quasi tutto in legno. L’ingresso dava subito su un grande salotto, adornato da un paio di divani beige attaccati alle pareti sovrastati da qualche quadro. La TV, posta su un tavolino sempre in legno e accanto ad una libreria colma di libri, era sull’altro lato della stanza dove, poco lontano, vi era la finestra che dava sul balcone che aveva visto prima in strada. Percorrendo un breve corridoio subito dopo la sala, raggiunsero la cucina, anch’essa molto grande e coi mobili in legno, ma non prima di aver superato tre stanze.

- Qui c’è camera tua? -

- Si. Anche camera dei miei e il bagno. Accomodati. - E le indicò una sedia. Rosa si sedette e assistette alla consegna del “premio” di Catelynn a Dagger, il quale consisteva in un biscottino che Dagger gustò con piacere sulla sua cuccia accanto all’ingresso.

- È troppo forte il tuo cane! Hai proprio una bella casa, comunque! -

- Grazie. Vuoi qualcosa da bere? -

- Volentieri! -

- Acqua o succo? -

- L’acqua va bene. -

E la servì. Lasciò Rosa in cucina ed entrò in camera, non aveva dimenticato perché erano lì. Perché Rosa era lì. Catelynn prese un quaderno blu da sopra la scrivania e rimase a fissarlo per qualche minuto. Era la prima volta che mostrava i suoi disegni a qualcuno. E si sentiva strana. Come se fosse messa a nudo. Ma ormai, aveva deciso di buttarsi e provare ad accettare l’amicizia di quella strana ragazzina argentata vestita così bene da sembrare una bambolina. Respirò a fondo e tornò in cucina dove Rosa l’aspettava sorridente.

- Li tieni lì dentro? -

Catelynn annuì e le porse il quaderno. Rosa lo prese e iniziò a sfogliarlo, ma Catelynn aveva paura, quindi si allontanò da lei e si diresse verso il frigo dove prese una bottiglietta di succo. Mentre beveva, sentiva lo sfogliare delle pagine. Finchè Rosa non scoppiò a ridere mostrandole un disegno.

- Oddio! Ma questa è Ambra? -

Rispose annuendo. Rosa tornò a guardare il disegno che ritraeva un’Ambra in versione vipera vestita come una pop star stile anni’80.

- Ma lo sai che sei molto brava? Adoro questo disegno! E gli altri… fantastici! -

Rimase rapita da quei disegni. Ognuno di loro esprimeva completamente il pensiero e i sentimenti di Catelynn nel momento in cui li aveva disegnati. Quando era triste, quando era arrabbiata, felice o inquieta. Piccole variazioni nel tratto, nelle linee, nei colori che ad una prima occhiata potevano sfuggire. Ma non a Rosa. Lei aveva visto queste variazioni, aveva iniziato a comprendere quella ragazza che l’aveva invitata a casa. Ed era sempre più convinta di volerla aiutare. Alzò lo sguardo dal disegno e sorrise nuovamente a Catelynn.

- Ehi, Lynn. Ne fai uno per me? -

La ragazza stava bevendo mentre Rosa le porse questa domanda e per poco, dallo stupore, non si strozzava. Tossì a lungo prima di riuscire a dire qualcosa.

- Io… cosa? -

- Si, ehm… stai bene? -

- Hai detto che vuoi che ti faccia un disegno? -

Rosa rimase in silenzio per qualche istante, osservandola. Era rossa in viso e non sapeva se era perché le era andato di traverso il succo o per altri motivi. Sospirò e sfogliò il quaderno fino a quando non trovò una pagina bianca. L’ultima. Le porse il quaderno.

- Per favore, mi faresti un disegno? -

Catelynn era stupefatta. “Perché vuole un mio disegno?”

Il suo pessimismo tornò a farsi sentire. Aveva paura che Rosa volesse un suo disegno per mostrarlo ad altri e prenderla in giro. Eppure, osservando i suoi occhi, non vedeva nulla di malvagio. Erano limpidi, sicuri di sé. E gentili. Chiuse gli occhi per un istante e sospirò a fondo, prima di rispondere.

- Va bene, ma non adesso. Te lo porto una volta finito. -

Rosa si aprì in un sorriso a trentadue denti e annuì ridendo.

- Wao! Che risata felice e che bel sorriso! -

- Mamma! -

- Oh! Buona sera signora! -

- Per carità, dammi del tu e chiamami per nome, cioè Celine. E tu sei? -

- Oh, mi scusi… scusa! Sono Rosalya, una compagna di classe di Lynn e sua nuova amica! -

- “Lynn”? Ma che bel nomignolo! -

- Mamma… -

Rosa osservò madre e figlia. Avevano gli stessi tratti del viso, ma al contrario della figlia, la madre aveva gli occhi azzurri e i capelli castani. Non era molto alta ed era abbastanza rotondetta, ma le sue forme erano messe ben in risalto da un tubino nero stretto in vita da una cintura in cuoio e un paio di decolleté nere.

“Ottima scelta!”

La madre di Catelynn appoggiò la borsa da lavoro sul tavolo e sbuffò sonoramente.

- Uff.. che giornata… oggi il reparto era un delirio! -

- Mi dispiace. Ma adesso puoi riposare! -

- Ooh ma che carina! Senti, cara. Si è fatto tardi e noi tra poco ceniamo. Ti va di rimanere? -

- Mamma! -

- Dovrei chiedere alla mamma… le telefono al volo! - E si allontanò col telefono in mano. Celine sorrise e iniziò a disfare la borsa quando notò l’espressione contrariata della figlia.

- Perché quella faccia, Cat? Andiamo! È la prima volta dopo chissà quanto tempo che porti un’amica in casa! Penso sia normale che sia su di giri… -

- Non è per quello. -

- E allora per che cos’è? È una ragazzina così carina! Dalle una chance. -

Catelynn sospirò e nel mentre tornò Rosa.

- Ha detto di si e che mi passa a prendere alle 20, se per voi va bene. -

- Va benissimo! Allora serata tra donne! -

- Tuo marito lavora? -

- Esatto. Fa il turno di notte, quindi torna domani mattina. -

 

La cena passò tranquilla. Celine era molto curiosa e fece a Rosa molte domande a cui lei rispose con molta allegria. Fu una serata serena, come non se ne vedevano da tempo in casa di Catelynn. Lei stessa la passò serenamente, parlando poco, ma ascoltando molto e ridendo di tanto in tanto, cosa che fece Rosa molto felice e lo stesso tempo Celine. A fine serata, le due ragazze andarono in sala a guardare un po’ di TV mangiando gelato mentre Celine finiva di sistemare la cucina. Finchè non suonò il citofono. Tra gli abbai di Dagger, Celine andò a rispondere.

- Si? Oh, buona sera! Si… si, la faccio scendere… non vuole salire due minuti? Per un caffè? … va bene… va bene, sarà per un’altra volta! Arrivederci. -

- Chi era, mamma? -

- La tua mamma, Rosa. È sotto che ti aspetta. -

- Noo.. sono già le 20?! Uffa… -

- Suvvia, Rosa. Puoi tornare quando vuoi, noi saremo felicissime di riaverti per cena! -

- Davvero? Che bello! Allora ad un’altra cena! -

- Di nulla! Cat, l’accompagni al portone? -

- Si. -

Rosa recuperò la giacca e lo zaino, accarezzò Dagger e seguì Catelynn fuori casa.

- Buona notte, Celine, e grazie ancora per la cena! -

- Buona notte, alla prossima! -

E scesero. In silenzio. Una volta varcato il portone, una macchina fece suonare il clacson e Rosa alzò una mano in segno di saluto.

- Ecco mia mamma. Strano che non scende… sarà stanca… -

- Mh. -

- Allora ci vediamo domani a scuola! Buona notte! -

E corse verso la macchina. Catelynn la guardò aprire lo sportello e salutare la madre. Fece per salire, ma si bloccò all’improvviso sentendosi chiamare da Rosa. Si voltò verso di lei e la vide sorridere e scuotere energicamente una mano.

- Ehi Lynn! Mamma ha detto che vuole conoscerti e che ti aspetta domani in negozio, verso l’orario di chiusura! Dopo scuola verrai con me, quindi avvisa tua mamma! -

Cat sbattè più volte le palpebre, perplessa e un po’ spiazzata. Forse colta alla sprovvista, le rispose senza pensare e, a parer suo, un po’ troppo allegramente.

- Volentieri! -

Rosa esultò e salì in macchina. Catelynn rimase a guardare l’auto allontanarsi, ancora confusa e con mille dubbi in testa.

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