Alibi

di hikarisan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Hollywood Star ***
Capitolo 2: *** Ciak, si gira! ***
Capitolo 3: *** Leto's Party ***
Capitolo 4: *** Confidenze ***
Capitolo 5: *** Only a crack ***
Capitolo 6: *** Remember me ***



Capitolo 1
*** Hollywood Star ***


“Stai calma, bevi un goccio d’acqua.”
“Calma un cavolo! Tra un po’ mister perfezione arriva qui ed io mi ritroverò a boccheggiare come una cretina.”
 
Per l’ennesima volta la sua assistente-baby sitter-migliore amica, o meglio tuttofare, le versa un bicchiere d’acqua e la costringe a buttarlo giù tutto d’un fiato, sperando in un effetto calmante.
 
“Cosa non hai capito del fatto che anche tu sei una diva di Hollywood?”
“Io sono una che per pura BOTTA DI CULO si è ritrovata in un mondo che non era il suo, ed ora tutti hanno aspettative su di me che io non riuscirò a mantenere!”
 
Botta di culo era dire veramente poco; quella che era partita per una vacanza studio per New York era stata la svolta della sua vita. Aveva bisogno di cambiare aria, e partire per imparare l’inglese le era sembrata un’ottima idea, così avrebbe unito l’utile al dilettevole. Appena arrivata non ci aveva capito più niente, l’America era veramente tutto un altro mondo, tutto più frenetico, mille cose da fare e da sperimentare, nuove realtà da conoscere, mille persone diverse con cui condividere tante cose… E si era ritrovata a condividere il teatro con quella che ora era la sua assistente. C’era un piccolino spettacolino da mettere in atto per Natale nelle grandi piazze di New York per raccogliere fondi per i meno fortunati, e si era ritrovata a fare un’assistente dispettosa di Babbo Natale, proprio lei, che a stento guardava le persone negli occhi quando parlava. Ma tanto non la conosceva nessuno lì a New York, poteva anche fare una brutta figura, almeno avrebbe avuto qualcosa di pazzo da raccontare una volta tornata a Roma. Dopo una rappresentazione a Washington Square Park le si era avvicinato un tizio che le aveva dato un biglietto da visita e le aveva chiesto se era interessata a fare un provino per una parte secondaria in un film che stavano girando da quelle parti; Klara, la sua allora amica ed assistente poi, aveva rotto così tanto le scatole che si era presentata per non avercela più nelle orecchie. Fu un disastro, davanti a tutta quella gente che la esaminava si era mezza mangiata le parole e si era bloccata più volte, tant’è che più di qualcuno se l’era guardata più che male. Una volta uscita da quella stanza aveva cominciato a piangere dalla rabbia e si era seduta per terra per la disperazione, quando le si era avvicinato un signore sulla sessantina, che le aveva offerto un fazzoletto per asciugarsi le lacrime.
 
“Cosa ti è successo? Perché ti sei bloccata? Era solo una pseudo intervista.”
 “Io non sono un’attrice, non lo sono mai stata, ho fatto quella rappresentazione per fare un’esperienza, lì dentro mi sentivo sotto giudizio…”
“Racconta a me cosa volevi dire a quelle persone là dentro.”
 
Aveva risposto tranquillamente alle domande, quel nonnetto le era sembrato tanto simpatico e dolce. Alla fine della chiacchierata lo aveva ringraziato, se ne era ritornata a casa ed aveva continuato la sua vita. Dopo qualche giorno le era arrivata una chiamata inaspettata che le comunicava che avrebbe preso parte al film; incredula si era recata al luogo dell’appuntamento dove avrebbe dovuto discutere col regista riguardo la sua parte. La fecero entrare in una stanza di un lussuoso hotel del centro di New York e si ritrovò davanti il vecchietto che la invitata a sedersi ed a prendere una buona tazza di tè in sua compagnia.
 
“Il regista sarà qui a momenti?”
“Diciamo di sì.”
“Ma si è bevuto il cervello? Io? Io non sono in grado interpretare un ruolo in qualsiasi film! Sono goffa, brutta, insicura…”
“Il regista stava cercando una persona particolare, e quando ha visto il video su di te che recitavi ha insistito per farti fare un provino che, sinceramente parlando, non è andato come sperava…”

“Ecco, appunto.”
“Però si è mezzo innamorato di te, e della tua doppia personalità.”
“Doppia?”
“Nella vita sei così insicura, ma su quel palco, a Washington Square, eri esattamente chi dovevi essere, e cioè un folletto dispettoso ma con un cuore grande. La parte del film è come se fosse stata tessuta su di te.”

“Non ne sono in grado.”
“Questo lascialo stabilire a me.”
“Perché, lei chi è?”
“Sono il regista… Piacere, io sono Steven Spielberg.”
 
Ed ecco la più grossa figura di merda che aveva fatto nella sua vita, proprio lei, che amava E.T. Ma, parliamoci chiaro, lei era fisionomista quanto una talpa ed i registi non è che fossero il suo forte. Ricordava di essere arrossita come un peperone e di essersi scusata mille volte per non averlo riconosciuto, anzi, si era congratulata non so quante volte per tutti gli splendidi capolavori che aveva sfornato, e che l’avevano fatta sognare. Spielberg le aveva spiegato che il film ruotava intorno alla vita di un uomo, la cui vita sembrava essere d’oro fino a quando tutto non comincia a sgretolarsi a causa di una sorella più piccola cacciata di casa anni prima, e che ricompare ragazza madre e malata di tumore. Lei era, appunto, la sorella piccola. E Steven aveva insistito con lei, l’aveva fatta seguire da uno psicologo durante le riprese, la faceva provare fino a notte fonda, la sottoponeva a continue prove… E da quelle prove era uscito il personaggio di Violet, ragazza madre del Connecticut ricomparsa nella vita di Jordan Butler per frantumargli il castello di vetro che si era creato. Si era ritrovata nel mondo dello Star System e manco se ne era accorta. Klara era diventata la sua manager, gestiva interviste, party, inviti, film. Dopo quel film le erano piovute addosso richieste su richieste, e tutti se ne erano strafegati della sua insicurezza che le impediva per i primi giorni di dare il meglio, soprattutto se alla fine i risultati c’erano. Le era sembrato di capire che i registi dovevano sottostare a bizze assurde di molti attori ed attrici, quindi lei era stata quasi una manna dal cielo per molti di loro, visto che la sua massima richiesta era di farsi una chiacchierata di una mezz’oretta con lo psicologo.
Steven era diventato un mentore, una persona di cui fidarsi. Quando le avevano proposto la parte di una mafiosa che gestiva le peggio cosche di Manhattan, l’uomo aveva insistito che partecipasse al progetto, per poter dare atto al prossimo che lei riusciva anche nella parte della cattiva, che è una figura che amano tutti particolarmente. Esattamente dieci giorni dopo le era arrivato il copione con i nomi del cast, e la parte di amico fidato/serial killer/assistente della mafiosa era stata assegnata a l’unico uomo con cui sapeva non sarebbe stata in grado di lavorare.
 
“Ilaria, Jared Leto è qui.”
“Oh merda.”
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Ciak, si gira! ***


“Ciao Jared, è un po’ che non ci si vede.”
“James, non vedevo l’ora di poter lavorare con te.”
 
Cameron ha appena salutato uno degli uomini più fighi che esista sulla terra e che, particolare molto rilevante, sarebbe stato il coprotagonista del film. Particolare ancor più rilevante, lei faceva parte della Echelon Family; non era una di quelle Echelon che si strappava i capelli e piangeva appena vedeva uno dei Thirty Seconds To Mars, apprezzava la loro musica, apprezzava gli artisti che l’avevano creata, si seguiva anche le interviste che facevano ed appena aveva ricevuto il primo compenso per il film si era comprata mezzo Store dal sito dei Mars, ma non era il tipo che faceva cose pazze pur di vederli. Faceva parte della sua natura chiusa. Indubbiamente Jared era un genio indiscusso (e si vociferava anche un grande stronzo), ed avrebbe preteso il meglio da lei. Le era sempre sembrato un tipo forte, aveva rischiato sempre e da quei rischi ne aveva sempre beneficiato, e questo significa rischiare con intelligenza; James Cameron, il regista del film, le aveva raccontato di quando Jared aveva rifiutato il provino di Jack in Titanic, mossa che tutti avevano reputato più che stupida, ma alla fine chi l’aveva spuntata era stato Jared. Non si era mai saputo perché avesse preferito Prefontaine a Titanic, sta di fatto che ora lui aveva alle spalle molti più riconoscimenti di tanti altri che facevano film su film da anni.
 
“Ehi Jared, ti voglio presentare la persona con cui passerai il novanta percento del tuo tempo nei prossimi mesi.”
 
Si avvicina a lei sorridendo, squadrandola da capo a piedi e girandole intorno con fare curioso.
 
“Ero curioso di conoscerla, si vocifera sia la nuova Sophia Loren. Mi compiaccio del fatto che sembra vera e non plastificata come molte dive qui ad Hollywood.”
“Piacere, Ilaria Vitali.”
“Jared Leto.”
 
Il cantante continuò a girarle intorno, facendole, a parer suo, una radiografia completa.
 
“Perché mi giri intorno?”
“Una mafiosa non è pelle ed ossa, alta uno e ottanta e strafiga. E’ esattamente come lei. Complimenti James. Sarà una cattiva perfetta, la adoreranno tutti.”
“Lo sapevo! Guardala, è così vera, così fottutamente perfetta per questo ruolo!”
 
Cioè, era perfetta perché era imperfetta. Bella roba. Non era una strafiga, non lo era mai stata in vita sua, era la classica ragazza che guardava la vita ai bordi della strada, che gli altri non coinvolgevano perché non era niente di speciale. Non era mai stata magra, e nonostante dopo il primo film Klara le avesse assunto una personal trainer per modellarle il corpo, i fianchi taglia 46 ed il seno piccolo le erano rimasti, anche se ora era molto più tonica. Alta 1 e 65, mora, capelli corti, occhi marroni, non piacevolissima in viso. Le dicevano tutti che aveva un sorriso dolce, ed era forse l’unica cosa di lei che le era mai piaciuta veramente.
 
“Vi lascio parlare in santa pace, dovete entrare in sintonia per calarvi bene nella parte.”
 
Sintonia una sega, il tempo di chiudere la porta di quella camera che Jared avrebbe fatto un sol boccone di lei. Quasi le viene da tremare quando Cameron lascia la stanza.
 
“Allora Ilaria… Hai una vita molto privata, sui giornali c’è scritto veramente poco su di te.”
“Potrei dirti la stessa cosa.”
“Hai ragione... Di te so che sei così insicura da aver bisogno di supporto per poter tirare fuori il tuo lato oscuro. Sei di Roma, hai una famiglia che adori, hai studiato materie scientifiche, hai pochi amici. La classica vita di una ragazza normale… Fino a quando non te l’hanno sconvolta, ed a 24 anni può essere dura…”
“Già.”
“Non hai un animo da artista. Non sei consapevole di te stessa. Spiegami cosa sei, perché io davvero non lo capisco.”
“Non mi devi capire, devi recitare con me.”
“Io non recito. Io divento. E lo fai anche tu, anche se ancora non lo sai… Lo fai per motivi diversi dai miei, ma lo fai.”
 
Saccente e stronzo.
 
“E tu perché lo fai?”
“E’ di te che parliamo, non di me… Ci si vede in hotel. Studia bene la parte, mafiosetta.”
 
Si alza e se ne va. Sarebbero stati mesi infernali quelli.
 
 
 
I primi giorni erano stati un fiasco, tanto da dover chiamare lo psicologo di fiducia. E più lo psicologo curava e più Jared infieriva. Battutacce, frecciatine, sgridate. Evidentemente si divertiva a vederla debole, altrimenti non si spiegava. Era appena finita un’altra giornata massacrante, e se ne era tornata in albergo per potersi fare un bagno rilassante. Klara si era eclissata appena aveva visto la mala parata, lasciandola libera di fare qualsiasi cosa avesse voluto. Dopo il bagno, recuperato un pantalone di una tutta ed una felpa, si era infilata sotto le coperte con un pacco di pop corn per godersi un film qualunque che passavano alla tv.
 
“Oh Dio, sembri un’adolescente disperata.”
 
Sobbalzò nel letto e si girò immediatamente nella direzione da cui sentì venire la voce. Ritrovarsi Jared Leto appoggiato allo stipite della porta con tanto di ciabattine marroni e pigiama a quadri può forse essere il sogno perverso di qualsiasi echelon sul pianeta, ma a lei sembrava solo l’interludio ad un film horror. Dopo la protagonista veniva trovata morta nel letto, ed il sadico serial killer di turno era la persona meno sospettabile del mondo.
 
“Perché tu sei qui? Come hai fatto ad entrare?”
“So chi corrompere… Mi fai spazio nel letto?”
“Scordatelo… Non hai qualcuno da torturare? Ti si è scaricato il cellulare? Niente twitter, facebook… ?”
“Fammi posto.”
 
E qualsiasi desiderio esprima la diva diventa realtà. Se lo ritrovò accanto, con le spalle appoggiate alla tastiera del letto mentre le fregava i pop corn dalla busta. Addio serata rilassante.
 
“Come stanno Tomo e Shannon?”
“Bene, sono a Los Angeles. Si stanno rilassando un po’. Tomo sta un po’ con Vicki, Shannon sta un po’ con mamma.”
 
Lei faceva parte delle echelon che sbavavano per Shanimal. Non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma adorava quell’uomo. O meglio, adorava la sua facciata e la sua arte, cioè la sua musica. Era quasi timorosa di incontrarlo, perché temeva che l’immagine che si era costruita su di lui si disintegrasse come era successo per il fratello. Immaginava Jared fosse stronzo, ma non a quei livelli.
 
“Che guardavi?”
“Niente di particolare.”
“… Chi sono?”
 
Seguì lo sguardo dello psicopatico e vide che aveva notato una fotografia sul comodino. Lei sorrise malinconica.
 
“Le mie cuginette. Sara ed Alessandra. Le avevo intorno tutti i giorni, è stato difficile abituarsi a non vederle. Mi potrebbero essere quasi figlie…”
“… Davvero, non capisco. Appena la gente entra nello Star System si monta la testa, soprattutto le donne, ed alcune sarebbero soltanto bestie da monta, altro che teste da montare. Tu invece… Io non lo so!”
“Sarebbe facile se io non pensassi che tutto ha una doppia faccia Jared. Per tutta la vita ho guardato la vita scorrermi davanti, ora ne sto entrando a fare parte, e non credo di saperla gestire. Mi devo confrontare con donne come Cherlize Theron, Meryl Streep, mi spieghi come faccio? Io che non ho preparazione, non ho il fisico, non ho nulla per stare qui.”
“Già, infatti Steven e James ti adorano proprio perché non hai nulla… Non hai nulla? Perfetto, ti insegnerò io ad avere qualcosa.”
“Tu? E perché dovresti farlo?”
“Perché lo voglio io. Ad Hollywood ti mangiano se non sai difenderti.”
“Come ti va…”
“Si comincia da domani. Preparati che diventerò peggio di un’ombra.”
“Possiamo guardarci un film in pace ora?”
“Sì, decido io.”
 
 
 
Un trillo. Due trilli. Tre trilli. Si era dimenticata di togliere la sveglia. Allungò il braccio per raggiungere il comodino, ma si sorprese di vedere che non era il suo cellulare che stava squillando, e decisamente quello non era il suono della sua sveglia. Sentì qualcuno muoversi dall’altra parte della sveglia ed interrompere quel suono che le stava perforando i timpani.
 
“Buongiorno.”
 
Piccola soddisfazione personale, anche la diva appena sveglia sembrava un panda.
 
“Sei rimasto a dormire qui?”
“Già. Sbrighiamoci ad andare a fare colazione che ci aspetta una giornata di shopping.”
“COSA?”
“Hai capito benissimo. Non so chi ti vesta, ma ti assicuro che non lo fa bene.”
“In realtà scelgo da sola.”
“Non dovrebbero permettertelo, non ne sei capace. Almeno per ora.”
“Ma…”
“Niente storie.”
“Scusa Jared, ma non è che il tuo stile mi piaccia tanto.”
 
Un modo molto carino per dire che si vestiva una merda.
 
“Sta arrivando una persona di fiducia.”
 
Sentirono bussare alla porta. Mister psicopatico si alza per aprire e fa ingresso una ragazza scura di carnagione, molto bella, che abbraccia Jared calorosamente.
 
“Ilaria, ti presento Chloe Bartoli.”
 
La conosceva Chloe, giravano parecchie foto di lei con Jared, si vociferava stessero insieme. Sapeva che si occupava di moda, e si chiedeva spesso perché non mettesse bocca sull’abbigliamento dei Leto, certe volte erano veramente inguardabili.
 
“Piacere.”
“Oh, il piacere è tutto mio, ti trovo favolosa! Non posso credere che una persona talentuosa come te sia così insicura! Quando Jared me lo ha detto non ci volevo credere! Ci penserò io a realizzare i tuoi sogni, sta tranquilla!”
“Beh… Grazie.”
“Su, butta tutto il tuo guardaroba, al resto penso io.”
 
E ci sapeva fare davvero, la ragazza. Le stata creando un suo stile tutto personale con abiti che, lo doveva ammettere, non si sarebbe mai provata se non fosse stata costretta. Faceva bene pure all’anima vedersi più bella allo specchio.
 
“Fermiamoci a mangiare qual cosina, così lavoriamo anche sull’altro aspetto.”
“Che aspetto?”
 
Si fermarono ad un ristorantino sulla Madison Avenue, sperando che trattasse anche cibo vegano, sì perché, Leto Junior era un fissato con l’alimentazione. Di solito però, più nei ristoranti paghi, più sono disposti ad accontentarti, quindi no problem.
 
“Sul tuo carattere. Ti ho stuzzicato tanto in questi giorni, ma non mi hai mai risposto. Sarebbe ora che tirassi fuori le palle ragazzina.”
“Sei uno stronzo, va bene così?”
“Non devi farlo perché sei indisposta, ti deve venire naturale.”
“Jared, dalle tempo per favore.”
 
Santa Chloe, santa la devono fare.
 
“Ila, ascolta me. Non sempre tutti sono buoni, in questo mondo. Devi saperti gestire da sola, non sempre ci sarà un Jared pronto a difenderti. Non è un male dire quel che si pensa, ed anche sbottare a volte. Non farlo come fa Jared perché lui esagera.”
“Ehi, io sono qui.”
“Ti vedo benissimo, hai un ego talmente grande che sarebbe impossibile non vederlo.”
 
Ed ecco che le scappa la prima risata sincera da quando è negli States. Deve quasi tenersi la pancia dal ridere. Chloe sta diventando la sua eroina, zittisce la diva che è un piacere.
 
“Ecco, così… Mister Diva ti aiuterà in questi giorni, e quando, tra un mese, sarete a Los Angeles, vedremo cosa hai imparato.”
“Cosa succede a Los Angeles?”
“Lo so che sei una echelon, Ila. Non potevi nascondermelo per sempre. Conoscerai la crew dei Mars. Mio fratello compreso.”
 
No, Shannon Leto no, l’avrebbe squagliata con il suo solo sguardo. Tomo sì, era carino, coccoloso, ma Shannon no.
 
“Voi scherzate, Shannon mi mangerà.”
“Ma per carità, non ha mangiato questo qui per 43 anni, non inizierà con te.”
“Io sono il suo fratellino adorato.”
“Sei un rompicoglioni.”
 
Era nei guai.
 
 

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Capitolo 3
*** Leto's Party ***


Il mese era passato, ed erano atterrati a Los Angeles la sera prima. Forse, per una notte, avrebbe potuto dormire tranquillamente senza avere la sua maestrina preferita che aveva preso l’abitudine di approfittarsi del letto degli altri. La Diva avrebbe dormito a casa sua, lei in un albergo del centro, non molto distante da casa sua, comunque. Lo doveva ammettere, le cose erano migliorate grazie a lui. Stava pian piano venendo fuori, l’ultima settimana era riuscita addirittura a girare scene magnifiche senza il supporto dello psicologo. Jared era così contento che aveva promesso di portarla a ballare appena atterrati in California. Aveva conosciuto il vero Jay nell’ultimo mese. Lui non era solo un’instancabile stacanovista, so-tutto-io, rompiballe, era molto di più. Stava diventando un fratello maggiore, una figura di riferimento che le era mancata da quando si era trasferita.
Si stava sistemando il tubino blu che la diva le aveva comprato per l’occasione davanti allo specchio del bagno, quando sentì la porta aprirsi. Si fidava così tanto di Jay da avergli dato le chiavi della sua camera ormai.
 
“Sono pronta, mi metto il giacchetto di pelle ed andiamo.”
“Fammi vedere se sei decente.”
“Parla quello che non si sa vestire.”
 
Il tempo di uscire dal bagno e si rende conto che la persona girata di spalle non può essere Jared; lui non ha spalle così ampie, non ha quei tatuaggi ed è leggermente più alto.
 
“Oh eccoti qui. Ti presento il mio fratellone, Shannon.”
 
L’infarto era sopraggiunto, alla veneranda età d 24 anni era morta guardando gli occhi di Shannon Leto. Quello stronzo se la rideva sotto i baffi mentre lei rimaneva imbambolata a guardare l’uomo che le era di fronte; dal vivo era ancor meglio che in foto.
 
“P-Piacere…”
“Ma ciao tesoro.”
“Dai, principessa, dillo per una volta cosa ti passa per la testa.”
“Non vorrei urtare il tuo animo candido da diva, Jay.”
 
Shannon leto che scoppia a ridere è un altro infarto.
 
“La tua principessina viene con me stasera. Ne avrà abbastanza di stare tutto il giorno con te, vero zuccherino?”
“Esattamente.”
“Scusate, io sono qui.”
“Lo sappiamo.”
 
Finisce di vestirsi, e si dirigono insieme verso l’ascensore. Guarda i due fratelli ridere e scherzare tra di loro, e nota subito che Jared è particolarmente contento della presenza del fratello maggiore; lo sanno tutti che quei due sono molto uniti, ma non pensava di vedere la diva sciogliersi in quel modo. E’ vero, l’attore le era stato particolarmente vicino in quell’ultimo mese, ma non poteva dire ancora di conoscere tutto quello che le passava nella sua testolina scassaballe. Da una parte era meglio così.
 
“Ila è una Echelon.”
“Sei di famiglia allora.”
“E stravede per te.”
“Ma vuoi stare un poco zitto?”
 
Era un cenno di rossore quello che aveva visto passare sulle guance del batterista? Shannon Leto che arrossiva? Infarto numero tre in corso. Si aprono le porte dell’ascensore, e mentre stava ancora infartando va a sbattere contro la persona che stava uscendo in quel momento.
 
“Oh, mi scusi, io non…”
“Eccovi qui, non scendevate più!”
“Tomo!”
 
Infarto numero quattro. Tomislav Milicevic in tutto il suo splendore la sta stringendo in un abbraccio improvvisato e le sorride complice, mentre Jared se la ride ancora sotto i baffi.
 
“Tu devi essere Ilaria! Ma che piacere, c’è Vicki che ti adora, dice che sei così tenera nelle interviste… Ed anche molto timida, da quel poco che vedo!”
“Abbastanza.”
“Scendiamo dai, ti troverai bene con gli altri della crew!”
“Altri?”
“Jay non te l’ha detto? C’è gran parte della crew, andiamo un po’ in giro per locali!”
“Prima spuntino però!”
 
Ancora frastornata la trascinano all’interno dell’ascensore, due secondi dopo invece si trova in mezzo a quella che è la famiglia ristretta dei Mars. C’era Vicki che l’aveva abbracciata forte e si era congratulata per la sua carriera, Jamie, che le aveva subito offerto una birretta per farla sciogliere, Babu le aveva sorriso amichevolmente, Chloe era corsa a salutarla congratulandosi per i progressi fatti, Tim le aveva stretto la mano tutto contento… E poi non ci aveva capito più nulla, la stavano rimbambendo di chiacchiere. Li raggiunse Emma, che li avvisava che le macchine erano arrivate, riuscì a salutarla di sfuggita. Quella ragazza era sempre piena di lavoro, quelle poche volte che le aveva parlato le era stata pure simpatica, ma ci voleva un appuntamento per parlare con lei!
Si era ritrovata in macchina con Shannon alla guida, Jared al fianco e Tomo e Vicki che cercavano di farla tranquillizzare un po’.
 
“Non mangiano mica, Ila.”
“Tu zitto, sei un traditore come pochi! Almeno avvertimi!”
“Più Jared può fare lo stronzo, più lo fa. Abituatici tesoro, lui non ce la fa proprio ad essere galante… Per questo ci siamo noi qui, ti giuro che Tomo e Shannon sono quasi normali.”
“Quasi? Guardando le interviste non direi… O almeno, loro due sembrano solo bambini troppo cresciuti, Jared sembra quasi psicotico.”
“Ehi!”
“Te la meriti tutta, fratello.”
“Tu guida!”
“Diva isterica!”
“Nano malefico!”
“Donna mestruata!”
“Elefante!”
 
Stavano così e non avevano neanche bevuto, sarebbe stata una serata lunga quella. Tomo e Vicki sembravano non fare una piega, anzi, se la ridevano alla grossa. A quanto pare, avrebbe dovuto abituarsi a quelle scenate tra fratelli. Arrivarono a destinazione, la fecero scendere e la trasportarono in quello che sembrava un nightclub di lusso, dato l’alto tasso di strafighe in coda all’ingresso; perfetto, avrebbe passato la serata a vedersi i fratelli Leto rimorchiare a destra e a manca accanto ad una coppietta felice e coccolosa.
Neanche il tempo di mettersi seduta che vide qualcuno passarle un cocktail di un colore rosso acceso.
 
“Manda giù, fidati, ti farà sciogliere un po’.”
“Te lo scordi, conoscendoti potresti avermi messo qualcosa dentro.”
“Non voglio di certo andare in galera, non sopravvivrei un giorno lì dentro!... Dai, bevi. Forse, e dico forse, dopo dieci di questi riuscirei a rivolgere un saluto fatto bene a mio fratello, anzi, no, forse dopo quindici di questi. Dopo dieci al massimo saluterai Tomo.”
“Stronzo!”
 
Il bicchiere lo prese comunque, e bevve pure tutto in un sorso, un po’ per farlo stare zitto, un po’ perché le serviva qualcosa per sciogliersi davvero.
 
“Ti giuro, Tomo non morde.”
 
Si girò e notò che accanto a lei si era accomodata Vicki, forse mossa un po’ per compassione, un po’ perché non le sembrava il tipo da night, sta di fatto che la ringraziò mentalmente per questo.
 
“Oh lo so, seguendo la band ci si rende conto subito che lui è di sicuro quello più dolce e di compagnia. Mi vergogno solo un po’.”
“La parola vergognare non l’avevo mai sentita in bocca ad una star di Hollywood.”
“Forse perché non mi sento affatto una star, mi sento Ilaria, e basta.”
“Ilaria e basta è un po’ riduttivo. Sei un’ottima attrice.”
“Non ne sono così convinta. Ho paura che ci si aspetti da me più di quanto possa dare. E’ il mio limite è molto basso.”
“E’ per questo che ti vergogni a mostrarti?”
“Anche. Tutti in questo mondo hanno costruito qualcosa di grandioso, o almeno la maggior parte… Guarda quei tre…”
 
Vide Vicki cercare con lo sguardo suo marito ed i suoi due migliori amici. Tomo era intento a ridere con Emma e Babu, probabilmente facendo le sue solite battutine, Shannon era in pista da quando erano entrati ed era attorniato da ragazze, Jared era al balcone del bar a bere un drink in compagnia di una bella biondina.
 
“Ti rendi conto di cosa hanno costruito? Sono così… GENI. Mettono soggezione... Vorrei avere il loro coraggio per riuscire a buttarmi in molte situazioni… Mi basterebbe anche un briciolo del loro coraggio per poter almeno fare un cenno di conversazione con Tomo e Shannon, già sarebbe tanto. ”
“… Jared aveva ragione, sembri un cucciolo da proteggere e da far crescere.”
“Cosa?”
“All’inizio raccontava a Shannon, che poi diceva a noi, che il tuo far finta di essere così immatura e timida era così stressante che non voleva far altro che torturarti per far uscire fuori l’arrivista che era in te. Ma poi… Improvvisamente ha cambiato idea, ha capito che tu eri veramente così, che non stavi creando una maschera.”
“… Mi ha trovata un giorno in un angolo della stanza a piangere a dirotto, dopo che tutti se ne erano andati dal set. Mi stava torturando da giorni, ed io ero scoppiata, solo che avevo cercato di farlo in privato perché non volevo essere un peso per nessuno. Odio essere così debole.”
“Devi solo crescere, hai affrontato cose più grandi di te, Jared sta lavorando su di te, vedrai che ce la farai.”
“... O la diva compierà un omicidio e vi ritroverete a nascondere i pezzi del mio cadavere.”
“Nah, Jared non si sporcherà mai di sangue, gli fa schifo.”
 
Vicki le stava tremendamente simpatica, era così… Materna!
 
“… E poi, se Jared adotta, adotta anche la band, è raro che lui si sbagli sulle persone.”
“Adotta?”
“Non te ne sei accorta? Sei nella sua cerchia, ormai è come se avesse una sorellina minore… Jared è così, o ti adotta subito, e gli starai sulle palle a vita.”
“E’ un bene o un male?”
 
Vicki scoppia a ridere vedendo la sua faccia sconvolta. E lei che credeva che Jared fosse mosso da compassione.
 
“No, aspetta, che fregatura, io non voglio essere la sua sorellina minore, e se mi frega lo shampoo e gli smalti? Questo significa che non posso sognare Shannon in atti impuri? No, no, no, facciamo più una lontana cugina, è meglio. E poi, Jared è vegano, pretende per caso che io sappia cucinare perché sono italiana? No, no, io so solo fare il caffè, cosa di cui vivo poi! No, questa convivenza non è possibile!”
 
Deve risultare veramente comica, visto le grosse risate che si sta facendo Vicki. L’alcool sta agendo, le sta facendo andare in pappa il cervello! E chi aveva mai bevuto? Qualche bicchiere ogni tanto, ma mai di più, visto che doveva sempre tornare a casa da sola sulle proprie gambe.
 
“Ehi, italiana, bevine un altro che ci stai diventando spassosa!”
 
Tomo spunta da dietro il divanetto, attirato dalle risate della sua mogliettina, e passa altra due cocktail.
 
“Non so se sia il caso… Tendo a diventare mezza matta.”
 “Vedi qualcuno di sano qui? Ti svelo un segreto, tutti i migliori sono matti!”
“Tim Burton, cappellaio matto.”
“Lo sapevo che eri la mia figlioletta perduta!”
 
Scoppiarono a ridere tutti quanti, mentre prese il cocktail offertole da Tomo e ne bevve qualche sorso. Era lì con i Mars, tanto valeva godersela, non voleva sembrare la musona di turno.
 
“Suonano meglio mamma Vicki e papà Tomo, chiamare Shannon fratellone sarebbe stato devastante, il mio povero cuore non avrebbe retto a tale affronto!”
“Neanche il mio zuccherino!”
 
Ed eccolo il Dio della batteria sedersi accanto a lei, posando il braccio dietro le sue spalle, sullo schienale del divanetto.
 
“Io ce l’ho già un fratellino, e non mi ricordavo fosse così carino, e neanche cosi dolce.”
“Dolce quell’essere seduto al bancone del bar? Vi giuro, una volta l’ho visto mangiare un pezzo di torta e mi sono avvicinata credendo che il tasso di zuccheri nel sangue fosse leggermente aumentato, e di conseguenza anche nel cervello, invece mi sbraita contro perché una settimana prima avevo osato dire che aveva messo su pancetta. Me lo ha rinfacciato per giorni.”
“Sono 43 anni che mi rinfaccia il fatto di essere nato per primo.”
“Cosa?! Ma non è colpa tua.”
“Non mi ha mai perdonato il fatto che lui ricevesse i miei giochi usati, quando eravamo piccoli.”
“Dì la verità, hai provato a fracassarglieli sulla testa, ecco perché poi sei diventato un batterista.”
“Beccato!”
“E mi sa che hai fatto danni però, guarda come l’hai fatto diventare!”
 
Scherzare sul carattere di Jared la faceva sentire a suo agio, anche perché sapeva che le persone davanti a lei sapevano benissimo di che razza di elemento stava parlando, e le davano man forte, soprattutto Shannon.
 
“Noi andiamo a prendere qualcosa al bar, qualcuno qui sta prendendo il via e non ho intenzione di mettere un freno a questa parlantina.”
 
Non si era neanche accorta che Shannon parlasse di loro due, ad un tratto sentì solo la mano dell’uomo stretta intorno alla sua che la alzava di peso dal divanetto e la trascinava al bancone del bar, accanto al fratellino che si era scollato di dosso la biondina ossigenata.
 
“Jay, la biondina?”
“Usava la testa solo per tenerci attaccati i capelli.”
 
Da quello che aveva capito, Jared non era solito portarsi a letto una donna a sera, al contrario da come dicevano i giornali; era raro che andasse a letto con quelle senza cervello alcuno, preferiva più persone che lo stimolassero anche a livello intellettuale. Ma rifiutava l’innamoramento, era una cosa che proprio non contemplava.
 
“Dai, beviamoci su un Bloody Mary, così ti passerà la delusione.”
 
Mentre Shannon ne ordinava tre, di cocktail, lei si sedette sullo gabellino accanto al cantante e si guardò intorno curiosa. Notò parecchie celebrità a cui non aveva fatto caso, tipo Lindsay Lohan, che sembrava già essere partita per la tangente, Ashely Benson che rideva a crepapelle e sembrava un po’ alticcia, Justin Timberlake che si stava dirigendo verso di loro con un sorriso a trentadue denti sul volto. Da vicino le sembrava meno bello di come ricordasse nelle foto.
 
“Ciao bellezza, non ho ancora avuto il piacere di conoscere una così bella ragazza, questi cafoni non ti hanno fatto debuttare per benino.”
 
Stucchevole era a dir poco, ed anche un po’ cretino. Ed i suoi Mars non erano dei cafoni.
 
“Ti va di fare due salti in pista?”
“No, grazie.”
 
Rimase un po’ interdetto il tizio, ma era convinta che dopo un rifiuto si sarebbe glissato con la coda tra le gambe, ma quando lo vide avvicinarsi ancora di più si sentì quasi a disagio.
 
“Oh, andiamo, io e Jared siamo abituati a condividere, non lo sai? Anzi, di solito io mi prendo ciò che lui trascura.”
 
Un solo nome le rimbombò nella sua testa: Cameron Diaz. Sapeva delle voci che circolavano su quella storia, e quando con la coda dell’occhio vide Jared, che era rivolto con il viso al barman del bar, strabuzzare gli occhi a quella frase, constatò che sotto sotto qualcosa di vero c’era. Veramente la Diaz aveva mollato Jared per un coglione così? La stupì il silenzio di Jared, e in quell’istante lei si rivide nello sguardo del cantante, quando qualcuno in passato  la vessava psicologicamente e lei ci stava male perché non sapeva come controbattere. Vide, pochi metri più in là, Shannon notare lo sguardo del fratello e ed assumere una posizione da toro infuriato pronto a caricare. Jared che l’aveva ascoltata e l’aveva introdotta nel mondo dello star system, Jared che la faceva infuriare per farle capire che doveva dar sfogo alle emozioni, Jared che l’aveva adottata come una sorellina minore. In quell’esatto momento smise di fare qualsiasi pensiero coerente e fece quello che Jared aveva cercato di insegnarle fin dall’inizio.
 
“Sai, hai ragione, c’è una cosa che possiamo condividere.”
 
Prese il bicchiere con il Bloody Mary che il barista le aveva servito, si alzò dallo gabellino e versò il contenuto del bicchiere in testa a quell’arrogante che aveva di fronte.
 
“Jared condivide con te solo cose che valgono poco, esattamente come questo cocktail. Ha trascurato un po’ la pulizia della piscina a casa sua ultimamente, sai, lui gira film, vince oscar e fa tour, però se vuoi puoi pulirla tu, così almeno potrai dire di aver effettivamente curato una cosa che lui aveva trascurato. Inoltre, non è educato dare dei cafoni a delle persone che neanche conosci –e che, ti posso assicurare, sono le persone più educate e dolci della Terra-, si è cafoni a propria volta. Ora puoi metterti la coda fra le gambe e tornare al tuo posto, mi manca aria.”
 
Deglutì quando si rese conto della piccola scenata che aveva fatto, forse le parole non erano state ascoltate da tutti visto il volume della musica, ma molti avevano visto il gesto ed ora stavano guardando la scena incuriositi. Justin seguì il suo consiglio, forse intimorito dai muscoli di Shannon, che le si era accostato appena terminata la scenetta, con uno sguardo omicida negli occhi. Arrossì sotto lo sguardo indagatore degli altri, per fortuna ci pensò Shannon ad alleggerire la tensione del momento, prendendola per mano mentre nell’altra teneva ancora il suo Bloody Mary e trascinandola fuori, in quella che doveva essere la sala esterna del locale. Si sedettero ad un divanetto e lui si accese una sigaretta.
 
“Hai le palle, zuccherino. Jared è riuscito a fartele tirare fuori finalmente.”
“Mi sono rivista nello sguardo di Jared. Nessuno dovrebbe sentirsi così male da dover abbassare gli occhi durante una conversazione.”
“… Ti ringrazio per averlo difeso. E per avermi evitato una litigata con i buttafuori.”
“Litigata?”
“Sì, io non reagisco bene in queste situazioni, prendo a pugni e basta. Non sono in grado di usare le parole per umiliare. Ma stavolta ci hai pensato tu.”
“Mi è uscita di getto, non ci ho neanche riflettuto.”
“Carina quella della piscina. Effettivamente, è un po’ che Jay non la pulisce.”
“Non oso immaginare cosa ci viva dentro.”
“Di solito Jamie.”
 
Parlare con Shannon Leto entrava ufficialmente nella sua Top Ten delle cose più piacevoli al mondo. Sapeva tenere viva una conversazione, anche perché era difficile farlo stare zitto, aveva una parlantina ben sviluppata.
 
“Perché parli poco durante le interviste? Ce lo siamo sempre chiesto noi Echelon.”
“Perché Jared si rigira la conversazione come vuole lui, è molto più abile di me e Tomo a giostrare le cose a suo fare. Noi siamo più per la chiacchiera ed i pettegolezzi.”
“Uh, ad un po’ di sano pettegolezzo voglio partecipare anche io!”
“Accordato piccola pazza!”
 
Ci hanno raggiunto Tomo e Vicki, che si siedono accanto a noi e si accendono anche loro una sigaretta.
 
“Per esempio, cominciamo da Tomo, lui sa cucinare, peccato che si dimentichi sempre qualche ingrediente, o molto spesso scambia sale e zucchero, e cose così.”
“Ma Tomo, mi meraviglio di te!”
“E’ soltanto un po’ sbadato il mio amore!”
“Solo un po’? Ad una cena del ringraziamento ci ha fatto il tacchino senza farcirlo!”
“Shannon Leto, vogliamo parlare della tua mania sulle scarpe? Sono l’unica cosa dopo Christine che tratti come delle figlie! Sei peggio di una donna!”
“Meglio di mio fratello che vive in ciabatte!”
“Nonno Jared, suona bene!”
“Come mi hai chiamato tu?”
 
La piccola diva sembra essersi ripresa dall’episodio di poco prima e ci guarda dall’alto del suo metro e settancinque con aria di sfida, con in mano una bottiglia di champagne di qualche marca costosa, senza dubbio.
 
“Vogliamo parlare dei tuoi pigiami improponibili Ila? State sicuri che qualsiasi personaggio Disney voi citiate lei ce l’ha sul pigiama!”
“Parla quello che si fa le maschere di bellezza color verde pisello, una volta mi ha aperto la porta della sua stanza con quella roba addosso e non ho dormito per giorni!”
“Oddio, hai avuto il piacere anche tu zuccherino? Jay, almeno in presenza di belle ragazze dovresti evitare di farti vedere in certe situazioni!”
“E certo che la difendi, i tuoi pigiami fanno più ribrezzo dei suoi!”
 
Effettivamente, una volta aveva visto una foto di Shannon in pigiama, ed erano veramente peggio dei suoi. Tute uniche di colori improponibili. Forse era anche per questo che le stava simpatico, un po’ le somigliava.
 
“Come mai champagne?”
“Per dare il benvenuto a questa piccola impertinente. E vi assicuro che a marzo, agli Oscar, ci sarà anche lei, anche se ancora non lo sa.”
“Smettila di scherzare Jay.”
“Scommessa? Se comparirai tra l’elenco dei candidati, io ti sceglierò il vestito, e per quella settimana sarai sotto il mio completo controllo, ci stai?”
“E se perdi?”
“Scegli tu, per me è uguale. So già che ci sarai in quell’elenco.”
“Ti taglierai i capelli.”
 
C’è Shannon che la sta guardando con aria spaventata, non capisce se per i capelli del fratello o per la sua condizione.
 
“Zuccherino, non lo fare, Jay sa tirarti fuori tutte le peggio cose imbarazzanti che potrebbero esistere.”
“Una volta Shannon è stato costretto a mangiare un mese le schifezze vegane di Jay, mentre Tomo ha dovuto rassettargli casa per una settimana.”
“E’ stato orribile!”
 
Tomo e Shannon rabbrividiscono al ricordo di quei giorni, mentre lei deglutisce impaurita, ma è così convinta che le supposizioni di Jared siano solo pura fantasia che accettare le viene quasi naturale.
 
“Ci sto.”
 
Il cantante versa lo champagne in cinque calici ed invita tutti ad un brindisi.
 
“Ad Ila, che si sta affacciando al mondo degli adulti… E a me, che ho già la vittoria in tasca!”
“Borioso!”
“Io non sono borioso, solo non scommetto se non so di poter vincere.”
“Vedrai che taglio ti faccio fare se perdi!”
“Zitta e bevi, che più alcool hai in corpo e più sei divertente.”
 
 
 
 
 
La mattina dopo si svegliò che il sole era già alto da un pezzo, in un letto che non era il suo e con un bruciore di stomaco assurdo. Si guardò intorno e vide solo tanto bianco, e sapeva che solo una persona aveva una casa così stramaledettamente bianca.
 
“Buongiorno principessa.”
“Buongiorno… Come mai mi trovo qui?”
“Ieri sera siete partiti tutti e quattro al terzo champagne, tu e Shannon non la piantavate di ridere e di fare gli stupidi, quando ho cercato di portarti in hotel ho notato che beccavi tutti i pali lungo la strada, ho ritenuto opportuno farti dormire qui... E poi, tu e Shannon vi stavate davvero divertendo a raccontarvi non so che, non volevo rovinarvi il divertimento. Avete continuato anche dopo tornati a casa.”
“Ho ricordi molto vaghi… Comunque grazie.”
“… Fortuna che oggi non avevamo le riprese. Vieni giù che Shannon sta preparando uno dei suoi caffè che rimetterebbero in vita anche i morti.”
“Alzarmi potrebbe essere un problema, ma tenterò.”
“Fermati zuccherino, ti ho portato il caffè qui.”
 
Entra Shannon con solo un paio di pantaloni di una tuta addosso, e si siede sul letto accanto a lei, porgendole una tazza di caffè che lei accetta di buon grado.
 
“Grazie, mi stai rimettendo al mondo…”
“Ci mancherebbe, ieri sera mi hai fatto divertire come non mai.”
“Si può sapere cosa avrei fatto di così divertente?”
“Oh, a parte che mi hai raccontato tutte le tue figure di merda epocali –ed io ti ho raccontato le mie-, hai cercato di portarti un cartello stradale a casa, tu e Vicki volevate andare all’aeroporto per forza perché avevate deciso di sposarvi a Las Vegas, quando poi avete rinunciato perché lei era già sposata ti sei messa a chiedere la mano a qualche passante… Dopo una buona mezz’ora abbiamo deciso che era ora di andare a casa, e ti sei addormentata in macchina. Ti ho portato a casa in braccio.”
“Grazie, e scusate per le figure di merda.”
“Ma se ci siamo divertiti tantissimo. Neanche noi siamo dei santi, scommetto che anche Tomo e Vicki stamattina avranno seri problemi a ricordare qualcosa.”
“… Sono stata l’anima della festa insomma.”
“Oh sì… Dovresti vivere sempre così, mezza ubriaca. Saresti più consapevole della ragazza meravigliosa che sei.”
 
Arrossisce al complimento di Shannon, e non solo perché è stato lui a farglielo, ma anche perché quasi mai nessuno, a parte la sua famiglia, le aveva dato della ragazza meravigliosa.
 
“Basta momento complimenti, è ora di mettere qualcosa sotto i denti. Ho fame.”
 
Ed ecco la diva che rovina l’atmosfera dolce che si era creata tra di loro. Jared si avvia di sotto mentre Shannon si alza dal letto e fa per seguirlo, ma si ferma sulla porta a guardarla.
 
“Usa tranquillamente tutto quello che ti serve in bagno, noi ti aspettiamo giù.”
“Grazie.”
 
Si alza dal letto anche lei e si avvia verso il bagno, quando sente ancora lo sguardo di Shannon su di sé e si gira guardandolo in maniera interrogativa.
 
“Sul serio Ila. Dovresti credere di più in te stessa. Potresti ottenere qualunque cosa, se solo tu lo volessi.”
 
Entra in bagno per sfuggire a quello sguardo che la metteva in soggezione, e subito si butta sotto la doccia per cercare di riprendersi un po’. Shannon era stato veramente carino con lei, ed al contrario di quanto si diceva in giro non era vero che ci provava con qualsiasi donna bella disponibile, visto che era rimasto tutta la sera con loro. Forse i fratelli Leto erano più selettivi di quanto volevano  far credere. 

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Capitolo 4
*** Confidenze ***


 
Dopo quella serata ne erano seguite altre, e si era ritrovata spesso a casa di Jared a sentire la band provare tra una ripresa e l’altra, si poteva dire che ormai era diventata un habitué di casa Leto. Jared continuava imperterrito a stuzzicarla, ormai era quasi diventato un gioco tra di loro, e doveva ammettere che non era male neanche come ascoltatore, anche se la sua confidente preferita era ormai diventata Vicki, con il quale aveva trovato un’affinità quasi materna. Sua madre si era sentita molto più tranquilla quando le aveva parlato di lei in termini così entusiastici. Tomo poi era diventato veramente il fratello che non aveva mai avuto, si era intestardito che le avrebbe insegnato a cucinare e ci stava quasi riuscendo. L’unico rapporto che non riusciva a definire era quello con Shannon; finché si trattava di fare gli idioti andava tutto bene, ma se entravano troppo in intimità si bloccavano tutti e due e cercavano di deviare il discorso su qualcosa di divertente. Lei sapeva che l’uomo non le era indifferente, ma cercava in tutti i modi di zittire la vocina nella sua testa che le diceva che il batterista era attraente e le piaceva non poco, un po’ perché si vergognava, ma soprattutto perché ad un uomo come quello non piacevano le ragazzine come lei, era inutile anche solo pensarci. Sapeva delle recenti storie di Shannon, ed erano tutte strafighe da paura, quindi tanto valeva mettersi l’anima in pace da subito.
 
“Ila, caffè.”
“Grazie Shannon.”
 
Prese la tazza che il batterista le stava porgendo e bevve un sorso di quella bevanda che la rimetteva l mondo.
 
“Terry sta tardando, o sbaglio?”
“Terry tarda sempre, e Jared si innervosisce. Tutto nella norma.”
“Non sarebbe il nostro Jared sennò… Ma anche da piccolo era così?”
“Scherzi? O si faceva come diceva lui e con i suoi tempi, o lo sentivi piagnucolare per ore. E ti assicuro che le lagne di Jared erano strazianti.”
“Oh, e quindi gliele davi vinte perché non lo reggevi?”
“No, quello lo faceva mamma. Io gliele davo vinte perché non sopportavo vederlo piangere.”
 
Quando Shannon aveva questi slanci di affetto verso qualcuno, soprattutto verso il fratello, era da strapparsi le ovaie. Perché Shannon Leto dava affetto ed amore tutto in grandi quantità, un suo abbraccio piuttosto che durare troppo poco durava sempre troppo, e questa non faceva che farglielo piacere sempre di più. Non aveva mezze misure, se lui doveva dimostrarti il bene che ti voleva non si risparmiava, ti dava amore in continuazione. Jared invece era più chiuso, quando voleva dimostrarti affetto faceva un gesto plateale e poi stop, si doveva aspettare minimo dieci anni per il prossimo.
 
“Quindi è colpa tua se è viziato.”
“E’ solo colpa mia, e di nonna Ruby. Ho creato un mostro, lo so.”
“Basta che ne sei consapevole.”
 
Videro entrare Terry Richardson seguito da due assistenti, con Jared al seguito che sembrava essere stato morso da una tarantola. Il fotografo disse agli assistenti di preparare tutto l’occorrente mentre lui scambiava qualche parola con il cantante.
 
“L’ultima volta che confabulavano così Jared si è fatto la cresta.”
“Oh, sì, ricordo. Chissà, forse stavolta si limiterà ad un paio di foto in pose decenti.”
“Ottimista. Ci farà indossare tutine rosa e ci farà fare foto stile neonato.”
“E lui farà la mamma? Moriremo in culla allora.”
“Tu lo stordisci ed io lo imbavaglio… Poi diciamo a Tomo di buttarlo in fondo alla piscina.”
 
Le venne da ridere, e dovette nascondere il viso dietro una spalla del batterista per evitare di farsi vedere dal fotografo e da faccia d’angelo. Forse non fece in tempo, visto che si ritrovò Terry ad un metro di distanza che le scattava foto a ripetizione.
 
“Uh, sì, avevi ragione, un soggetto molto interessante da plasmare! E’ molto fotogenica… Dai Shannon, falla ridere ancora, voglio altro materiale.”
“Credo che sia il caso che ci spiegaste, no?”
 
Meno male che c’era Shannon a toglierla da quella situazione alquanto imbarazzante. Odiava farsi fotografare troppo, soprattutto quando si era sistemata poco.
 
“Il tuo fratellino mi aveva detto che aveva un soggetto nuovo da fotografare che mi avrebbe attratto fin da subito. Sapeva che l’avevo vista in tv e che avevo una voglia matta di fotografarla ed ha voluto farmi una sorpresa. Mi servirai tu, Shannon, per farla sciogliere un po’, a quanto pare.”
“Jared, quando avevi intenzione in informarci?”
“Adesso.”
 
Si mise a guardare in cagnesco Leto junior che ammirava la scena soddisfatto; sapeva che odiava le fotografie, e quello scemunito che faceva? Chiamava Terry Richardson e le imponeva un servizio fotografico, bella roba!
 
“Non guardarmi così principessa, l’immagine è la prima cosa che usa un’attrice per vendersi. Devi far vedere al mondo cosa puoi essere, oltre che la ragazza timida ed impacciata che noi conosciamo.”
“Magari avresti potuto avvertirla Jay. Non è facile lasciarsi andare davanti una macchina fotografica.”
“Per questo ho chiamato Terry. E’ il migliore… Ila, se vedono che sei anche bella in foto arriveranno campagne pubblicitarie, copertine, e chi più ne ha, più ne metta.”
“Ma…”
“Non una parola di più. Terry è venuto a sondare il terreno e a farmi qualche foto. Gli altri sono liberi nel pomeriggio.”
 
Vide la gente intorno a lei dileguarsi, alcuni con sguardi di rimprovero verso il cantante, altri dispiaciuti verso di lei; Terry si allontanò per discutere con Jared e Vicki approfittò di quell’attimo di distrazione per avvicinarsi a lei e baciarle la testa, infondendole un po’ di coraggio.
 
“Non condivido i metodi di Jay, ma non ha tutti i torti sul discorso dell’immagine. Io e Tomo andiamo a prendere qualcosa da mangiare, passo a prenderti un muffin al cioccolato, ok?”
“Facciamo dieci.”
“Due e non contratto.”
 
Sospirò pesantemente arrendendosi anche alla donna, e la vide allontanarsi in compagnia di Tomo, che le lanciò un’occhiata di incoraggiamento. Sperava di rivederli entro dieci minuti massimo. Rimasero solo lei, il fotografo, gli assistenti, il batterista ed il cantante.
 
“Alzati in piedi.”
 
Eseguì l’ordine e si alzò imbarazzata, visto che indossava un pantaloncino blu sportivo ed una canottiera; insomma indossava una cosa comoda, non si aspettava certo di dover fare un servizio fotografico! Il fotografo le girava intorno esaminandola con attenzione.
 
“Quali foto preferisci? Quelle in posizioni sexy, spiritose, improvvisate, naturali…?”
“In realtà non mi piace essere fotografata.”
“Naturali allora… Mi chiedevo come fossi entrata nelle grazie dei Leto, visto che non sei il tipo di Jared, né tantomeno di Shannon. Non sei né bionda, né hai le tette grosse.”
“Io non ho la fissa delle bionde.”
“Ed io non ho la fissa delle tette grosse.”
“Beh, la media è quella. I primi tempi ti vestivi come se non fossi donna. Hai capito ora di avere tette e vagina?”
“Terry!”
 
Lo ammonì Shannon, anche se il fotografo non se ne curò. La stava mettendo fortemente in imbarazzo.
 
“C’è da lavorare. Alla fine del mio lavoro con te, sarei consapevole –finalmente direi- del tuo corpo. Ci vediamo domani in studio, ti ci porteranno i fratellini Leto.”
“… Ok.”
 
Shannon la trascinò di nuovo sul divanetto prendendola per un polso, mentre guardava Jared mettersi di spalle al muro bianco di cinta che costeggiava la piscina e cominciare a fare le solite facce idiote che Terry fotografava allegro.
 
“Sento la tua ansia anche se non parli.”
“Vorrei avere la spontaneità di Jared, ed anche la sua faccia da culo… Con tutto il rispetto per la tua, ovviamente.”
“La mia è decisamente più bella.”
“Concordo… Shan, perché tuo fratello si è fissato con me?”
“… In realtà ci siamo fissati un po’ tutti. Lui, in fondo, è un tenerone ed ha uno spirito da crocerossina, ti ha visto così fragile e non ha saputo resistere. Come hai potuto notare, la Mars Crew ha un numero molto ristretto di componenti, ed è perché odiamo circondarci di persone plasticate, e nel nostro mondo è molto facile incontrare questo tipo di persone. Jared ha riconosciuto che eri una persona vera, che aveva bisogno di una famiglia qui negli Stati Uniti, avevi bisogno di qualcuno che ti guidasse in questo mondo… Portarti da noi gli è venuto facile. Chi, meglio di chi ci è passato, può aiutarti?”
“Ma perché io? Sai quante persone ci sono là fuori?”
“Jared ha riconosciuto che sei un talento. Ed odia vedere i talenti sprecati, come odia vedere tante persone che girano ad Hollywood solo perché hanno un bel faccino e basta. Lo manda in bestia il fatto che tu non sappia di esserlo, ed odia il fatto che nessuno te lo abbia mai detto.”
“Ma non può fare miracoli con me.”
“Lui vuole solo insegnarti a vivere in questo mondo, in modo che tu ci sopravviva. Non vuole che tu cambi il tuo modo di essere. Non saresti vera sennò, e tutto andrebbe a rotoli.”
“… Cioè, alla fine mi toccherà pure ringraziarlo. Che roba. C’è qualcuno che ha già passato tutto questo ed è effettivamente sopravissuto?”
“Certo. Io.”
“Eh?!”
 
Shannon Leto era stato la prima cavia di Jay? Ed era ancora sano di mente?
 
“Sei una Echelon, quindi avrai letto a grandi linee qualcosa sulla nostra vita.”
“Shannon, se non vuoi parlarne, non…”
“No, voglio farti capire cosa è in grado di fare Jay… Il nostro padre biologico non c’è mai stato, e Carl ci adottò che eravamo grandicelli ormai, io undici anni, Jay nove. Ci ha dato di che vivere, ci ha voluto bene, ma non eravamo suoi, non ci siamo mai sentiti tali. Io e Jay siamo cresciuti con poche certezze nella nostra vita, una era nostra madre, i nostri nonni, e l’un l’altro. Jared ha sempre avuto voglia di emergere, aveva grinta da vendere, così a 16 anni se ne andò di casa. Fu un duro colpo per me, non lo ressi per niente bene. Ho fatto cose di cui me ne pento. All’inizio volevo girare un po’ l’America per ampliare il mio bagaglio culturale e scrivere qualche canzone, ma non usciva nulla di buono. Arrivò l’alcool, arrivò la droga. Jared non si rese conto della situazione fino a quando non tornò a casa, a 21 anni. Io ne avevo 22, quasi 23 ed ero sull’orlo di un precipizio. Fu la prima e l’unica volta che ci mettemmo le mani addosso.”
“Vi siete picchiati?”
“E di brutto anche, finimmo in ospedale. Io gli avevo fatto un bel livido sullo zigomo, lui mi aveva spaccato il labbro. Mi pianse tutto il tempo sulla spalla, mentre ero in ospedale, scusandosi di non essersi reso conto della realtà delle cose. Quando tornammo a casa diventò la mia ombra, non mi fece più toccare né alcool né droga, ed ad ogni crisi che mi prendeva lui mi abbracciava talmente forte che, per scrollarmelo di dosso, avrei dovuto fargli veramente male, cosa che non volevo. Mi rimise con il sedere sulla batteria,mi faceva provare anche 10 ore al giorno perché insisteva che ci fosse qualcosa in me che altri non avevano. Mi aiuto a saper gestire la mia vita senza fare cazzate, mi trovò un lavoro. Quando reputò che fossi abbastanza pronto, mi disse di voler creare una banda, lui ci credeva talmente tanto in noi due che finì per crederci anche io. Se io non avessi avuto qualcuno che credeva in me, non sarei qui oggi, non sarei quel che sono. E da quel momento ho promesso a me stesso che nessuno, e dico nessuno, avrebbe mai dovuto infierire su mio fratello, lo proteggo come lui ha protetto me, lo sostengo come lui ha sostenuto me.”
“… Ecco perché sei così protettivo verso di lui.”
“… Anche, ma è anche vero che, tanto tempo fa, è stato lui a passare un periodo nero. E Jared sa devastarsi meglio di me, se sta male. Perché lui sa dove colpirsi, perché lui conosce le sue debolezze.”
“Cameron.”
“Già, Cameron. Quella stronza, mi è stata sempre sulle palle. Aveva capito che la tenevo d’occhio, ha cercato di portarmelo via. Quando lo lasciò tirai un sospiro di sollievo, ma Jared cadde in depressione. Arrivò a non mangiare e non dormire, tanto che dovevo imboccarlo e dargli qualche sonnifero. Forse per paura che gli sarei andato dietro, o forse per caparbietà, si risollevò e tornò sugli schermi. Ma verso l’amore si è chiuso a riccio… In fondo, Jared è più sensibile di quanto vuol sembrare.”
“Indossa una maschera col mondo esterno, l’ho capito in questi mesi. Ho conosciuto un altro Jay, mentre ora ho davanti un’altra persona. Nonostante tutto però è perfettamente felice, quando è qui. Si vede che non gli manca una donna accanto, non ne sente il bisogno ora, e va bene così.”
“… A volte, sono io che spavento le donne che gli si avvicinano, le guardo un po’ dall’alto. Alcune le faccio scappare proprio.”
“Beh, considerando chi ti ha portato finora non hai tutti i torti.”
“… Capisci ora?”
 
Guardarono entrambi il cantante continuare a fare il bambino troppo cresciuto davanti alla macchina fotografica e sorrisero in contemporanea.
 
“… Ho capito che Jared tratta le persone per quello che sono e quello che si meritano. Ora capisco il perché di tanti comportamenti. Se tratta me così è perché mi sta implicitamente dicendo che ce la posso fare, e mi sgrida perché non vuole che cada in un baratro. Ho capito la lezione Shan.”
“Alla buon’ora.”
“Tenterò di rendere fiero di me il paparino Jay! Però ho i miei tempi io!”
“Sui tempi non prometto nulla, per quello Jay rimane un po’ un bambino viziato.”
 
Shannon le aveva dato una bella lezione di vita, nonostante per lui sia stato difficile parlare del passato. Ne farà tesoro per il futuro.
 
“Grazie Shannon. Sei il miglior fratello maggiore che lui possa desiderare.”
 
Le venne naturale sporgersi e baciargli una guancia; sa di non poter volere altro, ma almeno piccole carinerie da piccolina del gruppo poteva permettersele, no? Shannon le sorrise amorevolmente e le strinse un braccio intorno alle spalle per poterle dare uno dei suoi abbracci calorosi. In quel momento tornarono Vicki e Tomo con in mano una busta che doveva contenere la sua dose di zuccheri quotidiana. Si alzò e li raggiunse in un lampo, fiondandosi tra le braccia della donna, che ci mise qualche secondo a rispondere all’abbraccio. Lei alzò il viso chiedendosi il motivo e vide che stava guardando in direzione di Shannon con aria stralunata, e quando lei stava per chiederle il motivo Tomo si unì all’abbraccio e le fece dondolare sul posto per un po’.
 
“Allora figlioletta perduta, sei viva?”
“Per ora sì! Ma se non mangio zuccheri entro due secondi cado morta!”
“Per carità, Vicki non lo permetterebbe mai!”
“Hai finito qui?”
“Sì, credo di sì.”
“Allora vieni a pranzo da noi, Tomo prepara le lasagne e la torta di mele. Shannon, mi sa che a te tocca rimanere con la diva.”
“Eh già, andiamo a prendere mamma all’aeroporto.”
 
L’indomani avrebbe conosciuto anche mamma Leto, finalmente! Era un po’ emozionata, visto che non sapeva cosa aspettarsi da quella donna, se il carattere autoritario e scassaballe di Jared o l’anima tenera di Shannon. Sperò vivamente in quest’ultima, sennò avrebbe fatto santo il batterista. Lasciò quei tre chiacchierare mentre lei si diresse in bagno per vestirsi con qualcosa di decente che aveva lasciato a casa Leto, visto che passava più tempo lì che in albergo. Indossò una gonnellina a tubino ed una canottiera. Per fortuna che a Los Angeles le temperature di settembre rimanevano abbastanza alte, non si era goduta l’estate per girare le riprese. Trovò Vicki ad attenderla fuori dal bagno, dopo aver salutato Terry, assistenti e fratelli Leto, si avviarono con Tomo verso la macchina di quest’ultimo. Ormai era un’abitudinaria anche di casa Milicevic, visto che spesso lei e Vicki facevano sgobbare quel santo di Tomo per preparare dolci di qualsiasi tipo, di cui loro poi si ingozzavano chiacchierando del più e del meno.
 
“Hai pensato al discorso della casa Ila? Non puoi vivere in albergo per sempre.”
“Sì… Vivere in una casa tutta sola non mi entusiasma, ma non posso vivere in albergo, hai ragione tu Vicki.”
“Ci sono delle belle villette in vendita accanto alla nostra, potresti cominciare a vederne qualcuna.”
“… Dirò a Klara di trovare un buco per un appuntamento.”
“Non sarai sola a vita tesoro, quando avrai un fidanzato benedirai la privacy che può darti una casa.”
“Se in questo mondo son tutti come Justin, possono pure rimanere lì.”
“Per fortuna non sono tutti così.”
 
Arrivarono in poco tempo alla villetta in cui vivevano Tomo e Vicki, i cani erano già corsi vicino il cancello del giardino per salutare i padroni, tutti contenti che erano arrivati prima del previsto. Ormai riconoscevano anche il suo, di odore, e le facevano tante feste ogni volta che la trovavano in casa. Anche lei adorava i cani, e la prima cosa che avrebbe fatto appena presa casa sarebbe stata prendersi un cucciolo al canile.
Casa Milicevic era calda, accogliente, un po’ disordinata, le ricordava per certi versi casa sua. Le piaceva il disordine, dava un sapore alle cose, le dava idea di una casa sempre affollata e vissuta.
 
“Voi due, sul divano! Non voglio che mettiate piede nel mio regno oggi.”
“Ma, Tomo, ti ricorderai tutti i passaggi?”
“Ma certamente! Malfidata! Sul divano, forza!”
 
E così, mentre Tomo si diresse in cucina, lei e Vicki si accomodarono nel divano ad angolo grigio scuro, al centro salotto, con Milo, Fenix e Fiona, i tre gatti di casa, accoccolati a loro, ed i tre cani Ramsey, Dink e Kasha ai piedi del divano.
 
“Povero Tomo, mi dispiace che sgobba per noi.”
“A lui piace la cucina, e siccome ci sta poco, quando ne ha possibilità preferisce passarci le ore. Me lo sono scelto bene, ovviamente, visto il disastro che sono io in cucina.”
“… Come hai conosciuto Tomo?”
“Ad un concerto degli Iron Maiden, a Seattle. Un’ex membro della band in cui suonava era anche un mio amico delle superiori, ci presentò lui. Feci tutto io praticamente.”
“Hai fatto tu il primo passo?”
“Ovvio, Tomo mi guardava da lontano e basta, non faceva niente. Dopo le prime due ore mi sono indispettita e me lo sono portato nel furgone con il quale ero arrivata a Seattle.”
“Cosa?”
“Mai stata così contenta di aver saltato un concerto.”
“Certo che eri pazza, al tempo.”
“No, ho creduto al colpo di fulmine. Non mi ero mai fissata con una persona, di solito mandavo a quel paese le persone così timide. Ma lui era troppo tenero e carino.”
“E dopo?”
“Non mi ha più lasciata andare.”
“… Cavolo, vi siete proprio trovati.”
“Già… Non è fuggito da me neanche quando ho scoperto che avrei avuto difficoltà ad avere figli.”
 
Rimase un attimo interdetta di fronte a quella confessione inaspettata. Che Vicki e Tomo sarebbero stati due genitori perfetti se l’era immaginato, e si era chiesto come mai ciò non fosse ancora avvenuto, ma aveva pensato fosse a causa dei continui spostamenti di Tomo, o perché ancora si stavano godendo la vita e non volevano averli adesso, ma non si sarebbe aspettata una cosa del genere.
 
“Non sono proprio sterile, ma ho una probabilità molto bassa di rimanere incinta. Io e Tomo stavamo insieme da quattro anni, un cretino ubriaco mi tagliò la strada con la macchina, andai a sbattere contro un albero. Non so cosa sia successo, quando mi sono svegliata ho scoperto che si era danneggiato il mio sistema riproduttivo. Volevo lasciare Tomo, lui non si meritava una cosa così.”
“Neanche tu non la meritavi Vicki.”
“… Lo so. Non c’è stato niente da fare, Tomo non voleva lasciarmi andare. Ecco perché ci abbiamo impiegato dieci anni per sposarci, è stata dura lasciarmi alle spalle questa storia.”
“… Tomo ha un gran cuore, e lo hai anche tu. Altrimenti non ci sarebbero così tante persone che ti vogliono bene.”
“… Per ora ci accontentiamo di figli a quattro zampe, un giorno chissà.”
“Ed io? Scusate, io non conto più?”
“Ops, scusa. Abbiamo anche una figlioletta più grande ora.”
 
Risero insieme, mentre Milo si produceva in una serie di fusa sonore per attirare l’attenzione.
 
“… A scuola, sono sempre stata quella che tutti evitavano, non ho mai avuto un animo da leader. Sono sempre fuggita, alla ricerca di un posto che mi appartenesse.”
“Perché Ila? Cosa ti ha reso così arrendevole?”
“Il bullismo psicologico. Mi ha uccisa, e nessuno prendeva le mie difese.”
“Beh, ma ora tu sei qui. Sei ad Hollywood. E solo perché un branco di stronzi non ha capito il tuo valore, questo non significa che non ci sia altra gente pronta a farlo.”
“Quegli stronzi continuano a farmi paura.”
“Ci saranno sempre degli stronzi pronti a spaventarti… Ma non devi permettergli di gestire la tua vita, non è giusto.”
“Ora lo so, ora lo capisco.”
 
Vicki si sporse per abbracciarla forte, e lei ricambio la stretta, come se avesse davanti la sua mamma. Sembrava brutto da dire, ma per la prima volta si sentiva al posto giusto al momento giusto. Casa sua era lì, a Los Angeles, con Vicki, Tomo, Jared, Shannon, Jamie, Chloe e tutti gli altri. Le mancava la sua famiglia in Italia, ma era arrivato il memento di crescere, di tagliare il cordone ombelicale.
 
“Vicki, tu e Tomo mi accompagnereste a vedere una casa?”
“Ma certo!”
 
 
 
 
 
“Jared Leto, metti immediatamente a posto tutto questo macello che c’è in giro! Sembra un porcile! E non fare battutacce su tuo fratello!”
 
Questa è la prima cosa che sente entrando in casa di Jared, ed è anche la prima cosa che sente uscire dalla bocca di Constance. Shannon, che le ha aperto la porta di casa, sorride imbarazzato, perché si rende conto della situazione surreale che c’è in casa. Jared era sì un maniaco del controllo, ma l’unica cosa su cui proprio non riusciva a mantenerlo era l’ordine in casa; il maggiore ogni tanto cercava di mettere a posto qualcosa, ma non era mica una colf.
 
“Passo in un secondo momento?”
“No, tranquilla. Ci sono tutti abituati, anzi, non vedono l’ora di vedersi le scene tra mia madre e mio fratello.”
“Oh… Sono uno spasso, vero?”
“Puoi ben dirlo.”
 
Shannon l’accompagna in cucina, dove di solito fanno la seconda colazione tutti insieme, e trova Jared con in mano la scopa elettrica, mentre la madre sta mettendo la spesa in frigo.
 
“Dio mio Jay! Il tuo frigo è vuoto! Non puoi aspettare che qualcuno faccia sempre la spesa, e non puoi mangiare sempre cose da asporto! Meno male che c’è tuo fratello, guarda, almeno un po’ di sale in zucca lui ce l’ha! Anche se per seguire te non mangia, il mio povero ragazzo! L’ho trovato sciupato!”
“Ma’, ho capito.”
“Ed ai tuoi amici? Cosa gli fai mangiare? Jamie è messo peggio di Shannon, e quel povero Tomo? No, ma dico, anche la tua nuova amica, vuoi farla deperire?”
“Ecco, mamma, la nuova amica è qui.”
 
Shannon la introduce per mettere finire ad un discorso che capisce sarebbe durato una buona mezz’ora. Quando la donna si gira sorridente, nota subito la somiglianza con Jared, almeno fisicamente. Stesso sguardo, stesso sorriso, stessa genetica, visto che dimostrava 10 anni in meno di quanti ne aveva. La prima cosa che fece non appena la vide fu avvicinarsi ed abbracciarla forte. Affettuosa come Shannon, per fortuna.
 
“Ciao tesoro, che piacere conoscerti. Shannon e Jared mi hanno raccontato tanto su di te. Vieni che facciamo colazione insieme mentre Cenerentola pulisce.”
“Shannon, mi aiut…”
“SCORDATELO! Impara che devi pulire da solo! Shannon mangia con noi, tu fila a pulire il bagno.”
 
Shannon si mise a canticchiare in sottofondo la canzone dei topini di Cenerentola, mentre si sedeva accanto a loro, Jared lo uccise con lo sguardo mentre saliva di sopra armato di sgrassatore e guanti. Lei non smise di ridere neanche quando Constance si assentò per qualche minuto per portare uno spuntino anche agli altri, che si erano sistemati in salotto per lavorare.
 
“Tu conosci le canzoni della Disney?”
“No, però mi sono imparato a memoria quella di Cenerentola apposta per farlo imbestialire. E’ troppo divertente! La mamma pretende ancora di farlo crescere, ancora non ha capito che è una battaglia persa.”
“Mio caro, la battaglia non sarebbe mai nemmeno cominciata se tu non lo avessi viziato… Dicono che sia stata io, ma la gente non sa che l’unica colpa è del fratello maggiore!”
 
La donna prende possesso della cucina, ed in men che non si dica ci serve ad entrambe un cappuccino caldo con fagottini di mele sfornati quella stessa mattina.
 
“Devi sapere che il signorino di fronte a te non gli faceva fare nulla in casa, da piccolo. Shannon gli preparava i pasti, Shannon gli rimetteva a posto la stanza, Shannon puliva casa… E guarda ora come mi è venuto su! Non si rifà manco il letto.”
“Eh, Shan, bel macello che hai combinato.”
“… Metter su famiglia, come fa un ragazzo del genere a metter su famiglia!? I miei nipotini morirebbero di fame.”
 
Avrebbe voluto far notare alla donna che Jared ormai aveva superato l’età del ragazzo, ma si accorse anche che quella paternale era fatta più per far scena che per rimproverarlo davvero.
 
“Allora Ila, dimmi di te. Sono curiosa, mai conosciuto una persona così timida, fai tenerezza! Jared e Shannon non lo ammettono, ma sono pazzi di te! Jared vuol far finta di essere il tuo burattinaio, ma in realtà sei diventata una sorellina minore! Shannon ti trova così dolce invece, gli viene naturale starti vicino.”
“Mamma!”
 
Esclamarono contemporaneamente gli uomini presi in causa, uno dal piano di sopra e l’altro accanto a lei, che arrossì anche lievemente.
 
“Sono italiana, di Roma esattamente… Mia madre insegna ai bambini dell’asilo, papà era un poliziotto, ora è in pensione. Siamo la classica famiglia italiana con casa sempre piena di gente, visto che mia zia, la sorella di mia madre, vive nella nostra stessa città. Ho due cuginette piccole che sono delle sorelline ormai, le avevo per casa spesso. Ho preso la laurea triennale in matematica, poi ho smesso, e sono venuta a cercare la mia strada qui.”
“E’ possibile che tu non ti sia mai avvicinata al teatro? Sei brava, non è quasi credibile che tu non abbia nessuna esperienza.”
“Ha recitato la parte del fantasma per 24 anni, si è allenata abbastanza.”
“Jay!”
 
Shannon riprende il fratello che è appena sceso dal piano di sopra e si è accomodato accanto a noi per fare anche lui il suo secondo spuntino.
 
“No, ha ragione, Shannon. Vivere una vita che non è la tua è recitare, in fondo.”
“Beh, basta rendersene conto alla fine.”
“… Con un mastino che ti fiuta sulla spalla non è difficile rendersene conto.”
“Jared sa essere convincente.”
“La mia soddisfazione più grande sarà vederti agli Oscar.”
“Mi accontenterei dei Golden Globe.”
“Nel mio vocabolario non esiste la parola accontentarsi.”
“Lo sappiamo Jay.”
“Alza il sederino principessa, abbiamo un appuntamento con Terry.”
“Ma stavo parlando con tua mam…”
“Tranquilla, se me li levi dai piedi mi fai un favore, voglio cercare di rendere casa quantomeno un ambiente adatto alla sopravvivenza umana.”
“Ma, io…”
 
Constance li caccia fuori di casa in pochi minuti, e appena entrano in macchina si rende conto di stare andando verso l’inferno. Sul sedile di dietro, accanto a lei, c’è un enorme busta da dove escono cose di dubbio gusto, tipo un frustino, una maschera e piume.
 
“Oh, no, scordatevelo!”
“Le portiere hanno la sicura, non puoi scappare. Hai presente il video di Hurricane, principessa?”
“Purtroppo sì.”
“Jay, non sarà troppo?”
“No, Shan. Io so fermarmi quando so di non poter andare oltre, ma non è questo il giorno.”
 
Shannon la guarda dallo specchietto retrovisore preoccupato e sconfitto. Lo vede combattuto per la prima volta da quando lo ha conosciuto, forse ha dei rimorsi al posto del fratello… O molto più semplicemente, ha una coscienza.
 
“Preparati piccola, che da stasera si entra nel mondo vero.”
“… Sono fregata!”
 
 
 
Saranno due ore che mi mettono trucco su trucco, mi fanno provare diecimila vestiti, ma di foto neanche l’ombra. Quei tre se ne erano andati a prendere un caffè e non accennavano a tornare, stava perdendo la pazienza. Quando una donna minuta le passò l’ennesimo travestimento pensò di essere giunta al limite, lo indossò senza neanche farci caso, quando notò che c’era troppa poca stoffa.
 
“Sarebbe?”
“Un vestito.”
 
Per poco non azzannò l’intero staff, pure del sarcasmo si mettevano a fare ora. Il vestito nero aveva una scollatura morbida e rotonda dietro che arrivava fino alle fossette di Venere, quindi già includeva l’assenza di reggiseno; le spalline erano rette sulle scapole da un sottile filo argenteo e la minigonna era quasi inguinale. Un passo falso e le si sarebbe visto tutto.
 
“Le scarpe.”
 
O meglio, i trampoli. Tacco 15, a lei, che non sapeva camminare manco col tacco 5.
Si voltò verso lo specchio, convinta che il risultato sarebbe sembrato tutto tranne che sexy, ma quando si guardò allo specchio si rese conto che si stava vedendo per la prima volta. Le avevano dato un vestito apposito per risaltare i pregi e nascondere i difetti, ed il trucco che le avevano fatto le evidenziava gli occhi, ma la rendeva naturale allo stesso tempo. Avevano fatto un piccolo miracolo.
 
“Sexy, ma con classe.”
“… Grazie.”
 
La donna minuta la portò in una camera con un muro bianco e la fece mettere di spalle al muro.
 
“Cosa devo fare?”
“Improvvisa.”
“Ma Terry non è ancora arrivato.”
“Cominciamo io e te, per farti mettere a tuo agio.”
“Ok… Ma che posizioni devo improvvisare?”
“Immaginati di avere davanti Jared e Terry vestiti da ballerina che ballano il can can”
 
Scoppiò a ridere immaginandosi la scena, e sentì già qualche click di una macchina fotografica.
 
“Visto? E’ facile!”
“E’ così che si fa?”
“Tu fai quello che vuoi, al resto penso io.”
 
Cominciò a fare facce stupide, visto che non ne sapeva fare altre. Fece anche la caricatura di Jared ad un certo punto, forse esagerò anche un po’. Non si accorse neanche di tre figure che sbucarono nella stanza improvvisamente, talmente era impegnata a divertirsi.
 
“Ok, ora basta facce stupide, facciamo le cose serie ora. Jared, Shannon, sapete già cosa fare.”
 
Il cantante si avvicinò con un ghigno divertito, forse stava immaginando come fargliela pagare per averlo preso in giro, mentre il batterista si avvicinò con sguardo neutro. Le si posizionarono ai lati, e notò lusingata che Shanimal uno sguardo alla sua scollatura gliel’aveva dato. Almeno si era accorto che era una donna. Jared la prese per mano, la guidò sul divano ad angolo rosso al centro della stanza e la costrinse a sedersi, mentre Shannon prese posto dietro di lei. Lui si rilassò completamente, tanto da mettere i piedi poggiati sul tavolino di fronte a lui –la sua solita posa insomma- e la schiena appoggiata nella parte in cui faceva angolo. Jared la costrinse ad appoggiarsi con la schiena al petto di Shannon, mentre quest’ultimo allungò entrambe le braccia sullo schienale; lei dovette per forza mettere anche le gambe sul divano, con tutte le scarpe, per poter assumere una posa quantomeno naturale.
 
“Cerca di rilassarti.”
 
Ci mancavano le ultime parole famose. Rilassarsi mentre era abbandonata contro un uomo sexy ed accattivante, proprio una cosa facile facile. Provò ad appoggiare la testa sulla spalla del batterista, ma quando lo sentì carezzarle la testa con la guancia resa ruvida da un accenno di barba arrossì ancora di più.
 
“Ila, rimarrai così fino a quando non faremo uno scatto decente, e sai che non scherzo.”
 
Un po’ perché si fece coraggio, un po’ perché non voleva che quel povero batterista rimanesse in quella posizione per tutta la giornata, provò a fare finta di essere un’altra persona, come succedeva nei film. Immaginò di essere una strafiga alta uno e ottanta, con due gambe da urlo ed un corpo da favola. Fece un profondo respiro e si trasformò, nella sua immaginazione, nella donna che doveva sedurre Shannon Leto. Prese a carezzargli il ginocchio con una mano, rispose alle fusa di Shannon con dei grattini sull’altro braccio, si accucciò di più al suo petto. In tutto questo Terry non smetteva un attimo di fotografare.
 
“Benvenuta nel tuo mondo Ila.”
 
 
 
Appena Terry le disse che avevano finito corse subito nel camerino per poter finalmente arrossire in santa pace; da dove avesse tirato fuori tutta quella sfacciataggine, proprio non lo sapeva, con Shannon poi. Non sarebbe più riuscita a guardarlo in faccia per un bel po’. Si svestì velocemente e si rivestì con il cambio che si era portata, ringraziò lo staff ed andò incontro a Jared e Terry.
 
“Oh, tesoro, sei fantastica. Bucavi l’obbiettivo! Torna quando vuoi!”
“… Lo farò, grazie Terry.”
“Andiamo Ila, prendiamo un taxi che mio fratello è dovuto scappare. Era arrivato un pezzo importante della batteria.”
 
Rimase un po’ delusa, non si aspettava certo che Shannon sarebbe caduto ai suoi piedi vedendola in altre vesti, però aveva risposto alle sue coccole sul divano, ma forse lo aveva fatto solo per esigenze di copione e per darle una mano. Si avviarono verso l’uscita, e nel mentre Jared la informava che la sera stessa Shannon ed Antoine avrebbero fatto una serata in discoteca, e le stava chiedendo di accompagnarlo, perché le serate in discoteca non facevano proprio per lui e voleva compagnia.
 
“Perché ci vai allora?”
“Perché mi piace sentire mio fratello ai tamburi.”
 
Avrebbe dovuto prepararsi anche a fare nottata, giornata piena quella.

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Capitolo 5
*** Only a crack ***


Jared l’aveva obbligata a mettere un vestito nero monospalla, corto, molto aderente, ed un paio di tacchi vertiginosi dello stesso colore. Era passato a prenderla verso mezzanotte, sarebbero stati un’oretta nel privè con Shannon ed Antoine, e poi avrebbe assistito allo spettacolo da lì. Trovarono Antoine già bello alticcio, mentre il batterista stava bevendo un sorso di caffè per svegliarsi del tutto.
 
“Oh, Ila, ma mi stai diventando sempre più bella. Lo vuoi un bel fidanzato?”
“Non vorrei spezzare i cuori che battono per te.”
“… Inoltre, non vuole dj ubriachi!”
 
Jared lo spintonò scherzosamente, ed Antoine cadde sul divanetto dietro di lui in preda alle risate.
 
“Me lo sono giocato prima di cominciare.”
“Tu a quante birre stai?”
“Due.”
“Bene.”
 
Sapevano tutti i guai che il batterista aveva passato a causa dell’alcool, anche se ormai sembrava essere acqua passata, ma Jared non aveva mai dimenticato quando lo avevano chiamato nel pieno della notte per dirgli che suo fratello era stato arrestato perché guidava alticcio e senza patente. Non gli aveva rivolto parola per due mesi, e non perché aveva dovuto fare i concerti senza di lui, ma perché avrebbe potuto ammazzarsi.
 
“E’ ora, andiamo a preparare gli strumenti.”
 
Antoine si alzò un po’ traballante, e Jared fu lesto nel tenerlo in piedi stringendogli un braccio intorno ad un fianco.
 
“Prima però ti fai un caffè.”
 
Li lasciarono da soli nel privè, e Shannon quella sera sembrava essere più silenzioso del solito.
 
“Ma Antoine ce la fa in quelle condizioni?”
“Sì, un caffè e torna come prima, smaltisce alla velocità della luce quello.”
“… Finalmente mi vedrò un dj set dei Mars, non siete mai venuti in Italia tu ed Antoine, è un peccato.”
“Arriveremo anche lì, tranquilla.”
“Avviserò le Echelon italiane allora.”
 
Vide l’uomo bere l’ultimo sorso di caffè tutto in un fiato e capì che era ora di muoversi. Si avviò verso la porta del privè, quando si sentì tirare per un polso e si ritrovò con le spalle al muro, con la bocca di Shannon che premeva insistente sulla sua. Le venne istintivo aprire la bocca, chiudere gli occhi e rispondere al bacio, che durò suo malgrado troppo poco. Quando sentì l’uomo tirarsi indietro non ebbe coraggio di aprire gli occhi se non dopo qualche minuto, ma Shannon già era uscito dalla sala. Neanche il tempo di razionalizzare l’accaduto che era arrivato Jared e l’aveva trascinata al bancone del bar per bere qualcosa.
 
“Che hai Ila? Sembri assente.”
 
Non  sapeva come avrebbe reagito l’uomo se avesse saputo che il suo fratellone l’aveva baciata, quindi optò per il silenzio. Guardò Shannon suonare la batteria vicino ad Antoine, che sembrava essere di nuovo in sé, con addosso una delle sue solite canottiere che lasciavano poco all’immaginazione. Aveva cominciato ad odiarle, visto che voleva soltanto metterci le mani dentro. Non l’aveva mai visto in azione sul palco, e doveva ammettere che ci stava da Dio. Sembrava essere nato per fare solo quello, la musica aveva mandato un suo messaggero e loro non se ne erano accorti.
 
“Anche tu e Tomo sul palco siete così? Dio, Shannon è nato per questo. Ora capisco perché dici che è il cuore della band.”
“Dovrai venire ad un nostro concerto per vedere con i tuoi occhi.”
“Ci sarei venuta comunque, anche senza il tuo invito.”
“Andiamo a ballare, forza.”
“Ma tu non sai ballare.”
“E secondo te perché mi piacciono le discoteche?”
 
Beh, effettivamente, le persone che erano con lei là dietro non sembravano dei gran ballerini, si muovevano e saltellavano per provare ad andare a tempo, ma non è che ci riuscissero alla grande. Persino Antoine sembrava esser negato, forse ancor più di Jared. Sta di fatto che si ritrovò sulla pista con Jared e Babu, arrivato pochi istanti prima, mentre cercavano di improvvisare un ballo stile disco sulla musica di Rihanna. Ogni tanto lanciava qualche occhiata al batterista, che sembrava totalmente immerso nella sua musica da non accorgersi di null’altro, a stento beveva un sorso di birra quando staccava due secondi. Sperò ardentemente che non si buttasse tra la folla, visto che sotto il dj set c’erano un sacco di strafighe urlanti che lanciavano sguardi languidi ai due performers, e che erano pronte a fargli le fusa addosso se solo li avessero avuti tra le mani. Quasi ci avrebbe buttato Jared tra la folla, pur di salvare il fratello.
 
“Ma che palle, c’è anche quella.”
“Chi?”
 
Si voltò per seguire la direzione in cui guardava il cantante e vide una donna che avrà avuto la sua stessa età, con un vestitino rosso la cui scollatura arrivava fino all’ombelico, facendole mostrare l’attaccatura del seno –ed anche altro-, castana, capelli lunghi, viso carino. Ne aveva viste di più belle in quei giri, le parve alquanto anonima, se non fosse stato per il vestito succinto.
 
“Chi è Jay?”
“L’ex di Shannon, si sono frequentati l’anno scorso per qualche mese. E’ tutta plastica praticamente, Shan si era preso una bella sbandata per lei. Ci ha portato solo guai, spero lui se ne ricordi.”
“Guai?”
“Quella volta che ha passato la notte in cella era stato con lei ad un party e, vedendolo alticcio, gli ha fatto comunque prendere la macchina.”
“Guarda che tuo fratello è grande e grosso, può rendersi conto da solo se una cosa è stupida o no.”
“Lo so, ma al di là di quello, avrebbe potuto farsi male. Se tu vuoi bene ad una persona certe cose non gliele fai fare, lo sgridi se necessario. Parliamoci chiaro, erano ancora agli inizi, Kirstina faceva di tutto per ingraziarselo per farlo cadere nelle sue grinfie, non lo contraddiceva mai. Quella mirava ai soldi, non voleva di certo bene a Shan.”
 
Vedono la tizia in questione avvicinarsi al dj set nel momento in cui Shannon fa una pausa di qualche minuto, e lei già sente salirle addosso un odio viscerale verso quella donna. Loro si avvicinano al bancone per poter finire la conversazione senza dover rimanere fermi come due baccalà in pista.
 
“Quando Shannon ci è cascato, lei ha cominciato a fare i capricci da diva. Gli ha fatto saltare un meet & greet una volta, non penso di essermi mai incazzato così tanto in vita mia. Pretendeva stesse sempre con lei, che le comprasse regali costosi, ha saltato anche qualche prova con la band.”
“Perché si sono lasciati?”
“Perché Shannon ha capito che non gli voleva veramente bene, dopo che io gliel’ho ripetuto diecimila volte, ma lui finché non ci sbatte la testa non capisce. Lo contrastava in tutto ciò che amava, famiglia compresa. Mia madre ha voluto fare una mezza festa quando si sono lasciati.”
“Beh, voi siete di parte, per te e tua madre mai nessuna sarà alla sua altezza.”
“Lo ammetto, io sono molto selettivo. Ma nel momento in cui diventi famoso non è facile distinguere chi ti vuole bene veramente e chi no. A volte Shannon non lo fa, ed io non guardo mio fratello caderci.”
“Siete fortunati ad essere insieme, avrete sempre qualcuno su cui contare.”
“Infatti, se Shannon ci ricasca vedi le sculacciate che prende… A meno che non vuole portarsela solo a letto per darle il ben servito, allora ha il mio benestare.”
 
Lei ride, sta al gioco, ma dentro si sente morire, spera vivamente che il batterista eviti quella donna, anche se non avrebbe nessun diritto su di lui, ma se prima la bacia e poi dà corda a quella bambola gonfiabile, allora vuol dire che lei, del batterista, non ha capito nulla. Non che si dovesse aspettare chissà che cosa dopo quel bacio, ma almeno un minimo di rispetto, una spiegazione, anche dare la colpa all’alcool, ma almeno una parola prima di portarsi a letto le altre. Se non altro per togliere l’imbarazzo. Vide Shannon darle retta per qualche secondo e sorriderle, per poi parlarle all’orecchio, e questa volta è lei a sorridere.
 
“Se continua così io me ne vado, o è la volta buona che gli urlo davanti a tutti.”
“Jay, sta tranquillo.”
 
Babu si avvicinò a loro e la prese per mano, per trascinarla di nuovo in pista, lasciando Jared a rodersi il fegato al bancone del bar. Con la coda dell’occhio vide Shannon parlare ancora alla tizia, ma stavolta il sorriso plasticato della donna muore due secondi dopo che lui finisce di parlarle all’orecchio, e la vide rispondergli qualcosa abbastanza alterata, per poi girare i tacchi ed andarsene. Finalmente tirò un sospiro di sollievo e continuò a ballare tranquilla, notando poi che il batterista si era avvicinato al fratello al bar, che gli aveva sorriso orgoglioso. Ora che tutto era tranquillo, poteva lasciarsi andare e ballare con un Babu che sembrava posseduto tanto si muoveva.
 
“Bere, bere, bere! Ila, non sei ancora abbastanza alticcia per i miei gusti!”
 
Antoine, che ha fatto un attimo di pausa anche lui, la prende e la trascina al bancone vicino agli altri due, per poi ordinare quattro short di un colore verde, che lei sapeva riconoscere fin troppo bene, visto che la sua prima sbornia era stata proprio con quel superalcolico.
 
“L’assenzio ve lo scordate, io non voglio svegliarmi domattina in chissà quale vicolo!”
“Ti ci riporto io a casa, dai principessa! E’ per scioglierti un po’!”
“Dai, zuccherino. Insieme.”
 
Prese poco convinta il suo bicchiere che Shannon le stava porgendo e lo mandò giù in un colpo solo, insieme agli altri, ringraziando il fatto che a cena avesse mangiato un panino bello sostanzioso, altrimenti sarebbe crollata dopo dieci minuti.
 
“Ah, Ila. Gradazione massima, sai cosa significa?”
“Sì, che sono nella merda.”
 
 
 
 
Le quattro del mattino, la testa le gira in maniera vorticosa, i sensi sono alterati, non riesce a smettere di ridere, e l’unico modo per camminare sembra quello di reggersi al muro. Shannon la tiene per un fianco, non che lui stia meglio, ma è in grado di camminare meglio di lei sicuramente. Dietro scorge Babu e Jared che, infami, invece di aiutare Antoine che non si regge in piedi, lo guardano cadere ogni tre per due, e ridono anche.
 
“Traditori, aiutatelo poverino, o domattina avrà tutti lividi! Ringrazio di essere nata donna, sennò pure io avrei avuto lo stesso trattamento.”
“Tsè, e toglierci lo spasso?”
“Babu, non ti facevo così cattivo!”
“Zuccherino, appoggiati a me, il muro prima o poi finirà, te lo assicuro.”
 
Sorreggersi completamente a Shannon le sembrava una pessima idea, visto che era ubriaca e questo poteva portare a fare cazzate enormi, ma la macchina era nel parcheggio e fin lì ci sarebbero dovuti arrivare in qualche modo. Lasciò andare il muro e circondò il collo del batterista con un braccio, mentre lui rafforzava la stretta intorno al suo fianco.
 
“Quando hai messo in macchina me, vai ad aiutare Antoine per favore? Sennò ci vorranno ore per farlo arrivare alla macchina, ed a me viene da dormire.”
“Tranquilla.”
“Grazie, così mi piange meno la coscienza.”
 
Arrivarono alla macchina dopo dieci minuti, mentre Babu, Jared, ed Antoine ancora erano vicini alla porta di ingresso, e le loro risate si sentivano dal parcheggio. Shannon aprì la macchina e l’aiutò al salire al posto di dietro del Suv, mentre lui le si accomodò accanto.
 
“Ed Antoine?”
“Recuperare un ubriacone o stare qui con te? La scelta mi pare ovvia.”
 
Shannon le si sistemò accanto, e le passò un braccio dietro lo schienale, per poi stringerle le spalle possessivo ed avvicinarla a lui. Non era capace di resistere ai suoi attacchi da sobria, figurarsi da alticcia, e poi tra le braccia di Shanimal si stava più che bene.
 
“Shannon, non…”
“Sssst.”
 
La baciò, di nuovo. Stavolta anche lei lo aveva voluto, nonostante stesse per dire il contrario, quindi le venne naturale carezzargli il collo, lì dove aveva la sua famosa triad, mentre lui la stringeva di più con un braccio, mentre con l’altro le carezzava il fianco languido. Pomiciata in un parcheggio come gli adolescenti, faceva tanto ballo del liceo, erano pure mezzi ubriachi; o meglio, lei era alticcia, lui invece sembrava abbastanza consapevole in quel momento. Si divisero solo quando sentirono le  voci degli altri farsi più vicine, tanto che Shannon scese dalla macchina ed aiutò gli altri a caricare Antoine sul suv, per fortuna lontano da lei, visto che ormai era prossimo al collasso vero e proprio. Shannon si sedette nel mezzo, passando di nuovo il braccio intorno alle sue spalle, e lei appoggiò comodamente la testa sulla sua spalla, per poi assopirsi con il sapore del batterista sulle labbra.
 
 
 
 
 
Appena uscì dal dormiveglia, sentì un forte odore di caffè invaderle le narici, ed aprì gli occhi lentamente rivelando un comodino nero che non era né quello del suo albergo, nè quello di casa di Jared. Si guardò intorno confusa, e vide un arredamento che non le ricordava nessuna casa di sua conoscenza. Inoltre, guardò la sua mise di notte, e si rese conto di indossare solo una maglietta, che non era neanche la sua e la biancheria intima.
 
“Buongiorno principessa.”
 
Jared le sorrideva sulla porta, con in mano una tazza da cui traspariva un qualcosa che non era la sua tanto amata bevanda scura.
 
“Invece di darmi il buongiorno potevi portarmi un caffè… Dove siamo?”
“A casa di Shannon. Ti ha gentilmente ceduto il suo letto, io ho dormito con lui nella camera degli ospiti, mentre Antoine è sul divano che ancora ronfa.”
“Come mai non mi avete riportato in hotel?”
“Mamma ci avrebbe ammazzato, non si lascia una donna da sola.”
“Io adoro mamma Constance.”
“Vieni, Shannon sta preparando la colazione.”
“Arrivo subito, se mi dici dove sono i vestiti.”
“Shannon ha detto che puoi frugare nella sua roba e metterti qualcosa di suo, ieri Babu ti ha versato un cocktail sul vestito e lui l’ha messo a lavare.”
“Scusate, chi mi ha spogliato?”
“L’avrebbe fatto volentieri Antoine, ma alla fine hai fatto tutto da sola. Ti sei presa la maglia del pigiama di Shannon e te la sei messa addosso.”
“Meno male.”
“Non hai niente che non abbiamo già visto.”
“La carne, visto le anoressiche che frequentate.”
“Io adoro la carne.”
“Ma se sei vegano.”
“Dipende dal tipo di carne.”
 
Sentirono dei rumori per le scale, e la testa di Antoine fece capolino dalla porta, accanto a Jared. Era ancora assonnato, cosa che fa presagire che Shannon era passato dal salotto e lo aveva praticamente svegliato a forza.
 
“Posso chiederti ospitalità nel letto? Shannon mi ha fatto un attacco a sorpresa, ti assicuro che non russo e non parlo.”
“Io dovrei cambiarmi.”
“Meglio ancor…”
 
Neanche il tempo di finire la frase che Shannon, arrivato da chissà dove, lo aveva preso per l’orecchio, e lo aveva trascinato di nuovo giù, borbottando insulti di ogni tipo.
 
“Mettiti qualcosa e scendi. Shannon ha fatto i pancake.”
“Arrivo.”
 
La lasciarono da sola e lei si alzò dal letto, e si mise a frugare nella cabina armadio del batterista, che era immensa. Vide scarpe di ogni tipo, alcune anche di dubbio gusto. Individuò una camicia a quadri rossa, più lunga rispetto alle altre, e la prese. Si cambiò direttamente lì,e noto che la camicia le fungeva anche da gonna, quindi non perse neanche tempo a cercare un paio di pantaloni e scese direttamente così. Trovo Antoine e Jared intenti a consumare la loro colazione, mentre Shannon finiva di cucinare gli ultimi pancakes.
 
“Jay, in teoria tu sei quello che ha bevuto meno di tutti, dovresti essere tu quello che prepara la colazione a noi.”
“Scordatelo zuccherino, io ci tengo alla mia cucina.”
 
Il batterista si gira con il sorriso sulle labbra e lei sente il suo cuore perdere un battito, da quanto le pare bello di prima mattina. I capelli neri spettinati, gli occhi ancora assonnati, il torso nudo. Altro che Jared, i muscoli del batterista facevano di sicuro più effetto.
 
“È  grazie a me se siete a casa sano e salvi, voi tre eravate partiti! Mi spetta la ricompensa! Se mamma avesse visto Shan in quelle condizioni avrebbe chiamato l’ambulanza.”
“Veramente mi ricordo fosse sobrio quanto te.”
“Tsè, tu non lo conosci. Era ubriaco da prima che entrassimo nel privè io e te. Solo che finge bene.”
“Dovevo vincere io l’oscar, non tu.”
“Già…”
“Quindi buco nero anche tu Shannon?”
“Eh già.”
 
Questo non lo aveva previsto. Shannon non ricordava nulla, quindi come poteva tirare fuori il discorso? Non ne avrebbe mai avuto il coraggio, in quelle condizioni. Decise che avrebbe visto il suo comportamento nei prossimi giorni, e poi casomai avrebbe tirato fuori il discorso per capire e chiarire; per ora era meglio fare finta di nulla e non pensarci. In fondo, se in quel momento l’aveva baciata, era perché si sentiva attratto da lei, avrebbe potuto essere una cosa positiva. Oppure sarebbe rimasto il segreto ed il sogno di una notte. Si sedette al tavolo di fronte ad Antoine e prese anche lei a consumare la colazione, quando sentirono suonare il campanello, e Shannon andò ad aprire.
 
“Ciao batterista, siamo venuti a prendere la piccola.”
 
Vicki arrivò in cucina con una busta in mano, seguita da Tomo che salutava tutti allegramente.
 
“Tutta da sola con questi tre pervertiti, ma non ti abbiamo insegnato nulla tesoro?”
“Mi hanno circuìto.”
“Tsè, ora la colpa è nostra.”
“Signori Milicevic, posso avere l’ardire di chiedere la mano di vostra figlia?”
“Scordatelo.”
 
Tomo la strinse affettuosamente e fece un versaccio con la mano ad Antoine, che rispose con una linguaccia. Vicki l’avvisò che le aveva portato dei vestiti di ricambio e l’avevano passata a prendere per andare a vedere delle case.

“Mi raccomando, prendila grande, così alla prossima sbornia dormiamo da te.”
“Prenderò un castello, contento?”
“Brava… A proposito, stasera mamma ci ha invitato a cena, quindi tutti da me prima possibile.”
“Ma, Constance cucina per tutti?”
“La aiuta Shannon, quando viene qui è solita fare queste mega-cene tra i membri della crew… Così, le piace far invadere la mia casa quando l’ho appena pulita.”
“Oh, certo, così tutti possono vedere che è effettivamente una casa, e non una fattoria.”
“SCUSA?”
 
Scoppiarono tutti a ridere, mentre Jared le si avvicinava minaccioso con la forchetta alzata per far finta di infilzarla ed Antoine si metteva davanti a lei per proteggerla con il suo corpo. Le prime volte aveva davvero creduto che Jared l’avrebbe ammazzata per aver fatto commenti poco piacevoli su di lui, ma poi scoprì che era solo un modo scenico per intimorirla, cosa che ormai non le faceva più effetto.
 
“Puoi anche morire Antoine, ma tanto la mano di mia figlia non te la do.”
 
 
 
 
Di case ne avevano viste quattro quel pomeriggio, e ce ne era una che l’aveva colpita particolarmente, che aveva una vista favolosa sulle montagne di Hollywood e su Los Angeles; non era grandissima, era tutto color sabbia e le sembrava adatta alla sua vita da single incallita. Avrebbe potuto sfruttare le sere di estate per leggere un libro sdraiata sul lettino sul balcone, o avrebbe potuto dormire sulla terrazza sopra casa, magari mettendoci un pouf gigante. Vicki e Tomo avevano insistito durante tutto il viaggio di ritorno che quella sembrava essere una casa perfetta per lei, che avrebbero sfruttato l’ampio salotto per farsi qualche serata film, che non era distante dalla loro abitazione e quindi non sarebbe stato difficile raggiungerli. La donna, il pomeriggio, l’aveva portata in una spa per farla rilassare un po’ e farla riflettere meglio, visto che un trattamento completo al corpo l’avrebbe aiutata a catalizzare cosa voleva veramente, a detta sua. Aveva ancora qualche remora al riguardo, ma i massaggi avevano avuto l’effetto sperato, ed anche se aveva un po’ di paura, avrebbe comprato la sua prima casa a Los Angeles. Quando Vicki era passata a riprenderla e le aveva dato la notizia, aveva saltellato per mezz’ora sul posto, ma poi aveva dovuto riportarla di corsa in hotel perché si stava facendo tardi per la cena. Non che dovesse mettersi in tiro, ma ci teneva comunque a vestirsi in maniera quantomeno accettabile. Optò per un vestito fiorato senza spalline, molto estivo, con un paio di stivaletti marrone chiaro, tanto per stare comoda. Stava finendo di mettersi il rossetto quando sentì bussare alla porta.
 
“Sì?”
“Autista personale!”
 
Andò ad aprire la porta e si ritrovò davanti Antoine che le sorrideva tutto contento; si era decisamente ripreso da quella mattina,era accaduto un piccolo miracolo.
 
“Come mai sei qui?”
“Sono passato a prenderti con il mio cavallo bianco. Anche se non sono vestito di azzurro va bene uguale?”
“Se fossi stato vestito con la calzamaglia azzurra avrei chiamato il 911.”
“Sei pronta?”
“Finisco di truccarmi ed arrivo, entra e serviti con qualunque cosa trovi in giro.”
“Ok.”
 
Andò diretto vicino ai liquori e si prese un whisky. Antoine rimaneva sempre il solito ubriacone, un bicchierino a pasto era quasi la regola ormai. Finì mettersi il rossetto di fronte lo specchio del salone mentre il dj la guardava curioso.
 
“Vuoi del rossetto?”
“Non mi dona quel colore… Come mai una bella ragazza come te non ha un bel giovane alle calcagna?”
“Mi piacciono i tipi che quelle come me non le guardano.”
“Capito, scegli chi non sa apprezzare. Ti piace Jared?”
“Dio mio no! Lo soffocherei nel sonno dopo le prime tre ore!”
“Oppure lui soffocherebbe te!”
“Già, molto più probabile… Finito.”
“Dai, andiamo prima che Constance costringa il figlio minore anche a cucinare, altrimenti stasera non mangiamo.”
 
Scesero e salirono in macchina, per poi avviarsi a Beverly Hills. Antoine passò la maggior parte del tragitto a raccontarle dell’ultimo tour che aveva fatto con Shannon, compresi alcuni ricordi divertenti, tra cui le chiamate che i fratelli si facevano quando erano lontani.
 
“Lo chiama davvero minimo tre volte al giorno?”
“Sì, Jared sente tanto la mancanza di Shannon quando è in tour, così lo chiama più volte al giorno. A volte Shannon mette il telefono in vivavoce e fa altro mentre il fratello sproloquia di qualcosa che lo ha fatto infuriare, così fa finta di ascoltarlo mentre fa altro. Una volta mi è toccato svegliarlo, visto che si era appisolato. Jay ama le lunghe conversazioni.”
“Ma che teneri che sono.”
“Sì, ma non dirlo a Jared, lui crede davvero che il fratello lo ascolti tutto il tempo.”
“Sono convinta che Shan lo faccia involontariamente, anche quando fa finta di fare altro… Si vede che Jared è importante per lui.”
“… Mi sento privilegiato a far parte di un affetto così grande. Jared non lo dimostra facilmente, al contrario del fratello, ma se ti vuole bene ci sarà sempre per te.”
“… Antoine, posso farti una domanda personale? Puoi anche non rispondermi.”
“Dimmi.”
“Perché Matt non è rimasto? Sembra quasi un argomento taboo in presenza di Jared, eppure sembrava volergli molto bene.”
“… Era vero che i tour erano troppo lunghi per lui, voleva passare più tempo con sua moglie e crearsi una famiglia stabile. La pugnalata venne dopo, il 15 agosto 2008.”
“Aspetta, non è quando…”
“Sì, quando partì la querela della EMI. Matt compariva tra i nomi che avrebbero testimoniato contro la band, asserendo che Jared e Shannon avevano mentito al momento della firma, sapendo che non ce l’avrebbero mai fatta a realizzare così tanti album in pochi anni.”
“E perché avrebbe mentito?”
“Perché i Leto non gli avevano mai proposto di mettere la band anche sotto suo nome. Voleva una sorta di garanzia che loro non gli avevano mai dato, e lui sapeva che la querela EMI non l’avrebbe toccato minimamente, non avendo quella firma. Sapeva cose che avrebbero potuto mettere nei guai Jared e Shannon, se le avesse dette in tribunale.”
“… Oh…”
“… Avrebbe detto che Jared, nel 2003, faceva uso di sostanze stupefacenti a causa della sua depressione dopo la rottura con Cameron, dei guai di Shannon con l’alcool e della riabilitazione.”
“Shannon è stato in riabilitazione?”
“Sì, nel 2005. Jared è stato tutto il tempo lì con lui.”
“E poi? Com’è finita?”
“Jared e Shannon hanno vinto, ma da quel momento Jay evita quel nome, si è sentito troppo pugnalato alle spalle… Matt è uscito dalla nostra vita, ed è stato meglio così.”
“… Grazie per avermelo detto, anche se non erano fatti miei.”
“Nah, Jay non te ne ha parlato solo perché ormai il suo cervello lo ha praticamente cancellato in maniera forzata… E poi, io ho i mezzi per ricattarti.”
“Ma senti che stronzo!”
“… Non mi merito un bacino per la bella storiella che ti ho raccontato?”
“No!”
 
Arrivarono a casa di Jared pochi minuti dopo, mentre ancora si punzecchiavano. Appena varcarono il cancello trovarono il cantante steso su una sdraio, accanto alla piscina, che smanettava con il cellulare.
 
“Non ha niente da pulire la nostra Cenerentola?”
“Ilaria, ti butto in piscina se non la pianti.”
“Vado a dare una mano a tua madre ed a tuo fratello.”
 
Entrò in casa dalla veranda e trovò Shannon che tirava fuori dal forno una teglia con dentro delle patate al forno e la sistemava sul marmo della cucina, in attesa che si raffreddasse. Quell’uomo sapeva anche cucinare, era da sposare praticamente.
 
“Uh, che buon odorino!”
“Ehi, ciao zuccherino.”
“Serve una mano?”
“No, il grosso è fatto… Manca il dolce, ma l’addetto alle torte è Tomo.”
 
Si avvicinò all’uomo e prese una patatina dalla teglia.
 
“Ehi, molla l’osso.”
“Sono buone, salate al punto giusto… Tua madre?”
“Di sopra a prepararsi.”
“E tu quando ti prepari?”
“Io sono perfetto così.”


In effetti, con quei jeans e quella camicia bianca stava veramente bene, ma Shannon stava bene anche con i look più assurdi.
 
“Allora, la casa?”
“Firmerò, ne ho trovata una carina.”
“Cena a casa tua appena la compri allora.”
“Se cucini tu va bene!”
 
Risero insieme e lei fece per prendere un’altra patatina dalla teglia, ma lui fu più lesto e le afferrò il polso, impedendole il gesto.

“Ehi! Ho fame!”
“Si chiede il permesso.”


L’uomo prese una patatina dalla teglia e l’avvicinò alla sua bocca, incitandola ad aprirla. Lei rimase un attimo interdetta ma poi aprì la bocca e la mangiò, sorridendo al batterista, che non aveva smesso di tenerle il polso, anzi, aveva cominciato a carezzarglielo con il pollice, in maniera molto leggera.
 
“Ilaria, eccoti qui finalmente!”
 
Shannon le lasciò la mano appena avvertì la voce della madre dietro di loro, per fortuna che le loro mani erano nascoste dal tavolo della cucina in marmo di fronte a loro.
 
“Salve Constance.”
“Avevo giusto bisogno di una presenza femminile in casa, questi due mi stanno distruggendo. Jared è viziato da far paura, erano mesi che non andava a farsi un giro al supermercato a far spesa,stamani ce l’ho spedito a calci.”
“Si è fidata a mandare Jared da solo?”
“Ho fatto male infatti, dopo ho dovuto spedirci Shannon, che almeno conosce la differenza tra pasta integrale e non… Ho provato qualche ricetta italiana, così mi dirai se è venuta bene.”
“Certo.”
“Cucinavi a casa tua qualche volta?”
“Solo per le bambine. Io posso anche morire di fame, ma loro no!”
“Che tenera! E non ti mancano ora che sono lontane?”


Il suo sguardo si incupì per un istante, al pensiero che le aveva lasciate così lontane, che tutta la sua famiglia fosse lontana, e che non li avrebbe rivisti se non prima di Natale.
 
“Mi mancano tantissimo. Ho lasciato una famiglia che mi adora per trovare il posto che mi rende veramente felice, e quando l’ho trovato e mi sono resa conto che il mio essere felice comportava stare lontano da loro mi ha devastato. Pensavo di poter conciliare le cose, ma non ce l’ho fatta. Mi ha fatto sentire tremendamente egoista. Ma è anche vero che più io mi creo una vita qui, più apro alle bambine la possibilità di una vita dove hanno di fronte opportunità che io non ho avuto. Sradicare mamma e papà dal posto in cui sono vissuti sarebbe un trauma, ma so che hanno capito ed hanno accettato, e sanno che se loro mi chiedessero di tornare, io mollerei tutto e tornerei lì, ma ho la speranza che le piccole, un giorno, vengano a stare qui con me, nel paese dove ogni sogno può diventare realtà.”
“… Quanti anni hanno?”
“Alessandra  3 e mezzo, Sara quasi unidici. Dovrò aspettare un bel po’.”
“Intanto allora ti troverai un bel ragazzo che ti voglia bene e avrai dei bambini tuoi, così sarai veramente felice… Ho da proporti due principi, ti piace l’idea?”
“Mamma!”
“Che c’è? È carina, è dolce, è una brava ragazza, è intelligente, almeno uno di voi si sistema!”
 
Scoppiò a ridere dopo il fallito tentativo di accasare uno dei due figli; si vedeva che Constance lo faceva scherzando, ma era sicuro che, in fondo, volesse davvero che i suoi figli trovassero una compagna con cui passare il resto della vita. Si sarebbe proposta volentieri per il maggiore. Continuò parlando delle sue piccole, mostrando la loro foto alla donna, che le guardava estasiata, di come era la sua vita in Italia, di Roma, della sua famiglia, e mentre loro parlavano piano piano casa si affollò di gente. Tomo aveva portato tre diversi tipi di torte,  anche una vegana per Jay, e dopo l’arrivo anche dell’ultimo invitato presero tutti a servirsi al buffet preparato da Constance, che aveva cucinato per un esercito. Si ritrova sul divano a chiacchierare con Antoine e Babu, con in mano un piatto di lasagne vegetariane.
 
“… Così, ieri sera, mentre voi ridevate come iene per la sbornia, il sottoscritto era a casa di una bella mora.”
“Spero non una di quelle con cui hai ballato Babu, erano plasticate. Se le toccavi capace scoppiavano.”
“Tsè, Antoine, io ho gusto, a me piace toccare carne, non plastica.”
“Meno male che esistono uomini come te Babu.”
“Ehi, Ila, anche io apprezzo la carne.”
“Mmmmh, finché non vedo non credo.”
“Antoine, se sei ubriaco manco la guardi di solito, ci provi e ci finisci a letto!”
 
Shannon si introdusse nel discorso e si sedette tra lei e a Babu, per poi allungare il braccio sullo schienale dietro di lei, carezzandole lievemente una spalla e facendola rabbrividire.
 
“Qualcuno deve pur sacrificarsi, tu e Jared eravate più divertenti da giovani.”
“Cosa hai detto?”
 
Se lo sguardo di Jared potesse uccidere Antoine ora sarebbe già bello che morto. Alla parola ‘giovani’ il cantante lo aveva fissato isterico, perché alla diva non si poteva dire che ormai era in là con l’età, perché lui era ancora un ragazzo, o almeno si sentiva così.
 
“Recita le tue ultime preghiere.”
“Sei vecchio, v-e-c-c-h-i-o!”
“Antoine, scappa!”
 
Lo scatto che fece Jared verso Antoine fu tutto tranne che da persona in là con l’età, ma il dj fu più veloce di lui e cominciò a correre di fuori per poter sfuggire alle grinfie del cantante, mentre tutti se la ridevano alla grossa e Constance prendeva teglie e piatti e trasportava tutto sul tavolino di fuori.
 
“Shannon , perché tua madre sta portando tutto fuori?”
“Tempo dieci minuti e siamo tutti in piscina.”
“Cosa? Io non ho il costume!”
“Neanche noi!”
 
Antoine e Jared, strattonandosi scherzosamente finirono davvero in piscina, e trascinarono pure un Jamie che si era azzardato ad avvicinarsi per partecipare alla lotta. La maggior parte delle persone uscì fuori per godersi la scena, ed anche lei fu attirata dalle risate ed uscì; ma avrebbe dovuto accorgersi che Vicki, Constance, Emma e Chloe erano rimaste dentro, ed avrebbe dovuto domandarsi il perché. Lo capì due secondi dopo, quando Babu le tolse il piatto di mano e Shannon l’afferrò per la vita, tirandola su.
 
“Battezziamo Ila. Al mio tre!”
“No, traditore lasciami!”
“Uno…”
“Shannon mettimi giù!”
“Due…”
“Ti prego Shan, l’acqua è fredda!”
“Tre…!”
 
Chiuse gli occhi involontariamente quando si sentì cadere nell’acqua gelida con il batterista che ancora la teneva stretta; dopo due secondi si sentì tirare su dalla vita e riemerse sentendosi nelle orecchie le risate degli altri intorno a lei, Shannon compreso.
 
“Oddio, scusami tesoro, mi sono scordata di avvertirti.”

Vicki si stava avvicinando con un asciugamano, pronta per accoglierla non appena fosse uscita, ma ora l’unica cosa che pretendeva era vendetta ad ogni costo.
 
“SHANNON LETO, STO PER RENDERE TUO FRATELLO FIGLIO UNICO!”


Si avventò sul batterista, che non si aspettava una risposta, e lo scaraventò sotto l’acqua con la testa con tutta la forza che aveva in corpo, ma non aveva previsto che Shannon fosse più lesto di lei, e prima che potesse allontanarsi le afferrò una gamba e la tirò di nuovo sott’acqua. Continuarono così per un po’, diventando l’anima della festa, gli altri tre si unirono pure alla guerra, creando diversi fazioni. Fratelli Leto versus lei, Jamie e Babu, ovviamente i fratelli ebbero la meglio perché la presero in ostaggio a metà gara.
 
“Siete scorretti!”
“In amore ed in guerra tutto è concesso!”
 
Appena uscì dall’acqua avvertì il freddo della sera penetrargli le ossa e corse tra le braccia di Vicki che l’avvolse un asciugamano che Constance aveva previdentemente messo fuori.
 
“Meglio se vi cambiate, andate in camera di Jay a prendere dei vestiti.”
 
Seguirono il cantante al piano di sopra ed appena entrati in camera gli uomini cominciarono a togliersi gli abiti e lei arrossì vistosamente.
 
“Ragazzi, io sono qui.”
“Ops, scusa. Di solito le ragazze non finiscono in piscina, hanno imparato la lezione.”
“Gia, ho notato.”
“Io non mi scandalizzo se ti spogli.”
 
Antoine si beccò un’occhiataccia ed una ciabatta che Shannon aveva afferrato da terra e che gli aveva tirato beccandolo quasi in fronte; vide Jared e Babu guardarlo meravigliati, e lei arrossì ancora di più, visto che quel gesto aveva un non so che di equivoco.
 
“Mi prendo un vestito e mi cambio in bagno, ok?”
“… Ok.”
“Vuoi trovare qualcuno di noi nudo nel letto quando esci? Io mi propongo come volontario!”
“Antoine!”
 
Jared lo riprese mentre ci mancò poco che Shannon gli tirasse una seconda ciabatta, non lo fece solo perché lei prese di corsa un vestito dal comodino di Jared e si chiuse di corsa in bagno. Il comportamento del batterista era alquanto strano, Jared aveva mangiato la foglia. Sperò solo che si dimenticasse presto della scenetta. Si cambiò con lentezza, dando tempo agli uomini di cambiarsi anche loro, e quando Babu l’avvertì che avevano fatto e che l’avrebbero aspettata di sotto, tirò un sospiro di sollievo ed dopo qualche minuto aprì la porta. Trovò Shannon semisteso sul letto, con dei jeans nuovi da cui usciva il bordo dei boxer, una camicia blu aperta sul torace, che la fissava insistentemente; sobbalzò trovandoselo di fronte così sexy.
 
“Mi hai fatto prendere un colpo.”
“Volevo assicurarmi che ad Antoine non venisse l’idea di spiarti.”
“Non credo avrebbe rischiato.”
“… Hai i brividi? Hai freddo?”
“Un po’, ma è l’effetto post-bagno improvviso che un bambino troppo cresciuto mi ha costretto a fare.”
“Bambino troppo cresciuto io?!”
 
Lo vide alzarsi dal letto e posizionarsi di fronte a lei, artigliandole i fianchi e cominciando a fargli il solletico, e se c’era una cosa che proprio non riusciva a sopportare era il solletico ai fianchi. Si piegò su se stessa dalle risate mentre cercava di allontanare le mani del batterista con scarsi i risultati; lui la seguì a terra e si inginocchiò di fronte a lei per continuare meglio.
 
“Shannon, ti prego, smettila!”
“No,no,no!”
 
In preda alle risa si ritrovò accartocciata con la schiena sul petto del batterista, mentre lui era passato a farle il solletico alla pancia.
 
“Ti prego, tregua!”
“Cosa mi dai in cambio?”
“Qualunque cosa.”
 
Si interruppe un attimo, tenendo comunque le mani sulla sua pancia, e la fece poggiare completamente a lui con la schiena.
 
“Domani sera, cena.”
“E c’era bisogno di farmi pisciare sotto dalle risate per andare fuori a cena?”
“Da soli.”
 
Arrossì di brutto, perché le sembrava tanto un appuntamento. Sentì l’uomo posarle un bacio tra i capelli e carezzarle la pancia leggero.
 
“Va bene.”
“Ora torniamo giù.”
 
L’aiutò ad alzarsi e le baciò di nuovo la testa, per poi lasciarla e scendere di sotto per primo. Cercò di sistemarsi i capelli di fronte allo specchio che Jay teneva in un angolo della camera, e poi scese di sotto, dove gli altri stavano ancora mangiando, e vide Shannon ridere con il fratello e Jamie sul divano di casa. Vicki la raggiunse e la fece accomodare accanto a lei e Tomo, così da evitare un altro attacco a tradimento, cosa che poteva benissimo ricapitare, a detta sua. Non sapeva se confidare loro quello che era successo, non aveva capito se per Shannon era una cosa così, o era l’inizio di qualcosa di più. Forse era meglio aspettare che fosse Shannon stesso a parlarne.
 
“Povera la mia piccola, la prima volta che Shannon mi ha buttato in piscina per poco non lo affogavo sul serio.”
“Se solo non fosse così muscoloso ci sarei riuscita, uffa!”
“Ottimista Ila, ottimista! E voi siete donne, pensate che io devo sorbirmi la sua smisurata forza, con voi si limita!”
“Ma se passate il tempo a ridere, Tomo…”
“E quando non ridiamo ci picchiamo, per gioco, ma ci picchiamo. E la maggior parte delle volte ho i lividi.”
“Non crescerete mai, vero?”
“Ma neanche per idea!”
“Ila, domani andiamo a firmare, così cominciamo a mettere a posto casa, ok?”
“Ok.”
“Che bello, allora si fa shopping, dobbiamo riempire un armadio!”
 
Chloe si era introdotta nel discorso e si era seduta accanto a loro, con un bicchiere di birra in mano.
 
“Bisogna ampliare il tuo guardaroba tesoro, dopo la firma ci mettiamo subito all’opera, ok?”
“Ok…”
“Beh, ragazzi, io tra mezz’ora vi saluto, domattina sveglia presto.”
“Posso chiederti un passaggio Chloe?”
“Certo tesoro.”
 
Mezz’ora dopo era in macchina con la ragazza, con addosso un maglione che Shannon le aveva imposto perché non voleva prendesse freddo, supportato anche da Constance.
 
“Chloe, domani mi aiuti a trovare un vestito carino per una cena?”
“Cert… No, aspetta, è un appuntamento?”
“Beh, non proprio, però…”
“Silenzio, silenzio, silenzio! Sarai bellissima, una dea!”
“Chloe, non lo so ancora nessuno, e non è neanche ufficiale.”
“Chi è?”
“… E’ uno che ho conosciuto sul set.”
“Capisco, non vuoi mischiare tutto con il lavoro per ora, fai benissimo!”
“Domani lo saprà anche Vicki, ma vi prego tenete questa cosa per voi.”
“Contaci, gli uomini non capirebbero.”
“Quand’è l’evento?”
“Domani sera.”
“Ci penso io a te, ti porto da un parrucchiere e da un truccatore di mia conoscenza, stramazzerà al suolo.”
 
Non le piaceva nascondere le cose agli altri, a Vicki soprattutto, ma era una questione che riguardava lei e Shannon, e sarebbe rimasta tale fino a quando non avrebbero capito cosa stava portando tutto quello.  Sperò vivamente in qualcosa di buono, o avrebbero rovinato tutto, c’era troppo in ballo, sperò che Shannon se ne fosse reso conto.
 
 
 
 
 
“COSA?! Stasera esci con un uomo?!”
“Non urlare Vicki, è una cosa che deve rimanere tra noi!”
“E’ uno del lavoro. Jared diventerebbe un mastino pur di farsi i fatti suoi.”
 
Lei, Chloe e Vicki si erano fermate a fare colazione dopo aver messo la fatidica firma e festeggiare quel passo importante; sua madre le aveva urlato all’orecchio quanto fosse contenta e quanto la sua bambina fosse cresciuta. Poi aveva sganciato la bomba anche a Vicki, che l’aveva guardata con gli occhi fuori dalle orbite.
 
“E quando me lo volevi dire?”
“Ehm, scusa… Ancora devo abbracciare bene l’idea.”
“Allora, ricorda, niente sesso al primo appuntamento! Assolutamente, devi farlo sudare, capito? Va bene una pomiciata, qualche palpatina, ma niente di più!"
“Ma…”
“Arrivate separati, lo so che è bello che lui venga a prenderti, ma se vi vedono arrivare insieme i giornalisti vi braccheranno! … Mi raccomando, non innamorarti subito, c’è gente arrivista in questo mondo!”
“Ma, è solo un’uscita…”
“Noi ti mettiamo in guardia… Ora andiamo a farci belle!”
 
La fecero girare in lungo ed in largo, ed alla fine Chloe optò per vestito semplice ma ad effetto; nero, con le spalline in pizzo abbassate in modo da metterle in mostra le spalle, tacco 15, pochette nera. Le avevano fatto i capelli, le avevano truccato un po’ il viso e l’avevano spedito di corsa in albergo. Shannon le aveva mandato un messaggio nel pomeriggio avvertendola che sarebbe passato a prenderla alle otto in un suv nero con i vetri oscurati, le avrebbe fatto uno squillo quando sarebbe arrivato. Quindi mancava meno di un’ora. Non sapeva dove l’avrebbe portata, sperò fosse un posto in cui c’era meno gente possibile che avrebbe potuto riconoscerli. Sentì bussare alla porta ed andò ad aprire meravigliata, credendo fosse il servizio in camera.
 
“Pronta zuccherino?”
“Shan…”
“Se ne hai ancora per un po’ posso aspettare di sotto al bar.”
“No,no… Prendo la giacca ed andiamo.”
 
Era rimasta un attimo interdetta quando aveva visto l’uomo davanti alla sua porta con indosso un paio di jeans scuri, una maglietta bianca ed una giacca grigia. I soliti occhiali neri coprivano i suoi bellissimi occhi. Non si sarebbe mai abituata a vederlo così sexy. Prese la giacca da letto ed uscì fuori dalla stanza, seguendo il batterista nell’ascensore.
 
“Stiamo andando nel parcheggio sotterraneo, così almeno i giornalisti non ci vedranno.”
“Ok.”
“Stai tranquilla, sono bravo ed evitare queste seccature.”
 
Probabilmente capitava spesso che andasse a prendere le ragazze con cui usciva, e per evitare inutili fughe si era attrezzato al riguardo. Arrivarono alla macchina e l’uomo le aprì elegantemente la portiera per farla salire; sapeva come giocare le sue carte.
 
“Non aprire il finestrino per nessun motivo.”
“Ovviamente.”
 
L’uomo salì in macchina e mise in moto, ed appena uscirono dal parcheggio furono invasi da giornalisti che cercavano inutilmente di sbirciare in macchina.
 
“In pratica, se gli faccio le smorfie non vengo vista vero?”
“No, puoi anche mandarli a quel paese se vuoi.”
 
Sapeva che era infantile, ma inizio a fare linguacce a destra e a manca, visto che la maggior parte delle volte era braccata da loro; sapeva che facevano il loro lavoro, ma lo stalkeraggio era una cosa che proprio la mandava in bestia, soprattutto perché amava la sua intimità.
 
“Ti abituerai a non dare retta a ciò che scrivono su di te. Secondo molte riviste mio fratello è stato addirittura con Colin Farrell, ancora ci ridono su. Ed il bello è che si divertono a farci credere la gente.”
“Beh, Efestione ed Alessandro erano una bella coppia.”
“Sì, ma Colin al tempo aveva in corpo tutto tranne che il sangue, più stava lontano da Jay e meglio era per tutti.”
“Avevi paura ti traviasse il fratellino piccolo?”
“Un po’. Il piccolo di casa và protetto.”
“Ha ragione tua madre, l’hai rovinato tu.”
“Probabile.”
“… Anche a te ne hanno smollata qualcuna non vera?”
 “Sì, con Lana. Siamo ottimi amici, ogni tanto ci vediamo per un sushi e scoppia il finimondo.”
“E’ lì che mi stai portando stasera? A mangiare un sushi?”
“No, ti sto portando in un posticino tranquillo e caratteristico. Te ne innamorerai.”
“D’accordo.”
 
Dopo mezz’ora di strada, Shannon parcheggiò in una stradina vicino ad un parco, e sembrava non esserci alcun ristorante lì vicino. Scesero dalla macchina e l’uomo le offrì il braccio, al quale lei si attaccò e lo seguì curiosa.
 
“Pic-nic alle otto di sera in mezzo ad un parco?”
“Fidati di me.”
 
Si addentrarono nel parco, ed in lontananza vide quello che sembrava un locale illuminato. Man mano che si avvicinavano riusciva a distinguere delle mura non molto alte, degli alberi e delle luminarie colorate.
 
“Cos’è?”
“Un posticino fuori dal mondo.”

Entrarono nel locale e vide davanti a lei un albero al centro della stanza, che con i suoi innumerevoli rami e foglie fungeva da tetto, e vi erano lanterne attaccate che illuminavano lo spazio, riempito di divanetti bianchi e tavolini bassi , tutti circondati da petali di fiori. Composizioni floreali di ogni tipo addobbavano tavolini e l’intero locale, rendendo tutto più colorato.
 
“E’ magnifico!”
“Vieni.”
 
Shannon parlò con un cameriere, che li scortò ad un tavolino un po’ più appartato degli altri, e si accomodarono vicini al divanetto a semicerchio. Il cameriere le porse un girasole, e lei lo ringraziò per poi annusare il fiore.
 
“Grazie Shan, è il mio fiore preferito.”
“Lo so, li trovo anche io molto belli.”
“Il posto è veramente incantevole, come lo hai scoperto?”
“Per puro caso, è ottimo per stare un po’ in pace.”
 
L’uomo appoggiò un braccio sulle schienale dietro di lei, e con la mano prese a carezzarle la spalle nuda con gesti lenti; lei sorrise rossa in viso, perché non sopportava il silenzio che si era creato, per fortuna intervenne il cameriere che portò il menù.

“Visto che conosci il posto, cosa mi consigli?”
“Oh, fanno dell’ottima carne. Ed i dolci sono fenomenali. Preferisci vino rosso o bianco?”
“Rosso.”
“Anche io… Come procedono le riprese con Jared? Ormai siete quasi al termine, finite domani no?”
“In realtà abbiamo già finito, domani ci vediamo per i ringraziamenti… Ho scoperto che mi piace fare la furfante.”
“E dopo?”
“Non lo so. Jay mi ha consigliato di prendere le parti solo di personaggi che mi interessano davvero, e di non fare come molti altri che accettano qualsiasi cosa.”
“E ci sono altre proposte in ballo?”
“Sì, ma comunque le riprese comincerebbero il prossimo anno. Avrei qualche mese di stop.”
“Vuoi tornare in Italia?”
“No… Io voglio rimanere qui. Certo, potrei farmi una vacanza per stare un po’ con la mia famiglia, ma dopo un po’ mi mancherebbero gli Stati Uniti, mi manchereste voi… C’è un mondo da vivere qui, ed io non voglio perdermelo.”
“… Ti capisco. Vivere in un posto in cui non ti senti a casa può diventare pesante.”
“Ma ora siamo tutte e due qui, Shan. Niente momenti tristi, raccontami qualcosa di divertente su di te! Raccontami qualche tuo segreto vergognoso, avanti!”
“Fammi pensare.”
 
Il cameriere arrivò a prendere le ordinazioni, e dopo che ebbero ordinato cominciarono a parlare di episodi divertenti su di loro o di qualcuno relativamente vicino a loro, ridendo come pazzi. Cenarono senza alcun imbarazzo, parlando e ridendo in continuazione, ed alzando anche un po’ il gomito, si finirono la seconda bottiglia di rosso e neanche se ne accorsero.
 
“… Dopo qualche minuto vedo Antoine correre fuori dal camerino in mutande, e si rifugia dietro di me tutto spaventato borbottando frasi senza senso.”
“Ma come, si era portato una bella ragazza nel camerino.”
“Peccato fosse una bella ragazza solo sopra, sotto aveva la sorpresina.”
“Oh mio Dio.”
 
Scoppiarono a ridere entrambi, tanto che lei si tenne la pancia dal ridere e lui le strinse le spalle con il braccio che aveva sullo schienale per tirarla al suo petto e ridere tra i suoi capelli.
 
“Adoro vederti ridere, lo fai di cuore ed è una cosa bellissima.”
 
Alzò la testa e fissò l’uomo nei suoi bellissimi occhi felini e ridenti; le venne naturale sporgersi verso di lui e carezzargli la punta del naso con la sua, in una sottospecie di coccola, e lui rispose sorridendo e ripetendo la cosa. Sarebbero bastato poco e le labbra si sarebbero unite, ma quelle coccole adolescenziali che si stavano facendo piacevano ad entrambe e continuarono così per qualche minuto, fino a quando non intervenne il cameriere imbarazzato che gli fece notare che il locale avrebbe chiuso dopo dieci minuti. Shannon pagò il conto e, intrecciando le loro dita, la portò alla macchina, per poi farla salire nel posto dietro per continuare un po’ con quelle coccole dolci. Le venne naturale poggiare le gambe sopra le sue ed accoccolarsi di più al suo petto, mentre lui le passò un braccio intorno alla vita ed un altro lo allungò ad afferrarle una mano per poi intrecciarne le dita. Lui cominciò a baciarle il collo e le spalle scoperte con baci soffici e dolci.
 
“Domani sera non andare alla festa del cast, vediamoci ancora.”
“Ci vedremo dopo la cena, possiamo andare in un pub.”
“Ma devo stare 24 ore lontano da te… E da questo.”
 
Continuò a darle baci soffici sul collo, solo che ora alternava anche dei leggeri morsi.
 
“Considerala una punizione, per avermi fatto credere che quella sera in discoteca mi avessi baciato solo per effetto dell’alcool.”
“Quanto sei ingenua, l’ho fatto perché non volevo fossi costretta a provare qualcosa per me.”
 
Non le diede il tempo di replicare, unì le labbra alle sue per coinvolgerla in un bacio che cominciò tenero ma che diventò pian piano sempre più audace, tanto che cominciarono a carezzarsi senza rendersene conto. Quando sentì la mano dell’uomo provare ad abbassarle il vestito, nonostante fosse una cosa che desiderasse come non mai, ebbe la forza di staccarsi dalle sue labbra e fermare la mano che si trovava ormai sul suo seno.
 
“N-no, aspetta Shan…”
“Oddio scusa, non volevo arrivare a questo, io… Non voglio iniziare così.”
“Neanche io.”
“Ti riaccompagno a casa.”
 
Passarono entrambe davanti e l’uomo si mise alla guida per riportarla a casa; l’accompagnò fin sopra alla camera, e si guardarono imbarazzati una volta di fronte alla porta aperta.
 
“Ti mando un messaggio domani, così mi fai sapere a che ora finisce la cena.”
“Ok.”
“… Non voglio iniziare con il sesso questa volta, voglio provare a cominciare con l’amore.”
“Sono d’accordo.”
 
Shannon si sporse per darle un casto bacio a stampo, che durò qualche secondo più del dovuto.
 
“Buonanotte.”
“Buonanotte Shan.”
 
Appena chiuse la porta della stanza  si buttò sul letto e sorrise radiosa al soffitto, pensando che aveva incrociato un angelo sulla sua strada e doveva dire grazie a chiunque le stesse dando tutta questa felicità tutte in una volta. Si addormentò senza neanche spogliarsi, per la prima volta senza pensieri in testa.
 
 
 
 
Il mattino dopo fu svegliata dall’incessante rumore di qualcuno che bussava alla sua porta, e dalla verve con il quale continuavano potevano essere solo due persone: o Klara, o Jared, e sperò non fosse quest’ultimo, visto che ancora non sapeva come comportarsi con lui. Si alzò e strascinò i piedi fin davanti alla porta, per poi aprire e trovarsi di fronte la sua assistente.
 
“Buongiorno Klara.”
“Buongiorno tesoro! Dai che cominciamo il trasloco!”
“Possiamo farlo tra un’oretta? Ho sonno.”
“Sono le undici, è tempo di agire! Fai le ore piccole con gli uomini e poi la mattina non ti reggi in piedi! Certo che vi siete dati tutti da fare ieri sera!”
“Tutti chi?”
 
Per un attimo tremò al pensiero che qualcuno avesse beccato lei e Shannon e che la notizia fosse già su tutti i giornali di gossip della nazione, ma era un’opzione remota, erano stati attenti.
 
“Antoine e Shannon ieri sera hanno cuccato alla grande, stare con loro ti fa bene, ti stai svegliando.”
“Aspetta, cosa significa cuccato alla grande?”
“All’uscita di una discoteca hanno beccato Antoine in compagnia di una bella moretta, mentre Shannon amoreggiava con la sua ex.”
 
Fu come se qualcuno gli fosse passato sopra con il carro armato; il respiro le si mozzò, strabuzzò gli occhi e sentì il cuore accelerare i battiti. Si impose la calma, i giornali raccontavano sempre un sacco di fandonie.
 
“Sei sicura?”
“Cerca gossip su internet, ci sono le foto…  Ti aspetto a casa nuova tesoro.”
 
Prese immediatamente il cellulare in mano e si mise a cercare informazioni riguardo Shannon, e trovò immediatamente delle foto. Le prime erano di Antoine che amoreggiava con una donna, piano piano cominciò a trapelare Shannon nelle foto, ed era con Kirstina. Nelle prime sembrava solo chiacchierare  con la donna, poi ce ne erano altre in cui sembravano sempre più intimi; lei le carezzava il braccio, lei si appoggiava a lui, lei che lo baciava. SI fermò su quest’ultima, e non vi erano dubbi che si stessero baciando, ed i vestiti che indossava Shannon erano gli stessi che aveva quando aveva lasciato lei in albergo. L’articolo continuava dicendo che erano saliti in macchina insieme ed alludeva ci fosse stato qualcosa di più. Andò sul profilo twitter di Kirstina, tanto per farsi del male più di quanto non se ne fosse già fatto, e lesse una frase che le frantumò il cuore in due.
 
Lui tornerà sempre da me, anche se prima è stato con te.
 
E chi poteva averle detto che era stato con lei se non Shannon in persona? Non lo sapeva nessuno. Tutte quelle belle parole, i buoni propositi, tutta quella tenerezza, tutta una bugia, cancellata da un bel paio di tette. Sentì come se si fosse svegliata da un bellissimo sogno nel peggiore dei modi, con la brutta sensazione che la realtà fosse ben diversa da quella che aveva sognato. Era talmente sconvolta che non riusciva neanche a piangere. Sentì il cellulare che aveva in mano squillare, e rispose di getto, senza neanche guardare chi fosse, con una bruttissima sensazione addosso.
 
“Ila, sono mamma, prendi il primo aereo. Si tratta delle bambine.”
“Cosa…?”
“Hanno avuto un incidente con tua zia stanotte, lei sta bene, ma le bambine sono nel reparto terapia intensiva.”
 
Neanche il tempo di sentire il resto che subito prese in mano la cornetta del telefono della stanza e si fece passare l’aeroporto, per prenotare il primo volo per Roma. Era arrivato lo scotto per tutta la felicità che aveva provato fino alla sera prima, ma lei non era pronta a pagare un prezzo così alto.

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Capitolo 6
*** Remember me ***


Era atterrata da meno di un’ora e subito si era fatta portare all’ospedale, con il cuore in gola e le lacrime che non avevano smesso di scendere per tutto il viaggio in aereo, tanto che l’hostess aveva dovuto rifilarle tre camomille. Corse nel reparto terapia intensiva, e subito scorse sua madre e suo padre seduti nella sala di aspetto, e corse ad abbracciarli più stretti che poté.
 
“Cosa è successo? Come stanno?”
“Non lo sappiamo, tuo zio è dentro. Un ubriaco ha tagliato la strada a tua zia, e sono andate a sbattere contro il muro. Sara è la più grave.”
 
Scoppiò a piangere di nuovo tra le braccia di sua madre, sorretta da suo padre che le carezzava la schiena con le lacrime agli occhi.
 
“Le mie bambine, non me ne sarei dovuta andare, dovevo rimanere qui con loro! Non lo sanno loro quanto bene gli voglio, non gliel’ho mai detto apertamente, le volevo con me a Los Angeles, io non gliel’ho mai detto!”
 
Non seppe mai per quanto pianse, quando esaurì tutte le lacrime si sedette a terra, in un angolino accanto alla porta della terapia intensiva, ed attese notizie. Non si appisolò neanche un minuto, guardava fissò davanti a lei, come in uno stato di trance. Stette lì per tutta la notte, fino a quando il medico non uscì dalla sala con aria stanca; lei si alzò immediatamente e gli si piazzò davanti.
 
“Sono la cugina, mi dica come stanno.”
“… Per fortuna bene. La più piccolina sta bene, pensavamo avesse battuto la testa ma così non è stato, l’abbiamo tenuta per un po’ sotto osservazione vista la sua tenera età, ma ora sta bene, spavento a parte. La più grande ha un braccio rotto, ed ha avuto una commozione cerebrale.”
“E quindi?”
“Staranno bene. Non abbiamo potuto sciogliere la prognosi prima visto l’età, ma il peggio è passato.”
“Sul serio? Le posso portare a casa?”
“Non subito, ma al più presto sicuramente.”
 
Abbracciò stretto il medico e sciolse la tensione delle ultime ore piangendo a dirotto, era in uno stato talmente disastroso che il medico stesso pretese di misurarle la pressione e le segnò qualche tranquillante per quei giorni. Non le fecero vedere le piccole visto che ancora stavano riposando, quindi i genitori la portarono nella sua vecchia casa, e la misero nel suo vecchio letto, dove si assopì come un sasso.
 
 
 
La svegliò la madre, che le passò immediatamente la cornetta del telefono asserendo che era una persona che parlava in inglese e che non aveva capito molto. La afferrò ed appena rispose sentì qualcuno urlare dall’altro capo del  telefono.
 
“NO, DICO, MA SEI SCEMA?!!!”
“Ciao Klara.”
“CIAO UN CAZZO! TI CERCHIAMO DA 24 ORE! VICKI STAVA PER CHIAMARE LA POLIZIA! TI PARE NORMALE SPARIRE SOLO PERCHE’ SEI COSì IMBECILLE DA NON CHIAMARE SHANNON E CHIEDERE SPIEGAZIONI? QUEL POVERINO STAVA MORENDO DI CREPACUORE!”
“Klara, le mie cugine sono all’ospedale.”
“… Cosa?”
“Hanno avuto un incidente con la macchina, quando mi hanno chiamato ieri mattina mi hanno detto solo che erano gravi. Sono partita immediatamente, non ero più in me.”
“Oh mio Dio. E come stanno?”
“Ora bene, per fortuna.”
“Scusa, non avevamo idea.”
“Lo so, ero stravolta.”
“Penso io a tutto qui, avverto anche gli altri, tu pensa a loro. Ed accendi il cellulare.”
“Promesso. Ci sentiamo più tardi.”
“Ciao.”
 
Chiuse la comunicazione ed andò in cucina, vedendo che la madre le aveva preparato la colazione come un tempo: caffè, cappuccino e cornetto caldo. Queste piccole cose le erano mancate. Accese il cellulare mentre mangiava, e si stupì di avere la memoria piena. Aveva ricevuto chiamate e messaggi da tutti, primo fra tutti Shannon. Quella era un questione di cui non voleva occuparsi in quel momento, aveva altro a cui pensare. Si vestì di corsa e prese la macchina di suo padre per recarsi in ospedale. Trovò i giornalisti sia sotto casa che sotto la struttura ospedaliera, si calcò bene il cappuccio della felpa sulla testa ed entrò nel parcheggio evitando di prendere in piano qualche fotografo che stava addirittura per saltarle sulla macchina. Appena entrò nell’ospedale trovò il medico che si era preoccupato delle bambine e di lei, il giorno prima, che ringraziò di nuovo e la scortò gentilmente nella stanza delle piccoline.
 
“Ila!”
 
Si sentì chiamare da una vocina felice e seguì la voce lungo il corridoio; vide la sua mostriciattolina di tre anni e mezzo con i suoi brillanti occhi azzurri, i suoi riccioli biondi ed il suo pigiamino di trilli rosa correre verso di lei a braccia aperte, e lei l’agguantò felice al volo, stringendola forte e soffocando le lacrime tra i suoi capelli.
 
“Lo sai che mi sono fatta la bua?”
“Sì, lo so, piccolina, lo so.”
 
Le baciò la fronte e notò immediatamente un cerotto sulla guancia, ed un altro sul mento, le venne da singhiozzare disperata ma si trattenne, stava bene, era questo l’importante.
 
“Mi sei mancata così tanto.”
“Vieni Ila, c’è la mia sorella in camera con me.”
 
Le venne da sorridere, le era mancata quella parlantina spigliata e forbita per una bambina della sua età. Era furba la piccolina, aveva un non so che di Jay per come era viziata ed indisponente. Un po’ era colpa sua, gliele aveva fatte passare tutte. Entrò nella camera con ancora Alessandra in braccio, e vide la più grande stesa nel letto, con gli occhi semichiusi, che si aprirono al’istante quando la videro.
 
“Ila!”
“Oh, tesoro mio.”
 
Corse ad abbracciare forte anche lei, facendo attenzione al gesso ingombrante che la piccola aveva al braccio. Sara era fisicamente uguale alla più piccola, stessi occhi azzurri, stessi riccioli biondi, anche se lunghi rispetto alla piccola, ma era opposta caratterialmente. Somigliava molto a lei, ed era spesso più dura nei suoi confronti, perché voleva che non fosse debole come lo ero stata lei, ma voleva che fosse forte, consapevole di sé stessa.
 
“Come stai?”
“Mi fa male la testa.”
“Lo so, vedrai che dopo la colazione passa.”
“In tutto questo, ci sarebbe anche la zia preferita.”
 
Non aveva proprio visto sua zia seduta sulla sedia accanto al letto della grande. Abbracciò anche lei forte e si sedette sul letto della piccola, con ancora Alessandra in braccio, che non voleva saperne di stare ferma in un letto.
 
“Tu come stai?”
“Io bene, è stato più lo spavento. Immagino il tuo, che sarà stato a livello esponenziale.”
“Non ci hanno detto nulla fino a ieri sera, è stato traumatico.”
“Mi hanno tagliato la strada, ho fatto quello che ho potuto. Le bambine erano svenute, ma si sono riprese prima dell’arrivo all’ospedale, le hanno visitate subito, dopo un paio d’ore già sapevamo che la situazione non era grave, ma non avevano ancora sciolto la prognosi, ed io non ho pensato proprio ad avvertire voi che eravate fuori.”
“Non importa zia, l’importante è che state bene.”
“Ila, Ila, ma i 30 seconds to mars?”


Sara era una piccola echelon, l’aveva traviata quando era piccola, anzi le aveva traviate entrambe. Solo i mars e la Disney, non si sentiva altro in casa loro. Alessandra dormiva solo con Alibi ormai, Sara invece si era fatta comprare una chitarra qualche anno prima e aveva cominciato a prendere lezioni, e la prima canzone che aveva imparato a suonare era stata L490. Ancora non c’era stata occasione di farli incontrare, ma sarebbe stata questione di poco ormai.
 
“Loro sono a Los Angeles… Sono curiosi di conoscervi.”
 
Era vero, Tomo e Vicki adoravano i bambini, quando gli aveva mostrato le foto erano diventati euforici. Jared aveva guardato le foto di sbieco, visto che aveva sempre pensato di avere gli occhi azzurri più belli del mondo e quando le aveva viste aveva storto un po’ il naso, ma voleva confrontarsi di persona, anche se in fondo era un tenero ed era curioso di conoscere echelon così piccole. Shannon era incuriosito invece, perché voleva proprio vederla mentre si cimentavo a fare la baby-sitter.
 
“Mamma ci stava promettendo di venire per Natale.”
“Davvero?”
“Sì… Abbiamo visto la morte negli occhi, ora voglio vedere gli Stati Uniti ed il tuo mondo il prima possibile, senza rimandare. Anche i tuoi sono d’accordo.”
“Perfetto, allora bisogna prenotare l’aereo!”
“Evviva!”
“Vi farò vedere cose che non potete neanche immaginare!”
 
Si fece raccontare di come andava la scuola, di tutte le cose che si era persa fino a quel momento. Lei raccontò di quello che era diventato il suo mondo e la sua seconda famiglia, della sua nuova casa, di Klara, delle stranezze di Hollywood, fino a quando non finì l’orario di visita. Salutò le bambine e sua zia ed uscì dal reparto, avviandosi verso il bar dell’ospedale. Prese un cappuccino e si sedette ad una tavolino, tirando fuori il cellulare e decidendosi ad aprire i messaggi che le erano arrivati. Vicki e Tomo era quasi da stalking, erano preoccupati non poco. Jared era nero, furioso, preoccupato, non sapeva neanche lei come definirlo. Klara la avvertiva che l’avrebbe raggiunta con il primo volo. Aveva il cuore in gola quando passò a Shannon, aveva paura di ciò che avrebbe letto in quel messaggio.
 
Non cancellare il messaggio, ti prego. Antoine ieri sera mi ha chiamato ubriaco per riportarlo a casa, e quando lui beve è ingestibile, già era stato dentro una volta, così sono andato a riprenderlo, ed era in compagnia di Kirstina ed un’altra ragazza. Lo avevano fatto bere apposta, una per farselo, l’altra per vedere me. L’ho portato fuori insieme all’altra ragazza per fargli prendere un po’ d’aria, Kirstina mi ha seguito ed abbiamo cominciato a discutere, lei ci provava, io cercavo di respingerla tenendo d’occhio contemporaneamente Antoine, ha approfittato di un mio momento di distrazione per baciarmi. L’ho allontanata in malo modo, urlandole che stavo frequentando un’altra persona e che doveva lasciarmi in pace. Ho caricato Antoine in macchina e me ne sono andato, ed i giornalisti hanno ricamato una storia distorta per far notizia. E Kirstina voleva allontanarti scrivendo su ogni social network che avesse frasi ambigue. Te l’avrei detto la sera stessa, ma non ho fatto in tempo. Non erano bugie quelle che ti ho detto ieri sera. C’è stato qualcosa di speciale ieri sera, non permetterò che una deficiente la rovini. Rispondimi, ti prego.
 
Aveva gli occhi lucidi, si sentì dieci chili in meno dopo quella confessione. Trovò anche dei messaggi di Antoine, che le chiedeva mille volte scusa di aver combinato quel disastro, di rispondere a Shannon che era preoccupato, che era un uomo speciale, di fidarsi di lui.
Decise di fare qualche telefonata per tranquillizzarli, anche se ormai Klara aveva già fatto il suo. Cominciò con l’unico elemento che sapeva non le avrebbe urlato dietro.
 
“Pronto?”
“Tomo, sono io.”
“Ila, finalmente! Erav…”
“ILARIA!”
 
Avvertì distintamente la voce di Vicki aumentare di due tre toni ed il telefono lasciare la mano del bassista.
 
“UN COLPO MI HAI FATTO PRENDERE! QUANDO TORNI QUI TI AMMAZZO, TI RIANIMO, TI ABBRACCIO E POI TI RIAMMAZZO! QUANDO SUCCEDE QUALCOSA MI DEVI CHIAMARE!”
“Scusami… Mi mancano i tuoi abbracci.”
“Oh… Senti, come stanno le bambine?”
“Bene, per fortuna.”
“E tu come stai?”
“Fisicamente distrutta.”
“Io e Tomo prendiamo il primo volo.”
“No, no… Qui va tutto bene, non avrebbe senso, il medico mi ha prescritto dei tranquillanti. Devo solo smaltire la paura. Le bambine sono fuori tra qualche giorno.”
“… E hai sentito Shannon?”
“Ho letto i suoi messaggi.”
“Senti, so che la situazione non è delle migliori, ma falla una chiamata. Quando non ti trovavamo e ci ha detto quello che era successo ce lo siamo mangiato, però… Col senno di poi, ci siamo resi conto che ci tiene davvero, perché ha messo in discussione un equilibrio precario, e se lo ha fatto non è per un capriccio o per una cosa che la vive come viene. Ci tiene a far funzionare le cose sul serio. Da quando lo conosco non ha mai iniziato una relazione senza il sesso, mai… Non è per difenderlo, anzi, quando ho saputo che eravate usciti avrei voluto strangolarlo, però…”
“Scusa se non te l’ho detto.”
“So perché non l’avete fatto, lo capisco. Non siamo arrabbiati con te, siamo preoccupati. Mangia, non trascurarti.”
“Sono in Italia, non avrò problemi con il cibo!”
“Ci sentiamo presto, appena hai un computer mi telefoni con skype.”
“Promesso.”
 
Chiuse la comunicazione e sospirò pesantemente; ora doveva chiamare Shannon, glielo doveva. Poi avrebbe potuto pure passare sotto il forcone del fratello. Lo cercò tra i contatti ed avviò la chiamata, anche se non sapeva proprio da che parte iniziare.
 
“Pronto?”
“… Sono io.”
“Oh, mio… Come stai? E le bambine?”
“Tutti… Tutti ok. Le bambine stanno bene, ed ora anche io.”
“Klara ci ha parlato di un incidente.”
“Sì, ma per fortuna il peggio è passato. Le tengono in ospedale qualche giorno ma poi le posso portare a casa.”
“E tu?”
“… Mi hanno dato un calmante, ora deve solo passare lo spavento.”
“… Ora che ti ho sentito è passato anche a me.”
“Mi dispiace avervi fatto preoccupare.”
“Eravamo terrorizzati… Pensavamo che fossi crollata dopo aver letto quelle riviste,e Kirstina poi…”
“Non ne ho avuto il tempo, è arrivata subito la notizia dell’incidente ed ho perso la ragione.”
“Immagino…”
“Ho… Ho letto il messaggio.”
“Immaginavo anche questo.”
“… Ed anche le diecimila scuse di Antoine… Non poteva sapere.”
“Già… Il macello l’ho combinato io, non lui.”
“No, tu sei solo corso in aiuto di un amico. E’ vero, in quel momento ho dubitato di te, ma era talmente tanta la felicità che avevo provato, che era più facile credere che fosse solo il sogno di una sera.”
“Jared me lo dice sempre di stare attento, ma io mi dimentico sempre.”
“Non siamo tutti maniaci del controllo come lui.”
“Anche questo è vero.”
“A proposito, quanto è infuriato?”
“Da paura, non te la caverai con poco zuccherino.”
“Mi aspetto una buona parola da parte tua.”
“Ruffiana… Senti, posso… Posso chiamarti nei prossimi giorni? O mandarti messaggi, o vederti su skype…?”
“Puoi fare tutte e tre le cose insieme, se ti va… Io rimarrò bloccata un po’ qui e…”
“… Quando tornerai riprenderemo dal pub che abbiamo mancato ieri sera.”
“Va bene… Ora devo chiamare tuo fratello.”
“Buona fortuna… Ciao zuccherino.”
“Ciao.”
 
Più lo sentiva e più se ne invaghiva. Ora il suo cuore sembrava un tamburo impazzito, per fortuna che lui era lontano. Doveva darsi una calmata e prepararsi un discorso da fare a Jared per evitare l’omicidio a fuoco lento, ma non le veniva in mente nulla. Cominciò ad avviarsi verso la macchina mentre pensava a parole sensate; una volta seduta al posto del guidatore avviò la terza chiamata della giornata e cominciò a pregare silenziosamente.
 
“Pronto?”
“Ciao Jay.”
 
Cominciò il conto alla rovescia nella sua testa, e quando arrivò a uno senti la voce del cantante cominciare a dirgliene di tutti i colori, senza prendere un attimo di fiato.
 
“SEI DEFICIENTE!? SI SPARISCE COSì!? UN INFARTO HO RISCHIATO, AVRO’ I CAPELLI BIANCHI E DIECI ANNI DI VITA IN MENO! E TU E QUELL’ALTRO SBATTITAMBURI DA STRAPAZZO CHE HO PER FRATELLO MI TENETE NASCOSTO CHE VI STATE VEDENDO?! IO PRETENDO DI AVERE IL CONTROLLO, E’ CHIARO, E’ CHIARO!?”
“NO CHE NON E’ CHIARO RAZZA DI DIVA ISTERICA CON I CAPELLI SHATUSHATI! IO HO INFARTATO QUANDO HO SAPUTO CHE LE MIE BAMBINE STAVANO MALE! IO MI SONO SENTITA MALE QUANDO HO LETTO DEL GOSSIP SU SHANNON! NON TE LO STAVAMO TENENDO NASCOSTO RAZZA DI FRATELLO GELOSO, NON VOLEVAMO COMPLICARE LE COSE SE NON FOSSE ANDATA!”
“… Shannon stava male, ed io…”
“JARED, SMETTILA DI CONTROLLARE TUTTO E TUTTI! CI SONO COSE CHE SFUGGONO AL TUO CONTROLLO… E sono sfuggite anche a me.”
“Scusami, non volevo urlarti.”
“Neanche io.”
“… Come stanno le piccoline?”
“Per fortuna bene, le faranno uscire presto.”
“… Penso io a tutto qui.”
“Grazie… Quando torno sarò la tua bambola da vestire e truccare per qualche giorno, promesso.”
“In realtà, credo che ti condividerò con il mio fratellone, a quel che so non avete consumato, e lui sarebbe felice di averti come bambola gonfiabile.”
“Sei il solito deficiente.”
“Grazie mon amour.”
“Intanto io non ho i capelli bianchi… Ciao pervertito.”
“BRUTTA STRON…”
 
Attaccò il telefono in faccia al cantante e sospirò felice di aver passato anche quella, anche se aveva promesso una cosa che le si sarebbe rivoltata contro, già lo sapeva. Ma ora aveva Shannon, il gioco valeva la candela.
 
 
 
 
 
 
Gira che ti rigira era un mese che era a Roma, ed era un mese che era lontano da Los Angeles, e le mancava terribilmente. Sentiva Shannon e gli altri quasi tutti i giorni, ma non averli con sé era quasi una tortura, e tra un po’ sarebbe stato il compleanno di Vicki. Ma Sara ci aveva impiegato un po’ per riprendersi, i primi tempi sognava l’incidente e allora la faceva dormire con lei. Ora sembrava quasi tutto sistemato, a parte il fatto che le bambine non la volevano lasciare andare.
Era seduta sul divano di casa a leggere un libro mentre Alessandra faceva un riposino pomeridiano accanto a lei, ed in sottofondo Alibi fungeva da ninna nanna per la piccolina.
 
“Dorme?”
“Sì, mamma.”
 
La madre si sedette sulla poltrona accanto a lei e le sorrise. Alessandra sembrava essere figlia sua da quanto si somigliavano, stesse ricci biondi, stesso viso, stessi occhi chiari. Era lei che era uscita male insomma.
 
“Stai male qui piccola. Sei sempre stata male qui, ti mancava qualcosa. Io e tuo padre ci abbiamo provato a colmare quel vuoto, ma non avevamo capito cos’era fino a quando non ti abbiamo visto in America. E’ lì che sei felice. Ora qui è tutto risolto, torna da loro.”
“… Scusa mamma. Mi dispiace che la tua unica figlia vada lontana da te.”
“La mia unica figlia deve essere felice. Verremo spesso a trovarti io e papà, ma ora hai una vita lì, loro ti mancano. E’ ora che tu vada. Ci vediamo a Natale.”
“Grazie mamma!”
 
Si buttò tra le sue braccia felice e corse a chiamare per farsi prenotare un volo. Sapeva che i suoi non l’avrebbe mai ostacolata, le serviva una piccola spinta per poter tornare.
 
“Klara, il 30 voglio essere alla festa di Vicki, vedi che puoi fare! Ma non dire nulla a nessuno!”


La sua assistente lanciò un grido di gioia e si mise subito all’opera al riguardo. Sarebbe tornata a costruire la sua vita finalmente. Si voltò e vide Sara che la guardava sulla porta con aria colpevole e dispiaciuta. Lei si avvicinò e le carezzò la testa con un mano.
 
“Mi dispiace se vai via.”
“Lo so… Ma lo sai perché lo faccio vero?”
“Sì. Perché è il tuo sogno. E’ anche il mio.”
“Quando sarai più grande verrai a stare da me, ok? E potrai fare tutto quello che vuoi.”
“E’ una promessa?”
“Sì… Intanto quando vieni a Natale chiederai ai ragazzi di darti una mano con la chitarra. Può bastare come inizio?”
“Siì, grazie!!”
 
Strinse forte la sua piccolina e le baciò la testa. Avrebbe dovuto creare in casa una stanza tutta per le bambine, appena tornata a Los Angeles.

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