Alla ricerca delle mie ali

di miss_sutcliff
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il silenzio di un inizio ***
Capitolo 2: *** Una schifosa sorpresa ***



Capitolo 1
*** Il silenzio di un inizio ***


Il silenzio di un inizio

Arashi, penso di chiamarmi così,
perché il significato è tempesta?
Una donna è il primo ricordo che ho, probabilmente mia madre, sorrideva e aveva uno sguardo compassionevole. Mi guardava e mi toccava dolcemente.
Nel mio animo ero in pace e serena.
Con questa sensazione mi lasciai andare tra le sue calde braccia addormentandomi.
Quando mi svegliai non capii se fosse stato solo un sogno e se veramente quella donna..
La chiamai, ma la mia voce non esisteva. Mi portai una mano alla bocca sconvolta e sentii una lacrima scendermi sulla guancia destra.
Ero seduta sopra un letto in una stanza buia, c’era un buon odore, lavanda.
Iniziai a muovermi e cercai di fare rumore.
Gattonavo sul letto, molto grande, e quando arrivai al bordo sporsi una gamba per arrivare al pavimento ma non lo sentii, mi allungai verso il basso tenendo gli avambracci sopra il letto.
Niente il pavimento non esisteva.
Mi girai e guardai sotto il letto lasciando cadere tutti i capelli.
Fu allora che una porta in fondo alla stanza si aprì lasciando filtrare un po’ di luce per la stanza.
Davanti alla porta c’era una figura che avanzava.
Mi rimisi sotto le coperte fingendo di dormire, salì sul letto con molta facilità, sbirciai con l’occhio sinistro; era un angelo! E mi sorrideva.
-ti sei svegliata finalmente sorellina-.
Si distese accanto a me e mi toccò i capelli, tremavo e avevo paura.
-Non avere paura di tuo fratello - sembrava come se sapesse cosa avessi voluto dire.
Mi alzai per guardarlo meglio, lo toccai sul viso, le spalle, posando lo sguardo sulle ali.
Seguendo il mio sguardo prese la mia mano e la condusse fino a toccarla, erano lisce, morbide, calde e resistenti.
Dopodiché mi prese in braccio e mi portò fuori. vidi per la prima volta la luce, fuori da camera mia c’erano due porte chiuse e una scala a chiocciola.
La luce arrivava dall’alto e non c’erano finestre.
Non poggiò mai i piedi su uno scalino, mi poggiò alla fine della scala dove sia i miei che i suoi toccarono le piastrelle.
Ci misi un po’ ad abituarmi alla luce e a rendermi conto di ciò che avevo intorno.
Sembrava una normale casa, a destra c’era la cucina e a sinistra il soggiorno.
In cucina era indaffarata una donna, alta, bionda, ma non aveva niente di simile a quella dei ieri sera.
C’erano parecchi rumori e un profumo di omelette.
Lui mi guardava e finalmente distinguevo i colori; aveva i capelli argentei corti sfumati di viola, gli occhi verdi, indossava vestiti leggeri e scuri, dello stesso colore delle ali.
Mi teneva la mano.
Io ero scalza e indossavo una veste bianca che era in contrasto con i lunghi capelli rossi e le sfumature argentee.
Ora che ci pensavo non sapevo neanche il suo nome.
- Kage – disse.
Lo guardai mentre mi sorrideva.
La donna si girò - siete qui finalmente-.
Fece due passi verso la cucina senza lasciarmi la mano ed io lo seguii.
Si avvicinò al tavolo spostandomi la sedia per farmi sedere.
- omelette al formaggio, spero vi piacciano – disse la donna ai fornelli.
Appoggiai le mani sul tavolo molto imbarazzata; avevo paura di aprire la bocca  perché quanto ci provassi non riuscivo a parlare.
Mi riempì il piatto e lo svuotai subito, era molto buono ma comunque non riuscivo a sentirmi sazia, mi mancava qualcosa.
Stavo immobile sulla sedia senza dire nulla.
La donna seduta alla mia destra si prese un'altra porzione
- siete molto silenziosi è successo qualcosa?-
Appena seduta Kage la fulmino con lo sguardo .
-scusate non era mia intenzione offendere-.
Abbassai lo sguardo, Kage lo aveva capito.
Mi alzai e scesi le scale da sola entrai nella mia stanza buia, chiusi la porta, lasciando che quei due alzassero la voce.
Mi sedetti nell’angolo più distante dalla porta e piansi.
Piansi per la mia sensazione di vuoto, di incompletezza.
C’era qualcosa che mancava e non capivo perché fosse colpa mia.
Ma quel pianto non riuscì a riempire il mio vuoto.

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Capitolo 2
*** Una schifosa sorpresa ***


Mandai giù tutta la mia tristezza con molta fatica.
Iniziava a bruciarmi la gola come quando si ha la tonsillite e faticavo a respirare .
Andai alla porta, guardai la scala, feci il primo scalino, ma mi bloccai quando una mano si posò sulla mia spalla.
Il cuore iniziò a correre e il mio corpo si irrigidì.
Sbirciai con la coda dell’occhio, ma non vidi bene quella persona completamente nera.
Presi coraggio e mi girai. Lo fissai negli occhi più a lungo potessi, erano rossi, cupi e minacciosi, erano ancora più terrificanti di come li avessi immaginati.
Il suo sguardo non prometteva nulla di buono, mi trafiggeva come una lama affilata nel petto.
Dopo avermi squadrata da testa a piedi con un sorrisetto malizioso che dava i nervi, mi prese per i fianchi e mi caricò bruscamente sulle spalle.
Iniziai a urlare anche se tutto rimaneva dentro la mia gola, provai a tirare calci e pugni, ma quell’uomo era duro come la pietra e non si fermò.
Mi trascinò in una stanza buia che puzzava di muffa e sudore, era molto grande e si sentivano i lamenti di alcune persone che non riuscivo a vedere.
Una lieve luce rossa e un calore si diffondeva nella stanza, ma rendeva impossibile distinguere le persone.
Mi sentii cadere su una specie di letto umido e sporco, cercai di guardarmi intorno spaventata e disorientata ma non vedevo quasi nulla.
L’uomo che mi aveva portata li era disteso su un fianco accanto a me e iniziò a toccarmi i capelli.
Odiavo le sue mani più del letto sotto di me, ma ero talmente spaventata che non riuscivo a muovermi.
- sei proprio carina sai- mi disse su un orecchio con una voce che sembrava quella del diavolo.
Mi toccò il viso, poi le labbra con il pollice ruvido; chiusi gli occhi e rabbrividii per lo schifo; rise..
Si mise sopra di me e iniziò prima a toccarmi poi a leccami.
Tremavo e piangevo, desideravo che quella cosa finisse il prima possibile, anche morire li sarebbe stato meglio.
Quell’ angoscia sembrava senza fine, cercavo di far reagire il mio corpo, piantandomi le unghie nella coscia, ma quel mostro era pesante.
- sei così silenziosa rimediamo subito- disse aggiungendo un odioso sorriso e leccandosi le labbra.
Sentii la sua lingua ruvida infilarsi nella mia bocca, rendendo vano ogni mio sforzo di serrare le labbra.
Mi stava venendo su la nausea, ma lui non si fermò, la sua lingua mi arrivò fino in gola, tanto da non farmi respirare, cosa che scoprii essere in grado di fare a meno.
Sentii una vibrazione percorrermi dalla gola allo sterno, come quando si pizzica la corda di una chitarra che seguì numerosi colpi di tosse.
Mi resi subito conto di ciò che era appena successo perché lanciai un grido talmente forte facendo  fuoriuscire tutto quello che fino prima era rimasto bloccato.
Ciò che ricevetti subito dopo fu un colpo in testa che mi fece perdere i sensi.
Mi svegliai di soprassalto sul mio letto, era tutto finito finalmente.
Ero sicura che non fosse stato un incubo perché ora riuscivo a parlare, feci varie prove e si, avevo avuto la parola, ma ripensare cosa mi era costata, un brivido mi percorse lungo la schiena.
Rimasi seduta sul letto per un altro po’ mentre intorno a me regnava il silenzio.
Volevo che Kage venisse a prendermi per dargli la bella notizia e che avevo fame, ma non di omelette.
Avevo paura di dire il suo nome per paura entrasse qualcun altro.
Ma invece fu lui ad aprire la porta, ormai sospettavo fosse telepatico.
Si avvicinò a me sorridente, mi accarezzo la guancia e disse
- scusa se non te l’ho detto ieri-
Lo guardai incuriosita e mi rispose
-avrei dovuto immaginare che tuo padre si sarebbe comportato così-
Rimasi immobile e Kage mi diede un abbraccio di slancio.
Dopo qualche secondo di silenzio, ancora sconvolta nel suo abraccio balbettai sussurrando : -Mio Pa-dre - …

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